osservatorio gennaio 2011

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ANNO XVII NUMERO 1 - GENNAIO 2011 - MENSILE POSTE ITALIANE - Sped. in A.P. art. 2 comma 20/C - Legge 662/96 LECCE

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Peridico della Chiesa Madre di campi salentina

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ANNO XVII NUMERO 1 - GENNAIO 2011 - MENSILE POSTE ITALIANE - Sped. in A.P. art. 2 comma 20/C - Legge 662/96 LECCE

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GENNAIO 2011Pag. 2 L'OSSERVATORIO

Composizione Grafica & Stampa MINIGRAF Campi - Tel. 0832.792116

E-mail: [email protected]

L'OSSERVATORIOPERIODICO DELLE PARROCCHIE

SANTA MARIA DELLE GRAZIE e SAN FRANCESCO D’ASSISI

Piazza Giovanni XXIII - Campi Salentina

DIRETTORE RESPONSABILEIlio Palmariggi

DIRETTOREEnnio Monastero

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

Gianfranco PalmariggiRiccardo Calabrese

Mary CantoroGli animatori dell’Oratorio

Anna Maria FiammataAnnalisa Bari

Fratres - Campi SalentinaGiuliano Tuppo Rotunno

Fabrizio ChiriattiFernando Seclì

Proprietà: Parrocchia "S. M. delle Grazie"

C.C.P. 141207371

Registrazione Trib. di Lecce n. 585 del 25/03/94

SS OO MM MM AA RR II OO

Una vocazione convinta e convincente 3

Sangue cordonale 4

Il bullismo 5

Cappella della Vergine del Bosco 6-7

Quattro passi nel tempo (anni ‘70) 8-9

Io, tu, noi, ... Israele in Dio 10

IV incontro di formazione

del Gruppo Famiglie 11

Un caffè con Ninì Calamia 12

Dal fuscello al ramo d’ulivo 13

Marcia della Pace 14

L’abate e la “fuga mundi” 14-15

DDIICCEEMMBBRREE 22001100 // GGEENNNNAAIIOO 22001111BATTESIMIMASCIA RICCARDO 26/12/2010 • CANTORO GIULIO MARIA 26/12/2010GRECO MARGHERITA 26/12/2010 • SIRSI MARIACHIARA 26/12/2010MINELLI CHIARA MARIA 06/01/2011 • CALABRESE IRENE 06/01/2011QUARTA TOMMASO 09/01/2011

FUNERALISCARAFILE POMPILIO 30/12/2010POSO GIOVANNA 01/01/2011SPALLUTO ANTONIA 01/01/2011GHERARDI LUIGI 09/01/2011MINNO VITTORIO 10/01/2011

SITO DELLA PARROCCHIALa Redazione comunica ai suoi lettori che sul sito della Parrocchia:

www.parrocchia-santamariadellegrazie-campisalentina.it,nella sezione “il Giornale” è possibile trovare la copia digitale deL’Osservatorio, con un archivio aggiornato annualmente, da dove si posso-no scaricare tutti i numeri precedenti del periodico ed inviare commenti.L’indirizzo è:[email protected].

Oltre alla “Galleria Fotografica”,è disponibile, nella pagina dei “Contatti”,anche un servizio per contattare la Parrocchia per ogni bisogno. Basta una

semplice ricerca su Google!

EPIFANIA 2011La “Caritas Santa Maria delle Grazie” ha raccolto a favore degli anziani

e disabili le seguenti derrate ed ha offerto e servito fraternamente unpranzo sociale

LA PRESIDENZA NAZIONALE DELL’AZIONE CATTOLICA ANNUNCIA LA SUA PRESENZA IN PIAZZA S. PIETRO A ROMA

IL PRIMO MAGGIO P. V. IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DI PAPA GIOVANNI PAOLO II

Pasta Kg. 138Riso “ 10Zucchero “ 38Biscotti “ 24Farina “ 16,500Pass. pomodoro “ 62,400Caffè “ 4,250Legumi secchi “ 20Legumi in scatola “ 5Tonno “ 6

Pan carré, fet. bisc. kg 5,700 Latte L. 28,500Olio “ 14,500Vino “ 11Succhi di frutta, bibite “ 6,800Marmellata conf. 4Carne in scatola “ 14Sottaceti “ 5Risotti pronti “ 4

Frutta sciroppata “ 2Frutta secca “ 2Merendine “ 14Panettoni N°. 14Spumante “ 3Dolci “ 3The, camomilla “ 3Formaggio “ 2Salame “ 1Sapone liquido “ 1

Si ringraziano calorosamente:i cittadini di Campi che hanno aderito alla raccolta, dimostrando sensibilità e generosità;i giovani che hanno messo a disposizione il loro tempo per la buona riuscita della raccol-ta: Giacomo Civino, Andrea Caputo, Armando Scarafile, Andrea Maci, Vito Franco, SaraFoti Sciavaliere, Giovanni Greco, Virginia Stasi, Fiorella Arnò, Francesca Franco, MariaTeresa De Gaetano. E i giovani della ACR: Martina Palazzo, Ilaria Rollo, Giada Simone,Lorenzo Scarpa.Le volontarie della “Caritas che, come ogni anno, hanno lavorato per allestire il pranzodell’Epifania per anziani e disabili;Tonino Guerrieri e la sua famiglia per il loro contributo fattivo al pranzo;Pompilio Caricato per l’animazione durante il pranzo.

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GENNAIO 2011 L'OSSERVATORIO Pag. 3

Ricevi i l l ibro dellesante Scritture e tra-smetti fedelmente la

parola di Dio, perché germogli efruttifichi nel cuore degli uomini.(Dalla Liturgia).

Con queste parole, pronuncia-te dal nostro Vescovo nella ChiesaCattedrale la sera del 5 gennaio, siè concluso il rito in cui mi è statoconferito il Ministero del Lettorato,simbolo di un cammino che siconcretizza sempre più, giornodopo giorno, al la sequela delMaestro che mi ha chiamato econtinua a riversare su di me laSua fiducia.

Molti, nei giorni precedenti aquesta celebrazione, mi hannochiesto cosa fosse il Ministero delLettorato, anche perché, nellanostra Parrocchia, è meno cono-sciuto per l’assenza di Lettori isti-tuiti, a differenza dei più frequentiministri straordinari dell’Eucaristiaed Accoliti.

Con il motu proprio Ministeriaquaedam, promulgato il 15 agosto1972, Paolo VI abolì gli OrdiniMinori (Ostiariato, Esorcistato,Lettorato ed Accolitato), lasciandosolo gli ultimi due, Lettorato edAccolitato, affermando che daquel momento prendevano il nomedi Ministeri (dal latino Minus stare,stare sotto, servire).

Effettivamente, ogni ministerodella Chiesa non è altro che unservizio che si offre alla comunità,secondo il proprio stato.

Fu decretato che i candidati alSacerdozio ricevessero questiMinisteri e li esercitassero per unconveniente periodo di tempo,affinché meglio si dispongano aifuturi servizi della Parola edell’Altare (PAOLO VI, Ministeriaquaedam, XI).

A colui che è istituito Lettore,quindi, spetta proclamare la paroladi Dio nell’assemblea liturgica;educare alla fede i fanciulli e gliadulti e guidarl i a ricevere iSacramenti; portare l’annunziomissionario del Vangelo di salvezza

agli uomini che ancora non loconoscono (cfr. RITO DELL’ISTI-TUZIONE DEI LETTORI, Omelia edesortazione; ed anche PAOLO VI,Ministeria quaedam, V).

Ma, oltre le cose “da fare”, ilLettorato impegna molto più alivello personale colui che lo haricevuto, perché accresca in lui,soprattutto se candidato alSacerdozio un’unione a Cristomediante la meditazione assiduadella sua parola, per essere daquesta intimamente illuminato (cfr.RITO DELL’ISTITUZIONE DEI LETTORI,Preghiera di benedizione).

A tutti voi va il mio grazie perla vicinanza che in molte occasio-ni, ed in maniera diversa, mi avetesempre dimostrato.

Sicuro della vostra preghiera,continuo ad affidarmi a voi perchéil Signore possa portare a compi-mento ciò che in me ha iniziato,chiamandomi innanzitutto alla vita,e poi a seguirlo sulla via di unaparticolare consacrazione.

Pregate per me perché possadiventare per voi e per chiunqueincontrerò sul mio cammino uomodella Parola, per testimoniare ciòche anche io ho incontrato.

UNA VOCAZIONE CONVINTA E CONVINCENTERiccardo Calabrese commenta il conseguimento del “Lettorato”,

una tappa che lo immette sulla via diritta del sacerdozio

Riccardo Calabrese

COSTUME E SOCIETÀ

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GENNAIO 2011Pag. 4 L'OSSERVATORIO

SANGUE CORDONALE: Puglia al 1° posto in Italia per le donazioni

La Puglia è la prima

regione d’Italia le cuidonne donano il san-

gue del cordone ombelicale persalvare vite umane. Solitamenteil cordone ombelicale viene eli-minato e buttato, ma contienesangue ricco di cellule staminali(le stesse del midollo osseo)che potrebbero aiutare moltissi-me persone malate.

Nel 2009 il centro di SanGiovanni Rotondo (Fg), istituitonel 2007, ha raccolto 2451unità di sangue e ne ha con-servate 645. “Si tratta di ottimirisultati - ha spiegato l’assesso-re alle Politiche della Salute,Tommaso Fiore, intervenuto allapresentazione della campagnaper la donazione di sangue cor-donale - ed è giusto farlo sape-re in una fase in cui si moltipli-cano le critiche, anche ingiuste,al sistema sanitario pubblico.Abbiamo fatto un grosso sforzodi coordinamento con le asso-ciazioni e la risposta dellemamme è stata di alto livello”.

La Puglia si conferma quin-di la regione più attenta edorganizzata per la raccolta e laconservazione del “sangue cor-donale” che è solidaristica (cioèdestinata a tutti i potenzialipazienti in tutto il mondo) e gra-tuita, mentre non è possibile ladonazione autologa (destinata

al solo bambino al quale il cor-done viene prelevato), perchèsconsigliata a livello clinicointernazionale: la conservazionepersonale di sangue cordonalein Italia è quindi vietata. L’ema-tologo Michele Scelsi ha dettopoi che “la grande varietà gene-tica della popolazione puglieserende più facile a livello mon-diale trovare malati che neces-sitano delle nostre donazioni.Lo scorso luglio una unità disangue compatibile è statainviata a Nancy, in Francia, e hasalvato la vita a un paziente. Maarrivano in Puglia unità per inostri malati da Sidney, inAustralia”.

Il direttore della banca delcordone ombelicale, Lazzaro DiMauro, ha spiegato quali sonole malattie curabili con l’utilizzodelle cellule del sangue stami-nale: “Soprattutto i bambiniaffetti da leucemie, malattieematiche, dismetaboliche,

immunologiche e linfomi posso-no essere curati. Ma ci tengo aribadire che nel 2009 la nostra èstata la prima banca, all’avan-guardia per qualità e impianti,per numero di donazioni”.

Per donare il sangue delcordone ombelicale è necessa-rio essere in buone condizionidi salute, in modo tale da mini-mizzare il rischio di trasmetteremalattie al ricevente. I centriospedalieri che aderiscono allaraccolta del sangue del cordo-ne ombelicale in Puglia sono ireparti di reparti di Ostetricia eGinecologia degli ospedali diSan Giovanni Rotondo, Foggia(Ospedali Riuniti ) , Bari(Policlinico, clinica S. Maria,San Paolo e Di Venere), Lecce(Fazzi), Brindisi (Perrino),Taranto (S.S. Annunziata),Corato (Umberto I), Acquaviva(Miull i ) , Tricase (Panico),Bisceglie (V. Emanuele) ePutignano (S. Maria Angeli).

VOLONTARIATO

a cura della Fratres

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GENNAIO 2011 L'OSSERVATORIO Pag. 5COSTUME E SOCIETÀ

Il bullismo c’è sempre statocome eccesso dell’esuberanzagiovanile. Oggi ha passato

paurosamente il limite, al punto dagenerare angoscia nei genitori, sensodi impotenza negli insegnanti e diso-rientamento nella società nel suocomplesso.

Conoscere il bullismo e avereconsapevolezza aiuta a combatterloe a promuovere e realizzare pro-grammi di intervento che hannol’obiettivo di attivare processi dimediazione e di risoluzione dei con-flitti.

Ripensando al proprio passatoscolastico, ognuno di noi può ricor-dare qualche episodio di bullismo. Iltermine infatti fa riferimento a tuttiquei comportamenti prevaricanti chevengono messi in atto da un singoloo da un gruppo nei confronti di unavittima. Gli studi sull’argomento sonorecenti e stimolati soprattutto dallagravità di alcuni episodi accadutinelle scuole. Il problema, rimastoinosservato per lungo tempo, stadiventando di grande attualità edoggetto di intervento. Le varianticomportamentali messe in atto dalbullo sono di vario tipo: dal deridereal picchiare, dallo scarabocchiare suldiario allo strappare i vestiti. Pare siadiverso il bullismo messo in atto daimaschi rispetto a quello femminile. Ilcomportamento da “bullo” maschileè infatti orientato all’agire, ad unaaggressività di tipo fisico, mentrequello femminile sottende un’aggres-sività psicologica, volta a colpire lavittima isolandola in primo luogodalla sua migliore amica. Il bullotende ad agire in gruppo per aumen-tare la sua “forza” e per la necessitàdi ottenere il consenso degli altri. Lasua personalità è di tipo estroverso eriveste una notevole importanza lasua fisicità; sembrerebbe infatti chevi sia una correlazione tra il bullismoe le caratteristiche fisiche corporali.La vittima, invece, ha una personalitàintroversa e con la tendenza all’isola-mento. Circa le cause del bullismo,mentre da un lato gli studi finora con-

dotti ridimensionano alcuni luoghicomuni, dall’altro rimandano a unavisione pessimistica della società nelsuo complesso.

Come afferma Olweus, i ragazziche opprimono e quelli che subisco-no sono il frutto di una società chetollera la sopraffazione in parte percecità e in parte per tornaconto.Risultano scarsamente probanti irisultati degli studi che hanno cercatodi mettere in rapporto il fenomenodel bullismo con particolari situazioniscolastiche. Sembrerebbero infattinon verificate le ipotesi, spessoavanzate dagli insegnanti, secondo lequali l’elevato numero di studenti per

classi e la dimensione della scuolasarebbero correlati direttamente conla presenza di prepotenze. Neppureavrebbero incidenza lo scarso rendi-mento scolastico dei soggetti coin-volti o le condizioni socio-economi-che sfavorevoli. Ciò che invece sem-bra correlarsi stabilmente con ilmanifestarsi di comportamenti pre-potenti è l’atmosfera familiare, in par-ticolare lo stile educativo messo inatto dai genitori. Nessuna famiglia èperfetta, alcune però riescono acreare danni che potrebbero essereevitati, anche in situazioni difficili.Secondo statistiche internazionalidivorzio, separazione, famiglie allar-gate sono condizioni a “rischio” per ifigli ma ancora più forte è il rischioquando in famiglia si vivono violenzedomestiche, abusi sessuali, graviperdite, mancanza di accompagna-mento educativo durante l’infanzia.Quando un bambino è tranquillo efiducioso è più esplorativo, prende

iniziative, reagisce meglio alle pauree agli stress, ha rapporti più serenicon gli altri bambini e al primo insuc-cesso penserà che la prossima voltaandrà meglio.

C’è dunque la necessità di dareai figli quella tenerezza di cui hannobisogno. Oltre all’amore-tenerezza,un figl io deve incontrare anchel’amore-fermezza, ossia una serie diregole coerenti, adeguate all’età euna guida. L’amore-fermezza (che èl’opposto della durezza, della fred-dezza e dell’indifferenza) ha comeobiettivo l’apprendimento gradualedell’arte del vivere, l’acquisizione diuna progressiva autonomia e la fidu-cia in se stessi.

Dire “basta” a questo fenomenoè doveroso, ma è altrettanto dovero-so cominciare a lavorare insieme(famiglia, scuola, parrocchia) anchese la causa non è unica e nemmenounica può essere la risposta da dareal fenomeno.

Il sentimento legittimo di sdegnoper quanto sta accadendo va cana-lizzato in forme costruttive e collabo-rative, senza esaurirsi in interventisuperficiali. Nei momenti difficilicome quello che stiamo vivendo, eche angoscia soprattutto i genitori,che vedono i propri figli protagonistie vittime di un fenomeno intollerabile,sembra necessario utilizzare le emo-zioni per agire positivamente e nonsolo per reagire emotivamente. Peruscire dalle emozioni e imboccare lastrada dell’educazione un primopasso è uscire dalle facili accuse edalle altrettanto facili deleghe perrealizzare un lavoro congiunto e con-creto. Esiste infatti un compito speci-fico che ciascuno può concretamen-te individuare e svolgere per costrui-re risposte sia immediate che a lungotermine uscendo dal dilemma: com-prensione o repressione. Un dilem-ma pericoloso perché si tratta non ditrovare una “formula” né tantomenodi effettuare una scelta, quanto, piut-tosto, di identificare e di adattare unasapiente “dosatura” di queste diver-se modalità.

IL BULLISMOdi Mary Cantoro

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GENNAIO 2011Pag. 6 L'OSSERVATORIO COSTUME E SOCIETÀ

1. INTRODUZIONE

In maniera del tutto particolare,nei mesi di settembre e novembrenumerosi campioti si mettono incammino lungo la vecchia via checonduce a Guagnano diretti verso ilcimitero per far visita ai propri caridefunti.

Due sono le occasioni principa-li che motivano tale peregrinare: asettembre nella domenica in cui sicelebra la memoria della Madonnadel Bosco, titolare della cappella lìeretta, ed a novembre durantel’ottavario in cui si commemorano ifedeli defunti.

2. LA CAPPELLA DELLA NATIVITÀ

DELLA BEATA VERGINE MARIA (DETTA

DEL BOSCO).Nella zona boschiva che sepa-

ra il Comune di Campi da quello diGuagnano, verso la seconda metàdel XVI secolo fu eretta la Cappelladedicata alla Natività della BeataVergine Maria, conosciuta con iltitolo di Madonna del Bosco.

Attualmente abbandonata a sestessa, sempre chiusa al pubblicoperché pericolante, nonostante glisporadici interventi di restauro perevitarne almeno il crollo, al suointerno è custode di tesori pregiatidell’arte del nostro paese, a moltisconosciuti.

L’affresco del IX secolo, diforma ovale, probabilmente di fattu-ra dei monaci basiliani, stabilitisi nelterritorio di Campi, presenta l’ico-nografia tradizionale della Madonnadelle Grazie:

si vede la Vergine SS.masedente su qualche poggio al cuilato destro vi è il Divino Infante inpiedi che col sinistro braccio si ada-gia dolcemente sulle spalle della

Madre e col destro preme unamammella della Genitrice, da cuisprizza abbondante latte.1

Commenta il Serio che l’effigenel complesso è un po’ rozza, maassai espressiva.

Gran merito alla costruzionedella Cappella si deve alla munifi-cenza di alcuni campioti, come D.Vincenzo Trevisi, D. Carlo Maddalo,Giovanni Pagliara e D. Ottavio DeSimone, il quale fornì la Chiesadelle suppellettili necessarie per lacelebrazione e per l’addobbo nellaSolennità della Vergine, custoditenella Chiesa Matrice, come pervolere dello stesso.

2.1. Il corpo della Chiesa.Per la descrizione dello stato

della Chiesa nel passato mi rifaccioalle notizie contenute nei registridell’Archivio Capitolare ed al libro diDon Pietro Serio sulla storia diCampi, perché chi ha redatto que-ste fonti, sicuramente, ha ammiratoanche lo splendore dell’arte che inquesto piccolo Tempio era conte-nuto.

Situata a circa un chilometrodall’attuale fine del centro abitato,la Cappella ricopre un area di pocopiù di 15 m2. Attualmente si accedealla Chiesa per la porta laterale,

essendo stata chiusa nel 1930 circaquella principale che si affacciavasulla via di Guagnano, onde evitareche la Cappella fosse inondatadalle acque piovane.

L’interno della Chiesa, ad unasola navata, racchiude tre altari, dicui nel paragrafo successivo forni-remo una descrizione più precisa.

Alla sacrestia si accedevamediante due porte che si trovanoal lato dell’altare maggiore. All’inter-no di questa, oltre l’artistico lavaboin pietra leccese, si trova la portache permette l’accesso al campa-nile, dotato di una campana rifattanel 1944, perché la precedente furequisita durante la SecondaGuerra Mondiale (1939-1945).

All’interno della Chiesa si trova-va un confessionale che era desti-nato ad accogliere il flusso deifedeli che annualmente, l’8 settem-bre, giorno della Festa dellaMadonna del Bosco, lì accorrevanoper celebrarne la memoria ed ilsacramento della Penitenza al finedi poter lucrare l’indulgenza plena-ria.

2.2. Gli altariDi fronte a quella che era la

porta centrale vi è l’altare maggio-re, al cui centro è collocata l’icona

LA CAPPELLA DELLA VERGINE DEL BOSCO

di Riccardo CalabreseOvale raffigurante la Vergine del Bosco

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GENNAIO 2011 L'OSSERVATORIO Pag. 7COSTUME E SOCIETÀ

della Vergine dipinta sul muro cir-condata da una cornice ovale emunita di cristallo e di un velo diseta duttile ed è posta fra ornamentidi legno elegantemente scolpiti edorati “eleganter sculpta er aurolinita”.

Circa il 1885 la cornice in legnoe gli altri ornati del quadro ovaledella Vergine del Bosco, perchébisognevoli di restauro, furono bar-baramente tolt i e sostituit icoll’attuale pessimo ornato in pietraleccese.

Accanto all’effige di Maria cisono le statue dei santi Gioacchinoed Anna. L’altare fu poi arricchito diun paliotto di marmo artisticamenteintarsiato ed arabescato con marmicolorati.

Al lato dell’altare ci sono ledue porte per l’accesso nella sacre-stia. Due cornucopie lavorate edorate, donate dal già citato D.Ottavio De Simone, fanno corona ailati della mensa. L’accesso al pre-sbiterio è delimitato da una balau-stra in pietra leccese, ricoperta dauna pittura in finto marmo. Sullepareti laterali, contornate da unacornice si stucco, ci sono le teledella Visitazione di Maria alla cuginaElisabetta e dello Sposalizio dellaVergine, entrambe di forma ovale.

Nella Chiesa, alla destra ed allasinistra del presbiterio, si trovanoaltri due altari dedicati rispettiva-mente a Sant’Isidoro ed allaMadonna di Costantinopoli. Il primodi questi è fornito di una telaritraente il Santo Vescovo; il secon-do, prima dedicato a Sant’Antonio,racchiude un quadro raffigurante laVergine Maria seduta che reca sulleginocchia Gesù Bambino che porgeun piede al bacio di Sant’Antoniogenuflesso.

2.3. Lo stato attuale della

Chiesa.È difficile trovare parole per

poter descrivere lo stato attualedella Cappella della Madonna delBosco.

Il corpo della Chiesa, abbando-nato a se stesso, non ha più il pavi-mento, ed è utilizzato come deposi-to per i materiali da utilizzarsi per ilavori di restauro, fermi ormai da piùdi dieci anni.

Non vi sono più le quattro tele,precedentemente descritte, e nonsaprei fornire l’attuale ubicazione.Dei dipinti resta solo l’ovale raffigu-rante la Vergine posto sopra l’altaremaggiore, la cui mensa da nonmolto tempo è stata trafugata.Mancano anche le statue dei santiGioacchino ed Anna che adornava-no i lati di detto altare.

La sacrestia è rimasta presso-ché invariata, con il lavabo in pietra

e la porta che consente l’accesso alcampanile, da cui pende la campa-na ormai, da anni, silente.

La benevolenza del Signor PinoPignatelli ha permesso che almenoil simulacro settecentesco dellaVergine fosse risparmiato alle bar-barie di alcuni collezionisti spietati,traslandolo dapprima nella ChiesaMadre, ed ora, dopo esser statorestaurato, nella Cappella dei SacriCuori, da dove viene traslato per laveglia di preghiera e la celebrazionedella Santa Messa nei giorni dellafesta.

Nel frattempo ci auspichiamouna ripresa dei lavori affinché nonvenga trascurato un così grandetesoro o, almeno, quel che ne resta.Fosse anche solo per evitare che lesalme dei defunti stazionino nellafredda e sterile camera mortuaria o,per meglio dire, sala per l’autopsia!

1 P. SERIO, … Attraverso dieci secoli di storia patria. Appunti per una storia di Campi Salentina, La Modernissima, Lecce 1967, p. 531

Cappella “Vergine del Bosco”

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GENNAIO 2011Pag. 8 L'OSSERVATORIO COSTUME E SOCIETÀ

Quattro passi nel tempo - Gli anni ‘70

….. E fu proprio la strage diPiazza Fontana, a Milano i l 12dicembre 1969, a segnare lo scia-gurato inizio degli “anni di piombo”.Un decennio di terrorismo brigatistache, partendo da lontano (settem-bre nero in Giordania, sequestro diatleti israeliani alle Olimpiadi diMonaco, colpo di Stato dei militaricileni), arriva anche in Italia tingen-dosi di rosso e di nero in una catenaperversa di colpi e contraccolpi,attraverso stragi e sequestri, atten-tati e omicidi.

Anche la mafia fa la sua parte,e non piccola. Dal rapimento delgiornalista palermitano Mauro deMauro, mai più ritrovato, all’uccisio-ne del procuratore capo di PalermoPietro Scaglione; dalla strage diPunta Raisi, all’assassinio del com-missario Luigi Calabresi; dallabomba esplosa tra la folla davantialla questura di Milano, al rapimentodel giudice Mario Sossi. Poi nel ’74la strage di Piazza della Loggia aBrescia e l’esplosione di una bombasul treno Italicus.

Ancora rapimenti: del piccoloPietro Garis, r i lasciato con unriscatto di 600 milioni; di GiovanniBulgari; di Guido De Martino, figliode segretario del PSI; del piccoloMirko Panattoni. E ancora assassi-nii: di Pierpaolo Pasolini, del giudiceVittorio Occorsio, del giudiceCesare Terranova, del giornalistaCarlo Casalegno. Si ha l’impressio-

ne che le forze del male abbianopreso il sopravvento e che lo Statosia estremamente debole malgradole indagini, i processi e le condanne.Sino al fatidico 16 marzo 1978 conl’agguato ad Aldo Moro e il ritrova-mento del suo cadavere 55 giornidopo. E ancora l’uccisione delsegretario provinciale della DC diPalermo, Michele Reina; del giorna-lista Nino Pecorelli; del capo dellasquadra mobile di Palermo BorisGiuliano; del giudice CesareTerranova.

Alla ininterrotta sequela dimisfatti si aggiungono anche cala-mità naturali e incidenti: terremoto

nel Friuli e in Umbria, caduta dellafunivia del Cervino, sfregio alla Pietàdi Michelangelo (neanche le opered’arte vengono risparmiate).

Ma sono anche gli anni dellaprima bambina in provetta, deigrandi progressi in medicina e chi-rurgia, dei trapianti di organi, dellaTV a colori, del premio Nobel per laPace a Madre Teresa di Calcutta,dei campioni sportivi nei mondiali:Sara Simeoni, Novella Calligaris,Gustavo Thoeni, Felice Gimondi.

Intanto tra polemiche e referen-dum entrano in vigore la legge suldivorzio e quella sull’aborto, conpiena soddisfazione delle femmini-ste che già da tempo premevanoinvocando la cosiddetta “liberalizza-zione delle donne”. A nulla valgono imovimenti cattolici e gli appelli delPapa Paolo VI che ci lascia nel ‘78.Gli succede Albino Luciani, colnome di Giovanni Paolo I, ma il suopapato dura solo 33 giorni, per unamorte improvvisa e inspiegabile. Ilnuovo Papa Carol Wojtyla, GiovanniPaolo II, viene acclamato con entu-siasmo e così pure, due mesi prima,il nuovo presidente della repubblicaSandro Pertini.

Nella nostra Campi gli anni ’70vedono l’ininterrotta amministrazio-ne del Sindaco dott. Nicolò Calamiafino al 1978, quando gli subentra il

di Annalisa Bari

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L'OSSERVATORIO Pag. 9GENNAIO 2011 COSTUME E SOCIETÀ

prof. Salvatore Quarta. Sono gli annidella nuova sede della Pretura in viaNino Di Palma; delle prime macchi-ne fotocopiatrici (Sicoli e Romano);della prima scuola di danza dellesorelle Di Lecce; dell’apertura dellascuola Media Statale coi presidiArmando Biscozzo prima, e MarioFalco dopo; dei Decreti Delegaticon la prima elezione degli organicollegiali; della prima stazione radio“Studio 105” di Bruno De Matteis;dell’apertura del circolo tennis“Sporting Club”.

Le associazioni culturali sifanno carico di promuovere attivitàche servano da stimolo alla creati-vità e alla formazione personale,come mostre di pittura e di artigia-nato, concorsi di poesia e cinefo-rum parrocchiale. Quest’ultimo conl’intento di orientare verso film pulitiquali: “Anonimo Veneziano”, “Il giar-dino dei Finzi-Contini”, “LoveStory”, contro il dilagare del genereerotico: “Emmanuelle”, “Ultimotango a Parigi”, “Malizia”, “Profumodi donna”, “La sbandata”, dove leattrici appaiono seminude e sen-suali, oppure del genere violento ehorror come “Arancia meccanica”,“Il padrino”, “The Rochy horror,“L’esorcista”.

Sulla scia degli spettacolid’intrattenimento nazionali, le asso-ciazione AIMC e il CIF, in occasionedella “Festa della Mamma”, organiz-zano spettacolini di recitazione,ballo e canto per bambini e giova-nissimi, accompagnati dal “Piccolocoro Pio Arnesano” presso la Casadel Fanciullo o nella nuova sala delcinema Ducale, costruita dove untempo c’era l’arena. Persino i lCalasanzio si decide ad aprire il suosalone alle feste dei giovani.

Nella loro progressiva evoluzio-ne le famiglie, tutte, non possonofare a meno del telefono in casa, delbagno con vasca e doccia, delriscaldamento centralizzato,dell’automobile ormai anche inmano ai diciottenni, appena vieneabbassato il raggiungimento dellamaggiore età.

I giovanissimi sono tutti conta-giati dal “travoltismo” e dalla “feb-bre del sabato sera” e, proprio gra-zie alla disponibilità di auto (impaz-za la 126 FIAT con autoradio estrai-bile), si allontanano dal paese, cono senza il consenso delle famiglie,

per raggiungere le discoteche chesorgono come funghi nei dintorni.Anche Campi, infine, conquista lesue: “Sensational” nel r ionePalombaro e “Defy Nigt” in viaLecce. La musica è quella rock, gliatteggiamenti quelli degli hippy.

Nel 1970 scompare il canonicoDon Pietro Serio, ultimo rappresen-tante del Capitolo storico di Campi;nel ‘73 viene inaugurata una fontanamonumentale, dedicata ai caduti,nella nuova villa di fronte all’ospe-dale; nel ’75 viene ultimata e inau-gurata la chiesa annessa all’IstitutoMamma Bella.

Le Parrocchie danno inizio aicorsi di preparazione prematrimo-niale, e si avvia la scuola di catechi-smo tenuta da laici, a seguito dellapartenza da Campi delle suore diSant’Anna, tra il dispiacere dellapopolazione per l’opera svolta indecenni di attività. Altre Suore, quel-le Salesiane del Sacro Cuore, arri-vano a servizio dell’ospedale, presi-dente il Sig. Gino Grasso.

Intanto la crisi petrolifera impo-ne qualche rinuncia: il 2 dicembredel ’73, prima domenica di auste-rità, i cittadini riscoprono il piaceredelle passeggiate in bicicletta, degliincontri in famiglia, dei divertimentitradizionali.

Nella notte tra i l 14 e i l 15novembre 1976, un evento inaspet-tato coglie di sorpresa i cittadini: iltrafugamento della statua d’argentodi Santo Oronzo dalla chiesa madreche viene percepito come il più

grande atto sacrilego nei confrontidell’amato Santo Patrono.

Nel 1979 Don Carmine vieneaffiancato nella carica di arcipretedal giovane Don Gigi Manca, e puòdedicarsi anima e corpo alla reda-zione del bollettino parrocchiale “Infamiglia”, sua creatura già da undecennio, e al “Centro studi AlbinoGuerrieri” da lui voluto per promuo-vere la cultura e garantire la conser-vazione della Storia locale.

I nuovi costumi e la mutatamoda si palesano anche nella casadi Dio. Così gli ex conviventi si spo-sano in chiesa e i defunti senzasacramenti sono benedetti ai piedidell’altare; ai giovani in maglioncinodolce vita e jeans, alle ragazze inminigonna e tacchi a spillo, in maxi-gonna e stivali, con braccia scoper-te e viso truccato, non fa caso piùnessuno.

A Campi, nel referendum perl’abrogazione del divorzio, su 5.980votanti, lo scarto tra i SI e i NO è disoli 479 voti che rappresenta, anchequesto, un segno evidente delmutamento dei tempi.

Ma accanto al bisogno dilibertà e di trasgressione, sul finiredel decennio si percepisce una granvoglia di pace, di cose semplici e dinatura, soprattutto di sentimenti. Sicanta “Chi non lavora non fal’amore”, “Pensiero stupendo” maanche “Tanta voglia di lei”, conchiaro riferimento all’amore coniu-gale, quello che dura per la vita.

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GENNAIO 2011Pag. 10 L'OSSERVATORIO

Io, Tu, Noi ..... Israele in DioTRA SMARRIMENTO E CONDIVISIONE

CERCARE DIO CON I PERSONAGGI DELL’ANTICO TESTAMENTO

Negli ultimi tempi, neldiscorrere tra noiuomini, l’idea di smar-

rimento si fa sempre più forte,riferendosi talvolta a tutto e aniente: smarrimento della fami-glia, del sociale, della scuola,della tradizione, della morale,della politica, della giustizia, dellafede, della spiritualità.

Il singolo imputa lo smarri-mento alla società come se egline fosse fuori, alcuni ambientisociali attribuiscono lo smarri-mento all’uomo singolo come seessi ne fossero fuori, questo, pur-troppo, accade anche nel-l’ambiente cattolico tra il singolobattezzato e la Chiesa in sensolato.

C’è chi addita lo smarrimentoal generale e chi al singolo. Ma ilgenerale e il singolo non sonointerdipendenti fra di loro? I lgenerale non è forse la sommadei singoli? E’ necessario cheognuno prenda coscienza e ripar-ta da se stesso, ma non da solo :ci sono cose o situazioni dove noibastiamo a noi stessi ed altre checoinvolgono il profondo dellanostra umanità, per cui senzal’altro, non possiamo farcela.

Ma l’uomo cerca l’altro? Enell’altro cosa cerca? Il miracolo,qualcuno che risolva il suo smar-rimento: psicologi che dicano ciòche egli vuol sentir dire, orosco-po, maghi, gratta e vinci, pseudodevozioni, pseudo religioni capacidi esaltare per soffocare l’ango-scia di smarrimento.

Smarrimento è solitudine, èentrare nel caos dei modelli diuna cultura dominante che spes-so non rispetta la inevitabile fragi-lità dell’uomo, è aderire a facilientusiasmi.

Ma quello che spesso accadeè che quando sembra di aver toc-

cato il cielo, di essere felice, distare bene con il proprio proble-ma, è proprio allora che si vieneassaliti dall’insoddisfazione, dallaconfusione, dalla delusione, daldubbio, dalla paura, dal turba-mento: è allora la fine di quelleche erano credute essere certez-ze.

La causa di smarrimento è,quindi, la mancanza di certezzache nel linguaggio cristiano vieneindicata con la parola “Speranza”e che, non a caso, PapaBenedetto XVI ha riproposto conl’enciclica Spe Salvi.

L’uomo può combattere que-sta assenza di certezza cercandonon una verità qualsiasi, ma laVerità eterna con fiducia e con-vinzione nella ricerca: “chiedete evi sarà dato ……” ( Mt. 7,7 ) , nonda solo, ma condividendo insie-

me a chi cerca con coerenza.Nell’Antico Testamento pos-

siamo cogliere personaggi che diDio hanno fatto l’unica certezzadella storia. Entrare in relazionecon essi è entrare in relazione conla loro fede e la loro umanità.Ogni uomo può riviversi attraver-so la loro storia senza paura distaccarsi dal mondo. La loro cer-tezza in Dio, non li ha estraniatidal mondo, ma, al contrario,hanno vissuto intensamente il lorotempo nel tessuto sociale provatoanch’esso, come il nostro, da tra-sformazioni che hanno datosmarrimento.

Leggere la Bibbia è decisioneall’incontro, all’imprevedibilità,alla rottura di uno stile di vita peruno nuovo. Perché proporre unpercorso che ha come tema difondo Io, Tu, Noi ………..Israelein Dio ?

Perché Israele con tutti i suoipersonaggi di rilievo è ciascuno dinoi, la sua storia è la storia di cia-scun uomo di ieri, di oggi e didomani, è la storia di ogni io, diogni tu che amiamo o che incon-triamo per strada, è la storia ditutti noi in Dio. Entrare in relazio-ne con la Bibbia è un ascoltarsinell’ascoltare, un gioire con chigioisce, un attendere con chiattende, è indignarsi con chi siindigna e provare colpa sincerauscendo allo scoperto e mollarela foglia di fico mettendosi a nudoe accettando la punizione e subi-to dopo la misericordia di Diononostante la tentazione di decli-nare ad altri le nostre responsabi-lità (Gn. 3,8-9-10…).

Da tutto ciò nasce la volontàdi tematiche mensili legate a sto-rie di personaggi anticotestamen-tari che partono dai Patriarchi aMosè al popolo eletto, ai salmistifino ai profeti.

di Giuliano Tuppo Rotunno

CULTURA e RELIGIONE

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GENNAIO 2011 L'OSSERVATORIO Pag. 11

IV incontro di formazione del Gruppo Famiglie

Si è tenuto domenica 9Gennaio ore 17,00 il4° incontro di forma-

zione del Gruppo Famiglie daltema: Come può la famiglia evan-gelizzare e contribuire alla pace?

È stato invitato a trattarel’argomento don Raffaele Bruno,responsabile locale dell’Associa-zione Libera e cappellano delcarcere di Lecce.

Don Raffaele nel suo discor-so ha fatto un “focus” molto inte-ressante sulla famiglia, toccandodiversi aspetti sociali: dalla vio-lenza in famiglia alla relazionesponsale che porta i coniugi adiventare “una carne sola”.Partendo dalla constatazione chementre i tassi di criminalità gene-rali diminuiscono, aumentanoinvece i casi di violenza proprionelle famiglie, si è arrivati a consi-derare come sia importante, perla famiglia, la capacità di instau-rare relazioni di pace.

Nel nostro tempo infatti, ilsenso delle relazioni è determina-to da una cultura che mette l’io alcentro dei rapporti e questoavviene anche nella coppia.Infatti, mentre da una statisticaemerge che solo 11 minuti algiorno la famiglia riesce a ritro-varsi insieme, ognuno dedica

invece in media ben 17 minutiogni giorno a guardarsi nellospecchio. Occorre allora recupe-rare una dimensione comunitariaproprio perché oggi si vive spes-so da estranei nella stessa casa.

La famiglia è diventata perciòessa stessa un luogo da pacifica-re e per educare alla pace occor-re riscoprirsi bisognosi di com-plementarietà.

Inoltre – ha concluso donRaffaele – la famiglia deve risco-prire anche la dimensionedell’annuncio, della testimonian-za della visione di Dio sull’uma-nità, vivendo quindi ciò che Gesùchiede nel Capitolo 17 delVangelo di Giovanni e cioè divivere relazioni di unità fino adiventare una cosa sola.

La famiglia è quindi unosnodo cruciale per vivere relazio-ni che costruiscono il Regno diDio e per aprirsi con l’ascoltoreciproco ad una dimensionerelazionale di prossimità dacostruire anche nella comunitàparrocchiale.

Il prossimo incontro di forma-zione del Gruppo Famiglie si terràil 13 febbraio alle ore 17,00 pres-so il Centro catechistico è il temasarà: La famiglia nella DottrinaSociale della Chiesa.

Fabrizio Chiriatti

FAMIGLIA e CULTURA

L’adolescenza è la fase di pas-saggio dall’infanzia all’età adulta, maanche il momento più difficile nellavita di un genitore, che si ritrova incasa un figlio che – spesso – non rie-sce a capire. In sessantacinque puntiGustavo Pietropoll i Charmet eLoredana Cirillo affrontano – insiemea un team di specialisti – i problemicon cui mamme e papà devono fare iconti ogni giorno e danno delle rispo-ste concrete ed efficaci. Chi è l’ado-lescente? Come comportarsi con unfiglio che racconta bugie? E a cosaservono le sue bugie e le reticenze?Si può leggere il diario segreto lascia-to sulla scrivania, o peggio nascostonel cassetto? Ma sarà poi tutto veroquel che c’è scritto? Dalla camerettaoff-limits al “non rompere”, dal copri-fuoco notturno alla scoperta dellasessualità, un libro che – con un lin-guaggio immediato e chiaro – aiuta igenitori nel loro compito.

AdoleScienza.Manuale per genitori e figli

sull’orlo di una crisi di nervi

Cirillo Loredana, Pietropolli Charmet Gustavo

Edizioni San Paolo, Prezzo di copertina: € 15,00

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GENNAIO 2011Pag. 12 L'OSSERVATORIO TERRITORIO

UN CAFFÈ CON NINI’ CALAMIAdi Gianfranco Palmariggi

Il nome di Ninì Calamia èstrettamente legatoall’ospedale di Campi

Salentina. Quali sono le suesensazioni a vederlo in agonia?

Provo immenso dolorequando penso alla “questione”ospedale. Più volte sono statoinvitato, negli ultimi tempi, apartecipare a manifestazioniper difendere il nostro luogo dicura ma ho dovuto declinare gliinviti ricevuti per il dolore cheprovo per quello che sta acca-dendo. Il mio impegno per lastruttura ospedaliera di Campiè stato enorme. I funzionaridella Regione Puglia mi cono-scevano bene, andavo conti-nuamente a Bari per chiedere ifondi necessari per terminare lamoderna struttura ospedalieradi Campi. I finanziamenti, però,in quel periodo non erano maisufficienti in quanto vi era untasso d’inflazione altissimo. Isoldi, che arrivavano, in ritardo,risultavano essere inadeguaticon quanto veniva richiesto.

Per essermi impegnato peravere un nuovo ospedale aCampi sono stato perseguitatodalla Magistratura, sono andatoin galera. Sono stato, in segui-to, prosciolto da ogni accusa.

A chi dare la colpa per lachiusura del nostro ospedale?

La prima chiusura il nostroospedale l’ha subita quando imedici si rifiutarono di conti-nuare a svolgere il loro lavoronella vecchia struttura di viaNovoli. Soprattutto i Medici, inquella occasione, non ebbero

la pazienza di aspettare il tra-sferimento dal vecchio al nuovonosocomio. L’ospedale diCampi, per la prima volta fucostretto a chiudere. In seguitovi è stato il ridimensionamentovoluto da Fitto ed adesso quel-lo proposto dal GovernatoreNiki Vendola.

Qual’è la sua ricetta affin-ché si possano dare dellerisposte significative ai biso-gni di diagnosi e cura delnostro territorio?

Purtroppo i cittadini piùbisognosi saranno i più penaliz-zati. Chi avrà bisogno di curedovrà imparare a cercare gliospedali che sono diffusi sututto i l territorio nazionale.Bisogna ricordare che il nostroospedale serviva un bacino diutenza di circa 100.000 perso-ne ed adesso purtroppodovranno cercare altri luoghi incui curarsi. Si deve tenere pre-sente che al momento nonconosciamo i sevizi alternatividi diagnosi e cura che devonoessere erogati sul nostroterritorio.

Chi lo avrebbe mai pensato che ilnostro ospedale, nel terzo millennio,avrebbe cessato di esistere. Il piano diriordino ospedaliero voluto dalGovernatore Vendola, infatti, prevedela riconversione in struttura extra-ospedaliera del nostro nosocomio.Precisamente diventerà presidio terri-toriale per la gestione delle cronicità(con particolare riferimento alle croni-cità immuno-mediate ed ambiente-correlate). Modello assistenziale inno-vativo, nato nel Salento e precisamen-te a Campi Salentina. Quello IMID(Immune Mediated InflammatoryDisorders) è, infatti, un progetto socio-sanitario che trae origine dal principioper i l quale medici ospedalieri epazienti si impegnano a perseguire unobiettivo convergente, che è, nellospecifico, l’implementazione di unmodello assistenziale efficace, effi-ciente ed economico, in grado disoddisfare il bisogno di presa in caricodi un vastissimo numero di quadripatologici riferibili alle malattie infiam-matorie croniche immunomediate eambiente-correlate (IMID).

Signori, in parole povere chiudonol’ospedale per aprire un centro diricerca.

SIGNORI, SI CHIUDE

Ninì Calamia

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GENNAIO 2011 L'OSSERVATORIO Pag. 13CULTURA

Il segreto che generala storia di una vitaumana si concentra

in una verità tanto semplicequanto spesso ignorata: lapresenza di un padre e diuna madre. Anche quandola vita è affidata nel suosorgere alle abil ità delmedico, è di per sé neces-saria, oltre che imprescin-dibile, la presenza di quan-to gli addetti ai lavori chia-mano “materiale biologico”riconducibile a due sogget-ti, che, solo per questofatto, fornire la “materiaprima” esistono, senzaesserlo esistenzialmente,come padre e come madre.

Nella lingua greca tro-viamo il termine orphanósche signif ica “privo delpadre”; ma interessante ènotare che il termine ha lastessa radice del latinoorbus, che vuol dire “privodella vista”, che vede pocoo male.

Perciò, quando in unaqualsiasi biografia leggia-mo di qualcuno rimastoorfano, o quando per leesperienze della vita, lanostra esistenza è “inter-cettata” da esseri umaniprivati del padre (o dellamadre), il primo sentimentoche pervade l’animoumano è quello di com-passione. Spesso si provaun fremito che attraversal’anima e che suggeriscecome primo segno diattenzione verso quel-l’essere umano l’abbassarelo scudo della propria dife-sa, così come fa un guer-riero in lotta che si disarmaquando non si senteminacciato da alcun peri-colo. Dal disarmo alla soli-darietà il passo è breve.Può essere che risuonil’eco del “poteva capitare ame” ad accendere la pre-

mura. Perché tutto questo? Forse perché l’essere

orfani è come mostrarsispogli e fragili, senza lacorteccia che protegge illegno vivo. Rimane peròincontestabile una verità, ecioè che un padre è“padre” se c’è una madre eun figlio, e una madre è“madre” se c’è un padre eun figlio. Padre e madrehanno la missione di libera-re il figlio dal bisogno, farlocrescere, renderlo autono-mo, capace di progetti e diprendersi cura di sé e delprossimo, così che possapercorrere un camminoelevato e di santità. Ma avolte il sogno s’infrange! Siresta orfani. L’orfano diven-ta colui per il quale la storiadeve rifarsi. L’orfano siaffaccia da eroe sullascena della vita, ed anzinoi, come spettatori, ciritroviamo desiderosi dicondividere con lui quelmanto di grandezza che loavvolge.

Non si hanno scorte nériserve, e nella miseria delleproprie tasche vuote sicerca almeno la più piccolamoneta con cui comprarsila vita. O rubarla. La giac-chetta nera, piccola e stret-ta, come quella di Charlotcon i suoi pantaloni corti ele scarpe grandi, sonosegni di un’assenza, quelladel padre. Se i l padreriscalda con la sua presen-za, la giacca della vitasarebbe a misura, i panta-loni e le scarpe sarebberol’ordine e la protezione giu-sta per non cadere nelviaggio della vita. Il veroviaggio, infatti, è quello dicolui che sa da dove partee, anche se non è ben pre-cisata la meta, questa sipreannuncia perlomeno daltipo di territorio attraversa-

to. La destinazione compa-rirà. Il viaggio sarà “protet-to” da quella piccola bisac-cia della propria esperienzadi vita e dalla memoriadelle proprie origini paterneche, come l’alveo di unfiume, guidano e orientanoil f luire delle acque delnostro cammino esisten-ziale.

Il viaggio si trasformain smarrimento, invece,quando il luogo del ricordoe della propria memoriastorica è cancellato odistrutto, abitato solo dalguado stagnante del pre-sente, senza passato néfuturo.

La Patria è “padre”, laterra che si abita, i valoriper cui si vive sono“padre”; ma anche la fedeche innerva la vita comequella di Abramo, in cui lospazio della fiducia e quellodella ragione coincidonofino a una “follia” che com-muove.

Nel codice dell’Alleanzaè scritto: “Non maltratteraila vedova o l’orfano. Se tulo maltratti, quando invo-cherà da me l’aiuto, ioascolterò il suo grido, e lamia collera si accenderà evi farò morire di spada…”(Es 22, 21-23).

Nel Deuteronomio tro-viamo: “Non lederai il dirittodello straniero o dell’orfano… ma ti ricorderai che seistato schiavo in Egitto eche di là ti ha liberato ilSignore tuo Dio” (Dt 24, 17-18).

Anche il salmista dice:“… il Signore protegge lostraniero, egli sostienel’orfano e la vedova…” (Sl146, 9). Tutto questo sem-bra a riprova del fatto chel’aiuto che Dio offre all’orfa-no (o alla vedova) è atto digrande valore, esprime

grandezza e onnipotenza; èproprio di un re che siprende cura del suo popo-lo, è misura della sua mise-ricordia: tanto grandequanto piccolo e insignifi-cante è quell’essere che siimpegna a proteggere.

Per Giacomo “Una reli-gione pura e senza mac-chia davanti a Dio nostroPadre è questa: soccorreregli orfani e le vedove nelleloro afflizioni e conservarsipuri da questo mondo” (Gc1, 27).

Nella scena giovanneadell’addio, Gesù chiama isuoi discepoli “figlioli” perdir loro “Non vi lacerò orfa-ni, ritornerò da voi” (Gv 14,18).

Gesù fa comprendereche con la morte lascereb-be una umanità di orfani,ma come Padre, amorevolee premuroso, rassicuradella Sua presenza.

L’essere privati delpadre, allora, è un atto chesi consuma definitivamentenella perdita di un propriointimo legame con i lSignore. La scintil la delSuo amore aiuta lo svolger-si della vita. Senza di essa,infatti, vi è la schiavitùdipinta sui volti sporchi difango di esseri umanidenudati e scalzi, nutritisolo di violenza, con occhicupi e spalancati su unfuturo che non c’è.

Evitare che vi sia qual-cuno in questa condizione,fare da padre (o da madre)a chi non ce l’ha, è farecome Cristo ha fatto, ècompiere “quella religionepura e senza macchiadavanti a Dio nostroPadre”, con cui si esprimequell’atto misericordiosotanto grande che è il donodella libertà.

Dal fuscello al ramo vivodi Anna Maria Fiammata

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GENNAIO 2011Pag. 14 L'OSSERVATORIO CULTURA e RELIGIONE

Novoli, 15 gennaio 2010

L’Azione Cattolica Diocesana, quest’anno, ha organizzato la mar-cia della pace nel paese del fuoco, Novoli, per ricordare che nelpaese d’origine di Sant’Antonio Abate ci sono molti disordini, guerri-glie ed è per questo che i responsabili hanno voluto pregare proprioper la pace ai piedi di Sant’Antonio.

Anche il mio gruppo di ACR di Campi ha partecipato a questogrande incontro. Siamo partiti a piedi, come facevano i nostri nonni,nel primo pomeriggio; arrivati in piazza Regina Margherita, dovec’erano gli altri gruppi, abbiamo cantato, ballato e dopo il saluto delnuovo responsabile di AC, don Antonio Montinaro, è iniziata la marciaper le vie del paese arrivando vicino al Santuario del Santo, dove cihanno accolto il nostro Arcivescovo, il sindaco di Novoli, il parroco e iresponsabili.

L’Arcivescovo nel salutarci ha detto che noi dobbiamo accendereil “fuoco della pace”.

Poi tutti insieme, abbiamo ripreso la marcia verso la focara percompletarla con le fascine colorate con i nostri messaggi di pace. Èstato bello vedere il nostro Arcivescovo salire sulla focara per mettereuna di queste fascine. Abbiamo cantato, pregato per la pace e dopola benedizione dell’Arcivescovo siamo ritornati alle nostre case, conla speranza della fine di tutte le guerre, per vivere in un mondo dipace.

Federico

MARCIA DELLA PACE L’abate e la“fuga mundi”

di Fernando Seclì

Forse all’ immaginariocollettivo di questanostra cultura massifi-

cata i monaci del quarto secolopossono apparire un po’ comedegli hippies ante litteram, affini aquei clichè del “genio ribelle”comuni a tanta letteratura con-temporanea.

In effetti queste figure di soli-tari scapigliati e vestiti di sacco,che rifiutavano l’ordine costituitoper versare in uno stato di assolu-ta indigenza e indipendenza ricor-dano in qualche modo i formatesistenziali propri dei beatniksAnni Cinquanta, degli anarchici edei rivoluzionari di tutti i tempi.

Ma la verità è esattamente ilcontrario dell’apparenza, dato chela rivoluzione monastica si svi-luppò sul versante opposto aquello dei rivoluzionari d’elezione.Infatti il monaco era tale per voca-zione e non per elezione. E ilmonachesimo eremitico miravaall’annullamento di sé per glorifi-care l’ordine dell’amore, laddovehippies e bohèmiens mirano inve-ce alla glorificazione di sé perannullare l’amore dell’ordine.

L’ anarchico contesta ognilegge che limiti l’onnipotenza delsuo arbitrio, delle sue voglie edella sua personale esaltazione; alcontrario il monaco persegue unavita di rinuncia, che ha un suostatuto e un sua regola asceticasemplice ma impossibile per noiafflitti da troppi bisogni: povertà,lavoro, elemosina, digiuno,castità, penitenza, obbedienza epreghiera. Tutti i giorni fino allamorte.

Al mondo decadente e vio-lento del tardo ellenismo – percerti versi tanto simile al nostro -Antonio e i suoi monaci opposerol’ideale monastico non solo comestrumento di santificazione maanche come terapia di ricostitu-zione dell’unità dell’uomo. Peruomini divisi.

I l principio aureo è chel’uomo appartiene alle cose chegli appartengono. E’ questa èanche l’eterna trappola che ciimprigiona proprio quando pen-siamo di essere diventati più liberidalle cose grazie alle cose stesse.

Quando cominciamo a chie-derci se l’automobile o la televi-

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GENNAIO 2011 L'OSSERVATORIO Pag. 15CULTURA e RELIGIONE

sione o il cellulare o Internet sono unaliberazione o una schiavitù, è forse trop-po tardi per fare delle scelte. Nello sta-dio avanzato la metastasi delle dipen-denze non ci darà più tregua. Oggicome allora.

E’ per questo che il monachesimoviene a rovesciare visioni e progetti divita.

La povertà era la condizione prima-ria. Chi voleva abbracciare la vita mona-stica doveva rendersi povero come gliultimi, come i reietti, come coloro chenel lessico biblico sono detti“anahwim”, i senza-terra, quelli che nonhanno nemmeno una zolla. Ma soprat-tutto doveva rendersi povero nello spiri-to, rinunciando alla stima di sé, all’orgo-glio e ad ogni residua ambizione.

Il deserto era uno spazio alternati-vo all’arena del mondo, e nel deserto ilmonaco doveva realizzare quotidiana-mente la sua personale “fuga mundi”rinnegando con semplicità di cuore per-fino il ricordo della sua casa d’origine.Per vivere cioè da accampato in unacondizione di totale “forestierietà” -quella che veniva detta “xeniteia” - sulmodello del patriarca Abramo, del pro-feta Elia e di Giovanni il Battista.

Nel deserto è la stessa povertà chesi costituisce in “fuga mundi”, con larinuncia al denaro, alla casa, al lusso,alla famiglia, all’abito, alla cura delcorpo, alla vita pubblica, alle suggestio-ni del piacere, al l ’ozio, al sonno,all’istruzione profana, insomma allacostituzione materiale dell’esistere.

Senza beni ed ansie di possessol’uomo-monaco si riforma in un idealemonotropico che mira esclusivamentealla ricerca dell’unità e dell’assoluto. Lìabita la pace. (E qui giocano i terminigreci eremìa ed èremos, che significanoappunto pace e deserto).

Dice l’abate Antonio negliApophtegmi: “Chi dimora nel deserto ecerca la pace è liberato da tre guerre:quella dell’udito, della lingua e degliocchi. Gliene resta una sola: quella delcuore”.

La guerra del cuore è l’unica lottadel monaco, che lo forgia come “atletadi Dio”. Per il resto egli è colui che vivela pace nella sua triplice dimensione,con il proprio Signore, con il proprioprossimo, con la propria mente. Senzarancori né disprezzi. La rinuncia almondo non significa quindi odio delmondo. Anzi l’eremita vive per l’uomo,per recuperare all’uomo quell’unitàminata proprio dall’odio imperante.

Scrive Filone dei terapeuti“Fuggono senza ritornare, abbandonanoi fratelli, i figli, la moglie, i genitori, la loronumerosa famiglia, gli amici più cari, lapatria…”

Certo, anche i beatniks fuggonosenza ritornare; ma la loro vita errante èl’esatto contrario della stanzialitàdell’eremita. I beatniks vagano senzamai trovare; i monaci vivono essendo

stati già trovati. I beatniks si disperdono dietro ai

loro fantasmi; i monaci si concentranonel loro spirito.

Lo spirito vive di separazione, e laseparazione di povertà. Non solo per imonaci ma per una nuova società.

E infatti nel deserto si riforma unmodello di comunità. L’eremita diventaanacoreta, e poi ancora cenobita.

Il deserto si popola come una cittàalternativa, i monasteri diventanoassembramenti di “case”, fortini avan-zati, centri di esperienza ascetica,comunità di consacrati, complessisociali costituiti in forme gerarchiche escandiscono luoghi di condivisione (illavoro, il pasto, la preghiera del mattino,la meditazione del mezzogiorno e dellasera, la catechesi bisettimanale).

Antonio di Coma fu chiamato allavita anacoretica come Pacomio alla vitacenobitica. Per Pacomio la comunità èun cerchio delimitato, mentre perAntonio è un’area di eremi, una regionedi spiriti solitari. Pacomio veniva dallavita militare, e la sua formazione eraavvenuta nelle caserme e negli accam-pamenti. Invece Antonio era nato in unafamiglia che negli anni delle persecuzio-ni aveva vissuto una sensibile emargi-nazione, assediata com’era da unmondo pagano la cui scuola non erache laboratorio di idolatria e le pubbli-che istituzioni covi di reazione anti-cri-stiana.

La sua “fuga mundi” si realizza intappe successive: la prima a vent’annicon la rinuncia a tutti i beni e l’allonta-namento da casa, la seconda a trenta-cinque con la volontaria reclusione inuna tomba abbandonata, la terza a cin-quantacinque con la totale segregazio-ne in un fortino del deserto, la quarta invecchiaia avanzata, con il ritiro nell’ulti-ma dimora sulla montagna dellaTebaide.

Eppure è proprio la sollecitudineper le sorti dei poveri perseguitati e perle lacerazioni della Chiesa alessandrinache spezza la solitudine anacoretica espinge l’abbà Antonio ad avventurarsiper ben due volte nella capitale a soste-nere i condannati e confutare i filosofipagani e gli eretici ariani. E sarà poi perla stessa sollecitudine che il Padre deimonaci si disporrà ad accogliere neisuoi stessi rifugi carovane di sofferentiin cerca di guarigione e di conforto.

Quindi con Antonio si ebbe una“fuga mundi” al contrario. Furono gliuomini del mondo – e non solo ammala-ti e indemoniati ma anche funzionari,aristocratici, vescovi e imperatori – cheaccorsero al Padre perfino nell’ultimoeremo arroccatto sulla montagna diQuolzum.

Ma Antonio praticava anche lapovertà delle parole. Parlava poco. Aquello delle chiacchere preferiva il lin-guaggio della testimonianza. E ai suoimonaci insegnava solo l’essenziale:

lavoro, elemosina, digiuno, castità,penitenza, obbedienza e preghiera.

Si doveva lavorare per vivere, madi lavori semplici che non rivaleggiasse-ro con il bisogno di pace: produzione difilo e lana, raccolta di fibra di palma,macerazione di foglie e rami di palma,intreccio di vimini per la fabbricazione distuoie, ceste e corde, lavori agricoli perla coltivazione di legumi, grano, farro efrutta, e in qualche caso pastorizia.

Poi si scendeva nei villaggi viciniper donare ai poveri i prodotti superflui(e spesso anche quelli necessari, per-ché il monaco doveva saper sposaredigiuno ed elemosina).

Il digiuno era regola quotidiana. Simangiava solo a sera, d’estate tutti igiorni e d’inverno ogni due o tre giorni,evitando vino, olio e cibi cotti. Gli ali-menti comuni erano il pane, i datteri, leradici e l’acqua di fonte.

Il digiuno manteneva leggero ilcorpo e irrobustiva lo spirito nella lottacontro le suggestioni della lussuria. Mase non bastava, bisognava praticarepenitenze corporali, come esporsi alfreddo e al caldo o sopportare la sete ele punture di insetti. Ma anche spirituali,come respingere nostalgie, solitudine eattacchi di acedia.

E poi la veglia. Il monaco dovevavegliare “almeno metà della notte” –come faceva notare abbà Palamone algiovane Pacomio che voleva abbraccia-re la vita monastica – “e qualche volta lanotte intera”.

Tutto questo favoriva il dominiosulle pulsioni e il perseguimento dellacastità.

Il monaco abbracciava la castità(“…sine ulla femina, omni venere abdi-cata”, come scrive Plinio a propositodegli esseni) per conservare la conti-nenza sessuale fino alla morte. E senzaautocompiacimento, perché la castità èun dono di Dio (“Chi è casto nella carnenon si vanti, sapendo che è un altro aconcedergli la continenza” scriveClemente Romano nella sua Lettera aiCorinzi).

Solo così il celibe avrà il cuore uni-ficato, in cui c’è posto solo per Dio.

Infine l’obbedienza al Vangelo e lapreghiera incessante. “Sant’Antonio –scrive Lutero – insegnò che non bisognaintraprendere nulla che non sia fondatosull’autorità delle Scritture”. A questo siaggiunge la cosiddetta ruminatio delleScritture, la meditazione e la preghieracontinua (“La regola – diceva abbàPalamone – è di sessanta preghiere ilgiorno e cinquanta la notte, oltre allegiaculatorie”).

Dalla fuga del mondo alla fugaverso il Regno di Dio, questa è la veritàstorica del monachesimo sorgente. Unprogramma di vita e di società validoper tutti i credenti, che potrebbe ancorarivoluzionare – se ben riscoperto e adot-tato – le prospettive di un mondo chemai come oggi ha bisogno di pace.

Page 16: osservatorio gennaio 2011

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