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ORCHESTRA E CORO DELL’ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA BRUNO CAGLI Presidente - Sovrintendente ANTONIO PAPPANO Direttore Musicale CIRO vISCO Maestro del Coro e del Coro di Voci Bianche CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE BRUNO CAGLI Presidente ALBERTO BASSO Vicepresidente GIANNI ALEMANNO Sindaco di Roma - Consigliere LUIGI ABETE Consigliere GIORGIO BATTISTELLI Consigliere PAOLO BUZZETTI Consigliere GIOvANNI CARLI BALLOLA Consigliere fULvIO CONTI Consigliere AZIO CORGHI Consigliere GIUSEPPE DALLA TORRE Consigliere vITTORIO DI PAOLA Consigliere GABRIELE GALATERI Consigliere COLLEGIO DEI REvISORI DEI CONTI GIOvANNI SAPIA Presidente ANDREA PIRROTTINA ANTONIO SIMEONI

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ORCHESTRA E CORODELL’ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA

BRUNO CAGLIPresidente - Sovrintendente

ANTONIO PAPPANODirettore Musicale

CIRO vISCOMaestro del Coro

e del Coro di Voci Bianche

CONSIGLIODI AMMINISTRAZIONE

BRUNO CAGLIPresidente

ALBERTO BASSOVicepresidente

GIANNI ALEMANNOSindaco di Roma - Consigliere

LUIGI ABETEConsigliere

GIORGIO BATTISTELLIConsigliere

PAOLO BUZZETTIConsigliere

GIOvANNI CARLI BALLOLAConsigliere

fULvIO CONTIConsigliere

AZIO CORGHIConsigliere

GIUSEPPE DALLA TORREConsigliere

vITTORIO DI PAOLAConsigliere

GABRIELE GALATERIConsigliere

COLLEGIODEI REvISORI DEI CONTI

GIOvANNI SAPIAPresidente

ANDREA PIRROTTINAANTONIO SIMEONI

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MECENATIAssociazioni Briguglio Siracusano vaccarella Studio associato Pirola Pennuto Zei & AssociatiTommaso Addario, Tessa Bressi, Antonio Briguglio, Nicola e Beatrice Bulgari, Maite Bulgari, Francesco Carbonetti, Federica Cerasi Tittarelli, Vittorio e Mimma Di Paola, Carla Fendi, Franca Fendi, Paola Fendi, Donatella Flick, Laura Fontanesi Ghella, Andrea e Cecilia Guarino, Luigi Gubitosi, Berardino Libonati, Francesco Musumeci, Yoko Nagae Ceschina, Alexander Rachmaninoff, Ludovica Rossi Purini, Laurel Schwartz, Dino Trappetti, Carla Zaffiri Cappelli

BENEfATTORIAssociazioni Arte Musica Solidarietà onlus

Maria Luisa Aglioti, Angiola Armellini, Lorenza Caputi, Claudia Cornetto Bourlot, Cristiana D’Attorre, Anna Fendi Venturini, Giovanni Fiori, Maria Cecilia Lazzarini Merloni, Elena Testa Cerasi, Milena Ugolini, Maria Teresa Vincenzi Mastromarino

DONATORI

Associazioni Circolo Canottieri Aniene, Compagnia per la Musica in RomaFondazioni fondazione Dino ed Ernesta Santarelli, Libera fondazioneGiovanni Aldobrandini, Anna Maria Ambrosini Massari, Giuliana Annoni, Alfonso Archi, Teresa Berry e Gary Goodman, Antonietta Bufano, Marina Cascini, Anna Rosa Cotroneo, Pilar Crespi, Paola De Angelis Campilli, Andreina De Clementi, Valerio Di Gravio, Giorgio Donati, Nicoletta Fiorucci, Ileana Florescu Franchetti, Sabrina Florio, Maria Rita Grassi Lattanzi, Maddalena Labricciosa Amato, Gennaro Lalli, Luisa Laureati, Marina Letta Ottaviani, Gaetano Maccaferri, Franca Mancini, Cornelia Mattiacci, Adalvera Mayro, Anna Maria Monorchio Mottura, Camilla Morabito, Federico Nordio, Elena Penta, Mirella Petteni, Antonio Puri Purini, Sonia Raule, Stefania Repaci, Andrea Ripa di Meana, Livia Salini, Gabriele Savarese, Giuseppe Scassellati Sforzolini, Nicola Staniscia, Paola Tittarelli, Laura Vento, Maria Teresa Venturini Fendi

SOSTENITORI

Associazioni Associazione Musicale Arcangelo Corelli, The Maestro’s Circle of the Royal Opera House, Covent GardenFondazioni fondazione Ettore Paratore

Oscar Argentieri, Alberto Asor Rosa, Maria Teresa Berruti, Luigi Bianchi, Jeffrey Blanchard, Daniela Blasutto, Federico Bonoli, Mario Biritognolo, Giuseppe Brusone, Giovanna Cadorna, Augusto Carli, Luigi Emanuele Carratelli, Giovanna Casalino, Stefano Catena, Giulia Catenacci, Giuseppe Chiarante, Domenico Chiaravalloti, Armande Cholette Guerreri, Maria Teresa Ciccone, Loretta Cifone, Paolo e Cristina Cobianchi, Ferdinando Corelli, Rosario Cupolillo, Francesca D’Ambrosio, Carla Dello Strologo, Pasquale De Marinis, Luisa Di Nicola, Antonio Fekeza, Silvia Genovese, Ada Gentile, Vincenzo Giribaldi, Rosalba Giugni, Matelda Grassi, Nicoletta Jelmoni di Stefano, Alessio Lupoi, Giandomenico Magrone, Flavio Mastrangelo, Noli Mazza, Stefano Monami, Tullio Monini, Carlotta Montefiore Cocchi, Donata Origo, Bruno Orvieto, Cristina Ottieri, Francesco Palladino, Matilde Passa, Massimo Pistacchi, Elisabetta Veronica Poli, Davide Poznanski, Bianca Riccio, Terenzio Sacchi Lodispoto, Michela Santoiemma, Daniela e Alessandra Sbrigoli, Raffaella Spaccarelli, Sara Staccioli Chiarante, Carlotta Staderini Chiatante, Mario e Marisa Stirpe, Luisa Todini, Rosita Tordi Castria, Maria Gabriella Vismara Currò, Gigliola Zecchi

L’ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA RINGRAZIA

Per diventare Mecenate, Benefattore, Donatore o Sostenitore: www.santacecilia.it alla voce Sostienil’Accademia o scrivi a [email protected], tel. 06 80 24 25 00-01.Aggiornato al 14 novembre 2011.

SoStieoil’AccAdemiA!

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AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICASala Sinopoli

venerdì 25 novembre - ore 20.30 Turno V-Z

qUATUOR MOSAïqUES

Erich Höbarth violinoAndrea Bischof violino

Anita Mitterer violaChristophe Coin violoncello

STAGIONE DIMUSICA DA CAMERA

2011-2012

Il concerto è registrato da Radio3 Rai per successive trasmissioni

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PRIMA PARTE

fRANZ jOSEPH HAyDN(Rohrau 1732 - Vienna 1809)

Quartetto per archi in sol minoreop. 20 n. 3

AllegroconspiritoMenuetto(Allegretto)PocoadagioAllegromolto

wOLfGANG AMADEUS MOZART(Salisburgo 1756 - Vienna 1791)

Quartetto per archi in sol maggiore K. 387AllegrovivaceassaiMenuetto(Allegro)AndantecantabileMoltoallegro

Durata: 20’ circa

Durata: 30’ circa

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SECONDA PARTE

LUDwIG vAN BEETHOvEN(Bonn 1770 - Vienna 1827)

Quartetto per archi in mi bemolle maggioreop. 127

Maestoso.AllegroteneramenteAdagio,manontroppoemoltocantabileScherzandovivaceFinale

Durata: 35’ circa

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LE MUSICHE IN PROGRAMAdi Simone Ciolfi

Haydn e il quartetto “classico”Giacomo Leopardi sosteneva che ogni “classico”, una vol-ta divenuto creazione esemplare da studiare e celebrare, ri-schiava di perdere la forza e l’incisività del suo messaggio. Messo in bella vista nella biblioteca, il “classico” rischiava di non essere più letto con genuino interesse, e la sua fre-schezza intellettuale o trasgressività rispetto alla norma fi-nivano per scomparire, o peggio, per diventare essi stessi normativi. Il discorso di Leopardi valeva per tutte le arti e non solo per la letteratura. Ce lo testimonia il fatto che l’os-servazione scrupolosa di una partitura “classica” rivela si-curamente strategie ricorrenti, schemi, contenitori formali generali, ma finisce spesso anche per sorprendere le nostre aspettative. Dobbiamo avvicinarsi ai classici con la coscien-za della loro originalità, non solo con l’aspettativa di una rassicurante consuetudine. In particolare, a Joseph Haydn piaceva infinitamente il geniale matrimonio tra norma e tra-sgressione di essa, al punto da diventare il padre fondatore di vari generi (la Sinfonia, il Quartetto) e al contempo il ma-estro indiscusso dell’effetto “sorpresa” in musica. Fra le due cose, innegabilmente, c’è un rapporto.Dopo una gioventù difficile, Haydn trovò serenità lavorativa e tranquillità economica presso la ricca famiglia Esterházy, dipendente dei quali fu occasionalmente dal 1760 e stabil-mente dal 1766 (il congedo avvenne nel 1790). Gli Esterházy si dilettavano molto di musica da camera ma la vena cameri-stica del compositore era stata sempre fluente, già nei primi anni di lavoro. Tra il 1755 e il 1771 Haydn scrisse ben trenta-due Quartetti per archi pubblicati come Quartettiop.1,op.2,op.3,op.9e op.17. Sebbene il gioco strumentale di queste creazioni sia sempre elaborato e impeccabile, è solo con i Quartettiop.20, scritti nel 1772, che arriva il “vero” Haydn, quello classico ed eccentrico, quello che fa corrispondere a

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una spiccata libertà del gioco tematico un aumento del rigo-re contrappuntistico fino alla non infrequente comparsa del-la Fuga. È pur vero che il Quartetto era e sarà sempre, anche dopo Haydn, un genere in cui sperimentare il nuovo o per-seguire soluzioni ricercate. Tuttavia, non bisogna trascurare che si trattava di composizioni destinate a un pubblico sì aristocratico e colto, ma amante del diletto e della leggerez-za (nel senso in cui la intendeva Italo Calvino, ovviamente).L’inizio del primo movimento, Allegro con spirito, ci rende ben presto edotti del fatto che lo “spirito” evocato nell’in-dicazione agogica è il bonario demone dell’arguzia: l’incipit dell’esposizione passa repentinamente e in modo straniante dal piglio drammatico a un’atmosfera galante. Segue un mo-mento di sospensione nel quale la direzione dell’armonia ci rimane assai dubbia. Dopo un brevissimo ma solenne inciso di marcia compare poi un intervallo di semitono ripetuto

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quasi come fosse un sussurro. Il brano è, infatti, tutto un rapido mutare d’atmosfera, con presen-za di alcune fermate ad effetto, soprattutto nella sezione dello sviluppo, dove il materiale tematico viene combinato ed elaborato. Questi repentini cambiamenti di luce (piano, forte, modo maggiore, modo minore, gli strumenti suonano insieme, poi suonano da soli) rispondono a un’esigenza artisti-ca di grande interesse: uno dei virtuosismi espres-sivi del compositore seicentesco e settecentesco era infatti la capacità di concatenare velocemente variegati stati d’animo o, col termine dell’epoca,

vari “affetti”. Nella musica strumentale, mancando il testo, gli affetti li si coglie più tramite la percezione della loro diffe-renza che con l’adesione a stilemi che identificano certi mez-zi musicali con un sentimento specifico (tali stilemi sono comunque presenti).Il secondo movimento, Minuetto e Trio, risponde a una logi-ca di maggiore coerenza. Il ritmo di danza inserisce il brano in un’atmosfera galante tanto nobile e malinconica nel Mi-nuetto quanto elegante nel Trio centrale. Con il Pocoadagio entriamo nella dimensione cantabile propria dei movimenti lenti in stile classico. L’atmosfera è però arricchita da un rap-porto di pieno e vuoto che genera anche raffinate soluzioni timbriche: si noti come talvolta un singolo strumento guidi il canto sopra una speciale aura timbrica degli altri o come avolte gli strumenti sembrino aggregarsi o sottrarsi all’insie-me donando un respiro quasi organico al brano. Nell’ultimo movimento, Allegrodimolto, Haydn intende sfrut-tare contemporaneamente tutti i mezzi usati in precedenza. Si torna qui a una dimensione drammatica e mobilissima con in più la presenza di un gioco di pieni e vuoti assai marcato, animato da fermate a effetto, da percorsi armonici a sorpresa, da ritmi insoliti. La cantabilità funziona da collante del movi-mento trasformando l’aspetto eccentrico di certe soluzioni in un dialogo convincente tra musica e spettatori.

CD E LIBRI

Haydn:Quartettiperarchiopp.20e33

LesetteultimeparolediCristosullacroce

quatuor MosaïquesNaïve 2008 (5 cd)

Mozart:Quartetti“Haydn”nn.14-19

quatuor MosaïquesNaïve 2003

Beethoven:Quartettiopp.127e130

Hagen quartettDGG 2005

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Mozart “inganna il tempo”Fra l’ottobre del 1772 e i primi mesi del 1773 Wolfgang Mozart e il padre Leopold giungono in Italia per la composizione e l’al-lestimento del Lucio Silla, dramma per musica commissionato ad Amadeus dal Teatro Ducale di Milano. Gli spostamenti sono lunghi e noiosi, così come le soste. Scrive il padre in una lettera alla moglie da Bolzano il 28 ottobre 1772: “Wolfgang […] sta scri-vendo un quartetto per ingannare il tempo”; anche il 6 febbraio 1773 Leopold registra che “Wolfgang sta componendo un quar-tetto”. Con sicurezza si tratta dei SeiQuartettiK.155-160, ma non sappiamo le date precise né l’ordine in cui vennero composti.La scrittura di un Quartetto fu dunque assai presto praticata dal giovane Mozart, principalmente come esercizio privato, anche se poi il risultato lo si poteva usare per qualche esecuzione im-provvisa, oppure come fonte a cui attingere per altre composi-zioni. Le quattro parti obbligate del quartetto erano infatti una palestra creativa essenziale per il compositore; lavorando su un quartetto un giovane musicista di metà Settecento poteva svol-gere un ottimo esercizio di contrappunto, così come lo era stato la composizione di madrigali a quattro voci nel Seicento. In ogni modo, l’esercizio comportava un momento di sperimentazione, consisteva anche nel mettersi alla prova, nel trovare soluzioni ef-

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ficaci per risolvere un problema compositivo o espressivo. Que-sta è la ragione per cui molti fra gli ultimi Quartetti di Mozart non sorgono a seguito di una committenza specifica, ma sono scritti per il bisogno di sperimentare e perseguono soluzioni insolite e innovative. Mozart si cimenta nel genere per far progredire i propri mezzi compositivi e il proprio stile.Il QuartettoinsolmaggioreK.387 è il primo dei sei Quartetti d’ar-chi (K. 421, K. 428, K. 458, K. 464, K. 465) che Mozart compose tra il 1782 e il 1785 e pubblicò presso Artaria nel 1785 con dedica a Joseph Haydn. È vero che in queste opere si avverte l’influenza di quelle di Haydn (soprattutto dei Quartetti “russi” op.33), ma la pre-senza della dedica nascondeva, oltre alla stima per il celebre dedi-catario, anche la consapevolezza di aver portato il modello a livelli di altissima qualità espressiva. Uno dei motivi per cui questi ulti-mi Quartetti mozartiani risultano composizioni eccezionali è che l’autore ha saputo armonizzarvi una molteplicità di stili e mezzi selezionando il meglio delle esperienze musicali a lui precedenti e contemporanee. Mozart aveva una mente sintetica capace di con-ferire a materiali disparati un’intensità unica e una rara pienezza espressiva. Ritroviamo nel QuartettoK.387 la gaia vena melodica e gli schemi dello stile galante, lo stile “osservato” (cioè il contrap-punto concepito per le composizioni sacre), lo stile contrappun-tistico (la Fuga, l’imitazione delle parti), il principio dell’evidenza tematica (cioè la presenza di temi riconoscibili e cantabili, quello dell’elaborazione tematica (ovvero la scomposizione e ricomposi-zione dei temi, processo inteso come maturazione del “pensiero” musicale). Mozart compie uno sforzo sintetico sommo il cui risul-tato è la fusione dell’eterogeneo nella consequenzialità. Così, se in Haydn l’elaborazione tematica viene applicata ai quattro strumen-ti in modo indipendente rendendo possibile lo scambio dei temi tra le parti, Mozart va oltre il modello arricchendo la scrittura con un’intensità contrappuntistica che si ispira alla lezione di Bach e Händel. Tuttavia, nel compositore classico il rigore implica spes-so libertà: l’Allegrovivaceassai, il primo movimento, apre il Quar-tetto utilizzando soluzioni armoniche e polifoniche imprevedibili. Il chiaroscuro cambia sapientemente anche per via delle diverse armonizzazioni di uno stesso passo, e grazie a uno sviluppo che

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si sottrae a ogni schematismo per dare vita a situazioni di teatralità virtuosistica sapientemente precedute da cali di tensione. Nel secondo movimento, un Minuetto con Trio, Mo-zart si discosta assai dalla lezione di Haydn. Per nul-la squadrato, per nulla animato dalla vitalità popolare (come frequentemente accade in Haydn), questo brano è opera meditativa, impegnata. Accade spesso che Mo-zart assegni al Minuetto una valenza che travalica assai quella usualmente conferita a tale danza nella musica a lui coeva. L’idea cromatica iniziale del brano era presen-te già nel primo movimento e viene mantenuta per tutto il Minuetto. Tale idea possiede tratti scherzosi e nel con-tempo addolorati: Mozart gioca con la stessa valenza storica dei materiali che utilizza. L’unisono che apre il Trio è tagliente e dram-matico; sembra sviluppare il suggerimento tragico del cromatismo iniziale, e lo fa tanto da influire sulla percezione di ciò che segue. Infatti, l’atmosfera del Minuetto, ripreso dopo il Trio, è ora come velata, più scura rispetto a quella che si percepiva all’inizio. Il successivo Andantecantabile è caratterizzato da un tessuto armonico messo alla prova da continue modulazioni e disso-nanze. La parentela con lo stile di Haydn è qui più evidente. Fin dalle prime battute il brano lievita però in densità e profondi-tà fino a librarsi in perturbamenti di grande sensualità dove le parti sembrano aspirare a un’individualità negata, lanciarsi in momenti di protagonismo per essere però riafferrati e immersi nuovamente nell’insieme. Il finale, Moltoallegro, è ricco di passaggi contrappuntistici. Ma la solennità del fugato d’apertura non ci arriva in modo serioso: è infatti subito seguìta da un passo di frizzante vivacità ritmi-ca. Il complesso contrappunto che Mozart introduce nel brano non è grave e pesante, anzi è per lui motivo di festa: il tutto pare scherzoso e al contempo sapiente, sembra nello stesso momento gioco e maestria.Mozart ingannava il tempo mettendolo a frutto nel modo più stupefacente: in questi ultimi Quartetti ha reso sublime il buon gusto della sua epoca.

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LIBRI

StendhalVitadiHaydnCasagrande, Bellinzona 2009

Ludwig van BeethovenEpistolarioVol.1-6Accademia Nazionaledi Santa Cecilia/Skira,Roma/Milano 2008.

Alberto BassoMozartinItalia.Cronistoriadeiviaggi,documenti,lettere,dizionarideiluoghiedellepersone.Accademia Nazionaledi Santa Cecilia, Roma 2006

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Beethoven e gli “ultimi” quartettiNel novembre del 1822 Beethoven ricevette da San Pietroburgo un lettera inviatagli dal principe Nikolas Galitzin, violoncellista dilettante e suo ammiratore, in cui il nobiluomo chiedeva al compositore se avesse voluto scrivere !uno, due o tre nuovi quartetti”. Beethoven, come era il suo solito, rimaneva in silen-zio ma raccoglieva l’invito. Erano passati dodici anni dal suo ultimo Quartetto, l’op. 95. Rivolgersi di nuovo a questo genere non doveva essere cosa facile: ci vollero tre anni perché il Quar-tettoop.127 fosse terminato e poi dato alle stampe, nel 1826. Beethoven morirà l’anno dopo lasciandoci una serie di fantasti-ci Quartetti di cui l’op 127 è il capofila. Il principe aveva lanciato un stimolo nella speranza di avere qualcosa di nuovo e di bello da suonare; Beethoven aveva rotto gli argini realizzando una serie di grandiosi monumenti.È noto come gli ultimi Quartetti beethoveniani costituiscano un corpus innovativo (quasi sconvolgente considerando gli anni in cui fu scritto) e in parte anticipatore di una modernità creativa la cui legittimazione arriverà un secolo dopo la loro pubblicazione. Queste ultime creazioni sono caratterizzate da una diffusa am-bivalenza tonale, dall’uso di strutture formali utilizzate al di fuori

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dei dettami tradizionali, dalla vaghezza delle linee melodiche, da un apparente condotta rapsodica del tessuto sonoro. Il punto d’arrivo di tali sperimentazioni quartettistiche è l’essenza stessa della musica, la trasfigurazione della sua libertà, quasi colta allo stato puro. Negli ultimi Quartetti Beethoven vuole dare massi-ma evidenza a tale libertà, uscendo dalle convenzioni, lasciando che la propria energia creativa manipoli forme e temi, inneschi proliferazioni esorbitanti o condensazioni minime della materia musicale. È una specie di romanticismo estremo, nel quale la musica diventa il buco nero che assorbe se stessa e la realtà.Con il Quartettoop.127 siamo sulla soglia dell’antimateria, ma non ne siamo stati ancora completamente risucchiati. La serie di accordi che apre il primo movimento dell’op. 127 (Maestoso) ha carattere solenne, ma non ha il portamento della solennità, non dà il senso di un lento incedere. Le figure risultano statiche, de-contestualizzate. L’attacco dell’Allegro possiede una cantabilità dolce ma incerta: gli strumenti si muovono interagendo in modo misterioso; c’è qui la volontà di evitare che certi passi somigli-no troppo a strutture convenzionali o siano riconoscibili come tali. Beethoven vuole che questa musica suoni diversa, sia meno estroversa e più astratta, spirituale. Il ragionare dell’Allegro è in-terrotto due volte dall’enigmatico Maestoso iniziale: il procedere del movimento sembra spezzarsi e talvolta arenarsi su figura-zioni iterate, come se Beethoven volesse letteralmente ferire la forma del brano o poi lasciarla languire senza aiuto. La continua mutazione delle armonie, libere da qualsiasi schema, innesca re-lazioni latenti, segrete.Il senso di frammentazione comunicativa continua nell’Adagiosuccessivo, un tema con sei variazioni più una coda. Detto così sembra facile. Beethoven raggruppa la prima e la seconda varia-zione, isola la terza che è in tonalità maggiore e forma un terzo gruppo con le variazioni numero quattro, cinque e sei. Il tema, apparentemente pacato e soave, è frutto di un lavoro estenuan-te: esistono numerosi abbozzi autografi di questa melodia, la cui spontaneità è il punto d’arrivo di un artificio estremo. Alternando variazioni che ornano il tema, talvolta virtuosistiche, a vere riela-borazioni del materiale di partenza, Beethoven ottiene un effetto

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straniante. La prima variazione è assai complessa, mentre la se-conda è più accondiscendente verso l’ascoltatore, più propensa a parlargli un linguaggio in parte noto. La terza trasforma il tema in una specie di inno sorretto da solenni accordi, mentre nella quarta avviene la ripresa di esso nella tonalità iniziale. La quinta variazione immerge il tema in una tonalità minore; nella sesta il primo violino è protagonista e comunica il gioco virtuosisti-co a tutte le altre parti. La coda, preceduta da un prolungato e sorprendente silenzio, frena la marcia della sesta variazione e funziona da ricapitolazione del brano.L’arte della variazione diventa per l’ultimo Beethoven una sorta di cimento filosofico, uno strumento per formulare “pensiero” musicale al quadrato. Non che l’elaborazione dei temi manchi nei movimenti che non adottano questa tecnica, ma la sua pre-senza moltiplica le implicazioni tra elementi tematici e loro pos-sibili alterazioni.Per creare un contrasto con l’ampia meditazione precedente, Beethoven carica il movimento successivo, Scherzandovivace, di pura energia. L’inciso ritmico eseguito dal solo violoncello subi-to dopo gli accordi d’apertura diventa una presenza costante di tutto il brano (un inciso che stimolerà molto la fantasia ritmica di Robert Schumann), ad eccezione del Trio centrale, che da mo-mento di rustica beatitudine diventa luogo per liberare una certa frenesia motoria. Il brano ha numerosi cambi di indicazione di tempo (valevoli anche per poche misure), un elemento che tor-nerà spesso nella composizione del primo Novecento.Dimenticate le suggestioni melodiche del primo movimento, messe da parte l’atmosfera diafana e spirituale del secondo non-ché la fantasia ritmica del terzo, nel finale le tensioni psicologi-che delle precedenti sezioni si placano per dare spazio a soluzio-ni apparentemente più convenzionali. Il tema è però irregolare nella costruzione e insolito dal punto di vista espressivo. A lungo andare rivela tratti insistenti, forse sottilmente ironici. Mormorii, trilli, veloci note ribattute, una lunga “coda”, ci invitano a non credere a questo ultimo sguardo verso la tradizione.

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GLI INTERPRETI

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Il quatuor Mosaïques è stato fondato nel 1982; i tre musicisti au-striaci e il violoncellista Christophe Coin si sono conosciuti suo-nando nell’Ensemble Concentus Musicus di Vienna diretto da Ni-kolaus Harnoncourt. In quegli anni nacque l’idea di fondare un ensemble quartettistico ed estendere la lunga esperienza, acquisi-ta con le esecuzioni su strumenti originali, al repertorio per quar-tetto d’archi, mantenendo sempre vivo il legame con la grande tradizione classica europea.Attualmente il Quatuor Mosaïques è tra i più richiesti e prestigiosi del mondo, come testimoniano i molti premi ricevuti: per la regi-strazione dei quartetti di Haydn è stato più volte premiato con il “Gramophone Award”. Inoltre collabora abitualmente con i piani-sti András Schiff e Patrick Cohen, con i clarinettisti Wolfgang e Sa-bine Meyer e con i violoncellisti Miklos Pérenyi e Raphael Pidoux.Si esibisce regolarmente in Europa, Stati Uniti, Australia, Giap-pone ed è ospite di rassegne prestigiose quali i Festival di Edim-burgo, Bath, Salisburgo, Styriarte Graz, Schubertiade Schwarzen-berg, Lucerna, Brema, Weimar, Oslo; è stato anche protagonista

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di una serie di concerti nel Wiener Konzerthaus, alla Wigmore Hall di Londra, al Concertgebouw di Amsterdam e alla Filarmonica di Berlino. Nel 2006 i quattro musicisti si sono esibiti in Spagna – con i celebri Stradivari di proprietà della Corona spagnola – inter-pretando pezzi di Arriaga (in seguito incisi su cd).Il repertorio del Quatuor Mosaïques comprende brani di rara ese-cuzione di Pleyel, Tomasini, Werner, Jadin, Gross; composizioni del “Classicismo viennese” di Mozart, Haydn e Beethoven fino ad arrivare a Schumann e Brahms. Più di recente si è dedicato anche ad esecuzioni di compositori del Ventesimo secolo come Debus-sy, Bartók e Webern.La loro discografia (per le etichette Naïve e Laborie) comprende brani di Arriaga, Beethoven, Boccherini, Boely, Haydn, Jadin, Men-delssohn, Mozart e Schubert.

Erich Höbarth (violino), ha studiato con Grete Biedermann e Franz Samohyl perfezionandosi al Mozarteum di Salisburgo con Sándor Végh. Dal 1980 al 1986 è stato Konzertmeister dei Wiener Sympho-niker e dal 1981 Konzertmeister e solista dell’Ensemble Concentus Musicus. Attualmente è Direttore artistico della Camerata Bern.

Andrea Bischof (violino) ha studiato a Vienna con Grete Bieder-mann e Thomas Christian. Dal 1978 al 1988 è stata Konzertmei-sterin e solista degli Österreichische Bachsolisten. Membro del Concentus Musicus, è docente di Musica da camera all’Universi-tät für Musik di Vienna.

Anita Mitterer (viola) ha compiuto i suoi studi musicali a Salisbur-go, Praga e Vienna. È direttrice del Salzburger Barockensemble e insegna alla Musikuniversität Mozarteum di Salisburgo.

Christophe Coin (violoncello) ha studiato a Parigi con André Na-varra e con Jordi Savall. È solista ospite del Concentus Musicus Wien, dell’Academy of Ancient Music e del Giardino Armonico; fondatore del Quatuor Mosaïques attualmente è Direttore musi-cale dell’Ensemble Baroque de Limoges.