Orfeo Ed Euridice

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  • Modulo 3 Da Virgilio a Dante

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    M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo Editore]

    Epica

    pagina 1

    Unit di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice

    Unit di apprendimentoIl mito di Orfeo ed Euridice

    i un mito, nato anchesso in Grecia come la maggiorparte dei miti che permangono nellimmaginario dellacultura occidentale, che racconta di un eroe che riesce adentrare vivo nelloltremondo per riportare in vita la sposa

    che la morte gli aveva strappato. Glielo concedono gli di, nonperch commossi dal suo dolore altrimenti dovrebbero concederloa tutti coloro che soffrono quando perdono chi amano , ma perchammaliati dal suo canto. Limpresa delleroe per non riesce perchegli non sar capace di rispettare il patto che gli era stato imposto:non voltarsi mai a guardare il volto della donna che lo seguiva nelcammino verso la luce finch non fosse uscito dal mondo degliInferi. Orfeo, questo il nome delleroe, invece si volt, proprioquando la luce del mondo era vicina. Quale fu la causa del gestosconsiderato? Fu per troppo amore? Fu un errore umano: uncedimento di debolezza, un attimo di follia? Fu perch niente vince lamorte, neppure lincanto dellarte?Il racconto del cantore Orfeo e della sua sposa Euridice deriva dauna fiaba antichissima. stato Virgilio a conferirle altezza poetica:grazie al poeta latino diventata uno dei miti pi fortunati, nellaletteratura, nella musica, nella pittura. La fiaba antica ha svelato itanti temi che sottende: lamore e la morte, il potere e i limitidellarte, il viaggio nelloltremondo, il divieto e la disubbidienza. Sonole ambivalenze che il mito rivela a motivarne la sua continuaelaborazione: da un lato il fascino e leternit dellarte, dallaltro lalegge di vita e morte che larte non capace di modificare; da unlato il potere persuasivo della parola e dellarte, dallaltrolinettitudine dellartista nel modificare la realt.In questa unit ripercorreremo la elaborazione del mito dalle originial nostro tempo.

    V

  • 1 demenza: irragionevolezza,follia.2 Mani: divinit dellOltretom-ba.3 immemore: dimenticodellordine ricevuto.4 Averno: il lago dAverno uno dei luoghi infernali. Per si-neddoche, cio la parte per iltutto, si intende linferno inte-ro.5 il naufrago viso mi na-sconde il sonno: ordina: ilsonno (della morte) mi nascon-de il volto naufrago (cio che siperde nellabisso come un nau-frago nel mare).6 vane: inutili, cio inutilmen-te.7 il nocchiero dellOrco: Ca-ronte.8 Stige: la barca del nocchiero

    che attraversa il fiume che por-ta al mondo dei morti. Lo Stige uno dei cinque fiumi delmondo degli Inferi secondo la

    mitologia greca e romana, glialtri sono Cocito, Acheronte,Flegetonte e Lete. La geografiafluviale dellInferno pagano

    stata ripresa da Dante nella Di-vina Commedia.9 Striamone: fiume della Tra-cia.

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    Unit di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice

    La strada lunga di paure ormai compiuta,Euridice saliva allaria della terradietro ai passi di Orfeo- era questa la leggedi Proserpina quando una demenza,1 perdonabile

    490 se i Mani2 perdonassero, ferm lincauto amante:e si volse immemore3 a guardare lei che parevaattesa ombra su lorlo della luce. Allora tuttasi disperse quella dura fatica; rottifurono i patti dellabisso e fu tre volte udito

    495 per gli stagni di Averno4 un orrido fragore.Il breve dono di lei era una voce: Quale follia,Orfeo, questa che miseri ci perde?Ecco la morte indietro mi richiamae il naufrago viso mi nasconde il sonno.5

    500 Addio: mi riporta la notte alle sue rive grandie vane6 tendo verso te, ahi non pi tua, le mani.E poi sbito sparve sciolta come fumolieve nellaria; e pi non videlui che vaghe ombre toccava, lui che voleva

    505 parlare della luce. N il nocchiero dellOrco7

    volle mai pi che passasse qualcuno lo stagno.Che fare? Ove andare or che la sposa era stata due volterapita? Come commuovere i Mani piangendo, come gli Deicantando? Ella gi fredda ormai nella barca di Stige8

    510 navigava. E dicono chegli la pianse sotto una rupealta per sette mesi continui dov dello Striamone9

    daVirgilio, Georgiche, Tutte leopere. Versione, introduzione enote di E. Cetrangolo, Sansoni,Firenze 1975

    VirgilioLa demenza di Orfeo e il rimprovero di Euridice

    Georgiche Sono unopera in versi di Publio Virgilio Marone, scritta tra il 36 e il 29 a.C., divisa inquattro libri dedicati rispettivamente al lavoro nei campi, allarboricoltura, allallevamento del bestiamee allapicoltura. Si tratta di un poema didascalico sul lavoro dei campi che viene indicato comeesempio di virt civile. In tal senso le Georgiche sono affini alle Opere e i giorni del greco Esiodo. Di

    particolare importanza il IV libro in cui si parla di apicoltura. Lorganizzazione delle api diviene metafora dellidealesociale. Apicoltore Aristeo, involontario colpevole della morte della giovane Euridice. Le pagine dedicate allamoredi Orfeo ed Euridice inau-gurano la fortuna del mitoin Occidente. (Per sapernedi pi su Virgilio e sulleGeorgiche, vedi on line25).

    La ninfa Euridice muore per il morso di un serpente, lo sposo Orfeosfida il regno dei morti e, grazie alarmonia del suo canto, ottiene daglidi delloltremondo il privilegio di riportare lamata nel mondo dei vivi,ma a patto che durante il cammino non si volti a guardarla. Orfeo tra-

    sgredisce al divieto e perde Euridice per sempre. Stravolto dal dolore rifiuta il rapportocon le donne e le folli baccanti, sentendosi respinte, lo uccidono e ne fanno a pezziil corpo. La testa, gettata nel fiume Ebro, trasportata dalle acque verso il mare con-tinua a invocare il nome di Euridice.

    Lopera

    Il testo

  • pi sola la riva; e narrava il dolore tra gli antriammansendo col canto le tigri e muovendo le querce.Cos un usignolo infelice tra lombre del pioppo

    515 lamenta i suoi figli perduti, che un crudo10 aratoregli tolse implumi dal nido; e piange la nottee sul ramo compie il suo flebile versoed empie di meste note i luoghi dintorno.Amore non pi, nozze non pi lo attraevano.

    520 Ma solo errava tra i ghiacci Iperbrei11 e lungole rive nevose del Tanai,12 tra i campi Rifi13

    sempre coperti di gelo, piangendo la morta Euridicee linutile dono di Dite.14 Le madri dei Cconi,15

    per tanta piet16 disprezzate, tra lorgia di Bacco525 notturna, sbranato sparsero il giovane ai campi.

    I gioghi dellEbro17 portavan la testa staccatadal candido collo; e la voce, la lingua ormai fredda,chiamava Euridice, mentre il respiro fuggiva, Euridicemisera. E la riva del fiume rispondeva Euridice.

    10 crudo: crudele.11 Iperbrei: terra fredda al-lestremo nord delle terre cono-sciute.12 Tanai: un fiume.13 i campi Rifi: i Rifei sonouna catena montuosa.14 linutile dono di Dite: laconcessione sprecata di ripor-tare alla vita e alla luce Euridi-ce.15 Le madri dei Cconi: Ledonne dei Ciconi. I Ciconi era-no una popolazione che vivevanel sud-est della Tracia; le loromadri erano seguaci del dioBacco (o Dioniso), il dio dellaforza vitale. Orfeo, che dopoaver perso per la seconda voltaEuridice, non aveva voluto picongiungersi con nessuna don-

    na, viene ucciso e sbranato dal-le baccanti invasate dal dio, of-

    fese dal disprezzo delluomo.16 piet: dolore.

    17 i gioghi dellEbro: i gor-ghi del fiume Ebro.

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    Leggere le immagini

    Gustave Moreau fu un artista francese (1826-1898) cheritrasse soggetti del mondo mitologico con uno stilepersonalissimo e con una visione onirica e simbolica. Latesta mozza di Orfeo poggiata su una lira retta dallafanciulla, coperta da una veste lunga e raffinata e a piedinudi. Il volto delleroe diafano nella morte. Il profilo parallelo a quello della ninfa. Latmosfera di estremamalinconica dolcezza. Il dipinto si divide in due partisimmetriche e contrapposte: a sinistra dominano i toniscuri della montagna sullo sfondo su cui si stagliano inprimo piano i due volti illuminati. A destra la forteluminosit del cielo si riflette su un paesaggio di fiumi edi monti che si perdono in lontananza in pi pianiprospettici.

    Gustave Moreau, Ragazza tracia con la testa diOrfeo, 1865. Muse dOrsay, Parigi.

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    Lautore Publio Virgilio Marone nacque nel 70 avanti Cristo ad Andes, un piccolo villaggiosulle rive del Mincio, presso Mantova. Secondo i biografi antichi, la sua famiglia sarebbestata modesta: il padre dicono faceva il vasaio oppure il bracciante agricolo. Ma inrealt, se Virgilio pot frequentare le scuole migliori e dedicarsi alla poesia per tutta lavita, la sua famiglia doveva essere abbastanza ricca, forse proprietaria di terreni. I biografiraccontano di presagi eccezionali che avrebbero accompagnato la nascita di Virgilio comesegni premonitori della sua grandezza: la madre, ad esempio, avrebbe sognato di partorireun ramo di alloro, simbolo della poesia, che avrebbe messo radici diventando presto unalbero rigoglioso.Virgilio comp i primi studi a Cremona, fino ai diciassette anni, che per gli antichi segnavanolentrata nella maggiore et. Continu poi gli studi a Milano, a Roma, infine a Napoli, dovesegu gli insegnamenti del filosofo Sirone, noto maestro di filosofia epicurea (vedi Modulo1, Lucrezio, on line 7).Gli eventi storici che seguirono alla morte di Giulio Cesare (44 a.C.) lo toccarono diretta-mente. Nel periodo delle guerre civili fra Ottaviano e Antonio, infatti, chiunque avesse deiterreni correva il rischio che gli venissero confiscati per essere distribuiti ai veterani diguerra. Fu quello un periodo di particolare ansia per Virgilio, che lo rappresent nelle Bu-coliche. Virgilio per sarebbe uscito indenne grazie allappoggio di personaggi influenti.A Roma, Virgilio fu ammesso nel circolo di Mecenate, uno dei pi stretti collaboratori diAugusto, illuminato protettore delle arti. In onore di Mecenate, compose le Georgiche,che celebravano il lavoro dei campi.A partire dal 29, si dedic allEneide, con lintento di celebrare la storia di Roma e dellafamiglia di Augusto: la gens Iulia, discesa da Iulo, figlio di Enea. Lavor al suo capolavoroper undici anni. Qua e l lasciava dei versi provvisori, che definiva puntelli (tibicines inlatino), in attesa di trasformarli in colonne del suo edificio poetico.A cinquantanni, Virgilio decise di fare un viaggio in Grecia e in Asia Minore, per dedicarsialla revisione della sua opera. Incontrato Augusto ad Atene, lo volle accompagnare in unagita a Megara, ma si sent male per una forte insolazione. La fatica del viaggio di ritornoin Italia aggrav le sue condizioni. Mor poco dopo essere sbarcato a Brindisi, il 21 set-tembre del 19 avanti Cristo.Fu sepolto a Napoli, sulla via per Pozzuoli. Sulla sua tomba fu inciso un epigramma che,tradotto in italiano, suona cos: Mantova mi ha messo al mondo, i Calabri [gli antichiabitanti della Puglia meridionale] mi hanno strappato alla vita, ora Napoli conserva i mieiresti; ho cantato i pascoli, i campi, gli eroi.Partendo per la Grecia, Virgilio aveva chiesto allamico Vario di bruciare lEneide se glifosse capitata qualche disgrazia: tanto grande era lesigenza di perfezione del poeta. MaAugusto si assunse la responsabilit di non rispettare la sua volont: dobbiamo quindialla saggezza del principe se anche noi possiamo leggere lEneide. Augusto, infatti, affidagli amici del poeta Vario Rufo e Plozio Tucca il compito di pubblicare il poema, senza ri-maneggiare nulla. Cos, in alcuni passi troviamo ancora una sessantina di versi incompiuti(detti puntelli), che rimangono anche nelle edizioni di oggi, quasi a serbare la traccia ma-teriale della mano del poeta.

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    Le formeQuello di Orfeo un tipico racconto folclorico, una fa-vola incentrata sul meccanismo del divieto, cui seguela trasgressione, quindi la punizione. Orfeo trasgredisceal divieto di voltarsi indietro a guardare Euridice: proi-bito il contatto con il mondo dei morti; ci comportala catastrofe. Grazie alla versione indimenticabile diVirgilio, la favola, di per s schematica, segner pro-fondamente larte occidentale, non solo nella lettera-tura, ma nella musica e nella pittura.

    I temiIl racconto virgiliano dolce e struggente. I primi setteversi ci introducono al momento culminante della vicen-da: Euridice segue il suo sposo nel cammino verso laluce, sino allimprovviso e tragico errore di Orfeo. Il mo-tivo del gesto individuato da Virgilio in una improvvisademenza che coglie leroe incauto e immemore;il senso fatale della perdita sottolineato dal fatto chelinfrazione avviene proprio sullorlo della luce, quandolimpresa era quasi compiuta. Il contrasto luce-oscurit metafora dellopposizione vita-morte. La rottura delpatto sancita da un triplice fragore di tuono.Dolore e stupore nelle ultime parole che Euridice pro-nuncia al suo sposo: quale follia lo aveva portato algesto irreparabile che la condannava a tornare nel

    buio, e per sempre? La fanciulla descrive ci che leaccade: il sentirsi risucchiare allindietro, il sonno dellamorte che avanza, loscurit che la circonda mentretende invano le mani.Il divieto di Caronte che nega un secondo passaggiochiude ogni possibilit di ritorno alla vita. Dopo unabreve focalizzazione su Orfeo: che fare? dove andare?come commuovere i Mani? Lattenzione si rivolge perlultima volta su Euridice, gi fredda sulla barca delloStige. Il poeta torna infine su Orfeo che, ormai solo,canta in luoghi deserti e freddi come fredda Euridice.Il mondo animale e il mondo vegetale rispondono alsuo canto. Il senso di corrispondenza con gli elementinaturali sottolineato dalla similitudine fra il canto didolore del poeta e quello di un usignolo che ha persoi suoi piccoli per colpa di un crudele aratore che gli hadistrutto il nido.A questo punto segue il racconto della morte di Orfeo,sbranato dalle Baccanti. Il motivo del terribile finale attribuito al rifiuto di Orfeo ad unirsi ad altre donne perfedelt alla memoria della moglie. Sentendosi disprez-zate, le donne invasate dal dio Bacco lo sbranano conferocia e spargono i pezzi del suo corpo. Gli ultimi quat-tro versi ci descrivono la testa mozzata del poeta che,trascinata dai gorghi del fiume, ripete il nome di Euri-dice.

    Guida alla lettura

  • 1 Grave lauspicio: la narra-zione di Ovidio ha inizio con ipresagi inquietanti che offusca-no il giorno delle nozze. Il dioImeneo, che nella mitologiagreca e romana presiedeva imatrimoni, partecipa cupo involto senza pronunziare le con-suete parole augurali. Si allon-tana anzi tempo dalla cerimo-nia risalendo in cielo col man-tello color zafferano, come lodisegna liconografia mitica gre-ca, e con la fiaccola dauguriospenta.2 Niadi: le Niadi erano ninfeche presiedevano alle acquedolci della terra, fiumi, sorgenti,fontane, laghi e paludi; si dice-va che possedessero facoltguaritrici.3 Mor, morsa da un ser-pente: le Niadi non riuscironoa salvare Euridice dal velenomortale del serpente che le ave-va morso un piede mentre ellastava fuggendo dalla corte insi-stente dellapicultore Aristeo.4 Rdope: monte della Tracia,patria di Orfeo.5 Stige: vedi nota 9 de Le Ge-orgiche di Virgilio, p. 2 di que-sto on line.6 porta del Tnaro: si dicevache presso la foce del Tnaro,nella regione della Laconia, una

    caverna immettesse nel regnodei morti.7 Persfone: era la sposa diAde (Plutone per i Latini), redegli Inferi. Secondo il mitoPersefone, figlia di Zeus e delladea dellagricoltura Demetra,era stata rapita da Ade e portatanelloltremondo, ma Demetraottenne da Zeus che la figlia ri-tornasse sulla terra nelle stagio-ni Primavera e Estate.8 signore delle ombre: Ade, il dio degli Inferi.9 lira: strumento musicale acorde, che accompagnavanellantichit il canto dei poeti.Lo strumento era formato dadue braccia unite da una traver-

    sa; le corde, tese parallele nellospazio interno delle due brac-cia, erano legate alla traversa.10 Tartaro: genericamente laparola designa lInferno. In ori-gine la parola indicava la buiavoragine dove Zeus aveva rin-chiuso i Titani, un oltretombadistinto dallAde, destinato agliuomini.11 tre colli Medusa: ancheil mito di Medusa viene raccon-tato nelle Metamorfosi. Medusaera una delle Gorgoni, tre so-relle i cui nomi erano Steno,Euriale e Medusa, dallaspettomostruoso tale da impietrireper il terrore chiunque le guar-dasse. Il mito narra che Perseo,

    che aveva il compito di tagliarela testa a Medusa, riusc nellim-presa guardandone limmaginein uno specchio per evitare dirimanere pietrificato dallosguardo. Ovidio narra che Me-dusa era stata una donna digrande bellezza e dagli splen-didi capelli. Il dio Poseidoneapprofitt di lei allinterno di untempio dedicato alla dea Miner-va, la quale, per non lasciareimpunito il fatto empio, trasfor-m gli splendidi capelli delladonna in orridi serpenti.12 Amore: scritto con la Amaiuscola personificato neldio dellamore.13 ratto: rapimento.

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    Unit di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice

    X

    Grave lauspicio;1 gravissimo quello che accadde. E infatti la sposa novella, mentrevagava per i prati in compagnia di una schiera di Niadi,2 mor, morsa al tallone daun serpente.3

    Dopo averla debitamente pianta sulla terra, il poeta del Rdope,4 per non lasciarenulla dintentato, nemmeno nellaldil, os discendere fino allo Stige5 attraverso laporta del Tnaro,6 e avanzando tra folle svolazzanti, tra i fantasmi dei defunti onoratidi sepoltura, si present a Persfone7 e al signore dello spiacevole regno delle om-bre.8 E facendo vibrare le corde della lira,9 cos prese a dire cantando:

    O di del mondo che sta sottoterra, dove tutti veniamo a ricadere, noi mortalicreature, senza distinzione, se posso parlare e se mi permettete di dire la verit,senza i rigiri di chi dice il falso, io non sono disceso qui per visitare il Tartaro10 buio,n per incatenare i tre colli ammantati di serpenti del mostro della stirpe di Me-dusa.11 La ragione del mio viaggio mia moglie, nel cui corpo una vipera calpestataha iniettato veleno troncandone la giovane esistenza. Avrei voluto poter sopportare,e non posso dire di non aver tentato. Ma Amore12 ha vinto! questo un dio bennoto lass, sulla terra; se anche qui, non so, ma spero di s; e se non menzognaquanto si narra di un antico ratto,13 anche voi foste uniti da Amore. Per questi luoghipaurosi, per i silenzi di questo immenso regno dellabisso, vi prego, ritessete il filo

    daOvidio, Metamorfosi, a cura di P.Bernardini Marzolla, Einaudi,Torino 1994

    OvidioUn gesto damore

    Metamorfosi Ovidio, circa trenta dopo, racconta nelle Metamorfosi (vedi Modulo 1, p. 40) la suaversione sul mito, diversa da quella virgiliana non nel resoconto dei fatti, ma nellinterpretazionedel gesto. Nessuna colpa di Orfeo, nessun rimprovero da parte di Euridice. E di che cosa potrebbelamentarsi

    una donna, se non di es-sere amata? Il sentimentodellamore una fonteispiratrice di tutta la poe-sia di Ovidio.

    Nella elaborazione di Ovidio, la figura di Euridice solo unombra muta. Orfeo lunico protagonista che commuove col canto tutto e tutti, men-tre Euridice riesce appena a pronunciare un addio, cos flebile da esserea fatica percepito. Lassenza di dialogo tra i due amanti sottolinea la

    barriera invalicabile tra il mondo dei morti e quello dei vivi.Orfeo per Ovidio il poeta e come tale simbolo del valore della poesia, dellasua capacit di controllo sul mondo.

    Lopera

    Il testo

  • prematuramente spezzato della vita di Euridice! Tutti quanti vi spettiamo di dirittoe dopo un breve soggiorno di sopra, presto o tardi, ci affrettiamo verso questa sede,che la stessa per tutti. Qui tutti siamo diretti, questa lultima nostra dimora, e ilvostro dominio sul genere umano non ha poi pi fine. Anche costei sar vostraquando avr compiuto fino in fondo il giusto percorso della sua vita: vi prego solodi ridarmela in prestito. Ma se il destino mi nega questa grazia per la mia consorte,io non voglio riandarmene, no. Cos godrete della morte di due!.

    Piangevano le anime esangui mentre egli dice queste cose e accompagnava le pa-role col suono della lira. [] E n la consorte del re, n il re stesso degli abissi ebberocuore di opporre un rifiuto a quella preghiera; e chiamarono Euridice. Era essa tra leombre nuove, e venne avanti con passo lento, per la ferita. Orfeo del Rdope la preseper mano, e insieme ricevette lordine di non volgere indietro lo sguardo finch nonfosse uscito dalla vallata dellAverno.14 Vana altrimenti sarebbe stata la grazia.

    Si avviarono attraverso muti silenzi per un sentiero in salita, ripido, buio, immersoin una fitta e fosca nebbia. E ormai non erano lontani dalla superficie, quando, neltimore che lei riscomparisse, e bramoso di rivederla, egli pieno damore si volt. Esubito essa riscivol indietro, e tendendo le braccia cerc convulsamente di aggrap-parsi a lui e di essere riafferrata, ma nullaltro strinse, infelice, che laria sfuggente.E gi di nuovo morendo non ebbe parole di rimprovero per il marito (e di che cosaavrebbe dovuto lamentarsi, se non di essere amata?), e gli disse per lultima voltaaddio, un addio che a stento giunse alle sue orecchie. E riflu di nuovo nellabisso.

    []

    XI

    Con questo canto Orfeo, il poeta di Tracia, ammaliava le selve e lanimo delle bestie,e attirava anche le pietre. Quandecco che le donne dei Cconi,15 con i petti deliranticoperti di pelli danimali, dallalto di un colle lo scorsero mentre associava il cantoal tocco delle corde.

    E una di esse, scuotemdo la chioma nellaria, grid: Eccolo, eccolo, colui che cidisprezza!, e contro la bocca melodiosa del cantore apollineo16 lanci il suo bastone,il quale, essendo in cima fasciato di frasche, gli lasci un segno, ma non lo fer.Unaltra usa come proiettile un sasso, ma questo, mentre ancora vola, rimane estasiatodai soavi concenti, della voce e della lira, e gli cade dinanzi ai piedi, quasi a chiederperdono di quellardire folle. Ma ormai la sconsiderata battaglia cresce e divampasfrenata, impera la Furia impazzita.17 In verit, tutte le armi avrebbero potuto essereammansite dal canto; ma il gran clamore e i flauti berecinzii dalla canna storta,18 ei tamburelli e i battimani e gli ululati bacchici19 sommersero il suono della lira. Ecos alla fine i sassi si arrossarono del sangue del poeta, che non si udiva pi.

    []Gli uccelli afflitti ti piansero, Orfeo, ti piansero le schiere di animali selvatici, e

    i sassi duri, e le selve che spesso avevano seguito il tuo canto: gli alberi, deposte leloro chiome, rimasero rasi, in segno di lutto. E dicono anche che i fiumi crebberoa furia di piangere, e che le Niadi e le Dradi20 misero manti neri sui loro veli e an-darono con i capelli scompigliati. Le membra giacciono sparse qua e l. Tu, fiumeEbro, accogli la testa e la lira. Ed ecco (prodigio!), mentre filano via in mezzo allacorrente, la lira suona un non so che di triste, la lingua morta mormora tristemente:triste leco risponde dalle sponde. E portate finalmente al mare lasciano il fiumedella loro Tracia, e vanno ad arenarsi sulle coste di Lesbo,21 dove la citt di Me-timna. Qui, un feroce serpente si avventa contro la testa sbattuta su quella spiaggiastraniera, contro i capelli grondanti di stille rugiadose; ma allultimo istante Febo22

    interviene, e blocca il serpente che si appresta a mordere, congelandone in pietrale fauci spalancate, indurendolo cos com, a bocca aperta.

    14 vallata dellAverno: la val-le dove si trova il lago dAverno uno dei luoghi infernali. Persineddoche, cio la parte per iltutto, si intende lInferno inte-ro.15 le donne dei Cconi: vedinota 15 delle Georgiche di Vir-gilio, p. 3 di questo on line. LeBaccanti, dette anche Menadi,vestite con pelli di animali, ce-lebravano il dio cantando edanzando per monti e foreste.Orfeo, che dopo aver perso perla seconda volta Euridice, nonaveva voluto pi congiungersicon nessuna donna, viene vistoda un gruppo di Baccanti men-tre vaga nei boschi accompa-gnando il suo canto con la lira.Le donne invasate e frenetiche,offese dal disprezzo delluomo,lo uccidono.16 apollineo: seguace diApollo.17 impera la Furia impazzi-ta: solo la Follia, personalizzatadalla maiuscola e rafforzata dal-laggettivo, domina il campo.18 flauti berencizii dallacanna storta: Berecinto unmonte della Frigia consacratoalla dea Cibele. Il flauto bere-cintio il flauto frigio, un tipodi flauto incurvato allestremit.19 ululati bacchici: le urladelle donne invasate dal dio.20 Dradi: erano le ninfe cu-stodi dei boschi.21 Lesbo: unisola grecadellEgeo nordorientale, che di-venne famosa per aver dato inatali, nel VII secolo a.C., allapoetessa Saffo.22 Febo: un altro nome cheidentifica il dio Apollo.

    Ovidio Un gesto damore

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    Unit di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice

  • Ovidio Un gesto damore

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    Unit di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice

    Lautore Publio Ovidio Nasone nacque a Sulmona, in Abruzzo, nel 43 a.C. da unagiata famiglia di cavalieri. Il padre lomand giovanissimo a Roma per studiare retorica. Nonostante gli ottimi studi, Ovidio non tent la via della politica, ma sidedic completamente alla letteratura, diventando presto un poeta di vastissimo successo grazie alla composizione diopere di carattere erotico che rispondevano al gusto della societ brillante dellepoca augustea, che egli frequentava ama-bilmente, senza bisogno di appoggiarsi alla protezione delle famiglie influenti. Proprio allapice del successo, mentre stavalavorando alle Metamorfosi, lo coglie, nell8 d.C., un improvviso provvedimento punitivo da parte dellimperatore Augusto,il quale condanna il poeta al confino a Tomi, sul mar Nero. I motivi della condanna rimangono oscuri, ma forse sono dacollegare agli scandali che qualche anno prima avevano turbato la casa imperiale. Fatto sta che Ovidio fu costretto ad al-lontanarsi da Roma. Dal suo confino di Tomi Ovidio continu a scrivere, lamentandosi di essere costretto a vivere in unaregione inospitale, i cui abitanti nemmeno conoscevano il latino n la grande civilt di cui il poeta era stato il cantore. No-nostante le numerose richieste di grazia, Ovidio non riusc a tornare, e mor a Tomi nel 17 o nel 18 dopo Cristo.

    Lombra di Orfeo discende sottoterra. Egli riconosce uno per uno i luoghi chegi ha visto una volta e, cercandola per i campi delle anime pie, ritrova Euridice, ela abbraccia appassionatamente. E qui passeggiano insieme: a volte, accanto; a volte,lei lo precede e lui la segue; altre volte Orfeo che cammina davanti, e ormai senzapaura di perderla, si gira indietro a guardare la sua Euridice.

    I temi e le formeNel decimo libro Ovidio racconta la sfida di Orfeo allol-tremondo e riporta direttamente le parole del canto colquale leroe si rivolge ai signori dellAde. Il suo discorsosi basa su un argomentare lucido e inattaccabile. Duei punti di forza: la forza dellamore che non accetta laperdita e la morte prematura. Il regno dei morti la se-de destinata a tutti gli umani, ma perch andarci primadel tempo? Lui in fondo chiede solo che Euridice gli siadata in prestito per restituirla alla morte quando saril momento. Al canto di Orfeo tutte le anime che popo-lano linferno piangono commosse. Il re e la regina degliInferi, altrettanto commossi, concedono la grazia e chia-mano Euridice. Sembra che nulla possa ostacolare la

    potenza persuasoria del canto. Assieme alla sposa ealla possibilit di riportarla alla luce Orfeo riceve un or-dine, ma trasgredisce non per demenza o furore, maper eccesso damore. Si volta perch teme di non ve-derla e perch brama di rivederla. Per questo nessunalamentela della donna che muore per la seconda volta.Nellundicesimo libro il canto di Orfeo ammalia le selve,le bestie, le pietre. Non riesce ad ammansire la furiadelle baccanti perch le loro urla selvagge impedisconola percezione del suo canto. Alla morte di Orfeo tuttala natura in lutto. Nel finale i toni tragici si stempe-rano: nella morte i due sposi si ricongiungono, passeg-giano insieme nei luoghi delloltretomba e Orfeo puvolgersi a guardare la sua amata ogni volta che vuole.

    Guida alla lettura

    Riassumi la vicenda mitica come viene raccontatadai due poeti.

    Indica eventuali differenze che nel racconto dei fattihai trovato nelle due versioni.

    Secondo te la figura della donna mortificata o me-no nella versione ovidiana rispetto a quella virgilia-na? Commenta e motiva la tua risposta.

    Perch, secondo Virgilio, Orfeo trasgredisce allor-dine avuto?

    Perch, secondo Ovidio, Orfeo trasgredisce allor-dine avuto?

    Perch, secondo te, Orfeo trasgredisce allordineavuto?

    In che consiste la forza del canto di Orfeo?

    I toni ti sono sembrati pi dolci in Virgilio o in Ovidio?

    I toni ti sono sembrati pi vivaci in Virgilio o in Ovidio?

    Lorrore delluccisione di Orfeo stemperata daunimmagine di grande forza emotiva in entrambi itesti: la testa mozzata che ripete il nome dellama-ta. Come racconta Virgilio questa scena e quantospazio le d? Come racconta Ovidio questa scenae quanto spazio le d?

    Lavorare sui testi

  • Il mito di Orfeopagina degli strumenti la storia

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    Unit di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice

    Quando nasce il mito di Orfeo nella letteratura greca?Nella letteratura greca arcaica e classica i riferimentiad Orfeo sono rari, nonostante il mito oralmente fosseconosciuto e diffuso; non se ne fa nessun accenno ad

    esempio allinterno dei poemi omerici n in Esiodo. Trai testi pi antichi abbiamo un frammento di una tragediadi Eschilo incentrata per sulla uccisione di Orfeo.

    Nel mito Orfeo sempre visto come un eroe positivo?No, il personaggio di Orfeo si presta allambiguit.Nel Simposio il filosofo Platone (V-IV sec. a.C.) critico sulleroe Orfeo che giudica un sofista, cheutilizza la parola per persuadere gli altri non per af-

    fermare verit. Secondo Platone Euridice gli statanegata dagli di perch il suo eros (sentimentodamore) era falso come il suo logos (la sua parola,il suo canto).

    Chi invece nel mondo greco lo ha esaltato come un eore positivo?Nel periodo ellenistico Apollonio Rodio (III sec. a. C)inserisce il personaggio di Orfeo nel poema Argonau-tiche. Nel poema di Apollonio, Orfeo partecipa al viag-gio sulla nave Argo che porter il mitico Giasone alla

    conquista del vello doro. Grazie al suo canto gli ar-gonauti riuscirono a superare indenni lisola delle si-rene perch il canto di Orfeo aveva offuscato la me-lodia ammaliatrice delle sirene.

    La fama di Orfeo si lega ad una tragica vicenda damore e di morteNon limpresa sulla nave Argo a dare limmortalitletteraria al personaggio di Orfeo, quanto la tragicavicenda damore e morte che lo lega alla ninfa Eu-ridice. La giovane sposa muore a causa delle avan-ces di Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, che, in-

    namorato non corrisposto, continuava a dimostrarleeccessive attenzioni. Un giorno la fanciulla, corren-do per sfuggire al suo corteggiatore, mise inavver-titamente il piede su un serpente dal morso vele-noso.

    Lo sguardo negatoOrfeo non si rassegn alla perdita, penetr negli In-feri incantando i guardiani del regno dei morti conla sua musica. La regina degli Inferi Persefone, com-mossa e sedotta dal suo canto, persuase il dio Adea consentire ad Orfeo di riportare Euridice sulla ter-ra. Ade accett, ma ad un patto: Orfeo avrebbe do-

    vuto precedere Euridice per tutto il cammino finoalla porta degli Inferi senza voltarsi mai allindietro.Proprio vicino alluscita dagli Inferi, Orfeo per nonriusc a resistere al dubbio e si volt, per vedereEuridice scomparire e tornare tra le tenebre persempre.

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    La vendetta delle donneDisperato per la perdita, non volle pi congiungersiad alcuna donna. Le Baccanti della Tracia, seguacidel dio Dioniso, si vendicarono assalendolo e fa-cendolo a pezzi. La sua testa venne gettata nelfiume. La testa di Orfeo continu a cantare tra-sportata dalla corrente fino al mare, per approdare

    infine allisola di Lesbo, dove fu sepolta nel san-tuario di Apollo. A Lesbo nacque Saffo, e con leila poesia lirica. Il corpo di Orfeo venne seppellitodalle Muse ai piedi dellOlimpo. La sua lira venneinvece infissa nel cielo e form la costellazionedella Lira.

    Il mito di Euridice c anche nella Commedia di Dante?Dante, oltre a Virgilio, considerava Ovidio il suo au-tore, tanto da gareggiare virtualmente con lui quan-do si trattava di descrivere delle metamorfosi infer-nali: conosceva quindi benissimo le Metamorfosi diOvidio. Dante nomina una volta sola Orfeo: lo scor-ge insieme agli altri poeti antichi, nel limbo (Inf. IV140). Ma in tutta lopera dantesca assente il mitodi Euridice, la sposa di Orfeo ineluttabilmente re-spinta indietro nelloscurit degli Inferi. Euridice

    una specie di antimodello di Beatrice (la riecheggiaanche nel nome), di cui Dante non parla mai, forseper esorcizzare una perdita della donna amata chea lui sarebbe insopportabile: perch Dante non vuolperdere la sua donna, la vuol piuttosto ritrovare. Einfatti cos : Dante, al contrario di Orfeo, con lasua poesia riuscito ad andare nelloltremondo,dove ha ritrovato Beatrice per sempre, e lha resaimmortale.

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    Il bassorilievo la rappresentazione artistica pi anticadel mito. Si tratta di una copia det romana di unoriginale greco risalente al V secolo a.C. I tre personaggisono accomunati da una grande tristezza. Orfeo ed Ermessono ai lati di Euridice che, col capo velato e lunga vestedrappeggiata, guarda lamato per lultima volta. Il dio latiene per mano, accingendosi ad accompagnarla indietronelloltretomba. Ermes (Mercurio per i latini) era un diopsicopompo, aveva cio il compito di condurre agli inferile anime dei defunti.

    Ermes, Euridice e Orfeo, bassorilievo marmoreo.Museo Archeologico di Napoli.

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    Si tratta di un grande mosaico a tessere nere, bianche,beige, marroni, verdi, rosse e grigie di pi di sei metri percinque. Il mosaico riporta al centro un grande pannellocon Orfeo che ammansisce gli animali. Orfeo seduto suuna roccia, indossa una corta tunica di colore verde scuro,un breve mantello (clamide) ed un berretto rossi come glistivali sui calzari aderenti. Nella mano sinistra tiene unalira a quattro corde, formata da due corna di gazzella suun guscio di tartaruga. Dietro di lui un albero, sui cui ramicorti appollaiato un uccello, costituisce lunico elementodel paesaggio naturale, mentre il cantore circondato daben diciannove animali: un uccello, un cane, una scimmia,un pappagallo, un toro, un leone, un serpente, unleopardo, un cervo, una tartaruga, una lucertola, unavolpe, una lepre, una cicogna, un pavone, un antilope, unatigre, uno struzzo ed un corvo. Tutto il mondo animalerende omaggio alluomo poeta e musico.

    Orfeo cantore tra le fiere, mosaico, fine II-inizio IIIsecolo d.C. Museo Archeologico Regionale diPalermo.

  • Il melodrammaOrfeo non solo poeta n solo suonatore di lira; ilsuo mito mostra lindissolubile legame tra musica eparole, segno del bisogno profondo, antropologico,desprimere nel canto sentimenti ed emozioni e diraccontare: la letteratura nasce legata alla musica,col canto degli antichi aedi, dei poeti lirici, del corotragico, e anche la nostra tradizione poetica delle ori-gini ce ne segnala in pi modi il legame (basti pen-sare a forme metriche quali la canzone, il sonetto,la ballata della Scuola poetica siciliana). Questo spie-ga la straordinaria fortuna musicale del mito dOrfeosino ai nostri giorni.Tra le prime opere in musica che raccontano il mito la Favola dOrfeo di Angelo Ambrogino detto il Po-liziano (1454-1494) composta nel 1480 a Mantovaper uno spettacolo a corte. Lambientazione cam-pestre. Ade e Persefone sembrano una coppia di si-gnori rinascimentali. La scena conclusiva uno sfre-nato e festoso baccanale, che stravolge il senso tra-gico della favola originaria. Lopera di Poliziano lar-chetipo di una nuova forma di intrattenimento tea-trale che, dal Seicento, diventer molto in voga nellecorti, formato da danza, musica e poesia.Proprio allalba del Seicento nacque infatti un nuovogenere musicale: il melodramma, cio uno spettacoloteatrale (-dramma) cantato e musicato (melo-).Il primo melodramma della storia fu dedicato nel1600 proprio ad Euridice, la sposa sfortunata di Or-feo (volume di Narrativa, on line 63), su musica diJacopo Peri e libretto di Ottavio Rinuccini; ma an-che il primo grande compositore di melodrammi,Claudio Monteverdi (1567-1643), dedic un melo-dramma ad Orfeo, nel 1607. Non un caso che lanascita del melodramma si leghi alla figura mitica diOrfeo che basa la sua forza sullintreccio indissolu-bile di parola, canto e musica.

    Meno di dieci anni dopo, nel 1616, avremo Orfeo do-lente, melodramma di Domenico Belli, e cos via sinoal capolavoro settecentesco di Christoph WillibaldGluck, Orfeo ed Euridice (1762) su libretto di Ranieride Calzabigi di cui famosa laria Che far senzaEuridice, dove andr senza il mio bene?.La ripresa del mito di Orfeo nel Settecento dovuta aGluck (1714-1787) e Calzabigi importante perch,musicalmente, segna lavvio della riforma dellope-ra in musica, avvicinabile alla riforma che Goldoninello stesso periodo attua per il teatro comico (vedivolume di Poesia, Modulo 6, p. 348).Il fascino del canto di Orfeo e della dolorosa storiadamore ha continuato a ispirare compositori nei se-coli successivi. Per citare una delle opere in musicapi conosciute del Novecento, ricordiamo Orfeo, bal-letto di Igor Stravinskij, composto nel 1947.

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    La copertina dellibretto delmelodramma diMonteverdirappresentato aMantova nel1609.

  • 1 larve: fantasmi.2 barbaro: il dolore viene de-finito barbaro perch, comefosse fuori da ogni regola civi-le, egli non riesce a contener-lo.

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    Personaggi

    ORFEO contraltoEURIDICE soprano

    AMORE sopranoPastori e Ninfe

    Furie e spettri nellinfernoEroi ed Eroine negli Elisi

    Seguaci dOrfeo

    ATTO IIScena I

    ORFEODeh! placatevi con me.Furie, larve,1 ombre sdegnose

    CORONo

    ORFEO Vi renda almen pietoseil mio barbaro2 dolor.

    CORO(raddolcito e con espressione di qualche compatimento)Misero giovine!Che vuoi, che mediti?Altro non abita

    dasito www.librettidopera.it

    Ranieri De CalzabigiOrfeo ed Euridice e il lieto fine

    Orfeo ed Euridice Il melodramma Orfeo ed Euridice di Gluck-Calzabigi and in scena nel 1762 alBurgtheater di Vienna per lonomastico dellimperatore Francesco I.Lazione inizia davanti alla tomba di Euridice. Motore di tutta la vicenda Amore, a cui si deve ancheil merito del lieto fine, assente nel mito originario. Orfeo entra in un Ade terrificante, connotato da

    una danza macabra di Furie e Spiriti, ma non tragico, perch anche gli esseri infernali sembrano condividere iprincipi illuministici dellacultura dellepoca. I sovra-ni dellAde rappresentanoil programma politico il-luminato degli imperatoridAsburgo che dichiaranodi considerare il potere co-me un compito ricevuto ineredit, da assolvere peril bene di tutti.

    Sono stati antologizzati scene tratte dal II atto e dal III atto. Le animeinfernali costituiscono il coro che a mano a mano viene ammansito dalcanto melodioso di Orfeo. Pi il tono del canto di Orfeo si fa appassio-nato, pi il canto del coro si addolcisce. Orfeo, ammansite le anime in-

    fernali, riesce a convincere i signori dellInferno di riportare Euridice alla vita. Euridicesegue Orfeo che, ubbidiente al vincolo del divieto, non si volta a guardarla. La donnainterpreta questo comportamento come un atto di disamore e si rifiuta di seguireluomo. Orfeo, che ha anche lobbligo di non rivelare nulla allamata, non resistealle suppliche e ai rimproveri di lei e si volta a guardarla, condannando Euridice perla seconda volta alla morte. Orfeo disperato vorrebbe morire per ricongiungersi conla sua sposa, ma interviene il dio Amore che risolve lazione drammatica in un lietofine, rovesciando il senso del mito. Poich Orfeo era stato fedele ai princpi dAmore,il dio dellAmore gli restituir Euridice in modo che la felicit dei due amanti diverrsegno della sua gloria.

    Lopera

    Il testo

  • che lutto e gemitoin queste orribilisoglie funeste.

    ORFEO Mille pene, ombre sdegnose,come voi sopporto anchio;ho con me linferno mio,3

    me lo sento in mezzo al cor.

    CORO (con maggior dolcezza)Ah qual incognitoaffetto flebile,dolce a sospenderevien limplacabilenostro furor!4

    ORFEO Men tiranne, ah! voi saresteal mio pianto, al mio lamento,se provaste un sol momentocosa sia languir damor.5

    CORO(sempre pi raddolcito)Ah quale incognitoaffetto flebile,dolce a sospenderevien limplacabilenostro furor!Le porte stridanosu neri cardinie il passo lascinosicuro e liberoal vincitor.6

    ATTO IIIScena I

    ORFEO(ad Euridice, che conduce per mano sempre senza guardarla)Vieni: segui i miei passi,unico amato oggettodel fedele amor mio.

    EURIDICE(con sorpresa)Sei tu! Minganno?Sogno? Veglio? Deliro?7

    ORFEO(con fretta)Amata sposa,Orfeo son io, e vivo ancor; ti vennifin negli Elisi a ricercar; fra pocoil nostro cielo, il nostro sole, il mondodi bel nuovo vedrai.

    3 linferno mio: metaforica-mente la grande pena damoredi Orfeo viene paragonata allepene che le ombre patiscononel mondo infernale.4 Ah qual incognito no-stro furor: un ritornello chesi ripeter pi volte. Le ombresottolineano come la dolcezzadel pianto damore, sentimentoa loro sconosciuto, abbia la ca-pacit di frenare la loro furiache non conosceva piet.5 se provaste languirdamor: solo chi ha esperienzadamore pu capire la sofferen-za di chi ama.6 al vincitor: Orfeo chiama-to vincitore perch ha ottenutoquel che voleva: entrare nelmondo infernale per riprenderela sua amata.7 Sogno? Veglio? Deliro?: una climax.

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  • EURIDICE(sospesa)Come! ma con quale arte?8

    ma per qual via?

    ORFEOSapraitutto da me;(con premura)per oranon chieder pi, meco taffretta, e il vanoimportuno timor dallalma sgombra:ombra tu pi non sei, io non son ombra.

    EURIDICEChe ascolto! e sar ver? Pietosi numi,qual contento mai questo! Io dunque, in braccioallidol mio, fra pi soavi laccidAmore e dImeneo,9

    nuova vita vivr!

    ORFEOS, mia speranza;ma tronchiam le dimore,10

    ma seguiamo il cammin. Tanto crudelela fortuna con me, che appena io credodi possederti; appenaso dar fede a me stesso.

    EURIDICE(mesta e risentita, ritirando la mano da Orfeo)E un dolce sfogodel tenero amor mio, nel primo istanteche tu ritrovi me, chio te riveggo,11

    tannoia,12 Orfeo!

    ORFEOAh! non ver, ma sappisenti (oh legge crudel!)13 bella Euridice,inoltra i passi tuoi.

    EURIDICEChe mai taffannain s lieto momento?14

    ORFEO(Che dir! lo preveddi; ecco il cimento.)15

    EURIDICENon mi abbracci! non parli!(tirandolo perch la guardi)Guardami almen. Dimmi: son bella ancoraqual era un d? vedi: che forse spentoil roseo mio volto? Odi: che forsesoscur quel che amastie soave chiamastisplendor de sguardi miei?

    8 con quale arte?: con qualeartificio?9 Imeneo: Imeneo la divini-t che presiedeva alle nozze.10 tronchiam le dimore:Rompiamo gli indugi, affrettia-moci.11 riveggo: rivedo.12 tannoia: Euridice rimpro-vera Orfeo di essersi stancato dilei nellattimo stesso in cui lharivista.13 oh legge crudel!: Orfeo la-menta lobbligo di non potersvelare nulla a Euridice. Tra pa-rentesi sono gli a parte: cio leespressioni che il personaggionon rivolge allaltro ma a sestesso.14 mai taffanna lieto mo-mento: Euridice non riesce acomprendere come mai Orfeosia cos teso in un momentotanto lieto.15 il cimento: a parte Orfeodice che la vera prova que-sta.

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  • ORFEO(Pi che lascolto,meno resisto: Orfeo coraggio.)16 Andiamo,mia diletta Euridice; or non tempodi queste tenerezze; ogni dimora fatale per noi.

    EURIDICEMa uno sguardo solo

    ORFEO sventura il mirarti.

    EURIDICEAh infido!17 E questeson laccoglienze tue! mi nieghi un sguardo,quando dal caro amantee dal tenero sposoaspettarmi io dovea gli amplessi e i baci!

    ORFEO(sentendola vicina, prende la sua mano e vuol condurla)(Che barbaro martir!) Ma vieni e taci.

    EURIDICE(ritira la mano con sdegno)Chio taccia! e questo ancorami restava a soffrir! dunque hai perdutala memoria, lamore,la costanza, la fede! E a che svegliarmidal mio dolce riposo, or che hai pur spentequelle a entrambi s caredAmore e dImeneo pudiche faci!18Rispondi, traditor.

    ORFEOMa vieni e taci.

    [Duetto19]

    ORFEOVieni: appaga il tuo consorte.

    EURIDICENo: pi cara a me la morte,che di vivere con te.

    ORFEOAh crudel!

    EURIDICELasciami in pace

    ORFEONo: mia vita, ombra seguaceverr sempre intorno a te.

    EURIDICEMa perch sei s tiranno?

    16 Pi che lascolto Orfeocoraggio: anche questi versicostituiscono un a parte.17 Ah infido: Euridice nonpu capire perch Orfeo abbiadefinito sventura il guardarla,e dice di non potersi fidare dilui.18 E a che svegliarmi faci:a che valso svegliarla dal son-no della morte se doveva spe-gnere le luci dellamore nuzia-le, che erano state care ad en-trambi?19 Duetto: il duetto un bra-no musicale per due voci soli-ste, con o senza accompagna-mento strumentale. Il termineindica interpretazioni vocali adue che cantano alternandosi.

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  • ORFEOBen potr morir daffanno,ma giammai dir perch.

    [Insieme20]

    ORFEOGrande, o numi, il dono vostro,lo conosco e grato sonoma il dolor, che unite al dono, insoffribile per me.

    EURIDICEGrande, o numi, il dono vostro,lo conosco e grata sonoma il dolor, che unite al dono, insoffribile per me.

    []

    ORFEOChe affanno! Oh comemi si lacera il cor! Pi non resisto;smanio, fremo, deliro21 ah mio tesoro!

    (si volta con impeto e la guarda)

    EURIDICE(alzandosi con forza e tornando a cadere)Giusti di, che mavvenne. Io manco io mo ro

    (more)

    ORFEOAhim! dove trascorsi! Ove mi spinseun delirio damor!(le saccosta con fretta)Sposa! Euridice!(la scuote)Euridice! Consorte! ah pi non vive,la chiamo in van, misero me, la perdo,e di nuovo e per sempre! oh legge! oh morte!oh ricordo crudel! non ho soccorso,non mavanza consiglio. Io veggo solo(oh fiera vista!) il luttuoso aspettodellorrido mio stato;saziati sorte rea, son disperato.

    [ Aria22]

    ORFEOChe far senza Euridice!Dove andr senza il mio ben!Euridice! Oh dio! rispondi,io son pure il tuo fedel.Euridice! Ah! non mavanzapi soccorso, pi speranzan dal mondo, n dal ciel!

    20 Insieme: il termine indicainterpretazioni vocali a due checantano insieme.21 smanio, fremo, deliro: una climax.22 Aria: in campo musicaleper aria si intende un brano,quasi sempre per voce solista,articolato in strofe o sezioni.Nella storia dellopera essa sicontrappone al recitativo e rap-presenta un momento in cui laforma musicale prende il so-pravvento sullazione e sul dia-logo.

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  • Che far senza Euridice!Dove andr senza il mio ben!

    Orfeo senza Euridice decide di morire per ricongiungersi con la sua sposa, mainterviene il dio Amore che risolve lazione drammatica in un lieto fine, rove-sciando il senso del mito.Poich Orfeo era stato fedele ai principi dAmore, il dio dellAmore gli restituirEuridice e la felicit dei due amanti gli dar eterna gloria.

    AMOREMi desti prova di tua nobil f;23

    pi non sarai, per mia gloria, infelice:Euridice ti rendo!Essa risorga e sia congiunta a te.

    []

    ATTO IIIScena III

    COROTrionfi Amore,e il mondo interoserva allimperodella belt.

    EURIDICELa gelosiastrugge e divora;ma poi ristorala fedelt.E quel sospettoche il cor tormenta,alfin diventafelicit.

    COROTrionfi Amore,e il mondo interoserva allimperodella belt.23 f: fedelt.

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    Questo dipinto rappresentacon particolare intensitlepisodio dello sguardo fataleche condanna Euridice agliinferi per sempre, ma conuninversione di parti: non Orfeo a volgere lo sguardoverso Euridice, ma la donnache, abbracciando conpassione il suo uomo, sembrachiedergli di guardarla,mentre questi, turbato e congli occhi chiusi, tenta disottrarsi allo sguardo e diallontanarla da s.Frederick Leighton (1830-1896), stato uno scultore epittore inglese le cui opere,preferibilmente a soggettostorico, biblico e mitologico,sono tra gli esempi artisticipi raffinati dellOttocentoinglese.

    Frederick Leighton, Orfeo ed Euridice, 1864. LeightonHouse Museum, Londra.

    Leggere le immagini

    Gli autori Il librettista Ranieri Simone Francesco Maria de Calzabigi (1714-1795) stato un poeta e librettista italiano. Inizi a dedicarsi allattivit librettistica nel 1743 aNapoli. A causa del suo coinvolgimento in un processo penale, fu costretto a lasciare lacitt per Parigi, dove conobbe Pietro Metastasio, poeta e librettista italiano. Nel 1761lasci la Francia per la citt di Vienna, capitale dellimpero degli Asburgo, dove conobbeil compositore Christoph Willibald Gluck. Per Gluck scrisse tre libretti dopera (di cui Orfeoed Euridice il pi famoso) e contribu attivamente, grazie alla scrittura di libretti daltovalore poetico, alla riforma del melodramma gluckiana.Il compositore Christoph Willibald Gluck (1714-1787) stato un compositore tedesco.Conosciamo poco della sua formazione: probabilmente segu lezioni di organo e di clavi-cembalo presso il collegio dei Gesuiti di Komatau, dove impar anche a suonare il violinoe il violoncello. Quello che certo che, per seguire la sua passione per la musica, fuggda casa guadagnandosi da vivere come cantore e suonatore ambulante nelle chiese enelle piazze. Lavor come compositore a Praga, a Vienna, a Milano, a Londra.Nel 1752 ritorn a Vienna dove, chiamato a dirigere unimportante orchestra, tranne qual-che intervallo di vita parigina, rimase fino alla morte. Orfeo ed Euridice, su libretto di Cal-zabigi, fu la sua opera di maggior successo.

  • Ranieri De Calzabigi Orfeo ed Euridice e il lieto fine

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    Le formeLa musica in un melodramma assume la parte pi au-torevole, ricca di suggestioni, ma il significato affidatoal testo, parole tradotte in musica attraverso il canto,che diviene un mezzo cui affidare il piacere dellinven-zione fantastica e il coinvolgimento emotivo e senti-mentale del pubblico. Vi sono le voci soliste di Orfeoed Euridice (rispettivamente contralto e soprano), checantano in dialoghi, duetti e arie, la voce di Amore (so-prano) che come il deus ex machina del teatro anticotutto risolve, e la voce del coro.

    I temiNel brano proposto dellatto II, si coglie il passaggiodalla furia implacabile delle ombre infernali alla com-passione nello sfumare della violenza del No inizialesino alla resa le porte si aprano al passo del vincitor.La dolcezza del canto ha vinto la furia. Il sentimentodamore vince su ogni altro sentimento.Nellatto III di scena limpossibilit di comunicare: idue sposi intrecciano un drammatico dialogo, nel quale

    Euridice assume un ruolo decisivo. Poich Orfeo nonsolo non guarda Euridice, ma non pu dirle del divieto,Euridice, pensando che lui sia rimasto deluso e disa-morato nel rivederla, si rifiuta di seguirlo: No, pi cara a me la morte, che di vivere con te; segue un duettoin cui i due sposi cantano le stesse parole, ma con si-gnificato diverso:

    Grandi, o Numi, il dono vostro,Lo conosco e grato/grata son,Ma il dolor che unite al dono, insoffribile per me.

    Orfeo per esprimerle il suo amore si volta, lamore de-creta la morte di Euridice. Qui abbiamo la celebre ariaChe far senza Euridice? (che verr citata nel raccontodi Gesualdo Bufalino Il ritorno di Euridice, vedi p. 25 diquesto on line). Ma imprevedibilmente sar semprelamore a decretare la vita. Interviene il dio Amore cherisolve lazione drammatica nel lieto fine, riconoscendola fedelt di Orfeo ai princpi stessi dellamore. Lattoe lopera si concludono col canto di trionfo di Amore.

    Guida alla lettura

    Per comprendere Riassumi il contenuto dei brani letti.

    Sottolinea i versi in rima.

    Che cosa un ritornello? Trova nei versi un ritor-nello. Da chi pronunciato?

    Metti in costruzione diretta i seguenti due versi:Mille pene, ombre sdegnose,come voi sopporto anchio

    Lespressione in costruzione diretta ha secondo tela stessa forza emotiva?

    Le didascalie indicano in successione come il corosi addolcisca sempre pi. Mostra nel testo da qualielementi ricavi la maggiore dolcezza.

    Elenca gli argomenti portati da Orfeo per convinceregli spiriti infernali.

    Cosa unaria?

    Fai la parafrasi dellariaChe far senza Euridice!Dove andr senza il mio ben!Euridice! Oh dio! rispondi,io son pure il tuo fedel.Euridice! Ah! non mavanzapi soccorso, pi speranzan dal mondo, n dal ciel!Che far senza Euridice!Dove andr senza il mio ben!

    Per interpretare

    Per quale motivo Amore premia Orfeo?

    Che differenza c tra Amore e amore?

    Lavorare sul testo

  • In alto la bocca di Orfi gri-da il nome della fanciullache sembra non sentirlo eche continua il suo fataleandare. La porta chiusanon un ostacolo per lei.Il suo viso, come la sua im-magine, viene risucchiatoallinterno.

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    daD. Buzzati, Poema a fumetti,Mondadori, Milano 2007

    Dino BuzzatiUn poema a fumetti

    Poema a fumetti Nellera della piena modernit la geografia dellAde assume i connotati di unacitt industriale, una Milano paradossalmente priva di caos, nel Poema a fumetti di Dino Buzzati, unfumetto dai contenuti profondi che contrastano con la leggerezza del genere. Fu lo stesso Buzzati,anche abile pittore, a disegnare nel 1969 le strisce a fumetti del suo poema. Protagonisti del mito

    moderno sono Orfi uncantautore, lunico poetacapace di incanto nel-lepoca della modernit, eEura, la sua ragazza.

    Una fredda notte di marzo Orfi vede un tass fermarsi dinanzi a una mi-steriosa villa proprio di fronte alla sua casa, in via Saterna, una imma-ginaria via del centro di Milano. Dal tass scende Eura che entra nellavilla attraversando una porta chiusa senza aprirla, come uno spirito.

    Lopera

    Il testo

  • Lindomani Orfi, venuto a conoscenza della morte improvvisa di Eura, si reca atarda notte di fronte la porta che Eura aveva attraversato, portando con s la chitarraper sentirsi pi forte. Un uomo, che poi scompare, gli vieta lingresso, ma Orfichiede col suo canto alla porta di aprirsi.Perch?. Gli ripete pi volte una voce doltretomba. Perch l dietro c lei / sec lei io non ho paura / anche se tutti sanno / che di notte o di giorno / di l nonesiste ritorno.La porta si apre e Orfi entra in un moderno Ade, che non altro che una Milanoriprodotta: un aldil popolato dal suo mondo. Una donna senza veli lo accompagnanel paese della morte, definita la vecchia signora che distrugge i piaceri e disperdele liete compagnie. Il diavolo custode una giacca vuota che gli chiede di cantareun canto che ricordi ai morti tutto ci che essi non hanno pi.

    Il canto di Orfi si dispiega lungo sessantasette pagine; canta le delusioni, le angosce,le paure che accompagnano i vivi nel loro cammino: bassezze e nobilt che alber-gano nel cuore di tutti, consce e inconsce. E il suo canto svela che la dimensioneautentica della vita sta proprio nella consapevolezza della fine; ogni cosa acquistasenso solo nella coscienza che dovr finire, ribaltando linterpretazione di Pavese:

    La tavola divisa in due.Nella parte superiore lagiacca, morbida come sefosse indossata da un cor-po inconsistente, e nellaparte inferiore le domandeche la giacca pone ad Orfi,il suo invito ad affacciarsia guardare dalla finestrae, tra le parole, delineato ilprofilo della citt conosciu-ta con i suoi simboli: il Ca-stello Sforzesco, le gugliedel Duomo, case, ciminie-re, grattacieli. Sembra chetra il mondo conosciuto eloltretomba non ci sia dif-ferenza.

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  • l la consapevolezza della morte toglieva senso alla vita, qui il senso della vita losi coglie proprio attraverso la consapevolezza della morte.Orfi in virt del suo canto viene lasciato passare nellinferno e gli vengono concesseventiquattro ore per trovare Eura: uno spazio di tempo in un mondo senza tempo.Trovatala, la perde, ma non per suo errore o per sua volont; sar Eura a non volerloseguire perch appartenente ormai ad una dimensione altra. Nessun patto, nessundivieto. La morte morte e non si vince. Trascorso inesorabilmente il tempo, Orfisi ritrover vivo in via Saterna, dinanzi alla sua casa. Dinanzi a lui lo stesso uomodella sera prima gli dice di non tormentarsi perch quello che ha visto solamentesogno. Orfi per si ritrova stretta nella mano una piccola ma reale testimonianza:lanello sfuggito a Eura nel tentativo disperato di trascinarla con s.

    Limmagine molto sugge-stiva. Scaduto il tempo, Or-fi trascinato verso laltoda un vortice che crea unmovimento a spirale sullosfondo della citt inferna-le. Stringe la mano di Eura,ma il corpo della fanciullaresta fuori dal vortice esembra porre resistenza aseguirlo.

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  • La pagina presenta dueimmagini in successione.Nella prima immagine lemani sono ancora unite,nella seconda le mani chesi separano segnano il mo-mento tragico del distacco,della perdita definitiva. Maun oggetto passato dauna mano allaltra, dalmondo dei morti a quellodei vivi, a dimostrazioneche non si trattato di unsogno.

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    Lautore Dino Buzzati (1906-1972) nacque a S. Pellegrino, vicino Belluno, da una famigliadellagiata borghesia. La famiglia risiedeva a Milano e la villa presso Belluno era luogo divacanza, amato e sempre ricordato. Segu gli studi di Giurisprudenza per volont del padre,docente di Diritto internazionale, ma le sue grandi passioni erano la pittura e la scrittura.Allet di 22 anni intraprese la carriera giornalistica presso il Corriere della Sera, doverimase tutta la vita, non sottraendosi mai agli incarichi del semplice cronista o al lavorodi redazione, pur divenuto scrittore di fama. Nel 1939, agli inizi della prima guerra mondiale,fu inviato speciale in Etiopia, e lanno successivo scrisse e pubblic il romanzo Il desertodei Tartari, il suo capolavoro narrativo, un romanzo dallatmosfera allucinata in cui il pro-tagonista vive nellattesa dellaggressione di un nemico inesistente. Nel 1958 vinse il pre-stigioso premio Strega con un libro di racconti, dove risultava evidente la capacit di con-centrare nel breve spazio di un racconto atmosfere enigmatiche e inquiete. Si dedic ancheal disegno e alla pittura, sempre inseguendo la sua vena surreale.

    Le formeLa novit del poema di Buzzati sta nel mezzo formale,il fumetto, un fumetto colto, con disegni originali e sur-reali dai toni tenui. Abbondano nel fumetto le nuditdi corpi femminili, ma anche Dante popola lInferno dianime lasse e nude.

    I temiLa novit del poema di Buzzati sta nella conclusione:Eura rimane nel mondo dei morti non pi a causa delgesto di Orfi, ma perch lei stessa ad accettare lalegge della morte.Orfi rappresenta lartista il cui destino la solitudine.La sua impresa fallisce perch larte impotente difronte lineluttabilit della morte.

    Guida alla lettura

    Per comprendere e interpretare Descrivi ci che vedi nella prima immagine.

    Il muro scalcinato. Quale potrebbe esserne il si-gnificato simbolico secondo te?

    Perch lingresso allAde ha il diminutivo portici-na? Quale potrebbe esserne il significato?

    Sotto limmagine appare la scritta come fosse sta-ta uno spirito. Si tratta di una similitudine vera ofalsa?

    Nelle immagini Orfi ha sempre con s la sua chi-tarra. Cosa rappresenta la chitarra per lui, e cosarappresenta per il lettore? Si tratta comunque in

    ogni caso di esprimere la tua personale interpreta-zione e la tua sensazione.

    Perch lAde ha i contorni della citt dove Orfi vive?

    Nellimmagine del vortice le linee curve contrastanocon i disegni lineari e geometrici dello sfondo. Cid allimmagine

    movimento staticit

    Cosa manca alla mano di Eura nellimmagine finale?

    Per interpretare

    Scrivi un breve racconto che leghi le immagini leune alle altre.

    A B

    Lavorare sul testo

  • 1 barcaiolo: Caronte, tra-ghettatore delle anime infernalianche nella Divina Commediadi Dante.2 alzaia: grossa fune che serveper rimorchiare barche e bar-coni dalla riva di fiumi.3 colore sulfureo: giallastro.4 marna: roccia sedimentaria

    formata da calcare e argilla, dicolore grigio-giallastro.5 pozzolana: roccia formatada lapilli e ceneri vulcaniche,di colore grigio o bruno rossa-stro.6 laschi: morbidi.7 lo stesso fiume: lo Stige,uno dei tre fiumi che cingeva-

    no il mondo infernale, comelAcheronte e il Cocito.8 arrotolarsi con una pi-grizia di serpe: il fiume richia-ma metaforicamente limmaginedi un serpente. Lacqua scorrelenta, pigra. Anche Virgilio parladi tarda unda acque lente, pi-gre (Georgiche, IV 479-480).

    9 cul di sacco: modo di diremetaforico per indicare un vi-colo cieco, una strada senzauscita.10 sera aggricciata: era rab-brividita.11 scorpione: si tratta di unserpente secondo la versione diVirgilio e di Ovidio.

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    Era stanca. Poich cera da aspettare, sedette su una gobba dellargine, in vista delpalo dove il barcaiolo1 avrebbe legato lalzaia.2 Laria era del solito colore sulfureo,3

    come dun vapore di marna4 o di pozzolana,5 ma sulle sponde sincanutiva in fiocchilaschi6 e sudici di bambagia. Si vedeva poco, faceva freddo, lo stesso fiume7 nonpareva scorrere ma arrotolarsi su se stesso, nella sua pece pastosa, con una pigriziadi serpe.8 Un guizzo dali inatteso, un lampo nero, sorse sul pelo dellacqua e scom-parve. Lacqua gli si richiuse sopra allistante, lo inghiott come una gola. Chiss, ilvolatile, comera finito quaggi, doveva essersi imbucato sottoterra dietro i passie la musica del poeta.

    Il poeta Era cos che chiamava il marito nellintimit, quando voleva farloarrabbiare, ovvero per carezza, svegliandosi al suo fianco e vedendolo intento asolfeggiare con grandi manate nel vuoto una nuova melodia. Che fai componi?Lui non si sognava di rispondere, quante arie si dava. Ma comera rassicurante ecara cosa che si desse tante arie, che si lasciasse crescere tanti capelli sul collo eli ravviasse continuamente col calamo di giunco che gli serviva per scrivere, e chenon sapesse cuocere un uovo Quando poi gli bastava pizzicare due corde e mo-dulare a mezza voce lultimo dei suoi successi per rendere tutti cos pacificamente,irremissibilmente felici

    Poeta A maggior ragione, stavolta. Stavolta lei sillab fra le labbra la parolacon una goccia di risentimento. Sventato dun poeta, adorabile buonannulla Vol-tarsi a quel modo, dopo tante raccomandazioni, a cinquanta metri dalla luce Siguard i piedi, le facevano male. Se mai possa far male quel poco daria di cui sonofatte le ombre.

    Non era delusione, la sua, bens solo un quieto, rassegnato rammarico. In fondonon aveva mai creduto sul serio di poterne venire fuori. Gi lingresso un cul disacco9 a senso unico, un pozzo dalle pareti di ferro le era parso decisivo. La morteera questo, n pi n meno, e, precipitandovi dentro, nellattimo stesso che seraaggricciata10 dorrore sotto il dente dello scorpione,11 aveva saputo chera per sem-

    daG. Bufalino, Luomo invaso,Bompiani, Milano 2001

    Gesualdo BufalinoIl ritorno di Euridice

    Il ruolo dellartista, il suo potere dincanto e la sua inettitudine sonoancora una volta oggetto dindagine nel racconto leggero e ironico diGesualdo Bufalino.Il racconto usc per la prima volta su la Repubblica il 17 luglio 1984,

    nella rubrica Racconti destate. Venne poi inserito nella raccolta Luomo invaso,pubblicata nel 1986.Lambigua e colta versione di Bufalino fa della vicenda di Orfeo ed Euridice il luogoideale per una riflessione sullarte, autenticit o finzione, e sullartista, vate incan-tatore o adorabile buonannulla.

    Il testo

  • Gesualdo Bufalino Il ritorno di Euridice

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    pre, e che stava nascendo di nuovo, ma alla tenebra e per sempre.12 Allora sera av-vinta agli uncini malfermi della memoria, sera aggrappata al proprio nome, penduloper un filo allestremit della mente, e se lo ripeteva, Euridice, Euridice, nel mulinellovorticoso, mentre cascava sempre pi gi, Euridice, Euridice, come un ulterioreobolo13 di soccorso, in aggiunta alla moneta piccina che la mano di lui le aveva na-scosto in bocca allatto della sepoltura.

    Tu se morta, mia vita, ed io respiro?Tu se da me partitaper mai pi non tornare ed io rimango?

    Cos aveva gorgheggiato lui con la cetra in mano e lei da quella monodia serasentita rimescolare. Avrebbe voluto gridargli grazie, riguardarselo ancora amoro-samente, ma era ormai solo una statuina di marmo freddo, con un agnello sgozzatoai piedi, coricata su una pira di fascine insolenti. E nessun comando che si sforzassedi spedire alle palpebre, alle livide labbra, riusciva a fargliele dissuggelare14 un mo-mento.

    Della nuova vita, che dire? E delle nuove membra che le avevano fatto indossare?Tenui, ondose, evasive come veli

    Poteva andar meglio, poteva andar peggio. I giochi con gli aliossi,15 le partite dicarte a due, le ciarle donnesche16 con Persefone17 al telaio; le reciproche confidenzea braccetto per i viali del regno, mentre Ade18 dormiva col capo bendato da uncasco di pelle di capro Tutto era servito, per met dellanno almeno, a lenire lug-gia19 della vita di guarnigione.20 Ma domani, ma dopo?

    Guard lacqua. Veniva, onda su onda (e sembravano squame, scaglie di pesce),a rompersi contro la proda.21 Scura, fradicia acqua, vecchissima acqua di stagno,battuta da remi remoti. Tese lorecchio: il tonfo delle pale sudiva in lontananza bat-tere lacqua a lenti intervalli, doveva essere stufo, il marinaio, di tanti su e gi

    Mille e mille anime serano raccolte, frattanto, e aspettavano. Anche a mettersiin fila, sarebbero passate ore prima che giungesse il suo turno. Non ci sono pre-cedenze per chi ritorna? si chiese con un sorriso, bench non avesse fretta, ormaiche cera, di rincasare. Erano mille e mille, le anime, e aspettavano tremando difreddo e starnazzando, con una sorta dimpazienza affamata. Il fuoco che brillavain mezzo a loro, va a sapere come avevano fatto ad accenderlo, ad attizzarlo, conche pietre focaie22 e pigne di pino. E vi si scaldavano attorno, laria di fiume nocivaai corpi spogliati.

    Sorrise ancora. Come se i reumi avessero ancora corso, fra i morti. Bench a leisarebbe piaciuto lo stesso consolarsi le palme a quella fiamma, mescere la sua voce un pigolio al pigolare degli altri. Non lo fece, non savvicin al bivacco,23 preferivarestare sola a pensare. Poich un disagio, lo stesso che lascia un cibo sbagliato, lefaceva male sotto una costola, e lei sapeva che non era il cruccio della vita ripersa,della risurrezione andata a male, era un altro e curioso agrume, un rincrescimento,

    12 stava nascendo di nuovo,ma alla tenebra e per sem-pre: la morte vista come unanascita al contrario. Se la nasci-ta significa uscire alla luce periniziare una vita che ha una du-rata. La morte significa entrarenelle tenebre e restarci perleternit.13 obolo:: antica moneta gre-ca di poco valore. Si ritenevache fosse il prezzo richiesto daCaronte per il passaggio versoil regno dei morti. Ecco perch,secondo la tradizione, la mone-tina si poneva sotto la linguadel morto allatto della sepoltu-ra.14 dissuggellare: schiudere.15 i giochi con gli aliossi: glialiossi sono dei piccoli ossicini,per la precisione ossa triango-lari della caviglia, che gli antichiGreci e poi i Romani usavanoper le loro divinazioni. Si get-tavano in aria gli ossicini e sileggeva il futuro. Con landa-re del tempo questa arte magi-ca diventata un gioco, sia un

    gioco di bambini che un giocodazzardo. Gli strumenti di gio-co erano costituiti da tre picco-le ossa: le rotule di agnelli. Essesi facevano essiccare al sole epoi potevano essere usate peril gioco. Si lanciavano in aria e,a secondo delle posizioni cheassumevano cadendo, decide-vano la vincita o la perdita deigiocatori.

    16 ciarle donnesche: chiac-chiere fra donne.17 Persefone: vedi nota 7 daOvidio, p. 6 di questo on line.18 Ade: il dio delloltretom-ba, figlio di Crono e Rea, fratel-lo di Zeus e Posidone. Combat-t e vinse i Titani. Detto anchePlutone. Per estensione il suonome designa loltretomba.19 uggia: noia, tedio.

    20 vita di guarnigione: vitasempre uguale, regolata comein una caserma.21 proda: sponda.22 pietre focaie: variet dipietra che, sfregata con forzaluna con unaltra, producescintille.23 bivacco: luogo dove le ani-me sostavano in attesa di esse-re traghettate.

  • incapace per ora di farsi pensiero, ma ostinato a premere dentro in confuso, comepreme un bambino non nato, putrefatto nelle viscere, senza nome n sorte. E leinon sapeva come chiamarlo, se presagio, sospetto, vergogna

    Ricapitol la sua storia, voleva capire.

    A ripensarci, sera innamorata di lui tardi e di controvoglia. Non le garbava, al-linizio, che le altre donne gli corressero dietro a quel modo, insieme alle bestie,alle belve. Doveva essere un mago, quelluomo, un seduttore dorecchi, un acca-lappiatopi da non fidarsene. Con leterno strumento a tracolla, la guardata indiscreta,la parola ciarlatana. Poi, una sera di molta luna, trovandosi in un boschetto ad andare,trasognata secondo il suo costume, coi piedi che le passeggiavano qua e l, temeraricon tante angui24 latenti nellerba, a un certo punto, dentro il fitto dalberi dovesera cercata una cuccia di buio, un filo di musica sera infilato, via via sempre piteso e robusto, fino a diventare uno spago invisibile che la tirava, le circondava lemembra, gliele liquefaceva in un miele umido e tiepido, in un rapimento e manca-mento assai simile al morire. N sera svegliata prima che le grosse labbra di lui, lapotenza di lui, le si fossero ritirate lentamente di dosso.

    Lo am, dunque. E le nozze furono di gala, con portate a non finire e crateri divino nero. Turbate da un solo allarme irrisorio: quella torcia che, sebbene Imenelagitasse con entrambe le mani, non savvivava ma continuava a eruttare tuttintornopennacchi di brutto fumo.25

    Dopo di che cerano stati giorni e notti celesti. Lui sapeva parole che nessunaltro sapeva e gliele soffiava fra i capelli, nei due padiglioni di carne rosea, comeun respiro recondito, quasi inudibile, che per dentro di lei cresceva subito intuono e rombo damore. Era un paese di nuvole e fiori, la Tracia dove abitavano, elei non ne ricordava nientaltro, nessuna sodaglia26 o radura27 o petraia,28 solo nuvolein corsa sulla sua fronte e manciate di petali, quando li strappava dal terreno coipugni, nel momento del piacere. Giaceva con lui sotto unampia coppa di cielo, suun letto di foglie e di vento, mirando fra le ciglia in lacrime profili dalberi vacillare,udendo un frangente29 lontano battere la scogliera, una cerva bramire nel sottobo-sco. Si asciugava gli occhi col dorso della mano, li riapriva. Lui glieli chiudeva conun dito e cantava. Ecco gi si fa sera, ora negli orti loro dei vespri simbruna, laluna selargisce dai monti,30 palpita intirizzita fra le dita verdi dellaraucaria31 Eu-ridice, Euridice! E lei gli posava la guancia sul petto, vi origliava uno stormire diradici, e battiti, anche, battiti lunghi dun cuore danimale o di dio.

    Lo aveva amato. Anche se presto aveva dubitato desserne amata altrettanto.Troppe volte lui seclissava su per i gioghi del Rodope32 in compagnia dun popolodi fanciulli che portavano al polso una fettuccia rossa;33 o scendeva gi a valle, versola marina, pavoneggiandosi del suo corteo dusignoli stregati,34 stregato lui stessodalle cantilene che gli nascevano. Senza dire mai dove andava, senza preoccuparsidi lasciarla a corto di provviste, deserta daffetto, esposta ai salaci approcci di unmandriano35 del vicinato. Si fosse degnato di adontarsene, almeno, di fare una scenata.Macch. Si limitava, tanto per la forma, a intonare un lamento dellamor geloso, dicui, dopo un minuto, sera gi scordato. Quand cos, una si disamora, si lascia

    24 angui: serpenti.25 quella torcia brutto fu-mo: lepisodio raccontato daOvidio.26 sodaglia: terreno sassoso oincolto.27 radura: spazio aperto in unbosco o in una foresta.28 pietraia: terreno pietroso.29 frangente: onda.30 Ecco gi si fa sera la lu-na selargisce dai monti: iversi del canto di Orfeo fannoeco a una poesia di GabrieledAnnunzio La sera fiesolana

    (1899): Fresche le mie parole nela sera. / ti sien come il fruscoche fan le foglie. / del gelso nela man di chi le coglie. / silen-zioso e ancor sattarda a lopralenta. / su lalta scala che san-nera. / contro il fusto chesinargenta. / con le sue rame

    spoglie. / mentre la Luna prossima a le soglie. / [].31 araucaria: una specie ar-borea.32 Rodope: monte a nord del-la Tracia.33 fettuccia rossa: come il se-gno distintivo del poeta.

    34 dusignoli stregati: usi-gnoli una metafora. I giovanicantori sono ammaliati dal can-to di Orfeo.35 mandriano: si riferisce alcorteggiamento di Aristeo, chenel mito era s un allevatore,ma di api.

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    Unit di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice

    andare, sicch, negli ultimi tempi, lei sera trascurata, si faceva vedere in giro con lechiome secche, male truccata, con la pelle indurita dai rovi, dalle tramontane. E seb-bene ad Aristeo rispondesse sempre no e poi no, non lo diceva con la protervia diprima, ma blandamente, accettandone, addirittura, ora una focaccia di farro, ora unrustico mazzolino. Salvo a scappare, appena quello dimostrasse cupamente nei po-melli qualche porpora di vino o di desiderio. Finch era morta cos, mentre gli scap-pava davanti, pestando con piante veloci la mala striscia36 nellerba.

    Maledetta erba Il pensiero le si volse di nuovo a Persefone. Un fiore di ragazza,ma sfortunata. Che anche lei sera messa nei guai per volere andare a spasso neiprati. Unamica a mezzo servizio, purtroppo, ma cos bella quando tornava dalleferie,37 abbronzata,38 con le braccia colme di primavera, di ligustri39 a fasci, di giacinti,amaranti, garofani E se li metteva fra i capelli, quellora o due che duravano; indinei portafiori, dove sostinava a innaffiarli con acqua di Stige, figurarsi; decidendosia buttarli nellimmondizia solo quando decisamente puzzavano

    Sfortunata ragazza. Cara, tuttavia, a uno sposo, a una madre. E che poteva per-mettersi di viaggiare, di alternare gli asfodeli40 con i narcisi,41 i coniugali granellidi melagrana42 con le focose43 arance terrene, di essere a un tempo gelo e vampa,orbita cieca e raggiante pupilla, femmina una e dea trina!

    Un clamore la riscosse. La barca era apparsa di colpo, correva sulla cima deiflutti come per il repentino puntiglio di un conducente in ritardo. E dalla riva leanime applaudivano, squittivano,44 tendevano le mani, qualcuno lanciava segnaliimpugnando un tizzone acceso. Euridice si lev in piedi a guardare. La scena era,come dire, infernale.45 Con quella prora in arrivo sulle onde bigie, e questi riverberidi fuoco nebbioso, sotto cui la folla sembrava torcersi, moltiplicarsi. E si protende-vano tutti, pronti a balzare. La chiatta46 fu subito piena, straripava di passeggeri,stretti stretti, con le braccia in alto per fare pi spazio. Un grappolo di esclusi tentancora un assalto, afferrandosi a una gomena.47 Ricaddero in acqua, riemersero afatica, fangosamente. Un posto solo era rimasto vuoto, proibito, uno stallo di legnoaccanto al vecchio nocchiero. Euridice, Euridice! chiam il vecchio nocchiero.

    Riapr gli occhi. Una lingua dacqua fredda le lambiva le caviglie. La barca eraimmobile, ora, beccheggiava a met della corrente. Vide davanti a s la schienanuda e curva del vecchio, ispida di peli bianchi. Da un buco del fasciame una linguadacqua era entrata e il vecchio era curvo a vuotarla e ad incerare la falla. Che barcavecchia. Quante cicatrici, sulla vela, e rammendi dago maldestro. Ero pi bravaio, a cucire, pens. Sono stata una buona moglie. Lo amavo, il poeta. E lui, dopo-tutto, mi amava. Non avrebbe, se no, pianto tanto, rischiato tanto per voragini e di-rupi, fra Mani48 tenebrosi e turbe di sogni49 dalle unghie nere. Non avrebbe guadatoacque, scalato erte, ammansito mostri e Moire,50 avendo per sola armatura una cla-mide51 di lino, e una semplice fettuccia rossa legata al polso.52 N avrebbe saputospremere tanta dolcezza di suoni davanti al trono dellinvisibile Ade

    Il peso contro il costato doleva, ora, ma lei non ne aveva pi paura, sapeva co-sera. Era una smemoratezza che le doleva, di un particolare dellavventura recente,

    36 la mala striscia: quella delcrudele serpente.37 ferie: il periodo che tra-scorreva con la madre, sulla ter-ra, nei campi.38 abbronzata: perch il sole,che non pu penetrare nelmondo degli Inferi, aveva datocolore al suo viso.39 ligustri: arbusti semprever-di con fiori bianchi a grappoli.40 asfodeli: pianta erbaceacon fiori banchi a grappolo efoglie lineari, che i Greci con-sideravano sacra ai morti.Nelloltretomba le ombre deidefunti vagavano nel prato diquesti fiori.41 narcisi: sono fiori che fio-riscono sulla terra in primave-ra.42 coniugali granelli di me-lagrana: in Oriente la melagra-na era considerata simbolo difertilit, tanto che durante i ma-trimoni i suoi chicchi venivanolanciati in aria come gesto diaugurio.43 focose: le arance sono de-finite focose per via del loro co-lore.44 squittivano: lo squittio ilsuono che fanno i topi.45 infernale: la definizione ironicamente scontata. Come

    definire altrimenti una scenadellInferno?46 chiatta: grosso natante usa-to per traghettare persone lun-go fiumi, laghi o canali.47 gomena: grossa fune usataper ormeggio o per rimorchiodelle imbarcazioni.48 Mani: erano divinit degliInferi.

    49 turbe di sogni: folle difantasmi.50 Moire: le Moire erano divi-nit legate al regno dei morti,Ad esse era connessa lesecu-zione del destino assegnato aciascuna persona e quindi era-no la personificazione del de-stino ineluttabile. Erano tre:Cloto, che filava lo stame della

    vita; Lachesi, che lo svolgevasul fuso e Atropo che, con lecesoie, lo recideva. La lunghez-za dei fili corrispondeva allalunghezza della vita degli uo-mini.51 clamide: tunica.52 fettuccia rossa legata alpolso: segno distintivo delpoeta.

  • una minuzia che aveva o visto o intuito o capito in un baleno e che il Lete53 seraprovvisoriamente portato via. Come una rivelazione da mettere in serbo per ricor-darsene dopo. Se ne sarebbe ricordata a momenti, certo, appena la sorsata di Leteavesse finito di sciogliersi, innocua ormai, nel dedalo delle sue vene. Era questa lalegge, anche se lei avrebbe preferito un oblio di tutto e per sempre, al posto diquesta vicenda di veglie e stupori, di queste temporanee vacanze della coscienza:come chi, sonnambulo, lascia il suo capezzale e si ritrova sullorlo dun cornicio-ne

    Ripens al suo uomo, al loro ultimo incontro. Ci ripens con fierezza. Poich ilpoeta, era venuto qui per lei, e aveva sforzato le porte con passo conquistatore, eaveva piegato tutti alla fatalit del suo canto. Perfino Menippo,54 quel buffone, quelfool,55 aveva smesso di sogghignare, sera preso il calvo capo fra le mani e piangeva,fra le sue bisacce di fave e lupini. E Tantalo aveva cessato di cercare con la boccale linfe fuggiasche, Sisifo di spingere il macigno per forza di poppa E la ventosaruota dIssione, eccola inerte in aria, come un cerchio dinutile piombo.56 Un eroe,un eroe padrone era parso. E Cerbero57 gli sera accucciato ai piedi, a leccargli contre lingue i sandali stanchi Ade dalla sua nube aveva detto s.

    Rivide il sguito: la corsa in salita dietro di lui, per un tragitto di sassi e spine,arrancando col piede ancora zoppo del veleno viperino. Felice di poterlo vederesolo di spalle, felice del divieto che avrebbe fatto pi grande la gioia di riabbracciarlofra poco

    Quale Erinni,58 quale ape funesta59 gli aveva punto la mente, perch, perchsera irriflessivamente60 voltato?

    Addio! aveva dovuto gridargli dietro, Addio!, sentendosi la verga doro diErmete61 picchiare piano sopra la spalla. E cos, risucchiata dal buio, lo aveva vistoallontanarsi verso la fessura del giorno, svanire in un pulviscolo biondo Ma nons da non sorprenderlo, in quellistante di strazio, nel gesto di correre con ditaurgenti alla cetra e di tentarne le corde con entusiasmo professionale Laria nonli aveva ancora divisi che gi la sua voce baldamente intonava Che far senza Eu-ridice?,62 e non sembrava che improvvisasse, ma che a lungo avesse studiato davantia uno specchio quei vocalizzi63 e filature,64 tutto gi belle pronto, da esibire al pub-blico, ai battimani, ai riflettori delle ribalta65

    La barca era tornata ad andare, gi lattracco sintravedeva fra fiocchi laschi esporchi di bruma. Le anime stavano zitte, appiccicate fra loro come nottole di ca-verna. Non sudiva altro rumore che il colpo uguale e solenne dei remi nellacqua.Allora Euridice si sent dun tratto sciogliere quellingorgo nel petto, e trionfalmente,dolorosamente cap: Orfeo sera voltato apposta.

    53 Lete: nella mitologia greco-romana, fiume delloltretombale cui acque, una volta bevute,cancellavano il ricordo della vi-ta terrena. Lo si ritrova nellol-tretomba dantesco.54 Menippo: scrittore e filoso-fo greco (III secolo a.C.). Fuautore di satire, imitate da Lu-ciano di Samosata che, neiDialoghi dei morti, lo introdus-se spesso come personaggio,famoso per il suo sarcasmo.Menippo era giunto nellAdecon una bisaccia di lupini e edi fave.55 fool: buffone, burlone.56 E Tantalo dinutilepiombo: Tantalo era condan-nato nelleternit degli Inferi anon poter n cibarsi n bere,nonostante fosse circondato dacibo e acqua. Tantalo, infatti,era legato ad un albero caricodi ogni qualit di frutti, in mez-zo ad un lago la cui acqua ar-rivava fino al suo mento. Manon appena Tantalo provava abere il lago si asciugava, e nonappena provava a prendere unfrutto i rami si allontanavano.Sisifo per aver osato sfidare glidi, venne condannato per

    leternit a spingere un massodalla base alla cima di un mon-te. Tuttavia, ogni volta che Si-sifo raggiungeva la cima, ilmasso rotolava nuovamente al-la base del monte. Ogni volta,e per leternit, Sisifo avrebbedovuto ricominciare da capo lasua scalata. La pena di Issioneera quella di essere legato aduna ruota di fuoco che giravasenza sosta. Ovidio nelle sueMetamorfosi descrive la loropunizione e nel X libro (vv. 41-44), ricorda la sospensione del-le loro pene dovuta al dolcecanto di Orfeo, che il passocui si richiama Bufalino.

    57 Cerbero: il cane a tre testeguardiano dellInferno.58 Erinni: nella mitologia gre-ca le Erinni (le Furie della mi-tologia romana) sono le perso-nificazioni della vendetta.59 ape funesta: ape dal vele-no mortale. una metafora.60 irriflessivamente: irrazio-nalmente.61 Ermete: Ermete o Hermesera un dio che rivestiva ancheil ruolo di psicopompo, ovverodi accompagnatore dello spiritodei morti nellaldil. Il mito rac-conta che fosse lunico dio oltread Ade e Persefone che avesseil potere di entrare ed uscire

    dagli inferi senza problemi.62 Che far senza Euridice?:sono i versi della famosa ariadel melodramma di Gluck(1762). Orfeo ed Euridice (vedibrano a p. 18 di questo on li-ne).63 vocalizzi: melodie o fram-menti melodici eseguiti cantan-do su una o pi vocali.64 filature: