OSSERVATORIO PAOLINO

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te distinte ma non separate. La NPP dà però l’impressione di mescolare con la fede una certa dose di ubbi- dienza, reintroducendo così in forma nascosta il legalismo. La NPP man- tiene la distinzione luterana tra la certezza (certitudo) che emana dalla fede e la sicurezza (securitas) sogget- tiva (o intellettuale) che cancella la fede? Se le “opere della legge” non sono più intese come “opere buone” ma come semplici “segni di identità giudaica” non si mantiene ancora in vita l’idea della salvezza per mezzo delle opere buone? C’è poi la preoc- cupazione che la posizione della NPP in tema di salvezza possa offu- scare le differenze tra cattolicesimo e luteranesimo e avere dei risvolti ecu- menici (riunificazione ecclesiastica). L’autore risponde che l’interesse del- la NPP è biblico (significato di termi- ni paolini quali “opere della legge”, “grazia”, “fede”, ecc.) e non teologi- co o ecumenico. Che poi quei termi- ni abbiano anche delle implicazioni teologiche ed ecumeniche è un’altra questione. Alcuni critici della NPP sospettano che essa proponga una forma di sinergismo (la salvezza co- me risultato della cooperazione Dio- persona umana) in opposizione al monergismo (Dio come unica causa efficiente della salvezza). L’enfasi da- ta a categorie sociologiche (identità etnica) non induce la NPP a disinte- ressarsi della salvezza individuale? Yinger osserva che una visione indi- vidualistica della salvezza è più tipi- ca del mondo moderno occidentale che di Paolo e conclude il capitolo ribadendo che i fautori della NPP sono studiosi della Bibbia più che teologi mentre le problematiche sol- levate dai critici della NPP sono spesso di natura teologica e di prassi ecclesiale. Nell’ultimo capitolo del suo lavoro, il capitolo 8 (pp. 87-93), Yinger elenca i contributi positivi della NPP che in maniera sparsa erano già stati accen- nati nei capitoli precedenti. La NPP contribuisce a una migliore compren- sione delle lettere paoline avvicinando il lettore a ciò che Paolo intendeva realmente comunicare. La preoccupa- zione di Paolo era quella di stabilire se il giudaismo doveva essere la necessa- ria porta di ingresso al cristianesimo, non di stabilire se le opere dovevano essere ritenute necessarie per la giusti- ficazione. La NPP contribuisce anche a ridurre sostanzialmente la tendenza occidentale ad interpretare le lettere paoline in chiave individualistica (l’enfasi non è più solo o esclusiva- mente sulla mia salvezza ma sulla nuova creazione). Altro importante ri- sultato ottenuto dalla NPP è un inde- bolimento delle tendenze anti-semiti- che e anti-giudaiche grazie all’impor- tanza data agli elementi comuni e di continuità tra giudaismo e cristianesi- mo (l’elemento di discontinuità rima- ne naturalmente sempre Gesù Cristo), e tra AT e NT (il messaggio paolino non è antitetico alla legge veterotesta- mentaria). E così la lettura cristiana dell’AT è resa più facile dalla NPP. E, se ce ne fosse bisogno, la NPP contri- buisce a riconciliare Paolo con Gesù (la grazia paolina non è in competi- zione con il discepolato evangelico) e a far vedere che il vangelo paolino è modellato su quello di Gesù. Infine la NPP fa intravvedere la possibilità di una riconciliazione tra cattolici e lute- rani sulla questione della giustificazio- ne. L’autore si augura di aver messo il lettore in grado di rispondere alle do- mande: 1. Che cos’è la NPP?; 2. Da dove viene?; 3. Quali ne sono i poten- ziali pericoli?; 4. Cosa offre di buono? Ma soprattutto si augura di averlo in- vogliato a riprendere in mano gli scritti paolini. Due postfazioni chiudono il libret- to di Yinger. Sono risposte date al li- bretto di Yinger rispettivamente da Donald A. Hagner (professore emeri- to di NT al Fuller Theological Semi- nary) e da Don Garlington (Toronto). Personalmente ho trovato il libro di Yinger, piccolo di formato ma denso di contenuto, un’utile ed esau- riente panoramica sulle nuove pro- spettive proposte dalla NPP. Utile naturalmente non tanto all’esperto studioso di cose bibliche ma a chi ad esse si accosta nel contesto di un programma di studi accademici o a chi è personalmente interessato ad approfondire la sua conoscenza del- l’Apostolo e delle problematiche che le sue lettere presentano. Non essen- doci, a quanto mi risulta, una tradu- zione italiana del libro, la sua utilità è di fatto limitata a chi ha una certa familiarità con l’inglese. Il testo è abbastanza chiaro e li- neare nella presentazione, ma forse a volte un po’ ripetitivo e altre volte un po’ succinto. L’autore si sforza di essere il più possibile obbiettivo nella sua presentazione e valutazio- ne delle varie teorie pur non na- scondendo la sua simpatia per la NPP di cui è lui stesso un affermato fautore. La visione che Yinger offre della NPP è quindi una visione ”dal di dentro”, con i vantaggi che que- sta posizione può dare, ma anche con i suoi inevitabili pericoli ed ine- vitabili limitazioni. Gabriele Patil Abbiamo parlato di: Kent L. Yinger , The new perspecti- ve on Paul. An introduction, Cascade Books, Eugene, Oregon, 2011. Eco dei Barnabiti 3/2012 51 OSSERVATORIO PAOLINO Fra Angelico - Conversione di San Paolo, miniatura San Paolo - mosaico in s. Paolo Fuori le mura (Roma)

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te distinte ma non separate. La NPPdà però l’impressione di mescolarecon la fede una certa dose di ubbi-dienza, reintroducendo così in formanascosta il legalismo. La NPP man-tiene la distinzione luterana tra lacertezza (certitudo) che emana dallafede e la sicurezza (securitas) sogget-tiva (o intellettuale) che cancella lafede? Se le “opere della legge” non

sono più intese come “opere buone”ma come semplici “segni di identitàgiudaica” non si mantiene ancora invita l’idea della salvezza per mezzodelle opere buone? C’è poi la preoc-cupazione che la posizione dellaNPP in tema di salvezza possa offu-scare le differenze tra cattolicesimo eluteranesimo e avere dei risvolti ecu-menici (riunificazione ecclesiastica).L’autore risponde che l’interesse del-la NPP è biblico (significato di termi-ni paolini quali “opere della legge”,“grazia”, “fede”, ecc.) e non teologi-co o ecumenico. Che poi quei termi-ni abbiano anche delle implicazioniteologiche ed ecumeniche è un’altraquestione. Alcuni critici della NPPsospettano che essa proponga unaforma di sinergismo (la salvezza co-me risultato della cooperazione Dio-persona umana) in opposizione almonergismo (Dio come unica causaefficiente della salvezza). L’enfasi da-ta a categorie sociologiche (identitàetnica) non induce la NPP a disinte-

ressarsi della salvezza individuale?Yinger osserva che una visione indi-vidualistica della salvezza è più tipi-ca del mondo moderno occidentaleche di Paolo e conclude il capitoloribadendo che i fautori della NPPsono studiosi della Bibbia più cheteologi mentre le problematiche sol-levate dai critici della NPP sonospesso di natura teologica e di prassiecclesiale.Nell’ultimo capitolo del suo lavoro,

il capitolo 8 (pp. 87-93), Yinger elencai contributi positivi della NPP che inmaniera sparsa erano già stati accen-nati nei capitoli precedenti. La NPPcontribuisce a una migliore compren-sione delle lettere paoline avvicinandoil lettore a ciò che Paolo intendevarealmente comunicare. La preoccupa-zione di Paolo era quella di stabilire seil giudaismo doveva essere la necessa-ria porta di ingresso al cristianesimo,non di stabilire se le opere dovevanoessere ritenute necessarie per la giusti-ficazione. La NPP contribuisce anchea ridurre sostanzialmente la tendenzaoccidentale ad interpretare le letterepaoline in chiave individualistica(l’enfasi non è più solo o esclusiva-mente sulla mia salvezza ma sullanuova creazione). Altro importante ri-sultato ottenuto dalla NPP è un inde-bolimento delle tendenze anti-semiti-che e anti-giudaiche grazie all’impor-tanza data agli elementi comuni e dicontinuità tra giudaismo e cristianesi-mo (l’elemento di discontinuità rima-ne naturalmente sempre Gesù Cristo),e tra AT e NT (il messaggio paolinonon è antitetico alla legge veterotesta-mentaria). E così la lettura cristianadell’AT è resa più facile dalla NPP. E,se ce ne fosse bisogno, la NPP contri-buisce a riconciliare Paolo con Gesù(la grazia paolina non è in competi-zione con il discepolato evangelico) ea far vedere che il vangelo paolino èmodellato su quello di Gesù. Infine laNPP fa intravvedere la possibilità diuna riconciliazione tra cattolici e lute-rani sulla questione della giustificazio-ne. L’autore si augura di aver messo illettore in grado di rispondere alle do-mande: 1. Che cos’è la NPP?; 2. Dadove viene?; 3. Quali ne sono i poten-ziali pericoli?; 4. Cosa offre di buono?Ma soprattutto si augura di averlo in-vogliato a riprendere in mano gli scrittipaolini.Due postfazioni chiudono il libret-

to di Yinger. Sono risposte date al li-

bretto di Yinger rispettivamente daDonald A. Hagner (professore emeri-to di NT al Fuller Theological Semi-nary) e da Don Garlington (Toronto).Personalmente ho trovato il libro

di Yinger, piccolo di formato madenso di contenuto, un’utile ed esau-riente panoramica sulle nuove pro-spettive proposte dalla NPP. Utilenaturalmente non tanto all’espertostudioso di cose bibliche ma a chi adesse si accosta nel contesto di unprogramma di studi accademici o achi è personalmente interessato adapprofondire la sua conoscenza del -l’Apostolo e delle problematiche chele sue lettere presentano. Non essen-doci, a quanto mi risulta, una tradu-zione italiana del libro, la sua utilitàè di fatto limitata a chi ha una certafamiliarità con l’inglese.Il testo è abbastanza chiaro e li-

neare nella presentazione, ma forsea volte un po’ ripetitivo e altre volteun po’ succinto. L’autore si sforza diessere il più possibile obbiettivonella sua presentazione e valutazio-ne delle varie teorie pur non na-scondendo la sua simpatia per laNPP di cui è lui stesso un affermatofautore. La visione che Yinger offre

della NPP è quindi una visione ”daldi dentro”, con i vantaggi che que-sta posizione può dare, ma anchecon i suoi inevitabili pericoli ed ine-vitabili limitazioni.

Gabriele Patil

Abbiamo parlato di:

Kent L. Yinger, The new perspecti-ve on Paul. An introduction, CascadeBooks, Eugene, Oregon, 2011.

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OSSERVATORIO PAOLINO

Fra Angelico - Conversione di SanPaolo, miniatura

San Paolo - mosaico in s. Paolo Fuorile mura (Roma)

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MEDITAZIONE: TERAPIA GLOBALE

La meditazione costituisceuna pratica religiosa pereccellenza, comune a tut-

te le tradizioni spirituali e sapienzia-li, pratica finalizzata anzitutto a ri-condurci al centro di noi stessi (med= ciò che sta in mezzo), a quelleprofondità interiori che sono via ob-bligata per aprirci alle profondità diDio. Si tratta di un’esperienza chevediamo così formulata da Riccardodi San Vittore, teologo e misticoscozzese del sec. XII: «Se ti prepari ascrutare le profondità di Dio, volgitiprima alle profondità del tuo spirito»,dal momento che «inutilmente elevalo sguardo interiore alla visione diDio, chi non è capace di vedere sestesso». Illuminante a questo propo-sito il senso che riveste il terminepreghiera nella lingua ebraica. NelSalmi si legge, alla lettera: «Io (sono)preghiera/tefillat» (Sal 108/109,4. CfSal 34/35,13: «La mia preghiera ver-so il mio seno»). André Chouraquitraduce: «La mia preghiera riecheg-gia (se retourne) nel mio seno», men-tre la Bibbia TOB rende con: «Io ru-minerò la mia preghiera». La pre-ghiera, come sgorga spontanea nelcuore umano memore, consciamenteo inconsciamente, dell’originariaconfidenzialità divina, così comportacome primo e insostituibile momen-to il rientro dentro di sé, la frequen-tazione dell’uomo interiore, la cen-tratura nel “cuore”. E questo acco-muna credenti, non praticanti, noncredenti... Chiariremo poi che l’aper-tura a Dio di cui si diceva, può esse-re esplicita o implicita, a secondache ci si muova in un’ottica teistica onon teistica.

premessa: la meditazione,crocevia delle religioni

Il fatto di considerare la meditazio-ne come “crocevia delle religioni”,ci obbliga preliminarmente a chie-derci cosa intendiamo per “religio-ne”. Di questo termine, che derivadal latino “religio”, gli antichi ci of-frono quattro definizioni. “Religio”,da “religare/rilegare”, propriamenteparlando indica l’esperienza del le-game che unisce la Terra con il Cielo,l’uomo con Dio. A sua volta questolegame conduce a un triplice esito,comportando: una rilettura (“relège-re/rileggere”) del vissuto umano edegli eventi che costellano l’esisten-za; una più profonda scelta di vita e

del senso che riveste (“re-elìgere/sce-gliere di nuovo) e infine la coltiva-zione di un’attitudine interiore im-prontata a devozione verso la Divi-nità (“rèligens/religioso”, contrappostoa “nègligens/negligente”).

la meditazione in ambito cristiano

Prima di prendere in considerazio-ne le grandi prassi meditative del -l’Oriente, possiamo richiamare in sin-tesi cosa tradizionalmente si intendeper meditazione in Occidente o, permeglio dire, nella visione ebraico-cristiana. La meditazione, secondo ildettato biblico, implica il riandarecon il pensiero ai grandi eventi dellastoria della salvezza, considerandolicon intensa applicazione dell’ani-ma. È quanto insegna il Salmo76/77,13: «Mi vado ripetendo [a fiordi labbra] le tue opere, / considero[con intensa applicazione interiore]le tue gesta». La “tecnica” che sog-giace a questa modalità di preghie-ra consiste in ultima analisi nella ri-petizione-risonanza di un versettobiblico o di espressioni equivalenti,che i Padri del deserto (citiamo pertutti Giovanni Climaco, nella Scaladel Paradiso), raccomandano di«incollare al respiro», per affranca-re la mente dai pensieri distrattivi(silenzio mentale) e approdare al-l’orazione continua, ossia a un veroe proprio stato meditativo incen -trato sul risveglio del cuore. Taliespressioni, nella tradizione latina,erano dette giaculatorie, poiché co-me un giavellotto consentono allafreccia dell’anima di raggiungere ilbersaglio: Dio. Tra le più frequen -

MEDITAZIONE:CROCEVIA DELLE RELIGIONIE SPECIFICITÀ CRISTIANA

Non solo assistiamo a un crescente interesse per una pratica che si è venuta via via affinandonelle motivazioni. nei metodi e negli esiti, e che preme in una società sempre più frastornata edespropriata della propria interiorità, ma, come se ciò non bastasse, dalle neuroscienze giunge unasorprendente conferma delle potenzialità terapeutiche della meditazione, del suo impatto sulpiano psico-fisico prima ancora che spirituale.

meditazione: silenzio e luce

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tate in ambito monastico troviamol’invocazione: «O Dio, vieni a sal-varmi, / Signore, vieni presto inmio aiuto» (Sal 69/70,2). E poichési sta parlando di giaculatorie, me-rita ricordare che l’equivalenteorientale di questo termine è man-tra, che fa riferimento al “trattene-re” la mente come condizione pre-via del meditare. Significativa poila definizione che le Upanishaddànno del più celebre dei mantraindù, la sillaba sacra OM, parago-nata all’arco che consente alla frec-cia dell’anima di raggiungere ilbersaglio, Dio (cf Mundaka Up., 2,2, 4). Come si vede i due termini sirichiamano a vicenda!Nella tradizionale prassi cristiana,

le meditazione si pone quindi tra lalettura della pagina sacra e i succes-sivi gradini consistenti nell’orazionee nella contemplazione: si trattadelle scansioni della Lectio divina.In ambito monastico la pratica me-ditativa si collocava per lo più a ri-dosso dell’Opus Dei, della Liturgia,come oggi si direbbe, delle Ore. Fuin un’epoca successiva e nell’am-biente laicale della Devotio moder-na (sec. XIV), che la meditazioneacquisì uno statuto autonomo e unmaggiore carattere introspettivo, fi-nalizzata cioè a scandagliare ilmondo interiore e a sviluppare unarobusta vita spirituale. Le prime Co-stituzioni proprie dei chiericiregolari sorti alla vigilia delconcilio di Trento e redattedai barnabiti (1552), ricono-scevano infatti che la medi-tazione «possiede moltaenergia nel favorire il pro-gresso spirituale». Si precisa-va pure il rapporto tra l’ora-zione interiore e la preghieravocale, sia essa liturgica oprivata (i “pii esercizi”, comeil Rosario o la Via Crucis).Così ne scriveva sant’Anto-nio Maria Zaccaria († 1539),il fondatore dei barnabiti:«L’orazione vocale è stata ri-trovata per questo: affinché,eccitati dal suo gusto e sen-so, almeno all’ultimo inco-minciamo a imparare l’inte-riore orazione», ossia la me-ditazione. In merito allaquale vennero messe sempremeglio a fuoco concrete mo-dalità di esercizio, secondo

le diverse scuole, tutte concordi nelritenere la pratica meditativa «unmezzo normalmente necessario allavita di perfezione». Così scriveva ametà del secolo scorso il cardinaleGiacomo Lercaro, che sarebbe di-ventato uno dei moderatori del con-cilio Vaticano II. Egli illustrava lecaratteristiche della meditazioneignaziana, carmelitana, salesiana(secondo la scuola di san Francescodi Sales) e così via... È significativoquanto Antonio Rosmini († 1855)prescriveva in merito: «Fra le prati-che devote giornaliere spontaneebisogna che ce ne sia una più fortedelle altre, e capace di mettere nel-

l’uomo un buon fondamento a tuttol’edificio spirituale. Tale sarà un’oradi orazione mentale, fatta impreteri-bilmente ogni giorno e coi i seguen-ti requisiti: 1° che sia un’ora intera;2° che sia continua; 3° che sia fattasenza libro, ma con la sola mente econ il cuore (si possono bensì pre-mettere delle letture purché non siascemato il tempo di un’ora almenoda consacrarsi tutta all’orazione in-terna e mentale); 4° rivolta special-mente alla ricognizione..., all’emen-dazione..., alla migliorazione di tut-to l’uomo e della sua vita; 5° in taleorazione bisogna seguire senza sfor-zo le sante ispirazioni e i buoni im-pulsi; 6° la pena dell’aridità nondeve mai tentarci di interromperel’orazione o accorciarne il tempo...»(Opere spirituali, p. 218). Lo stessoRosmini suggeriva che la meditazio-ne fosse sorretta dalla ripetizione-ri-sonanza di un nome o da una for-mula sacra, destinata a imprimersiin profondità, radicandosi nel sub-conscio, e quindi a riecheggiarelungo l’intera giornata e a viverne.La ripetizione-risonanza rientra inquella ritualità che «attiva meccani-smi controregolatori inibitori del si-stema limbico che, portando alladeafferentazione della corteccia pa-rietale, riducono l’attività mentalecognitiva, esaltando per contro statiemozionali di pace e serenità» (Na-

tale Terrin); in latri terminibloccano il flusso dei pensie-ri e consentono il risvegliodel cuore, mentre il corpo èsegnato da stabilità e quiete.Nella tradizione dello zen siparla di “lasciar cadere cor-po e mente”, mentre la prati-ca è sorretta da un impulsointeriore detto “nen”, il cuiideogramma suona: “adesso,cuore”.Da quanto detto risulta che

la meditazione è condizione,ma anche momento previo diulteriori tappe, ossia l’orazio-ne e la contemplazione. At-traverso l’orazione si entra incolloquio con Dio che «parlaagli uomini come ad amici esi intrattiene con essi ammet-tendoli alla comunione consé» (Concilio Vaticano II, DeiVerbum, n. 2). Nella contem-plazione si consegue l’appro-do di ogni anelito religioso.

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MEDITAZIONE: TERAPIA GLOBALE

il più celebre dei mantra indù: lasillaba sacra OM

in umile atteggiamento di fronte a Dio

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una svolta storica:gli apporti dello yoga e dello zen

A metà del Novecento si verificòuna vera e propria rivoluzione in cam-po meditativo (ma non solo), dovutaalla conoscenza e all’accoglienza daparte cristiana delle prassi meditativedel lontano Oriente. È del 1971 laGuida alla meditazione di KlemensTilmann († 1984), animatore di Corsidi iniziazione alla meditazione pressola Scuola superiore di Pedagogia all’u-niversità di Monaco, il quale divulgòin Occidente la pratica meditativa“senza oggetto”, sulla falsariga dellatradizione giapponese dello zen, pro-ponendo quello che definì “eserciziobase”, ossia preliminare e introduttivo.La pratica meditativa dello zen, dettazazen, venne ulteriormente diffusa inEuropa da Hugo Lassalle († 1990), ungesuita vissuto a lungo in Giappone,autore di un pregevole saggio del1973: Meditazione zen e preghieracristiana, Paoline, Milano.Parallelamente allo zen (termine

che deriva dal sanscrito dhyana, pe-nultimo gradino dell’ottuplice sentie-ro dello yoga, traslitterato ch’an inCina e zen in Giappone), si stavadiffondendo nel mondo occidentalelo yoga con le sue istanze meditative,e se ne fece portavoce il monaco be-nedettino Jean-Marie Déchanet (natonel 1906) con il suo celebre Yoga percristiani ininterrottamente pubblicatoa partire dagli anni Sessanta.In riferimento a queste aperture,

ci si chiedeva se la tradizione cri-

stiana aveva registrato delle espe-rienze che in qualche modo richia-massero quelle asiatiche e fosserocome un ponte tra i due universi. Intal senso Giovanni Vannucci († 1984),frate servita ed esegeta, poté presen-tare l’esicasmo, ossia la pratica del-la preghiera interiore del monache-simo greco-slavo (il termine esica-smo deriva da “esichìa/quiete”),come «yoga cristiano» (Lo joga [sic]cristiano. La preghiera esicasta, LEF,Firenze 1978. Sulla preghiera esica-sta vanno ricordati i celebri Raccon-ti di un pellegrino russo che ne han-no veicolato la conoscenza nelmondo latino), mentre si riscontravauna singolare affinità con lo zennella proposta meditativa di un ano-nimo certosino inglese del sec XIV,autore della Nube della non cono-scenza, la cui prima edizione italia-na curata dal sottoscritto vide la lu-ce nel 1981 per i tipi dell’Ancora diMilano.Un ultimo anello va aggiungo in

ordine a possibili integrazioni sulpiano meditativo tra Oriente e Occi-dente. Si tratta della Meditazione cri-stiana di consapevolezza. Sulle ormedi san Giovanni della Croce (a curadi Mary Jo Meadow, La Parola, Ro-ma 2008), che incultura in ambitocristiano la meditazione vipàssana(termine della lingua pali che indicavisione profonda, penetrativa dellarealtà) propria della più antica tradi-zione buddhista.Le proposte meditative che si av-

valgono del contributo proveniente

dalle tradizioni asiatiche si sonomoltiplicate in ambito occidentale(Per una visione d’insieme, si veda:Antonio Gentili-Andrea Schnöller,Dio nel silenzio. Manuale di medi-tazione, Ancora, Milano 200911).Possiamo citare, una per tutte fra lediverse scuole, la Comunità mon-diale per la meditazione cristiana,fondata dal benedettino John Main(† 1982). Si tratta di una pratica sor-retta dall’antica invocazione ara-maica «Marana tha», già attestatada san Paolo (1Cor 16,22) e dallaDidakè (X), che significa: «Signore,vieni» (se scritta «Maran atha» signi-fica «il Signore è venuto»).In particolare due ambiti si sono ri-

velati assai fecondi, sia nell’applicarel’esercizio meditativo alla pratica deldigiuno (per cui si veda: AntonioGentili, A pane e acqua. Pratica espiritualità del digiuno, Ancora, Mi-lano 2006), sia nell’attivare i “centrivitali” (la nostra impalcatura a untempo corporea e spirituale), ben no-ti con il nome di chakra nell’espe-rienza yogica (Kundalini yoga), e cheritroviamo in quella liturgica e sacra-mentale. Basterebbe ricordare lasommità del capo come “luogo” del-le benedizioni; il triplice segno dicroce su fronte, bocca e petto allaproclamazione del vangelo; nonchéle «viscere» alle quali un’antica pre-ghiera del Missale romanum volevache «aderissero il Corpo e il Sangue»eucaristici ricevuti alla Comunione(cf Antonio Gentili, Le ragioni delcorpo. I centri di energia vitale nel-l’esperienza cristiana, Ancora, Mila-no 20072).

una duplice obiezione

A questo punto occorre però ri-spondere a una duplice obiezione.Alcune tradizioni meditative asiatichesi ispirano a una visione non-teistica,come lo zazen, che ha quale referen-te «l’uomo che fa se stesso da se stes-so in se stesso» (cf Kosho Uchiyama,La realtà della vita. Zazen in pratica,EDB, Bologna 1993). Sarebbe peròpiù opportuno, invece dell’espressio-ne “non teistica”, servirsi del termine“apofatica”, che rimanda a una mo-dalità di meditazione e di contempla-zione ben documentata anche nellamistica occidentale. Tacere non si-gnifica negare. E infatti, a dispettodelle definizioni teoriche, l’ideogram-

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MEDITAZIONE: TERAPIA GLOBALE

stare in silenzio davanti al Signore

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ma della parola zen nasconde unsenso profondamente religioso equindi teistico. La prima parte signifi-ca divinità/sacralità, in quanto figuraconcernente la vittima sacrificale of-ferta a Dio sull’altare. La secondaparte indica lo stato di solitudine/se-paratezza/purezza con cui rapportarsinei confronti del divino. Nella suaglobalità, quindi, l’ideogramma indi-ca l’essere solo/separato/puro in atti-tudine di culto/offerta alla divinità.In secondo luogo va tenuto presen-

te che nella visione propria dell’Oc-cidente, segnato dalla Rivelazionebiblica, prevale il senso della tra-scendenza, e quindi si parte dall’al-to, nell’accoglimento dei doni divini,e il punto di arrivo è l’estasi contem-plativa. In quella dell’Orien-te, viceversa, prevale una vi-sione immanentistica e quindisi parte dal basso nel perse-guire la propria autorealiz-zazione, e il punto d’arrivo èil rientro in sé, l’en-stasi. Aquesta stregua, però, si puòcorrere il pericolo di un ripie-gamento e di una chiusuranarcisistica in sé (che è la cri-tica mossa, a esempio, allaMeditazione trascendentale),e questo, al limite, può rive-larsi “demoniaco”. Il demo-nio non è colui che “vive aporte chiuse”? Non per nullagli esorcisti possono dimo-strare con la loro casisticache influssi funesti, da rap-portarsi a un’errata praticadelle prassi asiatiche, si veri-ficano in non poche persone,con effetti devastanti sul loroequilibrio psichico prima ancora chenegativi per la loro fede.Vuol dire che le due prospettive,

trascendente e immanente, devonointegrarsi con grande discernimen-to, e ciò sarà possibile se superia-mo il pre-giudizio che suscita diffi-denza quando non prevenzione eostilità verso tutte le pratiche chenon abbiano una chiara improntaconfessionale, una sorta di “impri-matur” ecclesiastico. Ci aiuta inquesto l’invito del Vaticano II adaccogliere «laete et reverenter; conletizia e rispetto» le grandi tradi-zioni spirituali e sapienziali delmondo, ravvisando in esse i «semidel Verbo» (Concilio Vaticano II,Ad Gentes, 11).

due eventi significativi

Sullo scenario di ampio respiro cheabbiamo poco sopra illustrato, si sa-rebbero verificati a breve distanza ditempo due eventi di non poco rilievo.Anzitutto la Lettera sulla meditazionecristiana Orationis formas del 1989,emanata dalla Congregazione per ladottrina della fede, e il Catechismodella Chiesa cattolica del 1992. Duedocumenti che portano la firma del-l’allora cardinale Joseph Ratzinger,l’attuale pontefice.La Lettera prendeva lo spunto dal-

la crescente diffusione dei metodi dimeditazione orientale (in nota si ci-tava lo zen e lo yoga, associandoli,impropriamente, alla Meditazione

trascendentale), rilevando come nonpochi ritenessero che la preghieracristiana ne avesse «molto da gua-dagnare». Di tali prassi si sottolinea-va l’importanza che potevamo rive-stire «ai fini di una preparazione psi-cofisica alla contemplazione», manel contempo si faceva appello a un«accurato discernimento di conte-nuti e di metodo, per evitare la ca-duta in un pernicioso sincretismo» esoprattutto per cogliere il giusto rap-porto tra il rientro in sé e l’aperturaalla Grazia, che sono i due inscindi-bili “movimenti” della autentica pre-ghiera.Vero è – riconosceva il documento –

che nella preghiera dell’Occidenteera carente l’attenzione e la valoriz-

zazione delle componenti psicofisi-che della stessa pratica spirituale, inmodo che tutta la realtà della perso-na, che è corpo, psiche e spirito,«viva nell’ambito della preghiera».A questo scopo si riconosceva che«autentiche pratiche di meditazioneprovenienti dall’Oriente cristiano edalle grandi religiosi non cristiane,«... potevano costituire un mezzoadatto per aiutare l’orante a staredavanti a Dio interiormente disteso,anche in mezzo alle sollecitazioniesterne».Un’altra pietra miliare sarebbe sta-

ta segnata di lì a poco dalla pubbli-cazione nel 1992 del Catechismo dicui si è detto. Qui la meditazioneviene trattata con la debita ampiezza

e mette conto riprendere agrandi linee l’insegnamento.

1. «La meditazione è so-prattutto una ricerca orante»(2705 e 2723), che si svolgenel cuore, «il nostro centronascosto» (2563). Infatti «èil cuore che prega» (2562) eche viene restituito alla suavocazione originaria di sededella “memoria di Dio”.2. Gli apporti esterni (il li-

bro della creazione e dellastoria, la pagina dell’oggi diDio, le Scritture sacre, le ope-re di spiritualità, la liturgia, leicone... [2705]) sono finaliz-zati ad aprire il «libro dellavita», per scoprire e discerne-re «i moti che agitano il cuo-re», così da «fare la verità innoi stessi» (2706).3. «La meditazione mette in

azione il pensiero, l’immaginazione,l’emozione, il desiderio... Questamobilitazione è necessaria per susci-tare la conversione del cuore, e percondurre alla conoscenza d’amoredel Signore Gesù, all’unione con lui»(2708). Si noti il carattere intellettivo-volitivo della meditazione.4. La meditazione esige regolarità

(«un cristiano deve meditare regolar-mente») e metodicità («un metodonon è che una guida») (2707). In ter-zo luogo la meditazione comporta«un’attenzione difficile da disciplina-re» (2705): «Quest’attenzione [a Dio]è rinuncia all’io» (2715). E infatti «ladifficoltà abituale della nostra pre-ghiera è la distrazione... Una distra-zione ci rivela ciò a cui siamo attac-

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MEDITAZIONE: TERAPIA GLOBALE

è il cuore che prega

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cati... Qui si situa il combattimento:nella scelta del Padrone da seguire».Per venire a capo della distrazione«basta tornare al cuore» (2729). Di-strarsi è come sottrarsi all’azioneche Dio dispiega in chi attende al-l’orazione.5. La meditazione è finalizzata al

raggiungimento dello stato di ora-zione: «non si può meditare sempre;sempre si può entrare in orazione...È il cuore il luogo della ricerca, del-la decisione e dell’incontro» (2710e 2563).6. Quando la meditazione e l’ora-

zione sfociano nella contemplazio-ne, si raggiunge il «silenzioso amo-re» (Giovanni della Croce): «È inquesto silenzio, insopportabile al-l’uomo esteriore, che il Padre ci di-ce il suo Verbo incarnato, sofferen-te morto e risorto, e che lo Spiritofiliale ci fa partecipare alla preghie-ra di Gesù» (2717). In altri termini,è nel “silenzioso amore” che avvie-ne l’abbraccio del Padre che ci ac-coglie tra le sue Mani: il Verbo e loSpirito.

l’apporto delle neuroscienze

Infine, una sorprendente confer-ma delle potenzialità terapeutichedella meditazione, ossia del suo im-

patto sul piano psico-fisico primaancora che spirituale, ci giunge dal-le neuroscienze, per cui anche direcente, in base alla comune radicedei due termini, si è potuto stabilireun equivalente tra “meditare” e“medicare” (Carlo Ossola, Medita-re, cioè medicare. L’arte di curarsicol pensiero, “Avvenire”, 14 settem-bre 2008 e il “Mattutino” di Gian-franco Ravasi, Meditare è medicare,“Avvenire”, 3 agosto 2011).Il carattere terapeutico della medi-

tazione è diventato sempre più og-getto di approfondimento e di divul-gazione e il presente convegno neoffrirà una prova eloquente. Io mi li-mito a citare un articolo apparso sul“Corriere della sera” del 25 marzodel corrente anno, dal titolo: La me-ditazione “spegne” i pensieri nocivi,nel quale ci si rifaceva a «tre diversetecniche, rispettivamente chiamate“Concentrazione”, Amore-gentilez-za”, “Consapevolezza senza scelta».La prima delle tecniche rimanda aquanto si diceva circa l’uso della gia-culatoria o mantra. La seconda fa ri-ferimento a una modalità classica dimeditazione che si riscontra in ambi-to buddhista, incentrata sulla bene-volenza. La terza richiama la praticadella vipàssana o meditazione osser-vante, cui pure abbiamo fatto cenno.

Quest’insieme di aspetti motiva ilcostante, anzi crescente interesseper una pratica che si è venuta viavia affinando nelle motivazioni. neimetodi e negli esiti, e che preme inuna società sempre più frastornataed espropriata della propria interio-rità. Papa Giovanni Paolo II facevanotare che «la riscoperta dell’orazio-ne mentale è una grazia che arrivaal momento opportuno per santifica-re la Chiesa. Molta più gente – pro-seguiva – sarebbe capace di fareorazione mentale. Ma nessuno glieloha insegnato... Ora, senza questa in-teriorità, i fedeli si sfiatano, la loroazione diventa cembalo sonoro, epure la loro pratica religiosa, se esi-ste, si dissecca».La posta in gioco cui richiama oggi

la meditazione è l’importanza diquello «stare in silenzio davanti alSignore», consegnandosi fiduciosa-mente alla sua azione, come leggia-mo nei Salmi 36/37,7 e 38/39,10.Unicamente a questa stregua la me-ditazione consegue in pienezza ilsuo intento e segna le nostre vite.La perla di gran valoreè nascosta profondamente.Come un pescatore di perle,o anima mia, tuffati, tuffatinel profondo, tuffati ancora più giù, e cerca!Forse non troverai nullala prima volta.Come un pescatore di perle,o anima mia, senza stancarti,persisti e persisti ancora,tuffati nel profondo, sempre più giù,e cerca!Quelli che non sanno il segreto,si burleranno di te,e tu ne sarai rattristato.Ma non perdere coraggio,pescatore di perle, o anima mia!La perla di gran valoreè proprio là nascosta,nascosta proprio in fondo.È la tua fede che ti aiuterà a trovareil tesoro ed è essa che permetterà che quello che era nascostosia infine rivelato.Tuffati nel profondo,tuffati ancora più giù,come un pescatore di perle,o anima mia.E cerca, cerca senza stancarti!

(Swami Paramananda, † 1940)

Antonio Gentili

i “Semi del Verbo” (Vincent van Gogh - Il seminatore - 1888)

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