Opportunità e limiti delle agroenergie - Aracne editrice · Opportunità e limiti delle...

26
Opportunità e limiti delle agroenergie La necessità di un approccio multicriteriale alla sostenibilità dell’“energia verde” a cura di Maurizio G. Paoletti e Tiziano Gomiero

Transcript of Opportunità e limiti delle agroenergie - Aracne editrice · Opportunità e limiti delle...

Opportunità e limitidelle agroenergie

La necessità di un approccio multicriteriale alla sostenibilità

dell’“energia verde”

a cura diMaurizio G. Paoletti e Tiziano Gomiero

Copyright © MMIXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2633–5

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: agosto 2009

7

Indice Presentazione MARINO GATTO ................................................................................................. 9 Introduzione MAURIZIO G. PAOLETTI, TIZIANO GOMIERO ..................................................... 13 PARTE 1 Energia, ambiente e società: la questione metodologica .............................. 17 Capitolo 1 La questione “energia verde”: la necessità di una visione globale TIZIANO GOMIERO, MAURIZIO G. PAOLETTI ..................................................... 19 Capitolo 2 L’analisi energetica, un’arte complessa: il caso delle agroenergie SERGIO ULGIATI ................................................................................................ 41 Capitolo 3 Impatto della qualità delle fonti energetiche sulla società: fonti energetiche a confronto MARIO GIAMPIETRO .......................................................................................... 79 Capitolo 4 Agroenergie, territorio e biodiversità MAURIZIO G. PAOLETTI, TIZIANO GOMIERO ..................................................... 105 PARTE 2 Casi studio ........................................................................................................ 125 Capitolo 5 Le attività forestali nelle politiche internazionali e nazionali per la lotta ai cambiamenti climatici DAVIDE PETTENELLA, LORENZO CICCARESE .................................................... 127

Indice 8

Capitolo 6 Bilancio energetico e problematiche della produzione di etanolo e biodiesel negli USA DAVID PIMENTEL .............................................................................................. 167 Capitolo 7 L'uso dei residui agricoli per la produzione di etanolo: un'opzione o un rischio? TIZIANO GOMIERO, MAURIZIO G. PAOLETTI ..................................................... 189 Capitolo 8 Produzione agroenergetica in Italia: opportunità e limiti SERGIO ULGIATI, DANIELA RUSSI, MARCO RAUGEI .......................................... 203 Capitolo 9 Riflessioni conclusive MAURIZIO G. PAOLETTI, TIZIANO GOMIERO ..................................................... 247

19

Capitolo 1

L’importanza di un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

TIZIANO GOMIERO∗, MAURIZIO G. PAOLETTI∗

1. Agroenergie come fonte energetica rinnovabile La crisi energetica internazionale ed i problemi ambientali causati

dall’uso dei combustibili fossili (emissione di gas serra, polveri sottili e altre sostanze chimiche dannose alla salute) hanno indotto scienziati e politici a cercare di individuare possibili fonti energetiche alternati-ve. Tra queste, particolare attenzione è stata riservata alle biomasse, sia come fonte energetica diretta (combustione della biomassa vegeta-le) sia indiretta, con la trasformazione di prodotti colturali in biocarbu-ranti: alcol (dai cereali quali mais, canna da zucchero, sorgo e dalla barbabietola da zucchero), e biodiesel (dalle colture oleose quali soia, girasole, colza, palma da olio).

Per fare un po’ di chiarezza terminologica: con il termine biomassa si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui prove-nienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dal-la silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegrada-bile dei rifiuti industriali e urbani (direttiva 2003/30/CE del Parlamen-to Europeo). Il termine biocombustibili si riferisce ai prodotti derivanti

∗ Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Padova.

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

20

dalla biomassa vegetale o animale, in forma solida, liquida o gassosa, che possono essere usati per la generazione di energia. Con biocarbu-ranti invece si intende un carburante liquido o gassoso per i trasporti ricavato dalla biomassa. Parlando di agroenergie ci si riferisce in gene-rale a colture, erbacee o arboree, coltivate al fine di una loro trasfor-mazione in energia.

L’agroenergia, oltre ad essere una fonte energetica considerata po-tenzialmente rinnovabile, secondo alcuni potrebbe offrire anche la possibilità di ridestare il mercato agricolo dei paesi sviluppati da una crisi di reddito per gli agricoltori che si sta facendo sempre più grave. Grazie ad una politica di sussidi rivolta sia agli agricoltori che alle in-dustrie, i governi sperano di generare una nuova fonte di reddito per gli agricoltori e la contemporanea nascita di una nuova industria ener-getica, con la speranza di sviluppare una fonte energetica alternativa ai combustibili fossili competitiva e sostenibile. L’Unione Europea ha stabilito che per il 2020 il 20% dell’energia consumata in Europa do-vrà provenire da fonti rinnovabili, come il 10% di tutti i carburanti (li-quidi o gassosi) (EU, 2009). La quota del 20% è una quota media per l’UE e varia quindi da paese a paese secondo quanto stabilito delle di-rettive comunitarie (per l’Italia è stato stimato un impiego di energie da fonti rinnovabili del 5,4% nel 2005 che dovrà passare al 17% per il 2020 – EU, 2009).

La natura rinnovabile, almeno apparentemente, dell’energia prodot-ta attraverso l’uso della biomassa ha fatto sperare un po’ tutti: agricol-tori, politici, ambientalisti e cittadini. Le colture vegetali assorbono dall’aria la CO2 e dal sole l’energia per trasformare la CO2 in car-boidrati (idrati di carbonio) quali: amidi, zuccheri, cellulosa e li-gnina. Tale biomassa può essere quindi trasformata in energia, pro-cesso nel quale viene naturalmente liberata la CO2 precedentemente assorbita. A differenza dei combustibili fossili il bilancio sembra nullo, cioè la quantità di CO2 emessa dalla combustione della bio-massa è la stessa che la pianta ha precedentemente assorbito dall’aria (Fig. 1).

Se le cose stessero proprio così, la soluzione di ogni problema e-nergetico sarebbe a portata di mano. Prima di accendere i nostri entu-siasmi dovremmo però verificare alcune cose per vedere se la questio-ne è proprio così semplice come potrebbe sembrare dalla figura 1.

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

21

2. La necessità di un approccio integrato La questione agroenergetica è una questione che interessa allo stes-

so tempo molti settori diversi, i quali benché apparentemente lontani tra loro, sono in realtà strettamente interdipendenti (soprattutto in un mondo, quello attuale, così fortemente globalizzato dove ciò che acca-de in un paese si può velocemente ripercuotere in tutto il mondo e in-fluire sulla vita di centinaia di milioni di persone). Lavori sui biocombustibili sono apparsi anche in Italia (p.es. Salmaso e Valmasoni, 2006; Bordin, 2007; Fiorese et al., 2007), in genere pro-ponendo una visione assai ottimistica sul ruolo che questa fonte energetica potrà giocare nel prossimo futuro. Recentemente Clô (2008), fa presente il pericolo di mitizzare la sostenibilità delle energie rinnovabili, in particolare dei biocombustibili. Nella sua critica ai

Figura 1. Emissione di CO2 nel caso dei combustibili fossili (A) e nel caso delle biomasse (B). Nel primo caso si ha una emissione netta di CO2 che si accumula nell’atmosfera, mentre nel secondo la CO2 emessa viene assorbita dalla pianta e il bilancio sembra zero (ma è proprio così?).

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

22

facili entusiasmi, l’autore nota che queste energie rinnovabili rappre-sentano, e continueranno a rappresentare anche nei prossimi decenni, una frazione trascurabile del fabbisogno energetico mondiale (spe-cialmente per i paesi sviluppati).

Dobbiamo però precisare che questa disponibilità non è una dispo-nibilità netta. Da questa infatti dobbiamo sottrarre la quantità di bio-massa necessaria per produrre l’energia necessaria per produrre i ferti-lizzanti e i pesticidi, i combustibili per far funzionare e produrre le macchine agricole (e quelli per fare e far funzionare le industrie per produrre le macchine ecc.), nonché tutta l’energia necessaria per i pro-cessi di trasformazione della biomassa in carburanti, inclusi i processi di prevenzione dell’inquinamento. Fatte le debite sottrazioni l’energia netta ammonterebbe a pochi punti percentuali dell’energia totale usata dal mondo. E questo, ricordiamolo, convertendo tutta la produzione agricola mondiale, con tutto ciò che questo implica.

Fino a pochi anni fa, la questione agroenergetica riguardava per lo più il tema dell’efficienza energetica, cioè quanta energia netta (al netto dei costi di produzione e trasformazione) poteva essere ricavata dalle varie tipologie di biomassa. Le agroenergie erano considerate da (quasi) tutti la “soluzione sostenibile” al problema energetico. Le piante assor-bono la CO2, la trasformano in biomassa, la biomassa viene trasformata in combustibile (alcol, biodiesel o altro combustibile solido) e la com-bustione torna a liberare la CO2 in atmosfera che le piante torneranno ad assorbire. Insomma, una sorta di moto perpetuo energetico.

Pochi erano gli esperti che lavorando all’analisi complessiva di questa fonte energetica ponevano in evidenza i limiti di sostenibilità che un esteso ricorso alle agroenergie genera (si veda per esempio Giampietro et al., 1997; Smil, 2005). Limiti che riguardano la reale ef-ficienza energetica delle biomasse, il conflitto con le risorse alimenta-ri, i problemi di sicurezza alimentare soprattutto per i paesi poveri, la preservazione della fertilità dei suoli e degli ambienti naturali, il reale impatto sulle emissioni di gas a effetto serra, la relazione con la strut-tura socio–economica della società, la reale efficacia di questa strate-gia per mantenere la struttura dei consumi energetici come richiesta dalla società moderna (Fig. 2).

Per capire le problematiche sollevate dalla questione agroenergeti-ca dobbiamo adottare un approccio integrato che consenta di conside-

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

23

rare la complessa rete di relazioni dirette e indirette (che spesso sfug-gono alla nostra comprensione), che nasce dal processo di interazione tra i nostri obbiettivi, le nostre azioni e il sistema natura di cui l’uomo fa parte.

3. Quali implicazioni per una politica agroenergetica globale? L’idea di impiegare la biomassa come fonte di biocarburanti non è

nuova. Già Henry Ford (il padre dell’industria automobilistica USA) negli anni Trenta suggeriva l’impiego dell’alcol ricavato dai cereali per alimentare le sue auto modello T. Anche le critiche a questa fonte

Figura 2. La relazione tra la produzione agroenergetica, la struttura e il funziona-mento della società e la sostenibilità ambientale è assai complessa e gli effetti della politica agroenergetica devono quindi essere attentamente valutati a fronte di questa complessità.

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

24

energetica non sono nuove. Negli anni Quaranta, sempre negli USA, Samuel Brody, il pioniere degli studi sulla bioenergetica animale e della fisiologia ambientale, metteva in guardia chi auspicava l’uso del-le colture per la produzione di energia sulla loro effettiva utilità, so-stenendo che questa opzione sarebbe stata energicamente insostenibile (Brody, 1945).

Comunque è solo da un decennio che la produzione di biocarburan-ti ha cominciato a raggiungere una scala considerevole, in particolare negli USA e in Brasile, dove grandi estensioni di mais (negli USA) e di canna da zucchero (in Brasile) sono trasformate in alcol.

3.1 Efficienza energetica delle agroenergie: una questione delicata

La reale fattibilità di questa “rivoluzione bioenergetica” si fonda innanzi tutto sulla valutazione dell’efficienza della conversione della biomassa in biocombustibili, cioè quante unità energetiche si ottengo-no per unità energetica investita nel processo produttivo dell’energia (output/input). Questo indicatore di efficienza, alla base dei lavori pionieristici di David Pimentel negli anni Settanta (Piementel et al., 1981; Pimentel e Hall, 1984), è conosciuto anche come EROI, dall’in-glese Energy Return On Investment (ritorno energetico dall’investi-mento) (Cleveland, 2008; Hall, 2008). Nella tabella 1 riportiamo alcu-ni risultati di lavori sul calcolo dell’efficienza energetica compiuti ad oggi per l’etanolo e il biodiesel. La diversità dei dati riflette l’approc-cio modellistico adottato dai diversi autori, i loro sistemi di riferimen-to, la scelta dei dati e le loro decisioni su cosa includere ed escludere dalla contabilità.

Il capitolo 2 (Ulgiati) di questo volume spiega come mai vi possano essere queste divergenze nei calcoli: una domanda che certamente si pongono (o si dovrebbero porre) in tanti. Capire i metodi e le assun-zioni impiegate è quindi fondamentale per capire cosa rappresentino i numeri e per poter discutere in merito. Il capitolo capitolo 6 (Pimen-tel), e il capitolo 8 (Ulgiati et al.) presentano delle analisi di efficienza energetica dei bicombustibili, per alcune tipologie di colture negli USA il primo e per il caso italiano il secondo. Il capitolo 3 (Giampie-tro) pone in relazione l’efficienza energetica relativa alla trasforma-zione della biomassa con altri fondamentali indicatori di efficienza

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

25

Tabella 1. Risultati di diversi studi sull’efficienza energetica della produzione di biodiesel e bioetanolo (fonte dati Bordin, 2007).

Studio Efficienza

(output/input)

Biodiesel Senza sottoprodotti Con i sottoprodotti

Sheehan et al., 1998 2,90 –

Scharmer, 2001 2,76 –

Morris et al., 1994 1,45 2,51

Pimentel e Patzek, 2005 0,78 0,97

Bioetanolo Senza sottoprodotti Con i sottoprodotti

De Oliveira et al., 2005 1,10 –

Shaouri et al., 2002 1,09 1,34

Wang e Santini, 2000 1,07 1,29

Graboski e McClelland, 2002 1,07 1,24

Shaouri et al., 2004 1,05 1,67

Lorenz e Morris, 1995 1,04 1,38

Shaouri et al., 1995 1,01 1,20

Morris e Ahmed, 1992 1,00 1,33

Graboski, 2002 0,98 1,21

Pimentel e Patzek, 2005 0,78 0,85

Si veda anche Hammerschlag (2006) e Hill et al., (2006) per altri dati.

del sistema socioeconomico, come l’allocazione del tempo e il meta-bolismo energetico della società. Sfortunatamente, questa prospettiva integrata, benché necessaria forse più della stessa analisi energetica output/input, raramente é considerata. Pochissimi hanno analizzato l’interazione tra i diversi tipi di efficienza e le diverse scale gerarchi-che in gioco (p.es. Giampietro et al., 1997; Ulgiati, 2001; Smil, 2005;

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

26

Giampietro e Mayumi, 2009). Le ragioni di questa manchevolezza meriterebbero di essere esplorate; forse le possiamo imputare alla am-pia prospettiva richiesta, una visione multidimensionale del problema che in generale forse manca agli specialisti che si occupano di analisi energetica.

Giampietro pone la questione di quale sia il metabolismo che la nuova fonte energetica deve tenere in vita. Metabolismo che va consi-derato sia in termini intensivi, cioè la velocità di consumo dell’energia (per esempio GJ per ora) sia in termini estensivi, cioè quanta energia serve complessivamente per tenere in vita la società ad un dato tasso di metabolismo.

Nel 1930, negli USA, un barile di petrolio era disponibile alla so-cietà con un EROI di 100:1 (per una unità energetica investita se ne ricavavano 100). Nel 1970 l’EROI era di 30:1, negli anni Novanta l’EROI si è ridotto a 11–18:1 (Hall, 2008; Hall e Day, 2009). Tornan-do alla tabella 1, dovrebbe essere chiaro che quando vogliamo com-prendere la reale possibilità delle agroenergie si sostenere la nostra so-cietà, all’attuale livello di consumi, qualche decimo in più o in meno nell’EROI dei biocarburanti non fa molta differenza. Stiamo parlando di un’efficienza che, anche se fosse positiva, sarebbe dell’ordine di 1,1–2,5:1, comunque da 10 a 15 volte inferiore a quella fornita dell’estrazione attuale del petrolio, EROI 11–18:1. Ma l’EROI non basta, da solo, per valutare l’utilità di una fonte energetica. Come fa notare Giampietro, (capitolo 3) una società in cui la biomassa rappre-sentasse una frazione consistente dell’energia, richiederebbe un inve-stimento, da parte della società stessa, di un’enorme quantità di tem-po–lavoro allocato nel settore energetico. Questo sposterebbe la di-stribuzione del tempo lavoro da altri settori produttivi, influendo inol-tre sul costo finale dell’energia (a meno di non ridurre drasticamente il costo del lavoro, cioè gli stipendi dei lavoratori di questo settore). L’energia da biomassa, poi non è ad impatto zero come si potrebbe pensare. Tutti i processi produttivi e di trasformazione della biomassa hanno un loro serio impatto ambientale, e una intensiva ed estesa pro-duzione di biomassa per fini energetici–industriali può compromettere seriamente la fertilità a lungo termine del suolo, la biodiversità e la struttura dell’agroecosistema.

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

27

3.2 I biocombustibili di seconda generazione: una soluzione o un’ulteriore problema?

Per evitare il conflitto con le produzione alimentari l’attenzione si è

spostata dalla produzione di biocarburanti dalla biomassa amilacea o proteica (i semi) a quella cellulosica (la parte vegetativa verde), cioè a quella parte dei vegetali che non è utile al consumo umano e animale, e che teoricamente potrebbe garantire una produzione di biocarburanti molto più rilevante data la grande disponibilità della biomassa vegeta-le lignocellulosica, i così detti biocarburanti di seconda generazione.

La conversione della biomassa lignocellolosica in alcol, consentirebbe di utilizzare non più la parte alimentare delle colture ma i residui colturali e le specie erbacee che crescono nei terreni di scarso interesse agricolo. Sembra che la soluzione sia quindi a portata di mano. Ma anche questa idea ha le sue controindicazioni (per dettagli si veda Gomiero e Paoletti, capitolo 7). Innanzitutto la spesa energetica per la trasformazione della cellulosa in etanolo è, per ora, molto più alta di quella dell’amido e causa un maggior impatto ambientale. Gli esperti sperano di riuscire a sviluppa-re un’efficace tecnologia di trasformazione della cellulosa entro 10–15 anni. Ma anche in questo caso potremmo accorgerci che anche questa opzione genera dei problemi. Un’intensa asportazione dei residui coltura-li, infatti, potrebbe far aumentare il tasso di erosione del suolo di 10–100 volte, con effetti disastrosi per la produzione agricola e, nel lungo perio-do, mettere a repentaglio la sicurezza alimentare delle popolazioni di molte regioni del globo (Pimentel et al., 1995; Pimentel, 2006).

Wilhelm et al. (2007), in una revisione del tema, concludono che al momento non vi sono dati certi su quanto possa essere l’appropriazio-ne sostenibile dei residui colturali e che questa dipende da molti fattori diversi in relazione alle specifiche caratteristiche del suolo e dell’am-biente. I produttori, però, devono sapere qual’è la percentuale dei re-sidui che si possono asportare dal campo sia per non compromettere la fertilità del suolo che per sapere se questa opzione è economicamente proponibile. Se per non compromettere la salute del suolo la quantità di residui che possiamo raccogliere è ridotta, l’opzione potrebbe rive-larsi sia energeticamente che economicamente impraticabile, visto che i costi fissi dell’operazione sono comunque quasi gli stessi, che si a-sporti tanto o poco dal campo.

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

28

3.3 Biocarburanti e alimenti: verso un conflitto globale? Con l’avvento della rivoluzione verde degli anni Settanta, grazie al-

le nuove varietà ad alta resa, all’uso dei fertilizzanti e dei pesticidi chimici, i sistemi di irrigazione ecc., la produttività delle colture è e-normemente cresciuta, arrivando in molte regione del globo, anche a triplicarsi. Il problema della crisi alimentare nel mondo però non è sta-to risolto, come allora si sperava. La maggior produzione di alimenti non ha sconfitto lo spettro della fame, l’ha solo temporaneamente al-lontanato. In pochi decenni la popolazione dei paesi poveri è aumenta-ta più di quello che l’aumento della produttività poteva far fronte. Ol-tre che alla popolazione, i paesi poveri hanno visto aumentare anche il loro debito verso le istituzioni monetarie internazionali (p.es. Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale) e con i paesi sviluppati, con un impatto diretto sulla vita dei loro cittadini. Dato che gli alimen-ti hanno un prezzo, i poveri non hanno comunque accesso ad essi an-che quanto ve ne sia disponibilità nel paese, perché semplicemente non possono acquistarlo. Sostiene Amartya Sen che:

Denutrizione, fame e carestie risentono dell’andamento di tutta l’economia e la società, non solo della produzione alimentare e delle attività agricole ed è es-senziale tenere nel debito conto quelle interdipendenze economiche e sociali che governano la diffusione della fame nel mondo d’oggi. (Sen, 2000, p. 165). Usare alimenti per produrre carburanti per le nostre auto ha delle

serie implicazioni sociali quanto il numero di persone cronicamente affamate nel pianeta ha raggiunto i 930 milioni, il più alto numero di sempre1 (FAO, 2005; WFP, 2008).

Nel corso del 2007–2008, con il rapido e consistente aumento dei prezzi dei cereali nei mercati internazionali, abbiamo cominciato a prendere coscienza che la massiccia trasformazione dei cereali in bio-combustibili ha delle dirette conseguenze sul prezzo degli alimenti (trasformare una grande quantità di soia e mais in olio combustibile fa aumentare il prezzo dei mangimi e quindi della carne) (p.es. Ricci,

1 Due-terzi del totale in Asia, con la percentuale più alta della popolazione affamata nell’Africa sub-sahariana dove il 33% della popolazione è sottonutrita (FAO, 2005; WFP, 2008).

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

29

2007a; 2007b; Sinn, 2007; Gallagher, 2008). Questo effetto è tanto più sentito dalle popolazioni dei paesi poveri, paesi in cui i cittadini spen-dono la maggior parte del loro reddito per l’acquisto di alimenti di prima necessità. Le cause che hanno innescato l’ascesa dei prezzi ali-mentari sono molteplici, e certamente bisogna considerare i maggiori consumi alimentari di paesi quali Cina e India, gli effetti del clima e quelli della speculazione finanziaria. Tuttavia considerando che nel 2007 i soli USA hanno trasformato un terzo della loro produzione di mais in etanolo, ci si può ben immaginare cosa questa sottrazione di cereali dal mercato alimentare mondiale possa comportare per i prezzi dei cereali stessi.

Un rapporto riservato della Banca Mondiale scoperto e reso pubbli-co dal quotidiano britannico The Guardian (Chakrabortty, 2008), atte-sta che il 75% del rincaro dei prezzi degli alimenti di questi ultimi tempi (i prezzi sotto esame sono cresciuti del 120% tra il 2002 e il febbraio 2008) può essere imputato all’effetto delle politiche nazionali e internazionali sui biocarburanti. Nel rapporto si stima che l’aumento del prezzo degli alimenti sul mercato mondiale abbia portato circa 100 milioni di persone a vivere al di sotto della linea di povertà. Secondo la Banca Mondiale gli effetti dei biocarburanti sul prezzo degli ali-menti sono stati di tre tipi: (1) hanno convogliato la produzione cerea-licola dal mercato degli alimenti a quello dei combustibili, con circa il 30% del mais statunitense trasformato in alcol e il 50% degli oli vege-tali prodotti in Europa trasformati in biodiesel, (2) gli agricoltori sono stati incoraggiati a coltivare nei loro campi colture per la produzione di biocarburanti, (3) questo ha innescato una forte speculazione finan-ziaria sul mercato globale dei cereali facendone schizzare in alto i prezzi (Anon., 2008; Chakrabortty, 2008).

L’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari ha portato il governo britannico a voler capire meglio la relazione tra biocarburanti e sicu-rezza alimentare. Il Segretario di Stato per i Trasporti britannico ha commissionato uno studio all’Agenzia per le Risorse Rinnovabili bri-tannica mirante a investigare le relazioni tra biocarburanti e costo de-gli alimenti. Lo studio, “The Gallagher Review” (Gallagher, 2008) è stato reso pubblico a luglio del 2008. Il lavoro guidato da Ed Galla-gher, responsabile dell’Agenzia per le Risorse Rinnovabili, conclude affermando che i biocarburanti possono essere prodotti, ma la loro

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

30

produzione deve evitare di coinvolgere terre agricole usate normal-mente per la produzione di alimenti. Il rapporto indica che la conver-sione di colture alimentari in colture energetiche sta accelerando, e se questo processo rimane incontrollato, oltre che ad un notevole aumen-to dei prezzi dei prodotti alimentari, avrà un impatto negativo anche sulla biodiversità e potrebbe causare un aumento netto delle emissioni di gas serra invece che una riduzione di queste (Gallagher, 2008).

Jean Ziegler, membro della commissione del consiglio consultivo ONU per i diritti umani e relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all’alimentazione, recentemente è stato molto duro verso la conversione di prodotti agricoli in energia, arrivando ad affermare che l’attuale politica dei biocarburanti è un crimine contro l’umanità e che va fermata al più presto (UN, 2007).

Il dibattito scaturito dal recente aumento dei prezzi dei cereali sem-bra aver dato vita a una riflessione a livello internazionale circa il loro possibile impatto sulla sicurezza alimentare e sul costo degli alimenti. La conversione dei cereali in alcol può essere un’opzione fattibile a li-vello di laboratorio (cioè si può tecnicamente fare), ma ciò non signi-fica che la trasformazione di grandi quantità di cereali e altre colture alimentari in energia per le nostre auto possa essere un’opzione soste-nibile rispetto, ad esempio, alla funzione alimentare di tali prodotti.

3.4 Biocarburanti e colonialismo energetico

La crescente domanda di biocarburanti da parte dell’Europa e degli

altri paesi industrializzati è destinata ad avere un forte impatto sui pa-esi in via di sviluppo delle zone tropicali. In tali paesi la superficie de-dicata alle colture da energie si sta estendendo sempre più con un serio impatto sul loro ambiente e sulla loro popolazione.

L’organizzazione non governativa Oxfam2 sostiene che la decisione dell’Europa di rendere obbligatorio per il 2020 l’uso del 10% EU di biocombustibile nei carburanti potrebbe rivelarsi un disastro per la vi-ta di milioni di persone povere che vivono nelle zone tropicali (O-

2 Oxfam International è una delle maggiori organizzazioni non governative internazionali

che lavora in più di 100 paesi del mondo per combattere la povertà e tutte le forme di ingiustizia sociale (http://www.oxfam.org).

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

31

xfam, 2007a; 2007b). Infatti, l’aumento della domanda di biocombu-stibili (etanolo e biodiesel) da parte dell’Europa porterà a una dram-matica trasformazione degli ecosistemi e agroecosistemi tropicali che saranno convertiti in enormi piantagioni di canna da zucchero, palma da olio, soia e altre colture energetiche. Un processo che si sta già os-servando in molti paesi tropicali, come: in Indonesia, Malesia, Co-lombia, Perù, Brasile, Tanzania, Sud Africa, dove governi e società si sono già messi all’opera per contendersi il mercato europeo dei bio-combustibili (Oxfam, 2007a; 2007b; ActionAid, 2008).

Gli esperti delle società energetiche occidentali hanno già valutato le potenzialità di questi paesi come produttori di biocarburanti. Molti paesi africani sono stati descritti da tali compagnie come ottime fonti di energia verde, stimando che tra il 30 e il 50% del loro territorio è adatto a colture energetiche (Oxfam, 2007b). Siamo forse di fronte ad un nuovo “colonialismo energetico”? Oltre ai possibili effetti che este-se colture agroenergetiche possono avere nella trasformazione e alte-razione degli ecosistemi tropicali, dovremmo preoccuparci di capire anche il possibile impatto che tale strategia potrà avere per la vita de-gli abitanti di quei paesi.

Il Brasile, per esempio, è uno dei più grandi produttori di biocom-bustibili al mondo, e la maggior parte delle sue automobili funzionano a etanolo. Il Brasile prevede di esportare 26 miliardi di litri di etanolo all’anno entro il 2010 (diventando così il maggior esportatore di bio-combustibili al mondo), prodotti della coltivazione della canna da zucchero. Le nuove coltivazioni però si stanno espandendo nei terreni precedentemente occupati dagli allevamenti di bestiame, terreni a loro volta sottratti alla foresta e alle ultime popolazioni indigene, come, ad esempio, quelle dei Guarani (Bignami, 2008).

Oxfam ha denunciato anche le durissime condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori delle piantagioni di canna da zucchero, do-ve i lavoratori lavorano 10 ore al giorno (almeno ufficialmente, dato che questo è il limite massimo stabilito dalla legge) muniti solo di machete, per un compenso di un euro a tonnellata di canna raccolta (Bilton, 2008).

Oxfam sostiene che il mercato dei biocarburanti potrebbero poten-zialmente offrire una via per ridurre la povertà nei paesi in via di svi-luppo contribuendo a creare posti di lavoro e un mercato a cui potreb-

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

32

bero accedere anche i piccoli agricoltori, allo stesso tempo rendendo disponibile alla popolazione energia rinnovabile a buon mercato per l’uso locale. Tuttavia il processo di produzione che si sta instaurando, con la creazione di enormi piantagioni di colture energetiche, l’appro-priazione delle terre delle popolazioni indigene e dei piccoli agri-coltori da parte delle grandi compagnie agroindustriali, e lo sfrut-tamento della manodopera locale (a cui spesso non viene garantito al-cun diritto contrattuale e sociale), lascia presumere che lo scenario fu-turo non sia quello sperato, ma piuttosto che si verifichi un’esacer-bazione dei già gravi problemi sociali e ambientali che gravano su questi paesi, ponendone a rischio la stessa sicurezza alimentare (O-xfam, 2007a; 2007b).

Con Oxfam anche altre importanti istituzioni internazionali non profit hanno lanciato l’allarme (p.es. WWI, 2006; UN, 2007; Actio-nAid, 2008; Seager, 2008). Alcune di queste sostengono la necessità di una moratoria sui biocombustibili finché le loro implicazioni per il sistema agroalimentare globale e il loro impatto ambientale non sia stato adeguatamente chiarito e precisi regolamentazioni adottati per prevenire gli effetti perversi sulle popolazione più deboli (p.es. UN, 2007; ActionAid, 2008; Oxfam, 2007a; 2007b). Altri (p.es. WWI, 2006) sembrano più ottimisti, sia per quanto riguarda i biocombustibili come fonte di energia sostenibile, che sulla possibilità di sviluppare in corso d’opera standard ambientali e sociali che rendano credibilmente certificabile la qualità del sistema di produzione sia sotto il profilo ambientale che socio–economico.

Holt–Giménez (2007) dell’organizzazione non profit internazionale Food First ha dichiarato che il mito dei biocombustibili come “verdi, puliti e sostenibili” oscura la reale dimensione politico–economica della questione. Una questione che riguarda le relazioni tra la terra, le risorse e l’alimentazione. Secondo Holt–Giménez questo nuovo mer-cato, che viene presentato all’opinione pubblica come la panacea e-nergetica, è un mito che confonde la gente comune sulle profonde conseguenze della trasformazione del nostro sistema alimentare in fonte energetica e gli enormi interessi economici in gioco.

Nonostante queste problematiche gli USA e l’Europa continuano a investire e sostenere la loro politica agroenergetica, sussidiando eco-nomicamente il settore, senza i sussidi pubblici infatti i biocombustibi-

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

33

li non sarebbero economicamente competitivi. Nel 2007 l’Organiz-zazione per la Co–operazione Economica e lo Sviluppo (OECD) ha dichiarato che nell’ambito dei paesi membri dell’OECD sono stati spesi 15 miliardi di dollari in supporto ai biocombustibili (incluse le riduzioni fiscali). Questa cifra è la stessa che, secondo Oxfam, sarebbe immediatamente necessaria per aiutare quanti nel mondo sono colpiti dalla crisi alimentare (Bailey, 2008).

Siamo di fronte ad un nuovo effetto perverso dei sussidi? Ricor-diamo come nel caso dell’agricoltura intensiva dei paesi della prece-dente Comunità Europea, abbiamo assistito a decenni di spreco di de-naro pubblico; ingenti sussidi, provenienti dalle tasse dei contribuenti, che finanziavano un’agricoltura intensiva il cui surplus prodotto veni-va puntualmente distrutto per mantene alti i prezzi di mercato, e quin-di il costo degli alimenti per i cittadini. Un’agricoltura che grazie a un enorme dispendio di energia e l’impiego esagerato di fertilizzanti e pesticidi ha contribuito a inquinare le acque e i terreni, diffondendo una notevole quantità di sostanze tossiche nell’ambiente e negli ali-menti stessi come residui, ha degradato il paesaggio rurale e la sua biodiversità. Ci si potrebbe ben chiedere a chi sia servito un tale spre-co di risorse (sia in senso economico che ambientale).

Oggi, con i biocarburanti, ci possiamo chiedere se non ci troviamo di fronte allo stesso paradosso; scopriremo forse che le nostre tasse fini-ranno per finanziare l’aumento del prezzo degli alimenti con un’ul-teriore ondata di degradazione dell’ambiente, senza produrre alla fine quei benefici dei quali si parla? È stato stimato che per raggiungere gli obiettivi posti dall’EU per il 2020 (20% dell’energia da fonti rinnovabili e 10% dell’energia nei trasporti da biocarburanti), i cittadini europei a-vranno pagato un costo annuale di 22 miliardi di euro (Bailey, 2008).

4. L’importanza di un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie Crediamo che decisioni su questioni di ampia portata e di grande

impatto come sono ad esempio le questioni legate all’energia, alle produzioni alimentari, all’uso degli organismi geneticamente modifi-cati, alla gestione dei rifiuti ecc., non possono essere lasciate alle indi-

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

34

cazioni, per quanto pertinenti e precise, di una singola disciplina e quindi di un ristretto gruppo di specialisti di questo o quel settore. Questi specialisti, per quanto capaci e motivati, non sono funzional-mente in grado di comprendere le complesse relazioni che legano un problema ad un altro e un livello ad un altro.

Herbert Simon (padre dell’intelligenza artificiale, della teoria della complessità e Nobel per l’economia nel 1978) nella sua autobiografia (1992, p. 413) scrive:

Se mai avevo creduto al mito delle «scienze esatte», tale fede mi abbandonò non appena ebbi a che fare con argomenti come la qualità dell’aria, l’eutrofizzazione delle acque lacustri, il riscaldamento terrestre, le norme die-tetiche, gli effetti di una debole radioattività, la meteorologia (ad esempio la semina delle nubi) e la fusione a freddo. Tutti questi argomenti contengono incertezze riguardanti ai fatti e alle loro implicazioni almeno altrettanto serie di quelle a cui siamo abituati nelle scienze sociali. La vera linea di demar-cazione non é tra una scienza naturale «esatta» e scienze sociali «inesat-te», ma tra una scienza esatta limitata a fenomeni estremamente astratti e semplici osservati in laboratorio e una scienza e una tecnologia appros-simative che hanno a che fare con i complessi problemi del mondo reale. (grassetto degli autori). In laboratorio la trasformazione dell’amido di mais in alcol è

un processo fattibile ed efficiente. Quando però passiamo dalla scala del laboratorio a quella della nostra società dobbiamo tener presente che le cose si complicano. Molti altri criteri ed indicatori devono essere introdotti, per esempio tutti i costi energetici relativi alla produzione del mais e allo smaltimento dei residui, l’impatto ambienta-le di questa coltura, gli effetti sul sistema agroalimentare della trasfor-mazione di grandi quantità di mais in combustibili, ecc.

Per capire ed analizzare un problema complesso, come le agroener-gie, abbiamo bisogno di allargare il nostro orizzonte di indagine e quindi rivolgerci a differenti discipline e alla società nel suo comples-so. Prima di avviare politiche agroenergetiche di grande scala, è ne-cessario indagare aspetti legati all’ecologia, all’agricoltura, alle modi-ficazione che questa tecnologia potrebbe indurre nella società, ricor-dando che il sistema agroalimentare è il sistema fondante su cui si ba-sa la nostra vita dipendendo l’uomo interamente dagli agroecosistemi che producono gli alimenti di cui si nutre.

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

35

Cambiando scala i nostri modelli interpretativi devono cambiare, per includere criteri e indicatori rilevanti al caso del mondo reale (Checkland e Scholes, 1990; Giampietro, 2003; Giampietro e Mayumi, 2009). Nella definizione di una politica agroenergetica a livello nazionale e globale, questioni come la sicurezza alimentare o l’impatto ambientale devono es-sere incluse come criteri fondamentali da considerare.

5. Conclusioni

Negli ultimi anni le agroenergie hanno assunto la ribalta della cro-naca, visti da alcuni in positivo come soluzione sostenibile per il pieno delle nostre auto, da altri in negativo come risorsa energicamente inef-ficiente il cui utilizzo è responsabili dell’aumento dei prezzi degli ali-menti e della distruzione delle rimanenti foreste tropicali.

Per il cittadino è difficile orientarsi tra questi contrastanti messaggi: bruciare il mais o la soia è la soluzione ai nostri problemi energetici o significa solo che gli alimenti ci costeranno più cari? Per il politico forse le cose non sono molto diverse: incerto su quanto riferito dagli esperti, sotto pressione nel tentativo di trovare rimedi per risollevare le sorti dell’agricoltura locale e il reddito dei suoi concittadini agricolto-ri, desideroso di sviluppare nuovi comparti industriali e generare posti di lavoro e (ad alti livelli) impegnato a trovare rimedi alla crisi energe-tica e ambientale che ci affligge.

Per evitare di commettere degli errori di previsione, che possono avere effetti drammatici, dovremmo provare ad affrontare la questione agroenergetica da più prospettive ed a più scale. Questa è una possibi-le via di lavoro che riteniamo utile e necessaria in generale per affron-tare l’analisi anche di altri problemi complessi. Al contempo sarebbe utile investire in differenti energie alternative, quale il solare termico, sopratutto in quei paesi dove il sole abbonda, l’eolico, e il fotovoltai-co, quest’ultimo ancora poco efficiente ma con possibili prospettive di miglioramento.

Infine possiamo anche chiederci se non sia il caso di rivedere la no-stra domanda di energia, cioè il nostro sistema di consumi. Recenti re-visioni del famoso lavoro “I limiti dello sviluppo” di Meadows et al., (1972) ci dicono che le previsioni fatte allora, se all’inizio sono parse

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

36

eccessivamente drammatiche, alla luce dello stato attuale delle risorse, si stanno rivelando sfortunatamente corrette (Meadows et al., 2006; Turner, 2008; Hall e Day, 2009). È evidente che se l’idea di sviluppo si fonda sul modello di crescita infinita non vi sarà mai abbastanza e-nergia, ogni nuova fonte sarà velocemente esaurita e la società a ri-schio di un collasso sempre più drammatico.

È altrettanto evidente l’estrema difficoltà di arginare la crescente domanda di energia in un mondo la cui popolazione si appresta a rag-giungere i sette miliardi di persone. Un mondo che sembra destinato a dividersi in due: da un lato gli affluenti che hanno costantemente nuo-vi bisogni e in cui l’aumento della velocità del consumo è la chiave di volta della società, e dall’altro chi combatte per riuscire a soddisfare i bisogni primari e stenta a riuscirci. I dati della World Bank indicano che l’80% della popolazione mondiale vive con meno di 10 US$ al giorno (a parità di potere di acquisto), e quasi 900 milioni con meno di 1 US$ (Chen e Ravallion, 2008). Forse una vera svolta al problema energetico la potrà dare solo un diverso modo di intendere lo sviluppo e una maggior coscienza nella gestione delle nostre società.

Bibliografia

ActionAid International, 2008. Food, farmers and fuel: balancing global grain and en-ergy policies with sustainable land use. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.actionaid.org/assets/pdf%5CAAI%20Biofuels%20final.pdf.

Anon. 2008. Biofuels, la Banca Mondiale accusa “Causano i rincari degli alimenta-ri”, “La Repubblica”, 4 luglio 2008. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/ambiente/biocarburanti/incremento-costi-alimenti/incremento-costi-alimenti.html.

Bailey, R., 2008. Time to put the brakes on biofuels. The Guardian http://www. guardian.co.uk/commentisfree/2008/jul/04/biofuels.carbonemissions.

Bignami, L., 2008. Dal Mato Grosso alle bidonville in un film il dramma dei Guara-ni. “La Repubblica”, 22 agosto 2008. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.repubblica.it/2008/08/sezioni/scienza_e_tecnologia/guarani–kaiowa/ guarani–kaiowa/guarani–kaiowa.html.

Bilton, R., 2008. Hard graft: sugarcane for biofuel. BBC, 21 November 2008. Il documento è consultabile all’indirizzo http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/7740397.stm.

Bordin, A., (a cura di) 2007. Biocombustibili e biocarburanti: Soluzioni, tecnologie, agevolazioni. IPSOA.

Brody, S., 1945. Bioenergetics and growth. Reinhold Publ. Co. New York.

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

37

Chakrabortty, A., 2008. Secret report: biofuel caused food crisis: Internal World Bank study delivers blow to plant energy drive. The Guardian, 4 luglio 2008. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.guardian.co.uk/environment/ 2008/jul/03/biofuels.renewableenergy.

Checkland, P.B., e Scholes, J., 1990. Soft systems methodology in action. Wiley, Chichester.

Chen, S., e Ravallion, M., 2008. The developing world is poorer than we thought, but no less successful in the fight against poverty. World Bank. Il documento è consultabile al sito http://www–wds.worldbank.org/external/default/ WDSContentServer/IW3P/IB/2008/08/26/000158349_20080826113239/Rendered/ PDF/WPS4703.pdf.

Cleveland, C., 2008. Energy return on investment (EROI). Il documento è consult-abile al sito http://www.eoearth.org/article/Energy_return_on_investment_ (EROI).

Clo· , A., 2008. Il rebus energetico. il Mulino, Bologna. EU, 2009. Directive of the european parliament and of the council on the promotion

of the use of energy from renewable sources amending and subsequently repea-ling Directives 2001/77/ECand 2003/30/EC. Brussels, 26 March 2009. Il docu-mento è consultabile al sito http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/08/st03/ st03736.en08.pdf

FAO, 2005. The state of the world agriculture. FAO, Rome. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.fao.org/docrep/008/a0050e/a0050e00.htm#TopOfPage

Fiorese, G., Guariso, G., Lazzarin, A., Razzano, R., 2007. Energia e nuove colture agricole: potenzialità delle biomasse a scala regionale. Polipress, Milano.

Gallagher, E., 2008. The Gallagher Review of the indirect effects of biofuels produc-tion. Renewable fuel agency. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.renewablefuelsagency.org/_db/_documents/Report_of_the_Gallagher_review.pdf

Giampietro, M. 2003. Multi–scale integrated analysis of agroecosystems. CRC Press, Boca–Raton.

Giampietro, M., e Mayumi, K., 2009. The biofuel delusion: The fallacy of large sca-le agro–biofuels production. Earthscan, London.

Giampietro, M., Ulgiati, S., Pimentel, D., 1997. Feasibility of large–scale biofuel production: Does an enlargement of scale change the picture? BioScience, 47(9): 587–600.

Hall, C., 2008. Provisional results from EROI assessments. Il documento è consult-abile all’indirizzo http://www.theoildrum.com/node/3810

Hall, C.A.S. e Day, J.W., 2009. Revisiting the limits to growth after peak oil. Ameri-can Scientist, 97: 230–237.

Hammerschlag, R., 2006. Ethanol’s Energy Return on Investment: A survey of the literature 1990–Present. Environ. Sci. Technol. 40: 1744–1750. Il docu-mento è consultabile all’indirizzo http://pubs.acs.org/doi/pdf/10.1021/ es052024h?cookieSet=1

Hill, J., Nelson, E., Tilman, D., Polasky, S., Tiffany, D., 2006. Environmental, eco-

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

38

nomic, and energetic costs and benefits of biodiesel and ethanol biofuels. PNAS, 103: 11206–11210.

Holt–Giménez, E., 2007. The biofuel myths. International Herald Tribune, 10 July 2007. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.iht.com/articles /2007/07/10/opinion/edholt.php

Keeney, D.R. e DeLuca, T.H., 1992. Biomass as an energy source for the Midwest-ern U.S. American Journal of Alternative Agriculture, 7: 137–144.

Marland, G., e Turhollow, A.F., 1991. CO2 Emissions from the production and combustion of fuel ethanol from corn. Energy – the International Journal, 16(11–12): 1307–1316.

Meadows, D.H., Randers, J., Meadows, D.L., 2006. I nuovi limiti dello sviluppo. Mondadori, Milano.

Meadows, D.H., Meadows, D.L., Randers, J., Behrens III W.W., 1972. I limiti dello sviluppo. Mondadori, Milano.

Morris D.J., e Lorenz D., 1995. How much energy does it take to make a gallon of etha-nol? Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.carbohydrateeconomy. org/library/admin/uploadedfiles/How_Much_Energy.html.

Morris, D.J., e Ahmed, I., 1992. The carbohydrate economy, making chemicals and indus-trial materials from plant matter. Institute of Local Self Reliance, Washington, D.C. Un sommario del documento è consultabile all’indirizzo http://www.carbohydrateeco-nomy.org/library/admin/uploadedfiles/Carbohydrate_Economy_Making_Chemicals_and_Indu.htm.

Niven, R.K., 2005. Ethanol in gasoline: environmental impacts and sustainability. Renewable and Sustainable Energy Reviews, 9: 535–555.

Oxfam, 2007a. Bio–fuelling poverty why the EU renewable–fuel target may be disastrous for poor people. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.oxfam.org.uk/resources/policy/trade/downloads/bn _biofuels.pdf?m=234&url=http://www.oxfam.org.uk/resources/policy/trade/downloads/bn_wdr2008.pdf

Oxfam, 2007b. Biofuelling Poverty – EU plans could be disastrous for poor people. Oxfam, 29 October 2007. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.oxfam.org/en/node/217

Pimentel, D., 2006. Soil erosion: A food and environmental threat. Environment, Development and Sustainability, 8: 119–137.

Pimentel, D., 2001. Encyclopedia of physical science and technology. Chapt. The limit of biomass energy, Academic Press, New York, 3rd edition.

Pimentel, D., 1991. Ethanol fuels: Energy security, economics, and the environment. Journal of Agricultural and Environmental Ethics, 4: 1–13.

Pimentel, D., e Patzek, T.W., 2005. Ethanol production using corn, switchgrass, and wood; Biodiesel production using soybean and sunflower. Natural Resources Research, 14(1): 65–76.

Pimentel, D., e Hall, C.W., (a cura di), 1984. Food and energy resources. Academic Press, 512 p.

Piementel, D., Moran, M.A., Fast, S., Weber, G., Bukantis, R., Balliett, L.,

Capitolo 1. Un approccio integrato per la valutazione delle agroenergie

39

Boveng, P., Cleveland, C., Hindman, S., Young, M., 1981. Biomass energy from crop and forest residues. Science, 212: 1110–1115.

Pimentel, D., Harvey, C., Resosudarmo, P., Sinclair, K., Kurz, D., McNair, M., Crist, S., Sphritz, L., Fitton, L., Saffouri, R., Blair, R., 1995. Environmental and economic costs of soil erosion and conservation benefits. Science, 276: 1117–1123.

Ricci, M., 2007a. L’ecobenzina infiamma i prezzi del grano: È guerra tra bio-carburanti e spaghetti. La Repubblica, 20 luglio. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/ambiente/biocarburanti /ecobenzina/ecobenzina.htm

Ricci, M., 2007b. Biocarburante, l’allarme dell’Onu “Un crimine contro l’umanità”. La Repubblica, 28 ottobre. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/ambiente/biocarburante-crimine/biocarburante-crimine/biocarburante-crimine.html

Seager, A., 2008. Poverty: 260m driven into hunger by push for biofuel – Ac-tionAid. The Guardian, 3 luglio 2008. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.guardian.co.uk/environment/2008/jul/03/biofuels.food

Sen, A., 2000. Lo sviluppo è libertà. Mondadori, Milano. Shapouri, H., Duffield J.A., Graboski M.S., 1995. Estimating the net energy bal-

ance of corn ethanol. U.S. Department of Agriculture, Agricultural Economic Report No. 721

Simon, H.A., 1992. Modelli per la mia vita. Rizzoli, Milano. Sinn, H–W., 2007. Biofuels? No, il cibo non si spreca. Il Sole 24 Ore. Sabato 15 di-

cembre, n. 344. Smil, V., 2005. Energy at the crossroads: Global perspectinves and uncertainties.

MIT press. Sterman, J.D., 2006. Learning from evidence in a complex world. American Journal

of Public Health, 96(3): 505–514. Salmaso, R., e Valmasoni, G., 2006. Energia da biomasse: tra presente e futuro.

Papergraf edizioni. Turner, G., 2008. A comparison of the limits to growth with 30 years of reality.

Global Environmental Change, 18(3): 397–411. Un sunto dell’articolo è consult-abile al sito http://www.csiro.au/files/files/plje.pdf

Ulgiati, S., 2001. A comprehensive energy and economic assessment of biofuels: When green is not enough. Critical Reviews in Plant Science, 20(1): 71–106.

UN, 2007. The right to food. Note by the Secretary–General, Report of the Special Rapporteur on the right to food. Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.righttofood.org/new/PDF/A62289.pdf

WFP, 2008. What is hunger? UN – World Food Programme. il documento è consultabile all’indirizzo http://www.wfp.org/aboutwfp/introduction/hungerwhat.asp?section=1& sub_section=1 Accessed 27 November 2008.

Tiziano Gomiero, Maurizio G. Paoletti

40

Wilhelm, W.W., Johnson, J.M.F., Karlen, D.L., Lightle, D.T., 2007. Corn stover to sustain soil organic carbon further constrains biomass supply. Agronomy Jour-nal, 99: 1665–1667.

WWI, 2006. Biofuel for transportation. Extended Summary. World Watch Institute, Il documento è consultabile all’indirizzo http://www.worldwatch.org/system/files/ EBF038.pdf.