Omaggio a Leopardi Chopin - tempovivo.it · suscitare in chi legga o ascolti i miei versi gli...

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omaggio a Frédéric Chopin e a Giacomo Leopardi Arnoldo Foà Giorgio Costa, pianoforte Notturno in do diesis minore op. 27 n. 1 La sera del di’ di Festa Ballata in sol minore op. 23 A Silvia Ballata in la bemolle maggiore op. 47 Il sogno Polacca in la bemolle maggiore op. 53 Canto notturno di un pastore errante dell’Asia

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omaggio a Frédéric Chopin e a Giacomo LeopardiArnoldo FoàGiorgio Costa, pianoforte

Notturno in do diesis minore op. 27 n. 1La sera del di’ di Festa

Ballata in sol minore op. 23A Silvia

Ballata in la bemolle maggiore op. 47Il sogno

Polacca in la bemolle maggiore op. 53Canto notturno di un pastore errante dell’Asia

I CURRICULA

Una novità interessante nel panorama culturale italiano è stata l’esecuzione di un recital dipoesia e musica messo in opera dall’attore Arnoldo Foà e dal pianista Giorgio Costa. Il primosi è cimentato in letture leopardiane, il secondo nell’interpretazione di brani musicali di Chopin.Tutto questo nel nome di una relativa associazione di destini tra le due personalità del romanti-cismo europeo, ma soprattutto per la complessità di forme compositive e di ispirazioni ambien-tali. Lo spettacolo è stato proposto ad un vasto pubblico, che ha risposto con grande interesseall’invito originale. Da Torino e Milano a Roma ed a Parigi, in un’ottantina di centri della peniso-la e all’estero, si è ripetuto il plauso dell’iniziativa. A Courmayeur tra il pubblico pensoso eplaudente c’era anche il Presidente Ciampi.

ARNOLDO FOA'

Attore, regista e commediografo, tra i più importanti inItalia.Intensa e prestigiosa la sua attività teatrale. Ha portatosulle scene spettacoli di autori sia classici che contempo-ranei, con registi come Visconti, Strelher, Menotti,Ronconi, e con regie sue. Oltre a opere di Shakespeare, Pirandello, Aristofane,Checov, Plauto, Caldwell, O'Neill, ha rappresentato anche commedie e drammi suoi: "Signoribuonasera", "La corda a tre capi", "Il testimone", e "Amphitryon toujours", e “Oggi”. E' ancheregista di opere liriche ("Otello" di Verdi, "Il pipistrello" di Strauss, "Histoire du soldat" di I.Stravinskij).Sono celebri le sue dizioni di poesia (Dante, Leopardi, Lucrezio, Neruda, Garcia Lorca ecc.),delle quali sono state realizzate registrazioni su vinile negli anni ’60 (Disco d’oro per il disco dipoesie di Garcia Lorca), e recentemente su cd. Ha interpretato più di 100 films, e ha lavorato con famosi registi italiani e internazionali, comePietro Germi, Alessandro Blasetti, Giuliano Montaldo, Orson Welles, Joseph Losey, EdwardDmytryk, Nunnally Johnson, Tony Richardson, Christian Jacques, Alessandro D’Alatri, EttoreScola. Tra i numerosi e prestigiosi Premi ricevuti, anche il Nastro d’Argento 2004 per il migliorattore non protagonista per il film “Gente di Roma” di E. Scola. Il suo nome è legato ad alcune delle più importanti e famose produzioni della TelevisioneItaliana, tra cui "Capitan Fracassa", "La freccia nera", "Il giornalino di Gianburrasca","Nostromo", “Il Papa Buono”.Arnoldo Foà è inoltre pittore, scultore e giornalista, e ha pubblicato due romanzi, La costituzio-ne di Prinz e Le pompe di Satana, e una raccolta di poesie, La formica. E' da poco uscito per i tipi della Gremese il suo ultimo libro, dal titolo Recitare. I miei primi 60anni di teatro.

GIORGIO COSTA

Si diploma sotto la guida di Emanuele Occelli con ilmassimo dei voti al Conservatorio G. Verdi di Torinonel 1977, segue corsi di perfezionamento con AlbertoMozzati e con Fausto Zadra all’Ecole Internationale dePiano di Losanna. Nel 1980 partecipa ai corsidell’Accademia Chigiana di Siena, nella classe diRiccardo Brengola. Quindi il desiderio di attingere adun magistero musicale fondato su premesse storico-filosofiche lo indurrà a frequentare, dal 1985, i corsi diFenomenologia della musica tenuti da SergiuCelibidache all’Università di Magonza. Nel 1988 prende parte alla Master Class diretta daMurray Perahia a Firenze.Si evidenzia intanto la sua vocazione di solista votato al repertorio classico, che coltiva anchenell’ambito cameristico, ove spazia dai clavicembalisti ai contemporanei, con particolareriguardo ai grandi autori dell’età romantica. La sua attività concertistica diviene intensa ed estesa, riscuotendo consensi di pubblico e dicritica. Ne danno testimonianza i frequenti inviti che gli giungono da prestigiosi organismimusicali, sia italiani che stranieri. Ha infatti preso parte a tournées in tutta Europa: dallaFrancia all’Inghilterra, al Belgio alla Svizzera; dalla Germania all’Ungheria e Romania. Gli siaprono così le porte di rinomati Festival internazionali, come ad Alghero e a Remagen-Coblenza, o di sale riservate, come il Gasteig di Monaco di Baviera o di onorate istituzioni cul-turali, come a Stoccarda, Bruxelles, Losanna, Berna. Ne sono conseguenza la dilatazione delnome di questo pianista italiano e il riconoscimento della peculiarità del suo stile e del suogusto interpretativo. Spigoliamo ora tra i giudizi espressi dalla critica nel tempo. “Giorgio Costa, già conosciuto inItalia ed in Europa, con le sue interpretazioni di Haydn, Schubert e Chopin si è confermatoartista autentico, capace di entrare in sintonia con i geni della musica, riproponendone il lin-guaggio con le più sensibili vibrazioni dell’animo” (da Il Corriere di San Severo, 15 marzo1998)“Giorgio Costa è uno dei pochi pianisti importanti del nostro tempo, capace di entrambe lecose: lo straordinario virtuosismo esercitato sulla tastiera e la duttilità del sentimento che ride-sta il suono dallo spartito” (da Stadt Remagen, 14 aprile 1997); “Giorgio Costa ha saputoesprimere nel modo migliore la sua grande capacità di immedesimarsi con il compositore” (aproposito di Beethoven, Chopin e Brahms, da Suddeutschte Zeitung, 7 marzo 1995).“Con Beethoven e Chopin il pianista torinese ha dato prova di signorilità interpretativa espo-nendo le proprie ragioni musicali con una verità artistica calibrata” (La Provincia, 21 maggio1994).Conforme a questa presenza così generosa sulla scena è stata la disponibilità a pubblicheregistrazioni per la RAI, ma è soprattutto la funzione di docente al Conservatorio Cantelli diNovara, che continua ad alimentare la reciproca influenza tra affinamento tecnico e didassiformativa.

LE RAGIONI DI UN ACCOSTAMENTO TRA DUE GIGANTI SOLITARI: LEOPARDI E CHOPIN

Atteso che Leopardi e Chopin sono due geni, rispettivamente della poesia e della musi-ca, disponiamoci pure a ripetere la nota massima che suona così: “i geni sono irriducibi-li, cioè sono solo se stessi. Anche se, radicati nel loro tempo, attingono qualcosa allatradizione, essi trasformano in nuova sostanza le influenze ricevute dagli altri e dall’am-biente”. Ma il discorso non può finire qui, perché esistono fili invisibili che associano spi-riti lontani e cammini erti lungo i quali un genio procede solitario, ma avendo la sorpresadi ritrovare sulla vetta le tracce di un’altra presenza geniale. Ci sono testimonianze stu-pefacenti circa l’accostabilità di Leopardi e di Chopin. Cominciamo da FriedrichNietzsche, che a distanza di una generazione dai due artisti, ci da un saggio di criticaintuizionistica, una sorta di profetismo ispirato: “L’ultimo dei musicisti più recenti, il polac-co Chopin, l’unico a cui si addice l’epiteto di inimitabile, ha contemplato e adorato tuttala bellezza della poesia leopardiana prima di suscitare la sua musica così toccante”.Geoge Sand (scrittrice e donna di mondo, compagna del nostro musico in un rapportotormentato, simile a quello di Lesbia con Catullo) ha scritto un giudizio che ben coglie lapregnanza dell’arte chopiniana, che è musica aperta alla poesia: “Egli, sopra un solostrumento musicale, ha fatto passare linguaggi infiniti”. E il grosso pubblico, che lo pro-clama “poeta del pianoforte”, conferma questa trasversalità dell’arte geniale che interse-ca di slancio generi tenuti separati dalla tradizione. Leopardi dette il titolo di “Canti” allaraccolta delle sue liriche, fin dal tempo della prima edizione fiorentina (1831), intenden-do significare che i suoi componimenti avevano anche una valenza musicale: “Ho intesosuscitare in chi legga o ascolti i miei versi gli stessi effetti assegnati al suono e al cantoe a tutto ciò che spetta all’udito” (Zibaldone, 1927). Non si dimentichi che, ai primordidella nostra cultura occidentale, la poesia sorse in simbiosi con la musica. Il verso clas-sico è a noi pervenuto scandito da quelle regole metrico-prosodiche che testimonianoancora oggi che l’impasto tra poesia e musica costituì la forma più ricorrente di comuni-cazione artistica, che risuonò nei teatri, nei conviti, nelle piazze e nelle scuole del mondoantico. Leopardi, infatti, ebbe cura gelosa che nella sua poesia (ma anche nella suaprosa, specialmente nelle Operette Morali) vibrassero melodie e ritmi frutto di opportunescelte lessicali e sintattiche. E non disdegnò, per questo, di guardare con interesse allericerche formali dei poeti melici dei ‘600. Se per Leopardi la poesia si apre alla musica,vale per Chopin la reciprocità simmetrica; la sua musica ha tale potenza e pienezza diespressione da valere una comunicazione letteraria. Le sue Ballate, ad esempio, purispirandosi a leggende epico-liriche del popolo polacco (Le stesse che il connazionaleAdam Mickiewitz ytrattò nei suoi poemi), non necessitano di esplicazioni narrative, per-ché la sua musica ha valenza poetica. Non per nulla siamo soliti attribuire a composizio-ni chopiniane titoli di sapore letterario: “La caduta di Varsavia” per indicare un famosostudio, “Il Secondo Amleto” per significare un notturno carico di forza enigmatica, e cosìvia. A dispetto di vistose differenze (mentre il poeta italiano ha alle sue spalle tutto unretroterra filosofico e teologico, da cui accede alla ricerca morale, il musico polacco haimmediati interessi etici, quali la patria, martoriata sotto il dispotismo russo, la libertà, l’a-more come metafora della felicità – interessi che sono le ricca fonte della sua ispirazione-), i nostri due artisti vanno di concerto e possono dirsi genialmente fratelli per la comu-ne capacità di commuoversi davanti al destino umano e per la medesima attitudine afrugare nel cuore (l’eredità di Agostino e di Pascal) onde spremerne i sentimenti can-gianti.

Entrambi appartennero alla stagione romantica, di cui furono interpreti pur nell’autonomia della lorovocazione artistica, caratterizzata da una equilibrata sintesi di istanze classiche e moderne. Essisono da annoverare tra i romantici “creativi”, a cui stette più a cuore la realizzazione in concreto del-l’arte che non la discussione teorica. Un destino tragico troncò la loro vita all’età di 39 anni, dopoun’esistenza travagliata da malattie croniche, in un’alternanza di prostrazioni e di speranze.Sentirono entrambi il rustico fascino della campagna e delle umili figure che la popolano (taciamo diLeopardi, più noto, per dare rilievo al debito che Chopin ha avuto verso il dialetto musicale polacco,appreso dalla viva esperienza di danze e canti nelle lunghe sere estive trascorse a Szafarnia, ilparadiso della sua infanzia). Gastone Belotti (il miglior biografo italiano di Chopin) paragona esplici-tamente il modo di comporre del grande musico a quello adottato da Leopardi, definendolo “tormen-toso”, in quanto cosparso di correzioni che in genere mirano a preservare l’originaria ispirazione. Mail citato biografo si spinge oltre, associando i due artisti per il modo di svolgere il discorso poetico-musicale. “Essi non suddividono il tema in parti precostituite, né aggiungono sviluppi secondo leleggi di associazione e di contrasto, e nemmeno concludono come hanno iniziato. Essi, mentre rac-contano qualcosa raccontano se stessi, restando fedeli alla natura del racconto, che è un’entitàemozionale ed effusiva, che tende a fluttuare per l’intervento di varianti e con il mutare del tono”.Accade anche –a sorpresa- che un commentatore impegnato a illustrare una composizione chopi-niana si serva del richiamo a Leopardi, come termine di analogia. Così abbiamo letto: “Vi è una sin-golare corrispondenza tra la lirica leopardiana “A se stesso” e il Preludio n. 2 del musico polacco: isuoni aspri e cupi e la cadenza spezzata sono nell’una e nell’altra composizione originate da unostesso stato d’animo di cocente delusione”. Questi spontanei e insistenti richiami non possononascere da un’infatuazione, ma presuppongono una realtà sussistente. La stessa che parla agli stu-denti –al momento della conclusione dei loro studi liceali- quando si persuadono della grandezzadell’uno e dell’altro artista, rispettosamente non la contestano, cercano solo di capirla meglio.

Luigi Costa