opera Il Barbiere di Siviglia Capel di pece - Recitarcantando · 1 Tutti i diritti sono riservati...
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Favola musicale ispirata all’opera “Il Barbiere di Siviglia”
Capel di pece di
Fiorella Colombo
da un racconto di Giorgio Massa Musiche di Claudio Fasce
Questa favola musicale ha canti inediti su arie musicali originali. Le arie musicali che
accompagnano i canti sono contenute all’interno del CD, secondo la numerazione progressiva.
Arie musicali:
1. Ouverture (musica di C. Fasce)
2. Capelli di pece (musica di C. Fasce, testo di Fiorella Colombo)
3. Barba e capelli! (musica di C. Fasce, testo di Giorgio Massa)
4. Zac zac! (musica di C. Fasce, testo di G. Massa e F. Colombo)
5. Freedom (musica di C. Fasce, testo di F. Colombo)
6. Capelli di fata (musica di C. Fasce, testo di F. Colombo)
7. Ballata del barbiere (musica di C. Fasce, testo di F. Colombo)
8. Del Monte la sera (musica di C. Fasce, testo di F. Colombo)
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PERSONAGGI (20):
Narratore
Vincenzino: capel di pece
Savina: amica di Vincenzino
Mauretta: amica di Vincenzino
Luigino: amico di Vincenzino
Serafino: amico di Vincenzino, ragazzo a bottega dal Maestro d’Ascia
Mastro Tobia: Maestro d’Ascia
Mamma di Savina
Rocco: ragazzo vandalo
Tonio: ragazzo vandalo
Figaro: il barbiere
Ombretta: fata dei capelli d’oro
Lucina: fata dei capelli d’oro
2 Guardie
Tassa Ernesta
3 Paesani
Gnomo
Questa favola-copione musicale può essere messo in scena da un gruppo di 18 attori o più,
riadattando opportunamente le parti dei paesani.
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Aria 1: OVERTURE
(Musica di C: Fasce)
Sul fondale un piccolo borgo di casette colorate che si affacciano sul mare di Paraggi. In scena Vincenzino dorme sulla riva del
mare, avvolto da giornali, sotto una scatola di cartone, messa come tetto sulla sua testa. Mentre il narratore racconta Vincenzino
si sveglia e si stiracchia, apre gli occhi, prende un bel respiro, si mette le calze e le scarpe, raccoglie qualche pietra e le conta una
per uno, sistemandole in un sacchetto.
SCENA I
NARRATORE: Tanti anni fa, le strade ed i sentieri che si addentrano
tra la macchia e i boschi sul Promontorio di Portofino
erano percorsi quasi ininterrottamente da centinaia di
persone. Bambini e adulti avevano sempre qualche motivo
per farlo: chi faceva legna, chi tagliava lisca, chi andava
alla ricerca di qualcosa da mangiare... C'erano poi quelli
che passavano da un borgo all'altro, per andare a fare
visita ai parenti o per prestare i propri servigi, grazie ad
un lavoro, il loro, che avevano imparato sin da piccoli e
che per molti era divenuto una vera e propria arte.
Quella notte anche Vincenzino, chiamato capel di pece
per la sua capigliatura scura e la sua pelle olivastra, aveva
attraversato di corsa e con il cuore in gola le colline del
Monte, giungendo alla meta: il mare. Si era poi assopito
sulla riva.
La mattina si svegliò al levar del sole, aprì gli occhi e … un
fascio di luce cangiante gli abbagliò la vista! Spalancò le
narici e … un bel pieno d’aria, mista a salsedine, gli riempì
i polmoni! Aguzzò la vista e … che spettacolo! L’alba gli
dava il benvenuto! Vincenzino, invece, ce l’aveva fatta!
VINCENZINO: …e con uno fanno otto, e con due fanno nove… ecco qua, e
ancora uno fanno… dieci … cioè… fammi pensare… nove più
uno fa …eh… vabbè, al diavolo la matematica! Intanto
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questo è il sassolino che mi piace meno: via, non mi serve!
Dunque… nove sassolini vogliono dire: nove finestre da
prendere di mira, e nove amici con cui giocare!
Vincenzino si avvicina alle finestre,e tira qualche sassolino ad una finestra. Si affaccia Savina.
Aria n. 2: CAPELLI DI PECE
(Musica di C. Fasce, testo di F. Colombo)
LUIGINO:
Hei, hei! Su svegliatevi già!
Via via son scappato da là!
Scendi, ma pianino, vien qua!
SAVINA:
Sogno o davvero sei qua?
LUIGINO:
Sono io, non puoi sbagliare,
qua la pece puoi tastare.
CORO:
Giocar mi proibivano là!
Odio quell’immobilità!
Chiuso tra le mura, non va,
e via son scappato da là!
Cerco tutta la libertà!
SAVINA:
E’ speciale rivederti tra di noi!
SAVINA: Vincenzino? Ma quando sei arrivato? Chi ti ha portato?
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VINCENZINO: Sono scappato!
SAVINA: Sei scappato? E da dove sei passato?
VINCENZINO: Dai monti! Sono volato!
SAVINA: Amici! Scendete! Vincenzino è tornato! Correte,
giochiamo e corriamo a perdifiato!
Arrivano in scena Mauretta e Luigino, svegliati dalle pietroline.
VINCENZINO: Sccc! Piano pianissimo, senza gridar! Venite piano, senza
fiatar!
LUIGINO: Ecco, ci siamo! Perché sussurrar?... Vincenzino!
MAURETTA: Ci sei mancato! Ma dove sei stato?
VINCENZINO: Sono arrivato ed ho tutto dimenticato! Ahh!!! (sbadiglia) Cari
cormorani oggi ho fame, non so aspettar domani!
MAURETTA: Portategli un pesciolino, un pesciolino solo, che lo cucina al
volo con le sue stesse mani, cari bei cormorani!
Arriva Serafino, senza che si sia accorto di nulla.
SERAFINO. Sveglia ragazzi! Il sole è già alto nel cielo, l’aria profuma
di mare.
VINCENZINO: E io ho una gran fame e tanta voglia di giocare!
SERAFINO. Capel di pece sei tu? Ma da dove sei sbucato?
VINCENZINO: Da un sentiero un po’ faticoso, ma sarò più riposato dopo
aver giocato!
LUIGINO: Si va al bosco! Ho trovato un nascondiglio bello tosto! Ma
non è facile raggiungerlo, si trova tra quei massi … ah,
Serafino, tu porta le fionde, e tu, Vincenzino, i tuoi sassi!
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SERAFINO: Che spasso ragazzi! Capel di pece è tornato! Oggi è festa!
Aspettino i banchi, i libri e la scuola! S’annoino pure i
maestri, che oggi … non si lavora!
LUIGINO: Come la lepre corriamo veloci lontano da qua! Nessuno,
credete a me, proprio nessuno ci prenderà!
VINCENZINO: Allora, andiamo?
SERAFINO: Io non posso, Mastro Tobia mi vuole a bottega oggi.
VINCENZINO: Ma è festa! Maestri e Mastri che la noia vi prenda, o no?
Non lo hai appena detto?
SERAFINO: Infatti, ma lui andrà alla fiera, a far tintinnare soldi ben
spesi, e io … io dovrò fare la guardia ai suoi arnesi e nel
frattempo lucidare, fregiare, e … intarsiare, lavare e
lavorare!
MAURETTA: Ah! Giusto, mi stavo dimenticando! Devo andare con
mamma alla fiera, mi sta già chiamando! Vieni anche tu
Savina?
SAVINA: Certo, lo sai, e tu Vincenzin, verrai?
VINCENZINO: Ma che fiera? Oggi non sapete dire altro!
LUIGINO: La fiera di Sant’Antonio! Chissà stasera che bello… Io
vorrei che papà comprasse uno sgabello, in cambio del mio
vecchio e zoppo, per sedermici, non starmene in
ginocchio...
SAVINA: Io vorrei una bambolina, con pizzo giallo e bocca piccolina,
un bel corpetto e vestito ad uncinetto!
MASTRO TOBIA: Serafino a bottega! Che t’avevo detto?
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SERAFINO: Eccomi! Mastro Tobia, un attimo ci metto (per portarmi
via un pugno di farina la sera, formaggio e un po’ di noci
per la zia)…
MAMMA DI SAVINA: Savina, su presto andiamo! Non sei ancora pronta? Se non
ti sbrighi ritardiamo!
SAVINA: Sì mamma arrivo! Ciao, io vado!
Savina s’allontana. Vincenzino prende in mano un tozzo di legno.
VINCENZINO: Sì, si, vai pure… Buongiorno signorina, se le serve una
bambolina gialla la potrei costruire io con legno, martello
e pialla… mastro Tobia m’insegna e… ecco la magia!
Savina torna con un po’ di cibo.
SAVINA Vincenzin tieni, questo pane e formaggio affumicato è per
te. Oggi non rimarrà nessuno del vicinato. Ed ora
nasconditi, se ti cercano e qualcun ti riconosce ti
riacchiapperanno, contaci!
VINCENZINO: Grazie Savina, un giorno sposerò te e la tua bambolina!
SAVINA: E andremo a vivere tra i boschi…
Savina corre dalla mamma.
SCENA II
NARRATORE La fiera di Sant’Antonio radunava gente da Ponente a
Levante, ed era un’ottima occasione di scambio, di
chiacchiere e d’incontro. Ci si metteva in cammino la
mattina presto e lungo la via s’incontravano centinaia di
persone. Quella mattina sul sentiero c’era anche un
piccolo ometto, che abitava in una catapecchia e che la
mattina era solito partire all’alba, con i suoi pochi
attrezzi. Nei diversi giorni della settimana raggiungeva
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tutti i borghi e le frazioni che si trovavano lungo la costa,
tra Pescino e Camogli. Quella mattina, appena giunto a
Paraggi, l’uomo si guardò intorno e iniziò a farsi sentire.
Savina e la mamma sentono sul sentiero il barbiere.
FIGARO: Barba e capelli! Barba e capelli! Uomini la festa è vicina,
fatevi belli! Donne! Capelli lucenti, tagliati e splendenti a
voi posso offrire, non fate complimenti!
Aria 4: BARBA E CAPELLI
(Musica di C. Fasce, testo di G. Massa)
Barba e capelli, barba e capelli,
Barba e capelli, barba e capelli,
Barba e capelli, barba e capelli!
Uomini venite, donne venite,
fatevi belle, fatevi belli!
Barba e capelli, barba e capelli!
Il barbiere incontra Savina a la mamma, mentre sta per arrivare in paese.
MAMMA DI SAVINA: Buongiorno signor barbiere!
FIGARO. A lei bella signora!
SAVINA: Mamma chi è il barbiere?
MAMMA DI SAVINA: Un giorno è spuntato dal nulla e nessuno sa da dove sia
venuto. Ben presto è diventato il nostro factotum: sa
fare di tutto e di più, si presta per ogni piccolo o grosso
lavoro, ma la cosa più sorprendente sono i suoi buoni
consigli.
SAVINA. Davvero?
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MAMMA DI SAVINA: Per ogni minima occasione trova buone idee e la gente va
da lui non solo per il suo mestiere.
Savina e la mamma escono di scena, rientra Vincenzino e Figaro si avvicina a lui.
FIGARO. Barba e capelli! Barba e capelli! Bambini venite, non fate i
ribelli!
VINCENZINO: Ma cosa avete da gridare! Qui nessuno vi può ascoltare!
Sono andati tutti alla fiera di S. Antonio. In paese non è
rimasta anima viva …tranne me ovviamente, che non sono
un’anima, ma sono mooolto mooolto vivo!
Il barbiere prende un paio di forbici da un piccolo zaino che ha sulla schiena.
FIGARO: Un taglietto? Una spuntatina? Vieni qua da me, vedrai che
bella testolina!...
VINCENZINO: Figuriamoci! I miei capelli vanno bene così! E poi non avrei
di che pagarvi.
FIGARO: Se è solo per questo non c’è da preoccuparsi: oggi
servizio gratis solo per te! Per festeggiare S. Antonio,
olè!
VINCENZINO: E va bene, ma non tagliate troppo, ci tengo ai miei capelli
io!
FIGARO: Come mai sei rimasto qui tutto solo?
VINCENZINO: Non ho soldi e non m’interessano le fiere! E poi non ho
neanche famiglia.
FIGARO: E chi si prende cura di te?
VINCENZINO: So badare a me stesso, io! Non ho bisogno dei grandi per
crescere, io! Sai cosa mi hanno fatto i grandi? Mi hanno
messo in collegio! Ma per fortuna sono fuggito!
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FIGARO: Accipicchia! E dove vivi? Qua intorno?
VINCENZINO: Sì, qua intorno. Sto un po’ qua e un po’ là, e possiedo
ancora una cosa, la più importante: la libertà!
FIGARO: Certo! Certo! La libertà!
VINCENZINO: Sì! Quella che mi fa sporcare quanto mi pare, giocare sino
a sera, vagare nei boschi e dormire sulla riva, assaporare
tutti gli odori del mare e assopirmi con in bocca il gusto
del sale… bello eh?
FIGARO: Splendido! Sei in gamba bambino!
VINCENZINO: Sono Vincenzino, ma da queste parti mi chiamano Capel di
pece….
FIGARO: Ah! Che nome originale! (Tastando i capelli del bambino fa una smorfia)
Ma che hai fatto ai capelli? Davvero li hai impastati nella
pece? Ci vorrà tutta la mattina per sbrogliarli!
VINCENZINO: No, no! Non ci provare! Ma chi sei?
FIGARO: Io sono Figaro, ma da queste parti mi chiamano il
factotum!
VINCENZINO: Che buffo nome Figaro! Ti chiami come quella cosa che si
fuma!
FIGARO: Quale cosa?
VINCENZINO: Il sigaro!
FIGARO: Non mi chiamo sigaro, mi chiamo Figaro! Ti sei lavato le
orecchie stamattina? Hai pure un po’ la faccia assonnata.
VINCENZINO: Anche tu non sei di qua, sento una strana parlata…
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FIGARO: Sei vispetto, eh? Esatto, non sono nato qua. Ma ci sono
capitato e mi ci sono fermato! Questo luogo dalla natura
straordinaria mi fa stare bene, e senti che aria! Un giorno
ho preso una nave, senza avere idea di dove fosse
diretta. Quando sono giunto a Genova ho visto bellissimi
albe e bellissimi tramonti, nei quali sembravano uscire dal
mare quei monti. Così ho pensato di fermarmi qui, perché
ero stanco e ho ricominciato la mia intera vita.
VINCENZINO: Davvero? E prima che vita facevi?
FIGARO: Una vita da favola! Ero sempre a contatto con principi,
conti, baroni e…
VINCENZINO: Wow! Anche principesse, re e regine?
FIGARO: E padroni! Ma tutti erano arroganti e presuntuosi. Sì, me
la cavavo bene, ero ricco e famoso, ma cosa potevo
farmene delle ricchezze se dovevo essere sempre
disponibile per i loro capricci e le loro nefandezze?
VINCENZINO: Allora sei scappato? Come me!
FIGARO: Sì, in cerca della libertà che anche tu hai trovato.
Immerso in questa natura posso finalmente assaporarla,
finchè dura…
VINCENZINO: Qua la mano!
FIGARO: Senti amigo, io no tengo nessuno… Non è bene che un
bambino non abbia una casa. Se vuoi, senza rinunciare alla
libertà che hai conquistato, ti posso ospitare a casa mia.
VINCENZINO: Grazie signore, sono molto onorato!
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FIGARO: In cambio di quanto ti offro, tu andrai a scuola e ogni
tanto mi farai da assistente. Affare fatto?
VINCENZINO: Affare fatto un corno! Non sono mica scappato dal
collegio per finire a fare quello che vogliono i grandi!
Siete tutti uguali, voi! Dovete sempre programmare
tutto, ma proprio tutto il nostro tempo e mai per giocare:
…“tempo perso, tempo sprecato… vai a scuola o, se sei
svogliato, lavora a bottega bimbo malnato!”… Io sono
completamente libero e voglio rimanerlo!
FIGARO: E va bene, va bene, non ti arrabbiare! Ecco, abbiamo
finito, che te ne pare? Bene ragazzino, buona fortuna, io
me ne torno a casa. Ne approfitterò per dedicarmi a
qualche buona lettura. Abito lungo il sentiero che porta al
Monte Brano e, nel caso tu cambiassi idea, io avrei un
piano…
VINCENZINO: Grazie, ci penserò, buona fortuna anche a voi, a te
insomma…
Aria 5: ZAC ZAC!
(Musica di C. Fasce, testo di F. Colombo e G. Massa)
ZAC ZAC!
Zac zac, come son contento,
‘sto taglio resiste al vento!
E se la barba vuoi fare,
tutto ti farò provare.
Il mio lavoro è appassionante,
anche se può sembrare snervante,
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Prova ed accomodati qui davanti,
i risultati saran sconcertanti!
Rasoi e pettini so manovrare,
come un artista che sa di creare.
Poi se mi dici che non puoi pagare,
vieni comunque: io ti so ascoltare….
Zac zac, come son contento,
‘sto taglio resiste al vento!
E se la barba vuoi fare,
tutto ti farò provare.
Se mi racconti i tuoi pensieri,
io qui li sento e si fanno veri:
qua serbo i pianti degli scontenti,
là tengo tutte le idee dei clienti!
Oh bravo Figaro, bravo bravissimo,
taglia, poi pettina e pensa tantissimo…
Zac zac, come son contento,
‘sto taglio resiste al vento!
E se la barba vuoi fare,
tutto ti farò provare.
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SCENA III
NARRATORE Che emozione: la stretta di quell’abbraccio fece sentire a
Vincenzino uno strano tremulo. Si rese conto che forse
era stato troppo brusco con quell’uomo così gentile e
simpatico. Ma non voleva fidarsi troppo: e se fosse stato
qualcuno del collegio? No, non poteva essere… Figaro
aveva dimostrato di volere solo il suo bene. Certo, non
poteva essere sicuro dei suoi sentimenti, lo conosceva
appena, ma in quella giornata aveva provato per la prima
volta quanto poteva essere bello sentire l’affetto di
qualcuno attorno a sé.
Entrano in scena Tonio e Rocco.
VINCENZINO: Ehi chi siete? Dove andate? Posso giocare con voi?
Tonio mostra un bastone e poi Rocco comincia a spintonare Vincenzino.
TONIO: Che vuoi? Lasciaci in pace, puzzi di latte!
ROCCO. Smamma o sarà peggio per te!
TONIO: Va a cambiarti il pannolino!
VINCENZINO: Ah, ah ah, siete davvero divertenti!
ROCCO: Sì, sì, divertiti pure e ti spaccheremo tutti i denti!
VINCENZINO: Vabbè, ciao.
Vincenzino s’allontana da loro.
TONIO: Aspetta!… potresti esserci utile… d’accordo?
ROCCO: Sei di queste parti?
VINCENZINO: Se vi dicessi di sì potrei diventare vostro amico?
Vincenzino tende la mano, ma gli viene rifiutata.
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TONIO: Ho detto che puoi esserci utile, e basta!
ROCCO: Con comodo potremmo, diciamo, prendere in
considerazione la tua richiesta…
TONIO: …ma prima devi fare qualcosa…
VINCENZINO: Che cosa?
ROCCO: Devi superare una prova.
VINCENZINO: Una prova? Di che tipo?
TONIO: Insomma, vuoi diventare uno dei nostri o no? E allora
niente domande e dimostracelo!
ROCCO: Ma no, è giusto che sappia. Diciamo che dobbiamo fare a
fette qualche… salame!
TONIO: Eh sì, è vero! Già, tanti tanti salami, mentre noi siamo solo
due… Dovresti portarci coltelli, martelli e lame affilate.
VINCENZINO: Martelli per i salami? Dovete battere le fette? Comunque
io non ne ho purtroppo.
TONIO: Prova non superata allora!
ROCCO: Che t’importa di cosa dobbiamo fare con i martelli!
VINCENZINO: Aspettate, un momento… certo! Mastro Tobia ne ha a
palate!
ROCCO: Mastro Tobia?
VINCENZINO: Il Maestro d’Ascia. Serafino oggi è da solo alla bottega a
lavorare, se volete ce le faremo prestare...
ROCCO, TONIO: E dove si trova?
VINCENZINO: Lungo la strada che porta a Corte.
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TONIO: Andiamo!
ROCCO: Nemici, a morte!!
Corrono verso la bottega. Vincenzino li segue. Ma nella bottega non c’è nessuno.
VINCENZINO. Serafino! Dove sei? Serafino! Non capisco, forse è
andato alla fonte, avrà avuto sete.
ROCCO: Che importa! Serviamoci da soli!
VINCENZINO. Fermi! Non fatelo! Andate al diavolo! Voi e la vostra
amicizia! Serafino! Serafino!
Vincenzino cerca Serafino, esce di scena.
SCENA IV
NARRATORE: Vincenzino corse verso il borgo di Paraggi, urlando a
squarciagola, ma non trovò Serafino. Si era allontanato
tranquillo che, non essendoci nessuno in paese, nulla
sarebbe accaduto agli attrezzi e alle barche di Mastro
Tobia e si era addormentato proprio alla fonte. A fine
giornata il piccolo borgo tornò a ripopolarsi. Era passata
meno di un‘ora da quando aveva vissuto la brutta
esperienza con i due ragazzi e se ne stava a mangiare un
tozzo di pane sotto un porticato, vicino alla spiaggia,
quando alcune grida ruppero la tranquillità del piccolo
borgo.
MASTRO TOBIA: La mia bottega! Ma cos’è successo? Cos’hai combinato? Al
ladro!! Vandali!
SERAFINO: Io non c’entro signore, mi sono addormentato!
ROCCO, TONIO: E’ stato Vincenzino!
ROCCO: Lo abbiamo visto noi, era quasi impazzito…
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TONIO. …e poi con gli attrezzi si è allontanato!
SERAFINO: Vincenzino è mio amico! Non è stato lui, ve lo dico!
SAVINA: E’ una calunnia! E’ una bugia!
MAMMA DI SAVINA: Non c’entri in questa storia, vieni via.
La mamma trattiene Savina, tutti i bambini partono.
Si avvicinano due guardie, i paesani e gli amichetti di Vincenzino.
PAESANO 1: Vincenzino? Chi è Vincenzino?
PAESANO 2: Io lo ricordo, sicuro…
PAESANO 3: Sì! Quel bambino un po’ scuro!
PAESANO 1: Ma non era stato allontanato?
PAESANO 2: Già, via era stato portato!
PAESANO 3: Era un bambino abbandonato!
PAESANO 1: Diseducato e molto sguaiato!
MASTRO TOBIA: Aveva solo un accento strano, per me ha lavorato, era
molto veloce con la sua mano…
PAESANO 2: Ma comunque non era dei nostri, era… un diverso da noi!
PAESANO 3: Diverso e strano!
ROCCO, TONIO. E’ stato lui, lo giuriamo!
GUARDIA 1: E’ rimasto solo in paese ed ha avuto tutto il tempo di
entrare nella bottega…
GUARDIA 2: …e di distruggere ogni cosa…
GUARDIA 1: …di rubare gli attrezzi del mestiere…
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PAESANO 3. Venite, andiamolo a cercare! E’ probabile che altre cose
sia andato a rubare!
PAESANO1: Forse la mia argenteria!
PAESANO 2: O il mio orologio a pendolo!
PAESANO 3: Oppure la mia spilla e il mio visone!
GUARDIA 2: Lo arresteremo in un istante e lo porteremo a
destinazione!
Escono di scena, chi con forconi, chi con scope, che con funi.
SCENA V
Vincenzino è chiuso in una cantina.
Aria n. 6: FREEDOM LIBERTA’
(Musica di C. Fasce, testo di F. Colombo)
CORO 2:
(comincia il coro 2, come un eco che fa la seconda voce con i versi i carattere più piccolo)
Oh, la libertà, leggera va, ti sfiora già,
la libertà,
sognata là, sentita qua, creduta ma…
è la libertà, è la libertà!
CORO 1:
Voci s’allontanano
e silenzio v’è…
Luna piena brilla
rischiarando me, chiuso…
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Condannato triste fato!
Nulla vale oh libertà!
Nulla vale oh libertà!
Condannato triste fato!
Prendi la mia vita, mi sfiora già
Leggera, leggera, lieve libertà!
Prendi la mia vita, mi sfiora già,
canto forte la mia libertà!
NARRATORE. Vincenzino fu trovato in riva al mare e fu portato in una
cantina dalle pareti e dalla porta molto robuste. Il
vociare della gente inferocita all’esterno diminuì sempre
più, sin quando il ragazzo restò avvolto solamente dal
silenzio della notte. Fuori brillava la luna piena ed i suoi
raggi illuminavano una parte della stanza, penetrando da
una piccola finestra, chiusa da una grata. Vincenzino
pensava e non aveva sonno, non sapeva cosa sarebbe
successo l‘indomani, forse l‘avrebbero riportato in
collegio e allora: addio libertà! Fuggire da lì sembrava
impossibile. Oh, se avesse accettato la proposta del
barbiere! Adesso non si sarebbe trovato in quel guaio!
GUARDIA 2: Per stasera dormirai qui, se poi vuoi confessare,
potremmo, per così dire, mezzo-perdonare...
VINCENZINO: Io non ho fatto niente! Che cosa devo confessare? Che
strana giornata: prima incontro Figaro che mi parla di
libertà ed ora la galera e il giudice che non mi crederà! In
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paese sono tutti convinti che io sia colpevole. (intravede due
sagome volanti fuori della grata) Oh piccoli pipistrelli, guardate che
siamo in inverno! Va bene che avete la pelliccia, ma cosa
pensate di trovare nell’aria! Per gli insetti passate fra un
po' di mesi e ora tornatevene a dormire in qualche grotta!
FATA OMBRETTA: Hei! Giovane uomo, come ti permetti? Noi siamo esseri
perfetti, e soprattutto non mangiamo insetti!
FATA LUCINA: Non farci pentire di quel che stiamo per dire: siam
venute a trovarti e ad un destino infame strapparti.
FATA OMBRETTA: Il barbiere è un caro ometto, a lui piace dare affetto. Ci
ha mandato ad aiutarti, non soltanto per vegliarti!
FATA LUCINA: Non sapendo che già a gennaio... (Tonk) Ahia! Ma cosa fai
Ombretta?
FATA OMBRETTA: Cosa fai tu Lucina!
FATA LUCINA: …non sapendo che già a gennaio, ti saresti cacciato in
questo guaio!
VINCENZINO. Chi siete?
OMBRETTA, LUCINA: Siam due fate rimaiole, non viviamo mai al sole, ma laggiù
nel folto bosco, in un luogo ben nascosto.
FATA OMBRETTA: E nessuno può vederci o i capelli mai tagliarci, ma se
questo noi facciamo, deh! visibili diventiamo!
FATA LUCINA: E perciò ci puoi vedere, ora svelto non temere, prendi
questo drappo d'oro, è costato del lavoro, ed è fatto di
capelli, sono i nostri, tra i più belli!
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FATA OMBRETTA: Copriti e domani all'alba la tua vita sarà salva, perché se
ti cercheranno certo non ti troveranno e se accorto tu
sarai, invisibile diverrai.
FATA LUCINA: Ora è tardi noi andiamo, sai visibili noi siamo, vogliam
goderci un po' la vita, prima che sia già finita...
Vincenzino fece un segno a croce con la mano
FATA OMBRETTA: ...oh, non in quel senso! O almeno non penso. Prima che i
nostri capelli tornino lunghi e belli, e ci donino taratà ...
ancor l'invisibilità!
FATA LUCINA: Noi siamo fate, in tutti i sensi, ci lusingano i complimenti!
FATA OMBRETTA: Vogliamo vivere un po' tra di voi, comprare, mangiare,
conoscere e poi...partecipare a qualche festa, prima di
tornare nella foresta.
FATA LUCINA: Bye bye caro Vincenzino, questo è il tuo nome l'ha detto
l'omino. Sfrutta bene il nostro oggetto, eviterai qualche
dispetto, della gente in cui hai vissuto, che ti ha tolto
anche il saluto.
VICENZINO. Va beh, ma come faccio a sapere se questo tessuto rende
invisibili? Qua dentro non c'è uno specchio. Comunque
vale la pena fidarsi, anche se quelle due mi sembravano un
po' suonate, non ho altra alternativa.
Entrano le guardie per prendere Vincenzino
GUARDIA 1: Qui dentro non c'è nessuno!
GUARDIA 1: Da qua non poteva fuggire...e poi la porta era chiusa e le
grate sono ancora intatte. Sicuramente qualcuno gli ha
aperto, non c'è altra spiegazione!
Vincenzino, coperto dal tessuto, sgattaiola dietro di loro ed esce.
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Aria n. 7: CAPELLI DI FATA
(Musica di C. Fasce, testo di F. Colombo)
VINCENZINO:
Hei, hei! Che succede chi è là?
Via via non c’è posto sciolà!
Cos’è? Questa pioggia che fa?
Dolce nuvoletta sarà?
CORO:
Son capelli lunghi e belli
profumati di bontade.
FATE:
Fate siam per necessità,
brutta è l’invisibilità!
Capelli tagliati: voilà!
Guardateci tutti: siam qua!
Viva questa vitalità!
Se tu hai bisogno ti aiutiam noi!
Un uomo l’affetto ci dà,
tagliati i capelli ci ha
e abbiamo tessuto per te
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Il magico drappo legger!
D’oro di capelli: ecco qua!
Che invisibile ti rende
Niun ti vede se ti cinge!
Fuggi sei invisibile ora!!
SCENA VI
NARRATORE. Dal centro del piccolo borgo aveva inizio, o termine a
seconda dei punti di vista, il piccolo sentiero che portava
sul promontorio. Il tracciato seguiva il percorso del
“torrente dell'Acquaviva”: era una vera “manna dal cielo”
l'acqua di quel fiumiciattolo, perché scendendo al mare
faceva muovere le macine di mulini e frantoi e la vita di
molte famiglie dipendeva proprio da essa. Vincenzino
prese il sentiero e iniziò a salire, sempre coperto dal
tessuto, tanta era la paura di incontrare qualcuno che
potesse riconoscerlo e portarlo nuovamente a Paraggi.
Vincenzino urta qualcosa, una figura scura, accovacciata sul sentiero.
TASSA ERNESTA: Hei, attento a dove metti i piedi!
VINCENZINO: Oops, mi scusi! ...e da quando i tassi parlano?
TASSA ERNESTA: Da quando i bambini se ne vanno in giro con un mantello
magico fatto di capelli di fata! Non lo sai che tutte le
creature che abitano il bosco parlano tra loro? Non lo
sai? Ah già, non lo puoi sapere, sei un piccolo di uomo.
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VINCENZINO: Ascolti signor tasso, io vorrei raggiungere il Monte Brano,
mi può indicare la strada?
TASSA ERNESTA: Hem hem, sono una signora, casomai. Mi chiamo Ernesta,
la tassa che a dare informazioni si presta. Comunque:
sempre diritto, attraversi la “valle dei mulini”, fino al
bivio, poi prendi il sentiero che si inerpica sotto gli alberi
di leccio, la via che cerchi è quella.
VINCENZINO: Grazie molte signora.
Vincenzino s’incammina e sente da lontano un canto.
Aria n. 8: LA BALLATA DEL BARBIERE!
(Musica di C. Fasce, testo di F. Colombo)
Quando sei triste del tuo mestiere
non scoraggiarti e pensa al barbiere:
vive con poco, ma nulla gli manca,
la sua casetta ha solo una stanza
di giorno taglia, di notte pensa
e dorme solo… tra una barba e l’altra
Con le sue forbici tutto sa fare,
con il sorriso lui va a lavorare,
del suo mestiere va fiero e spavaldo,
conosce i trucchi e si tiene ben saldo.
Nulla lo turba e niente lo scuote
solo vedere… le teste pelate!
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Parla con uomini, donne e con fate,
e non nasconde le sue rasoiate!
C’è chi lo chiama per cortesia
chi invece vuole non vada più via,
chi lo ringrazia e poi porta via
un suo consiglio, ….il miglior che ci sia!
un suo consiglio, ….il miglior che ci sia!
FIGARO: Ah, così sei arrivato, non proprio di tua spontanea
volontà, direi, ma sei arrivato. Ti stavo proprio
aspettando. Sono sicuro che tu sia innocente. Stavo
potando qualche pianta, modestamente con le forbici ci so
fare! Pensa che da quando ho tagliato i capelli alle fate
rimaiole, tutti gli animali del bosco mi cercano per
chiedermi un spuntatina al loro pelo. Ma ora vieni, ti
faccio vedere la casa e la tua stanza.
NARRATORE: Da quel giorno Vincenzino divenne un perfetto scolaro.
Aveva trovato gusto a studiare e a fare i compiti e
diveniva ogni giorno sempre più colto. Era anche molto
curioso ed affascinato dal mondo naturale, così non
passava giorno che non scoprisse qualche particolarità su
animali o piante. In estate restava molto tempo a
contemplare la natura e a guardare con attenzione le
vicende e le battaglie che avvenivano tra formiche,
lombrichi, fili d'erba e foglie. Erano ormai molti giorni
che non pioveva più e la terra si screpolava sotto l'erba
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ormai rinsecchita. Molti animali per sfuggire alla calura
restavano sotto le pietre o tra le fronde degli alberi del
bosco. Solo lucertole e serpenti sembravano gradire
quella condizione. Vincenzino stava aiutando Figaro a
raccogliere i pomodori quando vide un tasso che arrivava
velocemente verso di loro. Si sfregò alla sua gamba
mugolando, quasi volesse dirgli qualcosa.
VINCENZINO: Ti riconosco, sei Ernesta, aspettami qua, vado a prendere
il tessuto.
TASSA ERNESTA: Finalmente posso parlarti. Ci sono due ragazzi che stanno
salendo dal sentiero e stanno andando verso la pineta.
Hanno dei barili in mano con un liquido puzzolente. Non so
che intenzioni abbiano, ma mio padre mi raccontò anni or
sono di aver visto una scena simile che si era conclusa con
la distruzione del bosco.
VINCENZINO: Ma io...cosa posso fare?
TASSA ERNESTA: Forse tu che sei della stessa specie li puoi fermare!
VINCENZINO: …ho un'idea! Mi aiuterò con il tessuto d’oro!
Vincenzino indossa il drappo d’oro e segue Ernesta.
ROCCO: Ecco! Ho finito, passami i fiammiferi. Anche oggi ci
divertiremo un mondo, vedrai!
TONIO: Certo! Saremo importanti e tutti parleranno solo di noi!
Ah, ah ah!
Vincenzino si avvicina a loro con il drappo che lo rende invisibile e soffia sui fiammiferi.
ROCCO: Strano si è spento. Eppure non c'è un alito di vento. Ne
accendo un altro.
TONIO: Si è spento anche quest’altro!
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Vincenzino si nasconde dietro ad un albero ad un albero, muovendo con la mano i rami bassi, come fossero braccia. Inizia a parlare
simulando un profondo tono di voce.
VINCENZINO: Come vi permettete!
ROCCO: Chi ha parlato? Chi c'è in questo bosco?
VINCENZINO: Sono lo spirito dell'albero! Non vi basta quel che avete
fatto in paese alla bottega di Mastro Tobia? Volete
anche dar fuoco al bosco? Sappiate che vi perseguiterò
per tutta la vostra vita!
I due sono spaventatissimi e cercano di rimettere a posto fiammiferi e barile di petrolio.
TONIO: Perdonaci. Siamo veramente pentiti. Noi volevamo solo
essere famosi…
ROCCO: Non lo faremo più! Ma tu non farci del male te ne prego!
VINCENZINO: Ora andatevene, prima che mi penta di questa decisione.
Voi non sapete di cosa sono capace! Le peggiori tempeste
posso scatenare o i parassiti che vi possano torturare.
TONIO: No, ti prego, non ci punire.
ROCCO: Lasciaci andare!
Mentre i due scappano a gambe levate, Luigino guarda il tasso e tutti e due scoppiano a ridere.
NARRATORE: Qualche giorno dopo Figaro, ben sapendo quel che era
accaduto, pensò di festeggiare lo scampato pericolo ed
invitò un po' di amici. C'erano molti animaletti del bosco,
tra cui Ernesta, le fate rimaiole che stavano per
scomparire alla vista, con i loro capelli ormai piuttosto
cresciuti, ed altri strani esseri. Come in tutte le feste
che si rispettino, gli invitati parlavano tra loro ed il
vociare era piuttosto forte:
FIGARO: Eccoci riuniti in questa umile dimora...
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GNOMO: Proprio umile. È una stamberga che cade a pezzi!
FIGARO: Sarà una stamberga ma io ci sto bene! Ho molti amici e
soprattutto Vincenzino, che per me è come un figlio.
Cos'altro potrei desiderare? Lui ha salvato il bosco ed io
ho pronta una sorpresa...
In quel momento, uno dopo l'altro, entrano in scena i paesani, le guardie, Mastro Tobia e gli amici di Vincenzino che, spaventato,
sta per scappare.
VINCENZINO: Come hanno fatto ad arrivare sin qui?
FIGARO: Perché li ho invitati io!
PAESANO 1: Vorremmo chiederti perdono, anche se è poco, e
ringraziarti per aver salvato il Monte dal fuoco.
PAESANO 2: La legna dei pini è troppo importante per la popolazione.
GUARDIA 1: Siamo stati frettolosi a darti la colpa per quella
distruzione…
GUARDIA 2: …della bottega di Mastro Tobia.
GUARDIA 1: L’altro giorno Rocco e Tonio sono tornati dal bosco
spaventati a morte…
GUARDIA 2. …e ci hanno confessato tutte le loro malefatte.
PAESANO 3: Non sappiamo come farci perdonare…
GUARDIA 2: Vorrai almeno questo dono accettare...
MASTRO TOBIA: C'è una barca nuova fiammante tutta per te sulla
spiaggia. Anche Serafino e i tuoi amici hanno contribuito
alla sua costruzione.
LUIGINO: Vincenzino, adesso potremo giocare dai monti sino al
mare!
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SAVINA: Adesso vien sera, andiamo a riposare…
TUTTI: Viva Capel di pece che ci ha fatto sognare!
Aria n. 9: DEL MONTE LA SERA
(Musica C. Fasce, testo F. Colombo)
Del Monte suona
felice e vera
la dolce sera.
Scende discreta.
Ma non s’arresta,
solo si quieta
quando la notte incontrerà.
Prima s’affaccia,
ferma e sincera,
poi cede il passo
timida e scura,
esita un poco
e torna sicura
laggiù dal Monte lei scenderà.
Incalza il mare:
“venga, signora!”
Risponde il Monte:
“scenda la sera.”
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Tutti a raccolta:
il giorno riposa,
venga la notte che pace dà,
venga la notte che pace dà!
Fine