Optical Tweezers: funzionamento ed applicazioni in bio sica · Universita degli Studi di Cagliari...

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Universit ` a degli Studi di Cagliari FACOLT ` A DI SCIENZE Corso di Laurea Triennale in Fisica Optical Tweezers: funzionamento ed applicazioni in biofisica Relatore: Prof. Michele Saba Presentata da: Elisa Caredda 60/60/65184 Sessione 20/09/2019 Anno Accademico 2018/2019

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Universita degli Studi di Cagliari

FACOLTA DI SCIENZE

Corso di Laurea Triennale in Fisica

Optical Tweezers:funzionamento ed applicazioni

in biofisica

Relatore:Prof. Michele Saba

Presentata da:Elisa Caredda

60/60/65184

Sessione 20/09/2019Anno Accademico 2018/2019

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Ai miei genitori,a mia zia Maria Luisa

e ad Andrea

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Indice

Introduzione 1

1 Pressione di radiazione 51.1 Vettore di Poynting . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.2 Pressione di radiazione dalla quantita di moto . . . . . . . . . 5

2 Levitazione e trappole ottiche 72.1 Cenni di ottica gaussiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.2 Levitazione ottica di una sfera dielettrica . . . . . . . . . . . . 10

2.2.1 Esperimento di Ashkin . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102.3 Trappola ottica a singolo fascio . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2.3.1 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142.4 Dipendenza della forza dall’indice di rifrazione . . . . . . . . . 16

2.4.1 Regime di Rayleigh . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.4.2 Criterio di stabilita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.5 Trappole ottiche moderne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

3 Calibrazione delle pinzette ottiche 213.1 Teoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213.2 Esperimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

3.2.1 Misura della rigidita della trappola dall’analisi del mo-to browniano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

3.2.2 Forza di attrito di Stokes . . . . . . . . . . . . . . . . . 253.2.3 Misure della forza di attrito e della rigidita della trappola 253.2.4 Forza di intrappolamento . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

4 Applicazioni 294.1 Utilizzo dei raggi laser infrarossi . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

4.1.1 Escherichia coli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 304.2 Motori molecolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

4.2.1 Esperimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

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vi INDICE

4.2.2 Chinesina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

5 Altri tipi di trappole ottiche 395.1 Optical Stretcher . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 395.2 Optical Cell Rotator . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

Conclusioni 43

Bibliografia 45

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Introduzione

La tecnologia dei laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radia-tion), ideata e sviluppata nell’arco del XX secolo, trova impiego in numerosicampi. Quello che ci proponiamo di esaminare in questo lavoro riguarda,in particolare, l’ampliamento della conoscenza del mondo microscopico e ad-dirittura la sua manipolazione, grazie a particolari studi del fisico ArthurAshkin.

Nel 1970 egli dimostro come la pressione di radiazione di una sorgentelaser nel visibile fosse in grado di spostare particelle di dimensioni microme-triche.Da qui nacque lo sviluppo delle cosiddette pinzette ottiche (Optical tweezers),che appunto sfruttano la pressione di radiazione esercitata da un raggio laseraltamente focalizzato per intrappolare e manipolare minuscoli oggetti comeparticelle dell’ordine del µm.

Questo strumento ha reso possibile l’avvio di numerosi studi specialmentenel campo della biofisica, permettendo di ampliare la conoscenza umana sualcune particolari caratteristiche e proprieta delle molecole biologiche, comevirus, batteri, particelle intracellulari e DNA, sino ad allora sconosciute.

Tra i principali risultati in questo campo troviamo la comprensione delmovimento dei cosiddetti motori molecolari come la chinesina (particolareproteina responsabile del movimento intracellulare): facendo in modo di le-gare questa proteina a una minuscola sfera intrappolata e manipolata tramitele pinzette ottiche, si e osservato che il movimento avviene in passi quantiz-zati, di una lunghezza misurabile, separati da pause.Sono stati condotti, inoltre, degli studi riguardanti le proprieta di elasti-cita del DNA o alcune altre caratteristiche strutturali, come la misura dellalunghezza occupata nella catena da una coppia di basi azotate.

Storia e sviluppo

In questa sezione ripercorriamo brevemente i punti salienti delle ricerche chehanno portato all’invenzione di questo strumento e alle sue applicazioni nel

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2 INTRODUZIONE

campo della biologia.

Dal 1970 al 2018

A. Ashkin ha lavorato ai Bell Laboratories tra il 1952 e il 1991 nel campodelle microonde, ottica non lineare e intrappolamento via laser [1].

Nel 1970 pubblico un articolo in cui dimostrava che la pressione di ra-diazione di un fascio laser poteva essere sfruttata per muovere particelle didimensioni microscopiche in un fluido. Infatti la particella veniva spinta indirezione della propagazione della luce, e, nel caso in cui il suo indice di rifra-zione fosse maggiore di quello del mezzo circostante, interveniva una forza digradiente a spingerla verso il centro del fascio, punto di maggiore intensita.Proseguendo con gli studi in questo campo, Ashkin dimostro che si puo crea-re una trappola ottica tridimensionale utilizzando due fasci contrapposti econvergenti in un punto.

A quest’idea seguı subito la creazione di una trappola a singolo fascio,utile per far levitare le particelle in aria. In questo caso la forza che spingela particella in alto (data dalla pressione di radiazione) e contrastata dallaforza di gravita [2].

Questo strumento e pero poco efficiente nei casi in cui la forza di gravitarisulta una forza troppo debole per poter rendere la trappola stabile, e inveceil moto browniano e predominante. Si perfeziono pertanto la tecnica arrivan-do ad ottenere una trappola a singolo fascio interamente ottica, denominataappunto Optical Tweezers. In questo caso si utilizza un fascio che viene fo-calizzato su un punto tramite una lente. In questo modo si ha l’interventodi una componente della forza di gradiente opposta alla forza che spinge laparticella lungo la direzione di propagazione del fascio, che rende la trappolastabile.

Uno dei collaboratori di Ashkin, S. Chu, sfrutto questi studi per iniziareuna ricerca sul raffreddamento e intrappolamento di atomi neutri, che glivalse il premio Nobel per la fisica nel 1997, mentre Ashkin non ottenne alloraalcun riconoscimento.

Negli anni, la tecnica delle pinzette ottiche venne perfezionata dallo stessoAshkin; cosı, dopo aver dimostrato la loro funzione su sferette di materia-le dielettrico, inizio ad applicarle nello studio di sistemi biologici verso lafine degli anni ’80, ad esempio per studiare alcune proprieta di particelleintracellulari, DNA, virus e batteri come l’Escherichia coli.

A partire dagli anni ’90 alcuni studiosi come C. Bustamante, J. Spudich,S. Block, avviarono delle ricerche sui cosiddetti motori molecolari (come lachinesina), cioe delle particelle responsabili del movimento all’interno dellacellula.

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INTRODUZIONE 3

Le pinzette ottiche iniziarono ad essere usate anche in altri campi dellabiologia: per creare reti di cellule artificiali simili a tessuti, per legare assiememembrane sintetiche o dare il via a reazioni biochimiche [3].

Infine il 2 ottobre 2018 A. Ashkin riceve il premio Nobel per la fisica.

”Well, this is my life’s work. It has to do with radiation pressure,the pressure of light. I’m going to give you a little lecture. Whenlight shines on you, it pushes on you. Everybody knows that light hasheat. The sun is hot. But the fact is, the sun pushes on you. Andwith lasers, if you focus the light down to very small spots, you canactually push things or pull, it turns out. Push, pull, make what theycall optical traps. So I am the inventor of the optical trap, and it sortof started in that very strange way. Just by accident.”

-Arthur Ashkin, 2014 OSA Interview [1]

Figura 1: A. Ashkin

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4 INTRODUZIONE

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Capitolo 1

Pressione di radiazione

In questo capitolo si dimostra l’esistenza di una pressione esercitata dal-la radiazione elettromagnetica su un corpo ad essa esposto, e come questapressione possa essere applicata per gli scopi precedentemente presentati.

1.1 Vettore di Poynting

La radiazione elettromagnetica trasporta una quantita di energia a cui siassocia la densita u, dovuta per meta al campo elettrico e meta al campomagnetico.

u = εE2 (1.1)

Si definisce il vettore di Poynting S, il cui modulo rappresenta l’energia elet-tromagnetica trasportata per unita di tempo attraverso la superficie ortogo-nale alla direzione di propagazione dell’onda [4].

S =1

µE×B = E×H (1.2)

1.2 Pressione di radiazione dalla quantita di

moto

La pressione di radiazione viene esercitata dalla radiazione elettromagneti-ca su un corpo ad essa esposto. Questa e dovuta alla conservazione dellaquantita di moto trasportata dall’onda, che puo essere assorbita o riflessadal corpo in questione. Infatti ogni variazione di quantita di moto dell’ondagenera una variazione uguale e opposta nella materia con cui interagisce, eproprio tale variazione e responsabile della suddetta pressione [5].

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6 CAPITOLO 1. PRESSIONE DI RADIAZIONE

Figura 1.1: Rappresentazione dell’onda elettromagnetica. Il vettore diPoynting e parallelo alla direzione di propagazione

Il modulo del vettore di Poynting corrisponde dimensionalmente a un’in-tensita, quindi a un rapporto tra potenza e area. Per ottenere la pressione sidivide per la velocita della luce c:

Prad =< S >

c=Iincc

(1.3)

dove con Iinc si intende l’intensita della radiazione incidente sulla superficie.Se la superficie in questione forma un certo angolo α con la radiazione stessa,avremo piu generalmente l’espressione:

Prad =Iincccos2α (1.4)

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Capitolo 2

Levitazione e trappole ottiche

2.1 Cenni di ottica gaussiana

Introduciamo in questa sessione alcuni concetti relativi all’ottica gaussiana[7], utili per una maggiore comprensione dell’esperimento.

L’onda elettromagnetica emessa da una sorgente laser puo essere consideratapressoche monocromatica e quasi piana. La sua intensita assume il valoremassimo in prossimita dell’asse di propagazione e decresce generalmente, sulpiano normale alla direzione di propagazione, con andamento gaussiano; perquesti motivi viene chiamata fascio gaussiano.

Il fascio gaussiano soddisfa l’equazione di un’onda monocromatica che sipropaga in un mezzo omogeneo, privo di cariche, e di indice di rifrazionen:

∇2E + k2E = 0 (2.1)

dove k e il numero d’onda: k=2πn/λ0. Supponendo che la propagazionedel fascio avvenga lungo z, sappiamo che il campo elettrico ha direzioneperpendicolare ad essa, percio ipotizziamo che sia regolato da un’espressionedel tipo:

E = ψ(x, y, z)E0e−jkz (2.2)

con ψ(x, y, z) termine correttivo della soluzione relativa ad un’onda pianadi estensione infinita, non idonea a rappresentare un fascio gaussiano. Iltermine correttivo fa in modo che la soluzione dell’equazione (2.1) rispettile caratteristiche del fascio: distribuzione spaziale del campo secondo unagaussiana sul piano ortogonale alla direzione di propagazione e variazionedella sezione del fascio al variare della distanza dalla sorgente.

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8 CAPITOLO 2. LEVITAZIONE E TRAPPOLE OTTICHE

Dal momento che il fascio laser di nostro interesse ha simmetria cilidrica, econveniente esprimere le soluzioni in coordinate cilindriche, percio si avra unadipendenza della funzione d’onda ψ dalla distanza r dall’asse di simmetria eda z, coordinata che indica la posizione lungo l’asse di propagazione.

Imponendo che il fattore correttivo rispetti la (2.1) e la condizione disimmentria cilindrica, si trova la seguente equazione:

∂2ψ

∂r2+

1

r

∂ψ

∂r− 2jk

∂ψ

∂z= 0 (2.3)

per la quale si ottiene la soluzione:

ψ(r, z) =w0

w(z)e− r2

w2(z) ejtan−1 z

z0 e−j kr2

2R(z) (2.4)

dove w0 indica la dimensione della ”beam waist”, ovvero il punto piu stretto;w(z), R(z) e z0 sono definite in questo modo:

z0 =πw2

0

λ(2.5)

w2(z) = w20[1 +

z2

z20] (2.6)

R(z) = z[1 +z20z2

] (2.7)

Analizzando la (2.4) si vede che in un piano perpendicolare alla direzionedi propagazione (z=cost.) la funzione decresce con andamento gaussianoall’allontanarsi dall’asse di simmetria; w(z) e la distanza r per la quale lafunzione si riduce del fattore 1/e rispetto al valore che essa assume sull’asse;w(z) viene detto raggio del fascio. La quantita w(z) dipende dalla coordinataz; dalla (2.6) si vede che assume il valore minimo w0 per z=0, poi aumentalentamente sia con z positivo sia negativo; si dice che in z=0 c’e la ”waist”del fascio. Si osservi che la funzione w(z) e un’iperbole [7].

Per z grande (ossia z >> z0) la (2.6) si semplifica in:

w(z) =λz

πw0

(2.8)

e di conseguenza l’angolo di divergenza del fascio risulta:

θ =2w(z)

z=

πw0

(2.9)

da cui si vede che minore e la ”waist” del fascio, maggiore e l’angolo di di-vergenza. Solitamente si richiede che un fascio mantenga una sezione piccola

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2.1. CENNI DI OTTICA GAUSSIANA 9

per una grande distanza. Purtroppo queste sono due esigenze contrastantiin quanto la divergenza di un fascio aumenta con il diminuire della waist [7].Per un fascio gaussiano si suole definire come regione di collimazione quellacompresa fra i punti dell’asse z dove il raggio del fascio w(z) aumenta di

√2

rispetto al valore w0 assunto nella waist, o, che e lo stesso, fra i punti neiquali raddoppia l’area della sezione del fascio. La regione di collimazione edunque lunga 2z0 [7]. In figura 2.1 troviamo la rappresentazione grafica diun fascio gaussiano.

Figura 2.1: Rappresentazione di un fascio gaussiano.[7]

Focalizzazione di un fascio

Molto spesso e richiesto di focalizzare un fascio in un’area la piu piccolapossibile al fine di ottenere la massima densita di energia. Il problema erisolto illuminando con un fascio collimato una lente fortemente convergente,ossia di buona apertura, come mostrato in figura 2.2 [7].

Apertura numerica

Introduciamo il concetto di apertura numerica, che troveremo in seguito neltesto.

L’apertura numerica (NA) in ottica e un parametro, un numero adimen-sionale che indica il massimo angolo utile al sistema (obiettivo, condensatoreottico o altro) per ricevere o emettere luce.

Nell’ottica dei laser, in cui il fascio diverge lievemente con la distanza, laNA e definita come:

NA = nsenθ (2.10)

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10 CAPITOLO 2. LEVITAZIONE E TRAPPOLE OTTICHE

Figura 2.2: Focalizzazione di un fascio gaussiano tramite lente convergente[7].

dove θ e l’angolo di divergenza del fascio [8].

2.2 Levitazione ottica di una sfera dielettrica

I primi studi di Ashkin riguardano la levitazione, dovuta alla presenza di unfascio di luce incidente, di una sfera dielettrica di dimensioni maggiori dellalunghezza d’onda della luce, ad alto indice di rifrazione n, immersa in aria onel vuoto. In questo modo, infatti, il fascio esercita una forza derivante dallapressione di radiazione.

Il fascio di luce incidente non esercita solo una forza diretta lungo ladirezione assiale (di propagazione), ma esiste una componente trasversale,che tende a dirigere la sferetta verso il centro del fascio, cioe verso il puntoin cui l’intensita e maggiore (figura 2.3).

2.2.1 Esperimento di Ashkin

Laser TEM00

Il profilo del laser utilizzato in questo tipo di esperimenti e quello noto con lasigla TEM00. Nelle righe seguenti vengono spiegati la provenienza di questaparticolare sigla, la classificazione delle sezioni dei laser a simmetria cilindri-ca, e il perche si utilizzi proprio tale profilo.

Con la sigla TEM si indica il Transverse Electromagnetic Mode. Unmodo trasverso della radiazione elettromagnetica e un particolare modo di

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2.2. LEVITAZIONE OTTICA DI UNA SFERA DIELETTRICA 11

Figura 2.3: Schema di funzionamento della trappola ottica [2]

Figura 2.4: Schema dell’esperimento realizzato da Ashkin [9]

campo elettromagnetico della radiazione giacente sul piano perpendicolarealla direzione di propagazione.

Per quanto riguarda in particolare i laser occorre specificare che, quelli asimmetria cilindrica, sono descritti da una combinazione tra il modello gaus-siano e i polinomi di Laguerre. Ciascuno di questi polinomi e caratterizzatodalla coppia di numeri p e l, per questo motivo oltre alla sigla TEM si ricorrealla notazione con pedici p e l, che identificano il tipo di sezione trasversaledel fascio.

Nel nostro caso specifico il fascio utilizzato e prevalentemente quelloTEM00 (fig. 2.5) [6], in quanto per ottenere una trappola stabile e ne-cessario avere una sezione con intensita maggiore al centro e decrescente

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12 CAPITOLO 2. LEVITAZIONE E TRAPPOLE OTTICHE

verso l’esterno, in modo che la forza di gradiente, di cui parleremo meglio inseguito, diriga la sferetta verso il centro del fascio.

Figura 2.5: In figura sono rappresentati i diversi modi possibili per un fasciolaser a simmetria cilindrica.

Caratteristiche degli strumenti utilizzati da Ashkin per la realizzazionedell’esperimento riportato nell’articolo del 1971[9]:- laser ad Argon;- potenza del laser TEM00: 100-500 mW;- lunghezza d’onda: 5145 A;- diametro lente L1: 5 cm;- diametro sfera: ∼15-25µm;- indice di rifrazione sfera: n=1,65.

Analizziamo quanto segue in riferimento alla figura 2.4.Inizialmente la sferetta si trova sul piatto di vetro nel punto A. Il sistema echiuso con un recipiente di vetro in modo da minimizzare le correnti d’aria.

Il raggio 1, diretto verticalmente in A grazie all’azione della lente L1 edel prisma riflettente RP, esercita, come gia detto, una certa forza, che non etuttavia sufficiente a rompere l’attrazione di van der Waals rispetto al piatto,percio viene assemblato un cilindro di ceramica piezoelettrico (PC) fissatoal piatto di vetro.

Facendo variare rapidamente la frequenza del campo elettrico oscillanteapplicato al cilindro di ceramica in modo che ci sia risonanza meccanica equindi aumenti l’ampiezza di vibrazione del cilindro e di conseguenza delpiatto di vetro, si fa in modo che la particella risalga il fascio sino alla posi-zione di equilibrio B, punto in cui la pressione di radiazione e la gravita si

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2.3. TRAPPOLA OTTICA A SINGOLO FASCIO 13

bilanciano. A questo punto per muovere la particella e sufficiente spostare lelenti che indirizzano i fasci 1 e 2.

Riducendo la pressione a circa 1 Torr, la posizione di equilibrio si spostaverso il basso, indicando l’esistenza di una componente della forza in quelladirezione. Infatti per via dell’assorbimento ottico e del fatto che la sferettasi comporta in maniera simile a una lente, la sua parte superiore risultaavere una temperatura maggiore rispetto al fondo, garantendo la presenzadi una forza radiometrica verso il basso, dovuta all’aumento degli urti con leparticelle circostanti nella parte superiore della sfera.

Forza radiometrica

Considerando particelle immerse in un fluido, si parla di forza radiometricaper descrivere l’interazione di queste con le molecole del fluido circostante,in presenza di gradiente termico o di concentrazione. Si possono avere di-versi tipi di moto dovuti alla forza radiometrica, nel nostro caso si parla difotoforesi (caso particolare della termoforesi), in cui illuminando la particellasi innesca un gradiente termico nella stessa, percio le particelle del fluidocircostante si muovono verso temperature via via decrescenti [10].

2.3 Trappola ottica a singolo fascio

In un articolo del 1986 [11] Ashkin dimostra come particelle dielettriche didimensioni comprese tra 10 e 25 µm, immerse in una soluzione acquosa, pos-sano essere intrappolate con un singolo fascio. Per fare questo si sfruttano laforza di scattering Fscat, proporzionale all’intensita della luce e diretta lungol’asse del fascio, e quella dovuta alla pressione di radiazione Fgrad, propor-zionale al gradiente di intensita e diretta verso il punto di maggiore intensitadel fascio, sul piano perpendicolare rispetto alla direzione di propagazione.Ilprofilo del fascio laser in una trappola ottica e tipicamente gaussiano, perciosi avra maggior intensita al centro e decrescente verso l’esterno.

Se il contributo alla Fscat dei raggi rifratti e maggiore rispetto a quellodei raggi riflessi dalla superficie della sfera, allora si evidenzia un’altra forzalungo l’asse di propagazione ma in verso opposto, che rende stabile la trap-pola ottica.Se il fascio e altamente focalizzato si evidenzia (figura 2.7) la presenza diuna componente della forza rivolta all’indietro rispetto alla direzione di pro-venienza dei raggi (nota come pressione di radiazione negativa), dovuta algradiente di intensita assiale.

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14 CAPITOLO 2. LEVITAZIONE E TRAPPOLE OTTICHE

Figura 2.6: Schema di una trappola ottica in cui sono indicate le direzionidella Fgrad e Fscat [14]

Si utilizza un unico fascio focalizzato, in modo che la forza di gradienteassiale garantisca da sola la stabilita lungo l’asse, mentre nelle tecnologieprecedenti si sfruttava l’equilibrio tra forza di scattering e gravita, poco con-veniente in quanto meno stabile.

2.3.1 Esempi

Coppia di raggi in regime ottico

Nello schema in Fig. 2.7a) osserviamo una coppia di raggi incidenti A, iquali vengono convogliati, per mezzo di una lente, sulla sferetta.

Una piccola parte di questi (R1 e R2) viene riflessa piu volte in corri-spondenza della superficie della particella stessa, ma la parte piu consistente(A’), che determina il trasferimento della quantita di moto dai raggi allaparticella, viene rifratta.

Osservando la direzione delle forze risultanti FA dovute alla rifrazionedei raggi, si intuisce appunto la presenza di una componente rivolta in versoopposto rispetto alla provenienza del fascio incidente.

La Fig. 2.7b) e una fotografia di una sfera di vetro di 10 µm, indice dirifrazione n=1,6 in levitazione grazie all’azione di un fascio laser di potenza100 mW. E chiaramente visibile la riduzione in apertura angolare del fasciodiffuso rispetto a quello incidente, responsabile della presenza della suddettacomponente della forza ”all’indietro” [11].

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2.3. TRAPPOLA OTTICA A SINGOLO FASCIO 15

Figura 2.7: a)Schema che mostra un esempio di trappola con coppia di rag-gi appartenente a un singolo fascio. b) Fotografia di una sfera dielettricaintrappolata in acqua in cui si mostrano raggi incidenti e diffusi.

Apparato per particelle di Rayleigh

Finora abbiamo argomentato le tecniche utili a intrappolare sferette di di-mensioni maggiori della lunghezza d’onda della luce. Tuttavia, le trappoleottiche possono essere sfruttate anche per trattare particelle di dimensioni digran lunga inferiori. E’ il caso, ad esempio, delle particelle di Rayleigh.

Con l’espressione particelle di Rayleigh si indicano le particelle soggettealla diffusione Rayleigh, ossia aventi dimensioni molto minori rispetto allalunghezza d’onda della radiazione incidente.

Per trattare tali particelle si utilizza una soluzione acquosa in cui essesiano disperse ad alte concentrazioni, in modo che entrino nella trappolagrazie alla dispersione per moto browniano.

Le particelle intrappolate vengono visualizzate tramite un microscopio Mda un separatore del fascio S o registrando lo scatter a 90◦ con un detectorD (figura 2.9) [11].

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16 CAPITOLO 2. LEVITAZIONE E TRAPPOLE OTTICHE

Figura 2.8: a)Trasferimento della quantita di moto dal raggio incidente allasferetta. b) Risultante delle forze derivanti da raggi di diversa intensita.

Figura 2.9: Schema dell’apparato utilizzato per intrappolare particelle diRayleigh con singolo fascio.

2.4 Dipendenza della forza dall’indice di ri-

frazione

Consideriamo particelle di Rayleigh immerse in un mezzo di indice di rifra-zione n.

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2.4. DIPENDENZA DELLA FORZA DALL’INDICE DI RIFRAZIONE 17

2.4.1 Regime di Rayleigh

Forza di scattering

La forza Fscat nella direzione del fascio incidente di potenza Pscat avra laseguente espressione:

Fscat =nPscat

c=nσ < S >

c(2.11)

dove < S > e il valor medio del vettore di Poynting e σ indica la sezioned’urto, che per una particella sferica ha la seguente espressione:

σ =8πk4r6

3(m2 − 1

m2 + 2)2 (2.12)

con k numero d’onda della radiazione incidente, r raggio della sferetta.Il tutto puo pero essere riscritto nei termini dell’intensita I0 e dell’indice

di rifrazione effettivo m, dato dal rapporto tra l’indice della particella e quellodel mezzo circostante.

Fscat =I0c

128π5r6

3λ4(m2 − 1

m2 + 2)2n (2.13)

dove r e il raggio della particella, λ la lunghezza d’onda della radiazioneincidente [11][13].

Forza di gradiente

La Fgrad e dovuta alla forza di Lorentz agente sul dipolo elettrico generato dalcampo elettromagnetico. Ricordando che il dipolo ha la seguente espressione:

p = αE (2.14)

La forza di gradiente su un dipolo indotto ha la forma:

F = (p∇)E (2.15)

a questo punto introduciamo l’uguaglianza

∇E2 = 2(E∇)E + 2E× (∇× E) (2.16)

ma dal risultato delle equazioni di Maxwell

∇× E = 0 (2.17)

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18 CAPITOLO 2. LEVITAZIONE E TRAPPOLE OTTICHE

percio l’eq. 2.16 diventa

F =α∇E2

2(2.18)

e da qui otteniamo piu precisamente

Fgrad = −n2α∇E2 = −n

3r3

2

m2 − 1

m2 − 2∇E2 (2.19)

dove α indica la polarizzabilita della particella[11][13].

Consideriamo un fascio laser gaussiano leggermente divergente (bassa cur-vatura), e una particella dislocata rispetto al centro del fascio. La forza digradiente tende a riportare la particella verso il centro, e per via della scarsadivergenza, non si avra alcuna componente di questa forza lungo la direzioneassiale.

L’unica forza diretta lungo l’asse e quindi la forza di scattering, che, nonessendo bilanciata, tendera a spingere la particella in direzione concorde allapropagazione della luce (figura 2.10).

Percio per avere l’equilibrio e intrappolare la particella bisogna avere duefasci aventi direzione di propagazione uguale ma con verso opposto, oppureun solo fascio altamente focalizzato.

Figura 2.10: Diagramma delle forze in caso di fascio leggermente divergente.

Considerando un fascio altamente focalizzato, la forza di gradiente ha unacomponente in direzione assiale e verso opposto a quello di propagazione. Inquesto modo si ha il bilanciamento della forza di scattering, percio la risul-tante giace sul piano perpendicolare all’asse del fascio ed e diretta verso ilcentro (figura 2.11).

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2.5. TRAPPOLE OTTICHE MODERNE 19

Figura 2.11: Diagramma delle forze in caso di fascio altamente focalizzato.

2.4.2 Criterio di stabilita

Consideriamo innanzitutto il rapporto R tra Fgrad e Fscat, tenendo conto delfatto che per un fascio gaussiano con punto di fuoco di dimensioni w0 questosi trova in posizione lungo l’asse pari a z = πw2

0/(√

3λ):

R =Fgrad

Fscat

=3√

3

64π5

n2

(m2−1

m2+2)

λ5

r3w20

(2.20)

con λ lunghezza d’onda nel mezzo considerato.La condizione di stabilita richiede che

R ≥ 1 (2.21)

Tuttavia questa non e una condizione sufficiente a garantire l’equilibrio, per-cio se ne aggiunge un’altra dettata dalla statistica di Boltzmann: si richiedeche il tempo necessario a intrappolare la particella sia molto minore rispettoa quello in cui la particella viene diffusa per moto browniano liberandosi dallatrappola [11].Si deve avere la seguente condizione sul fattore esponenziale:

e−UkT � 1 (2.22)

dove U e il potenziale della Fgrad:

U = nαE2

2(2.23)

2.5 Trappole ottiche moderne

Per una maggiore precisione nelle osservazioni, oggigiorno gli apparati uti-lizzati per realizzare una trappola ottica sono di gran lunga piu complessirispetto a quelli mostrati negli schemi precedenti, in quanto fanno uso di ungran numero di strumenti di precisione (figura 2.12) [14].

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20 CAPITOLO 2. LEVITAZIONE E TRAPPOLE OTTICHE

Figura 2.12: Schema che mostra un esempio di trappola ottica moderna.Possiamo notare il gran numero di componenti.

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Capitolo 3

Calibrazione delle pinzetteottiche

Come gia accennato, le pinzette ottiche possono essere utilizzate per misurareforze dell’ordine dei pN esercitate dai motori molecolari. Per un’accurataosservazione di forze cosı lievi e necessario compiere un adeguato processodi calibrazione, che consiste nella misura di rigidita e forza della trappolagenerata dal fascio laser a una determinata intensita.

Per esaminare questo procedimento ci basiamo sull’esperimento compiu-to da A. Rice e R. Fischer [15], con relativi risultati, spiegato nei seguentiparagrafi.

3.1 Teoria

L’esperimento si basa sulla conoscenza del profilo del laser utilizzato, sullalegge di Snell della rifrazione, e sul postulato della meccanica quantisticasecondo cui i fotoni possiedono quantita di moto.

Come gia detto nei capitoli precedenti, il fascio ha un profilo gaussiano,percio l’intensita sara maggiore nella zona centrale e decrescente verso l’ester-no in direzione radiale. Quando il fascio attraversa una lente convergente,i raggi che non passano esattamente attraverso il centro vengono deviati,percio c’e una variazione nella direzione della quantita di moto dei fotoni(p=~k), e quindi una forza (figura 3.1).

Per il principio di conservazione della quantita di moto, come sappiamoe come vediamo in figura 3.1, la microsfera viene spinta verso il centro delfascio.

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22 CAPITOLO 3. CALIBRAZIONE DELLE PINZETTE OTTICHE

Figura 3.1: Rappresentazione della variazione nella direzione della quantitadi moto dei fotoni e forza risultante.

3.2 Esperimento

L’apparato utilizzato per questo esperimento e mostrato in figura 3.2. Vieneutilizzato un laser a 637 nm e 70 mW, il quale attraversa un polarizzatorelineare, utile per variare l’intensita della luce e di conseguenza la forza diintrappolamento, e una lente biconvessa di focale 30 cm, che permette difocalizzare il fascio. La luce viene poi riflessa da uno specchio dicroico epassa attraverso un microscopio (100X, NA=1,3). Il fascio viene proiettatosu un vetrino che contiene microsfere in silicone in acqua deionizzata. Siutilizza una sorgente di luce bianca per illuminare il campione, e una cameraCCD per osservare la trappola ottica.

Esaminiamo ora le misure di rigidita e forza della trappola raccolte conmetodi differenti.

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3.2. ESPERIMENTO 23

Figura 3.2: Schema dell’apparato utilizzato per la realizzazione dell’esperi-mento di calibrazione.

3.2.1 Misura della rigidita della trappola dall’analisidel moto browniano

Le particelle immerse in un fluido si muovono di moto browniano, cioe hannomovimenti casuali dovuti alle collisioni con le molecole costituenti il fluido.

Per il teorema di equipartizione sappiamo che per ogni grado di libertauna particella in equilibrio termico ha un’energia cinetica media pari a:

< K >=1

2kBT (3.1)

Se assumiamo che il movimento della microsfera intrappolata sia dovutoesclusivamente alle fluttuazioni termiche, possiamo porre l’energia cineticapari a quella potenziale della trappola:

1

2kBT =

1

2k < x2 > (3.2)

dove < x2 > indica il valore medio della distanza al quadrato della sferettadal centro del fascio in direzione trasversale.

Misurando il moto browniano della sferetta possiamo trarre informazionisulla rigidita della trappola anche senza conoscere la viscosita del fluido.Vengono utilizzate sferette di diametro 0,56 µm.

Inizialmente la posizione della sfera viene misurata in pixels, poi conver-tita in µm usando un fattore di conversione ottenuto misurando il diametroin pixels di una sferetta.

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24 CAPITOLO 3. CALIBRAZIONE DELLE PINZETTE OTTICHE

< x2 > (m2) Potenza del fascio (mW) Rigidita della trappola, k (pN/µm)8,43*10−15 4,5 0,484,3*10−15 6,2 0,952,09*10−15 10,1 1,961,37*10−15 14,0 3,069,5*10−16 18,0 4,28

Tabella 3.1:Tabella con dati relativi alla rigidita della trappola al variare del-la potenza del laser e della posizione della sferetta [15].

E’ possibile visualizzare in un grafico (figura 3.3) l’andamento della rigi-dita della trappola in funzione della potenza. Cio che risulta e una relazionelineare che puo essere utilizzata per predire il valore di rigidita alla poten-za massima. Per una potenza massima di 70 mW il valore della rigiditaestrapolato e pari a 17 pN/µm per particelle di diametro 0,56 µm.

Figura 3.3: Relazione lineare tra potenza del laser e rigidita della trappolaottenuta usando il metodo del moto browniano [15]

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3.2. ESPERIMENTO 25

3.2.2 Forza di attrito di Stokes

A differenza del precedente, questo secondo metodo prevede l’utilizzo delleinformazioni riguardanti la viscosita del fluido per misurare la rigidita e laforza di intrappolamento.

In questo metodo, il campione viene fatto muovere a velocita costante.Sappiamo che la forza di attrito a cui e sottoposta una sfera in moto in unfluido a una certa velocita e:

Fd = 6πµrvs (3.3)

dove µ e la viscosita (nel nostro caso pari a 8, 90 ∗ 10−4 Pa ∗ s), r il raggiodella sfera e vs la velocita.

Questa forza provoca lo spostamento (x) della sferetta dal fascio, che puoessere misurato. Utilizzando per la trappola un modello tipo molla, si ottieneche la rigidita e misurata come:

k =Fd

x(3.4)

Per questo metodo sono state utilizzate sferette di diametro maggiore (2,56µm) in quanto la forza di attrito di Stokes risulta piu evidente su corpi didimensioni maggiori.

3.2.3 Misure della forza di attrito e della rigidita dellatrappola

Come spiegato precedentemente, la CCD e utile per visualizzare lo sposta-mento della sferetta e da qui misurare la velocita. Sapendo infatti che lafotocamera scatta una foto ogni 2,44 ms e possibile calcolare la velocita e nelcontempo assicurarsi che l’oggetto in esame non subisca accelerazioni.

Lo spostamento e misurato in pixels tramite un software e successivamen-te convertito in µm.

Per misurare la velocita e necessario utilizzare un punto di riferimentofisso sul vetrino, percio viene vissata una seconda microsfera.

Dopo 10 immagini e stato misurato lo spostamento e diviso per l’interval-lo di tempo trascorso. In seguito, dopo aver misurato lo spostamento mediodopo le 10 immagini, si calcola il valore della rigidita.

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26 CAPITOLO 3. CALIBRAZIONE DELLE PINZETTE OTTICHE

Velocita (m/s) Potenza fascio (mW) Rigidita della trappola (pN/µm)0,3767 7,9 0,80900,7265 12,4 1,5600,6580 22,3 1,4130,09530 42,0 2,04651,5725 50,7 3,3767

Tabella 3.2: Tabella con dati relativi alla rigidita della trappola al variaredella potenza del fascio e della velocita di spostamento della sferetta [15].

Questo metodo mostra l’andamento atteso, tuttavia non risulta estrema-mente preciso, come si puo vedere dalla figura 3.4.

Figura 3.4: Relazione lineare tra potenza del laser e rigidita della trappolaottenuta usando il metodo della forza di Stokes per sfere di diametro 2,56µm [15]

3.2.4 Forza di intrappolamento

A questo punto ci si propone di calcolare la forza di intrappolamento dellepinzette a una intensita del fascio pari a 67,8 mW. Il procedimento utilizzato

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3.2. ESPERIMENTO 27

e simile a quello descitto nella precedente sezione, con la differenza che inquesto caso si utilizzano 4 immagini, anziche 10, per compiere la misura.Sono stati fatti quattro tentativi alla potenza fissa di 67,8 mW. Di seguito irisultati:

Velocita di spostamento (m/s) Forza di intrappolamento (pN)0,616 13,280,372 7,990,455 9,570,367 7,88

Tabella 3.3: Tabella con dati relativi alla forza esercitata dalla trappola evelocita di spostamento [15].

In questo modo si ottiene una forza media di 9,68 pN. Tali valori sono ra-gionevoli, tuttavia si possono ottenere risultati piu precisi migliorando lastrumentazione.

Una volta nota, grazie alla calibrazione, la forza esercitata dalle pinzetteottiche, e possibile utilizzare queste informazioni per lavorare su alcune ap-plicazioni di questo strumento, tra cui ricordiamo la misura della forza deimotori molecolari nel campo della biofisica.

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28 CAPITOLO 3. CALIBRAZIONE DELLE PINZETTE OTTICHE

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Capitolo 4

Applicazioni

A partire dalla levitazione di sferette dielettriche, le pinzette ottiche han-no avuto notevoli sviluppi trovando applicazione in diversi campi, tra cui labiofisica. Sono impiegate infatti nello studio di particolari proprieta di micro-particelle biologiche come virus, batteri, DNA o particelle intracellulari, percomprenderne le caratteristiche fisiche, tracciarne il movimento, misurare lelievi forze esercitate ecc.

Tra i piu importanti impieghi troviamo lo studio dei motori molecolari edelle caratteristiche del DNA.

Nel primo caso si utilizza il seguente procedimento: si fa in modo che laparticella in esame (come chinesina, miosina..) si attacchi a una sferetta die-lettrica di vetro, che viene intrappolata dalle pinzette. In base all’azione delmotore molecolare sulla sferetta, si puo dedurre se il movimento avvenga inpassi quantizzati, quanto siano lunghi questi passi e quanto tempo intercorratra uno e il successivo.

Per quanto riguarda gli studi relativi al DNA, e importante ricordare chequesti hanno permesso di ricavare informazioni sull’elasticita e sulle forzesotto le quali esso si spezza, anche in questo caso attaccando un’estremitadella doppia elica a una sferetta intrappolata.

4.1 Utilizzo dei raggi laser infrarossi

L’utilizzo delle trappole ottiche a raggi laser infrarossi permette di ridurrenotevolmente la probabilita di apportare danni alle cellule in esame.

Questo permette la realizzazione di esperimenti piu delicati, come l’osser-vazione della riproduzione del batterio Escherichia coli, la manipolazione deiglobuli rossi umani e di organuli collocati all’interno di singole cellule viventidi Spirogyra, o ancora l’orientazione di singoli batteri nello spazio.

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30 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI

Tutto questo e possibile grazie al ridotto assorbimento dei raggi infrarossirispetto a quelli nel visibile (es: verde). Per questo motivo l’intensita delfascio puo essere aumentata, cosı come la velocita di manipolazione, senzache si rischi di danneggiare la particella in esame.

Negli esperimenti precedenti, compiuti utilizzando laser nel visibile, lasoglia di danneggiamento corrispondeva a potenza e velocita di manipolazioneinferiori [16].

4.1.1 Escherichia coli

Con l’utilizzo delle pinzette ottiche e possibile manipolare direttamente par-ticelle biologiche come batteri senza l’impiego ausiliario di una sferetta die-lettrica.

In un articolo del 1987 Ashkin, Dziedzic e Yamane decrivono l’esperi-mento realizzato per osservare la riproduzione del batterio Escherichia coli[16].

Viene utilizzato un laser infrarosso di potenza 80 mW e λ=1,06 µm. Sipreleva un singolo batterio dal campione utilizzando un tubicino di vetrocavo riempito con del liquido. Una volta fatto cio si rimuove il tubicino dallavaschetta del campione di batteri. E’ possibile intrappolare un batterio eosservarne la riproduzione anche durante l’intrappolamento.

Se il batterio e persino capace di riprodursi dentro la trappola significache non ha subito nessun danno, evidente anche dal fatto che non c’e stataalcuna variazione nella motilita dello stesso neanche dopo svariati minuti diintrappolamento [16].

4.2 Motori molecolari

Ai livelli cellulari, e quindi nel microscopico, il movimento e affidato ai co-siddetti motori molecolari. Come ben sappiamo il movimento richiede undispendio di energia, che viene attinta da quella conservata nei nucleotiditrifosfati (es. ATP).

Tra i motori molecolari troviamo la chinesina, che si sposta lungo micro-tubuli per il trasporto di vescicole intracellulari o organelli come i mitocondri,e la miosina, che spinge sui filamenti di actina per far avvenire la contrazionemuscolare. Altro motore molecolare e l’RNA polimerase, che si muove lungola catena di DNA per formare il filamento di RNA.

Le domande principali a cui ci si propone di rispondere riguardano lamisura dei passi e l’intensita della forza generata da tali motori.

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4.2. MOTORI MOLECOLARI 31

Chiaramente misurare la lunghezza di passi dell’ordine di grandezza dell’A,richiede un’immensa precisione e stabilita dello strumento [17].

4.2.1 Esperimento

Per questo tipo di esperimento, realizzato da Thomas T. Perkins e presentatoin un articolo del 2014 [17], e conveniente caratterizzare il movimento deimotori molecolari nelle loro unita naturali, cioe coppia di basi per spostamentilungo DNA, nucleotidi (lungo RNA), amminoacidi (lungo proteine).

L’apparato utilizzato comprende un microscopio con obiettivo ad eleva-ta apertura numerica, un piano piezoelettrico controllabile elettronicamente,un laser e un condensatore, cioe una lente ottica che trasforma un raggiodivergente da una sorgente puntiforme in un raggio parallelo o convergenteper illuminare un oggetto [18]. L’obiettivo focalizza il fascio laser, il conden-satore raccoglie la luce diffusa e la proietta su un detector che permette dideterminare la posizione, spesso un fotodiodo a quadranti.

Il segnale che viene raccolto corrisponde a una tensione che chiamiamoVx, determinato dalla luce che incide sul fotodiodo, che, grazie a una precisacalibrazione, di cui si e parlato nel precedente capitolo, deve essere tradottanella posizione della sferetta a cui il motore e collegato (xbd) e successiva-mente, punto piu critico, nell’estensione del polimero considerato (es: xDNA)(figura 4.1).

I biopolimeri sono assimilabili a molle non lineari, percio la loro estensionedipende dalla forza in una maniera descritta dal modello WLC (Worm LikeChain). A causa di questa non linearita e necessario intensificare le misure ailivelli piu elevati della forza (F≥6 pN), in modo da avere maggior risoluzionee poter determinare la lunghezza del polimero (L) indipendentemente dallaforza, una volta ben nota la dipendenza.

Nota tale lunghezza L, e possibile ricavare il numero di monomeri percatena, conoscendo la lunghezza occupata da ciascuno.

Prendendo come esempio il DNA, la lunghezza L misurata corrisponde acirca 50nm e la lunghezza per monomero 0,34nm.

Il limite principale nella precisione della misura non risulta essere la sen-sibilita dello strumento nel tracciare il movimento della sferetta, ma il doveravere una stabilita della scala dell’ordine dell’A per un tempo sufficientemen-te lungo in modo da mediare il moto browniano della sferetta intrappolataotticamente [17].

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32 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI

Figura 4.1: In questo schema viene mostrato come le pinzette ottiche vengonoutilizzate per determinare la lunghezza di una biomolecola.

Aumentare la stabilita dello strumento

Il primo strumento utilizzato per questo esperimento prevede che il campionedi DNA sia legato per un estremo alla sferetta e per l’altro alla superficiedel vetrino da microscopio, e che il movimento avvenga proprio lungo tale

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4.2. MOTORI MOLECOLARI 33

superficie. Uno dei problemi nella precisione delle misure deriva propriodalla relativamente scarsa stabilita di questo sistema, in quanto trappola esuperficie possono muoversi l’una rispetto all’altra.

Per far fronte a questo problema si preferisce disaccoppiare il campionedalla superficie ed utilizzare piuttosto una seconda trappola identica allaprima.

Si ha cosı una maggior stabilita del sistema rispetto al caso in cui vieneutilizzata una superficie, in quanto una perturbazione come, ad esempio, lospostamento della lente, causa un eguale spostamento dei due raggi laser, e inquesto modo non varia la posizione relativa dei due, percio la perturbazioneviene soppressa.

Infatti, la misura rilevabile tramite la strumentazione utilizzata permettedi conoscere la posizione della sferetta relativa al laser, e non la posizioneassoluta nella zona visibile col microscopio.

La prova della precisione del sistema si ha osservando un oggetto comuneai due laser. In questo modo sono state ottenute misure consistenti tra i due,con una discrepanza inferiore a 0,5 nm per oltre 1 minuto.

Oltre alla stabilita degli strumenti meccanici stessi, accorgimenti utili amigliorare la precisione riguardano l’utilizzo di sistemi isolati acusticamentein modo da ridurre il rumore di fondo e stanze con temperatura controllataper evitare fluttuazioni termiche [17].

Lunghezza della coppia di basi

Elicasi e polimerasi hanno funzioni differenti: il primo srotola la catena diDNA o RNA, il secondo trasforma una catena singola di DNA in una doppia,accoppiando le adeguate basi.

Gli studiosi sfruttano tali differenti funzioni per studiare il movimentodegli enzimi, usando differenti analisi biologiche e ottenendo pero risultatiindipendenti dal tipo di analisi svolto.

L’esame standard e quello in cui l’enzima e ancorato alle due estremitarispettivamente a una superficie e a una sferetta. Si vuole misurare la lun-ghezza di una coppia di basi, corrispondente alla lunghezza di ogni passocompiuto man mano che l’elicasi svolge la catena.

Si arriva cosı a un risultato di ∆L=3,4 A (∆L corrisponde all’allunga-mento rispetto alla lunghezza totale L) per un passo pari alla lunghezza diuna coppia di basi (figura 4.2) [17]. Il principale problema nello studio dellalunghezza L tramite trappole ottiche e dovuto all’accuratezza delle misureriguardanti il raggio della sferetta utilizzata, in quanto tale misura intercorrenella determinazione di L. Percio una variazione nel raggio comporta unavariazione in L. Vengono considerate uniformi delle sferette con una varia-

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34 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI

Figura 4.2: Rappresentazione dell’esperimento realizzato per la misura dellalunghezza occupata da una coppia di basi. L’elicasi svolge la catena un passoper volta. Ogni passo corrisponde alla separazione di una coppia di basi.

zione del raggio di circa il 2%. Tuttavia una tale variazione su un raggio dicentinaia di nm (es:300nm) corrisponde a un’incertezza di circa 18 coppie dibasi, che e un grosso problema se si considera che si richiede una precisionedell’ordine di 1 coppia di basi.

Questo effetto e chiaramente maggiore se si utilizza una trappola con duesferette anziche una sferetta e una superficie.

Alcuni studiosi, per ovviare a tale problema, hanno sviluppato un metodoche richiede piu precisione che accuratezza: si ripete la stessa sequenza ungran numero di volte all’interno della molecola di DNA (figura 4.3). In questomodo viene rilevata una serie di pause ripetute, per cui le analisi richiedonosolo la misura della distanza relativa, mentre non e necessaria la conoscenzadella posizione assoluta della sferetta. Con le correzioni computazionali siarriva in questo modo a una precisione di 1 coppia di basi, che e quellarichiesta [17].

Pause

Anche le pause tra un passo e l’altro sono importanti per quanto riguarda leinformazioni che se ne possono ricavare. Infatti, ad esempio, pause di diversadurata vengono associate a diversi livelli del movimento dell’RNA polimerasi.

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4.2. MOTORI MOLECOLARI 35

Figura 4.3: a) Sequenza di DNA ripetuta piu volte nella stessa catena.b)Pause con intervalli regolari legate alla ripetizione di sequenze identiche.c)Istogramma relativo ai tempi di pausa vs. posizione.

Risultati per RNA elicasi

Gli studi condotti hanno portato a una misura del passo per RNA elicasi paria 11± 3 coppie di basi, e di ”sottopassi” piu piccoli dell’ordine di 3, 6± 1, 3coppie di basi. L’esistenza dei passi piu piccoli all’interno di un passo mag-giore suggerisce un movimento ”tipo verme” [17].

4.2.2 Chinesina

Questa proteina e formata da una testa che si lega ai microtubuli (struttureintracellulari che costituiscono il citoscheletro) e sintetizza l’ATP, e una codache invece si lega al carico di vescicole o organelli come i mitocondri, e nepermette il trasporto lungo i microtubuli (figura 4.4).

Nell’esperimento di Block, Svoboda, Schmidt e Schnapp, documentatoin un articolo del 1993, la trappola ottica viene usata per racchiudere la

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36 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI

Figura 4.4: Rappresentazione della chinesina

sferetta a cui si lega un estremo della proteina, mentre il secondo estremoscorre su un microtubulo (figura 4.5). Osservando il movimento della sferettasi scopre che la chinesina si muove seguendo passi quantizzati ciascuno dellalunghezza di circa 8nm, pari alla dimensione di ciascun dimero che componeil microtubulo. Per ogni passo, inoltre, viene idrolizzata una molecola diATP.

Sono stati inoltre rilevati salti di 3,7±1,7 nm, ma non in maniera pe-riodica. Poiche alcune delle analisi condotte da Block e compagni risalgonoai primi esperimenti in cui la strumentazione non permetteva di isolare unsingolo motore da legare alla sferetta, si supponde che questi passi minorisiano effetto del movimento di molteplici proteine lungo microtubuli vicini.Osservando ancora il movimento della sferetta intrappolata, si deduce che

Figura 4.5: Schema dell’esperimento. Sferetta intrappolata tramite pin-zette ottiche, e molecola di chinesina collegata ad essa, in moto lungo unmicrotubulo.

sia soggetta a una lieve forza indotta dalla trappola di 1,5pN e che la singolamolecola di chinesina puo trasportare la sferetta contro un carico di circa5 pN: questi dati risultano in contrasto con i risultati raccolti in precedentiesperimenti di Kuo e Sheetz, secondo i quali la forza isometrica generata dauna molecola di chinesina e pari a 1,9±0,4 pN. Probabilmente la discrepanza

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4.2. MOTORI MOLECOLARI 37

e da ricondurre al fatto che la sferetta da loro identificata come stabile eimmobile in realta fosse soggetta a instabilita, e in questo modo viene menola condizione di isometria[19].

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38 CAPITOLO 4. APPLICAZIONI

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Capitolo 5

Altri tipi di trappole ottiche

Col tempo, grazie all’avanzamento della tecnologia e alla prosecuzione dellaricerca in questo campo, sono stati sviluppati altri tipi di trappole otticheoltre alle Optical Tweezers, tra cui gli strumenti noti come Optical Stretchere Optical Cell Rotator

5.1 Optical Stretcher

Col termine Optical Stretcher si indica uno strumento laser utilizzato permanipolare cellule biologiche e studiarne le proprieta di elasticita.

Le cellule sono sospese in un fluido avente indice di rifrazione minorerispetto a quello delle cellule in esame, e vengono intrappolate tra due fascilaser (λ=780 nm) divergenti e aventi direzioni di propagazione opposte. Inquesto modo la cellula e sottoposta a una certa tensione che ne provocal’elongazione in direzione parallela all’asse dei fasci laser (figura 5.1) [20].

Solitamente le cellule in questione hanno dimensioni maggiori della lun-ghezza d’onda della luce, percio e sufficiente considerare l’interazione con laluce in regime ottico. Quando un raggio attraversa l’oggetto, viene rifrattoper via del diverso indice di rifrazione tra l’oggetto e il mezzo circostante.Come sappiamo, i fotoni hanno una certa quantita di moto, percio un cam-biamento nella direzione del raggio implica una variazione della quantita dimoto e quindi una forza. In accordo con la terza legge di Newton, a que-sta forza ne corrisponde una uguale e contraria che agisce sulla superficiedell’oggetto, provocandone l’allungamento [21].

Chiaramente l’allungamento dipende, oltre che dalle proprieta della cel-lula come dimensioni e indice di rifrazione, anche dalla forza esercitata sullasuperficie, regolabile con la potenza del laser incidente. A differenza delleOptical Tweezers, il danneggiamento da radiazione e molto meno probabile

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40 CAPITOLO 5. ALTRI TIPI DI TRAPPOLE OTTICHE

in quanto i fasci laser non sono altamente focalizzati e non si ha l’influenzadella forza di gradiente.

Figura 5.1: Schema di funzionamento di un Optical Stretcher. Le cellulevengono catturate dai due fasci laser e allungate.

Applicazioni

Come gia specificato, questo strumento permette di studiare l’elasticita dellecellule. In questo modo e possibile riconoscere cellule di tipo differente, ola distinzione tra cellule sane e non. Infatti ad esempio le cellule tumoralipresentano una mutazione nel citoscheletro che ne aumenta l’elasticita.

Prima della formazione del cancro nei tessuti le cellule vanno incontro amutazioni chiamate iperplasia e displasia. Grazie allo strumento in esame epossibile individuare le cellule tumorali e monitorare l’elasticita in modo dariconoscere le fasi pre-aggressiva ed aggressiva della malattia.

Ad esempio e stato possibile distinguere neutrofili in stato normale dacellule caratteristiche della leucemia [20].

5.2 Optical Cell Rotator

Questo strumento e una trappola ottica composta da due fasci divergenti econ direzioni di propagazione uguali e opposte.

Utilizzando due fasci gaussiani, sappiamo che una cellula di forma di-somogenea viene intrappolata in posizione tale che il suo asse maggiore siaparallelo a quello del fascio.

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5.2. OPTICAL CELL ROTATOR 41

Se invece uno dei due fasci gaussiani viene sostituito con uno dal profilo asim-metrico, la cellula si allineera in maniera diversa rispetto alla precedente.A questo punto, facendo ruotare il fascio asimmetrico, la cellula seguiraquesta rotazione e sara possibile osservarla sul lato desiderato (figura 5.2).

Questo e utile dal momento che in tomografia ottica, la risoluzione lateralee molto piu elevata rispetto a quella assiale, percio puo risultare efficaceappunto far ruotare la cellula in esame in modo da poterla osservare con altarisoluzione da tutti i punti di vista [20].

Figura 5.2: Schema di funzionamento di un Optical Cell Rotator. Le cellulevengono intrappolate dai due fasci laser (uno dei due caratterizzato da unprofilo asimmetrico) e fatte ruotare sul lato desiderato semplicemente comeconseguenza della rotazione del fascio laser dal profilo asimmetrico.

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42 CAPITOLO 5. ALTRI TIPI DI TRAPPOLE OTTICHE

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Conclusioni

Grazie all’intuizione dell’esistenza della pressione di radiazione, sono stati svi-luppati degli strumenti denominati Optical Tweezers, in grado di intrappolaree manipolare oggetti delle dimensioni del µm semplicemente utilizzando laforza esercitata da un fascio laser altamente focalizzato.

Col progresso degli studi si e acquisita una sempre maggiore padronanzadi questi dispositivi, rendendo possibile l’osservazione di fenomeni nel mi-croscopico fino ad allora sconosciuti. Come abbiamo esaminato nei capitoliprecedenti, infatti, le applicazioni in biofisica sono numerose: dallo studiodel movimento dei motori molecolari a quello di alcune proprieta di molecolecome il DNA o batteri, virus e particelle intracellulari, persino dall’internodei confini della membrana cellulare, senza che questa subisca alcun danno.

Abbiamo visto inoltre come lo studio dell’elasticita di alcune cellule bio-logiche permetta di distinguere quelle sane da quelle malate, o ancora lapossibilita di manipolare le molecole di forma complessa in modo da poterleosservare da tutte le angolazioni.

Sino ad oggi, quindi, i passi avanti sono stati innumerevoli, in quanto sie partiti dalla semplice levitazione di sferette dielettriche dell’ordine del µm,all’analisi di lunghezze delle dimensioni dell’A e di forze dell’ordine dei pN.

Tuttavia, cio che emerge dall’analisi degli articoli scientifici in merito, eche la maggior parte delle potenzialita di tali tecniche sembrano inesplorate.Lavorando su dimensioni cosı ridotte, infatti, si va incontro a innumerevolidifficolta nel compiere misure accurate, in quanto si necessita di strumentiestremamemente sensibili e precisi.

Risulta chiaro che un simile strumento abbia un grande potenziale, esarebbe sicuramente utile proseguire le ricerche in questo senso per poterneestendere le applicazioni, in quanto, se perfezionato in modo da massimizzareprecisione e accuratezza, permette di esplorare aspetti finora sconosciuti delmondo microscopico.

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44 CONCLUSIONI

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Bibliografia

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[3] https://en.wikipedia.org/wiki/Optical_tweezers

[4] Mazzoldi, Nigro, Voci FISICA Vol. II, EdiSES, 1998, p 498.

[5] Radiation pressure https://en.wikipedia.org/wiki/Radiation_

pressure

[6] Transverse mode https://en.wikipedia.org/wiki/Transverse_

mode

[7] Fasci gaussiani, C. Calı, DIEET-UNIPA (2007-rev.15/16), Pubblicatoin www.dieet.unipa.it/cali/didattica

[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Apertura_numerica

[9] A. Ashkin, J.M. Dziedzic Optical Levitation by Radiation Pressure,Applied Physics Letter, Volume 19, Number 8, 15 October 1971, pp283-285.

[10] http://teacher.yuntech.edu.tw/~ken/Chapter%208%20Thermal%

20and%20other%20Radiometric%20Forces.htm

[11] A. Ashkin, J.M. Dziedzic, J.E. Bjorkholm, S. Chu Observation of asingle-beam gradient force optical trap for dielectric particles, OpticsLetters, Vol.11, N.5, May 1986, pp. 288-290.

[12] https://it.wikipedia.org/wiki/Scattering_di_Rayleigh

[13] http://home.uni-leipzig.de/pwm/web/?section=introduction&

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46 BIBLIOGRAFIA

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[18] https://en.wikipedia.org/wiki/Condenser_(optics)

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[20] http://home.uni-leipzig.de/pwm/web/index.php?section=

introduction&page=opticalstretcher

[21] https://en.wikipedia.org/wiki/Optical_stretcher

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Ringraziamenti

Ringrazio il mio relatore, il Prof. Michele Saba, per la disponibilita, il con-tributo e il sostegno accademico.Ringrazio i miei genitori per il costante appoggio dimostratomi durante que-sto percorso e per tutti i sacrifici fatti; la mia madrina Maria Luisa per lasua disponibilita e il suo buon cuore, e per essere sempre stata ai miei occhiuna seconda mamma.Ringrazio mio fratello Luca e mia cugina Sara, per essere stati sostegno neimomenti di sconforto e complici nella quotidianita.Un ringraziamento va alle mie amiche e ai miei amici per tutti i momenti,le gioie e i dolori condivisi in questi anni, e per tutti i sorrisi che mi hannoregalato.