Parchi con arte rupestre- Quaderni Di Archeopterix- nr. 2 - Collana diretta da Gabriella Brusa...

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Parchi con arte rupestre Conservazione e valorizzazione Corso per la valorizzazione dei parchi forestali, montani e con arte rupestre Quaderno n° 2

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http://www.facebook.com/photo.php?fbid=355421324507436&set=a.355414534508115.75790.346585082057727&type=1&theaterhttp://www.ibs.it/code/9788876952838/zzz99-brusa-zappellini-g/parchi-con-arte-rupestre.htmlDalla introduzione di LAURA GHISELLINI E VALENTINA BIRAGHI:Come studiosi di arte rupestre, ci siamo posti il problema di come conservare e valorizzare un bene culturale così prezioso. Questo tipo di arte nasce, per sua stessa natura, all’aperto sulle rocce; non è quindi pensabile che essa venga tolta dal suo luogo naturale e portata in un museo poiché da sola non può esserené capita né studiata. Sono nate così le aree protette, i cosiddetti Musei all’aperto, con lo scopo, a volte purtroppo solo teorico, di valorizzare e conservare meglio l’arte rupestre. L’idea del Museo all’aperto non èrecente ma può essere attribuita ai musei etnografici nord-europei tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, quando furono introdotti criteri espositivi che evitavano di astrarre gli oggetti dal loro contesto. Questa concezione nasce in relazione ai parchi naturalistici ma ben presto si estende anche al campo archeologico. Si tenta quindi di ricollocare il manufatto, o più in generale il dato archeologico, in un contesto il più ampio possibile, tendenzialmente il territorio di appartenenza, nelle condizioni e nelle caratteristiche specifiche dell’epoca: i primi esempi sono stati le ricostruzionidi abitati antichi1. L’uscita all’aria aperta ripropone la percezione di culture e stili di vita ormai scomparsi integrati in un ambiente unitario con gli elementi naturali che ne costituivano ampia parte: l’atmosfera,gli aspetti geologici e naturalistici, lo sfruttamento del territorio e i cambiamenti apportati dall’uomo nel paesaggio.L’ambiente diviene documento storicoarcheologicoesso stesso; su questo ambiente si sono fissate, come segni fossili, le azioni dell’uomo e quindi all’interno dell’ambiente è possibile individuarei segni e i documenti che quegli stessi uomini hanno lasciato e che si sono sovrapposti ad altre testimonianze. È proprio il paesaggio che diventa protagonista del parco, come elemento e reperto archeologico contemporaneamente. Di fatto, il parco archeologico diviene quindi il luogo in cui si uniscono archeologia ed ecologia, configurando un nuovo tipo di area protetta che può essere definita parco “culturale”.L’idea di un “parco culturale” costituisce una evoluzione rispetto al passato, in quanto al suo interno si integranodue diverse realtà: parco archeologico e parco naturale.Nelle aree con arte rupestre preistorica sono presenti rocce istoriate, ma con intorno un ambiente che diviene esso stesso documento e in cui possono trovarecollocazione anche documentazioni successive della presenza dell’uomo. In questo tipo di parchi trovano collocazione e pari dignità tutte le manifestazionidell’uomo e della natura, senza la cui compresenza nessun fenomeno è compiutamente spiegabile: Ambiente, Archeologia ed Etnologia convivono.Diventa quindi importante la tutela e la valorizzazione di un bene culturale di questo tipo che acquista una dimensione riferita al presente e alle aspettativeper il futuro. In relazione alla nuova legge sui parchiarcheologici approvata recentemente dallla Regione Lombardia e al convegno sui parchi avvenuto nel settembre 2002 presso il CCSP (Centro Camuno diStudi Preistorici, Valcamonica), abbiamo posto la nostra attenzione sull’Europa per una visione più ampia delle problematiche connesse ai parchi conarte rupestre. Tale rassegna ha l’obbiettivo di fornireun confronto tra la realtà italiana (Valcamonica) e ciò che accade in altri paesi. Per questo abbiamo preso in considerazione i principali parchi europei conarte rupestre: Foz Côa in Portogallo, Valltorta in Spagna, Mercantour in Francia, Tanum in Svezia e Alta in Norvegia.As rock art researchers, we faced the problem of how to preserve and enhance cultural property so valuable. This type of art is born, by its very nature, outdoors on

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Parchicon arte rupestreConservazione e valorizzazione

Corso per la valorizzazione dei parchi forestali, montani

e con arte rupestre

Quaderno n° 2

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Parchi con arte rupestre

Quaderni diQuaderno n°2

Conservazione e valorizzazione

Corso per la valorizzazionedei parchi forestali, montani

e con arte rupestredell’arco alpino

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luglio 2004

2Quaderno n° 1

Enti finanziatori: Cipe – Regione Lombardia

Enti attuatori: Università degli Studi di MilanoDipartimento di Scienze della TerraCentro Camuno di Studi Preistorici Istituto Statale Virgilio Touring Club Italiano

Regione Lombardia

Unione Europea

Fondo Sociale Europeo

Ministero del Lavoro e dellePolitiche Sociali

ISTRUZIONE E FORMAZIONE TECNICA SUPERIORETECNICO SUPERIORE PER L’ORGANIZZAZIONE E IL MARKETING DEL TURISMO INTEGRATO

Corso per la valorizzazione dei parchi forestali,montani e con arte rupestre dell’arco alpino

DirettoreProf. Gabriella Brusa-Zappellini

©2004 IFTS

ISBN 88-7695-283-7

Prima edizione: luglio 2004Arcipelago EdizioniVia Carlo D’Adda, 2120143 Milano

Tutti i diritti riservati

Ristampe:7 6 5 4 3 2 1 02008 2007 2006 2005 2004

In copertina, Barche e sole, Aspeberget, roccia12, Svezia.

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3Quaderno n° 2

4 IntroduzioneLaura Ghisellini e Valentina Biragi

6 I Parchi con arte rupestre dellaValcamonicaa cura di Valentina Biragi

11 La situazione della Valcamonica:modelli gestionali a confronto eproblematiche ancora apertea cura di Tiziana Cittadini

21 Il Parco Nazionale delMercantour – Franciaa cura di Silvana Damiani

27 Il Parco Culturale della Valltorta – SpagnaIntervista a Rafael Martíneza cura di Barbara Villae Diego Abenante

32 Parco Archeologico dellaVale do Côa – Portogalloa cura di Laura Corti

36 Parco Archeologico di TanumWorld Heritage Area – SveziaIntervista a Ulf Bertilssona cura di Laura Corti e Silvana Damiani

43 Il Museo e le incisioni rupestri diAlta – NorvegiaLe testimonianze di artepreistorica più a nord d’Europaa cura di Jacopo Marini

48 Regione LombardiaLegge Regionale 1/2000a cura di Jacopo Marini

50 I Parchi e il paesagginella legislazione italianaa cura di Silvana Damiani

54 Il pittore e l’arte rupestreIntervista al Dr. Gerhard Milstreua cura di Laura Corti

57 Un esempio di parcointerattivo e intelligenteIntervista a Reuven G. Anatia cura di Valentina Biraghi

58 AppendiceIl riciclo in natura: gli avvoltoia cura di Roberta Baninoe Silvana Damiani

64 Il San Pietro di Campaninea cura di Barbara Villa

Indice

CaporedattoriSilvana Damiani e Jacopo Marini

Hanno collaborato a questo umero StampaDigital Print Service Srl

Via Torricelli, 9 - 20090 Segrate Milano

EditingMarisa Chiani

ANNO II – numero 2

Agosto 2004

http://www.studipreistorici.it

Diego Abenante,Roberta Banino,

Valentina Biraghi,Tiziana Cittadini,

Laura Corti,

Anna Dal Passo,Silvana Damiani,Laura GhiselliniJacopo Marini,Barbara Villa.

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Come studiosi di arte rupestre, ci siamoposti il problema di come conservare evalorizzare un bene culturale così pre-zioso. Questo tipo di arte nasce, per suastessa natura, all’aperto sulle rocce;non è quindi pensabile che essa vengatolta dal suo luogo naturale e portata inun museo poiché da sola non può esse-re né capita né studiata.Sono nate così le aree protette, i cosid-detti Musei all’aperto, con lo scopo, avolte purtroppo solo teorico, di valoriz-zare e conservare meglio l’arte rupe-stre.L’idea del Museo all’aperto non èrecente ma può essere attribuita aimusei etnografici nord-europei tra lafine dell’800 e l’inizio del 900, quandofurono introdotti criteri espositivi cheevitavano di astrarre gli oggetti dal lorocontesto. Questa concezione nasce inrelazione ai parchi naturalistici ma benpresto si estende anche al campoarcheologico. Si tenta quindi di ricollo-care il manufatto, o più in generale ildato archeologico, in un contesto il piùampio possibile, tendenzialmente il ter-ritorio di appartenenza, nelle condizionie nelle caratteristiche specifiche dell’e-poca: i primi esempi sono stati le rico-struzioni di abitati antichi1.L’uscita all’aria aperta ripropone la per-cezione di culture e stili di vita ormaiscomparsi integrati in un ambiente uni-tario con gli elementi naturali che necostituivano ampia parte: l’atmosfera,gli aspetti geologici e naturalistici, losfruttamento del territorio e i cambia-

menti apportati dall’uomo nel paesag-gio. L’ambiente diviene documento storico-archeologico esso stesso; su questoambiente si sono fissate, come segnifossili, le azioni dell’uomo e quindi all’in-terno dell’ambiente è possibile indivi-duare i segni e i documenti che queglistessi uomini hanno lasciato e che sisono sovrapposti ad altre testimonian-ze.È proprio il paesaggio che diventa pro-tagonista del parco, come elemento ereperto archeologico contemporanea-mente.Di fatto, il parco archeologico divienequindi il luogo in cui si uniscono archeo-logia ed ecologia, configurando unnuovo tipo di area protetta che puòessere definita parco “culturale”.L’idea di un “parco culturale” costitui-sce una evoluzione rispetto al passato,in quanto al suo interno si integranodue diverse realtà: parco archeologicoe parco naturale.Nelle aree con arte rupestre preistoricasono presenti rocce istoriate, ma conintorno un ambiente che diviene essostesso documento e in cui possono tro-vare collocazione anche documenta-zioni successive della presenza dell’uo-mo.In questo tipo di parchi trovano collo-cazione e pari dignità tutte le manife-stazioni dell’uomo e della natura, senzala cui compresenza nessun fenomeno ècompiutamente spiegabile: Ambiente,Archeologia ed Etnologia convivono.Diventa quindi importante la tutela e lavalorizzazione di un bene culturale di

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Introduzione

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questo tipo che acquista una dimensio-ne riferita al presente e alle aspettativeper il futuro.

In relazione alla nuova legge sui parchiarcheologici approvata recentementedallla Regione Lombardia e al conve-gno sui parchi avvenuto nel settembre2002 presso il CCSP (Centro Camuno diStudi Preistorici, Valcamonica), abbia-mo posto la nostra attenzione sull’Eu-ropa per una visione più ampia delleproblematiche connesse ai parchi conarte rupestre.Tale rassegna ha l’obbiettivo di fornireun confronto tra la realtà italiana(Valcamonica) e ciò che accade inaltri paesi. Per questo abbiamo preso in conside-razione i principali parchi europei conarte rupestre: Foz Côa in Portogallo,Valltorta in Spagna, Mercantour inFrancia, Tanum in Svezia e Alta inNorvegia.

LAURA GHISELLINI E VALENTINA BIRAGHI

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1 Riccardo Merlo, Nascita del parco : il territorio comecomponente del Parco Archeologico, Dipartimento diScienze dell’educazione, Università di Bologna

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1. Modelli di gestione a confronto

La Valcamonica è nota in tutto ilmondo per le testimonianze di arterupestre. La concentrazione di incisioniin questo luogo è un fenomeno unico inEuropa: millenni di storia illustrati damigliaia e migliaia di immagini che rac-contano un periodo storico di cui benpoco si conosce. Da molti anni gli stu-diosi, le amministrazioni locali, gli esper-ti discutono e lavorano per trovare ilmigliore modo per proteggere e valo-rizzare questo patrimonio straordinarioper la sua bellezza e per il suo significa-to storico e culturale.

Oggi in Valcamonica esistono quattroaree già organizzate per la visita turisti-ca alle incisioni: il Parco Comunale diLuine, il Parco Comunale di Sellero, ilParco Nazionale di Naquane e laRiserva Regionale di Ceto, Cimbergo ePaspardo. Inoltre, sono in corso di costi-tuzione il Parco di Seradina e Bedolina,e il Parco dei Massi di Cemmo, i qualinon sono visitabili e che da moltotempo attendono una degna valorizza-zione. La realtà dei Parchi della Valcamonicasi presenta molto complessa poichè visono modelli di gestione e di organizza-zione delle aree con arte rupestre com-pletamente diversi. Se, infatti, alcune diqueste realtà sono gestite dalle ammi-nistrazioni comunali, altre (Parco di

Naquane) sono gestite dal Ministero deiBeni Culturali, altre ancora (Riserva diCeto, Cimbergo e Paspardo) dallaRegione Lombardia. E’ evidente che differenti modi di gesti-re il territorio e il patrimonio archeologi-co in esso contenuto hanno ripercussio-ni e conseguenze non positive per lostesso e per la fruizione da parte delpubblico: spazi organizzati in modo nonunivoco, segnaletica e pannelli diversi,diversa gestione delle visite ai siti, diver-si interventi di tutela e di conservazionedelle rocce incise, mancanza di unaéquipe di esperti coordinata, mancan-za di una scuola di formazione, diversaorganizzazione delle attività didattichesul territorio. I disagi sono pertanto ovvi,a tutti i livelli di fruizione di queste aree. Questa mancanza di progetti coordi-nati non è un fatto positivo per la com-prensione e la valorizzazione del territo-rio e delle incisioni: al contrario sarebbenecessario mettere in evidenza le con-nessioni tra le varie aree, tra le tipologiedi immagini, considerandole come unaunità culturale pur nella loro grandevarietà stilistica, tematica e cronologi-ca.La gestione separata delle aree com-porta anche un differente apporto difinanziamenti ai vari enti gestori, con laconseguente differenziazione ancheper quanto riguarda gli interventi ditutela e lo sviluppo di progetti di ricerca

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I Parchi con arte rupestredella Valcamonica

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e di valorizzazione. Per queste ragionirisulta difficile monitorare lo stato gene-rale delle rocce e coordinare la ricer-ca, ma soprattutto formare addetti ailavori a più livelli con competenze glo-bali rispetto al patrimonio archeologico(guide turistiche, ricercatori, studiosi,guardiani, operatori didattici). Ovvie le conseguenze anche dal puntodi vista puramente turistico, poichè lamancanza di progetti comuni rendeimpossibile la creazione di un mercatodel lavoro stabile per coloro che ope-rano nel settore, né per quanto riguar-da archeologi e ricercatori, né perquanto riguarda le guide e gli interven-ti didattici, né per quanto riguarda lestrutture alberghiere, di ristorazione, ipunti vendita nei siti, la comunicazione.

Negli ultimi anni, nell’ambito delle ricer-che sull’arte rupestre preistorica, si è svi-luppato un rapporto sempre più strettotra bene archeologico (incisioni) e eco-logia, ambiente, territorio e natura.L’incisione è stata fatta sulle rocce,all’aperto e pertanto non può esserecompresa né valorizzata se non nel suocontesto naturale, il quale per primo vacompreso e conservato il più possibilevicino a quello che era un tempo.Per tutte queste ragioni, si rende neces-saria a nostro avviso la creazione di unaéquipe in cui vengano coinvolti studiosie specialisti di diverse discipline: geolo-gia, botanica, zoologia, informatica.Malgrado l’impegno del CentroCamuno di Studi Preistorici che daglianni ‘60 svolge studi e ricerche in que-ste zone e promuove progetti di tutela,ci sembra che manchi un vero raccor-do tra la gestione dei Parchi e la ricer-ca pura, così come un dialogo costrut-tivo con la Soprintendenza ai BeniCulturali, allo scopo di mettere in

comune e a confronto dati e informa-zioni.Tuttavia oggi le cose stanno cambian-do: esiste un progetto, presentato inRegione dalla Riserva di Ceto,Cimbergo e Paspardo, promossodall’Architetto Tiziana Cittadini, per unostudio di fattibilità volto alla creazionedel “Sistema Museale dei Parchi conarte rupestre della Valcamonica”.Questo progetto nasce dalla volontà disei amministrazioni comunali della zona(Ceto, Cimbergo, Paspardo, Capo diPonte, Sellero e Ossimo) per giungerealla creazione di un organismo chedovrebbe coordinarsi su alcuni punti difondamentale importanza: manuten-zione, promozione, conservazione,comunicazione, segnaletica e loghi. Loscopo è quello di mettere in comune(anche alla luce della nuova legislazio-ne lombarda sui Musei) una serie di ser-vizi legati alla gestione delle aree conarte rupestre. A questa prima fasedovrebbe poi seguire un coordinamen-to più intenso ovvero la creazione di ununico ente gestore di tutte le aree. Leripercussioni sarebbero ovviamentemolto positive: unica promozione conunica immagine, valorizzazione turisticadell’intera valle, programmazioneunica della ricerca e degli interventi diconservazione, valorizzazione e tutela.

2. Un esempio di “parco culturale”: laRiserva Regionale di Ceto, Cimbergo ePaspardo.

La Riserva Regionale di Ceto,Cimbergo e Paspardo, situata sul ver-sante sinistro della mediaValcamonica, è un’area protetta crea-ta dalla Regione Lombardia. Oggi haca. 60.000 visitatori l’anno. E’ stata isti-tuita nel 1983 dai tre comuni di Ceto,

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Cimbergo e Paspardo, su indicazionedel Centro Camuno di Studi Preistorici eviene gestita da un Consorzio tra i trecomuni. L’area tutela un’ampia porzio-ne di territorio (ca. 2.900.000 mq., com-presi in una fascia di altitudine che vada 360 a 1.000 m), al cui interno sonopresenti centinaia di rocce istoriate, peril 50 % ancora interrate. Il fenomenoarcheologico ha posto all’attenzione ditutti un luogo in cui sono presenti anchealtri elementi di interesse: elementietnografici e ambientali che testimo-niano l’evoluzione dell’ambiente alpinoe le trasformazioni procurate dalla pre-senza dell’uomo in queste zone negliultimi millenni.Per queste ragioni si è pensato di crea-re qui una nuova versione di Parco: un“Parco Archeologico Culturale”, inno-vativo sia per quanto riguarda l’orga-nizzazione (viabilità, segnaletica, per-corsi di visita), sia per quanto riguardala fruizione da parte dei visitatori (aspet-ti didattici), sia per quanto riguarda lafruizione delle popolazioni locali nelcorso del tempo (ricongiunzione delterritorio protetto con l’ambiente ester-no). Nel modello organizzativo canonicodei Parchi Archeologici, come adesempio il Parco Nazionale delle incisio-ni rupestri di Naquane, tutti i terreni ven-gono acquistati dall’ente gestore (chenel caso di Naquane è lo StatoItaliano), che in tal modo estrapola l’a-rea, tenendola separata dai fatti storicipresenti e futuri: i terreni non apparten-gono più agli abitanti, non vengono piùcoltivati e vissuti, ma vengono mante-nuti in modo asettico e non sempreecologico dai Guardiani del Parco. Leincisioni appaiono belle da un punto divista estetico, le rocce si possonoammirare da passerelle in legno, ma

viene perso così totalmente il loro rap-porto con il territorio, con la vita dellanatura che certamente doveva avereavuto un ruolo fondamentale nellacreazione stessa delle immagini incise,quindi nella fantasia e nel modo di pen-sare dell’uomo preistorico.Nell’area della Riserva invece si è cer-cato di innescare un nuovo processonella organizzazione delle aree protet-te, innovativo a vari livelli: rifiuto di estra-polare l’area dal presente e dal futuro,seppure con la dovuta cautela per laconservazione delle rocce incise, utiliz-zo didattico dell’area, approccioall’ambiente indispensabile per com-prendere il bene archeologico (studioe evidenziazione dei fenomeni correlatiall’ambiente).Per facilitare la visita alla Riserva, sonostati individuati alcuni itinerari di visita(area di Foppe di Nadro, Campanine,Paspardo), che in poche ore consento-no di conoscere i vari aspetti di questoterritorio. Tutti i percorsi sono segnalatida cartelli, che necessiterebbero oggiuna revisione ed una manutenzione. Leincisioni più importanti hanno accantopannelli, che riproducono i settori isto-riati.La visita deve sempre iniziare dal Museodi Nadro, collocato non a caso in unnucleo edilizio medioevale, nel centrostorico del paese. All’interno è stataorganizzata una esposizione esplicativadell’arte rupestre presente nella zona enella valle, con pannelli fotografici, car-tine, calchi.Presso il Museo è possibile disporre diuna vasta gamma di servizi turistico-didattici: visite guidate, organizzazionedi lezioni e seminari, saletta informaticaper elaborazione di dati, sala proiezioni,biblioteca e laboratori (musica, frotta-

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ge, colore, ceramica, macina deicereali, informatica).

3. Le problematiche ancora aperte:cosa si può e si deve migliorare.

Come appare chiaro da questa brevepanoramica, le problematiche ancoraaperte per quanto riguarda la gestionedei parchi della Valcamonica sonomoltissime, malgrado tentativi e proget-ti siano stati fatti in ogni direzione.Al di là del problema delle gestioniseparate, più volte sottolineato, il primoe più serio problema da affrontare èsenza dubbio la conservazione dellerocce in senso stretto. Proprio per que-sta ragione è stato istituito quest’announ corso specifico IFTS che vedrà la for-mazione di addetti alla manutenzionee conservazione delle rocce. Non è unproblema solo italiano: l’Europa infatti èun continente fortemente antropizzato,i Parchi sono posti all’interno di regionimolto abitate e industrializzate (vedi laLombardia). L’ambiente è da salva-guardare in senso lato, è parte del terri-torio e coinvolto nelle stesse problema-tiche del territorio. A questo scopo sonostati individuati alcuni possibili agentideterioranti per i quali si sta cercandouna soluzione: azione indiretta o direttadell’uomo (vandalismo e inquinamen-to) e agenti naturali (alghe, funghi,licheni, microrganismi che intaccano lesuperfici istoriate).Un secondo problema è l’utilizzo cultu-rale e didattico delle aree: l’arte rupe-stre è un documento storico fonda-mentale ma necessita di informazioniper poter essere letta e compresa.L’attività divulgativa e culturale, lo stu-dio di nuove forme di accompagna-mento e di percorsi di visita mirati è unadelle finalità che dovrebbe avere un

Parco archeologico. Oggi occorre per-tanto strutturare punti informativi, areeMuseo, elaborare strumenti didatticisempre più interessanti e utili al visitato-re. A questo scopo è necessaria ancheuna opportuna attività promozionale,che per ora viene svolta da ogni singo-la area, creando solo una certa confu-sione.

Per tutte queste ragioni si rende neces-sario un contatto ed un collegamentocontinuo fra i responsabili dei Musei eParchi con arte rupestre di tuttaEuropa. Nei prossimi anni, grazie ad unainiziativa del Centro Camuno di StudiPreistorici, si realizzerà una équipe euro-pea per studiare i fenomeni di degradodelle rocce e per promuovere progettidi ricerca e di valorizzazione comuni. ❏

VALENTINA BIRAGHI

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L’arte rupestre prei-storica richiede unapproccio polisetto-riale: è patrimonioarcheologico (e co-me tale sottopostoalla normativavigente che ne sta-bilisce la proprietàallo Stato Italianoindividuando nelMinistero BeniCulturali il respon-sabile della sua sal-vaguardia) maanche stabilmenteinserita nel conte-sto ambientale rap-presentato dallaroccia, supportonaturale e inamovibile dell’iconografiarupestre e del contesto in cui quest’ulti-ma è inserita.

Il suo studio non può essere disgiuntodalla morfologia del luogo, in termini siadi scelta da parte dell’uomo preistoricodelle superfici rocciose in cui imprimerei messaggi rupestri, sia in termini di cor-relazioni tra le varie superfici istoriate.Così come la sua salvaguardia passa

in primis attra-verso il controllod e l l ’ a m b i e n t e(inteso quest’ulti-mo sia nellac o m p o n e n t egeo-morfologica,che vegetaziona-le ed atmosferi-ca).

Progettare unParco con arterupestre richiedeun approcciomolto più com-plesso della nor-male riorganiz-zazione musea-le, proprio per-

ché più fattori entrano nella sua defini-zione:devono essere evidenziati e messi inluce tutti i documenti, preistorici e stori-ci, dell’antropizzazione dell’area inquanto testimonianze dell’approcciodell’uomo all’ambiente ( rocce istoriate,contesti abitativi, sentieri, terrazzamen-ti, coltivazioni, piante introdotte etc.),devono essere compresi ed evidenziatii fattori ambientali che hanno portato

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La situazione della Valcamonica:modelli gestionali a confrontoe problematiche ancora aperte

RISERVA REGIONALE DELLEINCISIONI RUPESTRI

Ubicazione: comuni di Ceto, Cimbergo ePaspardo

Accesso: Museo della Riserva di Nadro, frazio-ne di Ceto. Seguire la Ss. 42 direzioneEdolo fino a Ceto, da qui seguire leindicazioni Nadro (Provinciale n° 88)

Orari: variabili a seconda delle stagioni.9,30 - 12,30; 14,30 - 17,30. In inverno ilMuseo è chiuso la domenica pome-riggio.

Informazioni: Museo della Riserva, tel. 0364 433465

sito web: www.arterupestre.ite-mail: [email protected].

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l’uomo preistorico a previlegiare unluogo rispetto ad un altro (la presenzadi forme natu-rali emergen-ti, la colloca-zione rispettoa fenomeni a-strali, la formae/o la consi-stenza stessadella roccia),devono esse-re studiati, e-videnziati e ri-solti i fattori didegrado e/oevoluzione ambientale che possonodanneggiare i patrimoni documentari-stici sopraindicati (inquinamento, maanche presenza di particolari alberi,colture, attività umane ec.)

L’approccio è quindi multisettoriale, intermini di studio, di conservazione e digestione.

1 - Approccio metodologico alla crea-zione di Parchi legati all’arte rupestre.

Almeno in Italia il primo Parco con arterupestre (Naquane) è sorto negli anni50 con intenti tematici: era un Parco pere dell’arte rupestre preistorica e cometale escludeva altre realtà.

Negli anni successivi in Italia e nel restodell’Europa (anche a seguito dellaConferenza di Stoccolma del 1972,delle esprienze francesi e progetto“Man & Biosphere” dell’UNESCO) si falargo il concetto che un’area protettanon può essere un’isola felice slegata

dal contesto ambientale che la circondae che non si può disgiungere l’ ambien-

te naturaledalla realtàd e l l ’ U o m o .Questo nuovoapproccio, tra-dotto per learee con ARP,porta alla indi-viduazione di“bene archeo-logico” nonsolo lo strettoreperto delpassato (la

roccia incisa) ma tutto l’insieme che locirconda e lo accoglie:1. Nell’ambiente risiedono parzialmen-

te le risposte sul perché della forma-zione di una cultura, di una espressi-vità; in esso si possono ritrovare lemotivazioni dei molti modi attraversocui questa cultura si è espressa.

2. L’ambiente è documento “storico-archeologico” esso stesso

Su quest’ambiente si sono inoltre “fis-sate”, come segni fossili, le “azioni del-l’uomo” e quindi all’interno dell’ambien-te è possibile individuare i segni e idocumenti che quegli stessi uominihanno lasciato e che si sono sovrappo-sti (per poi essere sovrapposti) da altretestimonianze.

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3. L’ambiente come segno e documen-to del sovrapporsi delle culture del-l’uomo.

Si passa quindi gradatamente a consi-derare le aree con arte rupestre prei-storica degli “unicum” in cui persistonorocce isto-riate ma conun intornoambientaleesso stessodocumentoe in cui pos-sono trova-re colloca-zione anchedocumenta-zioni suc-cessive cheraccontanodella pre-senza dell’uomo nell’area. Si passa quindi da un concetto di Parcotematico degli anni ‘50, al concetto diArea protetta in cui trovano collocazio-ne e pari dignità tutte le manifestazionedell’uomo e della natura, senza la cuicompresenza nessun fenomeno non ècompiutamente spiegabile.È su questa linea che si sono articolatii parchi degli anni ‘70-‘80: il Parco dellaValtorta in Spagna, del Rio Martin, dellaRiserva Regionale delle IncisioniRupestri di Ceto Cimbergo Paspardo edel fiume Tago. Ambiente, Archeologia, Etnografia con-vivono e si spiegano a vicenda.

2 - Breve illustrazione delle situazione“Parchi” in Vallecamonica con la pre-sentazione di 4 aree già organizzateper la vista turistica (Parco di Luine,Riserva Regionale Incisioni RupestriCeto Cimbergo Paspardo, Parco diNaquane e Parco di Sellero)

A fronte diuna pre-senza con-t i n u aanche see s t r e m a -m e n t eframmen-tarizzata dis u p e r f i c ii s t o r i a t econ ARP,attualmen-te sono or-ganizzati in

Valcamonica 4 Parchi con arte Ru-pestre Preistorica, sono:- Il Parco Comunale di Luine- La Riserva Regionale Incisioni Ru-

pestri Ceto Cimbergo Paspardo- Il Parco di Naquane- Il Parco Comunale di SelleroIn corso di costituzione:Parco di Seradina-BedolinaParco dei Massi di Cemmo

- Il Parco Comunale di LuineL’Amministrazione Comunale di Darfo-Boario Terme ha creato, negli anni ‘70,questo Parco.È organizzato al proprio interno, in 3Percorsi di visita archeologica, men-

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tre la vegetazione è illustrata da cartellie segnalatori arborei; un piccolo vivaiosperimentale raccoglie le specie piùcomuni in Valcamonica negli ultimi10.000 anni.La visita può iniziare nel Punto diInformazione in cui è allestita una pic-cola esposizione illustrante la collina incui si possono avere indicazioni suipercorsi e più in generale sull’area.L’ente gestore dell’area è l’Ammi-nistrazione Comunale di Darfo-BoarioTerme

- La Riserva Regionale IncisioniRupestri Ceto Cimbergo Paspardo

È un’area protetta creata dalla RegioneLombardia nell’ambito della LR 86/83su indicazione delle AmministrazioniC o m u n a l ilocali e dalC e n t r oC a m u n o ,per proteg-gere unavasta area( c i r c a2 . 9 0 0 . 0 0 0mq.) al cuiinterno sonop r e s e n t icentinaia dirocce isto-riate, per il50% circa ancora interrate. La perime-trazione del fenomeno “archeologico”ha di fatto posto all’interno dell’areaprotetta una vasta fetta di territorio incui sono presenti testimonianze estre-mamente varie e composite degli ultimi

millenni, collegabili sia alla presenzaumana (ed all’uso che del territorio neha fatto), sia naturali e vegetazionali:una occasione unica per verificare lapossibilità di creare una nuova versionedi Parco Archeologico Culturale, inno-vativo sia nell’assunto organizzativo(viabilità, aree di visita), di fruizione daparte del visitatore (aspetto didattico) edella ricongiunzione di questo territorioprotetto con l’ambiente esterno che difatto l’ha determinato (in termini di suafruizione da parte delle popolazionilocali).In altri termini, si è cercato qui di darrisposta ad una serie di problemi, primofra tutti il delicato rapporto dell’areaParco con le popolazioni che l’hannoabitato e con il resto del territorio.

Nell’ areap r o t e t t ad e l l aR i s e r v aRegionalesi è cerca-to di inne-scare unn u o v oprocessonell ’orga-n izzaz io-ne dellearee pro-tette con

Arte Rupestre innovativa su vari pianicosì sintetizzabili:1. approccio complessivo all’ambientenella presentazione e comprensionedel bene archeologico (arte rupestre)con lo studio e la evidenziazione di tutti

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i fenomeni ad esso collegati o correlati;2. rifiuto (sempre tuttavia nella primariavolontà di conservazione del benearcheologico) della estrapolazione del-l’area dalla “storia” contingente e futu-ra;3. utilizzo didattico dell’area (semprecon la primaria visione della conserva-zione del bene archeologico).Per facilitare la visita alla Riserva, sonostati individuati degli Itinerari di visitache consentono, in poche ore o piùgiorni, di prendere visione dei moltepli-ci aspetti della Riserva: ambiti archeo-logici,etnografici ed ambientali.I percorsi sono segnalati da cartelli,mentre le più importanti superfici isto-riate hanno accanto pannelli riprodu-centi i settori istoriati; si rammenta chenella Riserva, è fatto divieto di muover-si al di fuori dei sentieri segnalati, dimanomettere le superfici istoriate, diraccogliere la flora e fauna locale.La Visita della Riserva deve sempre ini-ziare dal Museo della Riserva, aNadro, punto di informazione, ritirobiglietto e materiali illustrativi, per poiproseguire in uno dei numerosiPercorsi di visita.Presso il Museo sono attivi servizididattici che spaziano dalle guide eaccompagnatori, salette per l’archeolo-gia sperimentale, saletta multimedialeper la creazione da parte dei gruppiscolastici degli ipertesti e delle ricerche.La Riserva si è anche dotata di 2 fore-sterie (a Nadro e Paspardo) per l’acco-glienza di studenti e volontari.La Riserva Regionale è stata istituitadalla regione Lombardia con Decreto n.

IV/938 del 2.3.88. L’ente gestore dellaRiserva è un Consorzio tra i Comuni diCeto, Cimbergo e Paspardo.

Il Parco di Naquane

È la località con Arte Rupestre più notadella Valcamonica; dagli anni 50 è dive-nuta Parco Nazionale a cura delMinistero dei Beni Culturali (StatoItaliano). I percorsi di visita che conducono allerocce istoriate riprendono in parte gliantichi sentieri medioevali; le rocceistoriate sono state dotate di passerelledi visita, delimitazioni per limitare gliaccessi e pannelli esplicativi (dellerocce istoriate). Sempre all’interno dellazona protetta è stato organizzato unpiccolo antiquarium che presenta ireperti ritrovati nell’area. Tutti i servizi collaterali al Parco (visiteguidate o vendita pubblicazioni) sonodemandati a gruppi esterni e non fannoparte integrante della visita. All’interno del Parco sono vietate le atti-vità didattiche che comportino la sostaprolungata o qualsiasi forma di attivitàmanuale.

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PARCO NAZIONALE DELLE INCISIONI RUPESTRIDI NAQUANE

Ubicazione: Comune di Capo di PonteAccesso: Capo di Ponte, lungo la Ss. 42 in

direzione di Edolo fino a Ceto, poiseguendo la segnaletica delParco

Orari: dal 1 marzo al 14 ottobre: 8,30 -19,30; dal 15 ottobre al 28 feb-braio: 8,30 - 16,30

Tel.: 0364 42140

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I terreni sono statiacquistati dall’Ente Ge-store (lo Stato Italiano)per cui non è consnetitaalcuna attività antropi-ca: l’area è assimilabilead un Museo tradizio-nale italiano per quantoconcerne i divieti e lenorme di comporta-mento.L’ente gestore delparco di Naquane è ilMinistero dei BeniCulturali

Il Parco Comunale di SelleroL’utilizzo di questo ampio territorio nelcorso della preistoria, fu direttamentecollegato agli adiacenti ambiti di Capodi Ponte: le prime incisioni fatte sullerocce di Sellero furono presumibilmen-te eseguite (tranne poche eccezioni)dall’età del Bronzo all’età del Ferro,quindi interessano gli ultimi due millen-ni a.C.Numerosi sentieri, alcuni dei quali inacciottolato, tagliano il bosco e collega-no tra loro le varie località. I pianori nonancora scavati, come il Berco Basso,potrebbero nascondere antichi insedia-menti e piccoli villaggi.L’ente gestore del Parco (non ancorariconosciuto dalla Regione Lombardia)è l’Amministrazione Comunale diSellero.

3 - Linee evolutive e problematicheancora aperte inerenti i Parchi con ArteRupestre Preistorica

- conservazione e utilizzo culturaledidattico dell’ARP

- promozione- comunicazione tra i Parchi europei

con ARP

I Parchi con arte rupestre sono, quindi,relativamente giovani, se confrontaticon i musei tradizionali e molte sono leproblematiche ancora aperte. Mi permetto di segnalarne due la cuisoluzione diverrà punto nodale per unanuova gestione, a scala europea, diquesto patrimonio:

Conservazione in senso stretto dellerocce istoriateIn una Europa sempre più antropizzata,i nostri Parchi con arte rupestre sono difatto racchiusi all’interno di regioniampiamente industrializzate, abitate,che trasferiscono anche nelle aree pro-tette i problemi generali della vitamoderna (o postmoderna).

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È utopico pensare alle Aree Protettecome a isole staccate dal resto delPaese.L’ambiente da salvaguardare è partedel territorio e come tale pesantementecoinvolto in esso; i fattori di degradosono tuttavia molto comuni a tutte learee europee ed uno sforzo congiunto,sinergico, degli Enti Gestori e deiResponsabili della Conservazione diqueste aree a livello europeo potrebbeattivare un grande Progetto per lo stu-dio dei fattori di degradazione e per l’in-dividuazione di interventi mirati alla pro-tezione. La carta vincen-te, potrebbe essere pro-prio lo sforzo organizzatoa scala europea di tutti isoggetti coinvolti nellasalvaguardia e valorizza-zione delle aree con arterupestre ( documenti che,ricordiamo ancora unavolta, non possono esse-re chiusi e protetti in unastanza, ma sono postiall’aperto).

I possibili agenti deterio-ranti sono così individuabili:1. Umani. Azione diretta (vandalismo) o

indiretta dell’uomo (inquinamento edin generale tutti i problemi legatiall’antropizzazione)

2. Naturali. Tutti gli organismi seguonoun processo naturale di evoluzionee/o decadimento che di fatto li modi-fica. Accertarsi del “percorso” chesta seguendo l’area significa indivi-duarne la storia e capirne l’evoluzio-

ne, intervenendo (se si vuole) suiprocessi degenerativi in atto o preve-dibili.

In Valcamonica in questi ultimi anniabbiamo assistito al progressivo attac-co delle superfici istoriate da parte dimicrorganismi e funghi, alghe e licheni,tutti elementi che di fatto stanno rico-prendo le superfici rocciose incise configurazioni rupestri preistoriche.È urgente l’individuazione scientifica diquesti elementi infestanti, lo studio deiloro processi formativi e le degenera-zioni che producono sulle rocce, stu-

diando interventi bio-chimici e/o natura-li da attivare e definendo una politica diconservazione (apertura di settori limi-tati alla visita, etc.).

Utilizzo culturale didatticodell’ARPL’arte rupestre è di per sé un documen-to “cifrato” che abbisogna di informazio-ni per poterla leggere. Scopo dei Puntidi informazione e dei Musei che antici-pano l’area archeologica è anche quel-

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lo di fornire gli strumenti per questa let-tura. Il Parco inoltre è da intendersi qualenucleo che racchiude importanti ele-menti che sintetizzano la storia di unaRegione: è un archivio della memoriastorica e come tale deve essere messoa disposizione della didattica.L’attività culturale e divulgativa è unadelle finalità della sua creazione, pari-menti alla ricerca.

Tuttavia oggi vengono richieste nuoveforme di accompagnamento oltre alletradizionali guide, animatori etc. ❏

ARCH. TIZIANA CITTADINI

Direttore Riserva Regionaleincisioni Rupestri

Ceto Cimbergo PaspardO

e.mail:[email protected]

[email protected]

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anno Attività Centro Camuno Scoperte ed interventi di valorizzazione in Valcamonica

1905 Prima segnalazione da parte di Laeng, inerente la scoperta del Masso di Cemmo 1

1930 Pubblicazione ad opera di Marro e Graziosi, del Masso di Cemmo 1

1933 Ricerche congiunte di Marro e Battaglia su alcune rocce istoriate

1957 Anati svolge ricerche sistematiche nell’area di Naquane, studi che porteranno alla individuazione di circa 120 rocce istoriate

1958 Pubblicato il libro di E. Suss “Le incisioni rupestri della Valcamonica” La Soprintendenza alle Antichità inizia le pratiche per la creazione di un Parco archeologico a Capo di Ponte

1959 Pubblicata la prima monografia ad opera di Anati, sulla Grande roccia di Naquane

1959 L’area di Naquane viene donata allo Stato e finalizzata alla creazione del Parco di Naquane

1960 Viene pubblicato il volume “La civilisation du Valcamonica” di Anati. Lo studio richiama l’attenzione del pubblico scientifico ed i politici della Valcamonica sono sensibilizzati all’importanza dei ritrovamenti.

1964 Viene fondato il Centro Camuno di Studi preistorici

1968 Viene attivata la Ricerca sistematica nell’area di Luine (Boario Terme); nei 5 anni successivi vengono individuate oltre 100 superfici istoriate con 20.000 figure, L’area su sollecito del Centro Camuno, verrà sottoposta a protezione divenedo negli anni 70 il Parco di Luine

1974 Viene attivata la ricerca sistematica nell’area di Foppe di Nadro (Ceto di Nadro) che nei 27 anni successivi porterà alla individuazione e studio di centinaia di rocce istoriate con migliaia di immagini, insediamenti preistorici, abrie. L’area su sollecito del Centro Camuno, verrà sottoposta a protezione divenedo prima il Parco di Foppe di Nadro e poi la Riserva Regionale delle incisioni rupestri con l’annesso Museo della Riserva.

1976 L’Amministrazione Comunale di Darfo Boario Terme approva il Piano per la creazione del Parco di Luine Il parco è gestito dall’Amministrazione Comunale di Darfo Boario Terme

1977 Viene istituito dal Comune di Ceto il Parco di Foppe di Nadro, destinato a trasformarsi (ampliandosi) nel 1988 in Riserva Regionale

1979 L’arte rupestre della Valcamonica è inserita nella Lista del Patrimonio Mondiale stilata dall’UNESCO

1980 Viene attivata la ricerca sistematica nell’area di Seradina (Capo di Ponte) che negli anni successivi porterà alla individuazione e studio di circa 200 rocce istoriate. L’area su sollecito del Centro Camuno, verrà sottoposta a protezione divenedo negli anni 80 il Parco di Interesse sovracomunale di Sellero

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anno Attività Centro Camuno Scoperte ed interventi di valorizzazione in Valcamonica

1982 A Milano, presso la Triennale, viene organizzata la Mostra “I Camuni alle radici della civiltà europea”. Contemporaneamente viene pubblicato il volume “I Camuni” a compendio delle ricerche fino ad allora svolte.

Oltre 250.000 turisti visitano le aree con arte rupestre della Valcamonica

1983 Viene attivata la ricerca sistematica nell’area di Sellero che negli anni successivi porterà alla individuazione e studio di 119 di rocce istoriate

1986 Su richiesta dell’Amministrazione Comunale di Sellero viene steso il Piano del Parco di Sellero

1987 Viene attivata la ricerca sistematica nell’area di Seradina che negli anni successivi porterà alla individuazione e studio di circa 200 di rocce istoriate

1987 Viene creato il Parco Comunale di Sellero 1988 Viene istituita la Riserva Regionale Incisioni Rupestri

Ceto Cimbergo paspardo, vasta area (2.900.000 mq.) in cui sono presenti oltre 500 rocce istoriate Il Consorzio di Ceto, Cimbergo e Paspardo è l’Ente gestore della Riserva

1993 Viene attivato il Progetto WARA inerente l’Inventario dell’arte rupestre mondiale

1997 Viene attivato il Progetto per il censimento dell’arte rupestre preistorica che si concluderà nel 2002

1997 Viene tenuto il primo Corsi per operatori turistici sul FSE

1998 Su richiesta dell’Amministrazione Comunale di Capo di Ponte viene steso il Piano del Paco di Seradina (incarico affidato al Centro Camuno)

1998 Secondo corso per operatori turistici sul FSE

1999 Terzo corso per operatori turistici sul FSE 2000 Viene aperta la mostra “40.000 anni di arte

contemporanea.”, panoramica sull’espressività delle origini in europa: Italia, Svezia, Norvegia, Belgio, Portogallo ne saranno le tappe fino al 2003

Viene approvato il piano del Parco di Seradina

2001 Si conclude il Progetto Censimento dell’arte rupestre preistorica della Valcamonica (stesura della cartografia localizzativa delle rocce istoriate). Il Centro Camuno inizia, su incarico dela ministero Beni Culturali, la stesura dell’Inventario dell’arte preistorica italiana

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Creato nel 1979, il Parco nazionale delMercantour si estende su oltre 80 kmdal colle di Tenda fino all’Ubaye, nelleAlpi Marittime e nelle Alpi di AltaProvenza.Questa zona fu italiana fino alla finedella secondaguerra mondiale.Dopo il 1947 lazona è diventatafrancese.Il territorio delParco Nazionale ècomposto di unazona centrale di685 km quadrati,consacrata preva-lentemente allanatura e di unazona periferica di1463 km quadratiche comprende28 comuni.Offre una grandevarietà di paesag-gi e una ricchezzafloristica unica inEuropa, e inoltreuna fauna moltovaria. Nel 1960 è stata varata unalegge che ha dato vita a sette parchinazionali e il Mercantour è uno di questisette: sono 200 in Europa, più di 1500 nel

mondo. Questo spazio naturale protet-to, è sottoposto ad un regolamentospecifico che costituisce un codice dibuona condotta.La sua situazione geografica presentauna grande originalità essendo un

parco di altamontagna checosteggia ilMediterraneo. Daqui la diversità deipaesaggi: trovia-mo siti rocciosi,vallate e circoliglaciali, laghi,vasti pascoli d’alti-tudine, denseforeste, vallate,gole profonde etorrenti.Esiste una grandevarietà di forma-zioni geologichesedentarie e cri-stalline, sollevatee ripiegate dalc o r r u g a m e n t oalpino, scavate ingole profonde

dalle acque di scioglimento delle nevi,lavorate con forza dai ghiacciai chehanno lasciato dietro una moltitudinedi laghi.

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Il Parco Nazionale delMercantour – Francia

All’interno interviste a Pierre Machou, direttore del Museo delle Meraviglie ea Vincent Janin, gestore del Parco delle Meraviglie

MUSEO DELLE MERAVIGLIE

AVENUE DU 16 SEPTEMBRE 194706430 TENDETEL.: 0033-0493043250www.museedesmerveilles.comwww.parc-mercantour.com

Aperto tutti i giorni eccetto il martedì.

Orari:dal 2 maggio al 15 ottobredalle 10,00 alle 18,30.

dal 16 ottobre al 30 Aprile dalle 10,30 alle 17,00.

Il museo è chiuso dal 12 al 24 marzo, dal 13 al 25novemnbre, 25 dicembre e 1 gennaio.

Accesso da Ventimiglia o da Cuneo: ss. 20 fino alconfine, nazionale 204 fino a Tenda.Accesso in treno: treni diretti da Ventimiglia e daCuneo.

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Stambecchi e camosci coabitano inalta montagna, mentre i cervi, il caprio-lo, il cinghiale frequentano le zoneboscose meno elevate. Gli uccelli sonorappresentati dal tetraone lira, dallagopodo alpino, dalla nocciolaia edai grandi rapaci quali l’aquila reale eil gipeto barbuto. E ancora troviamo lamarmotta, l’ermellino, i pipistrelli e il

lupo, che ritorna nella regione venendodall’Italia dopo settant’anni di assenza.Per quanto riguarda la flora ilMercantour possiede più di 2000 specievegetali sulle 4200 conosciute inFrancia. Tra queste, 220 sono conside-rate come molto rare, e 40 non si trova-no da nessuna altra parte del mondo,come la Sassifraga.

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Proteggere vuol dire conoscere megliola fauna e la flora ed essere attenti allaloro evoluzione. Gli agenti del Parconazionale procedono quindi a redigeredegli inventari e dei censimenti, al finedi sorvegliare le specie minacciate efare progredire le ricerche scientifiche.Questo luogo di spazi protetti sviluppasempre più gli scambi internazionali. Inquesto spirito si è concretizzato, nel1987, il gemellaggio tra il Parco natura-le dell’Argentera e il Parco Nazionale diMercantour, che acquista anche unadimensione europea.

LE INCISIONI

La Valle delle Meraviglie: prodigiososantuario della Preistoria è una parteimportante del Parco, possiede infatti ilpiù ricco insieme di incisioni rupestriall’aria aperta d’Europa. Ai piedi delMont Bego, le 30 mila incisioni rupestridell’età del Bronzo fanno della Valledelle Meraviglie un luogo di memoriadelle nostre origini.È in un paesaggio grandioso e a volteinquietante che le popolazioni agricolee pastorali delle Alpi meridionali hannocreato i loro pensieri e i loro miti tra il1800 e il 1500 a.C. in un veritiero lin-guaggio simbolico.

L’insieme dei siti delle Meraviglie (laValle delle Meraviglie e il Cirque diFontanable) è classificato MonumentoStorico.La maggior parte delle incisioni si trovanel Parco Nazionale del Mercantour.Troviamo anche incisioni sull’altro latodella frontiera, in Italia, nel Parcodell’Argentera.Alcune si trovano a più di 2000 metrid’altitudine, fino a 2500-2600 metri. A

questa altezza le rocce sono ricopertedi neve tra ottobre-novembre e giugnoe, quando la neve si scioglie le incisionimostrano dei colori molto vivi: rosso,verde, violetto.La storia delle incisioni cominciò nel1460 quando Pierre de Montfort scrisse:“È un luogo infernale con figure di dia-voli e mille demoni…”.“I temi iconografici della regione delMont Bego sono relativamente ristretti.Si ripartiscono in cinque grandi catego-rie: corniformi, armi e utensili, figuregeometriche, antropomorfi, ideogram-mi. Le figure cornigerate simbolizzanobuoi, tori e la loro grande abbondanzasembra indicare che la religione deipopoli dell’Età del Bronzo delle Alpimeridionali era votata al culto del toroe della dea-terra (o grande dea simbo-lizzata dalle figure geometriche e daqualche figura antropomorfa) e che si

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ricongiunge alle antiche religioni delbacino mediterraneo, apparse dal VIImillennio presso i popoli agricoli e dipastori” (da De Lumeley, 1992).Tale patrimonio costituisce una memo-ria collettiva che gli studiosi/archeologicercano di interpretare per arricchire laconoscenza delle nostre origini.Negli ultimi anni cominciano ad esserepubblicate, grazie alla realizzazione diun inventario informatizzato, le primeanalisi sulla ricorrenza di associazioni dimotivi incisi.Oltre alle incisioni dell’età del Bronzo,bisogna ricordare che esiste un altrocorpo di incisioni, con un altro stile, diepoca-storica.

LA GESTIONE DEL PARCO

Vincent Jannin – incaricato dellagestione del Parco delle Meraviglie, di

seguirne lo sviluppo turistico, dell’edizio-ne di pubblicazioni (dai libri ai depliant)sul parco – ci informa che per garantirel’incolumità dei luoghi è fondamentalela sorveglianza.Il Parco Nazionale protegge infatti que-sto luogo e queste incisioni assicurandola sorveglianza e contribuendo alla for-mazione degli accompagnatori abilita-ti a organizzare le visite.Ci sono due aspetti da prendere in con-siderazione – afferma Janin – abbiamoil Parco del Mercantour, che è un par-co naturale molto grande, e un sito ar-cheologico naturale all’interno di que-sto parco. I gestori del Parco hannoquindi due compiti fondamentali: gesti-re, studiare e valorizzare il Parco e nellostesso tempo hanno la responsabilitàdella sorveglianza del sito e dell’orga-nizzazione delle visite. Per quanto ri-guarda le ricerche, invece, esiste unorganismo apposito, il Laboratoriodipartimentale di preistoria di Lazaret. ATende, inoltre, esiste un Museo archeo-logico del sito di Mont Bego, il cui diret-tore è Pierre Machou. Da quest’annoprende il via un nuovo progetto checonsiste nel reclutamento di lavoratoristagionali e, in collaborazione con illaboratorio del Lazaret, verrà organizza-to il reinserimento lavorativo di personeche a tutt’oggi lavorano in uffici allanumerazione delle immagini, assunticon contratti di solidarietà. Questi lavo-ratori verranno reinseriti nei siti per ope-rare la sorveglianza e dare informazionial pubblico.Le guide non sono dipendenti né delParco né del Museo di Tende, sonoguide di alta montagna, non sono spe-cializzate in preistoria, ma nutrono ungrande interesse per la materia. Perpoter operare devono superare unesame, durante il quale si richiedono

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alcune minime competenze. Una voltasuperato ricevono un attestato che liautorizza ad organizzare le loro attività.Reperiscono clienti e li portano sui siti.Gestiscono autonomamente le visite.“L’originalità di questo sistema - affer-ma Jannin - è che da queste guidedipende la sicurezza del parco e l’or-ganizzazione delle visite in piena auto-nomia, assumendo quindi grosseresponsabilità nei confronti del Parcostesso. A loro compete anche la manu-tenzione dei sentieri e la segnaletica.Tutto deve funzionare alla perfezione.Alcuni circuiti interpretativi, con tavoledi lettura,completano l’informazionedel visitatore”.

Oltre ai gruppi organizzati giungono avisitare i siti preistorici anche personesingole e per questo tipo di utenza esi-stono sistemi di visite preordinati, che sisvolgono in giorni e ore fissi. Questosistema di visite è stato appaltato attra-verso un bando. Il vincitore della garadi appalto riceve una sovvenzioneannuale e ha l’obbligo di organizzarequattro visite al giorno al Parco delleMeraviglie a orari fissi. Ha l’obbligo diorganizzare la visita anche se i visitatorisono in numero ridotto.L’afflusso di visitatori è molto alto e ilproblema che si pone è quello deldeterioramento delle rocce e delle inci-sioni, problema che si presenta soprat-tutto in estate, essendo, in inverno, pro-tette dalla neve. Le incisioni hannoinfatti subìto, durante gli ultimi anni,importanti depredazioni di origineumana.Per contenere questi danneggiamentila D.R.A.C. e il Parco Nazionale delMercantour hanno regolamentato lacircolazione nel sito delle Meraviglie edi Fontanalba e le visite sono consenti-

te soltanto con accompagnatori auto-rizzati dal Parco Nazionale.In certi Comuni (segnalati opportuna-mente sulle carte turistiche) esiste uncentro di visita del Parco, che proponeesposizioni, proiezioni, pubblicazioni etutte le informazioni necessarie alla sco-perta del territorio. Esistono anche deipunti di informazione situati nei villaggio nei siti più frequentati.

IL MUSEOIl museo delle Meraviglie è ubicatonella città di Tende, quindi non è collo-cato (come in Norvegia) all’interno delParco.Il professor De Lumeley, che da più ditrent’anni si occupa di studiare le inci-sioni rupestri, è il fondatore del Museo,all’interno del quale si studiano le opereincise e il modo per tutelarle.

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Le incisioni sono state rilevate nella lorototalità (dal 1967 al 1991) da lui e daisuoi collaboratori.Il dottor Vincent Jannin ci spiega chetra il Parco e il Museo esiste una buonacollaborazione. Ogni anno il Museoorganizza una giornata di formazioneper tutte le guide, che hanno l’obbligodi assistervi.Oltre al Museo anche il sito del MontBego è molto visitato, afferma PierreMachou, direttore del Museo delleMeraviglie e dal colloquio avuto con luici sembra di capire e di poter afferma-re senza paura di smentite che sito eparco sono molto valorizzati anche alivello statale e regionale. I giornali delleAlpi Marittime, per fare un esempio,pubblicizzano molto il sito e il risultato èche ogni anno ci sono più di 10.000 visi-tatori. Lo stesso Machou ci mostra il suostupore nei confronti dello scarso inte-resse che viene dato ai nostri Parchiarcheologici ricchi di incisioni rupestri equindi di storia.Ritornando al problema dell’interesseper un così grande patrimonio culturaledell’umanità, Machou sostiene che inFrancia esiste una grande culturaarcheologica preistorica, a differenzadi ciò che succede in Italia, dove si dàmaggiore importanza al patrimonioarcheologico di epoca romana, tra-scurando e sottovalutando tutta la cul-tura che non rientra in questo contesto.Ovviamente anche in Francia l’archeo-logia romana viene valorizzata, maquesto interesse non esclude l’altro:grande sforzo umanistico e scientifico,di ricerca, quindi, nei confronti dellemigliaia di incisioni, all’aria aperta e ingrotte preistoriche situate un po’ ovun-que sul territorio francese, dal MontBego ai siti della Savoia, dei Pirenei, vici-no a Parigi.

Il Museo di Tende è un museo diparti-mentale, che assume in sé tre ruoli: farconoscere le incisioni al pubblico, tute-larle, fare didattica. Vengono allestitemostre di oggetti, collezioni.La struttura museale si sviluppa su duelivelli. Uno comprende una mostra per-manente e sale adibite a mostre tem-poranee. Il secondo livello ospita labo-ratori di ricerca, un laboratorio di dise-gno, laboratori nei quali viene effettua-ta la pulitura e catalogazione dei rilievieseguiti durante l’estate. Vengono inol-tre allestite mostre, pannelli espositivi eviene organizzato il lavoro didattico.La squadra di lavoro del Museo è com-posta da quattordici persone, pocherispetto al numero di visitatori, che siaggira intorno alle 30.000 persone l’an-no.Chiediamo al dottor Machou qualisono i rapporti tra Museo e istituzionipubbliche e lui ci spiega che sonomolto lineari, essendo il museo diparti-mentale. Ha una grande forza politicae finanziaria. Per quanto riguarda lerelazioni scientifiche, il professor DeLumeley, considerato in Francia unluminare, ne garantisce e agevola lafacilità.Esistono, per finire, ottime relazioni congli altri Parchi nazionali francesi coi iquali c’è un rapporto di interscambio edi lavoro coordinato. Vi è inoltre unacooperazione tra tutti i Parchi nazionalidelle Alpi strutturati nella Rete AlpinaSpazi Protetti e una forte collaborazionecon il Parco italiano delle AlpiMarittime. L’intento è di creare unparco internazionale. ❏

a cura di Silvana Damiani

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Durante l’inverno del 1917 vennerocasualmente notate alcune figuredipinte sulle rocce di una località neipressi di Castellón, un paese nellaregione valenziana. A seguito di questasegnalazione, due commissioni di stu-diosi, una di Madrid e una diBarcellona, ricevettero immediatamen-te l’incarico di compiere una primaprospezione dell’area, che dette risulta-ti sorprendenti: circa 900 figure distribui-te in una ventina di siti.Pochi anni dopo, nel 1924, due di que-sti ripari ornati, la queva de los Caballose la queva del Civil, furono inseriti nellalista dei monumenti nazionali dello statospagnolo.Oggi l’intera area è divenuta ParcoCulturale e nel 1994 è stato fondato ilmuseo della Valltorta, con lo scopo divalorizzare e preservare un territorio dicirca 30.000 ettari. Qui è custodito piùdel 50% dell’arte rupestre della provin-cia e alcuni dei complessi più rilevantidell’Arte Levantina, dichiarataPatrimonio Mondiale dall’UNESCO.Il museo è suddiviso in quattro sale cheospitano l’esposizione permanente,una sala dedicata alle esposizioni tem-poranee e un locale attrezzato per laproiezione di audiovisivi. Oltre ai mate-riali archeologici ritrovati nel corso dellericerche, si può ammirare la riproduzio-

ne in scala naturale della queva de losCaballos e un’intera sezione dedicataai problemi di degradazione cui lerocce sono sottoposte. Al centro diquesta sala è esposta la figura 68 dellaqueva del Civil, che venne rubata intor-no agli anni ’50, ed in seguito recupe-rata dagli archeologi.Nel medesimo complesso trova sedeanche l’Instituto de Arte Rupestre, crea-to per promuovere la ricerca e la speri-mentazione di nuovi metodi di conser-vazione; vi si trovano un laboratorio diarcheologia, una biblioteca e un cen-tro di documentazione sull’arte rupestrepreistorica.Dopo la visita alle sale si accede alParco Culturale, dove cinque differentiitinerari guidati conducono ai principalicomplessi di arte rupestre. Le aree visi-tabili sono la queva de los Caballos, laqueva del Civil, i ripari sotto roccia delMas d’En Josep, la queva Saltadora ela queva Remigia. Si tratta dell’unico patrimonio di artepostpaleolitica naturalista all’internodella penisola iberica. La caratteristica di questa produzioneartistica, secondo A. Beltrán, è la “com-presenza di uomini e animali nelle suescene: l’uomo è il protagonista princi-pale, e appare come cacciatore ocome guerriero, alcune volte come

Il Parco Culturale dellaValltorta – Spagna

Intervista a Rafael Martínez Valle, direttore del museo della Valltorta

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raccoglitore e in rare occasioni comeallevatore di animali o come contadi-no”. Queste raffigurazioni sono legate aculture riferibili all’Epipaleolitico, alMesolitico e al Neolitico. Tale arco di tempo corrisponde alleoscillazioni climatiche oloceniche, ecoincide conla fine delWürm, ovverocon il ritirodegli ultimighiacci delQuaternario.L ’ a u m e n t odella tempe-ratura mediadeterminò lacrescita delpopolamentoumano nell’a-rea e la possi-bilità di sfrutta-re per le pro-prie creazioniartistiche lepareti all’a-perto e i riparisotto roccia. Tra le temati-che rappre-sentate lacaccia è la composizione predominan-te, mentre non vi sono immagini legateall’attività di allevamento o di orticoltu-ra. Le scene di raccolta sono moltomeno presenti, probabilmente perchéquesta attività era considerata com-plementare alla caccia. La figura umana, come già accenna-to, è il motivo maggiormente rappre-sentato; sono numericamente più rile-vanti le figure maschili, che offrono unatipologia anatomica varia e vengonospesso rappresentate in attività venato-

ria con l’arco e la freccia. Le immaginifemminili presentano, al contrario, unamaggiore omogeneità grafica.Tra gli zoomorfi vi è una preminenzanumerica di cervidi, oltre a capridi,equidi e bovidi. Nella maggior parte deicasi questi animali sono feriti da frecce

o dardi e cir-condati dan u m e r o s iarcieri.Riguardo l’ori-gine e l’evolu-zione di que-ste pitture,sono stateavanzate duedifferenti ipo-tesi: la primasostiene chele tradizioni ele credenze dic o m u n i t àpaleolitiche sitrasmisero suc-cessivamentealle popola-zioni epipaleo-litiche e meso-litiche cheoccuparonol ’ a r e a .

Secondo i fautori di questa ipotesi, l’ar-te levantina sarebbe un’arte di caccia-tori e raccoglitori che scomparve nelmomento in cui l’economia neoliticaraggiunse il suo pieno sviluppo.La seconda ipotesi sostiene che l’origi-ne di tale produzione artistica sia inve-ce attribuibile all’influenza di cultureesterne riferibili al Vicino Oriente. Il limitecronologico-culturale risulterebbe, inquesto caso, spostato in avanti, parten-do dal neolitico per giungere finoall’età del Bronzo. Conseguentemente

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è possibile che queste popolazioni pra-ticassero un’agricoltura primitiva e ladomesticazione degli animali, mentrela caccia con l’arco e la freccia risulte-rebbe un’attività economica di secon-daria importanza.Abbiamo rivolto a Rafael MartínezValle, direttore tecnico del museo dellaValltorta, alcune domande sulle pro-blematiche connesse alla gestione diquesto patri-monio.

Potrebbe descri-verci il suo ruoloall’interno delParco Culturale?

Sono il diretto-re tecnico delParco dellaValltorta. Ilmio lavoroconsiste nel-l’organizzarele differentiattività delmuseo: inprimo luogomantenere ilp r o g r a m m adelle esposi-zioni permanenti e temporanee, insecondo luogo sviluppare il program-ma di mantenimento dei ripari sottoroccia e gestire la loro protezione e interzo luogo coordinare i lavori di ricercadel Centro.È un museo che, grazie al nostro gover-no autonomo, si sta convertendo in uncentro coordinatore di distinte iniziativein tutti gli ambiti della comunità; nonlavoriamo solamente nel nostro Parcoma stiamo coordinando altri parchi e

zone adiacenti alla Valltorta che pre-sentano problematiche analoghe.

I vostri finanziamenti provengono dal governo cen-trale di Madrid o dalla regione autonoma valencia-na?

Nello stato spagnolo, dal 1983, è stataistituita una forma quasi totalmente

federale, equindi, laG e n e r a l i t a tV a l e n c i a n apossiede auto-nomia finan-ziaria e pienacompetenzanella gestionedel patrimonioc u l t u r a l e .Questo signifi-ca che i pro-grammi chesviluppiamo alivello regiona-le non devonopassare attra-verso il filtro delgoverno cen-trale. Ciò valeanche per lequestioni eco-

nomiche: gli organismi regionali appro-vano un piano che noi gestiamo duran-te l’anno.Fra questi piani, dei quali abbiamoanche la totale autonomia fiscale, unoriguarda l’arte rupestre, e uno l’archeo-logia.

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Quali sono le problematiche più rilevanti, sia insenso positivo che negativo, nella gestione del suoparco archeologico?

La positiva ela negativainsieme èche si trattadi un parcomolto giova-ne e possie-de tutti i pro-blemi di uni s t i t u z i o n egiovane. Ilmuseo èstato inaugu-rato nel 1994e già nel1999 il pro-getto musea-le è statocambiato. Il problemapiù importan-te, non ci inganniamo, è quello dellamancanza di personale e noi direttoriprotestiamo sempre per la carenza dirisorse economiche, ma in questomomento dobbiamo funzionare con lerisorse che sono state approvate.

Esiste una cooperazione con altre istituzioni come,per esempio, l’Università e la possibilità di avereuna formazione in questo ambito per i giovani?

Questa è una questione fondamentaleper noi. Tentiamo di superare la man-canza di personale attraverso la colla-borazione con l’Università. Abbiamoottimi rapporti con l’Università, soprat-tutto con il dipartimento di preistoria eanche con l’Istituto del turismo, e quin-di, abbiamo studenti che tutti gli annisvolgono i loro tirocini all’interno del

museo. Normalmente sono tirocini di320 ore e per pianificarli si stabilisce untutor che proviene dall’Università e uno

dal museo, iquali coordi-nano il per-corso del tiro-cinante.Inoltre, nellavoro di sca-vo archeolo-gico e di es-p lo raz ione ,collaboriamoaltresì constudenti uni-versitari. In altri posti lasituazione èdifferente manel nostro ca-so la collabo-razione èmolto stretta.

Ci sono prospettive professionali per i giovani stu-diosi dopo questa formazione culturale?

Questo è un problema generale del-l’archeologia; almeno per quel cheriguarda la nostra comunità. Negli ultimianni si sono generate molte aspettativeintorno all’archeologia. Una parte degliarcheologi si è dedicata agli scavi dinuovi siti e un’altra parte alla gestionedei musei. Si stanno formando specializ-zazioni nell’ambito del turismo e iocredo che sia un ambito che potrebbeavere molte prospettive nel futuro.

In Italia viene data molta importanza all’archeologiaclassica, soprattutto nel suo aspetto monumentale.L’arte rupestre sicuramente non incarna questecaratteristiche, ed è quindi poco valorizzata.

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In Spagna, che importanza viene data a questo tipodi patrimonio?

Questa è l’origine di molti problemi, noinon possiamo competere con i vostri“templi romani”, siamo ad un altro livel-lo, per questo nel nostro caso abbiamocreato dei Parchi culturali.Quello che stiamo promuovendo è laconservazione di un territorio con moltielementi che, probabilmente presi sin-golarmente, non presentano le carat-teristiche di monumentalità, ma nellaloro interezza costituiscono un patrimo-nio di rilievo.Noi partiamo da un punto di vista diffe-rente rispetto a quello della monumen-talità: attraverso la valorizzazione del-l’arte rupestre intendiamo promuovereun approccio di “archeologia spaziale”all’intero territorio.

All’interno dell’equipe di lavoro del museo ci sonoaltre figure professionali oltre a quella dell’archeo-logo?

Io sono un archeologo così come glialtri ricercatori del museo, ma lavoranocon noi anche due restauratori che sisono formati alla Facoltà di Belle Arti,specializzati in interventi di restauro dipittura rupestre. Si tratta di due restau-ratrici che si sono formate in Francia,con loro stiamo collaborando nel lavo-ro di pulizia e consolidamento dellesuperfici rocciose.Per quello che riguarda le guide cisiamo incaricati di dar loro una forma-zione che risponda a livelli qualitativiadeguati.

Conosce il patrimonio della Valcamonica e che cosapensa rispetto alla sua valorizzazione?

Valcamonica è senza dubbio un luogounico. Io appartengo ad una genera-zione di archeologi che sono cresciuticonoscendo il patrimonio dellaValcamonica e l’apporto pionieristicodel Centro Camuno. È impressionante illavoro che è stato fatto dal Centro nel-l’ambito della valorizzazione dell’arterupestre.Questa è la prima volta che vengo inValcamonica e l’impressione che hoavuto è che ci sia una mancanza diconnessione: si sta tentando di pro-muovere un progetto che sappia coor-dinare diverse realtà, ma ho come l’im-pressione che esista un regime di “pic-coli regni” e penso che questo sia con-troproducente. ❏

A CURA DI BARBARA VILLA E DIEGO ABENANTE.

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Il Parque arqueologico Vale do Côa sitrova nella valle del fiume Côa, unaffluente del Douro. La valle è a nordest rispetto a Lisbona e a 200 km daPorto, la città più vicina a cui si fa riferi-mento. Ci sono numerosi villaggi che sitrovano all’interno del parco vicino alfiume: le localitàin cui sono stateritrovate le rocceincise infattiappartengono adiversi comuni.

Il progetto dicostruzione di unadiga nella valledel fiume Côapermise, nel 1991,la scoperta delleincisioni rupestri.Tale ritrovamentobloccò tempora-neamente i lavoridella società idro-elettrica e diedeinizio a ricercheapprofondite diun’equipe archeologica che nel corsodegli anni verificò l’estensione, sempremaggiore, dell’area interessata dall’ar-te rupestre. Nel 1995, dopo lunghe bat-taglie legali, l’UNESCO inserì le incisionidi Foz Côa tra il patrimonio storico-arti-stico mondiale, decretando la definiti-

va interruzione dei lavori per la costru-zione della diga che le avrebbe irrime-diabilmente sommerse.Il Parque Archeologico Vale do Côa èun’istituzione pubblica guidatadall’Istituto portoghese di Archeologia,che dipende dal Ministero della

Cultura, perciò lamaggior partedei finanziamentiproviene dallostato. La leggeportoghese èmolto genericaper ciò cheriguarda la salva-guardia delleopere d’arte enon si riferiscespecificamenteall’arte rupestre,ma ovviamentedecreta cheogni testimonian-za significativadeve essere pro-tetta e così è peraltri siti preistorici

che ci sono in Portogallo. Foz Côa hauno statuto speciale e un programmadi gestione per l’ampiezza del patrimo-nio artistico che conserva. La cura delparco è affidata a una équipe di fun-zionari pubblici: architetti, programma-tori e archeologi, e guidata dall’ archi-

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Il Parco Archeologico Vale do Côa – Portogallo

PARQUE ARQUEOLOGICO VALE DO CÔAAV. GAGO COUTINHO,195150 VILA NOVA DA FOZ CÔA

Il Centro del Parco si trova a Vila Nova de FozCôa. È chiuso la domenica e nei giorni delle festi-vità principali. Il numero dei visitatori è limitatodalla disponibilità di veicoli utili per gli spostamentinei diversi siti. La prenotazione è fortemente consi-gliata.

Tel: 00351 279-765258 / 765259Fax: 00351 279-768270e-mail prenotazioni: [email protected]

e-mail amministrazione: [email protected]

Sito Web: http://www.ipa.min-cultura.pt/coa

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tetto Fernando Maia Pinto, direttore delparco dal 1997. I progetti per la tutela ela valorizzazione del Parque do Côasono numerosi, ma non facilmente rea-lizzabili perla scarsezzadei finanzia-menti. Sonoin corso nu-merosi pro-grammi ditutela, stu-dio e digita-l i z z a z i o n edel patrimo-nio; sono incompilazio-ne diversidata baseper catalo-gare tutti ip a n n e l l iincisi, stu-diarne glistili e il miglior metodo conservativo. Ladocumentazione dell’arte rupestre delCôa è affidata a CNART (CentroNacional de Arte Rupestre), centrodiretto dal Dr. Antonio MartinhoBaptista, creatore del metodo di rileva-mento dei pannelli istoriati portoghesi.Il Museo è attualmente in progettazio-ne (al progetto partecipa il direttorestesso) e dovrebbe essere realizzatoentro il 2006.Sono più di 25 i siti interessati dalle inci-

sioni rupestri, con più di 200 rocce isto-riate, che si estendono nella valle perun’area di circa 200 km2. Solo una partedei siti di maggior interesse è visitabile:attualmente sono solo tre quelli apertial pubblico. La visita si svolge tassativa-mente accompagnati dalle guide delparco, anche perché le rocce sono

distanti tra loro e per raggiungerleoccorre un fuoristrada. L’area del parco è definita principal-mente dalle strade e dai corsi d’acqua:

la valle delfiume Côarappresen-ta un pae-s a g g i oarcheologi-co singola-re e le inci-sioni qui rin-v e n u t ecostituisco-no la piùg r a n d ecollezioneal l ’apertodi immaginidel Paleo-litico. Ladatazionedelle opere

è ancora discussa; non tutti gli studiosiinfatti sono concordi ad attribuire alPaleolitico Superiore, un periodo che inPortogallo occupa circa 20.000 annicompresi tra 30000 e 10000 anni fa. Le tecniche di incisione utilizzate neidiversi siti della Valle di Côa sono princi-palmente quattro: incisione con lineesottili, più semplici da realizzare, proba-bilmente eseguite con uno strumentomolto appuntito e resistente; incisionieffettuate col metodo della martellina,che si effettua tramite percussionediretta, indiretta o perforazione; esistepoi il metodo dell’abrasione, che consi-ste nel consumare la superficie dellaroccia tramite attrito. Tale tecnica veni-va usata per accrescere o regolareprecedenti incisioni; la raschiatura èinfine una variante dell’abrasione.

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Le zone più significativeper datazione e temati-che sono:

1. Canada do Inferno

Il sito si trova nel punto diincontro tra un piccoloaffluente e il canyonscavato dal Côa perraggiungere il Douro.Sono state rilevate 36rocce incise, realizzatesu lastre scistose vertica-li, molte delle quali sonosommerse da acquepoco profonde dal 1983per la costruzione delladiga di Pocinho. I soggetti principali, appartenenti alPaleolitico superiore, sono bisonti, stam-becchi e cavalli. Ci sono anche deipesci. Interessanti sono anche le incisioni stori-che, composte dal XVII secolo fino ametà del Novecento. I motivi trattatisono religiosi (croci, reliquiari) e profani(sole, luna, il treno sul ponte).

2. Ribeira de Piscos

Meno numerose delle rocce di Canadado Inferno, le incisioni di Ribeira sono lepiù divulgate: due cavalli con le testeincrociate e una figura umana sovrap-posta, due grandi bisonti, eseguiti conla tecnica dell’incisione a striature, e uncervide, finemente inciso.

3. Penascosa

Dalla sponda opposta sul fiume Côarispetto a Ribeira de Piscos, nel sito diPenascosa sono state ritrovate incisioniadattate alle fratture delle rocce,

dovute agli eventi erosivi dell’iniziodell’Olocene. Come a Canada doInferno, le aree istoriate sono per lo piùpareti verticali. La tematica trattata è ancora il caval-lo e le capre in associazione, ma anchela coppia cavallo - bisonte è ben docu-mentata e non mancano pesci e sim-boli. La particolarità di queste incisioni ènel tentativo di rendere il movimentodell’animale: un esempio splendido èla rappresentazione di un cavallo contre teste per esprimere il gesto di solle-vare il collo e girarsi.

Le specie animali predominanti nell’ar-te paleolitica di Foz Côa sono bisonti,equini, cervidi e stambecchi: i primi trecaratterizzano la fase pre-maddalenia-na della preistoria portoghese, testimo-niati anche dai reperti archeozoologicirinvenuti.Un’altra peculiarità dell’arte rupestre diCôa è la collocazione all’aperto, rararispetto alle altre evidenze artistichepaleolitiche europee. I pannelli deco-rati sono tendenzialmente verticali e

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sembra che le superfici lisce e piùappetibili non siano state prese in con-siderazione, mentre tutti i siti finora rin-tracciati si affacciano sul fiume Côa esui suoi affluenti.Il lavoro di ricerca e catalogazione, ini-ziato da pochi anni, continua a fornire

nuovi indizi sulla datazione e sulle tema-tiche affrontate nelle opere d’artedegli antichi abitanti della Valle delCôa. ❏

LAURA CORTI

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La Penisola Scandinava è un Paesericco di incisioni rupestri. La zona da noipresa in considerazione è quella dellaSvezia meridionale, nello specifico dellaregione del Bohuslän, dove è situato ilparco archeologico di Tanum.Nel 1869, dopo vari tentativi di com-prendere le datazioni di questa areageografica (Svezia meridionale), vennestabilito che le incisioni appartenesseroall’età del Bronzo, ma ulterioriapprofondimenti hanno permesso didefinire che sonorelative anche aperiodi prece-denti, databili al-l’antica età dellaPietra e precisa-mente al Calco-litico. Tali incisionicalcolitiche sonoattestate princi-palmente a Slä-bro, nella Söder-manland; loro ca-ratteristica sonodisegni antropo-morfi stilizzati.

Incisioni simili sono riscontrabili in Valcamonica,Galizia e Portogallo.

Con l’età del Bronzo, verso il 1.800 a.C.le immagini dominanti nella Sveziameridionale sono le imbarcazioni,

accompagnate da figure sia antropo-morfe che zoomorfe, armi, ornamenti,cerchi, coppelle.Nel territorio svedese e in Europa ingenerale l’area più ricca di incisionirupestri è il Bohuslän.Le rocce censite superano il numero di4.000, con 60.000 raffigurazioni registra-te. Le raffigurazioni non sono solo dioggetti riconoscibili ma anche di temi escene della mitologia nordica. Famosoè il guerriero di Hede in Kville, che porta

uno scudo cond e c o r a z i o n ibugnate tipichedella cultura diHalstatt e un fo-dero della spadaterminante conestremità alate,datate al periodoV di Montelius. Lerappresentazionidettagliate dipersonaggi conspade, lance edelmi riflettono l’in-teresse per i guer-rieri e la guerra;inoltre troviamo

oranti, acrobati, processioni e cultidella fertilità.In Svezia le pitture sono poste su super-fici ripide e pannelli inclinati che si get-tano nelle acque dei laghi e, nella

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Parco Archeolgico di TanumWorld Heritage Area - Svezia

Intervista a Ulf Bertilsson, direttore del C.A.R. e del Swedish NationalHeritage Board

TANUMS HÄLLRISTNINGMUSEUM -UNDERSLÖSS-45791 TANUSHEDE SVERIGE

Aperto da giugno ad agosto

Orari:dalle 10,00 alle 17,00.

Tel./Fax +46 525 29555e-mail: [email protected] Web: www.ssfpa.se

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Svezia Meridionale, sono spesso ubica-te in aree ricche di insediamenti, peresempio vicino a Goteborg, dove sonoposte all’interno di una cintura moltocompatta di siti abitati a partire dallafine della prima età della Pietra.Il paesaggio del Bohuslän ben si atta-glia per l’esecuzione di tali opere: sitrova innanzi-tutto in unap o s i z i o n efavorevo lealla comuni-cazione viamare e pos-siede porzio-ni di terraarabile es f r u t t a b i l eper il pasco-lo. Le incisionisi trovano surocce grani-tiche, leviga-te dal ghiac-ciaio delloJuland espesso sommerse dal mare, poste aipiedi della montagna lungo la pianuraargillosa. Le sepolture dell’età delBronzo, tumuli di varie dimensioni, si tro-vano sulla sommità delle colline chedominano la campagna.Nell’entroterra, si alternano pianure ealtipiani, colline scoscese e burroni,prolungamenti naturali dei fiordi dentroterre che, dopo l’era glaciale, si sonosollevate da 100 a 170 metri.A causa dei movimenti tettonici verifi-catisi dalla Preistoria a oggi, le pitture inBohuslän hanno perso ormai il contattocon l’area rivierasca: molte di lorogiacciono ora in zone incolte che, nelMesolitico, ospitavano siti per la cac-cia, pesca e l’insediamento.

Tanum, situato nel nord del Bohuslän,dove è ubicata l’area protettadall’Unesco, è un sito di indubbia bel-lezza. Così afferma l’Unesco: “Le inci-sioni della regione di Tanum costituisco-no un imponente esempio dell’artedell’Età del Bronzo di ottima qualità. Lagamma delle tematiche dà eccezio-

nale provadei diversiaspetti dellavita nell’Etàdel Bronzoeuropea”.Tanum èquindi un sitoarcheologi-co di grandeimportanzaper la rico-s t r u z i o n edella storiadel popoloche lì vissecirca 3000anni fa.

Il sito di Tanum è protetto dalla leggesvedese che riguarda i monumenti e isiti preistorici: la tutela di tale patrimo-nio risale al 1962. Il governo sostieneanche finanziariamente la ricerca e losviluppo dei progetti relativi all’arterupestre: di fatto il progetto per la con-servazione delle rocce incise (RockCare Project) è nato nel 1998 pervolontà del National Heritage Board efinanziato dal Ministero della Cultura.Nonostante non ci sia una specializza-zione in arte rupestre, c’è un gruppo diesperti che lavora per il NationalHeritage Board presso il Dipartimentoper la ricerca archeologica, come cispiega il dr. Ulf Bertilsson, direttore della

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sezione di Arte Rupestre del NationalHeritage Board di Stoccolma.

Numerose univer-sità svedesi parte-cipano al proget-to con campagnedi scavo e studispecifici. A livelloi n t e r n a z i o n a l el’Unione europeaha promosso efinanziato unacampagna di sen-sibilizzazione per latutela dell’arterupestre svedese ec’è una crescentecooperazione nello studio e nella ricer-ca tra i Paesi della Penisola scandinavae altri Stati europei come Italia, Franciae Portogallo, in cui le problematicheconservative sono affini.Vicino all’a-rea dellei n c i s i o n irupestri sonostati costruitidue musei: ilVitlycke e ilU n d e r l o s ,e n t r a m b ipartecipanoattivamentealla promo-zione delleattività delP a r c o ,soprattuttograzie alleespos i z ion iche offronoal pubblico.Il Vitlycke Museum è stato realizzato nel1998 grazie a un finanziamento nazio-

nale, regionale e municipale che hapermesso di assegnare a una squadra

di architetti svede-si il progetto.Sebbene lo scopodel Museo sia diintegrarsi con leincisioni rupestri ilsuo approccio èa s s o l u t a m e n t econtemporaneo.Per fornire ai visita-tori strumenti a-stratti con cui in-terpretare o guar-dare le pitturedell’Età del Bronzonel contesto, ilmuseo ha impie-

gato un proprio linguaggio creativo.Nelle mostre si cerca di visualizzare lecomplessità teoretiche del passatoattraverso innovativi strumenti grafici.

Se le incisionidi Tanum so-no esempiunici dell’ar-te dell’Etàdel Bronzoeuropea, ilmuseo hapartecipatoattivamenteal processodi sviluppodella conser-vazione edelle teoriedi interpreta-zione. Glistrumenti diricerca del

Museo includono una bibliotecaaggiornata, archivi, camere di docu-mentazione e un database, che non

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VITLYCKE MUSEUM

Aperto da aprile a settembre

Orari:dalle 10,00 alle 18,00.

Tel. 0705 845829e-mail: [email protected]

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solo permettono al Museo di giocare unruolo importante nella ricerca sull’arterupestre a livello nazionale e internazio-nale, ma danno inoltre la possibilità alpubblico di approfondire questa speci-fica area diinteresse.Il Museo con-duce questeattività in unaprospett ivainternaziona-le. Il progettodi documen-tazione hacont r ibu i tofor tementeal progetto diconservazio-ne delle roc-ce incise, maha anchedato la possi-bilità di stabi-lire importanti legami con esperti inter-nazionali.Come completamento del Museo c’èla ricostruzione di una fattoria dell’Etàdel Bronzo, dove il visitatore può guar-dare e partecipare a diverse attività,come fare oggetti di bronzo, di cerami-ca e cibo. La fattoria è usata soprattut-to per i gruppi scolastici ed è utilizzataper diversi livelli di conoscenza.La tutela delle rocce incise coinvolgeanche numerosi progetti di documen-tazione: il primo archivio dei pannelliistoriati si trova nel registro dei monu-menti antichi del National HeritageBoard, ma nell’ultimo decennio si èprovveduto ad una catalogazione digi-tale per una consultazione più efficace,elaborando un database specifico(The Rock Art Base). Questi progetti

sono stati fortemente voluti dal dottorUlf Bertilsson.Ultimamente si è cercato inoltre didiffondere la conoscenza del patrimo-nio di Tanum tramite pubblicazioni,

seminari einformazionemirata neivari media ecoinvolgen-do le scuolein diverse at-tività didatti-che, tra cuiquelle pro-poste dalV i t l y c k eMuseum.I problemifondamen-tali delle roc-ce incise diTanum sonolegati al-

l’ambiente esterno in cui sono colloca-te: esfoliazione della roccia dovuta algelo, crescita di alghe e licheni, inqui-namento atmosferico. Sono già in attoalcuni metodi conservativi: il più recen-te è quello di ricoprire le rocce istoriatecon speciali teloni durante il periodoinvernale.Sono protetti con una copertura a duestrati, che si sviluppa seguendo l’anda-mento del terreno, formata all’esternoda uno strato di lana di vetro e da unointerno di tessuto Dralon.La copertura è immaginata come unarete composta da tubi in alluminio dellastessa lunghezza, collegati tra di loroper mezzo di cavi di acciaio inox e fis-sati attraverso un sistema di tubi diago-nali di varie lunghezze. La forma, lonta-na da riferimenti formali orizzontali overticali, è in grado di seguire l’anda-

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mento del terreno con il suo telaio fles-sibile. L’intercapedine compresa tra idue strati di vetro e di tessuto permettedi ventilare la struttura, riducendo ilcalore generato dal sole che, special-mente durante l’unverno, potrebbeprovocare dei danni alla parte vetrataper lo scioglimento ed il successivocongelamento della neve durante lanotte. Per quel che riguarda la puliziadei graffiti dalla polvere, questa ègarantita da un sistema di ugelli, posi-zionati sullaparte superio-re della strut-tura, attraver-so i quali vie-ne spruzzatadell’acqua.Il progetto diconservazio-ne delle roc-ce incise stasvi luppandodiverse atti-vità, teorichee pratiche, alivello interna-zionale perrisolvere que-ste problematiche che possono portarealla distruzione del patrimonio rupestrenon solo svedese.La cooperazione tra Svezia e Norvegiaè attiva dal 1993 e ha portato a fonda-mentali sviluppi nella tutela delle rocceincise. “Per le istituzioni, i musei e la cul-tura in generale è di vitale importanzaraccogliere tutte le informazioni dispo-nibili su queste pitture rupestri, in mododa conservarne memoria se dovesseroandare perdute. Per questo abbiamodeciso di creare due banche dati versole quali affluiscono informazioni prove-nienti da entrambi i lati della frontiera

man mano che le nostre ricerche pro-grediscono. Per conservare questi graf-fiti, abbiamo studiato innanzitutto i pro-cessi di degrado, creando una rete diesperti di geologia, chimica, microbio-logia, fisica, meteorologia e archeolo-gia. Siamo riusciti così a individuarevarie cause di deterioramento: le pietresoffrono innanzitutto per i depositi dizolfo e di piogge acide che dissolvono iminerali più fragili, e nello stesso tempovengono attaccate da alghe, muschi e

l i c h e n i .Q u e s t oaccresce lac a p a c i t àdelle paretirocciose dia s s o r b i r el’acqua, igas e le par-ticelle noci-ve. Sono pro-cessi piutto-sto lenti chec o r r o d o n oprogressiva-mente las u p e r f i c i edel granito”

(Jan Magnusson, responsabile del pro-getto presso il Consiglio provinciale delVarstra Gotaland).Chiudiamo questa breve panoramicacon una osservazione di EmmanuelAnati, che mette in luce l’importanza ecomplessità dell’arte preistorica: “Lesequenze stilistiche europee più com-plete e più chiare sono inValcamonica (Lombardia), Bohuslän(Sud della Svezia), Galizia (Spagna) eGobustan (Azerbaijian). Sono statiinfluenzati dal contatto con il mondomegalitico acquisendo elementi ico-nografici e relativi concetti. I vari

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aspetti stilistici e tipologici mostrano losvolgersi di un’evoluzione parallela invarie parti d’Europa: Galizia spagnola,Valcamonica, Scandinavia Meridio-nale e Gobustan. Al di là delle carat-teristiche vernacolari questi trands rive-lano caratteri fenomenologici chesono stati interpretati in vario modo:sono stati visti come testimonianze didiffusione dei concetti e delle consue-tudini che si trovano alla base dell’ico-nografia rupestre e sono stati ancheinterpretati come indicazioni dicostanti nel linguaggio visuale chenon indicano tanto relazioni direttequanto evoluzioni parallele”. ❏

A CURA DI LAURA CORTI E SILVANA DAMIANI

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IL MUSEO

Alta si trova nella contea di Finnmark(Norvegia), in una regione tra le più anord d’Europa, al disopra del Circolopolare artico. Talezona è attualmentenota con il nomenorvegese diHjemmeluft, mentre iLapponi, anticamen-te, la chiamarono“ J i e p m a l u o k t a ”(Baia delle foche).Questa nomenclatu-ra binomia è utilizza-ta ancora oggi perdenominare il parcoassociato al Museo di Alta. Direttore diquest’ultimo e responsabile della con-duzione del parco, non dal punto divista amministrativo ma da quello dellamanutenzione delle incisioni rupestri, èl’archeologo Hans Christian Søborg, alquale abbiamo avuto la fortuna e lapossibilità di rivolgere qualche doman-da durante il suo intervento al conve-gno1 sui parchi svoltosi in Valcamonicanel 2002. Le sue osservazioni (riportatedi seguito) ci hanno permesso di capiremeglio come è organizzato il Museoche Søborg dirige fin dal 1989. La strut-tura museale fu fondata nel 1978 dalla

Associazione Storica di Alta (“AltaHistorielag”), ed è proprietà del Co-mune di Alta. Il complesso non è costi-tuito soltanto dall’edificio centrale e

dal parco ma com-prende anche di-versi musei collate-rali, collezioni scola-stiche e luoghi diinteresse storico (al-cuni ancora in fasedi allestimento). Ilmuseo nacque perpreservare e valoriz-zare il patrimoniopreistorico dellacontea di Finnmark.Fu profondamente

rinnovato nel 1991, (in coincidenza conil trasferimento del museo aHjemmeluft/Jiepmaluokta, settoreovest del piccolo villaggio di Alta) econseguì, due anni dopo, il premiocome miglior museo europeo dell’annonell’ambito del concorso “The HighestMuseum Award in Europe”. Nel 1994,grazie a un’abile campagna promozio-nale legata alle Olimpiadi invernali diLillehammer, il museo registrò unastraordinaria affluenza di pubblico. Lagrande attenzione riservata dal museoai visitatori stranieri, è dimostrata e sup-portata dalla disponibilità di visite gui-date in tedesco, francese, italiano, spa-

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ALTA MUSEUM

Orari:dalle 11,00 alle 16,00.

Tel. 0047 78456330e-mail: [email protected]

Il Museo e le incisioni rupestridi Alta – Norvegia

Le testimonianze di arte preistorica più a nord d’Europa

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gnolo, inglese, russo, oltre che natural-mente in norvegese e finlandese.[Coloro che hanno necessità di entrarenel museo più volte nel corso dell’anno

(come gli studiosi) possono acquistareun biglietto stagionale2, grazie al qualeil visitatore ha anche la possibilità di

partecipare a eventi organizzati all’in-terno della struttura museale, qualimostre e conferenze]. Diverse decine di migliaia di persone,da tutto il mondo, visitano annualmen-te il museo e il parco delle incisionirupestri. Tuttavia la maggior parte deivisitatori si concentra nel periodo estivo.“Uno dei problemi più rilevanti di Alta -afferma Søborg - è dato dalla stagio-nalità: d’inverno i visitatori non supera-no il migliaio di unità, mentre nei mesiestivi possono arrivare a 30.000”. Per farfronte a tale impennata nelle visite,vengono impiegati dai 30 ai 35 nuovioperatori ogni anno. Questo nuovopersonale deve risultare operativo intempi ristretti (anche una sola settima-

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na) data la brevità della stagione esti-va artica. La stagionalità non è certo l’unico pro-blema che affligge il museo di Alta: “lacarenza di documentazione, la diffi-coltà nella ricerca, una migliore orga-nizzazione del rilevamento delle rocceincise, una realtà legislativa relativa allagestione delle aree con arte rupestrenon al passo con i tempi, una maggio-re distinzione dei ruoli professionali all’in-terno dell’equipe di lavoro, sono altreproblematiche che il museo deve fron-teggiare”, continua il direttore. Al fine dipromuovere il processo di fruizione e divalorizzazione dell’arte preistorica,sostiene Søborg, “il personale deve

essere motivato e affascinato da ciòche fa. L’appoggio delle istituzioni èimportante, ma poter contare su perso-ne valide è essenziale. Alta dà il suocontributo alla valorizzazione: rappre-sentiamo solo un piccolo villaggio,dove non accade mai nulla di eccezio-nale, ma gli abitanti sono fieri di avereun grande museo. In Norvegia il patri-monio artistico non è così ricco come inValcamonica, non esistono scuole diPreistoria, tuttavia vengono organizzatemolte attività per i giovani. Basti pensa-re che Alta è il paese della Norvegiacon la più alta offerta di lavori estivi”. Il museo allestisce mostre permanentiriguardanti la preistoria di Finnmark e la

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storia locale del distretto di Alta. Lastruttura museale può diventare, occa-sionalmente, sede di concerti e altrieventi. I temi affrontati nelle mostreabbracciano una vasta tipologia diargomenti e un lungo arco temporale:dalle più antiche comunità di Finnmark(circa 11.000 anni fa) alla lotta per sal-vare l’ecosistema del fiume Alta-Kautokeino dall’essere sfruttato per laproduzione di energia idroelettrica(anni 1980). La maggioranza dellemostre ospitate nel museo è di tipopermanente, tuttavia, periodicamen-te, trovano spazio anche mostre tem-poranee. “Il team preposto alla realiz-zazione di mostre temporanee – preci-sa Søborg – è composto da un museo-grafo che è anche architetto e da per-sonale specializzato nella ideazione ecreazione di percorsi didattici emuseali. Disponiamo, inoltre, di unaddetto alla documentazione fotogra-fica”.

LE INCISIONI RUPESTRI

Le incisioni rupestri di Alta, scoperte nel1972, furono inserite nel patrimoniomondiale dell’UNESCO (UNESCO WorldHeritage List) il 3 dicembre 1985. Questaassociazione ha premiato quattro sitinorvegesi finora, ma l’arte rupestre diAlta è l’unica testimonianza nazionalea carattere preistorico insignita di que-sto prestigioso titolo.Le incisioni rupestri, distanti poche deci-ne di metri dal mare, si trovano lungo idue versanti della baia, che demarca-no le due aree principali. Un’ampiazona di depositi morenici separa questedue aree e qui furono rinvenute moltetracce risalenti all’Età della Pietra, tracui abitazioni, strumenti e scarti deri-

vanti da lavorazioni di oggetti (scheg-ge di pietra).[In termini geologici, le rocce istoriate diHjemmeluft/Jiepmaluokta sono arena-rie grigio-verdi (meta arenarie), compo-ste da granelli molto fini; leggermentericristallizzate, risultano dure e omoge-nee e presentano un alto contenuto diquarzo.]Il percorso di visita all’interno del parcoè consentito solo nell’ambito di un itine-rario di sentieri in legno appositamentecostruiti per evitare il contatto direttocon le rocce e la vegetazione.Le incisioni ubicate nelle adiacenze deisentieri sono state colorate con un pig-mento naturale rosso ocra. Tale prefe-renza cromatica riproduce i colori utiliz-zati per dipingere le figure rinvenutenelle grotte del distretto di Alta e di altrezone della Fenno-Scandia. Alcuni stu-diosi ritengono che anche le incisionifossero originariamente dipinte, ma sitratta di un’ipotesi attualmente non suf-fragata da prove certe.Il patrimonio delle incisioni rupestri diAlta, composto da circa 4000 figure,risale ad un arco di tempo compresotra 6.200 e 2.000 anni fa ed è la testi-monianza di un’economia basata sullacaccia e sulla pesca.

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[Dopo la nascita di Cristo non sonostate più scolpite incisioni rupestri.Soltanto poche incisioni furono realizza-te successivamente. L’usanza di incide-re la roccia sembra essersi perdutacompletamente in tutta la Scandi-navia. Probabilmente le incisioni nonerano più considerate un elementoimportante nei rituali].Uno dei fattori più significativi ai fini diun’interpretazione complessiva di que-sto fenomeno è connesso, oltre ai con-tenuti di ciò che è raffigurato, alla suaparticolare ubicazione. Le incisioni sitrovano infatti tra gli 8 e i 26 metri al disopra dell’attuale livello del mare efurono realizzate sulle superfici che, viavia, si presentarono come le più vicinealla linea di costa.Recentemente alcuni studiosi hannoproposto un’affascinante ipotesi a talproposito: le incisioni andrebbero aribadire una soglia, un confine tramondi eterogenei, il mondo terrestre equello marino. L’etnografia lapponeconsente di mettere in luce comeancora oggi questa popolazione semi-nomade descriva la terra come ladimora naturale degli uomini, e il marecome il luogo abitato dagli spiriti deimorti. La linea di costa si trova, così, inuna posizione liminare: le incisioni mar-cherebbero dunque la sacralità di unluogo di comunione tra vivi e morti, trauomini e antenati.Le raffigurazioni poste sugli affioramentipiù elevati sarebbero le più antiche,poiché la linea di costa è andataabbassandosi. In effetti le figure collo-cate ad altezze diverse differiscono traloro sia nello stile che nei contenuti.Probabilmente l’area attualmenteoccupata dal villaggio di Alta rimaseper migliaia di anni un luogo importan-te da un punto di vista esclusivamente

rituale, dato che non vi sono resti di abi-tazioni che lascino presupporre siti inse-diativi stabili. Le evidenze archeologi-che fanno pensare che gli insediamen-ti fossero sparsi e di piccole dimensioni;si ipotizza che gli abitanti del fiordo nonsuperassero il centinaio di unità. La stragrande maggioranza delle inci-sioni raffigurano la fauna tipica del-l’ambiente artico: renne, alci, orsi.Tuttavia non mancano immagini di ani-mali di piccola taglia: canidi, volpi, leprie fauna marina. Questa descrizione divita selvaggia fornisce, indirettamente,informazioni sull’ambiente e sulle risorsedi questa popolazione.A volte più figure sono raggruppate traloro e spesso rappresentano scene dicaccia. Numerose sono anche le rap-presentazioni di grandi barche, alcunedelle quali presentano la prua a formadi testa di alce.Abbiamo già avuto modo di sottolinea-re quanto sia ampio e linguisticamentevariegato il pubblico che, annualmen-te, ammira queste testimonianze dellacreatività artistica preistorica. Ciò con-ferma che il rilevante investimentointrapreso dalle istituzioni norvegesi,senza pari in Italia, (basti qui ricordareche il budget annuale del Museo diAlta ammonta a 6.5 milioni di coronenorvegesi3), costituisce un fattore diarricchimento culturale di sempre mag-gior richiamo. ❏

JACOPO MARINI

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1 “Confronti dialettici sulla gestione dei parchi europeicon arte rupestre preistorica”, Capo di Ponte (BS), 13-14Settembre 2002.2 Tale opzione non è contemplata presso il “ParcoNazionale delle Incisioni Rupestri” di Naquane(Valcamonica) dove, anche gli allievi della scuola diPreistoria, devono affidarsi alla flessibilità del gestore delParco per ottenere ingressi gratuiti a scopo di studio.3 6.5 milioni di corone norvegesi corrispondono a850.000 euro circa.

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LEGGE REGIONALE 1/2000:

“Sviluppo dei sistemi museali locali:approvazione dei criteri per l’assegna-zione e l’erogazione dei contributi alleprovince e approvazione degli obiettivie delle linee guida per l’elaborazioneda parte delle province di studi di fatti-bilità comprensivi dell’individuazione diprogetti pilota di gestione associata deiservizi” (art. 4 comma 134, lett. a).

Il d.lgs. 490/99 “Testo Unico delle dispo-sizioni legislative in materia di beni cul-turali e ambientali, a norma dell’art. 1della legge 8 ottobre 1997 n. 352”colma un vuoto legislativo in ambitomuseale che potremmo quasi definire“congenito” cioè perdurante fin dallanascita del Regno d’Italia (1861). È solodal 1999, infatti, che si inizia a parlare dimuseo in quanto tale; in precedenza sifaceva menzione solo dei beni inseritinei musei. In particolare, al 2° comma(lettera a) dell’art. 99 del citato T.U. sidefinisce il museo come “strutturacomunque denominata organizzataper la conservazione, la valorizzazionee la fruizione pubblica di raccolte dibeni culturali”.Alla lettera c dello stesso comma siparla anche di parco archeologico:“ambito territoriale caratterizzato daimportanti evidenze archeologiche edalla compresenza di valori storici, pae-saggistici o ambientali, attrezzato

come museo all’aperto in modo dafacilitarne la lettura attraverso itinerariragionati e sussidi didattici”.Dunque non solo i parchi archeologicitrovano una loro “collocazione norma-tiva” ma “assurgono” allo status dimuseo. Tale riconoscimento risultaancora più importante alla luce dellal.r. 1/2000 che insiste sulla gestione asso-ciata dei servizi in ambito museale.“L’atto del riconoscere il parco archeo-logico come museo pone le basi perindividuare insieme un percorso di cre-scita” ha affermato giustamente il dott.Alberto Garlandini1 nel suo intervento alconvegno2 sui parchi del Settembre2002.Proporre percorsi di crescita comuniper musei che si consorziano favorisce ilraggiungimento di uno standard diqualità che consente anche ai parchiarcheologici una conservazione e unafruizione omogenea.Non è da sottovalutare, inoltre, il rispar-mio economico risultante da unagestione associata dei musei; tanto piùnecessario nell’era della fine dei finan-ziamenti a pioggia, i quali, funzionandocon la logica del “dare poco a tutti”non contribuivano a risolvere in mododecisivo i problemi di nessuno.Non si esauriscono soltanto a livelloeconomico o tecnico-organizzativo ivantaggi di una cogestione museale; èben consapevole di ciò il legislatore

Regione LombardiaLegge regionale 1/2000

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che ne fornisce una minuziosa elenca-zione al punto 2.3 (allegato A) della l.r.1/2000:– vantaggi nell’ambito promozionale(per es. realizzazione di economie discala per tutte le attività promozionali emaggiore visibilità di quest’ultime);– vantaggi nell’ambito delle risorseumane (per es. razionalizzazione dell’u-so del personale).

“Il ruolo delle Province in materia di atti-vità e sviluppo dei sistemi museali localida parte delle Province è connessa alprocesso di conferimento di funzioni edi compiti amministrativi da parte dellaRegione. Ai sensi dell’art. 4 commi 134 e135 della l.r. 1/2000 le Province assumo-no il ruolo determinante di coordina-mento e supporto dello studio e dellasperimentazione della gestione asso-ciata dei servizi e dei sistemi musealilocali”. (Punto 2.6, allegato A).Il legislatore della Regione Lombardiadimostra così che possono avereun’applicazione pratica concetti comeriforma del titolo V della Costituzione esussidiarietà verticale. Quest’ultima pre-vede che i livelli di decisionalità debba-no essere più vicini ai cittadini; tradu-cendo, se la Regione è in grado diassolvere a un compito tanto quanto laProvincia o il Comune, tale compitodeve essere affidato al Comune inquanto rappresenta dei tre, il centro didecisionalità più a contatto con il citta-dino. “Questa logica è tanto più attua-le se si pensa, – sottolinea il dott.Garlandini – che il patto di stabilità cheereditiamo dall’appartenere all’Unioneeuropea, vincola le risorse delle Regionipiù di quelle dei Comuni”. Abbiamo citato spesso l’espressione“sistema museale locale”, ma comepuò essere definito concretamente? La

l.r. 1/2000 al punto 2.4 dell’allegato Arecita:“il sistema museale locale è una realtàistituzionalizzata con coordinamentofunzionale e forte interdipendenza frale componenti, [il sistema si articolaintorno a enti, istituzioni museali geogra-ficamente contigui o appartenenti aun’area culturalmente omogenea],anche di diversa natura e condizionegiuridica, che si può configurare comeun soggetto giuridico distinto e autono-mo rispetto agli enti proprietari deimusei”.Il centro di coordinamento, presente inogni sitema museale, può essere costi-tuito da un Ente territoriale o da unarealtà museale e svolge compiti a livel-lo amministrativo e tecnico-scientifico.L’innalzamento dello standard di qua-lità, uno degli obiettivi primari dellagestione associata delle realtà museali,è profondamente legato alle compe-tenze e alle risorse. “Entrambe devonoprocedere di pari passo, – conclude ildott. Garlandini – altrimenti si corre ilrischio, qualora non crescano le profes-sionalità ai vari livelli, di inficiare ognifuturo processo di crescita; o al contra-rio, se mancano le risorse, anche pro-getti molto validi saranno destinati arimanere tali”.❏

A CURA DI JACOPO MARINI

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1 Funzionario della Regione Lombardia.2 “Confronti dialettici sulla gestione dei parchi europeicon arte rupestre preistorica”, Capo di Ponte (BS), 13-14Settembre 2002.

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I Parchi e il paesaggio nellalegislazione italianaForniamo di seguito alcune informazioni relative agli sviluppi legislativi in merito alpaesaggio e ai parchi nella legislazione italiana.

1) 12 giugno 1902

si volle far tutelare come beni storici anche queimonumenti della natura costitutivi dell’identitànazionale, quindi

2) 1905

e

3) l. 364 – 1909l. 688 – 1912

4) l. 788 – 1922

Il successivo sviluppo di questi concetti trovaespressione nella

5) l. 1497 – 1939, tuttora vigente

questa legge opera in parallelo con la

6) l. 1089 – 1939

1) prima legge di tutela del patrimonionazionale, orientata ai beni storici e artistici

2) legge di tutela della Pineta di Ravenna

3) estendevano la possibilità di tutela agliimmobili e ai parchi aventi interesse storico eartistico

4) viene introdotto il concetto di “bellezzanaturale”: “Per la tutela delle bellezze naturalie degli immobili di particolare interessestorico”

5) “protezione delle bellezze naturali”.Accanto alle ville, ai giardini, ai parchi, tutelale bellezze naturali, le bellezze panoramiche ei punti di vista e belvedere accessibili alpubblico, dai quali si goda lo spettacolo diqueste bellezze.

6) riguardante la tutela delle cose di interessestorico ed artistico, archeologico edetnografico, comprese le ville, i giardini, iparchi, gli oggetti numismatici, gli archivi…

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7) D.P.R. 616 - 1977

8) l. 431 – 1985 (legge Galasso)

9) l. 394 – 1991

Dal gennaio 2000D.L. 490 – 1999

G.U. 18-5-2001

7) trasferimento alle Regioni delle funzioniamministrative in materia di protezione dellanatura, riserve e parchi naturali.

8) tutela delle zone di particolare interesseambientale. La legge amplia l’oggetto della tutela.Si vincolano intere porzioni territoriali come lesponde dei fiumi, dei laghi, le montagne oltre unacerta altitudine, i boschi, ecc.Creazione di sistemi di aree protette, sistemidifferenziati per la mancanza di una leggequadro capace di impartire direttive diindirizzo. Grossi problemi di gestione deiparchi tra chi vuole una gestione centralizzatae chi sostiene il diritto delle popolazioni localidi governare il loro territorio e di zonazione.

9) Il Parlamento approva l’attesa legge sullearee protette che detta i principi fondamentaliper la loro istituzione e gestione. Individua etutela una serie di aree naturali, ossia territoricaratterizzati da formazioni fisiche, geofisiche,geologiche e biologiche che hanno rilevantevalore naturalistico e ambientale.La legge quadro istituisce nuovi parchinazionali (terrestri e marini) e indica uninsieme di ambiti territoriali prioritari in vistadell’istituzione di futuri parchi nazionali.La gestione dei parchi nazionali viene affidataad un apposito Ente Parco, il cui presidente ènominato dal Ministro dell’Ambiente d’intesacon i presidenti delle regioni interessate. Ibracci operativi sono il Direttore del Parco(anch’esso di nomina ministeriale) ed ilpersonale di sorveglianza (Corpo forestaledello Stato). Decisivo il ruolo che irappresentanti delle comunità locali sannoassumere all’interno dell’Ente Parco. Elementoqualificante della legge è il Piano pluriennaleper la promozione delle attività compatibili,piano che deve essere redatto nel rispetto deivincoli d’uso del territorio.

È in vigore il Testo Unico delle disposizioni inmateria di beni culturali e ambientali che,raccogliendo le precedenti leggi, costituisce lanormativa vigente per tutta la materia.

Accordo Stato-Regioni per l’esercizio dei poteriin materia di paesaggio. Il territorio datutelare, valorizzare o riqualificare da un puntodi vista paesaggistico non è più limitato afasce o a zone, ma coincide con l’interoterritorio nazionale

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Ad oggi il sistema complessivo assumela seguente articolazione:parchi nazionali: aree che presentanoecosistemi o formazioni naturali di rilievointernazionale o nazionale per valorinaturalistici, scientifici, estetici, culturali,educativi e ricreativi;parchi naturali regionali ed interregio-nali: aree di valore naturalistico oambientale costituenti un sistema omo-geneo, nell’ambito di una regione oregioni limitrofe, individuato dagli asset-ti naturalistici dei luoghi, dai valori pae-saggistici e artistici e dalle tradizioni cul-turali delle popolazioni locali;riserve naturali statali o regionali: areeche contengono una o più specie flori-stica o faunistica di rilievo naturalistico,o uno o più ecosistemi importanti dalpunto di vista della conservazione dellabiodiversità;zone umide di interesse nazionalealtre aree naturali protette (a gestionepubblica o privata)zone di protezione speciale: aree desti-nate alla conservazione delle specie diuccelli inserite nei relativi allegati, cheentrano a far parte della rete europeadi aree protette denominata Natura2000;zone speciali di conservazione: areeche ospitano specie animali, vegetali ehabitat la cui conservazione è conside-rata una priorità di rilievo europeo, conla finalità di creare la rete di Natura2000;aree di reperimento terrestri e marine:considerate prioritarie ai fini dell’istitu-zione di nuove aree protette.

A livello internazionale sono stati trovaticriteri di classificazione delle aree pro-tette fondati sugli obiettivi di gestioneinvece che sul contenuto naturalistico.Sono previste 10 categorie, suddivise intre gruppi.

Gruppo A, più direttamente responsa-bile nella conservazione della natura1) Riserve naturali – comprende le

riserve scientifiche e le riserve natu-rali integrali, che necessitano dellamassima tutela per i loro valori dinaturalità. Sono grandi spazi anco-ra incontaminati;

2) parchi nazionali;3) monumenti nazionali: emergenze

naturali aventi alti valori scientificied educativi che li rendono meri-tevoli di tutela, quali: grotte,cascate, vulcani, habitat di parti-colari specie animali;

4) riserve naturali orientate e faunisti-che: caratterizzate da un minorgrado di integrità rispetto a quelledel punto 1, in quanto conservanose sono presenti degli insediamentiumani;

5) paesaggi protetti: che rappresen-tano la maggioranza delle areeprotette italiane.

Gruppo B, relativo ad aree in condizio-ni ambientali complesse in cui le popo-lazioni devono poter sopravvivere con iprodotti della terra.6) Riserve delle risorse: territori vasti e

poco popolati, le cui risorse nonsono state sfruttate;

7) riserve antropologiche: aree in cuisono presenti forme di vita primiti-va che devono essere protette;

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8) aree a gestione multipla: aree diantica presenza umana, conforme di vita che non implicano unutilizzo intensivo delle risorse e chedevono essere mantenute neltempo.

Gruppo C9) Riserve della biosfera10) Luoghi del Patrimonio Mondiale:

aree di particolare importanza perla storia umana, secondo un pro-gramma avviato dall’Unesco nel1972 ed inseriti in un’apposita lista.

Le competenze relative al paesaggiosono principalmente del Ministero per iBeni e le Attività Culturali, in particolaredella Direzione generale per i beniarchitettonici ed il paesaggio, dellaDirezione generale per l’architettura el’arte contemporanea (D.P.R.441/2000) – con competenze nel setto-re della promozione della formazionenel settore del paesaggio – dei compe-tenti uffici periferici del Ministero(Soprintendenze).Accanto ad esso operano anche altriministeri che si occupano di specificisettori, quali ambiente, lavori pubblici,politiche agricole, attività forestali, ecc.Attraverso i ministeri, nelle mani del-l’amministrazione centrale rimangono,oltre alle principali scelte infrastrutturali,le strategie essenziali e parte dei pro-grammi finanziari che investono città,territorio, paesaggio e ambiente. Inparticolare, a livello centrale, lo Statosvolge un’attività di indirizzo e di coordi-namento delle politiche e degli stru-menti; di controllo sull’esercizio dellatutela da parte di Regioni e Comuni; diautorizzazione per opere di vastadimensione territoriale o da realizzarsi

da parte dello Stato; ha inoltre poteresostitutivo in materia di pianificazionepaesistica in caso di inadempienzadelle Regioni. Infine, potrà svolgere atti-vità di studio e di ricerca attraversol’Osservatorio nazionale per la qualitàdel paesaggio.Il Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali svolge la sua attività ancheaffidando compiti ai suoi uffici periferici:le Soprintendenze.Esse svolgono su tutto il territorio uncompito prevalentemente di vigilanzae di tutela e rappresentano gli interessiculturali della nazione. Una recentefigura è il Soprintendente regionale concompiti di coordinamento dei dirigentidelle Soprintendenze e con competen-ze dirette per quanto riguarda l’apposi-zione di vincoli monumentali edarcheologici. Inoltre, è l’interlocutoretra lo Stato e le Regioni per la materiapaesaggistica.Abbiamo poi competenze regionali,provinciali e comunali. ❏

A CURA DI SILVANA DAMIANI

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* tratto dai corsi di Maria Chiara Zerbi, Lionella Scazzosi,Maria Antonietta Breda – Università degli Studi di Milano

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Una ex-scuola, un archivio e una casacon un grande giardino: queste sono leparti che costituiscono il MuseoUnderslös di Tanum.Il direttore, un Professore di Storiadell´Arte di Copenhagen che ha fattodella salvaguardia dell´arte rupestre lasua seconda ragione di vita (la prima èla famiglia), è un uomo energico e sor-ridente. Gerhard Milstreu mi raccontala storia di come è nata questa istituzio-ne privata, assolutamente particolare,nel piccolo ma funzionale archivio delmuseo, davanti ad un caffè fumante.Parliamo per un´intera mattinata in uninglese traballante misto a danese eitaliano, esprimendoci a volte a gesti econ il vocabolario a fianco. Non sarà professionale, ma la simpatiaistantanea che ho provato per questoimportante studioso non mi consente discrivere titoli né cognomi davanti al suonome.

La storia del pittore danese

Nel 1898 vi era un unico edificio adUnderslös, costituito da una grandesala (che è il salone dell´attuale museo)adibito a scuola per gli abitanti dellefattorie. Con la riforma del sistema sco-lastico svedese del 1901 questa struttu-ra viene chiusa e per quarant´annirimane inutilizzata.Fred Gudnitz (1904-1985), pittore dane-se, si trasferisce nel 1948 in Bohuslän,regione in cui si trova Tanum, per com-

pilare un registro delle rimanenze prei-storiche su richiesta del governo.Gudnitz è un uomo eccentrico e versa-tile, un artista a 360 gradi, che si dedicanon solo alla pittura ma anche alcanto, all´insegnamento delle discipli-ne artistiche, ai viaggi.Per motivi personali (negli anni ´40c´era una legge ferrea che limitaval´uso degli alcolici ma che il pittoresovente non rispettava) è costretto alasciare l´incarico ufficiale, ma nel 1951affitta la ex-scuola e comincia a trasfor-marla in una officina culturale, doveprosegue i suoi studi sull´arte preistorica,con un taglio fortemente artistico –epoco scientifico, aggiunge Gerhard-entrando in contatto con il grupposcout che lo aiuta nei lavori di scavo.Il museo viene aperto al pubblico nel1952, anche se nessuno è interessatoall´arte rupestre. Gli unici visitatori sono ituristi stranieri che possono pagarsiviaggi di piacere: grazie a questa situa-zione, si crea una rete di sostegno inter-nazionale che gli permette di prosegui-re la ricerca; durante l´estate è sullerocce a Tanum mentre in inverno èospite dei suoi sostenitori all´estero perconferenze e lezioni. Questo accadecostantemente dal 1952 fino al 1968.È nel corso di un inverno di fine anni ´60che Gudnitz incontra Gerhard Milstreu,professore molto interessato allo studiodell´arte rupestre, e gli chiede di colla-borare.

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Il pittore e l’arte rupestreIntervista al Dr. Gerhard Milstreudirettore del Tanums Hällristningsmuseums

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Gerhard acconsente e lo raggiunge inestate, ma la convivenza conquest´uomo forte ed egocentrico nonè affatto semplice e per questo motivo,dopo i primi anni, si vede costretto adaffittare, per il periodo estivo, una casanelle vicinanze.L´attività del Museo prosegue e siestende: nel 1969 Gudnitz fonda laSocietà Scandinava per l´Arte preistori-ca, la prima al mondo; l´anno successi-vo esce il primo numero della rivistaspecializzata in arte rupestre,Adoranten.

Ventata di novità

Dal 1978 però la situazione cambiaradicalmente: Gerhard ottiene dalcomune il consenso e il diritto di dirige-re i lavori al museo, fatto che il pittore,ormai settantaquattrenne, non appro-va né accetta e cerca di ostacolare,arrivando perfino a denunciare l´ormaidirettore per violazione di domicilio.Infine, risentito, si sistema in un apparta-mento in Tanum dove morirà nel 1985senza più rivolgere la parola a Gerhard. Il museo necessitava di una nuovaorganizzazione, questa volta con untaglio più archeologico e una docu-mentazione ufficiale. I lavori partonosubito, nella primavera del 1979, e pro-seguono per tutte le estati successive,con numerose difficoltà dovute proba-bilmente anche al fatto che il nome delmuseo era collegato a quello diGudnitz. Alla fine degli anni ´80 il comune offre aGerhard l´opportunità di comprare laex-scuola con l´accordo di proseguire ilavori del museo. Sorride e specificache da allora la casa è sua e dellamoglie.

Nel 1996 una ricca turista svizzera visitaTanum e dona al museo i fondi neces-sari per la costruzione della nuovaparte dell´edificio, tra cui l´archivio incui ci troviamo.

Sopravvivenza

Le attività del Museo sono finanziateparzialmente dal costo associativo allaSocietà Scandinava. La Società ha lasua sede ad Underslös anche se la casaè proprietà di Gerhard.I seminari e i corsi che vi si tengono sonoun´altra entrata, come anche i turistiche lo visitano (il museo è aperto solonei mesi estivi) e che comprano i sou-venir – libri, frottage, cartoline e pochialtri oggetti.A volte vengono fatte delle donazioni,

come ad esempio quella del 1996, o cisono finanziamenti da parte diFondazioni, ma non hanno un anda-mento costante.Lo stato e il comune non finanziano inalcun modo il museo; chi ci lavora,direttore compreso, non è stipendiato.

Amicizia e lavoro

Le relazioni intraprese da Fred Gudnitzsono state un buon punto di partenzaper la diffusione dell´interesse attornoall´arte rupestre svedese e per aprire undibattito internazionale che ancoraoggi prosegue con contatti a livelloeuropeo e mondiale. Lo stesso Gerhardcollabora con l´Università diCopenhagen.I problemi principali si sono verificaticon le associazioni culturali svedesi: nel1980 viene costruito il primo VitlykeMuseum ma il direttore non è assoluta-mente interessato alla collaborazioneperché a suo parere c´è una sorta di

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competizione; recentemente, conl´avvento del Dr. Lasse Bengtsson, lasituazione migliora e si instaura unabuona collaborazione nel lavoro diricerca e documentazione e il MuseoUnderslös viene accettato istituzional-mente.È nel 1988 che Gerhard incontra il Dr. UlfBertilsson, del Swedish NationalHeritage Board, interessato all´attivitàche si svolge al museo, e con cui pre-para la documentazione per la richie-sta all´UNESCO, richiesta che verràaccettata nel 1994 e che proclameràl´area di Tanum Patrimonio Mondialedell´Umanità.La collaborazione prosegue anchedurante il Rock Care Project finanziatodall´Unione Europea e dallo stessoSwedish National Heritage Board dal2000 al 2002 e nel Museo si svolge pre-valentemente l´attività documentariasviluppando il progetto di digitalizzazio-ne dei frottage e di rilevamento foto-grafico.Nel 2000 Gerhard è insignito pressol´Ateneo di Gotheborg della Laurea adhonorem in Archeologia.

Lavori costantemente in corso

Le attività del Museo sono la documen-tazione e l´educazione: durante l´esta-te viene organizzata una settimana distudio e lavoro a cui partecipano ama-tori di tutto il mondo. Al mattino ci sonolezioni di docenti e archeologi sullasituazione dell´arte rupestre o sull´inter-pretazione, mentre nel pomeriggio silavora al rilevamento delle rocce.L´esposizione del museo è sobria: dallanascita è stato cambiato il poconecessario per renderla moderna. Ladidattica è lo scopo principale: date,confronti tra rilievi e reperti archeologi-

ci, storia degli studi e della documenta-zione, questo è il contenuto della colle-zione. L´importante a mio parere, spe-cifica Gerhard, è che chi visita il museopossa parlare e avere una spiegazioneda me o dai volontari che lavorano quie avvicinarsi in modo semplice ma serioal problema della salvaguardia di que-sto fondamentale patrimonio dell´uma-nità.

Pubblicazioni

Adoranten, rivista annuale dellaSocietà Scandinava per l´ArtePreistorica. Testi degli articoli: linguescandinave, tedesco, inglese.Dokumentation och Registrering, seriedi volumi che illustra l´attività di docu-mentazione svolta. Testo in svedese einglese. ❏

LAURA CORTI

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Incontriamo il Prof. Reuven G. Anati delClore Garden of Science di Rehovot –Israele, al Centro Camuno di Studi Preistorici.È in Italia per incontrare il fratello e per visita-re la Mostra “Il Buio e la Luce”, a Milano. Il prof. Anati è il progettatore degli exhibitsche si trovano nel parco. Ci mostra un videoe ci racconta con orgoglio la storia di que-sto grande laboratorio all’aperto. Si tratta di un parco didattico-scientifico perbambini e adulti. Lo scopo è quello di farcapire le scienze e le loro leggi fondamen-tali (fisica, ottica, energia) attraverso la spe-rimentazione diretta. Nel parco sono statirealizzati dei macchinari complessi cheesemplificano alcuni eventi fisici, in manieramolto semplice, e che possono veniremanovrati anche dai bambini e dai visitato-ri. Si tratta di strutture altamente interattiveche riproducono fenomeni fisici comuni enel contempo ne spiegano le cause e leleggi: onde, vento, onde sonore, energiacinetica, energia dinamica, velocità delsuono e onde sonore, peso, forza centrifu-ga, gravità e molte altre.

Il parco nasce 4 anni fa da un’idea ispiratadalla osservazione dei vari Musei dellaScienza sparsi per il mondo (Londra, NewYork, Francoforte). E’ il primo al mondo diquesto genere. All’inizio nasce con 50 exhi-bits, ma oggi sono in continua evoluzione estudio. In passato è stato finanziato da unfondo inglese (fam. Clore), ma ora i finan-ziamenti arrivano da vari enti statali.

Nel parco sono previste attività per ragazzidai 7 ai 17-20 anni. Il parco è aperto tutto

l’anno, anche con la pioggia. L’ingressocosta 5 euro. Le visite sono libere, ma all’in-terno vengono organizzate varie attivitàdidattiche: conferenze tematiche, pro-grammi personalizzati e discussi con gli inse-gnanti delle scuole su una particolare mate-ria che si sta svolgendo in classe. Vi è unauditorium per conferenze frontali, labora-tori interattivi di chimica e fisica. Ogni ora una guida annuncia al pubblico ilsettore in cui opererà e darà la dimostrazio-ne e le spiegazioni (ogni giro ha una duratadi ca. un’ora e mezza). Nel parco lavorano4 o 5 guide fisse. Essendo in connessionecon un prestigioso istituto di ricerca universi-tario (Weizmann Institute of Science), ven-gono chiamati spesso alcuni dottorandi, iquali ricevono una paga dall’Istituto e nondal parco. Vi è poi una équipe fissa di tec-nici, fisici e chimici che studia di continuonuove dimostrazioni. Ogni anno si svolge ilMusic and Sciences Festival, ove si mettonoin evidenza le connessioni tra la fisica e lamusica (onde sonore, velocità del suono,altezza del suono etc.): si svolgono concertie conferenze con un’orchestra dal vivo evengono fatti esperimenti didattici moltointeressanti.

Negli ultimi tempi si è pensato anche di pro-porre le dimostrazioni su varie scale, per cuisi è creato un minibus che porta nelle scuo-le un mini esempio di quello che si può tro-vare spiegato nel parco. La sperimentazio-ne avviene nelle classi, alla presenza di inse-gnanti e genitori. ❏

VALENTINA BIRAGHI

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Un esempio di parcointerattivo e intelligenteIntervista a Reuven G. Anati Chief Exhibit Developer Clore Garden of Science – Weizmann Institute ofScience Rehovot – Israele

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Questo articolo è la sintesi di una ricer-ca a scopo di divulgazione scientificaeffettuata sotto la supervisione delladottoressa Marina Nova, Museo diStoria Naturale di Milano. Oggetto dellaricerca è il riciclo della materia in natu-ra.Abbiamo lavorato sviluppando paralle-lamente l’indagine scientifica e quellastorico-umanistica, sottolineando lacompenetrazione esistente tra i due dif-ferenti ambiti disciplinari.Il lavoro è stato svolto avvalendoci disupporti informatici (cd-rom) e di rela-zioni scritte.Il ciclo della materia rappresenta lacontinuità, il riciclo e quindi l’economiadel mondo naturale. In natura infattinulla è sprecato o distrutto, ma tuttoviene trasformato e riutilizzato. Un ani-male che muore rappresenta la fine diun ciclo (la sua vita) ma anche l’inizio diun altro: gli organismi decompositori uti-lizzano la sua carcassa come nutrimen-to, ma al contempo, permettendo il“salto” dal mondo organico a quelloabiotico, arricchiscono il terreno disostanze inorganiche. Queste, peresempio i sali minerali, sono di fonda-mentale importanza per la crescitadelle piante, che le assimilano attraver-so le radici.Grazie alle piante e alla loro principalefunzione, la fotosintesi clorofilliana, si hail passaggio opposto dal mondo inor-

ganico a quello organico. Esse verran-no poi mangiate dagli erbivori (consu-matori primari), a loro volta predati daicarnivori (consumatori secondari) ecosì via lungo la catena alimentare.Alla morte del consumatore si ha nuo-vamente il passaggio dal mondo orga-nico a quello inorganico ad opera deigià citati decompositori che chiudonoin questo modo il ciclo. Questo, appa-rentemente lineare e semplice, presen-ta al suo interno una serie di variazioni ecomplicazioni: gli organismi coinvoltivariano a seconda dell’ecosistemaconsiderato.Allo stesso modo, all’interno di uno stes-so ecosistema, il ciclo varia in relazionealla nicchia ecologica analizzata.In particolare, ci siamo soffermate sulruolo ecologico assunto dagli avvoltoiall’interno del ciclo della materia.Questi uccelli svolgono a scala macro-scopica la stessa funzione degli organi-smi decompositori a scala microscopi-ca: si nutrono di organismi ormai mortiper ricavarne energia, sostentamento ene accelerano il processo di decompo-sizione (il passaggio al mondo inorgani-co).Perché rivolgere l’attenzione proprio aquesti volatili?Nel ciclo della materia nulla si crea enulla si distrugge e l’avvoltoio incarnaalla perfezione questo principio.

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APPENDICEIl riciclo in natura: gli avvoltoi

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L’avvoltoio è, come abbiamo visto, unnecrofago, cioè un animale che sinutre delle carcasse di altri animali, tra-sformando un potenziale rifiuto in ener-gia.Già ai tempi dell’homo Erectus e del-l’homo Habilis segnalava la presenza dicadaveri, e quindi di cibo, quandoancora si librava nell’aria con un volocircolare per poi scendere e comincia-re a cibarsene.Osservando ciò che accade quandopiù avvoltoi si trovano attorno a unacarcassa, si nota l’esistenza di precisicomportamenti che sembrano veri epropri rituali.Tra avvoltoi appartenenti a speciediverse, si instaura una “gerarchia dibeccata” (per esempio tra le specieeuropee il primo a mangiare è l’avvol-toio monaco, l’ultimo il capovaccaio).È presente anche una competizioneintraspecifica per aggiudicarsi la primabeccata: ecco allora che l’avvoltoiopiù grande e più forte cerca di spaven-tare e allontanare gli altri esibendosi inuna “danza orrorifica” (ali spiegate,collo proteso, zampe e artigli in avanti)o avanzando con un “passo da para-ta”. È facile intuire come il complessocomportamento di questo animaleabbia stimolato la curiosità e la fantasiadell’uomo sin dalla Preistoria e come ilriciclo della materia da lui effettuato siadivenuto nel suo immaginario anchericiclo di energie spirituali e fonte di mitie credenze.L’immagine dell’avvoltoio si è trasfor-mata poi nel corso dei millenni e, daanimale positivo, totemizzato, adoratoè divenuto simbolo di morte, negativo,portatore di sventura.

Secondo le antiche credenze, assu-mendo la carne dell’animale già

defunto, l’avvoltoio ne assumevaanche lo spirito e lo riportava nei cieli, làdove c’era l’entità creatrice. “Un volorotatorio, un vortice piumato segnalavadunque la presenza non solo del cibo,ma anche della morte e precedeva unrito di ingestione che forse, già daglialbori, tentava di dare risposta non soloalla nostra fame, ma anche al nostrodesiderio di rinascita e di rigenerazione.

Già allora era chiaro che nulla si perdenel ciclo dell’esistenza e lo spirito, grazieall’avvoltoio, continua la sua vita“altra”.L’avvoltoio diviene quindi lo strumentoper tornare al divino e, quando l’ani-male muore, il grande uccello è giàpronto con le sue ali spiegate e il suovolo circolare a nutrirsi della sua carnee a trasportare la sua anima.Si incarna quindi con la divinità, che neassume le sembianze. Esso è sacro,intoccabile, simbolo di forza, astuzia ecoraggio.Che radici ha questa credenza?Conosciamo Nekhebet, la dea egizia-na sotto spoglie di avvoltoio, dea delParto, spesso rappresentata mentreoffre il seno al Faraone, da lei protettounitamente a un’altra dea, Uadjet, deaSerpente. Con Uadjet, la dea cobra,Nekhebet costituisce una diade, avolte rappresentata in una figura conali di avvoltoio e corpo da cobra oppu-re con due teste, una di cobra e una diavvoltoio.Si manifesta qui lo stretto legame tra ladea della Morte, con sembianze diavvoltoio e la dea della Rinascita, ser-pente. L’avvoltoio è dunque un aspet-to della dea della Morte, che si ciba dicadaveri ai fini della rigenerazione ed èquindi anche dea della Rinascita.

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Ricordiamo a questo proposito che inEgitto i termini Madre e Morte sonoomofoni.Anche la dea sovrana del periodoTebano, Mut, è raffigurata con la cuf-fia-spoglia di avvoltoio che venivaindossata dalle regine.Questa associazione tra dea e avvol-toio dimostra l’importanza rivestita daquesto uccello nelle antiche civiltàdell’Africa mediterranea e non solo.Ciò può essere dovuto al fatto che neiPaesi a clima caldo-umido, l’avvoltoioelimina cadaveri che altrimenti andreb-bero incontro a rapida putrefazione,preservando la popolazione da malat-tie e pestilenze.Va ricordato che queste sono, come lealtre che ritroveremo in seguito, alcunedelle espressioni di culture ancora piùarcaiche, risalenti al periodo Neolitico ealcuni dipinti rinvenuti in Anatolia, aÇatal Huyuk, ne sono testimonianza.Ancora una volta l’arte preistorica cipermette di risalire alle matrici delle piùfamose espressioni culturali e artistichedei mondo egizio, greco e romano. È lìche affondano le radici della nostracultura, le no-stre credenzee mitologie.Siamo in pre-senza di unasocietà agri-cola all’inter-no della qualeprobabilmen-te la donna hail controllo del-le attività eco-nomiche.Qui rinvenia-mo affreschi diavvoltoi e sta-tuette femmi-

nili con testa di uccello. Questi volatilisono, secondo alcune interpretazioni,associati alla Grande Madre. Vi trovia-mo avvoltoi che aggrediscono umanidecapitati e bassorilievi di mammelleche ricoprono crani di avvoltoi. Vita emorte sono sovrapposte, l’avvoltoio èun aspetto della dea della Morte, che“si nutre di cadaveri per rigenerarli,quindi dea della Morte come dea dellaRinascita”.Gli affreschi dei tempi documentanol’uso funerario di offrire i morti al volteg-gio, alla calata, al banchetto degliavvoltoi. Il morto denudato, e talvoltadecapitato, veniva issato sopra altetorri di legno, le “torri del silenzio” e lìlasciato alla voracità degli avvoltoi.“Compagni delle Grandi Madri, gliavvoltoi di Catal Hüyük sono essi stessiforme della Grande Madre, una e trina.Sono raffigurati in numero di due per-ché il terzo, e primo, membro della tri-nità è la dea stessa. Essi compongonola vita come divinità della generazione,ed essi la scompongono come divinitàdella morte”.

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La più antica pittura mostra grandiavvoltoi che assalgono un uomo appa-rentemente privo di vita. Nei “Santuaridell’Avvoltoio” sono dipinti sette avvol-toi che si avventano su sei esseri umaniprivi di testa. In un altro dipinto un enor-me avvoltoio con gambe umane èvicino a un uomo decapitato.

“Le gambe umane dell’avvoltoio dialcune raffigurazioni implicano che nonsi tratta semplicemente di un uccelloma della dea nelle sembianze di avvol-toio – spiega M. Gimbutas – “Essa è lamorte, colei che toglie la vita, gemellamalefica di colei che dispensa la vita,sinistra in volo con le grandi ali spiega-te… Tuttavia le scene con l’avvoltoio diÇatal Hüyük non danno l’idea deltrionfo della morte sulla vita, ma simbo-leggiano il fatto che morte e resurrezio-ne sono inseparabilmente unite”.Teniamo presente, oltretutto, che gliavvoltoi non sono neri ma rossi, delcolore della vita (Mellaart).Troviamo anche l’affresco di un avvol-toio posto vicino a quello di una testa ditoro, con un teschio umano al di sotto.Su un’altra parete troviamo seni umani.

Becchi di grifone-avvoltoio emergonodai capezzoli. In ogni seno vi è unteschio di avvoltoio.Tra gli yakut siberiani il termine per“avvoltoio” è lo stesso di “madre”. NeiPaesi Baschi la dea della Morte com-pare in alcune grotte come un avvol-toio. In vari siti spagnoli troviamo proba-

bili raffigurazio-ni di avvoltoi odi altri uccellisempre databi-li al PaleoliticoSuperiore.N e l l ’ I r a kSettentrionalesono state rin-venute sculturein pietra diteste di avvol-toio risalenti acirca 10.000anni fa.A b b i a m oanche testimo-

nianze di sacrifici di avvoltoi. Troviamoresti in Libano databili al PaleoliticoSuperiore. Altri resti di uccelli sono rinve-nuti in sedimenti databili al PaleoliticoSuperiore in Francia. Anche nelletombe megalitiche dell’EuropaOccidentale troviamo grossi uccellisepolti, anche queste specie rinvenutesi nutrivano di carogne. Ma qui si apreun ulteriore capitolo che riguarda lerappresentazioni sotto spoglie di uccellidi divinità in altri luoghi d’Europa e, aquesto proposito, ricordiamo che l’av-voltoio non popola il settentrioned’Europa e al suo posto troviamo altriuccelli. Potremmo quindi parlare dialtre rappresentazioni: in Irlanda, Gallia,Germania (Valchirie), ecc.Nel corso dei millenni il ruolo dell’avvol-toio si modifica, ma continua a mante-

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nere la sua carica positiva. Con l’av-vento della caccia il suo ruolo comesegnalatore di cibo viene meno e,ugualmente accettato nel villaggio,compare sul luogo dove la preda èstata abbattuta per approvvigionarsi ilcibo: i ruoli si invertono. Con la nascitadell’allevamento frequenta il territorioumano e segue l’uomo nei pascoli pernutrirsi del bestiame morto. Nei primiinsediamenti urbani della MezzalunaFertile continua il suo rapporto con l’uo-mo.Anche nel Mediterraneo è diffuso il“culto dell’avvoltoio”, del quale si com-prende il fondamentale ruolo nel ciclodell’esistenza. La sua importanza èattestata anche dalla toponomastica,infatti troviamo numerose località il cuinome deriva dalla radice latina diavvoltoio, Vultur: il monte Vulture, ilfiume Volturno, Volturara, Volturino,ecc.

Orapollo, parlando dell’avvoltoio, riferi-sce che se per caso gli viene a manca-re il cibo per i figli, si apre una coscia efornisce loro il proprio sangue perchéne siano partecipi, cosicché nonmuoiano di fame. Forse questa creden-za sull’avvoltoio fu poi riferita anche algesto del pellicano, che preme lasacca del becco contro il petto perchéfuoriesca il cibo sanguinolento per sé eper i figli.La leggenda fu poi riportata in linguagreca dal Fisiologo.I Greci narrano due miti secondari dimetamorfosi che riguardano il rapacedi cui stiamo trattando. Non entriamoqui nel merito della descrizione delmito, ricordiamo solo che Latona,fecondata da Zeus, dopo aver genera-to Artemide e Apollo subì le ire di Erache scatenò contro di lei il gigante Tizio.

Su un’anfora del VI secolo a.C. rinvenu-ta a Vulci, ritroviamo un grifone ad alispiegate, eretto sulle zampe posteriori,che sembra partecipare con Apollo aduna spedizione contro Tizio, che avevaabusato della madre. Questa è unadelle testimonianze dell’attribuzione delgrifone ad Apollo.Dal IV secolo a.C., unitamente al grifo-ne cavalcato da Apollo, comparequello cavalcato da Dioniso e questaassociazione trova rispondenza nelfatto che nei santuari di Delos e Delfi,Dioniso è presente accanto ad Apollo:sono complementari, manifestazioni diun unico dio.A Roma, con Augusto, Apollo fu unadelle divinità protettrici dell’Impero eanche qui compare a cavallo di ungrifone (Statua di Augusto – MuseiVaticani).Nella mitologia greca ritroviamo anchela figura delle arpie, dette anche Keres(Parche) della Morte, di probabile deri-vazione Anatolica (esseri mitici concorpo e zampe di gipeto) che i figli delgelido vento del Nord – Borea – respin-gono verso Sud. Questo mito trova unriscontro a livello naturalistico, infattiuna maggiore presenza di avvoltoi aSud è proprio da ricollegarsi ai freddiventi del Nord (uno di questi era deno-minato proprio Volturno, “apportatoredi avvoltoi”).Anche le popolazioni dell’India eranocoscienti di questo importante compitosvolto dagli avvoltoi: i cadaveri veniva-no trasportati sulle Torri del Silenzio e quidivenivano cibo per questi animali. “InTibet si conservano due antichissimepratiche rituali: esporre i cadaveri all’a-zione di purificazione degli avvoltoi efar passare l’immagine del defuntoattraverso un percorso ascensionalescandito da tredici svastiche” (“Vortici

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piumati e ibridi ornitomorfi nell’arterupestre” di Gabriella Brusa Zappellini).L’avvoltoio è animale adorato daiRomani essendo sacro a Marte. Anchequi è il simbolo della continuità del ciclovitale.L’immagine positiva dell’avvoltoio subi-sce poi un parziale deterioramento nel-l’ambiente letterario romano e poieuropeo. Probabilmente questo coinci-de con la trasformazione di Marte dadio agreste a dio guerriero. Proprio ilfatto che questi uccelli si trovasserosempre sui campi di battaglia, pronti anutrirsi delle carni dei soldati uccisi, hadato loro una connotazione negativa,di coloro che aspettano le altrui disgra-zie per trarne vantaggio. Questo lorocomportamento ha sviluppato falsecredenze, come quella che si recasse-ro sul luogo del combattimento settegiorni prima.Anche l’avvento del Cristianesimo con-tribuisce a ridimensionare l’immaginedell’avvoltoio, già considerato dallaBibbia animale intoccabile e del qualeera proibito cibarsi.

Dagli Appennini alle Ande…

La sacralità dell’avvoltoio sulle catenemontuose delle Ande è giunta intattafino a oggi. È considerato “un agenterigeneratore delle forze vitali contenutenella decomposizione organica di cui sinutre. Proprio per questo motivo fra gliIncas era ritenuto nello stesso temposimbolo della morte e artefice del ciclodel rinnovamento, poiché tramutava lamorte in nuova vita”. Veniva associatoalle più alte vette dei monti, le piùsacre, e simboleggiava le divinità mas-sime, gli Apus.Poiché le alte cime dei monti erano inassociazione con le acque fecondanti,

i condor vennero ritenuti forze propizia-trici della fertilità e considerati messag-geri degli dei.Ai condor vennero dedicate alcunefeste (“feste di sangue”) che lo vede-vano associato a erbe narcotiche,digiuni e tori.Anche nelle culture Maya era simbolo dimorte e rinnovamento perché trasfor-mava la morte in una nuova forma divita. Veniva anche associato al fuococeleste, che purifica e feconda. ❏

A CURA DI ROBERTA BANINO E SILVANA DAMIANI

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Campanine di Cimbergo rappresentauna vasta area cultuale nella quale latradizione incisoria si è protratta per mil-lenni, nonostante alcuni iati, dalNeolitico al Basso Medioevo.Questa località presenta infatti nume-rose incisioni che sono state ascritteall’iconografia cristiana: croci, tenaglie,chiavi, un crocefisso filiforme, tre ternedi dadi, una figura pesciforme, duefigure antropomorfe identificate in pro-babili pellegrini e un’altra figura antro-pomorfa battezzata, dagli studiosi, conil nome di “San Pietro”.Questo misterioso personaggio, incisosulla roccia n. 5 di Campanine e cir-condato da numerose croci, è statorealizzato a martellina ma è privo del-l’accuratezza e della raffinatezza stilisti-ca che contraddistingue la produzioneincisoria delle epoche precedenti(basti pensare ai duellanti dell’età delferro di Zurla, Foppe di Nadro,Naquane); essa si presenta, al contra-rio, piuttosto schematica e poco cura-ta nella definizione.Una particolarità, tuttavia, le permettedi acquisire notevole importanza per glistudiosi: questo “San Pietro” porta trechiavi in mano, una nella destra e duenella sinistra. La domanda fondamentale alla qualesi sta tentando di rispondere riguarda,infatti, l’identità di questo personaggio,

così lontano dai canoni iconograficilegati al santo clavigero. Innanzitutto è indispensabile unadescrizione delle chiavi grazie alle qualiè possibile risalire ad una datazionerelativa dell’immagine: esse si presenta-no di fattura rozza, con fusto corto,grande anello e ingegno semplice diforma quadrata. Probabilmente si trat-ta di un’immagine che risale ad unperiodo intermedio tra il IX e il XV seco-lo, poiché, a partire dal Rinascimento,la fattura delle chiavi si arricchisce diornamenti, di raffinatezza e complessitànon corrispondenti alla semplicità delletre chiavi incise.Ma una domanda ancora più interes-sante non ha tuttora trovato risposta: sitratta davvero della raffigurazione di“San Pietro”? Nessuno ha la certezza che quella figu-ra antropomorfa sia davvero o non siaper nulla la rappresentazione del custo-de del Regno dei Cieli, ma sicuramenteesiste più di un’immagine che ritrae“San Pietro con tre chiavi”.Una di queste si trova all’interno delleGrotte Vaticane, poste proprio sotto laplanimetria della grande basilica di SanPietro a Roma: San Pietro con tre chiaviè raffigurato su un mosaico di non spe-cificata datazione collocato sopra ilsepolcro dell’imperatore Ottone II (955-983 d. C.). Le tre chiavi, che il santotiene inserite in un nastro, appaiano di

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Il San Pietro di Campanine

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tre differenti colori e ricordano i tre dif-ferenti metalli che tradizionalmente siidentificano con l’oro, l’argento e ilferro. Un altro San Pietro con tre chiavi è raffi-gurato all’interno di un manoscrittovaticano, e un altro ancora si trova nelTriclinio leonino (Leone III, sempre aRoma).Ma esiste uno specifico significato nellapresenza di una, due o tre chiavi posse-dute dal clavigero? La risposta non ècosì immediata.Si è soliti ammirare numerosissime raffi-gurazioni pietrine che vanno dal Vsecolo (periodo in cui si afferma l’ico-nografia della Consegna delle chiavi1)in poi e forse raramente siamo statiattratti dalla curiosità di contare lechiavi del Santo: in realtà, l’utilizzocanonico di due sole chiavi che richia-mano la potestas solvendi et ligandi diPietro è piuttosto tardo e potrebbeessere ricondotto al XII-XIII secolo.All’iconografia delle due chiavi è ricon-dotta anche l’appropriazione del loropotere simbolico da parte del papato:per mano di Arnolfo di Cambio, infatti,Bonifacio VIII (1235-1303) si fece ritrarrecon in pugno le chiavi di San Pietro. Ledue chiavi del Regno divennero, inquesto modo, anche il simbolo delladuplice natura, celeste e terrena, delpotere pontificio.Alcuni studiosi affermano che, inizial-mente, l’autorità del clavigero potesseessere rappresentata da una sola chia-ve (spesso San Pietro è raffigurato conuna sola chiave anche nelle epochesuccessive, come ad esempio nel polit-tico di Sant’Antonio Abate di AntonioVivarini del 1464) a volte affiancata dalrotolo della Legge, consegnatoglianch’esso dal Cristo.

Successivamente, ma nessuno ha maiazzardato una precisa datazione, fuintrodotta l’iconografia delle tre chiavi,della quale però si conoscono pochiesempi, probabilmente perché fino adora un numero esiguo di studiosi si èoccupato dell’argomento.Ma, una volta data per assodata lapresenza di un San Pietro con tre chia-vi, è di fondamentale importanza svela-re quale dottrina evangelica si celi die-tro questi tre attributi.Le ipotesi sono diverse: le tre chiavipotrebbero essere identificate con letre chiavi della scienza, della potenza edella giurisdizione degli antichi SommiSacerdoti o Dottori della Legge (in unpasso del Vangelo di Luca –XI, 52- lechiavi sono in mano ai sacerdoti farisei).Una seconda ipotesi vede nelle trechiavi l’origine del triregno papaleintrodotto da Urbano V (1309-1370),una terza, invece, le descrive come larappresentazione dei tre regni, cielo,terra e purgatorio ( alcuni studiosihanno citato, per la terza chiave, l’im-pero romano). C’ è chi, addirittura, so-stiene che il numero delle chiavi noncorrisponda a un preciso significato maa semplici elucubrazioni medievali.Queste, per il momento, sono le ipotesiaffiorate da tale ricerca, ma, per com-pletare (per quanto sia possibile all’at-tuale stato degli studi) quello chepotremmo definire, uno sguardo d’in-sieme, è necessario ricordare ancheuna fiaba bergamasca (di non identifi-cabile datazione) nella quale un giova-ne pastore uccide un mostro a treteste, che si rivela successivamenteessere un mago.All’interno delle tre teste il pastore sco-pre tre differenti chiavi, una d’oro, unad’argento e una di ferro che gli per-mettono di acquisire altrettanti castelli

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e addirittura la mano di una principes-sa. Altre leggende popolari parlano ditre chiavi, esse corrispondono ad altret-tante stanze piene di tesori e oggettipreziosi.Talune leggende, invece, identificanole chiavi con rappresentazioni simboli-che del sapere (in questo caso ci siavvicina molto alle tre chiavi dellascienza, potenza e giurisdizione): lachiave d’argento si riferisce alle rivela-zioni dell’insegnamento psicologico,quella d’oro rappresenta il sapere filo-sofico, e, infine, quella di diamanteconferisce il potere.Il “San Pietro” di Campanine, non haancora trovato, come affermatoanche precedentemente, una sicuraidentità, tuttavia, è necessario nonabbandonare la strada del folklore edelle leggende, che mai come in una

valle trovano e mantengono forti radicinella mentalità e nell’immaginariopopolare. E se non si trattasse affatto del grande“San Pietro” ma semplicemente di un“pastorello” con tre chiavi? ❏

VILLA BARBARA

1 L’arte cristiana non si affermò che nel III secolo, laprima produzione artistica cristiana (sarcofagi e pitture)risale, infatti, agli anni 200-230 d. C. L’iconografia di SanPietro, inizialmente rappresentata sempre accanto aquella di San Paolo, risale proprio a quel periodo. A par-tire dal III secolo si incontrano spesso i ritratti dei due apo-stoli e le scene dei loro processi (nei secoli iniziali non siraffiguravano i martiri e i supplizi, sono infatti, assentianche immagini della Crocifissione), e solo successiva-mente San Pietro verrà raffigurato solo o, in alcunescene, accanto al Cristo come, appunto, la famosaConsegna delle chiavi.

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volu

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i

Gabriella Brusa ZappelliniIL DIO DEL VINO E DEL MIELERadici preistoriche dell’imma-ginario dionisiaco

1ª edizione febbraio 2002ISBN 88-7695-230-6, pp. 124

Gabriella Brusa ZappelliniARTE DELLE ORIGINIPreistoria delle immagini

1ª edizione giugno 2002ISBN 88-7695-236-5, pp. 184

Torquato MussiniPICCOLO DIZIONARIOEtrusco • ItalianoItaliano • Etrusco

1ª edizione ottobre 2002ISBN 88-7695-237-3, pp. 56

Paola PellegrinoMITI E SACRALITÀDEGLI ALBERI E DEI BOSCHI

1ª edizione agosto 2004ISBN 88-7695-284-5, pp. 60

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EDIZIONI DEL CENTRO CAMUNO DI STUDI PREISTORICI— NUOVE PUBBLICAZIONI —

E. ANATI, ARTE RUPESTRE. Il linguaggio dei pri-mordi. SC XII, I ed. italiana, 1994, 160 pp.,162 ill.

E. ANATI, VALCAMONICA. Una storia perl’Europa. SC XIII, I ed. italiana, 1995, 208 pp.,152 ill.

E. ANATI, LA RELIGIONE DELLE ORIGINI. SC XIV,I ed. italiana, 1995, 144 pp., 84 ill.

S. GAVALDO – U. SANSONI, L’ARTE RUPESTRE DELPIA’ D’ORT. Archivi 10, I ed. italiana, 1995,200 pp., 71 ill.

E. ANATI, HAR KARKOM. 20 anni di ricerchearcheologiche. SC XX, I ed.italiana, 1999,192 pp. 200 ill.

U. SANSONI – S. GAVALDO – C. CASTALDI, SIMBOLISULLA ROCCIA. L’arte rupestre dellaValtellina centrale dalle armi del Bronzo aisegni cristiani. Archivi 12, I ed. italiana, 1999,216 pp., 318 ill.

E. ANATI, 40.000 ANNI DI STORIA CONTEMPO-RANEA. L’arte rupestre in Europa. I ed. italia-na con introduzione ing., 2000, 297 pp., 392ill.

E. ANATI, GOBUSTAN AZERBAIJAN. Archivi 13,quattro lingue: italiano, inglese, russo eazero, 2001, 95 pp., 69 ill.

A. FRADKIN ANATI, VALCAMONICA PREISTORI-CA. Guida ai parchi archeologici. I ed. ita-liana con introduzione ing., 2000, 297pp. 392 ill.

E. ANATI, HELAN SHAN. L’arte rupestre dellaCina. Catalogo della Mostra. I ed. italiana,1994, 64 pp., 71 ill.

E. ANATI, BRESCIA PREISTORICA. SC XVI, I ed.italiana, 1995, 160 pp., 149 ill.

A. FRADKIN ANATI, WHO’S WHO IN ROCK ART. Il“Chi è” dell’arte rupestre, II ed. inglese,1996, 192 pp.

C. BERETTA, TOPONOMASTICA IN VALCAMO-NICA E IN LOMBARDIA. Archivi 11, I ed. ita-liana, 1997, 240 pp., 23 tav., 70 fig.

E. ANATI, TAPA-TAPA. Catalogo della Mostra.I ed. italiana, 1997, 64 pp., 50 ill.

R. DUFRENNE, LA VALLÉE DES MERVEILLLES ETLES MYTOLOGIES INDO-EUROPÉENNES. SCXVII, I ed. francese, 1997, 220 pp., circa 100ill.

E. ANATI, ESODO TRA MITO E STORIA.Archeologia, esegesi e geografia storica.SC XVIII, I ed. italiana, 1997, 64 pp., 50 ill.

F. BERTOLDI, I RESTI UMANI IN ARCHEOLOGIA.SC XIX, I ed. italiana, 1997, 304 pp., 131 ill.

AA.VV., B.C.S.P. Periodico internazionale diarte preistorica e tribale. Edizione multilin-gue.

VALCAMONICA SYMPOSIUM 1968. Atti delSimposio Internazionale 1968 “Arte preistori-ca” (UISPP), 1970, 584 pp., 260 ill.

VALCAMONICA SYMPOSIUM 1972. Atti delSimposio Internazionale 1972 “Religioni prei-storiche” (UISPP & IASPER), 1975, 626 pp., 220ill.

VALCAMONICA SYMPOSIUM 1979. Atti delSimposio Internazionale 1979 “Le espressioniintellettuali dell’uomo preistorico: arte e reli-gione” (IASPER), 1983, 552 pp., 220 ill.

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