OMAGGIO A BENITO TATEO… STORICO E ULTIMO DEI MAESTRI

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OMAGGIO A BENITO TATEO… STORICO E ULTIMO DEI MAESTRI Scritto da Dalila Bellacicco Giovedì 16 Agosto 2012 07:36 1 / 7

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OMAGGIO A BENITO TATEO… STORICO E ULTIMO DEI MAESTRI

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OMAGGIO A BENITO TATEO… STORICO E ULTIMO DEI MAESTRI

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Il 13 agosto, dopo due mesi di ricovero presso l’ospedale Miulli a seguito di unoscompenso cardiaco e non ben definite complicanze che ne hanno prolungato la degenza - nonsempre serena - presso il reparto di geriatria, di fatto peggiorando il suo stato generale disalute, è venuto meno Benito Tateo, fine maestro intagliatore ed uomo di grande bontà.

In molti lo ricordano nella sua bottega, accanto alle Tre Croci, un piccolo laboratoriomesso a sua disposizione dal dottorVito Santoiemmanel quale trascorreva le sue ore creando vere opere d’arte. Alle sei di mattina era già lì, da unpiccolo oblò rotondo, ricavato pulendo il vetro, osservava il mondo. Ad accoglierlo, ogni qualvolta apriva la porta, la voce e la musica di Caruso. Un impianto di filodiffusione si attivava al suo ingresso, dandogli il benvenuto.

Benito ha molto amato la lirica e la bella musica, colonna sonora di tante sue composizioni. Negli ultimi mesi ha intagliato un’aquila per l’Aeroporto, uno stemma di Gioia, uno“scudo” nobiliare per la famiglia Tateo e tanto altro aveva in cantiere. Dalla morte della sua amatissima Fausta, avvenuta tre anni fa, cui ha dedicato l’intera vita ed ogni energia (chi non lo ricorda portare apasseggio nella sua seicento la sua “bambina” o con le pizze da asporto tra le mani per lei?),con il ricovero nell’istituto di Padre Semeria di sua moglie, dopo aver superato non pochiproblemi di salute a causa di una caduta, Benito ha vissuto nell’ultimo periodo della sua vita,momenti di grande serenità. Aveva anche un giovane ed affettuosissimo “discepolo” cuitramandare i suoi saperi, Dodo Giuntache tanto gli è stato vicino in questi ultimi mesi, come quel figlio mai nato...

A accudirlo fino all’ultimo giorno la sorella Vanda e le amate nipoti tra cui Milena Capodiferro.

“Finché ha potuto ha scherzato con tutti - ricorda con commozione Milena – alle infermiereche effettuavano i prelievi diceva: “Quando mi portate in cucina? Ormai sono un colabrodo!”.Aveva sempre un sorriso per tutti e cercava di nondar fastidio a nessuno. Di certo ha sofferto e tanto…”.

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“Lo ha portato via un’ulcera duodenale non diagnosticata nei primi mesi di ricovero,forse causata dagli stessi medicinali che avrebbero dovuto curarlo…”, tanta l’amarezzapensando che forse oggi sarebbe ancora in vita, se si fosse compresa per tempo la patologia.

Di lui si è scritto nel 2005, nel n. 3 del bimestrale “la Piazza”. In quell’occasione a quanti lofermavanoper congratularsi per esser finito sui giornali rispondeva: “Meglio sui giornali che sui manifesti!”.

Peppino Vasco dedica queste sue parole a Benito

“Benito Tateo a 86 anni ci ha lasciato. Personaggio straordinario come artigiano dellegno, maestro intagliatore, bastava d argli unpezzo grezzo di legno, dirgli cosa si voleva e al resto ci pensava lui. “Abbasso alle croci” era un apprezzato cittadino, leale e buono con tutti. Ha lavorato per Enti eprivati ricevendo diverse attestazioni pubbliche. Peccato che scuole e amministrazioni non gliabbiano messo a disposizione una struttura per formare giovani artigiani. Benito Tateopuò essere accomunato ai Vinci, Larizza, Notarnicolae altri di cui converrebbe reperire dai famigliari opere e manufatti creati per farne non un museoma una mostra come guida per futuri artisti. Benito lavorava con passione presso il rinomato

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mobilificio Curione (Via Roma), premiato a livello nazionale e internazionale. Emigrò a Bergamo(era nato a Taranto), poi ritornò a Gioia. Adottò una giovane ragazza, deceduta qualche annofa, che accudiva insieme alla moglie. Non cessava mai di amare il suo lavoro. Ai familiari le miecondoglianze insieme a quelle di Gianfranco Amatulli”.

Benito Tateo… Ricordiamolo così

"L’intensa e ambrata fragranza dell’abete rosso nato sulle Dolomiti, quella più aspra emuschiata del noce nostrano, i profumati trucioli di tiglio e l’essenza incensata dell’ulivo,trasformano il piccolo laboratorio di Benito Tateo in un resinoso bosco incantato. Qui il legno“vive”, possiede un’anima, si sente quasi vibrare l’eterna scintilla di vita nascosta nei boschi, inogni ramo, nei tronchi secolari. Le tavole raccontano un’antica storia, in paziente attesa che ilmaestro, finissimo intagliatore, le osservi per scoprire quale foggia è celata nel loro geometricotaglio e compiere il miracolo della “trasmigrazione”, del “ritorno” alla vita in artistici manufattidalle preziose architetture. Benito, 80 anni ad ottobre, appartiene ad una famiglia numerosa, ha tanti fratelli, il suo papà èimpiegato in tipografia. Dal 1938 per 14 anni lavorerà nella bottega di Carlo Curione, maestrod’Arte diplomato alle Belle Arti di Venezia, ricordato per il carattere amabile e scherzoso. Ilgiovane artigiano non lesinerà tempo ed impegno: prima da apprendista ebanista, poi daintagliatore, si tratterrà in bottega ben oltre le dieci ore di lavoro, per meglio comprendere isegreti di quell’Arte in cambio di piccoli regali sotto le feste e, ad “abilità” acquisita, di qualchelira. La guerra sconvolge ogni cosa, la sopravvivenza soffoca le velleità artistiche, la crisi dilaga

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ed il mercato è fermo, dal carpentiere nei cantieri al falegname che nella sua bottega approntainfissi, dall’ebanista che “raccorda” i mobili all’intagliatore che ne disegna, decora e scolpiscelinee e forme. Nel ’55 Benito lavora presso l’aeroporto gioiese, qualche anno dopo ripeteràl’esperienza presso la Termosud ma non permette alla

chimera di un lavoro sicuro di spegnere la gioia della creatività. Sceglie di vivere “d’Arte” e nel1959 apre la sua bottega in via Angelillo. Per oltre 40 anni creerà autentici capolavori conserietà, umiltà e pazienza, sempre con il sorriso sulle labbra e, a detta di tutti, senza mailasciarsi andare allo sconforto o all’ira. La sua produzione è vastissima, da mobili artisticamenteintagliati a bassorilievi di pregio come i Cavalieri dell’Apocalisse o la splendida Creazione diAdamo, 80 cm di diametro per 7 di rilievo scolpito, dall’Altare Maggiore della Chiesa di SanFrancesco a quello di Maria Bambina nella Chiesa Madre, da perfetti restauri di quadri come laMadonna della Seggiola a porte decorate con tralci di vite e turgidi grappoli e ancora mobili einsegne come quella del Ristorante Dei Gracchi a Roma, dove ancora oggi si può ammirareuna sua scultura in rilievo su tre livelli, raffigurante una tavola imbandita: un cestello conspumante, frutta, arrosto... Le sue opere sono sparse per il mondo, perfino in America e inTailandia. Lavora per la proprietaria del Teatro Petruzzellis, ed è convocato quale maestro intagliatore (circa una decina in tutta Italia) per il restauro del Teatro La Fenice di Venezia, incarico prestigioso rifiutato per poter accudire la sua amatissima Fausta, che una encefalite asoli tre mesi ha reso eternamente bambina. Una figlia fortemente desiderata da Benito e suamoglie, adottata in tenerissima età, oggi 36 enne, bisognosa di mille attenzioni…

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Una “croce” segnata dal doloroso intaglio del Destino,accettata giorno per giorno con grande serenità. Benito dorme poco e proprio nelle ore dellanotte torna col pensiero al lavoro, modifica nella mente le sue creazioni, con sublimi intuizioni fasbocciare nel legno rose profumate, incastona scaglie di madreperla, riveste in foglia oro, lucidae satina rilievi ed intarsi, modella il legno con il pensiero, arricciolando con i suoi scalpelli truciolidorati, mentre sullo sciavero prende vita un fiore, un’aquila spicca il volo, nasce una nuovacreatura, un ennesimo capolavoro. Non Benito ma i suoi “amici-discepoli” raccontano del violino di mogano intagliato per Nino Rota in occasione dell’Oscar per “Il Padrino Parte II”, del banjo con i quattro semi da poker e con lascala musicale forgiato per Pasquale Petrera, ammirato da uno scozzese che a sua volta l’ha commissionato e riproposto con effigi diversead un californiano. Nelle case di numerosi notabili le sue opere non mancano: la Bilancia della Giustiziacon toga e alamari presso lo studio Tolentino, le decine di trofei scolpiti per i colonnelli che si sono avvicendati alla guida del 36° Stormo,l’artiglio d’aquila con l’ala a delta e il globo terrestre donato al Presidente dell’Alitalia, sculture, crocifissi e tanti altri splendidi capolavori di cui si è persa la memoria. Con il capochino sulla cornice sinuosa di una cassapanca, scolpisce una foglia, la polvere si posa leggerasul cappello, brilla attraversata da un raggio di sole, vela le lenti ma non tanto da nasconderequella luce nello sguardo di Benito, mentre indica una piccola differenza tra due fiori sbocciatisu lati simmetrici, ma non racconta della scommessa vinta presso uno stand di Bari,

quando “sfidò” un pantografo impiegando nell’intaglio meno tempo del sofisticato macchinario,“ripulendo” anche il disegno. C’è un’umiltà in quest’uomo, che esalta l’aura del grande Artista,del Maestro, con totale ed estrema inconsapevolezza… Un solo cruccio adombra il sorriso: nonpoter trasmettere questo suo dono, questo amore per la creazione, questa “eredità” diesperienza e tecnica, ai posteri. I suoi “discepoli” sono spesso pensionati che tornano nelpiccolo laboratorio per cimentarsi in impegni modesti, per chiedere consiglio o “revisionare”insieme un manufatto o semplicemente osservare Benito mentre crea, ma di giovani desiderosidi apprendere, consapevoli che occorrono anni di impegno per affinare le tecniche e che nonpuò esserci un riscontro economico immediato, non ce ne sono. E sono ancora loro, gliaffezionatissimi ed appassionati amici di Benito, a cui si unisce Eziana Serra, a sottolineare

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l’importanza della salvaguardia dei mestieri artigianali e la disattenzione delle istituzioni,perennemente latitanti. I maestri non sono messi in condizione di poter insegnare, non ci sonoscuole, non si stimolano le vocazioni, tutto scivola nell’oblio. Benito ascolta in silenzio, unsorriso aleggia sul viso, cerca un’asse di ulivo, ne osserva il disegno nodoso, poi con la puntadello scalpello ad angolo n. 9, quello che lavora di più, traccia nell’aria l’effige di una Madonna,è il legno a suggerirne l’immagine…torna ad accarezzare la bianca cornice, sboccia un altrogermoglio…quanta pace, quanta serenità in quest’uomo, in questo resinoso bosco incantato!".

Dalila Bellacicco

Tratto da “la Piazza” maggio 2005

(foto a cura di Donato Stoppini)

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