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Regione Liguria - Azienda Unità Sanitaria Locale n. 5 “Spezzino”, Via XXIV Maggio 139 - 19124 LA SPEZIA C.F. 00962520110, . 0187 533.111 - fax 0187 533.433 La Spezia, 10/09/2004 Oggetto: CORSO AGGIORNAMENTO SUL RISCHIO INFETTIVO Dott. Gianmarco Simonini A.S. Luisa Cantarelli A.S. Rosanna Capellini I.P. Gabriella Picelli 1) - Illustrazione del capitolo VIII del D.Lgs. 626/94 sulla protezione da agenti biologici 2) - I fattori di rischio infettivo in Ospedale: definizione di rischio biologico 3) - La catena dell'infezione 4) - I meccanismi di trasmissione. 5) - Le mani quale veicolo di infezioni 6) - I dispositivi di protezione individuale 7) - Raccomandazioni per le misure di isolamento negli ospedali: linee guida di prevenzione 8) - Metodi di sorveglianza degli operatori sanitari esposti a rischio biologico. Lo studio italiano sul rischio occupazionale (SIROH) 9) - L'esperienza della attività della Medicina Preventiva e Illustrazione di alcuni dati epidemiologici dell'ospedale di La Spezia e del SIROH. 10) - le vaccinazioni consigliate. 11) - gestione degli infortuni con esposizione a materiale biologico 1) Il D.Lgs. 626/94 e Illustrazione del capitolo VIII sulla protezione da agenti biologici. Il D. Lgs. 626/94 è tutto incentrato sulla programmazione della prevenzione partendo da una valutazione attenta dei pericoli e dei rischi. Così facendo viene superato il concetto espresso nei DPR 303/56 e 547/55 di presunzione del rischio, che viene sostituito dalla verifica delle effettive condizioni di pericolosità e nocività delle lavorazioni, con il conseguente obbligo di adottare misure di prevenzione commisurate all’esito della valutazione dei rischi. Vengono inoltre definite, dal punto di vista giuridico, alcune figure importanti con i loro relativi compiti: datore di lavoro, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Gli articoli 16 e 17 definiscono i contenuti della sorveglianza sanitaria e i compiti del medico competente. Secondo questi articoli il monitoraggio dei lavoratori deve essere effettuato tramite la visita medica che si deve sempre concludere con il giudizio di idoneità alla mansione specifica correlata da esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati a rilevare gli effetti prodotti dai rischi negli ambienti di lavoro. I compiti del medico competente sono di tipo operativo (visite e sopralluoghi), informativo- formativo, collaborativo e partecipativo. E’ importante sottolineare che con il D.Lgs 626/94 vengono forniti degli indirizzi generali mentre gli approfondimenti specifici per patologie e/o per rischi sono forniti da Circolari Ministeriali o Linee Guida, curate per esempio dall’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) o da Associazioni Scientifiche. Questo al fine di evitare che norme tecniche, suscettibili di un aggiornamento continuo, siano inserite in una legge, che richiede

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La Spezia, 10/09/2004 Oggetto: CORSO AGGIORNAMENTO SUL RISCHIO INFETTIVO Dott. Gianmarco Simonini

A.S. Luisa Cantarelli A.S. Rosanna Capellini

I.P. Gabriella Picelli 1) - Illustrazione del capitolo VIII del D.Lgs. 626/94 sulla protezione da agenti biologici 2) - I fattori di rischio infettivo in Ospedale: definizione di rischio biologico 3) - La catena dell'infezione 4) - I meccanismi di trasmissione. 5) - Le mani quale veicolo di infezioni 6) - I dispositivi di protezione individuale 7) - Raccomandazioni per le misure di isolamento negli ospedali: linee guida di prevenzione 8) - Metodi di sorveglianza degli operatori sanitari esposti a rischio biologico. Lo studio italiano sul rischio occupazionale (SIROH) 9) - L'esperienza della attività della Medicina Preventiva e Illustrazione di alcuni dati epidemiologici dell'ospedale di La Spezia e del SIROH. 10) - le vaccinazioni consigliate. 11) - gestione degli infortuni con esposizione a materiale biologico

1) Il D.Lgs. 626/94 e Illustrazione del capitolo VIII sulla protezione da agenti biologici.

Il D. Lgs. 626/94 è tutto incentrato sulla programmazione della prevenzione partendo da una valutazione attenta dei pericoli e dei rischi. Così facendo viene superato il concetto espresso nei DPR 303/56 e 547/55 di presunzione del rischio, che viene sostituito dalla verifica delle effettive condizioni di pericolosità e nocività delle lavorazioni, con il conseguente obbligo di adottare misure di prevenzione commisurate all’esito della valutazione dei rischi. Vengono inoltre definite, dal punto di vista giuridico, alcune figure importanti con i loro relativi compiti: datore di lavoro, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Gli articoli 16 e 17 definiscono i contenuti della sorveglianza sanitaria e i compiti del medico competente. Secondo questi articoli il monitoraggio dei lavoratori deve essere effettuato tramite la visita medica che si deve sempre concludere con il giudizio di idoneità alla mansione specifica correlata da esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati a rilevare gli effetti prodotti dai rischi negli ambienti di lavoro. I compiti del medico competente sono di tipo operativo (visite e sopralluoghi), informativo- formativo, collaborativo e partecipativo. E’ importante sottolineare che con il D.Lgs 626/94 vengono forniti degli indirizzi generali mentre gli approfondimenti specifici per patologie e/o per rischi sono forniti da Circolari Ministeriali o Linee Guida, curate per esempio dall’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) o da Associazioni Scientifiche. Questo al fine di evitare che norme tecniche, suscettibili di un aggiornamento continuo, siano inserite in una legge, che richiede

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tempi lunghi di stesura, perché necessitano di un nuovo provvedimento legislativo per essere eliminate. Il D.Lgs 626/94 introduce nel nostro paese la valutazione dei rischi che rappresenta sul piano giuridico un obbligo per tutti i datori di lavoro e sul piano tecnico lo strumento di riferimento per la gestione dei problemi relativi all’igiene e alla sicurezza sul lavoro all’interno di tutte le aziende. Deve quindi essere organizzato in qualsiasi azienda un sistema di gestione diretto alla individuazione, valutazione, riduzione e controllo costante dei fattori di rischio, che possono influire sulla salute e la sicurezza dei lavoratori. Per valutazione del rischio si intende: un accertamento globale della probabilità e della gravità delle possibili lesioni derivanti dalla presenza di una situazione pericolosa (pericolo) nell'ambiente di lavoro, finalizzato alla scelta di adeguate misure di sicurezza. Per pericolo si intende la proprietà o qualità intrinseca di una determinata sostanza, attrezzo o metodo di lavoro, avente la potenzialità di causare danni Per rischio si intende la probabilità che sia raggiunto il limite potenziale di danno nelle condizioni di impiego e/o di esposizione ad una sostanza. Alla luce delle definizioni sopra riportate e di quanto illustrato sul D.Lgs 626/94, la valutazione dei rischi può essere intesa come un processo articolato nei seguenti momenti: - individuazione (qualitativa) dei possibili eventi indesiderati; - stima (quantitativa) delle probabilità che ha ciascun evento indesiderato di manifestarsi

(stima di ciascun rischio); - diffusione del rischio (numero di soggetti interessati) - confronto con uno standard di riferimento per dare se è possibile una percentuale di rischio

o un giudizio di valore. - verifica della disponibilità di misure tecniche, organizzative, procedurali per eliminare o ridurre l’esposizione e/o il numero di esposti. - verifica dell’idoneità delle misure in atto Al momento esistono standard di riferimento per pochi rischi ma comunque il giudizio di valore deve essere comunque espresso in percentuale. 1A) IL RISCHIO BIOLOGICO NEL D.LGS 626/94 Le attività sanitarie in ambito ospedaliero sono da considerarsi attività che possono comportare l'esposizione a numerosi agenti biologici di accertata pericolosità. Il D. Lgs 626/94 stabilisce che nella manipolazione dei microrganismi per scopi di ricerca o di diagnosi devono essere adottate una serie di misure preventive di natura tecnica ed organizzativa, prescindendo dalla valutazione dell’entità del rischio in quel momento, perché l’esposizione è potenziale. In particolare, ai sensi dell'art.79, il datore di lavoro: a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente; b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;

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c) progetta adeguatamente i processi lavorativi; d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro; f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato X , e altri segnali di avvertimento appropriati; g) elabora idonee procedere per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale; h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti; i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile; l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo trattamento dei rifiuti stessi; m)concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizione di sicurezza di agenti biologici all'interno dei luoghi di lavoro

2) I FATTORI DI RISCHIO INFETTIVO IN OSPEDALE: DEFINIZIONE DI RISCHIO BIOLOGICO Il rischio biologico rappresenta la possibilità di ammalarsi in conseguenza dell'esposizione a materiali, sangue o fluidi potenzialmente infetti. Soprattutto in questo caso il termine potenziale comprende l'eventualità di un possibile contagio, la cui occorrenza però è remota o non ben definibile in termini quantitativi e che, quindi, poco si presta nel discriminare le diverse situazioni di rischio o nel differenziare l'incisività ed il rigore degli interventi preventivi. Nella valutazione dell'avvenuto contagio dei microrganismi si hanno delle difficoltà perchè risulta piuttosto articolata la risposta adattativa o immunitaria dell'organismo umano ospite. Non si dispone inoltre delle relazioni dose risposta nei termini di entità del contagio-infettività (patogenicità, tossinogenecità, allergenicità) per nessuno dei microrganismi di maggior interesse infettivologico o di larga trasmissibilità per via aerea. La mancanza di questa conoscenza non permette di definire delle dosi che abbiano funzione di soglia per discriminare tra condizioni di assenza o presenza di rischio oppure di conoscere, ad una certa entità di esposizione (contagio), quale è la frequenza di danno atteso nel gruppo dei soggetti esposti Comunque, anche se è incerta l'entità del rischio che l'esposizione potenziale comporta, si devono adottare a priori una serie di misure preventive di natura tecnica ed organizzativa secondo quanto stabilito dalla legge La rilevazione a fini preventivi degli eventi accidentali o degli infortuni, che comportano il possibile contagio con agenti biologici dotati di potenzialità infettiva, risulta l'unica strategia

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perseguibile laddove il pericolo di contagio (esposizione) non è presente come condizione intrinseca nel ciclo produttivo o nell'attività svolta, ma nasce come evento accidentale, scarsamente prevedibile e spesso legato, oltre che alle caratteristiche del lavoro, alle caratteristiche individuali e alle attitudini lavorative del singolo. La valutazione del rischio biologico, in ambito ospedaliero, deve quindi essere effettuata a posteriori dell'occorrenza del pericolo e dell'insorgenza dell'eventuale danno, attraverso attente analisi degli infortuni con esposizione a materiale biologico potenzialmente infetto e della sorveglianza sanitaria. Questo modo di procedere permette di stimare il rischio di sieroconversione per HIV ed HCV dopo esposizione professionale e quindi di studiare le relazioni dose-risposta (contagio-infettività) per le più importanti patologie sangue-trasmesse 3) - LA CATENA DELL'INFEZIONE Le malattie infettive risultano dalla interazione tra un agente infettivo ed un ospite suscettibile. La presenza di un microrganismo nel corpo umano non necessariamente dà luogo alla insorgenza di infezione ma ad una colonizzazione: perchè si verifichi un’infezione è necessario che si rompa l'equilibrio tra agente infettivo e ospite. Nei pazienti con difese immunitarie compromesse, ad esempio, l'infezione in molti casi si realizza semplicemente per effetto della diminuzione delle difese immunitarie . In questo caso microrganismi usualmente saprofiti divengono capaci di dare luogo ad un’infezione. Nei pazienti immunocompetenti, invece, perchè l'infezione si realizzi è necessario che l'agente patogeno venga trasmesso all'ospite e che le caratteristiche dell'agente infettivo siano tali da sovrastare le difese dell'ospite. Nel primo caso si realizza un’infezione endogena (i microrganismi patogeni fanno parte della flora dell'ospite), nel secondo caso un’infezione esogena (i microrganismi vengono trasmessi dall'esterno). In generale l'insorgenza di infezione è determinata da una complessa interazione tra i diversi fattori che caratterizzano l'agente infettivo, la suscettibilità dell'ospite e, per le infezioni esogene, le modalità di trasmissione. In sintesi questi fattori sono: per l'agente infettivo: patogenicità, virulenza, invasività, dose, fonte, serbatoio, etc per l'ospite: meccanismi di difesa aspecifici, immunità naturale, immunità acquisita. Caratteristiche dell'agente infettivo: 1) - patogenicità: capacità da parte dei microrganismi di provocare una malattia o di produrre lesioni a carattere progressivo; 2)- virulenza: misura della capacità del microrganismo di dar luogo a quadri clinici severi; può essere stimata in relazione alla morbosità, alla mortalità ed alla capacità di diffusione nella popolazione; 3) - invasività: la proprietà dell'agente infettivo di invadere l'organismo per esempio a superare mucose e cute integra; 4) - dose minima efficace: quantità minima di microrganismi in grado di produrre la malattia, che può variare a seconda delle vie di introduzione;

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5) - serbatoio: il luogo in cui usualmente il microrganismo sopravvive e si moltiplica; 6) - fonte: il luogo dal quale il microrganismo viene di fatto trasmesso all'ospite; Caratteristiche dell'ospite: 1) - meccanismi aspecifici: a) flora endogena, b) barriere naturali (cute, mucose, sfinteri) c) reazione flogistica 2) - immunizzazione: attivazione di quei processi che provocano una risposta contro i microrganismi patogeni in modo da essere protetti dai loro effetti dannosi. Può essere: a) immunità naturale: può essere attiva (infezioni) o passiva (anticorpi materni) b) immunità acquisita: viene indotta in maniera artificiale attraverso le vaccinazioni (attiva) oppure attraverso il trattamento con immunoglobuline (passiva).

3) - I MECCANISMI DI TRASMISSIONE

La trasmissione delle infezioni all'interno di un Ospedale richiede tre elementi: una fonte di microrganismi infettanti, un ospite suscettibile ed un mezzo di trasmissione per i microrganismi. Fonte: le sorgenti umane dei microrganismi infettanti in ospedale possono essere pazienti, personale od occasionalmente visitatori e possono comprendere persone con malattie acute, persone con malattie nel periodo di incubazione, persone colonizzate da un agente infettante ma apparentemente non malate, o persone portatrici croniche di agenti infettanti (portatori sani). Altre sorgenti di microrganismi infettanti possono essere la flora endogena del paziente stesso, che può essere difficile da controllare ed oggetti ambientali inanimati che sono stati contaminati, compresi macchinari, alimenti e farmaci. Ospite: La resistenza ai microrganismi patogeni varia molto da soggetto a soggetto. Qualcuno può essere immune alle infezioni o essere capace di resistere alla colonizzazione di un agente infettante; un altro, esposto allo stesso agente può stabilire una relazione di commensale con i microrganismi infettanti e divenire portatore asintomatico; altri ancora possono sviluppare una malattia clinicamente manifesta. I fattori dell'ospite come l'età, le malattie predisponenti, alcuni trattamenti antibiotici, corticosteroidei o con altri agenti immunosoppressivi, radiazioni, o una violazione delle "prime linee" dei meccanismi di difesa causate da fattori come interventi chirurgici, anestesia e cateteri a dimora, possono rendere il paziente più suscettibile alle infezioni. Trasmissione: In ospedale i microrganismi sono trasmessi con diverse modalità e lo stesso germe può essere trasmesso attraverso più di una via. Ci sono cinque vie principali di trasmissione: contatto, goccioline, via aerea, mediata da veicoli comuni e da vettori: Per lo scopo di queste linee-guida, la trasmissione tramite veicoli comuni ed i vettori sarà discussa solo brevemente, perchè non hanno un ruolo significativo nelle infezioni ospedaliere tipiche.

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A) - TRASMISSIONE PER CONTATTO (infezioni gastrointestinali, respiratorie, cutanee o di ferite comprendenti: clostridium difficile, escherichia coli, shigella, virus epatite A, rotavirus, virus respiratorio sinciziale e parainfluenzale, Herpes simplex, impetigene, pediculosi, scabbia, Herpes zoster, infezioni virali emorragiche come l'ebola, marburg e lassa) più importante e frequente modo di trasmissione delle infezioni ospedaliere, è divisa in due sottogruppi: a) - trasmissione per contatto diretto b) - trasmissione per contatto indiretto

a) la trasmissione per contatto diretto comporta un contatto diretto da superficie corporea a superficie corporea e un trasferimento fisico di microrganismi fra una persona infetta o colonizzata ed un ospite suscettibile, come avviene quando una persona mobilizza un paziente, lo aiuta nel fare il bagno o compie altre attività di assistenza che richiedono un contatto diretto. La trasmissione per contatto diretto, inoltre, può avvenire tra due pazienti, uno dei quali fonte di microrganismi infetti e l'altro ospite suscettibile. b) la trasmissione per contatto indiretto comporta un contatto di un ospite suscettibile con un oggetto contaminato che fa da intermediario, di solito inanimato, come strumenti, aghi, indumenti e guanti che non sono stati cambiati tra un paziente ed un altro.

B) - TRASMISSIONE TRAMITE GOCCIOLINE di grandi dimensioni ("droplet") (malattia invasiva da Haemophilus influenza come meningite, polmonite, epiglottidite e sepsi, da Neisseria meningitidis come meningite, polmonite e sepsi, da altre gravi infezioni batteriche respiratorie come difterite (faringe), polmonite da mycoplasma, pertosse, peste polmonare, faringite o polmonite streptococcica o scarlattina nei bambini piccoli e da infezioni virali come adenovirus, influenza, parotite epidemica, rosolia) in teoria è una forma di trasmissione per contatto. Tuttavia, il meccanismo di trasferimento dei patogeni all'ospite è completamente distinto da entrambe le trasmissioni per contatto diretto ed indiretto. Perciò in queste linee guida la trasmissione attraverso le goccioline sarà considerata come una via distinta di trasmissione. Le goccioline sono generate dal soggetto fonte principalmente durante la tosse, gli starnuti, parlando e durante l'esecuzione di alcune procedure come aspirazione e broncoscopia. La trasmissione si verifica quando le goccioline contenenti microrganismi generate dalla persona infetta vengono espulse a breve distanza nell'aria e depositate sulla congiuntiva dell'ospite, sulle mucose nasali o nella bocca. Poichè le goccioline non rimangono sospese nell'aria, non sono richiesti speciali trattamenti dell'aria o una particolare ventilazione per prevenire la trasmissione delle stesse; infatti la trasmissione per goccioline non deve essere confusa con la trasmissione per via aerea. C) - TRASMISSIONE PER VIA AEREA, si verifica - sia per disseminazione di nuclei di goccioline ("droplet nuclei") (residui di piccole particelle (diametro di 5 um o meno) di goccioline evaporate contenenti microrganismi che rimangono sospese nell'aria per un lungo periodo) - sia di particelle di polveri contenenti l'agente infettivo. I microrganismi trasmessi per via aerea comprendono il micobatterio della tubercolosi, il virus del morbillo e il virus della varicella.

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I microrganismi trasportati in questo modo possono essere largamente dispersi da correnti d'aria e possono venire inalate dall'ospite suscettibile dentro la stessa stanza oppure lontano dal paziente fonte, a seconda dei fattori ambientali; perciò è richiesto uno speciale trattamento e una ventilazione dell'aria per prevenire la trasmissione per via aerea. D) - TRASMISSIONE ATTRAVERSO VEICOLI COMUNI riguarda microrganismi trasmessi da oggetti o altri materiali contaminati come alimenti, acqua, farmaci. E) - TRASMISSIONE ATTRAVERSO VETTORI avviene quando vettori come zanzare, mosche, topi ed altri insetti nocivi trasmettono microrganismi. 5) - LE MANI QUALE VEICOLI DI INFEZIONE La trasmissione delle infezioni in Ospedale è facilitata dal frequente contatto tra personale sanitario e paziente e quindi dalla possibilità di trasmissione di microrganismi attraverso le mani del personale. L'uso corretto dei guanti e il lavaggio delle mani sono le principali misure preventive da utilizzare nell'assistenza dei pazienti. Le mani devono essere lavate accuratamente ed immediatamente se si verifica un accidentale contatto con il sangue, fluidi corporei, secreti, escreti e oggetti contaminati, anche se l'operatore ha indossato i guanti. Si devono lavare le mani prima e dopo l'uso dei guanti e ogni qualvolta avvengano contatti con il paziente per prevenire il trasferimento di microrganismi ad altri pazienti, operatori sanitari o all'ambiente. Può essere necessario lavare le mani durante procedure effettuate su differenti zone del corpo dello stesso paziente per prevenire infezioni crociate. Per il lavaggio routinario delle mani deve essere utilizzato un normale detergente; si sottolinea che devono essere insaponate le mani ed i polsi per circa un minuto. Il disinfettante deve essere utilizzato, sempre dopo la detersione, e in specifiche circostanze (per es. controllo di episodi infettivi, epidemie, prima di eseguire procedure invasive sul paziente e all'inizio ed alla fine del turno lavorativo). I lavabi devono essere dotati di dispenser con detergente, disinfettante ed asciugamani di carta monouso. La cute delle mani deve essere mantenuta in buone condizioni e le unghie devono essere ben curate, corte e prive di smalto. Durante l'attività non è razionale portare anelli, e bracciali altri monili. Il personale sanitario non deve mangiare, fumare, portarsi le mani agli occhi o alla bocca durante il lavoro.

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6) - I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi presenti in ambiente di lavoro. Non sono dispositivi di protezione individuale gli indumenti ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore. Un DPI deve essere predisposto per proteggere il lavoratore dallo specifico rischio presente nell’ambiente di lavoro e quindi alla base della scelta del DPI deve esserci la valutazione dei rischi. Si rammenta che i dispositivi di protezione individuali devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o ridotti in misura sufficiente da provvedimenti tecnici di prevenzione (bonifica ambientale). La scelta dei D.P.I. deve essere effettuata considerando: il tipo di esposizione (contatto umido, aerosol, polvere) il livello di rischio, la frequenza, la durata dell’esposizione, la situazione lavorativa, il confort, la semplicità d’uso e la vestibilità. Il livello del rischio e la durata dell'esposizione devono essere gli elementi che indirizzano la scelta della categoria di protezione del DPI ( 1° categoria -lieve esposizione di breve durata; 3° categoria esposizione importante di lunga durata - art 4 D.Lgs 475/92 e successive modificazioni) I DPI devono essere conformi alla normativa EN, classificati DPI e con marcatura CE; in mancanza di una specifica EN la ditta deve provvedere ad allegare una documentazione tecnica, rilasciata da un organismo notificato, che evidenzi i test eseguiti al fine di accertare l’effettiva protezione nei confronti del rischio. La confezione di ogni singolo D.P.I. deve essere provvista di una “nota informativa” rilasciata obbligatoriamente dal fabbricante, contenente tra l’altro in modo dettagliato e facilmente comprensibile: le istruzioni di impiego, di pulizia, di manutenzione, di deposito, di revisione e di disinfezione/sterilizzazione, se previste, le classi di protezione adeguate a diversi livelli di rischio e i corrispondenti limiti di utilizzo, la data ed il termine di scadenza del DPI e di alcuni componenti, se previsto. E' indispensabile che il personale sia adeguatamente addestrato all’uso corretto di qualunque DPI. I rischi più frequenti in ambiente sanitario, che prevedono l’adozione di DPI, secondo quanto riportato nella letteratura scientifica, sono: • Chemioterapici • Biologico • Solventi • Radiazioni • Antinfortunistico

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Di seguito si illustrano i principali DPI specifici per il rischio biologico: GUANTI Devono essere utilizzati prima di venire a contatto con il sangue, fluidi corporei, secreti, escreti, mucose, cute non intatta dei pazienti e oggetti contaminati. Si ricorda che l'operatore sanitario deve utilizzare i guanti quando presenta tagli o soluzioni di continuo della cute e deve eseguire procedure invasive sul paziente o prelievi. I guanti devono essere: - sostituiti durante procedure effettuate sullo stesso paziente, se si entra in contatto con materiale che può contenere un'alta concentrazione di microrganismi; - rimossi prontamente dopo l'uso per evitare di inquinare, toccandoli, oggetti non contaminati e superfici ambientali; - rimossi prima di assistere un altro paziente; - sostituiti quando si rompono o si verifica una puntura o una lacerazione. Dopo la rimozione dei guanti deve essere immediatamente effettuato il lavaggio delle mani per evitare il trasferimento di microrganismi ad altri pazienti o all'ambiente. La scelta dei guanti deve essere operata: - in funzione della mansione, - in base alle caratteristiche meccaniche - in base alla biocompatibilità. I guanti vengono divisi in:

• leggeri (guanti in latice, polietilene, PVC, polietilene-latice) e • pesanti (gomma, neoprene, cuoio, amianto, maglia di acciaio)

Inoltre a seconda dell'uso esistono guanti chirurgici, guanti per visita, guanti per pulizie e guanti da lavoro. Alcuni criteri fondamentali debbono essere rispettati per la scelta e l'utilizzo dei guanti in specifiche situazioni, che si possono così sintetizzare: a) in latice, sia sterili che non sterili, se è necessario maneggiare sangue o fluidi corporei, in maniera ripetuta e prolungata; b) in polivinile o altro polimero, sia sterili che non sterili, se l'obiettivo è di assicurare una protezione per breve tempo, per manovre rianimatorie o di pulizia del paziente o dell'unità letto; c) in gomma per effettuare le pulizie degli ambienti e per preparare gli strumenti chirurgici e gli endoscopi alla disinfezione, per la raccolta di rifiuti già confezionati d) in filo come sottoguanti quando l'operatore sanitario è affetto da dermatite alle mani o come sovraguanto nel corso di interventi chirurgici. e) latex free o senza lubrificante, sia sterili che non sterili, per i dipendenti affetti da sensibilizzazione al lattice f) con lunghezza del guanto all'avambraccio a seconda del tipo di lavoro svolto (ginecologo, chirurgo vascolare, ecc. ) g) quelli ortopedici in lattice sterili che devono essere più spessi e quindi più resistenti

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MASCHERINA, OCCHIALI PROTETTIVI mascherina Deve essere utilizzata per proteggere le mucose nasali e orali durante l'esecuzione di procedure che possono determinare schizzi di sangue o di altri liquidi biologici. La mascherina chirurgica è monouso; pertanto deve essere utilizzata una sola volta e poi gettata. Si ricorda che la mascherina chirurgica difende esclusivamente il paziente dal nostro inquinamento batterico; mentre l'operatore sanitario per avere una efficace barriera ai batteri deve adottare una maschera a conchiglia a norma UNI EN 149/2001 del tipo FFP2 con stringinaso e bardatura con due elastici, in modo da permettere di adattare perfettamente la maschera al viso dell'operatore sanitario. In caso di brocostimolazione di pazienti con TBC attiva o di broncoscopia deve essere utilizzata la maschera FFP3. Nell’assistenza a pazienti con sospetta malattia altamente infettiva, (tipo SARS), deve essere utilizzata la maschera FFP2. occhiali Gli occhiali devono essere dotati di protezione laterale (categoria II) oppure a mascherina (categoria III). Per gli Operatori che utilizzino sistemi di correzione, i DPI devono essere compatibili con l’uso degli occhiali o con le lenti a contatto. Sono sconsigliati gli schermi a visiera perché si sono verificate contaminazioni degli occhi soprattutto quando si eseguono lavori che possono produrre schizzi con notevole quantità di materiale biologico oppure schizzi provenienti dal basso. Devono avere lenti in policarbonato antiappannanti, incolori, otticamente neutre che non producano distorsioni (Classe ottica 1), montatura robusta, comoda, leggera e ben aderente al viso, possibilmente con astine regolabili Devono essere resistenti all’impatto (almeno simbolo F sia per la montatura che per le lenti), antiappannanti (simbolo N). I simboli ed il marchio CE devono essere riportati sul DPI come prevede la normativa vigente. Gli occhiali vanno lavati dopo l'uso con un detergente compatibile, non aggressivo (sapone di marsiglia), e sciacquati sotto un moderato getto d'acqua. L’eventuale disinfezione deve essere attuata utilizzando prodotti quali: l’amuchina al 3%. In caso di sterilizzazione si devono utilizzare sistemi a freddo come l’ossido di etilene o l’acido peracetico. Non bisogna mai usare detergenti abrasivi o fortemente alcalini, solventi o liquidi organici come benzina. Norma di riferimento = EN 166 CAMICE In campo sanitario gli indumenti da lavoro di norma non sono considerati D.P.I. salvo quando vengono utilizzati in aggiunta alla divisa per proteggersi da un rischio specifico presente nell’ambiente. In questo caso il D. Lgs 475/92, confermato successivamente dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 34 del 29/4/99, li classifica come D.P.I. di prima categoria (dichiarazione di conformità CE con marchio sull’oggetto e documentazione tecnica di costruzione di cui all’allegato III del D.Lgs 475/92).

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Oltre al normale camice in cotone (divisa da lavoro) devono essere a disposizione i seguenti camici in fibra sintetica o TNT : - camice totalmente impermeabilizzato - camice con rinforzi impermeabili anteriori e nelle maniche - camice di tipo chirurgico monouso I camici da adottare come D.P.I. sono quelli di tipo chirurgico, monouso, di tipo idrorepellente, in tessuto non tessuto, con allacciatura posteriore, maniche lunghe con polsino di elastico o maglia tali da permettere che i guanti aderiscano sopra il camice, di lunghezza almeno al di sotto del ginocchio. I camici non vanno utilizzati fuori dalle aree di esposizione, come va assolutamente evitato il loro utilizzo dopo precedenti esposizioni. Non esiste una EN di riferimento: è stata esclusivamente redatta una linea guida dall’ISPESL che consiglia di richiedere alla ditta una certificazione, rilasciata da un istituto notificato, che attesti l’effettiva protezione nei confronti del batteriofago Phi X 174 Il camice sporco deve essere rimosso il più presto possibile e subito dopo si devono lavare le mani. 7) - RACCOMANDAZIONI PER LE MISURE DI ISOLAMENTO NEGLI OSPEDALI. LINEE GUIDA DI PREVENZIONE. Di seguito si presenta la revisione delle Linee Guida per le misure di isolamento in Ospedale presentati dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC)e dall'Hospital Infection Control Practices Advisory Committee (HICPAC) Il razionale di questa revisione è basato sul fatto che devono essere considerate due categorie di precauzioni Nella prima categoria ci sono le Precauzioni Standard Universali che riguardano le infezioni sangue trasmesse e che sono destinate all'assistenza di tutti i pazienti negli ospedali indipendentemente dalla loro diagnosi o presunto stato di infezione. Nella seconda categoria ci sono precauzioni destinate soltanto per l'assistenza a pazienti specifici e sono basate sulle vie di trasmissione, anche per impedire il diffondersi in ospedale dell'infezione. Le linee guida per le misure di isolamento in ospedale hanno lo scopo di raggiungere i seguenti obiettivi: - essere valide dal punto di vista epidemiologico; - riconoscere l'importanza di tutti i liquidi biologici, secreti ed escreti nella trasmissione di patogeni ospedalieri; - includere precauzioni adeguate per le infezioni trasmesse per via aerea, tramite goccioline ("droplet") e da contatto - essere il più possibile semplici e di facile consultazione;

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PRECAUZIONI STANDARD Le precauzioni universali si applicano solo ed unicamente ad alcuni materiali biologici (gli unici nei quali l'HIV ed altri virus trasmessi attraverso il sangue possono raggiungere concentrazioni potenzialmente infettanti) che sono: il sangue e gli altri liquidi biologici che lo contengono in quantità visibile, il liquido seminale e le secrezioni vaginali, i tessuti e i liquidi cerebro-spinale, sinoviale, pleurico, peritoneale, pericardico e amniotico, infine il latte umano, solo per gli operatori delle banche del latte. Al contrario, queste misure non vanno applicate alle feci, alle secrezioni nasali, all’espettorato, al sudore, alle lacrime, alle urine, al vomito ed al latte umano, ed alla saliva con l'eccezione delle manovre odontoiatriche. Le precauzioni universali prevedono la necessità di: - indossare i guanti prima di venire a contatto con lesioni sanguinanti, nonchè eseguire prelievi tecnicamente di difficile esecuzione; - sostituire i guanti dopo ogni paziente; - indossare mascherine ed occhiali protettivi durante tutte quelle procedure che possono determinare l'emissione di sangue o altri liquidi biologici contenenti sangue per prevenire le esposizioni delle mucose della bocca, del naso e degli occhi; - indossare camici o grembiuli durante l'esecuzione di procedure che possono determinare schizzi di sangue; - lavare le mani immediatamente ed accuratamente dopo ogni contatto con il malato; - adottare le misure necessarie per prevenire gli incidenti causati da aghi e taglienti (eliminazione di siringhe, senza rimozione dell'ago o suo reincappucciamento, in appositi contenitori resistenti alle punture). L'applicazione delle precauzioni universali non esclude la necessità di adottare altre precauzioni della seconda categoria, quali quelle per l'isolamento enterico e respiratorio rispetto alle quali quindi le precauzioni universali vanno intese come integrative e non suppletive. PRECAUZIONI BASATE SULLA TRASMISSIONE Le precauzioni basate sulla trasmissione sono norme comportamentali destinate ai pazienti riconosciuti o sospettati di essere infetti con patogeni altamente trasmissibili o epidemiologicamente importanti per i quali sono richiesti ulteriori precauzioni oltre alle Precauzioni Standard per interrompere la trasmissione in ospedale. Ci sono tre tipi di precauzioni basate sulla trasmissione: - Precauzioni per la trasmissione attraverso il contatto, - Precauzioni per la trasmissione tramite goccioline, - Precauzione per la trasmissione aerea, Queste misure possono essere combinate assieme per malattie che abbiano vie di trasmissione multiple.

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- Precauzioni per la trasmissione attraverso il contatto Le precauzioni per ridurre il rischio di trasmissione di microrganismi epidemiologicamente importanti attraverso contatti diretti o indiretti. La trasmissione per contatto diretto implica un contatto di cute con cute e il trasferimento fisico di un microrganismo a un ospite suscettibile da una persona infetta o colonizzata, come quando il personale mobilizza un paziente, gli fa fare il bagno, o svolge altre attività per l'assistenza del paziente che richiedono un contatto fisico. La trasmissione per contatto diretto può avvenire anche tra due pazienti (es. per il contatto delle mani): uno che serve come fonte e l'altro come ospite suscettibile. La trasmissione per contatto indiretto comporta il contatto di un ospite suscettibile con un oggetto, generalmente inanimato, contaminato nell'ambiente del paziente. Le precauzioni da contatto si applicano a pazienti specifici riconosciuti o sospetti essere infettati o colonizzati (presenza di microrganismi nel o sul paziente ma senza segni o sintomi clinici di infezione) con microrganismi epidemiologicamente importanti che possono essere trasmessi attraverso contatto diretto o indiretto. Il degente deve essere collocato in una stanza singola dotata di servizi igienici e deve rimanere in camera; se la camera singola non è disponibile è possibile collocare insieme più pazienti con la stessa patologia. I mezzi di protezione personale sono costituiti da camice monouso, guanti che devono essere rimossi appena si lascia la stanza del paziente. - Precauzioni per la trasmissione attraverso goccioline La trasmissione tramite goccioline comporta il contatto di grandi particelle (superiori a 5 um) contenenti microrganismi generati da una persona, che soffra di una malattia clinica o che sia un portatore di microrganismi, con le congiuntive o con le mucose del naso o della bocca di una persona suscettibile. Le goccioline sono generate dalla persona fonte principalmente durante la tosse, gli starnuti, il parlare e durante l'attuazione di alcune procedure come gastroscopie o broncoscopie. La trasmissione attraverso grandi particelle di goccioline richiede uno stretto contatto tra la persona fonte e la persona ricettiva perchè le goccioline non rimangono in sospensione nell'aria e generalmente in aria coprono distanze brevi, di solito un metro o meno. Poichè le goccioline non rimangono sospese nell'aria, non sono richiesti, per prevenire la loro trasmissione, un trattamento dell'aria ed una ventilazione particolari. Le precauzioni per la trasmissione attraverso goccioline si applicano ad ogni paziente riconosciuto o sospetto di essere infetto con patogeni epidemiologicamente importanti che possono essere trasmessi da goccioline infette. Il degente deve essere collocato in una stanza singola e deve rimanere in camera. Se la camera singola non è disponibile è possibile collocare insieme più pazienti con la stessa patologia. Si devono inoltre limitare gli spostamenti del degente dalla stanza ai soli scopi essenziali. Se lo spostamento e il trasporto sono indispensabili, è necessario: 1) informare il personale della struttura presso la quale il degente viene trasferito e l'addetto al trasporto 2) far indossare al degente, se possibile, una mascherina chirurgica, al fine di minimizzare la dispersione ambientale di microrganismi.

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I mezzi di protezione personale sono costituiti da camice monouso, maschera del tipo chirurgico se si lavora a meno di un metro dal paziente. Se vengono seguite queste Precauzioni non sono necessari trattamenti particolari degli operatori sanitari e dell'ambiente, salvo le normali norme igieniche (detersione e disinfezione). Si deve regolamentare l'accesso dei visitatori ed informarli sulle norme igieniche da osservare. - Precauzioni per la trasmissione aerea La trasmissione per via aerea si verifica a causa della propagazione sia di nuclei di goccioline nell'aria (piccoli residui di particelle - diametro 5 um o meno - di goccioline evaporate che possono rimanere sospese nell'aria per lunghi periodi) sia particelle di polvere contenenti agenti infettanti. I microrganismi trasportati in questo modo possono essere dispersi lontano dal paziente fonte tramite correnti d'aria e possono essere inalati o depositati su un ospite suscettibile all'interno della stessa stanza o a una distanza maggiore del paziente fonte, a seconda dei fattori ambientali; perciò sono richiesti un trattamento dell'aria e una ventilazione particolari per prevenire la trasmissione per via aerea. Le Precauzioni per la trasmissione aerea si applicano a pazienti riconosciuti o sospetti di essere infetti con patogeni epidemiologicamente importanti che possono essere trasmessi per via aerea. Il degente deve essere collocato in una stanza singola e deve rimanere in camera e la porta della stanza deve rimanere chiusa e appare utile che su questa venga apposta una segnalazione che indichi l'isolamento respiratorio. Se la camera singola non è disponibile è possibile collocare insieme più pazienti con la stessa patologia. E' importante che l'accesso a questa stanza venga permesso solo al personale che deve eseguire procedure assistenziali. Limitare gli spostamenti del degente dalla stanza ai soli scopi essenziali. Se lo spostamento e il trasporto sono indispensabili, è necessario: 1) informare il personale della struttura presso la quale il degente viene trasferito e l'addetto al trasporto 2) far indossare al degente una mascherina chirurgica, al fine di minimizzare la dispersione ambientale di microrganismi. I mezzi di protezione personale sono costituiti da camice monouso, maschera del tipo FFP2S con stringinaso e bardatura con due elastici, occhiali e berretto. Si deve regolamentare l'accesso dei visitatori ed informarli sulle norme igieniche da osservare. Nella Tabella vengono presentate le sindromi o condizioni cliniche che giustificano le precauzioni della seconda categoria per la prevenzione della trasmissione di patogeni epidemiologicamente importanti in attesa della conferma della diagnosi.

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8) - METODI DI SORVEGLIANZA DEGLI OPERATORI SANITARI ESPOSTI A RISCHIO BIOLOGICO. LO STUDIO ITALIANO SUL RISCHIO OCCUPAZIONALE (SIROH) Come già sottolineato in precedenza, nell'attività assistenziale ospedaliera vi sono una serie di difficoltà nel valutare il rischio biologico, dovute al fatto che l'esposizione è incerta. Diventa quindi importante, per esempio, l'analisi degli infortuni con esposizione a materiale biologico al fine di identificare i vari fattori che incidono nella costituzione del rischio e di migliorare le procedure. Alla luce di quanto sopra gli Ospedali di Genova S. Martino e di La Spezia hanno iniziato una collaborazione con altri ospedali partecipanti ad un programma per lo studio occupazionale per gli operatori sanitari (Studio Italiano sul Rischio Occupazionale da HIV - SIROH) con centro di coordinamento presso l'Ospedale L. Spallanzani di Roma. Partecipano a questo studio multicentrico un centinaio di ospedali che hanno analizzato 50.000 infortuni circa. Lo scopo del programma è di stimare il rischio di infezione occupazionale da HIV attraverso la sorveglianza degli operatori sanitari accidentalmente esposti a sangue o altro materiale biologico, indipendentemente dallo stato sierologico del paziente fonte. Questo per valutare, oltre al rischio di infezione da HIV, la meccanica degli incidenti, le tipologie degli infortuni più frequenti, le eventuali differenze di comportamento degli operatori rapportabili alla conoscenza dello stato sierologico del paziente e di individuare spazi per interventi di prevenzione e formazione. I dati raccolti nell'ambito del programma SIROH sembrano indicare che la partecipazione degli ospedali ad un sistema di controllo attivo e continuativo già di per sè favorisce una riduzione del tasso di esposizione a HIV ed aumenta il tasso di notifica delle esposizioni (dati desunti da rapporti SIROH). Tali modifiche non sembrano però essere avvenute in eguale misura in tutti i centri, in tutti i contesti assistenziali e per tutte le figure professionali, suggerendo la necessità di interventi mirati. In questo ambito risultano di primaria importanza l'informazione e soprattutto la formazione continua degli operatori sanitari, mirata alla modifica dei comportamenti assistenziali a rischio. I dati dello studio SIROH evidenziano la necessità di rinforzare alcuni concetti, in modo particolare l'importanza di trattare tutti i pazienti come potenzialmente infetti e di segnalare anche quegli incidenti che l'operatore impropriamente considera non a rischio. E' stata infatti evidenziata un'assoluta sproporzione tra il tasso stimato di soggetti con infezioni da patogeni trasmessi attraverso il sangue nei pazienti ospedalizzati e le esposizioni accidentali notificate verificatesi con pazienti infetti, maggiore per le contaminazioni mucocutanee che per le esposizioni percutanee; inoltre gli operatori sanitari indossavano i guanti più frequentemente quando sapevano che il paziente era infetto anzichè considerare tutti i pazienti come potenzialmente infetti. Come dimostrato da diversi studi all'introduzione dei contenitori rigidi resistenti alle punture per lo smaltimento di aghi e taglienti è seguita una riduzione della frequenza relativa di alcuni

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incidenti (punture nel personale ausiliario, incidenti da reincappucciamento, incidenti con aghi usati e non eliminati), quando non addirittura una riduzione della frequenza assoluta delle punture accidentali. I dati raccolti dal programma SIROH dimostrano però che non sempre il contenitore è disponibile nel luogo di esecuzione delle procedure (33%), quando addirittura non è disponibile in assoluto presso il servizio (3,2%), e che spesso tali contenitori sono male utilizzati, col risultato che alcuni incidenti sono dovuti ad aghi che sporgono da contenitori troppo pieni (2,8%), o non idonei, per cui gli aghi forano la parete del contenitore (0,5% degli infortuni). L'esposizione più frequente è conseguente alle operazioni di eliminazione di aghi tipo Butterfly, in genere perchè l'apertura del contenitore non è sufficientemente grande per accogliere ago e deflussore (7,7%) oppure per un effetto "cobra " del butterfly. La quota di punture dovuta a reincappucciamento si è mantenuta costante negli anni intorno all'11-12% di tutte le esposizioni percutanee avvenute con presidi reincappucciabili. Tale percentuale non appare giustificabile e suggerisce la necessità di iniziative mirate a ridurre la frequenza di questo comportamento a rischio. E' stato evidenziato dall'indagine SIROH che non si sono verificate siero conversioni a seguito di morsi o di graffi e neppure dopo collutazioni. L'analisi dei dati raccolti per valutare l'efficacia di trasmissione in seguito a trasmissione percutanea suggerisce un ruolo fondamentale del volume di sangue accidentalmente inoculato (profondità della lesione, presenza di sangue visibile sul tagliente, procedure di prelievo/accesso vascolare, diametro dell'ago) e della gravità dello stadio clinico del paziente fonte. L'unico fattore di protezione documentato è la profilassi post-esposizione con AZT ed un inibitore della proteasi entro 4 ore dall'infortunio. In conclusione i dati dell’indagine SIROH evidenziano che la maggior parte delle punture accidentali avvengono durante l'uso dello strumento o nelle fasi di eliminazione dello stesso e che solitamente l'Operatore Sanitario infortunatosi è l'originale utilizzatore dell'ago o del tagliente. L'aver identificato queste fasi a rischio ha permesso di orientare le azioni preventive verso l'adozione di idonei contenitori dei rifiuti da collocarsi nelle vicinanze dell'operatore sanitario e di adottare aghi di sicurezza con dispositivo di protezione di tipo passivo, ovvero che si attiva senza richiedere manovre aggiuntive da parte dell'utilizzatore. Cause importanti di infortunio sono: il prelievo di sangue, soprattutto se si utilizzano il butterfly e i mandrini degli aghi-cannula, e l'esecuzione di manovre invasive. Questi dati confermano la necessità di continuare a gestire la tutela degli operatori sanitari dal rischio infettivo attraverso le seguenti azioni: a) corsi di formazione-informazione in cui fornire i dati sopra riportati e le norme comportamentali; b) portare a conoscenza di tutti gli Operatori Sanitari l'importanza di segnalare tutti gli infortuni al fine di permettere l'analisi degli stessi per individuare i fattori di rischio, per studiare le relazioni contagio-infettività e per predisporre eventuali interventi correttivi atti a ridurre il rischio; c) sensibilizzare gli Operatori Sanitari sull'importanza della vaccinazione antiepatite B. d)appropriata gestione degli infortuni con monitoraggio del lavoratore infortunatosi e predisposizione di protocolli per le misure da attuare subito dopo l'incidente.

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9) L'esperienza della Medicina Preventiva e illustrazione di alcuni dati

epidemiologici dell'ospedale di La Spezia. A partire dal 1995 si è iniziato il monitoraggio degli infortuni con esposizione a materiale biologico negli ospedali S. Andrea, Felettino e S. Nicolò. La distribuzione degli infortuni segnalati per anno è stata la seguente:

ANNO Numero Infortuni 1995 128 1996 124 1997 124 1998 124 1999 112 2000 141 2001 115 2002 115 2003 106 totale 1090

Nel 2002 vi sono stati 115 infortuni per i quali è stata effettuata la rielaborazione statistica : Nel 2002 si sono verificati 87 infortuni (54 femmine e 33 maschi) per via percutanea (75,6%) e 28 (19 femmine e 9 maschi) contaminazioni (24,4%). Le qualifiche maggiormente interessate sono state quelle degli infermieri professionali (47 infortuni percutanei e 20 contaminazioni) e i medici (17 infortuni percutanei e 3 contaminazioni). In questi anni si è raggiunto un importante risultato, costituito dalla riduzione degli infortuni da reincappucciamento dell'ago, che sono passati da una percentuale intorno al 10% a meno dell’1%, grazie alle campagne di informazione ed anche alla nuova siringa per emogasanalisi. Nessun dipendente infortunatosi dal 1995 ad oggi ha presentato una conversione verso la positività, anche se alcuni operatori sanitari hanno avuto una contaminazione con paziente AIDS e sono stati sottoposti a profilassi antiretrovirale.

Per meglio rappresentare la frequenza degli infortuni sono stati calcolati i tassi di esposizione per 100 posti letto e per 1000 ricoveri, stratificandoli per aree di lavoro e per qualifica. L'analisi si riferisce al periodo 1995 -1998 non avendo riscontrato variazioni negli altri anni sia all'interno del nostro ospedale che rispetto alle medie nazionali. tasso di esposizione per ricoveri (denominatore di attività)

1995-1998 n. tot infortuni tasso percutanee Tasso Contaminazioni tasso

tot ricoveri 101606 501 4,93 388 3,82 113 1,11Ricoveri med 36640 115 3,14 93 2,54 22 0,60ricoveri chir 44662 133 2,98 119 2,66 24 0,54ricoveri rian 3315 54 16,29 34 10,26 20 6,03accessi PS 205571 27 0,13 21 0,10 6 0,03

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tasso di esposizione per posti letto (denominatore di risorse)

n. tot infortuni tasso percutanee Tasso contaminaz tasso tot posti letto

2729 501 18,36 388 14,22 113 4,14

posti letto med

1131 115 10,17 93 8,22 22 1,95

posti letto chir

996 133 13,35 119 11,95 24 2,41

posti letto rian

97 54 55,67 34 35,05 20 20,62

tasso di esposizione per personale in servizio (denominatore di risorse) n. tot Infortuni tasso percutanee tasso contaminaz tassoTOTALE PERS 5259 501 9,53 388 7,38 113 2,15TOT MEDICI 865 85 9,83 72 8,32 13 1,50TOT INFERMIERI

2839 332 11,69 258 9,09 74 2,61

Si sottolinea che i tassi riguardanti i ricoveri ed i posti letto della Rianimazione sono falsati dal fatto che una parte del lavoro degli operatori sanitari di questa U. O. viene svolto nelle Sale Operatorie. Di seguito si rappresenta il tasso di esposizione per il personale in servizio distribuito per area:

tot infort Tasso percut tasso contam tassoarea medica

115 10,69 93 8,64 22 2,04

area chirurgica

133 10,44 119 9,34 24 1,88

rianimaz 54 11,76 34 7,41 20 4,36 Successivamente per meglio analizzare il dato si esegue la stratificazione per le due mansioni più significative: medici ed infermieri professionali.

medici medici medici tot infort tasso percut Tasso contam tasso

area medica 8 3,88 7 3,40 1 0,49area chirurgica 36 13,64 30 11,36 6 2,27Rianimaz 15 10,56 14 9,86 1 0,70

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inferm inferm inferm tot infort tasso percut Tasso contam tasso

area medica 97 13,53 77 10,74 20 2,79area chirurgica 100 11,92 83 9,89 17 2,03Rianimaz 33 11,96 17 6,16 16 5,80 I medici dell’area medica hanno tassi di infortuni inferiori rispetto ai loro colleghi dell’ area chirurgica e della rianimazione, verosimilmente perchè effettuano meno manovre invasive. Mentre si nota un alto tasso di lesioni percutanee negli infermieri, ma non si sono ancora documentate le cause di tale dato . Nessun operatore sanitario è stato sottoposto a terapia con AZT o altri farmaci antiretrovirali 10) LE VACCINAZIONI CONSIGLIATE Per quanto riguarda gli interventi di immunoprofilassi attiva (vaccinazioni) va evidenziato che gli operatori sanitari che vengano a contatto con pazienti affetti da malattie infettive contagiose, corrono il rischio di esserne colpiti e di diffonderle ad altri pazienti. Pertanto ridurre la circolazione di patogeni negli operatori sanitari riduce la dimensione di un consistente serbatoio-fonte di trasmissione nell’ambito della comunità ospedaliera. Una corretta politica delle vaccinazioni deve considerare che si devono prevenire le vaccinazioni trasmesse per via aerea ed alcune trasmesse mediante goccioline e sangue che sono caratterizzate da notevole diffusione e pericolosità per gli operatori sanitari e/o per i pazienti. Sulla base di queste premesse si consigliano le seguenti vaccinazioni: influenza, epatite B, rosolia per le donne che lavorano in reparti di pediatria e ostetricia. La vaccinazione antimorbillo dovrebbe essere già stata effettuata in età pediatrica. Per quanto riguarda la vaccinazione antiTBC questa era obbligatoria per legge (L-1088 del 14/12/70 e DP 447del 23/1/75) ma, stante quanto riportato nelle Linee Guida pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 18/2/99 non è più consigliabile. Attualmente il provvedimento normativo di modifica delle norme vigenti in materia di vaccinazione antitubercolare stabilisce che deve essere attuata solo per gli operatori sanitari che lavorano nei reparti ad alto rischio (art 93 Legge 388/00 e DPR del 7/11/01 n. 465). I dati regionali hanno permesso di stabilire che in tutta la Regione Liguria non esistono reparti ad alto rischio. Al posto della vaccinazione deve essere attuato un monitoraggio degli operatori sanitari, che lavorano in reparti a rischio per la TBC , mediante periodiche intradermoreazione alla Mantoux (vedere linee guida regionali pubblicate su Bollettino Regionale del 29/03/2000).

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11) GESTIONE DEGLI INFORTUNI CON ESPOSIZIONE A MATERIALE BIOLOGICO PREMESSA Il Decreto Ministeriale 20/11/2000 e alla Circolare n. 19 del 30/11/2000 del Ministero della Sanità sulla vaccinazione anti epatite B, hanno modificato alcune indicazioni riguardanti la gestione post-esposizione dell’operatore sanitario e le modalità di vaccinazione antiepatite B, pertanto la C.I.O. ha discusso ed approvato le seguenti linee guida che riprendono i nuovi indirizzi del Ministero della Sanità RACCOMANDAZIONI GENERALI Tutti gli operatori sanitari devono essere vaccinati contro l'epatite B e devono adottare le precauzioni universali di protezione nei confronti del sangue e degli altri liquidi biologici. Il sangue e i materiali biologici (sia dei pazienti che degli operatori) devono essere sempre considerati come potenzialmente infetti a prescindere dalla conoscenza della loro infettività, in accordo con quanto previsto dalle precauzioni universali. Si deve ricordare che se negli anni '80 si eseguivano esami di laboratorio su un paziente HCV questi risultava normale dal punto di vista antigenico ed anticorpale. Il vaccino contro l'HBV è molto efficace e induce una immunità specifica a lungo termine. La vaccinazione anti HBV è raccomandata soprattutto per gli operatori che eseguono procedure ad alto rischio. Il calendario vaccinale prevede dosi al momento zero, al primo e al sesto mese, un mese dopo la terza dose bisogna valutare la risposta anticorpale, perché per la gestione dell'operatore sanitario infortunato si deve avere la certezza se ha risposto o meno alla vaccinazione. Non è necessario eseguire dosi di richiamo né controlli periodici nei soggetti che hanno risposto alla vaccinazione. Se l'operatore sanitario non ha risposto alla vaccinazione (non responder) è consigliabile eseguire il dosaggio dell'HbsAg. In caso di negatività, deve essere offerta un'ulteriore dose. Se anche dopo questa dose non presenta una risposta anticorpale superiore a 10 mUI/mL, va considerato suscettibile all'infezione. Gli operatori sanitari non responder devono fare profilassi con immunoglobuline specifiche in caso di infortunio con paziente a rischio. In caso di esposizione accidentale ad HBV di soggetti non vaccinati, oltre alla somministrazione di immunoglobuline specifiche va eseguita anche la profilassi vaccinale anti-epatite B, secondo lo schema di vaccinazione allegato. L’operatore sanitario deve sottoscrivere il consenso o il rifiuto a sottoporsi al trattamento con immunoglobuline. In caso di esposizione a paziente ignoto o non testato, viene iniziata il trattamento con immunoglobuline e con vaccino HBV solo dopo che l’indagine anamnestica e il sopralluogo nel reparto ha evidenziato la possibilità di esposizione a paziente o oggetto contaminato ad alto rischio per HBV. La struttura sanitaria deve garantire la privacy dell'operatore sanitario.

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1) Protocollo della vaccinazione anti epatite B

Se negativo se positivo Se positivo Se negativo

Ciclo primario 0,1, 6 mesi

STOP Ulteriore dose

Dopo un mese controllo antiHBs

STOP Non responder, paziente suscettibile, deve fare profilassi post-esposizione

7°mese controllo antiHBs

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Indicazioni sulla profilassi post-esposizione a seguito di infortunio con paziente HBV positivo Stato sierologico dell'O.S.

Paz. HbsAg positivo Paz. HbsAg negativo Paz. Fonte non testato o sconosciuto

Vaccinato con risposta nota

Nessun trattamento Nessun trattamento Nessun trattamento

Non vaccinato Immunoglobuline + inizio vaccinazione

inizio vaccinazione inizio vaccinazione

Non responder Immunoglobuline + inizio rivaccinazione

Nessun trattamento Se il paziente fonte è ad alto rischio trattamento con immunoglobuline e vaccino

Stato immunitario non noto

Ricerca anti-HBs e quindi comportarsi a seconda del titolo anticorpale

Nessun trattamento Ricerca anti-HBs e quindi comportarsi a seconda del titolo anticorpale

2) Indicazioni sulla profilassi post-esposizione a seguito di infortunio con paziente HIV

positivo Devono essere sottoposti a profilassi con AZT e farmaci antiretrovirali tutti gli operatori sanitari che riportino un infortunio con materiale biologico proveniente da pazienti con infezione accertata da HIV a qualsiasi stadio. La profilassi deve essere iniziata entro quattro ore dall’esposizione, e comunque non oltre le 24 ore, previo consenso informato sottoscritto dall’operatore sanitario. L'analisi dei casi di infezione occupazionale da HIV, segnalati in letteratura, ha permesso di identificare se situazioni in cui il rischio è significativamente aumentato e che di seguito si riportano: 1) lesione profonda (spontaneamente sanguinante) 2) sangue visibile sul presidio causa della lesione 3) presidio precedentemente utilizzato in vena o in arteria di paziente fonte 4) contaminazione congiuntivale massiva 5) contaminazione con materiali di laboratorio contenenti virus ad alta concentrazione La possibilità di trasmissione dell’infezione da HIV è aumentata in base alle seguenti caratteristiche del paziente fonte: 1) paziente AIDS in fase terminale 2) paziente con infezione acuta 3) paziente con > 30.000/ ml copie di HIV-RNA

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4) paziente con sospetta resistenza alla AZT o ad altro farmaco antiretrovirale (durata del trattamento di almeno 6-12 mesi con segni di progressione clinica).

Materiale biologico a rischio: sangue o qualsiasi altro materiale biologico contenente sangue, liquidi cerebrospinale, amniotico, sinoviale, pleurico, pericardico, peritoneale, sperma o secrezioni genitali femminili; tessuti; materiale di laboratorio contenente HIV Profilassi con AZT e farmaci antiretrovirali La decisione di iniziare la profilassi spetta unicamente all’operatore esposto al quale debbono essere spiegati in dettaglio le conoscenze attuali su efficacia, sicurezza e tossicità del trattamento e sul tipo di esposizione. La gravidanza in atto o possibile rientra fra i criteri di esclusione.

Esposizione al rischio

Paziente fonte con AIDS o già risultato positivo per HIV

Paziente ignoto o non testabile

Paziente fonte a rischio di HIV non testato negli ultimi 3 mesi

Resta discrezionale se richiesto dall'operatore Non raccomandato

Esecuzione del test rapido sul paziente ed inizio di profilassi, se il risultato è positivo

Inizio profilassi post-esposizione

Continua profilassi per quattro settimane e viene monitorato per dodici mesi

Test di conferma

Fonte risultata positiva

Fonte risultata negativa

Sospende profilassi

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L’organizzazione del trattamento dell’operatore che ha subito infortunio con paziente fonte HIV positivo deve prevedere la possibilità di effettuare un test rapido, sia sul paziente che sull’infortunato, che può essere richiesto solo dai medici della U.O. Malattie Infettive e della Medicina Preventiva, e che deve essere inserito fra gli esami di urgenza del laboratorio analisi. 3) Indicazioni sul monitoraggio post-esposizione a seguito di infortunio con paziente HCV positivo In caso di esposizione a sangue di paziente HCV non esiste la possibilità di profilassi né di vaccinazione. Si deve monitorare nel tempo l’operatore sanitario, ricercando l’anticorpo anti HCV, le transaminasi e la gammaGT, secondo lo schema di seguito riportato, ed inviarlo allo specialista infettivologo in caso di sieroconversione o alterazione degli enzimi. GESTIONE DEI CONTROLLI EMATOCHIMICI DA EFFETTUARE SUGLI OPERATORI SANITARI NEL PERIODO POST- ESPOSIZIONE Paziente fonte negativo Gli operatori sanitari devono essere testati al momento zero e dopo sei mesi Paziente HBsAg positivo e HBeAg o HBV DNA positivo Gli operatori sanitari devono essere testati al momento zero e dopo tre mesi, sei mesi ed un anno verificando sia antiHBsAb che antiHBcAb Paziente HCV positivo Gli operatori sanitari devono essere testati al momento zero e dopo 45 giorni, tre mesi, sei mesi ed un anno Paziente HIV positivo Gli operatori sanitari devono essere testati al momento zero e dopo 6 settimane, tre mesi, sei mesi ed un anno Nota bene • Gli operatori sanitari vaccinati nei confronti dell'epatite B non devono essere sottoposti a

monitoraggio dei markers dell'epatite. • Salvo quanto sopra riportato nei controlli periodici vengono ricercati HbsAb, anticorpi

antiHCV e HIV, transaminasi e gammaGT. • Si precisa che il controllo ad un anno dall'infortunio non è obbligatorio, trattandosi di un

accertamento eseguito solo a scopo medico legale, ma che è consigliato se il paziente fonte è particolarmente a rischio.

• Il monitoraggio post- esposizione prevede un controllo clinico e degli esami ematochimici in qualsiasi momento, se compare qualche disturbo collegabile con un’ epatite.

• In caso di esposizione a paziente fonte HCV ed HIV positivo l'operatore sanitario deve essere informato sulla necessità di avere solo rapporti protetti e di evitare una gravidanza