Olio d'Oliva

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OOLLIIOO DDII OOLLIIVVAA

“La scelta dell’ oggetto su cui si basa la tesina che vi propongo, deriva dall’

osservazione e dalla ricerca delle origini, nonchè dei processi evolutivi di un

alimento importantissimo, presente nella maggior parte dei piatti culinari che ogni

giorno riempiono le tavole di tutti gli italiani e non solo: l’uso dell’olio di oliva

infatti, nella tradizione gastronomica dei paesi mediterranei, rappresenta uno dei

caratteri peculiari della cucina tipica italiana. Ogni giorno se ne assume una

quantità importante nel nostro organismo: molte persone però non ne conoscono le

origini e il processo di estrazione che, da semplici frutti colti da piante ( alcune di

queste plurisecolari ) portano alla realizzazione del condimento più in uso nella dieta

mediterranea”

Generalità sull’olio d’oliva

Olive

L'olio di oliva è da considerare tra le sostanze grasse la più importante e la più

adoperata nell’alimentazione in Italia.

La qualità dell’olio dipende da una serie di fattori e specialmente dal clima, dal

terreno, dal tipo di pianta e dal metodo di raccolta e di lavorazione delle olive.

L’olio d’oliva è un olio alimentare derivato dal frutto (drupa), che nasce dalla

trasformazione dei fiori (mignole) dell'albero di olivo, originario del bacino del Mar

Mediterraneo e presente anche nell’America centrale. Nella drupa l’olio comincia a

formarsi quando essa dal colore verde tende a scurire e la qualità dell’olio aumenta a

mano a mano che dal colore violaceo si arriva al nero; è questo il momento più

opportuno per la raccolta, anche se una ulteriore permanenza sulla pianta porta ad un

aumento della quantità dell’olio, vantaggio che va a scapito della qualità in quanto le

olive possono nel frattempo deteriorarsi. Il periodo di raccolta influisce

notevolmente sulle caratteristiche fisico-chimiche dell'olio. Olive poco mature

daranno un olio verde, con profumi fruttati e sentori amarognoli, mentre olive molto

mature generano un prodotto con profumi di frutta matura, tendenzialmente dolce, e

con un'acidità superiore. Per determinare il momento ottimale per la raccolta vengono

presi in considerazione alcuni parametri tra cui: il colore, l'ammorbidimento della

polpa, il grado di inolizione e la resistenza al distacco.

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Solo in Italia, esistono ben 395 "cultivar" (varietà) di olive di cui 33 in Toscana. Tra

le varietà più note possiamo citare: "Leccino" "Frantoio" "Moraiolo" "Coratina".

Produzione olio in Italia.

Raccolta delle olive

Le olive sono tradizionalmente raccolte (in alcune regioni) battendo le fronde con

bastoni, in modo da provocare la caduta dei frutti che poi si raccolgono uno ad uno a

mano. Una tecnica più moderna prevede l'utilizzo di abbacchiatori meccanici che

scuotono i rami con minore danneggiamento per la pianta e le olive cadono su una

rete predisposta a terra che permette poi di raccoglierle più rapidamente e con minore

fatica; il metodo non è consigliabile in quanto compromette la possibilità di

fruttificazione negli anni seguenti. La pettinatura è una tecnica di raccolta che

consiste nello staccare il frutto mediante pettini e lasciarlo cadere su teli distesi

intorno alla pianta.

Il metodo migliore è la raccolta a mano (bracatura) con sacche a tracolla su lunghe

scale a pioli di legno. Questa tecnica, sicuramente dispendiosa, consente di

raccogliere frutti integri ed al giusto grado di maturazione. Non meno importante al

fine di ottenere un olio vergine esente da difetti è il metodo di stoccaggio delle olive.

Questa prima fase della lavorazione delle olive non deve essere sottovalutata, perché

se le olive rimangono troppo tempo sui rami, o vengono lasciate in terra possono

subire un processo di macerazione, deleterio per la successiva produzione dell'olio.

Per non compromettere la qualità delle olive, l'ideale è portarle al frantoio entro 48

ore dalla raccolta. Questo frutto è talmente delicato che deve essere prestata molta

attenzione anche sul tipo di contenitore dove vengono conservate. L'ideale è che le

olive vengano raccolte in apposite "cassette areate" in plastica, che queste cassette

vengano conservate lontano da fonti di calore e che le olive vengano "frante" nel giro

di 18-24 ore dalla raccolta . Questo garantisce che le olive non fermentino in modo

anaerobico dando origine alla formazione di "alcoli alifatici" che produrrebbero

nell'olio difetti quali "riscaldo" e in casi estremi "muffa".

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Da evitare sono i sacchi, dove le olive vengono schiacciate dando luogo a quei

processi che deteriorano irrimediabilmente i frutti. Altro contenitore “proibito” è la

cassetta di legno, supporto facilmente attaccato dalle muffe.

Linee di lavorazione

La produzione dell'olio d'oliva di maggiore importanza si basa su processi di

estrazione esclusivamente meccanici. In questo modo si distinguono

merceologicamente gli oli vergini da quelli ottenuti mediante processi basati su

metodi fisici e chimici (oli di semi, oli di oliva rettificati e raffinati, oli di sansa).

Va però detto che le normative e gli standard di qualità stabiliscono che un olio di

oliva possa essere definito "vergine" solo se per la sua produzione siano stati

impiegati esclusivamente metodi meccanici. L'olio ottenuto con il ricorso a metodi

chimici e fisico-chimici è pertanto identificato con tipologie merceologiche differenti

e distinte dal vergine.

Le linee di lavorazione nell'estrazione meccanica differiscono per i metodi usati nelle

singole fasi, pertanto esistono tipologie d'impianto differenti. Oltre che per le

caratteristiche tecniche, gli impianti differiscono per la capacità di lavoro, il livello di

meccanizzazione, l'organizzazione del lavoro, la resa qualitativa e quantitativa infine

i costi di produzione. In generale la linea di produzione di un oleificio comprende 4

fasi fondamentali:

operazioni preliminari: hanno lo scopo di preparare le olive alla lavorazione;

molitura. Ha lo scopo di rompere le pareti delle cellule e far fuoriuscire i

succhi. Il prodotto di questa fase è generalmente indicato con il termine di

pasta d'olio;

estrazione del mosto d'olio: ha lo scopo di separare la fase liquida, l'emulsione

acqua-olio, dalla fase solida, la sansa. La sansa è composta dai residui solidi

delle bucce, della polpa, dei semi e dai frammenti dei noccioli (nocciolino).

L'emulsione acqua-olio è generalmente indicata con il termine di mosto d'olio.

In realtà il mosto contiene anche un residuo solido, detto morchia, che resta in

sospensione nell'emulsione;

separazione dell'olio dall'acqua: ha lo scopo di separare i due componenti del

mosto d'olio. Nel processo si separano le due fasi liquide non miscibili e gran

parte delle morchie.

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Operazioni preliminari

Cernita con vaglio statico Lavaggio in lavatrice

Olive pronte per la frangitura

Prima dell'estrazione vera e propria le olive devono essere preparate con le operazioni

preliminari. Si tratta di operazioni che avvengono fra la raccolta e la molitura

effettuate nel settore iniziale dell'oleificio.

Cernita

Consiste nella mondatura delle olive per separarle da terra, rametti e foglie. Questa

operazione viene fatta direttamente in campo oppure, su piccole partite raccolte a

mano sul pavimento di un locale in azienda prima del conferimento oppure, in genere

negli oleifici sociali, al conferimento. La cernita su grandi partite si effettua con l'uso

di vagli statici o vibranti. In passato si tendeva a lasciare una discreta quantità di

fogliame allo scopo di conferire all'olio il gusto di fruttato.

Pesatura

Viene effettuata nell'oleificio all'atto del conferimento. La struttura della filiera in

Italia, costituita per lo più da piccole aziende olivicole che conferiscono il prodotto in

oleifici sociali o che operano in conto terzi, fa sì che i quantitativi conferiti siano

generalmente di modeste quantità (1-1,5 t al massimo). La pesatura pertanto è

effettuata dopo lo scarico dal mezzo di trasporto in cassette, bin o sacchi.

Stoccaggio

Con piccole partite raccolte integralmente a mano questa fase si svolge in parte

nell'azienda olivicola allo scopo di raggiungere il quantitativo sufficiente da conferire

per un ciclo di lavorazione. Con grandi partite, in genere ottenute con sistemi di

meccanizzazione, le olive raccolte vengono direttamente conferite all'oleificio e

stoccate in un'area o locale separati (l'olivaio) oppure direttamente in uno spazio

antistante la linea di lavorazione.

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In passato si stoccavano le olive in sacchi di juta, attualmente si usano le cassette

forate o i bin nel caso di sistemi palettizzati, riducendo quanto più è possibile gli

strati per migliorare l'aerazione delle olive e prevenire le fermentazioni.

Lavaggio

Si effettua mediante immersione delle olive in una vasca d'acqua o, nei moderni

impianti, in apposite lavatrici che mantengono una movimentazione forzata

dell'acqua per migliorare il risultato dell'operazione. Allo scopo di ottenere un olio di

qualità, in questa fase, è anche importante che l'acqua impiegata sia pulita

ricambiandola frequentemente. Al termine dell'operazione le olive subiscono

un'asciugatura per semplice sgrondo dell'acqua di lavaggio.

La qualità del prodotto finale dipende dalle operazioni finali in relazione allo stato di

conservazione delle olive e ai tempi d'attesa. La conservazione in grandi cumuli, con

insufficiente aerazione della massa di olive, e tempi d'attesa dell'ordine di diversi

giorni determinano l'insorgenza di processi di fermentazione delle olive che si

traducono una peggiore qualità dell'olio. Il fenomeno si accentua nel caso di olive che

hanno subito traumi in fase di raccolta o per attacchi da parte della mosca olearia. Gli

orientamenti attuali sono i seguenti:

stoccaggio delle olive in ambiente fresco e sufficientemente ventilato in strati

sottili;

riduzione dei tempi di sosta entro le 24 ore dal conferimento.

Molitura

La molitura consiste nella prima fase di estrazione vera e propria. Le olive sono

sottoposte ad azioni meccaniche che provocano la rottura della parete cellulare e delle

membrane con la conseguente fuoriuscita dei succhi cellulari e dell'olio. Questa

azione è affidata allo sfregamento dei frammenti del nocciolo sulle polpe oppure

all'urto di dispositivi meccanici in rotazione ad alta velocità nella massa delle polpe.

Il prodotto ottenuto da questa fase nella maggior parte degli impianti è la pasta d'olio,

una massa semifluida composta da una frazione solida (frammenti di noccioli, bucce

e polpa) e una liquida (emulsione di acqua e olio).

I sistemi utilizzati sono fondamentalmente di due tipi.

Molitura classica

La molazza è lo strumento tradizionalmente usato, derivato concettualmente dalle

antiche macine in pietra: l'azione meccanica è esercitata dalla rotazione di una o più

grandi ruote in pietra (generalmente in granito) sulla massa in lavorazione.

Contrariamente a quanto si possa pensare, la fuoriuscita dei succhi non è causata

dallo schiacciamento, bensì dall'azione di sfregamento degli spigoli taglienti dei

frammenti di nocciolo sulla polpa delle olive.

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La funzione della ruota pertanto è quella di frantumare i noccioli in dimensioni adatte

allo scopo e rimescolare la massa in lavorazione.

In passato la molazza era costituita da una sola ruota azionata per mezzo di un

braccio da un asino o da un cavallo, pertanto aveva un notevole volume d'ingombro

per consentire il movimento circolare dell'animale. La molazza attuale è azionata da

un motore di 5-12 kW ed è di dimensioni più contenute, con un ingombro spaziale di

10-25 m2. Si compone di una vasca con fondo in granito o in acciaio e bordi rialzati

in acciaio e di un sistema a 2-6 ruote ad asse orizzontale in pietra granitoide, disposte

a coppie a distanze diverse rispetto all'asse verticale della vasca. Lo scalzo delle ruote

è sollevato di alcuni millimetri rispetto al fondo della vasca ed è regolabile in modo

da ottenere frammenti di nocciolo di dimensione adeguata. In genere la regolazione

dello scalzo è impostata secondo le caratteristiche dei noccioli della varietà d'olivo

prevalente nella zona dell'oleificio. La molazza è infine fornita di lame che hanno lo

scopo di rimuovere la pasta che aderisce alla ruote e migliorare il rimescolamento

spingendo la pasta sotto lo scalzo.

La lavorazione con la molazza avviene con una lenta rotazione (12-15 giri al minuto)

per un tempo complessivo variabile dai 20 ai 40 minuti. La quantità di olive lavorate

in un ciclo è di 2,5-3 quintali in modo da ottenere un quantitativo di pasta sufficiente

ad effettuare il carico di una pressa idraulica nella fase d'estrazione. Questa esigenza

viene meno nel caso di impianti che utilizzano altri sistemi d'estrazione e in generale

la capacità di lavoro è progettata in modo da integrare la molazza in un impianto

d'estrazione a ciclo continuo.

Molazza classica

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Frangitura

Frangitore a martelli (in alto)

Il frangitore a martelli è lo strumento preferito nei moderni impianti a ciclo

continuo perché s'integra perfettamente con le esigenze di automazione dell'impianto.

In sostanza è composto da una serie di dischi ruotanti dotati di spigoli vivi (martelli)

con una velocità di rotazione di 1200-3000 giri al minuto, azionata da motori di 10-40

kW di potenza. Con questo sistema la rottura della polpa è causata dagli urti dei

dispositivi ruotanti ad alta velocità e solo in parte dall'azione meccanica dei

frammenti di nocciolo. La lavorazione si svolge in tempi brevissimi, nell'ordine dei

secondi, e si presta ad un funzionamento a ciclo continuo con carico e scarico

automatizzato. Lo spazio d'ingombro è dell'ordine di pochi metri quadri.

Confronto

Entrambi i sistemi presentano vantaggi e svantaggi.

La molitura classica provoca un basso grado di emulsionamento perciò permette di

ottenere rese qualitative e quantitative più elevate. La qualità inoltre è migliorata da

un fruttato più intenso perché i tempi di lavorazione permettono un'azione più spinta

degli enzimi. L'ossidazione della pasta d'olio per effetto dell'esposizione all'aria è un

fenomeno negativo e può avere un'incidenza rilevante secondo il metodo d'estrazione

usato, tuttavia se la molazza è integrata in un sistema a ciclo continuo o semicontinuo

la qualità del prodotto è generalmente elevata.

La frangitura provoca un grado di emulsionamento spinto fra acqua e olio, pertanto

offre rese quantitative più basse e rende indispensabile la gramolatura. La qualità del

prodotto dipende in sostanza dalla temperatura adottata nella successiva gramolatura,

rendendo necessario un compromesso fra resa del processo e qualità. I vantaggi

consistono nella notevole capacità oraria di lavoro, nella integrale automazione del

processo, nella perfetta integrazione in un impianto a ciclo continuo.

In sostanza il sistema classico si presta per la produzione di oli di altissima qualità il

cui prezzo è in grado di remunerare i maggiori costi della lavorazione. Il sistema della

frangitura è più adatto per la produzione di oli di qualità leggermente inferiore e per

filiere basate sulla lavorazione in conto terzi.

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Gramolatura

Impianto di vasche gramolatrici Pasta all’interno di una gramola

In parallelo

È un'operazione che segue la molitura o la frangitura e ha lo scopo di rompere

l'emulsione fra acqua e olio e far confluire le micelle d'olio in gocce più grandi che

tendono a separarsi spontaneamente dall'acqua.

Si effettua in macchine dette gramole o gramolatrici. La gramola è in sostanza una

vasca in acciaio in cui ruotano pale elicoidali che mantengono in lento

rimescolamento la pasta d'olio. L'azione del rimescolamento rompe l'emulsione

migliorando poi la resa in mosto d'olio nella successiva fase d'estrazione. Le attuali

tipologie costruttive comprendono più gramole disposte in serie (in questo caso

spesso sovrapposte per limitare lo spazio d'ingombro) oppure in parallelo e caricate

meccanicamente, mediante sistema idraulico, con la pasta d'olio uscita dal frangitore

o dalla molazza. Esiste inoltre una tipologia detta gramola-dosatrice fornita di un

sistema di distribuzione della pasta d'olio sui diaframmi filtranti utilizzati

nell'estrazione per pressione.

Questa fase è di notevole importanza per determinare il congruo compromesso fra

resa quantitativa in olio e qualità: il riscaldamento aumenta l'efficacia della

gramolatura permettendo l'innalzamento della resa in olio, tuttavia influisce

negativamente sulla qualità dell'olio:

peggioramento del gusto (sapore di riscaldo)

perdita di sostanze volatili e di conseguenza del gusto di fruttato

intensificazione dell'ossidazione

minori proprietà dietetiche a causa delle perdite in polifenoli, tocoferoli e

vitamina A.

Per oli di alta qualità la gramolatura si svolge a freddo oppure riscaldando

moderatamente la pasta d'olio fino ad una temperatura di 27-28°C.

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Una resa superiore si può ottenere riscaldando la pasta fino a 29-30°C penalizzando

leggermente la qualità, mentre è assolutamente sconsigliato il superamento dei 30°C.

L'efficacia della gramolatura dipende inoltre dal metodo utilizzato per la molitura. La

molazzatura crea un basso grado di emulsionamento pertanto è sufficiente la

gramolatura a freddo per ottenere una buona resa in olio. La frangitura, per effetto

dell'elevata velocità di rotazione dei martelli, crea invece un'emulsione più stabile che

necessita di un moderato riscaldamento della pasta fino a 28-29°C per ottenere rese

accettabili. Un esperto assaggiatore è in grado di distinguere con la degustazione fra

un olio prodotto con la molazza e uno ottenuto con il frangitore a martelli proprio a

causa dell'effetto del moderato riscaldamento anche quando non si supera la

temperatura critica.

La gramolatura ha una durata in media di 20-40 minuti. Il prolungamento

dell'operazione non ha alcun effetto sulla resa in olio, pertanto è da evitare in quanto

prolungherebbe il contatto della pasta d'olio con l'aria determinando una maggiore

ossidazione. La gramolatura va pertanto interrotta quando la pasta d'olio cessa di

macchiare le mani e si presenta untuosa al tatto. I moderni impianti hanno sistemi

automatizzati per il controllo della fase.

Principi fondamentali

Gli oli d'oliva vergini si distinguono nettamente dagli altri oli per due prerogative: la

materia prima, rappresentata dalla polpa delle olive, il metodo d'estrazione,

rappresentato da processi di natura esclusivamente meccanica.

L'estrazione degli oli vergini impiega esclusivamente l'urto, la pressione, la

centrifugazione, la decantazione, la filtrazione, la tensione superficiale, il trattamento

meccanico delle emulsioni. È ammesso il ricorso al riscaldamento con temperature

moderatamente alte al fine di incrementare la resa in olio.

Le altre tecniche prevedono l'impiego di metodi fisici e chimici. Va però detto che la

normativa e gli standard di qualità impongono l'impiego esclusivo di metodi

meccanici. L'olio ottenuto con il ricorso a metodi chimici e fisico-chimici è pertanto

identificato con tipologie merceologiche differenti e distinte dal vergine. Nel caso

degli oli ottenuti dalle olive, i metodi fisici e chimici sono processi secondari attuati

in impianti distinti, per rettificare oli vergini non commestibili o per estrarre la

frazione lipidica dal seme.

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Estrazione dell'olio

Consiste nella separazione del mosto d'olio dalla sansa, la frazione solida costituita dai

frammenti di nocciolo, dalle buccette e da frammenti di polpa. L'olio è contenuto nei

lipovacuoli delle cellule del mesocarpo (polpa). Il processo prevede, pertanto, l'estrazione

della fase liquida dalle cellule, la separazione dalle frazioni solide e la separazione della

frazione lipidica (oleosa) da quella acquosa. L'estrazione è attuata con sistemi alternativi

che sfruttano principi meccanici concettualmente differenti. In ragione di queste differenze

il mosto d'olio e la sansa hanno caratteristiche differenti secondo il metodo d'estrazione

impiegato, ma vanno messe in evidenza anche profonde differenze nell'impianto, nella

qualità del prodotto, nell'organizzazione del lavoro e nella stessa gestione. I metodi

d'estrazione si riconducono a tre tipi fondamentali.

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Estrazione per pressione

Tradizionale fiscolo in fibra di cocco

Si tratta del metodo classico, che separa il mosto d'olio dalle sanse attraverso una

filtrazione per effetto di una pressione. La pressione si attua in una pressa idraulica

aperta disponendo la pasta d'olio su strati sottili alternati a diaframmi filtranti in una

torre carrellata. Il dispositivo utilizzato per la costruzione della pila consiste in un

piatto circolare in acciaio con sponde leggermente rialzate e sagomate, carrellato per

la movimentazione. Al centro del piatto è inserito un cilindro forato (detto foratina)

che ha lo scopo di mantenere la pila in verticale e favorire il deflusso del mosto d'olio

anche lungo l'asse centrale della pila.

La costruzione della pila avviene secondo un ordine standard: il diaframma filtrante è

costituito da un disco in fibra sintetica forato al centro in modo da essere infilato

lungo la foratina. Sul primo diaframma, adagiato sul fondo del piatto, si dispone uno

strato di pasta d'olio spesso 3 cm, si sovrappone un secondo diaframma e un secondo

strato di pasta e così via. Ogni tre strati di pasta si sovrappone un diaframma senza

pasta e un disco d'acciaio allo scopo di distribuire uniformemente la pressione.

Complessivamente si costruisce una pila composta dalla sovrapposizione di 60

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diaframmi alternati a 60 strati di pasta, 20 dischi d'acciaio e 20 diaframmi senza

pasta. Il quantitativo di pasta impiegato corrisponde ad una partita di olive molite con

la molazza (2,5-3 quintali). L'intera operazione di carico di una pressa si effettuava a

mano, ma attualmente si utilizzano apposite dosatrici, spesso integrate con la

gramola. A questo punto la torre viene inserita nella pressa e sottoposta a pressioni

medie dell'ordine di 400 atm. Per effetto della pressione il mosto d'olio si separa dalla

frazione solida e dal sistema drenante fluisce lungo l'esterno e lungo la foratina e

viene raccolto sul piatto. Terminata l'estrazione, la pila viene smontata e dai

diaframmi viene rimossa la sansa utilizzando apposite macchine.

I diaframmi filtranti sono spesso chiamati fiscoli. In realtà il fiscolo è un doppio disco

filtrante saldato ai margini e forato al centro realizzato in fibra di cocco. La pasta

d'olio si disponeva all'interno del fiscolo. Questo sistema presentava molteplici

svantaggi. L'operazione di carico e scarico era alquanto onerosa, ma soprattutto il

difetto principale era la difficoltà di pulizia dei fiscoli: le fibre trattenevano sempre

residui di pasta che alterandosi facilmente per azione di muffe e dell'ossidazione

conferivano all'olio sapori sgradevoli (sapore di fiscolo). Per esigenze organizzative e

per migliorare gli standard di qualità i fiscoli sono stati del tutto abbandonati e

sostituiti dai diaframmi circolari in fibra sintetica.

I vantaggi dell'estrazione per pressione sono i seguenti:

maggiore resa in olio

buona qualità delle sanse

ridotti consumi di energia e acqua

minori quantitativi d'acqua di vegetazione da smaltire

minore carica inquinante dell'acqua di vegetazione

Gli svantaggi sono i seguenti:

costi rilevanti per l'impiego della manodopera

oneri derivanti dalla difficoltà di pulizia dei diaframmi filtranti

funzionamento a ciclo discontinuo

rischio di peggioramento della qualità in caso di cattiva pulizia dei diaframmi

Estrazione per centrifugazione

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Centrifughe orizzontali a decanter Fasi liquide separate dal decanter

Decanter in funzionamento

Si tratta di un metodo di larga diffusione perché permette di superare i molteplici

svantaggi associati all'estrazione per pressione. La pasta d'olio è sottoposta ad una

centrifugazione in un tamburo conico ruotante ad asse orizzontale (decanter). La

centrifugazione opera ad una velocità di rotazione di circa 3400 giri al minuto.

Per effetto del differente peso specifico la centrifugazione separa 2 o 3 fasi. Secondo

le specifiche tecniche si distinguono tre tipi fondamentali di decanter.

Il decanter a 3 fasi è la tipologia più vecchia e presenta diversi svantaggi. La

centrifugazione separa tre frazioni:

le sanse;

il mosto d'olio, contenente una piccola quantità d'acqua;

l'acqua di vegetazione, contenente una piccola quantità d'olio.

Questo sistema richiede la preventiva diluizione della pasta d'olio con acqua. In

sostanza presenta difetti considerevoli perché consuma elevati quantitativi d'acqua e

produce elevati quantitativi di acque di vegetazione. L'acqua ha inoltre un'azione di

lavaggio della pasta che porta all'estrazione di un'elevata quantità di polifenoli. Le

acque di vegetazione hanno pertanto una maggiore carica inquinante rendendone

ulteriormente più oneroso lo smaltimento. Per questi motivi il sistema a 3 fasi è stato

abbandonato.

Il decanter a 2 fasi è stato concepito per ovviare agli inconvenienti del sistema a 3

fasi. In pratica differisce per il minore impiego d'acqua e per la minore resa in olio.

La centrifugazione separa due sole frazioni:

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le sanse e l'acqua di vegetazione;

il mosto d'olio, contenente una piccola quantità d'acqua.

Il sistema riduce il problema del carico inquinante perché la quantità di polifenoli

estratta è inferiore. Presenta però il difetto di produrre sanse eccessivamente umide,

non accettate dai sansifici perché hanno uno scarso valore merceologico. Le sanse

diventano pertanto un prodotto di scarto da smaltire senza alcuna possibilità di

recupero economico, essendo poco conveniente l'essiccazione.

Il decanter a 2 fasi e mezzo è la tipologia più recente e riassume i pregi dei due

sistemi differenti. La lavorazione richiede l'aggiunta di un ridotto quantitativo d'acqua

e separa tre frazioni (sanse umide, acqua di vegetazione, mosto d'olio). Il vantaggio di

questo sistema è che si produce un quantitativo inferiore di acque di vegetazione e

con una minore carica inquinante. Le sanse umide hanno ancora uno scarso valore,

tuttavia possono essere trattate con sistemi che permettono un recupero economico

sfruttando il potenziale energetico del nocciolino.

Vantaggi:

alta capacità di lavoro;

ridotto fabbisogno di lavoro grazie all'automazione e all'inserimento in un ciclo

continuo;

discreta qualità dell'olio per il basso grado di ossidazione e la facilità di pulizia;

ridotti spazi d'ingombro.

Svantaggi:

elevati consumi energetici;

maggior consumo d'acqua;

costi elevati di manutenzione a causa dell'usura a cui è soggetto il tamburo;

costi di smaltimento dei reflui per la quantità d'acqua di vegetazione prodotta e

per il maggior carico inquinante;

difficoltà di gestione delle sanse.

Estrazione in Sinolea

La Sinolea è un dispositivo integrato in un impianto specifico a ciclo continuo che si

basa su uno schema di lavorazione differente dagli altri impianti. Il principio fisico su

cui si basa la Sinolea è la differenza fra la tensione superficiale dell'acqua di

vegetazione e quella dell'olio: per effetto di questa differenza, l'olio tende ad aderire

facilmente ad una superficie metallica rispetto all'acqua.

La Sinolea consiste fondamentalmente in una vasca contenente la pasta d'olio,

prodotta da un frangitore a martelli, nella quale s'immerge il dispositivo estrattore.

Quest'ultimo è costituito da una serie di lame o di dischi d'acciaio che viene immersa

nella pasta d'olio con un moto alternativo continuo che alterna le seguenti fasi:

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immersione;

sollevamento;

raschiamento dell'olio.

Ad ogni ciclo d'immersione il sollevamento del dispositivo fa sgrondare l'acqua di

vegetazione per effetto della gravità mentre l'olio aderisce alle superfici metalliche.

Durante il moto di ritorno le superfici metalliche vanno a contatto con un dispositivo

raschiatore che rimuove l'olio facendolo confluire in un sistema di raccolta. Questo

sistema permette di ottenere un olio di altissima qualità, tuttavia ha una resa piuttosto

bassa. Qualora esista la convenienza economica, la pasta residua può essere

sottoposta ad un secondo processo di estrazione per centrifugazione. In questo modo

si ottengono due prodotti differenziati in termini di qualità.

Vantaggi:

alta qualità dell'olio;

lavorazione a freddo;

automazione del processo e integrazione in un ciclo continuo;

ridotto impiego di lavoro;

mosto d'olio privo di acqua pertanto non necessita ulteriori processi lavorativi.

Svantaggi:

ridotte rese;

necessità di combinare l'impianto con uno accessorio per il recupero della

frazione d'olio residua;

potenziale esposizione ai processi ossidativi a causa del maggior contatto con

l'aria.

Separazione dell'olio dall'acqua

Ad esclusione del metodo della Sinolea, il mosto d'olio ottenuto dall'estrazione

contiene sempre una quantità residua d'acqua che viene separata per effetto della

differente densità dei due liquidi attraverso la decantazione o la centrifugazione.

Decantazione

È il metodo tradizionale basato sulla non miscibilità dell'olio e dell'acqua. In fase di

riposo l'olio, essendo più leggero, tende ad affiorare in superficie separandosi

dall'acqua. Il mosto d'olio, appena ottenuto con la spremitura, subisce una prima

separazione che permette di ottenere un prodotto di maggiore qualità. La separazione

della quantità residua richiedeva invece tempi più lunghi di stazionamento nell'oliario

in apposite vasche di muratura. Analogamente si effettuava il recupero di una

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quantità residua di pessima qualità dalle acque di vegetazione stoccate nell'inferno,

un locale appositamente adibito.

La decantazione è un metodo ormai del tutto abbandonato in quanto poco adatto ad

ottenere prodotti di qualità.

Centrifugazione verticale

Olio in uscita dal separatore centrifugo

La centrifugazione verticale è il sistema impiegato in tutti gli impianti (ad eccezione

dell'olio estratto con la Sinolea) per separare l'olio dall'acqua. Al processo è

sottoposto sia il mosto d'olio ottenuto per spremitura o per centrifugazione

orizzontale, sia l'acqua di vegetazione ottenuta dalla centrifugazione orizzontale.

Allo scopo si utilizzano separatori centrifughi verticali. Si tratta di macchine mutuate

dall'impiantistica dell'industria lattiero-casearia (scrematrici) che effettuano la

separazione in virtù di una rotazione ad alta velocità. Il separatore centrifugo consiste

in un serbatoio cilindrico contenente il tamburo ruotante costituito da una serie di

Page 18: Olio d'Oliva

20

dischi conici forati e sovrapposti. Il mosto d'olio, immesso dall'alto entra nel tamburo

ed è sottoposto ad una centrifugazione a 6000-7000 giri al minuto. Per effetto della

differente densità olio e acqua si separano in due differenti efflussi. Durante la

rotazione si ha un accumulo di residui solidi (morchie) che vengono espulsi tramite

un sistema di sicurezza automatizzato.

Trattamenti successivi

All'uscita dal separatore centrifugo, l'olio è un prodotto pronto al consumo. Il

prodotto tal quale contiene residui solidi in sospensione (mucillagini e grassi) e si

presenta torbido. In situazione di riposo il residuo solido si deposita sul fondo del

recipiente e l'olio illimpidisce spontaneamente. Di conseguenza l'olio appena separato

viene conservato in vasi d'acciaio, a contatto con un'atmosfera d'azoto per prevenire

le ossidazioni, per sfruttare la sedimentazione spontanea della morchia. L'olio

destinato subito alla commercializzazione è invece sottoposto a filtrazione mediante

filtri di tipo barese o filtri-pressa prima del confezionamento.

Smaltimento dei reflui oleari

Uno dei principali problemi della gestione degli oleifici è lo smaltimento delle acque

di vegetazione. Questo sottoprodotto è un refluo che ha una carica inquinante per il

tenore in sostanza organica (la cui ossidazione chimica o biologica riduce il tenore di

ossigeno nelle acque superficiali) e soprattutto per l'eccessivo tenore in polifenoli (la

cui biodegradabilità è bassa).

In passato era ammesso il riversamento delle acque di vegetazione nella rete fognaria

civile, ma in seguito all'applicazione della legge n. 319 del 1976 (nota come Legge

Merli) i reflui delle attività produttive che non rispettano uno o più parametri possono

essere riversati nelle acque superficiali solo dopo trattamento che ne abbatta la carica

inquinante. Negli anni ottanta gli oleifici hanno operato in regime di deroga per

consentire alla ricerca scientifica l'individuazione di metodi di trattamento e

smaltimento economicamente sostenibili. Le soluzioni tecniche, infatti, erano e

restano ancora improponibili per la realtà dell'elaiotecnica italiana, caratterizzata da

piccoli frantoi che non sono in grado di realizzare le economie di scala necessarie per

sostenere i costi di un impianto di depurazione. L'applicazione rigorosa della legge

avrebbe di fatto comportato la chiusura della maggior parte degli oleifici italiani.

Per questo motivo nella seconda metà degli anni '80 si è applicato un regime di

deroga che permettesse lo smaltimento dei reflui oleari sui terreni agricoli. Nel

Page 19: Olio d'Oliva

21

frattempo si è appurato che l'impatto ambientale dello smaltimento dell'acqua di

vegetazione è molto più basso rispetto al riversamento nelle acque superficiali, a

patto che non si superino determinati quantitativi riferiti al tempo e alla superficie,

soprattutto per evitare l'inquinamento della falda freatica.

L'acqua di vegetazione smaltita nei terreni ha inizialmente un effetto rinettante sulle

erbe infestanti e blandamente antibiologica per l'azione dei polifenoli. A questo si

aggiunge l'inquinamento atmosferico a causa dei cattivi odori emanati dai reflui

oleari. Dopo un periodo di 5-6 mesi si evidenziano gli effetti positivi dovuti

all'umificazione e sui terreni in cui sono stati smaltite le acque di vegetazione le

piante mostrano un maggior rigoglio vegetativo dovuto all'azione fertilizzante dei

reflui.

Trattamenti di depurazione per le acque reflue civili e industriali

Le acque reflue sono quelle che fuoriescono da un qualunque ambiente dopo essere

state utilizzate per particolari attività con modifiche, rispetto alla situazione in entrata,

nella composizione chimica, microbica e nelle proprietà fisiche, tali da non

permetterne l’immissione in naturali corsi d’acqua. Le acque reflue sono costituite da

liquami di diversa origine di cui e’ necessario conoscere la composizione chimica e

biologica per mettere appunto idonei sistemi di depurazione. I liquami si possono

classificare in:

Liquami civili: sono rifiuti liquidi che derivano sia dall’uso dell’acqua dovuto

al consumo personale di ogni individuo sia alle attività che caratterizzano ogni

insediamento urbano.

Liquami industriali: sono scarichi in fase liquida in uscita da un impianto

industriale.

La qualità diversa dei due tipi di liquame richiederebbe un sistema differenziato di

canalizzazione verso gli impianti di depurazione, purtroppo nella realtà a volte lo

scarico e’ effettuato in un’unica condotta fognaria con la conseguente formazione di

liquami misti.

I reflui sia civili che industriali, devono essere sottoposti ad una trasformazione tale

da permetterne l’inserimento in bacini idrici naturali, senza perturbarne l’equilibrio.

Questa trasformazione consiste in una serie di trattamenti rispettivamente: primario,

secondario e terziario.

1. Trattamento primario: mira a liberare al massimo l’acqua del liquame dalle

sostanze sospese, liquide e solide, attraverso interventi essenzialmente di tipo

meccanico e fisico.

2. Trattamento secondario: viene anche detto biologico e ha lo scopo di

degradare le sostanze organiche abbassando l’indice di inquinamento dovuto

ad esse.

3. Trattamento terziario: consiste in interventi chimici e fisici che hanno lo

scopo di disinfettare l’acqua uscente dall’impianto e stoccare i fanghi per il

loro smaltimento o per un possibile riutilizzo.

Page 20: Olio d'Oliva

22

I trattamenti secondari si classificano in aerobi, anaerobi e misti. Al fine di scegliere

un trattamento rispetto ad un altro e’ necessario definire alcuni parametri che ne

caratterizzano l’inquinamento:

BOD (biochemical oxygen demand) : rappresenta la concentrazione in

mg/l dell’ossigeno libero, sciolto nel refluo, necessario agli organismi

per il loro metabolismo. La misura del BOD viene riferita a un certo

intervallo di tempo per ottenere un valore medio dell’attività microbica e

consiste nella differenza tra la concentrazione iniziale di ossigeno sciolto

nel campione e quella finale. In genere il periodo di tempo e’ di cinque o

ventuno giorni (BOD5, BOD21)

COD (chemical oxygen demand) : rappresenta la quantità in mg/l di

ossigeno equivalente a quella di una sostanza chimica ossidante

necessaria per la degradazione delle sostanze presenti nel refluo.

La forza o grado dell’attività microbica, cioè la biodegradabilità , e’ misurata

dal rapporto BOD21/COD e una sostanza si definisce biodegradabile se per

essa tale rapporto e’ maggiore di 0,6. Per valori di tale rapporto inferiori a 0,6

si ricorre a trattamenti chimici ossidativi.

Con BOD < 4000 ppm si sceglie un trattamento di tipo aerobio, con BOD >

4000 ppm opteremo per quello anaerobio.

Trattamento aerobio: si adotta quando il carico inquinante e’ relativamente basso,

avviene in sistemi aperti ben areati. Questo trattamento determina la formazione di un

sistema di depurazione a fanghi attivi. L’acqua da depurare viene inviata ad un

sedimentatore primario in cui vengono eliminati i solidi sedimentabili.

Successivamente l’acqua viene inviata ad un impianto a fanghi attivi. L’acqua che

proviene dal sedimentatore primario viene inviata ad una vasca ad areazione in cui

vengono realizzate le condizioni ottimali per far avvenire la demolizione delle

sostanze organiche. Quindi viene inviata ad un sedimentatore secondario in cui viene

eliminato il carico organico. Dal lato esce l’acqua purificata mentre dall’altro i fanghi

vengono riciclati.

Page 21: Olio d'Oliva

23

Impianto a fanghi attivi

Trattamento anaerobio: si compie in sistemi chiusi (digestori); esso non permette,

quindi, formazioni di fanghi attivi come nel caso del trattamento aerobio. Il

trattamento anaerobio e’ costituito da una prima fase aerobia, dovuta all’ossigeno

rimasto nel digestore e, per questo, limitata nel tempo, e da una seconda fase più

lunga della prima che costituisce il processo anaerobio vero e proprio. Il trattamento

anaerobio rappresenta la ricostituzione della situazione naturale della degradazione

delle sostanze organiche in ambienti privi di ossigeno ad opera di popolazioni

microbiche che cooperano nutrendosi l’una dei metaboliti prodotti dall’altra. La

microflora batterica può essere suddivisa in tre gruppi:

Gli acidogeni: capaci di degradare il materiale inquinante, idrolizzandolo e

trasformandolo in molecole più semplici (acidi grassi volatili, alcoli, acido

lattico, acido solfidrico, ammoniaca, anidride carbonica e idrogeno);

Gli acetogeni: che attaccano soprattutto gli acidi grassi volatili prodotti dagli

acidogeni per trasformarli in acido acetico, anidride carbonica e idrogeno;

I metanogeni: capaci di produrre metano o per decarbossilazione dell’acido

acetico o per sintesi da anidride carbonica e idrogeno.

Il trattamento anaerobio quindi e’ l’insieme di una serie di fasi:

1. Idrolisi delle macromolecole;

2. fermentazione;

3. acetogenesi;

4. metanogenesi.

L’idrolisi delle macromolecole e’ operata da microrganismi aerobi, obbligati,

facoltativi e microaerobi, con formazione di molecole più semplici come

amminoacidi, acidi grassi e monosaccaridi. I più significativi sono muffe del genere

Page 22: Olio d'Oliva

24

Penicillium e Aspergillus e batteri come Proteus, Bacillus e Cellulomonas,

quest’ultimo in grado di idrolizzare la cellulosa.

L’acetogenesi consiste nella produzione di acido acetico a opera di microgranismi

detti acetogeni, anaerobi obbligati e facoltativi.

La metanogenesi invece, consiste nella produzione di metano operata da batteri

anaerobi obbligati, appartenenti alla famiglia Methanobacteriaceae.

Impianto anaerobico

Standard qualitativi

Page 23: Olio d'Oliva

25

Limpidezza dell'olio d'oliva

Senza scendere nel dettaglio, è opportuno sottolineare che i disciplinari di produzione

per i marchi di Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) prevedono spesso

l'utilizzo di tecniche tradizionali e norme restrittive e severe (ad es: tempi ristretti a

24 ore tra la raccolta e la lavorazione delle olive), con l'intento di garantire un

prodotto di qualità superiore e tradizionale con particolare riferimento alle varietà

usate, che devono essere autoctone.

Olio di sansa

Dalla sansa, cioè ciò che resta dopo l'estrazione dell'olio, è possibile estrarre ancora

dell'olio residuo. A seconda del tipo frantoio la sansa contiene ancora dal 6% al 3% di

olio. La sansa proveniente da frantoi tradizionali (con presse) contiene circa il 6% di

olio mentre la sansa da frantoi moderni, i così detti frantoi "continui", ne contiene

circa il 3%. Quest'olio viene estratto industrialmente, appunto nei "sansifici", per

mezzo di solventi chimici (normalmente esano). Quest’olio detto "olio di sansa

grezzo" non è commestibile: attraverso un trattamento di raffinazione (esso viene

"deodorato", "decolorato" e "deacidificato"), si ricava "l'olio di sansa d'oliva

rettificato", che ancora non è commestibile. Solo dopo l'aggiunta di una percentuale

non meglio specificata di olio di oliva vergine esso diviene commestibile e

denominato "olio di sansa di oliva". Questo prodotto è un olio di minor pregio e

meno costoso.

Tipi di olio di oliva

Page 24: Olio d'Oliva

26

Le denominazioni commerciali sono rigorosamente codificate dalla Unione Europea

nella direttiva 136/6623/CEE . Il Reg.CE 2568/91 e in ultimo il Reg.CE 1989/03

individuano le seguenti categorie di oli di oliva:

1. oli d’oliva vergini, oli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi

meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazioni

dell’olio e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla

decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione quindi ottenuti con la

sola spremitura meccanica a basse temperature. Essi si dividono in:

a) olio d’olivo extra vergine: olio di gusto perfetto il cui contenuto in acidità è

inferiore all’ 1%.

b) olio d’oliva vergine: olio di gusto perfetto il cui contenuto in acidità è fino al

2 %.

2. c) olio d’oliva vergine corrente: olio di gusto buono il cui contenuto in acidità è

inferiore al 3.3%.

d) olio d’oliva vergine lampante: ottenuto mediante spremitura meccanica,

presenta alta acidità o altri difetti organolettici; l’acidità non supera il 3.3%.

3. olio d’oliva raffinato: olio d’oliva ottenuto dalla raffinazione di oli vergini, la

cui acidità non può eccedere lo 0.5%.

4. olio d’oliva: olio d’oliva ottenuto da un taglio di oli d’oliva raffinato e di oli

vergini diversi dall’olio lampante, la cui acidità non è superiore all’1.5%.

5. Olio di sansa di oliva greggio: ottenuto dai residui della spremitura mediante

solventi chimici esclusi quelli ottenuti con processi di riesterificazione. La sua

acidità è almeno del 2%.

6. Olio di sansa di oliva rettificato: olio di sansa greggio sottoposto ad una

ulteriore rettificazione chimica con acidità inferiore allo 0.5%.

7. olio di sansa d’oliva: olio ottenuto da un taglio di olio di sansa d’oliva raffinato

e di oli d’oliva vergini diversi dall’olio lampante, la cui acidità non può

superare l’1.5%.

È facoltativo per il produttore indicare sull'etichetta della confezione il grado di

acidità del prodotto.

Usi

Page 25: Olio d'Oliva

27

Prodotti alimentari conditi con olio d’oliva.

L'olio di oliva è utilizzato soprattutto in cucina, principalmente nelle varietà

extravergine e vergine, per condire insalate, insaporire vari alimenti, conservare

verdure in barattolo e, poiché ha un elevato punto di fumo, è molto buono per

friggere. È consigliato il suo uso perché ricco di acidi grassi monoinsaturi. Ha delle

capacità benefiche a causa della presenza di sostanze antiossidanti (fenoli e tocoferoli

equivalente alla vitamina E) che hanno la capacità di combattere il colesterolo. Il

sapore dell'olio può variare molto a seconda delle varietà di olive da cui è prodotto,

luogo di produzione, grado di maturazione, modalità di raccolta del frutto, ecc.

Quest’olio è anche usato per la produzione del sapone e in cosmetica. Un tempo si

usava come farmaco e come combustibile per le lampade ad olio.

Disegno impianto

1) Vasca

2) Elevatore

3) Estrattore olio essenziale

4) Filtro-pressa rotativo

5) Pompa mosto oleoso

6) Serbatoio alimentazione

centrifuga

7) Centrifuga a scarico

automatico

8) Centrifuga secondaria

9) Vasca decantazione

10) Pompa ricircolazione

acqua

11) Impalcatura di sostegno

“Pelatrice”

12) Estrattore succo

13) Vasca succo

14) Pompa “mono” per il succo

15) Raffinatrice

16) Pompa “mono”

17) Serbatoio di alimentazione

chiarificatore

18) Chiarificatore

19) Quadro elettrico

20) Coclea smaltimento scorze e

detriti

Page 26: Olio d'Oliva

28

Impianto continuo

Page 27: Olio d'Oliva

29

ANALISI DELL’OLIO D’OLIVA

L’analisi dell’olio di oliva ha lo scopo di dare indicazioni sulla sua qualità, sul suo

stato di conservazione e sulle eventuali sofisticazioni.

Quando fare l'analisi

La prima analisi di olio deve essere eseguita subito dopo la frangitura. Se accadessero

inconvenienti durante la conservazione, soprattutto se lunga, è consigliabile accertare

nuovamente le caratteristiche dell'olio.

Come si preleva il campione

Si deve utilizzare un contenitore in vetro, accuratamente pulito e asciutto, della

capacità di circa 100 ml che deve essere riempito completamente e ben chiuso.

Durante il trasporto si deve evitare l'esposizione alla luce e alle elevate temperature.

L'etichetta deve riportare:

o nome, indirizzo, numero di telefono, e dati fiscali dell'azienda

o nome o numero che identifichi il campione

o tipo di analisi da eseguire

Norme per la conservazione dell'olio

L'olio è facilmente soggetto a fenomeni di ossidazione, inoltre assorbe rapidamente

gli odori ambientali. L'ossidazione è favorita da temperature elevate, dall'esposizione

alla luce e dal contatto con l'aria.

Locale di conservazione

Deve essere asciutto e pulito, privo di odori estranei, areato periodicamente e

protetto dalla luce. La temperatura deve essere compresa tra 12 e 15°C. Il

congelamento influisce negativamente sulla conservazione.

I classici orci sono validi per l'isolamento termico ma la loro pulizia non è

agevole e talvolta cedono odori e sapori estranei; migliori sono i contenitori di

Page 28: Olio d'Oliva

30

acciaio inox che, bisogna ricordare, non è un buon isolante termico. I recipienti

di plastica, vetro e vetroresina non sono indicati per una prolungata

conservazione.

Contenitori

Devono isolare dalla luce e dagli sbalzi di temperatura e devono essere

provvisti di chiusura per evitare il contatto con l'aria; i materiali utilizzati non

devono cedere sostanze all'olio. La pulizia è indispensabile e va eseguita in

modo accurato usando esclusivamente acqua e soda caustica.

Travasi

L'olio deve essere separato dalle morchie che si depositano sul fondo per

evitare la comparsa di gravi difetti quali i sapori di "morchia" e/o di "putrido".

In genere è consigliabile eseguire un primo travaso dopo circa 20 giorni dalla

frangitura, un secondo all'inizio della primavera e, se necessario, un terzo alla

fine dell'estate.

TIPI DI ANALISI

Determinazione dell’acidità.

L’olio d’oliva è costituito per la quasi totalità da gliceridi cioè esteri formati dalla

glicerina e acidi grassi e una parte di questi si trova allo stato libero; questa frazione

determina l’acidità libera dell’olio. L’acidità può essere espressa in grado d’acidità,

che esprime la percentuale di acido oleico o in numero di acidità ossia i mg di KOH

utilizzati per titolare un grammo di olio. L’analisi viene effettuata attraverso l’analisi

volumetrica ponendo una quantità nota di campione in una beuta e sciolto con una

miscela di etere etilico ed etanolo; la soluzione si titola con KOH in presenza di

fenolftaleina.

Secondo il regolamento CEE n.2568 dell’11 luglio 1991 i valori dell’acidità per i vari

tipi di olio d’oliva sono i seguenti:

olio d’olivo extra vergine: max 1.0%

olio d’oliva raffinato: max 2.0%

olio d’oliva vergine corrente: max 3.3%.

olio d’oliva vergine lampante: max 3.3%.

olio d’oliva raffinato: max 0.5%

olio d’oliva: max 1.5%

olio di sansa d’oliva greggio: min 2.0%

olio di sansa d’oliva raffinato: max 0.5%

olio di sansa d’oliva: max 1.5%.

Page 29: Olio d'Oliva

31

Determinazione della genuinità

Le determinazioni della genuinità consistono nel verificare che l’olio non contenga

sostanze estranee alla sua natura quindi che non sia stato adulterato o sofisticato.

In queste analisi vengono valutati il numero di iodio, l’indice di rifrazione, il grado

termosolforico, la fluorescenza alla luce di Wood, il numero di saponificazione.

- numero di iodio

Il numero di iodio consiste nella quantità di iodio assorbita dal campione in esame ed

è espressa in grammi di iodio per 100 grammi di campione. Si utilizza per la

determinazione il reattivo di Wijs formato da acido acetico glaciale e monocloruro di

iodio. Quest’ultimo viene utilizzato in quanto è un alogeno apolare e l’attacco ai

doppi legami è facilitato. Questa determinazione si basa sulla valutazione quantitativa

dello iodio che resta nel recipiente dopo che una quantità nota di iodio (il

monocloruro di iodio) ha reagito con i doppi legami dell’acido grasso. La reazione

avviene con KI in eccesso; lo iodio in eccesso viene titolato con tiosolfato in presenza

di salda d’amido e quando tutto lo iodio verrà ridotto si avrà viraggio dal blu a

incolore.

-indice di rifrazione.

L’indice di rifrazione consiste nel rapporto tra il seno dell’angolo di incidenza e il

seno dell’angolo di rifrazione relativi a un raggio di luce che passa dall’aria all’olio in

esame. La luce utilizzata ha lunghezza d’onda di 589.3 nm.

L’indice di rifrazione dell’olio d’oliva oscilla tra 1.4665 e 1.4688

-grado termosolforico.

Il grado termosolforico consiste nell’aumento di temperatura che si verifica quando

l’olio è trattato con acido solforico concentrato; per l’olio d’oliva il grado

termosolforico varia da 41 a 47. L’acido solforico agisce sui doppi legami formando

derivati solforici; più il grasso è ricco di composti insaturi, più il grado

termosolforico è alto. Un grado termosolforico superiore a 47 denota olio d’oliva

rancido o vecchio o la presenza di oli estranei a quello d’oliva.

-determinazione della fluorescenza alla luce di Wood.

Per la ricerca degli oli d’oliva raffinati negli oli di pressione può essere applicato il

saggio alla luce di Wood comprendente le radiazioni ultraviolette di lunghezza

d’onda a 365.4 nm. Gli oli di pressione presentano fluorescenza con colore giallo

dominante, mentre negli oli raffinati si ha in genere fluorescenza di colore celeste.

L’aggiunta di oli raffinati a quelli di pressione provoca la scomparsa del colore giallo

predominante. La determinazione si esegue mettendo l’olio in esame in una provetta

Page 30: Olio d'Oliva

32

e porla perpendicolarmente al raggio a circa 15 cm dalla sorgente; dopo due minuti si

osserva il colore.

-numero di saponificazione.

Il numero di saponificazione è dato dai mg di KOH necessari per saponificare 1

grammo di olio e varia, nell’olio d’oliva, da 187 a 195. inizialmente abbiamo un

attacco al gliceride con KOH con liberazione degli acidi grassi; successivamente,

quando tutti gli acidi grassi saranno stati liberati, si titola il KOH in eccesso con HCl.

Determinazione della rancidità

-numero di perossidi.

L’irrancidimento è un’interazione che avviene tra i doppi legami presenti negli acidi

grassi e l’ossigeno dell’aria. Da questa interazione si producono radicali allilici da cui

si ottengono perossidi derivati dall’addizione di una molecola di ossigeno ad uno

degli atomi di carbonio adiacenti ai doppi legami. Questo parametro esprime quindi

la potenzialità ossidativa di un olio di oliva e tanto più alto è questo valore tanto più

rapidamente l’olio tende ad irrancidirsi. La rancidità vera e propria, percepita

soprattutto al saggio organolettico, è caratteristica degli oli vecchi. Il numero di

perossidi consiste nella quantità di perossidi presenti nel campione espressa in

milliequivalenti di ossigeno attivo per kg, che ossidano lo ioduro di potassio con

formazione di iodio che si determina con tiosolfato.

Il numero di perossidi deve essere inferiore a 10 nell’olio d’oliva in ottimo stato di

conservazione, tra 10 e 15 in un buono stato di conservazione, inferiore a 10 nell’olio

d’oliva raffinato e superiore a 20 nell’olio d’oliva rancido.

-indice di Kreis

Si tratta di una reazione qualitativa basata sul fatto che, se nell’olio si sono formati

perossidi conseguentemente si sono formate aldeidi, chetoni e ossiacidi; questi

composti reagiscono con la fluoroglucina originando una tipica colorazione rosa o

rossa.

Analisi spettrofotometriche.

Oltre alla luce di Wood abbiamo analisi spettrofotometriche allo spettrofotometro nel

campo dell’UV-visibile. Con lo spettrofotometro possiamo infatti determinare gli

acidi polinsaturi misurando, a una determinata lunghezza d’onda’ l’assorbanza di una

soluzione titolata da parte dell’olio. Il doppio o triplo legame tra due atomi di

carbonio determina un assorbimento dell’ultravioletto a lunghezza d’onda inferiore a

200 nm se i legami sono isolati, da 200 a 350 se sono coniugati; in particolare i dieni

coniugati a 232 nm, i trieni coniugati a 268. L’assorbimento viene espresso

riferendosi ad un cammino ottico di 1 cm contenente l’olio in esame concentrato

all’1%, oppure espresso come dK che permette di escludere l’assorbimento estraneo

di fondo consentendo di ottenere l’assorbimento reale. i valori del dK possono essere

paragonati a valori tabellati per classificare il nostro olio. Gli oli vergini di oliva

Page 31: Olio d'Oliva

33

contengono solo piccole quantità di acidi polinsaturi con doppi legami coniugati

mentre negli oli di oliva e in quelli di sansa si ha la formazione di notevoli quantità di

acidi polinsaturi con doppi legami coniugati.

K232 K270 Delta-K

Vergine extra < 2,5 < 0,2 < 0,01

Vergine < 2,6 < 0,25 < 0,01

Vergine

corrente

< 2,6 < 0,25 < 0,01

Vergine

lampante

< 3,7 < 0,25

Page 32: Olio d'Oliva

34

Inglese

Oil

An oil is a substance that is in a viscous liquid state ("oily") at ambient temperatures

or slightly warmer, and is both hydrophobic, (immiscible with water) and lipophilic

(miscible with other oils, literally "fat loving"). The compounds found in cooking oil

are chemically very similar, almost identical, to those found in butter and very

different from those found in diesel fuel, but while diesel is an oil, butter is not.

Indeed diesel is once again very similar to natural gas, but gas is certainly not oil.

This disparity stems partly from the fact that oils must be liquid at room temperature,

and thus only certain liquid chemicals in many unrelated families are recognised,

collectively, as 'oil'. All oils, with their high carbon and hydrogen content, can be

traced back to organic sources.

Organic oils

Oils are also produced by plants, animals and other organisms through organic

processes, and these oils are remarkable in their diversity. Oil is a somewhat vague

term to use chemically, and the scientific term for oils, fats, waxes, cholesterol and

other oily substances found in living things and their secretions, is lipids. Many

edible vegetable and animal oils, and also fats, are used for various in cooking and

food preparation. In particular, many foods are fried in oil much hotter than boiling

water. Oils are also used for flavoring and for modifying the texture of foods.

Page 33: Olio d'Oliva

35

Italiano

Il Verismo e Giovanni Verga

Il Verismo: E’ una Corrente letteraria italiana della fine del XIX secolo. In un'epoca

soggetta a grandi cambiamenti (in particolare quelli legati all'industrializzazione), il

verismo si impegnava a descrivere la società italiana con uno spirito realista, gli

autori veristi si prefiggevano di riprodurre la realtà astenendosi da ogni indagine

psicologica, sociologica o idealistica, così come da ogni mediazione o intervento da

parte della personalità dell'autore; l'introduzione dell'uso del dialetto nei testi letterari

fu la prima conseguenza formale di tale approccio. La poetica del Verismo trovò la

sua più alta realizzazione artistica nell'opera di Giovanni Verga, con Manzoni il più

grande narratore italiano dell'Ottocento.

Verga trovò nel Verismo il punto di approdo sia della sua concezione della vita sia

della sua esperienza artistica.

La sua «conversione» al Verismo lo condusse infatti a porre al centro della sua

ispirazione artistica il «mondo dei vinti» della natia Sicilia, le plebi contadine nel cui

destino e nei cui valori destinati alla sconfitta egli vedeva confermata la sua personale

concezione pessimistica della vita.

Verga si orientò fin da giovanissimo, scartando i moduli classicisti della formazione

scolastica, verso la produzione narrativa.

Le prime prove narrative - i romanzi di ispirazione patriottica e di ambientazione

borghese - coincisero infatti con le esperienze giovanili: la spedizione garibaldina in

Sicilia e il suo entusiasmo liberale; la sua vita brillante ed irrequieta nell'ambiente

mondano di Firenze e Milano. Ma il momento centrale della sua formazione, che

ispirò la sua narrativa maggiore, furono i primi anni milanesi, durante i quali conobbe

e approfondì gli elementi essenziali che determinarono la sua «conversione verista»:

Page 34: Olio d'Oliva

36

la conoscenza dell'opera e della poetica di Zola e del Naturalismo francese,

discussa e approfondita con l'amico Capuana;

l’incontro con il darwinismo, dal quale trasse l’idea della lotta per la

sopravvivenza come elemento determinante nello sviluppo della storia umana;

gli studi e le discussioni sulla questione meridionale (le inchieste di Jacini,

Franchetti, G. Fortunato) attraverso i quali scoprì la condizione di miseria delle

plebi siciliane.

La vita: Nacque nel 1840 a Catania, da una ricca famiglia di proprietari terrieri di

origini nobiliari.

Ricevette un'educazione di impronta liberale, iniziò giovanissimo a scrivere romanzi

di ispirazione patriottica.

Iscrittosi nel 1858 all'università di Catania, interruppe nel 1861 i suoi studi di legge

per arruolarsi nella Guardia Nazionale al tempo dell'impresa garibaldina in Sicilia.

Avendo deciso di dedicarsi alla sua vocazione letteraria, dal 1865 iniziò a compiere

frequenti viaggi a Firenze, dove si stabilì definitivamente nel 1869.

Qui frequentò circoli letterari e salotti aristocratici, dove conobbe, tra gli altri,

Aleardi, Prati, Fusinato e scrisse Storia di una capinera (1871), il romanzo che gli

diede la fama.

Nel 1872 si trasferì a Milano dove visse un ventennio, pur ritornando spesso in

Sicilia e compiendo viaggi all’estero. La sua fama gli aprì le porte dei salotti

aristocratici e dei circoli letterari della città: conobbe l’ambiente della Scapigliatura,

strinse amicizia con Capuana e De Roberto, frequentò gli ambienti teatrali della

Scala, visse le sue più importanti e inquiete vicende sentimentali.

Durante il soggiorno milanese scrisse la maggior parte della sua produzione

narrativa, sia i romanzi di ambientazione borghese sia le novelle e i romanzi veristi.

Nel 1894, Verga ritornò a Catania, dove lavorò ancora al suo «Ciclo dei Vinti»,

senza però concludere alcun romanzo e a qualche lavoro teatrale. Si chiuse infine

per un ventennio, fino alla morte, in un aristocratico silenzio, cui probabilmente non

fu estraneo il mutato gusto del pubblico, che perdeva interesse per le «storie vere» e

si avviava ad ammirare gli affascinanti eroi dannunziani.

Nominato senatore nel 1920, mori a Catania nel 1922.

.

LLL’’’iiidddeeeooolllooogggiiiaaa vvveeerrrggghhhiiiaaannnaaa

A questo punto è inevitabile chiedersi: che cosa induce Verga a formulare questo

principio dell'impersonalità e ad applicarlo così rigorosamente? Una risposta è data

da Verga stesso in un passo fondamentale della Prefazione ai Vinti: “Chi osserva

questo spettacolo [della “lotta per l’esistenza”] non ha il diritto di giudicarlo; è già

molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza

passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti”. Verga ritiene dunque che

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l’autore debba “eclissarsi” dall’opera, non debba intervenire in essa, perché non ha il

diritto di giudicare la materia che rappresenta. Ma tale risposta sposta semplicemente

la questione. Perché non ha diritto giudicare? Per trovare una risposta soddisfacente,

occorrerà risalire alla concezione generale del mondo che è il presupposto di una

simile affermazione.

Alla base della visione di Verga stanno posizioni radicalmente pessimistiche: la

società umana è per lui dominata dal meccanismo della “lotta per la vita”, un

meccanismo crudele, per cui il più forte schiaccia il più debole. La generosità

disinteressata, l’altruismo, la pietà sono valori ideali, che non trovano posto nella

realtà effettiva. Gli uomini sono mossi non da motivi ideali, ma dall’interesse

economico, dalla ricerca dell’utile, dall’egoismo, dalla volontà di sopraffare gli altri.

È questa una legge di natura, universale, che governa qualsiasi società, in un tempo e

in ogni luogo, e domina non solo le società umane, ma anche il mondo animale e

vegetale. Come legge di natura, essa è immodificabile: perciò Verga ritiene che non si

possono dare alternative alla realtà esistente, né nel futuro, in un’organizzazione

sociale diversa e più giusta, né nel passato, nel ritornare a forme superate dal mondo

moderno, e neppure nella dimensione del trascendente (la sua visione è rigorosamente

materialistica e atea, ed esclude ogni consolazione religiosa, ogni speranza di riscatto

dalla negatività dell'esistente in un'altra vita).

Ma se per Verga la realtà, per negativa che sia, è data una volta per tutte, senza

possibilità di modificazioni, si può capire perché egli non ritiene legittimo, per lo

scrittore che la rappresenta, dare giudizi. Infatti solo la fiducia nella possibilità di

modificare il reale può giustificare l’intervento dall’esterno nella materia, il giudizio

correttivo, l’indignazione e la condanna esplicita in nome dell’umanità, della

giustizia, del progresso. Se è impossibile modificare l’esistente, ogni elemento

giudicante appare inutile e privo di senso, e allo scrittore non resta che riprodurre la

realtà così com’è, lasciare che parli da sé, senza farla passare attraverso alcuna

“lente” correttiva. La letteratura non può contribuire a modificare la realtà, ma può

solo avere la funzione di studiare ciò che è dato una volta per tutte, e di riprodurlo

fedelmente, “senza passione”. La tecnica impersonale usata da Verga non è dunque

frutto di una scelta casuale, ma scaturisce dalla sua visione del mondo pessimista,

ed è per lui il modo più adatto per esprimerla. Il pessimismo consente a Verga di

cogliere con grande lucidità ciò che vi è di negativo in quella realtà, non è dunque

un limite della rappresentazione verghiana, ma è la condizione del suo valore

conoscitivo e critico. Anche se le opere veriste di Verga hanno per gran parte al

centro la vita del popolo, non si riscontra in esse quell’atteggiamento populistico che

affligge tanta letteratura del secondo 800, che consiste nella pietà sentimentale per le

miserie degli “umili”.

Il pessimismo induce Verga a vedere che anche il mondo primitivo della

campagna è retto dalle stesse leggi del mondo moderno, l’interesse economico,

l’egoismo, la ricerca dell’utile, che pongono gli uomini in un costante conflitto fra

loro. Verga è uno scrittore scomodo, aspro, sgradevole, che urta il lettore e stimola

così la riflessione critica.

Non diffonde miti, ma semmai li distrugge.

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La poetica:

Il confronto e il contrasto tra la «realtà» delle plebi siciliane e la «falsità» del brillante

mondo cittadino portò Verga a scoprire nel mondo degli umili e dei vinti il soggetto

privilegiato della sua poetica:

poiché la loro miseria consentiva di rappresentare nel modo più evidente il

meccanismo deterministico della lotta per la sopravvivenza;

poiché la genuina semplicità del loro mondo morale e dei loro valori esprimeva la

condizione universale dell'uomo e del suo destino di sconfitta.

Le novelle segnano l'inizio della narrativa verista di Verga. Nedda, è il primo

tentativo verista, ma non del tutto verista, perché troppo di frequente lo scrittore

sembra partecipare della pietà che gli ispira la sua creatura sventurata, il mutamento

rispetto ai moduli narrativi precedenti però c’è:

La protagonista è un’umile contadina;

La narrazione di fatti e azioni sostituisce l'analisi psicologica e il dramma

interiore;

La voce narrante è interna al mondo descritto, domina il dialogo diretto.

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La “Nedda”

Si parla di una povera ragazza senza padre, raccoglitrice di olive che cura la madre

ammalata e vive di umiliazione e rassegnazione. Quando la madre muore, Nedda,

incontra un povero ragazzo giovane e da questo amore nasce una bambina gracile

che morirà presto, quando il padre, già ammalato, si rompe la schiena cadendo da un

albero. Nedda è già una vinta, come lo saranno i personaggi dei Malavoglia e di

Mastro don Gesualdo: la caratteristica, appunto, del verismo del Verga è la

partecipazione dell'autore al dolore dei - vinti -. Mentre il Manzoni crede nella

provvidenza, il Verga si rassegna in modo eroico al destino. Riguardo alla sua

impersonalità, Verga anche se non esprime chiaramente i propri sentimenti, però

questi stessi sentimenti sono continuamente presenti in tutto il racconto, quando si

sente il dolore per il destino che non cambia e soprattutto la partecipazione affettuosa

e la pietà per le sofferenze dei pescatori e dei contadini. Quindi il Verga pur volendo

fare un'indagine sociale fece un'opera umanissima di poesia, come dice il Russo;

mentre gli altri scrittori fornivano documenti umani e scientifici lui dava uomini e

sempre secondo Russo, Verga è scrittore morale non perchè diede giudizi morali ma

perchè rese umana la vita degli umili, dei vinti e vide in essi un'anima umana, mentre

il verismo vedeva soltanto un'insieme di forze materiali. I temi principali dei romanzi

di Verga sono la dura lotta quotidiana per la vita, attaccamento alla casa (I

Malavoglia). Infatti i Malavoglia, come dice il Russo, hanno come centro politico "il

focolare domestico", sono il poema della fedeltà alla casa, di una fedeltà quasi

religiosa alla vita, alle usanze antiche, ai sentimenti semplici, quando si tradisce

questa fedeltà ecco che si ha il dramma.

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Diritto

L’utilizzo del Break Even Point per la vendita dei prodotti

Innanzitutto è essenziale conoscere la distinzione tra costi fissi e costi variabili. I

costi fissi sono quelli che non variano al variare della quantità prodotta o acquistata.

Quanto diremo vale sia per le imprese di produzione, sia per le imprese commerciali,

con l’unica importante precisazione che, nel caso delle prime, i costi sono relativi alla

quantità prodotta, mentre nel caso delle imprese commerciali, i costi sono relativi alla

quantità di prodotto acquistata. D’ora in avanti faremo riferimento ad un’impresa

commerciale che vende, per semplicità, un unico prodotto. I costi variabili sono,

invece, quei costi che variano al variare della quantità acquistata. Esempi di costi fissi

sono, per esempio:

gli affitti, che si sostengono anche per acquisti zero

le utenze (telefoniche ed elettriche)

i salari e gli stipendi del personale

Esempi di costi variabili sono, per esempio:

i costi d’acquisto della merce con tutti i costi accessori (trasporto, ecc…)

i costi legati allo stoccaggio (immagazzinamento) della merce (assicurazione,

ecc…)

tutti gli altri costi che non si sosterrebbero se non si acquistasse merce da

vendere

Avendo chiara questa distinzione vediamo ora come un imprenditore accorto deve

programmare la sua futura attività commerciale. La prima cosa da fare è decidere la

quantità di merce d’acquistare in un dato periodo di tempo. Questa scelta ci

permette di quantificare i costi totali che andremo a sostenere in quella stessa unità di

tempo. Infatti:

Costi Totali (CT) = Costi Fissi (CF) + Costi Variabili (CV) ovvero CT = CF + CV

dove CF = k (costante) CV = Cu x q (Costo unitario di prodotto x quantità

acquistata). Il difficile sta nel determinare Cu, ossia il costo unitario (variabile) di

ciascun prodotto acquistato, perché, mentre i costi di imputazione diretta (come il

costo d’acquisto) sono di facile compito, i costi cosiddetti indiretti, cioè le spese

generali, quelle che si riferiscono alla totalità dell’impresa, sono piu’ difficili da

determinare.

Tuttavia, superata questa operazione mediante metodi matematici di

proporzionamento, avremo una quantificazione del costo unitario variabile del

prodotto che, moltiplicato per la quantità, ci fornirà una stima del costo variabile da

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sostenere nel periodo preso in esame. Sommando questo valore ai costi fissi saremo

cioè in grado di tracciare con ragionevole approssimazione la curva verde dei costi

totali:

Il passo successivo è quello di fissare un prezzo di vendita del nostro prodotto che, in

prima battuta e solo per valutare la convenienza o meno di stare sul mercato, potremo

considerare pari a quello praticato dai concorrenti per prodotti uguali o simili a quello

venduto dalla nostra impresa. Avremo allora la possibilità di tracciare sul nostro

grafico anche la curva rossa dei ricavi totali, basterà ricordare che Ricavi Totali

(RT) = P x q (Prezzo per quantità). La domanda fatidica che ora, come imprenditori,

ci dobbiamo porre è questa: Saremo in grado di vendere nel periodo considerato

almeno la quantità Qo?

E’ una domanda importante alla quale dobbiamo dare una risposta che sia la più

attendibile possibile e senza falsi ottimismi e presunzioni, perché da questa risposta

consegue non solo la nostra capacità di trarre profitto dall’impresa che

amministriamo, ma anche, in taluni casi, la sopravvivenza stessa dell’impresa. Infatti,

se la domanda del nostro bene e, quindi, la vendita di esso, si dovesse fermare, nel

periodo di programmazione, ad una quantità inferiore a Qo, poniamo Q1, non

riusciremmo ad avere un reddito dalla gestione dell’azienda. In quest’ultimo caso la

nostra gestione comporterebbe, sempre nel periodo considerato, una perdita, causata

dalla differenza positiva tra Costi Totali e Ricavi Totali, rappresentata nel grafico

dall’area di colore grigio. Viceversa, se le vendite si spingessero oltre Qo, per es. Q2,

avremmo un utile d’impresa, rappresentato graficamente dall’area celeste, dovuto alla

maggior valore dei Ricavi Totali rispetto ai Costi Totali in corrispondenza della

quantità di vendita Q2. Il punto di intersezione delle due rette dei Ricavi e Costi

totali, al livello della quantità d’equilibrio Qo, è detto Break Even Point, ed l’unico

punto in cui i ricavi eguagliano i costi, per cui possiamo dire che la quantità Qo non

genera né profitto, né perdite. Il Break Even Point è il punto di svolta a cui tutte le

Aziende devono necessariamente tendere per avere una gestione redditizia. Maggiore

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è la quantità venduta superiore al Break Even Point e maggiore è, a parità di

condizioni, il profitto dell’impresa.

La costruzione del diagramma del Break Even Point è un’efficace tecnica di

programmazione delle vendite, perché permette di pianificare l’attività d’impresa e le

scelte gestionali in modo da conoscere anticipatamente, con buona approssimazione,

se e quanto sarà redditizio, in termini di costi e ricavi, l’arco di tempo preso in

considerazione nella programmazione aziendale. E’ chiaro che eventuali risultati non

esaltanti, derivanti da questa metodologia di programmazione, costringono

l’imprenditore a rivedere i suoi piani ed in particolare a rivedere i valori delle

variabili che entrano in gioco:

q ovvero la quantità. E’ possibile riconsiderare, alla luce dei risultati previsti

con il Break Even Point, le politiche di approvvigionamento, al fine di

contenere i costi, magari prendendo in considerazione un tempo più lungo per

la programmazione delle vendite

Cu ovvero Costo unitario. E’ possibile attraverso l’analisi dei costi ottenere

una riduzione del costo unitario per unità acquistata. Si possono cercare canali

distributivi alternativi per l’acquisto della merce e si possono anche rivedere le

spese generali dell’impresa, quelle amministrative, commerciali, finanziarie…

P ovvero il prezzo di vendita. E’ possibile attuare una politica aggressiva dei

prezzi. Tenendo conto dell’elasticità della propria domanda di beni si può

valutare un abbassamento del prezzo praticato sul prodotto, per raggiungere

quantità di vendite più elevate. Così come si può, al contrario, decidere per un

innalzamento del prezzo, dopo aver verificato che ciò comporterebbe una

crescita dei ricavi senza grosse ricadute sulla quantità.

E’ chiaro che qualora nessuno dei suddetti suggerimenti strategici desse i risultati

sperati e la conseguenza della simulazione previsionale fosse comunque un mancato

realizzo di profitti, l’unica decisione sensata che si può prendere è quella di un

abbandono immediato dell’iniziativa imprenditoriale, onde evitare di investire i

propri capitali in progetti sbagliati e con la certezza di perderli completamente. Ecco

perché la tecnica del Break Even Point è importante soprattutto in fase di avvio

d’impresa, in quanto permette di valutare la convenienza o meno dell’idea

imprenditoriale, con la rilevante conseguenza di scoraggiare a priori iniziative

fallimentari. Troppe idee imprenditoriali sono destinate, nell’attuale contesto di

mercato, ad un clamoroso insuccesso, quando basterebbe effettuare analisi

economiche preventive, con strumenti come quello appena delineato del Break Even

Point, che, da subito, suggerirebbero di non avviare affatto la nuova iniziativa

imprenditoriale.

Questo specialmente a vantaggio dei giovani che si accingono ad iniziare nuove

imprese, puntando su idee apparentemente buone, ma che invece si riveleranno in

seguito, purtroppo, fallimentari, nella speranza di impedire loro sprechi di energie e,

soprattutto, di denaro.