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QUADERNI CADIAI Un’esperienza di stimolazione cognitiva Casa Protetta/RSA “Virgo Fidelis” Casa Protetta/Centro Diurno “S. Biagio” M. Christine Melon, Lorena Roffi, Valentina Gualandi ompiti per la memoria C

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QUADERNI CADIAI

Un’esperienza di stimolazione cognitiva

Casa Protetta/RSA “Virgo Fidelis” Casa Protetta/Centro Diurno “S. Biagio”

M. Christine Melon, Lorena Roffi, Valentina Gualandi

ompiti per la memoriaC

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COSTRUIRE DELLE FRASICON LE SEGUENTI PAROLE:

NEVE BAMBINO

Gianni, un bambino piccolo, vedela neve sulla strada: è molto felice ela tocca per giocare (come a palla):ma com’è fredda e le mani si gelanosubito e gli fanno anche male, percui la butta via subito dispiaciutonel vedere che si rompe: era cosìbella, così soffice!! Ci riprova e ripe-te il gesto con piacere.

CANE GATTO

Un cane vede un piccolo gattinoche forse vorrebbe giocare con lui;gli si avvicina, ma il gatto si allonta-na perché forse ha un po’ di pauradi giocare (crede di doversi difende-re, ma è molto piccolo per farlo) eallora non fa niente e il cane, veden-dolo così piccolo, lo lascia stare.

Iside Dall’Olio

Il disegno è opera di Bettina Vandelli (Centro Diurno "San Biagio")

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remessaP Questo lavoro racconta un’espe-rienza di Stimolazione Cognitivapensata per gli anziani delle CaseProtette, sperimentata anche suidementi in fase moderata, estesasuccessivamente agli anziani di unCentro Diurno specializzato e vali-data da uno studio controllato chene ha scientificamente confermatoi presupposti. Il testo è stato redat-to dalla psicologa e dalla fisiatradelle strutture protette “Virgo Fi-delis” e “S. Biagio” e dalla psicolo-ga che ha condotto la ricerca, maquesto fascicolo non sarebbe maistato prodotto senza il lavoro, l’im-pegno, la motivazione, la voglia diprovarci di tutti quelli - assistentidi base, infermieri, animatori, fi-sioterapisti, RAA - che ogni giornosi confrontano con il disagio e lasofferenza dei nostri anziani malatidi demenza e che non hanno anco-ra smesso di cercare un modo mi-gliore. E senza l’apertura e la dis-ponibilità di Simona Onofri e Ni-colino Sisto, responsabili di strut-tura, che hanno creduto in questascommessa e l’hanno promossa e

sostenuta. Senza lo sforzo inizialedi Piero Zaghi, pedagogista di en-trambi i servizi fino a due anni fa,che ha sempre creduto nella for-mazione degli operatori e nella ne-cessità di andare oltre la sempliceassistenza. E senza l’appoggio deinostri medici, Francesca Lancel-lotti e Marco Domenicali, per iquali un anziano demente è anco-ra un uomo da considerare per in-tero e non soltanto una malattia dacurare. Grazie in particolare a Loretta Bo-nazzi, Barbara Cuoghi, Isabella DeThomassis, Anna Maria D’Atto-mi, Lorena Degli Esposti, ElenaDanu, Fabio Liistro - assistenti dibase - che si sono buttati con en-tusiasmo in questa avventura ehanno condotto le sessioni di sti-molazione cognitiva con grandeabilità e passione. E grazie a Car-men Milia, psicologa tirocinante,che ci ha accompagnati per unpezzo di strada, collaborando nellavalutazione neuropsicologica deglianziani e nella conduzione di unaparte degli incontri. 1

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Demenza, o meglio ancora Malat-tia di Alzheimer, è una parola diffu-sa, persino di moda. La studiano imaggiori istituti di ricerca americani,ne parlano giornali e TV, ne è rima-sto colpito persino un Presidente de-gli Stati Uniti, ma se ne parla solofinché riguarda gli altri. In più di dieci anni di colloqui con ifamiliari dei malati, mai mi è capita-to di sentire un figlio affermare che lamamma ‘è demente’, che il babbo‘ha l’Alzheimer’. La mamma dimen-tica le cose, il babbo è diventato ag-gressivo, è un tormento portarlo inbagno... ‘Non c’è più con la testa’. I più consapevoli e informati parlanode la malattia. Gli altri riescono a non vedere, nega-re, mascherare al di là di ogni ragio-nevole possibilità di autoinganno.Mi è capitato di sentir attribuire gliepisodi di incontinenza sfinteriale al-le variazioni atmosferiche. Mi è capitato di sentirmi raccontare,di un demente in fase terminale in-capace di qualunque movimento vo-lontario, “a casa lo gestiamo bene, stadavanti alla TV, gli diamo il teleco-

mando e lui cambia i canali quandosi stanca”. Mi è capitato persino disentirmi rispondere, mentre mi com-plimentavo con una signora per larapidità con cui aveva imparato adaccettare la malattia e a curare ade-guatamente il marito: “Dottoressa,lei non capisce, mio marito è UNVASCOLARE, non un Alzheimer! Ètutto più facile, per noi!” Anche “cancro” è una parola difficileda pronunciare: si muore di ‘un brut-to male’, di ‘un male incurabile’, di‘un male che non perdona’. Ma il tu-more è materia, è concreto, si vede esi tocca, si può persino asportare chi-rurgicamente. È una vera malattia‘organica’, come la polmonite o l’ul-cera. Non provoca emarginazione, ri-fiuto, allontanamento. Non si trasmette per contagio. La famiglia di un malato di cancroraccoglie empatia, calore, offerte diaiuto e di sostegno. Con la demenza degenerativa è di-verso. Si risvegliano paure legate allastoria della follia, all’idea del maleoscuro, della tara ereditaria... Nonstupisce che spesso i figli dei malati

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preferiscano pensare che “la mammaè sempre stata così, non mi ha maivoluta, me lo fa per dispetto, io la co-nosco!”, piuttosto che accettare l’ipo-tesi, molto meno penalizzante ai no-stri razionali occhi di esperti, che ‘lamamma è malata di Alzheimer’. Lademenza degenerativa, come l’Aids,produce emarginazione sociale. Nontanto per il malato - solitamente an-ziano o molto vecchio, in una fasedella vita in cui comunque la ten-denza, anche nel sano, è quella del ri-tiro, del ripiegarsi su se stesso, del ri-

durre la sfera degli interessi sociali -quanto per chi lo assiste, per il care-giver, come si usa dire, per il dona-tore di cura1, che smette di avere unavita propria per tentare di migliorarela qualità di quel che resta della vitadel malato che accudisce. E in questosforzo spesso si consuma a un puntotale che danneggia gravemente la suapropria vita, quella di chi gli sta at-torno e di riflesso, involontariamen-te, anche quella del malato.

M. Christine Melon

1 Preferiamo usare questo termine, che è la traduzione esatta del più diffuso caregiver, perché ci sembra che sintetiz-zi meglio la fatica, l’impegno, la dedizione richiesta a chi si fa carico di un malato di Alzheimer con la sola speranzadi attenuare il più possibile i costi dell’insuccesso.

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Era l’anno 1906 e il dott. Alois Alz-heimer descrisse dettagliatamente ilprimo caso di una forma di demenzadegenerativa che solo quattro annidopo prese il nome di Malattia diAlzheimer. Sono passati quasi centoanni da allora e le nostre conoscenzesulla malattia di Alzheimer e - più ingenerale - sulle demenze degenerati-ve, sono solo appena un po’ più ap-profondite di quelle del dottor Alz-heimer. Non ne conosciamo le cause,non siamo in grado di fare preven-zione, disponiamo di farmaci chepossono controllare parzialmente isintomi della malattia, ma non mo-dificarne il decorso né arrestarlo. An-cora oggi siamo in grado di fare unadiagnosi certa solo sulla base dell’esa-me autoptico e dobbiamo acconten-tarci, in alternativa, di una “diagnosiprobabile” formulata per esclusione2. Abbiamo elaborato stadiazioni sem-pre più accurate della malattia, utilisoprattutto a scopi clinici e di ricerca,

ma siamo di fronte a sindromi chepresentano un tasso elevatissimo divariabilità individuale. Il repertorio dei trattamenti non far-macologici è assolutamente recente (iprimi esperimenti risalgono agli anni’60) e non sufficientemente valutato:solo in pochi casi questi trattamentisono stati verificati attraverso studiclinici randomizzati e controllati. Gli studi a disposizione sono scarsi espesso carenti rispetto alla caratteriz-zazione di alcune variabili (tipo di in-tervento, natura della demenza, livel-lo cognitivo pre-trattamento, ecc.).Prima del 1990 in letteratura eranoriportati solo sette studi controllatisugli effetti dei farmaci antipsicoticiimpiegati per il controllo dei disturbidel comportamento negli anziani de-menti. Fino al 1985 non era stataelaborata alcuna scala specifica di va-lutazione dei disturbi comportamen-tali associati alla demenza (oggi se necontano alcune decine)3.

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arliamo ancora di demenze

2 Si vedano in proposito le Linee guida per la diagnosi e la valutazione del paziente affetto da demenza della RegioneEmilia Romagna.3 Giovanni Diana, Aspetti metodologici e normativi per i trial clinici per i sintomi comportamentali e psicologici incorso di demenza, Ann Ist Super Sanità 2003; 39(2): 267-274

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La malattia si sviluppa con un trenddi crescita accelerato e accelerata è lacrescita prevista della popolazioneanziana nei paesi più sviluppati: fra il1998 e il 2030 l’aumento degli ultra-sessantenni è stimato nella propor-zione del 180%, il che significa 1,3miliardi di anziani nel 2030, situabi-li in prevalenza in Europa e NordAmerica. L’incidenza di nuovi casi didemenza nei paesi occidentali è di 2,4nuovi casi ogni anno su 100.000 abi-tanti nella fascia 40-60 anni e di 127nuovi casi per gli ultrasessantenni.

In Italia si contano attualmente circa700.000 casi di demenza e l’inciden-za è di 90-120.000 casi ogni anno4. Questa malattia comporta costi so-ciali enormi, diretti e indiretti; rap-presenta la quarta causa di morte del-la popolazione ultrasessantenne e laprima causa di ricovero nelle struttu-re residenziali per non autosufficien-ti; allo stato attuale non siamo in gra-do di controllarla in alcun modo. Lavoriamo tutti in un’ottica di ridu-zione del danno: la cura è un’even-tualità ancora lontana.

4 Lavorato A., Rozzini R., Trabucchi M., I costi della vecchiaia, Il Mulino, Bologna, 1994

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La demenza - come ormai tutti gli“addetti ai lavori” sanno - è “uno sta-to clinico che si evidenzia per laperdita delle funzioni corticali su-periori5 a seguito di una patologiacerebrale cronica progressiva6”. Questa sindrome, che dipende da undanno progressivo e diffuso del cer-vello, “è caratterizzata da una vi-stosa perdita del patrimonio cultu-rale e da una progressiva perdita diautonomia”7. In base alle cause della malattia e al ti-po di lesione cerebrale che la caratte-rizza, si distinguono le demenze in:• primarie, quando la malattia risulta

progressiva e irreversibile (es. M. diAlzheimer, demenza vascolare, de-menza fronto-temporale, demenzada Corpi di Lewy, demenza da Par-kinson, ecc.)

• secondarie, quando la malattia haorigine da traumi, disfunzioni en-docrinologiche, intossicazioni dafarmaci, alcoolismo, depressione esimili. Questo tipo di demenze può

essere trattato e, anche se raramen-te, essere reversibile.

È importante ricordare che il cervelloè l’unico organo del corpo umanoche non dispone della facoltà di ri-produrre le proprie cellule: una feritasi rimargina velocemente, il fegatopuò in parte rigenerarsi dopo una le-sione grave, l’intestino sopporta ab-bastanza bene i danni derivanti dauna resezione. Il cervello no, quelloche si perde non può essere ricostrui-to. Questo rende particolarmente dif-ficile il trattamento e la risoluzionedelle patologie cerebrali. In compen-so, il cervello è plastico, adattabile,flessibile, dispone di notevoli risorsealternative: questo consente di effet-tuare con discreto successo la riabili-tazione in soggetti con lesioni cere-brali di varia origine. Nel caso delledemenze primarie, però, il problemaè aggravato dal fatto che qualunquetrattamento riabilitativo deve con-frontarsi con la concomitante e ineso-rabile perdita di risorse.

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A lcuni cenni clinici

5 La memoria, l’attenzione e il linguaggio, n.d.r.6 Dal Sasso F. e Pigatto A., L’anziano e la sua memoria, Bollati Boringhieri, Torino, 2001, p.1247 Ibid..

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Possiamo cercare di allenare funzioninon completamente perdute, e i ri-sultati possono essere soddisfacentinel breve-medio periodo, ma dobbia-mo comunque tenere conto di altri,inevitabili danni, perché mentre noistiamo lavorando anche la malattialavora, continuando a distruggere mi-gliaia di cellule cerebrali. È una speciedi corsa contro il tempo e, allo statoattuale dell’arte, noi restiamo larga-mente indietro. Senza dire che, nel-l’anziano, la capacità plastica del cer-vello è ovviamente ridotta rispetto aquella del giovane adulto e, soprattut-to, del bambino. L’aspetto clinicocentrale della demenza, quale ne sia lacausa, è la compromissione delle ca-pacità cognitive (perdita di memoria,disorientamento, deficit dell’atten-zione, progressiva riduzione delle ca-pacità linguistiche). Tuttavia, la gravi-tà del quadro clinico - e la gravositàdell’intervento assistenziale - sono le-gate a un variegato corredo di sinto-mi che alterano profondamente la vi-ta del malato e di chi gli vive accanto.Questo insieme di manifestazioniviene denominato Sintomi compor-tamentali e psicologici nella demen-za (Behavioral and PsyhcologicalSymptom of Dementia, BPSD) enegli ultimi anni ha ricevuto sempremaggiore attenzione da parte dei cli-nici e dei ricercatori, allo scopo diidentificare strategie farmacologiche e

non farmacologiche efficaci. Questisintomi vengono generalmente classi-ficati in sindromi, che comprendonola psicosi, la depressione, l’agitazione,i disturbi del ritmo sonno-veglia. • Psicosi: può comparire in ogni sta-

dio della malattia, ma è più fre-quente nelle fasi intermedie e avan-zate. I deliri persecutori sono carat-terizzati da temi di gelosia, di furto,della presenza di qualche estraneoin casa. Le allucinazioni visive sonomolto più frequenti che nella schi-zofrenia, dove prevalgono quelleuditive. I sintomi regredisconospesso spontaneamente, nell’arco disettimane o, addirittura, giorni. Isintomi psicotici erano già statichiaramente descritti nel lavoro ori-ginario di Alois Alzheimer.

• Agitazione: molto comune in que-sto tipo di malati. Può manifestarsiin varie forme: aggressione fisica overbale, agitazione motoria, incoo-peratività, irritabilità, irrequietezza,rumorosità, oppositività. È presen-te nella maggioranza degli anzianiricoverati in strutture residenzialied è una delle principali cause delricovero.

• Depressione: presente nel 29% cir-ca dei malati. Si presenta più fre-quentemente nei malati con unastoria pregressa di depressione, l’in-tensità dei sintomi è fluttuante, ri-sponde piuttosto bene ai placebo.

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• Disturbi del ritmo sonno-veglia: ilsonno notturno è sovente fram-mentato e associato a un cospicuoaumento del sonno diurno. Posso-no comparire agitazione, confusio-ne, cambiamenti di personalità nel-le ore notturne8. La frequenza concui sintomi comportamentali sipresentano è variabile, può oscillarea seconda delle varie casistiche dal10 all’80 %. La variabilità interin-dividuale è molto alta, così come lagravità e l’epoca di comparsa. Il de-corso clinico non è sempre lineare,a differenza di quanto accade con ildeclino cognitivo.

Il dato certo è che i BPSD sono mol-to frequenti in ogni forma demenzia-le9, compaiono generalmente durantela fase iniziale e centrale della malattiae tendono a regredire quando la de-menza ha ormai raggiunto lo stadioavanzato e diventa predominante unagrossolana compromissione del qua-dro neurologico. Spesso i primi acomparire sono i sintomi legati allasfera affettiva (ansia, preoccupazioneeccessiva, tristezza) mentre i disturbidel comportamento (deliri, idee para-noidi, disturbi percettivi, agitazione,

erronei riconoscimenti, aggressivitàverbale e fisica, disinibizione, gravi al-terazioni del comportamento sociale,vagabondaggio) diventano più fre-quenti negli stadi avanzati della ma-lattia10. Alcuni disturbi possono, inuno stesso anziano, variare molto neltempo, altri prolungarsi senza modifi-che per anni11. Sebbene la maggiorparte degli studi sulle demenze sia sta-ta focalizzata sui deficit cognitivi, lemanifestazioni comportamentali epsicotiche rappresentano la causa piùfrequente della richiesta di aiuto neu-ropsichiatrico e della richiesta di rico-vero per i pazienti dementi12. I BPSDhanno un impatto rilevante sul decor-so clinico, sulla prognosi della malat-tia, sulla qualità di vita dell’anziano edelle persone che se ne prendono cu-ra. Lo stress del donatore di cura èfortemente aggravato dalla comparsadi uno o più disturbi del comporta-mento. I deficit cognitivi comportanola necessità di ridefinire i ruoli all’in-terno del sistema familiare e di riorga-nizzare la quotidianità, ma alla fine siassorbono. Si può sorridere del pro-prio padre “un po’ svaporato”, che di-mentica di mangiare, che assume due

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8 Giovanni Diana, cit.9 Fra i pazienti in carico al Progetto Cronos sul territorio di Roma città, per esempio, si è registrato nel 2003 il 78%di presenza di disturbi del comportamento di vario tipo e gravità, con prevalenza di agitazione, depressione, disini-bizione, irritabilità. 10 www.socialinfo.it/approfondimenti/Articoli_Alzheimer/demenza_alzheimer.htm11 Ibid.12 www.lilly.it/area/1_neuro/neuro_o7htlm. Aggiornamento: 22 novembre 2004

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volte i farmaci o non ricorda l’indiriz-zo di casa, ma se questo stesso padre cipicchia mentre amorevolmente lo la-viamo, se bestemmia in continuazio-ne davanti ai nostri bambini, se ci tie-ne svegli tutta la notte e noi dobbia-mo uscire presto per andare al lavoro,dopo qualche tempo non ci restanorisorse sufficienti per sorridere. Tutta-via, dato che apparteniamo a una cul-tura in cui è comunque la famiglia afarsi carico dei problemi sociali piùgravi - e dato che l’offerta di servizi al-ternativi è comunque scarsa, non pro-porzionata al bisogno anche nel NordItalia, dove già si gode di una situazio-ne di privilegio - continuiamo a tene-re papà a casa, malgrado tutto. Pastic-ciamo con i suoi farmaci (dieci goccedi quella medicina che faceva tantobene alla mamma non possono farglimale e forse stanotte ci lascia dormi-re), incrementiamo il nostro persona-le consumo di farmaci, chiediamo unpart-time, un’aspettativa, un conge-do anticipato e, nonostante tutto, nonriusciamo ad evitare di arrivare alpunto di chiedere un inserimento ur-gente in una struttura, scontando unsenso di colpa che si ripercuote su chi,dal quel momento in poi, accudirà ilmalato. Questo faticoso percorso sitraduce in costi medi, diretti e indiret-

ti, di 35-50 mila euro l’anno per ma-lato13. Il donatore di cura di un mala-to con demenza dedica al lavoro dicura da 69 a 100 ore settimanali,mentre riserva alle proprie esigenzepersonali meno di un'ora al giorno.Le conseguenze di questo impegnonon sono trascurabili; i donatori dicura di pazienti dementi effettuano il46% in più di visite mediche, il 70%in più di consumo di farmaci, vengo-no ospedalizzati con maggiore fre-quenza e soffrono il 50% in più di de-pressione14. Nel 2001 il 40% degli an-ziani ricoverati nelle RSA nella regio-ne Lombardia era affetto da demenzain fase da lieve-moderata a grave; nel65% dei casi era presente il sintomodella confusione, nel 40% l’irrequie-tezza. Il trend non è andato miglio-rando: in uno dei nuclei coinvolti nel-l’esperienza di cui parleremo tra poco,la percentuale dei dementi in fase mo-derata o grave è del 75% ; gli altri nu-clei si attestano intorno al 60%, conuna prevalenza di demenze moderate-gravi. Il Centro Diurno non fa storia:essendo una struttura riabilitativa spe-cifica, accoglie quasi solo dementi.Ogni tanto abbiamo la fortuna di in-serire qualche lieve-moderato, maprevalentemente ci attestiamo sul mo-derato-grave.

13 Dati forniti dal Centro Studi e Formazione Sociale “Fondazione E. Zancan” 14 Ibid.

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L’intervento nei casi di demenza pri-maria prevede attualmente due tipidi opzioni: il trattamento farmacolo-gico e quello non farmacologico, chesolitamente si integrano senza la pre-tesa di guarire, ma nell’intento dirallentare il progredire della malattia,e di trattare i disturbi comportamen-tali e affettivi correlati.L’intervento farmacologico, in assen-za di altre patologie associate, è gene-ralmente più massiccio nelle fasi ini-ziali e intermedie della malattia e siriduce progressivamente, fino ascomparire, in quelle avanzate e ter-minali, lasciando il posto alla gestio-ne assistenziale e ad alcuni - pochi!-interventi comportamentali e di sti-molazione aspecifica. Esistono tre tipi di terapie farmaco-logiche per le demenze primarie:• trattamento con farmaci volti al

miglioramento delle funzioni co-gnitive e delle capacità generali delmalato. Questi sono prevalente-mente i farmaci inibitori dell’ace-tilcolinesterasi, che vengono im-piegati soprattutto nella fasi da lie-ve a moderata della malattia

(MMSE > 12, secondo le linee gui-da del National Institute for Clini-cal Excellence). Si tratta, per inten-derci, dei farmaci forniti tramite ilProgetto Cronos, soprattutto do-nepezil (Memac e Aricept) o riva-stigmina (Exelon e Prometax).Nella fase moderata-severa dellamalattia non si ottiene più alcunarisposta del malato alla terapia, cheviene di norma sospesa.

• trattamento farmacologico dei di-sturbi comportamentali quali laparanoia, i deliri, le allucinazioni,l’aggressività verbale e fisica. Posso-no venire usati farmaci antipsicoti-ci come l’aloperidolo (Serenase),ma spesso risultano più efficaci emeno dannosi altri tipi di farmaci,meno specifici, come per esempioil Trittico. Data l’estrema variabili-tà della risposta di questo tipo dianziani, l’eventuale successo deltrattamento dipende molto dall’at-tenzione e dall’esperienza del me-dico.

• trattamento con farmaci antide-pressivi, ansiolitici, carbamazepinae simili, nel corso del quali è im-

C he fare?

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portante tenere conto dei possibilieffetti indesiderati nell’anziano de-mente. Spesso, infatti, in questimalati si produce un effetto-para-dosso, cioè un accentuarsi dei sin-tomi anziché una loro riduzione15.

A partire dagli anni ‘60 sono stateproposte numerose tecniche di trat-tamento non farmacologico dei pa-zienti affetti da demenza. Queste tec-niche hanno in comune lo scopo dimigliorare la qualità di vita del mala-to e le sue performance nelle attivitàfunzionali, tenendo conto dei deficitesistenti. Alcune tecniche si propon-gono anche di migliorare le funzionicognitive, il tono dell’umore o ilcomportamento. Un punto comunea questi trattamenti è purtroppo ilfatto che sono stati poco valutati estudiati: un giudizio definitivo sullavalidità della riabilitazione cognitivanelle demenze non può perciò esserefornito sulla base degli studi esisten-ti16. Anche una recente revisione del-la Cochrane Library17, che ha sinte-tizzato la letteratura relativa allaROT, alla Validation Therapy, alla

Terapia di reminescenza e alla Musi-coterapia, insiste - con l’eccezionedella ROT, per la quale sono statisottolineati effetti positivi - sull’am-pia carenza metodologica e sull’as-senza di studi di efficacia per inter-venti quali, ad esempio, la ValidationTherapy18. I trattamenti non farma-cologici possono essere suddivisi inquattro categorie, secondo le indica-zioni dell’APA (American PsychiatricAssociation):

• tecniche orientate al comporta-mento (valutazione degli antece-denti e delle conseguenze di ogniproblema comportamentale, mo-dificazioni ambientali, training perle attività di vita quotidiana, rin-forzo dei comportamenti positivi,tecniche di rilassamento)

• tecniche orientate alle emozioni(psicoterapia di supporto, terapiadella reminiscenza)

• tecniche orientate alla stimolazio-ne (trattamenti basati su attività ri-creative, espressioni artistiche, con-tatti con animali, musicoterapica,terapia occupazionale)

15 Cfr. G. Diana, cit.16 Verifica delle linee-guida per le attività di riabilitazione: percorsi clinici ed assistenziali per la riabilitazione in ambi-to geriatrico, maggio 2001, RF98.84, Progetto finalizzato del Ministero della Sanità 1998 17 The Cochrane Library, Issue 4, 2003, Chichester, UK18 Sono stati identificati 18 studi relativi a questa tecnica, di cui solo due randomizzati controllati e non è stato ri-levato nessun vantaggio statisticamente significativo, solo un trend favorevole che potrebbe dipendere dalla maggio-re attenzione dedicata all’anziano.19 Verifica delle linee-guida per le attività di riabilitazione, cit.

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• tecniche orientate alle funzionicognitive (Rot, memory o skilltraining, spaced retrieval, vanis-hing cues, ecc.)19

La fase della demenza in cui si troval’anziano è indicativa della terapiapsicosociale più consona (v. tabella)e, all’interno della tecnica scelta, ogniattività deve essere adeguata alle ca-pacità residue, in modo da risultaresolo di poco superiore al livello didomanda al quale l’anziano è abitua-to, con l’intenzione di migliorare leprestazioni cognitive, il tono dell’u-

more e il comportamento, senza in-correre nei possibili effetti collateralidi frustrazione o depressione. Le strategie cognitive interne diven-tano via via più inaccessibili al de-mente. Per questo motivo si deve, nelprogresso dalla fase lieve a quella mo-derata, passare gradualmente dalletecniche di stimolazione cognitivache fanno leva sullo skill learning20,all’impiego di tecniche che insegninoa utilizzare ausili mnestici esterni e,nello stadio più avanzato, al poten-ziamento degli interventi comporta-mentali e ambientali.

20 Acquisizione di procedure

Tecniche psicosociali utilizzate in base al grado di deterioramentoFase della demenza

Lieve Media Grave Reality Orientation Therapy (ROT) x xMemory Training x xSpaced Retrieval x xStimolazione memoria procedurale x xTerapia di rimotivazione x xReminescenza x xLife Review x xValidation Therapy x xTerapia Comportamentale x xTecniche aspecifiche x x

Fonte: Protocolli per la terapia e la gestione delle problematiche assistenziali dei pazienti affetti da demenza. Regio-ne Emilia-Romagna. Ottobre 2000

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Come risulta evidente dalla letturadella tabella precedente, la maggiorparte dei trattamenti non farmacolo-gici che abbiamo attualmente a dis-posizione sono praticabili solo condementi in fase lieve e media. Per imedio-gravi e i gravi, che rappresen-tano la maggioranza degli anziani de-menti istituzionalizzati, è stato elabo-rato ancora molto poco. In più, sitratta spesso di metodiche sperimen-tate su anziani allo stadio iniziale del-la malattia, se non addirittura su sog-getti “a rischio”, dunque difficilmen-te applicabili a soggetti con limita-zioni funzionali più pesanti. Possia-mo riscontrare lo stesso tipo di limi-te negli strumenti di valutazione co-gnitiva più diffusi. Il MMSE (MiniMental State Examination)21, peresempio, test di screening abbastan-za poco sensibile, ma veloce e sem-plice da somministrare, ampiamentecondiviso dai diversi ricercatori (ilche rende più agevole il confronto frai campioni selezionati), è di difficileapplicazione all’interno delle struttu-re che ospitano i malati di demenza,per due ordini di motivi:A l’effetto omologante della residen-

za protetta. I giorni scorronouguali gli uni agli altri; i ritmi so-

no assolutamente regolari e preve-dibili, e sono quelli dell’istituzio-ne, subiti per vincolo anche da chili programma, ma contestualmen-te rassicuranti per un anziano con-fuso; persino l’escursione climati-ca e la variazione stagionale è pocoavvertibile, grazie agli impianti diclimatizzazione. Noi ci sforziamodi caratterizzare in ogni modo icambi di stagione, le ricorrenze, icompleanni, le domeniche, mapredomina l’effetto-vacanza. “Misa dire che giorno è oggi?” “A cosami serve saperlo, qui dentro?” hasaggiamente risposto la signoraArgia, ospite di una delle nostreCase Protette. Dal punto di vistaesperienziale, sulla base di nume-rosi altri dati osservativi, la signo-ra Argia è una persona lucida, coerente, orientata e molto pocointeressata al resto del mondo. Dalpunto di vista di una rilevazionescientifica rigorosa, la signora Ar-gia perde almeno cinque punti alMMSE, anzi, ne perde molti dipiù, perché a metà della sommini-strazione mi suggerisce di trovar-mi ‘un bel lavorino pagato bene’ edi smetterla di infastidirla conqueste stupide domande.

21 Folstein et al., <<Mini- Mental State>>: a practical method for grading the cognitive state of patiens for the cli-nician. I Psychiatr Res, 12:189-198, 1975Measso et al., The Mini- Mental State Examination. Normative study of an italian random sample, Develop neu-ropsycol, 8 (1)9: 77-85, 1993

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QUADERNI CADIAI IV

B il grado di deterioramento deglianziani dementi che accedono instruttura. Dalle statistiche a dispo-sizione risulta evidente che il ma-lato viene curato in famiglia fin-ché non sviluppa uno o più im-portanti disturbi del comporta-mento, o finché le limitazioni fun-zionali non progrediscono al pun-to da rendere impraticabile la solaassistenza di tipo familiare. Questo significa, in parole povere,che il demente istituzionalizzatonormalmente ha un grave distur-bo del linguaggio, un pesante de-ficit di tutte le memorie, è aprassi-co, spesso presenta rilevanti deficitnel controllo motorio, è inconti-nente, ha un visus limitato, fre-quentemente deglutisce male. Inqueste condizioni è spesso impos-sibile somministrare il MMSEnella sua forma classica.

Anche quando è possibile, si veri-fica comunque un marcato effet-to-pavimento: tutti i dementi aldi sotto del cinquanta per centodella norma finiscono per sembra-re ugualmente gravi.Qualcosa però si sta muovendo.Recentemente è stata validata laversione italiana del Severe Mini-Mental State Examination22, sicu-ramente più adeguata alla realtàdelle strutture residenziali. Non disponiamo ancora di una ta-bella di correzione dei punteggi,ma la stiamo fiduciosamente aspet-tando. Esistono anche semplicistrumenti di misurazione deiBPSD che già abbiamo in reperto-rio e che a breve implementeremo,dato che quelli maggiormente dif-fusi e più sensibili non sono ragio-nevolmente praticabili all’internodelle strutture residenziali.

22 Angelo Bianchetti, La demenza severa: un nuovo strumento di valutazione, Psicogeriatria News, 6: 19-23, dicem-bre 2002

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D ove comincia l’avventura

Già alla fine del secondo anno di at-tività della Casa Protetta/ RSA “Vir-go Fidelis”, superata la laboriosa fasedell’implementazione del servizio, cisi è resi conto che occorreva qualcosadi più, un salto di qualità, nella ge-stione dei numerosi dementi residen-ti. Negli ultimi dieci anni si è fattodavvero molto, all’interno del Setto-re Residenze Protette, per attrezzarsia trattare nel modo più adeguatoquesto tipo di anziani: i piani di la-voro sono stati modificati, il perso-nale è stato intensivamente e specifi-catamente formato, gli assetti tecnicisono stati riorganizzati, molte risorsesono state investite, si sono avviatesperimentazioni e ci si è dotati distrumenti di documentazione e di ri-levazione più efficienti ed efficaci,ma il problema si è modificato di po-co. Abbiamo imparato le correttemodalità di comunicazione e di rela-zione, abbiamo imparato ad affron-tare alcuni comportamenti (disinibi-zione sessuale, aggressività verbale efisica verso gli operatori, oppositivitàdurante le manovre assistenziali) chedieci anni fa minavano significativa-

mente la resistenza dei gruppi di la-voro. Abbiamo, rispetto a dieci annifa, un’ abbondanza di figure (geriatri,riabilitatori, neuropsicologi, anima-tori) in grado di tarare al meglio itrattamenti personalizzati. Abbiamo fortemente migliorato laqualità del nostro rapporto con i fa-miliari degli ospiti. Ma non abbiamoancora imparato a misurarci con lasensazione di impotenza, con la fru-strazione di non sapere che cosa fare,con i limiti strutturali che non di-pendono dalla nostra volontà. Non sappiamo ancora come proteg-gere diciannove anziani dal ventesi-mo coinquilino, che passa tutta lagiornata urlando o inveendo volgar-mente a voce alta e non risponde anessun tipo di sollecitazione. Non sappiamo confortare Francesco,che arriva teso già al mattino e alle seidel pomeriggio è uno struggentespettacolo di sofferenza umana: gen-tile, garbato, incredibilmente sperdu-to, ansioso e terrorizzato. Non sap-piamo trovare quello che Gabriellava cercando ansiosamente per tuttala giornata, macinando chilometri su

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QUADERNI CADIAI IV

chilometri e non ci siamo ancora in-ventati il modo di impedire a Caroli-na di sputare o di alzare le mani.Nell'ambito del Programma di mi-glioramento della presa in carico edella cura degli ospiti affetti da de-menza, avviato in quel periodo alla“Virgo Fidelis”, Piero Zaghi e Lore-na Roffi hanno pensato di sperimen-tare anche con i dementi in fase mo-derata alcune tecniche di stimolazio-ne cognitiva finora impiegate solocon gli anziani a rischio o con i de-menti lievi.Sono stati utilizzati ingran parte i materiali per il memorytraining realizzati in passato dall’é-quipe del Day Hospital S.GiacomoFuori le Mura; altri esercizi sono sta-ti elaborati appositamente. Lorena Roffi e Piero Zaghi hannoanche formato il primo gruppo dioperatori che ha condotto gli incon-tri, familiarizzandoli ai criteri-basedello skill learnig e alle tecniche diconduzione della seduta. La scelta innovativa è stata quella dinon pensare alla riabilitazione del de-mente come ad un compito riservatoai soli terapisti, ma di diffondere al-l’interno del servizio una “cultura ri-abilitiva” che vedesse coinvolti anche- e soprattutto - gli assistenti di base,cioè le persone che più si trovano acontatto con questo tipo di malati. Èuna scelta rappresentativa di una vi-sione diversa dell’approccio all’anzia-

no, più globale, centrata sulla perso-na e multidimensionale: la qualitàdei servizi agli anziani CADIAI si ba-sa esattamente su questo.Poiché nessuna sperimentazione puòdefinirsi tale se non è suffragata daun bagaglio di dati oggettivi, gli an-ziani che hanno partecipato agli in-contri sono stati valutati, prima deltrattamento, subito dopo la sua con-clusione e a due mesi di distanza(questo per misurare la tenuta dei ri-sultati nel tempo) con il MMSE. Neigruppi in trattamento sono stati in-seriti non solo dementi, ma ancheanziani portatori di altre patologieche presentavano, comunque, un de-ficit cognitivo lieve o medio.Nel primo anno di sperimentazionesono stati organizzati tre cicli di Me-mory Training, che hanno visto lapartecipazione totale di 16 ospiti (3uomini e 13 donne) provenienti daitre nuclei della struttura, di età com-presa tra i 72 ed i 95 anni, con unpunteggio al MMSE compreso tra29 e 15. Ogni ciclo ha coinvolto un gruppodi 5/6 ospiti e si è strutturato in 8sessioni della durata di circa un'ora,effettuate due volte la settimana. perquattro settimane. Le sessioni si sono svolte in uno spa-zio della struttura appositamente al-lestito, chiamato "stanza della me-moria"

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Il Memory Training come strumento di riabilitazione cognitivaIl Memory Training presenta alcuneinteressanti caratteristiche:• stimola varie aree cognitive in

quanto agisce sui meccanismi allabase dei processi di memorizzazio-ne, fluenza verbale, orientamentospazio temporale, coinvolgendoanche affettività ed emotività;

• utilizza, in aiuto alle altre memo-rie, la memoria procedurale, cioèquella più a lungo conservata;

• allena ad alcune strategie per lamemorizzazione, proponendosiquindi come una vera e propriaginnastica mentale.

Gli esercizi agiscono in modo ecolo-gico, in quanto rispecchiano le situa-zioni del quotidiano e vedono l'an-ziano come soggetto attivo della pro-pria riabilitazione, perché sollecitatoad applicare nella quotidianità lestrategie suggerite nelle sedute tera-peutiche. Potenziano le capacità di:- percepire (esercizi di stimolazione

sensoriale e di attenzione volonta-ria)

- fissare (esercizi di visualizzazione,associazione, categorizzazione, ri-petizione)

- rievocare (tale recupero è favoritodalla ripetizione e dalla memoriaemotiva dell'informazione)

Un notevole beneficio terapeuticoderiva inoltre dal lavoro di gruppo edal gruppo stesso, perché il risolvereinsieme un problema comune ha unrisvolto emotivo importante. Le ricerche in psicologia sociale han-no anche dimostrato che l’apprendi-mento stesso viene largamente facili-tato da una situazione di gruppo.

La tecnicaOgni sessione ha previsto una pre-sentazione e un saluto, il richiamodella data e della stagione, lo svolgi-mento degli esercizi previsti, una bre-ve pausa durante la quale il gruppoha potuto chiacchierare liberamenteassumendo una bevanda, per raffor-zare la dimensione conviviale dell'e-sperienza.Al termine della sessione è stato ri-chiesto un commento dell'esperienzasvolta ed è stato ricordato l'appunta-mento successivo, con la consegna ela spiegazione di un "compito a ca-sa". L’appuntamento per il primo in-contro è stato preso nella saletta-caf-fè della struttura, dove gli anziani so-no stati accompagnati dagli operato-ri dei vari nuclei e, insieme alle con-duttrici, hanno compiuto il tragittoverso la stanza della memoria. Si è mantenuto questo rituale pertutti gli incontri, perché attraverso laripetizione dello stesso percorso sicercava di evitare il naturale disorien-

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tamento già presente nella malattiadementigena. Per lo stesso motivo iposti intorno al tavolo di lavoro sonorimasti gli stessi e l’orario d’iniziodelle sessioni è stato mantenuto rigo-rosamente costante. Durante la sessione si è cercato di farrispettare i turni, così da far parteci-pare in eguale misura tutti gli anzia-ni, senza però creare situazioni scola-stiche simili a un’interrogazione.Non sono mai state poste domandedirette, per evitare di mettere le per-sone in imbarazzo o in condizione disbagliare. Il passaggio di turno era se-gnalato mediante la ricerca di contat-to visivo. Ogni sessione insisteva suuna specifica funzione cognitiva (ve-di sotto). Gli esercizi proposti lavora-vano sulle capacità di percezione, fis-sazione e rievocazione della memo-ria, cercando di evitare l'utilizzo dimateriali con connotazione marcata-mente infantile o scolastica, alter-nando momenti di lavoro individua-le ad esercizi di gruppo ed introdu-cendo anche momenti ludici e dicollegamento con l'esperienza bio-grafica dei partecipanti, per incre-mentare e favorire la motivazione el'interesse degli anziani. All’inizio diogni incontro si cercava di spiegare ilperché degli esercizi e il loro legamecon la memoria. Per creare continuità fra due incontrisuccessivi si assegnavano esercizi a

domicilio da discutere nella sedutasuccessiva. Ai conduttori sono statiforniti i seguenti materiali, con l’indi-cazione di utilizzare le istruzioni co-me una guida e non come uno sche-ma rigido, dato che è molto impor-tante adeguare creativamente i com-piti alle caratteristiche del gruppo dianziani che partecipa alla seduta.

PRIMA SESSIONEStimolazione visiva ed uditivaPresentazione del gruppo e spiega-zione degli obiettivi dell’iniziativa:rinforzare ed allenare la memoria,aiutare i partecipanti a trovare unmodo per ricordare (riferimenti allafiaba di Pollicino). Si faranno giochied esercizi, perché anche con il diver-timento si fanno cose utili; si parleràdelle proprie esperienze, non si da-ranno voti.Primo esercizioRiconoscimento di oggetti conosciu-ti (lavoro di gruppo): in base ad unrepertorio di illustrazioni e foto sichiede al singolo anziano di ricono-scere l’oggetto. Si fa il giro del tavoloed a ogni anziano si chiede di cimen-tarsi nel riconoscimento e anche dipresentare le associazioni correlate aquell’oggetto.Secondo esercizioMemory (lavoro di gruppo): si dis-pongono sul tavolo scoperte un nu-mero limitato di tessere precedente-

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mente selezionate, almeno quanti so-no i partecipanti, si chiede di ricono-scere gli oggetti, di tenere bene amente le posizioni delle carte, si coprono le carte e si chiede poi di ritrovarle.Materiale: ricerche, histoires natu-relles, gioco del memory.Al termine della sessione si domandase ci sono state difficoltà, cercando dicapirne i motivi. Si sottolinea che leimmagini sono meglio ritenute delleparole e che quindi bisogna sforzarsidi visualizzare per memorizzare piùfacilmente. Inoltre si sottolinea chel’attenzione è collegata alla partecipa-zione affettiva.

SECONDA SESSIONELa stimolazione uditiva e il pensiero categoricoPrimo esercizioSuoni di vocali semplici (lavoro indi-viduale): si chiede ad ogni parteci-pante di individuare la presenza diuna vocale in due parole semplici,una delle quali la contiene e l’altra no. Secondo esercizioClassificazione di parole (lavoro digruppo): si indica al gruppo una clas-se di oggetti poi si comincia a legge-re l’elenco chiedendo di interrompe-re ogni volta che si cita una parolaappartenente alla classe. Si scrivonoalla lavagna le parole selezionate inun elenco.

Terzo esercizioScopri l’intruso (lavoro di gruppo): sileggono le parole dell’elenco e sichiede di individuare quella che nonc’entra e perché.MaterialeSchedeCompito a casaParlare dei proverbi e chiedere diportare, nella sessione successiva, unproverbio da riferire e discutere con ilgruppo.

TERZA SESSIONE L’attenzioneSi chiede agli anziani di presentare ilproverbio e di chiedere che cosa si-gnifica per ognuno.Primo esercizioCatena di parole (lavoro di gruppo):si parte da una parola stimolo e sichiede ad ogni partecipante di pro-porre un’altra parola collegata. Queste parole vengono scritte alla la-vagna.Secondo esercizioRiconoscimento in una sequenza (la-voro individuale): si presenta una se-quenza di lettere o forme e si chiededi riconoscere e sottolineare una let-tera o una determinata figura. Tempo: 5 minutiTerzo esercizioRicordare i contenuti di un raccontobreve (lavoro di gruppo): si chiede diconcentrare l’attenzione sui contenu-

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ti, si legge il racconto per due volte,si rivolge ad ogni anziano una do-manda tra quelle previste.MaterialeLibero, testo del racconto con do-mande prefissateSi fa presente agli anziani il fatto chel’attenzione e l’assenza di interferen-ze sono un aiuto all’efficacia dei pro-cessi di memorizzazione.Compito a casaOgni anziano deve preparare su unfoglio la lista degli operatori del nu-cleo adottando il metodo che consi-dera più congeniale

QUARTA SESSIONE La memoria ed i riferimenti spazio-temporaliSi ascoltano le liste dei compiti effet-tuati, chiedendo come sono state rea-lizzate.Primo esercizioLabirinto (lavoro individuale): l’an-ziano lavora sul labirinto entro untempo di 5 minuti, poi l’operatorecommenta il risultato con l’anziano.Secondo esercizioSequenze (lavoro di gruppo): si ponesul tavolo una delle sequenze di im-magini e si chiede ad ogni anziano insuccessione di individuare, di voltain volta, la prima, la seconda... Alla fine si chiede di commentare ilsenso generale della sequenza.Terzo esercizio

Lettere in disordine (lavoro indivi-duale): mettere in ordine le lettereper ottenere una parola di sensocompiuto.MaterialeSchede, histoires naturellesCompito a casaItinerario numerato

QUINTA SESSIONE L’attenzione volontariaSi analizzano i compiti della voltaprecedente e si commentano i risul-tati. Si presenta l’idea secondo laquale il piacere, il divertimento, la fi-ducia in sé stessi, la motivazione, l’al-lenamento, l’attenzione sono le con-dizioni che aiutano a ricordare e amantenere la memoria.Primo esercizioAttenzione (lavoro di gruppo): sti-molare l’attenzione chiedendo dielencare tutte le cose rosse che si ve-dono nella stanza del corso.Secondo esercizioGioco delle iniziali (lavoro di grup-po): si individua una lettera e si chie-de di evocare le parole con quella ini-ziale. Si scrivono le parole alla lava-gna.MaterialeOggetti rossiCompito a casaProporre di scrivere, facendosi ancheaiutare, le cose che hanno nella ca-mera da letto.

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Sesta sessione Attenzione volontaria e rievocazioneSi analizza e si commenta il compitoa casa.Primo esercizioDolci e minestre (lavoro di gruppo):chiedere di evocare una serie di dolcie minestre conosciute. Proporre poiuna ricetta chiedendo gli ingredienti,come si fa e le varianti di ognuno.Secondo esercizioCategorizzazione inversa (lavoro digruppo): dire tutte le parole che ven-gono in mente con determinati ag-gettivi.MaterialeSchedeCompito a casaI diversi

SETTIMA SESSIONELe associazioniSi commentano i compitiPrimo esercizioAssociazioni (lavoro di gruppo): pro-porre una parola e chiedere di evoca-re tutte le parole alle quali fa pensarela parola individuata, scrivere alla la-vagna.Secondo esercizioDomino delle associazioni (lavoro digruppo)Terzo esercizioRaggruppamento ordinato (lavoro digruppo): si scrive alla lavagna un

elenco di nomi e si chiede agli anzia-ni di individuare i nomi che indica-no oggetti appartenenti alla stessa ca-tegoria.MaterialeSchede, dominoCompito a casaCostruire delle frasi con le parole in-dicate nelle schede

OTTAVA SESSIONERicordareSi commentano i compiti a casaPrimo esercizioCategorizzazione e ricordo (lavoro digruppo): per ognuna delle parolescrivere la categoria di appartenenza Secondo esercizioRicordare le parole (lavoro di grup-po): ricordare alcuni gruppi di paro-le suggerendo strategieTerzo esercizioIl domino dei negativi (lavoro digruppo)MaterialeSchede, dominoConversazione conclusiva con gli an-ziani e festa di fine corso.

I primi risultatiI primi risultati dell'esperienza sonostati sicuramente incoraggianti.Quasi tutti gli anziani trattati hannomostrato un miglioramento nel pun-teggio del MMSE al post-test e inmolti casi questo miglioramento si è

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mantenuto - in alcuni addiritturarafforzato - nella rilevazione del fol-low up a due mesi. Non pretendia-mo di vantare un’evidenza statisticadi questi dati, perché i gruppi eranodisomogenei rispetto a numerose va-riabili, perché il MMSE è stato som-ministrato anche a soggetti con piùdi 90 anni, perché i punteggi non so-no stati corretti per età e scolarità23 eperché non abbiamo sottoposto i da-ti ad alcun test di significatività. Oltre al probabile mantenimento/

miglioramento della situazione co-gnitiva, tuttavia, abbiamo ottenutoun forte interesse intorno all'iniziati-va, sia da parte dei partecipanti sia daparte degli ospiti che non avevanoancora partecipato; sono anche au-mentati gli incontri spontanei traospiti di nuclei diversi.Vanno inoltre segnalati il grande in-teresse e partecipazione suscitati dal-l'iniziativa nel gruppo degli operato-ri che l’hanno condotta e anche neicolleghi non coinvolti.

23 In quanto non esiste, attualmente, un’indicazione precisa per la correzione nel caso di soggetti sopra gli 89 anni,anche se studi recenti sembrano dimostrare che agli ultranovantenni può correttamente essere applicato lo stesso ti-po di correzione previsto per la fascia 85-89 anni.

Tabella riassuntiva delle valutazioni relative ai primi tre cicli di stimolazione cognitivanome cognome MMSE pre MMSE post MMSE

dopo 2 mesiA. M. 25/30 27/30 25/30A. M. 20/30 21/30 21/30V. C. 26/30 26/30 23/30O. L. 20/30 21/30 20/30Z. C. 23/30 20/30 20/30D. P. 23/30 24/30 26/30E. C. 16/30 17/30 21/30R. C. 23/30 23/30 decedutoE. M. 18/28 18/28 22/28L. P. 18/30 16/30 18/30G. F. 20/30 24/30 25/30F. S. 29/30 28/30 30/30E. B. 15/30 17/30 16/30A. B. 23/30 24/30 25/30S. F. 21/30 20/30 20/30E. E. 15/24 25/30 25/30

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L’idea della ricerca è nata dalla vogliadi scoprire se quei dati così apparen-temente lusinghieri che avevamo ri-levato fossero davvero indicatori diun miglioramento effettivo dellacondizione dell’anziano trattato e dicapire che cosa, in quello che era sta-to fatto, fosse risultato più efficace eperché. Volevamo anche sapere se ilfatto di risiedere in una strutturaprotetta, piuttosto che a casa propria,potesse avere influenzato la rispostadegli anziani al trattamento. È natocosì il progetto di uno studio con-trollato che aveva diversi obiettivi:1 Verificare l’utilità della stimolazio-

ne cognitiva nella demenza2 Verificare se la stimolazione cogni-

tiva porta agli stessi risultati insoggetti residenti presso il propriodomicilio e in soggetti istituziona-lizzati

3 Verificare l’effetto dominio speci-fico24 della stimolazione cognitivae l’impatto sul benessere e sulla vi-ta quotidiana dell’anziano

Il progetto di ricerca ha avuto inizionel settembre 2004 e si è conclusonell’aprile 2005. È stato condotto in collaborazionecon l’Università di Bologna, Corsodi Laurea Specialistica in Neuropsi-cologia e recupero funzionale nell’ar-co di vita e si è avvalso dell’impor-tante collaborazione del dottor Ra-bih Chattat, titolare della cattedra diMetodi di intervento nel disagio del-l’anziano. Lo studio è stato condottonel Centro Diurno/Casa Protetta “S.Biagio” (Casalecchio di Reno - Bolo-gna) e nella Casa Protetta “Virgo Fi-delis” (Bologna). La valutazione iniziale ha coinvolto100 anziani così distribuiti:

- 20 utenti del Centro Diurno “S. Biagio” (residenti a domicilio)- 20 ospiti della Casa Protetta “S. Biagio”- 60 residenti della Casa Protetta“Virgo Fidelis”

2324 Cioè l’effetto sulle singole abilità stimolate dal trattamento.

L o studio controllato

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Sono stati seguiti i criteri di inclusio-ne del protocollo di stimolazione co-gnitiva centrata sulla persona dellaRegione Emilia-Romagna:

• Diagnosi di demenza definitiva oprobabile

• MMSE ≥ 13 :- pazienti lievi (MMSE > 20)- pazienti moderati

(MMSE 18-20)- pazienti moderati/severi

(MMSE 13-17)

Oltre all’esclusione di 35 possibilipartecipanti a causa della non com-patibilità con le linee guida sopra ci-tate, sono stati considerati non ido-nei 44 anziani per i seguenti deficit:

- analfabetismo (n=2) - difficoltà di comunicazione (n=6)- deficit acustico severo (n=5)- deficit visivo severo (n=4)- altre patologie del sistema nervoso

centrale (n=11)- disturbi psichiatrici (n= 7)- disturbi comportamentali severi

(n=9)

Si è ritenuto che le prime 5 difficoltànon fossero compatibili con il lavoroche si andava a svolgere poiché gliesercizi del corso richiedevano capa-cità di lettura, scrittura, visus conser-vato (per poter svolgere compiti car-

ta-matita), interazione con il condut-tore e con gli altri anziani. I disturbi psichiatrici e comporta-mentali, invece, avrebbero potutopregiudicare il lavoro di gruppo e si èpensato essere più consono un inter-vento individuale anche per evitaresentimenti di imbarazzo e vergognadovuti a tali deficit.Dei 20 utenti del centro diurno 10sono stati inseriti nella ricerca: 5 nelgruppo sperimentale e 5 nel gruppodi controllo. La scelta dei soggetti che hanno pre-so parte al trattamento (gruppo spe-rimentale) è avvenuta in base alla dis-ponibilità degli accessi alla struttura:dato che gli anziani devono essere ac-compagnati dai parenti si dovevanotrovare situazioni familiari che per-mettessero l’accesso in struttura conuna frequenza settimanale di duegiornate. Un paio di famiglie hanno accettatodi modificare le giornate di accessoper consentire all’anziano di usufrui-re del trattamento di stimolazionecognitiva. Nessuno dei 20 ospiti del-la Casa Protetta “S. Biagio” è statoincluso nella ricerca, perché nessunorispondeva ai criteri di inclusione. Dei 60 residenti nella Casa Protetta“Virgo Fidelis” hanno soddisfatto icriteri di inclusione 11 anziani, di cui6 inseriti nel gruppo sperimentale e 5nel gruppo di controllo. 24

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Sesso, Età e ScolaritàI 21 soggetti entrati a far parte dellostudio sono 16 femmine e 5 maschi,di età compresa tra 64 e 95 anni, conuna scolarità compresa tra 3 e 13 an-ni. Le seguenti tabelle mostrano ladistribuzione per sesso, età e scolari-tà all’interno di ogni gruppo.

Totale soggetti Femmine MaschiFrequenza 1 65Percentuale 76,2 23,8

Età Media ± d.s.Totale soggetti 80,43 ± 8,99

Scolarità Media ± d.s.Totale soggetti 5,24 ± 2,53

Il seguente diagramma mostra schematicamente la distribuzione dei soggetti:

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DiagnosiIl 52,4% del campione selezionatoha una diagnosi di demenza tipo Alz-heimer, mentre la diagnosi del re-stante 47,6% è di demenza vascolare.

Totale soggetti Alzheimer Demenzavascolare

Frequenza 11 10Percentuale 52,4 47,6

Casa protetta(n=5)

Centro diurno(n=5)

Casa protetta(n=6)

trattamento(n=11)

soggetti esclusi(n=79)

Centro diurno(n=5)

controllo(n=10)

persone valutate(n=100)

soggetti inclusi(n=21)

In seguito si potranno trovare le seguenti abbreviazioni:gruppo 1 = gruppo sperimentale Centro Diurnogruppo 2 = gruppo di controllo Centro Diurnogruppo 3 = gruppo sperimentale Casa Protetta

gruppo 4 = gruppo sperimentale Casa ProtettaCD = Centro DiurnoCP = Casa Protetta

Alzheimer

Demenza vascolare

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Farmaci anticolinergiciL’assunzione di farmaci anticoliner-gici interessa solo 6 anziani su 21.

Nello specifico, le seguenti tabellemostrano quanti soggetti di ognigruppo assumono farmaci:

SI NOCentro Diurno 5 5Casa Protetta 1 10

SI NOGruppo 1 C.D. 2 3Gruppo 2 C.D. 3 2Gruppo 3 C.P. 1 5Gruppo 4 C.P. 0 5

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QUADERNI CADIAI IV

SI

NO

StrumentiIn fase di pre-test, post-test e follow-up sono stati scelti i seguenti test fraquelli suggeriti dal protocollo:

Area cognitiva generaleMMSE (versione con parola “carne” invece di “mondo”): misura il grado deldeficit cognitivo

AttenzioneMATRICI ATTENTIVE: test per la valutazione dell’attenzione selettiva

Memoria verbaleAPPRENDIMENTO SUPRASPAN VERBALE (TECNICA DI BU-SCHE-FULD): esamina la capacità di memorizzare una lista di parole supe-riore alla capienza della memoria a breve termine e la capacità di recuperarel’informazione verbale dalla memoria a lungo termine (MLT)SHOPPING LIST: misura la memoria verbale a breve e a lungo termine

Fluenza verbaleFLUENZA FONEMICA PER LETTERA: esamina l’estensione e la fruibi-lità del patrimonio lessicale del soggettoFLUENZA VERBALE PER CATEGORIA SEMANTICA: fornisce una va-lutazione delle abilità di produzione del linguaggio del soggetto. Permette dimisurare la capacità di scelta rapida di parole nel lessico interno

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InterventoIn fase di pre-test, per valutare l’utili-tà dell’intervento, sono stati sommi-nistrati a tutti i 21 soggetti apparte-nenti ai gruppi sperimentali o dicontrollo, i test neuropsicologici pre-cedentemente descritti. L’intento èstato quello di monitorare le varieabilità cognitive prima dell’interven-to per poter poi utilizzare tali dati co-me baseline di confronto. Conclusala fase di pre-test, infatti, e portato atermine il corso di stimolazione co-gnitiva, sono stati condotti un post-test e un follow up a tre mesi.

Analisi dei datiPer l’analisi dei dati è stato utilizzatoil pacchetto statistico SPSS versione13.0. Per prima cosa, è stata effettua-ta un’analisi descrittiva dei dati attra-verso gli indici di frequenza, le medie

e le deviazioni standard.Successivamente, per verificare leipotesi di ricerca, è stata applicata l’a-nalisi della varianza per misure ripe-tute tra i soggetti ed entro i soggetti.Il disegno sperimentale è un disegnofattoriale misto 2 x 3. Le variabili di-pendenti nell’analisi entro i soggettisono le tre somministrazioni di ognitest (pre-test, post-test e follow-up atre mesi). I fattori tra i soggetti sono invece ilgruppo sperimentale e il gruppo dicontrollo.Per definire le prestazioni alle variesomministrazioni ripetute dei test,sono stati utilizzati come parametrila media e la deviazione standard delcampione. I risultati del Centro Diurno e dellaCasa Protetta sono stati analizzati se-paratamente. 27

AprassiaTEST DI APRASSIA COSTRUTTIVA: valuta le abilità visuo-costruttive, lacapacità di copiare rispettando le coerenze reciproche e gli elementi costrut-tivi del modelloTRAIL MAKING TEST A: misura le abilità di ricerca visiva, attenzione, riconoscimento di numeri, velocità e coordinazione motoria TRAIL MAKING TEST B: misura tutte le abilità del TestA più le funzioniesecutive o di controllo e la flessibilità mentale nell’elaborazione di più sti-moli contemporaneamente

AffettivitàGDS (30 item): misura la depressione nell’anziano

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Per motivi di spazio e perché la stati-stica risulta sempre ostica e noiosa achi non se ne occupa abitualmente,abbiamo ritenuto opportuno nonelencare l’insieme completo dei grafi-ci e delle tabelle derivati dall’analisidei dati. Chi fosse interessato a consultarli po-trà prenderne visione presso la CasaProtetta RSA “Virgo Fidelis”.

RisultatiTenendo conto che si voleva valutarel’utilità della Stimolazione Cognitivanella demenza, prima di analizzare irisultati, bisogna riflettere su cosa cisi debba aspettare e su cosa si possaauspicare come esito del trattamento.La demenza è una patologia che perdefinizione si caratterizza per il pro-gressivo deterioramento non reversi-bile. Sarebbe quindi illogico aspettar-si un miglioramento delle prestazionicognitive. Ciò che invece è indice di un buonesito di trattamento è il manteni-mento nel tempo delle abilità resi-due. Per monitorare tale desiderabileeffetto la ricerca ha previsto due fol-low-up, uno a tre mesi e uno a seimesi. Quest’ultimo è in fase di ese-cuzione. Considerando che si parla di unamalattia devastante per la qualità divita del soggetto e che il trattamentoin oggetto si propone un approccio

multidimensionale, anche sugliaspetti psicologici, sociali e relaziona-li, è da considerarsi positivo ogni mi-glioramento del benessere dell’anzia-no esplicitamente dichiarato dall’in-teressato o dai caregivers. Alla luce diqueste premesse e di quanto emersodall’analisi dei dati, si può affermarequanto segue:

1. La prima ipotesi di ricerca sem-bra confermata.Se si assume il MMSE come misurariassuntiva e globale dello stato co-gnitivo generale del soggetto, si evi-denzia che sia nel Centro Diurnosia nella Casa Protetta i gruppisperimentali mostrano un mante-nimento delle prestazioni tra pre-test, post-test e follow-up, mentre igruppi di controllo seguono il natu-rale progressivo decadimento che siverifica nella demenza. La Stimolazione Cognitiva sembradunque favorire il mantenimentodelle abilità cognitive, obiettivo prin-cipale e auspicabile in qualunquetrattamento applicato alle demenze. Visto che nello studio sono stati in-clusi soggetti con deterioramentomedio e medio-grave, si è conferma-ta l’utilità della Stimolazione Co-gnitiva, oltre che per gli anzianiaffetti da demenza lieve, anche perla forma media o medio-grave del-la malattia.

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2. Tutti gli anziani sono rimasti sod-disfatti del corso ed hanno parteci-pato volentieri. I partecipanti del Centro Diurno sisono caratterizzati per una maggiormotivazione e per aver svolto con co-stanza gli esercizi a casa.Una signora, molto preoccupata peri suoi problemi di memoria, in occa-sione della presentazione del corso,ha detto: “Io non so come fare conquesta memoria, non capisco: miomarito è più vecchio di me e si ri-corda tutto, mi sgrida sempre per-ché dice che sono smemorata, pen-sa che lo faccia apposta, anche le fi-glie mi dicono che devo stare piùattenta e che non va mai benequello che faccio. Voglio proprio fa-re questo corso perché uno, se fa la-vorare la testa, poi dicono che si ri-corda di più le cose”. Da queste parole e da altri commen-ti sembrerebbe che il desiderio dimostrarsi ancora competenti con iconiugi o con i figli e la voglia di po-ter continuare a svolgere le faccendedomestiche o familiari sia il motoreche ha spinto ed invogliato questianziani ad accettare positivamente ilcorso. Si tenga in considerazione chegli anziani del Centro Diurno, affet-ti da un livello di compromissionecognitiva meno grave rispetto ai resi-denti in Casa Protetta, mantengonoancora un grado superiore di consa-

pevolezza della malattia e dei deficitcorrelati. Inoltre, alcuni anziani del CentroDiurno hanno chiesto più volte dipoter ripetere l’esperienza dopo avernotato che i successi ottenuti in “au-la” si trasformavano in benefici nellavita quotidiana. A questo proposito una signora haaffermato: “Spero di fare ancoraquesti esercizi per la memoria per-ché sento che va meglio, mi fannobene”. Quando le si è chiesto di spie-gare in cosa consistesse il migliora-mento ha aggiunto “non so bene co-me dire, è solo che mi sembra ditrovare di più le cose, mi sento latesta meno confusa, l’ha detto an-che mia figlia che mi fa bene”.Nella Casa Protetta gli anziani eranomolto meno motivati salvo rare ecce-zioni, a volte accoglievano con fasti-dio il fatto di doversi spostare e didover cambiare la routine giornalieraper questi incontri. Più di una volta quando si propone-va il corso e si spiegava l’utilità, la ri-sposta era la stessa, quasi registrata:“Va bene, ma tanto a cosa serve,sono vecchia e poi cosa me ne fac-cio qui dentro?”.Come detto ci sono state eccezioni:due signore erano ben contente dipartecipare a questi incontri e hannosempre svolto gli esercizi per la voltasuccessiva.

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Nonostante la minor motivazione,una volta iniziato il corso, tutti han-no partecipato con interesse e soddi-sfazione. A questo proposito si puòipotizzare che la scarsa e diffidenteadesione iniziale sia da imputare adun meccanismo di protezione deglianziani istituzionalizzati che, avendogià esperito sentimenti di rifiuto,alienazione e abbandono, rifuggonoda possibili coinvolgimenti che po-trebbero rilevarsi ulteriori future de-lusioni. Ciò che ha accomunatoCentro Diurno e Casa protetta è sta-ta l’esperienza di aggregazione e con-divisione che si è creata all’internodei gruppi sperimentali. 3. Si evidenzia un effetto dominiospecifico. Le funzioni su cui ha avuto maggioreffetto la stimolazione cognitiva sonole abilità verbali: in particolare, sem-bra esserci un mantenimento dellafluenza semantica. Interessante è an-che l’effetto positivo ottenuto sullamemoria a lungo termine (MLT). I risultati ai test che misurano le abi-lità prassiche e l’attenzione non evi-

denziano differenze significative tragruppo sperimentale e gruppo dicontrollo. Bisogna tener conto che i minori ef-fetti del corso sulle funzioni attentivee prassiche potrebbero anche esseredovuti ad una maggior compromis-sione di tali abilità nella demenza. Come sperato sembra essersi verifica-to un incremento del benessere sog-gettivo dovuto probabilmente all’ag-gregazione instauratasi nel gruppo dilavoro. Gli anziani si sono conosciuti me-glio, hanno potuto constatare che iloro problemi cognitivi sono comunie, di incontro in incontro, è cresciu-to lo spirito di gruppo: se un parteci-pante si trovava in difficoltà gli altricercavano di aiutarlo o lo rassicura-vano sul fatto che la difficoltà incon-trata era anche la loro. Risultato inte-ressante che può definirsi come au-mento dell’interazione sociale: alla fi-ne del corso quasi tutti ricordavano inomi dei compagni e si accorgevanose mancava qualcuno informandosipreoccupati del motivo dell’assenza.

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I l vissuto degli operatori

Il gradimento degli operatori non èstato inferiore a quello degli anziani:tutti hanno avuto espressioni digrande soddisfazione per il lavorosvolto, per la qualità del clima che siera creato nel corso degli incontri,per come gli anziani che loro ben co-noscono apparivano diversi in uncontesto ‘altro’, diverso dal nucleodove solitamente li seguono.“Sono molto contento di quest’espe-rienza” dice Fabio “e mi è piaciutaancora di più quando l’ho ripetutacon gli anziani della Casa Protet-ta, perché non mi aspettavo davve-ro l’interesse e l’entusiasmo chehanno dimostrato. Quando passodavanti a Luigi e lui mi chiede’non si fa niente di là oggi?’ sentoche dal mio lavoro ha veramentericavato qualcosa”. Anche Barbara è visibilmente soddi-sfatta: “Credo che uno degli effettimaggiori di questo lavoro sia quel-lo di togliere l’anziano dalla routi-ne del nucleo e di metterlo nellacondizione di comunicare con altrianziani e di condividere con loroun’esperienza significativa, diversa

dalla quotidianità. Per me è statomolto importante vivere quest’espe-rienza, perché non avrei mai cre-duto che potessero reagire così. Miha dato davvero molte soddisfazio-ni” Anna, dal canto suo, non hadubbi: “Mi sono divertita, penso,anche più di loro. E la seconda vol-ta è stato ancora meglio. Mi sonotrovata benissimo, perfettamente amio agio”.Tutti dichiarano di non aver incon-trato alcuna difficoltà nell’assumereun ruolo così diverso da quello che èloro abituale e tutti, indistintamente,ritengono che altri colleghi dovreb-bero essere formati e avere l’opportu-nità di sperimentarsi in questa attivi-tà “perché le cose bisogna provarle,prima non si riesce a capire!” Sonoanche tutti d’accordo sull’idea distandardizzare il trattamento all’in-terno dei piani di lavoro delle strut-ture “perché è importante moltipli-care queste occasioni di stare congli anziani in un modo diverso” eperché, come spiega Fabio “mi sonoreso conto che ci vuole una costan-za, altrimenti le tecniche si perdo-

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no: è un vero allenamento e va ri-petuto spesso, come tutti gli allena-menti” Inoltre, aggiunge Barbara“lavorare anche in questo modoserve a motivare l’operatore, chespesso si trova ad essere frustratodalle situazioni quotidiane.”Ampio interesse hanno suscitato an-che i materiali impiegati nel tratta-mento e in parte prodotti artigianal-mente all’interno dei servizi stessi.Solo alcuni degli operatori, però,hanno dichiarato di impiegarli o divolerli impiegare al di fuori del set-ting delle sessioni di stimolazione co-gnitiva e sono le persone che in que-

sto momento si trovano a lavorarecon anziani un po’ meno deteriorati.Questo depone a favore di una im-portante acquisizione di competenzeda parte di tutti gli operatori coin-volti, che si dimostrano in grado divalutare obiettivamente le situazioniin cui ha senso praticare la stimola-zione cognitiva e contemporanea-mente sollecitano indicazioni per lesituazioni in cui altri tipi di tratta-mento potrebbero risultare più ade-guati. Alla proposta di sperimentare,in un prossimo futuro, trattamentidiversi hanno aderito tutti con entu-siasmo.

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Va rilevato, in fase conclusiva, quelloche si è caratterizzato come limiteprincipale di ricerca, ovvero la nonomogeneità fra gruppi sperimentali egruppi di controllo. Questo limite èstato sempre tenuto in considerazio-ne sin dalle prime fasi e ha guidatoattentamente l’analisi dei dati nonpregiudicando affatto la possibilità ditrarre le seguenti conclusioni:- l’approccio di Stimolazione Cogni-tiva si classifica come dominio speci-fico. Si presuppone quindi la necessi-tà di creare esercizi specifici per ognifunzione cognitiva che si voglia sti-molare.- questo intervento ha importanti ef-fetti secondari in ambito relazionale,di benessere percepito e gli anzianihanno notato con soddisfazione mi-glioramenti nella vita quotidiana.- gli effetti complessivi del tratta-mento evidenziano una stimolazioneglobale e multidimensionale, risulta-to soddisfacente dato che i problemiche si incontrano nella demenza nonsono solo di carattere cognitivo maanche affettivo, relazionale e sociale.Dati i buoni risultati e le richieste de-

gli anziani, entrambe le strutturehanno deciso di riproporre ciclica-mente questo trattamento riabilitati-vo, inserendendolo stabilmente nel-l’articolazione dei piani di lavoro de-gli operatori. Dopo il primo gruppodi tre operatori ne sono già stati for-mati altri quattro – tre alla “Virgo Fi-delis” e uno a “S. Biagio” – che han-no condotto, dopo la ricerca, altridue cicli di incontri. Molti altri ope-ratori hanno formalmente chiesto es-sere formati e di poter partecipare al-l’esperienza, perciò prevediamo abreve l’organizzazione di nuovi corsidi formazione. Questi ampi riscontripositivi ci fanno ovviamente moltopiacere e ci confermano nell’idea chel’ approccio all’anziano dev’essereglobale, centrato sulla persona, mul-tidimensionale, assolutamente inte-grato. Ma non ci basta. In tutte le storie a lieto fine, c’è sem-pre qualche personaggio secondarioche rimane sullo sfondo, dimentica-to e non partecipa alla festa finale. Che cosa ne vogliamo fare di Caroli-na, di Francesco, di Gabriella o diAurelio che ormai non possono più

C onclusioni

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beneficiare delle nostre sessioni distimolazione cognitiva?Questa sarà la prossima scommessa.Stiamo progettando una nuova spe-rimentazione, questa volta sull’insie-me delle strutture protette, per veri-ficare l’efficacia delle attività di sti-molazione aspecifiche e di alcuni

trattamenti comportamentali suglianziani con demenza in fase modera-ta-severa e severa. E dato che ormaiabbiamo imparato il ‘come si fa’, in-tendiamo produrre anche un nuovoprogetto di ricerca per validare i ri-sultati della sperimentazione.E speriamo di farcela.

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ndiceIPREMESSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1

INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 2

PARLIAMO ANCORA DI DEMENZE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 4

ALCUNI CENNI CLINICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6

CHE FARE? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10

DOVE COMINCIA L’AVVENTURA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 15Il Memory Training come strumento di riabilitazione cognitiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 17La tecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 17I primi risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21

LO STUDIO CONTROLLATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 23Strumenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 26Intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 27Analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 27Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28

IL VISSUTO DEGLI OPERATORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 31

CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 33

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 36

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Collana "Quaderni CADIAI IV - Compiti per la memoria Tutti i diritti riservati. Ogni riproduzione del testo o di sue parti è severamente vietata.

Finito di stampare in febbraio 2006

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Un ringraziamento per aver contribuito alla realizzazione di questo quaderno a:

Una significativa esperienza di collaborazione fra CADIAI e l'Università degliStudi di Bologna ha contribuito in modo essenziale al lavoro qui presentato. Inesso infatti è confluita una tesi di ricerca, svolta presso la Casa Protetta/RSAVirgo Fidelis e il Centro Diurno S.Biagio grazie ad una convenzione di tirociniocon la Facoltà di Psicologia. Ringraziamo il professor Rabih Chattat, titolare della cattedra "Metodi di inter-vento nel disagio dell'anziano" e relatore della tesi, per il prezioso contributo alprogetto.

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