Paesaggio, identità e comunità tra locale e globale

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Luisa Bonesio PAESAGGIO, IDENTITÀ E COMUNITÀ TRA LOCALE E GLOBALE DIABASIS «La responsabilità verso i luoghi è primaria almeno quanto il rispetto dell’alterità umana e culturale: il riconoscimento dell’identità dei luoghi è basato sull’esperienza dell’altrove e del diverso.» Il tema dell’ethos dell’abitare, della responsabilità verso la singolarità dei luoghi, si trova così concretamente declinato in condivisione della gestione, del recupero e del progetto dei territori tra esperti, amministratori e cittadini. «Nel tema dell’appartenenza e dell’identità dei luoghi, è da leggersi anche un riannodare di fili interrotti della memoria in racconti identitari e “fondativi”, con un ritrovato accesso alla dimensione cognitiva e simbolica del paesaggio, oltre l’iden- tificazione “estetica” del paesaggio come mera immagine.» PAESAGGIO, IDENTITÀ E COMUNITÀ TRA LOCALE E GLOBALE LUISA BONESIO DIABASIS TERRA E MARE 18,00 Luisa Bonesio è docente di Estetica nell’Università di Pavia e di Geofilosofia in vari corsi di formazio- ne e di specializzazione. Studiosa del pensiero di Nietzsche, Spengler, Jünger e di estetica del pae- saggio e di geofilosofia, si sta dedicando da tempo all’elaborazione di un’ermeneutica del paesaggio. A questi ambiti teorici sono dedicati corsi, pubblica- zioni e conferenze, seminari, oltre che l’organizza- zione di numerosi convegni in Italia con il patrocinio delle amministrazioni pubbliche. È stata responsabi- le scientifica dell’annuale Festival “Paesaggio: l’ani- ma dei luoghi”, per il Comune di Pavia (2006-2009). Tra i suoi scritti principali: La terra invisibile, Marcos y Marcos, Milano 1990; Geofilosofia del paesaggio, Mimesis, Milano 1997 e 2001 2 ; Passaggi al bosco. Ernst Jünger nell’era dei Titani (con Caterina Resta, Mimesis, Milano 2000); Oltre il paesaggio. I luoghi tra estetica e geofilosofia (Arianna, Bologna 2002); Lapidario. Breviario di meditazione alpestre, Ulivo, Balerna (CH) 2003. Ha curato e postfato vari vo- lumi, tra cui i collettanei, di cui è anche coautrice, Geofilosofia (Lyasis, Sondrio 1996); Orizzonti della geofilosofia. Terra e luoghi nell’epoca della mondia- lizzazione (Arianna, Bologna 2000); Ernst Jünger e il pensiero del nichilismo (Herrenhaus, Seregno 2002); La montagna e l’ospitalità. Le Alpi tra selvatichezza e globalizzazione (Arianna, Bologna 2003); Paesaggi di casa. Avvertire i luoghi dell’abitare (con L. Micotti, Mimesis, Milano 2003). Insieme a Caterina Resta dirige la collana “Terra e Mare” presso Diabasis, è ideatrice e autrice del sito www.geofilosofia.it e ha fondato l’Associazione d’iniziativa culturale “Terraceleste”. Il volume intende tracciare il percorso del muta- mento epocale di un concetto, quello di paesaggio, caduto progressivamente nell’oblio e oggi tornato ad affermarsi in tutta Europa come paradigma cen- trale e imprescindibile di una rinnovata consapevo- lezza dell’abitare e dei valori della territorialità. In- terpretato, soprattutto in età romantica, come mera proiezione sentimentale ed emotiva di uno sguardo soggettivo, e perciò destinato a una fruizione di tipo estetico, incapace di concreta cura e salvaguardia del territorio, il paesaggio viene invece oggi risco- perto come espressione e forma da interpretare, là dove lo sguardo dell’uomo e la sua memoria stori- ca incrociano i molteplici volti della terra, in vista non solo di una riqualificazione dei beni paesag- gistici, di cui si rivendica l’aspetto culturale, oltre che naturale, ma soprattutto per corrispondere al crescente bisogno di identità e di differenzialità nel devastante processo di delocalizzazione provocato dalla globalizzazione.

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L'etica dell'abitare, della responsabilità verso la singolarità dei luoghi: un tema concreto e di grande attualità. Il volume, attraverso i concetti di appartenenza e identità dei luoghi, traccia il percorso del mutamento epocale del concetto di paesaggio, caduto progressivamente nell'oblio e oggi tornato ad affermarsi in tutta Europa per una rinnovata consapevolezza dell'abitare e dei valori della territorialità. Interpretato, soprattutto in età romantica, solo in funzione estetica, senza la concretezza della salvaguardia del territorio, il paesaggio viene oggi riscoperto come espressione e forma da interpretare, specie in funzione del bisogno di identità e di differenzialità nel processo di delocalizzazione provocato dalla globalizzazione.

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Luisa Bonesio

PAESAGGIO, IDENTITÀ E COMUNITÀ TRA LOCALE E GLOBALE

DIABAS IS

«La responsabilità verso i luoghi è primaria almeno quanto il rispetto dell’alterità umana e culturale: il riconoscimento dell’identità dei luoghi è basato sull’esperienza dell’altrove e del diverso.»

Il tema dell’ethos dell’abitare, della responsabilità verso la singolarità dei luoghi, si trova così concretamente declinato in condivisione della gestione, del recupero e del progetto dei territori tra esperti, amministratori e cittadini.

«Nel tema dell’appartenenza e dell’identità dei luoghi, è da leggersi anche un riannodare di fi li interrotti della memoria in racconti identitari e “fondativi”, con un ritrovato accesso alla dimensione cognitiva e simbolica del paesaggio, oltre l’iden-tifi cazione “estetica” del paesaggio come mera immagine.»

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TERRA E MARE

€ 18,00

Luisa Bonesio è docente di Estetica nell’Università di Pavia e di Geofi losofi a in vari corsi di formazio-ne e di specializzazione. Studiosa del pensiero di Nietzsche, Spengler, Jünger e di estetica del pae-saggio e di geofi losofi a, si sta dedicando da tempo all’elaborazione di un’ermeneutica del paesaggio.A questi ambiti teorici sono dedicati corsi, pubblica-zioni e conferenze, seminari, oltre che l’organizza-zione di numerosi convegni in Italia con il patrocinio delle amministrazioni pubbliche. È stata responsabi-le scientifi ca dell’annuale Festival “Paesaggio: l’ani-ma dei luoghi”, per il Comune di Pavia (2006-2009). Tra i suoi scritti principali: La terra invisibile, Marcos y Marcos, Milano 1990; Geofi losofi a del paesaggio, Mimesis, Milano 1997 e 20012; Passaggi al bosco. Ernst Jünger nell’era dei Titani (con Caterina Resta, Mimesis, Milano 2000); Oltre il paesaggio. I luoghi tra estetica e geofi losofi a (Arianna, Bologna 2002); Lapidario. Breviario di meditazione alpestre, Ulivo, Balerna (CH) 2003. Ha curato e postfato vari vo-lumi, tra cui i collettanei, di cui è anche coautrice, Geofi losofi a (Lyasis, Sondrio 1996); Orizzonti della geofi losofi a. Terra e luoghi nell’epoca della mondia-lizzazione (Arianna, Bologna 2000); Ernst Jünger e il pensiero del nichilismo (Herrenhaus, Seregno 2002); La montagna e l’ospitalità. Le Alpi tra selvatichezza e globalizzazione (Arianna, Bologna 2003); Paesaggi di casa. Avvertire i luoghi dell’abitare (con L. Micotti, Mimesis, Milano 2003).Insieme a Caterina Resta dirige la collana “Terra e Mare” presso Diabasis, è ideatrice e autrice del sito www.geofi losofi a.it e ha fondato l’Associazione d’iniziativa culturale “Terraceleste”.

Il volume intende tracciare il percorso del muta-mento epocale di un concetto, quello di paesaggio, caduto progressivamente nell’oblio e oggi tornato ad affermarsi in tutta Europa come paradigma cen-trale e imprescindibile di una rinnovata consapevo-lezza dell’abitare e dei valori della territorialità. In-terpretato, soprattutto in età romantica, come mera proiezione sentimentale ed emotiva di uno sguardo soggettivo, e perciò destinato a una fruizione di tipo estetico, incapace di concreta cura e salvaguardia del territorio, il paesaggio viene invece oggi risco-perto come espressione e forma da interpretare, là dove lo sguardo dell’uomo e la sua memoria stori-ca incrociano i molteplici volti della terra, in vista non solo di una riqualifi cazione dei beni paesag-gistici, di cui si rivendica l’aspetto culturale, oltre che naturale, ma soprattutto per corrispondere al crescente bisogno di identità e di differenzialità nel devastante processo di delocalizzazione provocato dalla globalizzazione.

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TERRA E MARECollana di Geofilosofia diretta da Luisa Bonesio e Caterina Resta

Dopo la fine dell’ordine cosmico su cui si reggevano le civiltàantiche, dopo il tramonto della Cristianità medievale e ilnaufragio del delirio prometeico della Modernità, il globo sulquale ormai sappiamo d’avere un destino comune attendecon urgenza un nuovo Nomos. Diviene dunque ineludibile,di fronte alla crisi che pervade ogni aspetto della vita sul nos-tro pianeta, tornare a pensare il senso e le possibili forme delnostro abitare sulla Terra. Ciò può avvenire soltanto a partireda un radicale ripensamento del Luogo, in quanto spazio nonmeramente astratto e geometrico, ma concreto lembo di ter-ra, ogni volta singolare, qualificato dall’incontro tra natura ecultura e dalle loro stratificazioni storiche, nel convinci-mento che l’odierno galoppante processo di delocaliz-zazione non produce unicamente spaesamento, ma impe -disce anche ogni possibilità di futuro soggiorno, senza delquale l’umanità è certamente destinata alla sparizione.

Dipartimento di FilosofiaUniversità degli Studi di Messina

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In copertinaGabriele Münter, Landscape with white wall, 1910

Progetto graficoBosioAssociati - Savigliano (CN)

ISBN 978 88 8103 491 8

© 2007 Edizioni Diabasis© 2009 prima ristampa Edizioni Diabasis

via Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italiatelefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047

www.diabasis.it

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Luisa Bonesio

Paesaggio, identità e comunitàtra locale e globale

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Luisa Bonesio

Paesaggio, identità e comunitàtra locale e globale

Premessa

Capitolo primo

Il paesaggio come rappresentazione

Capitolo secondo

Natura, paesaggi, ambiente

Capitolo terzo

Un secolo ostile al paesaggio

Capitolo quarto

La riscoperta del paesaggio

Capitolo quinto

Ermeneutica del paesaggio

Capitolo sesto

Paesaggio come luogo dell’abitare

Bibliografia

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Dimorare è il modo di essere della saggezza. Si dimora creando unposto, scoprendo un luogo. Non si dimora da qualunque parte, mapresso o in un luogo determinato. Questo luogo è la terra, la casa oil cuore umano. La saggezza è sempre ospite. […] Preparare unadimora alla saggezza equivale a mettere radici nel cuore della realtà.

R. Panikkar, La dimora della saggezza

È stato nell’orizzonte di ripensamento dei presupposti più o menoespliciti del progetto occidentale che è scaturita anche quell’impor-tante ridefinizione del concetto e delle pratiche del paesaggio, intesonon più come raffigurazione estetica e proiezione soggettiva, ma comemanifestazione concreta, storica, simbolica e comunitaria di identitàculturali espresse nel territorio. Anche in questo caso, la sorprenden-te fortuna del tema negli ultimissimi anni, che ha portato a una fiori-tura di pubblicazioni, manifestazioni e iniziative, è stata resa possibi-le da un lungo lavoro di decostruzione di concettualità obsolete, pre-giudizi progressisti e diffidenze ideologiche, infine riconosciuto e san-cito nella Convenzione europea del paesaggio, siglata nel 2000. Oggi ildiritto a luoghi dotati di identità storica, geografica e paesaggistica sitrova affermato a vari livelli legislativi, ma soprattutto esprime l’in-sopprimibile esigenza, per abitanti e comunità, di luoghi qualificati,identitari, significativi, che certamente è stata resa più acuta daglieffetti obliteranti e omologanti del modello globalizzante. L’atten -zione e la necessità di luoghi singolari, differenziati, ricchi della lorocomplessa patrimonialità storica, artistica, ambientale, culturale, com-pensano il devastante periodo dell’ideologia produttivista e funzio-nalista, agevolate, anche, in una rinnovata percezione puntata sugliaspetti qualitativi, dagli effetti della massiccia deindustrializzazionedel continente europeo. In realtà, senza una trasformazione dell’ap-proccio conoscitivo, propiziata da diversi pensieri sull’abitare, dalriconoscimento dell’inscindibile relazione di senso tra uomo e luogo,nutrita della decostruzione dei presupposti del razionalismo urbani-

Premessa

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Capitolo quartoLa riscoperta del paesaggio

1. La “liberazione” del territorio

Il territorio così pesantemente e ferreamente incatenato dallemaglie della tecnica e piegato senza riguardo agli imperativi dell’in-dustrializzazione, negli ultimi due decenni del secolo scorso, alme-no nei paesi più economicamente benestanti, comincia a “liberarsi”da quella che aveva assunto i caratteri di una vera e propria occu-pazione da parte dello spirito tecnocratico vincente. È una svoltapressoché improvvisa, conseguente innanzitutto alla dislocazione inaltri paesi delle attività industriali più pesanti e inquinanti, ma ancheal movimento, sempre più diffuso, di un’opinione pubblica più sen-sibile alle tematiche della qualità abitativa e ambientale e alla ricer-ca di nuovi stili di abitare. Intere e talvolta anche ampie zone di unaregione si trovano improvvisamente private di attività produttiveche le avevano segnate, talvolta con effetti indelebili, e consegnateal mondo nell’immagine, nella dura realtà dei ritmi e delle esigenzeindustriali. Inoltre alcune soluzioni tecnologiche hanno potuto nelfrattempo ridurre gli impatti ambientali, o quantomeno quelli visi-bili degli impianti sul territorio. Così, mentre si amplia e si intensi-fica l’uso dello spazio ai fini degli spostamenti di uomini, energia,materiali e informazioni, diminuisce quello a fini industriali di tra-sformazione. Valli montane, zone costiere o interne caratterizzatespesso dalla presenza di monoculture industriali particolarmenteinquinanti, da attività estrattive, da manifatture che avevano sosti-tuito nell’economia locale il ruolo primario dell’agricoltura e del-l’allevamento, si ritrovano in lassi di tempo piuttosto brevi a dover-si riappropriare del proprio territorio, e a riscoprirne le valenzepaesaggistiche, ed eventualmente turistiche, in un complesso cam-mino, tutt’altro che scevro di ambiguità e di difficoltà. Così come ariscoprire e ad aggiornare il fascino delle rovine e l’attrattiva della

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patina, proiettandole sulla “ferraglia” rimasta dopo l’esodo delleproduzioni, riconvertendo il culto dei resti alle strutture edilizie, ailuoghi e agli impianti in una sorta di aggiornata e paradossale este-tica sublime che si esercita su oggetti ancora “caldi” e dolenti,riscattando il loro orrore estetico e storico nella patina rugginosa onell’intrecciarsi al nuovo inselvatichimento1.

D’altro lato, l’intensificazione, proliferazione e differenziazionedelle attività turistiche è cresciuta a dismisura, tanto da configu-rare quella turistica come la prima industria a livello planetario,con una domanda in crescita esponenziale di luoghi di loisir e dioccasioni di turismo culturale e naturalistico-avventuroso. Ma seil turismo può costituire una risorsa, senza governo dei suoi effet-ti può essere quasi altrettanto devastante della vecchia industria,tanto a livello dei luoghi su cui scarica il suo impatto, quanto delleculture e delle comunità locali che corrono il realissimo rischio divenire annullate nella loro identità e specificità2.

Infine, ma non ultimo per rilevanza, il fenomeno della doman-da di luoghi identificabili, esteticamente e ambientalmente quali-ficati, la domanda di memoria e di identità storica e un più gene-rale, quanto spesso ambiguo, movimento di riscoperta dellapropria identità culturale e delle proprie radici, che costituisconoun palese e probabilmente compensativo contromovimentorispetto alle ideologie e alla realtà di un nomadismo cosmopoliti-co per lo più coatto, allo sradicamento provocato dalle esigenzedella tecnoeconomia mondiale, alla cancellazione di memoria sto-rica e di differenzialità locali come prezzo dell’omologazionemondializzante, e a una generale invivibilità negli spazi progettatie approntati in piena ideologia razionalistica come forme emanci-pative della modernità. Sarà nel ripensamento geofilosofico del“luogo”, parallelo a questi fenomeni, che avverrà il decisivo spo-stamento di paradigma del paesaggio.

Anche se alcune discipline hanno compreso i mutamenti dei pro-pri paradigmi nel passaggio dal moderno al postmoderno (o dallamodernità fordista a quella postfordista), appare plausibile anchel’interpretazione delle trasformazioni più recenti all’interno dellalogica della modernità: ancora una volta si assiste all’investimentodi senso estetico, salutistico, ricreativo sulla natura da parte di una

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civiltà più che mai metropolitana e cosmopolitica, con la differen-za, rispetto ai decenni ’50-’80 del XX secolo, di un ampliamentodella richiesta, ma anche della potenziale “offerta”. Tuttavia nonappare ancora superato il primato urbano sulle “campagne”,soprattutto dal punto di vista delle priorità produttive e culturali: ècome se la società che anela, in molti suoi comportamenti e aspira-zioni, alla “natura” e ai paesaggi storici, non volesse o non potesseprivarsi della propria centratura urbana e tecnologica3, oltre chedell’immaginario con cui guardare “fuori” di se stessa. Secondo leprevisioni, le megalopoli sono destinate a crescere in numero e abi-tanti in tutto il mondo, e già ora un abitante su due del pianeta vivein spazi urbani, considerando in essi anche l’indefinito allargamen-to dei quartieri suburbani e periurbani. Che poi anche le “campa-gne” ricadano pienamente nella logica metropolitana che informadi sé i territori, lo aveva visto, ben prima dei sociologi e pianifica-tori odierni, Spengler, parlando di riduzione a “provincia” dellecampagne da parte della cosmopoli, che diventa il terreno su cui simuove il nuovo nomade. L’antagonismo essenziale della città rispet-to al paesaggio da cui si stacca, contrapponendovisi, non vienesmentito dalla funzionalizzazione estetica e ludica che la città com-pie sulla natura, riconosciuta da Spengler come «azione distruttivasull’imagine del paesaggio»: «Prima la città si era abbandonata alpaesaggio, ora essa vuol farlo simile a sé. Così le vie campestri si tra-sformano in strade militari, le foreste e le praterie in parchi, i montiin punti panoramici; nella stessa città viene inventata una naturaartificiale: fontane al posto di sorgenti, aiuole, laghetti, siepi squa-drate invece di prati, di stagni e di cespugli»4. E, all’esterno (di cuiè sempre più difficile determinare i contorni), i “paesaggi materni”delle civiltà trascorse, ormai attraversabili e visitabili – acquistabili– sui cataloghi delle agenzie di viaggio e delle società immobiliari.

Tuttavia i canoni estetici e le tipologie paesaggistiche messe informa tra Settecento e Ottocento mostrano un’insospettabile per-sistenza, a fronte di un mondo profondamente mutato. Così, se lacampagna torna ad esercitare un fascino di massa, a rigore essa nonesiste più in quanto tale, perché non ci sono più le forme di agri-coltura che l’avevano resa possibile; moltissimi vogliono abitare incampagna, ma quasi nessuno vuole occuparsene, oppure si verifi-

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cano conflitti circa le aspettative dei cittadini che la vorrebbero coe-rente con un certo immaginario estetico che ne hanno, e gli agri-coltori, che spesso ambiscono ad adottare stili di vita e di consumotipicamente urbani. Quanto al gusto per gli aspetti selvaggi e subli-mi della natura, esso non solo non è tramontato nell’inclinazioneestetica comune, a dispetto degli esercizi critici e del sarcasmo sca-ricato su di esso da filosofi e avanguardie, ma ha conosciuto unostraordinario incremento proprio grazie a quel progresso della sicu-rezza e al controllo del pericolo che avrebbe dovuto liquidarlo: l’ac-cesso alla natura selvaggia è possibile, in varie forme e gradi diintensità, e i suoi luoghi diventano il pretesto e il teatro, molto spes-so, di pratiche sportive “estreme” che, in un certo senso, rappre-sentano l’avatar del genere “pittoresco eroico”. Inoltre, in unmondo ammorbato dalla sua tecnica, la selvatichezza della natura,ormai non più repulsiva e terrifica, rappresenta ancora l’ideale diun mondo incontaminato e primigenio, nei cui residui brandellipoter tirare il fiato5. In modo analogo, lo sguardo naturalistico siunisce alla ricerca di sempre più minuziosi dettagli paesaggistici,alla ricerca di sopravviventi aspetti di primordialità nel paesaggio.

Così ancora oggi, «questi due modelli paesaggistici, la campagnapastorale e la foresta selvaggia ispirano, spesso in modo dialettico,pratiche e discorsi paesaggistici contemporanei. Essi corrispondo-no a due concezioni della natura che contrappongono gli uominidella foresta a quelli, i contadini, che hanno sviluppato al suo ester-no l’(agri)cultura. I paesaggi pittoreschi non sono, dunque, nédesueti né aneddotici […]. L’idea di pittoresco non soltanto faparte di un’economia del loisir all’aperto, ma contribuisce alla ter-ritorializzazione della società, o comunque accompagna la valoriz-zazione di patrimoni pubblici. Vi sono più concezioni del pittore-sco contemporaneo, dalle maggiormente raffinate a quelle piùpopolari»6. Ma occorre, oggi, tenere più che mai presente come,accanto a un modello di valorizzazione paesaggistica che discendeda canoni artistici e ad uno più specificamente naturalistico-scien-tifico, se ne sia affermato su larga scala un terzo, in cui la “natura”diventa la costruzione sociale di un rapporto con un territorio (peruna pratica sportiva, per ricerca di quiete; può essere la riva di untorrente su cui pescare, una strada di campagna in cui correre o

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andare in bicicletta; un bosco, una spiaggia deserta in cui medita-re, un luogo carico di significati di gruppo, familiari o personali,ecc.): si tratta di (micro)paesaggi attivati da ragioni simboliche o dapratiche temporaneamente condivise, caratterizzati dall’incostanzae dalla variabilità dei modelli e delle pratiche sociali.

Infine, gli aspetti propriamente storici del paesaggio ricevononuova attenzione e nuova valorizzazione, sia a scopi identitari edestetici della comunità cui appartengono, sia con finalità di attra-zione turistica. Reinseriti nella consapevolezza del tessuto cuiappartengono e nel quale s’inscrivono, non più come irrelati exem-pla provenienti da tempi andati, i segni architettonici o antropici avario titolo contribuiscono alla generale tendenza di “mettere inpaesaggio” i territori, quali che siano7, partecipando sia della ten-denza al recupero della memoria e al conservazionismo che sem-brano caratterizzare gli ultimi anni, spesso anche in forme alquan-to parossistiche e compensative8, sia del movimento di espansionedell’economia turistica e della sempre più diffusa valorizzazionepaesaggistica dei territori (viaggi, villeggiature, seconde case, ecc.).

Tutte queste modalità di rapportarsi alla natura percepita comepaesaggio fanno sì che si possa parlare della nostra società occi-dentale avanzata come di una “società paesaggista”, con tutti glienormi problemi che questa caratterizzazione comporta, ma anchecon la crescente necessità di affinare gli strumenti analitici per lacomprensione della complessità di questo fenomeno, prima anco-ra di farne un oggetto da marketing9, così come si assiste a un impo-nente movimento di recupero memoriale, attraverso il cosiddetto“patrimonio culturale”. Anche in questo caso, il passaggio dalladissipazione al conservazionismo è stato piuttosto rapido, immet-tendo nel campo patrimoniale categorie intere di oggetti, ambiticulturali o estetici obsolescenti, prima quelli minacciati di scompa-rire nella cultura industriale, poi il patrimonio etnologico contadi-no e successivamente quello industriale e urbano. Ma è interessan-te notare come anche la nuova consapevolezza e le nuove riflessionisul paesaggio sorgano dalla necessità di tutelare i siti naturali e leculture tradizionali dall’ondata azzerante dell’industrializzazione, ecome, in modo significativo, a diventare attori del recupero delpatrimonio siano state, pressoché in tutti i paesi d’Europa, le

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comunità locali. Così, a causa delle trasformazioni omologanti chesi sono verificate ovunque, investendo periferie urbane come cam-pagne e piccoli centri, anche a seguito della presa di consapevolez-za ecologica per il rischio subìto da tutti i contesti naturali, l’atten-zione per la dimensione del patrimonio memoriale si è ridestata.Ma, mentre per la sensibilità romantica si trattava di paesaggi sto-rici disseminati di rovine, oggi l’attenzione si dirige principalmen-te al tessuto complessivo, anche degli usi e costumi minimali e quo-tidiani, del palinsesto storico, dilatato fin quasi al presente: se laprima focalizzazione del patrimonio individuava essenzialmentetestimonianze alte (paesaggi d’eccellenza, monumenti importanti,ecc.), oggi, anche a causa degli effetti della sensibilizzazione alladimensione etnoantropologica, l’attenzione è rivolta piuttostoall’insieme del tessuto: «Una società si stupisce della propria com-plessità, di cui si sta dimenticando. […] L’oggetto e il contesto for-mano un tutto connesso dal punto di vista etnologico. Espulsi dal-l’uso e dalla funzione, si dissociano. Riconoscere e preservare nonhanno più lo stesso senso né le medesime conseguenze di untempo»10. In questa dilatazione inusitata dell’idea di patrimonio siinscrive la riscoperta del paesaggio come dimensione totalizzante eirrinunciabile alla sua stessa pensabilità, e tuttavia anche in questocaso occorre essere consapevoli che vi si può nascondere l’anticaprospettiva “pittoresca” sulla lontananza nostalgica: «Elemento delpatrimonio, l’oggetto muta natura e funzione. Serve ad altro. A checosa, se non all’illustrazione del Patrimonio? […] Davanti a questenuove necropoli d’oggetti fuori uso, di manichini e ricordi, occor-re molta cultura e molta convinzione per provare qualcosa che nonsia un sentimento divertito, magari intenerito, di pittoresco e dilontananza. Il patrimonio sarà individuato, ci viene detto, a partireda pezzi ben selezionati e debitamente documentati. Ma basta? Lamemoria profonda è meno legata al possesso che al godimento»11.

2. Il modello del museo territoriale

Come si sarà notato, nella valorizzazione estetica e memoriale deiluoghi della “società paesaggista”, convivono spunti e logicheanche molto diverse, sia nell’idea di fruizione, che nello sguardo

Capitolo quarto126

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Sintesi feconda

di lunghe riflessioni

letture dialoghi ricerche

…camminate e sguardi…

sul mutato paradigma del paesaggio

che dà senso e forme al nostro abitare la terra

(identità differenze singolarità)

colloca la responsabilità dei luoghi

nel quadro del rispetto delle alterità

umane e culturali

esige governance e partecipazione

il libro di Luisa Bonesio

conosce la sua prima ristampa nel carattere Simoncini Garamond

su carta Arcoprint delle cartiere Fedrigoni

dalla tipografia Sograte di Città di Castello

per conto di Diabasis

nel settembre dell’anno

duemila

nove

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TERRA E MARE

Collana di Geofilosofia

1. L. Bonesio, Paesaggio, identità e comunità tra locale e globale

2. F. Saffioti, Geofilosofia del mare. Tra Oceano e Mediterraneo

3. Paesaggio: l’anima dei luoghi, a cura di Luisa Bonesioe Luca Micotti

4. O. Broggini, Le rovine del Novecento. Rifiuti, rottami, ruderie altre eredità

TERRA E MARE

Collana di Geofilosofia minima

1. C. Resta, Stato mondiale o Nomos della terra. Carl Schmitt tra universo e pluriverso

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Page 17: Paesaggio, identità e comunità tra locale e globale

TERRA E MARE

Collana di Geofilosofia

1. L. Bonesio, Paesaggio, identità e comunità tra locale e globale

2. F. Saffioti, Geofilosofia del mare. Tra Oceano e Mediterraneo

3. Paesaggio: l’anima dei luoghi, a cura di Luisa Bonesioe Luca Micotti

4. O. Broggini, Le rovine del Novecento. Rifiuti, rottami, ruderie altre eredità

TERRA E MARE minima

1. C. Resta, Stato mondiale o Nomos della terra.Carl Schmitt tra universo e pluriverso

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