Osiride-KhentiAmenty · Umm el Qa’ab con le sue tumuliformi tombe delle prime dinastie… la...

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L L a a z z o o n n a a s s a ac c r r a a a a O Oc c c c i i d de e n n t t e e d di i A Ab by yd do o s s : : O O s s i i r r i i d d e e - - K K h h e e n n t t i i A A m m e e n n t t y y w w Alle nostre spalle il vecchio Mahmud ci saluta con una mano ossuta, circondato dai suoi tre ragazzi… la sua capannuccia in cima alla duna, sull’orlo del deserto meridionale, è un semplice traliccio di canna rivestito di giunchi e paglia, con alcuni teli tesi per tener insieme quel precario ricovero. Non è la sua abitazione ovviamente, ma il suo posto “di lavoro”. Così ha cercato di spiegarmi: ma non ho capito quasi nulla del suo dialetto arabo, stentato e biascicato: penso che deve aver parlato che in dialetto locale da sempre, usando meno parole possibili… non so nenache cosa faccia tutto il giorno lassù… non ci ha fermato al passaggio, né ci ha dato consigli: è come una statua di vedetta, silente e antica. La sua voce gutturale mi risuona ancora nelle orecchie mentre questo semplice fellah di Abydos ci indica, col suo braccio magro e dinoccolato, il lontano gruppo di casupole, dove è stanziato il contingente di archeologi americani, proprio sulla strada polverosa per Umm el Qa’ab. Mentre i nostri passi sprofondano nella soffice sabbia grigia delle variegate dune passando oltre il sito del cenotafio di Ramesse II, ci accorgiamo che ci attende un movimentato saliscendi verso ovest. Ogni tumulo di sabbia, ogni avvallamento, rivelano tracce di brevi muriccioli di mattoni crudi, rettangolari e scuri, semisepolti dalla polvere grigia. Come antiche bocche sdentate urlano in silenzio al cielo la loro profanazione… Ora, violate e saccheggiate da predoni antichi e da archeologi moderni, affiorano dal fondo polveroso: sono le innumerevoli tombe e sepolture di nobili, funzionari, ma anche di fedeli più umili, che hanno riposto nel Sovrano dell’Amduat le loro speranze di vita eterna. Forse hanno sperato di rimanere ricordati per l’eternità deponendo i loro resti mortali, le loro steli e le loro tombe su questo terreno sacro, percorso dalle processioni rituali. Un atto singolare, suggerito dalla convinzione che, essendo sfiorati dalle mistiche processioni e coinvolti nelle offerte rituali, vi fosse la possibilità di esser riportati ancora in vita, rievocati per sempre… Palmizio solitario davanti al villaggio americano Grande è l’emozione, il silenzio ci avvolge, mentre camminiamo veloci verso l’orizzonte a ovest: KhentyAment.yw, il primo degli Occidentali… ecco come ci sentiamo, come l’ancestrale divinità, che precedette Osiride: i “primi degli occidentali”, assolutamente soli in mezzo a queste distese deserte e ondulate, mentre imbocchiamo l’ultima ripida discesa che ci conduce sull’arido fondo dell’antico wadi. Il sole non è troppo ardente in questo momento: una specie di leggera foschia vela i raggi e la sfera dorata di Atum scende tiepida e rapida verso l’orizzonte lontano. A sud, invece, laggiù… verso le pendici dell’altopiano roccioso, perso nelle curve del wadi silente e ancora caldo dopo la giornata di irradiazione, si snoda il cammino dei Misteri Osiriaci. La via processionale partiva dal Tempio di Osiride, attraversava il portale di Ramesse II e uscendo nel deserto passava, prima verso occidente, per la Grande Terrazza del Dio, poi discendeva nel wadi chiamato “Ta Djeser”, la Terra Sacra, sui bordi del quale si aprivano vasti cimiteri punteggiati di stele. Sul fondo sabbioso dell’antico wadi, il percorso si dirigeva verso quella che al tempo era ritenuta forse l’ultima dimora di Osiride, a due chilometri di distanza: Umm el Qa’ab con le sue tumuliformi tombe delle prime dinastie… la mitica Poker citata nelle steli funerarie… NdR: Dal dizionario geroglifico Faulkner p.95, si vede come il termine Poker, nome di località, inerisse sia al Recinto di Osiride, ma anche ad un distretto localizzato nella zona circostante Abydos (in numerosi papiri citato come U-Poker). Nella distanza i nostri occhi riposano, quasi, seguendo i contorni sfuocati di grandi fiordi rocciosi che penetrano nella massa scura maestosa dell’altopiano.

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LLaa zzoonnaa ssaaccrraa aa OOcccciiddeennttee ddii AAbbyyddooss:: OOssiirriiddee--KKhheennttiiAAmmeennttyyww

Alle nostre spalle il vecchio Mahmud ci saluta con una mano ossuta, circondato dai suoi tre ragazzi… la sua capannuccia in cima alla duna, sull’orlo del deserto meridionale, è un semplice traliccio di canna rivestito di giunchi e paglia, con alcuni teli tesi per tener insieme quel precario ricovero. Non è la sua abitazione ovviamente, ma il suo posto “di lavoro”. Così ha cercato di spiegarmi: ma non ho capito quasi nulla del suo dialetto arabo, stentato e biascicato: penso che deve aver parlato che in dialetto locale da sempre, usando meno parole possibili… non so nenache cosa faccia tutto il giorno lassù… non ci ha fermato al passaggio, né ci ha dato consigli: è come una statua di vedetta, silente e antica. La sua voce gutturale mi risuona ancora nelle orecchie mentre questo semplice fellah di Abydos ci indica, col suo braccio magro e dinoccolato, il lontano gruppo di casupole, dove è stanziato il contingente di archeologi americani, proprio sulla strada polverosa per Umm el Qa’ab. Mentre i nostri passi sprofondano nella soffice sabbia grigia delle variegate dune passando oltre il sito del cenotafio di Ramesse II, ci accorgiamo che ci attende un movimentato saliscendi verso ovest. Ogni tumulo di sabbia, ogni avvallamento, rivelano tracce di brevi muriccioli di mattoni crudi, rettangolari e scuri, semisepolti dalla polvere grigia. Come antiche bocche sdentate urlano in silenzio al cielo la loro profanazione… Ora, violate e saccheggiate da predoni antichi e da archeologi moderni, affiorano dal fondo polveroso: sono le innumerevoli tombe e sepolture di nobili, funzionari, ma anche di fedeli più umili, che hanno riposto nel Sovrano dell’Amduat le loro speranze di vita eterna. Forse hanno sperato di rimanere ricordati per l’eternità deponendo i loro resti mortali, le loro steli e le loro tombe su questo terreno sacro, percorso dalle processioni rituali. Un atto singolare, suggerito dalla convinzione che, essendo sfiorati dalle mistiche processioni e coinvolti nelle offerte rituali, vi fosse la possibilità di esser riportati ancora in vita, rievocati per sempre…

Palmizio solitario davanti al villaggio americano

Grande è l’emozione, il silenzio ci avvolge, mentre camminiamo veloci verso l’orizzonte a ovest: KhentyAment.yw, il primo degli Occidentali… ecco come ci sentiamo, come l’ancestrale divinità, che precedette Osiride: i “primi degli occidentali”, assolutamente soli in mezzo a queste distese deserte e ondulate, mentre imbocchiamo l’ultima ripida discesa che ci conduce sull’arido fondo dell’antico wadi. Il sole non è troppo ardente in questo momento: una specie di leggera foschia vela i raggi e la sfera dorata di Atum scende tiepida e rapida verso l’orizzonte lontano.

A sud, invece, laggiù… verso le pendici dell’altopiano roccioso, perso nelle curve del wadi silente e ancora caldo dopo la giornata di irradiazione, si snoda il cammino dei Misteri Osiriaci. La via processionale partiva dal Tempio di Osiride, attraversava il portale di Ramesse II e uscendo nel deserto passava, prima verso occidente, per la Grande Terrazza del Dio, poi discendeva nel wadi chiamato “Ta Djeser”, la Terra Sacra, sui bordi del quale si aprivano vasti cimiteri punteggiati di stele. Sul fondo sabbioso dell’antico wadi, il percorso si dirigeva verso quella che al tempo era ritenuta forse l’ultima dimora di Osiride, a due chilometri di distanza: Umm el Qa’ab con le sue tumuliformi tombe delle prime dinastie… la mitica Poker citata nelle steli funerarie… NdR: Dal dizionario geroglifico Faulkner p.95, si vede come il termine Poker, nome di località, inerisse sia al Recinto di Osiride, ma anche ad un distretto localizzato nella zona circostante Abydos (in numerosi papiri citato come U-Poker).

Nella distanza i nostri occhi riposano, quasi, seguendo i contorni sfuocati di grandi fiordi rocciosi che penetrano nella massa scura maestosa dell’altopiano.

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Sulla destra si possono indovinare i profili rialzati dei tumuli sepolcrali: Narmer, Aha, Djer, Djet, Den, Anedjib, Semerkhet Qa'a, Merneith … sepolture di sovrani risalenti alla I e II dinastia… fino alla tomba di Khasekhem.wy, costruttore della fortezza di Shunet el Zebib. I nostri passi trepidanti si spingono avanti nel wadi, fino al villaggio Americano: non potremo proseguire sia per la tarda ora (a questa latitudine Vista della zona di Umm el Qa’ab e del wadi “Ta Djeser”

e in questa stagione il sole scende velocissimo, e fra poco sarà buio!), sia perché ci hanno segnalato che per visitare il lontano sito di Umm el Qa’ab ci vuole un permesso speciale (ancora una volta il vecchio Zahi è il Guardiano della Soglia!). Così ci fermiamo ad ammirare un palmizio solitario che cresce in mezzo al wadi, a due passi dal villaggio americano, mentre il sole continua la sua discesa vertiginosa. In pratica abbiamo percorso il tratto di sentiero segnato in fucsia (circa 600 metri) sulla foto seguente, partendo dal cenotafio di Ramesse II, per giungere sino alla via processionale (segnata dalla linea punteggiata in bianco).

Khasekhem.wy: il suo serekh sovrastato da

Horus e Seth

Sulla via che abbiamo percorso abbiamo riconosciuto in distanza sia la massa della fortezza di Khasekhemwy che il recinto del Tempio di Osiride… ma potevamo accontentarci di questa rapida visione? Certo che no! Nelle prossime righe percorreremo in automobile le viuzze del villaggio di Beni Mansur (traccia gialla) partendo dalla nostra pensione, per arrivare a Kom el Sultan, il Tempio di Osiride. Dopo la visita dei resti ciclopici del recinto di Osiride-KhentiAmentyw e del portale di Ramesse la visita seguirà la traccia punteggiata rossa e con il mezzo arriveremo al Deir Sett Dimiana, dove la visita del Monastero Copto ci riserverà qualche novità inaspettata, e proseguiremo a piedi fino alla immensa fortezza di Khasekhemwy, il sovrano della II dinastia che unì nuovamente i due regni d’Egitto sotto la sua guida. La somiglianza con la struttura della necropoli di Djoser a Saqqara ci darà la possibilità di fare interessanti considerazioni. Un tassello alla volta, in almeno tre documenti diversi, vi chiarirà ogni cosa. Ed ora…

Partenza!

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Ecco, tratte da un filmato, alcune immagini del breve tratto (ma tortuoso e intricato) di strada urbana che ci porta attraverso il villaggio di Beni Mansur, diretti alla zona nord occidentale chiamata Kom-el Sultan, sede dei resti del grande Tempio di Osiride-KhentiAmentyw

Nei vicoli di Beni Mansur…

Incontro: ragazzo con due asini…

…incrociando moto e cammelli

Frontale con uomo e doppia

carriola…

Sorpasso con cammelli

Dal finestrino vediamo il recinto di

KhentiAmentyw!

Il primo impatto col recinto di Osiride-Khentiamentyw ci fa restare annichiliti: è un massiccio muro spesso qualche metro, e lungo ben 320 metri, fatto di minuti mattoni crudi! Da lontano non sembrava così imponente, ma col diminuire della distanza notiamo che è molto spesso e alto… mentre ci avviciniamo, passiamo attraverso quello che un tempo era uno straordinario portale in calcare e pietra chiara, fatto costruire da Ramesse II… ormai è praticamente raso al suolo: rimangono imponenti resti della pavimentazione di lastre di calcare bianco, e delle basi delle colonne presenti nella zona settentrionale. Ma ora passiamo a qualche dettaglio tecnico…

L’accesso attraverso il portale di Ramesse II

Tutta la struttura del Portale è estremamente deteriorata e scarsi sono i resti riconoscibili. Questa struttura fu chiamata “Tempio Portale” perché Petrie, nelle sue prime investigazioni del sito, credette di riconoscere in esso un “portale cerimoniale” che conduceva dal recinto del Tempio al cimitero Settentrionale.

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Il portale di Ramesse II visto dalla sommità del muro di

cinta del Tempio di Osiride-KhentiAmentyw

Un dettaglio dei resti delle colonne e delle pareti del

portale, in calcare bianco

Giuseppe ha individuato i resti di alcune incisioni

gergolifiche sulla parete nord del portale

Carla si aggira sopra i resti dell’ultimo strato di

pavimentazione: sotto ci sono resti ancora più antichi

Successivamente invece la spedizione Pennsylvania-Yale negli anni ‘70 dimostrò che esso aveva le caratteristiche di un tempio, piuttosto che quelle di un semplice portale. Tuttavia la sua pianta architetturale rimane poco chiara, a causa della povertà dei resti sopravvissuti. Con certezza si sa che sotto il pavimento del tempio si preserva ancora uno strato contenente resti di cappelle risalenti al Medio Regno: data l’assenza di resti umani e di camere sepolcrali, si suppone si fosse trattato di cappelle memoriali o cenotafi. Appena superata questa “soglia” calcarea, ci troviamo dinanzi un possente muro scuro di mattoni crudi: una vera massicciata che si snoda a perdita d’occhio a ovest e a est dello stretto passaggio che costituisce l’entrata… Veramente straordinario! Ci arrampichiamo sulla scarpata destra fino ad arrivare sulla sommità della massiccia parete: si può spaziare con lo sguardo su tutta l’area degli scavi!

Una volta dentro il recinto di Osiride-KhentiAmentyw: ecco lo stretto passaggio dell’accesso a Sud

Sul fondo, davanti all’accesso si intravvede il biancore del portale di Ramesse II

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IIll GGrraannddee TTeemmppiioo ddii OOssiirriiddee--KKhheennttiiaammeennttyyww La storia delle strutture templari: In quest’area furono costruiti a più riprese e ristrutturati diversi edifici templari. Nel periodo dalla prima alla ventiseiesima dinastia ne furono realizzati addirittura nove o dieci, a quanto si può distinguere dai resti archeologici. Il primo era un semplice recinto di 9 metri per 15 circondato da una sottile parete di mattoni crudi. Fino alla II e III dinastia i rifacimenti del tempio mantennero una parte della struttura, mentre dalla IV dinastia il vecchio nucleo templare sparì del tutto, sostituito da uno nuovo edificio più ridotto situato nella zona retrostante. All’interno del suo recinto i ricercatori hanno rilevato un vasto deposito di ceneri nere, vasellame e modellini di offerte: l’ipotesi comune è che possano indicare la sostituzione dei sacrifici di creature viventi con offerte simboliche come da decreto di Cheope nelle riforme del suo Tempio. Infatti nella camera di pietra di questo tempio venne ritrovata l’unica (per ora) rappresentazione conosciuta del sovrano Khufu, una piccola statuetta in avorio, testimonianza dell’aspetto del grande faraone. Altre ricostruzioni su larga scala furono eseguite da Pepi I nella VI dinastia, e, dopo un’ampliamento operato da Mentuhotep I nell’ XI dinastia, Mentuhotep II lo ricostruì ancora daccapo, mentre nella XII dinastia Sesostri I ristrutturò le fondazioni e la pavimentazione in pietra su una vasta area triplicando le dimensioni del recinto. Ulteriori aggiunte e ampliamenti si ebbero nella XVIII dinastia sotto Ahmose e più avanti sotto Tuthmosi III ed ancora sotto i Ramessidi della XIX dinastia. L’ultimo intervento radicale risale ad Ahmose II della XXVI dinastia che ricostruì ancora una volta il tempio, ponendovi un monolito di granito rosso finemente lavorato. Le ultime opere conosciute sono relative a Nectanebo, XXX dinastia. Dopo di che l’area conobbe un lungo periodo di decadenza. Elementi della storia del culto: Nel Grande Tempio, durante l’Antico Regno, inizialmente il culto si rivolgeva al dio locale Khenti-Amentyu, il “Primo degli Occidentali” (gli Occidentali rappresentavano i defunti, ed il dio aveva le fattezze di un canide, simile ad uno sciacallo, assimilabile ad Anubi/Inpw e Upuaut/Wepawet). Nell’XI dinastia apparve e perdurò per un certo periodo il culto della divinità Anher, in greco Onhuris, che scomparve verso la XVIII dinastia. Dal Medio Regno in poi vi si affermò il culto di Osiride. Per un fenomeno frequente nella religione egizia, la figura di Osiride stesso subì una fusione sincretica nella divinità Osiride-KhentiAmentyw. Il culto di questa divinità perdurò nell’area fino alla XXVI dinastia ed oltre.

Ecco un piccolo schema che ho creato per visualizzare l’evoluzione del culto…

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Il nome Khenty-Amentyw – (il primo degli Occidentali) Dal dizionario Faulkner pp.194, 21

Dal dizionario Erman-Grapow p.87

Dalla sommità del recinto si può distinguere lo specchio di acque al centro del sito. Esso si originò

dallo scavo del Petrie, che era così profondo da raggiungere il livello delle acque sotteranee

provenienti dal Nilo

L’interno del recinto mostra nelle file di mattoni crudi lo stesso andamento sinusoidale di altri recinti e mura

(Edfu, Denderah e altri) che spesso sono associato alla volontà di replicare le ondulazioni del Nun, l’oceano

primordiale che circonda il mondo creato.

RIFERIMENTI SATELLITARI ALLE FOTO PRECEDENTI

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Alcune distanze:

• Il recinto del tempio di Osiride a Kom el Sultan è ampio frontalmente 320 metri, per circa 220 di lunghezza,

• ed è distante 341 metri dalla fortezza di Khasekhemwy, che si erge proprio davanti al portale…

• in linea d’aria il Tempio di Osiride dista 2 km dalla tomba di Den a Umm el Qa’ab, in direzione sud.

• Dal cenotafio di Ramesse II alla fortezza di Shunet el Zebib sono 800 metri. • Dall’Osireion al cenotafio di Ramesse II sono 295 metri. • Dal portale bianco di Ramesse II davanti al tempio di Osiride fino a Sitt Dimiana sono

273 metri, • e Deir Sitt Dimiana dista 255 metri da Shunet el Zebib. • Dal cenotafio di Ramesse II al villaggio americano, verso sud-ovest sono circa 600

metri. • Lo stesso villaggio è distante 1346 metri dalle tombe delle prime dinastie, in direzione

sud. • Dall’Osireion 2122 metri alla piramide di Ahmose, da cui a 1315 metri sulle colline si

trova la tomba rupestre di Ahmose. • A 1500 metri dal tempio di Seti I, verso occidente c’è il tempio di Senusret III,

addossato alle pendici dell’altopiano.

Le “Fortezze” Il prossimo passo che faremo, uscendo dall’incredibile Recinto di Osiride-KhentiAmentyw, è un breve tragitto che ci farà esplorare le tracce di due importanti strutture: quelle che comunemente vengono chiamate “Fortezze” ma sono invece strutture memoriali. Una è molto mal ridotta e ne sono rimaste soltanto alcune massicce componenti murarie dietro le quali è sorto il Monastero Copto di Santa Dimiana, l’altra, ancora imponente e straordinaria è il Recinto di Khasekhemwy, ultimo regnante della II dinastia. Mentre la macchina arranca sul terreno sabbioso i nostri occhi spaziano nella vasta spianata desertica, e in lontananza distinguono già chiaramente la grossa “Fortezza” di Khasekhemwy: è i sito di Shunet el Zebib: “il magazzino dello zibibbo” come viene chiamato in arabo…

Ma questa… è un’altra storia!

Appuntamento al prossimo articolo…