OME ALLA - Universita' degli Studi di Napoli Federico II · 1994, è stato Direttore del...

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II OVVERO

PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA

DALLE PALAFITTE ALLE TORRI DI DUBAI. LA STORIA DELLE COSTRUZIONI 11 di Edoardo Cosenza ABITARE 13 di Enrico Rebeggiani INGEGNERI PER NECESSITÀ: UNO SGUARDO AL PASSATO 15 di Luigi Cicala INGEGNERIA E NATURA 17 di Francesco Rispoli

Si chiude oggi l’ottavo ciclo di Come alla Corte, ovvero parlando e riparlando di scienza.

Undici conferenze sui temi più vari. Oltre le cosiddette materie scientifiche. Sempre per fare conoscenza,

stuzzicare curiosità. Informare. Formare anche. Abituare all’analisi dei problemi.

Ad esercitare il contradditorio. Abituare ad avere un’idea e ad argomentare per affermarla e difenderla.

A non essere tifoserie di calcio con ultras contrapposti.

Quest’anno, nonostante il solito impegno di tutti: lo staff del Coinor, della segreteria del Magnifico Rettore

e dell’Ufficio Organizzazione Convegni vi è stata una lieve flessione di pubblico.

Stanchezza della manifestazione. Temi non accattivanti. Tutto è da considerare. Forse il “colpevole” è

stato solo il necessario spostamento di sede, per i lavori di manutenzione in via Partenope.

Come ogni personaggio “famoso” quest’anno Come alla Corte si è affacciato su Facebook, collezionando

subito molte amicizie. Ha stabilito anche una forte connessione con la web radio di Ateneo F2 Radio Lab.

Una sinergia d’intenti. Diffondere cultura. Un’utilizzazione di tutte le potenzialità mediatiche.

Può sembrare un tormentone, ma è un preciso dovere delle istituzioni

diffondere la cultura oltre i loro confini. Vincere la “battaglia” contro ignoranza, superficialità e

approssimazione. Far ragionare con la testa e non con la pancia.

Perciò il gruppo è già al lavoro per il prossimo ciclo. Il “cartellone” è in elaborazione. Anche il pubblico

attraverso Facebook sta partecipando. Proponendo argomenti da approfondire e dibattere.

Un metodo democratico. Appuntamento ad Ottobre allora!

Se i finanziatori saranno ancora al nostro fianco e se il pubblico sarà parte attiva.

Ellegi

L'ingegneria tra le prime necessità dell'Uomo e

i simboli avveniristici della società moderna

Gli articoli degli incontri si trovano al sito

www.comeallacorte.unina.it

Edoardo Cosenza è nato a Napoli il 3 maggio 1958, è

sposato con Lucia ed ha tre figli: Valentina, Mario, Caterina.

Professore di Tecnica delle costruzioni presso la Facoltà di

Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II dal

1994, è stato Direttore del Dipartimento di Analisi e

Progettazione Strutturale, Presidente del Corso di Laurea in

Ingegneria Civile, Delegato dell’Edilizia del Rettore della

Federico II Guido Trombetti, Consulente per l’edilizia del

Rettore dell’Università di Catanzaro Salvatore Venuta. È stato

Preside della Facoltà di Ingegneria della Federico II dal 2005 al 2010. Attualmente è Assessore

ai Lavori Pubblici, Difesa del suolo e Protezione Civile della Regione Campania e Commissario

di Governo per diverse attività regionali.

È autore di circa 500 pubblicazioni, di libri scientifici e di testo e membro di molte associazioni

scientifiche internazionali.

Ha ricevuto il Premio Guido Dorso per la cultura ed è Socio corrispondente dell’Accademia delle

Scienze Fisiche, Naturali e Matematiche e dell’Accademia Pontaniana di Napoli.

È stato componente o coordinatore di commissioni normative, fra cui quella relativa alle nuove

norme tecniche per le costruzioni ed alla riclassificazione sismica del territorio nazionale, degli

Eurocodici, del Codice Modello europeo sulle costruzioni in cemento armato e precompresso. È

stato Vice-presidente della Commissione Grandi Rischi, sezione rischio sismico. È stato

fondatore e primo Presidente del Consorzio Nazionale Reluis, centro di competenza della

Protezione Civile nazionale.

Si è interessato, come progettista o collaudatore, di molte opere strutturali come l’Auditorium

Niemeyer di Ravello, l’Ospedale del Mare a Napoli, il Campus dell’Università di Catanzaro, il

Progetto C.A.S.E di L’Aquila.

COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Dalle palafitte alle torri di Dubai. La storia delle costruzioni

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

DALLE PALAFITTE ALLE TORRI DI DUBAI. LA STORIA DELLE COSTRUZIONI Edoardo Cosenza Professore di Tecnica delle costruzioni Università degli Studi di Napoli Federico II

Le costruzioni forniscono strumenti

essenziali per la vita dell’uomo, e dunque la

storia delle costruzioni si è svolta perfettamente

in parallelo con quella dell’umanità. L’uomo deve

vivere in luoghi sicuri e confortevoli e deve

potersi spostare agevolmente, così gli edifici ed i

ponti soddisfano tali esigenze. Le prime

costruzioni per abitazioni sono simbolicamente

rappresentate dalle palafitte, cosi come

nell’immaginario le prime costruzioni ardite per

vie di corsa sono rappresentate dai ponti di

liane. La loro evoluzione porta, dopo migliaia di

anni, a fantastiche opere di ingegneria: gli edifici

possono essere simboleggiati dalle straordinarie

torri di Dubai con i loro 160 piani e 828 metri di

altezza, più del Monte Epomeo di Ischia! Ed i

ponti arrivano oggi fino alla fantastica struttura

sospesa di Akashi-Kaiky con 1991 m di

campata centrale.

E il forte simbolismo delle costruzioni e

dei ponti è sotto i nostri occhi ogni giorno, anche

se magari non ce ne accorgiamo: su tutte le

carta monete dell’euro, sul fronte è disegnato

una costruzione e sul retro un ponte, da antiche

costruzioni in muratura a fantastici ponti strallati

in acciaio. Perciò le costruzioni sono viste come il

simbolo dell’economia.

E ciò è tanto più vero se pensiamo a

quanto l’ideazione di queste fantastiche opere

sia anche il frutto della necessità di

simboleggiare il potere e la crescita economica

di una nazione piuttosto che una reale esigenza

umana: si osservi che i grandi grattacieli sono

nati a New York ed a Chicago, nella nazione

considerata a fine ottocento e nel novecento il

locomotore della crescita mondiale. E anche oggi

sono edifici utilizzatissimi e di grande valore

economico. Ma poi, gli edifici più alti del mondo

si sono costruiti in Asia, prima in Malesia e poi a

Taiwan, proprio per evidenziare la forte ascesa

economica dell’Oriente. Ed oggi l’edificio record è

nei paesi arabi, dove pure si è spostato il potere

economico mondiale. Ma il valore simbolico ha

gradualmente cancellato le necessità umana, se

si pensa che ad oggi solo settantacinque dei

novecento super appartamenti della torre di

Dubai sono utilizzati, travolti dalla grande crisi

finanziaria.

E nel parlare della storia delle costruzioni

non può trascurarsi la complessità

dell’evoluzione. Le grandi sfide ingegneristiche

hanno portato a grandi risultati, ma non si

possono dimenticare cocenti sconfitte. Ad

esempio nell’evoluzione dei ponti si è arrivati ai

1991 m di campata centrale per il ponte

giapponese di Akashi-Kaiky , in una delle

posizioni geografiche più sismiche del mondo.

Ma si è anche passati per il celebre crollo da

vibrazioni flesso - torsionali causate dal vento

del Tacoma Bridge, con 853 m di campata

centrale, che fu inaugurato l’1 giugno del 1940 e

che crollò il 7 novembre dello stesso anno. E

vale anche la pena di ricordare che il Millenium

Bridge di Londra, straordinario e bellissimo

ponte pedonale estremamente ribassato, fu

inaugurato il 10 giugno del 2000 ma chiuso dopo

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soli due giorni! Adesso è pienamente funzionan-

te, ma dopo aver subito un’importante ulteriore

intervento di ingegneria. Dunque la storia delle

costruzioni segue quella dell’umanità, con tutti i

suoi miglioramenti evolutivi ma anche con le sue

debolezze.

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ABITARE Enrico Rebeggiani Professore di Sociologia economica e del lavoro Università degli Studi di Napoli Federico II

Il rapporto delle società contemporanee

con l'abitazione mostra tendenze divergenti, da

un lato lo sviluppo delle tecnologie di trasporto,

di comunicazione e lo sviluppo del mercato a

livello planetario spingono verso forme (nuove o

tradizionali) di nomadismo, dall'altro l'abitazione

acquista sempre maggiore importanza e

centralità rispetto a svariate funzioni sociali. In

questa tensione le forme dell'abitare si

moltiplicano e si differenziano, allontanandosi

dalle forme tradizionali, una volta legate alle

culture locali, al posto occupato nella

stratificazione sociale e soprattutto a

configurazioni della famiglia tradizionali e stabili.

La casa non è più il luogo in cui inizia e

finisce la vita, ma continua a essere percepito e

desiderato come il luogo della sicurezza, della

stabilità e dell'identità.

Anche se è in casa che accade il maggior

numero di incidenti sul lavoro, ogni anno si

fanno male quarantasette persone ogni mille e

sono soprattutto donne, bambini e anziani,

ovvero i tre gruppi che sono costretti a

trascorrervi quantità crescenti di tempo.

La tendenza al neonomadismo, più o

meno tecnologico, è evidente nei contesti

economicamente dinamici e riguarda le classi di

età centrali, mentre nei paesi con età media più

elevata e dove l'economia cresce meno è più

accentuata la stanzialità. Questo si osserva bene

in Europa e soprattutto nel nostro paese; il 72%

della popolazione è proprietario della casa in cui

abita, la casa è il principale simbolo di status,

ma a caro prezzo: per il 60% degli italiani il

problema della casa non è tanto la sua

dimensione o la sua collocazione, ma la sua

onerosità.

La casa rimane un elemento di grande

importanza nella costruzione della nostra

identità e per definire le nostre relazioni sociali.

Abitare fa parte del quotidiano e non ci si rende

facilmente conto di quante funzioni assegniamo

a questo a posto e di come queste funzioni si

svolgano su più livelli e cambino nel tempo.

Una condizione sperimentale, dramma-

tica in sé, ma utile per fare emergere con chia-

rezza queste funzioni è quella costituita dai

terremoti. Quando la terra si muove sono

innanzitutto le strutture costruite a subire uno

stress e con esse le persone e le comunità che le

abitano. L'evento puntuale, sono spesso

sufficienti poche decine di secondi, proietta su

una prospettiva completamente diversa quello

che è lo scenario quotidiano della routine, la

casa, un posto non sempre effettivamente sicuro

e protettivo, ma come tale sempre percepito e

immaginato.

Il recente sisma che ha distrutto l'Aquila

è un'occasione di impegno e di ricerca anche su

questi temi, un'occasione perché le istituzioni

apprendano e diminuiscano la vulnerabilità. La

fase dell'emergenza ha mostrato, al di là delle

polemiche (e delle malversazioni), che quando

costruiamo edifici continuiamo a dimenticare

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l'eventualità di un terremoto, ma anche che

abbiamo imparato a intervenire in fretta e in

modo efficiente immediatamente dopo. Ciò che

ancora non è chiaro è però come rispondere alla

domanda di ricostruzione. E questo non tanto

per i problemi legati alle decisioni, alla

pianificazione o alla tecnologia, ma perché la

domanda di abitazione è composita e strutturata

su più livelli.

Intervenire dopo un sisma, assistere le

persone che hanno perso la casa, significa

ripercorrere lungo una scala delle urgenze tutte

le diverse funzioni che la casa assolve, riparo ma

anche luogo di pratiche, di relazioni e di simboli.

Funzioni che cambiano secondo le età della vita,

le tipologie familiari, la condizione lavorativa, gli

stili di vita.

"Una vita di sacrifici finita dentro a

quattro scatoloni". Con queste parole una

signora dell'Aquila, ospite di un’abitazione del

progetto CASE riassume il suo sconforto per non

poter avere i suoi mobili e oggetti

nell'appartamento che le è stato consegnato

arredato. Sempre più nella modernità la casa ha

assunto la funzione di contenitore degli oggetti

di cui si compone la nostra esistenza di

consumatori, di museo degli oggetti seriali che

testimoniano la storia della nostra vita.

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INGEGNERI PER NECESSITÀ: UNO SGUARDO AL PASSATO Luigi Cicala Professore di Metodologie della ricerca archeologica Università degli Studi di Napoli Federico II

La delimitazione e l’organizzazione dello

spazio sono tra le operazioni alla base dei

processi di nascita degli insediamenti antichi,

che nel corso del tempo raggiungono fisionomie

e connotazioni diverse, culminanti nell’invenzio-

ne della città.

La ‘costruzione’ dello spazio, nelle forme

degli edifici, rappresenta uno dei momenti in cui

la comunità e l’individuo esprimono appieno

profili culturali, saperi e tecnologie. Gli edifici del

passato si dimostrano come uno straordinario

palinsesto, archeologicamente riconoscibile, non

solo della microstoria della stessa struttura ma

di tutte le trasformazioni economiche, storiche,

tecniche che investono le comunità insediate.

L’archeologia del costruito storico, negli

ultimi decenni, ha sviluppato nuove strategie di

analisi delle tracce degli eventi che hanno

interessato le strutture nel tempo, partendo

proprio dalle scelte costruttive, dai materiali

edilizi e dalla loro messa in opera.

Nel ricostruire la biologia degli edifici, la

lettura più complessa riguarda proprio la loro

fase di nascita, dal momento che il cantiere edile

sparisce quando inizia l’uso del complesso

architettonico, lasciando spesso limitate tracce

archeologiche. L’interpretazione di queste tracce

e l’analisi delle soluzioni costruttive adottate

consentono di restituire l’organizzazione dei

cantieri, che si configurano come veri laboratori

per la creazione e la trasmissione di saperi,

competenze, risorse tecniche e tecnologiche. Le

sperimentazioni, elaborate all’interno del

contesto locale o mediate dal contatto con

gruppi esterni, accanto alle conoscenze

tradizionali, vengono trasmesse direttamente

alle maestranze attraverso i meccanismi

dell’osservazione e della riproduzione del gesto.

Si determinano, in questo modo, l’ambiente

tecnico e la catena operativa, una sequenza di

azioni, validate negli anni, che consentono la

realizzazione delle strutture.

Il legno, l’argilla e la pietra costituiscono

le materie base dei processi costruttivi,

variamente combinate in archi cronologici molto

ampi.

La caverna, il riparo di vegetali, la

palafitta, la capanna, la casa, se letti in una

sequenza evolutiva, possono segnare i momenti

diversi dello sviluppo delle comunità antiche. Le

risorse ingegneristiche seguono, inevitabilmente,

anche il variare dei caratteri culturali, dell’accre-

scimento o del depauperamento dei gruppi

umani, delle capacità di interagire con

l’ambiente, trasformando i saperi e definendo le

regole tecniche di questa “produzione sociale”

dello spazio.

A partire dalla necessità di un riparo,

dunque, le esperienze dei costruttori

dell’antichità si traducono in elaborazioni che

rispondono a delle scelte culturalmente

determinate, in base alle quali si delineano le

preferenze planimetriche, i fenomeni di

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conservazione di tipologie, le enfasi di forme o

apparati decorativi sorti dalle esigenze di auto-

rappresentazione delle società complesse, in cui

i modi di costruire sono destinati ad esprimere

anche i valori dello status di appartenenza.

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INGEGNERIA E NATURA Francesco Rispoli Professore di Composizione architettonica e urbana Università degli Studi di Napoli Federico II

“La terra non è quella ereditata dai nostri

padri, ma quella che lasceremo ai nostri figli”:

così gli indiani Sioux racchiudevano in poche

parole, ante litteram, il senso della

“sostenibilità”, il tema ineludibile col quale

dobbiamo confrontaci oggi.

Entro le più generali questioni poste da

questo tema un ruolo importante lo gioca

l'ingegneria naturalistica. Utilizzando piante vive

nella sistemazione dei corsi d'acqua essa limita

l'azione erosiva prodotta dagli agenti meteorici

su scarpate e superfici degradate da fattori

naturali (dissesto idrogeologico) o antropici

(cave, discariche, infrastrutture). Le sue

tecniche si basano sull'elevata capacità di

sviluppo dell'apparato radicale e di propagazione

di specie vegetali a cui si affiancano materiali

biodegradabili (legname, juta, paglia, biostuoie,

ecc.) e materiali quali pietrame, ferro, che

consentano un consolidamento duraturo.

L'utilizzo di queste tecniche punta a

ricostituire unità ecosistemiche capaci di

autosostenersi attraverso processi naturali, con

positive ricadute sugli aspetti geopedologici,

idrogeologici, idraulici, vegetazionali, faunistici e

paesaggistici del territorio. È possibile effettuare

operazioni di difesa per la conservazione del

suolo, soprattutto in funzione dell'erosione,

causa ed effetto ad un tempo del progressivo

depauperamento dei suoli.

Le sue principali funzioni sono quella

ecologica - in cui le sue tecniche sono peraltro in

grado di modificare, accorciandola, la scala

temporale entro dei processi naturali -, quella

tecnica - per il consolidamento, la protezione del

terreno dall'erosione e la sistemazione

idrogeologica –, quella estetico-paesaggistica -

di ricucitura al paesaggio - e quella socio-

economica, relativa al beneficio sociale indotto,

alla gestione economica delle risorse naturali ed

al risparmio rispetto alle tecniche tradizionali sui

costi di costruzione e di manutenzione.

Si tratta di tecniche sviluppatesi anche in

relazione all'affermarsi degli standard ambientali

derivanti dalla diffusione delle procedure di VIA.

L'ingegneria naturalistica impiega la

minima tecnologia per la risoluzione dei problemi

che affronta ed è un formidabile strumento per

aiutare la natura a ricostruire gli equilibri

naturali. Perciò è essenziale che essa venga

privilegiata per il corretto riordino del territorio

in un quadro generale di tutela dinamica, per

uno sviluppo sostenibile e duraturo.

Per un buon intervento è necessario:

programmare, progettare e realizzare gli

interventi in materia di tutela e di prevenzione

dei rischi anche in funzione della salvaguardia e

della promozione della qualità dell'ambiente;

sviluppare una progettazione caratterizzata da

una spiccata valenza interdisciplinare attraverso

analisi di tipo geologico, geomorfologico,

geotecnico, idrologico, idraulico, floristico-

vegetazionale e faunistico.

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Appare evidente, perciò, la necessità di avvalersi

del supporto di tecnici qualificati in campo

forestale, ingegneristico, geologico, biologico,

agricolo, ecc. Un mix di competenze scientifiche

per dialogare con la natura disposti ad imparare

tutto quanto essa è in grado di insegnare.