Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

86

description

Tesi di laurea triennale in Scienze dell'Architettura presso il Politecnico di Milano

Transcript of Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

Page 1: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?
Page 2: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?
Page 3: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

INDICE

Premessa

Cronistoria da Roma 1960 a Londra 2012

Barcellona 1992 Stato pre-olimpico Stato durante l’evento Stato post-olimpico

Torino 2006 Stato pre-olimpico Stato durante l’evento Stato post-olimpico

Da Pechino 2008 a Londra 2012

Bibliografia

Page 4: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

4

Page 5: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

5

PREMESSA:

Fino alla seconda metà del 1700 le grandi città europee, di dimensione notevolmente contenute, riconducibili quasi al solo centro storico, traevano la loro identità dalla bor-ghesia locale e da una serie di architetture e stili propri di quella singola regione. Non a caso in questi anni si sviluppano una serie di stili architettonici caratteristici della singola nazione e che si distinguono gli uni dagli altri da pochi ma essenziali elementi caratteri-stici. Ogni città europea aveva un edificio simbolo, uno stile proprio che la rendeva unica agli occhi del mondo.Con l’avvento della rivoluzione industriale inizia un lento declino delle città europee che porterà poi alla situazione attuale. Le città della seconda metà del ‘700 iniziano dapprima a privarsi di zone storiche a scapito di anonimi edifici industriali, incominciano poi ad attrarre una quantità considerevole di persone, e iniziano ad aumentare la loro area di influenza. Determinante in questo processo risulta essere la sempre crescente impor-tanza e la maggior accessibilità raggiunta dai più rapidi mezzi di trasporto, che rendono possibile collegamenti fino a qualche decennio prima impensabili. Il passo successivo risulta essere il decentramento delle attività produttive dal centro verso la periferia e successivamente dalla periferia ad aree sempre più esterne. In questi anni cambia radicalmente il concetto di città che passa da quello di limitata area con un propria identità a quello di una regione sempre più vasta con una identità propria che va via via svanendo. Il continuo aumento delle infrastrutture e delle reti dei trasporti fa si che l’area di influenza delle grandi città aumenti sempre di più, Bergamo che prima distava da Milano un giorno di cammino è ora raggiungibile con due ore di treno. Questo network di collegamenti fa si che la città si trasformi in regione e poi in megalopoli che Gottmann definisce come “…una regione urbanizzata di ordine superiore, che si estende per 800 chilometri dai confini meridionali del New Hampshire a quelli settentrionali della Virginia con una larghezza media di 240 chilometri, dal mare alle falde dei monti Appa-lachi, che ha una popolazione di �8 milioni di abitanti, concentratasi nelle maggiori aree urbane di Boston, New York,…”.Si giunge addirittura ad una condizione in cui l’intero stato viene identificato con la città

Page 6: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

6

Page 7: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

7

con un maggior numero di abitanti. Questa situazione rimane tale fino alla seconda metà del 1900, in questo periodo le città sentono il bisogno di ritrovare una propria identità e si rendono conto di come debbano tornare ad essere luoghi dell’innovazione. Il cuore delle città necessità quindi di una nuova veste, non si rifà più come nel passato alla borghesia, per assolvere a questa necessità si rivolge all’architettura come forma at-traente e come mezzo di questa trasformazione. Ma dove trovare i fondi e la risonanza mediatica far si che queste idee diventino possibili?La risposta a questa domanda sta nei grandi eventi di risonanza internazionale, di cui l’evento olimpico e solo un esempio. Per questo le città fanno di tutto per vedersi asse-gnare gli eventi internazionali quali Expo, Olimpiadi ed eventi di tipo culturale. Tali eventi portano con loro una enorme quantità di fondi e una grande risonanza me-diatica, questo rende ancora più importante l’evento perché lo porta alla ribalta di fronte agli occhi del mondo. Il mezzo preferito per questa tipologia di intervento è l’architettura in quanto è un elemento che rimane nel tempo e che, una volta finito l’evento, rimane ancora interessante dato che ci saranno persone che andranno a visitarlo, che lo utilizze-ranno per azioni anche differenti da quelle per cui erano stati pensati.Per questa serie di motivi gli “eventi” sono occasioni che le città vogliono vedersi attribui-re perché sono occasione per darsi una veste nuova, sia per migliorare la situazione di chi vive la città sia per rimettersi in luce agli occhi del mondo.

Page 8: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

2008 20121960 1964 1972 19801968 1976 1984 1992 20001988 1996 2004

RO

MA

TOK

YO

Con questa olimpiade si palesa il fatto che la rincorsa delle grandi città all’assegnazione di eventi di rilevanza internazionale non è una necessità solamente delle metropoli europee ma è un fenomeno globale. Questa olimpi-ade ha particolare rilevanza mediatica dato che è la prima ad essere trasmessa dalle emittenti di tutto il mondo via satellite. Sempre in questa olimpiade viene resa pubblica, per la prima volta la presenza di sponsor.

MES

SIC

O

MO

NA

CO

Anche nel caso di Monaco di Baviera l’evento olimpico serve alla città per darsi una nuova veste. L’olimpiade del 1972 è la prima assegnata alla Germania Ovest. L'intenzione di questi giochi era di offrire al mondo l'immagine di uno stato nuovo, democratico ed ottimista, come dimostra il motto ufficiale "The Happy Games".Il Parco Olimpico, basato su un idea di Frei Otto, è oggi un punto di riferimento della città. I siti olimpici, progettati dall'architetto Günther Behnisch, come la piscina olimpica, l'Olympiahalle, struttura multifunzionale, l'Olympiastadion e il villaggio olimpico, sono tutti situati nelle vicinanze del paco. Il design dello stadio in particolare fu ritenuto rivoluzionario, grazie all'uso mai così grande di vetro acrilico fissato con tiranti in acciaio.

MO

SCA

L’olimpiade di Mosca si svolge in un clima politico particolar-mente agitato. Oltretutto l’assegnazione dell’evento olimpico alla capitale russa è particolarmente significativa data la tensione che intercorreva tra l’URSS e gli USA negli anni della guerra fredda. Sono anche le olimpiadi del boicottaggio ameri-cano per l'invasione russa in Afghanistan. L'esempio statunitense è seguito da altri 28 Paesi.

LOS

AN

GEL

ES

A differenza dell’olimpiade di Mosca, il boicottaggio si attua al contrario, stavolta sono gli atleti dell’URSS e del blocco sovietico a non prendere parte alla mani-festazione. Questo boicottaggio, come quello avvenuto quattro anni prima da parte degli USA non fa altro che aumentare il clima di tensione che già intercorreva in quegli anni tra le due superpotenze e che era scaturito nella guerra fredda.

SEO

UL

È l’ultima olimpiade la cui organizzazione viene affidata ad un paese dell’est, prima di quella di Beijing 2008.

BA

RC

ELLO

NA

In questa occasione l’evento olimpico ottiene una rilevanza medi-atica unica, i fondi stanziati per l’olimpiade vengono utilizzati per la realizzazione del villaggio olimpico ma successivamente all’evento si è continuata la sistemazione del water front iniziata appunto con il villaggio olimpico e che si sta concludendo in questi anni, a 16 anni di distanza. L’esempio di Barcellona sarà oggetto, in questa tesi, di particolare approfondimento.

ATLA

NTA

Olimpiade particolare dal punto di vista mediatico. Questa è l’olimpiade del centenario e ciò la da ancora maggiore visibilità. È la quarta volta che il comitato olimpico affida l’organizzazione della manifestazi-one ad una città nordamericana.

ATEN

E

2006

SYD

NEY

Le olimpiadi diventano occasione per mettere il mondo di fronte alla situazione degli aborigeni che fino a quell’occasione era rimasta nascosta agli occhi dei media. Dopo le olimpiadi lo ANZ Stadium, lo stadio olimpico realizzato appositamente per questa manifestazione, ha mantenuto la sua funzione; ha subito un restauro nel 2001 per diminuire i posti a sedere da 110.000 a 83.500 con la realizzazione di una serie di posti mobili che possono aumentare o ridurre il numero dei posti a sedere in rapporto all’evento che verrà ospitato.

Secondo gli interventi degli organizzatori con questa olimpiade si passerà dalla tipologia olimpica della architettura spettacolarizzata alla tipologia delle olimpiadi più sobrie e con un imbatto

ambientale minimo.

Il caso di Torino è rilevante sia per la vicinanza geografia sia per quella storica. L’evento è esemplare anche perché il capoluogo piemontese doveva scostarsi dalla immagine di Company Town dovuta alla presenza della FIAT. Anche in questo caso, come per Barcellona, l’esempio di Torino verrà approfondito in seguito.

In questa olimpiade, particolarmente impor-tanti per il popolo cinese, è iniziato ad emergere il problema della democrazia in Cina. Questa olimpiade è l’inizio di un cambio di tendenza che avrà probabilmente in Londra il suo esempio più significativo.

TORI

NO

Massima importanza storica viene affidata a questo evento sia per un legame che tale città mantiene vivo con i giochi antichi, ma anche perché con questa manifestazione Atene cerca di mostrare al mondo una sfaccet-tatura della sua società nuova e lontana dalla concezione di Atene unica-mente come capitale del mondo classico. Ad oggi rimangono angora molti degli impianti utilizzati per i giochi. Di particolare rilevanza architettonica è lo stadio olimpico opera di Santiago Calatrava. Interessante il riutilizzo che viene fatto di strutture storiche già esistenti, anche per marcare ulterior-mente la continuità storica con i giochi dell’antica Grecia.

PEC

HIN

O

LON

DR

A

MO

NTR

EAL

La XXI edizione dei giochi fu il primo evento trasmesso a colori dalla RAI.

Viene assegnato un 10 perfetto nella ginnastica a Nadia Comaneci.

Roma è importante perché è il primo esempio di questa tendenza delle grandi città che cercano di vedersi asseg-nare i grandi eventi, per darsi una nuova veste agli occhi del mondo. Desta in noi particolare interesse anche perché è il primo esempio di questo tipo all’interno della situazi-one italiana, ricca di storia e di una propria identità nazio-nale. Ad oggi rimangono tutti gli impianti sportivi costruiti

ex novo e tutte quelle opere di ristrut-turazione realizzate a partire da questo evento. Di particolare rilevanza lo Stadio Olimpico, lo Stadio Flaminio e tutto il complesso del Foro Italico

Queste olimpiadi arrivano in un periodo di particolare fermento politico e sociale. Vengono portati alla ribalta dei media le problematiche del razzismo e dell’apartheid presenti in Sud Africa. A posteriori rimarranno famose come le olimpiadi caratterizzate dal gesto eclatante di Smith e Carlos. Sono le olimpiadi della contestazione dentro e fuori lo stadio, dato che dieci giorni prima dell’inizio deI giochi

centinaia di studenti vengono uccisi in Piazza delle Tre Culture.

Page 9: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?
Page 10: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

10

BARCELLONA

1.Palazzetto

2.Villa Olimpica

Page 11: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

11

PREMESSA:Come prima Olimpiade prendiamo in analisi il caso di Barcellona 1992. Questo è un caso emblematico perché l’evento olimpico diventa occasione, per la città catalana, di darsi una nuova veste e di continuare e portare a compimento una serie di opere urbanistiche e di ampliamento cittadino che erano iniziate negli anni precedenti. A posteriori, il caso di Barcellona risulta particolarmente importante perché oggi, a oltre 15 anni dall’even-to, i segni che questo ha portato sulla città sono ancora leggibili, e caratterizzanti della città.

BARCELLONA

1.Palazzetto

2.Villa Olimpica

Page 12: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

12

Page 13: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

13

STATO PRE-OLIMPICO:“Possiamo considerare le città documenti complessi ma intelleggibili che ci parlano dei valori e delle aspirazioni dei loro amministratori, dei loro pianificatori, dei loro costruttori, dei loro proprietari e dei loro abitanti.”

Donalt J. Olsen, The city as a Work of art

Tutti gli interventi realizzati a Barcellona nel decennio tra il 1981 e il 1992 hanno avuto come unico piano di riferimento il Plan General Metropolitano, approvato nel 1976.Questo piano, nonostante soffrisse di tutti i difetti propri di un piano generale, ha fatto si che maturassero alcune condizioni indispensabili per quello sviluppo successivo legato all’evento olimpico. Queste condizioni sono:l’acquisizione di terreni per lo spazio pubblico e per le attrezzature; la promozione di un riequilibrio nella distribuzione delle attività e della densità abitativa; l’introduzione della volontà di risolvere un coordinamento territoriale a scala maggiore.La nuova politica urbana di ricostruzione della città non si impegnò in una revisione del PGM, che sarebbe stata lunga e improduttiva, ma lo prese come quadro di riferimento, agendo attraverso l’uso degli strumenti attuativi e degli stessi progetti in un’ottica di mi-glioramento ed adeguamento dei contenuti dello stesso. Nel contenuto, questa nuova politica di trasformazione urbana, si basa su un primo fondamentale presupposto secon-do il quale la città va considerata come una somma di diverse realtà, di quartieri diversi, e non come un sistema coerente e razionale.È chiaro che questa idea di città come somma di realtà diverse comporta la necessità di trovare una soluzione a quei problemi di integrazione delle parti, per ricreare una unità spaziale e sociale della metropoli dando vita ad un interessante ricerca sulla progettazio-ne del margine. Una ulteriore diversificazione all’interno della nuova politica urbana di Barcellona, nasce dalla volontà di risolvere l’alternativa centro-periferia, fatta a partire da una analisi delle loro diversità.Tale analisi porta a definire il centro storico come una zona della città ricca di valori di rappresentanza ma degradata socialmente per la mancanza di abitazioni e di spazi, e la periferia come zona ricca di spazi ma povera di contenuti collettivi e di valori umani.

Page 14: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

14

Page 15: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

15

In definitiva si arriva a definire due linee di intervento: il “risanamento” per il centro stori-co e la “monumentalizzazione” per la periferia.Gli interventi pianificatori intrapresi a Barcellona si possono schematizzare nei seguenti punti:QUARTIERI STORICI: vengono effettuati interventi di risanamento urbano attraverso:- il recupero del patrimonio esistente, ridando vita all’attività sociale creando elementi di novità e di caratterizzazione degli edifici;- la creazione di nuovi spazi pubblici e riqualificazione di quelli esistenti per innalzare il livello qualitativo della vita;- l’inserimento di interventi puntuali che rigenerino processi di identificazione sociale dei ceti giovani e più vitali;- la ridefinizione dei margini e la nuova urbanizzazione dei vuoti lasciati da processi di crescita urbana incompleti.ENSACHE CERDA’: attraverso un riequilibrio funzionale e sociale si cerca di eliminare il problema di diversificazione presente sull’asse est-ovest che lega ad est i quartieri di residenza popolare e di funzionalità meno qualificate, e ad ovest una zona di sviluppo sociale e funzionale di alta qualità. Questa diagonale era vista come un “attraversamento sociale” della città. L’intervento previsto è un intervento di recupero di tutte le corti inter-ne degli isolati a zona verde pubblica, un parco urbano esteso, una nuova dimensione di “parco metropolitano”.LA PERIFERIA: la monumentalizzazione dei quartieri periferici viene attuata tramite l’in-tervento sullo spazio pubblico, strade e piazze e tramite la costruzione di nuove attrez-zature e servizi.LE GRANDI INFRASTRUTTURE: sono due gli ordini di problemi affrontati nel progetto di strade: uno di ordine generale, che cerca di risolvere il problema del traffico di passaggio, e che inoltre definisce i nuovi limiti urbani di Barcellona e riguarda il secondo Cinturone e il Cinturone del Litorale; ed un secondo di ordine più locale che tende a creare una mag-giore permeabilità tra periferia e centro. In questo modo il progetto della strada acquista un nuovo valore che diventa fulcro della struttura dei quartieri che attraversa e che in lei si identificano. La strada diventa architettura e i grandi svincoli diventano generatori di

Page 16: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

16

Page 17: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

17

luoghi urbani tematizzati, in cui varie funzioni differenti si relazionano e si integrano al loro interno.AREE DI NUOVA CENTRALITA’: il nuovo sistema viario va a sorreggere il sistema delle aree di nuova centralità che, da un lato risolvono problemi urbani a grande scala, e dall’altro danno un migliore equilibrio alla centralità di Barcellona. Questi punti di nuova centralità sia per il loro posizionamento in luoghi strategici, sia per la loro qualità urbana vanno a definire una nuova dimensione nella struttura urbana di Barcellona.I risultati più importanti per la struttura urbana di Barcellona sono:- lo spostamento della centralità verso est per riqualificarne lo sviluppo;- ridisegnare i margini della nuova città centrale;- “centralizzare” la periferia storica;- definire una nuova “periferia metropolitana”:- ridare un cuore a Barcellona, rendendola al mare, il grande piano dell’Ensanche ritrova un senso riaffacciandosi al mare.

Page 18: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

18

Page 19: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

19

STATO DURANTE L’EVENTO:Pochi mesi dopo l’evento olimpico Barcellona inizia un periodo di riflessione e dibattito sul risultato delle scelte e delle decisioni prese a partire dal 1982, che si sono tramutate da ipotesi, teoria o disegni sulla carta, in realtà nel territorio.Gli interventi sportivi non spiegano completamente i cambiamenti prodotti nella città ma sicuramente ne definiscono l’anima e la struttura. L’idea delle quattro aree olimpi-che domina, dal 1982, la maggior parte delle opere intraprese nei dieci anni successivi, rendendo possibile e, a volte, accelerando processi urbani normalmente molto più lenti. Prima di tutto va segnalata la straordinaria precisione tecnica con cui, l’allora sindaco Narcis Serra, formulò fin dall’inizio, la volontà di organizzare le olimpiadi a Barcellona. Le direttrici definite in quel momento facevano riferimento alla necessità di dare una struttura a Barcellona, e non solo nel limite comunale, ma anche in tutto il territorio me-tropolitano, perché potesse diventare una delle capitali più importanti d’Europa. Questa volontà politica ha fatto del progetto olimpico un progetto appropriato a Barcellona. La costruzione della città non deve mai essere il risultato casuale di interventi e scelte indi-viduali. La volontà del progetto sulla città, in questo caso del progetto dell’insediamento fisico dei Giochi Olimpici, deve essere per forza pubblica data l’enorme ripercussione delle decisione sulla struttura urbana. Và anche sottolineato come tutte le proposte di insediamento urbano delle attrezzature olimpiche non hanno mai voluto collocarsi nel-l’ottica di una nuova pianificazione generale, anche perché aprire una discussione sul PGM avrebbe presupposto la sterilità di qualsiasi proposta. Gli interventi olimpici si collo-cano rigidamente dentro un limite progettuale con la volontà di mantenere il PGM come quadro di riferimento generale.Sin dagli schemi iniziali tracciati nel 1982, il progetto olimpico di profila come un pro-getto di ricostruzione urbana, di creazione di attrezzature e, perciò, di intervento sullo spazio pubblico.Differenziandosi da tutte le città che prima di lei ospitarono l’evento olimpico, Barcellona non cerca di colonizzare e di espandere la propria superficie, ma piuttosto di generare un deciso intervento su ciò che già c’è, con un forte impatto sulla città già costruita. Con questo si riafferma la volontà pubblica delle trasformazioni urbane e si garantisce la qua-

Page 20: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

20

Inquadramentoaree di intervento

Page 21: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

21

lità degli interventi.Le proposte olimpiche sarebbero rimaste semplici speculazioni teoriche se non si fosse capito che il progetto non esiste senza una gestione urbanistica condotta in parallelo. Il progetto agisce come motore della gestione e questa fa divenire più realistico l’interven-to portandolo verso il terreno del possibile, all’interno di un programma e di una serie di parametri economici adeguati.Le quattro arre olimpiche -Montjuic, Diagonal, Vall d’Hebron e Parc de Mar- hanno una posizione centrale in relazione alla città metropolitana. Se negli anni ’60 si potevano considerare settori periferici o suburbani, oggi hanno smesso di esserlo, acquisendo un valore di posizione privilegiata, agendo come nodi di connessione tra il ridefinito centro della città e delle periferia che inizia ad acquisire i valori qualitativamente complessi del-la città.- Montjuic: L’osservazione della situazione attuale mostra il doppio lavoro di urbanizza-zione realizzati in questi ultimi anni. Da un lato il parco del 1929 si amplia e si estende fino a tutto il versante sul del Montjuic, dove si disegna il Giardino Botanico e il Parco del Miglia e, più verso est, l’ampliamento e la ristrutturazione del vivaio municipale dei Tre Pini. Sulla cima, nel punto di passaggio tra il vecchio parco ed i nuovi tracciati, le ricono-scibili piattaforme dell’anello olimpico presiedono gli spazi riconquistati.- Diagonal: La scelta di questo punto come secondo grande parco olimpico si deve alla pre-esistenza di istallazioni molto importanti, come quella del F.C. Barcellona, del R.C. di Polo e della zona sportiva universitaria. Per i giochi vengono utilizzate tutte nel loro stato attuale eccetto per una importante ristrutturazione del R.C. di Polo, necessaria per poter accogliere la prova ippica.- Vall d’Hebron: Il grande parco della Vall d’Hebron, tanto per la posizione come per la funzione, si presenta come un contrappunto geometrico al Parco del Montjuic. La sem-plice comparazione dello stesso settore tra il 1981 e il 1991 permette di vedere l’effetto balsamico locale che la creazione di questo parco ha prodotto sui quartieri limitrofi. Sia la Vall d’Hebron che il Parc de Mar esprimono la volontà delle proposte olimpiche di essere dirette verso la creazione di nuovi spazi urbani in zone vuote, senza nessun uso.- Parc de Mar: Quella che nel 1981 appariva una operazione trascendente, difficile e ri-

Page 22: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

22

Inquadramentoaree di intervento

Page 23: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

23

schiosa, negli anni successivi al 1992 aveva superato ogni previsione per convertirsi nel motore irrefrenabile del recupero del fronte marittimo di Barcellona. Ancora una volta, si deve segnalare che gli interventi olimpici non sono stati concepiti mai come parti auto-nome, chiuse in se stesse ed isolate dal resto della città, ma piuttosto come meccanismi di integrazione con l’intorno, che provocano reazioni qualitativamente positive sull’insie-me del tessuto urbano.Le quattro aree olimpiche e le vie o assi di connessione che le uniscono, definiscono un rettangolo che fa da margine a quella che potremmo chiamare città centrale situata al centro geometrico della piana di Barcellona tra i fiumi Clobregat e Besos.

Page 24: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

24

Page 25: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

25

STATO POST-OLIMPICO:Nel 1999, dopo almeno vent’anni di una assidua attività di rinnovo urbanistico ed archi-tettonico, la città di Barcellona riceve dal RIBA (Royal Insitute of British Architecture) la medaglia d’oro, per la prima volta concessa ad una città non ad una figura professionale. Questa non sarà però l’unica occasione in cui la città catalana si vedrà conferire premi ed onorificenze, già nel 1987 Barcellona si era vista assegnare un premio dall’università di Harvard per l’alto livello di progettazione urbana raggiunto. Anche nel 2002 riceverà tale premio, ma stavolta riconosciutole dalla Biennale di Architettura di Venezia. Il premio conferitole dal RIBA, però, giunge a coronamento di un ciclo di interventi, costituendo-ne il degno suggello onorifico; non a caso tra le motivazioni compare “l’impegno attivo da un punto di vista urbanistico, sottolineando la combinazione di spettacolari progetti urbani e il miglioramento a piccola scala di piazze e strade”. Dopo tali onorificenze la domanda da porsi è: cosa è rimasto di quella esperienza straordinaria scaturita da una incredibile sinergia fra politica, cultura, architettura, urbanistica, fruizione democratica e vita associativa, che ha nell’evento olimpico il suo apice? È possibile considerare l’odier-na politica urbana che sta apportando sensibili cambiamenti negli assetti della città, portando significativi cambiamenti di rotta, in continuità con un ventennio di radicale mutamento?Ma cosa accade a Barcellona negli anni che intercorrono tra la fine dell’evento olimpico e i giorni nostri (Barcellona 1993-2008)?L’oggettiva fase di recessione, susseguita ai giochi, viene sublimata a partire da un nuovo obbiettivo basato sulla celebrazione di un avvenimento per l’epoca inedito, i cui con-tenuti verteranno su una idea estremamente nebulosa di “cultura”: si tratta del “Forum 2004”che se da un lato potrebbe essere considerato un fallimento, per quanto riguarda l’opinione pubblica nazionale e internazionale e per il fatto che le percentuali di par-tecipanti saranno notevolmente inferiori alle previsioni, dall’altro si manifesta come l’occasione nodale per ridirezionare le strategie trasformative urbane, viste in un’otti-ca significativamente differente da quanto era stato predisposto negli anni precedenti. Sarà infatti l’occasione di stravolgere l’equilibrio esistente tra pubblico e privato, con il passaggio ad una fase in cui quest’ultimo incrementerà il proprio peso decisionale nelle

Page 26: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

26

Vista dalla Diagonal

Page 27: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

27

logiche di intervento sulla città.Se nel passato ci si poteva ispirare ad una tipologia estremamente positiva nota come “modello Barcellona” si passa ora all’attuazione dei modelli e dei paradigmi della città diffusa nord-americana, in parte assecondando i desideri del capitale immobiliare. In realtà tra le tante parti che entrano in gioco, una così forte presenza dell’iniziativa privata contrassegna molte zone di nuovo intervento o di sostituzione edilizia: da tutto il settore di Diagonal Mar (esemplare il caso della multinazionale Hines che colonizza il nuovo parco di Miralles e Tagliabue), all’occupazione del Port Vell (dopo aver liberato gli accessi al mare si offuscano tali nuovi accessi con voluminosi plessi commerciali); dal complesso del Word Trade Center al caso di riconversione del campo di calcio dell’Español, con un aumento degli indici di edificabilità e le revisione delle norme vigenti.Al tempo stesso, si riducono le superfici utili ad uso residenziale, si riqualificano terreni ed immobili predestinati per attrezzature o infrastrutture, il parco di edifici vuoti o abban-donati, soprattutto nel centro storico, si ingigantisce mentre gli investimenti in edilizia sociale o convenzionata si mantengono su livelli minimi.Gli storici si sono sempre riferiti a Barcellona come ad una aggregato denso e compat-to, mantenendo vivo un profilo da enclave mediterraneo, con un equilibrio accettabile tra la nuove costruzioni e il centro storico. Oggi però tale caratteristica armoniosità è stata irrimediabilmente incrinata , se non addirittura stravolta: una visione panoramica dell’urbanizzato permette di vedere come le altezze volumetriche nelle aree più centrali sono letteralmente estruse in una sorta di gara pubblicitaria (basti guardare quello che è lo skyline rilevabile dal mare), mentre la maglia edificata delle case a schiera si estende oltre maniera su scala regionale, andando ben oltre quelli che sono i margine collinare del Tibidabo. In parallelo ad una crescita della popolazione pari a zero si assiste ad un raddoppio del suolo edificato, ciò è reso possibile dall’approvazione, nel 1998, della “ley del suelo” che ne ha praticamente liberalizzato l’uso. Nelle periferie troviamo una proliferante edilizia unifamiliare che disperde sul territorio il costruito, mantenendo però il modello centripeto della città dei servizi verso cui tutto converge. Se passiamo poi ad analizzare ciò che avviene all’interno del centro storico, il quadro non è di certo più confortante. Tutte le grandi opere di rifacimento di interi setto-

Page 28: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

28

MasterplanDistretto22@Diagonal Mar

Page 29: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

29

ri abitati, sono state realizzate a partire da una normativa di protezione dalla portata as-solutamente insufficiente. La recente revisione del Catalogo di Protezione ha portato ad un ampliamento delle parti e degli immobili da includere, tuttavia le classi stabilite sono estremamente labili e del tutto revocabili quando il caso specifico viene sottomesso ad una riconsiderazione circostanziale. Sono d’altronde identificabili, sulle mappe applicati-ve, moltissime zone bianche, ovvero parti del centro storico in cui non viene riconosciuta la benché minima protezione del costruito. Ciò permette di rilevare una oggettiva super-ficialità nell’approccio.Fra gli eventi che hanno segnato la storia della città dopo l’olimpiade, il Forum 2004, denominato forum della cultura, è stato adoperato come collante sociale. Una cultura sponsorizzata, che favorisce ordinate celebrazioni di massa ed aspira alla produzione di avvenimenti che restituiscano allo spazio urbano il ruolo di protagonista. A ciò si lega la banalizzazione degli invasi pubblici e delle loro architetture da rivista patinata, luoghi che diventano induttori di comportamenti pre-programmati, in cui si comincia ad avver-tire una certa volontà di esclusione e di ricercata aconflittualità.Una città che comincia ad essere “espropriata” al proprio abitante, motivando una sensi-bile dis-affezione per i beni collettivi in un cittadino che aveva finora mostrato un gran sentimento di orgoglio nei confronti della sua città, in manifesta sintonia con una pro-gettazione che aveva saputo valorizzare simili aspirazioni al benessere comune.Passiamo ora ad una analisi specifica dei progetti che hanno ricevuto dall’evento olimpi-co lo slancio iniziale, e che si sono continuamente evoluti fino ai giorni nostri. Prendere-mo in analisi i progetti della Diagonal e del Water Front.Progetto 1: Il Distretto 22@ e la Diagonal Mar Il Plan 22@ e l’apertura della Diagonal Mar sono parte della strategia di intervento a grande scala che si è articolato nel settore urbano di Levante, andando a costituire un caso paradigmatico che suppone un punto di svolta nel trattamento della città esistente. Il settore Poblenou era il settore marittimo del municipio di Saint Marti de Provençals, che è stato poi aggregato alla capitale catalana nel 1897. Si tratta di un terreno sottratto alle antiche lagune del litorale, a sud della foce del fiume Besòs. Nel XX secolo, in questa zone, si è localizzato un nucleo urbano dalla forte composizione industriale. Alla fine de-

Page 30: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

30

Diagonal Mar

Page 31: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

31

gli anni ’60, in seguito allo smantellamento delle aree industriali, la logistica e i trasporti si convertono nelle nella principale attività della zona, convivendo con una moltitudine di piccola laboratori frutto dell’atomizzazione delle grandi parcelle storiche. Il tutto in una situazione di depauperamento dello spazio urbano e di decadenza generalizzata della ricchezza produttiva del distretto, soggetto a delle forti tensioni trasformative non contemplate nel PGM del 1976. È però con le operazioni di trasformazione residenziale iniziate alla fine degli anni Ottanta con il sotterramento dei tracciati ferroviari e la co-struzione della Villa Olimpica che si rende possibile la trasformazione di tutto il fronte marittimo, e l’apertura della Avinguda Diagonal fino al mare, traguardando così le piani-ficazioni centenarie. Avviato nel 1998, il Plan 22@ si propone di superare l’immediatez-za del cosiddetto progetto urbano – sintesi tra piano e progetto – quale meccanismo operativo, costituendosi piuttosto come esempio di riutilizzazione di tessuti e manufatti secondo un progetto dilatato nel tempo. Dal punto di vista normativo, il piano consiste in un documento che interessa una superficie di 115 isolati regolandone la trasformazione per permettere lo sviluppo di nuova superficie produttiva, in base all’incremento pro-gressivo degli usi e delle densità ammesse negli antichi suoli industriali. Il nuovo settore si sviluppa sulla struttura varia dell’Eixample, aggiornandone le opere urbanizzatrici ed implementando nuove attività economiche ad alta componente di ricerca che si fan-no portatrici di una tipologia di luoghi produttivi più qualificati ed efficienti rispetto a quelli tradizionali. Il distretto, che a cause della dimensione di alcuni degli insediamenti industriali, della cesura prodotta dalle linee ferroviarie e dei conflitti geometrici tra le antiche tracce ottocentesche ed i nuovi allineanti di Cerdà non avevano potuto neppure ammettere l’apertura e la continuità di tutte le strade previste dal Plan de Ensache del 1859, converte invece ora la nuova Diagonal in spina dorsale della trasformazione. Il risul-tato è uno spazio di grande qualità urbana compatto e misto che configura un distretto urbano centrale con una proporzione paritetica tra funzione produttiva e residenza; a scenario completamente attuato, il settore comprenderà circa 40.000 alloggi di nuova edificazione, trovando le proprie strategie di centralità, dinamismo e stabilità nella zona del Forum 2004, che diviene il suo centro risorse attraverso i programmi dei nuovi zoo, Campus Universitario e Centro Congressi.

Page 32: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

32

MasterplanForum 2004

Page 33: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

33

Progetto 2: Forum 2004 – MinaCon un investimento globale di 3.200 milioni di euro, il Forum è il risultato fisico di una strategia politica, culturale ed immobiliari che ha utilizzato un grande evento organizza-to ad hoc per rimodellare un’ampia fascia del litorale. L’intervento, che si estende su più di 200 ettari nella zona in cui la Diagonal incontra il mare tra la Villa Olimpica e la foce del Besòs, ha prodotto una periferia dai caratteri originali, marcata da grandi infrastrutture metropolitani (impianto depuratore, centrale termica e inceneritore) che si sono riforma-te per divenire compatibili con le nuove funzioni residenziali, commerciali e ricreative.Storicamente consolidatosi come uno spazio intermedio privo di una vocazione urbana specifica, questo settore, visualizzato da Cerdà come un grande parco, si trasformò in una zona marginale e degradata priva dell’insediamento dei grandi impianti di manteni-mento: negli anni Sessanta si costruirono infatti i quartieri popolari della Catalana e della Mina (10.000 abitanti distribuiti su 26 ettari), che ben presto si consolidarono come dei luoghi di marginalizzazione sociale. In particolare la Mina, a causa del suo sistematico iso-lamento, si trasformò progressivamente in un ghetto. Negli anni Ottanta, con un nuovo parco progettato da Viaplana e la trasformazione di Carrer Prim in rambla, si cercò di ap-portare dei miglioramenti alla qualità del tessuto urbano, ma la soluzione del problema ed una riconfigurazione radicale dell’intero ambito sarebbero giunte solamente grazie all’avvio di riforme su larga scala. Similmente a quanto accaduto nel 1992, il progetto è stato portatore delle tesi urbane e dei contenuti necessitati dalla città nel momento della contingenza storica della sua realizzazione: se l’occasione costituita dalle olimpiadi ebbe come manufatto principe per la modernizzazione del sistema urbano la costruzione del Ronde, così anche il Forum 2004 può ragionevolmente essere considerato un’operazio-ne infrastrutturale. Ben oltre le apparenze di un progetto convenzionale, si tratta di un intervento multistrato, collante di differenti programmi sopra e sotto il livello della quota urbana. Della superficie complessa di intervento, 30 ettari corrispondono al Forum pro-priamente detto. Diversamente dal modello della Villa Olimpica, fondata sulla strada e l’isolato, in questa occasione gli elementi di crescita sono stati residenze, uffici ed hotel che, sviluppandosi in altezza, hanno disegnato un paesaggio disomogeneo per il quale la piazza e la darsena sportiva del recinto assumono il ruolo di spazio centrale attorno a

Page 34: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

34

Forum 2004

Page 35: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

35

cui sviluppare l’operazione immobiliare. Tutto il recinto è sviluppato nei suoi livelli sotter-ranei, con gli edifici che emergono come iceberg: la specificità dei programmi destinati alle quote inferiori, producono delle discontinuità planimetriche, articola riccamente la topografia della piattaforma di rivestimento. I grandi edifici non vennero assegnati ad un unico progettista per rispetto di una precisa scelta che, al giustapporre linguaggi ed architetture differenti, identificava nella discontinuità un valore. La suddivisione del programma del nuovo centro congressi in due edifici o la conforma-zione del grande spazio centrale attraverso la Esplanada, il Parco degli Auditori e la zona di balneazione furono esempi di questo frazionamento. L’edificio emblema, palcosceni-co degli atti più significativi, venne costruito all’incontro della Avinguda Diagonal con Carrer del Prim, nel vertice della grande spianata che scendeva verso il mare coprendo l’impianto depuratore e la Ronda Litoral. Il capitolo residenziale dell’operazione ha inclu-so il piano di riqualificazione del quartiere della Mina, i cui blocchi più degradati vengo-no eliminati aprendo una nuova rambla ed introducendo le necessarie dotazioni sociali, docenti e sportive, ed una serie di progetti per alloggi che furono oggetto di concorso e vennero affidati a promotori privati. Al di fuori del perimetro fieristico, promosso simul-taneamente e parte della stessa operazione, si trova il complesso di torri residenziali di Diagonl Mar con l’omonimo parco.È importante osservare come prima l’Olimpiade e poi il Forum siano stati grandi incen-tivi per la riqualificazione della città di Barcellona; sono statI l’occasione per iniziare una intensa attività di recupero che ha dato una faccia nuova alla città spagnola e che non si è ancora conclusa. Le opere qui riportate, che stanno interessando la zona della Diagonal e del Water Front, sono solo una parte dei progetti conclusi o in fase di compimento che si stanno realizzando a Barcellona. L’esempio della capitale catalana è un esempio emblematico del perché le grandi città vogliano vedersi assegnare eventi di rilevanza internazionale, con questi due eventi Barcellona ha sistemato una parte importante dei problemi urbanistici ed architettonici della città.

Page 36: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

36

TORINO

1.Villaggio Olimpico

2.Palahockey

Page 37: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

37

PREMESSA:Passiamo ora ad analizzare il secondo caso tipo, quello di Torino 2006. Questo caso risulta a noi particolarmente affine sia dal punto di vista puramente geografico, sia dal punto di vista di una analisi storica. Questo caso presenta molte affinità con quello di Barcel-lona, nonostante i 14 anni di lontananza, dato che anche in questa circostanza, l’evento olimpico viene sfruttato dal capoluogo piemontese come occasione per la città di darsi una nuova veste, di “rifarsi il look”. Il caso di Torino, risulta di particolare interesse anche per il fatto che i giochi sono stati occasione per un rifacimento della città, ma anche per un maggiore sviluppo di tutta la regione piemontese, soprattutto per le zone montane, come la Val di Susa.

TORINO

1.Villaggio Olimpico

2.Palahockey

Page 38: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

38

Page 39: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

39

STATO PRE-OLIMPICO:Il rapporto che l’olimpiade stabilisce con il contesto territoriale è pienamente compren-sibile se viene letto attraverso due diversi scenari dinamici: da una parte lo scenario de-gli avvenimenti eccezionali che periodicamente investono il territorio, dall’altra, la storia stessa dei giochi olimpici, in questo caso invernali. Non è da oggi che le aree urbane ricevono grandi impulsi alla loro ordinaria trasformazione grazie ad eventi di ecceziona-le portata mediatica e urbanistica. Per conseguire risultati soddisfacenti il metodo e la cultura dell’urbanizzazione hanno bisogno di tempo, gli eventi eccezionali hanno invece dalla loro parte la certezza dei risultati in tempi prestabiliti e improrogabili. La concentra-zione nel breve tempo di decisioni, risorse, progetti e di opere concrete, oltre la enorme visibilità di queste, sembra effettivamente costituire la carte vincente di questo genere di eventi. Se si aggiunge che la maggior parte dei fondi investiti sul territorio per questi eventi sono di origine esterna, si comprende perché in questi ultimi decenni vi sia una esasperata competizione per ospitare eventi di tale portata.Altro elemento caratteristico nella storia di Torino è la presenza della FIAT. Il capoluogo piemontese fin dal 1899 è stato la sede amministrativa e operativa della più grande in-dustria automobilistica italiana. La FIAT iniziò la costruzione del famoso stabilimento del Lingotto nel 1916 e lo fece entrare in funzione nel 1923. Lungo tutto il ‘900 il capoluogo piemontese riceve la linfa vitale per il suo sviluppo proprio dalla grande industria auto-mobilistica che attira sulla città di Torino un elevato numero di operai attratti dalla pos-sibilità di un lavoro stabile presso la fabbrica. L’arrivo così massiccio di persone fa sì che la città si vada quasi ad identificare con la fabbrica stessa, e di conseguenza si sviluppi seguendo il modello delle company town inglesi.Torino 2006 rappresenta la prima olimpiade di carattere sicuramente metropolitano, agevolato dal fatto che la capitale piemontese vive un forte legame storico e geografico con lo scenario alpino che ospita la manifestazione. Ma Torino e il sistema piemontese vantano un altro primato nella storia urbanistica delle olimpiadi: possono mettere a di-sposizione della manifestazione sportiva, una lunga e robusta tradizione di pianificazio-ne del territorio. Gli organizzatori hanno puntato su una realtà precisa e naturale: riser-vare alla città di Torino e alla sua area metropolitana tutte le funzioni di comunicazione,

Page 40: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

40Lingotto - Torino

Page 41: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

41

di ospitalità degli atleti e dei complessi del ghiaccio, riservando alla Alta Valle di Susa gli impianti per la neve e una parte di alloggi per gli atleti. Per quanto riguarda il caso di To-rino è molto facile trovare similitudini con Barcellona 1992, città in cui le olimpiadi hanno costituito il principale stimolo per il rinnovamento della città.L’asse fra la stazione centrale di Porta Nuova e la vecchia fabbrica Fiat del lingotto è il primo banco di prova della moderna trasformazione urbana di Torino. Altra area è quella nella zona sud della città. In quella zona sono state realizzate anche opere di reinterpre-tazione di opere già esistenti: il palavela e il villaggio media ITC-ILO. Sempre nel settore sud della città l’evento olimpico ha creato il presupposto per attuare un esteso program-ma di riqualificazione urbana. L’occasione delle olimpiadi è stata dunque provvidenziale per evitare il consolidarsi nel cuore del quartiere di un processo di lento ma inevitabile degrado, legato alla non utilizzazione di due grandi strutture fortemente presenti nella vita e nel costume degli abitanti. In particolare la ricostruzione del vecchio stadio comu-nale ha contribuito al processi di riabilitazione a livello cittadino del settore calcio agoni-stico, dove è ormai radicata la tendenza e la necessità di aggregare allo stadio una serie di funzioni, non solo sportive ma commerciali e terziarie, legate ad una precisa società di calcio. Un altro elemento di sperimentazione indotto in maniera diretta dalle olimpiadi riguarda la “flessibilità” dell’operazione immobiliare. Delle centinaia di posti letto o di pic-cole unità abitative, solo una piccola parte è stata riutilizzata come tale, la maggior parte è stata rimodellata per unità residenziali a favore degli studenti o delle famiglie.Il coinvolgimento del territorio, anche a scala extraurbana, è stato sottolineato da una serie di interventi in quadri ambientali di altissimo pregio territoriale, zone in cui risul-tava problematico ogni tipo di intervento di modificazione delle preesistenze (Pinerolo e Torre Pellice). Minori problematiche hanno dimostrato invece di avere gli edifici che contenevano le gare vere e proprie. La “grande dimensione” appare essere la categoria di progetto che orienta gran parte delle scelte: grande quantità di pubblico e di atleti, grande dimensione delle attrezzature sportive e di quelle di supporto.

Page 42: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

42

Page 43: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

43

STATO DURANTE L’EVENTO:L’intervento che il comitato organizzatore pensa in occasione delle olimpiadi di Torino 2006, è per molti aspetti simile a quello di Barcellona, anche se non si limita ad interveni-re solo sull’area cittadina ma va a modificare anche le zone alpine, in stretta connessione con il capoluogo piemontese. Come a Barcellona una parte di interventi è stata destinata alla riqualificazione di aree degradate, come ad esempio il quadrante sud. A questo quadro, delimitato in termini spe-rimentali fra il 1984 e il 1988, il piano regolatore ha dato successivamente piena dignità urbanistica, dilatandone i confini in modo che comprendesse anche lo scalo ferroviario adiacente, i mercati ortofrutticoli all’ingrosso, la zona della dogana e poi fino al campo di calcio Filadelfia. Una precisa volontà dell’amministrazione comunale a riguardo dell’inte-ra problematica dei siti olimpici da ricercare all’interno della città ha consentito a partire dal 2000 di far rientrare nei binari dell’ordinario anche la domanda in qualche modo imprevista ed eccezionale proveniente dall’evento olimpico. In questo senso la realizza-zione del villaggio olimpico ex MOI ha costituito una fase di attuazione del vigente piano e non la causa di varianti estranee ad una visione complessiva della città. All’interno di questi interventi è anche emersa la volontà di recuperare grandi complessi di ingegneria civile che aveva avuto come capostipite proprio il lingotto. Nella stessa zona ci sono stati altri due interventi importanti quali il Palavela e il Villaggio Media ITC-ILO. Nel Palavela il rapporto tra la pelle esterna dell’edificio, costituita dalla magnifica volta e il suo con-tenuto è stato riproposto in chiave attuale, dando sostanza e funzioni concrete ad un vuoto preesistente, tanto maestoso quando inquietante. Con il Villaggio Media ITC-ILO si è invece affrontato un delicato problema di recupero filologico di edifici dell’ultimo ra-zionalismo torinese, salvaguardandone completamente le strutture e lo spirito creativo, ma aggiornandone con garbo il racconto architettonico originale.Relativamente estraneo ad un grande sistema di urbanizzazione sempre nella zona sud di Torino è stato realizzato un palazzetto dello sport: ufficialmente realizzato per acco-gliere gli allenamenti in appoggio ai principali stadi del ghiaccio. Sotto l’aspetto urbani-stico l’impianto si pone in modo coerente e corretto con il quartiere circostante, dando concretezza a una generica previsione per “servizi pubblici” dello strumento urbanistico;

Page 44: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

44

Distribuzione degli interventi nel Comune di Torino

Distribuzione degli Interventi in Piemonte

Page 45: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

45

peraltro l’impianto si pone come polo di riferimento per gli sport e le manifestazioni al coperto in un quartiere operaio sotto dotato di servizi e condizionato dalla fabbrica Fiat. Il completamento di alcune parti della Spina Centrale ha poi costituito il secondo degli obbiettivi strategici dell’intervento olimpico nella città di Torino. La spina centrale rap-presenta, e ha sempre rappresentato, la principale occasione di trasformazione urbana nella città di Torino. Qui lungo un asse di sei chilometri si sono concentrate trasformazio-ni dell’assetto urbano che hanno coinvolto il sistema ferroviario, con la creazione di un grande e articolato viale alberato al di sopra del passante ferroviario, infine è stato orga-nizzato il sistema delle aree industriali dimesse che avevano fatto della rete ferroviaria di superficie l’elemento vitale di connessione con l’esterno della città e il principale tramite di interscambio fra diversi settori del sistema industriale stesso. Oltre a questi interventi che si sono effettuati all’interno del capoluogo piemontese, vi sono una serie di opere che vanno a collocarsi nell’immediato intorno di Torino, nella Alta Val di Susa, e nelle lo-calità turistiche come ad esempio Bardonecchia e Sestriere.La decisione di realizzare due palazzetti del ghiaccio in aree relativamente decentrate rispetto al capoluogo non è tuttavia casuale: la forte tradizione locale, sia a livello dilet-tantistico sia agonistico, riguarda alcune specialità non molto diffuse come il curling, ha suggerito di puntare su quest’area per rafforzare strutture già esistenti, come a Pinerolo, e dorare la cittadina di Torre Pellice di un nuovo impianto adeguato alla popolarità che tale sport riveste in questa area. L’alta valle di Susa costituisce il secondo polo di inter-vento entro qui si è articolato il disegno territoriale delle olimpiadi. Qui la presenza di località turistiche come Sestriere, Bardonecchia, Cesana - San Sicario ha fatto da base in-sostituibile alle gare sulla neve. A Sestriere il Villaggio Atleti può legittimamente investire un polo strategico, confrontabile con quelli torinesi delle Spine oppure dell’ex Italgas: qui da almeno venti anni lo strumento urbanistico evocava un intervento di forte e signifi-cativo completamento dell’ ambito caratterizzato dalle torri di Bonadè Bottino, neppure concluso appieno dai due nuovi complessi, anch’essi sviluppati in verticale, realizzati per i Campionati mondiali di sci dei 1997. La scelta di una tipologia in linea ben si adatta dunque a cogliere il senso della “chiusura”, verso la Valle di Susa, dell’insediamento storico del Colle, non lasciando alternative al disegno territoriale proposto dai Prg. Gli impianti

Page 46: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

46

L’Arco Olimpicosimbolo dei Giochi

Page 47: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

47

di risalita in prossimità del grande Domaine Skiable di Cesana – Sestriere - Bardonecchia, cosi come gli impianti di innevamento artificiale necessari per garantire un’offerta spor-tiva non solo durante le Olimpiadi, non posseggono infine caratteri formali tali da poter entrare a pieno titolo nel novero delle architetture; ma ugualmente hanno contribuito a ridisegnare una parte importante dei territorio dell’Alta Valle di Susa e soprattutto a trasmettere un messaggio di grande modernità ed efficienza nel panorama mondiale degli sport da neve.

Il villaggio olimpico:“…a miniature word wash ere set up itself, rigidly protected from the world outside”

Francesc Muñoz, Historic evolution and urban planning typology of Olympic Village

Il villaggio olimpico fa parte di quella categoria di materiali urbani complessi, propri del-la città contemporanea, caratterizzati dall’essere costitutivamente incerti, formalmente mutevoli. Il villaggio olimpico, come un centro commerciale, tende a presentarsi, di caso in caso, sotto diverse forme, a combinare talvolta differenti materiali, ad essere specchio delle ricerche e delle letture urbane ad esso contemporanee; l’apparente solidità delle norme del CIO, che ne definiscono i requisiti principali, solo per alcuni aspetti permette di ritrovare elementi comuni tra i diversi villaggi. Le ricerche attorno al progetto di villaggio olimpico, condotto da ormai un secolo, mostrano diversi approcci e direzioni di ricerca che hanno prodotto diverse soluzioni in cui è possibile rinvenire differenti archetipi o modelli spaziali: l’accampamento militare, il campus, il parco dei divertimenti, la mega-struttura, …Il villaggio olimpico è quindi un materiale poroso, non nel senso di favorire al suo interno una mescolanza di usi e di pratiche, ma in quanto materiale indefinito, che si presta ad assorbire e a veicolare le ricerche sulla città, sui dispositivi residenziali, sul progetto degli spazi aperti, presentando pertanto diverse configurazioni, borgo ameno, megastruttura commerciale, quartiere di edilizia sperimentale, …Il progetto dei Mercati ortofrutticoli si localizza in un settore della città, la cui edificazione

Page 48: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

48

Vista 3D, residenzeVillaggio Olipico

Page 49: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

49

è datata ai primi decenni del XX secolo. Originariamente questi luoghi costituivano parte delle aree comprese tra l’antica strada per Nizza, principale collegamento extraurbano della città e la strada per Stupinigi. Anche la costruzione del tracciato ferroviario non muta la forte connotazione agricola. Solo alla fine degli anni venti questo settore inco-mincia a cambiare decisamente profilo. E a ciò non è estranea la decisione di localizzarvi il complesso dei Mercati Generali inaugurato a metà anni trenta su un’area di 44.500 mq. Il mercato è dismesso definitivamente nel 2001. ma già nel 1985 l’area è compresa nello Studio avanzato di fattibilità del quale sono incaricati Renzo Piano, Giuseppe De Rita e Roberto Guiducci al fine di meglio capire i problemi legati alla trasformazione del Lingot-to da fabbrica di automobili a centro polifunzionale. Il piano degli interventi per lo svolgi-mento dei Giochi Olimpici Invernali del 2006 individua nell’area dei Mercati ortofrutticoli il fulcro del Distretto Olimpico.L’intervento prevede il restauro e il recupero funzionale dei fabbricati storici dei Mercati destinati a zona internazionale di servizio; la realizzazione di un Villaggio Olimpico per 2.500 atleti; la realizzazione di una passerella pedonale lunga 400 metri che si raccorda con quella esistente, progettata da Renzo Piano per il Lingotto.Inizialmente si riteneva che nella stessa area dovesse essere realizzato uno dei Villag-gi Media e che il progetto dovesse occuparsi anche della riqualificazione della piazza Galimberti (operazioni in seguito stralciate). La realizzazione del Villaggio Olimpico nel-l’area dei Mercati generali è l’opera più importante dal punto di vista finanziario, tra quel-le progettate per i Giochi Invernali del 2006.

Vista 3D, residenzeVillaggio Olipico

Page 50: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

50

Page 51: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

51

STATO POST-OLIMPICO:Appuntamenti periodicamente rilevanti della storia della città del diciannovesimo e del ventesimo secolo, attraverso il capitolo delle esposizioni, i cosiddetti “grandi eventi” tor-nano a essere - negli anni più recenti segnati dalla competizione urbana, dal declino dei fattori tradizionali di sviluppo e dal crescente risalto degli elementi Comunicativi - un campo privilegiato di intersezione tra rinnovamento urbano, promozione dell’immagine locale e strategie espansive.Se gli esempi sono numerosi e si prestano a esercizi relativamente scontati almeno quan-to l’elenco delle nuove “occasioni” che si rincorrono, l’ultima è offerta dalI’ Expo del 2015, molto più problematico risulta misurarne, al di là del risalto d’immagine di breve periodo, le molteplici ricadute. Tali avvenimenti attivano, infatti, cronologie e logiche materiali e simboliche inevitabilmente complesse e stratificate i cui riverberi, più o meno virtuosi, se non evaporano con rapidità, trascendono talvolta largamente i contenuti concreti diret-tamente messi in questione. Molti probabilmente hanno ancora presente la World Fair di Chicago del 1893 e possono mettere in relazione esposizione universale parigina del 1900 con la realizzazione della metropolitana della capitale francese; ma quanti ricorda-no oggi I’ambiziosa Expo di New York del 1964 consacrata all’era spaziale?Nel caso dei Giochi olimpici invernali del 2006 di Torino, a circa due anni dalla loro con-clusione, sembra possibile tracciare un bilancio “prospettico” credibilmente proiettato sugli scenari del futuro prossimo e dare una collocazione storica relativamente precisa a un’operazione fortemente pensata, sin dall’inizio, in funzione di un “day after” continua-mente evocato e temuto, anche in ragione dell’eredità di Italia ‘61.Per evidenziarne i tratti non è necessario osservare Torino “dalla luna”: per citare una formula che ha avuto corso e fortuna nei giorni di massima spettacolarizzazione del-l’evento. Più prosaicamente, si deve piuttosto collocare l’esperienza olimpica al di fuori dell’amplificazione propagandistica che ha inevitabilmente accompagnato i giorni e le straordinarie notti olimpiche del febbraio 2006 nella trama ormai pluridecennale delle vicende e delle azioni innescate, agli albori degli anni ottanta, dalla duplice dismissione del progetto preliminare del PRG e del Lingotto; azioni inizialmente prive di coerenza, che accompagnano la sofferta transizione della città verso nuovi equilibri economici e

Page 52: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

52

Page 53: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

53

di potere post-industriali. Le Olimpiadi Invernali hanno consolidato tali equilibri – i cui tratti andavano già cogliendosi prima dei giochi – attorno al perno dell’amministrazione municipale, in un quadro di forte integrazione e circolarità di attori, interessi e ruoli. Proprio per questo risulta opportuno – e utile – non tanto tracciare un ennesimo bilancio sinottico dell’iniziativa, ma piuttosto chiedersi fino a che punto essa abbia davvero rap-presentato, per l’area torinese, la “grande occasione” prospettata sin da quando la candi-datura avanzata dal comitato promotore, in cui già si esprimeva il quadro delle nuove al-leanze urbane, venne accolto dal CIO, nel giugno del 1999, e venne sottoscritto a Seul tra lo stesso CIO, il Coni e la Città di Torino, l’Host City Contract che ha dato inizio alla grande “avventura olimpica”. Riferimento d’obbligo Barcellona e il suo miracolo. Quale è stato in sostanza il reale valore aggiunto dell’impresa dal punto di vista della città?Sgombriamo il campo da ogni possibile equivoco. La domanda non tende certo a smi-nuire il successo (che ha fatto anche in questo caso parlare di “miracolo” una stampa poco incline, per una volta, all’understatement che si ritiene essere tratto tipicamente sabaudo) e la straordinaria, palpabile energia collettiva sprigionata dai Giochi del 2006 in una città prontamente ripulita dai cantieri e dai segni di incuria e disagio che l’afflig-gevano; una città immersa in una dimensione internazionale collettivamente vissuta e percepita, così remota dall’incedere di quella che sino a poco prima era una consolidata quotidianità, pure profondamente rivitalizzata nel corso degli ultimi anni . Né sottovaluta l’importanza primaria, strategica. della visibilità internazionale di cui la città ha potuto godere. Intende però sottolineare un fatto basilare: vale a dire che l’impulso generoso e oneroso dell’avventura olimpica si è delineato nell’alveo di una profonda trasformazione – anche per il momento epocale di mutamento dell’economia torinese – che aveva già preso ampiamente forma, nell’assetto urbanistico e nella consistenza delle opere edili-zie e infrastrutturali, sin dalla seconda metà degli anni Novanta. In effetti, quasi nessuno degli interventi che sul lungo periodo stanno profondamente ridisegnando l’impianto e gli spazi della città - dal passante ferroviario alla metropolitana, ai grandi interventi sulla Spina, alle azioni di riqualificazione del centro e delle periferie - può dirsi scaturito, così come invece è avvenuto ad Atene e in certa misura poteva essere affermato per la capi-tale catalana, dall’occasione olimpica.

Page 54: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

54

Page 55: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

55

Questa, al contrario, si è innestata - per quanto riguarda una città “paradossalmente” e non casualmente al centro di giochi squisitamente alpini che uno slogan preolimpico indicava come “capitale delle Alpi” - su di un processo che è giusto definire di “moder-nizzazione” già impostato e avviato, al di fuori del quale la stessa candidatura avrebbe difficilmente potuto essere motivata e ragionevolmente avanzata per i grandi ritardi ac-cumulatisi tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta; e che avrebbe avuto comunque luogo indipendentemente dai Giochi. Da questo dato di fondo è giusto prendere le mosse per parlare dell’eredità olimpica e delle prospettive della città post-olimpica. Nel metterne a fuoco i principali elementi, partiamo dal dato, ovvio, delle considerevoli erogazioni di denaro di cui ha potuto beneficiare la città, accanto alle porzioni di territorio piemontese direttamente. ma anche indirettamente, toccate dall’evento. La pioggia di risorse ha sicu-ramente avvantaggiato Torino e i settori più direttamente interessati dall’avventura dei Giochi, a partire dall’avvio degli interventi olimpici, verso il 2003, con effetti positivi sulla disoccupazione (attestata al 6%), pur in presenza di una drammatica contrazione della produzione industriale. È pur sempre vero che la macchina dell’economia urbana era già a pieno regime sin dallo scadere degli anni Novanta e che gli investimenti strettamente connessi con i Giochi invernali rappresentano una parte contenuta delle risorse com-plessivamente mobilitate nei molti cantieri della città (per dare un’idea, un terzo circa di quelli destinati alla metropolitana). Proprio il “virtuoso” quadro tardo keynesiano, or-ganico al profilo dirigistico di Torino, entro cui si è inserito – come elemento aggiuntivo - il “fattore 2006”: ne consolida gli effetti e contribuisce ad attutire l’impatto della tanto temuta fase successiva alla chiusura dei Giochi, che beneficia, soprattutto, del positivo andamento del settore industriale. I dati più recenti lo confermano. Il prodotto interno lordo provinciale del 2006, pari al 2-2,2 %, e dunque superiore alla media nazionale, non è dovuto al miracolo sportivo, ma alla ripresa dell’industria manifatturiera, un motore del tutto tradizionale.Avviati in alcuni casi - come detto - ben prima e, comunque, indipendentemente dalle Olimpiadi, i grandi cantieri edilizi e dei trasporti - dal passante alla prima linea della me-tropolitana - sono in pieno svolgimento. Quello della nuova stazione di Porta Susa è agli inizi: darà vita a una delle grandi operazioni urbane dei prossimi anni.

Page 56: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

56

Stazione di Porta Susa

Page 57: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

57

Altre imprese, malgrado le sofferenze di cassa, sono destinate a partire nel prossimo fu-turo: come la nuova biblioteca di Bellini, l’ampliamento del Museo dell’automobile su progetto di Cino Zucchi e i recenti grattacieli della Regione e del San Paolo (oggi diventa-to Intesa-Sanpaolo), protagonista fondamentale nella regia della Torino contemporanea uscita dalla “monocrazia” Fiat. Questi ultimi interventi dovrebbero materializzare, attra-verso i rispettivi progetti di Massimiliano Fuksas e Renzo Piano, le rinnovate ambizioni verticali della città che dagli anni Trenta ne hanno scandito a intermittenza, talvolta con scarsa fortuna come nel caso del concorso per il Centro direzionale agli inizi degli anni Sessanta. D’altra parte, le iniziative messe in atto nei mesi successivi alla fine dei Giochi hanno aperto una successione pirotecnica di “eventi” ambiziosi che dovrebbe attestarsi, provvisoriamente, nel 2008 consacrato al design, per culminare nei festeggiamenti del 2011 per l’Unità. Proposti con la logica dei “sequel cinematografici”: come è stato scritto da Cristina Bianchetti, smentiscono, o almeno esorcizzano, le preoccupazioni, anche au-torevolmente espresse, che preconizzavano una “scia molto piccola dell’evento”: ma met-tono anche in luce la distanza che separa occasioni totalizzanti come l’impresa olimpica da altre iniziative. L’accelerazione spettacolare indubbiamente innescata dalle Olimpiadi, assecondata anche in modo discutibile da interventi inscrivibili a un post-modernismo tardivo che invita a riflettere, con Diane Ghirardo, sulle forme della “disneylandizzazione” urbana, sembra comunque congiungersi in modo coerente con i fattori di forza (arte, gusto, musica, cinema) che da tempo stanno consolidando la nuova immagine della città post-industriale, spendibile sul piano di una specializzazione “turistica” perseguita con estrema determinazione sin dagli anni Novanta. Si tratta di una vocazione destinata, con ogni prevedibilità, a misurarsi con gli altri aspetti della vita economica, con un orizzonte territoriale, esso stesso in profondo e rapido cambiamento, di cui l’operazione della nuo-va Fiera milanese di Rho costituisce un prodotto e un fattore propulsivo. Tale scenario vede sempre più incisive le conseguenze,ormai all’ordine del giorno, dell’avvicinamento al polo regionale milanese ripetutamente evocato nel corso del ventesimo secolo, sin dalle proposte di Riccardo Gualino, e in ge-nere rapidamente accantonato. Mai come oggi destinato, tuttavia, a concretizzarsi con I’ultimazione dell’Alta velocità, anticipata dalle alleanze bancarie, culturali (ad esempio il

Page 58: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

58

Progetto nuovoPalazzo della RegioneM. Fuksas

Page 59: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

59

nuovo festival musicale d’autunno, condiviso tra Torino e Milano) e politecniche ben oltre le stesse dissimmetriche intenzioni e visioni dei protagonisti. Tale scenario, ancora molto sfumato, è carico di grandi incognite ma anche di potenzialità, in considerazione delle specificità ambientali e di qualità della vita offerte dal capoluogo piemontese nel quale, contemporaneamente. sembrano ormai consolidate le prospettive di ripresa del com-parto automobilistico, come dimostrano la riattivazione della produzione nello storico stabilimento di Mirafiori e l’accordo tra la Fiat e l’amministrazione pubblica, alla base del masterplan dell’area. Gli effetti e i riverberi economici dell’evento olimpico non possono del resto essere limitati alle sole valutazioni quantitative o all’intreccio, più o meno diret-tamente delineato, tra lavori e iniziative di Torino 2006 e bilancio economico locale. Altre ricadute importanti, da porre in relazione con la riqualificazione dell’offerta ricettiva, che anche grazie ai Giochi invernali presenta livelli non immaginabili sino a pochi anni addie-tro, riguardano nuove vocazioni professionali, una psicologia e comportamenti collettivi tradizionalmente introversi e ora più attrezzati a sostenere e promuovere una “economia dell’accoglienza”: sul piano della formazione, del lavoro e della percezione stessa di un territorio vasto, ricco di punti di forza, che travalica largamente i deboli e incerti confi-ni metropolitani che hanno sempre caratterizzato il capoluogo piemontese. Ma come valutare gli effetti strettamente urbanistici e territoriali dei Giochi in relazione a quanto premesso? Rispetto al quadro ricco e già coerente di interventi maturato nell’alveo del PRG del 1995, che è stato, come detto, il vero fattore generatore dell’attuale processo di modernizzazione, l’avventura olimpica del 2006 sembra storicamente destinata a risal-tare quale elemento fondamentale di arricchimento, integrazione e accelerazione delle trasformazioni e, con ogni probabilità, di assestamento e consolidamento dèl quadro, non articolatissimo, degli interessi dominanti. Se già il Piano regolatore, elaborato dalla Gregotti Associati e dagli uffici comunali, delineava e disegnava in modo persuasivo - con la coerente rilettura di quanto stava accadendo nella città in ordine sparso - un po-deroso programma di sviluppo che leggeva le potenzialità immobiliari della drammatica dismissione industriale, avviata agli inizi degli anni Ottanta, e individuava 1097 ettari di trasformazione di cui il 35 per cento era oggetto di piani e programmi attuativi approvati alla soglia dell’autunno 2003 -, gli interventi previsti per dare forma all’evento olimpico

Page 60: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

60PalaIsozaky - Torino

Page 61: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

61

del 2006 hanno presentato un indiscutibile “valore aggiunto”: un valore legato alla scelta di innestare le esigenze temporanee con le strategie di ampio respiro e gli interventi in atto nella città. Rispetto alla consistenza delle opere impostate prima dei Giochi invernali - tra il 1995 e il 2000 - che connotano tuttora il cantiere torinese e che forse alcuni dei visi-tatori hanno potuto scambiare per l’effetto olimpico, gli interventi strettamente connessi con lo svolgimento dei Giochi hanno contribuito in realtà a operare alcune fondamentali “saldature” urbane, evidenziando nuovi ambiti e nuove direttrici di sviluppo. Anche solo un affrettato sguardo alle realizzazioni consente di cogliere la rilevanza strettamente ur-banistica degli interventi, in particolare nella zona meridionale della città, premiata dalla presenza di grandi contenitori dotati di buona accessibilità stradale e ferroviaria. Le scel-te localizzative delle attività legate ai Giochi invernali hanno in particolare assegnato al settore meridionale sito fra il comprensorio delle celebrazioni unitarie del 1961, l’ex-sta-bilimento Fiat di Mattè Trucco, gli ex-mercati generali della città progettati da Umberto Cuzzi e l’area sportiva dello stadio comunale, il ruolo di epicentro del distretto olimpico, concentrando, nel raggio di pochi chilometri dalla storica e desueta cattedrale industria-le celebrata da Le Corbusier e Mojsej Ginzburg, gli impianti per le discipline del ghiaccio, il villaggio olimpico e le principali attrezzature funzionali.Non solo un “fuoco” isolato, quale ancora risultava il Lingotto allo scadere del secolo, rac-chiuso com’era entro i limiti di specializzazione fisici e funzionali della periferia urbana definitasi nel corso del Novecento, appare, alla luce delle scelte e degli interventi olimpici, rafforzato dalla presenza dell’Oval, meglio proiettato e integrato nel contesto urbano e capace di indurre processi di riqualificazione di maggior respiro dal punto di vista gene-rale degli assetti della città; ma proprio grazie ai Giochi, due fronti della città, prima sepa-rati e sostanzialmente disarticolati da un punto di vista funzionale, sono stati uniti da un percorso pubblico e incorporati in un quadro unitario che comprende la rivitalizzazione della vecchia cittadella sportiva e ricreativa realizzata allo stadio comunale nel venten-nio fascista, operazione consentita dal recupero del monumentale complesso dello sta-dio comunale e dalla costruzione del Palahockey. L’edificio progettato da Arata Isozaki è l’opera più ragguardevole e meno discussa tra quelle realizzate, alcune delle quali - come gli interventi operati sul Moi, sul Palazzo delle Esposizioni e, soprattutto, sul Palazzo a Vela

Page 62: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

62

Progetto nuovo Campusuniversitario facoltà di giurisprudenza e scienze politiche - Foster & P.

Page 63: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

63

di Annibale e Giorgio Rigotti, Franco Levi e Nicolas Esquillan - hanno lasciato spazio a forti perplessità. Meglio sarebbe stato, forse - considerando gli specifici caratteri diquest’ultimo edificio, testimonianza torinese di una congiuntura storica rarefatta che ri-manda a capolavori di ingegneria e architettura come il TWA terminal di Eero Saarinen, l’edificio per esposizioni a Nanterre o il Cnit della Défence progettati da Nicolas Esquillan - impostare un programma basato sulla temporaneità dell’intervento. A completare il quadro va ricordata, sulle sponde della Dora e quindi nella parte opposta della città, ver-so nord, la presenza del quinto Villaggio Media, che ha contribuito a rafforzare un’altra scelta strategica destinata a lasciare un segno incisivo nella Torino del futuro: quella della sistemazione, nell’area storicamente occupata dagli impianti dismessi dell’ltalgas, delle facoltà di Legge e Scienze politiche dell’università degli Studi di Torino. La riconversione prevede di farne, attraverso un progetto coordinato da Norman Foster, uno dei più im-portanti e qualificati poli per la formazione superiore di tutta l’area metropolitana. La dif-fusione e la ri-articolazione del sistema delle centralità incardinate sull’asse della Spina, impostato dal PRG nelle sue linee basilari - la prima e più evidente eredità dei lavori olim-pici in senso specificamente urbanistico - si accompagna alla sottolineatura di nuove vocazioni, legate all’agonismo e alla cultura dello sport, in linea di principio congruenti con l’immagine di qualità ambientale e approdo turistico specializzato che Torino, come detto, da quasi un quindicennio sta coerentemente proponendo, immagine che costitui-sce uno degli assi portanti della fuoriuscita dall’orizzonte monoculturale. Che anche que-sto, al pari della “messa in scena” delle trasformazioni in una cornice narrativa persuasiva e di facile comunicazione, sia un frutto squisitamente olimpico è indubbio. Meno certo è che la ridondanza dell’offerta di spazi e vocazioni non costituisca un dato problematico nella gestione delle risorse urbane dei prossimi anni, ipotecate dalla capacità di costruire una fitta sequenza di avvenimenti di grande richiamo e dalla mancata definizione di un quadro strategico complessivo individuato già nella fase di preparazione dei Giochi, sul-l’esempio di quanto già viene fatto a Vancouver, che ospiterà la prossima manifestazione olimpica invernale. Accanto a questi aspetti, altri elementi, immateriali ma non secon-dari, possono essere positivamente ascritti all’effetto territoriale della partita olimpica, come quello legato alla gestione e alla regia temporale delle trasformazioni. La scadenza

Page 64: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

64

Page 65: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

65

vincolante imposta per I’ultimazione delle opere strettamente legate allo svolgimento delle gare olimpiche ha operato, malgrado difficoltà e incertezze, come occasione per sincronizzare l’esecuzione di molti interventi, con qualche grave smagliatura - in parti-colare quella della storica piazza Vittorio Veneto totalmente sventrata dai lavori per la costruzione di uno dei parcheggi sotterranei centrali realizzati proprio nella fase di pre-parazione dei Giochi -, garantendo la cornice di “decoro” entro la quale il grande evento si è collocato. Tutto ciò anche grazie all’operazione di arredo urbano, un tema “storico” della cultura progettuale torinese - il “Look of the City” - appositamente varata e rimasta come segno permanente, nella attuale fase post-olimpica, in alcune parti della città. Da questo punto di vista l’appuntamento olimpico si è ad esempio intersecato positivamente con la realizzazione della prima linea di metropolitana inaugurata per una tratta di circa sei chilometri proprio nei giorni delle Olimpiadi, creando forse l’illusione, agli occhi di molti cittadini, di una correlazione tra l’opera attesa da molti anni e l’impresa dei Giochi in-vernali. Sempre nell’alveo delle conseguenze immateriali può essere collocato l’impulso dato alla governance e all’accresciuta capacità tecnica di gestire eventi complessi, al di là di discrepanze e conflittualità scontate ed entro certi limiti inevitabili. La scommessa estremamente impegnativa del 2006 ha indiscutibilmente favorito la maturazione di un sistema di governo locale capace di gestire, su più scale, programmi di grande ambizione e complessità. In questo campo l’operazione olimpica ha rappresentato, sotto tutti i pun-ti di vista, un’eccezionale “scuola di governo” delle trasformazioni e di un apprendimento “tecnologico” che attende di essere messo alla prova attraverso iniziative proiettate su un orizzonte temporale più duraturo. Accantonata, nelle sue proiezioni più elevate, l’am-bizione di una candidatura per I’Expo 2015, l’anno 2011 e le celebrazioni per l’Unità sono, come detto, una scadenza già visibile, che costituisce un ovvio riferimento di prospettiva per la macchina organizzativa già allestita per i Giochi olimpici invernali. Di fronte alla chiarezza del bilancio di natura urbanistica, assai più sfumato e con molte linee d’ombra è il discorso sul lascito architettonico, tanto più importante per una città che ha osserva-to attentamente il caso di Barcellona e, interrogandosi sulle possibili eredità, non poteva ignorare l’ampiezza delle opportunità progettuali legate ai grandi eventi e il fatto che la qualità delle opere può avere un peso maggiore dell’evento che le ha generate, dilatan-

Page 66: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

66

Page 67: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

67

done, anche preventivamente, I’aura come insegnano Pechino 2008 e, in fondo, lo stesso Infobox sulla nascente Potsdamer Platz a Berlino. Da questo punto di vista, l’occasione rappresentata dai Giochi - che poteva essere indubbiamente svolta a tutto campo, sia per quanto riguarda le grandi realizzazioni sia sul terreno di interventi volti a migliorare una qualità spesso estremamente modesta degli spazi pubblici esterni al nucleo storico, sia per favorire la mobilitazione di molte energie professionali, anche le più giovani e un confronto allargato con la cultura internazionale - è stata colta solo parzialmente. I Giochi non hanno offerto lo spunto, con la sola eccezione del Palahockey, per grandi iniziative concorsuali il cui apporto, nel contesto torinese, avrebbe potuto essere prezioso, né per interventi di riqualificazione diffusa, e nemmeno hanno dato occasione al coinvolgimen-to delle nuove generazioni di progettisti, premiando invece selezionati e consolidati cir-coli della cultura professionale locale. L’impressione generale, a chiusura della vicenda, è certo quella di un impegno ragguardevole dal punto di vista della sfida tecnica e di una partita vinta nella capacità di convogliare risorse in grandi aree di trasformazione, ma che non offre, al di là delle eccezioni di cui si è detto, prove memorabili. L’operazione ha in fondo aderito, in modo funzionale ma senza produrre forti scarti dialettici, alle tonalità generali, per lo più scontate, delle azioni che hanno dominato il panorama recente delle trasformazioni urbane, nel quale gli spazi della Spina 3 e le stesse stazioni della metropo-litana automatica (altra opportunità progettuale parzialmente disattesa, considerando l’attuale panorama dell’architettura infrastrutturale, le potenzialità legate alla tecnologia e il fatto che l’opera percorre la direttrice di collegamento con il castello di Rivoli) co-stituiscono una testimonianza eloquente. È un indirizzo generale che procede su linee spesso autoreferenziali in cui si conferma un’identità ancora legata, attraverso i canali di legittimazione e le circolarità che contraddistinguono l’ambiente locale, malgrado le crescenti aperture, alla scena “monotona” della città costruita dalle sue diverse dinastie. Potrebbe sollecitare, in questo senso, qualche utile riflessione il fatto che la maggior par-te dei recenti spunti, talvolta notevoli, dell’odierna architettura torinese, si collochino al-l’esterno, o ai margini, di quelle grandi operazioni che, dirette dal public glove, avrebbero potuto innescare processi ed esperienze di forte contenuto innovativo.Oltre tutto ciò Torino sta sviluppando la caratteristica di città della cultura e del design

Page 68: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

68

Page 69: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

69

Oltre tutto ciò Torino sta sviluppando la caratteristica di città della cultura e del design con mostre che si svolgono con ricorrenza annuale e che fanno si che la città diventi per quel breve lasso di tempo capitale del design o del libro. Questi eventi, decisamente meno importanti dei Giochi Olimpici, portano comunque nel capoluogo piemontese un flusso continuo di turisti e visitatori, questo implica un flusso costante di denaro che vie-ne riversato nella città e che questa può reinvestire al suo interno.Altro elemento caratterizzante la città di Torino sono l’infrastrutture. La città piemontese si trova infatti lungo l’asse della TAV, la linea ferroviaria ad alta velocità che collegherà Milano e tutto il nord Italia con la Francia, andando a rinforzare quel legame storico che legava la capitale piemontese a Nizza e a tutta la regione meridionale francese.Come per Barcellona anche Torino, terminato l’evento Olimpico, ha cercato con altri eventi di rilevanza internazionale di trovare quei fondi che sono serviti e serviranno in futuro per modificarsi e per darsi una veste migliore agli occhi del mondo.

Page 70: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

70

PECHINO

1.Villaggio Olimpico

2.Water Cube3.Birds Nets

Page 71: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

71

PECHINO

1.Villaggio Olimpico

2.Water Cube3.Birds Nets

LONDRA

1.Villaggio Olimpico

Page 72: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

72

Page 73: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

73

Ora, in ultima analisi, passiamo ad analizzare l’olimpiade appena trascorsa. Questi Gio-chi Olimpici sono nati, sin dal momento della loro assegnazione, come opportunità di rilancio data alla Cina, in un periodo storico per lei fondamentale. Parallelamente allo sviluppo del progetto, la nascita di questa olimpiade è stata accompagnata da una fer-vente polemica sulla questione cinese, sul problema della democrazia e del Tibet, in una situazione che molto ricorda quella di Città del Messico 1968, tanto che si era arrivati a parlare di defezioni da parte degli atleti oppure alla proposta di gesti eclatanti duran-ti i giochi per manifestare contro la situazione tibetana. Sicuramente l’assegnazione di questi giochi olimpici ha avuto il merito di portare alla ribalta dei media una situazione, quella cinese, che fino a pochi anni prima sembrava quasi non esistesse. D’altro canto

Page 74: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

74Birdnest Olympic Stadium - Beijin

Page 75: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

75

non si può pensare di cambiare una mentalità e di risolvere problemi che affliggono la Cina da decenni con i soli giochi olimpici, ma sicuramente con questa manifestazione si è iniziato quel dialogo tra occidente e oriente che mancava e che può essere il punto di inizio per una miglior collaborazione tra le parti. Certamente la Cina ha cercato di dare al mondo l’immagine migliore di sé, siamo stati tutti colpiti dall’organizzazione di questi giochi, dove tutto era perfetto, impeccabile, dalla cerimonia di inaugurazione a quella conclusiva, senza il minimo gesto di protesta; ma la domanda che sorge spontanea è questa: è stato fatto da parte della Cina uno sforzo enorme, ma a quale prezzo? Su questo mi riservo dal dare un giudizio dato che, innanzitutto i frutti di un’olimpiade si vedono solo a distanza di qualche anno, e poi perché è difficile entrare in possesso di una docu-mentazione sufficiente dato che i giochi si sono appena conclusi.Credo che con l’evento di Pechino si sia toccato un punto altissimo in quel percorso intrapreso dalle città mondiali nella spettacolarizzazione degli eventi olimpici, in quel percorso partito con Roma nel 1960 e che qui, nel 2008, sta raggiungendo un punto altissimo, che sarà difficilmente superato dagli eventi futuri. Allo stesso tempo, però, si è iniziato ad intravedere un cambio di tendenza, un cambiamento nella concezione stessa dell’evento olimpico. Questo cambio di tendenza, si vede soprattutto nelle scelte fatte all’interno dei progetto particolari, in quei particolari tecnologici e costruttivi che fanno si che un determinato edificio sia ecologicamente sostenibile, di fatto ad impatto zero.Si è passati dall’Olimpiade del grande edificio, del progetto dell’architetto famoso, ad una concezione diversa, che va contro la spettacolarizzazione crescente dell’evento, che prevede un’olimpiade più sobria, con edifici studiati per essere ad impatto zero. A differenza dei classici impianti sportivi in cui il sistema di facciata è applicato su una poderosa struttura portante, nel Water Cube la massa schiumosa cristallizzata svolge tre funzioni contemporaneamente: è struttura, è facciata, è involucro che racchiude e plasma lo spazio architettonico. L’intelaiatura metallica, di aspetto organico, quasi un tessuto os-seo, realizza una cavità tra pelle esterne e pelle interna: tale vano che è di 3,6 m in parete e di 7,2 m in copertura, viene fatto funzionare in modo diverso, secondo le stagioni, per ottimizzare passivamente il comfort ambientale interno. La scelta di optare per una dop-pia facciata sua per le pareti che per la copertura ha consentito di proteggere la struttura

Page 76: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

76

Water Cube - Beijing

Page 77: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

77

dalla corrosione e di creare un’area cuscinetto regolabile. La membrana in ETFE è utilizza-ta anche all’interno per dividere il volume del cubo in tre aree funzionali regolabili. Il rivestimento plastico, senza massa, potrebbe dar adito a dubbi sul comportamento termico nelle varie situazioni climatiche: in realtà proprio l’impiego dell’ETFE garantisce un buon controllo del passaggio di luce e calore. Questa caratteristica, sommata ad un ponderato sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili, all’uso di materiali ecologi-ci e all’oculato risparmio delle risorse idriche, consente al Water Cube di poter essere considerato un edificio “ecosostenibile”. Una qualità ormai auspicabile per ogni nuova edificazione, soprattutto di queste dimensioni e così rappresentative.Analizziamo ora l’olimpiade che verrà, i giochi olimpici che si terranno a Londra nel 2012. Stando alle interviste degli organizzatori, unici elementi di giudizio consultabili ad oggi, a quattro anni dall’evento, sembra che con i prossimi giochi si voglia attuare un deciso cambio di rotta rispetto agli ultimi anni. L’evento Olimpico rimane sempre molto ambito per il flusso di persone e fondi che attira sulla città che lo ospita, ma cambia la concezio-ne architettonica e di progetto. Soprattutto nell’ultimo ventennio si è assistito ad una spettacolarizzazione delle architetture chiamate a rappresentare un grande evento, da Londra in poi ci troveremo di fronte ad un cambio di tendenza, passando ad olimpiadi decisamente più sobrie, a progetti “ecologici” dove l’impatto sulla natura e l’utilizzo del-le risorse energetiche non passerà in secondo piano a scapito di un puro estetismo. Si arriverà, nelle previsioni degli organizzatori, a realizzare progetti “riciclabili”, edifici che potranno essere utilizzati, in occasione delle olimpiade successive, da altre città. Esem-pio emblematico di questa nuova concezione è quello del nuovo stadio olimpico. Gli organizzatori delle Olimpiadi di Londra hanno consultato Chicago, grande favorita per l’ assegnazione dei Giochi del 2016, per la realizzazione di un progetto che vedrebbe 55.000 degli 80.000 posti del nuovo stadio olimpico londinese migrare nella capitale dell’ Illinois. L’ arena scomponibile verrebbe così utilizzata per ampliare una struttura di 7.500 posti già in fase di progettazione nella città americana, trasformandola così nello stadio olimpico di cui Chicago avrebbe bisogno nel caso le venissero assegnati i giochi (la deci-sione sarà presa nel 2009). Lo stadio “smontabile” potrebbe rappresentare il primo passo verso un nuovo modo di affrontare il problema della costruzione delle strutture olimpi-

Page 78: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

78

London Olympic Stadium

Page 79: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

79

che, abbassando i costi e permettendo così anche alle nazioni più povere di ospitare in futuro i Giochi. Analizzando le ultime dichiarazioni degli addetti ai lavori, traspare anche l’idea di rendere tutto l’evento completamente multimediale, a rendere tutto accessi-bile via cavo. Il responsabile della comunicazione per la prossima olimpiade di Londra, dopo aver studiato la possibilità di rendere multimediali le fiere campionarie, sta valu-tando l’opportunità di mettere sul web tutta quella parte di olimpiade che non concerne l’evento sportivo. Tutto dal merchandising all’acquisto dei biglietti sarà realizzabile da casa propria, dalla propria postazione web, anche la visita del villaggio olimpico, tramite un’accurata ricostruzione virtuale, si potrà fare da casa propria.Ci auguriamo che tutte queste considerazioni trovino viva applicazione nei giochi, con-sapevoli del fatto che l’olimpiade rimane comunque un elemento fondamentale per la “rinascita” di una grande città. Mi auguro anche che questa consapevolezza diventi un punto di partenza per gli organizzatori degli eventi olimpici a venire, per far si che l’even-to olimpico non sia ricordato come un’occasione persa ma come la grande possibilità per un miglioramento radicale che viene offerta alle grandi città.

Page 80: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

80

Page 81: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

81

BIBLIOGRAFIA:

Libri:

- Peter Hall, Le città mondiali, Saggiatore, 1967

- Bianchi, Martera, Setti, Barcellona 1981-1992, Alinea, 1991

- Bohigas, Ricostruire Barcellona, ETAS, 1992

- Aa. Vv, Torino lo sport e la città, Gribaudo, 2006

- Bianchetti, Torino il Villaggio Olimpico, officina edizioni, 2005

- Bianchetti, Torino metabolizzare le Olimpiadi, officina edizioni, 2006

- Bottero, L’eredità di un grande evento, Celid, 2007

- Filippi, Mellano, Progetti, Electa 2006

- Filippi, Mellano, Cantieri e Opere, Electa 2006

Page 82: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

82

Page 83: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

83

Riviste:

- Arketipo n.°21, Marzo 2008

- Area n.°75, Luglio / Agosto 2004

- Area n.°78, Gennaio / Febbraio 2005

- Area n.°90, Gennaio / Febbraio 2007

- OFX n.° 99, Anno 2007

Page 84: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

84

Page 85: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

85

SITI INTERNET:

- www.olympic.org

- www.coni.it

- www.ptw.com.au

- www.area-arch.it

- www.arketipo.ilsole24ore.com

- www.europaconcorsi.it

Page 86: Olimpiadi: occasione di nuova architettura?

86