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AntonioBello edizioni la meridiana PARTIRE DAL FUTURO Promuovere l’Avvento

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edizioni la meridiana

PARTIREDAL FUTUROPromuovere l’Avvento

la meridianacollana paginealtre

Euro 7,00 (I.i.)

Antonio Bello è stato vescovo di Molfettae presidente nazionale di Pax Christi.La sua scelta pastorale, vissuta sull’opzioneradicale degli ultimi, e il suo impegno perla promozione della pace, della nonviolenza,della giustizia e della solidarietà, lo rendonoancora oggi, dopo la sua morte, tra i piùaudaci profeti dei nostri giorni.

ISBN 978-88-6153-304-2

“C’è, nella storia, una continuità secondo ragione, che è ilfuturum. È la continuità di ciò che si incastra armonica-mente, secondo la logica del prima e del dopo. Secondo lecategorie di causa ed effetto. Secondo gli schemi deibilanci, in cui, alle voci in uscita, si cercano i riscontricorrispondenti nelle voci in entrata: finché tutto nonquadra.E c’è una continuità secondo lo Spirito, che è l’adventus.È il totalmente nuovo, il futuro che viene come mutamentoimprevedibile, il sopraggiungere gaudioso e repentino diciò che non si aveva neppure il coraggio di attendere.In un canto che viene eseguito nelle nostre chiese e che ètratto dai salmi si dice: “Grandi cose ha fatto il Signoreper noi: ha fatto germogliare i fiori tra le rocce!”. Ecco,adventus è questo germogliare dei fiori carichi di rugiadatra le rocce del deserto battute dal sole meridiano.Promuovere l’Avvento, allora, è optare per l’inedito, acco-gliere la diversità come gemma di un fiore nuovo, comeprimizia di un tempo nuovo. Cantare, accennandolo appe-na, il ritornello di una canzone che non è stata ancorascritta, ma che si sa rimarrà per sempre in testa all’hitparade della storia.”

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Partire dal futuroPromuovere l’Avvento

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Indice

I domenica di Avvento. Tra attesa e vigilanza 7II domenica di Avvento. Tra deserto e fi ume 13III domenica di Avvento. Tra gioia ed eutopia 19IV domenica di Avvento. Tra certezze e inedito 25Natale del Signore. Tra promessa e cammino 31Maria SS. Madre di Dio. Tra il volto e il grembo 37II domenica dopo il Natale. Tra accoglienza e rifi uto 43Epifania del Signore. Rompere gli indugi 49

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III domenica di Avvento

Rallegratevi sempre nel Signore:ve lo ripeto, rallegratevi,

il Signore è vicino.Fil 4, 4-5

Ci sarà un sentiero e una stradae la chiameranno via santa.

Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signoree verranno in Sion con giubilo;

felicità perenne splenderà sul loro capo;gioia e felicità li seguiranno

e fuggiranno tristezza e pianto.Is 35, 8-10

Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.

Gc 5, 9-10

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Tra gioia ed eutopia

Il vangelo della gioia

C’è nella colletta della terza domenica di Avvento una splendida invocazione con la quale chiediamo al Padre di poter accogliere, riconoscenti, “il Vangelo della gioia”.

Viene così indicato il tema che, con modulazioni diverse, percorre con tale insistenza i testi biblici da indurre ad enumerare i termini che appartengono alla famiglia di “santa letizia”, e che oggi risuonano continui nella liturgia.

“Rallegratevi nel Signore. Ve lo ripeto: rallegratevi, il Signore è vicino” (Fil 4, 4.5). Se l’invito alla gioia oggi è perentorio come non mai, non meno chiare sono le indi-cazioni che ci vengono offerte affi nché si possa accoglie-re fruttuosamente “il Vangelo della gioia”. Rischiando forse la semplifi cazione, potremmo individuare le con-dizioni di fondo, per esserne destinatari sicuri, in questi tre atteggiamenti: umiltà, fedeltà, utopia. Se poi le cate-gorie astratte ci risultano diffi cili, possiamo dire che la gioia del Natale viene accordata agli umili, agli uomini fedeli e ai sognatori.

Umiltá

Qualche fi nezza etimologica non guasta. E allora è utile capire che la parola “letizia” ha la stessa radice di “letame”. Il verbo latino “laetare”, infatti, signifi ca fe-

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condare, concimare, rendere fertile. Letame è, appunto, lo strame che rende ubertosa la terra. E letizia è quel sentimento di ricchezza interiore che deriva dal rigoglio spirituale. Così come “lieto” è un aggettivo il cui signifi -cato originario è “fecondo”, cioè fertile, rigoglioso.

Sembra fuori posto osservare che certi messaggi del cielo si insinuano perfi no nelle radici delle parole? E appare davvero esibizione di bravura far notare che, se nei versetti dei salmi si dice “ascoltino gli umani e si ral-legrino”, l’abbinamento tra umiltà (espressa dal letame) e letizia non è proprio puramente casuale? E può defi -nirsi esercitazione sterile quella che sottolinea le tante connessioni, richiamate dalla liturgia odierna, tra i “po-veri” e il “lieto annunzio” che viene ad essi portato? E può essere giudicato fuori tema il riferimento a Maria, protagonista silenziosa, di questi giorni, la quale ha dato la spiegazione di tanta “esultanza” in Dio suo salvatore proprio nell’“umiltà” della sua serva? (Lc 1, 47.48). Ed è indugio sui versanti del moralismo facile il richiamo alla necessità di fare il vuoto dentro di sé, per farsi ricol-mare di beni dal Signore?

Del resto tutta quella turba di indigenti che affolla-no i testi biblici odierni, e che sono soccorsi da Dio e che gioiscono per liberazioni raggiunte, non ci dice for-se che l’umiltà è la condizione indispensabile perché le speranze di salvezza si tramutino in realtà?

Fedeltá

La gioia cristiana deriva da due fontane. La prima è la certezza che Dio è fedele e non viene meno alle sue promesse. Se egli ha assicurato il suo aiuto, si può star certi che non si tira più indietro. Il nostro, insomma, è un Dio di parola. “Il Signore è fedele per sempre”: è il

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grande attacco del salmo responsoriale. Il quale prose-gue enumerando emblematicamente le categorie degli “umili” che confi dano in Dio e che non resteranno de-lusi: dagli oppressi agli orfani, dagli affamati alle vedo-ve, dai carcerati agli stranieri.

“Irrobustite le mani fi acche, rendete salde le ginoc-chia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete: ecco il vostro Dio, giunge la ricompensa divina”. È il profeta Isaia che esorta i poveri, soprattutto nei momenti dello sconforto, a fare assegnamento sulla fedeltà del Signore. La gioia non tarderà ad irrompere.

La seconda fontana di gioia è la fedeltà che noi dobbiamo conservare nei confronti del Signore, fi no a quando egli tornerà. “Siate pazienti fi no alla venuta del Signore”. Il discorso di Giacomo sulla pazienza, infatti, non è altro che una variabile della fedeltà.

A questo punto, non è male rifl ettere se alle radici di tante nostre tristezze non ci siano forse dei processi pa-tologici di infedeltà, nonostante le mille professioni di fede, e se, di fronte a un Dio di parola, non dovremmo rivedere seriamente certe nostre strutture comporta-mentali, connotate dal tradimento cronico e dalla slealtà sistematica.

Utopia

“Fuggiranno tristezza e pianto”. È l’ultima battuta del passo di Isaia. La più incredibile. Messa al termine di una pagina intrisa di sogni, vibra al limite dell’allu-cinazione: steppe che fi oriscono come narcisi, deserti che risuonano di canzoni, zoppi che saltano come cervi, muti che esplodono negli urli di gioia.

Ma si tratta di “intemperanze” dovute a un partico-lare genere letterario, e che, quindi, vanno prosciugate

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di un abbondante tasso di assurdo perché diventino più assimilabili alle nostre logiche terra terra? O sono, in-vece, i primi segnali di quel mondo altro, il più vero, il cui avvento, nonostante i nostri sospiri liturgici, fac-ciamo ancora fatica ad affrettare perché, omologati ai canoni del più gelido realismo, non percepiamo quan-to sia umbratile la cosiddetta concretezza delle nostre esperienze? O sono il banco di prova del nostro gioioso abbandono alla Parola, superato felicemente il quale, Gesù ci giudicherà destinatari di quella beatitudine che oggi è risuonata nel Vangelo: “Beato colui che non si scandalizza di me”?

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