Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da...

160
Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo I M M A G I N AP O L I lucania lavoro C O L L A N A libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 1

Transcript of Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da...

Page 1: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Lavorare in teamalla Fiat.da Melfi a Cordoba

Paolo Caputo

I M M A G I N AP O L I

lucanialavoroC O L L A N A

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 1

Page 2: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 2

Page 3: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

I I “pilastri” organizzativi della lean productionPremessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13I principi operativi dell’ohnismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14Linearizzazione e scomposizione cellulare del processo produttivo . . . 17La sincronizzazione e il livellamento del flusso produttivo . . . . . . . . . . 21Teamwork, autoattivazione e controllo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23La flessibilità strutturale della fabbrica ohnista . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

II Il post-fordismo nell’industria automobilisticaPremessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29Crisi del fordismo e ristrutturazione organizzativa:La “scoperta” occidentale del sistema di produzione giapponese. . . . . 30Il dibattito sulla lean production . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34Le metamorfosi nell’utilizzo della forza-lavoro:Gli operai da dipendenti a risorse umane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39La nuova natura del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

I I I L’esperienza di Fiat Auto: dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica IntegrataLa riposta della Fiat alla crisi degli anni Settanta e la strategiadi superamento dell’organizzazione scientifica del lavoro. . . . . . . . . . . 48La svolta degli anni Novanta: dal “piano della Qualità Totale”al progetto della Fabbrica Integrata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53Struttura e caratteristiche di base dello stabilimento lucano . . . . . . . . 57La realizzazione della Fabbrica Integrata di Cordoba . . . . . . . . . . . . . . 61La logica operativa della Fabbrica Integrata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67L’Unità Tecnologica Elementare come cellula produttiva . . . . . . . . . . . 71

Indice

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 3

Page 4: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

IV Nuovi accordi sindacali: il fondamento istituzionale della flessibilizzazione nell’utilizzo della forza lavoroPremessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79Gli accordi di Melfi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80Il nuovo contratto collettivo argentino. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86I vincoli posti dal “Convenio colectivo de trabajo”sull’organizzazione del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88L’opposizione dei lavoratori argentini all’applicazione del contratto . . . . . 91

V Da Melfi a Cordoba: i diversi “volti” della Fabbrica IntegrataL’organizzazione quotidiana del turno di lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97Divisione del lavoro e nuova forma della cooperazione produttiva . . . 100La pressione organizzativa sul team . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104La gestione delle risorse umane a Melfi e a Cordoba . . . . . . . . . . . . 108L’ e m e rgenza delle forme di resistenza in contesti di potere diversi . . . . . 122

VI Riflessioni sull’organizzazione del lavoro in teamPremessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138L’interpretazione teorica della natura del lavoro in team . . . . . . . . . . 139La cellularizzazione come contesto organizzativo-disciplinare . . . . . . 142Controllo e resistenza: dalla strategia generalealle sperimentazione delle concrete tattiche gestionali . . . . . . . . . . . 146

Alcune considerazioni finali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150

Bibliografia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 4

Page 5: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Il management FIAT è impegnato, da qualche mese, nel tentativo di va-r a re un piano industriale che riesca a risolvere i problemi di pro d u t t i v i t àe di mercato su scala internazionale.La recente ristrutturazione degli assetti di gestione dell’azienda, il re c u p e rodi risorse finanziarie per far fronte all’indebitamento e la progettazione di nuo-vi modelli, hanno certamente introdotto alcune novità con la riconquista di al-cune quote di mercato, soprattutto in Europa, ma la crisi permane.Nello stabilimento di Melfi e in quello di Cordoba, che il lavoro di Paolo Ca-puti aff ronta con lucidità e lungimiranza, si presentano problemi quasi tuttioriginati dal fallimento delle politiche legate alla fabbrica integrata.I picchi produttivi di Melfi, considerata la fabbrica automobilistica conm a g g i o re produttività in Europa, e quelli di Cordoba, mentre scontanos e n z ’ a l t ro gli effetti dei processi di ristrutturazione globale del segmen-to dell’auto, incorporano – dal punto di vista delle qualità e della condi-zione operaia – gli errori degli ideatori e dei progetti della cosiddetta“fabbrica integrata” che integrata non è. Sia a Melfi che a Cordoba, fab-briche gemelle, la partecipazione operaia non c’è stata e non c’è. Lafatica non è diminuita, anzi è aumentata. A Melfi, come a Cordoba, la gestione autoritaria dentro e fuori i team, oltrea pro d u r re un conflitto di nuovo tipo che parte da “resistenze” individuali chequalche volta si traducono anche nella partecipazione agli scioperi indettidalle organizzazioni sindacali, ha determinato un alto turn over – circa 2.000in pochi anni nell’area del vulture-melfese – mentre in Argentina si è verifica-ta l’espulsione di un’intera generazione di lavoratori.Gli ultimi dati sulla produzione di Melfi, Cordoba è ai minimi produttivi, parla-no di 365.000 vetture prodotte nel 2000 (circa 1000 al giorno), 351.000nel 2001, 327.000 nel 2002 fino a toccare 288.000 nel 2003 con una ri-duzione secca di 77.000 vetture .Secondo gli ultimi dati sindacali nel 2002, per tre volte, i dipendenti diMelfi sono stati messi in Cassa Integrazione Ordinaria ma l’incre m e n t oconsistente della CIG ha interessato le aziende dell’indotto si è passitida 90.000 ore nel 2001 a 170.000 ore nel 2002.Molti contratti a tempo determinato non sono stati rinnovati. Comples-sivamente la forza lavoro nell’area di Melfi è passata da 3.371 addettinel 2001 a 3.408 nel 2002.L’ i n c remento di 40 unità, che si è registrato, lo si deve solamente adue aziende: La.Sme e l’ex Complasint. Gli occupati diretti della Fiat Sata si attestano intorno alle 5.400 unità,avendo l’azienda esternalizzato la manutenzione ed altri lavori per untotale di circa 800/1000 unità. 5

Prefazione

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 5

Page 6: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

A questi dati vanno sommati almeno altri 2.000 lavoratori impegnati neiservizi nell’ambito dell’area di Melfi. Per quanto concerne Cordoba, anchea fronte delle scelte effettuate dal management Fiat di ristrutturare l’im-pianto brasiliano, lo stabilimento è sottoutilizzato e lo stesso vale per ifornitori che sono allocati nella stessa area.Come uscirà la FIAT dai processi di ristrutturazione in corso a livello mondia-le? Ed ancora quale sarà il ruolo di Melfi, e quindi dell’intero mezzogiorno ita-liano, in rapporto alla scelta della proprietà di ridimensionare i siti pro d u t t i v idel Piemonte? Ed inoltre come si muoverà l’azienda torinese in America La-tina anche in relazione alla fortissima crisi finanziaria in atto nonostante al-cuni indici di ripresa che si manifestano in Brasile ed in Arg e n t i n a ?La questione centrale rimane sempre questa: gli economisti più attenti ri-spetto al settore auto sono dell’opinione che FIAT non può non pro d u r re al-meno 1.700.000 vetture/anno nei suoi stabilimenti sparsi per il mondo.Al momento ne mancano oltre 400.000. Ciò rappresenta un fortissimo con-dizionamento sui conti dell’azienda e per certi versi anche sulla condizionesalariale, contrattuale nonché di vita dei lavoratori.Lo studio di Paolo Caputi, che va ad arricchire la ricerca su FIAT anche intro-ducendo elementi innovativi sul terreno della comparazione di due stabilimen-ti agli antipodi, segnala con forza il problema delle relazioni industriali.Su questo punto le capacità di ascolto del gruppo dirigente della casa tori-nese sono vicine allo zero e questo è un grosso pro b l e m a .To c c h e rebbe, quindi, alle istituzioni nazionali e locali, insieme alle par-ti sociali, aff ro n t a re con rinnovato impegno la questione del modo dip ro d u r re, di come e per chi. I recenti movimenti di lotta di Scanzano, contro il deposito delle scorie nu-cleari e quello di Rapolla contro l’elettrosmog, dicono che è possibile co-s t r u i re un’azione collettiva a sostegno della compatibilità ambientale.Forse è il caso di prepararsi a fare lo stesso con la FIAT di Melfi.La Regione Basilicata, che ha commissionato la ricerca all’Università dellaCalabria, sul piano industriale della FIAT e delle sue ricadute, si muove inquesta direzione e lavorerà per contribuire al funzionamento dell’Osservato-rio sulla Fiat di Melfi anche per aff ro n t a re il problema della ristrutturazionedei processi di allocazione della componentistica e delle forniture .In questo quadro è stato illuminate il tentativo, per la verità bloccato, daparte di Fiat e Maserati di spostare la produzione di circuiti integrati dal-l’area di Melfi al Portogallo.

6

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 6

Page 7: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Il presente lavoro, frutto di una ricerca comparata tra gli stabilimenti au-tomobilistici Fiat di Melfi e Cordoba (Argentina), si inscrive all’interno del-l’attuale dibattito teorico sul mutamento della fabbrica e del lavoro nell’e-ra della globalizzazione. In particolare, nel testo vengono affrontate leproblematiche legate agli effetti sul lavoro e sulle relazioni sociali internealla fabbrica determinati dalla sperimentazione dei principi organizzativo-gestionali della cosiddetta lean production.E’ necessario premettere che, data la complessità e la diversificazionedelle innovazioni produttive, tecnologiche e organizzative, la scelta di as-sumere quale ambito privilegiato d’osservazione il settore automobilisticonon può non apparire, in qualche modo, arbitraria. Tale decisione è stataperò motivata, oltre che dalla necessità di circoscrivere il contesto dell’a-nalisi, dalla consapevolezza del ruolo economico trainante nonché del va-lore “esemplare” per l’intero sistema produttivo e sociale rivestito dall’in-dustria dell’auto nel corso dell’ultimo secolo.I grandi complessi industriali tipici della fase fordista hanno subito un pro-cesso di sostanziale ridimensionamento: la fabbrica è cambiata, è diven-tata più snella, reattiva, flessibile, maneggevole e meno appariscente. Co-me testimoniato dalla letteratura internazionale sul tema, è possibile osser-v a re una comune logica di fondo che ha guidato le diverse innovazioni or-ganizzative del settore industriale oggetto d’analisi. Questa logica, letta aposteriori, ci consente di individuare un percorso evolutivo che, a grandi li-nee, ha accomunato la maggior parte delle imprese automobilistiche occi-dentali in direzione dell’adozione della strategia gestionale e dei principi or-ganizzativi fondamentali della lean pro d u c t i o n. Deverticalizzazione, just int i m e, lavoro in t e a m, qualità totale, flessibilità, partecipazione, formazionecontinua sono diventati alcuni dei nuovi dogmi imperanti. Si tratta di capi-re qual è la reale portata di tali concetti e, soprattutto, quali sono le riper-cussioni sul lavoro operaio di un tale mutamento.La complessità delle trasformazioni in atto è palesemente testimoniata e sirispecchia nella diff e renziazione delle prospettive e delle interpretazioni teo-riche sul passaggio dal sistema pro d u t t i v o - o rganizzativo fordista al cosiddet-to post-fordismo. Nonostante ciò, negli ultimi anni è emersa una relativa con-v e rgenza delle diverse analisi su alcuni aspetti chiave degli attuali pro c e s s idi ristrutturazione tecnologica e organizzativa: flessibilità, integrazione e ap-p roccio sistemico ai cicli di produzione, riduzione dei livelli gerarchici e de-centramento gestionale, lavoro in squadra e coinvolgimento dei lavoratori ri-spetto alle necessità produttive. E’ proprio l’ampia ed apparentemente nonp roblematica accettazione di tali concetti che ci ha spinto ad appro f o n d i re ilsignificato e le valenze dei mutamenti in corso di svolgimento, soprattutto 7

Introduzione

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 7

Page 8: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

per quel che concerne l’organizzazione della produzione in t e a m di lavoro nel-la sua interrelazione con le nuove strategie direzionali incentrate sui principiguida dettati dall’Human Resource Management.Per cogliere, al di là delle apparenze indotte dalla diffusione di una serie di pro-posizioni ideologiche, la concretezza e il nucleo reale del salto avvenuto ri-spetto all’organizzazione fordista del lavoro e della produzione, si è cercato die v i t a re di cadere nella tentazione di pro c e d e re attraverso un approccio di ti-po settoriale, privilegiando invece l’analisi della logica operativa d’insieme del-la fabbrica post-fordista. In altri termini abbiamo ritenuto impossibile, o quan-to meno riduttivo, indagare separatamente singoli aspetti del nuovo paradig-ma produttivo, quali quelli della partecipazione, del coinvolgimento, del lavoroin t e a m, della gestione delle risorse umane, e così via. Così facendo, infatti,ciò che sarebbe sfuggito all’osservazione, il dato impossibile da rilevare sa-rebbe stato proprio la struttura di fondo del sistema, al cui interno sono com-plessivamente integrati i nuovi principi organizzativi, gestionali e pro d u t t i v i .Il problema teorico di partenza è consistito, quindi, non tanto, nell’indivi-duazione di alcuni particolari dispositivi organizzativo-gestionali tipici dellalean pro d u c t i o n, quanto nella ricerca delle determinanti operative concre-te e dei nessi funzionali che “governano il sistema” snello, interpre t a n d o l ialla luce della loro integrazione generale. Questo approccio metodologicoci ha consentito di leggere i cambiamenti subiti dall’attività lavorativa e dal-le strategie gestionali, data la centralità del lavoro in t e a m.Lo studio, infatti, sottolinea come le riserve di flessibilità sistemica del-l’apparato produttivo snello, a diff e renza del fordismo, non siano piùstrutturate sulla tecnologia e sulle scorte interoperazionali bensì sul-l ’ o rganizzazione cellulare del lavoro .In sintesi, la diffusione pressoché generalizzata di forme organizzative ba-sate sul lavoro in team e la rinnovata attenzione alla centralità delle “risor-se umane”, a cui si accompagna l’avvento di stili innovativi di gestione diquesto “fattore” strategico (lo Human Resource Management), derivanodal fatto che questi dispositivi organizzativo-direzionali si configurano qua-li meccanismi adeguati di gestione della forza lavoro, in grado cioè di sod-disfare in maniera conseguente le esigenze socio-tecniche della produzio-ne just in time. Tuttavia, in termini concreti, ossia dal punto di vista delleeffettive sperimentazioni organizzative, tra il lavoro in team e lo HumanResource Management non esiste una relazione meccanica, predetermi-nata, bensì un rapporto mediato dalle peculiari traiettorie aziendali e, so-prattutto, dalle specificità dell’ambiente socio-economico e istituzionale incui vengono messe in atto le esperienze produttive.La letteratura internazionale, dopo aver teorizzato il modello paradigmatico

I n t ro d u z i o n e

8

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 8

Page 9: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

p o s t - f o rdista attraverso la concettualizzazione della lean pro d u c t i o n, ha suc-cessivamente colto la complessità delle realtà concrete emerse dalle ricer-che come “pluralismo dei modelli di impresa”. Ma anche questa teorizzazio-ne presenta alcuni evidenti limiti. La comparazione dei due stabilimenti Fiatoggetto della ricerca dimostra chiaramente che così come non esiste unmodello invariante di lean production ( F reyssenet, 1998; Durand et al.,1999), allo stesso modo non esiste un modello gestionale, cioè una solu-zione invariante di governo della forza lavoro, applicabile in tutti i contesti eper tutte le situazioni. E’, invece, rilevabile una strategia generale, la cuirealizzazione concreta implica l’operare di una molteplicità di approcci epratiche quotidiane flessibili, messe in atto per far fronte alla complessitàe alle “varianze del sistema” (Cerruti, 1993). Questa pluralità di scelte ge-stionali esprime la ricerca e la sperimentazione di nuovi meccanismi di go-verno e controllo sul lavoro (orientati a combinare efficienza e coinvolgi-mento) che si diff e renziano a seconda dei diversi contesti, dei vincoli e del-le peculiari resistenze incontrate, ma che, evidentemente, dovre b b e ro agi-re come “equivalenti funzionali” nel garantire la corretta operatività dei prin-cipi produttivi della nuova configurazione organizzativa, ossia le esigenzedi governo del sistema produttivo l e a n.Questo risultato generale della ricerca è particolarmente significativo se siconsidera che gli impianti produttivi di Melfi e Cordoba, oltre ad essere inse-riti all’interno di una comune strategia aziendale, presentano le stesse carat-teristiche strutturali e organizzative di base. Da un punto di vista strutturalee organizzativo, la fabbrica di Cordoba costituisce, sostanzialmente, la co-pia gemella, anche se su scala ridotta, dell’impianto di Melfi (Bissaca, IsvorFiat, 1998). Proprio questo elemento comune ci ha consentito di indagare leimplicazioni dei contesti locali sulle dinamiche di gestione dei t e a m di lavoroc o n c retamente poste in essere dal m a n a g e m e n t F i a t .La fabbrica di Melfi, per la cui analisi si è potuto attingere, oltre alla vasta let-teratura nazionale (Benassi, 1994; Bonazzi, 1999; Cerruti, 1995; Donzelli,1994; Rieser, 1999, Volpato, 1998), anche al fondamentale apporto teori-co frutto di un programma pluriennale di ricerche accademiche realizzate al-l’interno del Dipartimento di Sociologia e Scienza Politica dell’Università del-la Calabria (Commisso, 1999; Costanzo, 1999; De Angelis, 2001; Fiocco,1997, 1998b, 2001; Oliveri, 2001; Pulignano, 1997b; Sivini, 1999, 2001;Vitale, 2001), nasce in un contesto che assicura tutta una serie di garanzieistituzionali ai lavoratori e in un clima sostanzialmente pacificato. Ciò ha fa-vorito lo sviluppo di modalità specifiche di gestione dei t e a m di lavoro. In par-t i c o l a re, è emersa la centralità funzionale di un complesso di pratiche dire-zionali, operate in risposta ai bisogni e alle resistenze dei lavoratori, che si

I n t ro d u z i o n e

9

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 9

Page 10: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

esprimono essenzialmente nella forma relazionale interpersonale, appare n-temente paritaria, della “negoziazione privata” (relazioni face to face c h esembrano pre s c i n d e re dai ruoli). Fin dal primo approccio con la realtà diC o rdoba, però, è stato chiaro che niente di tutto ciò era presente nel ca-so argentino, dove è stata rilevata la presenza di un clima sociale di fab-brica sostanzialmente caratterizzato da paura e tensione. Per cui è statonecessario riesaminare le ipotesi teoriche generali inizialmente formulateper Melfi che sembravano convalidare la tesi, ampiamente dibattuta nelcorso degli ultimi decenni, che anche di fronte all’emergenza della sogget-tività operaia il m a n a g e m e n t rispondesse sostanzialmente attivando prati-che di natura negoziale-consensuale.A diff e renza di Melfi, a Cordoba l’avvio della nuova fabbrica è stato pre c e d u-to e accompagnato da una intensa, anche se limitata nel tempo, fase di lotteoperaie dovuta alla reazione dei lavoratori al licenziamento di una parte dellemaestranze di uno stabilimento preesistente, ristrutturato per essere ingloba-to all’interno del nuovo impianto produttivo. La drastica risposta re p re s s i v apraticata dalla direzione aziendale ha portato ad una ricomposizione coerc i t i-va del clima sociale interno allo stabilimento, riprodotta attraverso l’uso stru-mentale delle sospensioni temporanee e dei licenziamenti. Il che ha determi-nato particolari effetti sulle modalità di gestione dei t e a m nella vita quotidianadi fabbrica, che segnano la diff e renza specifica con il caso italiano.Tuttavia, come vedremo, ciò non significa che la strategia gestionale delm a n a g e m e n t a rgentino si basi esclusivamente sulla paura. In realtà, poi-ché coercizione e controllo autoritario non sono di per sé sufficienti a ga-r a n t i re il buon funzionamento del nuovo sistema produttivo, il m a n a g e m e n tha dovuto contemporaneamente pro c e d e re alla sperimentazione di speci-fiche tattiche gestionali di coinvolgimento e responsabilizzazione dei lavo-ratori. A Cordoba, infatti, la gestione relazionale quotidiana dei bisogni edelle resistenze si manifesta attraverso un “gioco comunicativo” diversoda quello di Melfi (centrato sulla negoziazione individuale), realizzato trami-te dinamiche sociali-relazionali di gruppo, innescate all’interno di uno spe-cifico dispositivo organizzativo di responsabilizzazione collettiva dei lavora-tori: il m i n i t e a m di Ute1. In pratica, si tratta di una sorta di team briefingquotidiano, il cui effetto principale risiede nel capovolgimento delle re l a z i o-ni solidaristiche tra pari in rapporti funzionali alla produzione: induce atteg-giamenti di autodisciplina e autoregolazione e sostiene l’agire di meccani-smi di pressione re c i p roca tra i lavoratori (peer pre s s u re) .D’altra parte, ad un’analisi più approfondita, neanche nella situazione diMelfi è possibile sostenere che siano assenti interventi di tipo re p re s s i v o .Però, mentre a Cordoba l’uso strumentale delle sospensioni e dei licenzia-

I n t ro d u z i o n e

10

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 10

Page 11: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

menti, sia individuali che collettivi, opera come un dispositivo re p re s s i v oo rganico e complessivo (legittimato dalle leggi del mercato), a Melfi que-sti strumenti assumono un carattere di eccezionalità e sono temporalmen-te circoscritti (mancata conferma dei contratti di formazione e lavoro o li-cenziamenti per giusta causa), oppure coinvolgono sistematicamente sol-tanto una porzione limitata della forza lavoro (lavoratori interinali).In definitiva, l’ipotesi metodologica a cui siamo pervenuti è che, al di là del-l’analisi dei meccanismi di controllo sui lavoratori iscritti nell’org a n i z z a z i o-ne del processo produttivo e della comune strategia gestionale dettata dal-le prescrizioni dell’Human Resource Management, la ricerca debba priori-tariamente individuare la specificità delle diverse tattiche gestionali, inquanto operate in risposta alle peculiari manifestazioni della soggettivitàoperaia. Le forme del conflitto, così come i dispositivi di controllo, sonoe m b e d d e d nei contesti locali.

Il percorso espositivo è così strutturato:Nei primi due capitoli vengono aff rontate alcune tematiche connesse allap roduzione post-fordista e all’organizzazione del lavoro ohnista (o toyoti-sta), con part i c o l a re riferimento al settore dell’auto. In part i c o l a re, nel pri-mo capitolo sono esposti i principi organizzativi e operativi della pro d u z i o-ne Toyota. Nel secondo, invece, si è dato uno sguardo al dibattito teoricooccidentale sul superamento dell’organizzazione fordista della pro d u z i o n ee sulla lean pro d u c t i o n. Vengono, inoltre, aff rontati i temi connessi alle tra-sformazioni della prestazione lavorativa e alle nuove politiche di gestionedel personale (Human Resource Management). Il terzo capitolo analizza, a grandi linee, il cammino di Fiat Auto dal ford i s m oalla Fabbrica Integrata, della quale viene descritta la configurazione org a n i z-zativa e interpretata la logica operativa di funzionamento. Vengono, quindi,descritte le caratteristiche strutturali fondamentali dei due impianti automo-bilistici oggetto di comparazione, entrambi espressione della nuova strate-gia organizzativa ma localizzati all’interno di contesti economico-sociali chesi diff e renziano in maniera sostanziale. Per di più, dato di estrema rilevanza,sebbene sia l’insediamento produttivo argentino sia quello lucano siano statirealizzati ex-novo, nel primo caso la costruzione del nuovo impianto si è an-data ad inserire nell’area adiacente una preesistente fabbrica Fiat di mecca-nica che, pertanto, è stata inglobata al suo interno.Nel quarto capitolo sono analizzati i nuovi accordi sindacali che, in entrambii casi esaminati, hanno preceduto l’entrata in funzione dei due nuovi stabili-menti e si configurano quali pre - requisiti fondamentali per la piena operativitàdei principi organizzativi della Fabbrica Integrata. Nell’ultimo paragrafo, si

I n t ro d u z i o n e

11

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 11

Page 12: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

mette in risalto la strenua resistenza opposta dai “vecchi” lavoratori arg e n t i-ni Fiat nel passaggio dal precedente al nuovo contratto collettivo.Nel quinto capitolo vengono esposti i principali risultati emersi nel corso del-la ricerca sul campo diretta alla comparazione tra i due stabilimenti. Sulla ba-se di un approccio di natura prettamente qualitativa2, si analizza la realtà in-terna dei due stabilimenti, ossia le condizioni di coinvolgimento/controllo deilavoratori e le relazioni sociali di fabbrica. In part i c o l a re, nel corso del capi-tolo viene evidenziato come, nonostante in ambedue i casi ci si trovi di fro n-te alla medesima configurazione organizzativa e alla stessa strategia dire z i o-nale, le diff e renze legate alla natura della soggettività, e pertanto alle re s i-stenze, dei lavoratori di Melfi e di Cordoba hanno condotto l’azienda alla spe-rimentazione di specifiche pratiche e meccanismi gestionali, che costituisco-no l’espressione di peculiari dispositivi disciplinari. Infine, l’ultimo capitolo, si presenta quale parte teorica conclusiva all’internodella quale vengono coniugati gli esiti emersi dall’analisi interpretativa dei da-ti raccolti attraverso la ricerca empirica e la rielaborazione degli strumentiteorici applicabili alla nuova forma organizzativa della produzione (dispositividi potere, lavoro in t e a m, meccanismi di coinvolgimento/coerc i z i o n e ) .

1 L’Ute (Unità Tecnologica Elementare) costituisce l’unità produttiva di base della nuova strutturadi fabbrica.

2 Strumenti metodologici adottatati per lo svolgimento dell’indagine empirica: - analisi di contesto delle due realtà produttive, diretta a cogliere le specificità organizzativo-gestionali, sindacali e sociali delle esperienze oggetto d’esame; - interviste individuali in profondità ad osservatori privilegiati (circa 70).

I n t ro d u z i o n e

12

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 12

Page 13: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

PremessaDa oltre un trentennio, l’industria occidentale dell’auto è investita da uncomplesso processo di ristrutturazione e razionalizzazione produttiva. Aldi là delle specifiche differenze aziendali è possibile rilevare una comunelogica di fondo che ha guidato, soprattutto a partire dalla seconda metàdegli anni Ottanta, le diverse sperimentazioni organizzative del settoreindustriale in questione. Questa logica, letta a posteriori, ci permetteinfatti di individuare un percorso evolutivo che, a grandi linee, haaccomunato la maggior parte delle imprese.Negli ultimi anni, si sta assistendo ad un generalizzato e tendenzialmente ir-reversibile processo di diffusione/adattamento della strategia gestionale edei principi organizzativi fondamentali dell’o h n i s m o3, che ha portato all’ado-zione da parte delle case automobilistiche occidentali di quella che, in segui-to all’imponente ricerca del MIT (Womack et al., 1993), è stata comunemen-te definita con il termine di lean pro d u c t i o n4.Anche se è possibile rilevare un’omogeneità di fondo nelle strategie manage-riali che hanno guidato il processo di riorganizzazione, la realizzazione con-c reta dei nuovi principi organizzativi presenta un’ampia diversità nelle formedi adattamento di tali dispositivi alle specificità dei contesti socio-economici:“Sebbene non si tratti di ‘copiare’ lo schema giapponese, ma di adattarlo alle ca-ratteristiche proprie di ogni costruttore, si ritrovano un po’ ovunque gli stessiprincipi, ispirati al sistema Toyota, della riduzione dei tempi di reazione, della fles-sibilità attraverso una riduzione degli stock, dell’impiego opportuno dei mezzi dip roduzione, cioè degli uomini e dei macchinari” (Auer et al., 1993: 93). Come sottolineato anche dai teorici della Gerpisa (Freyssenet, 1998; Durandet al., 1999), quindi, non ci troviamo di fronte all’implementazione, alla diff u-sione invariante dei principi strutturali-organizzativi dell’o h n i s m o, bensì ad unp rocesso di ibridazione e adattamento che, a seconda dei diversi contestisocio-economici all’interno dei quali viene messo in atto, presenta delle ca-ratteristiche peculiari e specifiche. Nonostante ciò, resta il fatto che i dispo-sitivi organizzativi e operativi generali, rispetto ai quali si sono orientate lenuove ristrutturazioni organizzative, sono comunque rappresentati dall’espe-rienza della Toyota. Per questa ragione analizzeremo preliminarmente il co-siddetto sistema produttivo giapponese, utilizzando come punto di riferimen-to precipuo quello che, secondo i teorici del MIT (Womack et al., 1993), nesimboleggia la versione più pura, ossia il Toyota Production System.

13

I - I “pilastri” organizzativi della lean production

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 13

Page 14: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

I principi operativi dell’ohnismoAll’interno del testo nel quale definisce gli elementi distintivi della nuova org a-nizzazione produttiva, presentando le sue innovazioni e il suo contributo, Oh-no (1993), il “padre” del sistema di produzione Toyota, insiste costantemen-te su due punti. Il metodo di produzione Toyota, egli afferma, si basa su due“pilastri” fondamentali, su due principi chiave: il just in time e l’a u t o n o m a z i o n e(neologismo coniato da Ohno e costituito dall’unione dei due termini “automa-zione” e “autonomia”). Su questi si erge il sistema produttivo complessivo, lacui logica intrinseca è data dalla totale eliminazione degli “sprechi” (Ohno,1993: 7), o meglio dall’incessante perseguimento della riduzione dei costi dip roduzione. Per sprechi Ohno intende tutte le risorse impiegate all’internodel processo di fabbricazione che eccedono il quantitativo minimo di lavo-ratori, attre z z a t u re, materiali, spazi, tempi di lavorazione necessari per re a-l i z z a re la produzione programmata. In altre parole, egli si riferisce a tuttociò che determina un aumento dei costi di produzione senza cre a re valoreaggiunto: “Il primo passo verso l’applicazione del sistema di pro d u z i o n eToyota consiste nell’identificare chiaramente quali sono i fattori di perd i t a ,solitamente individuabili nei seguenti fenomeni: 1) sovraproduzione; 2) tem-pi morti; 3) trasporti e manutenzioni inutili; 4) processi lavorativi inutili oi n o p p o rtuni; 5) stoccaggio eccessivo; 6) movimenti inutili; 7) produzione dipezzi difettosi. L’eliminazione completa di questi fattori di perdita può mi-g l i o r a re considerevolmente l’efficienza operativa. Per fare questo dobbiamop ro d u r re solo la quantità necessaria (...)” (Ohno, 1993: 31). Il just in time r a p p resenta il principio organizzativo guida che rende possibile eli-m i n a re le diseconomie derivanti dalla presenza di magazzini e “polmoni” inter-medi, attraverso un sistema di approvvigionamento che rifornisce le unità lavo-rative delle risorse materiali richieste, nella quantità esatta domandata e nelp reciso momento in cui necessitano. “In sintesi il JIT è un sistema pro d u t t i v ocaratterizzato da pratiche raccordate con la domanda e volte a limitare glis p rechi e i tempi di inerzia” (Wilkinson e Oliver, 1990: 40). L’idea di fondo deljust in time è di una semplicità estrema: pro d u r re e consegnare prodotti fi-niti nel momento in cui ne è stata prevista la vendita; rifornirsi dei compo-nenti al momento del loro montaggio per la produzione dei prodotti finiti; ap-p rovvigionarsi dei semilavorati nel momento del loro utilizzo per la re a l i z z a-zione dei componenti e dei materiali da fornire a terzi appena prima dellal o ro trasformazione in prodotti semilavorati. Ciò presuppone un diverso rap-p o rto della casa madre con i fornitori, un’attenta e accurata pro g r a m m a z i o-ne della produzione e un bilanciamento complessivo del flusso di fabbrica-zione: “Il sistema di produzione in just in time della Toyota è un modo di di-s t r i b u i re esattamente ciò di cui necessita la linea produttiva solo quando è

I “pilastri” organizzatividella lean

production

14

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 14

Page 15: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

necessario, in modo da eliminare le giacenze superflue” (Ohno, 1993: 71).In sostanza, attraverso il just in time l’azienda mira a ridurre, se non ad elimi-n a re, gli elevati costi di stoccaggio tipici della produzione fordista, valorizzan-do le operazioni di trasformazione che generano effettivamente valore aggiun-to ed eliminando ogni genere e fonte di spreco, a cominciare dalle attività nond i rettamente produttive. Per fare un esempio di lavoratori non dire t t a m e n t ep roduttivi, si possono considerare: “operai in procinto di pre n d e re il posto diun collega, riparatori di macchinari impegnati a individuare un guasto, addet-ti alla pulizia, port a o rdini di magazzino. Nessuno di questi dipendenti in re a l t àcontribuisce al plusvalore dell’auto e le aziende possono tro v a re altri modi perl’esecuzione di tali mansioni” (Womack et al., 1993: 88). Il sistema del just int i m e è stato dapprima sperimentato e messo a punto all’interno degli stabili-menti Toyota ma successivamente, a part i re dal 1963 (Ohno, 1993: 49), si ècominciato ad esportarlo all’esterno estendendone l’applicazione anche allerelazioni tra casa madre e imprese fornitrici.Il secondo pilastro dell’ohnismo è costituito dall’a u t o n o m a z i o n e. Il terminedesigna sia una part i c o l a re predisposizione dei macchinari (che vengonodotati di meccanismi automatici di autodiagnosi e di arresto meccanico incaso di funzionamento difettoso) sia uno specifico rapporto «uomo-mac-china» (cioè determinati dispositivi organizzativi e normativi diretti a gene-r a re strutturalmente l’intervento attivo dei lavoratori in presenza di anoma-lie produttive). L’autonomazione implica immediatamente il concetto del-l ’autoattivazione degli operai quali controllori e diretti responsabili del pro-dotto in processo di lavorazione: i lavoratori devono i n t e r v e n i re immedia-tamente e nel punto esatto della linea in cui si siano verificati eventuali fat-tori di criticità, passibili di alterare la continuità del flusso produttivo. Quin-di, da un lato, le macchine impiegate all’interno del processo di fabbrica-zione vengono dotate di congegni automatici che, in caso di anomalie, nedeterminano l’arresto immediato. Dall’altro, questo principio viene applica-to, oltre che ai macchinari, anche alle linee di produzione e ai lavoratori. Intermini concreti, ciò significa che se un lavoratore rileva un’anomalia devei n t e r v e n i re immediatamente e fermare la linea. L’autoattivazione è dire t t aa pre v e n i re la produzione di prodotti difettosi e a consentire l’individuazio-ne delle anomalie che si verificano sulla linea.In sostanza, con il termine di autonomazione (o autoattivazione) è designatauna part i c o l a re configurazione tecnico-organizzativa dell’apparato materialedi fabbrica che viene strutturato in maniera tale da permettere al sistemap roduttivo stesso di re t ro a g i re, in qualche modo, automaticamente, fisiologi-camente con l’a m b i e n t e. L’ a u t o re precisa che è necessario pro g e t t a re un di-spositivo di autoregolazione nel sistema, in modo tale che i mutamenti non

I “pilastri” organizzatividella lean production

I principi operatividell’ohnismo

15

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 15

Page 16: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

siano percepiti come tali, ma divengano automatici, “(...) è come dotareun’azienda delle capacità di reazione fornite al corpo umano dai riflessi”(1993: 69). Come analizza Coriat (1991), l’autonomazione riveste unruolo di estrema importanza poiché si tratta sia di congegni meccaniciinseriti nel cuore delle macchine sia di dispositivi organizzativi legati al-l’esecuzione del lavoro umano.In sintesi, entrambi i principi - just in time e autonomazione - si propongo-no di superare una serie di limiti strutturali tipici della produzione di mas-sa, ossia la presenza di ingenti scorte e magazzini e, quindi, di elevati co-sti di stoccaggio, la scarsa responsabilizzazione degli operai e la prolife-razione di errori di lavorazione a causa di un’organizzazione della produ-zione incapace di intervenire tempestivamente e trovare, perciò, una so-luzione ai difetti di produzione bloccandoli alla fonte: “Ed entrambi tenta-no di farlo attraverso un sostanziale riavvicinamento della funzione uma-na - del ruolo del lavoro vivo - al processo lavorativo; una sua più eviden-te ‘presa diretta’ con la concretezza del ciclo produttivo, che inverte, permolti versi, una tendenza che si riteneva irreversibile nella produzione in-dustriale” (Revelli, 1993: XVII-XVIII). Naturalmente, il raggiungimento di obiettivi di una simile portata non è af-fatto semplice. A questo punto è pertanto necessario analizzare attraver-so quali strumenti, quali tecniche e procedure gestionali viene perseguitala realizzazione dei due principi che stanno alla base del sistema di pro-duzione Toyota e, nel contempo, quali sono i prerequisiti che ne consen-tono l’operatività concreta.

I “pilastri” organizzatividella lean production

I principi operatividell’ohnismo

16

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 16

Page 17: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Linearizzazione e scomposizione cellulare del processoproduttivoIl perseguimento del tendenziale azzeramento delle scorte, in maniera ta-le da ridurre i costi di produzione e, quindi, favorire incrementi di produt-tività evitando di fare ricorso alle economie di scala tipiche della produ-zione fordista, si esprime strutturalmente nella linearizzazione del layoutdi fabbrica. In effetti, la logica intrinseca della nuova struttura di fabbricarisiede nella linearizzazione del processo produttivo, cioè in un sistema difabbricazione a “flusso monopezzo” (Shingo, 1985), orientato e guidatodal principio del just in time. Quest’ultimo implica la tendenziale realizza-zione degli obiettivi zero scorte e zero difetti, tanto dei componenti pro-venienti dall’esterno (dai fornitori), quanto di quelli in processo di lavora-zione lungo la linea, così da mantenere “teso” il flusso produttivo e ridur-re i costi determinati dal capitale circolante.Il just in time, il quale comporta una serie di complessi sincronismi tra i varisottosistemi che intervengono nel corso del processo produttivo, costituisceappunto il dispositivo ord i n a t o re del sistema l e a n complessivo: secondo ta-le principio è necessario che, sempre e in tutti i punti della linea di pro d u z i o-ne, le parti vengano prodotte nella quantità di fatto richiesta dalla successi-va fase di lavorazione. Attraverso tale meccanismo è possibile arrivare allatotale linearizzazione del flusso produttivo e operare in direzione della ridu-zione degli “sprechi”. Per sprechi bisogna intendere non solo quelli evidenticostituiti dagli scarti e dai prodotti difettosi, ma anche quelli più nascosti rap-p resentati per esempio da tempi morti d’attesa, trasporti inutili, pro d u z i o n inon subito richieste dal mercato e che conducono all’allestimento di magaz-zini superflui, con immobilizzo di capitali, spazi, impianti e manodopera sot-tratta da attività che creano valore aggiunto (Bonazzi, 1993). Si tratta, ap-punto, del tentativo di eliminare il più possibile qualsiasi ridondanza che ec-ceda il minimo necessario per il corretto fluire del processo produttivo, siache si tratti di scorte materiali, sia che si tratti di lavoratori.La lavorazione sequenziale di ogni singolo prodotto, che all’interno dellafabbrica fordista era limitata soltanto alle operazioni di assemblaggio fi-nale, viene ora estesa all’intero processo produttivo, inclusi i fornitori:“(…) la fabbricazione delle parti e l’assemblaggio vengono integrati in unprocesso sequenziale continuo, in cui le operazioni, sincronizzate attra-verso il bilanciamento del carico, seguono l’iter di fabbricazione del pro-dotto (‘zero scorte’)” (Pulignano, 1995: 14). I vantaggi che ne derivanosono molteplici: diminuzione dei tempi di risposta alle variazioni di merca-to, riduzione dei tempi di attraversamento del prodotto in formazione, deitempi di progettazione, decisione e allestimento, ecc.

I “pilastri” organizzatividella lean production

17

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 17

Page 18: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Come si può facilmente constatare, il sistema di produzione Toyota si muo-ve all’interno di una logica operativa diametralmente opposta rispetto a quel-la del sistema fordista. Quest’ultimo infatti si basava, fondamentalmente, sul-la produzione a lotti e, pertanto, sui vantaggi derivanti dalle economie di sca-la. L’ o rganizzazione funzionale della pro d u z i o n e5 e la fabbricazione di enor-mi quantità massificate di uno stesso prodotto, dirette a sostenere elevativolumi produttivi, favoriva però la creazione di magazzini e polmoni (ossia ri-serve di materiali, prodotti semilavorati, tempi e spazi lungo la linea di mon-taggio), i quali si traducevano necessariamente in incrementi nei costi di pro-duzione. Il sistema di produzione messo a punto da Ohno, invece, punta sul-lo snellimento dell’intero processo produttivo, sia per quanto riguarda lastruttura organizzativa interna all’azienda madre sia per quanto concerne ir a p p o rti con le imprese fornitrici, linearizzando il ciclo di fabbricazione e ope-rando attraverso l’integrazione sinergica con i fornitori stessi.Il rovescio della medaglia è dato dal fatto che un sistema produttivo così or-ganizzato presenta un’estrema fragilità strutturale. Il nuovo apparato pro d u t-tivo linearizzato, pur prevedendo e consentendo potenzialmente la massimaflessibilità dei risultati e la minimizzazione del tempo di attraversamento delp rodotto in formazione (cioè la realizzazione di elevati tassi di pro d u t t i v i t à ) ,implica nel contempo un’elevata vulnerabilità: ogni problema, imprevisto, di-sfunzione che si verifica in un punto qualsiasi del flusso produttivo tende ad i ffondersi sull’intera struttura. “Un fatto essenziale (…) è che i sistemi JIT ri-ducono al minimo le difese contro gli ‘incidenti’, accidentali o intenzionali,umani o tecnici” (Wilkinson e Oliver, 1990: p. 40).L’ambivalenza intrinseca del processo produttivo linearizzato è stata raf-figurata da Bonazzi (1993) con l’efficace metafora del tubo di cristallo. Ineffetti, descrivere la nuova organizzazione della produzione attraversol’immagine di una forma lineare semplice quale quella del tubo, significarichiamare alla mente concetti di essenzialità, agilità e rapidità di attraver-samento. Paradossalmente, però, la struttura del tubo evoca contempo-raneamente idee di rigidità e di precisione, infatti per perseguire la mas-sima flessibilità dei risultati è indispensabile rispettare alcune rigidità diprocesso. Al suo ingresso il tubo è potenzialmente aperto alla domandadel mercato, inoltre l’ordine in cui disporre il mix produttivo può essere ilpiù vario possibile, ma poi le pareti del tubo si presentano rigide. In altritermini, una volta deciso il mix, la sua sequenzialità deve essere rispetta-ta lungo tutta la linea fino all’uscita dal tubo. Inoltre, tempi morti, ricircolidi materiale e inversioni d’ordine sono problemi sistemici da prevenire e,nel caso in cui insorgano, rimuovere il più presto possibile.Le condizioni di fragilità della produzione, derivanti dalla concatenazio-

I “pilastri” organizzatividella lean production

Linearizzazione escomposizione cellularedel processo produttivo

18

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 18

Page 19: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

ne lineare “a flusso teso”, sono state aff rontate attraverso la cellulariz-zazione del processo produttivo, la flessibilizzazione del lavoro e pun-tando su pratiche manageriali di gestione delle risorse umane dirette ai n d u r re la responsabilizzazione e l’attivazione dei lavoratori nella re a l i z-zazione delle p e rf o r m a n c e s a s s e g n a t e .A fronte della rigidità del l a y o u t linearizzato è stata realizzata la scomposi-zione “cellulare ”6 del processo produttivo in t e a m di lavoro ai quali vieneassegnata la conduzione operativa di un segmento del processo di fabbri-cazione. Interconnesse tra loro secondo il principio del just in time, le va-rie cellule produttive sono relativamente autonome dal punto di vista ge-stionale, però devono garantire, attraverso un sinergico gioco di squadra,il continuo bilanciamento rispetto agli obiettivi prefissati dalla pro d u z i o n ep rogrammata. Concretamente, la realizzazione della logica funzionale deljust in time, ossia l’unificazione operativa tra i diversi segmenti nei quali èstato scomposto il processo di fabbricazione, è data dallo strumento or-ganizzativo che Ohno ha definito “sistema k a n b a n”, oltre che da una meti-colosa coordinazione e sincronizzazione delle operazioni di lavoro .La flessibilizzazione del lavoro si esprime nell’integrazione organica, all’inter-no dei t e a m, delle diverse funzioni, direttamente e indirettamente, collegateal processo di fabbricazione (attività manuale, logistica, manutenzione, con-t rollo di qualità, ecc.) e nella duttilità dei carichi e dei compiti di lavoro indivi-duali. Ciò si traduce nella versatilità funzionale e nella polivalenza dei lavora-tori - anche degli operai di linea - ai quali viene assegnato il compito di ope-r a re su più postazioni e ai quali vengono attribuite una serie di mansioni m o -dulabili e v a r i a b i l i (sia per la loro quantità e sia per la loro natura), il tutto orien-tato al continuo bilanciamento del flusso produttivo. In pratica, i lavoratori, ol-t re a dover essere in grado di sapere eff e t t u a re le mansioni di lavoro su di-verse postazioni, devono contemporaneamente svolgere un’ulteriore serie diattività non direttamente riconducibili all’attività di fabbricazione in sensos t retto (come la manutenzione ordinaria, la pulizia degli strumenti e della po-stazione di lavoro, l’attenzione ai “segnali deboli” di malfunzionamento dellemacchine e il controllo della qualità). Infine, i carichi di lavoro non sono rigi-damente stabiliti, ma flessibili così che i lavoratori “possano” aff ro n t a re tan-to le varianze produttive previste (ad esempio quelle legate al mix di fabbri-cazione), quanto le irregolarità non proceduralizzabili, attraverso pre s t a z i o n i“ s t r a o rdinarie” di orario, competenze e carichi di lavoro .In effetti, l’unica risorsa della quale la nuova struttura organizzativa non fa,ne potrebbe fare, economia è costituita dalla polifunzionalità, dalle generichecompetenze e dalla disponibilità (nel senso di possibilità d’utilizzo) dei lavora-tori; in altri termini dalla loro autoattivazione per l’emergenza della quale as-

I “pilastri” organizzatividella lean production

Linearizzazione escomposizione cellularedel processo produttivo

19

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 19

Page 20: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

sume un ruolo di primaria importanza il dispositivo organizzativo del lavoroin t e a m. L’autoattivazione costituisce uno dei principali fattori di flessibilitàdel sistema, in grado di garantire il corretto e ininterrotto dispiegarsi di unp rocesso produttivo che, a diff e renza di quello fordista, si presenta privo di“ reti di salvataggio” (Bonazzi, 1993). Come sostengono Womack, Jones eRoos ne La macchina che ha cambiato il mondo, “(…) per poter funzionareun sistema snello senza pecche – senza barriere di sicurezza – è indispen-sabile che ogni operaio ce la metta tutta. Con la produzione snella la sempli-ce esecuzione delle operazioni con la testa china e la mente altrove porta inf retta al disastro” (1993: 116). Ciò non significa che l’azienda faccia aff i d a-mento sulla libera volontà partecipativa dei lavoratori rispetto agli obiettivimanageriali, ma che tale partecipazione attiva viene indotta e, in qualche mo-do, anche integrata e formalizzata all’interno dei nuovi compiti e delle man-sioni assegnate agli operai (basti infatti considerare la natura prescrittiva distrumenti quali quello della certificazione di qualità, della manutenzione di ba-se e della pulizia degli strumenti e della postazione di lavoro ) .

I “pilastri” organizzatividella lean production

Linearizzazione escomposizione cellularedel processo produttivo

20

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 20

Page 21: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

La sincronizzazione e il livellamento del flusso produttivoIl dispositivo organizzativo del k a n b a n è stato definito da Coriat come “la più im -p o rtante innovazione organizzativa della seconda metà del secolo” (1991: 51).Inventato da Ohno, il k a n b a n costituisce il dispositivo per re a l i z z a re il princi-pio operativo del just in time. Dal punto di vista materiale, è costituito da unfoglio di carta contenuto in un involucro di vinile e recante una serie di infor-m a z i o n i7, ma anche da segnali luminosi e sonori che servono a contro l l a reil rispetto dei tempi di lavoro e di consegna previsti. In termini operativi, sitratta di un meccanismo di gestione della produzione che configura una for-ma di comunicazione introdotta per re a l i z z a re il just in t i m e. Il criterio fondamentale che presiede all’utilizzazione del k a n b a n consiste inun’inversione del modo in cui tradizionalmente viene concepito il flusso delp rocesso produttivo: “Solitamente la produzione è concepita come un flus-so che va da ‘monte’ a ‘valle’, dalle stazioni iniziali fino ai montaggi finali, for-mando il corpo dell’automobile. Ma se rovesciamo il punto d’osservazione,possiamo concepire il processo produttivo come un’operazione di pre l i e v oche, partendo da ‘valle’, va a ‘monte’ per pre n d e re solo i pezzi necessari esolo nel momento in cui ce n’è bisogno” (Ohno, 1993: 9). In questo senso,le stazioni di lavoro iniziali (poste a monte) sono tenute a pro d u r re soltanto i“ p e z z i ”8 che effettivamente vengono prelevati dalle stazioni di lavoro succes-sive (poste a valle), le quali trasmettono le proprie necessità proprio attraver-so il metodo di comunicazione definito dal k a n b a n.Accanto e parallelamente al flusso reale della produzione (che va da “mon-te” a “valle”) si viene, quindi, ad aff i a n c a re un flusso informativo che si muo-ve in direzione inversa e che, partendo dall’ultima cellula di lavoro, detta pro-g ressivamente a tutte le stazioni poste a monte la produzione di quanto ès t rettamente necessario (zero scorte e zero difetti) e nei tempi stabiliti (livel-lamento e saturazione della pro d u z i o n e )9. In termini concreti, l’interc o n n e s-sione operativa tra le diverse cellule di lavoro avviene attraverso un comples-so sistema di comunicazione che, accompagnando o segnalando i movimen-ti del prodotto in processo di lavorazione e del materiale di componentistica,trasmette il tipo di operazioni da svolgere e la quantità di “pezzi” che devee s s e re inviata alla - cioè che viene richiesta dalla - cellula produttiva succes-siva (posta a valle). Una qualsiasi interruzione in un punto della catena pro-duttiva determina automaticamente l’arresto della produzione, non solo a val-le ma anche a monte del processo (in quanto non ha luogo il “prelievo”): “Laregolazione della produzione pertanto avviene attraverso aggiustamenti ab reve alla situazione del successivo processo, oltre che alla situazione dellevendite sul mercato. Ciò richiede rapidi aggiustamenti dei ‘programmi di pro-duzione’ di ogni processo precedente” (Jürgens, 1988: 18).

I “pilastri” organizzatividella lean production

21

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 21

Page 22: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Ma vediamo in dettaglio quali sono, secondo Ohno, le principali funzioni eregole d’utilizzo del kanban. In primo luogo, il kanban opera come buonodi prelievo o di trasferimento: il lavoratore della stazione ‘a valle’ si recaalla stazione ‘a monte’ per prelevare il numero di pezzi indicati dal kan -ban. Questa costituisce la regola fondamentale del sistema che, comeabbiamo visto in precedenza, implica che il processo produttivo “succes-sivo” deve risalire verso quello immediatamente precedente per preleva-re i pezzi di cui ha bisogno. In secondo luogo, il prelievo dei “pezzi” daparte del segmento produttivo successivo costituisce un “vuoto” che “or-dina” lavoro a quello a monte (viene così realizzato il principio delle “zeroscorte”): “Poiché un kanban si muove sempre con le merci utilizzate, es-so diventa un ordine di lavoro per ogni processo produttivo. In questo mo-do un kanban previene la sovrapproduzione, il fenomeno che rappresen-ta la perdita maggiore per un’industria” (Ohno, 1993: 61).In sostanza, il kanban opera come ordine di lavoro, e ciò si traduce nelfatto che il segmento produttivo precedente deve fabbricare i pezzi nellaquantità indicata dal cartellino, ossia deve produrre esattamente la quan-tità di “merci” prelevata dal processo produttivo successivo, nel tempo in-dicato e rispettando i parametri qualitativi stabiliti. Altra regola fondamen-tale è, infatti, quella che prescrive di non consegnare nulla di difettoso alprocesso , alla stazione di lavoro successiva. Questa viene resa esecuti-va da un sistema informativo diffuso e capillare che svela “automatica-mente” i difetti di produzione e le disfunzioni operative che si generano inqualsiasi segmento del ciclo produttivo. Poiché in un sistema di produzio-ne just in time non c’è virtualmente nessuno stoccaggio, diventa impossi-bile sostituire un pezzo difettoso con uno di scorta, ragion per cui qual-siasi anomalia rilevata da un segmento produttivo a valle che sia stata ge-nerata dal segmento produttivo precedente si traduce in un arresto dellalinea che richiede di intervenire immediatamente. Infatti, l’applicazione or-todossa della nuova logica produttiva prevede che se il processo a mon-te fornisce pezzi difettosi, il processo a valle, rilevando immediatamentela disfunzione in atto, deve arrestare la linea e comunicare l’anomalia allastazione di lavoro precedente.In sintesi, attraverso il dispositivo operativo del kanban, supportato daun’accurata programmazione della produzione e da un capillare monito-raggio del processo, il sistema Toyota realizza un’efficace sincronizzazio-ne ed un apparente livellamento “automatico” del processo produttivolean (o flusso snello). Ciò ha condotto Ohno a concludere che alla Toyotail kanban controlla il flusso delle merci, cioè la produzione di un’impresache fattura più di 4,8 miliardi all’anno.

I “pilastri” organizzatividella lean production

La sincronizzazione e illivellamento del flusso

produttivo

22

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 22

Page 23: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Teamwork, autoattivazione e controlloAll’interno del sistema di produzione Toyota, il dispositivo organizzativo fonda-mentale che definisce l’a u t o a t t i v a z i o n e è dato dall’organizzazione del lavoro int e a m, o meglio, come lo definisce lo stesso Ohno, dal l a v o ro di squadra. Ilteam costituisce il contesto operativo e lo spazio sociale all’interno del qualeviene indotta e si manifesta l’autoattivazione dei lavoratori. Del resto, sonop roprio le squadre di lavoro (unificate e integrate re c i p rocamente tramite ilk a n b a n) che, per mezzo dell’azione sinergica e armonica (il “gioco di squa-dra”, appunto) dei lavoratori che le compongono, devono operativamente ga-r a n t i re il continuo livellamento/bilanciamento del processo produttivo. Di fat-to, all’interno della nuova struttura di fabbrica, caratterizzata dalla linearizza-zione e cellularizzazione del flusso produttivo, non sono più i lavoratori consi-derati singolarmente a funzionare da ingranaggi del sistema - come avvenivacon il fordismo - ma i t e a m di lavoro (Womack et al., 1993; Rinehart et al,1997; Fiocco, 1997 e 2001; Freyssenet, 1998; Sewell, 1998; Rizza, 2000).Dal punto di vista operativo, il t e a m costituisce un’unità di lavoro deputata ap o rt a re a termine in maniera relativamente autonoma, grazie al coord i n a m e n-to e alla direzione del proprio team leader, la produzione programmata di spe-cifici segmenti del processo di fabbricazione. Naturalmente, ciò implica il de-centramento dei poteri decisionali, una delega di responsabilità e una re l a t i v aautonomia gestionale (“autonomia controllata”) dei team leader su come rag-g i u n g e re, ed eventualmente migliorare, gli obiettivi prefissati dall’alto. A questor i g u a rdo, le capacità professionali dei componenti della squadra, in genere, so-no tali da ricoprire integralmente le principali funzioni necessarie alle esigenzeoperative dello specifico segmento produttivo di appart e n e n z a .L’ o rganizzazione è strutturata in maniera tale da pre v e d e re la presenza dire t-ta, sulla linea, anche di alcune figure specialistiche (tecnologi, manutentori,ecc.), che nella fabbrica fordista erano relegate negli uffici. Dal canto loro ,gli addetti di linea, oltre a svolgere le tradizionali attività manuali di fabbrica-zione, devono eff e t t u a re un’ulteriore serie di operazioni tradizionalmente ap-p a rtenenti a funzioni di s t a ff, come il controllo di qualità, la manutenzione or-dinaria degli strumenti di lavoro, la prevenzione di guasti tecnici, il p ro b l e ms o l v i n g. Gli operai presentano caratteristiche di polivalenza esecutiva inquanto, per il principio della rotazione, devono essere in grado di operare sud i ff e renti postazioni di lavoro. Queste ultime, così come i carichi di lavoroindividuali, non presentano confini rigidamente definiti (flessibilità dellemansioni e del tempo individuale di lavoro): “Le fro n t i e re tra posti e isoledi lavoro sono mantenute costantemente in una situazione ‘virtuale’ e so-no trasgredibili in permanenza da uno o più lavoratori inizialmente asse-gnati ad un insieme di mansioni preliminarmente determinate. (...) In que-

I “pilastri” organizzatividella lean production

23

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 23

Page 24: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

sto senso, l’organizzazione linearizzata materializza una forma di divisionedel lavoro in mansioni, il cui carattere centrale è di essere delle mansioni‘ r i p a rtibili’, e sempre ridistribuibili.” (Coriat, 1991: 68).Il taylorismo mirava a definire degli standard operativi rigidamente pro c e d u r a l i z-zati e universalmente validi per tutti i lavoratori. L’ohnismo, invece, riconoscen-do la presenza imprescindibile delle diff e renze individuali, punta al raggiungimen-to degli obiettivi produttivi programmati attraverso il lavoro di squadra: in tal mo-do, anche le disparità individuali (fisiche e mentali) di prestazione, ma soprattut-to eventuali criticità produttive possono essere assorbite dal supporto e dall’a-zione coordinata di tutti i membri del t e a m.Al contrario della metafora tradizionale rappresentata dallo stile gerarchico mili-t a re e dalla catena del comando, oggi i w o r k t e a m vengono solitamente descrit-ti grazie al parallelo con il mondo dello sport (Neumann et al., 1995: 26). E’ sta-to lo stesso Ohno a intro d u r re la metafora del b a s e b a l l e della staffetta per spie-g a re le sinergie cooperative del lavoro di squadra. “Nel lavoro, come nello sport ,è auspicabile che i membri della squadra lavorino con la stessa forza. Nellarealtà questo non è sempre possibile, in part i c o l a re con i nuovi assunti che han-no una scarsa esperienza di lavoro. Alla Toyota il lavoro viene totalmente ese-guito nello spirito del passaggio del testimone, un sistema che chiamiamo ‘cam-pagna di mutua assistenza’. L’adesione di tutti a questo movimento fornisce laf o rza per cre a re una squadra di lavoro migliore”. (Ohno, 1993: 39).Questo principio operativo si traduce, come già sottolineato, in un’org a n i z z a-zione del lavoro contraddistinta da mansioni modulabili e variabili: tra le man-sioni linearmente e funzionalmente interconnesse, non esistono rigide delimi-tazioni operative, ma confini fluidi, flessibili.I “pezzi” dovre b b e ro passare da un lavoratore all’altro proprio come il te-stimone di una staffetta d’atletica. Inoltre, se un lavoratore collocato ‘a val-le’ è in ritardo per un qualsivoglia motivo, gli altri possono, anzi devono aiu-tarlo a re c u p e r a re il tempo perduto. Poi, nel momento in cui il pro c e s s op roduttivo tornerà a scorre re normalmente, quel lavoratore dovrà r i p re n -d e re il testimone e ognuno potrà tornare alla propria postazione. Essereabili nel passaggio del testimone per i lavoratori significa riuscire a rag-g i u n g e re l’armonia del lavoro di squadra grazie al coordinamento delle pro-prie azioni re c i p roche lungo la catena di pro d u z i o n e .In definitiva, l’autoattivazione può essere ricondotta alla costante attenzione,da parte dei lavoratori, nello svolgere correttamente i propri compiti più omeno standardizzati; organicamente integrati con quelli dei compagni di la-v o ro, così da garantire “automaticamente” il bilanciamento del flusso di fab-bricazione rispettando i volumi produttivi programmati. Perciò, il compito diun supervisore (dal capo squadra fino al dire t t o re) è quello di far sì che i la-

I “pilastri” organizzatividella lean production

Teamwork, autoattivazione e controllo

24

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 24

Page 25: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

voratori rispettino gli standard prescritti, fornendo loro le istruzioni e le cono-scenze necessarie allo scopo. La prestazione del singolo, normativamenteintegrata nelle mansioni e nelle postazioni, deve essere coerentemente rivol-ta alla prestazione organica dell’intera squadra di lavoro. Per continuare nel-l’analogia, possiamo dire che, così come in una squadra di calcio con undi-ci giocatori, la vittoria o la sconfitta risultano dalla prestazione dell’interot e a m (e non semplicemente dalla presenza o meno di uno o due fuoriclas-se), allo stesso modo anche l’attività produttiva necessita del lavoro di squa-dra, in quanto “(...) fondamentale non è il modo in cui molti pezzi vengano la-vorati da un singolo operaio, bensì come molti prodotti siano completati dal-la linea nella sua interezza” (Ohno, 1993: 36-37).Il pre requisito strutturale di base affinché i lavoratori possano operare inmaniera sinergica risiede nell’evitare di cre a re “isole isolate”, cioè postazio-ni di lavoro re c i p rocamente separate. In tal modo si dà vita ad un ambien-te organizzativo e sociale favorevole all’agire di concerto, cioè si creano lecondizioni materiali adeguate al lavoro di squadra e, per di più, si rende pos-sibile una riduzione della manodopera impiegata. Questa, come dichiara lostesso Ohno, rappresenta una delle “idee-forza” del sistema di pro d u z i o n eToyota. Nel glossario dei termini principali utilizzati all’interno de Lo spiritoTo y o t a, posto nelle ultime pagine del libro, Ohno definisce tale principio neitermini che seguono: “Se i lavoratori sono troppo lontani l’uno dall’altro, nonpossono aiutarsi re c i p rocamente, si producono disfunzioni e la pro d u t t i v i t àne risente negativamente. Ma se le funzioni lavorative sono combinate at-traverso linee multifunzionali e se la distribuzione del lavoro e delle posta-zioni sono studiate correttamente, allora l’organizzazione del lavoro puòr a g g i u n g e re la massima efficienza; i lavoratori possono cooperare tra loroe il loro numero può essere ridotto” (1993: 164).E’ compito dei team leader r i u s c i re a valorizzare le capacità lavorative indivi-duali di ciascun componente del t e a m integrandole in una “tattica collettiva”o rganicamente coord i n a t a10 e a gestire il t e a m in modo da favorire l’interio-rizzazione e la condivisione, da parte dei lavoratori, degli obiettivi dell’impre-sa. In sostanza, occorre integrare complessivamente le capacità pro d u t t i v e ,fisiche, cognitive e relazionali possedute da tutti gli addetti presenti all’inter-no del t e a m, così da permettere un utilizzo efficace di tutte le potenzialità (ele informazioni) disponibili localmente. Per re a l i z z a re la sinergia del t e a m, ic o m p o rtamenti fattuali di ciascun lavoratore devono aderire costantementealla logica del lavoro di squadra. In tal modo, tutti saranno coinvolti armoni-camente nel perseguimento di quello che viene definito il “comune obiettivo”.Far sì che ciò avvenga è il compito basilare di ogni buon dirigente, “(...) per-ché in un sistema di produzione autoattivato il «controllo a vista» permette di

I “pilastri” organizzatividella lean production

Teamwork, autoattivazione e controllo

25

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 25

Page 26: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

i n d i v i d u a re i punti deboli di ogni settore, rendendoli trasparenti, palesi e chia-ri a ciascun lavoratore: in questo modo tutti saranno coinvolti armonicamen-te nel raggiungimento del comune obiettivo” (Ohno, 1993: 13-14).Quest’ultima citazione di Ohno ci permette di evidenziare un’altra caratteristicafondamentale, o meglio uno dei meccanismi strutturali di comando sul lavorodell’ohnismo: il “controllo a vista”. Effettivamente, grazie all’adozione dei princi-pi operativi proposti da Ohno, è possibile re a l i z z a re un controllo visivo pervasi-vo e costante su tutto quel che accade all’interno dell’impianto. Operare secon-do la logica del just in time significa port a re immediatamente alla luce l’eventua-le presenza, lungo la linea, di s t o c k e “ridondanze” (di materiali e lavoratori).Contemporaneamente, la presenza di un sistema capillare di monitoraggioe l e t t ronico dell’intero ciclo di produzione, in grado di comunicare immediata-mente eventuali disfunzioni operative, garantisce un presidio costante - e intempo reale - di ogni fase del processo produttivo. Si consideri, ad esempio,lo strumento visivo dell’a n d o n o le sirene che avvertono tempestivamente ils o p r a g g i u n g e re di una disfunzione. L’a n d o n non è altro che un d i s p l a y l u m i-noso che informa, in maniera capillare, sullo stato di funzionamento della li-nea e sui problemi che eventualmente vi si producono. Secondo la definizio-ne di Ohno: “L’andon è uno strumento di controllo visivo diretto sul pro c e s-so produttivo, utilizzato per fermare la linea in caso d’anomalia. Quando tut-to procede bene è accesa una luce verde. Quando il lavoratore vuole appor-t a re qualche correzione alla linea e ha bisogno d’aiuto, s’accende la luce gial-la. Se è necessario fermare la linea per risolvere un problema, si accende laluce rossa. I lavoratori sono incoraggiati a non esitare a fermare la linea incaso di necessità; e questo è il miglior modo per assicurare che tutte le ope-razioni vengano eseguite correttamente” (Ohno, 1993: 163).E’ la visibilità strutturale di tutto il processo produttivo che rende possibileil monitoraggio capillare e costante del lavoro tramite le nuove tecnologieinformatiche applicate alla produzione, a permettere il perseguimento delprincipio dell’innovazione e del miglioramento continuo. Il “controllo visivo”rileva “in corso d’opera”, vale a dire mentre il flusso di fabbricazione si di-spiega concretamente, la presenza di difetti nella qualità del prodotto e lacorrispondenza, o meno, tra i piani di produzione e il processo re a l e .In pratica, il sistema Toyota prevede un controllo visivo diretto sull’interop rocesso produttivo. Gli standard operativi devono essere evidenziati all’in-terno di ogni stazione lavorativa, di modo che basta alzare lo sguardo perc o g l i e re le segnalazioni fornite dall’a n d o n. Del resto, poiché è strutturalmen-te e operativamente prevista l’autoattivazione dei lavoratori, ogni segnala-zione di disfunzione deve essere direttamente aff rontata e, ove possibile, ri-solta dai lavoratori presenti sulla linea.

I “pilastri” organizzatividella lean production

Teamwork, autoattivazione e controllo

26

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 26

Page 27: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

La flessibilità strutturale della fabbrica ohnistaIn questo capitolo, fondamentalmente attraverso la descrizione fornitadal loro stesso ideatore, abbiamo analizzato i principi operativi di basedel sistema di produzione Toyota e alcune peculiarità che ne caratteriz-zano il funzionamento concre t o .E’ emerso come la logica di fondo alla quale risponde l’ohnismo sia diversada quella portata avanti dal taylorismo. Infatti, mentre la struttura dell’impian-to fordista si può raff i g u r a re come una fabbrica “grassa”, satura di s t o c k,magazzini e personale in “eccesso” (soprattutto per quel che concerne lamanodopera indiretta), la fabbrica ohnista può essere rappresentata con ilconcetto di officina “minima”, fabbrica “snella”11, caratterizzata dall’incessan-te perseguimento degli obiettivi congiunti di z e ro scort e e z e ro difetti. Ta l ea p p roccio “(...) comporta un sistema di verifica immediata dei problemi tec-n i c o - p roduttivi, degli sprechi, dei tempi morti, e uno sforzo per estirparli dal-le radici, affinché non ricorrano nuovamente” (Ambrosini, 1998: 89).L’obiettivo dell’incremento della produttività non viene più essenzialmen-te perseguito con la produzione a lotti di singoli pezzi (economie di sca-la), ma tramite l’incessante riduzione dei costi di produzione via tenden-ziale rimozione degli “sprechi” e delle risorse “ridondanti” (eliminazionedelle scorte e dei lavoratori non direttamente produttivi che non deter-minano incrementi del valore aggiunto1 2) .La flessibilità del sistema di produzione Toyota viene garantita, strutturalmen-te, dalla scomposizione cellulare del flusso produttivo linearizzato unificatovia k a n b a n e, operativamente, da una forma di gestione che riproduce, su-perando le resistenze immediate dei lavoratori, il potenziale sinergico del la-v o ro in t e a m. E’ compito dei team leader far operare la cellula produttiva inmaniera sinergica, sfruttando e coordinando in maniera armoniosa il lavoroe le capacità dei suoi componenti e inducendo processi di autoattivazione,c o n t rollo sociale re c i p roco e autocontrollo. Il team leader fa generalmentep a rte della gerarchia ufficiale della fabbrica, anche se in alcuni casi, come inGermania alla Volkswagen, sono gli operai di linea che alternativamente as-sumono il ruolo di l e a d e r. Comunque, quello che si può generalmente osser-v a re è una diminuzione dei livelli gerarchici ufficiali e una gestione del perso-nale orientata all’Human Resource Management.Infine, dal punto di vista dei dispositivi strutturali di comando sul lavoro, è ne-cessario sottolineare l’importanza centrale rivestita dal meccanismo della ge-stione a vista. Infatti, grazie a quest’ultimo, da un lato, viene garantita l’interc o n-nessione delle diverse cellule produttive e, dall’altro, viene operato un costan-te monitoraggio del processo in grado di rilevare ogni possibile disfunzione.In conclusione, possiamo aff e r m a re che, coniugando il principio dell’autoat-

I “pilastri” organizzatividella lean production

27

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 27

Page 28: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

tivazione nel lavoro in t e a m e il metodo di gestione con gli occhi, la fabbricasnella diventa trasparente e flessibile, dove la trasparenza assicura e re g o l ail flusso produttivo e la flessibilità del team ne assicura il mantenimento.

3 Neologismo attraverso il quale Coriat definisce il sistema di produzione Toyota in quanto, analo-gamente a quanto avvenne in passato con il termine di Taylorismo, “(...) presenta il vantaggio di as-s o c i a re chiaramente le innovazioni essenziali introdotte dalla scuola giapponese al nome di colui chefu senza dubbio all’origine dei più importanti contributi della nuova scuola” (Coriat, 1991: 13).

4 Il conio della definizione risale al 1988, nel momento in cui un gruppo di ricerca del MIT, e in par-t i c o l a re John Krafcik, ha concettualizzato il sistema di produzione giapponese come “pro d u z i o n esnella”, termine che secondo gli autori sottolinea il tratto essenziale del sistema stesso, ossia il prin-cipio guida di “fare economia di tutto” (risorse materiali e umane, spazi e tempi di lavorazione, ecc.).

5 La fabbrica fordista tradizionale è organizzativamente strutturata in re p a rti distinti e separati gli unidagli altri, al cui interno i lavoratori operano su macchine che svolgono una stessa funzione e dovesi produce a lotti. Il solo settore in cui si produce a flusso continuo è costituito dal montaggio finale.

6 Come scrive Fiocco, dalla quale traiamo il concetto: “Il termine cellularizzazione è (...) posto insostituzione di quello comunemente usato di segmentazione. Se si considera il duplice senso se-mantico del termine c e l l, quello di cella/prigione e di cella/cellula, esso ci permette di cogliere con-temporaneamente la determinazione di potere mediata dalla prima accezione e la integrazione la-vorativa mediata dalla seconda” (1998b: 1)

7 “ Tale scheda contiene delle informazioni che si possono essenzialmente riassumere in due for-mule: ‘quanto e cosa pre l e v a re’ e ‘come costruire cosa’. La prima, in concordanza con il sistema j u -st in time, dà le informazioni che permettono alle postazioni a valle di pre l e v a re dalle postazioni amonte la quantità di pezzi necessari. La seconda indica le operazioni da eseguire e la tipologia dipezzi da inviare al processo successivo. Il K a n b a n funziona, quindi, sia come modulo d’ordine checome notifica di consegna” (Commisso, 1999: 37).

8 In questo contesto analitico, il termine “pezzi” designa un qualunque semilavorato, ovvero qual-siasi “prodotto in produzione”, quale, ad esempio, una scocca che sta attraversando un punto qua-lunque della linea e sulla quale vengono eseguite le operazioni, oppure il montaggio dei componen-ti previsti in quel determinato tratto di linea.

9 “Si parte dalla linea d’assemblaggio finale che fornisce il piano produttivo, individua i modelli diauto desiderati, le loro caratteristiche, i loro dati. Da questo punto di partenza il flusso dei materia-li è capovolto. Per fornire il materiale per l’assemblaggio, l’ordine parte dal processo finale in dire-zione di quello iniziale, per andare a pre l e v a re solo le componenti strettamente necessarie” (Ohno,1993: 9).

10 Attraverso un’analogia con il b a s e b a l l Ohno dice che: “I dirigenti e i capi di un impianto industria-le sono come il dire t t o re sportivo e gli allenatori di battuta, base e rinvio. Una grande squadra sav a l o r i z z a re i talenti individuali di ciascun elemento attraverso una giusta tattica collettiva ben coor-dinata. Una squadra produttiva che ha ben appreso le tecniche del just in time è come una squadradi baseball bene amalgamata” (1993: 13).

11 Come dice Coriat: “La fabbrica ohnista si contrappone così alla fabbrica fordista, che può percontrasto essere qualificata come una fabbrica ‘grassa’. La sua flessibilità estremamente limitata di-pende infatti da questo ‘grasso’ costantemente accumulato lungo le linee di produzione, nei magaz-zini e nei depositi e che viene rialimentato in permanenza dalla produzione di serie e dal logoro pa-radigma della produttività secondo il quale è la velocità d’esecuzione del singolo operaio al suo po-sto di lavoro che determina l’efficienza globale del sistema” (Coriat, 1991: 28-29).

12 “ L’eliminazione dei lavoratori che non producono valore aggiunto rientra a sua volta nel pro g r a m-ma di eliminazione dello spreco e quindi nella pratica del miglioramento continuo a cui sono solleci-tati a collaborare gli stessi dipendenti” (Bonazzi, 1993: 29).

I “pilastri” organizzatividella lean production

La flessibilità strutturaledella fabbrica ohnista

28

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 28

Page 29: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

PremessaIl processo di razionalizzazione tecnologica e organizzativa del settore auto-mobilistico occidentale, che ha preso avvio negli anni Settanta, si è pro g re s-sivamente concretizzato in una riorganizzazione produttiva e sociale che po-t remmo definire di natura paradigmatica, segnando il passaggio dai sistemip roduttivi basati sulla produzione di massa a quelli fondati sulla cosiddettap roduzione post-fordista. Senza entrare nel merito delle specifiche traietto-rie di ristrutturazione messe in opera dalle varie imprese automobilisticheper superare la crisi, è possibile parlare di una generalizzata e crescente ri-c e rca di flessibilità del sistema produttivo da realizzarsi attraverso tre stra-tegie principali: decentramento produttivo, automazione flessibile e speri-mentazioni di riorganizzazione del lavoro. Evidentemente, non si è trattato diun processo graduale né, tanto meno, lineare, bensì di un percorso andatoavanti per sperimentazioni successive che hanno infine condotto ad un’org a-nizzazione del lavoro fondata sui principi dell’ohnismo.L’analisi della natura del mutamento in atto è caratterizzata dalla presenza didiversi approcci interpretativi, spesso contrastanti, determinati anche dall’e-vidente difficoltà nel riuscire a leggere una dinamica di trasformazione estre-mamente complessa e ancora in corso di svolgimento. Procedendo a gran-di linee, ad un estremo è possibile individuare un insieme di interpre t a z i o n i(Dohse et al., 1988; Rieser, 1996) che, tendendo a sottolineare in manierap recipua gli aspetti di continuità con il fordismo, rischia di perd e re di vistaquelli che sono gli elementi innovativi, di rottura che caratterizzano la nuovastruttura organizzativa di fabbrica. All’estremo opposto è, invece, possibiler i l e v a re un approccio che individua nelle rinnovate politiche di gestione dellerisorse umane un mutamento epocale nel rapporto tra m a n a g e m e n t e lavo-ratori, giungendo addirittura a sostenere, in alcuni casi, che si stia assisten-do ad un processo di umanizzazione del lavoro e di superamento della sepa-razione tra concezione ed esecuzione del lavoro (Ouchi, 1982; Kern e Schu-mann, 1984; Piore e Sabel, 1987; De Terssac, 1993).Data la vastità e la complessità della letteratura esistente sul tema, in que-sto capitolo ci limiteremo ad un’analisi sommaria di quelle che, a nostro pa-re re, costituiscono alcune tra le principali interpretazioni del sistema di pro-duzione post-fordista, al fine di re n d e re esplicita la posizione teorica che staalla base della nostra ricerca sulla Fiat.

Il post-fordismonell’industria automobilistica

29

II - Il post-fordismo nell’industria automobilistica

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 29

Page 30: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Crisi del fordismo e ristrutturazione organizzativa: la“ s c o p e rta” occidentale del sistema di produzione giapponeseTra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, di fronte al ma-turare della crisi del sistema produttivo fordista, ai processi di razionaliz-zazione organizzativa avviati dalle case automobilistiche occidentali ed al-l’elevato grado di competitività palesato dalla concorrenza giapponese, siè avviato un intenso dibattito teorico sui possibili sviluppi futuri dei pro-cessi di riorganizzazione in atto.In questa prima fase, l’ipotesi di un possibile processo di imitazione dellei m p rese giapponesi da parte delle aziende occidentali è stata soventes c a rtata a priori. Ciò perché la superiorità competitiva delle prime è statageneralmente attribuita, non tanto ad una diversa organizzazione della pro-duzione, quanto a fattori esterni (culturali, istituzionali, ecc.) e, pert a n t o ,impossibili da ripro d u r re all’interno delle società occidentali. Si sono, inve-ce, sviluppate una serie di teorizzazioni dirette a sostenere una possibilespecificità europea di superamento dell’organizzazione ford i s t a - t a y l o r i s t adella produzione. Ci riferiamo, in part i c o l a re, alla teoria della s p e c i a l i z z a -zione flessibile, i cui massimi esponenti sono Piore e Sabel (1987), e alm o d e l l o n e o - a rt i g i a n a l e, sviluppato da Kern e Schumann (1984) e da Sor-ge e Streek (1988), ma le cui origini remote possono essere fatte risalirea l l ’ a p p roccio socio-tecnico del Tavistock Institute di Londra.In ogni caso, nel corso degli anni Ottanta, l’attenzione accademica e mana-geriale è stata catturata dal successo manifestato dai t r a n s p l a n t a u t o m o b i l i-stici giapponesi impiantati in alcuni paesi occidentali (Stati Uniti e Gran Bre-tagna in primo luogo). Si è, così, andata via via sviluppando una vasta lette-ratura sul sistema di produzione nipponico, che potremmo definire di naturamotivazionale. In pratica, a questo punto la superiorità concorrenziale delleaziende giapponesi non è stata più ricondotta ad elementi culturali caratteri-stici del Sol Levante, quanto piuttosto agli strumenti manageriali messi in at-to dalle imprese giapponesi nella gestione del personale: pratiche e mecca-nismi diretti ad esaltare il potenziale creativo, intellettivo e part e c i p a t i v o d e ilavoratori (quale risorsa fondamentale per il successo dell’azienda).Nella prospettiva motivazionalista, in Giappone la presenza di un clima azien-dale stimolante e pacificato consentirebbe la realizzazione di una sorta di fu-sione tra gli obiettivi dell’impresa e i bisogni dei lavoratori (Muramatsu et al.,1987). Lo stesso Monden (1986) riprende le tesi motivazionaliste nel mo-mento in cui scrive che è proprio il “rispetto della persona”, presente all’in-terno delle fabbriche nipponiche, a permettere di indirizzare l’attività e lee n e rgie umane verso azioni efficaci e ricche di significato, favorendo quindil’eliminazione delle operazioni inutili. Al sistema produttivo fordista maturo, di

Il post-fordismonell’industria automobilistica

30

libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 30

Page 31: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

matrice Occidentale, caratterizzato da un massiccio impiego della tecnolo-gia e delle macchine, viene contrapposto un modello ideale giapponese fon-dantesi sul primato dell’uomo, sui suoi bisogni sociali e individuali, sull’auto-nomia e sulla partecipazione consensuale dei lavoratori ai fini dell’impre s a(Aouki, 1991). Nel sostenere una tale interpretazione viene implicitamenteassecondata anche l’idea dell’esportabilità dello stile gestionale giapponeseall’interno di contesti sociali diff e renti da quello originario.Sulla base di queste analisi, il sistema di produzione giapponese è statoquindi sostanzialmente presentato in termini di nuova filosofia manageria-le partecipativa, accompagnata da un ampio ventaglio di tecniche e stru-menti atti a valorizzare il ruolo svolto dai lavoratori, o meglio dalle “risor-se umane”. Nel contempo, le imprese occidentali, soprattutto quelle ame-ricane, hanno cominciato ad adottare alcuni principi giapponesi di gestio-ne del personale e organizzazione della produzione. Come scrive Volpa-to, questa fase è concretamente rappresentata dal tentativo di introdurredei singoli elementi del sistema produttivo giapponese “(...) ad esempio icircoli di qualità, i sistemi dei suggerimenti, la riorganizzazione e la con-centrazione dei fornitori. Elementi gestiti però in un’ottica ancora da pro-duzione di massa, dal momento che l’assetto generale della struttura or-ganizzativa non viene intaccato” (1996: 252).Sarà soltanto nel corso della seconda metà degli anni Ottanta che le analisidi studiosi e consulenti aziendali, superando la parzialità sia dell’appro c c i oculturalista sia di quello motivazionalista, interpreteranno il successo concor-renziale delle imprese giapponesi alla luce delle caratteristiche org a n i z z a t i v ee gestionali del processo produttivo in quanto sistema organico ed integra-to di produzione, alternativo rispetto al ford i s m o .E’ all’interno di questo quadro che si colloca la svolta teorico-strategica del di-battito occidentale sul sistema pro d u t t i v o giapponese, svolta che può esserec ronologicamente fatta risalire alla pubblicazione del volume The Machine thatChanged the Wo r l d ( Womack et al., 1993). Gli autori del testo hanno concen-trato il loro interesse sul sistema produttivo messo a punto negli stabilimentidella Toyota, da essi considerato come l’esempio più puro ed emblematicodella produzione giapponese. E sono essi che, sulla base di quella che hannoteorizzato come sua caratteristica principale, hanno coniato il termine l e a np ro d u c t i o n. In effetti, secondo gli autori in questione, il tratto essenziale, ba-s i l a re del modello Toyota risiede nel principio operativo di “fare economia ditutto” (risorse materiali e umane, spazio e tempi di lavorazione, ecc.).In opposizione agli approcci interpretativi che analizzavano il sistema pro d u t-tivo giapponese in termini di matrici culturali e motivazionali specifiche, equindi non riproducibili, i ricercatori del MIT, soffermandosi soprattutto sugli

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Crisi del fordismo er i s t rutturazione org a n i z z a t i v a :la “scoperta” occidentale delsistema di pro d u z i o n eg i a p p o n e s e

31

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 31

Page 32: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

aspetti tecnico-sistemici, ne hanno invece sostenuto il carattere ‘costruito’,quale prodotto di scelte imprenditoriali che hanno saputo aff ro n t a re e supe-r a re le inefficienze della produzione di massa, reimpostando i processi pro-duttivi secondo principi che puntano sulla flessibilità organizzativa e sulla re-sponsabilizzazione dei lavoratori.Con La macchina che ha cambiato il mondo, gli autori americani hannodato vita ad un processo di rilettura dell’innovazione organizzativa giappo-nese, da essi sistematizzata attraverso il modello della lean production,evidenziandone contemporaneamente la validità universale. Del resto, de-finendo la lean production come la sintesi delle caratteristiche positivepresenti nella produzione di massa e nella produzione artigianale (bassicosti ed elevati standard qualitativi), ossia due “esperienze” tipiche dellatradizione occidentale, è stata implicitamente affermata la riproducibilitàdel modello anche al di fuori del contesto originario.Secondo le conclusioni della ricerca dell’IMVP (International Motor Ve h i c l eP ro g r a m), da cui è scaturita La macchina che ha cambiato il mondo, la pro-duzione snella rappresenta la risposta efficiente ai principali limiti e ai fat-tori di rigidità del fordismo: bassi costi unitari vengono a coniugarsi ai re-quisiti di qualità, flessibilità e adeguamento dell’off e rta alla domanda delcliente. Come scrivono gli autori: “La produzione snella (...) è così detta inquanto di tutto impiega una minor quantità rispetto alla produzione di mas-sa: metà delle risorse umane nell’azienda, metà dello spazio di pro d u z i o-ne, metà degli investimenti in attre z z a t u re, metà delle ore di pro g e t t a z i o-ne per sviluppare un nuovo prodotto in metà tempo. Inoltre richiede unaquantità di scorte a magazzino di gran lunga inferiore della metà, generadifetti di fabbricazione meno grossolani e produce una varietà di pro d o t t im a g g i o re e sempre crescente” (Womack et al., 1993: 15-16).Ma c’è di più, in quanto il modello della produzione snella implica anche unv e ro e proprio mutamento paradigmatico nel modo di intendere il lavoro .La superiorità della fabbrica l e a n rispetto a quella fordista, si sostiene, ri-siede in quella part i c o l a re sinergia derivante dal contributo armonico di tut-ti i dipendenti aziendali teorizzata da Ohno, sinergia che si dispiega com-piutamente tra i componenti dei team di lavoro. La creazione di squadree fficienti è, innanzitutto, legata alla rotazione delle mansioni e ad una for-mazione dei lavoratori di tipo m u l t i t a s k che consente loro di poter eff e t t u a-re tutte le operazioni presenti all’interno del proprio t e a m. Inoltre, gli ope-rai devono acquisire ulteriori competenze, come semplici interventi di ma-nutenzione ordinaria, controllo della qualità, pulizia del luogo e degli stru-menti di lavoro. Infine, devono essere incoraggiati “a pensare attivamente,anzi preattivamente, in modo che escogitino la soluzione prima che il pro-

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Crisi del fordismo er i s t rutturazione org a n i z z a t i v a :

la “scoperta” occidentale delsistema di pro d u z i o n e

g i a p p o n e s e

32

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 32

Page 33: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

blema si faccia serio” (Womack, 1993: 112), ossia devono esprimere unacostante attenzione al lavoro, cercando di pre v e n i re l’insorgenza di disfun-zioni e di risolvere eventuali problemi pro d u t t i v i .La piena efficacia del modello esclude relazioni manager-dipendenti di ti-po rigidamente gerarchico, caratteristiche dell’organizzazione del lavorotaylorista. Lo stile direzionale è diretto a sostenere la partecipazione atti-va, l’impegno, lo spirito di gruppo dei dipendenti nei confronti degli obiet-tivi produttivi aziendali e una visione meno individualistica della carriera edella professionalità, in sostanza a favorire un “lavoro attento” o “lavorocoinvolgente”. A tal fine, le relazioni tra management e lavoratori si basa-no sul reciproco rispetto e sulla fiducia: “La produzione snella (...) è fon-damentalmente un sistema di obbligo reciproco. I lavoratori condividonoil fato del datore di lavoro, i fornitori quello del produttore. Quando funzio-na a dovere questo sistema genera il desiderio di partecipare attivamen-te e di dare il via a quei continui perfezionamenti che sono l’essenza stes-sa della produzione snella” (Womack et al., 1993: 290).Questo insieme di innovazioni dovrebbe, secondo gli autori in questione,dar forma ad un assetto produttivo e ad un lavoro operaio di tipo nuovo,p rofessionalmente e qualitativamente superiore rispetto a quello svolto nel-la tradizionale fabbrica fordista. La conseguente conclusione a cui giungo-no - dopo aver passato in rassegna gli elementi della produzione snella chene fondano la superiore razionalità rispetto ai modi precedenti di fabbrica-re oggetti - è che “(...) tutto il mondo dovrebbe adottare la produzione snel-la con la massima celerità” (Womack et al., 1993: 263).In effetti, è possibile rilevare come negli ultimi anni l’adozione dei principi fon-damentali della lean pro d u c t i o n si sia diffusa in maniera sempre più genera-lizzata e pervasiva. Tuttavia, proprio alla luce delle trasformazioni empirica-mente osservabili, l’interpretazione del nuovo assetto produttivo fornita daWomack, Jones e Roos - che, come vedremo in seguito, sarà fonte di una s p ro dibattito - presenta alcuni aspetti di eccessivo ottimismo, soprattuttoper quanto riguarda i presunti miglioramenti sostanziali dell’attività lavorativa.Essi infatti concludono che: “Mentre lo stabilimento a produzione di massa èspesso pervaso di stress che intorpidisce le menti, con gli operai che lotta-no per assemblare prodotti per nulla semplici da montare e che non hannomodo di migliorare il proprio ambiente di lavoro, la produzione snella off reuna tensione creativa in cui i lavoratori hanno molti modi per rispondere allesfide. La tensione creativa che la risoluzione di problemi complessi compor-ta è precisamente ciò che nell’era della produzione di massa distingueva ill a v o ro manuale dal lavoro ‘di concetto’” (Womack et al., 1993: 115).

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Crisi del fordismo er i s t rutturazione org a n i z z a t i v a :la “scoperta” occidentale delsistema di pro d u z i o n eg i a p p o n e s e

33

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 33

Page 34: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Il dibattito sulla lean productionIn seguito alla pubblicazione de La macchina che ha cambiato il mondo( Womack et al, 1993) - man mano che nel frattempo si estendevano i ten-tativi di ibridazione dei principi organizzativi del sistema di produzione giap-ponese all’interno dei paesi occidentali - si è andato sviluppando un inten-so dibattito sulle conseguenze sociali e sui costi umani che l’applicazionedi un tale sistema comporta per i lavoratori, nonché sulle possibilità di unasua diffusione globale di tipo invariante.Tra i fautori della lean pro d u c t i o n è possibile ricord a re Kenney e Florida (1993),le cui posizioni ricalcano, sostanzialmente, le conclusioni a cui sono giunti i ri-c e rcatori del MIT. A diff e renza di questi ultimi, essi hanno però dedicato unap a rt i c o l a re attenzione all’impatto del modello sulle condizioni di lavoro. Sulla ba-se dei risultati della loro ricerca, in cui hanno rimarcato l’esito positivo dei t r a n -splant giapponesi impiantati negli Stati Uniti, Kenney e Florida (1993) sono giun-ti alla conclusione che il sistema di produzione giapponese costituisce un setdi pratiche (o tecniche) organizzative sinergiche, destinate a generare livelli dip restazioni pari a quelli ottenuti in Giappone dovunque vengano corre t t a m e n t eapplicate: il sistema è indipendente dalla cultura e dal contesto sociale giappo-nese all’interno del quale ha avuto origine (Kenney e Florida, 1993: 8).Secondo i due autori in questione, la qualità e la produttività del lavoro nellefabbriche giapponesi sono decisamente superiori rispetto a quelle riscontra-bili nelle tradizionali imprese fordiste. Alcune caratteristiche esplicatrici di talesuperiorità sono: l’organizzazione basata sul t e a m w o r k, la relativa riunificazio-ne delle attività ideative ed esecutive anche per gli operai di linea e la lorom a g g i o re versatilità professionale (m u l t i s k i l l ); la rotazione programmata tra levarie postazioni; e, infine, quale condizione di operatività di una tale org a n i z-zazione della produzione, relazioni di tipo consensuale e cooperativo tra lavo-ratori e m a n a g e m e n t. Mentre nel fordismo le attività di ricerca e sviluppo era-no separate dalle operazioni svolte in fabbrica, e la loro funzione era quella dic re a re innovazioni che, in un secondo momento, sare b b e ro state implemen-tate da altri, all’interno della p roduzione mediata dall’innovazione1 3 si verificauna sintesi delle attività di fabbricazione e innovazione, nella logica del miglio-ramento continuo. Inoltre, si persegue la mobilitazione generale di tutte le ca-pacità lavorative intellettuali (oltre che manuali, naturalmente) presenti all’inter-no del luogo di produzione (Kenney e Florida, 1993: 303-304). Questa mobi-litazione di conoscenze avviene su base collettiva, ossia attraverso lo stru-mento organizzativo del lavoro in t e a m: è all’interno del t e a m, infatti, che si hala riunificazione delle capacità intellettuali di diff e renti tipi di lavoratori, così daf a c i l i t a re la realizzazione di una produzione efficiente ed org a n i c a .I team vengono concepiti come gruppi di lavoro ai quali vengono delegate una

Il post-fordismonell’industria automobilistica

34

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 34

Page 35: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

serie di responsabilità gestionali-produttive e presentati come ampiamente au-tonomi (Kenney e Florida, 1993: 304). Al loro interno, i componenti che nefanno parte definiscono il modo di realizzazione dei propri compiti di lavoro ,cooperano spontaneamente nel portarli a termine, risolvono qualsiasi pro b l e-ma che si manifesta durante il processo di produzione e mettono in atto le so-luzioni adatte. Dato questo quadro, il ruolo principale del team leader a l l ’ i n t e r-no del nuovo sistema è quello di “trasmettitore”, o catalizzatore, di informa-zioni, più che di supervisore gerarchico (Kenney e Florida, 1993: 36-37).La loro tesi generale è che il sistema organizzativo giapponese si basa sul-la prossimità e sulla collaborazione tra lavoratori e m a n a g e r nei luoghi di pro-duzione. Ciò sarebbe frutto di un vero e proprio compromesso tra capitalee lavoro, di un accordo sociale di lunga durata le cui origini storiche sono darintracciarsi nelle lotte operaie susseguenti alla seconda guerra mondiale edai successivi sviluppi che, a part i re da questo periodo, ebbero luogo14.Questo compromesso ha portato ad una metamorfosi della tradizionale fab-brica fordista, mutamento radicale che può essere sintetizzato dalla trasfor-mazione degli operai di fabbrica in s m a rt workers (Kenney e Florida, 1993:49). Sebbene questi sviluppi abbiano avuto origine all’interno di un determi-nato contesto geografico e culturale, e siano frutto di specifiche condizionisocio-economiche, è bene ribadire che Kenney e Florida (1993) sono arriva-ti alla conclusione che il “codice genetico” delle tecniche produttive e org a-nizzative giapponesi può essere riprodotto su scala globale.Senza addentrarci ulteriormente nella trattazione dei vantaggi e dei bene-fici per i lavoratori che, secondo i fautori del modello, la lean pro d u c t i o nd e t e r m i n e rebbe, passeremo ora ad analizzare come tali interpretazioni sia-no state decisamente avversate dalle analisi di matrice critica. Diversi au-tori, spesso basandosi sull’esperienza diretta dei t r a n s p l a n t e lo studio deip rocessi di ibridazione dei principi organizzativi della produzione snella,hanno rilevato come la realtà, in molti casi, si discosti chiaramente rispet-to ad alcune delle ipotesi più rosee del modello.In primo luogo, occorre rilevare la critica rivolta nei riguardi dell’idea stessadi globalizzazione - o convergenza nelle traiettorie di sviluppo industriale - del-la lean pro d u c t i o n. Così come le precedenti teorie della “convergenza”, chehanno prospettato modelli lineari di sviluppo, anche quest’ultima deve esse-re trattata con diffidenza, in quanto si basa su idee stereotipate di sistemiomogenei e statici, sottovalutando gli esempi di adattamento e diff e re n t eibridazione delle “best practices” all’interno dei diversi contesti (Thompson eMcHugh, 1995: 99-100). In questo senso, lo stesso termine di “giapponesiz-zazione” presenta dei forti aspetti di ambiguità che hanno sovente condottoa semplificazioni e distorsioni nella lettura dei processi in atto, i quali non so-

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Il dibattito sulla leanproduction

35

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 35

Page 36: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

no - né, del resto, potre b b e ro essere - una meccanica implementazione di un“modello”. Modello che, comunque, “non esiste neppure come fatto unitario,dal momento che anche all’interno delle imprese giapponesi sono molte e ri-levanti le diff e renziazioni. Del resto, anche volendo riferirsi esclusivamente al-la Toyota, è facile verificare come, se si entra nei dettagli, si scoprono comun-que diff e renze di tipo diacronico, date dal fatto che il suo ‘modello’ è in conti-nuo adattamento (...) e di tipo sincronico, legate alle specificità tecnologichee produttive dei diversi stabilimenti” (Volpato, 1996: 253). Nonostante questievidenti limiti, il termine di nuovo “modello produttivo”, di lean pro d u c t i o n o ,anche, di sistema giapponese presenta il vantaggio euristico di cogliere e rap-p re s e n t a re immediatamente la specificità del sistema produttivo attuale ri-spetto a quello fordista. Il limite risiede nel fatto che il suo generico utilizzopuò consentire di sottrarsi all’esigenza di definire le determinanti specifichedei nessi funzionali che governano la produzione post-fordista in quanto pro-cesso integrato complessivo (Fiocco, 1998b). Oppure può condurre ad unasommaria identificazione e assimilazione tra modello teorico e realtà. E’ perquesto che il concetto di lean pro d u c t i o n, a livello teorico, deve pre s e n t a r s icome frutto di un processo di sintesi, come risultato dell’analisi dei pro c e s s ic o n c reti attraverso cui si realizza la d i ff u s i o n e mondiale dei principi operatividella produzione snella, e non come punto di part e n z a .In secondo luogo, come scrive Bonazzi (1997: 178), una delle questioni cen-trali attorno a cui ruota il dibattito sulla lean pro d u c t i o n è se il lavoro diventipiù autonomo e intelligente, oppure soltanto più gravoso ed etero d i retto, oforse entrambe le cose insieme. In part i c o l a re, si sostiene che la maggioreautonomia e il superiore livello professionale dei lavoratori all’interno dellefabbriche giapponesi sono spesso soltanto delle caratteristiche appare n t i(Parker e Slaughter, 1988b; Parker, 1997) e, in alcuni casi, frutto ideologi-co di mera propaganda manageriale (Fucini e Fucini, 1990). A tal pro p o s i t o ,Rizza (2000) osserva che sono numerosi gli studi e le ricerche che mostra-no come l’aumentata varietà di mansioni abbia accresciuto gli sforzi e le re-sponsabilità dei lavoratori, senza che ciò sia stato ricompensato dall’acquisi-zione di nuove abilità, da avanzamenti di carriera o da premi monetari. Così,l’intensificazione del lavoro finisce per essere confusa con l’arricchimento el’estensione delle competenze: alla forza lavoro viene richiesto di fare di piùe con meno risorse a disposizione, i lavoratori però non acquisiscono con-seguentemente nuove abilità, nuove pre rogative decisionali, posizioni più ele-vate all’interno dell’organizzazione aziendale, oppure salari migliori.Per quanto riguarda la possibilità di autodirezione, autonomia e part e c i p a z i o-ne dei lavoratori (e degli stessi m a n a g e r di linea) alla formulazione delle de-cisioni produttive, è stato rilevato che la libertà di azione non è che appare n-

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Il dibattito sulla leanproduction

36

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 36

Page 37: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

te, o comunque limitata, in quanto si manifesta all’interno di un ambiente dil a v o ro caratterizzato da un rigido e pervasivo controllo manageriale.Come sostengono Delbridge e Turnbull (1994: 123): “Il sistema facilita la dele-ga delle responsabilità ma non l’autonomia, per cui ai capisquadra e agli ope-rai si richiede di svolgere una serie crescente di compiti, mentre la loro attivitàviene attentamente monitorata e tenuta sotto controllo”. Non sono gli operai dilinea ma la direzione aziendale e, in misura molto più circoscritta, i team lea -d e r a decidere quali pro c e d u re di lavoro possono essere modificate e in chemodo. Inoltre, sebbene vi sia libertà di pro p o r re soluzioni, anche innovative,qualsiasi tipo di cambiamento deve passare attraverso il vaglio di tutta una se-rie di livelli gerarchici aziendali prima che possa essere implementato.D’altra parte, come evidenzia Dassbach (1997), i t e a m, lungi dal costituiregruppi di lavoro autonomi, sono entità organizzativo-amministrative postedalla direzione in modo tale da soddisfare le proprie esigenze di comandosui lavoratori e da generare atteggiamenti inconsapevoli di autocontrollo e dic o n t rollo sociale, che si esprimono fondamentalmente attraverso la pre s s i o-ne esercitata dal cosiddetto gruppo dei pari.Un ulteriore aspetto del problema è che il controllo non viene sostituito daun ipotizzato coinvolgimento volontario, o dall’acquisita consapevolezza diuna comunanza di interessi tra m a n a g e m e n t aziendale e lavoratori, bensì daun cambiamento di forma del comando sul lavoro. Il comando diventa menovisibile, ma più pressante e penetrante di quello manifestamente gerarc h i c odelle fabbriche fordiste tradizionali. All’apparente affievolirsi della supervisio-ne diretta dei m a n a g e r di linea, si accompagna un controllo che si esprimein forme e dispositivi occultati e capillari, che finiscono per tradursi anche inmeccanismi interiorizzati di autocontro l l o15.In terzo luogo, alla luce degli approcci critici si incrina la stessa solidità del-le tesi secondo cui, con la lean pro d u c t i o n, gli operai diventano dei lavorato-ri professionali (m u l t i s k i l l e d) e il lavoro meno faticoso.In realtà, più che di m u l t i s k i l l i n g s a rebbe opportuno parlare di m u l t i t a s k i n g(Parker e Slaughter, 1988a; Adler, 1993). Si pensi, ad esempio, al fatto che ilavoratori di linea, oltre a svolgere le tradizionali operazioni manuali ripetitive,s t a n d a rdizzate e proceduralizzate di sempre, devono generalmente eff e t t u a reanche il controllo di qualità, la pulizia della postazione e degli strumenti di lavo-ro e semplici operazioni di manutenzione ordinaria. Inoltre, la standard i z z a z i o-ne e la semplicità delle operazioni svolte dagli operai di linea non sono aff a t t oinferiori a quelle che si avevano con il fordismo: “La scoperta e l’eliminazionedelle sequenze di lavoro inutili e degli eccessi di movimento da parte dei lavo-ratori sono attività correlate all’impegno per la razionalizzazione. Al fine di eli-m i n a re i parassitismi e i movimenti inutili è necessaria una completa standar-

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Il dibattito sulla leanproduction

37

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 37

Page 38: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

dizzazione che possa essere immediatamente capita e praticata da tutti. Perp ro m u o v e re la standardizzazione devono essere evitati per quanto possibile icompiti lavorativi complicati e il lavoro deve essere semplificato (...) una stre t-ta standardizzazione rende più facile la comprensione del lavoro, porta alla sco-p e rta dei punti ambigui o delle manchevolezze e facilita l’identificazione dei pa-rassiti (compresi se stessi)” (Dhose et al., 1988: 104-105).In generale, il lavoro diventa sì più leggero, se considerato dal punto di vistadella fatica e dello sforzo fisico diretto, ma estremamente più pesante seanalizzato alla luce dei ritmi di lavoro e dello stress psico-fisico. Il sistema dip roduzione giapponese tende a intensificare i ritmi di lavoro fino al punto incui lo stress diventa un serio problema sociale, in quanto la nuova org a n i z-zazione della produzione mira a generare, attraverso una pressione costan-te sui lavoratori, un persistente e tendenzialmente ininterrotto processo dimiglioramento incrementale ( k a i z e n): le attività già standardizzate costitui-scono soltanto la base di partenza per ulteriori miglioramenti e incre m e n t ip roduttivi (Dohse et al., 1988; Parker e Slaughter, 1988a).La conseguenza, per i lavoratori, è che diventa più difficile proteggersi dairitmi e dai carichi di lavoro (per esempio risalendo la linea di produzione perritagliarsi delle pause addizionali), in quanto il sistema tende ad appro p r i a r-si immediatamente delle loro conoscenze e ad utilizzarle a loro discapito(ossia aumentando i ritmi e i carichi di lavoro individuali): “(…) il modellogiapponese (…) a diff e renza del taylorismo non permette più di ricavare zo-ne d’ombra. Ciò avviene perché i meccanismi di J i t e di k a i z e n sono incor-porati nel processo e re t roagiscono sul lavoro rendendolo da un lato imme-diatamente reattivo alle esigenze di mercato e dall’altro ‘trasparente’, me-diante forme di gestione a vista e la pro g ressiva riduzione delle scorte. Intal modo i lavoratori sono strutturalmente incalzati a fuoriuscire dai confinib u rocratici delle mansioni” (Bonazzi, 1997: 181). La fatica e lo stress psi-co-fisico sono ulteriormente aggravati dal perseguimento del principio del-le “zero - s c o rte” in quanto quest’ultimo, molto spesso, si traduce in org a n i-ci sottodimensionati e quindi, anche grazie alla pressione e al contro l l oe s e rcitato dal t e a m, in superlavoro e stress sia fisico che mentale.In definitiva, mentre da un lato i fautori del sistema l e a n sottolineano comeall’interno del nuovo processo produttivo si manifesti una tensione c re a t i-va, un arricchimento del lavoro e si aprano concrete possibilità di espre s-sione da parte degli operai, dall’altro gli approcci critici evidenziano i costiumani insostenibili, l’aumento dello stress psico-fisico, la pressione deter-minata dall’asservimento totale agli imperativi dell’azienda, la completa su-b o rdinazione del sindacato e, non da ultimo, la centralità opprimente dell a v o ro anche nella sfera extra-lavorativa.

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Il dibattito sulla leanproduction

38

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 38

Page 39: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Le metamorfosi nell’utilizzo della forza-lavoro: gli operai dadipendenti a risorse umaneCome abbiamo visto, sono molte le interpretazioni teoriche che vedono nell a v o ro post-fordista non una diminuzione ma un inasprimento dello sfrutta-mento psico-fisico dei lavoratori. Parker e Slaughter (1988b) definiscono ilsistema di produzione giapponese con l’emblematico termine di m a n a g e -ment by stre s s, mentre altri autori evidenziano l’emergenza di un pro c e s s odi trasformazione e approfondimento dei dispositivi di disciplinamento e con-t rollo sul lavoro (Wilkinson e Oliver, 1990; Sewell e Wilkinson, 1992; Delbrid-ge e Turnbull, 1994; Fiocco, 1997 e 1998a). Nel contempo però, quel cherisulta evidente è che la nuova organizzazione del lavoro non mira soltantoad ottenere l’acquiscenza, l’adesione strumentale dei lavoratori agli obiettivid e l l ’ i m p resa, ma punta anche su forme di coinvolgimento.Ciò deriva dal fatto che coercizione e controllo non sono di per sé suff i c i e n-ti nel garantire il buon funzionamento del nuovo sistema produttivo. Data lasua intrinseca vulnerabilità rispetto agli imprevisti e/o a qualunque forma diresistenza dei lavoratori, è necessario che tutte le risorse (tanto quelle ester-ne quanto quelle interne, sia materiali che umane) impegnate nella pro d u z i o-ne siano caratterizzate dai requisiti di affidabilità, pre v e d i b i l i t à, reattività eflessibilità. Ma poiché le scorte di risorse materiali sono state estre m a m e n-te ridotte e, tendenzialmente, si opera verso una loro ulteriore riduzione, neconsegue che le “risorse” fondamentali da mobilitare sono rappresentate dailavoratori stessi, sono cioè costituite da quelle che la teoria manageriale de-finisce con l’emblematico termine di “risorse umane”.Il peso della riduzione delle scorte, in ultima istanza, viene a ricadere suilavoratori e sulle loro capacità reattive e di adeguamento ai mutamenti ealle criticità del processo produttivo. Naturalmente, l’obiettivo della flessi-bilità e dell’affidabilità dei lavoratori non può essere ottenuto e gestito at-traverso il mero potere burocratico e manifestamente autoritario/repres-sivo tipico della fase fordista ma - implicando un qualche grado di coinvol-gimento/adeguamento dei lavoratori rispetto alle necessità produttive -deve esplicarsi attraverso differenti meccanismi di motivazione e control-lo, nuove forme di comando sul lavoro, di tipo più consensuale (Commis-so 1999). Da ciò deriva la centralità dei nuovi sistemi di governo della for-za lavoro basati sull’Human Resource Management, in quanto strategia dicomando sul lavoro adeguata ai principi operativi e alle caratteristichestrutturali della produzione post-fordista.Nel tentativo di fornire una prima definizione delle nuove politiche di gestio-ne del personale, possiamo dire che si tratta di una nuova modalità di gesti-re i lavoratori associata a forme di decentramento decisionale e di flessibi-

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Le metamorfosi nell’utilizzodella forza-lavoro: gli operaida dipendenti a risorseumane

39

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 39

Page 40: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

lità organizzativa. Emerge un nuovo modo di concepire e org a n i z z a re il lavo-ro che si fonda su un approccio partecipativo, ovvero che intende pro m u o-v e re coinvolgimento, adesione e responsabilizzazione. In esso, la gestionedelle risorse umane viene strettamente associata con le strategie economi-che aziendali e non più trattata a livello specialistico (ossia nell’ambito diun’apposita funzione aziendale). Quanto appena detto ci permette di indivi-d u a re uno dei problemi ricorrenti all’interno della letteratura sull’HRM, ossiala sovrapposizione tra due livelli: uno d e s c r i t t i v o (quel che concretamente staavvenendo nelle imprese per quanto riguarda la gestione del personale) eduno n o r m a t i v o (ciò che la teoria suggerisce e prevede debba accadere ) .Come ha suggerito Storey (1992), la mancanza di precisione terminologicae concettuale nel dibattito teorico che ruota attorno all’idea di HRM e la plu-ralità di valenze che questo concetto ha assunto derivere b b e ro, almeno inp a rte, dalla confluenza in esso di due correnti di pensiero. La prima ha origi-ne con Elton Mayo (Mayo, 1993), cioè risale al movimento delle RelazioniUmane degli anni ’30 ed enfatizza il cosiddetto fattore umano, ponendo l’ac-cento sugli stili di l e a d e r s h i p, sulla comunicazione, sugli aspetti motivaziona-li (adesione, coinvolgimento, collaborazione dei dipendenti), sulle dinamichedi gruppo, ecc. La seconda, più tipicamente o rg a n i z z a t i v a, sottolinea il so-stantivo “risorse”, cioè è orientata a considerare i lavoratori in quanto risor-se in senso stretto (al pari delle macchine, degli stabilimenti, ecc.) ed enfa-tizza l’importanza di un’adeguata programmazione e di una stretta integra-zione tra i diversi aspetti dell’azione manageriale.P recisando in maniera più puntuale la definizione di HRM, sempre secondoS t o re y, quattro sono gli elementi chiave che caratterizzano l’essenza del con-cetto. Il primo è il punto di vista che vede, fondamentalmente, nelle risorseumane, il fattore che distingue le organizzazioni di successo dalle altre, neconsegue che queste vanno considerate non come un costo da minimizza-re ma come risorsa da valorizzare. Ciò conduce alla seconda caratteristicachiave dell’approccio dell’HRM, cioè che il processo di produzione delle de-cisioni sul m a n a g e m e n t dei lavoratori è, di conseguenza, un problema org a-nizzativo di importanza strategica. Non può essere trattato come questioneincidentale, oppure attività nelle mani degli uffici del personale, al contrariobisogna investire in esso in quanto parte importante del piano aziendale. Te r-zo, l’HRM è visto come un qualcosa che ha implicazioni di lungo termine ecome parte integrante delle performances centrali (c o re) delle org a n i z z a-zioni. In altre parole, esso dovrebbe costituire la preoccupazione intima deimanagers di linea o di t e a m, in quanto figure chiave dell’implementazionedelle politiche di human re s o u rc e. Infatti, un attributo chiave dell’HRM è lospostamento di responsabilità dal personale specialistico ai m a n a g e r di li-

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Le metamorfosi nell’utilizzodella forza-lavoro: gli operai

da dipendenti a risorseumane

40

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 40

Page 41: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

nea (che adesso devono occuparsi non solo del personale, ma anche die fficienza, qualità, costi e gestione del cambiamento). La caratteristica fi-nale, oppure il set di caratteristiche finali, concerne le leve chiave che so-no utilizzate per attivare l’approccio dell’HRM. Queste sono legate ad unmetodo sistematico e integrato di gestire certi eventi critici: il flusso diinformazioni all’interno dell’organizzazione; la chiara comunicazione degliobiettivi; il calcolato dispiegamento delle risorse umane; la valutazione del-le loro p e rf o r m a n c e e le ricompense da accord a re. In sostanza, gli stru-menti messi in campo debbono essere usati per cerc a re di ottenere nonmera compiacenza ma impegno (c o m m i t m e n t) .P rocedendo nell’analisi, è comunque necessario mettere in risalto il fattoche l’HRM non costituisce un set coerente e universale di pratiche manage-riali, cioè non esiste un modello gestionale, una soluzione universale e inva-riante, valida in tutti i contesti e per tutte le circostanze. Esistono invece unastrategia generale e degli obiettivi gestionali imposti, la cui realizzazione im-plica l’operare di una molteplicità di approcci concreti per far fronte alle “va-rianze del sistema” (Cerruti, 1993). Questa pluralità di approcci alla gestio-ne delle risorse umane riflette la (e contribuisce alla) ricerca e pro d u z i o n edi nuovi “meccanismi” di motivazione al lavoro e di dominio sul lavoro, orien-tati cioè a combinare efficienza e consenso, che generalmente si diff e re n-ziano a seconda dei diff e renti contesti istituzionali, sociali, di strategieaziendali, sindacali, ecc., ma che necessariamente debbono operare inquanto “equivalenti funzionali” nel permettere la corretta operatività dei di-spositivi produttivi della nuova struttura org a n i z z a t i v a .Il nuovo sistema di produzione, per potere operare correttamente e in ma-niera fluida (senza intoppi), richiede un ampio set di politiche e, soprattutto,pratiche gestionali finalizzate a re s p o n s a b i l i z z a re i lavoratori e a pre v e n i ree/o limitare l’incidenza di problemi derivanti dall’emerg e re di resistenze chepossano ricadere sul corretto fluire del processo produttivo (Morris e Wi l k i n-son, 1995; Humphre y, 1995; Novick e Catalano, 1996; Bonazzi, 1997; Am-b rosini, 1997 e 1998; Sewell, 1988). Sicuramente non ci troviamo di fro n t ead una nuova era nella gestione del personale caratterizzata da una “uma-nizzazione” del lavoro, dall’autonomia decisionale dei lavoratori, da re l a z i o n idi “fiducia”, e così via; tuttavia, non è sufficiente né corretto trarre la conclu-sione, come ad es. fa Kennoy (1990), che l’HRM possa essere interpre t a t osoltanto come retorica e mera ideologia manageriale. Il problema, come sot-tolinea Fiocco (1998b), consiste piuttosto nel cogliere i nessi che legano ilc o n t rollo sul lavoro e la gestione del personale, ossia la nuova logica che go-verna la struttura materiale e organizzativa del processo produttivo post-for-dista nei suoi nessi con la gestione delle risorse umane e le relazioni indu-

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Le metamorfosi nell’utilizzodella forza-lavoro: gli operaida dipendenti a risorseumane

41

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 41

Page 42: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

striali. In altre parole, è la natura stessa del controllo ad essere cambiata, di-venendo meno arbitraria e più sistemica (Humphre y, 1995).E’ proprio sulla base di tali trasformazioni che è possibile leggere lo svi-luppo delle politiche e delle diverse pratiche di HRM in quanto connesseai nuovi dispositivi operativi e organizzativi della fabbrica snella. Persgomberare il campo da possibili fraintendimenti, bisogna puntualizzarecome anche l’organizzazione fordista della produzione prevedesse, nono-stante la rigidità formale dei principi organizzativi, margini di flessibilitàdell’attività lavorativa. Ci si riferisce, ad esempio, a tutte le forme di sa-pere e alle pratiche informali messe quotidianamente in atto dagli operai,con il beneplacito dei diretti superiori. Ma oggi, non si tratta più soltantodi utilizzare i lavoratori come se fossero singoli e separati ingranaggi fles-sibili di un corpo meccanico, definendone scientificamente i gesti e i mo-vimenti fin nei minimi particolari, bensì di sfruttare, nel lavoro in team, leloro stesse capacità cognitivo-relazionali.La fabbrica snella “(…) richiede conoscenze allargate, capacità di re l a z i o n e ,disponibilità al lavoro di gruppo, responsabilizzazione (anche a livello del la-v o ro diretto di produzione) e si basa soprattutto sulla valorizzazione dellecompetenze e degli s k i l l s della forza lavoro quale ‘risorsa organizzativa’ stra-tegica in grado di generare competitività all’interno di un sistema ‘lean’ intrin-secamente fragile, privo delle ‘camere di compensazione’ e/o di quelle risor-se ‘cuscinetto’ che rappresentavano la difesa migliore dell’org a n i z z a z i o n ef o rdista tradizionale (scorte, polmonature, magazzini, ecc.)” (Costanzo,1995: 80-81). Con il termine di nuove competenze non è però da intender-si una riqualificazione del lavoro operaio, oppure l’esercizio di saperi pro f e s-sionali e specialistici, quanto la messa al lavoro di generiche, elementari, fa-coltà umane, in maniera tale da favorire lo sviluppo e l’approfondimento del-l ’ a g i re di concerto, della cooperazione pro d u t t i v a .La necessità del contributo attivo dei lavoratori, per la realizzazione delpotenziale sinergico del team di lavoro, implica un mutamento della stes-sa attività degli operai.La nuova organizzazione di fabbrica tende ad attribuire a tutti i lavoratorii compiti della piccola manutenzione ordinaria degli strumenti di lavoro,della pulizia della propria postazione, del controllo di qualità e dell’atten-zione ai “segnali deboli” di non corretto funzionamento degli impianti; ma,soprattutto, ad ognuno è demandata la responsabilità di assorbire quan-to più possibile le micro-varianze al fine di assicurare la realizzazione del-le performance collettive prescritte.L’attività lavorativa si complessifica, diviene più astratta e richiede una di-versa forma di cooperazione tra i dipendenti. “Sotto questo profilo, il pro-

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Le metamorfosi nell’utilizzodella forza-lavoro: gli operai

da dipendenti a risorseumane

42

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 42

Page 43: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

cesso lavorativo si caratterizza per una intensificazione dell’interazionesociale (...) che avviene nel cuore stesso della produzione. (...) da un mo-dello di organizzazione del lavoro parcellizzato, prevedibile e standardiz-zato, fondato sul concetto di operazione, si passa ad uno centrato sull’a-zione, nel cui contesto è l’agire cognitivo-relazionale (capacità di experti -se), l’intervento all’interno di un flusso di eventi e progetti che assume fon-damentale rilevanza” (Rizza, 2000: 16). E ancora: “Il lavoro, per così di-re, si ‘intellettualizza’, si ‘mentalizza’, pur rimanendo lavoro vivo faticoso.La fatica del lavoro comunicativo-relazionale non è più solo di tipo fisico,ma anche cerebrale, come dimostrato dalla proliferazione delle nuove pa-tologie legate allo stress da lavoro” (Marazzi, 1994: 76).In concreto, l’operaio di linea continua in gran parte a svolgere operazionip roceduralizzate e parcellizzate, ma la diff e renza radicale rispetto al passa-to non risiede nel contenuto delle singole mansioni, bensì nella diversa for-ma assunta dalla cooperazione produttiva che, strutturalmente, prevede lal o ro autoattivazione. Il lavoratore, oltre ad essere saturato in maniera più in-tensa e razionale (“integrata”), d e v e f o r n i re un apporto ulteriore, un contribu-t o attivo che si esprime in attività quali l’autocontrollo della qualità, la segna-lazione tempestiva di anomalie, i suggerimenti e le proposte di miglioramen-to, lo sviluppo e l’approfondimento della cooperazione produttiva, l’agire dic o n c e rto, l’aiuto re c i p roco. Questo apporto ulteriore si traduce in un rappor-to attivo col sistema informativo aziendale, tale da favorire il confronto e l’in-tegrazione operativa con i propri interlocutori funzionali e gerarchici ma an-che con i propri colleghi: “La sorveglianza di ciascuna postazione lavorativain configurazioni mutevoli non può risultare efficace se non si prolunga attra-verso la cooperazione tra i lavoratori” (Laville, 1998: 57).

Il post-fordismonell’industria automobilistica

Le metamorfosi nell’utilizzodella forza-lavoro: gli operaida dipendenti a risorseumane

43

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 43

Page 44: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

La nuova natura del lavoroDa quanto esposto nei paragrafi precedenti emerge indirettamente un datoi m p o rtante: la nuova organizzazione del lavoro riscopre l’importanza dell’infor-malità per i fini produttivi. Ciò non va però interpretato come disorg a n i z z a z i o-ne o elevate parti di conoscenza sottratte al controllo della direzione, ma si-gnifica che le imprese, ponendosi all’interno di un orizzonte di incertezza e ra-zionalità limitata, si affidano esplicitamente agli spazi di relativa discre z i o n a l i t à- controllata ed eterodeterminata - dei lavoratori. Le prescrizioni e le re g o l eformali non diventano obsolete né perdono la loro efficacia, ma trovano negliobblighi impliciti e informali il loro completamento: si passa da un universo nelquale dominava il rispetto delle pro c e d u re e dei regolamenti, a un’org a n i z z a-zione nella quale domina l’obbligo fondamentale di garantire la continuità delflusso pro d u t t i v o . Se nel fordismo le pratiche informali e la discre z i o n a l i t àoperaia erano riconosciute come estranee e antagoniste (o al massimo sot-tratte di soppiatto da parte del m a n a g e m e n t aziendale), oggi al contrario vie-ne riconosciuta la loro funzione immediatamente valorizzante. Il m a n a g e -m e n t fa affidamento su questi circoscritti spazi di discrezionalità operaia, inquanto consentono all’organizzazione l’adattamento e il superamento di alcu-ne situazioni produttive problematiche, e questa costituisce una diff e re n z aqualitativa fondamentale rispetto all’organizzazione taylorista del lavoro .Anche il lavoro di linea tende ad inglobare una quota di attività caratterizza-te da limitati elementi discrezionali e, soprattutto, da uno spazio operativopolifunzionale in cui vengono riunite le attività di regolazione degli eventi tec-nici e organizzativi che incidono sul processo produttivo a livello del posto dil a v o ro. In pratica l’operaio è tenuto a svolgere un’attività di elaborazione e ap-plicazione di micro-interventi correttivi, correlati alle informazioni e alle com-p e t e n z e p rofessionali possedute e alle re s p o n s a b i l i t à e agli obiettivi assegna-ti. Il ruolo dell’operaio di linea tende quindi ad inglobare una porzione ricono-sciuta, anche se relativamente limitata e ampiamente controllata, di attivitàc o g n i t i v o - i n t e r p retative, in quanto la nuova organizzazione del lavoro è dire t-ta ad assorbire capillarmente e in tempo reale eventi produttivi diff i c i l m e n t ep revedibili (e quindi non proceduralizzabili) sia sul piano temporale che suquello delle modalità operative. Ciò, naturalmente, non significa che l’attivitàoperaia sia “libera” (nel senso di guidata dalle competenze professionali deilavoratori), al contrario si presenta strettamente legata e subordinata alla lo-gica di funzionamento dell’organizzazione produttiva. Scrive, infatti, Cerrutiche: “La libertà di decisione di cui dispongono i ruoli lavorativi trova il suo li-mite nella necessità di mantenere il sistema produttivo allineato con gli obiet-tivi prefissati. E’ una libertà che riguarda essenzialmente la scelta dei ‘mez-zi’ più idonei a conseguire ‘fini’ e t e ro d e t e r m i n a t i (…) L’ o rganizzazione della

Il post-fordismonell’industria automobilistica

44

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 44

Page 45: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

fabbrica integrata può lasciare al lavoratore una relativa libertà nella scelta deimodi e tempi con cui gestire la v a r i a b i l i t à degli eventi produttivi, ma gli ponef o rti vincoli sul piano dei risultati da raggiungere” (1993: 300-304).In sintesi, la nuova fase di razionalizzazione del processo produttivo – e il ruo-lo svolto dall’attività lavorativa al suo interno - segna il passaggio dalla logicadella razionalità assoluta incarnato dall’organizzazione del lavoro taylorista(cioè di quella razionalità che pensa di poter ricondurre tutta l’incertezza a cer-tezza) a quello di una razionalità orientata alla gestione dell’incertezza e dellavariabilità. Il principio fondamentale attraverso il quale la fabbrica snella puntaalla gestione dell’incertezza è quello dell’integrazione, il quale comporta mu-tamenti fondamentali nell’utilizzo del “valore d’uso” della forza lavoro. Quest’ul-tima non può più essere solo ricettrice passiva dei dettami e degli obiettivi im-posti dalla direzione, ma deve pre s t a re una costante attenzione cognitiva alleattività di produzione e possedere capacità adattive nei confronti degli obiet-tivi aziendali che le consentano di armonizzarsi e re a g i re alle variabili esigen-ze del processo, deve essere cioè una forza lavoro autoattivata.Indubbiamente, l’autoattivazione non può essere un qualcosa che viene de-mandato alla libera iniziativa dei lavoratori, ma viene indotta attraverso una se-rie di dispositivi strutturali-gestionali (integrazione organizzativa, interf u n z i o n a-lità, ripartizione flessibile dei compiti tra le diverse, responsabilizzazione dellep e rf o r m a n c e assegnate al t e a m, rispetto del just in time) che determinanouna forte e costante pressione organizzativa alla “partecipazione attiva”. Co-me sostiene Maggi (1990), la pressione, o meglio la costrizione org a n i z z a t i-va, assume una duplice forma: meccanica, nel momento in cui si assegnanoal lavoratore mansioni fisiche e intellettuali strettamente formalizzate e stan-d a rdizzate e logica, quando si richiede e induce il lavoratore di conformare ilp roprio processo decisionale alla logica di funzionamento del processo pro-duttivo e al conseguimento degli obiettivi fissati dalla direzione. Lo stesso Cer-ruti (1993) sottolinea che, la linearizzazione del processo produttivo e la con-catenazione sequenziale e integrata delle tecnologie di processo mettono inatto un’intensa pressione organizzativa affinché i lavoratori conseguano, inmaniera tendenzialmente continua e costante, quei risultati che conservano ilsistema produttivo in equilibrio. Poiché tutto ciò è ottenuto attraverso l’eser-cizio di uno spazio di relativa, ancorché circoscritta, autonomia decisionale,allora i lavoratori sono ‘costretti’ a svolgere quelle attività apparentemente di-s c rezionali che minimizzano le oscillazioni dell’output produttivo. Ma c’è di più:tra le suddette attività discrezionali sono compresi anche l’autocontrollo e lapeer pre s s u re, in quanto l’autoattivazione include l’esercizio del controllo sul-le manifestazioni di resistenza altrui. Questi dispositivi strutturali si vengonopoi a combinare, e potenziare, con i nuovi meccanismi gestionali della for-

Il post-fordismonell’industria automobilistica

La nuova natura del lavoro

45

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 45

Page 46: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

za lavoro iscritti nella logica strategica dello Human Resource Management,che tendono a re g o l a re e manipolare i rapporti sociali interni in dire z i o n edell’attivazione di sinergie umane, le sole realmente in grado di garantire ilpieno successo competitivo del nuovo apparato logistico-produttivo ispira-to ai principi della lean pro d u c t i o n.In conclusione, poiché le generiche ed astratte qualità intellettuali, le capacitàcomunicative, i pensieri, il linguaggio entrano direttamente in produzione, so-no questi ora che debbono essere posti sotto le regole di comando e le esi-genze della produzione di merci, e per fare ciò il comando capitalistico devei n v e s t i re l’insieme della persona (da ciò il carattere personale assunto dalle re-lazioni di comando all’interno della fabbrica). L’ i m p o rtanza della comunicazio-ne e dei flussi informativi (orizzontali e verticali) implica una nuova concezio-ne del ruolo e delle funzioni della gerarchia di fabbrica. Quello che si verificaè un processo di decentramento delle figure gerarchiche che vengono cosìavvicinate ai re p a rti, mentre la legittimazione del loro ruolo viene vieppiù a di-p e n d e re dal coordinamento e l’animazione dei membri del t e a m di lavoro .In realtà, il lavoratore viene sì riconosciuto nell’interezza della propria poten-zialità ideativa e discrezionale, ma controllato nella gestione della potenza cheesprime. Tempo di vita e tempo di lavoro non si presentano più come “spazi”chiaramente separati e diacronici. Con ciò non si vuole affatto sostenere l’i-dentità fra tempo di lavoro e tempo di vita e neppure, quindi, ipotizzare unapossibile riduzione del vivere come tale al pro d u r re. Il dato che si desidera ri-l e v a re è, invece, quello dell’affievolirsi della netta separazione che nel re c e n-te passato contraddistingueva il tempo e gli spazi del lavoro dal tempo e daicontesti del non lavoro. Questa relativa omogeneità qualitativa, o commensu-rabilità, tra esperienza lavorativa (quel che si fa e come lo si fa durante il tem-po di lavoro) ed esperienza extra-lavorativa non designa, infatti, identità, in-d i ff e renziazione, ma soltanto messa al lavoro di capacità, qualità cognitive,relazionali, linguistiche genericamente umane (Virno, 1993). Il nuovo sistemap roduttivo “mette a valore” non solo le capacità produttive del singolo indivi-duo, ma le sue capacità sociali, collettive, generiche ed elementari, infatti:“Le capacità di questo singolo sono immediatamente sociali perché le suecaratteristiche produttive si fondano su elementi quali il linguaggio, gli aff e t-ti, le relazioni, il sapere, virtù impensabili a pre s c i n d e re dall’essere parte diuna comunità” (Caminiti et al., 1999: 83). Le capacità che connotano il nuo-vo soggetto operaio sono pertanto inscindibili dalla loro esistenza sociale;esistono prima e a pre s c i n d e re dal fatto che il capitale assoggetti e riuniscagli individui all’interno di una forma di cooperazione capitalistica e, pro p r i oper questa ragione, trascendono ed eccedono costitutivamente i ristretti limi-ti imposti dalla logica di valorizzazione del capitale.

Il post-fordismonell’industria automobilistica

La nuova natura del lavoro

46

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 46

Page 47: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Da quanto appena detto deriva l’importanza fondamentale dello specifico con-testo sociale all’interno del quale vengono messe in atto le esperienze pro d u t t i-ve: “ogni contesto sociale può diventare quel capitale fisso che, messo a con-tatto col lavoro vivo, è in grado di renderlo produttivo, dunque competitivo sulpiano internazionale” (Marazzi, 1994: 86). La produttività del lavoro perde via viala caratteristica di essere espressione della quantità di prodotto per ora lavora-ta: “Essa misura invece un insieme di fattori caratterizzanti lo spazio sociale-re-gionale che trascendono il singolo lavoratore, permettendo a questo di esserec re a t o re di ricchezza in quanto membro di una collettività” (Marazzi, 1994: 87).La tesi a cui siamo giunti è che, all’interno dell’attuale assetto economico, l’a -g i re comunicativo e le capacità mentali diventano fondamentali nel definire lafunzionalità del nuovo sistema produttivo, ma queste qualità degli individui siformano all’interno di un contesto di relazioni e di legami sociali, definendo co-sì, in parte, le ampie diff e renze di implementazione (e di successo) del siste-ma pro d u t t i v o - o rganizzativo post-fordista, a seconda dei diversi tessuti socia-li in cui viene realizzato. Contesti territoriali diversi definiscono gradi (ede s p ressioni) di socialità diff e renti, sono manifestazione di collettività e sogget-tività diverse e possono tradursi in fattori di successo, o insuccesso, per l’a-zienda, determinando l’estrema variabilità concreta e la natura multiforme delsistema produttivo di tipo post-ford i s t a .E’ su queste diff e renze che la ricerca si misura in quanto, come avremo mo-do di vedere in seguito, i due impianti presi in esame, presentando le stes-se caratteristiche strutturali e organizzative di base, ci hanno consentito dii n d a g a re quali siano le implicazioni di diversi contesti economico-sociali sul-le dinamiche gestionali concretamente poste in essere dal m a n a g e m e n taziendale. In altri termini, l’analisi comparativa ci ha permesso di riscontrarealcune importanti divergenze, fondamentalmente legate alla specifica naturadella soggettività operaia e m b e d d e d all’interno dei due contesti osservati.

13 In Beyond Mass Pro d u c t i o n (1993: 14), Kenney e Florida denominano il sistema di pro d u z i o n egiapponese come “produzione mediata dall’innovazione”, in quanto il nuovo modello, a diff e re n z adel fordismo, prevede la reintegrazione - a livello di “officina” - di innovazione e produzione, oltre chedi lavoro manuale e attività intellettuale.

1 4 I due autori, polemizzando con l’interpretazione di Dhose, Jürgens e Malsh (1988) secondo cui ilsistema giapponese è fondato sulla coercizione e sul supersfruttamento, ritengono che il conflittooperaio e sindacale degli anni Cinquanta in Giappone non si sia concluso con una semplice vittoriadel fronte imprenditoriale, ma anche con l’accettazione, da parte del padronato giapponese, di impor-tanti concessioni a favore di alcune rivendicazioni operaie (ad esempio, la sicurezza del posto di la-v o ro, l’eguaglianza di trattamento tra operai ed impiegati, il salario agganciato a parametri di anzia-nità e di merito, la crescita e il continuo aggiornamento professionale dei lavoratori, la creazione dit e a m autonomi di lavoro ) .

15 Sewell e Wilkinson, 1992; Bloomfield e Coombs, 1992; Delbridge, 1995; Parker, 1997; Fioc-co, 1997 e 1998a; Sewell, 1998; Commisso, 1999.

Il post-fordismonell’industria automobilistica

La nuova natura del lavoro

47

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 47

Page 48: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

48

III - L’esperienza di Fiat Auto: dalla fabbrica fordistaal Progetto Fabbrica Integrata

La riposta della Fiat alla crisi degli anni Settanta e la strategiadi superamento dell’organizzazione scientifica del lavoroL’origine dei processi di ristrutturazione post-fordista delle imprese occiden-tali, e quindi anche della Fiat, può essere fatta risalire al periodo storico a ca-vallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. E’ proprio inquegli anni che si manifesterà, in tutta la sua portata dirompente e destrut-turante, la crisi generale di legittimazione dell’ordine sociale ford i s t a - k e y n e-siano, la quale si tradurrà immediatamente in crisi economica. Infatti, la cri-si di governabilità sociale sfocerà rapidamente in ingovernabilità delle fabbri-che, determinando una brusca frenata del processo di valorizzazione, conconseguente caduta generalizzata dei tassi di pro f i t t o .La rigidità nelle possibilità di sfruttamento produttivo dei lavoratori, tanto sulf ronte del salario quanto su quello delle modalità d’utilizzo della forza lavoro ,verrà immediatamente aff rontata attraverso una serie di sperimentazioni at-te a destrutturare almeno le manifestazioni più gravi di resistenza operaia:decentramento produttivo e flessibilizzazione della rete produttiva aziendale,innovazione tecnologica e org a n i z z a t i v a .Con la delocalizzazione della produzione, attuata attraverso il decentra-mento produttivo, l’azienda mira a disart i c o l a re le grandi concentrazionioperaie caratteristiche delle fabbriche di fine anni Sessanta, divenute or-mai non più governabili. Questo processo si dispiega immediatamente inuno snellimento degli impianti di grandi dimensioni messa in atto tramiteuna dispersione spaziale (nazionale e mondiale) in unità produttive di me-dio-piccola ampiezza. Invece, con l’applicazione di alcune innovazioni tec-nologiche realizzate a “macchia di leopardo”, a part i re dai punti più criticidella fabbrica, si punta a sostituire lavoratori con macchine proprio nellefasi di produzione a più alta densità di lavoro e con il maggior livello di no-cività e opposizione operaia: vengono eliminate le lavorazioni più faticosee migliorate le condizioni ambientali ed ergonomiche generali. Inoltre, ven-gono aumentate le polmonature e i magazzini intermedi come ulteriore fat-t o re di flessibilità e difesa contro la conflittualità operaia. All’inizio degli anni Settanta compaiono i primi robot all’interno dei re p a rt ipiù nocivi, quali la lastratura e la verniciatura di Mirafiori. In questa fase, lalogica tecnologica perseguita dall’azienda è finalizzata a re c u p e r a re il ter-reno perso dal punto di vista del controllo sulla forza lavoro e a conquista-re nuovi margini di produttività e flessibilità del sistema, ristabilendo condi-zioni di regolarità della prestazione produttiva, soprattutto attraverso la li-mitazione dei condizionamenti legati al fattore umano. Insieme alla strate-gia dell’automazione, fin dall’inizio degli anni Settanta, vengono perseguitenuove forme di “consumo produttivo della forza lavoro” (Coriat, 1979:

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 48

Page 49: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

138) dirette a contrastare l’elevata e generalizzata disaffezione al lavoro .Si tratta delle note esperienze di “ricomposizione delle mansioni industria-li” e “umanizzazione del lavoro” che, sotto l’influsso teorico del Ta v i s t o c kInstitute di Londra, porteranno a sperimentazioni di job enrichment, job en -l a rg m e n t, job ro t a t i o n, lavoro in t e a m, ecc., ma che in Fiat, se si escludeil caso del Lam, avranno poca incidenza oppure abortiranno già sul nasce-re, come nel caso del montaggio a “isole”1 6.Se, in un primo momento, la variabile tecnologica costituisce soprattutto unostrumento di difesa rispetto alla conflittualità operaia, nella seconda metà de-gli anni ‘80 prende forma una vera e propria strategia tecnologica, ossia unalogica attiva diretta non solo a ristabilire il controllo e il comando sulla forz al a v o ro ma, anche e soprattutto, ad aumentare i livelli della produttività e del-la qualità. A questo punto la logica aziendale punta ad utilizzare le nuove tec-nologie elettroniche per la sincronizzazione, l’integrazione e il monitoraggiodi intere fasi del processo. L’applicazione dei nuovi sistemi tecnologici divie-ne ampia e capillare giungendo a pervadere, con la linearizzazione del ciclop roduttivo automatizzato realizzata a Termoli 3, il processo di fabbricazionedi un intero stabilimento: “(...) con Termoli 3 l’automazione investe l’intero ci-clo di fabbricazione. Si passa da una automazione per ‘isole’ ad una automa-zione integrale del ciclo produttivo” (Cerruti, 1993: 172).M e n t re in passato l’automazione era stata applicata per sezioni distinte delp rocesso, a singole attività di lavorazione meccanica e di montaggio, ades-so le operazioni presenti all’interno del ciclo produttivo vengono automatiz-zate all’80% circa, mentre il ricorso alle attività manuali è tendenzialmente li-mitato ad operazioni fuori linea di tipo riparativo e al collaudo. La strutturatecnologica di Termoli si caratterizza, quindi, per l’elevata integrazione: l’im-pianto viene dotato di un sistema informativo in grado di gestire tanto i flus-si produttivi quanto quelli informativi relativi alla programmazione, al contro l-lo e alla movimentazione dei materiali. La creazione di un flusso rigidamen-te sequenziale e linearizzato della produzione (intrinsecamente fragile rispet-to a qualsiasi disfunzione e varianza produttiva) è stata favorita dal fatto chela microconflittualità operaia non sembrava più costituire un problema impel-lente come nel decennio passato: si è andata sempre più affievolendo e l’a-zienda prevede che, nel breve e medio periodo, non sia in grado di riemer-g e re: “La stabilità delle condizioni sociali nelle quali si sviluppa questo model-lo di automazione ha, dunque, spinto l’azienda ad adottare una arc h i t e t t u r adegli impianti intrinsecamente fragile” (Cerruti, 1993: 174).Questa fragilità è divenuta manifesta nel momento in cui si è cercato di av-v i a re l’impianto a pieno regime ampliando la gamma di produzione di moto-ri da 1 a 3 modelli, per un totale di 36 varianti. Come rileva Bonazzi: “(...) la

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

La riposta della Fiat alla crisidegli anni Settanta e lastrategia di superamentod e l l ’ o rganizzazione scientificadel lavoro

49

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 49

Page 50: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

p roduzione dei tre tipi di motori cominciò a soff r i re di un numero intollera-bile di inceppamenti per i motivi più vari: guasti nella gestione informaticadei magazzini, guasti dei macchinari, difettosità dei materiali, e poiché laqualità incorporata nella produzione era programmata a zero difetti, nonappena si verificava la più piccola turbativa tutto si bloccava” (1993: 82).La complessità delle tecnologie impiegate e la concatenazione rigida e se-quenziale del flusso produttivo si combinarono tra loro dando vita ad unamiscela tecnologica altamente instabile. E’ a questo punto che è emersachiaramente la notevole discrasia presente tra sistema tecnologico e or-ganizzazione del lavoro. Gli impianti, che erano stati progettati per ridurreal minimo o addirittura, in alcuni casi, escludere l’intervento dell’uomo sisono rivelati estremamente rigidi ed inefficaci nel gestire le sempre più fre-quenti varianze tecniche e le anomalie di pro c e s s o .La progettazione e realizzazione di impianti che tendevano ad escludere apriori l’intervento dell’uomo (sostanzialmente limitato alle operazioni di con-duzione e manutenzione degli impianti) ha, quindi, creato numerose disfun-zioni operative: “Sono proprio stabilimenti come quello di Cassino e Te r-moli 3 che mostrano i problemi più gravi. I macchinari, progettati per elu-d e re la necessità di ricorre re all’impiego di operai in caso di avarie, si mo-strano troppo rigidi e troppo fragili nella gestione delle varianze. L’ i n s o r-genza di anomalie nel processo tende a ripercuotersi a valle, determinan-do rallentamenti, fermate ed errori vari” (Leonardi, 1993: 110). Il mero ri-corso alla tecnologia - anche la più avanzata e complessa - non si è rivela-to in grado di garantire il re g o l a re e ininterrotto fluire del processo di pro-duzione sottolineando l’importanza imprescindibile dell’attività umana. Perquesta ragione, si è palesata chiaramente la necessità di pro c e d e re in di-rezione di una riorganizzazione complessiva che, in primo luogo, re n d e s-se possibile pre v e n i re le criticità pro d u t t i v e .Nella seconda metà degli anni Ottanta, la direzione Fiat si rende conto del-l’incongruenza tra un sistema tecnologico complesso che funziona secon-do una logica i n t e g r a t a e un sistema organizzativo che opera ancora se-condo la logica gerarchico-funzionale tayloristica: “Nella palestra di Te r m o-li diviene evidente la dissonanza tra un sistema hard w a re (produttivo) part i-colarmente avanzato, dove la componente umana è chiamata semplice-mente ad assecondare lo sviluppo tecnologico, ed uno software (org a n i z-zativo) del tutto tradizionale. Quest’ultimo è infatti basato sulla parc e l l i z z a-zione delle mansioni e delle operazioni, sull’accentramento decisionale e susistemi di controllo che si dipanano attraverso l’usuale catena gerarc h i c a ”(Benassi, 1994: 107). Date queste premesse, le risposte aziendali ai limitidell’alta automazione non potevano che passare attraverso una trasforma-

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La riposta della Fiat alla crisidegli anni Settanta e la

strategia di superamentod e l l ’ o rganizzazione scientifica

del lavoro

50

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 50

Page 51: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

zione dei principi organizzativi e di gestione operativa dello stabilimento.Per superare la discrasia interc o r rente tra natura del sistema tecnologico estruttura organizzativa, viene definito il progetto di risanamento di Termoli. E’p roprio in questi anni che, con la riorganizzazione del processo pro d u t t i v odella Fabbrica ad Alta Automazione, viene creato il primo embrione della Fab-brica Integrata. Attraverso un processo complesso di modificazioni parz i a l ie incrementali, andato avanti per sperimentazioni successive, vengono pro-g ressivamente introdotti gli embrioni di una logica organizzativa (del lavoro edella produzione) diversa, che verrà poi pienamente sviluppata e sistematiz-zata all’inizio del decennio successivo l’impianto di Melfi.La progettazione della Fabbrica Integrata è il risultato di un processo dilearning by doing: ossia un esempio significativo delle capacità aziendali dim e t t e re in pratica un processo di apprendimento organizzativo in grado dia ff ro n t a re e corre g g e re gli errori incontrati durante il suo stesso perc o r s odi sviluppo ed anche di tro v a re soluzioni originali ai problemi concreti aff i o-rati all’interno dei nuovi stabilimenti automatizzati1 7. Oltre ai parziali muta-menti di carattere tecnologico diretti a re n d e re più affidabili e flessibili lemacchine, ossia a normalizzare il processo produttivo, viene ridato spazioa interventi di carattere manuale, riducendo così le funzioni di alcune tec-nologie di controllo e monitoraggio degli impianti. In presenza di un siste-ma altamente automatizzato, viene riscoperto il ruolo fondamentale del la-v o ro umano quale fattore di governo della varianza tecnologica. Le man-sioni dei lavoratori subiscono un processo di flessibilizzazione legato allanecessità di garantire la regolarità nel funzionamento dei macchinari: “Iruoli degli addetti sono relativi alla conduzione di impianti, al carico e sca-rico e alle riparazioni, alla manutenzione; in pratica l’operaio (...) ha unamole di lavoro variabile, non rigorosamente predeterminabile, secondo ip roblemi derivanti dagli impianti” (Silveri e Pessa, 1990: 89).Il dato più significativo di questi anni è costituito dalla sperimentazione or-ganizzativa. In primo luogo, di contro alla tradizionale logica org a n i z z a t i v afunzionale, caratterizzata da una rigida centralizzazione dei processi deci-sionali e dalla separazione tra le diff e renti funzioni, cominciano ad esseredefinite le prime forme di integrazione tra le diverse funzioni di stabilimen-to direttamente collegate con la produzione (manutenzione, logistica, at-t rezzaggio, ecc.). In secondo luogo, nascono nuove figure pro f e s s i o n a l ipolivalenti e polifunzionali, quali il tecnologo di linea1 8 e il tecnologo specia-l i s t a1 9, che operano in o ff i c i n a in stretto rapporto con gli uomini della ma-nutenzione e della produzione. Va in ogni caso sottolineato che, le ristrut-turazioni organizzative non coinvolgono ancora, in maniera sostanziale, l’o-peraio di linea. La stessa lettura aziendale di tale esperienza, ha rilevato

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

La riposta della Fiat alla crisidegli anni Settanta e lastrategia di superamentod e l l ’ o rganizzazione scientificadel lavoro

51

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 51

Page 52: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

che: “L’Alta Automazione, per quanto flessibile, genera però un forte au-mento della complessità del governo del sistema produttivo e solo un par-ziale coinvolgimento degli operai nel miglioramento continuo del pro c e s s olavorativo e del prodotto” (Fiat Auto, 1994: 10).Il passaggio successivo compiuto dal m a n a g e m e n t Fiat, cioè la FabbricaIntegrata, rappresenta il conseguente punto d’arrivo del processo di ri-strutturazione organizzativa avviato alla fine degli anni Ottanta. Il passo, adetta degli stessi ingegneri che hanno provveduto al risanamento di Te r-moli, è stato relativamente breve in quanto la Fabbrica ad Alta Automazio-ne conteneva già in nuce i principi organizzativi che porteranno alla Fabbri-ca Integrata, si trattava quindi soltanto di portarli allo “scoperto” (Bonazzi,1993). Si può perciò concludere che il passaggio alla Fabbrica Integratasia stato una questione eminentemente organizzativa, di org a n i z z a z i o n edel lavoro diretta a “normalizzare” il processo pro d u t t i v o .I problemi e le disfunzioni della Fabbrica ad Alta Automazione erano, infat-ti, legati non alle scelte di automazione in sé ma al modello socio-org a n i z-zativo all’interno del quale erano state inserite. Questa lettura è evidenzia-ta dal fatto stesso che i nuovi stabilimenti non si caratterizzeranno per unm i n o re livello complessivo di automazione rispetto a quello implementatonegli impianti di Termoli e Cassino. Il cambiamento di fondo riguarderà in-vece il “paradigma di utilizzo dell’automazione”, la logica organizzativa al-l’interno della quale l’automazione si inserisce e che verrà gia pre l i m i n a r-mente sperimentata a part i re dal risanamento di Termoli: “Non si è tratta-to di limitare gli investimenti tecnologici. Si è trattato piuttosto di ottimiz-zarli sia in base a una attenta valutazione del rapporto costi-benefici sia,soprattutto, in base alla loro possibilità di favorire il coinvolgimento attivoe consapevole delle risorse umane intorno all’obiettivo del miglioramentocontinuo. Occorreva cioè agire, per una ricerca costante di competitività,su un altro piano, sui fattori più soft dell’organizzazione e della mobilitazio-ne diffusa delle risorse intellettuali, sviluppando coinvolgimento, motivazio-ne e responsabilizzazione a tutti i livelli” (Fiat Auto, 1994: 10).

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La riposta della Fiat alla crisidegli anni Settanta e la

strategia di superamentod e l l ’ o rganizzazione scientifica

del lavoro

52

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 52

Page 53: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

La svolta degli anni Novanta: dal “piano della QualitàTotale” al progetto della Fabbrica IntegrataLa svolta organizzativa ufficiale, che nel corso degli anni immediata-mente successivi condurrà alla formulazione del progetto “Fabbrica In-tegrata”, risale alla fine degli anni Ottanta, nel momento in cui l’azien-da torinese lancia il programma di Qualità Totale. In occasione del tra-dizionale incontro annuale del t o p m a n a g e m e n t Fiat a Marentino, il 21o t t o b re 1989 Cesare Romiti - Amministratore delegato di Fiat Auto - an-nuncia pubblicamente la volontà (e la necessità) di fare compiere all’a-zienda torinese un salto organizzativo e insieme culturale rispetto alpassato, pena la scomparsa della Fiat dallo scenario del mercato au-tomobilistico. Da qui l’urgenza di riconsiderare in profondità il sistemao rganizzativo operando lungo due direttrici principali: re n d e re più agi-le e dinamica la struttura decisionale e gestionale tramite una diminu-zione dei livelli gerarchici, in maniera tale da valorizzare pienamente lerisorse umane, e raff o rz a re i meccanismi di integrazione trasversale,a tutti i livelli (nel rapporto con i fornitori, con la rete distributiva e coni dipendenti, nella gestione dei flussi logistici, nella relazione tra le dif-f e renti funzioni aziendali, ecc.), in modo da determinare una maggiorecompattezza realizzativa per quanto riguarda le iniziative aziendali. Ilp rogramma lanciato da Romiti è estremamente ambizioso: “Si trattavadi dar vita a un Piano poliennale della qualità totale, la cui re a l i z z a z i o-ne presupponeva un profondo e generalizzato mutamento culturale delmodo di gestire l’azienda, non soltanto all’interno della propria struttu-ra, ma anche nei complessi e a volte difficili rapporti con i lavoratori (equindi con il sindacato), con i fornitori, con i concessionari, con i clien-ti” (Volpato, 1996: 255). La strategia portata avanti dal programma diQualità Totale implica un profondo e impegnativo ripensamento del p ro -f i l o d e l l ’ i m p resa e rappresenta, da tutti i punti di vista, un punto di svol-ta rispetto all’orientamento perseguito in passato: “Da fatto puramen-te funzionale, e come tale delegato ad un ente specifico (la Dire z i o n eQualità), la qualità diviene in Fiat elemento centrale per riorientare lapolitica di prodotto, rivedere il design dei processi produttivi, e soprat-tutto ripensare all’organizzazione” (Benassi, 1994: 102). Il ripensa-mento della dimensione organizzativa rappresenta l’elemento centraledel processo di trasformazione. Infatti, la criticità del fattore org a n i z-zativo è testimoniata dall’avvenuto riconoscimento che la “qualità tota-le” non può essere esclusivamente riconducibile alla dimensione tecno-logica, ma dipende da un patrimonio di risorse e saperi sinora solop a rzialmente impiegati. All’interno delle nuove condizioni di contesto,

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

53

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 53

Page 54: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

le risorse umane rivestono un’importanza decisiva. Non a caso se ne ri-chiamano a più riprese i caratteri di a u t o n o m i a e c re a t i v i t à, e si mettein risalto come una strategia della qualità sia notevolmente condiziona-ta da un contesto che sia in grado di far emerg e re ed esaltare le cono-scenze e l’intervento delle risorse umane impegnate nel processo pro-duttivo. Di quest’ultimo compito deve farsi interprete il m a n a g e m e n taziendale che: “(...) deve saper ascoltare e coinvolgere i dipendenti, de-ve saper aiutare i collaboratori a capire e a svolgere efficacemente il lo-ro ruolo in azienda, deve saper valorizzare le individualità, gestendo conintelligenza la delega, deve saper stimolare i contributi innovativi facen-doli propri e portandoli avanti con coraggio” (Romiti, 1990).Nonostante le difficoltà iniziali, grazie al piano di Qualità Totale in FiatAuto prende gradualmente corpo l’introduzione di una nuova logica or-ganizzativa all’interno della quale la funzione del lavoro non è più di ti-po residuale, come era avvenuto con l’orientamento tecnocentrico per-seguito nel corso degli anni precedenti. E’ il primo passo verso la re a-lizzazione di un sistema socio-tecnico, ossia di un sistema pro d u t t i v oin grado di integrare e ottimizzare congiuntamente tecnologia e risor-se umane. Inoltre, è necessario rilevare come questa fase dia vita, al-l’interno dell’azienda torinese, ad un intenso periodo di studio e con-f ronto con l’esperienza di altre case automobilistiche2 0. Fase di rifles-sione che si conclude nel dicembre del 1990, nel momento in cui vie-ne approvato - nell’ambito del piano della Qualità Totale - l’indirizzo dimessa in opera del nuovo “modello” della Fabbrica Integrata. Quest’ul-tima, pur non essendone una semplice duplicazione, trae import a n t ispunti dal sistema di produzione Toyota, con i necessari adattamenti ele diff e renze aziendali specifiche: “La Fabbrica Integrata realizzata inFiat Auto non era una semplice duplicazione del modello di successodella lean production; ai fini della sua realizzazione ebbero una gran-dissima importanza le esperienze di apprendimento organizzativo ini-ziate sul finire degli anni ottanta negli stabilimenti di Termoli e di Cas-sino (...) (Boldizzoni et al., 1996: 393). Come dice l’ingegnere Pagananel corso di un’intervista, forse esasperando le specificità e i meriti in-terni dell’azienda: “Noi non siamo andati a copiare niente da nessuno,ci siamo detti ‘inventiamo qualcosa di nuovo’, e come vede quello cheabbiamo fatto è abbastanza stravolgente. C’eravamo trovati con unaFabbrica ad Alta Automazione che aveva dei problemi e abbiamo co-struito un’organizzazione che le permettesse di funzionare. Poi ci sia-mo resi conto di avere inventato un’organizzazione che ci permettevadi lavorare molto ‘stile-giapponese’, e allora abbiamo capito che pote-

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La svolta degli anniNovanta: dal “piano della

Qualità Totale” al progettodella Fabbrica Integrata

54

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 54

Page 55: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

va andar bene anche per fabbriche con una tecnologia più tradiziona-le” (in Bonazzi, 1993: 156-157). In pratica, si è venuta pro g re s s i v a-mente configurando quella che Osvaldo Busana, Dire t t o re dell’Istitutodi applicazione di tecniche industriali dell’Isvor Fiat, definisce la “viaFiat” alla produzione snella: “Tra le tante forme riscontrabili, si è venu-ta affermando con sempre maggiore evidenza una ‘via Fiat’ alla pro d u-zione snella. Essa non segna soltanto, come in altri casi, il superamen-to della fabbrica tradizionale di Ford e di Taylor in omaggio ai dettamidel toyotismo, ma si giova anche delle esperienze dell’’alta automazio-ne’, e dà quindi vita a una formula originale e arricchita cui è stato at-tribuito il nome di ‘fabbrica integrata’ (1994: 36).In effetti, per quanto concerne alcune caratteristiche, con la FabbricaIntegrata la Fiat riprende alcune trasformazioni organizzative (ad esem-pio la figura del conduttore di processi e quella del tecnologo di linea)che erano già state introdotte con la Fabbrica ad Alta Automazione. Lad i ff e renza fondamentale risiede nel fatto che a Termoli e Cassino que-sti elementi erano stati introdotti ex post, come aggiustamenti di ca-r a t t e re sperimentale, mentre con la Fabbrica Integrata rientrano all’in-terno di una scelta programmatica iniziale che mette chiaramente in di-scussione lo schema “tecnocentrico” e punta su obiettivi di coinvolgi-mento e valorizzazione della produttività di tutte le risorse umane im-pegnate nel processo produttivo. Quindi, pur essendo vero che senzala Fabbrica ad Alta Automazione non ci sarebbe stata la Fabbrica Inte-grata, è altrettanto vero che la trasformazione che si realizza negli an-ni ‘90 è assolutamente radicale: non si tratta più di inserire alcuni ele-menti innovativi su un assetto produttivo complessivo che rimane so-stanzialmente invariato, ma di trasformare la stessa logica generale difunzionamento e di governo dell’impresa. In questo senso, si può aff e r-m a re che il passaggio dalla Fabbrica ad Alta Automazione alla Fabbri-ca Integrata segna la trasformazione della logica organizzativa del pro-cesso di produzione sulla base dei problemi posti dal nuovo sistematecnologico al governo del processo lavorativo. Come sottolinea il m a -n a g e m e n t Fiat, è avvenuto un deciso “(…) salto organizzativo, gestio-nale, e quindi di governo del sistema, nell’aff ro n t a re i temi della pro d u-zione. Una delle chiavi più importanti per entrare nella logica del nuo-vo modello organizzativo è quella della mobilitazione della pro p o s i t i v i t àdi tutti, dell’abolizione della tradizionale divisione fra chi pensa e chiesegue” (Fiat Auto, 1994: 11).La fase realizzativa vera e propria del progetto di Fabbrica Integratagiunge ad un primo importante stadio di definizione concreta soltanto

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

La svolta degli anniNovanta: dal “piano dellaQualità Totale” al progettodella Fabbrica Integrata

55

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 55

Page 56: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

nel settembre del 1991. In effetti, dati i vincoli strutturali, tecnologicie gestionali posti dagli impianti tradizionali e i ritardi necessariamenteconnessi ad un processo di trasformazione così radicale all’interno diu n ’ o rganizzazione ampia e complessa, fino al 1991 la Fabbrica Inte-grata resterà sostanzialmente limitata ai più recenti impianti di Te r m o-li e Cassino: “Nonostante l’appello di Romiti, fino a circa tutto il 1991,il nuovo modello organizzativo rimase chiuso solo a pochi stabilimenti.La sua estensione a stabilimenti a tecnologia più tradizionale, come Mi-rafiori, richiedeva complessi interventi di ristrutturazione degli impian-ti, e, inoltre, vi era la necessità di dover disporre di un po’ di tempoper pre p a r a re alla nuova logica capi ed operai” (Pulignano, 1995: 47).Tuttavia, nel frattempo - ossia nel corso del 1990 - la direzione azien-dale aveva già deciso di dismettere due impianti nel nord Italia (Desioe Chivasso) e di realizzarne due nuovi al sud (Melfi e Pratola Serra) al-l’interno dei quali attuare compiutamente i principi del nuovo sistemao rg a n i z z a t i v o .

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La svolta degli anniNovanta: dal “piano della

Qualità Totale” al progettodella Fabbrica Integrata

56

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 56

Page 57: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Struttura e caratteristiche di base dello stabilimento lucanoLa costruzione dell’impianto di Melfi designa l’obiettivo dell’azienda di speri-m e n t a re fin dall’inizio, a part i re dalla fase della progettazione, i nuovi princi-pi organizzativi e gestionali della Fabbrica Integrata all’interno di un contestoprivo dei condizionamenti e dei limiti operativi presenti nei tradizionali stabili-menti del nord. A tale riguardo, la strategia di insediamento, che ha port a t oalla localizzazione dell’impianto in un contesto g re e n f i e l d, evidenzierebbe lavolontà del m a n a g e m e n t di pro c e d e re alla verifica delle nuove forme gestio-nali e organizzative all’interno di un tessuto sociale privo di “vincoli storici”,c u l t u re del lavoro di tipo industriale, conflittuale, fordista. La Fiat ha, quindi,di proposito cercato di installarsi “in aree fondamentalmente agricole, dovela manodopera si adatta più facilmente al lavoro industriale: magari con mag-giori problemi sul piano tecnico, ma certo con minori problemi sul piano so-ciale (...). E’ il ruolo del lavoro agricolo che, di sua natura, non è contestati-vo” (Annibaldi, 1989: 221-222).Le novità rispetto al passato sono rilevanti soprattutto in quanto l’impre s acessa di esistere come sistema sostanzialmente “chiuso” e si apre e con-f ronta con l’impatto dello stabilimento sull’ambiente circostante e le solle-citazioni che da quest’ultimo pro v e n g o n o2 1. In sostanza, l’obiettivo dell’ac-curata fase di riflessione-progettazione iniziale sull’impatto della nuova fab-brica sul contesto locale è diretto ad evitare che si verifichino, come inpassato, profonde trasformazioni della realtà sociale e morfologica dell’a-rea di insediamento, evitando quindi fenomeni di addensamento abitativonelle immediate vicinanze della fabbrica. Inoltre, obiettivo non meno impor-tante di questa attenta valutazione aziendale è quello di favorire un’integra-zione tra i nuovi ritmi produttivi e le preesistenti modalità di relazione, disocialità, di vita. Non per questo le relazioni sociali operanti all’esterno delluogo di lavoro rimangono sostanzialmente immutate, anzi subiscono unradicale processo di ristrutturazione funzionale nell’ottica dalla logica delp rocesso di valorizzazione, finendo per operare come “ammort i z z a t o r i ”nei confronti dello stress e della fatica sperimentate in fabbrica, ossia co-me meccanismi normalizzanti (Vitale, 2001).La costituzione di una denominazione sociale autonoma (Sata) ha, inoltre,permesso notevoli spazi di manovrabilità e ridotti vincoli d’azione anchedal punto di vista delle relazioni industriali, in quanto si è tradotta nell’az-zeramento della contrattazione aziendale pregressa all’interno di Fiat Au-to, evitando quindi di “(…) trasferire meccanicamente nello stabilimentomelfese il sistema di accordi contrattuali e di regolazione retributiva del-le prestazioni di lavoro vigenti nel Gruppo Fiat, e neppure l’insieme dellerelazioni aziendali pregresse” (Cersosimo, 1994: 98).

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

S t ruttura e caratteristiche di base dello stabilimentol u c a n o

57

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 57

Page 58: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Per quanto riguarda la struttura materiale dello stabilimento stabilimento,questa è organizzata in maniera tale che, una volta effettuate le operazio-ni di stampaggio (che produce a piccoli lotti), il ciclo produttivo si lineariz-za, sdoppiandosi su due linee che scorrono parallele (Melfi 1 e Melfi 2)22

passando per le successive fasi della lastratura, della verniciatura e delmontaggio finale. A parte la possibilità di soste di un limitato numero discocche tra la lastratura e la verniciatura e tra quest’ultima e il montag-gio, il processo produttivo non prevede né scorte né “polmoni” interme-di. Ciò naturalmente non implica che non si dia la possibilità di accumulidi prodotti in fase di lavorazione ma soltanto che - non essendo previstodal layout linearizzato - qualsiasi rallentamento del flusso produttivo, de-terminato da qualsivoglia disfunzione (tanto di origine tecnica, quantoumana), diviene immediatamente visibile.Il flusso produttivo si presenta sequenzialmente articolato in quattro UnitàOperative che corrispondono alle diverse fasi produttive su citate, le quali al o ro volta si scompongono in Unità Tecnologiche Elementari (Ute), re c i p ro c a-mente interconnesse secondo il principio del just in time. Il processo di fab-bricazione è quindi strutturato sulla base della logica del flusso monopezzo(Shingo, 1985), ossia secondo un sistema di produzione linearizzato cheopera in just in time (cioè perseguendo l’obiettivo congiunto di “zero scort ee zero difetti”). Con la linearizzazione del ciclo produttivo, la logica operativadella catena di montaggio, che procede per operazioni incrementali succes-sive, viene estesa all’intero processo (o quasi, in quanto lo stampaggio con-tinua a pro d u r re a piccoli lotti), incluse le stesse attività che producono i com-ponenti che verranno poi assemblati (sia che vengano fabbricati dalla casaauto e sia che vengano invece prodotti da imprese fornitrici).Le 35 Ute complessive si presentano così distribuite all’interno delle quat-t ro Unità Operative: 2 nell’Unità dello stampaggio, 7 in lastratura, 9 in ver-niciatura e 17 al montaggio (in cui lavora circa la metà della manodoperad i retta). Escluso il montaggio, in cui il lavoro manuale continua ad avere unpeso preponderante, il resto del processo si caratterizza per essere alta-mente automatizzato.Poiché il criterio di base che ha portato alla definizione dei confini tra levarie Ute non è stato quello del governo delle persone ma è, invece, fon-dato sulle caratteristiche delle fasi di lavorazione23, la composizione nu-merica di alcune cellule produttive si presenta in Fiat più ampia rispetto aquella delle altre imprese automobilistiche (Durand et al., 1999). In termi-ni generali le Ute variano complessivamente tra i 15-20 e i 70-80 addet-ti circa realmente presenti durante un turno di lavoro24.Lo stabilimento opera su tre turni di lavoro - quindi 24 ore su 24 - per sei

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

S t ruttura e caratteristiche di base dello stabilimento

l u c a n o

58

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 58

Page 59: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

giorni alla settimana. Ciascun turno di lavoro è della durata di 7 ore e 45minuti, comprensivi di 30 minuti retribuiti per pausa mensa a fine turno,ragion per cui tra un turno e l’altro è presente un “vuoto temporale” di 45minuti, programmato per gli interventi di manutenzione e per effettuareeventuali recuperi produttivi.La capacità produttiva installata è di 1.600 auto al giorno, per un totaledi 450.000 auto all’anno, mentre l’impostato giornaliero, ossia la produ-zione effettivamente programmata, è attualmente di 1.485 veicoli. L’oc-cupazione prevista dal piano aziendale - per il 1996, ossia nel momentoin cui l’impianto sarebbe stato a regime - era di circa 6.400 addetti (di cuicirca 600 impiegati). In realtà, attualmente25 a Melfi il totale degli addettisi aggira intorno alle 5.100 unità.Per la prima volta nell’esperienza di Fiat Auto, l’accesso ai percorsi forma-tivi - soprattutto nella fase iniziale - si è contraddistinto per avere un carat-t e re universale e massiccio, coinvolgendo tanto gli impiegati quanto glioperai generici e professionali: lo spettro del periodo formativo è compre-so da un minimo di due settimane circa per gli operai comuni, ai sei mesidi formazione-affiancamento per i Cpi, fino al limite superiore di un anno emezzo o due anni per manutentori, tecnologi, capi Ute, ecc. L’ o b i e t t i v oprincipale dell’attento processo di selezione e dell’importanza rivestita dal-la formazione in aula, che ha caratterizzato l’esperienza della fabbrica lu-cana, può essere sintetizzato nella necessità di trasmettere a tutti i lavo-ratori non solo e semplicemente le necessarie capacità professionali e lalogica della “cultura industriale”, ma anche “quelle capacità relazionali (la-vori in gruppo, comunicazione, rapporto con i collaboratori, ….), che oltrea quelle strettamente professionali sono presupposto inderogabile per po-ter operare in una logica di fabbrica integrata” (Fiat Auto, 1991: 14).Per quanto concerne le relazioni con i fornitori, Melfi si pone come ele-mento di continuità/discontinuità del processo di terziarizzazione che, inFiat Auto, aveva già preso piede a part i re dalla fine degli anni Settantacon la chiusura del Lingotto2 6: “All’inizio degli anni Novanta si sperimen-ta, in questo processo di terziarizzazione, una fase che determina il cam-biamento del rapporto tra il fornitore e il committente per quanto riguar-da le modalità di fornitura. Si tratta del just in time, che, tra gli stabili-menti Fiat, trova a Melfi la sua realizzazione più compiuta: e’ un sistema(...) che prevede l’approvvigionamento dei materiali da parte del fornito-re direttamente a lato linea ed esattamente nel momento in cui i part i c o-lari stanno per essere montati, senza passare attraverso la tappa inter-media dello stoccaggio in magazzino” (Magnabosco, 1999: 24). Il com-p rensorio industriale - denominato dal m a n a g e m e n t aziendale con l’em-

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

S t ruttura e caratteristiche di base dello stabilimentol u c a n o

59

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 59

Page 60: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

blematico termine di Melfi City - all’interno del quale si colloca lo stabili-mento Sata, si caratterizza, infatti, per la presenza (immediatamente aridosso della fabbrica Fiat) delle aziende fornitrici dei principali compo-n e n t i2 7, in maniera tale da agevolare il rifornimento in tempo re a l e.L’impianto produttivo della casa auto, così concepito, riesce a gestiregli approvvigionamenti in just in time, cioè senza scorte (o, almeno, cons c o rte ridotte al minimo), quindi con un basso livello di capitale di inve-stimento e funzionamento: “Infatti, la contiguità fisica dei re p a rti di as-semblaggio da quelli di produzione dei singoli componenti consente dir i d u r re polmoni inaspettati (b u ff e r s) e movimentazioni superflue” (Puli-gnano, 1995: 76). Pertanto, viene ridotto drasticamente il livello di ri-schio dell’investimento complessivo e, contemporaneamente, aumenta-no le possibilità di controllo della casa auto sulle aziende rifornitrici. Siconsideri che, in termini economici, il 40% degli acquisti dello stabili-mento Sata provengono dal comprensorio dei fornitori localizzati nelleimmediate vicinanze dello stabilimento stesso (dati Fiat). Attraversoquesto processo di deverticalizzazione/esternalizzazione (ossia loscorporamento e l’acquisto da aziende terze di componenti tecnologi-camente complessi, frutto di intere fasi del processo produttivo), il tra-dizionale i n d o t t o finisce per assumere la forma di struttura della forni-tura organizzata in filiere produttive (Pulignano, 1997b). La vicinanza fi-sica della maggior parte dei fornitori di prima fascia è, inoltre, garanziadi flessibilizzazione sistemica, in quanto consente la pro g r a m m a z i o n eed, eventualmente, riprogrammazione a breve termine2 8, e financhequotidiana del mix (modelli e optional) di auto da pro d u r re per ciascunturno di lavoro. La ridefinizione dei programmi produttivi viene immedia-tamente comunicata - attraverso il sistema informatico - ai fornitori.A ciò si sono aggiunti i recenti processi di terziarizzazione avanzata e dimodularizzazione. Il primo presenta due aspetti principali che sono, da unlato, la terziarizzazione dei servizi (amministrazione del personale, conta-bilità, sicurezza industriale, sistemi informatici, ricambi) e, dall’altro, quelladelle aree di trasformazione vere e proprie (h a n d l i n g2 9, global service3 0,m a n u f a c t u r i n g). “Soprattutto questo secondo aspetto presenta grandi ele-menti di novità, perché fa entrare i fornitori nel vivo del processo pro d u t t i-vo, tradizionalmente considerato ambito distintivo del costruttore finale(...). Peraltro l’elemento più ‘innovativo’ della terziarizzazione avanzata è(...) l’ingresso dei fornitori nel m a n u f a c t u r i n g, cioè nelle fasi di trasforma-zione. Per fare un esempio, la verniciatura delle scocche è affidata allaPpg, il più grande pro d u t t o re mondiale di vernici, che già oggi le fornisceai nostri stabilimenti” (Magnabosco, 1999: 25).

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

S t ruttura e caratteristiche di base dello stabilimento

l u c a n o

60

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 60

Page 61: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

La realizzazione della Fabbrica Integrata di CordobaLa decisione di realizzare un nuovo impianto produttivo in Argentina rien-tra a pieno titolo all’interno del nuovo programma di internazionalizzazio-ne messo a punto da Fiat Auto all’inizio degli anni Novanta31.La scelta localizzativa della multinazionale torinese è ricaduta su Cordo-ba, in quanto area ritenuta vantaggiosa da più punti di vista. Tra questipossiamo citare, ad esempio, l’aspetto logistico (vicinanza al sud del Bra-sile in cui sono situati altri impianti produttivi Fiat) e quello economico-re-tributivo (il livello medio dei salari della regione di Cordoba è di circa il 10-15% più basso rispetto a quello riscontrabile a Buenos Aires)32, a cui bi-sogna aggiungere la presenza di particolari agevolazioni fiscali territoria-li dirette alla promozione di investimenti produttivi stranieri.Sulla base di queste premesse, nel corso del 1995 ha preso corpo la ri-soluzione, da parte della dirigenza Fiat di procedere nella costruzione diun nuovo stabilimento produttivo a Cordoba, per la produzione dei model-li Palio e Siena. Ciò ha comportato preliminarmente l’acquisizione di unapreesistente fabbrica di meccanica (Cormec) di cui la multinazionale tori-nese possedeva una quota di maggioranza (55%) e la creazione della so-cietà Fiat Auto Argentina S.A.L’ a rea d’insediamento dell’impianto si trova nella zona industriale di Cord o-ba (Ferreyra), localizzata nell’immediata periferia della città, all’interno dellaquale sono attualmente situate altre tre fabbriche automobilistiche (Renault,Volkswagen, Chrysler). Di queste, solo la Renault era già presente al mo-mento della decisione della costruzione della nuova fabbrica della Fiat, men-t re le altre sono state realizzate immediatamente dopo (alle tre imprese pre-cedentemente menzionate va, inoltre va aggiunta la General Motors cheperò, nel corso del 2000, ha definitivamente dismesso il proprio impianto).Le tappe fondamentali nella costruzione dello stabilimento, portato a ter-mine nel tempo record di 18 mesi, sono le seguenti: apertura del cantie-re nel giugno 1995; installazione degli impianti nel febbraio 1996; iniziodella produzione delle pre-serie nel settembre 1996 e, infine, prime vet-ture rese disponibili sul mercato - e inaugurazione ufficiale della fabbrica- nel dicembre del 1996.La logica che ha guidato il progetto dello stabilimento di Cordoba è lastessa di quella di Melfi. Come dichiarato da Roberto Testore (Amministra-tore delegato di Fiat Auto) durante la conferenza stampa di presentazio-ne del nuovo stabilimento di Cordoba il 19 dicembre 1996, “Il nuovo im-pianto è certamente tra i più moderni al mondo, assolutamente in lineacon le nostre fabbriche in Europa e, in particolare, con quella di Melfi, con-siderata all’avanguardia nel panorama automobilistico europeo. Stesse

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

61

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 61

Page 62: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

soluzioni tecnologiche, basate su una stretta sinergia tra i sistemi d’auto-mazione flessibile e le capacità degli uomini. Stessi concetti di organizza-zione del lavoro, fondati sulla ‘fabbrica integrata’. Stessa grandissima at-tenzione alla qualità e al miglioramento continuo dei processi e dei pro-dotti. Stessi metodi produttivi, basati sull’integrazione dei fornitori, la cuipresenza in un’area contigua allo stabilimento è indispensabile per lavora-re just in time, cioè senza scorte e magazzini” (in Bissaca, 1998: 28).Nelle sue linee progettuali, Cordoba rappresenta, quindi, la duplicazione, indimensione ridotta della fabbrica lucana (l’insediamento di Melfi ricopre unas u p e rficie di 2 milioni di m? contro gli 820.000 di Cordoba), sia pure con lei m p o rtanti e imprescindibili specificità legate al diff e rente contesto socio-economico e all’esperienza organizzativa e gestionale maturata a Melfi3 3.Entrambi gli impianti sono stati costruiti ex novo sulla base dei principi or-ganizzativi della Fabbrica Integrata che, ricordiamo, si ispirano al ToyotaProduction System e che, peraltro, sono stati ormai quasi interamenteibridati all’interno di tutti gli stabilimenti Fiat. Come spiega Vittorio Saitta(Capoprogetto Fiat Auto Argentina) nel corso di un’intervista: “Abbiamo‘esportato’ Melfi? In un certo senso sì, ma in che cosa? Nelle logiche, nel-la cultura industriale, nelle strategie aziendali. Abbiamo esportato una cul-tura, ‘concetti’, un modello organizzativo” (In Bissaca, 1998: 13).Anche a Cordoba, così come a Melfi, è stata riservata un’area di 500.000metri quadri adiacente allo stabilimento della casa auto e riservata ad unaparte dei fornitori di prima fascia34. Comunque, data la consistenza nume-rica e la particolare concentrazione localizzativa delle industrie automobi-listiche presenti nella regione, la maggior parte delle multinazionali dicomponentistica (ma anche alcuni fornitori di seconda e terza fascia) sitrova ubicata in una zona limitrofa ai vari stabilimenti delle case auto si-tuate nella località di Ferreyra35;Al pari di quanto accaduto con la realizzazione dello stabilimento italiano,anche nel caso argentino l’entrata in funzione del nuovo impianto è statapreceduta dalla stipulazione di un nuovo accordo sindacale (posto dall’a-zienda Torinese quale pre-condizione alla realizzazione dell’investimentoproduttivo) che ha ratificato importanti deroghe rispetto al vigente con-tratto collettivo di settore e che ha, infine, portato ad un sostanziale peg-gioramento nelle condizioni di lavoro: precarizzazione e flessibilizzazionenell’utilizzo produttivo della forza lavoro.Fiat Auto Argentina, oltre a poter contare su ingenti aiuti finanziari pub-blici per la realizzazione dei nuovi impianti, ha avuto la possibilità di as-s u m e re i nuovi lavoratori attraverso contratti di formazione (compre s iall’interno del Programma E m p re n d e r) e, pertanto, attraverso salari d’in-

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La realizzazione dellaFabbrica Integrata di

Cordoba

62

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 62

Page 63: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

g resso ridotti3 6. Possibilità che nel caso sudamericano, a diff e renza diquello italiano, è stata creata su misura per le necessità dell’azienda to-rinese, in quanto prima del 1996 potevano usufruire dell’iniziativa E m -p re n d e r soltanto le aziende nazionali. Dopo la presentazione del pro g e t-to ISVOR al governo regionale è stata promulgata dal governo centrale,in tempi molto brevi, una legge (2 febbraio 1996) che consente la “r i -duzione degli oneri sociali per quelle imprese che, nel periodo inizialedel loro insediamento, daranno vita a una formazione professionale re a-lizzata nella sede argentina dell’impresa” (Bissaca, 1998: 10). L’ a z i e n-da torinese ha investito molto sulla formazione dei lavoratori neo-assun-t i3 7, sfruttando nel contempo, anche in questo caso, la riduzione deglioneri sociali a carico delle imprese connessa alla realizzazione di unp rogramma di formazione pro f e s s i o n a l e .La struttura materiale dello stabilimento produttivo argentino si presentaarticolata in quattro Unità Operative (meccanica, lastratura, verniciatura emontaggio). A differenza di Melfi, a Cordoba non è presente l’Unità distampaggio, in quanto quest’ultimo viene gestito in outsourcing da impre-se terze - tra le quali la più importante è rappresentata dalla Ferrosider -localizzate all’interno del parco fornitori sito nelle immediate vicinanze del-la casa auto. Invece, esiste l’Unità di meccanica (per il montaggio di mo-tori e la produzione di scatole del cambio e sospensioni), preesistente al-la realizzazione della nuova fabbrica38, che non ha giovato di radicali inve-stimenti in tecnologia, ma quasi esclusivamente di un processo di ristrut-turazione organizzativa orientato secondo i principi della Fabbrica Integra-ta. Inoltre, il nuovo complesso industriale è dotato anche di un centro didistribuzione chiamato Centro di Consolidamento (posto nelle immediatevicinanze della fabbrica), che ha la funzione di convogliare e smistare ipezzi e i “sottogruppi” provenienti da, o destinati a, altri stabilimenti Fiatargentini, brasiliani o di altri paesi. Questo servizio è stato terziarizzato findall’inizio e affidato a un fornitore (Cargo).A partire dall’Unità della lastratura fino al montaggio finale, il flusso delprocesso di fabbricazione è operativamente linearizzato, fa eccezionesoltanto l’interconnessione tra la meccanica (che produce a piccoli lotti39)e il montaggio. Infatti, la vecchia pianta di meccanica è fisicamente sepa-rata (anche se operativamente integrata in just in time) rispetto al nuovoimpianto, per cui il rifornimento al montaggio finale avviene ancora in ma-niera tradizionale, via tradotte (tramite carrellisti).A Cordoba, diversamente da Melfi, si lavora su una sola linea, anche se,in previsione di un futuro aumento della produzione, la fabbrica è statastrutturata in maniera tale da contemplare gli spazi opportuni per la mes-

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

La realizzazione dellaFabbrica Integrata diCordoba

63

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 63

Page 64: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

sa in opera del raddoppio della linea di fabbricazione40. Come a Melfi, ilprocesso produttivo è stato cellularizzato.Le 25 Ute complessive sono così suddivise: 7 nell’Unità di meccanica, 5in lastratura, 5 in verniciatura e 8 al montaggio. Originariamente il nume-ro complessivo di Ute erano maggiore, però, nei primi mesi del 1999 - inseguito alla crisi brasiliana che ha determinato un calo nelle esportazionie quindi una drastica riduzione nei volumi produttivi - sono state ridotte.In precedenza nell’Unità di meccanica erano presenti 11 Ute, mentre quel-le del montaggio assommavano a 12.Le Ute di meccanica e del montaggio finale sono quelle a più elevata in-tensità di lavoro, suddividendosi quasi equamente circa i due terzi dellamanodopera diretta complessiva. Tuttavia, anche la lastratura, a differen-za dello stabilimento lucano, presenta un numero complessivo di operairelativamente elevato (300 circa). Tale caratteristica è dovuta al fatto che,per quanto concerne l’investimento in tecnologia, in generale, l’impiantoargentino si caratterizza per un minore grado di automazione rispetto al-la fabbrica lucana. Se il montaggio e la verniciatura non presentano so-stanziali differenze rispetto alla situazione di Melfi, all’interno dell’unità del-la lastratura sono stati installati soltanto cinque robot, contro i 223 di Mel-fi, dove il grado di automatizzazione delle operazioni di saldatura raggiun-ge il 99%. Tale differenza viene così spiegata da Vittorio Saitta (Capopro-getto Fiat Auto Argentina) nel corso di un’intervista: “(...) come lo stabili-mento di Melfi, quello di Cordoba (...) è una fabbrica integrata, con il mas-simo sfruttamento degli impianti e la massimizzazione della capacità pro-duttiva. Ma il livello tecnologico installato a Cordoba non è lo stesso diquello di Melfi. Da questo punto di vista non abbiamo ‘esportato’ un mo-dello, ma ci siamo ‘adattati’ al contesto locale, industrialmente avanzato,seppur ancora privo di grandi esperienze di automazione. La scelta del-l’automazione spinta avrebbe sicuramente avuto ricadute sulla produtti-vità. Investimento ‘calibrato’ sul Paese quindi, ma soprattutto sui volumi”(in Bissaca, 1998: 13-14).Il nesso tra il grado di automazione degli impianti e i volumi produttivi, al-meno inizialmente previsti, viene ulteriormente confermato, sempre nelcorso della stessa intervista: “In lastratura abbiamo predisposto gli spaziopportuni per installare in futuro - se ci sarà l’opportunità - una tecnologiapiù avanzata; siamo predisposti per passare da 400 a 800 vetture. Ci sia-mo adattati al Paese, rispettando l’attuale contesto, ma al contempo ab-biamo progettato e realizzato uno stabilimento aperto a eventuali cambia-menti e sviluppi tecnologici” (in Bissaca, 1998: 14).L’azienda torinese non ha cercato affatto di esportare un “modello” inva-

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La realizzazione dellaFabbrica Integrata di

Cordoba

64

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 64

Page 65: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

riante di fabbrica. Ciò testimonia concretamente la tesi di Boyer e dellaGerpisa (Boyer et al., 1998) sulla presenza di un processo di ibridazionee adattamento dei principi strutturali-organizzativi dell’ohnismo che, a se-conda dei diversi contesti socio-economici all’interno dei quali viene mes-so in atto, presenta delle caratteristiche peculiari e specifiche. “Con l’Ar-gentina l’azienda ha veramente avuto la percezione di che cosa significhi‘globalizzazione’: sia dal punto di vista del business, sia dal punto di vistadel cambiamento del sistema di management e dei processi di gestione.Perché è con l’Argentina che abbiamo sperimentato che cosa significhi in-tegrarsi e non omologare. Integrarsi, cioè investire in modo coerente conla situazione del Paese, non esportare ovunque Mirafiori o Melfi, concepi-re una ‘forma’ aziendale ‘cucita addosso’ al Paese in cui si investe, dalletecnologie utilizzate al costo della manodopera, al livello di automazio-ne...” (dall’intervista a Michele Gaido - Direzione Personale e Organizzazio-ne, Sviluppo e Gestione risorse Fiat Auto - in Bissaca, 1998: 14-15).La capacità produttiva installata (teorica) dell’impianto di Cordoba è di800 auto al giorno (per una produzione annuale di 200.000), mentrel’impostato giornaliero inizialmente previsto dal programma aziendale( p roducendo su due turni di lavoro) era di 400 vetture, e si sarebbe do-vuto successivamente - e pro g ressivamente - avvicinare alla pro d u z i o-ne teorica (con i due turni). In realtà, al momento della ricerca sul cam-po (primavera 2000), la produzione quotidiana si aggirava mediamen-te intorno alle 180-200 unità4 1.A proposito di quest’ultimo punto è necessario fare alcune pre c i s a z i o n i .L’obiettivo produttivo programmato per i primi anni - la cosiddetta fase diassestamento - era di 450-500 veicoli al giorno (programma che, del re-sto, è stato sostanzialmente realizzato), eventualmente da port a re a pocomeno di 800 se il mercato ne avesse off e rto l’opportunità. Però la crisieconomica brasiliana di fine 1998 e la successiva svalutazione del R e a l,ha indotto l’azienda a riconsiderare le previsioni di breve-medio periodo e,quindi, a ridurre drasticamente la produzione eff e t t i v a4 2: occorre infatti sot-t o l i n e a re che meno della metà della produzione dell’impianto argentino eradestinata al mercato interno, mentre circa il 50-60% doveva essere espor-tata proprio in Brasile. Il venir meno delle condizioni di redditività compa-rata dell’impianto argentino e la crisi delle vendite, hanno indotto l’aziendaa rivedere il bilanciamento e la distribuzione dei volumi produttivi della“178” assegnati ai due paesi del Mercosur a favore del Brasile.L’occupazione diretta prevista a regime era di 5.000 unità. In realtà, all’e-poca della ricerca, l’impianto occupava circa 1.700-1.800 operai e, in ge-nerale, anche nei periodi di massima produzione, ossia nei primi due an-

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

La realizzazione dellaFabbrica Integrata diCordoba

65

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 65

Page 66: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

ni di attività, l’occupazione totale (operai più impiegati) si è aggirata tra le4.000 e le 4.500 unità. Successivamente, gli operai si sono ulteriormen-te ridotti per passare ad un totale che si aggira attorno alle 1.000 unità(La Voz del Interior, 2 aprile 2002).Lo stabilimento di Cordoba, così come quello di Melfi, era stato progetta-to per operare su tre turni di lavoro, quindi 24 ore su 24, per sei giornialla settimana. In realtà, attualmente a Cordoba43 si lavora su un turno so-lo e non si è mai andati oltre i due turni, a parte una parentesi di pochimesi nel corso del 1998 in cui si è lavorato su tre turni44. Inoltre, i turnidi lavoro sono di 8 ore e 18 minuti45 e non, come previsto inizialmente, di7:30, in quanto si lavora soltanto per cinque giorni (dal lunedì al venerdì).Anche per Cordoba l’azienda ha investito molto sulla formazione dei lavo-ratori neo-assunti. Invece, per gli operai della ex Cormec incorporati inFiat Auto Argentina non è stata realizzata alcuna formazione, anche se, inpochi casi, è stata fornita una breve infarinatura generale sui principi del-la Fabbrica Integrata.

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La realizzazione dellaFabbrica Integrata di

Cordoba

66

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 66

Page 67: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

La logica operativa della Fabbrica IntegrataGli elementi che caratterizzano la logica operativa della Fabbrica Inte-grata si manifestano su una pluralità di fronti, all’interno dei quali è,però, possibile individuare due novità principali: a) passaggio da una“filosofia” gestionale basata sulle funzioni ad una focalizzata sui pro-cessi (integrazione interfunzionale); b) ridisegno delle responsabilità alivello di stabilimento attraverso la costituzione delle Unità Operativee, in part i c o l a re, delle Unità Tecnologiche Elementari (Ute), che pos-sono essere considerate il dispositivo operativo fondamentale dellanuova org a n i z z a z i o n e .Per quanto riguarda il primo punto, è necessario ricord a re che l’inte-grazione costituisce il filo conduttore di tutti i mutamenti perseguitinel più ampio processo di ristrutturazione formalizzato all’interno delcosiddetto piano della Qualità Totale; non riguarda soltanto le re l a z i o-ni tra le diverse funzioni infra-aziendali (manutenzione, qualità, fabbri-cazione, gestione dei materiali), ma anche quelle con l’esterno (forni-tura, distribuzione). Attraverso una serie di nuove metodologie pro-gettuali, si registra il passaggio a tecniche e attività condotte in “pa-rallelo” e simultaneità, anziché in sequenza e diacro n i a4 6. A livello distabilimento, con il Progetto Fabbrica Integrata, si realizza compiuta-mente quello che nella terminologia aziendale viene definito il passag-gio “dalla centralità delle funzioni a quella dei processi”: “Nella fabbri-ca tradizionale viene privilegiata la logica funzionale a quella di pro-cesso, per cui ogni f u n z i o n e tende a raggiungere il massimo dei pro-pri obiettivi dando per implicita l’ottimizzazione degli obiettivi più ge-nerali dell’azienda, cosa che la realtà storica ha dimostrato esserepossibile solo a costo di complesse e faticose opere di mediazione”(Fiat Auto, 1994: 12). La logica operativa della Fabbrica Integrata sip resenta, quindi, caratterizzata dall’integrazione e dall’ottimizzazionei n t e rfunzionale, ed è proprio questa a consentire strutturalmente dio p e r a re in direzione della flessibilizzazione del sistema. Vengono ri-condotte all’interno della produzione diretta, dell’o ff i c i n a, tutta una se-rie di funzioni di servizio/supporto alla produzione stessa che primaerano separate: “(...) i precedenti comportamenti legati al modellotayloristico gerarchico-funzionale prevedevano di port a re i pro b l e m ioperativi su e giù, lungo la gerarchia dell’organizzazione, strutturataper funzioni. La nuova logica è quasi opposta: prevede che i pro b l e-mi siano risolti là dove si originano e da chi li ha visti cre s c e re e hala competenza professionale per risolverli” (Fiat Auto, 1994: 11).La tradizionale gestione per “funzioni” assegnava ai diff e renti “servizi”

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

67

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 67

Page 68: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

(acquisto dei materiali, fabbricazione, montaggio, collaudo, manuten-zione) - che agivano in modo indipendente l’uno dall’altro per poi venirec o o rdinati burocraticamente a livello superiore - specifiche leve di pote-re e correlative responsabilità. Ciò si traduceva in una segmentazionedel processo decisionale e gestionale in comparti separati: “In astratto,se ogni funzione fosse regolata al meglio avremmo anche un ottimocomplessivo, ma in realtà, poiché ogni funzione tende a privilegiare lap ropria ottica, il massimo ottenibile è rappresentato da tante ottimizza-zioni parziali, ognuna misurata esclusivamente sulle variabili eff e t t i v a-mente controllate” (Volpato, 1996: 283). Al contrario, la gestione perp rocessi ha per obiettivo la valutazione globale dei risultati produttivi at-traverso un’attività di integrazione complessiva e simultanea tra le dif-f e renti fasi: “Le funzioni vengono integrate a part i re dal basso, in mododa orientarle subito e simultaneamente al migliore risultato complessi-vo. In secondo luogo, le decisioni interfunzionali che prima erano pre s edalle direzioni di stabilimento vengono decentrate a livello di officina, ed e n t ro di questa” (Bonazzi, 1993: 62). Le diverse funzioni di fabbrica-zione, qualità, manutenzione e gestione materiali vengono riaggre g a t ee coordinate all’interno di Unità Operative a “tecnologie omogenee”(stampaggio, lastratura, verniciatura, meccanica, montaggio), ciascunadelle quali gestisce compiutamente una delle diverse fasi in cui si art i-cola il processo produttivo. A capo di ogni Unità Operativa è posto unresponsabile (il cui superiore gerarchico è il Dire t t o re dello stabilimen-to) le cui responsabilità comprendono due attività precedentemente se-parate, che venivano accentrate solo ad un livello gerarchico superiore ,in posizione di s t a ff: “Produzione” e “Ingegneria di Produzione”. L’Unità Operativa si presenta come una realtà omogenea e sostanzial-mente autosufficiente dal punto di vista tecnico e logistico. In tal modo,cellularizzando il processo produttivo linearizzato (Fiocco, 1998b), l’a-zienda realizza una flessibilizzazione del sistema complessivo. La fina-lità dell’Unità Operativa consiste nel “(...) garantire la realizzazione delp rogramma di produzione al minimo costo di trasformazione e ai livellidi qualità e servizio previsti, di garantire la manutenzione dei mezzi dil a v o ro e lo sviluppo di adeguati obiettivi di pre v e n z i o n e / m i g l i o r a m e n t ocontinuo del pro c e s s o / p rodotto di competenza” (Boldizzoni et al.,1996: 397). Per poter operare in tal senso, l’Unità Operativa disponedel supporto di tutti gli enti e, quindi, di tutte le figure professionali ne-cessarie, nonché dei poteri decisionali indispensabili per la gestione diun “processo omogeneo” (assemblaggio del telaio, montaggio dellep o rt i e re, ecc.) o per la realizzazione di un “prodotto definito” (plancia,

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La logica operativa dellaFabbrica Integrata

68

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 68

Page 69: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

basamento motore, ecc.), così da poter governare la fase del pro c e s-so produttivo complessivo di propria competenza, tanto in termini tec-nologico-logistici quanto di qualità.Come su esposto, dal punto di vista dell’organizzazione interna l’UnitàOperativa si divide in Produzione e Ingegneria di Produzione. Dalla pri-ma dipendono direttamente sia la Programmazione e la Gestione Mate-riali, con compiti di programmazione della produzione e controllo delrifornimento del materiale diretto, sia la Gestione Operativa, che si oc-cupa del presidio delle attività finalizzate alla realizzazione dei pro g r a m-mi produttivi assegnati e del bilanciamento delle risorse umane e deiservizi di supporto alla produzione. L’Ingegneria di Produzione invece hail compito di garantire la funzionalità tecnico-produttiva globale del si-stema, si occupa dell’avviamento dei nuovi prodotti e delle relative va-riazioni, del controllo e del miglioramento dei tempi, dei cicli e dei me-todi di trasformazione e dell’assistenza specialistica alle strutture pro-duttive. In questo lavoro si avvale dei servizi di Manutenzione, ServiziTecnici (che comprendono i Tecnologi di linea e i Tecnologi specialisti-ci), Tecnologia di pro d o t t o / p rocesso (grosso modo corrispondente alvecchio Ufficio Metodi) e Utilizzo Fattori (a grandi linee corrispondenteal tradizionale ufficio Analisi Lavoro). Attraverso questa org a n i z z a z i o n e ,all’interno dell’Unità Operativa vengono riaccorpate le tradizionali funzio-ni dei Servizi Tecnici, della Fabbricazione e dei Servizi di supporto allaP roduzione, favorendo così l’integrazione interfunzionale, nonché l’otti-mizzazione e il presidio dell’intero processo pro d u t t i v o .L’ e ffetto più vistoso della nuova struttura organizzativa è la riduzionedei livelli gerarchici che, dai quattordici degli anni Settanta (sette re-sponsabili più sette vice), passano a cinque. In part i c o l a re vengono eli-minati i ruoli di vice-capo Officina e di capo Reparto: “La delega decisio-nale permette di lavorare con un numero ridotto di livelli gerarchici, so-lo quelli che rispondono a una effettiva esigenza di gestione e di re g o-lazione” (Fiat Auto, 1994: 13). Scendendo lungo l’organigramma dellostabilimento, al cui vertice è posto il Dire t t o re, troviamo il capo Unità(uno per ogni Unità Operativa), quindi il responsabile della Pro d u z i o n e(che si occupa anche della gestione tecnica dei materiali, oltre che delp rocesso) e, al livello successivo, il Gestore Operativo. Quest’ultimor a p p resenta il livello gerarchico immediatamente superiore al capo Ute.La Gestione Operativa si articola in unità organizzative di base d e f i n i t eUte (Unità Tecnologiche Elementari), le quali costituiscono i nuclei cen-trali della Fabbrica Integrata e presentano, così come le Unità Operati-ve, una struttura c e l l u l a re in quanto integrano al loro interno una plura-

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

La logica operativa dellaFabbrica Integrata

69

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 69

Page 70: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

lità di funzioni interconnesse (fabbricazione, presidio degli impianti, con-t rollo della qualità, gestione dei materiali e dei componenti in entrata)necessarie a gestire un “segmento compiuto” del processo pro d u t t i v o .Uno dei meccanismi basilari di raccordo tra Ute e Unità Operativa è co-stituito dal team tecnologico, che rappresenta fondamentalmente ungruppo di p roblem solving: si riunisce nel momento in cui insorg o n ospecifiche emergenze o problemi tecnici e organizzativi nelle Ute o, piùin generale, al fine di ricerc a re soluzioni ed innovazioni per miglioramen-ti complessivi dei processi (Fiat Auto, 1994: 18). La composizione delt e a m tecnologico si caratterizza per la scarsa formalizzazione e istitu-zionalizzazione, infatti, a seconda delle necessità e dei problemi speci-fici da aff ro n t a re, il Capo Ute può richiedere la presenza di diversi s p e -c i a l i s m i. Il “nucleo istituzionale” del t e a m è composto dal capo Ute (nel-la veste di team leader), dal tecnologo di Ute e dal responsabile dellam a n u t e n z i o n e4 7. A questo nucleo di base si possono però aggiungere ,su richiesta, altre persone o ruoli, come il conduttore di processi inte-grati, il manutentore, il tecnologo specialista, il rifornitore: “Il Team lea-der (...) ha la responsabilità del processo decisionale, gli altri compo-nenti portano le loro specifiche competenze professionali per la soluzio-ne dei problemi” (Fiat Auto, 1994: 18).

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La logica operativa dellaFabbrica Integrata

70

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 70

Page 71: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

L’Unità Tecnologica Elementare come cellula produttivaL’Ute costituisce la cellula produttiva elementare - il “mattone”, come la defi-nisce Cerruti (1993) - del processo di fabbricazione o, come viene definitadal top management, il f u o c o n e v r a l g i c o della Fabbrica Integrata (Fiat Auto,1994: 21). I confini strutturali e operativi delle Ute sono stati disegnati in mo-do tale da far ricadere al loro interno un segmento compiuto del pro c e s s op roduttivo: “I sistemi tecnologici governati dalle UTE sono caratterizzati dap rocessi omogenei (per esempio assemblaggio dell’autotelaio, ionofore s idella scocca, montaggio delle port i e re) o da un prodotto definito (ingranag-gi del cambio, basamento motore, plancia)” (Fiat Auto, 1994: 16). Attraver-so la scomposizione cellulare del processo di fabbricazione complessivo, ilm a n a g e m e n t aziendale opera in direzione della delega e del decentramentodecisionale, così che le scelte operative, inclusa la gestione del personale(HRM), vengano prese nel luogo - e nel momento - in cui sorgono i pro b l e m i ,le disfunzioni produttive (determinate da cause sia tecniche sia umane); os-sia a livello di shop floor dove si posseggono le conoscenze per aff ro n t a r l ied, eventualmente, risolverli immediatamente. L’Ute si caratterizza come cel-lula relativamente autonoma dal punto di vista gestionale e operativo. Men-t re la tradizionale squadra costituiva una semplice struttura burocratica pre-posta alla realizzazione di alcuni passaggi di un processo produttivo gestitodal vertice, “(...) l’Ute è un ente dotato di potere decisionale e ‘focalizzato’ suun segmento compiuto di quel processo. Il criterio con cui si definiscono leUte non è più, come nelle vecchie squadre, l’omogeneità delle lavorazioni dac o m p i e re su singoli pezzi disarticolati, ma è l’omogeneità di un prodotto pas-sato attraverso vari trattamenti, e tecnologicamente compiuto (...). Macchi-nari dedicati a diff e renti tipi di lavorazioni vengono pertanto assegnati a unasola Ute perché a questa spetta la responsabilità dell’intera fase in cui ope-rano quei macchinari” (Bonazzi, 1993: 62-63).E’ proprio attraverso la cellula produttiva di base che vengono governati i fat-tori fondamentali della produzione: prodotto e processo; mezzi di pro d u z i o-ne (tecnologie); risorse umane; flusso dei materiali (cioè la logistica); costi ditrasformazione (Fiat Auto, 1994: 15). E’ di competenza dell’Ute, o meglio delcapo Ute, la responsabilità di ottimizzare congiuntamente i parametri di eff i-cienza del sistema, qualità del prodotto, volumi e mix produttivo e, inoltre ,g a r a n t i re una risposta tempestiva e appropriata alle varianze che possonomanifestarsi al suo interno. Al capo Ute compete l’integrazione sistemica esociale della propria cellula produttiva, cioè deve coord i n a re re g o l a r m e n t eed efficacemente le azioni dei componenti, delle diverse figure pro f e s s i o n a-li presenti nell’Ute, mantenendo nel contempo i conflitti e le disfunzioni a unlivello t o l l e r a b i l e (e risolvendoli, per lo più, in maniera “pacifica”)48. Per poter

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

71

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 71

Page 72: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

o p e r a re in tal senso, dispone delle “(...) i n f o r m a z i o n i necessarie per monito-r a re i processi che si manifestano al suo interno, dell’autonomia decisionalep e r r i s o l v e re i p ro b l e m i, delle risorse materiali e p ro f e s s i o n a l i per pre n d e rele decisioni e realizzarle” (Cerruti, 1993: 239).L’Ute si presenta come una sorta di “micro - i m p resa” (Fiat Auto, 1994), inquanto oltre che come unità di produzione viene posta anche come unità dicosto. Il capo Ute ha la responsabilità del segmento “compiuto” di pro c e s s op roduttivo di sua competenza e deve svolgere autonomamente una serie diattività per migliorare la qualità del pro c e s s o / p rodotto di sua competenza, ri-d u r re i costi di produzione, gestire le risorse umane e risolvere i diversi pro-blemi che via via si possono pre s e n t a re: “Ha la responsabilità della gestionedei mezzi e degli uomini per re a l i z z a re i migliori risultati di qualità e di pro d u t-tività” (Fiat Auto, 1994: 17). Le cellule produttive di base possono essere me-taforicamente raffigurate come delle piccole aziende, re c i p rocamente interre-late secondo la logica del “cliente interno” (operante attraverso il dispositivoo rganizzativo del k a n b a n). Ogni Ute ha in qualità di fornitore l’Ute pre c e d e n t ee in qualità di cliente quella successiva, e tutte, simultaneamente, hanno co-me punto di riferimento della loro performance il cliente finale. Come aff e r m aun membro dell’Ufficio Personale della Sata: “Chi è responsabile dell’Ute im-pegnata, per esempio, nella lastroferratura, conosce perfettamente tale pro-cesso ed ha però delle conoscenze, anche se non specifiche, di verniciaturae di montaggio. Per tutti il cliente finale è sempre comunque chi compra lavettura. Per cui la catena del cliente la facciamo perc o r re re a tutti fino in fon-do, sino al cliente finale. Le esigenze del cliente sono presenti in qualsiasi fa-se. La f ront line vera è l’ultima Ute del montaggio, ma chi percepisce il clien-te è già la Ute impegnata nella prima fase del processo produttivo” (in Infeli-se, 1995: 145). In tal modo, ogni Ute viene posta come se fosse contempo-raneamente cliente e fornitore delle altre cellule produttive, per cui i nessi re-c i p roci che legano le Ute sono posti nella forma dei rapporti merc a n t i l i .I ruoli ufficiali dei componenti dell’Ute sono costituiti, oltre che dal capo Ute,dal conduttore di processi integrati (Cpi) e dall’operaio di linea, anche dalr i f o r n i t o re e dal tecnologo di Ute. Attraverso questo nuovo disegno org a n i z-zativo, a diff e renza del passato in cui la logica prevalente era di tipo sequen-z i a l e49, i diversi specialismi sono in buona parte contenuti all’interno delle cel-lule produttive elementari favorendo così un’integrazione immediata, sistemi-ca, tra le diff e renti competenze e funzioni.Il capo Ute, che non viene eletto dai lavoratori presenti all’interno del t e a mp roduttivo ma viene nominato dall’azienda ed inserito nella gerarchia di sta-bilimento, viene raffigurato dal m a n a g e m e n t Fiat come una figura meno ge-r a rchica e con funzioni più imprenditoriali, che deve svolgere attività di l e a -

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

L’Unità TecnologicaElementare come cellula

produttiva

72

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 72

Page 73: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

d e r s h i p e saper delegare e motivare i propri “collaboratori” (Fiat Auto, 1994).Costituisce una figura il cui potere gerarchico dovrebbe combinarsi ed inte-grarsi con la competenza tecnica, le capacità gestionali e, non da ultimo, re-lazionali. Rispetto al tradizionale capo squadra possiede un margine notevol-mente maggiore di autonomia e una responsabilità altrettanto ampia. Secon-do il m a n a g e m e n t aziendale, le diff e renze principali del ruolo del re s p o n s a b i-le di Ute rispetto al vecchio capo squadra sono le seguenti: a) mentre que-st’ultimo operava una gestione per “tratti” tecnologici, il capo Ute si occupadi segmenti tecnologici completi; b) il capo squadra ottimizzava i costi limita-tamente al solo fattore manodopera, invece il responsabile di Ute deve utiliz-z a re il principio della scambiabilità di tutti i costi così da minimizzare il costocomplessivo di trasformazione; c) gli obiettivi tradizionali erano di tipo funzio-nale e da perseguire separatamente, oggi gli obiettivi sono globali e vert o n osu qualità, costo e servizio; d) il capo squadra faceva ricorso all’autorità, il ca-po Ute esercita autorevolezza; e) infine, mentre il primo possedeva s k i l l t e c n i-co-gestionali e fondava la propria autorità sulla posizione rivestita, il capo Utedeve possedere s k i l l tecniche, relazionali ed interpersonali e basare le pro p r i ecapacità di gestione dei lavoratori sulla l e a d e r s h i p (Fiat Auto, Org a n i z z a z i o n e ) .“Essi ricevono quindi una (...) delega operativa che di fatto ne fa dei ‘re g o l a-tori di processo produttivo’. Essi, grazie a un sistema informativo integratopossiedono informazioni tempestive sulla disponibilità di risorse (il pro p r i opersonale, i fornitori, i tecnologi messi a disposizione in ciascuna unità ope-rativa)” (Infelise, 1995: 147). In sostanza, quello che si vuole ottenere dal ca-po Ute è l’esercizio di una vera e propria forma di imprenditorialità, in gradodi stimolare un contributo propositivo, comunque attivo da parte dei compo-nenti della cellula produttiva, a tutti i livelli, compreso quello dell’operaio di li-nea al quale si chiede di interpre t a re il ruolo di terminale intelligente del pro-cesso, in grado di avvert i re i segnali deboli delle anomalie di funzionamento.Per dirlo con le parole dell’azienda, il capo Ute “(...) svolge un ruolo per co-sì dire più i m p renditoriale e meno gerarchico: deve assicurare la costantec o e renza delle attività della UTE con quelle dell’Unità Operativa in cui essa ècollocata e sapere delegare e motivare i collaboratori, che sono i primi re a-lizzatori della nuova logica di gestione basata sulla prevenzione, sulla qualitàdel processo, sul buon funzionamento delle macchine” (Fiat Auto, 1994: 17).In stretta collaborazione con il capo Ute opera, a sostegno, il tecnologo diUte (o di linea) che dipende gerarchicamente dal responsabile dell’Ingegne-ria di Produzione ma che opera come figura di supporto del responsabile diUte. In pratica, il tecnologo di Ute ha il compito di mantenere il segmentooperativo assegnato entro determinati valori qualitativi e di efficienza tecni-ca; re n d e re possibile la conduzione dei mezzi tecnici all’interno di obiettivi di

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

L’Unità TecnologicaElementare come cellulaproduttiva

73

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 73

Page 74: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

costo prefissati; e, soprattutto, support a re, sul piano tecnico, il capo Ute nel-la gestione del flusso produttivo, nonché nelle attività volte al miglioramentod e l l ’ e fficienza tecnica e alla riduzione dei tempi ciclo50. Come afferma Fioc-co, al tecnologo di Ute compete “(...) la gestione degli impianti-in-pro c e s s o :è un tecnico dedicato che deve cre a re il presupposto affinché le macchine(o i processi) sotto il suo controllo non si fermino. In caso di rottura si faràricorso alla manutenzione, ma la logica di fondo della fabbrica integrata pre-vede la prevenzione, per cui il tecnologo dell’Ute è organicamente sostenu-to dal servizio tecnico/manutenzione dell’Unità Operativa, costituito da tec-nologi e manutentori con competenze specialistiche” (Fiocco, 1997: 13-14).E’ compito del capo Ute integrare all’interno del proprio campo d’azione an-che le attività svolte dal tecnologo di Ute, da qui la centralità del capo Ute al-l’interno della Fabbrica Integrata. Non tutte le Ute, però, possiedono un tec-nologo ad esse esclusivamente dedicato. Nei segmenti produttivi in cui nonè indispensabile la presenza di un tecnologo di Ute, il campo di interventodel tecnologo di linea si estende su più cellule produttive. I tecnologi specia-listi invece, che si dividono in meccanici, elettrici, elettronici e robotisti, nonsono posizionati sulla linea o attribuiti a singole Ute ma intervengono su ri-chiesta per eff e t t u a re riparazioni particolarmente complesse.Il rifornitore, che può operare contemporaneamente su più Ute51, deve ga-r a n t i re, in rapporto diretto con le imprese fornitrici di componenti, l’appro v v i-gionamento dei materiali di produzione che deve essere sincronizzato rispet-to al flusso reale della produzione giornaliera. Il rifornitore di Ute funge das u p p o rto al capo Ute per tutte le problematiche di natura logistica ma dipen-de direttamente dal responsabile della Programmazione e gestione materia-li: “Le sue attività operative sono invece definite e sviluppate nell’ambito del-l’Unità Tecnologica Elementare” (Fiat Auto, Org a n i z z a z i o n e ) .Con la Fabbrica Integrata nasce anche la figura del Conduttore di Processi In-tegrati (Cpi). Il Cpi è formalmente un operaio professionale che non possiedecompiti diretti di produzione “(...) ma soltanto di controllo, monitoraggio, dia-gnostica rapida e assistenza agli altri operai su problemi di qualità” (Bonazzi,1993: 88). Nei piani del m a n a g e m e n t Fiat, il Cpi rappresenta il primo collabo-r a t o re del capo Ute e dovrebbe costituire il primo e principale re f e rente deglioperai di linea. Come afferma Magnabosco: “Si potrebbe (...) interpre t a re que-sta nuova figura operaia come un generatore di informazione aggiunta per ilsistema e, allo stesso tempo, punto di riferimento e di formazione per i colle-ghi di linea” (Magnabosco, 1996: 39). In realtà, lungi dal costituire una figuraoperaia, si presenta come una sorta di vice-capo. Controlla, addestra e forni-sce assistenza agli operai relativamente alle mansioni da svolgere, intervenen-do a sostegno nel caso in cui essi incontrino problemi; cerca il loro support o

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

L’Unità TecnologicaElementare come cellula

produttiva

74

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 74

Page 75: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

e coinvolgimento al fine del miglioramento continuo; funge da mediatore nel-la comunicazione nonché da ammort i z z a t o re delle tensioni.La figura professionale del manutentore - inizialmente posizionata sulla linea,o meglio all’interno delle Ute - è oggi collocata in apposite aree dedicate (inmodo tale che, in caso di necessità, possa comunque intervenire in tempi ra-pidi per eff e t t u a re operazioni manutentive di pronto intervento). Naturalmen-te, l’importanza della manutenzione risulta essere decisiva nelle aree ad altaautomazione (a Melfi: lastratura, stampaggio, verniciatura), mentre pre s e n t auna rilevanza secondaria nelle fasi tecnologicamente meno complesse (mon-taggio). La manutenzione ordinaria programmata viene solitamente eff e t t u a-ta da apposite squadre di manutentori durante la pausa interc o r rente tra unturno di lavoro e l’altro, nonché nei giorni festivi che sono anche riservati perle operazioni di manutenzione straord i n a r i a .Gli operai di linea, oltre a continuare a svolgere operazioni manuali rigidamen-te parcellizzate e proceduralizzate, devono part e c i p a re attivamente alle atti-vità di produzione. Ossia, secondo i principi dell’ohnismo, è prevista una lo-ro attivazione, riconducibile essenzialmente al “pre s t a re una costante atten-zione” a quel che devono fare e essere polivalenti e flessibili (è formalmentep revisto un frequente interscambio dei lavoratori tra le diverse postazioni);sono inoltre responsabili di parte delle mansioni in passato assegnate a la-voratori indiretti (manutenzione ordinaria, responsabilità del controllo di qua-lità, pulizia del posto di lavoro e degli attrezzi); infine, dato di estrema impor-tanza, vengono investiti della responsabilità di assorbire quanto più possibi-le le micro-varianze - passibili di alterare la continuità del flusso produttivo -che si verificano a livello del posto di lavoro .Gli aspetti più salienti del nuovo ruolo svolto dall’operaio di linea sono: a) laresponsabilizzazione rispetto alla qualità, svolta attraverso la verifica dire t t adegli standard prestabiliti (autocertificazione). Gli addetti linea devono lavora-re in “autocontrollo” attraverso l’apposizione di un timbro che autocert i f i c h ila corretta esecuzione dell’operazione e il rispetto dello standard qualitativorichiesto. Inoltre, sono tenuti a segnalare - in maniera scritta, su c h e c k - l i s t,o p p u re orale al Cpi o al capo Ute - il riscontro di eventuali anomalie genera-te dall’addetto linea posto a monte (Fiat Auto, Organizzazione); b) l’interven-to manutentivo ordinario sui propri strumenti di lavoro, che rispecchia la dif-fusione, all’interno della Fabbrica Integrata, delle attività di automanutenzio-ne (o manutenzione autonoma), la quale si fonda su un processo di pro c e d u-ralizzazione e semplificazione delle attività manutentive; c) la “soluzione dip roblemi”, che non implica necessariamente un apporto discrezionale. Alcontrario, nella maggior parte dei casi, si tratta soltanto di prestazioni straor-dinarie di mansioni da svolgere, di orario di lavoro e competenze (sostituire

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

L’Unità TecnologicaElementare come cellulaproduttiva

75

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 75

Page 76: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

un compagno di lavoro che si assenta per andare al bagno, aiutare chi si “im-b a rca”, svolgere contemporaneamente due postazioni, attivarsi per sopperi-re ad un’anomalia generata dall’operaio posto a monte, compensare la di-sfunzione di uno strumento di lavoro svolgendo l’operazione manualmente,l a v o r a re qualche minuto in più rispetto alla fine del turno per raggiungere laquantità pro g r a m m a t a ) .In part i c o l a re, per la realizzazione dell’automanutenzione agli addetti di lineasono assegnati compiti manutentivi elementari, quali ad esempio, la puliziadella macchina, la lubrificazione, gli aggiustamenti e le riparazioni semplici(come stringere un bullone che si è allentato, ecc.). Scrive Cerruti che: “Pergli operai generici l’automanutenzione consiste semplicemente nella p u l i z i a,l u b r i f i c a z i o n e e i s p e z i o n e; non prevede forme più complesse di manutenzio-ne” (1993: 295). Però, mentre le prime due aree di intervento non pre s e n t a-no particolari difficoltà professionali per l’operaio di linea (ma sollevano il pro-blema non indiff e rente delle risorse di tempo necessarie per eseguirle), icompiti di ispezione costituiscono un’attività parzialmente nuova e critica inquanto collegate ad un’attività di monitoraggio di tipo preventivo, e quindinon proceduralizzabile in quanto legata ad eventi parzialmente impre v e d i b i l i .In pratica gli operai vengono investiti della responsabilità di decodifica e a u -t o s e g n a l a z i o n e dei “segnali deboli” delle macchine e degli attrezzi con i qua-li lavorano giornalmente.In sintesi, non esiste più, come nel fordismo, una definizione rigida delle man-sioni, anzi queste ultime si caratterizzano per il fatto di avere confini elastici,flessibili, in modo tale da favorire l’adattamento rapido dei lavoratori alle esi-genze variabili del flusso produttivo e la mutua collaborazione. In concre t o ,oggi gli operai lavorano su diff e renti tipi di macchine e svolgono più mansio-ni contemporaneamente, relative non solo all’attività di fabbricazione vera ep ropria, ma anche a quella di manutenzione, diagnosi e ispezione delle mac-chine e degli attrezzi, nonché di controllo della qualità.

16 Le caratteristiche essenziali delle “isole” risiedono nel l a v o ro da fermo, nella sostituzione del-le mansioni individualizzate con obiettivi assegnati a t e a m - variamente composti - e nella dilatazio-ne della lunghezza delle fasi di lavorazione con qualche ridotta possibilità di “autogestione flessibi-le” dei ritmi individuali. Comunque, le applicazioni più importanti dei principi della scuola socio-tecni-ca si avranno in Svezia nella fabbrica Volvo di Uddevalla, al cui interno “isole di montaggio” di 15-20 lavoratori procedono all’assemblaggio di tutta la vettura passando per le varie postazioni di la-v o ro, autogestendo nel contempo anche il rifornimento dei materiali, il controllo di qualità finale, ecc.

17 “La Fi è il tentativo di sintesi di questo processo di apprendimento organizzativo in un ‘model-lo universale’: essa si caratterizza per una definizione prevalentemente centralizzata del pro g e t t oaccompagnata da una realizzazione parzialmente decentrata” (Garibaldo, 1993: 163).

18 Al quale viene assegnata la responsabilità dell’efficienza e delle iniziative di miglioramento fun-zionale delle macchine presenti in una linea di fabbricazione (è un tecnico con una conoscenza si-stemica dell’impianto).

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

L’Unità TecnologicaElementare come cellula

produttiva

76

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 76

Page 77: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

19 Il tecnologo specialista possiede, come si può intuire dal nome, una conoscenza specialisticadi singoli componenti dei macchinari, fornisce un lavoro di supporto nei confronti del tecnologo dilinea e del manutentore ed è responsabile dei ricambi dei macchinari.

2 0 “(...) la Fiat, sulla base dei propri risultati e di una autonoma ricerca sulla organizzazione del lavo-ro alla Toyota, ha abbandonato il progetto della ‘fabbrica ad alta automazione’. L’obiettivo di definire indettaglio tutte le operazioni lavorative senza lasciare alcun spazio per coord i n a re il proprio lavoro nonesiste più: ciò non tanto a causa di un ‘nuovo umanesimo’ quanto piuttosto per la elevata complessitàdella produzione auto. In sostanza, governare la fabbrica con il solo computer si è dimostrato ineff i-ciente, come pure si è rivelato impossibile pro g r a m m a re tutte le eventualità (...) (Mehl, 1996: 31).

21 L’ i m p o rtanza decisiva rivestita dal nuovo impianto produttivo è chiaramente sintetizzata dal t o pm a n a g e m e n t della multinazionale automobilistica torinese nel momento in cui viene affermato che:“A Melfi, Fiat Auto non ha costruito soltanto una fabbrica, ma ha progettato un sistema complessosu più livelli: tecnico, organizzativo, sociale e di relazioni sia industriali che con il territorio” (Magna-bosco, 1996: 15).

22 Una delle due linee (Melfi 1) produce i diversi modelli della Punto, mentre l’altra (Melfi 2) alter-na la produzione della Lancia Y con quella della Punto.

23 “In precedenza il criterio prevalente era il governo delle persone, e ciò portava a definire les q u a d re in base a un mix empirico di fattori come la numerosità dei dipendenti, la possibilità mate-riale di controllo sui comportamenti lavorativi, la contiguità fisica delle operazioni. Con la FabbricaIntegrata il criterio diventa la compiutezza tecnologica del prodotto o della lavorazione eseguita, ap re s c i n d e re dalla contiguità fisica e dal numero delle persone (che così può variare in modo più am-pio del passato)” (Bonazzi, 1993: 63).

24 Ci si riferisce alla media di operai presenti per turno (al netto di Cpi e Conduttori) e non ai la-voratori iscritti alla cellula produttiva di base. Il numero effettivo di addetti presenti in officina duran-te un turno di lavoro si ricava riducendo di 1/6 (ossia sottraendo i lavoratori a riposo compensati-vo) e dividendo per tre (i turni di lavoro) il totale degli iscritti alla Ute.

25 I dati si riferiscono al mese di dicembre 2001.26 Che produceva una parte dell’accessoristica (serbatoi, radiatori, cavi, ecc.).2 7 Che non riforniscono semplici accessori ma, appunto, componenti già pronti per essere assem-

blati appena giunti sulla linea (sedili, ammortizzatori, plance, ecc.). Attualmente, adiacenti allo stabili-mento Fiat, sono presenti 22 fornitori (quasi tutti capifiliera, ossia produttori di componenti comples-si che hanno il controllo sulle imprese dei livelli più bassi) che costituiscono il Consorzio dei fornitori.

28 Il programma di produzione diffuso dalla Sata ha per il fornitore un valore esecutivo per la pri-ma settimana, mentre ha valore di previsione dalla seconda fino all’ottava. Per quanto concerne ifornitori capifiliera “ubicati nel comprensorio lucano il programma di ordini relativo alla prima setti-mana continua ad avere un valore di previsione, fino al momento in cui non si realizzerà la chiama-ta definitiva per il just in time” (Pulignano, 1997a: 15).

29 Rifornimento dei materiali che Fiat Auto ha affidato al gruppo Tnt.30 Cioè la manutenzione, data in consegna a Comau, che si occupa non solo della gestione de-

gli impianti di Fiat Auto, ma anche di altre aziende del gruppo Fiat come Iveco e New Holland).31 A part i re dai primi anni Novanta la Fiat ha operato un decisivo passo in avanti nel proprio pro-

cesso di internazionalizzazione, orientato al conseguimento di un assetto produttivo e commerc i a-le di tipo “globale”. Risale, infatti, al 1993 la nascita del Progetto 178 - termine che in Fiat designala world car - ossia quello che l’azienda definisce come il “percorso Fiat verso la globalizzazione”.Al cui interno ha assunto part i c o l a re rilevanza l’obiettivo aziendale di sfruttare l’esperienza org a n i z-zativa e gestionale accumulata con l’impianto di Melfi, che costituisce un caso paradigmatico da uti-l i z z a re in maniera flessibile adattandolo alle caratteristiche dei diff e renti contesti in cui verrà svilup-pato il Progetto di internazionalizzazione (Volpato, 1998).

3 2 “I livelli retributivi appaiono inoltre diff e renziati a livello territoriale: nella regione di Cordoba, adesempio, si rileva una media di livello sicuramente inferiore rispetto alla regione di Buenos Aires (cir-ca un 10/15% in meno, sempre comparando un salario a orario pieno e senza straordinario)” (M i n -c o m e s, 1997).

33 A pre s c i n d e re dalle diff e renze iniziali legate al contesto locale, il m a n a g e m e n t di Fiat Auto era,

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

L’Unità TecnologicaElementare come cellulaproduttiva

77

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 77

Page 78: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

del resto, chiaramente consapevole (Bissaca, 1998) - sconfessando così ulteriormente le varie teo-rizzazioni basate sull’ipotesi della “convergenza” - che alcune specificità sare b b e ro, dialetticamentee necessariamente, emerse soltanto in seguito all’avvio della produzione del nuovo impianto.

34 Adiacenti allo stabilimento Fiat sono presenti 18 fornitori (quasi tutti capifiliera).3 5 La concentrazione nella città di Cordoba e, in part i c o l a re, nella zona di Ferreyra, di una serie di

fabbriche automobilistiche ha determinato - nell’ottica della logica operativa del J I T - il contemporaneoradicamento nell’area (soprattutto negli anni Novanta, quando sono stati realizzati i nuovi impianti e ri-strutturate le vecchie strutture produttive) di diverse multinazionali fornitrici di componenti (Magneti Ma-relli, Delphy Automotive, Lear, ecc.), che hanno costituito il cosiddetto Parco Industriale dei Fornitori

3 6 “E m p re n d e r è il titolo di un’iniziativa promossa in Argentina dal Ministero del Lavoro e della Sicu-rezza Sociale (...). Il Programma, rivolto alle imprese argentine, presenta modalità operative per moltiversi simili a quelle previste dai contratti di formazione e lavoro adottati in Italia” (Isvor Flash, 1997: 4).

37 Sia a Melfi che a Cordoba, insieme alla fabbrica è stato realizzato un centro di formazioneI s v o r, del resto ormai l’azienda persegue la strategia di non cre a re più alcuno stabilimento senza do-tarlo di un centro di formazione.

38 Si tratta della struttura della ex società Cormec (Cordoba Meccanica).39 L’Unità di Meccanica non produce soltanto per la fabbrica di Cordoba, ma anche per gli altri

stabilimenti Fiat ubicati in America Latina.40 A Cordoba ci sono gli spazi fisici, sono stati progettati e lasciati apposta, per un futuro ed

eventuale raddoppio della linea (Saracco, P.L., Capoprogetto Argentina per Isvor Fiat).41 Attualmente (marzo 2002) la produzione giornaliera dell’impianto varia da un minimo di 150

ad un massimo di 200 vetture42 Condizioni aggravate dalla recente crisi economica e sociale attraversata dall’Arg e n t i n a .43 Si è cominciato a lavorare su un turno solo a part i re dal gennaio del 1999, quando gli eff e t t i

negativi della svalutazione del Real brasiliano sulle esportazioni argentine si sono fatti sentire in ma-niera massiccia e diro m p e n t e .

44 Tra maggio e settembre del 1998.45 Dalle 6:00 alle 14:18.46 Quali, ad esempio: il simultaneous engineering, dal punto di vista della progettazione e inge-

gnerizzazione del prodotto; il c o - d e s i g n, relativo alla progettazione dei componenti; il Customer sa -tisfaction index, per quanto concerne la p a rt n e r s h i p con la rete commerciale; il just in time per il m a -n u f a c t u r i n g. Concettualmente si tratta di una serie di idee non particolarmente nuove, la cui appli-cazione, però, in misura così accentuata e diffusa a prodotti di grande complessità quali l’automo-bile, rappresenta un evento indubbiamente innovativo.

4 7 Nell’ottica dell’integrazione funzionale trasversale da realizzarsi a part i re dal “basso”, come sot-tolinea Volpato: “(...) l’esistenza del team [t e c n o l o g i c o] indica un luogo programmaticamente deputa-to ad integrare informazioni e competenze, che prima si riunificavano ad un livello di comando tro p-po lontano dal piano su cui si manifestano i problemi di efficienza e di qualità” (Volpato, 1996: 287).

4 8 Come sintetizza Sivini, nel caso della Fiat: “Le UTE sono altro dalle isole di montaggio, e non ripro-pongono le vecchie forme di arricchimento del lavoro realizzate senza modificare sostanzialmente ilcontesto tecnologico; esprimono un approccio organizzativo che tende ad integrare organicamente ri-sorse umane e risorse tecnologiche e controllarle per dare continuità al flusso produttivo” (1999: 7).

49 “In una organizzazione tradizionale, ad esempio, le unità che presidiano le fasi più critiche delp rocesso (ad es. l’assemblaggio) richiedono interventi particolari alle unità specialistiche. Queste ul-time cedono i loro servizi e vengono attivate in sequenza. La separazione delle diverse unità e la re-c i p roca lontananza organizzativa ha spesso effetti negativi sull’efficienza, sulla rapidità del pro c e s-so decisionale e sulla tempestività degli interventi” (Benassi, 1994: 112).

50 In altre parole “(...) è il gestore dei mezzi di lavoro della linea di sua competenza, senza ave-re tuttavia una responsabilità diretta dei risultati produttivi” (Cerruti, 1993: 378).

51 “Ogni Ute ha un proprio Tavolo di rifornimento per la gestione di tutti i componenti che sonoin essa montati, fatta eccezione per quelle che non hanno particolari di componentistica da gestiree, d’altra parte, è possibile che esista un solo rifornitore per più Ute; in questo caso egli gestiscepiù Tavoli di rifornimento” (Pulignano, 1997a: 19).

L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

L’Unità TecnologicaElementare come cellula

produttiva

78

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 78

Page 79: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

PremessaSebbene non esista (e, del resto, non sia mai esistita) una forma azien-dale invariante, universalmente applicata e sempre uguale a se stessa,quello che sembra emerg e re a livello mondiale è la diffusione, o megliol’adattamento pressoché generalizzato dei principi organizzativi dell’oh-nismo ai vari contesti nazionali e locali in cui vengono “esportati”. An-che nel caso della multinazionale torinese, come testimoniato da An-d rea Franco, Responsabile Sviluppo Organizzativo di Fiat Auto Arg e n t i-na: “(...) la lean organization e la flessibilità del lavoro diventano i moto-ri propulsori dell’integrazione, capaci come sono di adattarsi in modorapido ed efficace a qualsiasi trasformazione che l’ambiente dell’inse-diamento, interno ed esterno, richiede” (in Bissaca, 1998: 15).La flessibilità nell’utilizzo della forza lavoro si presenta come uno deip re requisiti fondamentali per la piena operatività dei nuovi principi org a-nizzativi. Pertanto, l’azione della direzione Fiat, tanto a Melfi quanto aC o rdoba, è stata preliminarmente e prioritariamente diretta alla “costru-zione” di una tale pre-condizione. In effetti, sia nel caso di Melfi sia inquello di Cordoba, la Fiat ha preventivamente proceduto alla re a l i z z a z i o-ne di nuovi accordi con i sindacati - diretti a flessibilizzare e ad intensi-f i c a re la prestazione di lavoro nonché, nell’ottica della “prevenzione”, adi n s t a u r a re relazioni industriali di tipo consensuale e part e c i p a t i v o5 2 - pri-ma ancora di mettere in opera i cantieri per la costruzione degli impian-ti produttivi. Come espresso in maniera emblematica dalla dire z i o n eaziendale, flessibilizzazione del lavoro e nuova forma delle relazioni in-dustriali sono strettamente intrecciate, infatti: “(...) l’azienda lavorerà amonte, per la realizzazione di relazioni industriali che costituiscano la lo-gica premessa e quindi facilitino la costruzione di un rapporto più par-tecipativo tra le parti, e dunque orientato all’attenuazione dei vincoli chetradizionalmente si frappongono ad una gestione flessibile della re a l t àp roduttiva” (Fiat Auto, 1991:311). Però, mentre a Melfi l’azienda è po-tuta part i re da zero - dal prato verd e - ossia da un contesto sostanzial-mente privo di realtà e tradizioni industriali, in Argentina è stato costrui-to un nuovo stabilimento all’interno di una città che, dopo Buenos Aire s ,è la più industrializzata del paese e, soprattutto, elemento determinan-te, inglobando un vecchio impianto di meccanica - la ex Cormec - ope-rante fin dal 1963.

79

IV - Nuovi accordi sindacali: il fondamentoistituzionale della flessibilizzazione nell’utilizzodella forza lavoro

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 79

Page 80: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Gli accordi di MelfiLa costruzione dello stabilimento di Melfi è stata preceduta da due impor-tanti accordi: quello del 18 dicembre 1990 e quello dell’11 giugno 1993.Il primo si colloca come pre-condizione - imposta dal management Fiat al-le rappresentanze sindacali (Carrieri, 1993: 105) - per la costruzione del-lo stabilimento lucano, ratificando importanti regole sul livello di utilizza-zione degli impianti che, dal punto di vista degli obiettivi aziendali, deveassicurare all’impresa alti tassi di redditività, sgomberando nel contempoil campo da qualsiasi vincolo sul grado del loro utilizzo. L’accordo stabili-sce, infatti, un sistema di orari di lavoro più onerosi rispetto agli altri sta-bilimenti Fiat italiani, prevedendo, in particolare, il funzionamento degli im-pianti a tempo pieno per sei giorni alla settimana e su tre turni. Inoltre,viene anche disposta la deroga sul turno di notte per le donne e l’assun-zione attraverso contratti di formazione lavoro.Nel 1993, con il nuovo accordo, vengono riprese e specificate le innovazio-ni introdotte due anni e mezzo prima sulla “regolazione” del nuovo stabilimen-to: “Questo accordo presenta i caratteri di intesa quadro di portata re g o l a t i-va, sia per le sue dimensioni (è un vero e proprio megadocumento), che perl’ampiezza delle materie di cui si occupa (salario, orario, organizzazione dell a v o ro, relazioni industriali)” (Carrieri, 1993: 105). In esso vengono aff ro n t a-ti in dettaglio tutti gli aspetti connessi alla prestazione di lavoro, inoltre, nel-l’ottica della prevenzione del conflitto e della realizzazione di un sistema direlazioni sindacali partecipative, l’accordo prevede, per alcune tematiche, an-che la costituzione di una serie di organismi (di carattere consultivo) sia a li-vello di Società, che di Stabilimento che, infine, di Unità Operativa: pari op-p o rtunità; prevenzione e conciliazione; verifica premio; formazione pro f e s s i o-nale; Fabbrica Integrata; ambiente, sicurezza e prevenzione infort u n i .In chiave prospettica, l’accordo si pone come punto di riferimento futuro pergli altri stabilimenti Fiat. Come rilevato da Cerruti e Rieser, l’accordo sinda-cale dell’11 giugno 1993 acquista part i c o l a re rilevanza in quanto insieme di“indizi” sul sistema di regolazione del lavoro da sperimentare all’interno delnuovo stabilimento di Melfi da esport a re, successivamente, anche negli altriimpianti Fiat: “(...) esso infatti aff ronta in dettaglio aspetti centrali della re g o-lazione del lavoro, dalle norme che regolano la p restazione lavorativa ai re -gimi di orario ai meccanismi di salario variabile, oltre - naturalmente - alle pro-c e d u re e istituzioni delle relazioni industriali” (1993: 492).Analizziamo a questo punto alcune importanti condizioni ratificate dal nuovoa c c o rdo collettivo. Nell’ottica della piena utilizzazione degli impianti, l’orariodi lavoro effettivo previsto dal contratto dell’11 giugno 1993 - compre n s i v odi due pause individuali di 20 minuti ciascuna - è di 7 ore e 15 minuti (oltre

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionale

della flessibilizzazionenell’utilizzo della forza

lavoro

80

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 80

Page 81: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

a 30 minuti retribuiti per pausa mensa a fine turno) ed è articolato nella suc-cessione di tre turni che consentono un pieno utilizzo dell’impianto per seigiorni su sette (dalle 22,00 di domenica alle 22,00 di sabato). Per il lavoronotturno si hanno maggiorazioni salariali, anche se di portata inferiore rispet-to a quelle degli altri stabilimenti Fiat, ma non per il sabato che a Melfi diven-ta un giorno produttivo come tutti gli altri.I turni - comprensivi di 30 minuti per pausa mensa - si articolano nel modoseguente: turno A (dalle 22,00 alle 5,45), turno B (dalle 6,00 alle 13,45) eturno C (dalle 14,00 alle 21,45). Questa strutturazione d’orario permette dia v e re un “intervallo non produttivo” di 45 minuti tra un turno e l’altro, nor-malmente utilizzati per le operazioni di manutenzione ordinaria e per even-tuali livellamenti produttivi. Fermo restando l’orario medio annuale di 40 oresettimanali, la prestazione lavorativa è strutturata su cicli di tre settimane,delle quali due di 6 giorni lavorativi e una di 3 (negli altri 3 giorni vengonofruiti i periodi di riposo compensativo a scorrimento). I tre giorni di riposo ascorrimento vengono cumulati, alternativamente, a fine oppure a inizio set-timana, comprendendo quindi i giorni di lunedì, martedì e mercoledì, oppu-re quelli di giovedì, venerdì e sabato.Pur avendo il vantaggio di accumulare quattro giorni di seguito di riposo (conla domenica), da un punto di vista teorico questo sistema ciclico di ro t a z i o-ne su tre turni presenta lo svantaggio di accumulare i riposi sempre nellostesso turno (ad esempio un lavoratore che inizia a fruire dei tre giorni di ri-poso con il primo turno, continuerà sempre sullo stesso turno, ecc.). Al finedi evitare questo inconveniente, a Melfi è stata ciclicamente introdotta la ri-petizione dello stesso turno, la cosiddetta “ribattuta”, che prevede la re p l i c aper due settimane consecutive dello stesso turno di lavoro, con palesi disa-gi nel momento in cui deve essere ripetuto il turno di notte53.Per quanto riguarda le nuove regole sui tempi e sui ritmi di lavoro stabilite dal-l ’ a c c o rdo dell’11 giugno 1993, è possibile operare una relativa suddivisionetra le norme che mirano ad ottenere soprattutto una maggiore flessibilità nel-le prestazioni dei lavoratori a “cadenza vincolata” (cioè degli operai di linea) equelle volte a conseguire un’intensificazione dei ritmi complessivi di lavoro .Questa ripartizione schematica viene esclusivamente proposta per fini analiti-ci in quanto, nella realtà, i due aspetti si presentano strettamente interre l a t i .Dal punto di vista della flessibilità operativa dell’impianto, il contratto ratificala possibilità di variare, e quindi incre m e n t a re, la saturazione individuale istan -t a n e a dei lavoratori - che definisce il rapporto percentuale tra il tempo di la-v o ro effettivo ed il tempo totale di presenza in officina - per sopperire a esi-genze di mix produttivo (cioè il passaggio sulla linea di varianti del “modellobase” che richiedano un numero maggiore di operazioni). “(...) tale possibi-

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionaledella flessibilizzazionenell’utilizzo della forzalavoro

Gli accordi di Melfi

81

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 81

Page 82: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

lità, che nella maggior parte degli stabilimenti era contenuta entro un tettomassimo di variazione del + 5%, oggi può realizzarsi entro un tetto massi-mo del 10% (che però, dato che è calcolato sul solo ‘tempo attivo’, equiva-le di fatto a una percentuale maggiore)” (Cerruti e Rieser, 1993: 494)54.Lo stretto legame tra flessibilizzazione e intensificazione dei ritmi di lavoro è re-so esplicito dal fatto che l’aumento della saturazione individuale dei carichi dil a v o ro si viene ad inserire all’interno di una diversa ripartizione dei fattori di ri-poso assegnati ai lavoratori, che di fatto determina un’intensificazione della pre-stazione. Infatti, a part i re dall’accordo del 1993, i fattori di riposo non vengo-no più usufruiti interamente durante lo svolgimento delle mansioni assegnate,ossia tra una mansione e l’altra, in quanto una parte di essi - 18,82 minuti - vie-ne cumulata e goduta durante le pause (per gli addetti linea si hanno due pau-se di 20 minuti ciascuna). Ciò significa che la pausa complessiva di 40 minutiper turno - che risale all’accordo del 5 agosto 1971 - continua formalmente ade s s e re operante, in realtà, però, circa la metà di essa è costituita da fattori diriposo in precedenza dovuti al lavoratore, il quale invece non potrà goderne du-rante lo svolgimento delle mansioni assegnate, ma soltanto durante la sostitu-zione (la pausa)5 5. La giustificazione formale addotta dall’azienda per motivareuna tale trasformazione risiede nelle migliorate condizioni ergonomiche ed am-bientali della fabbrica di Melfi rispetto ai precedenti impianti Fiat.Un ulteriore elemento di flessibilizzazione dei ritmi di lavoro è dato dalla pos-sibilità di accelerare, fino a un tetto massimo del 10%, la velocità della lineaper re c u p e r a re le eventuali “fermate” dovute a problemi di qualità o a disfun-zioni tecniche. Come previsto all’interno dell’accordo: “(...) la velocità delle li-nee di lavorazione sarà incrementata, nell’arco del turno, nella misura del10% all’inizio di ogni ora a part i re dalla seconda e sarà mantenuta per l’inte-ra ora (...) sarà mantenuta anche nelle ore successive nel caso in cui il mag-gior gettito produttivo non risulti sufficiente a re c u p e r a re nell’arco dell’ora lep e rdite produttive avvenute nell’ora/nelle ore precedenti. Il suddetto mecca-nismo di re c u p e ro non sarà operante nel corso degli ultimi 30 minuti di cia-scun turno di lavoro” (Fiat Auto, 1993: 60-61)56.La flessibilizzazione del sistema produttivo viene ulteriormente incre m e n t a t aattraverso l’assegnazione, anche agli operai di linea, della responsabilità dio p e r a re in autocontrollo per il presidio degli impianti e degli strumenti di la-v o ro e per la certificazione della qualità del prodotto in processo di lavora-zione: “(...) espletamento di attività eseguite in autocontrollo, con segnalazio-ni immediate da parte dei lavoratori sia di problemi di qualità emergenti, siadi inizi di degrado o scostamento dagli standard di processo previsti” (FiatAuto, 1993: 59). In questo modo, la presenza di eventuali disfunzioni o sco-stamenti del prodotto in processo di lavorazione rispetto agli standard pre-

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionale

della flessibilizzazionenell’utilizzo della forza

lavoro

Gli accordi di Melfi

82

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 82

Page 83: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

fissati viene immediatamente a galla e può essere, quindi, prontamente af-f rontata prima che possa dar vita ad anomalie e problemi più gravi. Sulla ba-se di tali meccanismi di segnalazione e controllo, in alcuni casi potrebbe quin-di rendersi necessario eff e t t u a re brevi fermate del ciclo produttivo, in manie-ra tale da aff ro n t a re alla base le cause delle anomalie e ripristinare i parame-tri qualitativi programmati. La responsabilità dell’arresto della linea non è dicompetenza degli operai, ma è esplicitamente posta nelle mani dei capi Ute.I n o l t re, come sottolineato all’interno dello stesso accordo sindacale, i tempi dil a v o ro, nell’ottica del miglioramento continuo, dovranno essere sempre suscet-tibili di possibili e ininterrotte evoluzioni5 7. Il miglioramento (l’aumento dei ritmidi lavoro e la riduzione della manodopera necessaria) viene realizzato, non so-lo riducendo i tempi assegnati per lo svolgimento delle operazioni ma, anche,attraverso l’accorpamento di mansioni (per cui il lavoro precedentemente svol-to da due operai successivamente viene effettuato da uno solo) e l’aumento dioperazioni da eseguire all’interno di una stessa mansione (per cui si amplianole operazioni che compongono la mansione di un singolo operaio).

Con la Punto, rispetto a 4 anni fa noi facciamo tantissime operazio -ni in più e, se la produzione impostata è uguale a quella di 4 annifa, lavoriamo anche con persone in meno... Hanno adottato pureun altro piccolo sistema: hanno iniziato a spostare delle operazionida una Ute all’altra. Praticamente un bullone che avvitavo nella miaUte lo hanno dato a un’altra Ute, hanno fatto un giro di… in modoche hanno caricato alcune postazioni un po’ di più e hanno tolto unpo’ di persone Ute per Ute.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

...prima c’era una persona che faceva tutta questa postazione, poil’hanno rivista e hanno dato le operazioni alle altre postazioni elimi -nando quella. Nella mia Ute hanno tolto due persone.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

L’ e ffetto complessivo di queste trasformazioni - che, pur con qualche diff e-renza specifica, coinvolgono sia Melfi che Cordoba - può essere individuatoin un sovraccarico, in una “iper-saturazione” (Cerruti e Rieser, 1993) del la-v o r a t o re. Ai tempi più stretti e pressanti (appesantiti anche dal diff e rente si-stema di turnazione), alle varianze e ai carichi supplementari determinati dal-le esigenze di mix produttivo e dall’eventuale assenza di colleghi di lavoro(per cui le postazioni vengono ampliate, o un operaio viene comandato sudue postazioni contemporaneamente), si sommano ulteriori attività manuali

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionaledella flessibilizzazionenell’utilizzo della forzalavoro

Gli accordi di Melfi

83

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 83

Page 84: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

(pulizia degli strumenti e della postazione di lavoro, semplici operazioni dimanutenzione ordinaria) e cognitivo/relazionali (sintetizzabili nell’autocontro l-lo, nell’autoattivazione, nelle capacità al lavoro di concert o ) .Questo nuovo tipo di apporto che si richiede agli operai finisce per sommar-si ai compiti tradizionali, senza dar vita ad una diversa distribuzione dei tem-pi assegnati. Anche se di difficile, se non impossibile, valutazione anch’essoperò comporta un proprio “tempo di lavoro”, ma che sicuramente non è va-lutabile attraverso le tradizionali metriche (Rieser, 1991: 39).Si consideri, inoltre, che l’obiettivo supremo dell’ohnismo - al quale la Fabbri-ca Integrata si ispira - risiede nel principio base della totale eliminazione de-gli “sprechi” di tempo e, soprattutto, che il suo criterio operativo fondamen-tale è dato dal tentativo di re a l i z z a re la produzione programmata con il mini-mo possibile di manodopera: “(...) la riduzione della manodopera viene ope-rata per qualificare al massimo il lavoro produttivo, per raggiungere il rappor-to più proficuo tra il numero di addetti e le merci da pro d u r re. L’ideale è ot-t e n e re un 100 per cento di lavoro che aggiunge valore” (Ohno, 1993: 84-85). Ma come osserva Basso, affinché durata formale e durata effettiva del-l’orario di lavoro possano tendenzialmente avvicinarsi al massimo grado, ènecessario immettere nel processo produttivo un contingente di manodope-ra che sia volontariamente “programmato di qualche punto al di sotto di ciòche è considerato indispensabile, sì da garantirsi stabilmente un livello di ten-sione lavorativa il più elevato possibile” (1998: 78). Questa costante e intensa pressione (flessibilizzazione e intensificazione del-la prestazione di lavoro), fisica e mentale, si traduce in una generale condi-zione di lavoro che, tendenzialmente, incrementa le situazioni di stress psi-co-fisico degli operai finendo per invadere e saturare non solo il tempo di la-v o ro ma - come emerge a chiare lettere da una recente indagine di Vi t a l e(2001: 46) - anche il tempo della vita e delle relazioni extralavorative. Il pro-blema del tempo dunque, del tempo che “manca”, del “tempo che non c’è”,e che affiora sia durante l’orario di lavoro che quando si è fuori dal momen-to diretto della produzione. Gli effetti a lungo termine dello stress si manife-stano in problemi di carattere fisico, ma soprattutto mentale, emotivo e com-p o rtamentale. Come testimoniato dalle inchieste condotte da Rieser (1996,1997, 1999), e come confermato da gran parte delle interviste raccolte du-rante la fase di ricerca sul campo, tali problemi cominciano a comparire inmisura significativa anche all’interno dello stabilimento lucano (nonostante lagiovane età media dei lavoratori di Melfi58) .I n o l t re, per quanto riguarda Melfi, come chiaramente emerso durante la fasedi ricerca sul campo, il tema della turnazione, del lavoro al sabato e, in part i-c o l a re, della “doppia battuta” sul turno di notte rappresenta una delle princi-

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionale

della flessibilizzazionenell’utilizzo della forza

lavoro

Gli accordi di Melfi

84

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 84

Page 85: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

pali fonti di recriminazione da parte dei lavoratori. Lo stress della turnazionee forse è uno degli elementi cardine che possono contribuire alla spiegazionedell’aumentata incidenza dell’assenteismo5 9 e, almeno in parte, del re l a t i v a-mente consistente tasso di autolicenziamenti6 0 verificatisi nello stabilimento lu-cano. Elevata mobilità in uscita dallo stabilimento e incidenza dell’assenteismonon vanno però semplicemente interpretate come “fuga”, ma costituisconoanche forme di resistenza e di conflitto i n d i re t t o radicali “(...) che investononon solo il rapporto di sfruttamento all’interno della fabbrica ma anche il rap-p o rto tra aspirazioni lavorative e dimensioni del lavoro di fabbrica” (Bubbico,1999: 86). Comunque, il disagio sociale e psico-fisico provocato dal sistemadi turnazione trascende la dimensione spazio/temporale e le relazioni socia-li interne alla fabbrica e invade, trasforma e impregna di sé i momenti, i luo-ghi e le relazioni della vita extralavorativa. E’ evidente, infatti, che i pro b l e m ie lo stress psicofisico accumulati durante il tempo di lavoro si riperc u o t o n oall’esterno, nella vita quotidiana e nelle relazioni sociali dei lavoratori, così co-me i ritmi scanditi dal tempo della produzione in fabbrica finiscono per inva-d e re e ristrutturare i tempi scanditi dalla vita extralavorativa. In questo sen-so, il contesto locale, le relazioni sociali esterne al luogo di lavoro, le formedella socialità preesistenti all’impianto produttivo vengono si notevolmentedestrutturate, ma nel contempo ristrutturate in funzione delle esigenze scan-dite dai ritmi e dai tempi del lavoro: “Il disagio creato dal ‘nuovo modo di la-v o r a re’ rappresenta, per l’azienda, una criticità da pre v e n i re. La diffusa re t edi solidarietà e, in part i c o l a re le strutture di appartenenza dei lavoratori, sipongono come possibilità di esternalizzare gli effetti negativi che scaturisco-no dalla pressione della vita di fabbrica. Diventano, in questa logica, una ri-sorsa organizzativa” (Vitale, 2001: 48).P roprio per queste ragioni, la Fiat ha deciso di sperimentare il nuovo siste-ma di orari e di organizzazione del lavoro a part i re da un contesto che po-tesse, almeno inizialmente, esprimere minori resistenze sociali e “culturali”al cambiamento organizzativo e al mutamento nei m o d e l l i di vita sociale del-le persone. Applicato dapprima solo a Melfi, sulla base di un accordo speri-mentale col sindacato, il nuovo sistema di turnazione e la rinnovata metricadel lavoro, una volta introdotti, si sono potuti pro g ressivamente estendere ,non senza difficoltà (si pensi alla recente vicenda dello stabilimento di Cassi-no), anche agli altri stabilimenti Fiat, da qui l’importanza fondamentale dell’e-sperienza maturata nello stabilimento lucano.Del resto, il mutamento dei “modelli” di orari di lavoro è intimamente connes-so ai principi operativi della nuova struttura produttiva l e a n ( a l l ’ o rg a n i z z a z i o-ne del lavoro e alle tecnologie impiegate al suo interno) che prevede il mas-simo utilizzo degli impianti e, contemporaneamente, il mantenimento di suf-

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionaledella flessibilizzazionenell’utilizzo della forzalavoro

Gli accordi di Melfi

85

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 85

Page 86: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

ficienti margini di flessibilità sistemica (Costanzo, 1995). L’obiettivo a cui pun-tano le aziende non consiste però semplicemente nel massimizzare il gradodi utilizzazione degli impianti (esigenza che, del resto, è possibile ritro v a reanche all’interno delle fabbriche fordiste tradizionali), ma nel re n d e re compa-tibile e coniugare il massimo impiego degli impianti con la loro flessibilità difunzionamento e con la qualità della produzione (Cerruti, 1995).

Il nuovo contratto collettivo argentinoA Cordoba, i vincoli posti dal preesistente impianto di meccanica, in part i c o l a-re per quanto riguarda i rapporti sociali con i lavoratori (non più “giovani” e coni m p o rtanti diritti sindacali/salariali conquistati e acquisiti), sono stati aff ro n t a t idalla Fiat attraverso un’attenta e decisa strategia di breve-medio termine. A par-t i re dalla fine del 1995, cioè nel momento in cui ha deciso di investire in Arg e n-tina per la realizzazione di una nuova fabbrica, la direzione aziendale ha inizia-to a trattare con il sindacato metalmeccanico locale per la stipulazione di unnuovo contratto collettivo. E’ necessario pre m e t t e re che il sindacato tradizio-nalmente presente all’interno delle fabbriche automobilistiche argentine è costi-tuito dallo Smata (Sindicato de Mecánicos y Afines de Tr a n s p o rte Automotor) ,l’unica eccezione esistente era rappresentata proprio dalla Fiat, al cui internoera invece presente la Uom (Unión Obrera Metalúrg i c a)6 1.Nel definire il nuovo contratto collettivo, la Fiat ha inizialmente negoziato conla Uom le condizioni del nuovo accordo. Tra i vincoli posti era presente an-che la decurtazione del 50% circa dei livelli salariali preesistenti, da attuarsiattraverso il preventivo licenziamento di tutti i lavoratori della ex Cormec e lal o ro susseguente reintegrazione - come “nuovi lavoratori” - all’interno dellaneo-società Fiat Auto Argentina (FAA). A causa della dilazione nei tempi di sti-pulazione del contratto, determinata da un’impasse interna alla dirigenza na-zionale della Uom nell’accettazione della pesante riduzione salariale pre v i s t a ,la Fiat ha successivamente (comunque prima dell’avvio delle assunzioni) de-ciso di negoziare i termini dell’accordo con lo Smata (affiliato alla confedera-zione peronista CGT) “che si era dimostrato più malleabile dell’altro sindaca-to (sempre affiliato alla CGT), la UOM, che tradizionalmente da decenni rap-p resentava i lavoratori della SEVEL (joint venture tra FIAT, Peugeot, e un im-p re n d i t o re locale, dalla quale la FIAT si era ritirata un anno e mezzo fa) e COR-MEC (fabbrica di cambi e motori 100% FIAT, già esistente sulla stessa are adel nuovo stabilimento)” (Fiom, 1997: 1).Sulla base dell’accordo con lo SMATA, l’azienda torinese è riuscita a raggiunge-re tutti gli obiettivi che si era prefissata per la realizzazione della Fabbrica Inte-grata di Cordoba, compresa la destrutturazione completa del vecchio impiantodi meccanica e una notevole riduzione dei costi salariali (gli stipendi dei lavora-

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionale

della flessibilizzazionenell’utilizzo della forza

lavoro

86

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 86

Page 87: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

tori di linea sono passati da una media di 900-1000 dollari ad una di 450-500). Anche prescindendo dai risultati, la modalità stessa dell’accordo rappre s e n-ta una novità. Come sottolineato da Novick e Catalano (1996: 67), la Fiat hadato vita - per la prima volta in Argentina - ad una nuova modalità di negozia-zione collettiva in cui l’azienda non tratta con i rappresentanti sindacali di ungruppo di lavoratori preesistenti, ma con un sindacato che opera per contodi un’entità sociale astratta di lavoratori “virt u a l i ”62.

Praticamente il contratto collettivo venne firmato dallo Smata a nomedi operai che ancora non c’erano e questo fu poi un contratto chevenne preso ad esempio anche da altre aziende in tutto il paese.(Ex addetto linea, Meccanica: Cord o b a )

Gli stessi operai della ex Cormec sono venuti a conoscenza del reale anda-mento delle trattative sindacali e della ratifica del nuovo contratto collettivosoltanto qualche mese dopo la sua stipulazione, e quando la direzione azien-dale aveva già avuto modo di sfoltire il vecchio organico attraverso l’incenti-vazione dei prepensionamenti e dei “ritiri volontari”.

. . . l o ro [la direzione Fiat] si accordano con la UOM per un nuovo con -tratto collettivo. Tuttavia la UOM in Argentina conserva qualche or -ganismo democratico e questi organismi democratici rifiutano ilcontratto alla UOM di Cordoba: la direzione nazionale gli rifiuta l’ac -c o rdo, e quindi in una settimana Fiat firma questo contratto con loS M ATA che non glielo rifiuta perché non ha nessun organismo de -mocratico che possa rifiutarlo e giustificano questo contratto di -cendo che va a cre a re una fonte di posti di lavoro, 5000 posti dil a v o ro di manodopera diretta e 5000 posti di lavoro di manodope -ra indiretta. Noi lavoratori della Cormec non sapevamo nulla di tut -to questo, questa storia che io ti sto raccontando noi la ricostruim -mo e la conoscemmo dopo. Passarono otto mesi nei quali il con -tratto era stato già firmato e noialtri non sapevamo nulla, l’unica co -sa che sapevamo era che la Fiat sarebbe venuta in Argentina, mail contratto era già stato firmato. Il problema è che il contratto vie -ne firmato con un’entità sindacale che non era quella che rappre -sentava i lavoratori della Cormec, e nessuna delle due entità sinda -cali, né lo SMATA e né la UOM dicono nulla ai lavoratori (...).Passa -rono otto mesi durante i quali noi lavoratori non sapevamo nulla el o ro, la Fiat, favorì i ritiri volontari: se ne andarono 800 operai.(Ex addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionaledella flessibilizzazionenell’utilizzo della forzalavoro

Il nuovo contratto collettivoargentino

87

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 87

Page 88: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

I vincoli posti dal “Convenio colectivo de trabajo” sull’orga-nizzazione del lavoroIl nuovo accordo collettivo di lavoro tra Fiat e Smata ha segnato un pun-to di passaggio importante nella pro g ressiva flessibilizzazione e ‘intensi-ficazione della prestazione di lavoro in Argentina. Infatti, è stato succes-sivamente preso ad esempio da imitare da parte di altre aziende nel mo-mento in cui hanno rinnovato i propri contratti sindacali.Prima di pro c e d e re nell’analisi dei cambiamenti nella prestazione di lavo-ro introdotti, è necessario pre m e t t e re che anche a Cordoba è stato ap-plicato il nuovo sistema di metrica del lavoro (Tmc2) sperimentato emesso a punto a Melfi. Poiché i contenuti dell’accordo sindacale ratifica-to nel gennaio del 1996 tra Fiat e sindacato metalmeccanico arg e n t i n o(Smata), in buona parte, ricalcano quelli dell’accordo italiano del 1993,p ro c e d e remo esponendo le peculiarità sostanziali che lo contraddistin-guono rispetto a quest’ultimo.In primo luogo, anche per Cordoba è stata prevista la maggiorazione del-la saturazione istantanea dei lavoratori (per esigenze di mix) e la possibi-lità di aumentare la velocità della linea di un 10% a part i re dalla secondaora di lavoro e, qualora non si riuscisse a re c u p e r a re prima la pro d u z i o n epersa, fino alla fine del turno (a diff e renza di Melfi, dove negli ultimi tre n t aminuti del turno di lavoro, la velocità non può più essere incre m e n t a t a ) .L’ a c c o rdo argentino comunque, a diff e renza di quello italiano, non pre v e d eun tetto massimo per i due tipi di re c u p e ro pro d u t t i v o .L’orario di lavoro giornaliero di ogni Ute (e di ogni lavoratore) può pro l u n-garsi di tre ore oltre la fine del turno (raggiungendo così le 11 ore di lavo-ro )6 3. Per di più, sempre a causa del vincolo fondamentale della fluida ebilanciata gestione del processo produttivo, a ciò va sommata la praticad i ffusa tra gli operai di anticipare l’ingresso in fabbrica sì da evitare suc-cessive difficoltà nel rispetto dei compiti e dei ritmi imposti, oppure per re-c u p e r a re vuoti di produzione verificatisi il giorno pre c e d e n t e :

Noi entriamo dieci minuti prima dell’inizio del turno di lavoro (...). En -triamo prima per evitare poi di imbarc a rci durante l’orario di lavoro .(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Si va prima in fabbrica... a lavorare, perché noi dovremmo entrarealle 6:00 e, invece, stiamo entrando in anticipo: per pre p a r a rci glistrumenti, per pre p a r a re la postazione e, inoltre, per mandare un po’avanti il lavoro, per anticiparlo così da non re s t a re indietro dopo ei m b a rcarsi. Si entra prima anche per fare il lavoro che il giorno pre -

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionale

della flessibilizzazionenell’utilizzo della forza

lavoro

88

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 88

Page 89: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

cedente non è stato finito per mancanza di tempo, perché magarisi è bloccata la linea e ci sono delle macchine da re c u p e r a re . . .(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

I lavoratori possono essere spostati, a seconda delle necessità aziendali, daun turno di lavoro ad un altro. Unica condizione: l’impresa deve comunicareil cambiamento con un preavviso di almeno 48 ore .Nel caso in cui, per cause di forza maggiore, si determina una paralisi delleattività produttive omogenea, cioé che comprende l’intera Ute, l’Unità Opera-tiva, o l’intero stabilimento (per alcune ore oppure, anche, per tutto il turno),l ’ i m p resa potrà disporre la compensazione al sabato attraverso l’estensione(da una a tre ore), dell’orario di lavoro programmato. Qualora durante la set-timana si ha un giorno festivo che ricade di martedì o di venerdì, l’aziendapuò sospendere l’attività produttiva anche al lunedì, oppure al sabato, e re-cuperarla attraverso un’estensione della giornata lavorativa di uno o più sa-bati (antecedenti o successivi rispetto allo specifico giorno festivo). Il nuovo contratto collettivo ha previsto la riduzione (di circa un 50%) delsalario medio di base (la retribuzione minima oraria è passata da circa4,5 pesos a 2,35 pesos).Un ulteriore e fondamentale fattore di flessibilizzazione organizzativa, speci-fico della situazione di Cordoba, è quello inerente la possibilità, da part eaziendale, di pro c e d e re alla s o s p e n s i o n e (per cause di “forza maggiore”) diuna parte, oppure di tutti, i lavoratori. La Fiat, anche considerando la re l a t i-va instabilità del mercato sudamericano, dispone di questo ulteriore “cusci-netto” che le permette di sospendere i lavoratori pagando una somma equi-valente al 75% del salario di base netto. Oltre ad arresti della produzione le-gati a cause fortuite e di forza maggiore (inondazioni, mancanza dell’energ i aelettrica, fermate dovute a guasti) è infatti possibile, per l’azienda, decideredi pro c e d e re nella sospensione dei lavoratori sulla base dei vincoli dettati dalm e rc a t o64. Qualora, poi, le condizioni “esterne” dovessero mutare, l’impre-sa si riserva la possibilità di re c u p e r a re le ore di sospensione attraverso l’u-tilizzo di turni compensativi - ad esempio da effettuarsi il sabato - e il paga-mento di una somma equivalente al 25% del salario di base (in modo tale dai n t e g r a re il 75% pagato durante i giorni di sospensione). Infine, le sospensio-ni possono sempre trasformarsi in ritiri volontari (o “indotti”) e il pagamentodel 75% del salario già effettuato come un’anticipazione della liquidazioneper l’autolicenziamento (o il licenziamento).L’ i m p o rtanza di quest’ultimo meccanismo di flessibilizzazione nell’utilizzo del-la forza lavoro è sostanziale e va al di là del puro e semplice aspetto tecni-c o - o rganizzativo: l’opportunità di poter sospendere discrezionalmente, e sen-

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionaledella flessibilizzazionenell’utilizzo della forzalavoro

I vincoli posti dal “Conveniocolectivo de trabajo” sull’or-ganizzazione del lavoro

89

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 89

Page 90: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

za alcun vincolo di tipo sindacale, una parte dei lavoratori si configura, infat-ti, come un potentissimo meccanismo di potere e controllo re p ressivo, armadi ricatto interamente e incondizionatamente posta nelle mani della dire z i o-ne aziendale; dispositivo che, nei fatti, il m a n a g e m e n t Fiat ha intensamentee ininterro t t a m e n t e utilizzato (e continua ancora ad utilizzare) per pre v e n i rel ’ e m e rg e re di pratiche conflittuali.

Il lavoro è stancante fisicamente ma noi siamo ancora giovani. Inrealtà è stancante e logorante soprattutto mentalmente perché siha sempre paura di essere ripresi dai capi, di non fare il lavoro be -ne come vogliono loro, i Cpi e il capo Ute, e poi basta veramentepoco per essere sospesi… non si fa nulla qui per lottare per il sa -lario e le condizioni di lavoro perché c’è molto timore, paura di es -s e re licenziati, c’è molta paura di essere licenziati anche perc h énon c’è lavoro in Argentina adesso... Sono aumentati i disoccupati,la povertà, le tasse, mentre i salari sono diminuiti e qui un operaioadesso non vive, sopravvive, ma è meglio avere comunque un la -v o ro, anche se pagato poco, che non averne pro p r i o .(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Quando a queste pressioni si aggiunge poi la necessità di pro v v e d e re al so-stentameno familiare, diventa ancor più difficile per i lavoratori non accondi-s c e n d e re allo status quo per garantirsi un salario.

L’età media è di circa 30 anni, in Fiat Auto, se poi ci aggiungiamoi lavoratori della ex Cormec si arriva sui 35 anni di media. Prima,all’inizio assunsero tutti lavoratori giovani, con non più di 25 anni,ma dato che questi non erano molto responsabili successivamen -te li licenziarono e assunsero persone con famiglia e figli.( R a p p resentante sindacale: Cord o b a )

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionale

della flessibilizzazionenell’utilizzo della forza

lavoro

I vincoli posti dal “Conveniocolectivo de trabajo” sull’or-

ganizzazione del lavoro

90

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 90

Page 91: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

L’opposizione dei lavoratori argentini all’applicazione del contrattoCom’è facilmente intuibile, il passaggio dei lavoratori della ex Cormec aFiat Auto non è avvenuto in maniera semplice e indolore. Tra la fine del1996 e l’inizio del 1997, si è assistito ad una serie di agitazioni e di scio-peri culminati, il 22 settembre 1996 e il 22 gennaio del 19976 5, in dueoccupazioni di fabbrica. Però, di sicuro, la direzione aziendale non potevanon avere messo in conto l’eventualità di dover aff ro n t a re manifestazionidi resistenza, anche radicali da parte dei “vecchi” operai, per i quali nonsolo cambiavano profondamente le modalità di esercizio dell’attività pro-duttiva (flessibilizzazione e intensificazione della prestazione), ma anche si-c u rezza del posto di lavoro e i livelli di inquadramento contrattuale (e, diconseguenza, di retribuzione salariale).

Sì, è stato un periodo difficile, molto difficile, anche per me, ancheper il capo del personale. Questo periodo è cominciato dal settem -b re del ‘96, quando ci furono i problemi grossi. Il fatto che i lavora -tori passassero al nuovo stabilimento significava che venivano as -sunti come nuovi lavoratori e questo implicava meno giornate di va -canza, meno salario, meno tredicesima e quattordicesima. E lepersone sapevano anche quello che sarebbe successo dopo, quel -lo che è successo effettivamente dopo, ossia che i lavoratori vec -chi sare b b e ro stati rimpiazzati da tutta gente giovane, perché or -mai della ex Cormec saranno rimasti circa 200 lavoratori, perc h époi si è passati ad un’altra azienda, dalla Cormec a Fiat Auto Arg e n -tina, questo è stato il problema principale.(Ex addetto Sorveglianza: Cord o b a )

Comunque, la reazione immediata dei circa 1.700 lavoratori che sono pas-sati dalla ex Cormec a Fiat Auto Argentina ha espresso un livello di conflittua-lità estremamente elevato e, forse, una radicalità difficilmente prevedibile an-che da parte aziendale. I lavoratori, infatti, hanno apertamente sconfessatoil sindacato procedendo alla auto-organizzazione (nel settembre del 1996) diuna commissione sindacale di fabbrica indipendente, il SITRAMF (Sindicatode Tr a b a j a d o res Metalmecánicos de Ferreyra), basato sulla revocabilità deidelegati e sulla democrazia assembleare. La neo-costituita sezione sindaca-le non è però stata riconosciuta dal governo, né appoggiata dalle confede-razioni sindacali nazionali di categoria, finendo quindi per scomparire, pianpiano, a part i re da gennaio del 1997. Tuttavia, le manifestazioni di scontroa p e rto con la dirigenza aziendale sono proseguite, tra alterne vicende, perpiù di un anno. Le azioni più emblematiche della conflittualità operaia h a n n o

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionaledella flessibilizzazionenell’utilizzo della forzalavoro

L’opposizione dei lavoratoriargentini all’applicazione delcontratto

91

libro def BIS 15-04-2004 9:17 Pagina 91

Page 92: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

assunto la forma di occupazioni di fabbrica; solidarietà con le lotte di altrilavoratori (operai della Renault, ecc.); rifiuto in blocco degli straord i n a r i ;rottura di qualsiasi forma di collaborazione con l’azienda; autogestione del-la produzione; fermate della linea e sabotaggi; organizzazione di incontri econvegni (anche su temi politici di ampio re s p i ro) con rappresentanti sin-dacali di altri paesi (uruguayani e brasiliani) diretti alla creazione di un coor-dinamento sindacale internazionale.Come dice un ex operaio:

Rompemmo tutto, la forma della produzione, ossia eravamo noial -tri che gestivamo la produzione: oggi si produce l’80%, domani il100%, dopodomani il 120% e si produceva il 120%. Saltò tutto, iljust in time, il kanban, il teamwork non funzionaro n o .(Ex addetto linea, Meccanica: Cord o b a )

Nel corso della lotta, divenne chiaro come oggetto della contesa non fosseil problema del salario, bensì i nuovi equilibri di potere e gli strumenti re p re s-sivi che la Fiat voleva imporre attraverso il nuovo contratto:

Il nostro obiettivo non fu mai solo quello di lottare solo per il sa -lario, la nostra lotta fu ampia e per questo abbracciava molti set -tori (...) Noi avevamo cambiato molto del contratto, 19 punti ave -vamo cambiato. Il contratto prevede che si possono avere so -spensioni individuali (...) Anche se si rompeva una macchina laFiat poteva sospendere un lavoratore, non un équipe completa[Ute, N.d.R.] ma solo un lavoratore, e quindi se un lavoratore è unattivista sindacale, o uno che si oppone, la Fiat può sospenderlofacendogli ro m p e re la macchina... Noi non permettevamo che cif o s s e ro sospensioni individuali, se sono sospensioni, sono pertutta l’équipe, mentre qui, in questo contratto, si permettono lesospensioni individuali per le quali l’operaio può avere persecuzio -ni e discriminazioni e stanno incluse in questa previsione i casif o rtuiti e di forza maggiore e anche la sospensione fondata su ra -gioni disciplinari. Quindi noi non discutevamo il contratto colletti -vo solo per i soldi ma tutta la filosofia del contratto. Compensa -zione di ore perse…questo prima non esisteva. Il sabato lavora -tivo non esisteva, le festività…, le festività sono solo il primo digennaio e il 25 dicembre. La Fiat può chiamare i lavoratori quan -do vuole e questo prima non esisteva. Pause individuali…ti ord i -nano tutto, tutta la vita in questo modo, è tremendo! (...) E quindi

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionale

della flessibilizzazionenell’utilizzo della forza

lavoro

L’opposizione dei lavoratoriargentini all’applicazione del

contratto

92

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 92

Page 93: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

noi mettemmo in discussione tutto l’accordo, non solo il salario,cioè quello che criticavamo era l’ideologia di questo contratto, ilgruppo di idee che facevano che questo fosse un tutt’uno, unpezzo unico, sostenevamo che questo non serviva ai lavoratori.(Ex addetto linea, Meccanica: Cord o b a )

Le lotte determinarono una chiara visibilità del potere e, addirittura, ancheu n ’ a g g regazione conflittuale che, in alcuni casi, andava al di là delle diff e re n-ze di ruolo tra operai e “vecchi” m a n a g e r di linea (i quali, del resto, rientra-vano di diritto nel processo di riduzione salariale)66. A ciò si aggiunse il fattoche, non avendo tecnologicamente ristrutturato l’impianto di meccanica, laFiat dovette comunque tenere una parte dei lavoratori della ex Cormec, inquanto esperti e ormai addestrati al lavoro sui macchinari tradizionali:

I Cpi passarono dalla nostra parte, e molti capi Ute anche, per -ché il nostro piano era ampio: noi dicevamo che così non funzio -nava la fabbrica, che il problema era che loro [ D i rezione, N.d.R.]non sapevano come farla funzionare, mentre noi sì; e che le dire t -tive che stavano tenendo loro erano imbrogliate, confuse, stupi -de, che non si produceva bene, si produceva con cattiva qualità.C o m i n c i a rono a cacciare capi Ute e Cpi, ossia avevano tutta lafabbrica contro di loro, si tirarono tutta la fabbrica contro. Lamaggioranza dei capi Ute e dei Cpi furono cacciati, la grandemaggioranza, quelli che ci sono attualmente sono quasi tutta gen -te nuova. Quindi si produsse una crisi nella direzione di fabbrica.La Fiat non investì in macchine nuove nel re p a rto motori e cam -bi, però non investendo, non automatizzando, dovette tenere noiche sapevamo gestire la produzione (...) Ai capi anche ridusseroi salari e per questo loro si univano alla nostra lotta.(Ex addetto linea, Meccanica: Cord o b a )

Superata questa fase di scontro frontale, anche in seguito alla pressione delGoverno, si è giunti ad un’intesa di massima: passaggio di tutti gli operai del-la ex Cormec all’interno di Fiat Auto con una perdita retributiva minima (10%c i rca) per quanto riguardava l’indennità di licenziamento dalla Cormec non-ché, per la durata di due anni, un salario diff e renziato (che assommava al90% circa di quello percepito in Cormec) rispetto ai lavoratori neo-assunti.

Si occupa la fabbrica, si negozia e si arriva a un accordo: che Fiat,attraverso un pagamento diff e renziato, andrà a pagare il 95% del

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionaledella flessibilizzazionenell’utilizzo della forzalavoro

L’opposizione dei lavoratoriargentini all’applicazione delcontratto

93

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 93

Page 94: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

salario che avevamo in Cormec. Ossia il salario sarà quello del con -tratto collettivo ma con in più, per due anni si equiparerà il nuovosalario al 95% rispetto a quello che avevamo in Cormec. Noi levia -mo l’occupazione grazie a questo accordo. Perdevamo un 5% delvecchio salario, però guadagnavamo con l’indennizzazione, e il 5%non era una brutta cifra per noi in questa negoziazione.(Ex addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

A part i re da questo momento l’azienda, nel mentre continuava a selezio-n a re ed assumere i nuovi operai, ha continuato a licenziare e ad asse-c o n d a re quello che ufficialmente è stato presentato come “ritiro volonta-rio” dei vecchi dipendenti (favorita dal fatto di avere un minor numero dioneri contributivi da sostenere, in quanto tutti i lavoratori erano ormainuovi dipendenti di Fiat Auto).

...noi li chiamiamo licenziamenti nascosti, in quanto l’azienda li pre -senta come autolicenziamenti. Il capo del personale fa firmare l’au -tolicenziamento ai lavoratori dandogli un po’ di soldi per andarse -ne; li obbligano ad andarsene nella forma del ritiro volontario.( R a p p resentante politico: Cord o b a )

...la Fiat cominciò a licenziare quasi tutti gli operai della ex Cormecsenza guard a re in faccia a nessuno e dei 1600-1700 che eravamooggi ne rimangono 200 circa (...). Quando vi fu il conflitto, sostitui -rono anche il capo del personale con quello che stava in Brasile elo port a rono qua, lo trasferirono qua... in Brasile lo chiamavano laGestapo e venne mandato qui da noi (...). Fiat assume tutti lavora -tori nuovi con l’accordo del salario di 500 pesos. Fu un buon aff a -re per la Fiat. Per fare questo però la Fiat dovette aff ro n t a re altreoccupazioni, scioperi, però la Commissione di fabbrica che si eracostituita, guidata da Gallo, decise di non instaurare una lotta fro n -tale contro la Fiat pensando che si potesse negoziare qualche licen -ziamento, o meglio che i licenziamenti si potessero evitare .(Ex addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Dal settembre del 1996, nel giro di poco meno di un anno, dei 1750-1800addetti della ex Cormec ne sono rimasti approssimativamente un terz o6 7, imeno conflittuali e sindacalizzati. In altri termini, in pochi mesi l’azienda ha pro-ceduto al rinnovamento, pressoché completo, del proprio “parco addetti”, so-stituendo pro g ressivamente la vecchia forza lavoro con giovani operai, in pos-

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionale

della flessibilizzazionenell’utilizzo della forza

lavoro

L’opposizione dei lavoratoriargentini all’applicazione del

contratto

94

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 94

Page 95: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

sesso di un tasso di scolarizzazione medio-alto e privi di precedenti esperien-ze di lavoro industriale, evitando nel contempo di dover sopport a re ingenti co-sti finanziari e di incrinare la produttività programmata dell’impianto:

No, io credo che la Fiat non venne danneggiata, tutto questo eracomunque nei calcoli di medio periodo dell’impresa: era chiara l’in -tenzione dell’impresa di licenziare la gente della Cormec. (...) Anzi,ti dirò che all’inizio del ‘98 la fabbrica aveva già un buon livello dip roduzione, di pro d u t t i v i t à . . .(Giornalista de La Voz del Interior: Cord o b a )

In conclusione, attraverso un accurato processo di destrutturazione del-le precedenti condizioni d’uso della forza lavoro e la produzione di unanuova regolamentazione contrattuale, la Fiat ha dato vita ad un nuovo si-stema normativo. Tuttavia, questo processo di ricomposizione c o e rc i t i -v a del clima sociale interno allo stabilimento ha prodotto, come vedre-mo, dei particolari effetti sull’organizzazione del lavoro e sulle modalitàdi gestione delle “risorse umane” nella vita quotidiana di fabbrica, chesegnano la diff e renza specifica con Melfi.

52 L’ a c c o rdo stipulato nel 1993 menziona esplicitamente che: “Le parti nel rispetto dei ruoli, del-le funzioni e dei compiti di rispettiva pertinenza, si riconoscono re c i p rocamente quali interlocutoristabili in un corretto sistema di relazioni industriali. In via pre l i m i n a re, le stesse ribadiscono la pro-pria intenzione di sviluppare un sistema di relazioni sindacali teso ad ampliare i momenti e le sedi didialogo fra Azienda e sindacato e a ridurre le occasioni conflittuali” (Fiat Auto, 1993: 144).

53 Per un’analisi dettagliata dei diff e renti sistemi di turnazione si veda il manuale curato da Pes-sa per conto della FIOM-CGIL (Pessa, 1998).

54 Specifichiamo che in passato l’aumento della saturazione era calcolato sul tempo totale di pre-senza in officina (tempo attivo più fattori di riposo) e non sul solo tempo attivo, come invece vienestabilito dal nuovo accordo. Per “tempo attivo” - o effettivo - si intende il tempo assegnato per la p u -r a trasformazione del prodotto, mentre con il termine “fattore di riposo” ci si riferisce alla quantitàdi tempo aggiuntivo - da assegnare ai tempi attivi - concessa per riposarsi tra una determinata ope-razione di lavoro e quella successiva. La saturazione individuale istantanea può, quindi, esseree s p ressa come il livello massimo che il carico di lavoro di uno - o più addetti - può raggiungere inragione delle necessità di mix produttivo (Cosi, 1993).

55 “ M e n t re prima, il fattore di riposo veniva aggiunto al tempo dell’operazione, determinando untempo complessivo che comprendeva il ‘tempo attivo’ e il fattore di riposo, oggi una porzione mag-gioritaria del fattore di riposo viene ‘accantonata’, per essere usufruita - dai lavoratori delle linee -nell’ambito dei 40 minuti di pausa (di cui quindi quasi metà viene ‘assorbita’ dai fattori di riposo, an-ziché essere aggiuntiva e - dai lavoratori non in linea - nell’ambito dei momenti di inattività che pos-sono determinarsi per cause tecniche od organizzative” (Cerruti e Rieser, 1993: 494).

56 In ogni caso, i due tipi di re c u p e ro produttivo (aumento della saturazione istantanea e accele-razione della velocità della linea) non possono superare il limite complessivo del 16%. L’ a c c o rdo pre-vede appunto, per l’insieme delle esigenze operative legate al mix produttivo e a problemi vari con-nessi a disfunzioni e qualità, la possibilità di aumentare il grado di saturazione individuale di ogni la-v o r a t o re fino ad un massimo del + 16%. “La gestione di queste due possibilità sarà monopolio dei

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionaledella flessibilizzazionenell’utilizzo della forzalavoro

L’opposizione dei lavoratoriargentini all’applicazione delcontratto

95

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 95

Page 96: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

capi e dei tecnici, ma il valore finale non potrà superare il +16% (...)” (Cosi, 1995: 26).57 “Essendo il nuovo modello organizzativo basato sul miglioramento continuo e sulla valorizza-

zione del singolo nel miglioramento dei risultati produttivi, si rende necessario superare il concettodi tempo assestato. Pertanto, fermi restando i principi e le regole di assegnazione e composizionedei tempi, a preventivo o rilevati, il tempo di operazione è da considerarsi in evoluzione costante e,quindi, trascorsi tre anni dalla loro assegnazione, i tempi sono suscettibili di revisione” (Fiat Auto,1993: 56-57).

58 Attualmente l’età media degli operai della fabbrica lucana si aggira attorno ai 30-31 anni.59 Che in alcuni periodi ha raggiunto anche livelli del 10% sui turni di notte (Bubbico, 1999).60 Tra dismissioni e trasferimenti, a dicembre del 2001, il turnover si aggirava intorno alle mille

unità (dati Fiat).61 Questa anomalia risale agli anni Settanta, periodo di scontri sociali e di forte conflittualità ope-

raia. In quella fase storica, dietro richiesta del m a n a g e m e n t della casa torinese, il Governo arg e n t i-no assegnò, per decreto, la rappresentanza sindacale delle imprese Fiat alla Uom, togliendola alloSmata, che in quel periodo costituiva un sindacato estremamente combattivo, mentre la Uom rap-p resentava il sindacato filo-governativo.

62 Si consideri l’analogia emblematica con l’esperienza dell’accordo sindacale di Melfi.63 Il turno di lavoro è di otto ore (comprensive di 30 minuti remunerati a fine turno per pausa men-

s a ) .64 Si consideri, a titolo d’esempio, che durante i primi otto mesi del 1998 l’impresa ha sospeso

i propri operai per quasi settanta giorni motivando il provvedimento adottato con le impreviste flut-tuazioni nella domanda di mercato (Motta, 1998: 30). E’ chiaro che, i costi di queste brusche oscil-lazioni nei livelli di produzione, oltre a ricadere direttamente sui lavoratori sospesi, si riperc u o t o n opesantemente sulla catena dei fornitori i quali vedono improvvisamente aumentare i propri s t o c k s eil costo del capitale immobilizzato.

65 Quest’ultimo era nato a causa del licenziamento di un dirigente e di un delegato sindacali e lasospensione di altri 60 delegati, ma è stato interrotto grazie ad un decreto ministeriale che, appli-cando la legge argentina sui conflitti di lavoro, ha imposto la conciliazione obbligatoria tra le part ie n t ro venti giorni, imponendo la cessazione delle azioni in atto. In tal modo, i lavoratori sospesi e li-cenziati sono rientrati al lavoro ma in un clima aziendale non certo p a c i f i c a t o: “La fabbrica pert a n t olavora, anche se sui lavoratori rientrati l’azienda esercita una pressione ed un controllo severissimi”(Fiom, 1997: 1).

66 Come testimoniato da molti soggetti intervistati, la re p ressione non colpì soltanto gli operai,ma anche i m a n a g e r i linea che nel corso delle lotte si erano, anche solo parzialmente, schierati dal-la parte dei lavoratori: Tutti i capi che oggi lavorano sono dei buoni capi perché nonostante la crisie i bassi salari stanno lavorando bene per l’azienda. Poi con le lotte e la successiva crisi hanno an -che licenziato capi, per cui quelli che ci sono ora sono i migliori capi (Ex addetto Sorveglianza).

67 All’epoca della ricerca sul campo - primavera 2000 - si erano ulteriormente ridotti a 180-200c i rc a .

Nuovi accordi sindacali: ilfondamento istituzionale

della flessibilizzazionenell’utilizzo della forza

lavoro

L’opposizione dei lavoratoriargentini all’applicazione del

contratto

96

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 96

Page 97: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

L’organizzazione quotidiana del turno di lavoroCome abbiamo visto in precedenza, la struttura della Fabbrica Integrata è in-centrata sull’Unità Tecnologica Elementare, cellula produttiva di base gestita,sia a Melfi che a Cordoba, dal capo Ute.Il ruolo del capo Ute presenta alcuni aspetti di vera e propria managerialità.M e n t re in passato il ruolo del capo squadra prevedeva un’ottimizzazione deicosti limitata al solo fattore manodopera, con la Fabbrica Integrata - attraver-so l’applicazione del principio della scambiabilità dei costi - uno dei compitifondamentali del capo Ute è la minimizzazione del costo complessivo di tra-sformazione, in un’ottica che prevede il perseguimento di obiettivi globali - enon più funzionali, cioè da perseguire separatamente - su qualità, costo eservizio (Fiat Auto, Organizzazione). Il margine discrezionale del capo Ute èevidentemente limitato al governo della propria Ute e si gioca sulla capacitàdi mantenere allineato il tratto di linea di cui è responsabile alle esigenze delflusso produttivo, riallineandolo se intervengono variazioni nel mix o anoma-lie produttive, di qualunque natura esse siano (umana, tecnica, logistica).Il capo Ute si occupa dell’organizzazione delle risorse (umane, tecniche emateriali) a propria disposizione per pro g r a m m a re concretamente il turno dil a v o ro sulla base della produzione impostata e del mix previsto. In ogni UnitàOperativa è presente l’ente di “Programmazione della produzione e gestionemateriali” che si occupa del rifornimento delle Ute, della logistica e della pro-grammazione della produzione delle linee. Il capo Ute è collegato dire t t a m e n-te, via rete informatica, a questo ente, dal quale riceve tutte le informazioninecessarie sulle condizioni della produzione all’interno dell’Unità Operativa dia p p a rtenenza - e non solo quindi per quanto concerne la propria Ute - e sueventuali variazioni nel piano produttivo. Anche il rilevamento delle pre s e n z ein officina avviene tramite il sistema informatico (SIGEP), al quale il capo Uteaccede tramite il proprio terminale posto all’interno del box di Ute.A questo punto, sulla base del piano produttivo elaborato dal C.A.P. (CentroAvanzamento Produzione, che afferisce all’ente Programmazione della pro d u z i o-ne e gestione materiali) e delle informazioni acquisite sulle presenze in off i c i n a(SIGEP), il capo Ute può pro c e d e re all’organizzazione del turno di lavoro avvalen-dosi della fondamentale funzione di supporto operativo-gestionale svolta dai Cpi.Sia a Melfi che a Cordoba gli addetti di linea dovre b b e ro ruotare in manierap rogrammata, ossia cambiare postazione di lavoro mediamente ogni tregiorni. In realtà la gestione quotidiana della rotazione è affidata alla discre z i o-nalità dei line manager. In caso di assenze, è possibile richiedere lavoratoriin prestito ad altre Ute, oppure ridistribuire i carichi di lavoro tra gli addettip resenti e ridefinire le postazioni. La richiesta dei prestiti viene rivolta al Ge-s t o re Operativo, il quale coordina tutte le Ute comprese all’interno di un’Unità

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

97

V - Da Melfi a Cordoba: i diversi “volti” dellaFabbrica Integrata

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 97

Page 98: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Operativa. La domanda di un prestito, nell’ottica dell’internalizzazione dellerelazioni di mercato, assume la forma di acquisto di una unità lavorativa e,p e rtanto, incide sui costi attribuiti all’Ute. Tale meccanismo dovrebbe indur-re il capo Ute a sviluppare e a fare affidamento sempre più sulle risorse in-terne alla propria cellula produttiva. In tal senso, la ridistribuzione dei carichidi lavoro, espressione della flessibilizzazione e del decentramento gestiona-le nell’ottimizzazione del flusso produttivo, permette di intervenire e risolve-re tempestivamente i problemi di organico senza incre m e n t a re i costi dell’U-te. Le soluzioni pragmatiche generalmente adottate sono: assegnare duepostazioni ad uno stesso lavoratore, eliminare o ridurre gli addetti fuori linea(cambisti, addetti ai “recuperi” fuori linea, addestratori, ecc.) ed assegnarel o ro una postazione di lavoro in linea; e, se necessario, partecipazione al la-v o ro diretto di trasformazione anche dei Cpi.L’addetto linea, qualora non vi siano variazioni impreviste o problemi d’or-ganico, è preventivamente informato sulla postazione assegnata, in quan-to la rotazione è formalmente programmata. Qualora non ne fosse a co-noscenza può recarsi presso i tabelloni della “gestione a vista” (G.A.V.)68

- posti all’interno del box Ute - oppure rivolgersi direttamente ai propri su-periori gerarchici (Cpi e capo Ute).U fficialmente, il principio organizzativo della rotazione, oltre a favorire pro-cessi di m u l t i t a s k i n g (ossia capacità di operare su diverse postazioni di lavo-ro), dovrebbe consentire una parziale compensazione tra gli squilibri dis t ress e fatica esistenti tra le diverse postazioni della cellula produttiva. Inrealtà, la gestione delle rotazioni rappresenta soprattutto uno strumento diflessibilità organizzativa finalizzato allo snellimento del numero di addetti e,quindi, alla riduzione dei costi complessivi; al bilanciamento del pro c e s s op roduttivo ed al rispetto dei volumi produttivi programmati, attraverso la pos-sibilità di ridefinire quotidianamente l’organizzazione delle postazioni69. In ge-nerale, la gestione delle rotazioni viene delegata ai Cpi. Questi ultimi, infatti,conoscono in maniera accurata e diretta le operazioni previste nelle variestazioni di lavoro e le abilità degli operai, ragion per cui, se necessario, so-no in grado di ridisegnare rapidamente l’organizzazione del turno di lavorogarantendo un adeguato grado di saturazione di tutte le postazioni.Una volta avviato il turno di lavoro, il capo Ute può dedicarsi alle quotidia-ne attività amministrative e di programmazione della cellula produttiva e,nel contempo, supervisionare l’andamento in pro g re s s della pro d u z i o n e ,avvalendosi delle figure professionali a suo supporto (Cpi, tecnologo diUte, rifornitore). E’ sempre attraverso il proprio terminale (grazie al siste-ma informatico per la gestione dell’avanzamento della produzione denomi-nato Giove) che il capo Ute è in grado di contro l l a re costantemente, istan-

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

L’organizzazione quotidianadel turno di lavoro

98

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 98

Page 99: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

te per istante, l’evoluzione del processo di fabbricazione e, quindi, il rispet-to dei piani produttivi. Nell’ipotesi in cui non sorgano problemi e disfunzio-ni egli potrebbe anche svolgere l’intero turno lavorativo all’interno del pro-prio box, dedicandosi alle “attività d’ufficio”. In realtà, ciò non avviene qua-si mai in quanto egli, di tanto in tanto, perc o r re fisicamente la linea per con-t ro l l a re di persona le condizioni della produzione, per comunicare con i Cpie per stimolare la prestazione dei lavoratori; del resto, una delle funzioniistituzionalmente attribuite ai capi Ute consiste proprio nel saper delegaree motivare i propri “collaboratori” (Fiat Auto, 1994: 17).Il compito dei line manager è favorito dai supporti operativi elettro n i c o - i n f o r-matici e, più in generale, dai flussi informativi. L’ a rchitettura del sistema infor-mativo è stata disegnata in modo tale da re a l i z z a re, a tutti i livelli, un’elevatat r a s p a renza dello stato di funzionamento delle cellule produttive, nonché unmonitoraggio costante dei parametri di controllo dell’efficienza complessivadell’impianto. Concretamente, oltre alla comunicazione interpersonale, lo sta-bilimento si presenta disseminato di computer grazie ai quali il m a n a g e m e n taziendale riesce a supervisionare quel che accade in ogni punto della linea.L’elemento caratteristico del nuovo sistema informativo è, coere n t e m e n t econ quanto previsto dai canoni organizzativi della lean pro d u c t i o n, la “gestio-ne a vista”, che si dispiega attraverso strumenti informativo/disciplinari di va-ria natura: visivi, come gli a n d o n, i tabelloni della gestione a vista presenti al-l’interno di ogni box Ute, oppure i d i s p l a y e l e t t ronici che scandiscono, simul-taneamente, l’impostato (ossia la produzione teorica) e la produzione eff e t t i-vamente raggiunta; auditivi, come le sirene, che avvertono tempestivamen-te il sopraggiungere di una disfunzione; cartacei, come la check list ( “ b u o n odi consegna” che accompagna la scocca durante il suo passaggio sulla li-nea riportandone i dati sullo stato di avanzamento in rapporto al controllo diqualità, oltre che le istruzioni sugli o p t i o n a l da applicare), oppure i cart e l l o n iposti - in maniera visibile a tutti - all’interno di ogni Ute che riportano in ma-niera dettagliata, solitamente sotto forma di grafici e tabelle, informazionisulla produzione, la qualità, l’efficienza delle macchine, il personale.Questo complesso sistema informativo non svolge soltanto la funzioneo rganizzativa di supporto operativo del processo di trasformazione mafunge, contemporaneamente, da strumento di potere. Infatti, il poten-ziamento della circolazione “orizzontale” dei flussi informativi e la visibi-lità strutturale di tutto quel che accade in linea si traduce nel fatto chei comportamenti dei lavoratori possono essere costantemente contro l-lati ed analizzati (Wilkinson e Oliver, 1990; Sewell e Wilkinson, 1992;Bloomfield e Cooms, 1992; Fiocco, 1998a, 1998b, 2001, McKinlay eS t a r k e y, 1998; Commisso, 1999).

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

L’organizzazione quotidianadel turno di lavoro

99

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 99

Page 100: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Divisione del lavoro e nuova forma della cooperazioneproduttivaCon la Fabbrica Integrata la Fiat realizza compiutamente il distacco daiprincipi organizzativi del taylorismo. Infatti, rispetto al fordismo muta ra-dicalmente la forma delle sinergie produttive prescritte, cioè la modalitàattraverso la quale i singoli lavoratori vengono inseriti all’interno di uncontesto cooperativo.La divisione del lavoro sulla quale si basa la nuova forma della cooperazio-ne, è diversa da quella taylorista. Non si tratta più di un ordine seriale: unadistribuzione parc e l l a re dei lavoratori (considerati a sé, separati gli uni daglialtri, sia per quanto riguarda i tempi che le mansioni assegnate), unificati aun meccanismo produttivo collettivo (catena di montaggio) che li poneva co-me meri ingranaggi, erogatori di pura quantità di energia fisica, denti dell’in-granaggio della struttura produttiva complessiva. In quel contesto le sinerg i ep roduttive prescritte erano esclusivamente esterne all’operaio.Nella Fabbrica Integrata, invece, il lavoratore non è più semplice oggetto dicooperazione, ma viene riconosciuto e responsabilizzato in quanto agenteattivo delle sinergie produttive del contesto cooperativo cellulare (Fioc-co,1998b). Gli operai di linea devono concretamente concorre re, anzi sonoresponsabilizzati a pro d u r re, variare e intensificare la cooperazione pro d u t t i-va al fine di garantire l’efficienza del processo produttivo. L’unità elementaredi base del processo produttivo non è più fondamentalmente data dal lavo-r a t o re unificato agli altri dalla struttura meccanica, bensì dalla cellula pro d u t-tiva intesa come totalità, come corpo collettivo integrato, ed è appunto suquesta diversa modalità di unificazione dei lavoratori che si fonda il t e a m. Co-me scrive Sivini: “I lavoratori, pur restando ovviamente etero d i retti, non so-no più dominati immediatamente dalle macchine. Sono integrati in spazi de-finiti tecnologicamente, entro i quali devono autoattivarsi per garantire mo-mento per momento il flusso produttivo. E’ questa configurazione struttura-le che richiede la loro partecipazione; ed anche la base su cui poggia la nuo-va cultura non conflittuale dell’impresa” (1999: 9). Il cambiamento radicalenon risiede in ciò che i singoli lavoratori sono tenuti ad eseguire, oppure inun arricchimento professionale generale, ma nel fatto che le prestazioni adessi prescritte sono organizzate in maniera tale da originare (se eff e t t i v a m e n-te realizzate) la sinergia cooperativa del t e a m. La loro responsabilità, indivi-duale e collettiva, è di assicurare il raggiungimento delle p e rformance p re-scritte ai t e a m in cui lavorano, affinché “l’impianto non si fermi mai” (Magna-bosco, in Costanzo, 1995: 119).Con questa nuova forma organizzativa i compiti assegnati non sono, népotrebbero essere, interamente formalizzati. Inoltre, in un’ottica proces-

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

100

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 100

Page 101: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

suale, l’assegnazione delle operazioni viene stabilita sulla base delle po-stazioni e non degli addetti. La formalizzazione delle mansioni ricopre so-lo una porzione (anche se rilevante) delle attività prescritte ai lavoratori dilinea. Del resto, come si potrebbero proceduralizzare fino in fondo l’atten-zione costante nello svolgimento della propria attività, l’agire di concertoe l’aiuto reciproco, la prevenzione ed, eventualmente, anche la soluzionedi micro-disfunzioni, il problem solving.Come afferma Magnabosco nel corso di un’intervista, “se da un lato laprescrittività nel senso di esatta predefinizione di compiti, tempi e movi-menti propria del fordismo scompare, perché oggi non si potrebbe deci-dere in termini prescrittivi come sviluppare attenzione al processo, dall’al-tro, però, la prescrittività rimane in forma diversa: nella Fabbrica Integra-ta la prescrizione è data dagli standard che devi rispettare, dalle perfor -mances migliori, ulteriori che dobbiamo andare ad acquisire, da un miglio-ramento generale del sistema o di quel tratto di impianto o di processoche il lavoratore presidia.” (in Costanzo, 1995: 119).Gli spazi relazionali informali, l’immediato agire di concerto dei tradiziona-li gruppi spontanei di lavoro che all’interno della fabbrica fordista eranoavversati, o al massimo sottratti di soppiatto, ma non riconosciuti all’in-terno dei compiti assegnati ai lavoratori di linea, oggi costituiscono (natu-ralmente in una forma che non può che essere distorta e assoggettata)una parte costitutiva fondamentale dello stesso ruolo operaio. Divengonouna risorsa, un importante fattore di flessibilità organizzativa da incorag-giare, plasmare, formalizzare e socializzare ai fini del processo di valoriz-zazione. Agire comunicativo e lavoro di squadra divengono i due pilastrifondamentali della struttura della Fabbrica Integrata, che lavora per pro-cessi e non più per funzioni. Nei termini di Magnabosco (1999: 22), l’im-pianto di Melfi ha “un’organizzazione non ridondante, funzionale alla circo-lazione di informazioni e al team, che è l’ambito in cui si realizzano la par-tecipazione e l’integrazione”.La logica operativa della Fabbrica Integrata segna il passaggio ad un nuo-vo concetto di efficienza: “Questa non è più concepita nei termini di ope-razioni conformi alle norme, ma nei termini di una gestione globale di tut-to ciò che avviene all’interno del sistema produttivo. L’efficienza comples-siva del sistema produttivo (...) dipende molto più dall’abilità di padroneg-giare il flusso degli eventi che non dalla velocità e dal costo delle singoleoperazioni. Controllare il flusso degli eventi non è solo una semplice rea-zione all’inatteso, ma comporta l’integrazione delle esperienze nell’ap-prendimento” (Bonazzi, 1998: 197). Come esplicita Bandiera (il primo Di-rettore dello stabilimento Sata): “Oggi tutto si sposta sulla capacità di

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

Divisione del lavoro e nuovaforma della cooperazioneproduttiva

101

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 101

Page 102: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

controllo del processo, uno degli aspetti più delicati e più importanti delnuovo modello organizzativo” (in Infelise, 1995: 139-140).La specificità della nuova forma della cooperazione è data dalla cellularizza-zione del processo produttivo ed è e m b e d d e d nel t e a m, nel corpo collettivocui viene demandata l’attuazione degli obiettivi predeterminati. E’ il t e a m c h edeve farsi carico non solo del rispetto dei livelli produttivi prefissati, ma an-che del controllo di qualità e, contemporaneamente, cre a re le condizioni peril miglioramento continuo. Ma la realizzazione di questo compito non è némeccanica né lineare: ogni resistenza, anomalia e disfunzione si traduce in-fatti in disarticolazione dell’integrazione sinergica del t e a m e, quindi, riducele p e rf o r m a n c e s p ro d u t t i v e .Questa caratteristica peculiare del “lavoratore collettivo” è alla base di quel-la che appare come attribuzione di responsabilità collettiva di obiettivi comu-ni e condivisi, diretta ad indurre una forte pressione organizzativa su tutti icomponenti della cellula produttiva affinché coordinino i loro re c i p roci contri-buti finalizzandoli alle esigenze del flusso produttivo. Ciò risulta evidente sesi pensa che, data la forma della divisione del lavoro, le prestazioni del t e a mdipendono dall’integrazione degli sforzi individuali e delle attività (fisiche e co-g n i t i v o - relazionali) di tutti i lavoratori presenti al suo interno70. La potenzialitàdi esplicazione della sinergia cooperativa è inscritta nella forma della divisio-ne del lavoro, nell’integrazione organica dei diversi ruoli presenti all’internodell’Ute, nella flessibilizzazione dei carichi e nella diversificazione dei compi-ti di lavoro assegnati agli stessi operai di linea. Però, nella prassi quotidiana,la sua realizzazione compiuta non costituisce un dato, bensì un processo di-namico e sempre precario in quanto si deve inevitabilmente e costantemen-te confro n t a re con l’emergenza di bisogni individuali e collettivi che eccedo-no le necessità produttive dettate dal lavoro in t e a m.Da qui la specificità di quella modalità di gestione della forza lavoro che è in-scritta nei principi dell’Human Resource Management. Tra i compiti dei m a -n a g e r di linea è esplicitamente contemplata la gestione diretta e, se possibi-le, la ricomposizione immediata dei problemi individuali e delle tensioni col-lettive quotidiane. Anche là dove, come dimostra il caso dello stabilimento diC o rdoba, il clima sociale interno si presenta tutt’altro che pacificato c’è biso-gno di uno stile nuovo di gestione della forza lavoro .Le resistenze nell’esecuzione dei compiti prescritti (proceduralizzati o meno)alterano l’integrazione sinergica del t e a m e, di conseguenza, tendono ad es-s e re lette come anomalie che danneggiano il corretto e normale scorre re delflusso produttivo. Quest’ultimo, incorporando in sé l’imposizione degli ord i n ie la prescrizione all’autoattivazione da parte dei lavoratori, finisce per farea p p a r i re ogni resistenza (così come ogni azione conforme ai compiti impo-

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

Divisione del lavoro e nuovaforma della cooperazione

produttiva

102

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 102

Page 103: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

sti) come se fosse frutto di scelte individuali invece che reazione ad un co-mando eterodeterminato. Tale contesto disciplinare fa sì che i componentidel t e a m tendano a percepirsi come se fossero i membri di un gruppo - co-me persone e non semplici portatori di ruoli - in cui ciascun individuo dovre b-be operare armoniosamente in vista del “bene comune” (Fiocco, 2001).In conclusione, l’armonia produttiva del t e a m deve essere continuamente ri-p rodotta: nella prassi quotidiana, la realizzazione dei compiti si scontra inces-santemente con i bisogni e le resistenze soggettive dei lavoratori, comunqueessi interpretino la natura dei compiti stessi, e cioè sia che vengano coere n-temente percepiti come ordini sia che vengano invece recepiti come espre s-sioni di libera scelta individuale. In ogni caso, la resistenza ad attivarsi, ada g i re in maniera “normale” tende a fare emerg e re la contrapposizione strut-turale tra capi e operai, tra ruoli direttivi e ruoli subalterni, e quindi a svelarela reale natura etero d i retta ed eterodeterminata del t e a m di lavoro e delle re-lazioni sociali che si dispiegano al suo interno. Perciò, in un’ottica di tipo pre-ventivo, l’intervento quotidiano dei m a n a g e r di linea deve essere pro c e s s u a l-mente orientato a ristabilire e ripro d u r re costantemente le “normali” pratichecooperative di lavoro attraverso dinamiche gestionali di re s p o n s a b i l i z z a z i o n eindividuale e collettiva dei componenti della cellula produttiva. Le recenti stra-tegie basate sulla gestione delle risorse umane sono appunto finalizzate afar sì che le sinergie produttive potenziali inscritte all’interno della nuova logi-ca cooperativa fondata sul lavoro in t e a m divengano effettive, ripro d u c e n d ocostantemente le condizioni socio-tecniche adeguate a tal fine, di contro alquotidiano emerg e re di disfunzioni e re s i s t e n z e .

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

Divisione del lavoro e nuovaforma della cooperazioneproduttiva

103

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 103

Page 104: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

La pressione organizzativa sul teamCon la Fabbrica Integrata, la prestazione di lavoro del singolo operaio nonsi presenta più come un dato fisso e prestabilito. Al contrario, è flessibil-mente integrata nel team di lavoro e sottoposta alle esigenze dettate dalbilanciamento complessivo del flusso produttivo e, quindi, alle connessio-ni just in time tra le diverse Ute. Dalla centralità del “tempo-ciclo”, si passa alla centralità del “tempo-pro-cesso” o, come lo definisce Coriat (1991: 67), del “tempo ripartito”. Conla Fabbrica Integrata, l’attenzione dell’organizzazione è rivolta soprattuttoal rispetto dei tempi complessivi di attraversamento del prodotto in pro-cesso di lavorazione e, in caso di anomalie, al livellamento in progressdella produzione programmata. Per questa ragione, i confini tra le diver-se postazioni di lavoro non sono rigidamente definiti, ma fluidi e trasgre -dibili dagli operai, sì da favorire, come in una staffetta, il “passaggio deltestimone” (Ohno, 1993). Infatti, mentre alcune operazioni devono esse-re necessariamente sincronizzate ed eseguite in successione, altre pos-sono essere invece anticipate o posticipate, assecondando, inoltre, l’in-staurarsi di comuni pratiche quotidiane di aiuto reciproco:

Ci sono alcune cose che uno ti può aiutare. Come siamo adessoalla 7: se uno magari non ce la fa, e l’altro ti vuole anticipare, ti puòa i u t a re, cioè ti fa la tua operazione e passa avanti per fare la sua.Invece in alcune altre parti questo non è possibile.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Se uno non ce la fa a re g g e re il ritmo della linea, in generale, ci siaiuta. Il lavoratore successivo va nella postazione di quello pre c e -dente e l’aiuta a terminare l’operazione.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Del resto, alcune postazioni prevedono espressamente l’azione simultaneadi più di un lavoratore :

Alla Ute 6 carteggiavo la scocca dell’autovettura...e ci vuole più diuna persona per cart e g g i a re la scocca, almeno si fa in due. I mieicompiti sono i suoi e i suoi sono i miei, perché è lo stesso lavoro ,è un lavoro che si deve fare per forza in due, quindi ci si mette d’ac -c o rdo con i compagni su come lavorare .(Addetto linea, Verniciatura: Melfi)

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

104

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 104

Page 105: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Poi è cambiato anche il modo di lavorare, è cambiato il tipo di sfrut -tamento e di utilizzo del lavoratore, l’organizzazione del lavoro. Peresempio se in una postazione di due lavoratori ce n’è uno che nonlavora, l’altro deve lavorare anche per lui.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

D’altra parte, la linearizzazione del processo di fabbricazione e il princi-pio del just in time c o m p o rtano il rispetto dei piani produttivi e, pert a n-to, il costante avanzare “bilanciato” del flusso produttivo. L’ o t t i m i z z a z i o-ne del processo di trasformazione, che implica un rapporto attivo di tut-ti gli addetti con il proprio lavoro, ha per obiettivo la realizzazione di unam a g g i o re efficienza degli impianti a parità di personale; la riduzione deilavoratori “indiretti” per alcune operazioni di controllo qualità adessosvolte dalla manodopera diretta; la diminuzione dei costi derivanti da di-fetti di qualità (scarti e rilavorazioni).Per quanto riguarda l’operaio di linea, alcuni aspetti del rapporto attivocon l’attività produttiva possono essere formalizzati, come la certificazio-ne qualità e la Total productive maintenance (le attività della Tpm, realiz-zate non da specialisti ma da chi lavora quotidianamente sugli impianti,mirano a prevenire, per mezzo di semplici e quotidiane attività di control-lo, pulizia, lubrificazione, regolazione, il deterioramento e i potenziali gua-sti degli strumenti di lavoro e degli impianti). Altri aspetti invece, poichélegati ad eventi in una certa misura imprevedibili, possono essere pre-scritti ma non interamente proceduralizzati (attenzione ai “segnali debo-li”, risoluzione di problemi). La Fabbrica Integrata prevede espre s s a m e n-te la responsabilizzazione degli addetti di linea rispetto alla qualità e alleo rdinarie (semplici) operazioni manutentive da svolgersi attraverso l’au-t o c e rtificazione e l’automanutenzione. L’ a u t o c o n t rollo della qualità7 1 v i e-ne, generalmente, eseguito attraverso l’apposizione di un timbro che au-t o c e rtifichi la corretta esecuzione dell’operazione. Non per tutte le posta-zioni è prevista l’autocertificazione, ma in genere solo per quelle a cui sa-rebbe successivamente difficile risalire e/o individuare chi ha determina-to l’anomalia. Comunque, alla fine di ogni Ute avviene la “delibera di Ute”,ossia la certificazione di tutte le operazioni eseguite nell’intero tratto dip rocesso gestito dalla specifica cellula produttiva. In questo modo è pos-sibile scoprire eventuali irregolarità non rilevate in precedenza e risalirealla postazione all’interno della quale hanno avuto origine. Il controllo i ni t i n e re del prodotto in processo di lavorazione comporta pertanto la co-stante attenzione del lavoratore rispetto all’esecuzione delle operazioniassegnate e al rispetto degli standard qualitativi previsti, pena l’incorre-

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

La pressione organizzativasul team

105

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 105

Page 106: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

re in una sanzione di tipo verbale o, nel peggiore dei casi, disciplinare .Le diverse postazioni di lavoro si presentano poi re c i p rocamente interre l a t ee interdipendenti, molto spesso linearmente e operativamente integrate al-l’interno di un processo di fabbricazione incrementale e consequenziale chele rende “dipendenti le une dalle altre” per il corretto compimento delle man-sioni assegnate, per il re g o l a re e ininterrotto fluire del processo pro d u t t i v o :

Diciamo che nella mia Ute ci sono alcune postazioni in cui se nonmonti un pezzo non puoi montare l’altro poi, per il resto, puoi an -che montare gli altri pezzi separatamente...(Cpi, Montaggio: Melfi)

Se uno lavora male va a finire nella postazione dell’altro e da fasti -dio a tutte le postazioni successive.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Tali principi organizzativi e regolativi (supportati dal complesso sistemainformativo) diffondono capillarmente, lungo tutto il flusso di fabbricazione,il c o n t rollo sociale e l’a u t o c o n t rollo sui risultati dell’attività di ogni singolooperaio (e di ogni cellula produttiva). Ciascun operaio dovrebbe diventareimmediatamente contro l l o re di se stesso e dell’operato dei propri compa-gni di lavoro. Ciò attiva meccanismi di f e e d b a c k tra le diverse postazionip roduttive e tra le Ute contigue, sugli eventuali scostamenti qualitativi equantitativi tra le caratteristiche attese del prodotto in corso di lavorazio-ne e quelle reali. In altre parole permette, anzi prevede, forme di comuni-cazione diretta tra i lavoratori - e tra gli operai e i diretti superiori - al finedi segnalare le anomalie eventualmente riscontrate, inducendo di conse-guenza azioni di controllo sociale e di aiuto re c i p roco, dirette a fare corri-s p o n d e re l’input “off e rto” a quello “domandato” (nella logica del rapport oc l i e n t e / f o r n i t o re ) .Dal punto di vista dell’operaio di linea, però, l’attenzione alla propria attivitàe l’autoattivazione nella risoluzione tempestiva di anomalie produttive chepossano alterare la continuità del flusso del processo di fabbricazione nonc o m p o rta necessariamente un apporto diretto al p roblem solving. Tu t t ’ a l-t ro, nella maggior parte dei casi si tratta soltanto di prestazioni straord i n a-rie di mansioni da svolgere, di orario di lavoro e di competenze.I risultati dell’analisi sulle pratiche quotidiane di autoattivazione riscontratenel corso della ricerca empirica possono essere così sintetizzati: sostitui-re un collega di lavoro che si assenta temporaneamente per ragioni fisio-logiche; svolgere due postazioni contemporaneamente nel caso in cui ci

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

La pressione organizzativasul team

106

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 106

Page 107: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

siano carenze di organico; aiutare un collega che si “imbarca” (cioè nonriesce a mantenere il passo dettato dalla velocità del flusso produttivo); re-carsi in anticipo in fabbrica per “pre p a r a re la postazione” (contro l l a re glistrumenti di lavoro, avvicinare il materiale necessario, ecc., in modo taleda non ritrovarsi poi in difficoltà al momento dell’avvio del turno di lavoro )o, su specifica richiesta del capo Ute, per eff e t t u a re recuperi produttivi; senecessario, lavorare a lato linea (o nei piazzali) anche oltre la fine del tur-no, oppure nei giorni di riposo, per eff e t t u a re recuperi produttivi; sostitui-re un compagno di lavoro in permesso facendo un giorno di straord i n a r i o ,o p p u re evitare di “mettersi in malattia” perché comunque, nella logica deltempo ripart i t o, i maggiori carichi di lavoro determinati dall’assenza rica-d re b b e ro sui compagni di lavoro della propria Ute; evitare, in un’ottica pre-ventiva, l’insorgenza di problemi - soggettivi e oggettivi - che possano de-t e r m i n a re l’arresto della linea (anche perché, in genere, le perdite pro d u t-tive verre b b e ro poi recuperate con incrementi della velocità dei ritmi di la-v o ro); cerc a re di tamponare l’emergenza di eventuali anomalie fino alla fi-ne del turno, quando poi si potrà intervenire sul problema senza incideresui volumi di produzione.

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

La pressione organizzativasul team

107

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 107

Page 108: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

La gestione delle risorse umane a Melfi e a CordobaCome analizzato nei paragrafi precedenti, all’interno della Fabbrica Integra-ta l’attivazione individuale e le sinergie del lavoro cooperativo sono poten-zialmente inscritte nei principi operativi e normativi della nuova org a n i z z a-zione del lavoro che prevede appunto, per tutti gli addetti, l’intervento sui“confini delle mansioni” (Fiocco, 2001). L’attività manuale, il presidio degliimpianti e degli strumenti di lavoro, il controllo di qualità, la manutenzionee la “risoluzione di problemi” prefigurano l’integrazione organica dell’Ute.Le sinergie cooperative del t e a m sono, quindi, virtualmente tracciate dallaconfigurazione reale dettata dalle condizioni organizzative di lavoro, peròa ffinché esse esprimano concretamente il loro potenziale produttivo “ar-monico” è necessario che i lavoratori portino effettivamente a termine lemansioni prescritte e, semmai, le assumano come condizioni “naturali” delp roprio agire. L’istituzione dei t e a m di lavoro costituisce una chiara espre s-sione di ingegneria sociale diretta a sfruttare il lavoro di concerto, la soli-darietà nonché il controllo sociale spontanei ed informali che si sviluppanoall’interno del luogo di lavoro, tentando di “incanalare” e racchiudere que-sti sentimenti entro le formali, altamente controllate strutture di t e a m d i s e-gnate dall’azienda. Tutto ciò è volto a pro c e d u r a l i z z a re il lavoro di gruppoinformale, non tanto per favorire e concedere spazi di autonomia e auto-gestione lavorativa, quanto per porlo sotto il governo del controllo mana-geriale (Parker e Slaughter, 1988b; Dassbach, 1997).Le quotidiane pratiche di attivazione degli operai di linea esposte alla fine delp recedente paragrafo non costituiscono pertanto il frutto di uno “spontaneo”a g i re di concerto, della “libera” c o l l a b o r a z i o n e dei lavoratori, ma sono inscrit-te in dispositivi che, a part i re dalla cellularizzazione del processo pro d u t t i v oe dalla multifunzionalità degli addetti di linea, si traducono nell’integraziones i n e rgica di tutti i lavoratori presenti all’interno della cellula produttiva. Tu t t a-via, la sinergia produttiva del t e a m costituisce non un dato ma un pro c e s s o ,cioè deve essere continuamente prodotta e rigenerata in pro g ress contro l’e-m e rg e re dei bisogni e delle resistenze dei lavoratori, attraverso la sperimen-tazione di concrete tattiche direzionali adeguate alle specificità del contestoe alle pratiche conflittuali espresse dai lavoratori.D’altra parte, la gestione delle risorse umane, ossia il p re s i d i o dei lavoratoriin quanto risorse produttive ma nel contempo anche esseri umani ed anzi,risorse produttive proprio in quanto esseri umani dotati di generiche capa-cità intellettive, cognitivo-relazionali (oltre che fisiche), determina una perso-nalizzazione delle relazioni sociali interne al luogo di lavoro, dei rapporti dicomando. La prevenzione di ogni forma di tensione, individuale e collettiva,costituisce parte costitutiva dei compiti assegnati ai m a n a g e r di linea. Il ma-

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

108

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 108

Page 109: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

nifestarsi di forme di microconflittualità deve, comunque e sempre, essereimmediatamente e direttamente aff rontato (senza l’intermediazione dei rap-p resentanti sindacali), depotenziato di qualsiasi valenza radicale e, possibil-mente, risolto in maniera “armoniosa”, con la trasposizione delle micro c o n-flittualità in problemi operativi, “tecnici” attinenti al “gruppo di lavoro ” .L’applicazione concreta di tale logica direzionale viene supportata da uncomplesso di dispositivi di g o v e r n a n c e del corpo collettivo del t e a m b a s a t isu pratiche incentivanti e sanzioni informali (favoritismi, privilegi, premi, puni-zioni, ricatti). Il problema risiede nel fatto che, se cellula produttiva di basecostituisce il campo, l’ambito operativo e sociale al cui interno i lavoratorivengono posti in cooperazione, contemporaneamente e ambivalentemente,r a p p resenta anche lo spazio sociale potenzialmente in grado di favorire l’e-m e rgenza di un soggetto collettivo antagonista, ossia la fonte e il support oper il manifestarsi di forme di solidarietà e resistenza, di rifiuto cosciente del-le identità imposte e opposizione all’autorità e alle aspettative del m a n a g e -m e n t aziendale. E’ proprio per favorire la gestione quotidiana di questo con-traddittorio e precario equilibrio connaturato al lavoro in t e a m che i m a n a g e rdi linea fanno puntualmente ricorso ad un complesso meccanismo di incen-tivi e sanzioni normalizzatrici, che si inseriscono a pieno titolo all’interno diun sistema generale di singolarizzazione/frammentazione della forza lavoro .In sostanza, nella prassi gestionale quotidiana, l’intervento gerarchico sulcorpo collettivo della cellula produttiva è diretto a: 1) dividere i lavoratori ed i s g re g a re i vincoli di solidarietà operaia; 2) singolarizzare i contenuti delleresistenze e pro d u r re i comportamenti normali come attributi di serie ade-guate. Ciò contribuisce a generare una frantumazione ed una segmentazio-ne della composizione interna della forza lavoro che concorre nel ripro d u r recostantemente, per ogni individuo, il limite della normalità e l’apparente ra-zionalità delle identità imposte: volenterosi/scansafatiche, collaborativi/ribel-li, m u l t i s k i l l e d/limitati, aff i d a b i l i / i r responsabili, imbro g l i o n i / o n e s t i .

...avevano problemi quei ragazzi che magari..., perché non è chesiamo tutti perfetti, non avevano tanta voglia di lavorare, perché cisono, c’è gente che di lavorare non ne vuole sapere proprio e co -munque [il capo Ute] dava problemi solo a questi, però da lì iniziòil fatto che cercava di tenersi più vicino alcuni operai.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

C’era gente che i tre giorni di riposo se li faceva tutti in fabbrica al a v o r a re,e anche io l’ho fatto parecchie volte all’inizio, perché co -munque avevo delle speranze, perché poi c’era da rinnovare il con -

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

La gestione delle risorseumane a Melfi e a Cordoba

109

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 109

Page 110: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

tratto di formazione e tutti facevano lo straordinario. Poi, pure i ca -pi Ute venivano a parlare e dicevano “è meglio se fai lo straord i n a -rio..., così hai più possibilità di re s t a re..., di avere il contratto inde -terminato”. Allora, con ‘sta presa in giro ti facevano venire a fare los t r a o rdinario, che poi era quesi imposto.(Ex Addetto linea, Montaggio: Melfi)

...se tu chiedi a qualche operaio cosa pensa delle persone che han -no delle limitazioni, lui ti risponde che è gente che non ha voglia dil a v o r a re, quando bene o male lì ci sono dei medici, portano i cert i -ficati, portano gli esami, ecc. Perché gli altri operai pensano chedevono lavorare di più loro, ma questo effettivamente è vero, peròse io sono in quelle condizioni, o magari un altro è come me.... Per -ché magari c’è pure chi in realtà sta bene, ci sono esempi di per -sone..., ad esempio c’è uno che dice di avere tre ernie del discoperò a casa sua, coltiva le olive, insomma si dice che si piegava ep rendeva i sacchi pieni di olive di mezzo quintale.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

...comunque, devono tenere sempre qualcuno sulle spine. Pensoche sia proprio l’impostazione aziendale che chiede di considerareun tot numero di persone come “non buone”: ci sono i bravi, i me -no bravi, quelli che lavorano, quelli che sanno lavorare ma non vo -gliono farlo, ecc. Cioè fanno le loro squadre, dividono i lavoratori inc a t e g o r i e . . .(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Se vedono che si sta formando un gruppo, loro cercano di smem -brarlo, questo è sottinteso, però loro non lo diranno mai. Non sose dipende dal capo Ute, cioè se è il capo Ute che fa richiesta alG e s t o re o a qualcun’altro, questo non l’ho mai capito, se fa i nomi -nativi dicendo: ‘Cambiami queste persone qua perché si sta cre a n -do un certo gruppo’. Questo non l’ho mai capito (...) Comunque oè il capo Ute o il Gestore Operativo, perché questi sono gli unicidue capi che stanno a più diretto contatto con le persone. Non sose è il capo Ute a fare i nominativi per farli spostare, perché poi al -la fine è il Gestore a decidere .(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

La gestione delle risorseumane a Melfi e a Cordoba

110

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 110

Page 111: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Il coinvolgimento, l’attivazione, la motivazione al lavoro devono essere con-tinuamente riprodotti di contro ai bisogni, alle resistenze e alle tensioni(collettive e individuali) che tendono ad alterare la sinergia cooperativa trai componenti del t e a m. Per la realizzazione pratica di questo obiettivo stra-tegico, però, non esiste una ricetta universalmente valida Le caratteristi-che del contesto locale e, in particolar modo, le peculiari modalità di re s i-stenza espresse dai lavoratori determinano le dinamiche di sperimentazio-ne e trasformazione delle relazioni di potere e, pertanto, anche la specifi-cità delle pratiche gestionali (di riproduzione del dominio) concre t a m e n t emesse in atto dai line manager. Cosi, nell’ottica interpretativa della pre s e n-te indagine, sebbene i principi organizzativi guida tanto dello stabilimentoitaliano quanto di quello argentino siano sostanzialmente gli stessi, è sol-tanto nel momento in cui si passa ad analizzare la gestione quotidiana del-le tensioni emergenti che è possibile rilevare le diff e renze principali che ca-ratterizzano le due esperienze pro d u t t i v e .

M e l f iNel caso italiano emerge la centralità funzionale di un approccio gestionaleche si caratterizza per una modalità relazionale/discorsiva di imposizione de-gli ordini, organicamente strutturata sulla nuova filosofia gestionale basatas u l l ’Human Resource Management. L’ e m e rgenza quotidiana sia dei bisogniche trascendono le necessità produttive sia delle resistenze soggettive deilavoratori tende ad essere costantemente presidiata, controllata, singolariz-zata e depotenziata dai nuovi meccanismi disciplinari, nonché, pre f e r i b i l m e n-te, aff rontata direttamente e pacificamente attraverso la gestione re l a z i o n a-le/negoziale immediata delle micro-conflittualità (Commisso, 1999).Come sottolinea Fiocco (2001), nel caso della Sata emerge chiaramente laconformità della strategia organizzativa rispetto alle prescrizioni dell’HRM( S t o re y, 1992 e 1995), in quanto la gestione del personale è stre t t a m e n t eintegrata al c o re della produzione. Direzione del personale e produzione nonsi sono più, come avveniva in passato, funzionalmente separate, ma intrin-secamente connesse a part i re dai livelli più bassi, così da favorire la comu-nicazione diretta, l’emerg e re e la socializzazione di tutte le informazioni e lecompetenze che possono rivelarsi utili alla gestione del processo pro d u t t i v o .Il nuovo sistema gestionale prevede espressamente che i line managergestiscano e presidino costantemente i lavoratori così come si presidia-no gli impianti. La loro funzione è di riprodurre, a fronte dell’emergere ditensioni e resistenze, l’apparente necessità oggettiva di assicurare la con-tinuità della produzione. La modalità adeguata di intervento messa in at-to a Melfi consiste nell’affrontare direttamente e processualmente, attra-

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

La gestione delle risorseumane a Melfi e a Cordoba

111

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 111

Page 112: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

verso il dialogo e la negoziazione interpersonale immediata, i bisogni e letensioni dei lavoratori, cercando di trasporli in problemi operativi.

Questo Capo Ute che abbiamo adesso, perché noi ne abbiamo giàcambiato uno, è molto disponibile al colloquio, cioè se hai un pro -blema non è che ti dice tu devi fare così e basta, parla, che comun -que il compito del capo Ute è quello, non ti può obbligare e dire tulo devi fare per forza, lui ti dice “per me lo devi fare così”, e io lovedo molto disponibile, infatti sta recuperando parecchi di noi am e t t e rci sulla strada diciamo buona.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Se a uno gli succede spesso di avere problemi si va da lui per ca -p i re perché gli succede. Se è una persona che proprio non riescea farla o riesce a farla solo in quel modo si vede come risolvere lacosa: o si cambia posto o si vede cosa bisogna fare . . .(Cpi, Montaggio: Melfi)

Al fine di pre v e n i re e conciliare le micro-conflittualità emergenti e di asse-c o n d a re l’interazione, una maggiore comunicazione interpersonale, los c o r re re quanto più ininterrotto dei flussi informativi (disciplinari) tra glioperai di linea e le figure gerarchiche intermedie, con la Fabbrica Integra-ta è stata creata la figura del Cpi7 2. I Cpi possono essere descritti comel ’ i n t e rfaccia immediata tra team leader e operai di linea. Sebbene non ab-biano un ruolo gerarchico ufficiale, nella realtà quotidiana si delineano co-me vice-capi Ute. Dal punto di vista tecnico, ogni Cpi si occupa del pre s i-dio e del controllo - in termini di qualità ed efficienza - di un tratto di lineadella cellula produttiva, nonché delle “risorse umane” in essa compre s e :c o n t rolla, addestra e, in caso di necessità, presta soccorso agli operai,c e rcando di incentivarne le prestazioni e le sinergie cooperative. Inoltre ,deve immediatamente intervenire nella risoluzione di micro-varianze (lega-te a disfunzioni di tipo tecnico, qualitativo e “umano”) e, qualora il pro b l e-ma riscontrato travalichi le proprie competenze, fare appello alle figurep rofessionali poste a sostegno dell’Ute (manutentori, tecnologi, ecc.).

I Cpi seguono il lavoro nostro, forniscono il materiale, quello indire t -to, che serve per lavorare sulla scocca, danno i cambi, perché ilCpi deve saper fare tutte le postazioni, perché magari, se uno habisogno, oltre al cambio vero e proprio, magari qualcuno che devea n d a re al bagno o ha qualche altro problema, ci dovrebbe essere

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

La gestione delle risorseumane a Melfi e a Cordoba

112

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 112

Page 113: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

il Cpi a sostituirlo, o un cambista, una persona che si chiama cam -bista proprio perché sa fare tutte le postazioni.(Addetto linea, Verniciatura: Melfi)

La modalità di gestione negoziale-interpersonale delle “risorse umane” si tra-duce in una personalizzazione delle relazioni di comando. Queste ultime, di-spiegandosi su un piano relazionale-discorsivo apparentemente orizzontale,s e m b re re b b e ro pre s c i n d e re dai ruoli e dalle gerarchie formali e, nel bene enel male, scaturire dalle caratteristiche personali degli “individui”:

Il mio capo Ute è una persona straordinaria, cioè caso strano masono stata fortunata (...) perché una mia amica ed altre personeche sono capitate nella Ute 2... c’è un capo Ute terribile, cioè li èp roprio terribile, infatti una volta mi ha fatto una scenata pure a mep e rché io mi sono allontanata dalla Ute.(Addetta linea, Montaggio: Melfi)

Io penso che dipende dalle persone (...) per esempio il capo Uteche abbiamo adesso viene a ripre n d e rti per una fesseria, ma vera -mente per una stupidaggine, perché magari la scocca qui ha unpuntino...cioè gli manca il mitra in mano...e ti fa proprio il discorso,cioè non è modo quello di trattare le persone. (Addetta linea, Verniciatura: Melfi)

La coercizione, il comando esplicito non sono affatto esclusi ma, comunque,d o v re b b e ro emerg e re soltanto nell’eventualità in cui la gestione re l a z i o n a l e - i n-terpersonale della forza lavoro non riesca ad avere presa reale sulle re s i s t e n-ze, sui bisogni individuali e sulle tensioni sociali, cioè nel momento in cui av-viene una rottura nel flusso della comunicazione. Una tale pratica rischia, in-fatti, di alimentare forme di dissenso più radicali in quanto tende a disoccul-t a re il reale e strutturale contenuto antagonistico che sta alla base della re l a-zione. Quindi, si pone come risposta ultima, che i line manager devono saperg e s t i re con la massima cautela: il p e r i c o l o di una gestione o di singole azio-ni oltremodo autoritarie è di favorire l’autocostituzione di un gruppo omoge-neo e, pertanto, forme di antagonismo collettivo. I meccanismi re p ressivi, in-fatti, - determinando sempre, in qualche misura, visibilità del potere, della con-t ro p a rte - rischiano di generare forme di conflittualità più accentuate e, quin-di, autoproduzione di senso. Nei casi non gestibili a livello di Ute, per ricom-p o r re il conflitto e ristabilire prontamente l’armonia del t e a m, di solito inter-vengono le figure gerarchiche superiori (Repo e Gestore Operativo) s a n z i o-

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

La gestione delle risorseumane a Melfi e a Cordoba

113

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 113

Page 114: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

nando, se necessario, i comportamenti non adeguati dei m a n a g e r di linea;ricomponendo le resistenze, le fratture nel flusso comunicativo/relazionale er i a ffermando la modalità appropriata al contesto di imposizione del coman-do attraverso micro-aggiustamenti dell’attività dei ruoli all’interno dell’Ute7 3.

Una volta ho avuto problemi con le pause alla Ute 11 e sono anda -to direttamente io dal Gestore (...) Il Gestore si è arrabbiato (...) eallora il capo Ute ha fatto una figuraccia davanti a tutti, ed il Gesto -re gli ha detto di non permettersi più di far fare la seconda pausadopo una o due ore; dopo tre ore si fa la seconda pausa.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

In ogni caso, le sinergie della cooperazione produttiva devono essere costan-temente rigenerate dalle pratiche gestionali di imposizione del comando ditipo relazionale interpersonale che, inserendosi sulla base dei dispositivi or-ganizzativi, ne potenziano ed accrescono gli effetti occultanti tendendo a fa-re assumere alla cellula produttiva - eterodeterminata ed etero d i retta - l’ap-p a rente forma di “gruppo di persone che collaborano per un fine comune”.Ciò favorisce, inoltre, una tendenziale ed incosciente interiorizzazione dellenorme di comportamento imposte che finiscono per apparire come naturaliregole d’esistenza e la fissazione di capacità e atteggiamenti “normali”.

. . . p e rché comunque siamo sempre noi, è colpa nostra... cioè se cihanno dato questo pacchetto e lo dobbiamo fare, fallo, che ti co -sta! Dici: “ma io mi scoccio, mi sto fumando la sigaretta...” Può es -s e re pure una cazzata però se una cosa va fatta così la devi farecosì... (...) Io ci sto attento alla produzione, alla qualità. Perché avròp u re tutti i difetti, però a me piace lavorare bene; se a me l’impian -to non va, chiamo il Cpi e gli dico: ‘Vedi che l’impianto non va, è dam e t t e re a posto’.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Come già detto, affinché una tale motivazione, una siffatta produzione di s e n -s o per la prestazione di lavoro abbia origine non è di solito necessario cheil m a n a g e m e n t operi attraverso meccanismi di tipo coerc i t i v o - re p ressivo, an-che se questi ultimi svolgono un’indispensabile funzione di sostegno (soprat-tutto in particolari situazioni e contesti).

3. L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La riposta della Fiat allacrisi degli anni Settanta e la

strategia di superamentodell’organizzazione

scientifica del lavoro

114

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 114

Page 115: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

C o rd o b aNel caso argentino, le difficoltà nella gestione della forza lavoro contro lequali la direzione Fiat si è dovuta scontrare nel momento in cui ha re a l i z z a t oil nuovo impianto produttivo argentino hanno comportato la visibilità delle re-lazioni di potere interne. Il m a n a g e m e n t aziendale ha pertanto dovuto pro c e-d e re alla sperimentazione di pratiche e meccanismi di coerc i z i o n e / c o i n v o l g i-mento dei lavoratori che si discostano, in alcuni casi anche radicalmente, ri-spetto all’esperienza maturata a Melfi.In primo luogo, la Fiat si è dotata di uno specifico dispositivo disciplinare ditipo istituzionale. Si tratta del meccanismo delle sospensioni che, a secondadelle circostanze, può assumere la funzione re p ressiva esplicita (quando sitratta di “punire” singoli lavoratori) oppure quella di necessità oggettiva(quando si presenta come risposta alle fluttuazioni di mercato). Tale mecca-nismo, in apparenza razionalmente legato alle (e discorsivamente occultatodalle) necessità oggettive determinate dalle alterne vicende del mercato del-l’auto sudamericano, ha in realtà costantemente operato, fin dall’inizio, comestrumento disciplinare. Come ogni dispositivo, anche quello delle sospensio-ni fa largo uso del sapere economico come parte integrante delle sue mani-festazioni di verità, per legittimare le sue strategie, le sue tecniche e i suoip rogrammi, ma la sua funzione non è tanto quella di pro d u r re giustificazio-ne, quanto quella di generare obbedienza74 (Jackson e Cart e r, 1998: 61).Le conseguenze di questa tattica direzionale si compendiano nel fatto che lecondizioni di Cordoba si caratterizzano ancora oggi, rispetto a Melfi, per lap resenza di meccanismi disciplinari e pratiche gestionali quotidiane di natu-ra maggiormente coercitiva (e per la correlata esistenza di un c l i m a s o c i a l edi fabbrica in cui permane un profondo e comune sentimento di paura). Mapoiché coercizione e controllo non sono di per sé sufficienti nel garantire ilbuon funzionamento del nuovo sistema produttivo, il m a n a g e m e n t ha dovu-to contemporaneamente pro c e d e re alla sperimentazione di specifiche tatti-che gestionali di coinvolgimento e responsabilizzazione della forza lavoro .Queste ultime, a diff e renza di quanto riscontrato nel caso italiano, non si ma-nifestano solitamente a livello di comunicazione interpersonale (face to f a c e ) ,ma, generalmente, su un piano collettivo informale.A questo riguardo, nel corso dell’analisi dello stabilimento argentino è emer-so un part i c o l a re dispositivo organizzativo non presente nel caso italiano. Sitratta del cosiddetto m i n i t e a m di Ute, ossia una quotidiana riunione (t e a mb r i e f i n g) tra operai di linea e Cpi, ufficialmente organizzata per discutere ep o rt a re alla luce eventuali problemi e disfunzioni produttive verificatesi nelcorso del turno precedente. Ogni Cpi si incontra per discutere con gli ope-rai direttamente posti sotto il proprio contro l l o .

3. L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

La riposta della Fiat allacrisi degli anni Settanta e lastrategia di superamentodell’organizzazionescientifica del lavoro

115

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 115

Page 116: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Nel miniteam non c’è il capo Ute, avviene solo tra Cpi e operai. Ilcapo Ute però da’ gli ordini, il Cpi poi è quello che li trasmette e di -ce: ieri si è prodotto questo…male! Perché è successo? Cosa pos -siamo fare perché non succeda più?(Addetto linea, Montaggio:Cord o b a )

Senza dubbio l’istituzione ad hoc del m i n i t e a m r a p p resenta un sintomo evi-dente delle iniziali difficoltà gestionali incontrate dai m a n a g e r di linea nel ca-so dello stabilimento argentino. A testimonianza di ciò, si consideri che l’im-plementazione di questo meccanismo organizzativo è avvenuta soltanto allafine del 1999, vale a dire circa tre anni dopo l’avvio dello stabilimento.

Sì, il miniteam lo abbiamo implementato in maggio, alla fine del ‘99anzi è stato implementato il miniteam tra operai e Cpi. Si ferma lalinea per dieci minuti, fermano la linea per dieci minuti e ci si riuni -sce tutti attorno al Cpi (...) viene fatto ogni giorno, da lunedì a ve -n e rdì... e si parla del lavoro, dei problemi, di come si lavora.(Addetto linea, Montaggio:Cord o b a )

I recenti conflitti e la re p ressione aziendale, coniugandosi alla diversa sog-gettività dei lavoratori argentini, hanno determinato visibilità dei ruoli di pote-re e, pertanto, una situazione di impasse dal punto di vista delle tattiche ge-stionali basate sulla negoziazione privata, sulle relazioni interpersonali, sullacomunicazione apparentemente orizzontale, soprattutto nei rapporti trat e a m l e a d e r e addetti di linea. In sostanza, è venuta sostanzialmente menola funzionalità operativa di quel dispositivo operante a Melfi che Commisso(1999) ha definito “fluidificazione del comando”.La non operatività di questo dispositivo in una situazione conflittuale comequella di Cordoba, in cui, fin dall’inizio, il m a n a g e m e n t aziendale ha incontra-to notevoli difficoltà pratiche nell’esercizio del gioco della fluidificazione delcomando, ha portato alla sperimentazione della nuova tattica di comunica-z i o n e / c o n t rollo rappresentata dal m i n i t e a m di Ute. La direzione aziendale hadato vita ad uno specifico meccanismo di coinvolgimento e re s p o n s a b i l i z z a-zione collettiva dei lavoratori la cui gestione pratica è stata affidata al Cpi,ruolo formalmente non gerarchico e posto a più stretto contatto con gli ad-detti di linea. Al contrario di quanto accade a Melfi, i Cpi non operano una ne-goziazione “privata” dei bisogni emergenti dei lavoratori né strutturano il lo-ro intervento su criteri direzionali basati sulla comunicazione interpersonaled i retta (relazioni “face to face”). A Cordoba, da un lato si ha una negazionedella razionalità dei bisogni che trascendono le necessità produttive, dall’al-

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

La gestione delle risorseumane a Melfi e a Cordoba

116

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 116

Page 117: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

t ro, le tattiche relazionali di imposizione del comando si dispiegano pre f e r i-bilmente sul piano delle dinamiche collettive, di “gruppo”, mediate dallo spa-zio sociale del t e a m di lavoro e, in part i c o l a re, del m i n i t e a m di Ute. Le prati-che gestionali messe in atto dai Cpi, a diff e renza delle figure gerarchiche uf-ficiali, generalmente non assumono una veste autoritaria ma si esprimono at-traverso una modalità d’esercizio del comando di natura terapeutico-pedago-gica diretta, più che a impart i re ordini e re p r i m e re, a “pre v e n i re e curare ” .

Nel corso del miniteam parliamo con il Cpi delle anomalie che ab -biamo avuto durante il turno precedente. Cerchiamo di capire qua -li problemi abbiamo avuto e tentiamo di risolverli, anche per evita -re che capitino di nuovo. Perché ci sono stati, da chi sono stati fat -ti e per quale motivo... anche perché poi i costi li paghiamo tuttiquanti noi con più lavoro e demeriti.(Addetto linea, Montaggio:Cord o b a )

Sì, si dialoga pure, però c’è molta paura, non si può parlare più ditanto, però almeno con il Cpi si parla (...) mentre con il capo Ute econ il Gestore Operativo non esiste nessun tipo di dialogo, loro dan -no solo ordini e noi, per paura, non parliamo, non diciamo niente.(Cambista, Montaggio:Cord o b a )

In pratica, dal punto di vista della gestione quotidiana della forza lavoro, il m i -n i t e a m viene utilizzato dai m a n a g e r di linea sia per pre v e n i re, individuare ec e rc a re di ricomporre ogni forma di resistenza o di anomalia che si concre-tizza in disfunzione operativa, sia quale specifico dispositivo normalizzante.La sua efficacia è data dalla coniugazione di due dinamiche disciplinari appa-rentemente contrapposte. Da un lato, viene messa in atto una identificazio-ne/singolarizzazione delle responsabilità delle “disfunzioni” che nega il fonda-mento strutturale e la razionalità delle resistenze; dall’altro, si induce una di-namica relazionale di gruppo - apparentemente autodeterminata, diretta adi n d i v i d u a re, “per il bene di tutti”, le possibili modalità di risoluzione dei pro b l e-mi - che tende alla responsabilizzazione collettiva dei lavoratori del t e a m s u-gli obiettivi produttivi e sulle necessità organizzative prescritte. Complessiva-mente, l’effetto di potere del team briefing è dato dal fatto che l’identificazio-ne e la soluzione collettiva di eventuali disfunzioni, nonché la prevenzione esanzione dei comportamenti non conformi alla norma sembrano scaturireautomaticamente e oggettivamente dalle “naturali” condizioni della pro d u z i o-ne. In questo modo, le pratiche di resistenza tendono ad apparire come for-me irrazionali d’azione, che contrastano con gli interessi comuni propri del

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

La gestione delle risorseumane a Melfi e a Cordoba

117

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 117

Page 118: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

t e a m di lavoro: “Possono ancora verificarsi, ma è negata la loro legittimità”(Sewell, 2001: 226). Attraverso la sussunzione e l’utilizzo strumentale delledinamiche relazionali del gruppo dei pari (ossia il capovolgimento delle re l a-zioni solidali in rapporti funzionali alla produzione) le resistenze vengono sin-golarizzate e delegittimate, nonché sanzionate e, se possibile, ricompostedagli stessi componenti del m i n i t e a m.In termini analitici, l’efficacia normalizzante del dispositivo del m i n i t e a m r i s i e-de nei seguenti effetti di potere :1) Contribuisce a incrinare l’unità e lo spirito solidaristico degli operai, ossiad i s g rega la spontanea costituzione di gruppi autodeterminati e, pert a n t o ,ostacola l’emergenza di un soggetto collettivo antagonista.

Prima c’era, è che la fabbrica lo ha rotto il senso del gruppo, harotto il sentimento di gruppo che esisteva tra i lavoratori perc h énon gli permetteva di imporre il loro sentimento di appart e n e n z a ,quello che loro chiamano la “famiglia Fiat”, la famiglia della fabbri -ca, in una parola loro ruppero, smembrarono il sentimento di grup -po e di amicizia tra i lavoratori, perché…? Perché prima avevamoblocchi, fermate generali della linea, in tutta la fabbrica: si blocca -va la linea, tutti si riposavano, tutti avevano la pausa contempora -neamente, ci si fermava e si parlava, tutti parlavano e dicevano ip roblemi che avevano e si chiedeva aiuto agli altri compagni.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Con i Cpi si può parlare... Poi, comunque, se qualcuno fa un’infra -zione oppure parla male dell’azienda e di come si lavora deve sta -re molto attento perché questo successivamente può anche arriva -re alle orecchie dei capi, perché molti fanno la spia e gli stessi ca -pi chiedono a tutti di fare la spia. Perché, poi, durante le riunioni diminiteam i Cpi ci dicono sempre che qualsiasi anomalia noi dobbia -mo comunicargliela, anche se un compagno di lavoro ha fatto qual -cosa di male.(Ex addetto linea, Ve r n i c i a t u r a : C o rd o b a )

2) Singolarizza la natura e la portata delle resistenze occultandone il fonda-mento strutturale che ne è alla base. Data la ripercussione collettiva dei “co-sti” legati ad eventuali problemi nelle sinergie produttive del t e a m, la re s p o n-sabilità (la “colpa”) delle disfunzioni legate al f a t t o re umano viene general-mente attribuita - spesso anche da parte degli stessi compagni di lavoro - al-

3. L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista al

Progetto Fabbrica Integrata

La riposta della Fiat allacrisi degli anni Settanta e la

strategia di superamentodell’organizzazione

scientifica del lavoro

118

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 118

Page 119: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

la mancata attivazione, allo scarso impegno, agli errori, agli atteggiamenti ealle pratiche devianti dei singoli operai. Su questi ultimi, data la peculiare con-figurazione della nuova organizzazione, viene quindi a concentrarsi anche l’o-n e re e la colpa per gli eventuali demeriti ricaduti sul collettivo di lavoro a cau-sa del mancato rispetto dei parametri produttivi. In tal modo, infatti, il siste-ma organizzativo e gestionale spinge gli altri componenti del g r u p p o a con-s i d e r a re i primi come “scansafatiche” o “piantagrane” tentando di far sì chela loro frustrazione si concentri su di essi.

Durante il miniteam discutiamo dei problemi che ci sono stati il gior -no prima ponendo all’attenzione di tutti chi li ha provocati. Il Cpi poidice: se gli altri operai dell’Ute ce la fanno, come mai quell’operaiop a rt i c o l a re che ha prodotto il difetto il giorno prima non ce l’ha fat -ta a finire il proprio lavoro e ha fatto pre n d e re il demerito a tuttiquanti gli altri operai dell’Ute?(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Per esempio, l’altro giorno, in un miniteam di linea, come lo chia -mano loro, ha detto [il Cpi]: ieri la linea è andata a questa velocitàe si è prodotto poco per una interruzione, così per colpa di qual -che operaio che ha fatto un erro re o che ha lavorato meno degli al -tri c’è stato un demerito per tutti quanti (...). E, quindi, fanno in mo -do che ci se la prende tutti con l’operaio che procurò il pro b l e m a ,però non considerano, per esempio, che quel giorno andava tro p -po veloce la linea, oppure che si è prodotto di meno perché è man -cato un operaio. I capi questo non lo dicono quando fanno le riunio -ni di miniteam. Loro dividono i compiti di questo operaio che man -ca tra gli altri operai dell’Ute mantenendo sempre la stessa velocitàdella linea (...) Poi dicono agli altri lavoratori che quello che diciamonoi delegati non è vero e in caso di problemi se la prendono sem -p re con il singolo operaio. E questo è il problema che abbiamo noi.(Delegato sindacale, Montaggio: Cord o b a )

3) Responsabilizza i lavoratori rispetto agli obiettivi produttivi del t e a m.L’ e ffetto del meccanismo consiste nel capovolgimento dei legami solida-li in relazioni funzionali e, nel contempo, nel depotenziamento delle ma-nifestazioni di resistenza immediata - inducendo atteggiamenti di autodi-sciplina e autoregolazione e sostenendo l’agire di meccanismi di p e e rp re s s u re - così da scongiurare e inibire una loro possibile riaggre g a z i o-ne simpatetica e, quindi, trasformazione in conflitto collettivo. Quella che

3. L’esperienza di Fiat Auto:dalla fabbrica fordista alProgetto Fabbrica Integrata

La riposta della Fiat allacrisi degli anni Settanta e lastrategia di superamentodell’organizzazionescientifica del lavoro

119

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 119

Page 120: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

si tende a pro d u r re è un’identità imposta, un senso di appartenenza alt e a m e un’attribuzione di significato alle attività da svolgere funzionale al-le necessità di governo del sistema.

Nel miniteam si parla con il Cpi e tra di noi per vedere quali pro -blemi abbiamo avuto e come fare per trovare una soluzione. Sesono stati causati da un lavoratore che stava male o che proprionon ce la faceva a reggere il ritmo magari si può spostare di po -stazione. Anche se poi bisogna vedere perché lui non ce la fa egli altri sì... perché c’è pure chi fa il furbo e non considera chesiamo tutti nelle stesse condizioni, per cui se uno non lavora be -ne poi il suo lavoro lo devono fare gli altri, oppure ci prendiamotutti quanti il demerito per colpa sua.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Durante il miniteam i capi ci dicono che dobbiamo lavorare per ilbene di tutti, per far funzionare il gruppo, che ci dobbiamo aiutarel’uno con l’altro perché poi se no i demeriti ce li prendiamo tuttiquanti. La produzione la dobbiamo comunque fare, quindi è megliose lavoriamo tutti bene senza cerc a re di fare i furbi e di fre g a rci l’u -no con l’altro, che poi non conviene a nessuno...(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

In definitiva, data la natura collettiva della soggettività operaia e m b e d d e d a l l ’ i n-terno del contesto argentino e, quindi, le concrete forme di antagonismo e re s i-stenza espresse dai lavoratori di Cordoba, in questo caso la logica gestionalecomplessiva di fabbrica ha assunto un carattere più selettivo di quello di Melfi.Le conseguenze della tattica direzionale generale basata sulle sospensioniindividuali si compendiano nel fatto che le condizioni di Cordoba si caratte-rizzano ancora oggi, a diff e renza di Melfi, per la presenza di meccanismi di-sciplinari e pratiche gestionali quotidiane che prevedono strutturalmente mo-dalità di intervento re p re s s i v o - c o e rcitive dirette (e per la correlata esistenzadi un c l i m a sociale di fabbrica in cui permane, da parte dei lavoratori, unp rofondo e comune sentimento di “paura”) accanto a quelle negoziali-re l a z i o-nali. Queste ultime, a diff e renza di quanto riscontrato nel caso italiano, nonsi manifestano solitamente a livello di comunicazione interpersonale (face toface), ma sul piano collettivo del t e a m di lavoro, o meglio, del m i n i t e a m.Infine, a livello generale, sia nel caso italiano che in quello argentino, è statorilevato che le pratiche gestionali quotidiane messe in atto dai m a n a g e r di li-nea sono comunque inserite all’interno di un meccanismo generale di pote-

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

La gestione delle risorseumane a Melfi e a Cordoba

120

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 120

Page 121: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

re disciplinare diretto a favorire responsabilizzazione e interiorizzazione del-le norme imposte. Tuttavia, se a Cordoba è in atto un sistema coercitivo or-ganico e complessivo (dato dalle sospensioni individuali e dai licenziamenti),al contrario, a Melfi le azioni gerarc h i c o - re p ressive, il ricatto esplicito assu-mono un carattere di eccezionalità (licenziamenti per giusta causa), o sonotemporalmente circoscritte (mancata conferma dei contratti di formazione el a v o ro e Cassa Integrazione), oppure ancora interessano sistematicamenteuna parte circoscritta degli operai (lavoratori interinali).

Si, tutti abbiamo paura di perd e re il posto, di essere sospesi.Per esempio questo lo dimostrano anche le ore di straord i n a -rio (...) Nel senso che i capi chiedono sempre di fare straord i -nari e tutti li facciamo.(Ex addetto linea, Verniciatura: Cord o b a )

C e rtamente noi lavoravamo molto di più degli altri. Tra noi lavora -tori interinali le malattie sono state proprio basse, pochissime, per -ché uno diceva “se faccio troppi giorni di malattia magari poi nonmi rinnovano il contratto, se discuto sempre sulla postazione, semi lamento poi dicono che non ho voglia di lavorare, ecc.”. E quin -di stai sempre zitta, non vai mai contro i capi, per questo motivo. (Ex Addetta linea, Montaggio: Melfi)

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

La gestione delle risorseumane a Melfi e a Cordoba

121

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 121

Page 122: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

L’ e m e rgenza delle forme di resistenza in contesti di potere diversiUna delle ambivalenze fondamentali connaturate al sistema produttivo l e a nè costituita dal fatto che, mentre da un lato l’attuale modalità gestionale ten-ta di catturare ed assoggettare alle esigenze della valorizzazione alcune ge-neriche, basilari e condivise capacità produttive umane (come il linguaggio,la relazionalità, la comunicazione); dall’altro, queste stesse facoltà cognitivo-relazionali eccedono e tendenzialmente trascendono i ristretti limiti impostidalla produzione di plusvalore, in quanto inseparabilmente connesse all’esi-stenza umana in quanto tale, al mondo della vita extralavorativa.Da ciò ne consegue che, da un lato, le nuove strategie di gestione della for-za lavoro, dal punto di vista operativo-funzionale, devono dialetticamentec o n f rontarsi con i vincoli e le potenzialità peculiari dei diff e renti contesti so-cio-istituzionali, in quanto ambiti di processi di produzione specifici della sog-gettività. Dall’altro (elemento che costituisce il dato comune dei due casi os-servati) si tratta di porsi il problema di come e fino a che punto, di fronte al-l ’ e m e rg e re dei bisogni soggettivi che trascendono le necessità produttive im-poste e ad una pressione strutturale che tende a determinare un aumentop ro g ressivo dei ritmi di lavoro e dello stress psico-fisico e, quindi, pratiche diresistenza immediate che possono potenzialmente tradursi in resistenza col-lettiva, la nuova forma di gestione della forza lavoro riesca a ripro d u r re l’oc-cultamento del potere sui lavoratori: il “gioco comunicativo” di porre i lavora-tori come persone si scontra, comunque e sempre, con l’esigenza pro d u t t i-va di ridurre le persone a lavoratori.Così, mentre a Melfi la prevenzione, singolarizzazione e ricomposizione im-mediata delle tensioni che emergono all’interno delle cellule produttive è ge-neralmente fondata su meccanismi comunicativo-relazionali la cui peculia-rità risiede nel porre in essere pratiche di negoziazione “privata” dei bisogni(Commisso, 1999) che tendono a destrutturare l’identità collettiva dei lavo-ratori riducendola a identità singolare (tali pratiche direzionali si esprimonotramite un “gioco comunicativo” di relazioni interpersonali che, appare n t e-mente, sembrano pre s c i n d e re dai ruoli formali). A Cordoba, di contro, le re-lazioni tra operai e m a n a g e r di linea sono inserite all’interno di un contestocaratterizzano da una diff e rente soggettività operaia. Come analizzato inp recedenza, la responsabilizzazione dei lavoratori alla p e rf o r m a n c e c o l l e t t i-va si è pertanto dovuta esprimere attraverso un “gioco comunicativo” diver-so da quello di Melfi. Nel caso dello stabilimento argentino, infatti, opera lospecifico meccanismo disciplinare del m i n i t e a m di Ute (dispositivo re l a z i o-nale di natura terapeutico-disciplinare collettiva), il cui funzionamento, nellaprassi quotidiana, induce pratiche di sorveglianza orizzontale (peer pre s s u -re). Ciò determina la conseguenza di negare immediatamente la razionalità

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

122

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 122

Page 123: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

e la legittimità dei bisogni dei lavoratori (e, quindi, delle resistenze) che tra-scendono la retorica aziendale dell’i n t e resse comune.

MelfiAnche a Melfi, al di là dell’apparenza di un ambiente di fabbrica relativa-mente pacificato, è possibile individuare una serie di pratiche di resisten-za che, nonostante siano spesso ancora soltanto espressione di bisogniindividuali immediati, iniziano comunque a esprimere forme di reazione in-tenzionale e, in alcuni casi, di vera e propria conflittualità collettiva. Delresto, già il fatto di porre i lavoratori all’interno di un contesto relazionaleche afferma di riconoscerli in quanto persone presenta alcune importan-ti ambivalenze. Una di queste è che gli individui imparano a negoziare di-rettamente i propri bisogni (individuali e collettivi) i quali, per loro naturaintrinseca, non possono essere sempre e comunque dislocati, sussunti ericomposti sul piano oggettivo dei problemi operativi.

A me l’hanno chiesto sabato, addirittura… Ma sai quante voltechiedo io di fare lo straordinario? Un sacco di volte, e me li hannofatti sempre fare. (…) sai, perché l’azienda ti promuove dandoti los t r a o rdinario quando lo chiedi tu. Se te lo chiede lei però poi lo de -vi fare. Me l’hanno chiesto sabato e gli ho detto che dovevo anda -re con i miei amici al mare, e loro ‘Ma tu ci servi, devi venire’, maio gli ho detto ‘No, non posso venire’. Lunedì mi hanno detto ‘Tu los t r a o rdinario lo devi fare quando te lo chiedo’…( C a r rellista, Montaggio: Melfi)

Una volta ho avuto una discussione un po’ accesa con il mio coor -d i n a t o re su questo fatto qua perché, siccome facevo il centrale, gliavevo chiesto di fare una mezz’oretta in più la sera quando finivo elui mi ha risposto: ‘No, adesso l’azienda non fa fare lo straord i n a -rio’. Era stato un periodo che l’azienda non faceva fare straord i n a -ri, a chi dicevano loro però... Anche il mio coord i n a t o re, lui si ritiraalle otto la sera, quindi faceva straordinario! Lui lo poteva fare, edio che glielo avevo chiesto, ogni tanto, io non dico che lo dovevof a re ogni sera, però pure due, tre volte la settimana ti fai la mezz’o -ra in più... Lui ha detto no e io non gli ho detto niente, ma lo sape -vo che prima o poi doveva ritornare da me. Ed infatti è capitatoche lui mi ha detto ‘Tu domani vuoi venire a fare straordinario?’, eio gli ho risposto di no; lui mi ha detto ‘Ma che devi fare?’, e io ‘De -vo andare a messa’. Lui allora ha detto ‘L’azienda si mette sempre

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti dipotere diversi

123

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 123

Page 124: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

a disposizione’. Questo perché mi avevano fatto fare il centrale,p e rché avevo problemi fisici, quindi io gli avevo chiesto, ad Agostodi farmi fare un paio di mesi il turno centrale, ma loro all’inizio miavevano risposto che non era possibile. Poi, naturalmente, a Gen -naio, da Agosto a Gennaio..., si è reso possibile e mi hanno spo -stato. Quindi quando mi ha detto ‘L’azienda si è messa a disposi -zione, quello che volete fare fate, e adesso che l’azienda ha biso -gno di voi, voi gli dite di no’, io gli ho detto ‘No, quando ho avutobisogno io, l’azienda non si è messa a disposizione’.(Addetto Qualità: Melfi)

Una pratica emergente di resistenza individuale, ma radicale, emersa duran-te le interviste è quella di ro m p e re la relazione comunicativa con i superiori(atteggiamento che impedisce alla base la possibilità di gestire la “disfunzio-ne” tramite la negoziazione interpersonale), oppure di capovolgerne la fun-zione per evitare che i proprio bisogni, le proprie necessità personali (e col-lettive) vengano comunque ricondotte a disfunzioni tecnico/operative.

... magari posso aiutare un operaio che sta vicino a me, così,ma a loro [ai Capi, N.d.R.] non dico niente perché loro già lo san -no in effetti. No, adesso no, al limite i lecchini lo fanno per farevedere che si prestano.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Io ho imparato una cosa, perché inizialmente, con il capo Ute cheavevo prima, questo qua non lo conosco ancora abbastanza bene,però quando chiedevo di mancare quel giorno lui titubava: ‘Ma sai…tu mi metti nei guai, non lo so se manca personale quel giorno...’ Midiceva ‘ste cose qua, e allora io che potevo fare? Da quel giorno hoimparato che quando volevo mancare, non andavo proprio a lavora -re; lo chiamavo prima sul telefonino: ‘senti, io non vengo a lavorare ,per un imprevisto … si è sfasciata la macchina e non vengo a lavo -r a re. Mettimi un giorno di ferie, fai quello che vuoi, metti un PIR’.( C a r rellista, Montaggio: Melfi)

...deve essere l’operaio che deve cre s c e re. Noi non possiamop re n d e rcela sempre con il Gestore operativo perché lui là è mes -so per fare il suo dovere, un capo Ute viene messo là per fare ilsuo dovere, deve essere l’operaio che deve cre s c e re perché sia -mo proprio a livello zero. Ad esempio, se uno [un capo] va ad in -

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti di

potere diversi

124

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 124

Page 125: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

t i m o r i re una persona, ed avete visto quello che è successo allaUte 27 5, vedi come si lamenta l’operaio che in quel momento ...invece no, tu devi essere maturo per contrastarlo, perché se tusei dalla parte della ragione, i tuoi diritti ci sono, non devi averepaura a farti rispettare come persona.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Comunque, le principali manifestazioni di opposizione sono ancora fonda-mentalmente legate - e sempre tendenzialmente ricondotte dalla forma ge-stionale della forza lavoro - a resistenze individuali, a micro-conflittualità im-mediate che il m a n a g e m e n t aziendale tenta senza sosta di ricomporre attra-verso la negoziazione privata, ma che esprimono bisogni soggettivi che co-stitutivamente la trascendono. Tra le pratiche spontanee, ma intenzionali,possiamo menzionare, ad esempio, l’azione di “imbarcarsi” volontariamenteper autoridursi il carico di lavoro, oppure le astuzie per bloccare la linea perpochi minuti così da procurarsi qualche attimo di “re s p i ro”, o a fine turno (nel-l’ultima ora di lavoro), quando la produzione persa non può essere re c u p e r a-ta attraverso un’accelerazione della velocità della linea.

Io facevo il mio lavoro, però, magari quando non c’era nessuno, nonce la facevo, chiamavo il Cpi e non c’era, e allora trovavi tu il meto -do per mandare la macchina a farla re c u p e r a re fuori. Ti facevi dareil KO dal tester [ossia l’operazione non viene deliberata in quanto vie-ne di proposito rilevata un’anomalia fittizia] p e rché per l’airbag si faun test con uno strumento, ti facevi dare il KO e la facevi re c u p e r a refuori, e ti avvantaggiavi di una macchina (...) Oppure quando finivo ilrullo della carta della stampante quando lo finivo, se ce la facevo acambiarlo lo cambiavo, sennò le mandavo senza scontrino. Se veni -va qualcuno dicevo ‘Ho finito il rullo e non ce la faccio a cambiarlo’.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

. . . m a n o m e t t e re una fotocellula, toccare un cancelletto, queste cosequa. Se il manutentore che interviene è in gamba, intelligente, lo ca -pisce che siamo stati noi. Praticamente noi eravamo in due... e lo fa -cevamo quando c’erano sempre i conduttori più... e loro non capiva -no niente, andavano in giro a guard a re a vedere (...) Poi quando c’e -ra un problema che loro non riuscivano a capire, chiamavano i manu -tentori. E scusa, altrimenti la linea non si ferma mai, te la vuoi fuma -re una sigaretta...! Poi cose di fesserie capitano: uno tocca il port e l -lino... Dove arriva il pallet sulla tapparella ci sono due fotocellule che

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti dipotere diversi

125

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 125

Page 126: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

sono all’esterno, che ti segnalano il pallet quando arriva e lo fa anda -re avanti. Praticamente basta mettere un pezzo di ferro, una guarni -zione lì vicino e si blocca tutto di nuovo. Anche se lo capisce che vie -ne da lì, il conduttore, già ci vogliono 5-10 minuti perché deve entra -re dentro, ripristinare l’emergenza, però uno là può dire che c’ha toc -cato, che è stata una cosa involontaria, perché sono all’esterno (...)Questo funziona dappertutto e di solito si fa a fine turno, quando unodeve staccare e deve andare a lavarsi le mani, ci vogliono 10 minutiper ripristinare, blocca e va a lavarsi le mani fino a che ripristinano.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

I m a n a g e r di linea hanno gestito, e continuano ad aff ro n t a re dialetticamentel ’ e m e rgenza di tali forme di resistenza immediata con un affinamento deimeccanismi di controllo, oppure cercando di privare “tecnicamente” gli ope-rai della possibilità di influire sulle condizioni di funzionamento della linea. Magià svolgere il lavoro in maniera meccanica (cioè non pre s t a re attenzione aquel che si fa, ai “segnali deboli”, ecc.) e lo stesso desiderio che la linea sia r resti costituiscono forme di resistenza che, seppure tacite e, in alcuni ca-si, prive di effetti reali immediati, rappresentano una potenziale base di sedi-mentazione di pratiche di resistenza palesi e sostanziali.

Mah... a volte sto attento, a volte lo faccio meccanicamente, comunquepiù meccanicamente che non che ci penso perché ormai sono 5 anni,uno fa sempre la stessa cosa, quindi meccanicamente...(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Se arriva un motore sganciato, perché è capitato, lo si alza a ma -no, mentre prima si fermava la linea, si bloccava subito (...) prati -camente ora sono by-passati gli impianti, le fotocellule non funzio -nano più, non funzionano bene.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

(...) e poi quando c’è la produzione che servono le macchine nonsi fermano, pure senza porte devono camminare le macchine. Manon è solo quello, è che comunque, cioè il fatto delle fotocellule,cioè non si bloccano più. Se c’è lo stesso problema per cui si bloc -cava prima, il motore era appeso, adesso non si ferma più. Prati -camente adesso puoi andare pure sotto i discensori, che non si fer -mano, si abbassano lo stesso...(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti di

potere diversi

126

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 126

Page 127: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

...poi da noi va in allarme, se ci sono problemi, suona subito la si -rena, quindi, finché si ferma (...) da un annetto e mezzo c’è la sire -na. Prima si bloccava la linea, ma ora la linea va avanti lo stesso.Ve d e re la linea ferma è un miraggio, come se stai nel deserto e so -gni di vedere l’acqua. (Addetto linea, Montaggio: Melfi)

In sintesi, per quanto riguarda il caso italiano, emerge abbastanza chiara-mente come lo stress psico-fisico dettato dal flusso teso, dalla turnazione,ecc., renda pro g ressivamente più difficile la gestione a r m o n i o s a, negoziale,colloquiale-interpersonale delle tensioni immediate, sia individuali che collet-tive. Infatti, con il passare degli anni (e il miglioramento continuo dei tempi dil a v o ro, nel senso di riduzione dei tempi) il peso dell’attività lavorativa quoti-diana diviene sempre più gravoso e difficile da sostenere. Detto in altri ter-mini, lo spazio normativo, il senso dell’agire eterodeterminato, l’identità e lacooperazione imposta finiscono inevitabilmente per scontrarsi con l’antago-nismo e l’irriducibilità essenziale della soggettività, dell’identità sociale e del-la collaborazione solidaristica dei lavoratori derivante dal fatto di condivide-re quotidianamente le stesse condizioni materiali di esistenza e l’alienazionederivante dalla colonizzazione del tempo di lavoro sul proprio tempo di vita.

Ci definiscono “risorse umane”, risorse... cioè per me una risorsa è unaminiera di diamanti..., quando i diamanti finiscono vai da qualche altrap a rte a ricerc a re... (...) Perché all’inizio noi avevamo paura del rinnovodel contratto e anche se avevamo la febbre andavamo lo stesso a la -v o r a re, invece adesso la gente è più cosciente ed anche più stanca.(Addetta linea, Verniciatura: Melfi)

...adesso sono in molti quelli che si sono stancati della fabbrica, iosono uno di quelli, che me l’hanno detto più di qualche volta. Io tral ’ a l t ro dopo un po’ ho iniziato ad avere i primi problemi fisici, dopola colica dovuta allo stress, ho avuto un’ernia inguinale...ed era sta -ta dovuta pure allo stress fisico-psichico.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

...gli operai in ogni Ute non bastano mai perché ci sta il fatto del -la malattia…e manca sempre qualcuno e poi c’è sempre la ma -lattia qui proprio perché la gente s’è scocciata, perché quest’al -tro fatto della doppia battuta che si fa…è diventata molto pesan -te, capito? (...) Più che altro il problema che si sta verificando

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti dipotere diversi

127

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 127

Page 128: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

non è tanto di stanchezza fisica, ma di problemi semi-fisici, cioèche possono portare a malattie quali la tendinite. Magari...se tufai un lavoro dove fai uno sforzo oppure stai piegato, arrivano leernie, arrivano tante malattie, più lo stress mentale. Poi il tempodi lavoro comunque resta quello, fai due oppure tre operazioni,la stanchezza fisica è la stessa, però in più ti inguai prima, cioèse devi resistere 15 anni a quel regime di lavoro che c’è lì, nonce la puoi fare. (...)La produzione è assai, noi siamo lo stabili -mento che produce di più in Italia, siamo a livelli pesanti (…) chientra adesso, un ragazzo di vent’anni, magari riesce, però traquattro-cinque anni lo sentirà anche lui, tranquillamente, perchéuno non ce la fa a quei ritmi…(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Ho fatto le analisi ultimamente, perché sono stato male. Sonoandato in infermeria, e mi hanno misurato la pressione: 160-100, pressione alta. Il giorno dopo sono andato dal dottore, chemi ha misurato anche lui la pressione, 160-100, mi ha dato del -le pillole e mi ha detto di fare delle analisi: ecografia renale, eco -grafia alla tiroide, analisi del sangue, elettrocardiogramma, tuttoa posto. Il dottore mi ha detto ‘Tu stai bene’. E la pressione alta?‘Ipertensione, sei iperteso’. Dovrei andare a controllare ancora lapressione... Io sì, prendo le pillole, però solo un quarto di pillo -la, mentre c’è gente che la prende intera, proprio perché è altis -sima la pressione. Io ora mi sento bene, però vado avanti conqueste pillole, ed è dovuto allo stress. Stress, nervoso, dovutosicuramente al lavoro in fabbrica, perché io non ne ho mai sof -ferto di pressione alta, mai, non mi sono mai ridotto a stare lasera a tavola tremante per il nervosismo che mi partiva dallo sto -maco. Cioè, io dopo 10 anni in fabbrica morirò sicuramente. (...)E’ meglio fare il muratore: quando io faccio quel lavoro là, mipassano tutte le cose che ho in testa, cioè sto bene; invecescendo giù in SATA e divento malato: mo’ mi gira la testa; m’omi fa male qua, mo’ mi viene l’ansia …( C a r rellista, Stampaggio: Melfi)

Lo stress fisico e mentale accumulato in fabbrica finisce, naturalmente, peri n v a d e re e saturare anche lo spazio sociale e il tempo della vita extra lavo-rativa, acuendo la contraddizione intrinseca tra identità sociale-pro d u t t i v ae t e rodeterminata e soggettività e contribuendo alla spiegazione dell’elevato

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti di

potere diversi

128

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 128

Page 129: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

tasso di autolicenziamenti verificatisi all’interno dello stabilimento lucano. Di-smissioni che, come analizzato in precedenza, non possono essere sempli-cisticamente lette come “fuga”, in quanto rappresentano anche espre s s i o n idi resistenza i n d i re t t a e s t re m a .

...io prima di lavorare alla Sata lavoricchiavo, guadagnavo sicura -mente di meno anche se lavoravo più ore di adesso, però facevouna vita più intensa, anche culturale, leggevo libri, adesso non rie -sco più ad ascoltare musica e a vedere un film...(Addetta linea, Verniciatura: Melfi)

Da quando lavoro in Fiat la mia vita è cambiata moltissimo. Nonvedi più gli amici, cioè quando faccio due settimane di notte nonvedo né mia sorella e né mia madre, perché quando faccio lanotte posso dormire anche dieci ore, sono su un altro piane -ta...mi sento proprio disidratata...(Addetta linea, Ve r n i c i a t u r a )

...ad esempio un ragazzo che lavorava con me non ce l’ha fatta più,cioè era bravissimo, lui lavorava, in qualsiasi postazione stava eravelocissimo però non ce la faceva più e si è licenziato. Aveva pro -prio lo stress dei turni, cioè a livello lavorativo non aveva pro b l e m i ,lavorava come tutti quanti, però...(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Ciò si traduce, anche, in un sostanziale incremento dell’assenteismo7 6, il qualenon può essere unicamente interpretato attraverso la riconferma a tempo inde-terminato - che riguarda la maggior parte della manodopera attualmente pre s e n-te a Melfi - dei lavoratori precedentemente assunti con contratti di formazione.

...praticamente l’azienda dice che l’operaio ha lavorato fin quandostava in contratto di formazione, ha fatto alla lettera tutto quello chegli veniva imposto, finito il contratto di formazione, dice, “fa la ma -lattia”. Non pensano che magari dopo due anni gli operai possanoa v e re dei problemi psichici, fisici, questo non lo pensano mai. Peresempio capita alcuni periodi dell’anno che tutti gli operai hanno lastessa patologia, tutti quanti sono influenzati…Può essere, su seimi -la persone che ce ne stanno 500 con l’influenza? E’ normale, è unamalattia stagionale! Invece loro dicono di no, sono stati rinnovati icontratti e non hanno voglia di lavorare e sono in malattia, allora fac -

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti dipotere diversi

129

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 129

Page 130: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

ciamo in modo che l’abitazione dell’operaio diventa un ambulatoriomedico, solo che non entrano i pazienti ma entrano i medici e t’arri -va una visita di controllo ogni giorno, due visite ogni giorno.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Io penso che il livello di assenteismo è aumentato ed è aumentatop e rché la gente è stressata e si mette in malattia.(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Quanto detto precedentemente a proposito della prevalenza di manifestazio-ni individuali di resistenza, non esclude, comunque, che negli ultimi anni sia-no aumentate anche le forme consapevoli e collettive di antagonismo e con-flitto. Ciò è testimoniato, per esempio, dagli scioperi di Ute, che in alcuni ca-si sono avvenuti spontaneamente, ossia senza l’intervento diretto del sinda-cato. E, in effetti, proprio l’Ute, o meglio l’organizzazione della produzione int e a m di lavoro potrebbe costituire uno dei lati deboli del sistema: la coope-razione e il particolarismo imposti, attraverso le dinamiche re l a z i o n a l i - c o m u-nicative dispiegate al suo interno, possono sempre potenzialmente ro v e-sciarsi in autonomo agire di concerto, in pratiche antagonistiche collettive,in dinamiche di tipo solidaristico, in senso autogenerato.

Un sistema che avevamo noi era quello di mettere l’avvitatore vici -no al gancio, il gancio se lo portava via fino a fine corsa e così sibloccava la linea. Gli altri operai facevano finta di non avere vistoniente, erano tutti “distratti”. (...) Devi tro v a re il modo anche per ...come fre g a re pure a ‘loro ’, perché se io vedevo un Cpi che anda -va in giro così... e allora facevo in modo da farmi dare il KO, ed an -dava a recuperarsela lui. ‘Vattela a fare tu!. Scusa, io mi sto ammaz -zando di lavoro e tu te ne vai in giro ?(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

Sinceramente questa è la prima volta che ho sentito che è succes -sa una cosa del genere, perché non è di tutti i giorni sentire che ungruppo di 50-55 persone si sono messe d’accordo in questo mo -do qua e hanno spontaneamente scioperato... A quanto ho sentito,già era un problema vecchio con questo capo Ute, però il fatto chesi sono messi tutti quanti assieme mi ha un po’ sbalordito, cioè han -no deciso tutte queste persone, sono stati compatti...(Addetto Qualità: Melfi)

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti di

potere diversi

130

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 130

Page 131: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Nella Ute di... se la macchina scorre un po’ più veloce del dovuto i ra -gazzi, tutti insieme, non la montano. In quella Ute il capo ha timore . . .non si fanno recuperi, straordinari, non si fa proprio niente...(Addetto linea, Montaggio: Melfi)

C o rd o b aA causa delle diff e renze legate al contesto, alla diversa soggettività dei lavo-ratori argentini e alla conseguente strategia re p ressiva generale della dire-zione aziendale, le pratiche individuali di resistenza riflessiva osservate a Mel-fi non hanno trovato analoga diffusione nel caso di Cord o b a .Di fatto, è raro che gli operai dello stabilimento argentino esprimano concre-tamente, in forma palese, le proprie resistenze individuali, immediate in quan-to è stata rilevata, da parte della direzione aziendale, una gestione comples-siva dei bisogni e delle tensioni (nell’ottica strategica della prevenzione dellepratiche conflittuali) di natura sostanzialmente re p re s s i v a :

Qui è difficile fare qualcosa contro la fabbrica: per timore, per pau -ra di essere licenziati. Loro [il m a n a g e m e n t a z i e n d a l e ] lì, in questomomento, hanno il controllo assoluto della situazione e nessunopuò fare niente perché se lo scoprono se ne va subito a casa, vie -ne mandato subito via dalla fabbrica…(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Nonostante ciò, la soggettività tende comunque ad emerg e re, anche attra-verso pratiche individuali di ostruzionismo e sabotaggio, soprattutto nei ca-si in cui i lavoratori sono consapevoli di poter essere difficilmente identifica-ti quali autori del danno (della rottura del flusso pro d u t t i v o ) .

Ci sono anche sabotaggi verso l’impresa, da parte dei lavoratori, dinascosto, senza intervento del sindacato, quando sanno che non pos -sono essere scoperti. Questo succede qua, è l’unica forma di re s i s t e n -za, tutto il resto è proibito, non si può org a n i z z a re nulla dentro, loronon permettono nessun tipo di org a n i z z a z i o n e . . .(Ex addetto linea, Montaggio: Codoba)

Comunque, dal punto di vista della prevenzione del dissenso e della re s p o n-sabilizzazione collettiva, la strutturale minaccia re p ressiva della sospensioneindividuale (spesso anticamera del licenziamento) è sempre presente e con-diziona le relazioni tra capi e operai e gli atteggiamenti dei lavoratori.

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti dipotere diversi

131

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 131

Page 132: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Mah…la situazione non è molto facile, manca lavoro, in generale og -gi manca il lavoro e quindi bisogna stare attenti perché per un qualsia -si motivo si può venire licenziati… è una situazione molto difficile. Poinoi qui stiamo lavorando a settimane, ci sono sempre sospensioni…(Addetto linea, Lastratura: Cord o b a )Da ciò, è facile compre n d e re ilp e rché di un “clima” interno di fabbrica caratterizzato dalla pre s e n z adi un diffuso sentimento di paura, dal timore esasperato di perd e re –da un momento all’altro e senza preavviso - il posto di lavoro .

C’è molta paura in fabbrica, i lavoratori hanno pochi anni di lavoro sul -le spalle e, quindi, è molto facile licenziare. Poi ci sono sospensioniperiodiche, c’è un clima in fabbrica per cui l’animo del lavoratore èmolto “basso”. Considera poi che a Cordoba il tasso di disoccupazio -ne è molto grande, infatti su 3 milioni di abitanti ci sono 500.000 di -soccupati. Quindi perd e re il lavoro sarebbe una disgrazia…(Ex addetto linea, Carrozzeria: Cord o b a )

...non si sa mai nulla di sicuro fino all’ultimo momento. La Fiat co -munica le sospensioni sempre all’ultimo momento, un giorno pri -ma, oppure gli operai vanno a lavorare e se ne deve tornare indie -t ro perché gli dicono che sono stati sospesi.(Delegato sindacale: Cord o b a )

Del resto, anche attualmente, i risvolti discriminatori e selettivi del meccani-smo pre v e n t i v o / re p ressivo della sospensione individuale sono evidentemen-te percepibili da parte dei lavoratori.

Delle sospensioni no, non ci comunicano nulla, alla fine ce lo dico -no, il giorno prima anche. E’ giorno per giorno che si sanno le co -se, non lo sappiamo in anticipo, stiamo lavorando per settimana, eanche per giorni, si sanno le cose giornalmente. E poi loro ti so -spendono anche per punirti..., non è sempre vero che lo fanno peresigenze di merc a t o .(Addetto linea, Lastratura: Cord o b a )

L o ro ti presentano un documento e ti dicono “tu sei sospeso, firmaqua” e tu stesso devi firmare la sospensione. E quando vieni sospe -so prendi solo il 75% del salario, cioè invece di pre n d e re 250 pe -sos ne prendi meno di 200, ne prendi 170 circ a .(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti di

potere diversi

132

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 132

Page 133: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Si, ne hanno parlato di partecipazione, di nuovo ruolo del lavoro ope -raio, però quello che c’è è solo la paura, la paura di venire sospesie poi licenziati da un momento all’altro e poi qui la situazione, a Cor -doba cioè, è molto brutta adesso, negli ultimi anni è andata semprepeggiorando, la disoccupazione è aumentata e anche la povert à …(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Anche perché oltre alla radicata memoria dei massicci licenziamenti avve-nuti in seguito all’avvio produttivo del nuovo impianto7 7, la gestione quoti-diana delle relazioni sociali all’interno dell’Ute da parte dei responsabili ge-r a rchici di linea - a parte i Cpi - presenta caratteristiche diverse rispetto aquelle riscontrate a Melfi.

E poi qui c’è un’altra cosa, cioè se le cose vanno bene non te lo dico -no, solamente te lo dicono, c’è una comunicazione con i superiori quan -do le cose vanno male, ma quando vanno bene no; questa è un’altracosa part i c o l a re di questa fabbrica. Se tu stai facendo una cosa benenon te lo dicono, se lavori bene non ti dicono niente. E, poi, loro licen -z i a rono direttamente, senza dire niente, dalla sera alla mattina.(Addetto linea, Lastratura: Cord o b a )

Nonostante ciò, la ricerca ha permesso di rilevare un radicato e diffuso, an-che se generalmente latente - non immediatamente e tangibilmente osserva-bile - sentimento di resistenza dei lavoratori nei confronti del m a n a g e m e n taziendale. Un dissenso generale che trova le sue origini remote nella memo-ria, e nella trasmissione della memoria, delle lotte e della re p ressione azien-dale che hanno accompagnato i primi anni di vita dello stabilimento arg e n t i n o .

Tra noi operai parliamo, ci lamentiamo, ma la cosa rimane lì perc h éla paura di perd e re il posto di lavoro è troppo alta.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Oggi ci sono 400 lavoratori della ex Cormec che non poterono li -c e n z i a re perché si re s e ro conto che stavano commettendo l’erro -re di licenziare tutti i vecchi operai, i quali sapevano come funzio -nava la fabbrica e se li avessero licenziati gli sarebbe costato mol -tissimo. Sono rimasti compagni molto buoni dentro la fabbrica, chepoi sono quelli che raccontano questa storia, le lotte ai nuovi lavo -ratori di Fiat. Il nostro conflitto è latente oggi in Fiat.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti dipotere diversi

133

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 133

Page 134: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Le relazioni qui sono di tipo autoritario, non si parla, loro, i capi, dan -no soltanto ordini. Si lavora male, molto male, stai tutto il turno lì ada n d a re avanti e indietro, a fare le operazioni come una macchina, sem -p re in affanno. Non ti danno un attimo di pausa, di riposo per ripre n -d e re fiato, di re s p i ro. In pratica la linea va troppo veloce e ci sono po -chi operai sulla linea, insufficienze di organico, questa è la realtà e noilo sappiamo ma, per il momento, non ci possiamo fare niente.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Inoltre, le lotte e la repressione aziendale hanno determinato un proces-so di disoccultamento della reale natura delle relazioni interne: molti ope-rai hanno intervistati una chiara e cosciente percezione dei ruoli, delle fun-zioni e dei meccanismi di potere.

I Cpi sono tre che stanno sempre lì a contro l l a re quello che faccia -mo, come lavoriamo, fanno i supervisori e i controllori. E’ un capo,il Cpi è un capo, da noi viene chiamato c a p a t a z.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Se un operaio ha problemi sì, lo aiutiamo noi (...) perché il Cpi non è con -siderato tanto come un compagno di lavoro quanto come un capo di Ute(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Ma alcune delle forme di dissenso più interessanti rilevate a Cordoba, attra-verso cui si palesa la resistenza collettiva dei lavoratori, sono costituite:1) dalla “sorveglianza rovesciata” (Sewell, 2001), ossia dalla capacità operaiadi usare il sistema informativo per capovolgere le posizioni tra controllori ec o n t rollati. Anche se, comunque, senza il pur debole sostegno del sindacato,è raro che i lavoratori esprimano concretamente le proprie rimostranze.

Il tabellone segna la produzione effettiva e il teorico, però loro [i ca-p i ] lo regolano per far fare più produzione. Quello che segna il tabel -lone non esiste, non è reale, passano più macchine di quelle che se -gna. Loro dicono 225 veicoli e, invece, in realtà noi ne facciamo236-237 di veicoli. La gente qui non è tonta perché ogni veicolo chepassa scorre con un numero di carrozzeria, di matricola. Noi il nu -m e ro lo prendiamo dal primo veicolo, quando si inizia il turno, finoall’ultimo, quando la linea si ferma e, quindi, possiamo vedere que -sta diff e renza. Noi, insieme ai delegati sindacali, controlliamo le vet -t u re. Se una Ute, in otto ore, deve fare 227 macchine e, invece, gli

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti di

potere diversi

134

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 134

Page 135: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

operai ne registrano 236 o 237… cos’è successo? La domandache i delegati sindacali gli fanno [ai capi] è: dove sono finite questev e t t u re in più che abbiamo fatto? Forse in cielo? Sono volate via…?(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

2) dal diffuso utilizzo del cinismo nei confronti della retorica e delle praticheaziendali, dall’uso operaio dell’ironia, o dal capovolgimento e dal rifiuto dellaretorica aziendale: “(...) l’adozione di una posizione cinica espressa in discor-si ironici agisce come forma di resistenza. In questo contesto l’ironia assu-me l’efficacia di strumento di ricostituzione della soggettività dentro il luogodi lavoro, in quanto agisce come antidoto alla passiva e credula accettazio-ne della retorica e della pratica della lean pro d u c t i o n” (Sewell, 2001: 227)..

. . . l o ro [il m a n a g e m e n t a z i e n d a l e ] si riempiono la bocca con la paro -la “famiglia”, ma quando parlano di “famiglia Fiat”, oppure fanno uncomunicato “famiglia Fiat” l’operaio ride e dice: “se io dovessi ap -p a rt e n e re a una famiglia così sarebbe meglio non avere pro p r i ouna famiglia…, sarebbe meglio essere orf a n o ”(Addetto linea, Lastratura: Cord o b a )

La Fiat parla della Fabbrica Integrata, delle nuove relazioni di lavoro, dinuovi rapporti tra capi e operai quando serve a loro [ a l l ’ a z i e n d a ] . La Fab -brica Integrata c’è quando lo chiedono loro, quando vogliono loro. Dalmio punto di vista, così come anche per gli altri opeari, è un’immaginevenduta alla gente della strada, di fuori, è un’immagine per il fuori dellafabbrica ma dentro non esiste. Sono falsità menzogne…(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

...il Repo che mi disse che ero stato licenziato perché, secondo lo -ro, avevo problemi relazionali con gli altri compagni di lavoro. Allo -ra io gli dissi che poiché eravamo una “grande famiglia”, come ri -petevano sempre loro, allora dovevano tro v a re una soluzione loro ,dovevano aiutarmi a tro v a re una soluzione. Lui mi rispose di no,che non c’erano soluzioni. Comunque, poi il licenziamento avvennedopo la festa del Primo maggio che organizzò la Fiat in uno stadioqui a Cordoba. Io dissi che il Primo maggio era la festa dei lavora -tori e che ognuno poteva decidere di fare quello che voleva, perc i òquando i capi distribuirono gli inviti io dissi che non ci sarei andato.Solo io nella mia Ute non andai a quella festa organizzata dalla Fiat.(Ex addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti dipotere diversi

135

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 135

Page 136: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

C’è da considerare però che, nonostante le condizioni conflittuali di anta-gonismo diffuso (sebbene spesso tacito) ancora presenti all’interno delcontesto argentino, la fabbrica “funziona” e funziona anche bene. Un an-no fa si è classificata al secondo posto a livello mondiale - dietro soltan-to all’impianto polacco - in quanto a rispetto dei parametri di qualità delprodotto degli stabilimenti Fiat (La Voz del Interior, 28 febbraio 2001).Quindi, è possibile sostenere che, nel caso dello stabilimento di Cordoba,gli effetti di potere congiunti determinati dal meccanismo delle sospensio-ni e dal dispositivo del miniteam abbiano positivamente e concretamenteinciso sulle condizioni di governo della forza lavoro.Ciò significa che non necessariamente all’interno della fabbrica l e a n il con-t rollo sulla forza lavoro, per avere successo, deve esprimersi esclusivamen-te e/o prevalentemente attraverso forme di gestione discorsivo-re l a z i o n a l e .A Cordoba, infatti:

...succede che tutti questi Cpi, capi di Ute e i Repo sono avvocatie non ingegneri meccanici, ingegneri… che so io, ma invece sonoavvocati e allora noi abbiamo paura anche soltanto di parlare. Quida noi diciamo che manca tutta la parte sociale, i capi non parla -no, perché non c’è un tratto diciamo amabile nei rapporti, non siparla, non c’è questa sensibilità di…, ci sono solo ordini (...). I capisono molto autoritari e distaccati, con loro si parla solo di cose dil a v o ro, che riguardano il lavoro. Poi noi non sappiamo mai quandov e r remo sospesi, si rischia sempre di venire, come ogni giorno, al a v o r a re ed essere mandati indietro, a casa, perché sospesi.(Addetto linea, Montaggio: Cord o b a )

Nella realtà, diff e renti dispositivi di potere si intrecciano e combinano dina-micamente e concretamente, dando vita a una serie di tecnologie e tatti-che di controllo, sulla base degli ostacoli e delle resistenze locali che l’im-posizione del comando incontra sul proprio perc o r s o .In tal senso, nel caso di un contesto locale come quello di Cordoba, con-traddistinto dalla presenza di una soggettività antagonista in cui è radica-ta la memoria delle recenti pratiche solidaristiche di resistenza e, quindi,permane il residuo simbolico dell’operaio collettivo, le politiche e le prati-che gestionali basate sui principi dell’Human Resource Management si ca-ratterizzano per essere state inserite in una strategia complessiva in cuioperano anche dispositivi di potere di natura prettamente e palesementepunitivo-repressiva, anche se discorsivamente legittimati (legge del mer-cato) e, in tal senso, tendenzialmente occultati.

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della Fabbrica

Integrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti di

potere diversi

136

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 136

Page 137: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

In sintesi, i fondamentali obiettivi strategici della direzione aziendale sono dati,in entrambi i casi presi in esame, dalla prevenzione/ricomposizione delle re s i-stenze e dalla responsabilizzazione dei lavoratori alla prestazione collettiva dell a v o ro in t e a m. Tuttavia, in risposta alla forma specifica delle pratiche conflit-tuali espresse dai lavoratori, si dispiegano poi le concrete tattiche gestionalimesse in campo dal m a n a g e m e n t aziendale. Anche in questo senso la Fabbri-ca Integrata si presenta come una learning org a n i z a t i o n, in quanto strutturaflessibile che cerca di aff ro n t a re e corre g g e re gli errori incontrati nel corso del-la sua stessa dinamica di sviluppo e di tro v a re soluzioni innovative ai pro b l e m ic o n c reti emersi all’interno degli specifici contesti in cui viene ibridata.

6 8 La G.A.V. è una tecnica di raccolta e diffusione di informazioni relative a parametri fondamentali nel-la gestione dell’Ute (ad es. riporta dati sulla produttività, sui piani di addestramento e sulla mappa delles k i l l s degli addetti di linea, sugli scarti, sui costi, sull’efficienza della manodopera, sull’assenteismo, ecc.).

69 Nei fatti, la rotazione sulle diff e renti postazioni si presenta come un meccanismo di g o v e r n a n -c e del corpo collettivo del t e a m.

70 “Queste innovazioni, che ricompongono il processo produttivo attraverso mansioni interscam-biabili e cooperazione in gruppi di lavoro, mettono in crisi il concetto di operazione e produttività in-dividuale, ovvero il cuore del fordismo. Efficienza locale ed efficienza globale cessano di essere con-siderate fattori automaticamente cumulabili, così come la produttività individuale non è più parame-t ro principale della razionalizzazione. La bontà del processo produttivo viene ora a dipendere dallaqualità dell’organizzazione e dalle interazioni fra attori piuttosto che dalla correttezza/velocità di ese-cuzione delle operazioni di base” (Queirolo Palmas, 1994: 157).

71 L’ a u t o c o n t rollo implica anche a u t o s e g n a l a z i o n e nel senso che, se un operaio riscontra un’ano-malia generata dall’addetto linea del processo a monte, è tenuto a segnalarla in maniera scritta suc h e c k - l i s t, oppure in forma orale al Cpi o al capo Ute.

72 Mediamente è presente, sia a Melfi che a Cordoba, un Cpi ogni 15-20 operai generici.73 Non tutte le tensioni e i conflitti possono essere gestiti immediatamente dai capi Ute e dai Cpi.

Nella logica gestionale di funzionamento di Melfi opera, quindi, un meccanismo di potere generaleche Commisso (1999) ha chiamato “fluidificazione del comando”, che si esprime nell’intervento di-s c i p l i n a re organico di tutte le figure gerarchiche di fabbrica. Tali pratiche gestionali vengono garan-tite attarverso le seguenti modalità d’azione: “a) intervenendo direttamente sulle ro t t u re del c o n t i -nuum comunicativo laddove il conflitto è palese e non è sanabile all’interno della forma-gruppo; b)singolarizzando il contenuto del conflitto, ricollocandolo sul piano delle relazioni inter-individuali e ne-gandone quindi l’origine strutturale; c) frantumando i vincoli di solidarietà operaia con la segmenta-zione della composizione interna della forz a - l a v o ro a diversi livelli. Ruoli gerarchici u n d e rg ro u n d e au-tostrade promozionali altro non sono se non i meccanismi attraverso cui si produce la competitivitàe si genera la frantumazione” (Commisso, 1999: 92-93).

7 4 In quanto dispositivo di controllo, esso combina discorsi, pratiche ed effetti collegandoli in un’uni-ca funzione strategica che è quella della realizzazione della “governamentalità”, producendo accettazio-ne, sottomissione e conformità alle esigenze di governo della forza lavoro (McKinlay e Starkey, 1998).

75 Un operaio in difficoltà nello svolgimento delle mansioni assegnate è finito in ospedale a cau-sa di una crisi di nervi determinata dalle minacce e dagli insulti del proprio capo Ute.

76 Come rileva Rieser: “L’assenteismo è aumentato, diventando un problema rilevante per l’azien-da, per l’effetto combinato di due elementi: - comincia a farsi sentire il peso «accumulato» in questianni degli aspetti di n o c i v i t à, di f a t i c a, di s t re s s; - contemporaneamente, la c o n c l u s i o n e (per la mag-gioranza dei lavoratori) della fase di precarietà legata al contratto di formazione-lavoro toglie di ma-no alla direzione uno strumento forte di contro l l o / p ressione” (1999: 109).

77 Che, se in un primo tempo avevano interessato soprattutto gli operai della ex Cormec, suc-cessivamente alla crisi brasiliana hanno colpito anche i lavoratori neo-assunti

Da Melfi a Cordoba: i diversi“volti” della FabbricaIntegrata

L’emergenza delle forme diresistenza in contesti dipotere diversi

137

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 137

Page 138: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

PremessaIn questo capitolo conclusivo esporremo sinteticamente i principali risultatiteorici emersi nel corso della ricerca comparativa tra le due recenti esperien-ze produttive Fiat oggetto d’indagine. Entrambe le fabbriche si inserisconoall’interno della nuova strategia organizzativa aziendale dettata dal Pro g e t t oFabbrica Integrata. La medesima configurazione strutturale dei due impiantici ha consentito di indagare quali siano le implicazioni di diff e renti contestieconomico-sociali sulle dinamiche gestionali concretamente poste in esseredal m a n a g e m e n t aziendale. Mentre Melfi nasce all’interno di un clima sostan-zialmente pacificato, non altrettanto si può dire per il nuovo impianto arg e n-tino che è stato costruito inglobando una preesistente fabbrica di meccani-ca sulla quale è stata operata una drastica riduzione e una dura selezionedegli operai. Lo scontro frontale con la forza lavoro ha, conseguentemente,caratterizzato la prima fase di attività del nuovo stabilimento. Del resto, lastessa crisi del Mercosur ha posto, e continua a porre, al contrario di quan-to avviene per ora a Melfi (a parte le crisi congiunturali), pesanti vincoli al pie-no utilizzo degli impianti e della forza lavoro. A tutto ciò si aggiunge, inoltre ,la minore capacità di tutela istituzionale dei diritti dei lavoratori argentini. E’p roprio sulla base delle diff e renze dei contesti locali che, nonostante la pre-senza di una comune strategia gestionale dettata dalle prescrizioni dell’H u -man Resource Management, sono state sperimentate e si sono dinamica-mente sviluppate le diverse tattiche gestionali osservate nei due casi.D’altra parte, in entrambi gli stabilimenti, è stata rilevata la centralità del-l ’ o rganizzazione del lavoro in cellule produttive di base (Ute), le quali sonoe s p ressione diretta della nuova strategia organizzativa e gestionale basa-ta sulla lean pro d u c t i o n. L’unità produttiva elementare delle due fabbricheè data, infatti, dalla cellula produttiva, intesa sia come contesto operativosia come corpo collettivo integrato.E’ su questa comune base organizzativa, il lavoro in t e a m, che si fonda-no sia la responsabilizzazione sia il coinvolgimento dei singoli lavorato-ri rispetto ai t a rg e t collettivi assegnati. In entrambi i casi, la cellula pro-duttiva costituisce lo spazio sociale in cui viene esercitato il contro l l odel m a n a g e m e n t attraverso meccanismi disciplinari strutturali e formedi gestione del personale basate sulla strategia dell’Human Resourc eM a n a g e m e n t, il cui fine ultimo consiste nel rinnovare costantemente l’ef-ficacia dei dispositivi strutturali laddove questa sia messa in crisi dall’in-s o rgenza della soggettività.P ro c e d e remo quindi a vedere, alla luce dei risultati della ricerca, quali sonole prospettive teoriche aperte dall’analisi delle due esperienze produttive, ap a rt i re dalle implicazioni del lavoro in t e a m.138

V I - Riflessioni sull’organizzazione del lavoroin team

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 138

Page 139: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

L’ i n t e r p retazione teorica della natura del lavoro in teamCome abbiamo visto in precedenza, l’organizzazione del lavoro in t e a m d e-termina una sostanziale trasformazione della stessa natura e dei contenutidell’attività degli addetti linea. Uno dei problemi da valutare era se, e fino ache punto, questo cambiamento implichi - non solo nel caso della peculiareesperienza Fiat, ma più in generale - un arricchimento del lavoro, maggiorispazi di discrezionalità e autonomia, come tende a sostenere una parte del-la letteratura (Womack et al., 1993; De Terssac, 1993; Wilson, 1995).P ressoché tutti gli studi sulla lean pro d u c t i o n sono sostanzialmente concor-di nel ritenere che l’organizzazione del lavoro in t e a m r a p p resenta una dellecaratteristiche salienti del nuovo sistema produttivo. Tuttavia, una delle con-t roversie teoriche fondamentali risiede nella valutazione se ciò sia eff e t t i v a-mente in grado di favorire lo sviluppo di pratiche di autogestione operaia, op-p u re se rappresenti soltanto una diff e rente e più accentuata forma di contro l-lo e sfruttamento dell’attività lavorativa. In effetti, come evidenziato in manie-ra emblematica da Yates (1998), tra gli studiosi della lean pro d u c t i o n non esi-ste concetto più controverso di quello di t e a m w o r k.Schematizzando alquanto, ad un estremo si possono ritro v a re alcuni autori(Kern e Schumann, 1984; Womack et al., 1993; Kenney e Florida, 1993; Wi l-son, 1995) che parlano di t e a m in quanto gruppo di lavoro autodiretto, all’in-terno del quale prende forma una parziale ricomposizione delle mansioni. Se-condo questa analisi i t e a m g e s t i re b b e ro autonomamente i propri compiti ela riallocazione delle mansioni, in maniera alquanto simile a quanto si verificò,soprattutto nel corso degli anni Settanta, con le esperienze dei gruppi di la-v o ro e di job enrichment legate ai dettami della teoria socio-tecnica. I t e a mf a v o r i re b b e ro, inoltre, l’instaurarsi di un “clima” in grado di favorire lo svilup-po della partecipazione e della motivazione dei lavoratori. Tutto ciò mettere b-be in atto una ricomposizione delle attività ideative ed esecutive e fornire b-be un supporto psicologico e motivazionale ai propri membri, inducendoli ap o r re liberamente in comune le proprie conoscenze e a part e c i p a re volonta-riamente alle attività di miglioramento continuo. Infine, sempre secondo que-sto approccio, le relazioni tra lavoratori e m a n a g e m e n t si caratterizzere b b e-ro per essere di tipo consensuale e cooperativo.A l l ’ e s t remo opposto si collocano altri studiosi, quali Rinheart (1997) eParker e Slaughter (1988b), i quali sostengono che i t e a m di lavoro co-stituiscono soltanto unità amministrative manageriali dirette ad intro d u r-re “management by stre s s” .Di contro a tali interpretazioni, la nostra analisi, del resto confermata dalle in-dagini empiriche di altri ricercatori (Kennoy, 1990; Humpre y, 1995; Morris eWilkinson, 1995; Freyssenet, 1998; Fiocco, 1998a e 2001; Commisso,

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro int e a m

139

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 139

Page 140: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

1999; Durand et al., 1999), ha evidenziato come la realtà della lean pro d u c -t i o n sia profondamente diff e rente, più complessa e variegata.In part i c o l a re, per quanto riguarda il ruolo e le funzioni svolte dai t e a m di la-v o ro, è risultato evidente come questi costituiscano dei dispositivi org a n i z z a-tivi diretti a flessibilizzare il sistema e a favorire il controllo e la supervisionedel m a n a g e m e n t sul lavoro e sui lavoratori. Inoltre, l’organizzazione del lavo-ro in t e a m fornisce una dimensione aggiuntiva di controllo, che Rinehart etal. (1997) definiscono “sistema di controllo laterale”, ovvero quello messo inatto dalla pressione del gruppo dei pari. Questa rappresenta uno strumentoin grado di plasmare il comportamento dei lavoratori in maniera molto più in-cisiva di quanto non si possa ottenere attraverso il controllo gerarchico di-retto e visibilmente autoritario praticato in passato.E’ risultato del resto evidente come lo stesso processo di relativa delega dip o t e re gestionale ai m a n a g e r di linea (sia che vengano eletti dai componen-ti del t e a m, come alla Volkswagen, sia se designati dall’azienda, come avvie-ne in Fiat) non implichi alcuna forma di sostanziale autonomia rispetto agliobiettivi predeterminati dalle esigenze di “governo del sistema”. In sostanza,queste esigenze si traducono in un sovraccarico di compiti e in una comples-sificazione dei t a rg e t imposti: per esempio, nel caso della Fiat, è emerso chel ’ a v e re posto le Ute come unità produttive e, contemporaneamente, unità dicosto ha delle conseguenze importantissime dal punto di vista della pre s s i o-ne e dei vincoli gestionali prescritti ai capi Ute.Nel corso dell’analisi dei risultati della ricerca abbiamo a più riprese sottoli-neato la necessità di evitare di centrare l’attenzione sulla sola dimensione delc o n t rollo iscritto nell’organizzazione materiale del processo produttivo, inquanto ciò avrebbe rischiato di farci perd e re di vista gli aspetti legati alle pra-tiche quotidiane di coinvolgimento dei lavoratori. Per questa ragione, abbia-mo cercato di interpre t a re i mutamenti gestionali sulla base dei vincoli e del-le potenzialità insite nelle caratteristiche strutturali del processo pro d u t t i v ol e a n. Una tale prospettiva teorica ci ha condotto al seguente risultato: org a-nizzazione del lavoro in t e a m e gestione delle risorse umane non hanno ori-gine da una generica istanza imitativa nei confronti dell’esperienza giappone-se, né tanto meno testimoniano il riaffermarsi di forme di democrazia indu-striale, quanto dagli stessi vincoli strutturali del nuovo sistema pro d u t t i v o .In accordo con quanto afferma Cerruti, questi vincoli possono essere indivi-duati: “- nella presenza di una tecnologia di pro c e s s o con un elevato livello dii n t e rd i p e n d e n z a e di c o m p l e s s i t à, la quale mal sopporta una org a n i z z a z i o n edel lavoro basata sulla rigida divisione dei compiti per mansioni e per funzio-ni e richiede, al contrario, una forte collaborazione tra gli addetti, un coord i-namento rapido e flessibile degli sforzi, l’integrazione di competenze attinen-

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro in

t e a m

L’ i n t e r p retazione teoricadella natura del lavoro in

t e a m

140

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 140

Page 141: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

ti alle diverse funzioni legate al presidio del macchinario; - nella presenza diun processo produttivo con forti e diffuse i n t e rd i p e n d e n z e o rg a n i z z a t i v e l e-gate all’esigenza di migliorare congiuntamente obiettivi controvarianti, la qua-le richiede anch’essa forme di coordinamento flessibili, decisioni rapide ec o n c o rdate tra più soggetti, integrazione di capacità professionali attinenti apiù funzioni” (Cerruti et al., 1996: 45).Tuttavia, è necessario sottolineare che tra le nuove esigenze poste dalla tec-nologia e il lavoro in t e a m non esiste una relazione meccanica, pre d e t e r m i-nata, bensì un rapporto mediato dalle peculiari traiettorie e strategie azien-dali. La storia della Fiat dimostra chiaramente come l’approdo al lavoro int e a m, e con esso alla lean pro d u c t i o n, sia stato il prodotto di un complessop rocesso di sperimentazioni tecnologico-organizzative. In effetti, la cellulariz-zazione della forza lavoro in Ute, con la conseguente messa in opera di mec-canismi di autoattivazione, costituisce un efficace strumento per fro n t e g g i a-re sia la fragilità strutturale di un processo produttivo basato sulle tecnolo-gie informatico-elettroniche sia la complessità dei vincoli posti dalla devert i-calizzazione e dalla produzione a zero scort e .L’autoattivazione coinvolge non solo i tecnici specialisti (manutentori etecnologi) ma gli stessi operatori di linea, anche se “tanto più in bassoè collocato un ruolo lavorativo, tanto più l’autoattivazione perde il suo ca-r a t t e re di savoir faire” (Commisso, 1999: 36). A livello operaio, non sitratta di alcuna forma di arricchimento professionale o di apporto ideati-vo volontario, ma soltanto di coinvolgimento eterodeterminato ed etero-d i retto (nel senso di “partecipazione imposta” rispetto alle operazioni as-segnate e responsabilizzazione sugli obiettivi collettivi prescritti). Essen-zialmente, per gli operai di linea l’autoattivazione si compendia nel fattodi dover pre s t a re una costante attenzione alle mansioni di lavoro asse-gnate e nel dover contribuire attivamente al raggiungimento dei t a rg e tcollettivi prescritti ai t e a m di lavoro in cui sono inseriti.

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro int e a m

L’ i n t e r p retazione teoricadella natura del lavoro int e a m

141

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 141

Page 142: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

La cellularizzazione come contesto org a n i z z a t i v o - d i s c i p l i n a reL’ i n t e r p retazione del ruolo svolto dall’organizzazione del lavoro in t e a m edalle nuove pratiche di gestione delle risorse umane - in quanto specificidispositivi di potere - non può pre s c i n d e re dall’analisi del nuovo contestoo rg a n i z z a t i v o - d i s c i p l i n a re di fabbrica. Dal punto di vista teorico-interpre t a t i-vo, la valutazione dei risultati della ricerca sulla Fabbrica Integrata ci per-mette di distinguere tre livelli analitici interc o n n e s s i :1) Contesto di fabbrica in quanto spazio disciplinare complessivo.Il campo operativo e sociale della Fabbrica Integrata è org a n i z z a t i v a-mente strutturato sulla scomposizione del processo di fabbricazionein cellule produttive relativamente autonome, al cui interno i lavorato-ri sono posti in cooperazione (integrazione organica dei lavoratori int e a m). I t e a m, a loro volta, sono inseriti all’interno di uno spazio disci-p l i n a re più ampio, in un contesto normato d’insieme - quello della fab-brica nel suo complesso con le sue connessioni con l’esterno - che ner a ff o rza gli effetti di potere .In primo luogo, dall’analisi emerge che le cellule produttive sono funzionalmen-te interconnesse tramite il sistema del k a n b a n, che si presenta inscritto nell’or-ganizzazione della produzione just in time. L’ i m p o rtanza di questo meccanismooperativo è data dal fatto che esso, internalizzando la logica “cliente-fornitore ”definita dal just in time, opera contemporaneamente da dispositivo disciplina-re. Il problema di come un sistema informativo possa operare da dispositivod i s c i p l i n a re è stato esaustivamente analizzato da Fiocco in vari articoli (1997;1998a; 1998b; 1998c) e definito come e ffetto kanban. L’autrice sostiene che,attraverso la simulazione simbolica indotta dal k a n b a n, viene realizzato l’occul-tamento dell’imposizione del comando da parte della direzione sui lavoratorinella forma di un ordine produttivo oggettivo e neutrale (pro d u r re just in timeper garantire le richieste del “cliente”, della cellula produttiva posta a valle), or-dine che sembre rebbe imporsi alla stessa direzione di fabbrica7 8.In secondo luogo, grazie all’utilizzo della tecnologia informatica-elettro-nica e, in generale, alla “visibilità strutturale” dell’intero processo di fab-bricazione (determinata dalla specifica configurazione materiale dell’or-ganizzazione della produzione), i lavoratori sono inseriti in un campo divisibilità capillare totale. Evidentemente, la complessa struttura infor-mativa della fabbrica l e a n opera da supporto operativo della pro d u z i o-ne ma, contemporaneamente, svolge una funzione generale di contro l-lo e realizza effetti disciplinari a diversi livelli. Sewell e Wilkinson (1992),applicando il metodo foucaultiano, hanno definito l’azione generale disorveglianza di questo sistema informativo come dispositivo disciplina-re “panottico elettronico”: permettendo di contro l l a re e comandare le

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro in

t e a m

142

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 142

Page 143: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

azioni dei lavoratori occultando la fonte del potere esso opera comemeccanismo di normalizzazione. La mancanza di visibilità del “guard i a-no” rende possibile il controllo anche senza l’esercizio di un’azione disorveglianza diretta continua ma, soprattutto, favorisce l’interiorizzazio-ne delle norme di comportamento prescritte: gli ordini imposti finisco-no così per presentarsi nella forma fenomenica di “ordine delle cose”,necessità oggettiva, e i comportamenti lavorativi comandati come nor-mali regole d’esistenza, valore comune da salvaguard a re .2) Nuova forma della cooperazione e autoattivazione.Nel corso dell’analisi abbiamo osservato che l’autoattivazione dei la-voratori non viene affatto esclusivamente demandata al loro senso diresponsabilità, ma è, piuttosto, organizzativamente inscritta nellap a rt i c o l a re configurazione tecnico-organizzativa dell’apparato mate-riale di fabbrica. Fondamentalmente è indotta dalla linearizzazionedel processo (zero scorte) che determina la necessità, appare n t e-mente oggettiva, di garantire la continuità del flusso e la re g o l a r i t à ,just in time, delle consegne dei fornitori; nonché dalla cellularizzazio-ne della forza lavoro in Ute, che si traduce nell’assegnazione di unaresponsabilità individuale rispetto agli obiettivi prescritti al t e a m. Tu t-to ciò comporta un’intensa pressione organizzativa che, occultandola fonte del comando, agisce sui componenti dei t e a m a ffinché coor-dinino armoniosamente i loro contributi lavorativi finalizzandoli agliscopi dell’org a n i z z a z i o n e .In sintesi, l’autoattivazione è tracciata dall’organizzazione e costituisceil fondamento per l’espressione reale delle potenzialità sinergiche dise-gnate dalla nuova forma della cooperazione produttiva. Il tutto è fina-lizzato ad una gestione flessibile e integrata del flusso produttivo. Per-tanto, il fulcro, il pilastro della produzione non è più dato dalle singolemansioni re c i p rocamente separate, dal tempo di lavoro dei singoli ope-rai (tempi e mansioni che, con l’organizzazione taylorista del lavoro ,venivano poi gerarchicamente coordinati ad un livello superiore da par-te del m a n a g e m e n t aziendale), bensì dall’armonizzazione delle pre s t a-zioni individuali con la p e rf o r m a n c e complessiva del t e a m, dall’agire dic o n c e rto, dalle sinergie cooperative potenzialmente disegnate dall’or-ganizzazione. Il t e a m r a p p resenta il fulcro della logica gestionale dellaFabbrica Integrata, lo spazio normato al cui interno vengono messi incampo i meccanismi disciplinari relazionali finalizzati a rigenerare in-cessantemente l’efficacia dei dispositivi strutturali, nel momento in cuiquesti vengono minacciati dall’insorgenza della soggettività operaia. Ilt e a m costituisce, quindi, uno dei dispositivi fondamentali attraverso i

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro int e a m

La cellularizzazione comecontesto org a n i z z a t i v o -d i s c i p l i n a re

143

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 143

Page 144: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

quali viene perseguito l’obiettivo di conformità dei lavoratori rispetto aidettami aziendali. Come sostengono Thompson e McHugh (1995) es-so comporta, infatti, una sorta di pressione normativa a comport a-menti disciplinati, pressione che spesso si traduce in forme di auto-c o n t rollo interiorizzate e inconsapevoli da parte dei lavoratori impe-gnati nel processo pro d u t t i v o .3) Gestione quotidiana del team e Human Resource Management.Sulla base del contesto di fabbrica su esposto, si inserisce la potenzac o e rcitiva e occultante dell’attuale strategia generale e delle nuovepratiche concrete di gestione del t e a m basate sui principi dell’H u m a nR e s o u rce Management. La ricerca ha cercato, quindi, di cogliere il le-game che connette queste ultime al comando incorporato nei disposi-tivi organizzativi del sistema pro d u t t i v o .Come abbiamo visto, l’antagonismo e le resistenze (individuali o collet-tive, spontanee o coscienti che siano), in poche parole l’emerg e re del-la soggettività dei lavoratori, alterano le sinergie cooperative del lavo-ro svolto in t e a m. La prevenzione e la tendenziale ricomposizione del-le micro-conflittualità è stata, quindi, organicamente integrata all’inter-no della nuova logica gestionale che può essere generalmente ricon-dotta, in entrambi i casi indagati, alle prescrizioni dell’Human Resour -ce Management. Tale mutamento si verifica sia per quanto riguarda lepolitiche del personale a livello di top management sia le pratiche ge-stionali quotidiane, attraverso intervento diretto dei m a n a g e r di linea.Secondo la nostra ottica d’analisi, la possibilità di operare attraversopratiche direzionali basate sulla gestione delle risorse umane è eff e t t i-vamente resa possibile dal fatto che il comando del m a n a g e m e n t s u ilavoratori si presenta in gran parte oggettivato (e quindi occultato) al-l’interno della struttura organizzativa e materiale di fabbrica7 9. Le po-tenzialità sinergiche della cooperazione produttiva sono oggettivamen-te, strutturalmente, basate sui nuovi principi di organizzazione del la-v o ro e della produzione, mentre quel che deve essere costantementer i p rodotto nella prassi - tramite le nuove e diff e renziate forme di gover-no della forza lavoro - è l’autoattivazione, ossia la sinergia effettiva trai componenti dei t e a m di lavoro. Il tutto finalizzato ad una gestione fles-sibile ed integrata del processo produttivo. Sulla base delle pre c e d e n-ti osservazioni, in primo luogo, siamo giunti alla conclusione che lospazio disciplinare della fabbrica snella, strutturalmente definito, costi-tuisce il contesto operativo e sociale che condiziona i comport a m e n t isia dei m a n a g e r s di linea che dei lavoratori. La pressione del flussop roduttivo (guidata dalla logica del just in time) si impone su tutti i com-

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro in

t e a m

La cellularizzazione comecontesto org a n i z z a t i v o -

d i s c i p l i n a re

144

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 144

Page 145: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

ponenti del t e a m di lavoro: induce meccanismi di peer pre s s u re e, per-tanto, determina l’insorg e re di atteggiamenti e norme collettive di au-todisciplina all’interno del g r u p p o, le quali prevengono atteggiamenti didevianza in maniera molto più efficace di quanto possa essere ottenu-to attraverso l’intervento re p ressivo di supervisori gerarchici. E’ appun-to all’interno di questo contesto normato d’insieme che operano, epossono operare, le nuove pratiche gestionali, la cui funzione fonda-mentale è di ripro d u r re l’ordine strutturale ogni qualvolta l’emerg e n z adelle resistenze tende a disoccultarlo. Del resto, lo scorre re re g o l a ree ininterrotto del flusso di produzione richiede armonia e cooperazio-ne produttiva tra i componenti del t e a m, sinergia funzionale che vieneattivamente riprodotta tramite la nuova strategia direzionale, sostan-zialmente basata sui principi dell’Human Resource Management, dire t-ta a generare responsabilizzazione e coinvolgimento.

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro int e a m

La cellularizzazione comecontesto org a n i z z a t i v o -d i s c i p l i n a re

145

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 145

Page 146: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

C o n t rollo e resistenza: dalla strategia generale allesperimentazione delle concrete tattiche gestionaliCome abbiamo evidenziato nel corso dell’esposizione, l’org a n i z z a z i o-ne del lavoro in t e a m costituisce il centro nodale della logica di fun-zionamento e di governo della Fabbrica Integrata e, più in generale,della lean pro d u c t i o n.L’Ute rappresenta l’unità organizzativa di base deputata a gestire, attra-verso il “gioco di squadra” (Ohno, 1993) dei propri componenti, la con-tinuità e il bilanciamento del flusso produttivo. E’ il contesto socio-pro-duttivo in cui le capacità lavorative dei singoli lavoratori vengono coor-dinate all’interno di ciascun segmento compiuto del l a y o u t; è il luogo incui si dispiegano le sinergie cooperative inscritte nella nuova divisionedel lavoro e si realizzano l’autoattivazione e l’integrazione funzionale.Dalla ricerca è emerso che la lean pro d u c t i o n richiede, da un lato, chel ’ o p e r a re dei t e a m sia asservito alle esigenze inscritte nella logicaoperativa del sistema JIT/TQM, dall’altro, la stessa fragilità struttura-le di questo sistema, implica la presenza di una strategia gestionaled i retta a ripro d u r re l’apparente oggettività delle necessità impostedallo scorre re ininterrotto del flusso produttivo. Anche là dove, comea Cordoba, vige una politica di gestione del personale, a livello del t o pm a n a g e m e n t, improntata all’uso strumentale delle sospensioni e deilicenziamenti, nella prassi quotidiana dei m a n a g e r di linea si tratta dir i g e n e r a re l’occultamento del comando sul lavoro e favorire l’autoatti-vazione dei lavoratori, al fine di attivare la produzione delle sinerg i ecooperative dettate dal lavoro in t e a m.Alla luce di tali osservazioni non è possibile parlare di t e a m w o r k i nquanto espressione di forme di autonomia operaia e/o democrazia in-dustriale: è la fragilità propria della configurazione del nuovo assettop roduttivo e delle tecnologie applicate alla produzione a richiedereuna diff e rente forma di organizzazione del lavoro, e questa, a sua vol-ta, non può pre s c i n d e re da forme di coinvolgimento dei lavoratoristessi rispetto alle necessità aziendali. Parliamo di coinvolgimento enon, invece, di partecipazione in generale in quanto quest’ultima, daun punto di vista semantico, “(…) rimanda a un’azione positiva, re-sponsabile, nella quale si esercita pienamente la volontà e la capacitàdi un individuo; il c o i n v o l g i m e n t o nasce da una volontà esterna all’in-dividuo, una volontà che sceglie e dispone, alla quale si può accon-s e n t i re, ma che difficilmente si può guidare, in un quadro cert a m e n t epiù rigido e ricco di limiti del precedente” (Benedetti, 1998: 128).Nei due casi da noi analizzati è stato rilevato che la realizzazione di ta-

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro in

t e a m

146

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 146

Page 147: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

li esigenze viene perseguita attraverso due modalità generali di con-t rollo: la prima, che potremmo definire pressione strutturale-normativa,di natura organizzativa (e m b e d d e d nella configurazione materiale eoperativa del l a y o u t di fabbrica, nonché nelle prescrizioni imposte ai la-voratori); la seconda, comunicativo-relazionale, di natura gestionale(basata, cioè, sui principi dettati dall’Human Resource Management) .L’indagine comparativa ci ha permesso di riscontrare, al di là delleipotizzabili analogie determinate dall’adozione della medesima confi-gurazione strutturale e organizzativa dei due impianti produttivi, alcu-ne importanti divergenze fondamentalmente legate alla diff e rente na-tura della soggettività operaia e m b e d d e d all’interno dei due contestiosservati. In effetti, se dal punto di vista strutturale-normativo (linea-rizzazione del processo produttivo, organizzazione del lavoro in Ute,supervisione costante e capillare dell’intero ciclo di fabbricazione,flessibilizzazione delle mansioni sulle postazioni, attività pre s c r i t t equali l’autocertificazione della qualità e la TPM) i dispositivi disciplina-ri posti in essere nei due stabilimenti non variano in maniera sostan-ziale, nel momento in cui si passa ad analizzare i meccanismi gestio-nali affiorano importanti discre p a n z e .Sebbene, a livello di logica direzionale complessiva entrambe le fabbri-che si basino sui principi dell’Human Resource Management, a livellooperativo, la direzione aziendale dei due stabilimenti e, soprattutto, i l i -ne manager si sono dovuti confro n t a re con diff e renti forme pre v a l e n t idi soggettività e, quindi, di antagonismo operaio. Sulla base di questeresistenze sono state, così, sperimentate specifiche tattiche di con-t rollo dirette al presidio e alla tendenziale ricomposizione pro c e s s u a l edelle manifestazioni conflittuali, in quanto potenzialmente in grado dia l t e r a re le sinergie cooperative prescritte. Sinergie che, nella prassiquotidiana, scontrandosi con le resistenze dei lavoratori all’autoattiva-zione, devono essere costantemente rigenerate, ossia costituiscono ilpotenziale e sempre precario risultato del governo della forza lavoro .Di fatto, la pressione gestionale si esprime: a Cordoba, attraverso ledinamiche sociali-relazionali di gruppo (peer pre s s u re) innescate e ri-p rodotte all’interno della quotidiana “riunione organizzativa” tra Cpi eoperai (m i n i t e a m di Ute), il tutto inserito in un clima generale di pau-ra; mentre a Melfi, per ora, ma non è affatto detto che continuerà ado p e r a re sempre in tal modo, prevale una forma di relazioni negozialidi tipo interpersonale, apparentemente paritarie (relazioni face to fa -c e che sembrano pre s c i n d e re dai ruoli). Siamo così giunti alla tesi che non esiste una ricetta, una soluzione

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro int e a m

Controllo e resistenza: dallastrategia generale allesperimentazione delleconcrete tattiche gestionali

147

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 147

Page 148: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

gestionale universale e invariante, valida in tutti i contesti e per tuttele situazioni. Esiste piuttosto una pluralità di approcci che riflette la ri-c e rca e la produzione di nuovi meccanismi di motivazione al lavoro edi dominio sul lavoro che generalmente si diff e renziano a seconda deidiversi contesti locali in cui ci si trova ad operare, ma che necessa-riamente dovre b b e ro agire come “equivalenti funzionali”, nel senso dis o s t e n e re e ripro d u r re l’oggettività dei vincoli operativi imposti e,quindi, la costante realizzazione dei t a rg e t c o l l e t t i v i .In tal senso, nel caso di un clima sociale interno (ed esterno) alla fabbrica ca-ratterizzato dalla presenza e dalla persistenza di un generalizzato re s i d u osimbolico dell’operaio collettivo, come quello riscontrato per l’impianto Fiatdi Cordoba - è stato osservato che le pratiche gestionali di comando basatesulla negoziazione privata, apparentemente consensuale, dei bisogni, e, per-tanto, delle resistenze, hanno avuto un’incidenza limitata. Per questa ragio-ne il m a n a g e m e n t ha sperimentato il meccanismo terapeutico-disciplinaredel m i n i t e a m di Ute inserendolo in una logica d’insieme all’interno della qua-le operano in maniera organica dispositivi palesemente re p re s s i v i .In conclusione, dal punto di vista del controllo/coinvolgimento della forza la-v o ro, le discriminanti emerse nei due casi possono essere così sintetizzate.1) A livello complessivo, in entrambi gli stabilimenti, le pratiche gestionali con-sensuali sono e m b e d d e d in un meccanismo generale di potere coercitivo dire t-to a favorire un’interiorizzazione delle norme imposte. Però, mentre a Cord o b aopera un dispositivo re p ressivo organico e generale (sospensioni/licenziamen-ti) che ha dato vita ad un clima sociale interno caratterizzato dalla paura, a Mel-fi i meccanismi palesemente re p ressivi assumono un carattere di eccezionalitàe sono temporalmente circoscritti (mancata conferma dei contratti di formazio-ne e lavoro/licenziamenti per giusta causa), oppure coinvolgono sistematica-mente soltanto una porzione limitata della forza lavoro (lavoratori interinali).2) A livello di pratiche gestionali quotidianamente messe in atto dai m a -n a g e r di linea, è stato rilevato che:- a Melfi la prevenzione e ricomposizione immediata delle resistenze al-l’interno dei t e a m si basa su meccanismi comunicativo-relazionali la cuispecificità sta nel porre in essere pratiche di negoziazione “privata” deibisogni che si dispiegano attraverso un gioco di relazioni interpersona-li le quali, apparentemente, sembrano pre s c i n d e re dai ruoli (il 2disposi-tivo di fluidificazione del comando” teorizzato da Commisso). E’ chiaroche la re p ressione non è scomparsa dall’orizzonte interno di fabbrica,ma essa assume un carattere non sistematico, quasi di eccezionalità,intervenendo in casi specifici e circoscritti; - a Cordoba, al contrario, le relazioni sociali generali sono di tipo gerar-

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro in

t e a m

Controllo e resistenza: dallastrategia generale allesperimentazione delle

concrete tattiche gestionali

148

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 148

Page 149: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

chico e inserite all’interno di un contesto re p ressivo complessivo. Tu t t a-via, la responsabilizzazione individuale dei lavoratori alle p e rf o r m a n c ecollettive prescritte ai t e a m viene perseguita attraverso uno specificodispositivo comunicativo-relazionale, diverso da quello di Melfi. Infatti,come abbiamo visto, nel caso dello stabilimento argentino opera il m i -n i t e a m di Ute (dispositivo terapeutico-disciplinare collettivo), il cui con-c reto funzionamento induce pratiche di controllo orizzontale appare n t e-mente autodeterminate (peer pre s s u re) e produce l’effetto di negare larazionalità e il fondamento strutturale dei bisogni (e, quindi, delle re s i-stenze) dei lavoratori.Tuttavia, al di là delle diff e renze, entrambe le modalità di governo dellaf o rza lavoro osservate sono dirette ad indurre e sostenere: la re s p o n-sabilizzazione individuale rispetto alla prestazione collettiva; il massimogrado di disponibilità dei dipendenti alla cooperazione attiva; la ripro d u-zione dell’apparente neutralità della pressione strutturale. In quanto ta-li, operano come equivalenti gestionali funzionali, in risposta a diverseforme e pratiche di re s i s t e n z a .

Riflessioni sull’org a n i z z a z i o n edel lavoro int e a m

Controllo e resistenza: dallastrategia generale allesperimentazione delleconcrete tattiche gestionali

149

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 149

Page 150: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Dalla ricerca emerge che, all’interno del sistema di produzione p o s t - f o rd i s t a,operano dei dispositivi di controllo strutturali, sociali e relazionali, diretti a in-d u r re e sfruttare le s i n e rgie umane del lavoro in t e a m.Tuttavia, data la complessità della dinamica psico-sociale dei t e a m,tutto ciò non prefigura, ne potrebbe pre f i g u r a re, un dominio assolutoe una sussunzione totale della socialità e della soggettività dei lavora-tori all’interno delle maglie intrecciate dal m a n a g e m e n t aziendale, maimplica alcune conseguenze ambivalenti.In primo luogo, abbiamo individuato che l’aporia intrinseca alla forma coope-rativa del lavoro in t e a m è data dal fatto che la cellula produttiva, oltre a co-s t i t u i re uno dei dispositivi basilari per la creazione di sinergie produttive ete-ro d i rette ed eterodeterminate, rappresenta, nel contempo, lo spazio socialec o n c reto al cui interno possono emerg e re azioni collettive di rifiuto consape-vole, di resistenza non ricomponibile. In altri termini, le sinergie produttive dell a v o ro in t e a m possono potenzialmente trasformarsi in sinergie conflittuali; lasquadra eterodeterminata autocostituirsi in gruppo omogeneo; e, infine, imeccanismi indotti di peer pre s s u re capovolti in solidarietà antagonistica. Adesempio, le pratiche sociali derivate di peer pre s s u re possono sempre ro v e-sciarsi in forme di controllo sociale dirette non più a “sanzionare” i colleghiche non si autoattivano, bensì coloro i quali persistono nell’applicazione de-gli standards e dei comportamenti prescritti dal m a n a g e m e n t a z i e n d a l e .In secondo luogo, si tratta di porsi il problema di come, in che misura e fi-

no a che punto, di fronte a una pressione organizzativo-strutturale che, co-me abbiamo visto, tende a favorire un costante a tendenziale aumento deiritmi, dei carichi di lavoro e dello stress psico-fisico, la nuova forma assuntadalla gestione del personale possa e riesca a ripro d u r re in maniera adegua-ta l’occultamento del potere, dell’autorità della direzione sui lavoratori.Infine, i diversi meccanismi di negoziazione/re p ressione del dissenso messiin atto dai manager di linea nei due contesti analizzati (nonostante la variabi-lità e la complessità delle pratiche sperimentate) si scontrano necessariamen-te con la radicalità dei bisogni emergenti (e, quindi, delle resistenze) dei lavo-ratori, che inevitabilmente trascendono i ristretti limiti d’azione imposti e ripro-dotti dalla direzione aziendale: “E’ la soggettività che determina le re s i s t e n z e ,anche a pre s c i n d e re dall’individuazione di chi esercita il potere” (Sewell, 2001:227). La contraddizione intrinseca alla nuova forma attraverso la quale siesprime il comando sul lavoro è data dal fatto che, comunque, la nuova stra-tegia padronale, pur mirando a sussumere non solo il corpo ma anche la“mente” dei lavoratori, in modo tale da renderla funzionale alle esigenze dellarazionalità d’impresa, si scontra inevitabilmente con dei bisogni e con una ra-zionalità operaia che trascendono i ristretti limiti imposti dalle necessità di va-150

Alcune considerazioni finali

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 150

Page 151: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

lorizzazione del capitale (Barchiesi, 1997; Fiocco, 1997; Sewell, 2001).In conclusione, i teamworks, così com’è stato riconosciuto fin dagli albo-ri della psico-sociologia industriale, oltre a essere la base materiale dellacooperazione produttiva, costituiscono simultaneamente la potenzialefonte e il supporto per l’emergenza di un soggetto collettivo, ovvero peril manifestarsi di forme di resistenza cosciente all’autorità e alle aspetta-tive del management aziendale.Infine, è necessario rilevare che la lean pro d u c t i o n implica e determina muta-menti non solo della struttura materiale di fabbrica, ma anche trasformazionisocio-economiche e culturali generali8 0, che prefigurano nuove condizioni di-sciplinari e normative generali di assoggettamento della forza lavoro. Comescrive Sivini, non si tratta infatti di analizzare la lean pro d u c t i o n nei termini ri-duttivi di un nuovo modello d’impresa, bensì in quanto sistema sociale gene-rale di organizzazione e disciplinamento della forza lavoro nell’epoca post-for-dista: “...la produzione snella viene qui assunta come rappresentazione me-taforica dell’epoca attuale. La metafora non riguarda l’impresa ma le nuovemodalità di disciplinamento sociale che la produzione snella sta diff o n d e n d o ”(2001: 27). La struttura sociale generale di organizzazione e disciplinamentodella forza lavoro si fonda, in ultima istanza, su una tendenziale p re c a r i z z a z i o -n e, d e s t a b i l i z z a z i o n e e f r a m m e n t a z i o n e (che, tradotto in termini impre n d i t o r i a-li, si legge: flessibilizzazione) delle condizioni lavorative a vari livelli, in quantoelemento funzionale alla produzione di un nuovo ordine nei luoghi di lavoro .I processi di trasformazione del capitalismo e le nuove forme di org a n i z z a z i o-ne del lavoro e della produzione post-fordista sono espressione del trionfo delm e rcato globale. Dal punto di vista dei lavoratori ciò si traduce in una diversi-ficazione/frammentazione di condizioni salariali, oltre che di orari, di diritti, diqualità del lavoro nella varie parti del mondo. In ogni caso, il processo di fles-sibilizzazione lavorativa/deregolazione contrattuale tende a coinvolgere, nonsolo le aree di recente industrializzazione ma, anche i paesi più ricchi, e il cuiesito ultimo è quello di ridurre il lavoro a una variabile totalmente dipendentedai valori e dai bilanci delle imprese. Così, nei due casi da noi analizzati, l’Ar-gentina ci presenta prospetticamente le condizioni future, non certo rosee elontane a venire, che si delineano agli occhi degli operai di Melfi (del resto, as-sunti, fin dall’inizio, con contratti di formazione e lavoro e, negli ultimi anni,coinvolti dal fenomeno dei contratti di lavoro interinale) e, più in generale, del-la gran parte dei lavoratori dipendenti e para-subordinati italiani.Si considerino, ad esempio, i recenti attacchi rivolti dal Governo contro loStatuto dei lavoratori e le tradizionali forme di tutela dei lavoratori dipenden-ti a tempo indeterminato. Azioni che, sulla base della conclamata necessitàdi favorire l’incontro tra domanda e off e rta, la libertà di scelta dei singoli sul

Alcune considerazioni finali

151

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 151

Page 152: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

m e rcato del lavoro e l’aumento dell’occupazione (in realtà l’adeguamento as-soluto della manodopera rispetto alle necessità delle imprese), sono indiriz-zate a generare un livellamento verso il basso delle forme occupazionali edelle condizioni lavorative. Infatti, come si legge nel L i b ro Bianco sul merc a -to del lavoro in Italia, “(...) il permanere di situazioni occupazionali caratteriz-zate da un alto livello di tutela accanto a quelle, in rapida diffusione anchegrazie a recenti riforme (lavoro temporaneo, assunzioni a termine, ecc.), ca-ratterizzate da rapporti di lavoro altamente flessibili, genera nuove forme disegmentazione del mercato, contrastando gli effetti benefici della liberalizza-zione dei meccanismi di ingresso nel mondo del lavoro. Una delle soluzionip o t rebbe essere quella di una riforma “simmetrica” della re g o l a m e n t a z i o n eche si traduce in un duplice e contemporaneo intervento sulla normativa re-lativa sia al contratto a tempo determinato, sia a quello a tempo indetermi-nato. (...) Il Governo ritiene che alla nozione di sicurezza data dall’inamovibi-lità del singolo rispetto al proprio posto di lavoro occorra sostituire un con-cetto di sicurezza conferito dalla possibilità di scelta effettiva nel mercato dell a v o ro” (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 2001: 77).Comunque, questo processo di trasformazione, pur essendo oggi diestrema attualità, parte da lontano. In effetti, è quasi da un paio di decen-ni che le ricerche e le statistiche nazionali sul mercato del lavoro registra-no il progressivo venir meno della (relativa) uniformità socio-professiona-le e delle, pur modeste, certezze della fase fordista: diminuisce l’anzia-nità aziendale dei lavoratori (ossia la permanenza all’interno della medesi-ma azienda); le carriere lavorative si diversificano divenendo più incerte evariegate; la figura, in passato tipica, del lavoratore a tempo pieno e conun contratto a tempo indeterminato declina sempre più (Reyneri, 1996);“si affermano nuovi rapporti di lavoro, dallo statuto incerto e dalla stabi-lità precaria, come i cosiddetti impieghi para-subordinati (...) o le molteforme di contratti a tempo determinato” (Ambrosini e Beccalli, 2000: 8)81;mentre gli orari di lavoro e le condizioni salariali si articolano e differen-ziano in una gamma sempre più ampia di modalità atipiche.Ai mutamenti socio-economici si accompagna “il mito imperante del lavo-ro flessibile” (Gallino, 2001), che tende a generare una sorta di rassegna-zione in forma di realismo, per cui la flessibilità lavorativa, ossia la ridu-zione dei corpi e delle menti dei lavoratori a risorse da utilizzare, rischiadi essere concepita come uno stato di natura, un accadimento inevitabi-le e non – com’è – un prodotto di scelte non solo economiche, ma anchepolitiche e sindacali, frutto cioè delle politiche di riforma e smantellamen-to dello Stato del Welfare. La retorica della flessibilità non ci racconta,però, le storie di vita concrete, non ci fa vedere scorrere la fatica e il di-

Alcune considerazioni finali

152

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 152

Page 153: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

sagio attraverso le vicissitudini di individui reali, non fa emergere gli ele-menti di esclusione, di instabilità, di intermittenza dei rapporti e di insicu-rezza sul futuro. Quegli elementi che sono espressione di un nuovo siste-ma di regolazione e che, necessariamente, finiscono per ripercuotersi neiluoghi di lavoro, incidendo sulla forma delle relazioni sociali interne.E’ il modo in cui questa offensiva globale viene territorializzata, sulla ba-se dei rapporti di forza locali, che determina le differenze specifiche deidiversi contesti, che condizionano le scelte di localizzazione delle impre-se e il clima sociale interno.

78 Assumendo che sia l’ultima stazione di lavoro dell’assemblaggio, in quanto ad essa giun-gerebbero gli ordini dei clienti, a determinare il piano produttivo e non la direzione aziendale,si verifica quindi un occultamento del comando del management sui lavoratori, comando cheassume la forma apparente di un ordine neutrale e oggettivo (il mercato con le sue leggi cie -che, oggettive, impersonali).

79 E’ all’interno di questo contesto disciplinare generale che il team può operare quale stru-mento fondamentale attraverso cui il controllo manageriale si trasforma da burocratico - edesercitato da capisquadra e capireparto - in una forma di controllo sociale che si esprime so-prattutto tramite la pressione del “gruppo dei pari”, finendo per generare atteggiamenti e com-portamenti operai conformi agli obiettivi aziendali che prescindono da forme di controllo e co-mando visibile e gerarchico.

80 Nascendo all’interno di un contesto sociale internazionale caratterizzato da elevati livellidi disoccupazione, di crescente mobilità dei capitali e di esasperata competizione tra le caseautomobilistiche, la produzione snella ha incoraggiato lo sviluppo di una cultura competitiva,di un’identità di appartenenza e un senso del lavoro interiorizzati tanto dai manager quanto dailavoratori, competitività che diviene la base attraverso la quale questi ultimi valutano le propriedecisioni e azioni (Yate, 1998).81 Contratti a termine, in affitto, collaborazioni coordinate e continuative e tutto quell’ampiospettro di formule che si usa catalogare con il termine di `atipico’ che, oggi coinvolgono cir-ca 4 milioni di persone.

Alcune considerazioni finali

153

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 153

Page 154: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

154

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 154

Page 155: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Bibliografia

A A . V V. (1993a), Auto e lavoro, Ediesse, Roma.A A . V V. (1993b), Fiat Punto e a capo, Ediesse, Roma.A d l e r, P. (1993), “Time-and-Motion Regained”, in H a r v a rd Business Review, g e n n a i o -

f e b b r a i o .A m b rosini, M. (1997), “Dopo le enunciazioni. I concetti e le realizzazioni delle politiche

delle risorse umane”, in Sociologia del lavoro ( 6 5 ) .A m b rosini, M. (1998), “La partecipazione dei lavoratori nei modelli produttivi post-for-

disti”, in Sociologia del lavoro ( 6 8 ) .A m b rosini, M. e Beccalli, B. (2000) (a cura di), “Lavoro e nuova cittadinanza. Cittadi-

nanza e nuovi lavori”, in Sociologia del lavoro ( 8 0 ) .Annibaldi, C. (1989), “La Fiat e il Mezzogiorno”, “Intervista” contenuta in M e r i d i a n a ( 6 ) .Aouki, M. (1991), “La microstruttura dell’economia giapponese”, in Economia & Te c -

n o l o g i a, Franco Angeli, Milano.A u e r, P., Bachet, P. e Charpentier, P. (1993), “Competitività, organizzazione del lavoro

e ruolo dei salariati. Le grandi tendenze in Europa”, in AA.VV., Auto e lavoro, Edies-se, Roma.

B a rchiesi, F. (1997), “Ristrutturazione, flessibilità e politica della soggettività operaia”,in C h a o s ( 1 0 ) .

Basso, P. (1998), Tempi moderni, orari antichi. L’orario di lavoro a fine secolo, FrancoAngeli, Milano.

Benassi, M. (1994), “Le modificazioni organizzative delle grandi imprese: il caso Fiat”,in Economia e Politica Industriale ( 8 1 ) .

Benedetti, L. (1998), “La costruzione di una rete di sistemi partecipativi: dal coinvolgi-mento alla democrazia nell’impresa”, in Sociologia del lavoro ( 6 8 ) .

Bissaca, G. (1998), A rgentina. Da Melfi a Cord o b a, Isvor Fiat, To r i n o .Bloomfield, B. P. e Coombs, R. (1992), “Information Te c h n o l o g y, Control and Power:

the Centralization and Decentralization Debate Revisited”, in Journal of ManagementS t u d i e s ( 2 9 ) .

Boldizzoni, D., Nacamulli, R., C., D. e Turati, C. (1996), Integrazione e conflitto,E.G.E.A., Milano.

Bonazzi, G. (1993), Il tubo di cristallo. Modello giapponese e fabbrica integrata allaFiat Auto, Il Mulino, Bologna.

Bonazzi, G. (1997), Storia del pensiero org a n i z z a t i v o, Franco Angeli, Milano.Bonazzi, G. (1998), “La qualità come routine. Creazione di eventi e strategie coopera-

tive alla Fiat Mirafiori”, in Rassegna Italiana di Sociologia ( 2 ) .Bonazzi, G. (1999), “Sociologia della Fiat. Ricerche e discorsi. 1955-1998”, in Anni-

baldi, C. e Berta, G. (a cura di), Grande impresa e sviluppo italiano. Studi per i cen -to anni della Fiat, vol. II, Il Mulino, Bologna.

B o y e r, R. et al. (a cura di) (I998), Between Imitation and Innovation. The Tranfer andHybridization of Productive Models. The International Automobile Industry, OxfordUniversity Press, Oxford .

Bubbico, D. (1999), “La fabbrica al lavoro, ovvero l’assenteismo del lavoratore”, in F i -155

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 155

Page 156: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

n e s e c o l o, 4 (1).Busana, O. (1994), “Fiat Auto: sul prato verde fiorisce la formazione”, in L’ I m p re s a ( 9 ) .Caminiti, L., Mantegna, A. e Tiddi, A. (1999), “Reddito garantito e lavoro immateriale”,

in Derive Appro d i ( 1 8 ) .Carrieri, M. (1993), “Una nuova fase delle relazioni industriali?”, in AA.VV., Fiat Punto e

a capo, Ediesse, Roma.Cavazzani, A., Fiocco, L. e Sivini, G. (a cura di) (2001), Melfi in time. Produzione snel -

la e disciplinamento della forza lavoro alla Fiat, Consiglio Regionale della Basilicata,P o t e n z a .

Cerruti, G. (1993), “Automazione e integrazione alla Fiat di Termoli”, in AA.VV., Fiat Pun -to e a capo, Ediesse, Roma.

Cerruti, G. e Rieser, V. (1993), “Qualche considerazione conclusiva”, in AA.VV., F i a tPunto e a capo, Ediesse, Roma.

Cerruti, G. (1995), “La razionalizzazione alla Fiat Auto: Dalla crisi del Taylorismo ai dua-lismi della Lean Production”, in Quaderni di Ricerca Ire s ( 1 7 ) .

Cerruti, G., Ferigo, T. e Follis, M. (1996), P roduzione snella e pro f e s s i o n a l i t à, FrancoAngeli, Milano.

Cersosimo, D. (1994), Viaggio a Melfi: la Fiat oltre il ford i s m o, Donzelli, Roma.Commisso, G. (1999), Il conflitto invisibile. Forma del potere, relazioni sociali e sog -

gettività operaia alla Fiat di Melfi, Rubbettino, Soveria Mannelli.Coriat, B. (1979), L’atelier et le chro n o m e t re, C. Bourgois, trad. it. La fabbrica e il cro -

n o m e t ro, Feltrinelli, Milano, 1979.Coriat, B. (1991), Penser a l’envers, C. Bourgois, trad. it. R i p e n s a re l’org a n i z z a z i o n e

del lavoro , Dedalo, Bari, 1991.Cosi, C. (1993), “Avvio o fine della Fabbrica Integrata? Ovvero l’oscuramento del tubo

di cristallo”, Fiom Piemonte, To r i n o .Cosi, C. (1995) “Fiat-Auto. «Evoluzione » del sistema di regole sulla prestazione di la-

v o ro”, Fiom Piemonte, To r i n o .Costanzo, D. (1995), “Tempo di lavoro, tempo sociale, tempo di vita: il caso della fab-

brica integrata SATA - F I AT di Melfi”, Tesi di Dottorato, Università della Calabria, Ren-d e .

Dassbach, C. (1997), “Lean production in North America: Myth and Reality”, paper pre-sentato all’interno del Convegno Internazionale Il lavoro di domani. Globalizzazionefinanziaria, ristrutturazione del capitale e mutamenti della pro d u z i o n e, 3-5 dicembre ,Università di Bergamo, Berg a m o .

De Terssac, G. (1993), Come cambia il lavoro , Etas, Milano.Delbridge, R. E Turnbull, P. (1994), “Diventare giapponesi? L’adozione e l’adattamento

dei sistemi di produzione giapponesi in Gran Bretagna”, in Sociologia del lavoro ( 5 1 -5 2 ) .

Delbridge, R. (1995), “Surviving Jit: Control and Resistance in a Japanese Tr a n s p l a n t ” ,in Journal of Management Studies ( 3 2 ) .

Dohse, K., Jürgens, U. e Malsch, T. (1988), “Dal «fordismo» al «toyotismo»? L’ o rg a n i z-zazione sociale dei processi di lavoro nell’industria automobilistica giapponese”, inLa Rosa, M. (a cura di), Il modello giapponese, Franco Angeli, Milano.

Donzelli, C. (1994), “La fabbrica di Melfi col senno di poi”, in M e r i d i a n a ( 2 1 ) .Durand, J. P., Steward, P. e Castillo, J. J. (a cura di) (1999), Teamwork in the Automo -156

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 156

Page 157: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

bile Industry, MacMillan, Londra.Fiat Auto (senza data), “Org a n i z z a z i o n e ” .Fiat Auto (1991), Fiat nel Mezzogiorno. 2° Piano Pro g e t t u a l e, To r i n o .Fiat Auto (1993), “Accordo 11 giugno 1993”, To r i n o .Fiat Auto, Direzione Personale e Organizzazione (1994), Fabbrica Integrata, Fiat-Auto

Mains, To r i n o .Fiat Auto (1995), “Convenio colectivo de trabajo 10 de Abril de 1995”, Buenos Aire s .Finesecolo (1996), Inchiesta operaia alla Fiat di Melfi (3-4), Roma, Datanews.Fiocco, L. (1997), “L’ e ffetto kanban nell’organizzazione del lavoro alla Fiat di Melfi”, in

C h a o s ( 1 0 ) .Fiocco, L. (1998a), “I dispositivi operativo-normalizzanti della produzione snella nei lo -

ro nessi con la gestione del personale”, Dipartimento di Sociologia e di Scienza Po-litica, Università della Calabria, Rende.

Fiocco, L., (1998b), “Il processo di cellularizzazione della forza lavoro e le forme di re-sistenza alla Fiat di Melfi” [Web Page], Available at www. i n t e r m a rx . c o m .

Fiocco, L. (1998c), Innovazione tecnologica e innovazione sociale, Rubbettino, Sove-ria Mannelli.

Fiocco, L. (2001), “I dispositivi strutturali di potere in fabbrica e i loro effetti normaliz-zanti”, in Cavazzani, A., Fiocco, L. e Sivini, G. (a cura di), Melfi in time. Pro d u z i o n esnella e disciplinamento della forza lavoro alla Fiat, in corso di pubblicazione, Consi-glio Regionale della Basilicata, Potenza.

Foucault, M. (1993), S o r v e g l i a re e punire, Einaudi, To r i n o .F reyssenet, M. (a cura di) (1998), One Best Way? Trajectories and Industrial Models of

the Wo r l d ’s Automobile Pro d u c e r s, Oxford University Press, New Yo r k .Fucini, J. e Fucini, S. (1990), Working for the Japanese: Inside Mazda’s American Au -

to Plant, The Free Press, New Yo r k .Gallino, L. (2001), Il costo umano della flessibilità, Laterza, Bari.Garibaldo, F. (1993), “Prime osservazioni su progettazione e partecipazione”, in

A A . V V., Fiat Punto e a capo, Ediesse, Roma.H u m p h re y, J. (1995), “The Adoption of Japanese Management Techniques in Brazilian

Industry”, in Journal of Management Studies ( 3 2 ) .Infelise, L. (a cura di) (1995), La formazione continua in Italia, Franco Angeli, Milano.ISVOR FLASH (1997), “Emprender”, II (1).Jackson, N. e Cart e r, P. (1998), “Labour as Dressage”, in McKinlay, A. e Starkey, K.

(a cura di), Foucault, Management and Organization Theory. From Panopticon toTechnologies of Self, SAGE Publications Ltd, Londra.

J ü rgens, U. (1988), “Struttura e precondizioni sociali del toyotismo nelle fabbrichegiapponesi”, in La Rosa, M. (a cura di), Il modello giapponese, Franco Angeli, Mila-n o .

K e n n e y, M. e Florida, R. (1993), Beyond Mass Production: The Japanese System andits Transfer to the U.S., Oxford University Press, New Yo r k .

K e n n o y, T. (1990), “HRM: Rhetoric, Reality and Contradiction”, in International Journalof Human Resource Management, 1, (1).

Kern, H. e Schumann, M. (1984), La fine della divisione del lavoro ?, Einaudi, To r i n o .La Rosa, M. (a cura di) (1988), Il modello giapponese, Franco Angeli, Milano.Laville, J. L. (1998), “Sociologia della partecipazione e trasformazioni del lavoro in 157

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 157

Page 158: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Francia”, in Sociologia del lavoro (68).La Voz del Interior (2001), “Fiat sube la producción y reafirma que no se va”, 28 feb-

b r a i o .La Voz del Interior (2002), “Después de cuatro meses, Renault retoma la pro d u c c i ó n ” ,

02 aprile.L e o n a rdi, S. (1993), “La Fiat a Termoli: fabbrica integrata e partecipazione dei lavora-

tori”, in AA.VV., Fiat Punto e a Capo, Ediesse, Roma.Magnabosco, M. (1996), “Melfi tre anni dopo”, in Fiat Auto Quadri, 17, (4).Magnabosco, M. (1999), “Dalla fabbrica integrata alla fabbrica modulare: le nuove

f ro n t i e re competitive della Fiat Auto”, in Sivini, G. (a cura di), O l t re Melfi. La fabbricaintegrata, bilancio e comparazioni, Rubbettino, Soveria Mannelli.

Marazzi, C. (1994), Il posto dei calzini, Edizioni Casagrande, Bellinzona.Mayo, E. (1993), “Le implicazioni del fattore umano”, in La Rosa, M. (a cura di), Il la-

v o ro nella sociologia, La Nuova Italia Scientifica, Roma.M c K i n l a y, A. e Starkey, K. (a cura di) (1998), Foucault, Management and Org a n i z a t i o n

T h e o r y. From Panopticon to Technologies of Self, SAGE Publications Ltd, Londra.Mehl, R. (1996), “Fiat Auto e Volkswagen: due strategie a confronto”, in Economia e

Politica Industriale ( 8 9 ) .M i n c o m e s (1997), “Le dimensioni del mercato e i vantaggi localizzativi”, 14 ottobre .M i n i s t e ro del lavoro e delle politiche sociali (2001), L i b ro Bianco sul mercato del lavo -

ro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità, Roma.Monden, Y. (1986), P roduzione just in time. Come si progetta e re a l i z z a, Isedi, To r i n o .Morris, J. e Wilkinson, B. (1995), “The Transfer of Japanese Management to Alien In-

stitutional Environments”, in Journal of Management Studies ( 3 2 ) .Motta J. (1998), “El modelo de organización industrial vigente en el sector automotor

a rgentino a fines de la década de 1990”, articolo non pubblicato, Facoltà di Scien-ze Economiche, Istituto di Economia e Finanza, Cord o b a .

Muramatsu, R., Soshiroda, M., Miyazaki, H. e Ishii, K. (1987), “Effect of Factory Au-tomation on Wo r k e r ’s Desires in Manufacturing Industry”, in International Journal ofP roduction Researc h, 25, (2).

Neumann, J. E., Holti, R. e Standing, H. (1995), Change Everything at Honce!, Man-agement Books 2000, Oxford s h i re .

Novick, M. e Catalano, A. M. (1996), “Reestructuracíon productiva y relaciones labo-rales en la industria automotriz argentina”, in Estudios del Tr a b a j o ( 1 1 ) .

Ohno, T. (1978), Toyota Production System, Productivity Press Inc, trad. it. Lo spiritoTo y o t a, Einaudi, Torino, 1993.

Ouchi, W. G. (1982), Theory Z. How American Business can Meet the Japanese Chal -l e n g e, New Yo r k .

P a r k e r, M. e Slaughter, J. (1988a), Choosing Sides: Unions and the Team Concept,South End Press, Boston.

P a r k e r, M. e Slaughter, J. (1988b), “Management by stress”, in Technology Review, ot-t o b re .

P a r k e r, M. (1997), “Management-by-Stress and Skilled Work. The USA case”, paperp resentato all’interno del Convegno Internazionale Il lavoro di domani. Globalizzazio -ne finanziaria, ristrutturazione del capitale e mutamenti della pro d u z i o n e, 3-5 dicem-b re, Università di Bergamo, Berg a m o .158

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 158

Page 159: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

Pessa, P. (a cura di) (1998), Orari del lavoro. Manuale per la formazione, FIOM-CGILPiemonte, To r i n o .

P i o re, M. e Sabel, C. (1987), Le due vie dello sviluppo industriale, Isedi, To r i n o .Poli, C. (1997), “Isvor: un’esperienza nella storia della formazione italiana”, in S o c i o l o -

gia del lavoro ( 6 5 ) .Pulignano, V. (1995), “Il sistema integrato di fornitura nell’industria automobilistica ita-

liana. Il caso della filiera di produzione di un part i c o l a re di fornitura allo stabilimentodi Melfi della FIAT”, Tesi di Dottorato, Dipartimento di Sociologia e di Scienza Politi-ca, Università della Calabria, Rende.

Pulignano, V. (1997a), “La struttura della fonitura nella ‘Fabbrica Integrata’: il caso del-la Fiat a Melfi”, Working Paper, n. 72, Dipartimento di Sociologia e di Scienza Politi-ca, Università della Calabria, Rende.

Pulignano, V. (1997b), O l t re la fabbrica. I rapporti di fornitura nel post-ford i s m o, L’ H a r-mattan Italia, To r i n o .

Q u e i rolo Palmas, L. (1994), “Post-fordismo e nuove figure di impresa”, in S o c i o l o g i adel Lavoro ( 5 5 ) .

Revelli, M. (1993), “Introduzione” a Ohno, T., Lo spirito To y o t a, Einaudi, To r i n o .Reyneri, E. (1996), Sociologia del mercato del lavoro, Il Mulino, Bologna.R i e s e r, V. (1991), “Qualità totale e fabbrica integrata”, in A s t e r i s c h i, 0.R i e s e r, V. (1996), “La fabbrica integrata «realizzata»”, in F i n e s e c o l o, 3 (4).Rieser (1997), L a v o r a re a Melfi, Calice Editori, Roma.R i e s e r, V. (1999), “I lavoratori della Fabbrica Integrata. Continuità e mutamenti”, in F i -

n e s e c o l o, 4 (1).R i n e h a rt, J., Christopher, H. e Robertson, D. (1997), Just Another Car Factory?, Cor-

nell University Press, Londra.Rizza, R. (a cura di) (2000), “Trasformazioni del lavoro, nuove forme di pre c a r i z z a z i o-

ne lavorativa e politiche di welfare: alcune riflessioni preliminari”, in Sociologia del la -v o ro ( 7 8 - 7 9 ) .

Romiti, C. (1990), “Considerazioni sulla qualità totale”, in Economia e politica industria -l e ( 6 7 ) .

Sewell, G. e Wilkinson B. (1992), “Someone to watch over me: sourveillance, disci-pline and the just in time labour process”, in S o c i o l o g y 26, (2).

Sewell, G. (1998), “The Discipline of Teams: The Control of Team-based Industrial Wo r kt h rough Electronic and Peer Surveillance”, in Administrative Science Quart e r l y, (43).

Sewell, G. (2001), “Controllo, resistenze e soggettività”, in Cavazzani, A., Fiocco, L. eSivini, G. (a cura di), Melfi in time. Produzione snella e disciplinamento della forza la -v o ro alla Fiat, Consiglio Regionale della Basilicata, Potenza.

Shingo, S. (1985), Il sistema di produzione giapponese Toyota dal punto di vista del -l’Industrial Engineering, Franco Angeli, Milano.

Silveri, M. e Pessa, P. (a cura di) (1990), L’ E u ropa delle automobili. Viaggio tra re l a z i o -ni industriali, orari e organizzazione del lavoro dell’industria automobilistica euro p e a,Ediesse, Roma.

Sivini, G. (a cura di) (1999), O l t re Melfi. La fabbrica integrata, bilancio e comparazio -n i, Rubbettino, Soveria Mannelli.

Sivini, G. (2001), “Le relazioni di potere e la fabbrica snella: un approccio foucaultia-no”, in Cavazzani, A., Fiocco, L. e Sivini, G. (a cura di), Melfi in time. Produzione snel - 159

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 159

Page 160: Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. - Dipartimento di ... · Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba Paolo Caputo IMMAGINAPOLI lucanialavoro COLLANA libro def BIS 15-04-2004

la e disciplinamento della forza lavoro alla Fiat, Consiglio Regionale della Basilicata,P o t e n z a .

S o rge, A. e Streek, W. (1988), “Industrial Relations and Technical Change”, in Hyman,R. E Streek, W. (a cura di), New Technology and Industrial Change, Basil Blackwell,L o n d r a .

S t o re y, J. (1992), Development in the Management of Human Resourc e s, Blackwell,O x f o rd .

S t o re y, J. (a cura di), (1995), Human Resource Management. A Critical Te x t, Rout-ledge, London-New Yo r k .

Thompson, P. e McHugh, D. (1995), Work Org a n i z a t i o n s, MacMillan, Londra.Virno, P. (1993), “Vi rtuosismo e rivoluzione. Note sul concetto di sfera pubblica”, in

Luogo Comune ( 4 ) .Vitale, A. (2001), La talpa nel prato verde. Soggettività al lavoro alla Fiat di Melfi, Rub-

bettino, Soveria Mannelli.Volpato, G. (1996), Il caso Fiat. Una strategia di riorganizzazione e di rilancio, Isedi,

To r i n o .Volpato, G. (1998), “Fiat Auto and Magneti Marelli: To w a rd Globalisation”, Actes du

G e r p i s a (22), Parigi.Wilkinson, B. e Oliver, N. (1990), “Potere e controllo nel kanban”, in Formez: Pro b l e m i

di gestione XVIII, (3/4).Wilson, G. (1995), Self Managed Team Wo r k i n g, Pitman, Londra.Womack, J. P., Jones, D. T. e Roos, D. (1993), La macchina che ha cambiato il mon -

d o, Rizzoli, Milano.Yates, C. (1998), “Defining the Fault Lines: New Division in the Working Class”, in

Capital & Class (66).

160

libro def BIS 15-04-2004 9:18 Pagina 160