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1 Osservazioni di UTILITALIA Documento di Consultazione 275/2015/R/com Criteri per la determinazione e l'aggiornamento del tasso di remunerazione del capitale investito per le regolazioni infrastrutturali dei settori elettrico e gas. Orientamenti iniziali. Allegato al prot. 489/2015/E/R del 31 Luglio 2015 Il documento espone gli orientamenti iniziali dell'Autorità in relazione ai criteri per una revisione complessiva delle modalità di determinazione e aggiornamento del tasso di remunerazione del capitale investito e alle tempistiche per l'adozione della nuova metodologia nei singoli servizi regolati dei settori elettrico e gas. Appare fin troppo evidente come il tema del DCO sia di estrema rilevanza per i Distributori di energia elettrica e gas nonché per gli altri Operatori del settore energetico (in particolare del settore della rigassificazione) associati alla Federazione che di conseguenza ha inteso contribuire – in collaborazione con altri Operatori del settore delle reti energetiche - al dibattito e alle analisi sul futuro assetto del regime di remunerazione del capitale investito affidando a due distinte Società di consulenza una valutazione indipendente delle migliori pratiche regolatorie di determinazione del WACC. I Report sono stati prodotti da Consulenti di primario rilievo internazionale – The Brattle Group e NERA Economic Consulting – ed hanno ad oggetto molteplici spunti per una quanto più possibile corretta individuazione dei parametri relativi al costo del Capitale proprio dell’Operatore e verranno trasmessi all’Autorità dalla Federazione, congiuntamente agli altri Operatori/Associazioni di settore. Auspichiamo che tali studi possano supportare il Regolatore nel non facile compito di definire una nuova struttura del WACC. Quale ulteriore contributo all’analisi delle proposte relative alla regolazione di singoli elementi costituenti il WACC, nelle Appendici al presente documento di osservazioni riportiamo alcuni approfondimenti sviluppati da NERA Economic Consulting che la Federazione ha voluto coinvolgere per cogliere e per poter rappresentare all’Autorità, anche in questo caso, le migliori pratiche regolatorie rilevabili nel panorama europeo. Anche per questi approfondimenti, riteniamo che le analisi esposte possano sostenere le decisioni che AEEGSI dovrà assumere. Nel DCO l’Autorità ha proposto uno schema di regolazione del WACC in parziale discontinuità rispetto alla disciplina vigente. In particolare il Regolatore ritiene opportuno fare riferimento a

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Osservazioni di UTILITALIA

Documento di Consultazione 275/2015/R/com

Criteri per la determinazione e l'aggiornamento del tasso di remunerazione del capitale investito

per le regolazioni infrastrutturali dei settori elettrico e gas. Orientamenti iniziali.

Allegato al prot. 489/2015/E/R del 31 Luglio 2015

Il documento espone gli orientamenti iniziali dell'Autorità in relazione ai criteri per una revisione

complessiva delle modalità di determinazione e aggiornamento del tasso di remunerazione del

capitale investito e alle tempistiche per l'adozione della nuova metodologia nei singoli servizi

regolati dei settori elettrico e gas.

Appare fin troppo evidente come il tema del DCO sia di estrema rilevanza per i Distributori di energia

elettrica e gas nonché per gli altri Operatori del settore energetico (in particolare del settore della

rigassificazione) associati alla Federazione che di conseguenza ha inteso contribuire – in

collaborazione con altri Operatori del settore delle reti energetiche - al dibattito e alle analisi sul

futuro assetto del regime di remunerazione del capitale investito affidando a due distinte Società di

consulenza una valutazione indipendente delle migliori pratiche regolatorie di determinazione del

WACC. I Report sono stati prodotti da Consulenti di primario rilievo internazionale – The Brattle

Group e NERA Economic Consulting – ed hanno ad oggetto molteplici spunti per una quanto più

possibile corretta individuazione dei parametri relativi al costo del Capitale proprio dell’Operatore

e verranno trasmessi all’Autorità dalla Federazione, congiuntamente agli altri

Operatori/Associazioni di settore. Auspichiamo che tali studi possano supportare il Regolatore nel

non facile compito di definire una nuova struttura del WACC.

Quale ulteriore contributo all’analisi delle proposte relative alla regolazione di singoli elementi

costituenti il WACC, nelle Appendici al presente documento di osservazioni riportiamo alcuni

approfondimenti sviluppati da NERA Economic Consulting che la Federazione ha voluto coinvolgere

per cogliere e per poter rappresentare all’Autorità, anche in questo caso, le migliori pratiche

regolatorie rilevabili nel panorama europeo. Anche per questi approfondimenti, riteniamo che le

analisi esposte possano sostenere le decisioni che AEEGSI dovrà assumere.

Nel DCO l’Autorità ha proposto uno schema di regolazione del WACC in parziale discontinuità

rispetto alla disciplina vigente. In particolare il Regolatore ritiene opportuno fare riferimento a

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parametri finanziari reali e non più nominali nell’individuazione dei costi del capitale proprio e di

debito e tenere in adeguata considerazione gli effetti delle politiche monetarie non convenzionali

della Banca Centrale Europea e il loro conseguente riflesso sui tassi di interesse. Inoltre l’Autorità

intende, correttamente, prendere in considerazione un perimetro di Paesi diverso dalla sola Italia

nella determinazione dei tassi, nel tentativo di sterilizzare effetti temporanei e perturbanti dei

riferimenti del WACC, riconducibili al contesto macroeconomico attuale.

Riteniamo che tale approccio possa essere condivisibile ma dovrà rispondere alla massima coerenza

circa la dimensione temporale e il perimetro geografico di riferimento. In senso esplicito ci

aspettiamo che qualora fosse perseguito un riferimento di medio-lungo termine per determinare

parametri quali il Risk free rate e ERP vi sia una concordanza del periodo di osservazione dei

sottostanti per entrambi i parametri. Analogamente, se i mercati da prendere a riferimento fossero

quelli di “Stable Country” dell’Eurozona, questa visione dovrebbe permeare l’intera struttura del

WACC. Diversamente si potrebbero creare dei disallineamenti e divergenze non giustificabili,

potenzialmente distorcenti gli andamenti dei parametri nel medio termine.

Un ulteriore aspetto che intendiamo segnalare in premessa è costituito dal crescente fabbisogno di

investimenti del settore energetico. Specialmente nelle realtà urbane, la distribuzione elettrica, ad

esempio è oggetto di forte attenzione in termini di aspettative di investimenti. La commissione UE

chiede investimenti nelle reti di distribuzione pari a 5 volte quelli chiesti ai TSO. Le città sono sempre

più popolate, la popolazione si concentra sempre più nelle città. I carichi cittadini sono in costante

aumento a differenza di quelli delle aree rurali o industriali e nei prossimi anni le imprese di

distribuzione, in particolare nelle aree urbane, dovranno effettuare investimenti per migliorare la

qualità del servizio, integrare la generazione distribuita dopo il cambiamento epocale degli ultimi

anni, permettere una maggiore penetrazione del vettore elettrico, fornire servizi aggiuntivi ed

evoluti ai clienti finali anche nell’ottica della sempre maggiore spinta comunitaria verso

digitalilazzione ed efficienza.

Inoltre, sia il comparto della distribuzione che della misura stanno affrontando un periodo di

rilevanti impegni finanziari per l’allineamento della rete alla crescente domanda di servizi

emergente dal mercato e per lo sviluppo del sistema della misura, nonché nel settore del gas per il

roll-out dei contatori elettronici mass market e per lo svolgimento delle gare d’ambito per le

concessioni gas.

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Si tratta di una massa finanziaria di investimenti considerevole che i Distributori sono

disposti/tenuti a mobilitare ogni anno al fine di mantenere la adeguata qualità del servizio offerto

e che costituisce, nel contempo, un impegno dei Distributori e una aspettativa dell’industria dei

componenti e prodotti – per la gran parte nazionale. Una eventuale penalizzazione della

remunerazione del capitale investito, qualora non condivisa con gli Operatori, determinerebbe un

ripensamento dei piani di investimento e la marginalizzazione del comparto per la ricerca di attività

a maggiore redditività. Il sistema energetico nazionale – nella sua parte di distribuzione e misura

dell’energia elettrica e del gas – non può permettersi un arretramento rispetto ad un percorso di

sviluppo che appare finora consolidato e che la regolazione della nuova struttura del WACC non

deve interrompere.

A riguardo occorre segnalare quanto rilevato da NERA in merito al livello di tasso WACC riconosciuto

dall’Autorità, tenuto conto del rischio Paese, che risulta essere ben inferiore rispetto a quello fissato

dagli altri Regolatori, a parità del livello di tassazione.

Comparison of AEEGSI WACC Decision to Other Regulators' Decisions

Source: NERA analysis of European regulatory WACC decisions; Note: The Portuguese CRP is adjusted based on the methodology stated in the regulatory decision. Italian CRP is estimated at 1.21% based on 1-year average of the yield spread between Italian and German, Dutch & French 10-year government bonds.

Auspichiamo, dunque, che l’Autorità, nell’analisi delle alternative che si trova a valutare per la

ridefinizione del WACC, colga anche gli aspetti di sostegno degli investimenti che tale parametro

riveste, escludendo ipotesi di regolazione in grado di indurre valutazioni di maggiore rischiosità

0.0%0.5%1.0%1.5%2.0%2.5%3.0%3.5%4.0%4.5%5.0%

WAC

C (R

eal, V

anill

a)

CRP-adjusted WACC CRP adjustment

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sistematica del settore e un corrispondente effetto negativo nella percezione del settore stesso da

parte del mercato finanziario.

Di seguito provvediamo a esplicitare l’orientamento delle Imprese associate sui singoli Spunti di

consultazione. Nell’ambito di tali indicazioni si provvede ad integrare in parte quanto elaborato dalla

Consulenza, saranno richiamate puntualmente sezioni specifiche degli Studi ove ritenuto utile come

supporto teorico o quantitativo e saranno puntualmente indicati gli interessi specifici dei

Distributori alla corretta definizione della regolazione dell’argomento.

S1. Osservazioni sulla scelta di utilizzare come riferimento per la determinazione del tasso di

remunerazione del capitale investito il Capital Asset Pricing Model.

La scelta della continuità dell’utilizzo del modello CAPM, nella nuova articolazione prospettata dal

DCO, appare essere efficace per sterilizzare gli effetti distorsivi della normale redditività degli asset

regolati legati alle politiche espansive (in particolare il QE), attenuando le rigidità ed alcuni limiti

della precedente impostazione. In ogni caso, tali nuovi interventi regolatori possono essere valutati

adeguatamente e positivamente in relazione alle modalità con le quali saranno determinati i

parametri costitutivi della formula.

In relazione alla determinazione dei parametri, e quale punto fermo anche per le ulteriori

osservazioni alle proposte del DCO, riteniamo opportuno che il tasso di remunerazione per il

prossimo periodo regolatorio sia basato su soluzioni e analisi di medio-lungo periodo. La natura

di Gestori di opere infrastrutturali rende gli Operatori di rete poco versatili a strutture finanziarie di

breve periodo, con l’impossibilità di seguire con immediatezza le variazioni dei rendimenti/tassi

finanziari “spot”; dunque, anche in relazione all’assetto di regolazione CAPM vi è una preferenza

verso una visione dei parametri strutturali del modello orientata verso il medio-lungo termine.

S2. Osservazioni sulla scelta di fissare un tasso di remunerazione del capitale investito (WACC)

come media ponderata tra costo del capitale proprio e costo del capitale di debito.

Si condivide l’orientamento dell’Autorità. Tale impostazione, infatti, considerando un costo ed un

gearing standard definito dall’Autorità, consente una più efficace ed efficiente definizione e

gestione della struttura finanziaria da parte di ciascun Operatore.

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S3. Considerazioni sulle relazioni tra valore di mercato e valore regolatorio degli asset come

informazioni utili ai fini dell’impostazione della metodologia di determinazione e aggiornamento

del tasso di rendimento del capitale investito ai fini regolatori.

Non possiamo condividere tale proposta contenendo in sé un livello di aleatorietà che, abbiamo già

esposto sopra, gli Operatori devono e intendono escludere nella gestione finanziaria delle Imprese

che gestiscono reti e infrastrutture.

L’andamento dei valori di mercato delle azioni dei Gruppi societari che incorporano Gestori di reti

energetiche è influenzato da molte variabili – non ultimo l’andamento di business a differente

rischio di mercato e/o non regolati che rientrano nel consolidato della Società quotata o evoluzioni

di variabili che esulano del tutto dal contesto di controllo dell’Impresa (eventi di geopolitica,

variazioni del panorama finanziario, rischio Paese).

Questi elementi sinteticamente esposti confermano, secondo noi, la impossibilità sul piano

sostanziale della percorribilità della proposta dell’AEEGSI.

E’ pur vero, tuttavia, che il corso delle azioni dei Gruppi societari che incorporano Gestori di reti

sono influenzati dal livello di redditività definito dal Regolatore e ciò determina un effetto che

potremmo definire tariff/tariff viciuos spiral che deve essere in ogni modo evitato per la sostenibilità

del Sistema.

Per altro, vogliamo sottolineare che una proposta quale quella avanzata nel DCO non si potrebbe

applicare a tutti quei Gestori e Imprese – e sono molte – che non sono quotate.

S4. Osservazioni sull’ipotesi di adozione di logiche basate sullo split del costo del capitale.

Il tema posto dall’Autorità appare essere di potenziale interesse sebbene non risulta sia stato

sviluppato nella pratica regolatoria internazionale, rendendo quindi prematura una sua applicazione

nel breve termine.

Appaiono quindi necessari approfondimenti e valutazioni circa la suddetta metodologia.

In ogni caso, l’inquadramento complessivo del cd Split Cost of Capital (SCoC) deve, a nostro avviso,

tenere correttamente presente due aspetti specifici:

• la sostanziale non rinegoziabilità totale del debito per quanto riguarda la determinazione del

livello di remunerazione della RAB “storica;

• per quanto attiene la RAB “futura”, la adeguata considerazione degli scenari recentemente

delineati della stessa Autorità in merito all'introduzione di sistemi di promozione selettiva degli

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investimenti e alla necessità di ulteriori investimenti sulle reti per corrispondere alla crescente

domanda di nuove prestazioni provenienti dal mercato; in questo senso è opportuno un raccordo

con le "categorie" di investimenti verso logica di smart distribution system che AEEGSI espone

nel DCO 255/2015/R/eel.

In tale logica, poichè la RAB “futura” sarà sempre più caratterizzata dagli orientamenti di crescente

smartizzazione della rete di distribuzione proposti dall’Autorità, Utilitalia ritiene prioritario che

AEEGSI focalizzi la sua attenzione anche sui centri urbani, in quanto le città sono caratterizzate da

una rete elettrica di rilevante estensione e densità, da un livello di urbanizzazione del territorio

molto elevato e da una generazione distribuita costituita da numerosi impianti di taglia medio

piccola ed una potenziale diffusione degli utilizzi di nuovi servizi (quali mobilità elettrica, pompe di

calore, sistemi di accumulo). Pertanto, per permettere anche ai centri urbani di rientrare a pieno in

un programma di forte sostegno degli investimenti, nell’ambito delle osservazioni che la

Federazione trasmetterà prossimamente alla Direzione Infrastrutture, si propone un ulteriore e

puntuale criterio di individuazione delle aree prioritarie in MT e BT che consentirebbe ai Distributori

urbani di contribuire ad una accelerazione dei processi di sviluppo e controllo delle interfacce tra

rete e utenza.

In tale scenario dovrà, quindi, porsi qualsiasi considerazione circa una articolazione del livello di

WACC in logica SCoC.

S5. Osservazioni sulla durata del periodo regolatorio del tasso di remunerazione.

Riteniamo condivisibile la proposta dell’Autorità in merito alla definizione del periodo regolatorio

del tasso di remunerazione del capitale circolante. Appare coerente con una corretta ed equilibrata

regolazione al fine di offrire maggiore stabilità dal punto di vista regolatorio e, quindi, anche dal

punto di vista industriale e finanziario.

S6. Osservazioni circa i parametri da individuare come specifici di settore.

Riteniamo che i parametri propri delle Imprese di rete possano essere l’asset β e il rapporto D/E,

che appare necessario stabilire con riguardo alle esigenze di investimento e alle evoluzioni di

mercato del settore energetico.

Tuttavia, tra i parametri specifici di settore riteniamo dovrà essere considerato anche il livello di

tassazione media (T) che appare opportuno continuare a determinare secondo la vigente

regolazione dei singoli settore.

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S7. Osservazioni sull’ipotesi di introdurre un addendo relativo al rischio paese nella formula per il

calcolo del tasso di remunerazione del capitale proprio.

Siamo favorevoli alla possibilità di considerare un addendo volto a catturare le particolarità del

mercato finanziario nazionale nell’ambito della differente strutturazione del WACC proposta da

AEEGSI, anche in considerazione della evidenza che tale opzione regolatoria è già divenuta prassi in

Paesi che hanno vissuto analoghe forti fluttuazioni nei livelli dei tassi finanziari. D’altra parte

l’aggiunta di un premio per il rischio Paese (sostanziato nel termine CRP) risulta concettualmente

necessario in una formulazione del RFR basata sui rendimenti dei titoli di stato di Paesi a più elevato

rating dell’Eurozona.

Riteniamo che nella definizione del parametro CRP sia necessario assumere riferimenti che possano

più compiutamente identificare l’effettivo livello del parametro – vedi S11. – coerentemente alle

modalità di determinazione del parametro RFR.

S8. Osservazioni sulle ipotesi per la fissazione del tasso di rendimento atteso reale delle attività

prive di rischio.

Abbiamo già espresso le indicazioni circa la condivisione della scelta volta alla definizione di un RFR

reale per correlare con maggiore coerenza l’inflazione ai rendimenti nominali, superando il ricorso

all’inflazione programmata governativa.

Per la fissazione di un RFR in termini reali concordiamo con la proposta purchè siano introdotti i

necessari accorgimenti e correttivi circa l’approccio di determinazione del WACC e in particolare:

- riconoscimento della tassazione: il parametro T dovrà opportunamente essere incrementato per

tenere conto della applicazione a profitti nominali e non reali, come rilevato da AEEGSI nel paragrafo

9.2;

- il termine CRP: dovrà essere calcolato in maniera da esprimere il differenziale dei tassi espressi in

termini reali.

La metodologia di calcolo dei parametri del WACC deve assicurare la massima neutralità rispetto

al fattore inflativo e ciò deve essere espresso nella coerenza dei riferimenti – tassi, periodo di

riferimento, dati reali piuttosto che previsionali - che saranno assunti per la determinazione.

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Vogliamo, inoltre, evidenziare che il passaggio in termini reali del RFR non garantisce la

sterilizzazione in assoluto dal rischio inflativo nella misura in cui il riferimento inflativo utilizzato per

la conversione del RFR da nominale a reale potrebbe non coincidere con quello consuntivo utilizzato

per la rivalutazione annuale della RAB, generando un differenziale di rendimento non prevedibile

ex-ante.

Per evitare tale fenomeno potrebbe essere valutata l’introduzione di un meccanismo in grado di

intercettare il fenomeno inflativo effettivo del nostro Paese, compensando ex post l’impatto di un

disallineamento rispetto ai parametri assunti in fase di predeterminazione della formula. D’altronde

siamo consapevoli che tale soluzione determinerebbe un aggravio amministrativo della gestione

delle sistema tariffario nonché una indeterminatezza ex ante del livello tariffario.

S9. Considerazioni su pro e contro della scelta di logiche maggiormente forward looking ovvero di

logiche fondate sull’individuazione di un rendimento “normale”.

Non si concorda sulle indicazioni che emergono dal DCO in merito alla determinazione del RFR

indicata al punto 13.12.a), ovvero sulla base della valutazione dei tassi spot, in quanto non coerente

con l’orizzonte di investimento e quindi di finanziamento di lungo periodo degli Operatori – si veda

quanto riportato al punto S14.

La stessa scelta di correggere i rendimenti reali spot, ad oggi negativi, con l’adozione di un “floor”

del RFR valutato allo 0.5% non appare supportata dalle evidenze storiche pre-crisi, rilevabili invece

nella seconda proposta (13.12.b).

L'ipotetica impostazione che fa perno sui mercati spot appare quindi criticabile; la remunerazione

che il mercato prezza in un dato momento può essere una misura congrua del rendimento richiesto

dagli investitori in quel particolare momento storico, ma non è applicabile agli investimenti fatti nel

passato con condizioni di mercato diverse e che non vengono rifinanziati contemporaneamente

nella loro totalità al tasso di interesse corrente.

Riteniamo, invece, corretta la proposta di cui al 13.12.b che prevede la determinazione del RFR

reale a partire dalla osservazione di un periodo pluriennale dei tassi pre-crisi dei Paesi

maggiormente stabili per identificare la soglia di sostanziale “normalità” dei tassi reali, da associare,

tuttavia, all’applicazione del tasso di inflazione di ciascun Paese. Solo in tal modo si potrà definire

un livello di rendimento che può traguardare una tendenza di “normalità” e che a nostro avviso

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appare essere sicuramente non inferiore al livello di 1,5% indicato dal DCO e compreso tra lo stesso

1,5% (Studio NERA, paragrafo 4.4) e 1,9% (Studio Brattle, punti 46 e 47).

Appare non del tutto chiara la costruzione del dato che viene esposto nel DCO e che emerge anche

dal Report OXERA. In detto Report ci sembra di rilevare indicazioni non del tutto coerenti, posto che

si confrontano andamenti di lungo termine dei tassi nominali dei principali Paesi dell’Eurozona e le

aspettative (future) di inflazione media della BCE dei prossimi anni.

Una elaborazione dei dati, per altro rilevati anche da OXERA (pag. 8-9) e svolta come sopra

indicato, ovvero con una valutazione del tasso di inflazione effettivo del singolo Paese considerato,

porta la Federazione ad una corretta valutazione del RFR reale compresa tra il 2,4 e il 2,7%. Infatti,

se è pur vero che il tasso nominale storico considerato nelle analisi di lungo termine svolte

incorporava una aspettativa inflativa – piuttosto che un dato reale e consuntivo, noto solo ex-post

- è altrettanto vero che le aspettative inflative si sono dimostrate sopravvalutate e il tasso effettivo

di riferimento, definibile “normale”, per l’intero settore finanziario – quindi anche per le Imprese

regolate - è stato superiore al livello di 1,5% che propone l’Autorità.

S10. Osservazioni sulle ipotesi per la determinazione del premio per il rischio di mercato.

Riteniamo che sia coerente con l’impostazione data al nostro documento, che prevede la sostanziale

stabilizzazione dei rendimenti attesi (approccio TMR), la determinazione dell’ERP reale come

differenza tra serie storica di lungo periodo e tasso delle attività prive di rischio. In tale prospettiva,

si esprime preferenza per la seconda ipotesi presentata nel DCO, quindi la metodologia TMR.

A questo proposito, risulta opportuno richiamare l’interessante analisi di teoria economica

sviluppata nello Studio di NERA nel Capitolo 4, in termini di coerenza e correlazione tra RFR e ERP.

Per quanto attiene il criterio di calcolo della media da considerare, aritmetica o geometrica, dei

valori storici, si rileva come la media aritmetica sia quella che ottiene maggiore consenso sia a

livello accademico sia tra i Regolatori europei e quindi risulta quella preferibile.

Su questo aspetto è particolarmente approfondita l’analisi svolta dallo Studio BRATTLE nei punti da

78 a 97 (“Media geometrica vs media aritmetica”)

S11. Osservazioni sulle ipotesi per la determinazione del premio per il rischio paese.

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A nostro avviso i risultati a cui perviene Oxera nella Tabella A2 (pag. 31), a cui si fa riferimento nel

DCO, sono distorti e non significativi, in quanto:

• da un lato, le Società prese in esame sono troppo diverse fra loro come mix di attività e per molte

di esse le attività non regolate (ad esempio la generazione elettrica) sono una componente

rilevante dei ricavi;

• le Società in esame hanno rating diversi fra loro; per isolare l’Effetto Paese, viceversa, appare

necessario confrontare Società con lo stesso merito di credito.

Poiché un’analisi su obbligazioni corporate di Società che svolgono le medesime attività e con lo

stesso livello di rischio è sostanzialmente impossibile, in quanto il campione sarebbe ridottissimo

(quando non nullo), riteniamo, in alternativa che la scelta più corretta e trasparente per identificare

il rischio Paese sia la valutazione dello spread fra i titoli di Stato, in modo da garantire coerenza fra

le due grandezze che si vanno a sommare (cioè rendimenti di titoli di Stato e relativo spread).

Per i suddetti motivi, riteniamo che la determinazione del fattore aggiuntivo CRP debba prendere

a base la media dello spread dei tassi dei titoli governativi 10Y dell’Italia e di Paesi a più elevato

rating quali Germania, Francia e Olanda.

Un ulteriore elemento che vogliamo sottoporre alla attenzione dell’Autorità è relativo al periodo di

osservazione dallo suddetto spread per la determinazione del valore del CRP. Riteniamo che tale

valore, sebbene intercetti l’evoluzione dello spread nel tempo, riflettendo le aspettative dei mercati

finanziari, non potrà, per rispettare il principio della stabilità regolatoria, essere aggiornato ogni

anno. Al punto S.13 riportiamo le nostre valutazione in merito.

Proprio per allineare il periodo di osservazione e di quantificazione con il periodo di aggiornamento

del CRP, vogliamo rappresentare all’Autorità la possibilità che il CRP sia determinato sulla base della

media dello spread storico a tre anni dei titoli di Stato 10 Y italiani e tedeschi. In tal modo si

valuterebbero le aspettative di mercato con riferimento al momento in cui il CRP potrebbe essere

oggetto di aggiornamento a metà periodo regolatorio, assicurando al Sistema una stabilità ritenuta

necessaria.

In ogni caso, per le ulteriori argomentazioni a supporto della posizione complessivamente sopra

esposta si invita l’Autorità all’analisi degli Studi di The Brattle Group (punti da 58 a 69, “stima del

country risk premium”) e di NERA EC (paragrafo 5,3). Sebbene entrambi gli Studi convergano ad

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stima del CRP in termini nominali sostanzialmente allineata nel valore di 1,2%, risulta

particolarmente rilevante la considerazione riportata da BRATTLE riguardo al passaggio in termini

reali di tale spread (punto 67): il CRP da utilizzare per esprimere il ke in termini reali deve essere

espresso anch’esso in termini reali, incorporando quindi lo spread tra la dinamica inflativa italiana e

quella dei paesi virtuosi. Una condizione di inflazione italiana inferiore a quella di tali Paesi deve

generare un CRP in termini reali (misurato da BRATTLE nel valore di 1,6%) necessariamente

maggiore di quello in termini nominali, pena la mancata coerenza interna della formulazione del ke

proposta dal DCO.

S12. Osservazioni sull’approccio indicato per la stima del parametro β.

Si concorda sulla riflessione espressa nel DCO (paragrafo 13.37) relativa alla natura non

deterministica del parametro β.

L'analisi del β relativamente all'attività dei DSO è necessaria per quantificare la maggiorazione del

rischio "non diversificabile" dell’attività rispetto al mercato, nonché rispetto al TSO.

Negli ultimi anni la rischiosità dell'attività di distribuzione (in particolare di energia elettrica) è

cresciuta sotto la spinta di nuovi schemi di utilizzo del vettore elettrico (orizzontali, collaborativi e

decentrati), nonchè dello sviluppo della generazione distribuita ed ulteriori evoluzioni potrebbero

manifestarsi in futuro su numerosi fronti.

L'attuale regolazione dell’Autorità per il settore elettrico e gas ha altresì rivisto il ruolo e le

responsabilità dei DSO in materia di morosità, qualità e sicurezza del servizio, perdite, introducendo

di fatto ulteriori elementi di complessità gestionale e di rischiosità, come indicato nell’Allegato 1.

Riteniamo quindi opportuno che, nella determinazione del β e negli eventuali confronti con realtà

europee, l’Autorità tenga in considerazione tali elementi, con conseguente incremento della

rischiosità intrinseca all’attività di distribuzione esprimibile tramite un incremento del β.

Per quanto concerne gli aspetti relativi all’attività di rigassificazione si condivide l’orientamento

dell’Autorità di confermare la formula di Modigliani-Miller ai fini del calcolo del β levered.

Si ritiene in particolare che il parametro β unlevered, rappresentativo del rischio sistematico insito

nell’attività di rigassificazione, debba essere necessariamente aumentato in modo da rispecchiare

l’incremento della rischiosità della rigassificazione, dovuta al costante aumento del sotto utilizzo dei

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terminali di rigassificazione. L’attività di rigassificazione di un terminale che opera in un sistema

regolato risulta infatti fortemente condizionata alle oscillazioni di prezzo e in particolare ai

differenziali di prezzo tra GNL e gas che espongono pertanto l’impresa al rischio che i potenziali

clienti non abbiano un vantaggio economico a portare il carico presso i terminali di rigassificazione.

Attualmente l’attività di rigassificazione risente infatti di tale congiuntura negativa e il livello di

utilizzo medio dei terminali europei risulta pari a circa il 30%.

Da analisi effettuate su imprese similari che svolgono attività di rigassificazione in America e

Giappone, emergerebbe un livello di rischiosità (espresso in termini di beta) che varia da 0,6 a 1.

A ciò si aggiunge che alcuni provvedimenti dell’Autorità abbiano determinato un ulteriore

incremento del rischio sistematico dell’attività di rigassificazione regolata, in particolare:

− Deliberazione 8 ottobre 2013 438/2013/R/Gas che definisce i “Criteri di regolazione delle tariffe

di rigassificazione del gas naturale liquefatto per il periodo 2014-2017”.

− Deliberazione 30 gennaio 2014 19/2014/R/Gas che definisce i “Termini e condizioni del contratto

di trasporto, nel caso di rinuncia all’esenzione, una volta concessa con decreto del ministro, ai

terminali di rigassificazione”.

S13. Osservazioni sulle ipotesi di aggiornamento infra-periodo del tasso di remunerazione del

capitale proprio.

La Federazione ritiene coerente che si possa procedere alla revisione del CRP a metà periodo – a

tre anni dall’avvio del NPR – regolatorio con logica trigger, in assenza di shock di mercato che

richiederebbero una aggiornamento anticipato. Per quanto attiene il RFR, qualora questo venisse

determinato con una logica di lungo periodo backward looking (seconda opzione del punto 13.17)

non vi sarebbe la necessità di un corrispondente aggiornamento del tasso, in quanto il meccanismo

di revisione del solo CRP dovrebbe essere efficace anche in scenari macroeconomici particolarmente

negativi.

Con riferimento all’ipotesi di applicazione di soglie di invarianza riteniamo di poter valutare

proposte che AEEGSI potrebbe indicare nel prossimo DCO.

S14. Osservazioni sull’approccio indicato per la stima del costo del debito.

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La Federazione ritiene che sia necessario completare la differenziazione del tasso di remunerazione

riconosciuto ai singoli servizi regolati agendo anche sul parametro Kd.

In particolare, appare corretto differenziare il livello di costo del debito utilizzato per il calcolo del

tasso di rendimento riconosciuto alle attività di trasmissione di energia elettrica e di trasporto

nazionale del gas naturale da quello per le attività di distribuzione e misura di tali vettori energetici.

Appare evidente che una diversificazione è necessaria per l’evidente differenza, oltre che

dell’attività in sé, della struttura societaria con cui tali attività sono svolte.

I servizi di distribuzione sono svolti da operatori appartenenti a Gruppi societari attivi anche in altre

attività, anche libere, della filiera dell’energia elettrica e del gas, nonché in attività diverse[1]. In

questi casi è la holding company, in alcuni casi quotata, ad accedere al mercato dei capitali tramite

emissione di titoli di debito e a contrattare linee di finanziamento con gli istituti bancari. I capitali

così raccolti sono poi resi accessibili, tramite opportune procedure e adeguati[2] contratti

intercompany, alle società del Gruppo. In questo modo, si massimizza l’efficienza nell’accesso ai

capitali di debito, nonché della struttura finanziaria del Gruppo.

Al contrario, il servizio di trasporto nazionale del gas e di trasmissione dell’energia elettrica è svolto,

sostanzialmente senza vincoli temporali, da Società a capo dei rispettivi Gruppi, quotati in borsa e

che accedono direttamente al mercato dei capitali tramite l’emissione di propri titoli di debito. Tali

Società, essendo completamente regolate e non presentando particolari rischi in termini di

continuità nell’esercizio della propria attività, offrono grande “visibilità” al mercato circa i flussi di

cassa futuri e, quindi, forti garanzie in termini di certezza di rimborso del debito. Ciò permette a

queste Società di mantenere molto basso il proprio costo del debito, nonostante un ricorso a capitali

di debito ed un rapporto Net Debt/Ebitda molto maggiore rispetto alle principali utility nazionali[3].

Quanto appena detto è ulteriormente confermato dalla recente decisione della BCE di includere

anche la Società esercente l’attività di trasmissione dell’energia elettrica e la principale Società

esercente il servizio di trasporto nazionale del gas alla lista degli emittenti i cui bond possono essere

acquistati dalla Bce nell'ambito del programma di quantitative easing.(QE)[4]. Tale decisione, infatti,

ha l’effetto di abbassare ulteriormente il costo del debito di tali Società, dato che la diminuzione dei

prezzi dei relativi titoli obbligazionari nel mercato secondario sarà utilizzata come benchmark per le

nuove emissioni che, quindi, potranno offrire rendimenti più contenuti.

Per la corretta rilevazione del costo del debito, quindi, è necessario tenere in debita considerazione

la durata media del debito delle imprese regolate, il mix di finanziamento a tasso fisso e tasso

variabile posto che molte variabili incidono sul relativo costo: a) duration (durata media dello stock

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di debito), b) maturity media del debito (poiché un debito avente maturity maggiore, a parità di

altre condizioni, comporterà un costo maggiore rispetto ad uno con maturity inferiore), c) struttura

del debito (a tasso fisso o variabile; a breve o lungo termine).

AEEGSI deve considerare, inoltre, il fatto che le imprese non possono modificare nel breve termine,

senza incorrere in rilevanti oneri finanziari, la propria struttura debitoria, e di conseguenza l’attuale

contesto di bassi tassi d’interesse può apportare benefici solo limitatamente alle nuove emissioni

che sostituiscono quelle andate nel frattempo a scadenza. Tali benefici sono inversamente

proporzionali alla duration del debito, che per le imprese operanti in settori ad alta intensità di

capitale è sempre di medio-lungo termine, proporzionalmente alle vite utili degli asset.

Particolare attenzione va posta al tema della rinegoziazione del debito e al riguardo riteniamo di

sottolineare che: a) i finanziamenti che prevedono possibilità di rimborso anticipato generalmente

presentano, a parità di altre voci, costi superiori e l’indebitamento a tasso variabile, che può

consentire un matching agevole alle mutate condizioni di mercato, espone le Società a costi elevati

nel caso di crisi, b) poiché in Italia il debito, per la maggior parte delle Società, è prevalentemente

molto concentrato nei confronti di pochi Istituti bancari la possibilità di rinegoziare il costo del

debito, se applicata sistematicamente, appare poco fattibile, c) le evidenze mostrano che

l’indebitamento dei maggiori Gruppi associati è avvenuto sempre a condizioni competitive di

mercato (in media il 92% del debito è stato contratto a lungo termine e per circa il 70% a tasso fisso),

e che i contratti non consentono di smontare i finanziamenti perché avrebbero costi addizionali

emergenti dalle rinegoziazioni troppo onerosi.

[1] Ad esempio, nei servizi ambientali. [2] Non da ultimo, coerenti con le disposizioni di cui al TIUF e, quindi, a condizioni di mercato. [3] In particolare, Terna SpA ha un rapporto D/E di 2 (gearing 67%) (Fonte: presentazione risultati 1Q2015) e un rapporto Net Debt/EBITDA pari a 4,7x (Fonte: progetto di bilancio al 31.12.2014, come disponibile sul sito Terna). A fronte di ciò, il costo del debito pari a circa 2,4% (Fonte: presentazione risultati 1Q2015). Al contrario, il costo medio ponderato del debito delle principali multitutitility nazionali è pari a circa il 3,5% nonostante una struttura finanziaria meno spostata verso il capitale di debito [4]Fonte: Sito BCE http://www.ecb.europa.eu/mopo/implement/omt/html/pspp.en.html

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In definitiva riteniamo di suggerire quale modalità efficace e metodologicamente corretta di

determinazione del costo dello stock di debito, quella già adottata da altri Regolatori europei

(adottando anche in questo caso l'approccio su base internazionale che permea l'intero DCO), tra

cui Ofwat che prevedono: a) durata standard per durata dei finanziamenti e b) determinazione del

kd come media ponderata tra costo tariffario del debito dei precedenti periodi regolatori (del debito

nel portafoglio delle Società) e costo marginale (del costo del debito di mercato che verrà riflesso

nei nuovi finanziamenti).

A proposito del precedente punto b), vogliamo sottoporre all’Autorità una riflessione. Riteniamo

che il riconoscimento, per lo stock del debito, di un costo medio del debito potrebbe essere

motivato qualora si ritenesse che le Società aventi costi del debito oltre la media fossero non

efficienti e dunque, poiché AEEGSI non può riconoscere costi non efficienti, tali eccedenze non

potrebbero essere riconosciute in tariffa. Ma evidentemente ciò non può essere, poiché AEEGSI non

può non riconoscere come efficiente (e dunque da riconoscere in tariffa) un costo del debito stock

contratto ad un tasso non superiore a quello riconosciuto in tariffa nei periodi regolatori in cui tale

finanziamento è stato contratto. In altre parole il costo del debito già riconosciuto in tariffa è per

definizione efficiente e pertanto AEEGSI non può non riconoscere costi del debito se questi sono da

ritenere efficienti.

In aggiunta, si ritiene necessario che l’Autorità fornisca un maggior livello informativo riguardo alle

modalità di calcolo del costo del debito, nonché per la determinazione dei parametri Beta e D/E, al

fine di garantire maggiore trasparenza e accountability dell’azione regolatoria.

S15. Osservazioni sull’approccio indicato per l’aggiornamento del costo del debito.

Premesso che si considera positivamente la soluzione di aggiornamento del Kd correlata alle

variazioni del CRP, si rinvia a quanto esposto al punto S13. con riferimento alla proposta di

introdurre soglie di invarianza per il parametro CRP.

S16. Osservazioni sull’approccio generale relativo al trattamento dell’inflazione.

Si rimanda alle considerazioni espresse allo spunto S8.

In ogni caso, si vuole puntualizzare che, qualora AEEGSI dovesse deviare dai propri orientamenti

prevalenti del DCO e confermare una metodologia di calcolo del WACC in continuità con l’attuale,

appare necessario che la regolazione escluda i riferimenti previsionali relativi all’inflazione, costituiti

tradizionalmente dal DEF del Governo o dagli studi della Banca Centrale Europea, che si sono rivelati

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non essere rappresentativi della realtà, mentre appare più aderente con i fenomeni che incidono

sui livelli del costo del capitale proprio l’impiego di riferimenti di mercato.

S17. Osservazioni sull’approccio per la fissazione del livello di gearing.

S18. Considerazioni sul riferimento di capitale proprio (contabile o regolatorio) da utilizzare nella

valutazione del gearing effettivo delle imprese.

S19. Considerazioni sull’opportunità di prevedere che anche il costo del debito sia differenziato

tra i servizi regolati.

S20. Valutazioni circa l’opportunità di rivedere contemporaneamente, in prima attuazione, il

livello di gearing di tutti i settori regolati, sia del settore elettrico che del settore gas.

Come già indicato in precedenza è necessario tenere in considerazione il fatto che il perimetro sul

quale l’Autorità intende riferirsi per la determinazione dei parametri del WACC è europeo e non

nazionale (come indicato nel punto 18.3 del DCO dove infatti si prevede un graduale riallineamento

ai valori medi adottati dagli altri Regolatori).

Si ritiene opportuno che l’Autorità continui ad adottare logiche prudenziali nella fissazione del

gearing, per evitare di fornire stimoli ad un eccessivo ricorso all’indebitamento, che in ultima

analisi potrebbe comportare effetti di maggiore rischiosità del settore.

E’ opportuno che l’Autorità aggiorni il livello di gearing, tenendo conto delle osservazioni dei livelli

effettivi riscontrati tra le Imprese regolate, nella prospettiva di un graduale riallineamento ai valori

medi adottati dagli altri Regolatori nel corso di un arco temporale della durata di almeno due periodi

regolatori, anche per dar modo alle Imprese di completare il processo che stanno compiendo in

questi ultimi anni per riportare i rapporti di indebitamento entro livelli ritenuti di maggiore stabilità

anche per il sistema finanziario.

Rispetto alla spinta del Regolatore ad incrementare la leva finanziaria delle società di Distribuzione,

e quindi ad indebitarsi, va invece rilevato che un settore di servizi come la Distribuzione,

regolamentato e soggetto a tariffazione dei servizi, dovrebbe piuttosto garantire stabilità,

predittività e consentire agli Operatori di muoversi su un terreno sicuro ai fini della sostenibilità del

servizio. Viceversa l'incremento del costo del gearing, in particolare qualora ciò venisse coniugato

con l’adozione di riferimenti di breve periodo per la determinazione del RF e del CRP, non potrà che

incrementare la rischiosità della gestione.

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Una proposta adeguata ad una spinta verso l'indebitamento dovrebbe coniugarsi con la ricerca di

tassi stabili e fissi, in maniera da coprire adeguatamente, e nei tempi della vita utile, l'attività

sottesa.

Per tutti i suddetti motivi non si condivide l’ipotesi di intervenire ulteriormente sulla struttura della

remunerazione del settore della distribuzione gas. Per altro abbiamo già esposto altre

argomentazioni in precedenza al punto S6.

S21. Osservazioni sull’approccio per la fissazione del livello di tassazione.

Come anticipato nello spunto S.8, successivamente all’individuazione del parametro T come

illustrato al paragrafo 19.3 del DCO, risulta indispensabile procedere ad una maggiorazione del

parametro stesso per tenere conto che il valore, come rilevato dai bilanci aziendali, si riferisce ai

profitti nominali mentre l’applicazione nella nuova formulazione del WACC ne prevede

l’applicazione ai profitti reali. Sostanzialmente la maggiorazione del parametro T dovrà essere

valorizzata in modo da compensare la riduzione artificiosa del reddito imponibile implicito nella

formula del WACC originata dall’utilizzo di tassi di rendimento reali e quindi minori dei nominali.

Sempre riguardo ai temi della tassazione, la Federazione vuole cogliere l’occasione della rivisitazione

complessiva della formulazione del WACC per segnalare una imperfezione della precedente formula

nel riconoscimento della fiscalità sui contributi di allacciamento incassati dai gestori. Nella sostanza,

la normativa fiscale impone che i contributi di allacciamento incassati, al di là del trattamento

contabile a bilancio (a ricavo d’esercizio o a risconto), costituiscano reddito imponibile per l’anno di

incasso. Al contrario, l’attuale riconoscimento tariffario espresso dal WACC pre tax presuppone che

sia possibile una “diluizione” della tassazione applicata ai contributi nell’arco della vita utile su cui

sono “degradati” i contributi stessi, specularmente a quanto avviene per la riduzione del carico

fiscale per l’effetto degli ammortamenti degli investimenti effettuati.

Ciò origina l’effetto per cui, data una iniziativa di investimento:

- in assenza di contributo, il sistema tariffario assicura un rendimento post tasse dell’iniziativa

coerente con il WACC pre tasse fissato dall’Autorità e nettato del tax rate T

- in presenza di contributo, il sistema tariffario genera invece un rendimento post tasse

dell’iniziativa fisiologicamente minore del WACC pre tasse fissato dall’Autorità e nettato del tax

rate T.

Riteniamo quindi che debba essere adottato l’opportuno correttivo per compensare al rialzo i

valori di WACC pre tasse e per neutralizzare l’effetto distorsivo oggi presente, che renderebbe

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conveniente per il gestore, in particolare per la attività di distribuzione gas, la riduzione o

l’azzeramento dei contributi di allaccio.

S22. Osservazioni sull’ipotesi di definire il tasso di remunerazione del capitale investito come

tasso post tasse.

In tema di fissazione del tasso di remunerazione del capitale investito la Federazione ritiene che,

anche coerentemente con i presupposti del procedimento di revisione del WACC espressi dalla

delibera 597/14, sia opportuno mantenere la visione ormai consolidata di un in un approccio pre-

tax.

In una logica che vede l’Autorità confermare la struttura in essere – ovvero un WACC pre-tax -, anche

per quanto concerne la fissazione dei parametri di tassazione della formula del WACC si ribadisce la

necessità di avere un orizzonte temporale di relativa stabilità. La proposta di considerare le tasse

come un elemento passante appare percorribile ma sarà necessario evitare una fluttuazione

continua ed eccessivamente frequente del WACC.

In linea con quanto proponiamo per l’aggiornamento infra-periodo del CRP al punto S11, riteniamo

che un eventuale aggiornamento del parametro T infra-periodo possa, effettivamente, avvenire non

prima di tre anni dall’avvio del PR, evitando interventi sulla struttura del WACC in via anticipata

anche rispetto al previsto avvio del modello TOTEX.

S23. Osservazioni sulle ipotesi operative per la prima attuazione della nuova disciplina nei servizi

di rigassificazione del gas naturale liquefatto, trasporto e stoccaggio del gas naturale.

Tale aspetto appare essere superato dalle disposizioni della deliberazione 321/2015/R/GAS, del 2

luglio 2015, che ha già previsto una diversa decorrenza dell’aggiornamento delle tariffe dei settori

interessati.

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Allegato 1

Delibere e provvedimenti normativi che determinano un impatto sulla redditività globale dei

distributori di energia elettrica:

Delibera 258/14 (morosità nei mercati retail – maggior tutela e libero)

• attività di interruzione della fornitura1;

• indennizzi per interruzione della fornitura eseguita oltre i tempi previsti dalla regolazione

per cause imputabili al distributore2;

• indennizzi per comunicazione dell’esito degli interventi oltre i tempi previsti dalla

regolazione;

• sospensione della fatturazione del trasporto in caso di ritardato intervento di

sospensione/interruzione (cfr. indennizzi) e ripresa della stessa fatturando al 50% gli importi

dell’erogazione del servizio decorrenti dal temine ultimo in cui doveva avvenire la prestazione e

fino alla data di esecuzione della stessa;

• versamento al 100% delle componenti parafiscali a CCSE/GSE e del CTR a Terna,

nonostante la fatturazione del trasporto avvenga al 50% in caso di ritardati interventi di distacco

della fornitura.

Delibera 268/14 (codice di rete trasporto)

• eliminazione3 della quota dello 0,5% sui versamenti a CCSE/GSE a copertura degli importi

inesigibili per morosità;

• indennizzi per messa a disposizione di dati di misura stimati per la fatturazione del servizio

di trasporto (punti di prelievo orari e non orari trattati per fasce);

1 Si aggiunge alla vigente attività di sospensione della fornitura. 2 Si aggiungono ai vigenti indennizzi per ritardata sospensione e ritardata riduzione della potenza per i clienti telegestiti. 3 Dal 1° gennaio 2016.

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• indennizzi per ritardata messa a disposizione dei dati di misura per la fatturazione del

servizio di trasporto (punti di prelievo orari e non orari trattati per fasce);4

• messa a disposizione dei dati misura validati (effettivi e/o stimati) dei punti di prelievo

orari entro il quinto giorno lavorativo5 del mese successivo a quello cui si riferiscono;

• utilizzo del rating quale forma di garanzia ammessa per la sottoscrizione del contratto di

trasporto.

Delibere e provvedimenti normativi che determinano un impatto sulla redditività globale dei

distributori di gas naturale:

Delibera 574/2013/R/gas (IV periodo regolatorio Qualità DIS/MIS Gas): Spostamento degli

incentivi su alcune categorie di investimenti dalla regolazione tariffaria a quella della qualità in

un ottica output based.

Gare Gas: Oltre agli impatti derivanti dalla c.d. regolazione asimmetrica, si ha una possibile

diminuzione della redditività dell’attività a causa (i) degli sconti su Delta VIR/RAB e su corrispettivi

prestazioni, (ii) delle offerte fatte in materia di investimenti in efficienza energetica; (iii) aggravio

dell’attività operativa della società per rispettare offerte in tema di qualità; (iv) costo del denaro

per realizzazione piano investimenti proposto; (v) canone.

Delibera 631/2013/R/gas (Direttive Smart Meter Gas): Costi e incertezze (regolatorie e

tecnologiche) legate alla sostituzione dei misuratori attuali con i nuovi Smart Meter: per il

periodo 2014-2018 è stata avviata la campagna di sostituzione massiva dei misuratori domestici,

per i quali saranno riconosciuti in tariffa costi standard.

Delibera 117/2015/R/gas (Riforma Misura Gas): Introduce molte novità che aggravano molto le

attività di raccolta, gestione e comunicazione dei dati di lettura. Le nuove tempistiche di

rilevazione delle misure nei punti di riconsegna ed eliminazione portano poi alla perdita delle

sinergie prima possibili (lettura di più misuratori) e a difficoltà oggettive nel gestire la

pianificazione delle letture.

4 Sostituisce l’analogo indennizzo già previsto dal TIS per i soli punti orari. 5 Ferma restando la scadenza del quinto giorno lavorativo, attualmente i dati non ancora trasmessi validati entro tale termine possono essere inviati entro il giorno 20 del mese successivo cui si riferiscono.

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Delibera ARG/gas 99/2011 e s.m.i. (Servizio Default): Notevole aggravio delle attività operative

del distributore (e.g. per tentate la disalimentazione dei clienti morosi) e costi legali (perequati)

necessari per le iniziative giudiziarie finalizzate ad ottenere la disalimentazione fisica del punto

di riconsegna, nonché i costi amministrativi derivanti dalla gestione del meccanismo.

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Appendice 1

Il COSTO DEL DEBITO

Il costo del debito, ossia il costo che un’impresa sostiene per finanziare le proprie attività utilizzando capitale di terzi (e.g., presiti obbligazionari, debiti bancari), che contribuisce a determinare il costo medio ponderato del capitale (WACC) può essere stimato secondo diversi approcci i quali possono essere classificati secondo diversi assi:

Asse I: debt premium v. total cost of debt

Il costo del debito può essere stimato come somma del tasso di rendimento privo di rischio e un premio per il rischio di credito (ovvero rischio di default) che i finanziatori richiedono per investire in una data impresa, oppure direttamente utilizzando i valori del costo del debito sostenuto dalle imprese (e.g., rendimenti sulle emissioni obbligazionarie). Nonostante i due approcci dovrebbero condurre a stime relativamente simili del costo del debito, la scelta di adottare il primo o il secondo dipende da (e ha implicazioni su) diversi fattori, tra cui: la coerenza con l’impianto metodologico utilizzato per stimare il costo del capitale proprio, precedenti regolatori, stabilità dell’impianto regolatorio anche in ragione dell’andamento dei mercati finanziari (e.g., impatto della politica monetaria sui tassi risk-free).

Asse II: market data v. firm-specific data

La scelta qui ha a che fare con le fonti da utilizzare per i dati. In particolare, una prima strada suggerisce l’utilizzo di dati di mercato, ovvero il costo del debito di imprese comparabili a quelle oggetto di regolazione in termini di settore, attività e credit rating, mentre in alternativa si potrebbe stimare tale valore utilizzando il costo del debito effettivamente sostenuto dalle imprese oggetto della regolazione.

Asse III: embedded debt v. new debt:

Un’altra scelta metodologica di fondo risiede nello stimare il costo del debito considerando solamente il costo del debito esistente (c.d. “embedded debt approach”) o considerando invece il costo del debito futuro e del rifinanziamento (c.d. “new debt approach”) al fine di contemplare anche l’evoluzione prospettica (forward-looking) del costo del debito nel corso del periodo regolatorio. Questa scelta dipende da diversi fattori tra cui la struttura di indebitamento delle imprese regolate (in particolare, i periodi di emissione e le scadenze del debito) nonché il fabbisogno finanziario futuro strettamente legato anche al piano degli investimenti.

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La Tabella 1 fornisce una panoramica degli approcci utilizzati dai regolatori a livello internazionale nel settore energetico per la stima del costo del debito.

Tabella 1 – Benchmarking internazionale sulla stima del costo del debito

Paese - Regolatore

Settore e periodo di regolazione Descrizione

Regno Unito – Ofgem

TE-TG-DG (2013-2021)

DE (2015-2023)

Media mobile su 10 anni degli indici iBoxx per emissioni obbligazionarie di imprese non-finanziarie con un rating elevato scadenza uguale o superiore a 10 anni. Il costo del debito è aggiornato annualmente per riflettere la variazione degli indici iBoxx.

Regno Unito – Ofwat

Servizi idrici e fognature (2015-2020)

Media ponderata del costo del debito esistente e del costo del debito futuro stimati utilizzando un mix di dati di mercato e settoriali (v. successivo approfondimento) + company-specific uplift

Paesi Bassi – ACM

TE-TG-DE-DG (2014-2016)

Pari alla somma tra (i) rendimento risk-free, (ii) premio per il rischio di debito stimato sulla base dei rendimenti obbligazionari di un paniere di utility a livello Europeo con rating A e scadenza a 10 anni e (iii) costi di transazione (e.g., costi emissione del debito).

Austria - E-Control

DE (2014-2018) DG (2013-2017)

Pari alla somma tra (i) rendimento risk-free, (ii) premio per il rischio di debito stimato sulla base dei rendimenti obbligazionari di imprese europee comparable con rating A e scadenza uguale o maggiore di 10 anni.

Portogallo - ERSE

TE-DE (2015-2017) Pari alla somma tra (i) rendimento risk-free, e (ii) default risk premium, calcolato coerentemente con l’adozione di un gearing nozionale di 55% (inferiore al gearing effettivo), il cui valore (2%) equivale può essere associato ad un rating superiore, e quindi un minor rischio.

Portogallo - ERSE

TG-DG (2013-2016) Pari alla somma tra (i) rendimento risk-free, e (ii) default risk premium assunto pari a 1% sulla base delle informazioni relative al costo del debito sostenuto da imprese non-finanziarie per importi maggiori ad 1 milione di Euro.

Note: TE = trasmissione energia elettrica, TG = trasporto gas, DE = distribuzione energia elettrica, DG = distribuzione gas Fonte: decisioni dei Regolatori europei.

Ofwat: il costo del debito come media ponderata

Ofwat, il Regolatore dei servizi idrici in Inghilterra e in Galles ai fini del calcolo del costo medio ponderato del capitale per le imprese regolate nel settore dei servizi idrici per il periodo regolatorio 2015-2020 (c.d. “Price Control 2014”, “PR14”) stima il costo del debito sulla base del costo medio ponderato del debito esistente (“cost of embedded debt”) e del fabbisogno di finanziamenti futuri e di rifinanziamento (“cost of new debt”) nel corso del periodo regolatorio.1 Si noti che seguendo

1 Ofwat, Setting price controls for 2015-20, Final price control determination notice: policy chapter A7 – risk and reward, Dicembre 2014.

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questa strada si giunge ad una formulazione che potrebbe intendersi come rispondente a esigenze simili a quelle talvolta affrontate con l’approccio noto come “split cost of capital”, di cui si dirà più oltre.

In particolare, il costo del debito è stimato utilizzando i seguenti dati di mercato:

a. Stima del costo del debito esistente (“cost of embedded debt”)

Per stimare il costo del debito esistente, Ofwat utilizza il valore medio tra (i) media su 10 anni dell’indice iBoxx relativo al rendimento reale di emissioni obbligazionarie per società non-finanziarie con un rating A e tripla-B e (ii) media dei rendimenti reali sulle emissioni obbligazionarie delle aziende dei servizi idrici. A tale valore medio, Ofwat aggiunge il cosiddetto “outperformance spread” pari alla differenza tra i tassi d’interesse sulle obbligazioni alla data di emissione da parte delle aziende operanti nel settore dei servizi idrici e il valore medio degli Indici iBoxx A e tripla-B in tale data (pari a 0,15%).

b. Stima del costo del debito futuro (“new cost of debt”)

Il costo del debito futuro viene stimato separatamente, sulla base dei dati più recenti disponili riguardo agli Indici iBoxx relativi alle emissioni obbligazionarie di società non-finanziarie con un rating A e tripla-B con scadenza maggiore o uguale a 10 anni. A tale intervallo di valori aggiunge un “forward looking uplift” pari a 0,60% che riflette il minore costo del debito attuale rispetto a stime del costo del debito futuro. Infine, al limite superiore dell’intervallo sottrae un “outperformance spread” pari a 0,15% calcolato come per la stima del costo del debito esistente.

c. Stima del peso del debito esistente e debito futuro

Il costo del debito viene quindi posto pari alla media ponderata del costo del debito “embedded” e di quello futuro, come sopra definiti. I pesi relativi vengono definiti (con valori comuni a tutte le imprese) sulla base dei business plan e delle proposte effettuate dalle aziende regolate. In base a tali dati, Ofwat ha stabilito un rapporto tra il peso del debito esistente e nuovi debito di 75:25 per il PR14. A tale proposito, Ofwat nota come il debito delle aziende regolate nel settore idrico abbia tipicamente una scadenza di lungo termine e che il costo del debito è fortemente influenzato dal costo del debito alla data di emissione.

Il costo del debito così stimato è poi mantenuto invariato nel corso del periodo regolatorio.

Nonostante l’impianto metodologico di Ofwat preveda un costo del debito per il PR14 unico per tutte le società regolate operanti nel settore dei servizi idrici, Ofwat contempla anche l’inclusione di un premio sul costo del debito specifico per ogni impresa (il c.d. “company-specific uplift”) a condizione che le società richiedenti il premio siano in grado dimostrare costi per il debito effettivamente più elevati e che vi sia un effettivo beneficio per i consumatori rispetto ai costi che tale premio comporta.2 A tale proposito Ofwat sulla base di uno studio dettagliato delle società

2 Ofwat, p.42: “to justify a company-specific uplift in the WACC, companies will need to demonstrate both that they face a higher cost to raising finance and that there is an offsetting benefit to customers”. Setting price controls for 2015-20, Final price control determination notice: policy chapter A7 – risk and reward, Dicembre 2014.

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regolate mostra come le c.d. “small Water only Companies” (small WoCs), ovvero piccole società che si occupano solamente di servizi idrici (e non anche di fognature e altro), sostengono dei costi per il debito maggiori rispetto a società più grandi (c.d. “large WoCs”) o società che operano in altri settori oltre al servizio idrico (c.d. “WACS”), a causa della loro ridotta dimensione e contestuale difficoltà ad accedere al mercato obbligazionario. Il maggiore costo del debito è stato stimato nell’ordine di 0,15% sul WACC (derivato implicitamente da un uplift sul costo del debito). A fronte di un’analisi costi-benefici, Ofwat ha riconosciuto per il periodo regolatorio 2015-2020 una maggiorazione del WACC di 0,15% a due società delle sei società classificate come “small WoCs” da Ofwat.3

Ofgem: l’indicizzazione del costo del debito

All’interno del nuovo sistema noto come RIIO (“Revenue=Incentives+Innovation+ Outputs”), ovvero il nuovo quadro regolatorio per le tariffe per la trasmissione e distribuzione di energia elettrica e gas nel Regno Unito a partire dal 2013, il regolatore britannico Ofgem ha inteso introdurre una indicizzazione del debito, il cui valore viene aggiornato annualmente.

Come punto di partenza, al fine di stimare il costo del debito per i settori della trasmissione e distribuzione di energia elettrica e gas, Ofgem utilizza una media mobile su 10 anni dell’Indice Markit iBoxx A 10+ e dell’Indice Markit iBoxx BBB 10+. Questi indici comprendono le emissioni obbligazionarie di società non-finanziarie con scadenza uguale o superiore a 10 anni e denominate in sterline. I due indici fanno riferimento ad emissioni obbligazionarie con un rating A (“A+”, “A” e “A-”) ed emissioni obbligazionarie con tripla-B (“BBB+”, “BBB”, and “BBB-”).4

Il costo del debito così calcolato è poi aggiornato annualmente in modo “meccanico” al fine di riflettere l’andamento della media mobile su 10 anni dei due indici iBoxx durante il periodo regolatorio, pari a 8 anni secondo come stabilito nel RIIO. Si noti come l’introduzione della indicizzazione del costo del debito sia contestuale all’allungamento del periodo regolatorio. Infatti, l’operazione di estensione della durata del periodo regolatorio ha il duplice effetto di introdurre maggiore stabilità nella remunerazione delle imprese ma anche – l’altro lato della stessa medaglia – di introdurre un autonomo elemento di rischio legato alla costanza dei parametri della regolazione i quali, fissati all’inizio del periodo regolatorio, resterebbero invariati per otto anni. Mentre in altri contesti, quali ad esempio l’Italia, questo ha condotto ad un aggiustamento dei valori a metà periodo, la scelta del regolatore inglese – pur nella sua semplicità – consente di addivenire ad un aggiornamento annuale della remunerazione del debito.

3 Ofwat, Setting price controls for 2015-20, Final price control determination notice: policy chapter A7 – risk and reward, Dicembre 2014, p.49. 4 Si veda per esempio Ofgem, GD1 Price Control Financial Handbook, 1 febbraio 2013 (aggiornato il 15 settembre 2014), p.55.

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Conclusioni e raccomandazioni

AEEGSI ha stabilito i parametri del costo del debito al fine di riflettere le condizioni attuali di costo del debito per le imprese regolate utilizzando prevalentemente un approccio basato sui dati di mercato delle maggiori imprese del settore (notoriamente – a quanto si legge nei provvedimenti, anche se risalenti, di Aeeg – Enel e Terna) per la quantificazione del debt risk premium. In base ai primi orientamenti espressi nel DCO 275/2015, l’AEEGSI nonostante sembri voler mantenere relativamente invariato l’impianto metodologico per la stima del costo del debito, ha proposto come obiettivo l’identificazione di un livello del costo del debito “efficiente” ma che al contempo (si desume) sia in grado di garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende.

Sulla base della prassi regolatoria internazionale in materia di fissazione del costo del debito e della teoria economico-finanziaria, è possibile fornire una serie di indicazioni sul tema del costo del debito nel contesto del DCO 275/2015:

Maggiore trasparenza e chiarezza riguardo la metodologia utilizzata: si ritiene opportuno sottolineare l’importanza della trasparenza rispetto alla metodologia utilizzata ai fini della fissazione dello spread soprattutto rispetto al campione di imprese considerate e il periodo di riferimento utilizzato, al fine di individuare un quadro regolatorio chiaro e certo per le imprese e gli investitori.

Identificare un livello del costo del debito “efficiente” ma non “utopistico”: nello stabilire un costo del debito “efficiente” è opportuno che l’AEEGSI analizzi la realtà delle imprese regolate italiane nei settori della distribuzione e trasmissione dell’energia elettrica e gas, riconoscendo:

- La forte eterogeneità delle imprese regolate soprattutto in termini di (i) RAB, (ii) struttura finanziaria e fonti di finanziamento, (iii) fabbisogno di finanziamento, (iv) effettivo costo del debito. In tale contesto, è necessario valutare sulla base di un’accurata analisi di questi fattori se sia opportuno definire un livello del costo del debito “efficiente” differenziato o quanto meno in grado di rispecchiare l’effettiva eterogeneità che caratterizza le imprese regolate in Italia, senza necessariamente rincorrere inefficientemente il costo del debito delle singole imprese.

- La struttura societaria delle imprese regolate italiane, le quali sono solitamente controllate da una holding, e al contempo l’eterogeneità delle attività svolte dalle imprese controllate dalla holding che tipicamente comprendono sia attività regolate che attività svolte in un ambiente competitivo a maggior rischiosità.

Identificare un livello del costo del debito “efficiente” che garantisca la sostenibilità finanziaria delle imprese regolate: la stessa Aeegsi riconosce che l’attuale metodo per la stima del debito potrebbe non garantire la copertura del costo per il debito sostenuto dalle imprese. In tale contesto, l’AEEGSI deve valutare attentamente la struttura finanziaria presente e prospettica delle imprese regolate italiane, valutando l’opportunità di adottare una metodologia che tenga conto del costo del debito presente e futuro. Riteniamo che l’esempio fornito da Ofwat per il

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servizio idrico possa rappresentare uno spunto interessante dal quale partire per rispondere ai legittimi timori delle imprese.

Coerenza con la scelta metodologia per la stima del gearing: è necessario garantire una coerenza complessiva della metodologia per determinare il costo del capitale delle imprese, ed in particolar modo tra il il costo del debito e il gearing. Come illustrato nel seguente Capitolo, assunzioni circa un gearing più elevato sono tipicamente associate ad assunzioni circa il costo del debito più elevate, e viceversa.

Coerenza con la scelta metodologia per la stima del costo dell’equity: laddove l’AEEGSI per la stima del costo dell’equity intendesse utilizzare un approccio basato su un tasso di rendimento totale di mercato (i.e., Total Market Return), potrebbe valutare l’opportunità di stimare anche il costo del debito nella sua totalità, invece di utilizzare un approccio basato sul debt premium, che richiederebbe di partire da un tasso risk free da determinare in modo coerente per l’intero WACC. Si noti per altro che stimare il costo dell’equity in questo modo non implica che lo stesso debba valere per il costo del debito

Entrambi i metodi (quello basato sul debt premium e quello sul costo totale del debito) presentano margini di rischio e di arbitrarietà. La individuazione delle attività effettivamente prive di rischio, del livello appropriato del debt spread e del premio per il rischio paese sono tutte operazioni che possono essere effettuate con trasparenza, ma in tali operazioni l’Autorità ha margini di arbitrarietà non eliminabili ma almeno controllabili. Determinare il costo totale del debito non come somma, ma come valore “primitivo”, presuppone invece una indagine del costo effettivo del debito delle imprese, e probabilmente proprio questo ha scoraggiato normalmente le autorità di regolazione dal perseguire questa strada.

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Appendice 2

IL RAPPORTO DI INDEBITAMENTO (gearing)

Il gearing ratio o rapporto di indebitamento, espresso come rapporto tra il debito e la somma del debito e capitale proprio può essere calcolato utilizzando diversi approcci con risultati diversi sul valore costo del capitale.

Un primo approccio di immediata applicazione consiste nel calcolare il rapporto di indebitamento sulla base dei valori contabili delle imprese regolate (c.d. book value approach), come desumibili dai bilanci d’esercizio. Nonostante si tratti di un approccio trasparente e di facile implementazione, si basa su dati storici e di natura contabile delle singole imprese e quindi non necessariamente è in grado di riflettere il valore effettivo dell’impresa, soprattutto ai fini di un’analisi di tipo prospettico. Inoltre, i valori utilizzati possono variare notevolmente in base alle strategie e metodi contabili utilizzati.

Un secondo approccio utilizzato per riflettere correttamente la struttura finanziaria dell’impresa consiste nell’utilizzare i valori di mercato del debito e del capitale proprio (c.d. market values approach). Nello specifico consiste nel rilevare il valore di mercato del debito a partire dal valore delle emissioni obbligazionarie sul mercato e del capitale proprio utilizzando il valore della capitalizzazione di borsa (i.e., prezzo di mercato moltiplicato per il numero di azioni in circolazione). A differenza dell’approccio basato sui dati contabili, questo approccio si presta meglio ad un analisi prospettica (“forward-looking”) in quanto permette di riflettere le aspettative ad oggi degli investitori e soggetti che finanziano l’azienda riguardo al valore del debito e del capitale proprio dell’impresa.

Tuttavia, tale approccio presenta alcuni limiti operativi e interpretativi in quanto, da un lato, i valori del debito e del capitale proprio così stimati sono soggetti alla volatilità dei mercati finanziari; dall’altro il valore del debito non riflette necessariamente il valore del debito complessivo dell’impresa in quanto quest’ultimo comprende tipicamente anche debiti non negoziati in mercati finanziari organizzati, quali ad esempio i prestiti bancari. Per ovviare al primo limite è possibile ricorrere a medie di lungo periodo in modo da eliminare gli effetti delle oscillazioni contingenti un dato momento sui valori del rapporto di indebitamento, riflettendo un valore di medio-lungo periodo. Il secondo limite invece può essere superato adottando un approccio ibrido, nel quale il valore di mercato del debito può essere stimato a partire dal valore contabile del debito dell’impresa ipotizzando che il valore contabile complessivo del debito corrisponda ad unico prestito obbligazionario (c.d. one-coupon bond).1

1 The Independent Regulators Group (IRG), Regulatory Accounting Principles of Implementation and Best Practice for WACC calculation, February 2007, p. 8.

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Infine, un terzo approccio, ampiamente utilizzato in campo regolatorio, consiste nel definire un rapporto di indebitamento ipotetico (c.d. “notional gearing ratio” o gearing nozionale) il quale corrisponde ad una struttura finanziaria di un operatore efficiente, e poi utilizzato ai fini del calcolo del costo dei capitale per tutte le imprese regolate. Utilizzare tale approccio comporta che il valore del WACC non sia influenzato dalla specifica struttura finanziaria di ciascuna impresa regolata (determinata utilizzando valori contabili o di mercato), ma rifletta un ipotetico valore (efficiente) del rapporto tra debito e capitale proprio nel settore in esame. L’ampio utilizzo di un gearing nozionale da parte delle autorità di regolamentazione rispecchia la volontà di queste ultime di incentivare le imprese ad un comportamento efficiente rispetto alle modalità di finanziamento al fine di ottenere una struttura finanziaria “equilibrata”. In altre parole, il rischio legato alla scelta della struttura finanziaria, e.g., il rischio che potrebbe derivare da eccessivo grado di indebitamento, deve rimanere in capo all’impresa regolata e non essere trasferito agli utenti delle imprese regolate e ai consumatori.

A livello operativo, l’identificazione di un valore del gearing nozionale è relativamente complessa e richiede un’analisi accurata di un insieme di variabili di mercato e d’impresa, al fine di ottemperare l’esigenza di definire un rapporto di indebitamento di un ipotetico operatore efficiente ma al contempo di riflettere la realtà delle imprese nel settore. In particolare nella prassi regolatoria, nello stabilire il livello del gearing nozionale le autorità hanno preso in considerazione i seguenti elementi:

gearing associati a diversi livelli di rating da parte delle agenzie di rating (e.g., S&P, Moody’s);

profilo di rischio delle imprese regolate come misurato dal livello e volatilità dei cash flow delle imprese regolate, nonché il piano degli investimenti (capex);

gearing di imprese comparable in termini di settore di attività, profilo di rischio e altri parametri ritenuti rilevanti;

gearing effettivo delle imprese regolate;

benchmark regolatorio rispetto ai livelli di gearing in altri settori regolati e/o applicati da altri regolatori.

I problemi aperti

L’approccio tradizionalmente seguito da molte autorità di regolazione e in particolare dall’AEEGSI, è di non inseguire le scelte finanziarie delle imprese. In questo modo le Autorità non intendono incoraggiare un utilizzo “strategico” delle decisioni di indebitamento, volto (eventualmente) a spingere a tariffe più elevate.2

2 Bortolotti B., Cambini C., Rondi L., Spiegel Y., 2011, Capital Structure and Regulation: Do Ownership and Regulatory Independent Matter?, in «Journal of Economics & Management Strategy», 20, 2, pp. 517-564.

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Dall’altro lato, nonostante un gearing nozionale relativamente elevato porti ad un WACC pre-tax più basso (e quindi a tariffe più basse), a parità di condizioni, un livello di gearing effettivo eccessivamente elevato potrebbe implicare anche un maggiore rischio finanziario per l’impressa pregiudicando eventualmente la sua capacità di finanziarsi a condizioni di mercato ragionevoli. Si noti che notoriamente il gearing è un parametro molto rilevante per le agenzie di rating le quali, a parità di condizioni, associano a un gearing più elevato un costo del debito più elevato, e viceversa. Ne consegue, che nello stabilire un livello di gearing c.d. “efficiente” è necessario considerare il trade-off tra l’obiettivo di ridurre le tariffe per i clienti finali e garantire la sostenibilità finanziaria delle imprese regolate.

Pertanto, normalmente si preferisce un gearing nozionale a quello effettivo. Il vero problema è allora quale debba essere il livello opportuno di questo valore, stante l’oggettiva difficoltà per un regolatore di individuare un valore “ottimale” data la ovvia eterogeneità delle situazioni delle imprese e la legittima differenziazione delle loro scelte finanziarie. In un mondo nel quale queste scelte possono variare da impresa a impresa in ragione di contingenze del tutto specifiche, potrebbe apparire ben poco sensato inseguire una nozione astratta di “gearing efficiente” uguali per tutte le imprese.

Inoltre, fermo restando che un adattamento continuo del gearing utilizzato dalle Autorità appare poco sensato, resta comunque aperto l’interrogativo se comunque il valore nozionale debba in qualche modo tenere conto delle scelte effettive delle imprese, in quale misura e con quale cadenza temporale.

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Esperienze internazionali in tema di gearing

La Tabella 2 fornisce una panoramica degli approcci utilizzati dai regolatori a livello internazionale nel settore energetico per la stima del costo del debito.

Tabella 2 – Benchmarking internazionale sul gearing

Paese - Regolatore

Settore e periodo di regolazione

Gearing (D/(D+E)) Descrizione

Regno Unito - Ofgem

TE (2013-2021) NGET: 60% SHETL&SPTL: 55% Ofgem identifica un livello di gearing nozionale principalmente in

base ad un’analisi comparata del rischio dei flussi di cassa (misurato anche attraverso il rapporto tra capex/RAB prospettivo) considerando però anche il livello di gearing effettivo delle imprese, i precedenti regolatori e la coerenza con i target di finanziabilità e i rating delle agenzie.

Regno Unito - Ofgem

TG (2013-2021) 62,5%

Regno Unito - Ofgem

DG (2013-2021) 65%

Regno Unito - Ofwat

Servizi idrici e fognature (2015-2020)

62,5% Approccio basato sul concetto di gearing nozionale, calcolato sulla base di informazioni riguardo al livello effettivo del gearing, le precedenti decisioni delle autorità di regolazione in UK e la coerenza con i target di finanziabilità.

Paesi Bassi - ACM

TE-TG-DE-DG (2014-2016)

50% Approccio basato sul concetto di gearing nozionale. Nello stabilire il gearing, l’obiettivo di ACM è di garantire una sana struttura finanziaria nonché un livello di finanziamento efficiente. Il gearing è calcolato sulla base del gearing medio rilevato da imprese comparable con un rating A, arrotondato per eccesso.

Austria - E-Control

DE (2014-2018) DG (2013-2017)

60% Approccio basato sul concetto di gearing nozionale, stabilito prendendo in considerazione il livello di gearing associato tipicamente ad imprese con un rating A e i valori di gearing adottati da altre autorità di regolazione europee.

Portogallo TE-DE (2015-2017) 55% Approccio basato sul concetto di gearing nozionale stabilito sulla base del valore medio dei gearing adottati da altre autorità di regolazione.

Portogallo TG (2013-2016) 53% Approccio basato sulla struttura finanziaria effettiva delle imprese regolate nel settore del trasporto gas.

Portogallo DG (2013-2016) 60% Approccio basato sulla struttura finanziaria effettiva delle imprese regolate nel settore della distribuzione gas.

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Conclusioni e raccomandazioni

In base alle esperienze internazionali e alla teoria economico-finanziaria in materia di gearing, nel contesto dell’attuale revisione dell’impianto metodologico per stabilire il costo del capitale, in particolare rispetto al gearing, si raccomanda quanto segue:

In continuità con le scelte dell’AEEGSI nei precedenti periodi regolatori, si ritiene opportuno adottare un approccio basato sul concetto di gearing nozionale, che permette di ottemperare l’esigenza di definire un rapporto di indebitamento di un ipotetico operatore efficiente ma al contempo di riflettere la realtà delle imprese nel settore.

A livello operativo, l’AEEGSI dovrebbe valutare l’opportunità di analizzare il livello di gearing di società comparable a livello europeo con rating elevati (c.d. investment-grade), piuttosto che utilizzare semplicemente i precedenti regolatori di altre autorità di regolazione. Tale approccio permetterebbe di stabilire una metodologia chiara e tracciabile nel tempo, e non basata su decisioni di altri regolatori che a loro volta hanno adottato una moltitudine di approcci/analisi al fine di identificare un livello di gearing “efficiente”.

L’AEEGSI dovrebbe altresì considerare che i livelli di indebitamento prevalenti in sistemi basati su mercati dei capitali molto aperti e sviluppati non sono comparabili con quelli che prevalgono in paesi ove l’indebitamento è spesso in larga misura di origine bancaria. L’utilizzo di benchmark importati da paesi con mercati finanziari molto differenti deve essere effettuato con grande cautela.

L’approccio prescelto per individuare il livello di gearing deve essere coerente con l’approccio metodologico per stimare il costo del debito al fine di evitare di determinare livelli di gearing eccessivamente elevati non coerenti con le assunzioni in materia di costo del debito e che al contempo pregiudichino la stabilità finanziaria delle imprese regolate.

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Appendice 3

IL COEFFICIENTE BETA

Il coefficiente beta è la misura del rischio sistematico di un’attività, ossia il grado di rischio non diversificabile di tale attività. Il presente documento, nel contesto della revisione dell’impianto metodologico per stimare il costo del capitale, si focalizza sulla scelta del campione di riferimento per la stima del coefficiente beta e sulla metodologia di stima. Per ulteriori considerazioni in materia di stima del coefficiente beta (quali l’orizzonte temporale di stima, la frequenza dei dati, etc.) si rimanda al report NERA prodotto sul tema del costo dell’equity.

I problemi aperti

Nonostante che, in linea di principio, la metodologia proposta dall’AEEGSI sia coerente con un approccio volto a catturare lo specifico grado di rischio sistematico di ciascun settore/attività regolato, a livello operativo l’identificazione del campione di comparable risulta relativamente complesso in quanto il numero delle imprese nel campo delle infrastrutture energetiche quotate a livello europeo è effettivamente assai limitato.

Questo è vero anche perché tipicamente tali imprese operano in diversi settori, alcuni regolati e altri non regolati. Infine, nello scegliere il campione di riferimento è necessario considerare anche altri fattori che potrebbero influenzare il grado di esposizione al rischio sistematico delle imprese e quindi il beta; tra questi, ad esempio, il quadro macroeconomico del paese, il contesto regolatorio in cui operano, il piano degli investimenti delle imprese (capex), o il grado di liquidità dei titoli azionari. Imprese apparentemente identiche in contesti diversi potrebbero quindi essere sottoposte a fattori di rischio anche piuttosto differenti.

Ne consegue che idealmente la scelta dei comparable ai fini della stima del coefficiente beta deve essere guidata dal grado di effettiva comparabilità in termini di profilo di rischio delle potenziali imprese comparable rispetto alle imprese oggetto di regolazione da parte dell’AEEGSI, e non solo con riferimento a criteri dimensionali o di settore di attività. In tale contesto, in particolare, non risulta opportuno considerare esclusivamente imprese i cui titoli azionari sono scambiati sui “mercati finanziari dell’Eurozona con rating elevato” mentre potrebbe essere preferibile guardare all’intero panorama delle imprese quotate a livello europee, selezionando le imprese più simili in termini di attività, settore e rischiosità.

La seguente sezione fornisce una panoramica di alcuni fattori che devono essere considerati per determinare il profilo di rischio delle imprese che operano nei settori della trasmissione e distribuzione di energia elettrica e gas, prendendo spunto anche dall’analisi del rischio proposta da Ofgem nel nuovo quadro regolatorio RIIO. Si noti che non si ambisce a fornire una panoramica completa dei fattori di rischio per ciascun settore e attività regolata che possono influire sulla stima

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del beta, ma piuttosto a fornire un’illustrazione di alcuni dei fattori ritenuti maggiormente rilevanti nell’attuale contesto italiano.

Il profilo di rischio delle imprese regolate

Ofgem, nel nuovo quadro regolatorio per le tariffe della trasmissione e distribuzione di energia elettrica e gas (RIIO) esegue un’attenta analisi del rischio comparato tra le società regolate al fine di informare la scelta dei parametri che popolano il costo del capitale, tra cui anche il coefficiente beta.1 L’analisi del rischio di Ofgem si basa su un’analisi dei flussi di cassa futuri ed identifica due fattori chiave che influenzano la rischiosità dei flussi di cassa per le imprese regolate:

Il piano degli investimenti prospettico, misurato tramite il rapporto tra le Capex previste e la RAB delle imprese regolate nonché le caratteristiche di tali investimenti (complessità, grado di innovazione, etc.). In sostanza, un rapporto Capex/RAB più elevato comporta un maggiore impegno finanziario e quindi una maggiore rischiosità dei flussi di cassa futuri, e viceversa. In particolare, Ofgem riconosce che l’ammontare degli investimenti è il fattore maggiormente significativo nel differenziare l’esposizione al rischio delle imprese regolate (“we regard the scale of investment as the most significant differentiator of risk affecting both the asset beta (and, therefore, the cost of equity)”.2

Il rischio regolatorio legato in particolar modo all’esposizione dell’impresa regolata a differenze tra i ricavi riconosciuti e i costi effettivamente sostenuti, e quindi alla effettiva prevedibilità dei ricavi e controllabilità dei costi. Si noti che questo dipende da un elevato numero di elementi tecnici ma anche istituzionali quali l’allocazione delle responsabilità per mancati pagamenti, o per la gestione dei flussi sulla rete.

Da una prima e preliminare analisi del rischio per le imprese regolate italiane, così come inquadrata da Ofgem, risulta che:

Le imprese di distribuzione hanno rapporti Capex/RAB più elevati rispetto alle imprese di trasmissione: in base alle informazioni contenute nei piani strategici delle imprese regolate il rapporto tra gli investimenti prospettici e la RAB mostra come le principali imprese di distribuzione (Acea, Iren, Hera, A2A) siano maggiormente esposte ad un rischio di flussi di cassa futuri (Capex/RAB tra 40-60%) rispetto alle imprese di trasmissione di energia elettrica e gas Terna e Snam, che mostrano un rapporto tra Capex e RAB compreso in un intervallo tra 20% e 30%.3 Inoltre, in base alle informazioni raccolte sui piani strategici delle maggiori imprese di distribuzione in Italia queste ultime affronteranno ingenti investimenti per rinnovare ed ammodernare le reti di distribuzione in ottica di smart grid (soprattutto nel settore dell’energia

1 Ofgem, RIIO-T1: Final Proposals for National Grid Electricity Transmission and National Grid Gas, Finance Supporting Document, pubblicato il 17 dicembre 2012., p.13-22. 2 Ofgem, RIIO-T1: Final Proposals for National Grid Electricity Transmission and National Grid Gas, Finance Supporting Document, pubblicato il 17 dicembre 2012, p.14, para.3.15. 3 Elaborazione NERA sulla base di dati pubblici delle imprese di trasmissione e distribuzione di energia elettrica e gas. I dati sono da ritenersi approssimativi.

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elettrica) il cui grado di complessità e innovazione è tipicamente maggiore rispetto ad investimenti legati alla manutenzione delle reti.

Storicamente l’esposizione delle imprese di distribuzione al rischio regolatorio è stata considerata maggiore rispetto alle imprese di trasmissione di elettricità o trasporto di gas. La valutazione dell’impatto del rischio regolatorio (definito come esposizione a differenze tra i ricavi riconosciuti e i costi effettivamente sostenuti) sul rischio delle imprese regolate e quindi il beta è un esercizio relativamente complesso nell’attuale contesto di forti cambiamenti regolatori da parte dell’AEEGSI, e questo contesto non permette necessariamente di catturare il rischio che le imprese dovranno affrontare nel prossimo periodo regolatorio. Tuttavia, storicamente l’AEEGSI ha riconosciuto la rischiosità specifica e distinta dell’attività di distribuzione rispetto a quella di trasmissione anche alla luce delle differenze nel quadro regolatorio per le due attività, quali ad esempio il sistema concorrenziale posto in essere per gli affidamenti delle nuove concessioni nel settore della distribuzione gas. 4 , 5 Nel futuro, il cambiamento dall’attuale regime di price cap che distingue tra Opex e Capex ad un regime basato sulla metodologia Totex e le eventuali differenze applicative tra i servizi regolati sicuramente concorrerà ad una variazione dell’esposizione al rischio relativo ai flussi futuri di cassa per le singole imprese che necessiterà di ulteriori analisi.

In conclusione, solo un’attenta analisi del rischio potrà guidare l’AEEGSI nell’identificare puntualmente un adeguato campione di imprese quotate a livello europee nonché stabilire l’effettivo valore del coefficiente beta per ciascun settore e attività regolata.

Esperienze internazionali sul tema del coefficiente beta

A livello internazionale, le autorità di regolamentazione nel settore energetico hanno adottato una varietà di approcci per stimare il coefficiente beta optando, in funzione della disponibilità di dati a

4 Aeegsi, p.19: “Alla luce delle osservazioni espresse da parte di alcune imprese distributrici e dalle loro associazioni, che hanno invece sottolineato le caratteristiche peculiari dell’attività di distribuzione, nonché la rischiosità tipica dell’attività, funzione di una durata degli affidamenti limitata e di un sistema concorrenziale per i nuovi affidamenti, l’Autorità ha ritenuto opportuno determinare il parametro β con riferimento alla sola attività di distribuzione del gas. Il valore individuato dall’Autorità risulta inoltre in linea con quello indicato da uno dei principali operatori del settore nel corso della consultazione.” Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico (Aeegsi), Presupposti per la definizione di criteri per la determinazione delle tariffe per l’attività di distribuzione di gas naturale, Relazione tecnica, pubblicata il 29 settembre 2004. 5 Si noti che l’Aeegsi ha riconosciuto un valore del coefficiente beta maggiore per l’attività di distribuzione elettrica anche alla luce del maggior grado di insolvenza delle controparti: “Per quanto riguarda la fissazione del coefficiente β relativo all’attività di distribuzione misura, l’Autorità, non disponendo di dati relativi a società quotate che svolgono esclusivamente tali attività, in un ottica di continuità e stabilità regolatoria è orientata a fissare i valori del parametro a partire dal coefficiente riconosciuto all’attività di trasmissione incrementato dello spread riconosciuto nel precedente periodo regolatorio 2008 2011 in funzione dalla maggiore rischiosità delle attività di distribuzione e misura dell’energia elettrica imputabile ai maggiori rischi di insolvenza delle controparti commerciali.” Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico (Aeegsi), Criteri per la definizione delle tariffe per l’erogazione dei servizi di trasmissione, distribuzione e misura dell’energia elettrica per il periodo 2012 – 2015, Inquadramento generale del procedimento e criteri per la determinazione dei costi riconosciuti, p. 45, para. 12.31.

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livello nazionale, per dei coefficienti beta differenziati in base all’attività/settore regolato (e.g., Regno Unito, Portogallo) oppure un coefficiente unico per tutti i settori (e.g., Paesi Bassi).

La Tabella 3 riporta le metodologie utilizzate da alcuni regolatori a livello internazionale nonché il valore dell’asset beta, che a differenza dell’equity beta, fornisce una misura del livello di rischio sistematico e non diversificabile che prescinde sia dal livello di indebitamento sia dalla pressione fiscale vigente nel Paese di appartenenza dell’impresa.

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Tabella 3 - Benchmarking internazionale sul coefficiente asset beta

Paese – Regolatore

Settore e periodo di regolazione

Asset beta Descrizione

Regno Unito – Ofgem

TE (2013-2021) NGET: 0,38(*)

SHETL&SPTL: 0,43(*)

Beta stimato considerando un insieme di informazioni, incluso: (i) beta relativi a imprese energetiche quotate inglesi ed europee, (ii) le precedenti decisione regolatorio in tema di beta, e (iii) il rischio relativo ai flussi di cassa futuri per le imprese regolate, soprattutto alla luce del piano degli investimenti prospettico (misurato dal rapporto capex/RAB).

Regno Unito – Ofgem

TG (2013-2021) NGGT: 0,34(*)

Regno Unito – Ofgem

DG (2013-2021) 0,32(*)

Regno Unito – Ofwat

Servizi idrici e fognature (2015-2020)

0,30 Asset beta stimato a partire dai rendimenti azionari delle tre società di servizi idrici e fognature (WACS) quotate (Pennon, Severn Trent Water e United Utilities).

Paesi Bassi – ACM

TE-TG-DE-DG (2014-2016)

0.35 Asset beta stimato sulla base di un panel di imprese europee e americane considerate comparable sotto il profilo delle attività svolte, contesto regolatorio e liquidità del titolo azionario. ACM ha optato per l’utilizzo dello stesso campione di imprese per tutti i settori/attività: Snam Rete Gas, Terna, REN, Red Electrica, Enagas, National Grid, Elia, Northwest Natural Gas, Piedmont Natural Gas, e TC Pipelines.

Austria - E-Control

DE (2014-2018) DG (2013-2017)

0.325 Beta stimato a partire dai beta di 9 imprese comparabili in termini di attività svolta, contesto regolatorio, capillarità sul territorio nonché la liquidità del titolo azionario.

Portogallo – ERSE

TE (2015-2017) 0,315(*) Approccio bottom-up per cui il beta dell’attività regolata è ricavato a partire dal beta complessivo della società madre quotata il quale è assunto pari alla media ponderata dei beta diverse attività svolte (v 0 per approfondimento).

Portogallo – ERSE

DE (2015-2017) 0,365(*) Approccio bottom-up per cui il beta dell’attività regolata è ricavato a partire dal beta complessivo della società madre quotata il quale è assunto pari alla media ponderata dei beta diverse attività svolte (v 0 per approfondimento).

Portogallo – ERSE

TG (2013-2016) 0,19(*) Approccio bottom-up per cui il beta dell’attività regolata è ricavato a partire dal beta complessivo della società madre quotata il quale è assunto pari alla media ponderata dei beta diverse attività svolte (v 0 per approfondimento).

Portogallo – ERSE

DG (2013-2016) 0,545(*) Approccio bottom-up per cui il beta dell’attività regolata è ricavato a partire dal beta complessivo della società madre quotata il quale è assunto pari alla media ponderata dei beta diverse attività svolte (v 0 per approfondimento).

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Note: (*) valore derivato in base alle informazioni fornite nella decisione del regolatore. TE = trasmissione energia elettrica, TG = trasporto gas, DE = distribuzione energia elettrica, DG = distribuzione gas Fonte: decisioni dei Regolatori europei.

Aspetti metodologici: un approccio bottom-up per stimare il coefficiente beta nell’esperienza portoghese

In alternativa alla metodologia seguita da altri, che stima direttamente il coefficiente beta di ogni impresa a partire dai dati di mercato di imprese ritenute comparabili a quelle oggetto di regolazione, è utile richiamare come sia possibile seguire una strada differente. E’ infatti possibile analizzare la rischiosità relativa di un asset confrontandone i rendimenti con quelli di mercato.

Ad esempio, il regolatore portoghese per il settore dell’energia elettrica e gas, ERSE (Entidade Reguladora dos Serviços Energéticos ), adotta questa metodologia “bottom-up” per la stima del beta ai fini del calcolo del costo dell’equity per i settori della trasmissione e distribuzione di energia elettrica e gas. Secondo questo approccio bottom-up, al fine di cogliere il diverso grado di rischio associato alle differenti attività svolte dalle imprese oggetto di regolazione, il beta dell’insieme di due o più attività viene posto semplicemente pari alla media ponderata delle singole attività, ove i pesi sono proporzionali al valore di tali attività per l’impresa.6

Nel settore della trasmissione e distribuzione di energia elettrica in Portogallo operano due operatori: REN Rede Eléctrica (parte del Gruppo REN) nella trasmissione, e EDP Distribuicao (parte del Gruppo EDP) nella distribuzione. Entrambe le imprese fanno parte di gruppi quotati in borsa, conseguentemente ERSE utilizza direttamente i rendimenti di mercato dell’impresa quotata ai fini della stima del coefficiente beta, senza ricorrere a società comparable a livello europeo.

In particolare, l’approccio bottom-up di ERSE per il periodo regolatorio 2015-2017 per il settore della trasmissione e distribuzione elettrica consiste di due passi7:

1. Stimare l’equity beta (βe) e l’asset beta (βa) complessivo per il gruppo REN e il gruppo EDP sulla base della relazione tra i rendimenti del gruppo e quelli medi di mercato;

2. Derivare l’asset beta relativo alle attività regolate delle due imprese a partire dall’assunzione che quest’ultimo sia pari alla media ponderata dei beta delle singole attività esercitate dall’impresa quotata, proporzionalmente al contributo di ciascuna attività sull’insieme delle attività dell’impresa. Di seguito si illustrano i valori dei singoli asset beta derivati da ERSE per le attività svolte dal gruppo EDP, inclusa la distribuzione di energia elettrica. Come si evince dalla Figura, il beta relativo

6 Damodaran, A., Valutazione delle aziende, 2010, Apogeo Editore. 7 ERSE, Parâmetros de regulação para o período 2015 a 2017, Dicembre 2014. Disponibile qui: http://www.erse.pt/pt/electricidade/tarifaseprecos/2015/Documents/PaginaPrincipal/Par%C3%A2metros%202015-2017.pdf

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all’attività di distribuzione risulta essere inferiore al beta relativo ad attività considerate più rischiose (e.g., attività non regolate quali la vendita di energia elettrica) ma superiore al beta dell’attività regolata nel settore del gas in Portogallo e in Spagna.

Figura 1 – Stima dell’asset beta per l’attività di distribuzione di EDP

Fonte: ERSE

Si noti che questo approccio parte da una base teorica rilevante, che indica che tale impostazione presenta tre principali vantaggi rispetto alle tecniche di regressione tradizionali impiegate per stimare il coefficiente beta8:

(i) permette di stimare il coefficiente beta per attività, divisioni, aziende non quotate in quanto non necessita della serie storica dei rendimenti delle azioni di quest’ultime;

(ii) rappresenta una stima più precisa del coefficiente beta in quanto l’errore di stima è minore;9

(iii) permette di rispecchiare il portfolio di attività dell’impresa ad oggi nonché di aggiornare il peso dell’attività facilmente in caso di variazioni rilevanti.

8 Damodaran, A., Applied Corporate Finance, 3rd edition, Wiley, 2011 p.139. 9 Damodaran, Applied Corporate Finance, 3rd edition, Wiley, 2011 p.139: “because the beta for the business is obtained by averaging across a large number of regression betas, it will be more precise than any individual firm’s regression beta estimate. The standard error of the average beta estimate will be a function of the number of comparable firms used and can be approximated as follows: σaverage beta = Average σbeta / √number of firms; where σbeta

is the standard error in individual beta regressions and σaverage beta is the standard error of the average beta across firms”.

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Conclusioni e raccomandazioni

Alla luce di quanto esposto:

Si condivide l’approccio proposto dall’AEEGSI, in continuità con i precedenti periodi regolatori di identificare dei coefficienti beta differenziati in funzione del servizio regolato.

Si ritiene che l’approccio dei comparable proposto dall’AEEGSI di utilizzare un panel di imprese quotate europee operante esclusivamente nei settori di attività pertinente presenti delle criticità dal punto di vista operativo dato il numero limitato di imprese di trasporto/distribuzione in campo energetico quotate in Europa, imprese che operano spesso anche in altri settori, inclusi quelli non-regolati.

Per permettere maggiore aderenza tra il campione di imprese europee e le imprese regolate italiane sarebbe necessaria un’accurata analisi del profilo di rischio di quest’ultime, che metta in luce le peculiarità di ciascun singolo servizio sotto il profilo del rischio. In tale contesto, l’analisi di Ofgem fornisce spunti interessati sul fronte metodologico per analizzare il rischio dei flussi di cassa futuri. Dato il numero elevato di variabili che dovrebbero entrare nel computo dei rischi, confronti internazionali risultano estremamente difficoltosi.

Inoltre, si ritiene che la metodologia bottom-up adottata dal regolatore portoghese potrebbe rappresentare una metodologia utile per validare i risultati ottenuti tramite l’approccio dei comparable proposto dell’AEEGSI. Tale ulteriore analisi potrebbe trovare una sua logica soprattutto nel settore della distribuzione di energia elettrica e gas per cui l’individuazione di comparable risulta essere più difficile, e per cui sono presenti imprese quotate in Italia (e.g., Hera, A2A, Iren e Acea).

Infine, non si concorda con l’AEEGSI sulla proposta di considerare esclusivamente imprese i cui titoli azionari sono scambiati sui “mercati finanziari dell’Eurozona con rating elevato” ma si ritiene più opportuno guardare all’intero panorama delle imprese quotate a livello europeo, selezionando le imprese più simili in termini di attività, settore e quindi di rischiosità.