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costituita da: • UIC (Unione Italiana Ciechi) • SOI (Società Oftalmologica Italiana) Oftalmologia Sociale rivista di Sanità Pubblica Contributo ordinario 16 annuo Contributo sostenitore 26 annuo Contributo benemerito 52 annuo Contributo di sostegno da versare sul c.c.p. 24059008 - intestato all’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità - Sezione Italiana, Via G. Vico 1 - 00196 Roma Oftalmologia Sociale – Rivista di Sanità Pubblica Direttore Avv. Giuseppe CASTRONOVO Condirettore prof. Renato FREZZOTTI Capo Redattore dott. Filippo CRUCIANI Comitato di redazione prof. Luciano CERULLI dott.ssa Cristina MARTINOLI prof. Ugo MENCHINI prof. Giovanni SCORCIA COMITATO SCIENTIFICO NAZIONALE • prof. Rosario BRANCATO Ospedale San Raffaele - Milano • prof. Bruno LUMBROSO Già Primario Ospedale Oftalmico - Roma • prof. Marco NARDI Direttore Clinica Oculistica Università degli Studi di Pisa • dott. Matteo PIOVELLA Segretario Tesoriere SOI • prof. Mario STIRPE Fondazione Bietti AGENZIA INTERNAZIONALE PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀ SEZIONE ITALIANA Sede operativa: Via G. Vico,1 - 00196 Roma Tel.06.36.00.49.29 Fax 06.36.08.68.80 sito internet: www.iapb.it e-mail: [email protected]

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costituita da:

• UIC (Unione Italiana Ciechi)

• SOI (Società Oftalmologica Italiana)

OftalmologiaSociale rivista di Sanità Pubblica

Contributo ordinario€ 16 annuo

Contributo sostenitore€ 26 annuo

Contributo benemerito€ 52 annuo

Contributo di sostegno da versare sul c.c.p. 24059008 -intestato all’Agenzia Internazionale per la Prevenzione dellaCecità - Sezione Italiana, Via G. Vico 1 - 00196 Roma

Oftalmologia Sociale – Rivista di Sanità Pubblica

DirettoreAvv. Giuseppe CASTRONOVO

Condirettoreprof. Renato FREZZOTTI

Capo Redattoredott. Filippo CRUCIANI

Comitato di redazioneprof. Luciano CERULLIdott.ssa Cristina MARTINOLIprof. Ugo MENCHINIprof. Giovanni SCORCIA

COMITATO SCIENTIFICO NAZIONALE

• prof. Rosario BRANCATOOspedale San Raffaele - Milano

• prof. Bruno LUMBROSOGià Primario Ospedale Oftalmico - Roma

• prof. Marco NARDIDirettore Clinica Oculistica Università degli Studi di Pisa

• dott. Matteo PIOVELLASegretario Tesoriere SOI

• prof. Mario STIRPEFondazione Bietti

AGENZIA INTERNAZIONALE PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀSEZIONE ITALIANA

Sede operativa:Via G. Vico,1 - 00196 RomaTel.06.36.00.49.29Fax 06.36.08.68.80sito internet: www.iapb.ite-mail: [email protected]

Oftalmologia Sociale N.3-2006 33

4 EDITORIALE IL POLO NAZIONALE DI SERVIZI E RICERCA PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀ

E LA RIABILITAZIONE VISIVA DEGLI IPOVEDENTI

DI F. CRUCIANI

6 NEWS DALL’AGENZIA COSTITUZIONE DELL’ “INTERNATIONAL TASK FORCE FOR LOW VISION” E CONGRESSI IN AFRICA DEL NORD

DI B. LUMBROSO

8 AGGIORNAMENTO LA VISIONE BINOCULARE RELAZIONE AL CONGRESSO SIOL ROMA 19 MAGGIO 2006DI S.M. RECUPERO, A. LEONARDI

BIOMECCANICA CORNEALE

DI N. PESCOSOLIDO, S. D’ANGELO

24 NEWS DALL’ITALIA DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL’ETÀ: AUSILI PRESCRITTI IN UN ANNO DI ATTIVITÀ

DI P. FUMOLEAU, P. PANTINA, R. RANIERI, L. MAZZEO, E. TEDESCHI

28 LAVORI SCIENTIFICI L’ELETTROFISIOLOGIA NEI PAZIENTI CON SCLEROSI MULTIPLA

DI M.L. LIVANI, F. ALLIEVI, M. NEBBIOSO, U. DE MARCO, L. MAZZEO, A. MORAMARCO

MANTENIMENTO DI UNA SUPERFICIE OCULARE SANA

PER UN MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DI VITA DEL PAZIENTE

DI N. PESCOSOLIDO, S. D’ANGELO

SSSSoooommmmmmmmaaaarrrr iiiioooo

Oftalmologia Sociale rivista di Sanità Pubblica

trimestrale edito a cura dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità (I.A.P.B.) - Sezione Italiana

Anno XXIX N. 3 Luglio - Settembre 2006 Reg. Trib. Roma N. 16799

Agenzia Internazionale per la Prevenzione della CecitàSezione italiana

Via G. Vico, 1 - 00196 Roma Tel. 0636004929 Fax 0636086880

Grafica: Francesco VizzaniStampa: Spedalgraf srl Via dello Scalo Tiburtino, 1 00157 Roma

Hanno collaborato a questo numero:

F. Cruciani; B. Lumbroso; S.M. Recupero;

A. Leonardi; N. Pescosolido S. D’Angelo; P. Fumoleau;

P. Pantina; R. Ranieri; L. Mazzeo; E. Tedeschi; M.L. Livani;

F. Allievi; M. Nebbioso; U. De Marco; A. Moramarco;

In copertina: Luca Giannelli, 1995 olio su tela

inalmente il PoloNazionale di Servizie Ricerca per laPrevenzione dellaCecità e la Riabili-tazione Visiva degli

Ipovedenti è una bella e concretarealtà. Il giorno 24 luglio 2006 è stato firmatol’Accordo di Collaborazione tra laAgenzia Internazionale per laPrevenzione della Cecità - SezioneItaliana (IAPB-Italia), rappresentatadal suo Presidente, avv. GiuseppeCastronovo, e l’Università Cattolicadel Sacro Cuore – Policlinico A.Gemelli, rappresentata dal Direttore,dott. Antonio Cicchetti.L’accordo sostanzialmente prevede:• la pertinenza gestionale della IAPB-Italia delle attività del Polo.• La costituzione di un ComitatoConsultivo (composto da 7 membri: ilPresidente della IAPB-Italia + 3 dellaIAPB-Italia, 3 dell’Università) con fun-zioni di programmazione, controllomonitoraggio delle attività di ricerca edei servizi, nonché di formazione e diaggiornamento del personale.• La garanzia da parte dell’Universitàdella piena collaborazione tecnico-scientifica per lo svolgimento di tuttele attività del Polo Nazionale diServizi e Ricerca per la Prevenzionedella Cecità e la Riabilitazione Visivadegli Ipovedenti. • La concessione, sempre da parte

dell’Università, dell’utilizzo a titologratuito di una superficie di circametri quadrati 430 di un’ala delPoliclinico “A.Gemelli”. • L’impegno della IAPB-Italia a farsicarico delle spese relative all’adegua-mento e all’allestimento dei locali.

Il Polo Nazionale è stato istituito conla legge n. 291 del 16 ottobre 2003,che stanziava una somma di 750.000euro “una tantum”: “Creazione inRoma di un Polo Nazionale di Servizie Ricerca per la Prevenzione dellaCecità e la Riabilitazione Visiva degliIpovedenti”.Era stata la IAPB-talia e in particolareil suo Presidente, avv. GiuseppeCastronovo, a svolgere una lunga efaticosa azione per la sua approva-zione. Essa veniva a completare ladivulgazione della Legge 284 del 28agosto 1997, che istituiva i Centri diRiabilitazione Visiva, delegando leRegioni per la loro distribuzione edorganizzazione territoriale e destinan-do apposite risorse finanziarie, siapure insufficienti per tutte le esigen-ze, riconoscendo le alte finalitàdell’Agenzia Internazionale per laPrevenzione della Cecità - SezioneItaliana (IAPB-Italia).Ma se c’erano i fondi per la creazionedel Polo Nazionale di Servizi eRicerca per la Prevenzione dellaCecità e la Riabilitazione Visiva degliIpovedenti, sorgeva il problema di

come reperirli per la sua complessagestione. Anche in questo caso l’im-pegno della IAPB-Italia e del suoPresidente veniva coronato con laconcessione di un contributo annuo,ai sensi della legge di conversionedel D.L. del 30 settembre 2005.Come è noto a tutti, la RiabilitazioneVisiva è ormai anche in Italia – siapure con un certo ritardo rispetto adalcuni paesi del Nord Europa – unnuovo capitolo dell’oftalmologiamoderna, aperto dal crescenteaumento degli ipovedenti soprattuttoper patologie degenerative legateall’età che la clinica oftalmologica rie-sce solo – e non sempre – a rallen-tarne l’evoluzione e a non farle evol-vere verso la cecità assoluta.Allo stato attuale esiste una forte dif-ferenziazione tra le varie aree territo-riali della Nazione. In alcune città si èfatto molto e ci sono già realtà riabili-tative efficienti. In altre si è solo ai pri-mordi. Per quanto riguarda il settorepiù squisitamente oftalmologico vasegnalato il grosso sforzo per sensi-bilizzare prima tutti gli oculisti sull’im-portanza ed urgenza del problema epoi per formare alcuni di essi adessere operatori riabilitativi, affiancati,in questa nuova attività, da ortottistianch’essi riconvertiti professional-mente. A tal proposito ricordiamo i corsi svoltinell’ambito del progetto Europeo“Leonardo” dal dott. Broggini, i con-

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F. Cruciani

Il Polo Nazionale di Servizi e Ricerca per la Prevenzione della Cecità

e la Riabilitazione Visiva degli Ipovedenti

EDITORIALE

Il giorno 24 luglio 2006 è stato firmato l’Accordo di Collaborazione

tra la Sezione Italiana dell’Agenzia Internazionale

per la Prevenzione della Cecità (IAPB-Italia)

e l’Università Cattolica del Sacro Cuore - Policlinico A. Gemelli

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EDITORIALE

vegni e i corsi svolti periodicamentedal prof. Lumbroso, i master del prof.Cerulli, e tanti altri congressi organiz-zati a livello pubblico e privato.Inoltre non si può non sottolinearel’attività svolta dalle SocietàScientifiche che si occupano di ipovi-sione: il GISI, che ha avuto come fon-datori e Presidenti i professori MarioZingirian ed Enrico Gandolfo – scom-parsi prematuramente –, la LowVision Academy e la stessa IAPB-Italia, che ha organizzato – tra l’altro– un simposio internazionale nelmarzo 2005 che ha visto i più grandiscienziati dl settore riuniti a Roma eche ha dato il via a collaborazioniinternazionali.Ma al di là di tutte queste iniziative, lastrada da percorrere è ancora moltolunga perché l’Italia possa dirsi all’a-vanguardia in questo settore.La riabilitazione visiva è un capitolocomplesso, sostanzialmente multidi-sciplinare, che è completamente al difuori dei confini diagnostico-terapeuti-ci in cui sono abituati a muoversi glioftalmologi. Essa presuppone che ilpaziente non sia più il soggetto passi-vo su cui intervenire, ma richiede cheegli stesso diventi il primo attore di unprocesso che mira a potenziare almassimo il suo residuo funzionale,sia pure di minima entità. Ma neces-sita soprattutto di un follow-up lungoe continuo che vuole un’organizza-zione perfetta e strutture adeguate.Il Polo Nazionale di Servizi e Ricercaper la Prevenzione della Cecità e laRiabilitazione Visiva degli Ipovedentinasce con impegni gravosi.Senza la minima pretesa di volerinterferire o sopraffare l’attività deiCentri di Riabilitazione già operantisul territorio nazionale, siano essipubblici che privati, deve saper trarredalla loro esperienza assistenzialequanto di positivo hanno realizzatoper renderlo patrimonio disponibileper tutti gli altri. Deve, in altre parole,proporsi come punto di riferimento ecome catalizzatore, favorendo incon-tri, collegamenti, scambi e garanten-do sempre la piena autonomia. Oggiin Italia i Centri di Ipovisione si pre-sentano con connotati diversi: medi-co chirurgico, ottico, tecnologico,pedagogico o, semplicemente, com-

merciale. Ma se si deve procedere –come necessario – alla definizione distandard operativi, ciò deve avvenirecon il contributo e la collaborazione ditutti.E’ però sul versante della ricerca cheil Polo Nazionale deve soprattuttoimpegnarsi. Questo sicuramente èquello che langue maggiormente,anche per la cronica mancanza difondi. I settori su cui indirizzare leindagini sono molteplici: epidemiolo-gici, medico diagnostici e medicoterapeutici, medico chirurgici, riabilita-tivi, ambientali, architettonici.…Non vanno neppure trascurati i colle-gamenti e le collaborazioni conOrganizzazioni, Centri di Eccellenzae di Ricerca internazionali. Un altro fronte che il Polo deve parti-colarmente curare è la formazione dipersonale qualificato e il suo aggior-namento continuo. Non si tratta sol-tanto di oculisti e ortottisti, ma anchedi psicologi, assistenti sociali, infer-mieri, tiflologi, educatori etc., comeprevisto dal Decreto del Ministerodella Sanità del 18 dicembre 1997.Ma il Polo Nazionale non si deveoccupare solo di RiabilitazioneVisiva, ma anche – e secondo noisoprattutto – di Prevenzione dellemalattie oftalmiche a forte valenzainvalidante, capaci di determinareipovisione o cecità. Se l’OMS più dimezzo secolo fa aveva solennemen-te dichiarato che la Sanità Pubblica siidentificava con la MedicinaPreventiva, ancora oggi quest’ultimafatica ad affermarsi. Circondata dalsolito alone di retorica, resta sempreconfinata nei grandi progetti da rea-lizzare.Se la medicina classica – diagnostica

e terapeutica – usufruisce di una fio-rentissima ricerca clinica che ha pro-dotto e produce collaudati ed efficaciprotocolli, lo stesso non si può direper la medicina preventiva. E’ veroche quest’ultima presenta meno inte-ressi economici immediati, che larealizzazione di progetti è più com-plessa e più costosa e che i risultati -soprattutto – non sono sempre sicuried immediati. Tuttavia non si giustifi-ca il disinteresse del mondo medicoper questo tipo di ricerca. Il fine che essa si propone è quello difissare le linee guida per l’interventoprofilattico sia a livello primario (indi-viduale e di massa) che secondario(diagnosi precoce di malattie cheevolvono verso la cecità). E’ soprat-tutto quest’ultimo che necessita diricerca clinica per la messa a puntodi protocolli validi e universalmenteaccettati. Le indagini di screening chevengono oggi eseguite hanno carat-tere sporadico e non rispettano sem-pre i criteri fissati da tempo dall’OMS,con il rischio di creare tanti falsi posi-tivi e falsi negativi e di sbilanciareprofondamente il rapporto costo/bene-ficio. Da qui le numerose polemicherecenti su riviste internazionali sullavalidità di condurre indagini di scree-ning in ambito oftalmologico (amblio-pia).In conclusione, il lavoro che il PoloNazionale di Servizi e Ricerca per laPrevenzione della Cecità e laRiabilitazione Visiva degli Ipovedentideve svolgere, è tanto ed impegnati-vo. Oltre al lavoro saranno necessa-rie organizzazione, idee e – perchéno? – fantasia.Per il momento l’augurio di tutti è:buon lavoro!

Oftalmologia Sociale N.3-200666

NEWS DALL’AGENZIA

Costituzione dell’“International Task Force for Low Vision” e congressi in Africa del Nord

i è tenuto a Tunisi, il 2e 3 giugno 2006, unimportante congressodell’Organizzazionenon GovernativaFondazione Nadi el

Bassar, che si occupa di prevenzio-ne della cecità, riabilitazione visivae missioni di chirurgia nei Paesid’Africa equatoriale e MedioOriente. Era il 25° anniversario dellaFondazione ed il Presidente di que-sta, Dr. Ahmed Trabelsi, ha organiz-zato una riunione importante inassociazione con la Task Force forLow Vision West Mediterranean.Erano presenti cinquecento oculistied ortott ist i europei, africani emediorientali, esponenti dell’OMS edella IAPB internazionale e medio-rientale.In rappresentanza della componenteitaliana della Task Force erano pre-senti l’Avv. Giuseppe Castro-novo,Presidente onorario della TaskForce e Presidente della IAPB Italia,il Prof. Bruno Lumbroso, Presidente,il Dott. Corcio e la Prof.ssa Crouzet-Barbati, consiglieri.

La Task Force for Low Vision èstata ideata da Castronovo, Trabelsie Lumbroso, in occasione delSimposio della IAPB Italia sullaRiabilitazione Visiva, a Roma nelmarzo 2005. I 3 promotori, analiz-zando lo stato delle basse visioninei Paesi del Mediterraneo, si rese-ro conto che in molte zone il proble-ma non era preso in considerazionedagli oculisti e dalle autorità sanita-rie. Pertanto pensarono di organiz-zare non una società, la cui struttu-ra e funzionamento sono troppo rigi-di, ma una Task Force, cioè ungruppo di lavoro fra amici e colleghiinteressati allo stesso argomento,senza le difficoltà burocratiche lega-te ad un’associazione. Decisero dicoinvolgere oculisti ed ortottisti dellazona del Mediterraneo, in modo dacreare degli aiuti incrociati nord-sud,est-ovest dove, chi avesse maggio-re esperienza nel campo della riabi-litazione e dell’insegnamento dellariabilitazione, potesse aiutare Paesie gruppi con minore esperienza.L’iniziativa raccolse l ’ interessedell’Italia e della Tunisia, promotrici,

alle quali si aggiunsero Mauritania,Marocco, Algeria, Libia e Francia.La prima riunione si tenne aTaormina nell’ottobre 2005 ed inquella occasione venne fondata laTask Force. Si trattò di una riunionemolto piacevole anche dal punto divista umano e sociale ed i convenutiformarono subito un gruppo attivoed affiatato. Gli scopi della TaskForce sono soprattutto di valutazio-ne del problema dell’ipovisione neiPaesi interessati; di approfondirel’interesse degli oculisti di questeregioni nei confronti della riabilita-zione visiva ed occuparsi di coloroper i quali non vi sono più possibilitàdi recupero visivo ma che hannotuttavia necessità di aiuto e suppor-to nello svolgimento quotidianodelle loro funzioni in questa condi-zione di ipovedenti; di interventopresso le autorità sanitarie per con-vincere dell’importanza della riabili-tazione visiva; di organizzazione dicongressi, simposi e riunioni di ocu-listi, di ortottisti e di ottici su ipovisio-ne e riabilitazione visiva; di organiz-zare corsi riservati a poche persone

B. Lumbroso

S

Tavolo di Presidenza del congresso di Tunisi, con il Ministro della Sanità Tunisina, Dr. Trabelsi (Tunisia), Dr. Rajhi (Arabia Saudita),Prof.ssa Barbati, Avv. Castronovo

Oftalmologia Sociale N.3-2006 77

NEWS DALL’AGENZIA

che trattino degli aspetti pratici dellariabilitazione visiva. Scopo principa-le è la creazione di un gruppo dilavoro preposto alla configurazionedi persone atte alla divulgazione ealla conoscenza di tali discipline ealla formazione di formatori per talidiscipline.La Task Force ha come Presidented’onore:Avv. G. Castronovo (Italia); Chairman: Prof. B. Lumbroso(Italia); Co-chairman: Dr. A. Trabelsi(Tunisia); Segretario: Prof. L. Cerulli(Italia);Comitato Scientifico: Prof. C. Corbé(Francia), Prof. A. Reibaldi (Italia) eProf. A.Ouertani (Tunisia);

Comitato Esecutivo: Prof. A. Ailem(Algeria), Prof. S. Ayed, Dr. S.Fitouri (Libia), Dr. Timsiline (Al-geria), Prof. Aragona (Italia), Prof.A. Pece (Italia), Prof. M.T. Nouri(Algeria), Prof. Zaghloul (Marocco),Prof. R. Crouzet Barbati (Italia), Dr.S. Sidicheikh (Mauritania), Dr.Hache (Francia);Comitato di segreteria: Dr. H. Farah(Tunisia), Dr. M. Vadalà (Italia) e Dr.L. Rais (Marocco);Consiglieri esterni: Dr. Abdulaziz AlRajhi (Arabia Saudita), Dr. Etya’lé(OMS).Il Board della Task Force si è riunitosuccessivamente ad Algeri (Prof.Ailem) nel dicembre 2005, aMarrakech (Prof. Zaghloul e Dr.Rais) nel gennaio 2006 e a Palermo

la Dot-toressaMaria Vadalà,con i l Prof.Lodato, hannoorganizzato nonsolo la riunionedel ComitatoDiret-t ivo maanche un belcorso di inse-gnamento di ria-bilitazione visi-va, che è stato ilprimo corsosotto l’egida edil controllo delnostro gruppo di lavoro.A Tunisi, in oc-casione del bel con-

gresso sul glauco-ma di Nadi elBassar, organiz-zato dal Dr. A.Trabelsi, vi è statauna riunione diriabilitazione visi-va sotto l ’egidadella Task Force. Iconsiglieri conve-nuti hanno steso ilprogramma diinsegnamento diriabilitazione visi-va che serviràall’organizzazionedi corsi nei variPaesi, adattandolial le specif icitàlocali. La prossi-

ma riunione ed il prossimo corso siterranno aRoma duranteil IX Congressodella SocietàMediterraneadi Oftalmologiaorganizzato dalProf. LucianoCerulli.Durante l’inau-gurazione uffi-ciale del con-gresso asso-ciato di Nadi ElBassar e dellaTask Force forLow Vision, ilMinistro dellaSanità della

Repubblica Tunisina, DottoressaBecheik, si è congratulata conl’Avv. Castronovo per aver ideatola Task Force che ha agito subitoorganizzando r iunioni e corsi .L’Avv. Castronovo, in un bel discor-so, ha insistito sul carattere umanodel nostro lavoro e su quanto siaimportante, per chi versa nella con-dizione di ipovedente, di rendersiutile dedicandosi alla creazione digruppi che possano essere di aiutoe di sostegno.Il Dr. Trabelsi ha voluto regalarciuna serata che rispecchiasse illuogo in cui ci trovavamo, organiz-zando, nel parco della sua resi-denza, una cena in cui sono statiserviti i piatti tipici, molto apprezza-ti da tutti gli ospiti, con la cordialitàe l’ospitalità, ben conosciuta, delpadrone di casa e della Tunisiatutta.

Riunione del Consiglio Direttivo della Task Force a Tunisi. Dasinistra, Prof. Ailem (Algeri), Prof. Lumbroso (Roma), Prof.Aied (Tunisi), Prof. Trabelsi (Tunisi), Generale Corbé (Parigi)

Riunione del Consiglio Direttivo della Task Force a Tunisi:Prof. Barbati, Prof. Rajhi (Arabia saudita), Avv. Castronovo

Riunione del Consiglio Direttivo della Task Force a Tunisi: Dr.Corcio, Prof. Barbati, Avv. Castronovo

Oftalmologia Sociale N.3-200688

S.M. Recupero, A. LeonardiUniversità degli Studi di Roma “La Sapienza” Dipartimento di Scienze Oftalmologiche – Direttore Prof. C. Balacco Gabrieli

La visione binoculareRelazione al Congresso SIOL Roma 19 maggio 2006

AGGIORNAMENTO

Per ottenere una visione binoculare singola

è indispensabile che vi sia l’integrità anatomica,

sensoriale e motoria dell’apparato visivo“

a visione binocula-re è la capacità dipercepire singolele due immaginiretiniche di unoggetto. Per otte-

nere una visione binoculare singolaè indispensabile che vi sia l’integritàanatomica, sensoriale e motoriadell’apparato visivo.L’integrità anatomica e diottrica delbulbo oculare è indispensabile affin-ché le immagini percepite da cia-scuna retina siano nitide e di dimen-sioni simili.Il campo visivo binoculare non deveessere alterato. Il campo visivo diun occhio si sovrappone a quellodell’occhio controlaterale per unaestensione minore di quella delcampo visivo monoculare (ved.fig.1).

Terzo elemento indispensabile peruna visione binoculare singola è la

corrispondenza retinica. Quando laluce colpisce una zona retinica, lostimolo luminoso viene percepitonon solo per i suoi caratteri fisici maanche localizzato in una precisadirezione dello spazio. La direzionespaziale è una proprietà intrinsecadei fotorecettori retinici. Ciascunelemento retinico extrafoveale loca-lizza lo stimolo visivo in una partico-lare direzione dello spazio. Lafovea, che è l’area retinica che èdotata di maggior capacità funzio-nale, rappresenta il centro delladirezione visiva a cui fanno riferi-mento gli altri elementi retinici.Ciascun punto della retina di unocchio ha un punto omologo nellaretina dell’occhio controlaterale cheha la stessa direzione visiva. Glielementi retinici dei due occhi chehanno la stessa direzione visiva si

definiscono corr i-spondenti.Quando un’immaginecolpisce punti retinicicorrispondenti nelledue retine viene loca-lizzata nella stessadirezione dello spaziosi può fondere a livel-lo cerebrale e pertan-to viene vista singola.La fusione sensorialeindica l’unificazione disensazioni visive alivello cerebrale, cheprovengono da punti

retinici corrispondenti, in una imma-gine singola. Perchè sia possibile la

fusione sensoriale le immagini deb-bono avere la stessa localizzazionespaziale e caratteristiche fisichesimili quali grandezza e luminosità.Caratteri fisici diversi rappresentanoun ostacolo alla fusione. Ad esem-pio nel caso dell’anisometropia, incui una delle immagini abbia unagrandezza che superi del 4-5% l’al-tra, non è possibile la fusione e per-tanto l’immagine dell’occhio piùametrope sarà soppressa.La fusione motoria mantiene sullafovea le due immagini di un oggettosimile per mezzo dell’allineamentodegli assi visivi (azione dei muscoliextraoculari).L’occhio ciclope rappresenta unafigura teorica, posta al centro ed aldi sopra dei due occhi, formata dallasovrapposizione delle due retine.Quando i due occhi f issano unoggetto con le due fovee e lo vedo-no singolo, tutte le altre coppie dipunti corrispondenti delle due retinericevono immagini di oggetti chevengono visti singoli (ved. fig.2).La linea che unisce tutti i punti dellospazio che vengono visti singoli dapunti retinici corrispondenti si defini-sce oroptero (ved. fig.3).Se il punto oggetto non giace sullalinea dell’oroptero, le sue immaginisi formano su punti retinici non cor-rispondenti per cui viene visto dop-pio. E’ la cosiddetta “diplopia fisiolo-gica”, che non interferisce con lavisione binoculare in quanto si veri-ficano fenomeni di soppressionepoiché le immagini si formano su

L

Fig.1

Oftalmologia Sociale N.3-2006 99

AGGIORNAMENTO

recettori retinici periferici dotati diridotte capacità funzionali.

E’ stato dimostrato sperimentalmen-te che la zona di visione binoculareè rappresentata da un’area ristretta,detta “area di Panum”, posta dietroe davanti alla linea dell’oropteroentro cui la stimolazione di puntiretinici disparati consente la visionesingola. Questa zona ha un’esten-sione che non supera i 6-10 minutidi arco vicino alla fovea e aumentaprogressivamente fino a raggiunge-re i 30-40 minuti di arco a 10° dallafovea (ved. fig.4).Il complesso degli elementi sopradescritti (fusione sensoriale, fusionemotoria, area di Panum, punti retini-ci corrispondenti, oroptero, diplopiafisiologica) è alla base della sensa-zione della profondità (senso ste-reoscopico).Secondo la classificazione di Worthla visione binoculare si divide in 3gradi:1. Percezione simultanea. Dueimmagini completamente differentivengono presentate a ciascunocchio separatamente. Le immaginisaranno percepite sovrapposte se ilsoggetto esaminato possiede que-sto grado di binocularità; in casocontrario una delle due immaginisarà soppressa.2. Fusione. Le due immagini sonosimili, differiscono solo per qualchedettaglio presente in una ed assen-te nell’altra. La fusione delle dueimmagini è rappresentata da unasola figura che presenta tutti i parti-colari.3. Senso stereoscopico. Le dueimmagini sono identiche ma lieve-mente decentrate l’una rispettoall’altra. La loro fusione comporta lasensazione di rilievo. La stereopsi o sensazione di rilievosi ha quando vengano stimolati ele-menti retinici disparati in senso oriz-zontale, purchè posti entro l’area diPanum. La disparità verticale nonproduce la sensazione di rilievo.Fusione e stereopsi non sono sino-nimi della stessa funzione. La fusio-ne che risulta dalla stimolazione dipunti retinici corrispondenti puòessere presente senza stereopsimentre, perché vi sia stereopsi ènecessario che la stimolazione dipunti retinici corrispondenti avvenga

all’interno dell’area di Panum.La fusione si esercita a tutte ledistanze di fissazione mentre la ste-reopsi si riduce progressivamentefino a scomparire intorno a 100metri.Alcuni fenomeni giocano un ruoloaggiuntivo sul senso tridimensiona-le: il movimento di parallasse, laprospettiva lineare, la sovrapposi-zione dei contorni, la distribuzionedelle luci e delle ombre e le dimen-sioni degli oggetti conosciuti.

Sviluppo della visione binoculareNell’apparato visivo del neonato, findai primi giorni di vita, sono presentidelle associazioni binoculari, senso-riali e motorie, quando gli occhicompiono dei grossolani movimenticoniugati.Il riflesso di fissazione, sia pureincompleto, è presente fin dallanascita nonostante lo sviluppo dellafovea si compia intorno ai 4 mesi.Il muscolo ciliare, usato per l’acco-modazione, non si sviluppa fino al4° mese. Entro i 4 mesi di vita ilbambino è in grado di dirigere losguardo verso gli oggetti e compiemovimenti rapidi (saccadi di fissa-zione). A 6 mesi i movimenti coniu-gati divengono precisi e la conver-genza ben sviluppata. Entro gli 8mesi di vita sono presenti i movi-menti fusionali e la visione binocula-re risulta completa.

Fisiopatologia della visione binoculareQuando gli assi visivi perdono il loroparallelismo, come conseguenzaimmediata dell’alterato allineamentodei recettori retinici si avrà la sensa-zione soggettiva di diplopia e diconfusione.La confusione si manifesta quandol’immagine di due oggetti diversi sti-mola punti retinici corrispondenti. Ilsoggetto vede due oggetti sovrap-posti localizzati nella stessa direzio-ne spaziale (ved. fig.5).La diplopia si manifesta quandol’immagine di un oggetto stimolapunti retinici non corrispondenti. Ilsoggetto vede due immagini dellostesso oggetto che appare localiz-

Fig.2

Fig.3

Fig.4

Fig.5

Oftalmologia Sociale N.3-20061010

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zato in due direzioni diverse (ved.fig.6).Per evitare queste fastidiose sensa-zioni, il paziente può ricorrere adalcuni meccanismi di compensoquali la soppressione e la corrispon-denza retinica anomala. Da sottoli-neare che ciò è possibile solo insoggetti di età inferiore a 10 anni.Oltre questo periodo non è possibileattuare meccanismi di difesa.La soppressione o neutralizzazioneè l’inibizione della visione di unocchio. Si tratta di un fenomenoinconscio che ha lo scopo di evitarei fastidiosi effetti della diplopia edella confusione. Viene soppressal’immagine proveniente dalla retinadell’occhio deviato; qui si forma unazona di soppressione, localizzatanel punto in cui cade l’immaginedell’oggetto fissato. Si tratta di unaneutralizzazione corticale che inte-ressa una zona limitata del campovisivo dell’occhio deviato.La soppressione viene considerataun fenomeno corticale attivo; ipotesiche è stata anche recentementeconfermata da studi elettrofisiologicieffettuati mediante i potenziali visivievocati.La corrispondenza retinica anomalarappresenta un adattamento senso-riale della retina, in visione binocu-lare, alla deviazione oculare.La fovea dell’occhio fissante assu-me un nuovo rapporto, non più conla fovea dell’occhio controlaterale,bensì con un punto retinico extrafo-veale dell’occhio deviato. Si avrà diconseguenza uno scivolamento tragli elementi retinici quando le dueretine si sovrappongono; i punti reti-nici, inizialmente disparati, diverran-

no corrispondenti. Il fenomeno èrilevabile solo in visione binoculare.Si sviluppa nella prima infanziaquando il sistema è plastico ed incostante evoluzione mentre non èpresente nelle età successive.

Esame della visione binoculareI tests che si effettuano per valutarela visione binoculare si basano sucriteri soggettivi ed introducono, nel-l’esecuzione dell’esame, degli ele-menti di dissociazione della visionebinoculare. Ogni test modifica inmisura più o meno evidente la visio-ne binoculare.In base al loro potere dissociante,crescente quelli usati più frequente-mente nella clinica sono:1 Vetri striati2 Sinottoforo3 Stecca dei filtri rossi4 Luci di Worth.

Vetri striatiSi tratta di due lenti piane con tenuistriature sulla superficie (ved. fig.7)che inducono un effetto tale per cuiuno stimolo luminoso attraversoqueste appare come attraversato dauna striscia luminosa. Il raggio lumi-noso percepito dall’esaminato èperpendicolare alle striature ed unsegno sulle lenti indica la direzionenella quale viene vista la striscia.Le lenti vengono poste in un porta-lenti con la tacca di riferimentorispettivamente a 45° ed a 135° eposti dinanzi all’esaminato che con-temporaneamente fissa una miraluminosa alla distanza sia di 33 cmche di 5 metri (ved. fig.8).Le risposte che può dare il soggettoesaminato sono le seguenti:a. La mira luminosa forma una X. Intal caso si può affermare che vi siauna visione binoculare normale.b. Nel caso in cui il soggetto vedauna sola striscia luminosa si è inpresenza della soppressione di unocchio.c. Quando le due strisce non siintersecano tra di loro ma sonoseparate al centro della mira si è inpresenza di diplopia.d. Nel caso manchi un tratto di unalinea si è in presenza di uno scoto-

ma parziale.

SinottoforoL’apparecchio è formato da uncorpo centrale e da due bracci late-rali mobili. In questi sono postedelle lastrine trasparenti su cui sonodelle figure illuminate dall’interno. Ilsoggetto esaminato è seduto dinan-zi all’apparecchio e può vedere unaimmagine con ciascun occhio. Lostrumento è progettato in modo daevitare l’influenza della convergen-za prossimale. E’ considerato unostrumento molto dissociante dellavisione binoculare e quindi moltolontano dalle condizioni di visioneabituale, sia perché il campo visivodelimitato dagli oculari è molto ridot-to, sia per la notevole differenzadelle immagini che giungono allaretina.

Barra dei filtri rossiIl test realizza una dissociazionevariabile della visione binoculareconsentendo una valutazione quan-titativa della profondità dell’adatta-mento sensoriale.Si tratta di una stecca di filtri di colo-re rosso di densità crescente che ilsoggetto esaminato tiene dinanzi adun occhio e fa scorrere lentamentedal filtro meno denso fino a quelloche determina la comparsa delladiplopia. Maggiore il numero del fil-tro che eccita la diplopia e più solidarisulta essere la cooperazione bino-culare (ved. fig.9.).

Fig.6

Fig.7

Fig.8

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Test delle 4 luci di WorthE’ uno strumento ad illuminazioneinterna con 4 fori, due posti in sensoorizzontale e due in senso verticalericoperti da due filtri verdi, unorosso ed uno bianco. Il soggettoesaminato indossa un occhiale conuna lente rossa ed una verde. Lerisposte possibili sono:a. Il paziente vede 4 luci, due rossee due verdi. In questo caso siamo inpresenza di una visione binocularenormale.b. Il soggetto vede doppio cioè treluci verdi e due rosse. In questocaso la diplopia può essere causatada uno strabismo latente scompen-sato o da una deviazione oculare incui l’effetto dissociante del testsuperi i meccanismi soppressivi.c. E’ possibile che il soggetto vedao due luci rosse o tre verdi il cheindica la soppressione di un occhio.(ved. fig.10)

Tests per l’esame del senso stereoscopicoI tests che valutano la stereopsidebbono possedere alcuni requisitiessenziali cioè non contenere ele-menti che possano essere vistimonocularmente; a ciascun occhioè necessario presentare oggettiseparatamente ed ogni oggettodeve contenere elementi che stimo-lino punti retinici corrispondenti.L’acuità stereoscopica rappresentala soglia di r iconoscimento delparallasse binoculare e si esprimein secondi di arco.I tests di uso clinico più comunesono:a. Il test di Lang I-IIb. Il Titmus test o test di Wirt o testdella moscac.Il TNO

a.Il test di Lang, introdotto recente-mente in clinica, si basa su unacombinazione di punti randomizzatie di panografia a schermo lenticola-re. Il vantaggio del metodo è chenon usa filtri polarizzati o coloratiper cui non si allontana dalla visioneabituale. Si esegue facilmente inbambini piccoli e consente un rapi-do screening della visione binocula-re con un discreto indice di precisio-ne (intorno al 70%). Consente unavalutazione piuttosto grossolanadella capacità stereoscopica inquanto alla distanza di 40 cm. ladisparità dei simboli varia da 550” a1200” di arco.b. Il test di Wirt o Titmus test si usacon filtri polarizzati, è composto dauna serie di 3 figure di animali e di 9gruppi di cerchi le cui disparitàvariano tra 40” ed 800” di arco.Una tabella allegata al test serviràa fare il computo finale delle rispo-ste esatte e quindi della percentualedi stereopsi. Lo svantaggio del testè che può dare, con una certa fre-quenza, dei falsi positivi.c. Per eliminare questi inconvenientisono stati proposti tests basati suuna serie di stereogrammi a puntirandomizzati. Gli stereogrammisono costituiti da una combinazionedi punti ottenuta con l’ausilio di uncalcolatore che, visti monocular-mente, non sono riconoscibili. L’uso

di filtri rosso-verdi consente di per-cepire, in presenza di senso stereo-scopico normale, delle figure nel-l’ambito dei punti.Il test più usato in clinica basato suquesti principi è il TNO, compostoda una serie di 6 tavole; in ogni ste-reogramma due mezze immaginisono stampate con i colori rosso-verdi ed il rilievo appare grazie all’u-so di filtri degli stessi colori. Ladisparità delle figure varia tra 15” e480” di arco. Ha una percentuale diattendibilità superiore agli altri testsstereoscopici ma è difficilmenteapplicabile ai bambini per la diffi-coltà incontrata nel riconoscimentodi simboli non familiari.

RIASSUNTOGli AA. illustrano i principi su cui sibasa una visione binoculare norma-le. Particolare importanza vienedata all’integrità del sistema anato-mico e diottrico del bulbo oculare, alcampo visivo binoculare ed alla cor-rispondenza retinica. Descrivonotutti gli elementi che sono alla basedella visione binoculare: fusionesensoriale e motoria, punti retinicicorrispondenti, occhio ciclope, orop-tero, area di Panum, diplopia fisiolo-gica.Vengono riportate alcune delle alte-razioni più frequenti della fisiopato-logia binoculare quali la diplopia e laconfusione. Descrivono i tests clinici usati più difrequente nell’esame della coopera-zione binoculare quali i vetri striati, ilsinottoforo, la barra dei filtri rossi, iltest delle 4 luci di Worth e quelliusati per l’esame della stereopsiquali il test di Lang, il test di Wirt edil TNO.

BIBLIOGRAFIA-E. Campos. Manuale di strabismo.Ghedini editore, Milano 1994.-E. Leonardi. Le alterazioni oculo-motorie, diagnosi e terapia. Societàeditrice Universo Roma 1999.-Noorden von G.K. Atlas of strabi-smus. The C.V.Mosby Co.St. Louis1983.-Noorden von G.K. Binocular visionand ocular motil i ty. The MosbyCo.St.Louis 2002. Fig.10

Fig.9

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N. Pescosolido*, S. D’Angelo**Università degli Studi di Roma “La Sapienza” I Facoltà di Medicina e Chirurgia

*Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento; **Dipartimento di Scienze Oftalmologiche

IntroduzioneLa biomeccanica corneale è attual-mente un argomento di grande inte-resse nell’ambito dell’oftalmologiaclinica. E’ importante cercare dicomprendere come la biomeccanicacorneale possa influire sulla misura-zione della pressione intraoculare(IOP) con vari tipi di tonometri ecome debba essere valutata nelprevenire, durante la fase pre-ope-ratoria, il rischio di ectasia dopointervento di chirurgia rifrattiva.

Biomeccanica corneale e IOPNel definire la biomeccanica dellacornea è necessario prendere inconsiderazione diversi parametri:spessore corneale centrale (SCC),isteresi corneale, curvatura cornea-le, astigmatismo corneale, edemacorneale ed altri vari fattori chedescriveremo.

- Spessore corneale centrale (SCC)Lo spessore della cornea nellaparte centrale è sicuramente ingrado di influenzare in modo cospi-cuo le misurazioni tonometricheeffettuate con tecniche ad applana-zione. Può essere misurato confacilità mediante l’uso di pachimetri(Salz et al., 1983). La formula diGoldmann per il calcolo della IOPviene calcolata presupponendo unospessore corneale di 520 µm e cor-reggendo le letture tonometriche nelcaso di spessori corneali maggiori ominori di tale valore.Con il decrescere del suo spessore,la cornea offre una resistenza mino-re all’applanazione e per questo lalettura tonometrica sottostima lareale IOP; il contrario avviene quan-do i valori pachimetrici sono elevati.Nel corso degli anni, si è cercato ditrovare un fattore matematico dicorrezione da applicare al variaredello spessore corneale. Una meta-analisi di studi pubblicatiprecedentemente in letteratura

(Doughty e Zaman, 2000) ha porta-to alla conclusione che si debbanoaggiungere 2-3 mmHg ogni 50 µmin più o in meno a partire dai 535µm; una recente revisione ha indivi-duato, dopo chirurgia rifrattiva, unfattore di correzione pari a 0.63mmHg per ogni diottria di difetto eli-minato (Lee et al., 2002).Sulla base di una ricerca pubblicatanel 2001 (Brandt et al., 2001), si èvisto che i pazienti ipertesi oculariche nel corso degli anni non svilup-pavano glaucoma avevano corneedi spessore superiore al normale; ipazienti con glaucoma ad angoloaperto sembravano possedere unospessore corneale comparabile conquello dei soggetti normali, mentre ipazienti con glaucoma a “pressionenormale” tendevano ad avere cor-nee più sotti l i ; più in generale,pazienti ipertesi oculari con SCC <555 µm potrebbero avere un rischiorelativo di sviluppare un inizialeglaucoma quasi triplo rispetto aisoggetti con SCC > 588 µm.Recentemente, sono apparsi in let-teratura i risultati di due studi, checonfermano questa tendenza(Brusini et al., 2005; Yagci et al.,2005).In un altro studio (Kniestedt et al.,2005) sono stati esaminati 258occhi di soggetti con glaucoma osospetto glaucoma. L’obiettivo eraquello di correlare le misurazionidella IOP ottenute con tonometrodinamico a profi lo di Pascal®(PDCT), con lo pneumotonometro(PNT) e con il tonometro ad appla-nazione di Goldmann (TaG), con lospessore corneale centrale (SCC)rilevato con la pachimetria. I vari tipidi tonometrie sono state effettuatein ordine casuale sempre dagli stes-si operatori, con controllo settima-nale della taratura degli strumenti. Ilvalore dello SCC è stato eseguitoconsiderando la media di cinquemisurazioni consecutive ottenute

con un pachimetro. Alla fine dellostudio 66 occhi sono risultati consospetto di glaucoma, 22 con iper-tensione oculare e 170 con glauco-ma ad angolo aperto. Il campioneconsiderato era costituito da 95maschi e 163 femmine con etàmedia di 69 anni, 181 pazientierano di razza bianca, 39 di razzaasiatica, 16 afro-americani, 18 ispa-nici e 4 arabi. Il valore medio delloSCC è risultato di 545 ± 38 µm. Ilvalore medio della IOP misuratacon TaG è stato di 16.0 ± 3.0mmHg, con PNT è stato di 17.1 ±4.1 mmHg, con PDCT è stato di18.3 ± 4.2 mmHg. Non è stata evi-denziata una differenza significativadella IOP modificando l’ordine dellemisurazioni con i vari tonometri. LaIOP misurata con il tonometro diGoldmann è risultata quella signifi-cativamente correlata con lo SCC;cambiamenti di 0.25 mmHg dellaIOP corrispondevano a variazioni di10 µm nel valore dello SCC. Lamisurazione della IOP con tonome-tro dinamico a profilo di Pascal nonha mostrato invece una significativacorrelazione con lo SCC; stessirisultati sono stati riscontrati per loPNT.Alcuni Autori (Ehlers et al., 1975)hanno sviluppato un nomogrammabasato su esperimenti manometriciper la correzione della IOP in casodi errori dipendenti dalla variazionedello SCC. In altri lavori (Orssengoe Pye, 1999) è stato proposto unmodello teorico per determinare la“vera IOP”, ossia un valore ottenutodalla correzione della IOP secondola variazione dello SCC e della cur-vatura corneale. In un altro studio(Gunvant et al., 2005) sono statiesaminati 324 soggetti, di cui 175(99 femmine e 76 maschi) sonostati valutati come normali (gruppo1) e 149 (46 femmine e 103 maschi)affetti da glaucoma ad angolo aper-to o da ipertensione oculare (grup-

Biomeccanica corneale

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po 2). Il raggio di curvatura cornealeè stato determinato attraverso l’usodi un cheratometro, prima di misura-re la IOP. La valutazione dei dueprincipali meridiani della cornea èstata calcolata in modo da ottenereil valore del raggio di curvatura.I soggetti sono stati quindi sottopo-sti prima a misurazione della IOPcon tonometro di Goldmann e poi amisurazione dello SCC con pachi-metro. Il valore più alto di IOP nontrattata è stato riscontrato sia insoggetti con glaucoma ad angoloaperto che con ipertensione ocula-re. L’età media dei pazienti del gruppo1 era di 35.4 ± 15.3 anni, la IOP di14.6 ± 2.3 mmHg, lo SCC di 517.8 ±32.6 micron, la curvatura cornealedi 7.64 ± 0.25 mm e la rifrazione -0.61 ± 1.8 D. L’età media dei pazienti del gruppo2 era di 55.33 ± 11.12 anni, la IOPdi 25.42 ± 5.35 mmHg, lo SCC di520 ± 39.18 micron, la curvaturacorneale di 7.68 ± 0.30 mm e larifrazione - 0.18 ± 1.77 D. Dai risultati è stato evidenziato chelo SCC aveva effetti significativisulla valutazione della IOP, mentrel’età, la curvatura corneale e la rifra-zione non avevano effetti rilevantisulla IOP. Già in altri studi era statariscontrata l’importante influenzadello SCC sulla IOP (Herndon et al.,1997; Wolfs et al., 1997, Singh etal., 2001; Bhan et al., 2002) ma nonla scarsa rilevanza della curvaturacorneale.

- Isteresi corneale E’ un parametro che descrive leproprietà viscoelastiche della cor-nea. Sottoposta ad una forza nota esufficientemente intensa la corneainizia a cambiare la sua conforma-zione fino ad applanarsi e ad assu-mere una forma concava; quando laforza cessa, essa dapprima siapplana nuovamente e quindi ritor-na all’originale conformazione con-vessa ma con velocità diversadovuta ad un “effetto smorzante” deltessuto ovvero all’isteresi corneale.In altri termini, l’isteresi è una misu-ra della “deformabilità” della corneae riflette la resistenza che essa offre

all’applicazione di una forza ester-na; questo parametro sembra com-prendere l’effetto dello spessore,della rigidità e dell’idratazione.Maggiore è l’isteresi, minore sarà laforza necessaria ad applanare unadata superficie di cornea e di conse-guenza la IOP misurata. Una valu-tazione dell’isteresi corneale si puòottenere attraverso l’uso di un ana-lizzatore di risposta oculare (ORA),di cui parleremo più approfondita-mente in seguito.

- Curvatura della corneaLa superficie anteriore della corneafornisce il maggiore contributo indi-viduale al potere diottrico comples-sivo dell’occhio, a causa dell’elevatosalto di indice di rifrazione fra aria ecornea, quindi la sua forma è diestrema importanza nella determi-nazione dell’aberrazione dell’imma-gine retinica. La superficie anterioredella cornea ha un potere di circa+49 D, mentre la faccia posterioreha un potere di -6 D, così il poterediottrico totale della cornea diventadi +43 D. Bastano piccole variazionidi forma della superficie anterioredella cornea per ottenere una varia-zione diottrica significativa. Ognicambiamento di curvatura pari a 4centesimi di millimetro di raggio cor-risponde ad una variazione ottica di0.25 D. La curvatura corneale sembra inter-venire in maniera importante anchenella determinazione della IOPanche se il lavoro precedentementeriportato da Gunvant et al. (2005)non lo conferma. Infatti, una curva-tura maggiore implica la necessitàdi esercitare una forza maggiore perapplanare la superficie di 7.35 mm

2

(area del biprisma del tonometro diGoldmann), con una conseguentesovrastima della IOP misurata; l’op-posto si verifica quando il raggio dicurvatura è superiore alla media. Latonometria dovrebbe quindi preve-dere l’addizione di 1 mmHg ogni 3D di potere diottrico corneale rispet-to al valore di riferimento di 43 D.Dopo chirurgia rifrattiva corneale lospessore della cornea può variarecontestualmente alla curvatura.

- Astigmatismo cornealeDa un punto di vista ottico, una cor-nea ideale deve avere una zonaottica costituita da una superficieellittica, con un adeguato fattore diforma (asfericità), deve essere per-fettamente liscia e con l’apice cen-trato sull’asse visivo. Se il fattore diforma non è adeguato si ha aberra-zione sferica, se l’apice non è cen-trato si ha un effetto prismatico,astigmatismo da incidenza obliquae coma, se la superficie è irregolaresi presentano aberrazioni di più altoordine.L’astigmatismo corneale puòinfluenzare le letture tonometrichein quanto più è appiattita la curva-tura corneale più la IOP è sottosti-mata (Mark e Mark, 2003). La IOP èsottostimata di circa 1 mmHg ogni 4D di astigmatismo secondo regola esovrastimata di circa 1 mmHg ogni4 D di astigmatismo contro regola.

- Edema cornealeL’edema della cornea può essere ditipo epiteliale e quindi a localizza-zione più superficiale, oppure stro-male e quindi più profondo.Quest’ultimo provoca un aumentodello spessore corneale proporzio-nale al contenuto in acqua di talestrato. L’imbibizione determina laperdita della normale architetturalamellare con alterazioni della tra-sparenza, localizzate o generalizza-te. Aldilà della sua localizzazione,l’edema corneale determina gene-ralmente una sottostima della IOP(Simon et al., 1993) misurata con iltonometro di Goldmann; in questicasi, infatti, la rigidità della cornea èdiminuita a causa dell’anomala idra-tazione e la forza necessaria adapplanarla è ridotta. In presenza diedema corneale può essere preferi-bile l’uso di tonometri non ad appla-nazione.

- Altri parametri che influenzano laIOPLe alterazioni della superficie cor-neale quali irregolarità e cicatricipossono interferire con la correttamisurazione della IOP.Anche variazioni della rigidità scle-rale possono comportare sostanziali

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differenze nelle valutazioni tonome-triche ad indentazione (scarto fino a10 mmHg). Sono soprattutto lebasse rigidità, inferiori a K=0.0215,a sottostimare i dati pressori indi-candoci degli stati normotensivi eda fornire dei “falsi negativi”. Di con-tro, potremmo riscontrare anche dei“falsi positivi”. Sul piano statistico èinteressante ricordare che circa il4% degli occhi hanno un K=0.015 oinferiore e che solo l’1% presentaun K=0.040. Nel primo caso il valo-re tonometrico in difetto è di circa 4mmHg, mentre nel secondo caso ilvalore tonometrico in eccesso èanche di 8 mmHg (Pescosolido eGentili, 2005).La miopia elevata (Kolker et al.,1983), l ’osteogenesi imperfetta(Kaiser-Kupfer et al., 1981) ed ilpregresso uso di farmaci miotici ovasodilatatori (Friedenwald, 1937;Drance, 1960) sono condizioniassociate a bassa rigidità sclerale equindi a rischio di sottostimare lemisurazioni.L’ipermetropia elevata (Drance,1960) può essere associata adaumentata rigidità sclerale e puòportare a letture tonometriche chesovrastimano la IOP.

La IOP è il più significativo fattore dirischio per lo sviluppo di glaucoma,essa viene calcolata basandosi suun insieme di costanti fisiche che sipensa siano uniformi in tutti gliocchi. E’ clinicamente rilevantedeterminare la IOP nel modo piùpreciso possibile (Dohadwala et al.,1998; Copt et al., 1999). Recentistudi hanno chiarito che proprietàcorneali individuali influenzano tutti itipi di tonometri ad applanazione inmodo variabile (Wolfs et al., 1997;Stodmeister, 1998; Bron et al.,1999; Shah et al., 1999; Brandt etal., 2001; Bhan et al., 2002) e ciòspiega la ricerca di tonometri sem-pre più affidabili.

Tipologie di tonometriTonometro ad applanazione diGoldmann (TaG) E’ lo strumento oggi più estesamen-te utilizzato. Il relativo metodo dimisurazione è molto semplice e

dura un paio di minuti. Esso preve-de l’illuminazione della testa bipri-smatica del tonometro con una luceblu cobalto e l’applanazione dellacornea dopo applicazione di aneste-sia topica e di fluoresceina nel filmlacrimale. La manopola graduatasul fianco dello strumento vienequindi ruotata fino a che il semicer-chio del menisco di lacrime fluore-scenti visualizzato attraverso ogniemiprisma risulti sovrapposto.

Pneumotonometri (PNT) Sono strumenti a contatto utilizzatiper misurare la IOP con il metododell’applanazione. Nello PNT laforza necessaria per applanare lacornea è rappresentata da ariacompressa. Lontano dalla corneal’aria può liberamente uscire dallostrumento mentre, se la sonda delloPNT viene posta sull’occhio, l’ariaavrà un ostacolo alla sua fuoriuscitacreando una pressione proporziona-le alla IOP che può essere opportu-namente misurata.L’Ocular Blood Flow Analyzer (BFA)è un particolare pneumotonometroche effettua misurazioni della pres-sione intraoculare 200 volte alsecondo e registra con grande pre-cisione l’ampiezza del polso ocula-re. L’influenza dello spessore cor-neale sui valori ottenuti ha fornitorisultati contrastanti (Bhan et al.,2003).

Tonometri a soffio Sono un esempio di tonometri non acontatto (TNC). Questi strumentimettono in opera due procedimenti:l’applanazione è ottenuta da ungetto d’aria compressa il cui posi-zionamento corretto sulla cornea ècontrollato otticamente; il momentodell’applanazione è valutato dallariflessione massima di un raggioincidente a 45° e la velocità con cuiessa viene ottenuta corrisponde allaIOP. L’influenza dello spessore cor-neale è variabile. Vi sarebbe unasovrastima per gli ipotesi e una sot-tostima per gli ipertesi.

Tonometro dinamico a profilo diPascal® (PDCT)Si tratta di uno strumento entrato in

commercio recentemente e si basasul metodo della tonometria dinami-ca. Mentre per la tonometria staticauno strumento di forma appropriataposto a contatto con la corneadeforma la superficie corneale equesta deformazione correla con laIOP, la tonometria dinamica si basanon sulla deformazione in sè, masul fatto che lo strumento, di carat-teristiche ben precise di forma emassa, applana la cornea con unaben definita velocità. E’ proprio larelazione tra il tempo e la velocitàcon cui si ottiene la deformazione acorrelare con il valore della IOP. Ilconcetto statico di valutazione dellaIOP, alla base dei più utilizzati tono-metri preesistenti, viene in qualchemodo sostituito dal concetto dinami-co di velocità di deformazione cor-neale, tempo e massa inerziale.La punta profilata del tonometro,detta SensorTip, ha un raggio dicurvatura di 10.5 mm e la superficiedi contatto ha un diametro di 7.5mm che determina una linea di pro-filo con la superficie corneale e conil film lacrimale; essa è montata sudi un braccio mobile (cantilever) cheviene appoggiato alla cornea eserci-tando una forza equivalente ad ungrammo e mantenuta costante daun meccanismo a molla. Al centrodella superficie di contatto è collo-cato un sensore piezo-elettrico deldiametro di 1.2 mm che genera unsegnale elettrico proporzionale allaIOP (Fig. 1). Per dimostrare la validità funzionaledi tale strumento e che la forma otti-male della punta del tonometro èquella con curvatura pari a 10.5mm, sono stati condotti studi suocchi di cadaveri e su occhi di sog-getti vivi. Tali occhi avevano un rag-gio corneale di 8.03 mm e uno SCCdi 537 micron (Kanngiesser et al.,2005); il tonometro poteva montaredelle punte con diametro di 7 mm econ una curvatura di: 8.5, 9.5, 10.5e 12.5 mm. Le misure erano esegui-te sull’occhio destro di ogni sogget-to esaminato; il valore della IOPveniva normalizzato ad una “IOPcostante” di 15 mmHg per eliminarevariazioni fisiologiche dovute a pro-lungata misurazione dello stesso

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occhio. La normalizzazione era fattausando la seguente formula: IOPn=IOP x 15mmHg x 2 / (TaGp + TaGa)dove IOPn era la IOP normalizzata,TaGp era la tonometria eseguitacon il Goldmann prima della misura-zione con PDCT e TaGa indicava latonometria effettuata, sempre conGoldmann, ma dopo quella eseguitacon PDCT. Per mantenere il più possibile intatta

la struttura corneale degli occhi deipazienti morti, veniva utilizzatodestrano al 20% per idratare la cor-nea e, contemporaneamente, venivamisurato con un pachimetro lo SCC.Le misurazioni eseguite con PDCTerano cinque. Dalle misurazioni rile-vate con le punte con raggio di cur-vatura di 8.5, 9.5 e 10.5 mm, si otte-nevano dei valori pressori prossimialla IOP normalizzata, mentre con

la punta con curvatura pari a 12.5mm si aveva una differenza da 3 a5 mmHg rispetto alla IOP normaliz-zata. La punta con raggio di curva-tura di 10.5 mm creava, a differenzadelle altre, una distribuzione di forzetra il PDCT e la cornea tale daeguagliare la pressione presenteall’interno della camera anteriore. In conclusione, il PDCT elimina lamaggior parte degli errori sistemati-ci dovuti a cambiamenti individualidelle proprietà corneali (es. SCC)che invece influenzano tutti i tipi ditonometri ad applanazione. Il van-taggio di misurare la pressionereale in combinazione con la capa-cità di registrare le fluttuazioni dina-miche della pressione fornisceopportunità di diagnosticare e clas-sificare differenti tipi di glaucoma.Infatti, è importante sottolineare checon il tonometro PDCT è possibileottenere un’accurata definizionedella fluttuazione pressoria dovutaal battito cardiaco (ampiezza delpolso oculare – OPA) (Fig. 2).Infatti, il PDCT sembra lo strumentopiù preciso per la misurazione del-l’ampiezza del polso oculare; recen-ti studi, nei quali è stato utilizzatoquesto tonometro, mostrano chel’ampiezza del polso oculare varia inindividui diversi ed è compresa tra 1e 10 mmHg (Kaufmann e Bachmann,2003; Kanngiesser et al., 2005). Importante merito del PDCT èanche quello di riuscire a valutare,come detto, la IOP in maniera indi-pendente dallo spessore corneale.In uno studio (Bernd et al., 2005)sono stati inclusi 176 occhi di 126soggetti (69 donne) scelti a casocon età media pari a 60.4 ± 17.1anni, acuità visiva media pari a 0.67± 0.33, errore rifrattivo sferico mediodi - 0.17 ± 3.42 D ed errore rifrattivocilindrico medio di -0.74 ± 0.87 D.Sono stati considerati 39 occhi conglaucoma ad angolo aperto e 137occhi normotensivi con cataratta eche non presentavano altre patolo-gie né a carico della cornea né delnervo ottico. Tutti i pazienti sonostati sottoposti a cinque misurazionitonometriche. Dopo anestesia topi-ca della cornea è stata eseguita unamisurazione della IOP con TaG, poi

Fig. 1 – Foto del tonometro dinamico a profilo di Pascal® (PDCT) e rappresentazioneschematica della SensorTip in contatto con la cornea. All’interno dell’area di contatto(d) le forze tangenziali generate dalla IOP (FIOP) sono annullate dalla forza apposizio-nale (F). Il profilo della punta e della cornea combaciano; questa condizione è detta“aderenza dei profili” (“contour matching”) (Pepose et al., 2005)

Fig. 2 – Caratteristiche principali di una tipica curva di ampiezza del polso oculare(OPA) (Pescosolido e Gentili, 2005)

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altre tre rilevazioni eseguite conPDCT, ancora misurazione con TaG(Kaufmann et al., 2003; Duba eWirthlin, 2004; Kniestedt et al.,2004; Siganos et al., 2004) ed inultimo una pachimetria corneale(spessore centrale corneale mediopari a 546.25 ± 37.6 micron). Venti(3.8%) delle 521 misurazioni conPDCT non sono state eseguite cor-rettamente per una scarsa com-pliance dei pazienti. La misurazionemedia ottenuta con PDCT (18.71 ±5.90 mmHg) è stata significativa-mente più alta rispetto al valoremedio ottenuto con TaG (16.98 ±5.86 mmHg). Il TaG ha mostratouna correlazione importante con lospessore corneale centrale, mentreil PDCT è risultato statisticamenteindipendente dalla pachimetria cor-neale. La differenziazione tra grup-po di studio con glaucoma e grupposenza glaucoma non ha rivelato dif-ferenze nei risultati. Nel corso degli ultimi anni sono statisperimentati anche altri strumentiper la misurazione della IOP, la cuivalenza scientifica deve essereancora supportata da evidenzedella letteratura: tonometro a rim-balzo I-Care, Bioresonator AB,SmartLens ed altri.

Tonometro a rimbalzo I-Care®Utilizza un pistoncino monousodotato di una punta simile ad unacapocchia di spillo smussa con undiametro di 0.9 mm (contro il diame-tro di 3.06 mm del Goldmann):superficie di contatto di 0,65 mm2

(contro i 7,35 mm2 del Goldmann) epeso di 24 mg. Questo viene spintoa circa 2/1000 di secondo verso l’a-pice corneale. La pressione intrao-culare è direttamente correlata altempo utilizzato dalla punta perrientrare dopo aver rimbalzato sullacornea (tonometria dinamica) (Fig.3). Due recenti studi evidenzianouna buona concordanza di risultatitra il tonometro I-Care (TIOLAT) edil Goldmann (Fernandes et al.,2005; Van der Jagt e Jansonius,2005). Questo tonometro può esse-re utilizzato senza anestetico esenza l’uso della fluoresceina. Nonnecessita di calibrazione, non è

influenzato dalla curvatura cor-neale, dalla temperatura e, gra-zie alla sua piccola superficie dicontatto è però influenzatodallo spessore della cornea. I-Care è particolarmente indicatosu soggetti poco collaboranti,sui bambini, su pazienti conpatologie infettive corneali e supazienti sottoposti a trattamen-to con laser ad eccimeri o tra-pianto corneale.

Bioresonator AB®E’ un tonometro che sfrutta unelemento piezo-elettrico cheoscilla ad una determinata fre-quenza. Quando il tonometroentra in contatto con la cornea,viene a crearsi un nuovo siste-ma oscillante con una diversafrequenza di r isonanza. Laquantificazione di questa varia-zione permette la misurazionedella pressione intraoculare(Eklund et al., 2003). Harada eNaoi (2004) hanno trovato unacorrelazione inversamente pro-porzionale tra elasticità cornea-le misurata con il BioresonatorAB e pressione intraocularemisurata con i l tonometro diGoldmann.

SmartLens®E’ una lente a contatto della dimen-sione di una lente di Goldmann a trespecchi. Nella lente è incorporatoun sensore pressorio piezo-elettricoche consente la misurazione conti-nua della IOP e dell’ampiezza delpolso oculare mediante l’applana-zione di un’area corneale di 2.5 mmdi diametro. La SmartLens® sem-brerebbe sovrastimare la IOP didiversi mmHg rispetto al Goldmanne le misurazioni dipenderebbero inmaniera significativa dall’operatore(Holfmann et al., 2004).Per altri tipi di tonometri e per unapiù ampia descrizione di quellariportata si può far riferimento alvolume di Pescosolido e Gentili(2005).

Biomeccanica corneale e chirurgia rifrattivaLa biomeccanica corneale deve

essere tenuta in grande considera-zione in caso di interventi di chirur-gia rifrattiva.In uno studio di Marshall e collabo-ratori (1996) si è cercato di preve-dere i risultati ottenibili dopo inter-vento di LASIK, modificando la zonadi ablazione corneale da 5 a 6 milli-metri (Fig. 4). E’ stato osservato cheaggiungere un millimetro alla zonadi ablazione vuol dire eliminarealcuni dei segmenti periferici dellacornea che intervengono in manierasostanziale nella modificazionedella biomeccanica corneale.Inoltre, si è visto che anche la sceltadel tipo di laser utilizzato per l’inter-vento di LASIK, può influenzare labiomeccanica corneale. Il primo modello biomeccanico dellarisposta corneale ad un intervento èstato descritto nel 1995. In accordocon tale modello, la cornea normaleera considerata come una serie distrisce lamellari sovrapposte e pote-va essere paragonata a degli elasti-ci con delle spugne che li separava-

Fig. 3 – Tonometro I-Care® (Pescosolido e Gentili, 2005)

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no. Una procedura di interventorifrattivo che circonferenzialmentedivideva le lamelle poteva essereinterpretata come una rimozionedella tensione tra gli elastici. Comerisultato, questi elastici non poteva-no più trattenere l’acqua all’esternodelle spugne, nella periferia e nellamedia periferia della cornea e quin-di le spugne si r igonfiavano.Nell’occhio tale cambiamento si evi-denzia come un ispessimento dellaparte paracentrale e periferica dellazona di ammiccamento. Il biofisico Keith Meek e collaborato-ri (Meek et al., 2004) hanno utilizza-to la diffrazione a raggi X per analiz-zare l’ultrastruttura dello stroma cor-neale in modo da fare luce su come

la cornea risponde quando una pro-cedura agisce su una sola parte diessa. Il collagene fornisce la resi-stenza meccanica alla cornea ed èl’orientamento e la distribuzionedelle fibrille che in gran parte rego-lano la risposta della cornea astress meccanici. Per questo motivoè importante studiare la distribuzio-ne e l’organizzazione delle lamelledi collagene nella cornea. La tecni-ca usata è stata quella di passareun intenso fascio di raggi X (Fig. 5),generato da un sincrotrone, attra-verso la cornea e misurare comequesti raggi vengono ad essere dif-fusi. Ciò fornisce informazioniriguardo l’orientamento e la distribu-zione delle fibrille di collagene, per-

mettendo dimappare lacornea. Ognifibrilla ha undiametro dicirca 25-33nm, la lorostruttura e laloro disposi-zione sono lacausa dellabirifrangenza,mentre la lororegolarità el’uniformità didimensione edella distanzache le separa

sono cruciali per la trasparenzadella cornea. Attualmente sonostate prodotte solo mappe bidimen-sionali corneali. Questo fatto puòaiutare a descrivere alcune delleproprietà biomeccaniche della cor-nea, anche se un modello tridimen-sionale potrebbe essere necessarioper determinare potenziali rischi incaso di intervento rifrattivo. Studi comparati tra occhi normali edaltri affetti da cheratocono hannoevidenziato che l’organizzazionedelle lamelle stromali è drammatica-mente disturbata negli occhi malati,in particolare nella porzione delcono. In aggiunta, si è visto unavariazione della massa fibrillare delcollagene negli occhi con cherato-cono rispetto a una distribuzionerelativamente uniforme negli occhinormali.Ricerche sulla biomeccanica cor-neale e la possibilità di manipolaretutte le proprietà della cornea nellapratica clinica, dipendono dalladisponibilità di attrezzature che con-sentono misurazioni non invasive edal vivo.Ci sono due modalità investigativeper la misura delle proprietà bio-meccaniche della cornea. La prima utilizza un prototipo aultrasuoni soprannominato occhiosonoro, il quale misura il “tempo divolo” o velocità di propagazione diun’onda attraverso due punti in untessuto campione. Questo strumen-to fornisce un modo per caratteriz-zare la rigidità corneale perché lavelocità di propagazione di un’ondasonora è maggiore in una corneapiù rigida. Questa metodica offreuna buona ripetibilità delle misura-zioni in diverse regioni della cornea,i risultati non vengono alterati dall’e-pitelio e la profondità del campiona-mento può essere compresa tra i250 ed i 750 micron. Un secondo metodo per determina-re la biomeccanica corneale è unsistema che utilizza una topografiacorneale computerizzata ad altavelocità. Questo esame consistenella proiezione sulla cornea di unaserie di mire luminose concentriche,che vengono presentate su unvideo come anelli concentrici, ela-

Fig. 4 – Rappresentazione schematica dell’aumento della zona di ablazione con LASIKe conseguente influenza sulla biomeccanica corneale. In particolare viene evidenziatal’ablazione dei segmenti lamellari periferici della cornea (Pepose et al., 2005)

Fig. 5 – Mappa corneale ottenuta con l’impiego di raggi X che forni-sce informazioni riguardo l’orientamento e la distribuzione dellefibrille di collagene (Pepose et al., 2005)

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borati al computer per ottenere unarappresentazione matematica quan-titativa e qualitativa della superficiecorneale. Il computer calcola il pote-re diottrico e il raggio di curvatura dimigliaia di punti sulla superficie cor-neale anteriore. La rappresentazio-ne grafica bidimensionale dei datipuò essere di due tipi:1) mappa topografica in scala dicolori, in cui l’interpretazione dellasuperficie corneale viene codificata

per mezzo di una scala cromatica incui, a ciascun colore, corrispondeun determinato raggio di curvatura edi conseguenza un potere diottrico.Le zone piatte della cornea sonorappresentate con colori freddi (Blu– Verde), mentre le zone curve(dove il potere diottrico è più eleva-to) con colori caldi. Il profilo dellacornea normale consiste in unasuperficie asferica più curva nellaporzione centrale.

2) mappa vettoriale che fornisceinformazioni riguardo il raggio dicurvatura (Fig. 6).Attualmente, si sta cercando di svi-luppare un programma in grado difornire una ricostruzione tridimen-sionale della superficie corneale.Questa tecnologia potrebbe essereutilizzata per una facile e rapida dia-gnosi di cheratocono, o per la previ-sione di modificazioni biomeccani-che corneali dopo intervento di chi-rurgia rifrattiva. In uno studio di Shah et al. (2004),si è cercato di determinare la bio-meccanica corneale post intervento,attraverso l’uso di un analizzatore dirisposta oculare (ORA). Si tratta diun particolare tonometro a soffio(Fig. 7), come prima riportato, checonsente di misurare la rispostacorneale ad una rapida indentazio-ne. La pressione necessaria adottenere la prima applanazionerisulta superiore alla pressione chesi registra al momento della secon-da; questa differenza è attribuibilead un effetto “smorzante” del tessu-to, ovvero all’isteresi corneale (Fig.8). Lo studio è stato eseguito su 80occhi che si erano sottoposti adinterventi di LASIK o LASEK. Si èpotuto osservare che la quantità diisteresi era significativamente ridot-ta da 11.5 mmHg (intervallo com-preso tra 7.9 mmHg e 16.7 mmHg)ad un valore base di 9.3 mmHg(intervallo compreso tra 2.5 mmHge 13.1 mmHg) per tutti i pazienti, siaquelli sottoposti a LASIK che aLASEK. Eseguendo una analisi di regressio-ne dei dati raccolti, si è evidenziatauna correlazione moderata tra iste-resi corneale e spessore corneale.Infatti, l’isteresi non cambiava diuna quantità prevedibile in base allospessore. Da tali informazioni èpossibile dedurre che i chirurghioftalmici non possono utilizzare lospessore della cornea come para-metro valido per prevedere i cam-biamenti dell’isteresi corneale nelpost-operatorio. Ad ogni modo con-verrebbe non sottoporre ad inter-vento di chirurgia rifratt iva unpaziente con bassa isteresi. Hjortdale collaboratori (2005) hanno con-

Fig. 6 – Mappa vettoriale della cornea con rappresentazione grafica bidimensionale. Latecnica usata è quella di passare un fascio di raggi X attraverso la cornea e misurarecome tali raggi vengono diffusi (Meek et al., 2004)

Fig. 7 – Analizzatore di risposta oculare (ORA) (Pepose et al., 2005)

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frontato i risultati dopo interventorifrattivo intrastromale (PRK) e diablazione superficiale della cornea(LASIK) per determinare quanto idue tipi di trattamento siano bio-meccanicamente differenti. Infatti,molti dei risultati post-operatori qualivariazioni del potere ottico della cor-nea, variazione dello spessore cor-neale centrale, modificazione dellaIOP (Ehlers et al., 1975; Doughty eZaman, 2000) sono strettamentecorrelati con la reazione biomecca-nica corneale (Hjortdal et al., 1996;Møller-Pedersen et al., 2000;Comaish e Lawless, 2002).Per lo studio sono stati reclutati 100pazienti con miopia compresa tra -6D e -8 D, astigmatismo minore di

1.5 D e con un equivalente sfericodi -7.5 D. Sono stati esclusi soggetticon patologie oculari, di età inferioreai 19 anni e coloro che avevanosubito altri interventi. Considerati icriteri di esclusione dei 100 pazientidisponibili, ne sono rimasti 46, perognuno dei quali è stato trattato unsolo occhio. La LASIK è stata effet-tuata su 25 pazienti, la PRK invecesu 21.Nel periodo pre-operatorio sonostati effettuati i seguenti esami:misurazione delle lenti degli occhia-li, valutazione dello spessore cor-neale, rilevazione della IOP e delpotere rifrattivo corneale. Il numerodi donne incluse nello studio è statomaggiore rispetto a quello degli

uomini. I controlli post-operatori sono statieffettuati in un intervallo di tempobreve (0-30 giorni), medio (1-12mesi) e lungo (1-3 anni). I parametriconsiderati sono stati: la misurazio-ne dell’acuità visiva, il cambiamentodella gradazione degli occhiali, lospessore corneale, la misurazionedella IOP effettuata con pneumoto-nometro e la topografia corneale. Nel primo mese dopo l’intervento siè potuto rilevare un annebbiamentodella visione nel 64% dei soggettitrattati con LASIK e nel 50% di quel-li trattati con PRK, l’equivalente sfe-rico per tutti e due gli interventi èrisultato mediamente pari a -1.3 D.Nell’intervallo di tempo breve, ilpotere corneale è risultato diminuitosia per la LASIK che per la PRK; l’a-berrazione sferica è invece risultataaumentata in entrambi i trattamenti.Lo spessore corneale è diminuitosignificativamente per PRK più cheper LASIK; la IOP è diminuita mag-giormente per LASIK che per PRK.Nel medio termine (Fig. 9), il poterecorneale è aumentato per LASIK ePRK, l’aberrazione sferica è dimi-nuita per PRK ma non per LASIK, lospessore corneale, invece, èaumentato più nella PRK che nellaLASIK, la IOP è aumentata signifi-cativamente nella LASIK. A lungotermine (1-3 anni), il potere cornea-le e l’aberrazione sferica non ècambiata né per i soggetti trattaticon LASIK né per quelli trattati conPRK, lo spessore è aumentato len-tamente ma significativamente inentrambi i casi, la IOP è aumentatamaggiormente nella PRK (Fig. 10).In definitiva, si è potuto vederecome i cambiamenti della biomec-canica corneale, dovuti nella LASIKprincipalmente a variazioni nell’idra-tazione del flap e nella PRK a diver-sità dell’epitelio e dello spessorestromale, siano stati determinantinell’identificazione del potere otticoe soprattutto della IOP post-opera-toria. I cambiamenti nella IOP, inol-tre, suggeriscono che durante iprimi anni dopo LASIK si sono veri-ficate alcune variazioni della struttu-ra interlamellare. Dopo LASIK ePRK la curvatura corneale è dimi-

Fig. 8 – Isteresi corneale. La cornea viene inizialmente applanata dal getto d’aria e aquesto momento corrisponde un primo picco di assorbimento (picco di segnale “In”);successivamente, persistendo la forza applicata, essa assume una conformazione con-cava; quando il getto viene interrotto si registra l’altro picco (picco di segnale “Out”),corrispondente al secondo momento in cui la cornea risulta applanata prima di ritornarealla conformazione convessa iniziale. La differenza tra le pressioni corrispondenti ai 2picchi di assorbimento sembra dovuta alle proprietà viscoelastiche della cornea e vienedefinita isteresi corneale (Pepose et al., 2005)

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nuita, ed alcune accentuazioni dellarigidità si sono verificate negli occhicon PRK a lungo termine. In altri studi condotti in soggetti sot-toposti a LASIK, sono stati messi aconfronto nella misurazione dellaIOP, il TaG e il PDCT.In uno studio prospettico svolto su62 occhi sottoposti a LASIK miopi-ca, la IOP è stata misurata prima e

dopo l’intervento mediante TaG ePDCT. Si è osservata una buonaconcordanza dei risultati delle duetecniche prima dell’intervento. Dopola LASIK la lettura tonometrica ècalata di 3 mmHg con il TaG, men-tre è rimasta sostanzialmente inva-riata con il PDCT. Negli occhi adelfi,non operati ed utilizzati come con-trolli, non si è osservata alcuna

modificazione significativa rispettoal basale con entrambe le metodi-che (Kaufmann et al., 2003).In un’altra ricerca, 118 occhi sonostati sottoposti a tonometria conTaG, con TNC e con PDCT, siaprima che 10 e 30 giorni dopo unintervento di LASIK. La TaG ha rile-vato un apparente calo pressorio di4.9 mmHg e di 5.4 mmHg rispetto albasale ai due intervalli consideratied un comportamento simile hacaratterizzato le letture con un TNC,mentre le misurazioni effettuate conil PDCT non si sono modificatesignificativamente a seguito dell’in-tervento (Siganos et al., 2004).Knorz (2006) ha valutato i cambia-menti topografici verificatisi quandola LASIK veniva eseguita in duetempi, ossia dopo aver ottenuto unflap corneale e dopo ablazione, cosìda caratterizzare separatamente larisposta biomeccanica corneale.Sono state effettuate misurazioni su48 occhi di 24 pazienti, dopo che ilf lap era stato tagliato, alzato erimesso a posto. I pazienti tornavano dopo tre mesiper l’ablazione e le misurazionitopografiche venivano ripetute. Lavalutazione topografica mostravache la creazione del flap non avevacausato cambiamenti alla curvaturacentrale, anche se il taglio della cor-nea era stato associato ad un signi-ficativo aumento della curvaturaparacentrale e periferica.L’ablazione aveva invece causatouna diminuzione importante dellacurvatura centrale ed era stataaccompagnata da un significativoaumento della curvatura paracen-trale e periferica.Si è potuto inoltre vedere che lacreazione del flap aveva causato unsignificativo aumento dell’aberrazio-ne sferica soprattutto nella zonaperiferica (Fig. 11). L’aberrazionesferica era signif icativamenteaumentata anche dall’ablazione(Fig. 12). In definitiva, possiamodire che sia il taglio del flap che l’a-blazione laser causano un aumentodella curvatura corneale periferica equindi dell’aberrazione sferica, sot-tolineando l’importanza di capire labiomeccanica corneale per affinare

Fig. 9 – Analisi della rigidità oculare in soggetti sottoposti a LASIK (L/LAS) o PRK e control-lati in un intervallo di tempo che va da 1 a 12 mesi dopo l’intervento. Analisi anche della IOPin soggetti sottoposti a LASIK o PRK e controllati nello stesso intervallo di tempo. D = diot-trie, unità di misura del potere corneale; mmHg = unità di misura della IOP apparente;micron = unità di misura dello spessore corneale (ccr modificata da Hjortdal et al.,2005)

Fig.10 – Analisi della rigidità oculare in soggetti trattati con LASIK (L/LAS) o PRK(P/PRK) e controllati in un intervallo di tempo tra 1 e 3 anni. D = diottrie, unità di misu-ra del potere corneale; mmHg = unità di misura della IOP apparente; micron = unità dimisura dello spessore corneale (ccr modificata da Hjortdal et al.,2005)

Poterecorneale

Poterecorneale

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il più possibile le procedure d’inter-vento (Knorz, 2006).Molte ricerche, tra cui alcune quiriportate, hanno evidenziato un’in-fluenza notevole della biomeccanicacorneale sul rilevamento della IOPcon il tonometro ad applanazione diGoldmann. L’ORA e il tonometroPDCT, sono invece strumenti ingrado di ridurre gli errori di rileva-mento del tono, dovuti a cambia-menti biomeccanici indotti da

LASIK, così come già detto.Recentemente, è stato condottouno studio (Pepose et al., 2005) su66 occhi con valore medio di miopiapari a -5.0 diottrie ed è stata misura-ta la IOP prima e dopo LASIK, conORA e con PDCT. Dopo la LASIKveniva rilevata una diminuzionedella IOP, misurata con il tonometroORA, mentre se la rilevazione veni-va fatta con PDCT, si aveva unadiminuzione della IOP di minore

entità. Il valore misurato dall’ORArisultava correlato con lo spessorecorneale (pachimetria), mentrequello ottenuto con PDCT no.Pallikaris ha trattato le conseguenzedell’intervento rifrattivo sulla bio-meccanica corneale con una visio-ne più d’insieme (Pallikaris et al.,2005). L’Autore ha studiato le rela-zioni tra la rigidità oculare, cheesprime le proprietà elastiche ditutto il bulbo, il flusso sanguigno e la

Fig.11 – Valutazione topografica del flap corneale (Knorz, 2006)

Fig.12 – Valutazione topografica dell’ablazione corneale (Knorz, 2006)

Mappa Differenze Tangenziali Mappa Differenze Assiali

Mappa Differenze AssialiMappa Differenze Tangenziali

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cornea; ha spiegato che la cornea èsottoposta ad un carico pressorio incontinua oscillazione, dovuto al flus-so sanguigno della coroide. Quandosi ha l’ablazione della cornea duran-te un intervento rifrattivo, il caricopressorio sulla sua superficiepotrebbe aumentare, nonostante ilfatto che il flusso sanguigno dell’oc-chio rimanga inalterato. Tale cam-biamento può causare alla corneauna curvatura verso l’esterno.Il rischio di ectasia può essereassociato alle caratteristiche edall’ampiezza di fluttuazione tempo-rale del carico di pressione sullacornea. Tuttavia, va anche conside-rato che occhi molto miopi possonoavere sclere relativamente sottili.Nel momento in cui la cornea vienerimossa, la pressione tende a dimi-nuire. Secondo questo modello, ilcarico pressorio sulla cornea di sog-getti molto miopi, quindi con paretisottili e bassa rigidità oculare, èpiuttosto basso. Gli studi svolti indi-cano quindi che la rigidità ocularenon è collegata fortemente alla bio-meccanica corneale, anche se talerigidità può modulare le caratteristi-che dello stress corneale. In definitiva, dalla nostra trattazioneemerge quanto la struttura cornealesia complessa e delicata, tanto dadover essere tenuta in considera-zione ogni qual volta si voglia effet-tuare una misurazione della IOPattendibile, o si vogliano stabilire ipro e i contro di un intervento di chi-rurgia rifrattiva.

RiassuntoLa biomeccanica corneale puòinfluenzare la misurazione dellapressione intraoculare (IOP) convari tipi di tonometro e deve esserevalutata nel prevenire, durante lafase pre-operatoria, il rischio diectasia dopo intervento di chirurgiarifrattiva. Sono oggi disponibili, perla rilevazione della IOP, vari tipi ditonometro. Molte ricerche hannoevidenziato una influenza notevoledella biomeccanica corneale sulrilevamento della IOP con il tono-metro ad applanazione diGoldmann (TaG). Il tonometro dina-mico a profilo di Pascal® (PDCT),

invece, sembrerebbe uno strumentoin grado di ridurre gli errori di rileva-mento del tono dovuti alle caratteri-stiche biomeccaniche della cornea(esempio SCC e curvatura).La biomeccanica corneale deveessere tenuta in grande considera-zione anche in caso di interventi dichirurgia rifrattiva per cui vi è lanecessità di attrezzature che con-sentano misurazioni non invasive edal vivo.Si è potuto vedere come i cambia-menti della biomeccanica corneale,dovuti nella LASIK principalmente avariazioni nell’idratazione del flap enella PRK a diversità dell’epitelio edello spessore stromale, sianodeterminanti nell’identificazione delpotere ottico e soprattutto della IOPpost-operatoria.

Parole chiavebiomeccanica corneale, pressioneoculare, chirurgia rifrattiva.

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AGGIORNAMENTO

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Oftalmologia Sociale N.3-20062424

a degenerazionemaculare legataall'età è una pato-logia che colpiscecirca il 20% dellapopolazione al di

sopra dei 65 anni. Essa è responsa-bile dell' insorgenza di una condizio-ne di ipovisione in un numero sem-pre maggiore di casi per l'allunga-mento della vita media, e quindi diuna disabilità visiva.La patologia maculare determina laformazione di uno scotoma centralee perciò l'impossibilità di avere unavisione utile allo svolgimento dellagran parte delle attività da vicino, inquanto il paziente viene privatodella visione dei dettagli.Anche nella visione da lontano lamancanza della percezione dei det-taglio crea delle limitazioni, ma essevengono riferite come meno disabili-tanti poichè i pazienti continuano adavere una visione periferica utilealla deambulazione e agli sposta-menti in modo autonomo.Per ridurre la disabilità visiva indottadalla DMLE il paziente, una voltache la malattia sia da un punto divista clinico stabilizzata, può acce-dere ai Centri di riabilitazione visivadove effettuerà un percorso riabilita-tivo che prevede l'insegnamento perla fissazione dell'utilizzo di una zonadi retina sana eccentrica (locus pre-ferenziale retinico o PRL) con ilquale utilizzare gli ausili ottici ed

elettronici e limitare le disabilitàindotte dalla maculopatia. Si è volu-to valutare, nel corso di un anno,quali fossero stati gli ausili pìù pre-scritti nelle varie situazioni di diffi-coltà visiva nel Centro di terapia ria-bil i tativa visiva dell 'OspedaleOftalmico di Roma, cercando didare una interpretazione alla sceltaeffettuata dai pazienti. Sono statipresi in considerazione solo queipazienti che avessero portato aconclusione il progetto riabilitativo inquanto è nostra convinzione che laprescrizione di un ausilio non asso-ciata ad una riabilitazione visiva nonsia in grado di modificare lo stato didisabilità di un ipovedente.L'util izzo del PRL e degli ausilirichiede infatti un periodo più omeno lungo di training in cui i lpaziente deve essere seguito e gui-dato da operatori specializzati inipovisione (oculista, ortottista, otti-co), al fine di ottimizzare il suo resi-duo visivo e l'impiego degli ausilì.Nel Centro di Terapia riabilitativavisiva dell’Ospedale Oftalmico diRoma, nell'anno 2004, sono statipresi in carico per la riabilitazionevisiva 408 pazienti di età superioreai 6 anni.Tra i pazienti che hanno concluso ilpercorso riabilitativo, 102 eranoaffetti da Degenerazione MaculareLegata all'Età stabilizzata e aveva-no un’età superiore ai 65 anni.Scopo del lavoro è quello di valuta-

re gli ausili ottici ed elettronici pre-scritti a fine riabilitazione in questogruppo omogeneo per patologia edetà.

Le lenti fotoselettive e i filtri sola-ri sono stati prescritti in un grannumero di casi (89/102).L'abbagliamento è lamentato dallaquasi totalità degli ipovedenti affettida DMLE, associato spesso ad unariduzione della percezione del con-trasto.Ai fini della prescrizione e del soddi-sfacimento delle esigenze deipaziente con il raggiungimento delmiglior confort visivo, molto impor-tante è la prova delle lenti fotoselet-tive e dei filtri solari nelle ore dellagiornata in cui più frequentementesi trova in ambiente estemo ed incui ha fastidi visivi legati all'abba-gliamento.Nel nostro Centro di Riabilitazionevisiva sono presenti le lenti fotose-lettive e i filtri solari della Zeiss chevengono fatte provare ai pazientinel corso della riabilitazione, inambiente interno ed esterno, indiverse ore della giornata ed indiverse condizioni climatiche (sere-no, nuvoloso, ecc ...).

I risultati sui 102 pazienti affetti daDMLE sono rappresentati dallatabella 1 (le prescrizioni risultano104 perché un paziente ha voluto laprescrizione di 3 lenti).

P. Fumoleau, P. Pantina, R. Ranieri, L. Mazzeo, E. TedeschiCentro di Terapia Riabilitativa Visiva dell'Ospedale Oftalmico di Roma

Degenerazione Maculare legata all’età:ausili prescritti in un anno di attività

NEWS DALL’ITALIA

L

Scopo del lavoro: valutare gli ausili ottici ed elettronici

prescritti a fine riabilitazione in 102 pazienti con DMLE seguiti nel 2004

presso il Centro di terapia riabilitativa dell’Ospedale Oftalmico di Roma“

Oftalmologia Sociale N.3-2006 2525

E' evidente che la maggior parte deipazienti (51,92%) ha preferito lentigialle (540nm), seguite dalle lentiarancioni (560nm) (17,31%), poi gliskyIet fun (3,85%), skyIet road(0,96%), lenti rosse (580 nm)(0,96%), lenti marroni (60nm)(0,96%).Il 24,04% dei pazienti non ha trova-to giovamento dall'utilizzo dei filtriselettivi. Questo dato può essere così analiz-zato.Gli anziani affetti da DMLE nonhanno necessità di utilizzare lenti fil-tranti molto scure, in quanto le abi-tudini di vita prevedono uscite ininverno ed autunno nelle ore centra-li della giornata, più calde e più

soleggiate, ma in primavera esoprattutto d'estate le uscite avven-gono nelle ore più fresche dellagiornata. Questo comportamentodetermina l'esposizione a radiazioniluminose non eccessivamenteabbaglianti e che si giovano, peressere ridotte, di lenti non tropposcure.Inoltre le lenti fotoselettive a 540 -560 nm possono essere utilizzate inambiente interno, in quanto anchel'illuminazione artificiale è spessofonte di abbagliamento. Particolaritàdi queste lenti è anche di aumenta-re la percezione della sensibilità alcontrasto e quindi lenti abbastanzachiare possono essere indossateanche tutta la giomata, aumentando

il confort visivo e riducendo il feno-meno della stanchezza visiva che èun disturbo lamentato da molti ipo-vedenti affetti da DMLE.Nel complesso le lenti fotoselettive,spesso associate all'utilizzo di unacorrezione ottica per lontano, rap-presentano l'ausilio che gli ipove-denti con DMLE utilizzano con mag-gior soddisfazione a fine riabilitazio-ne.L'utilizzo di sistemi ingrandenti perlontano rappresenta una parteimportante della riabilitazione visivanegli ipovedenti con degenerazionemaculare legata all'età.Nella tabella 2 sono riassunti i datipertinenti gli ausili per lontano pre-scritti a fine percorso riabilitativo.

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Tabella 1

F540 54 51,92%SK ROAD 1 0,96%SK FUN 4 3,85%F 560 18 17,31%F 60 1 0,96%F 580 1 0,96%Nessunaprescrizione 25 24,04%

Totale 104 100,00%

Tabella 2

G 1.8Xmonoculare 1 0,98%G 2.0Xbinoculare 2 1,96%G 2.0Xmonoculare 5 4,90%G 2.2Xbinoculare 11 10,78%G 2.2Xmonoculare 20 19,61%K 4Xmonoculare 2 1,96%K 6x17 1 0,98%Nessunaprescrizione 60 58,82%

Totale 102 100,00%

F 540 = assorbimento 50% a 540 nm (gialle)SK ROAD = assorbimento 80% rad bluSK FUN = assorbimento 70% rad 555F 560 = assorbimento 50% a 560 nm (arancioni)F 60 = assorbimento 60% a 600 nm (marroni)F 580 = assorbimento 50% a 580 nm (rosse)

K = keplerianoG = galileiano

Oftalmologia Sociale N.3-20062626

E' evidente che più della metà deipazienti (58,82%) ha preferito nonutilizzare alcun ausilio ingrandenteper la visione da lontano, nonostan-te questi fossero stati provati diver-se volte e per diverse attività.Tra i pazienti a cui è stato prescrittoun sistema ingrandente per lontano,si evidenzia la netta prevalenza deisistemi galileiani di diverso potereìngrandente (da 1,8X a 2,2X) mono-culare (25,48%) e binoculare(12,74), mentre una esigua mino-ranza ha optato per la prescrizionee l'utilizzo dei sistemi Kepleriani siaa fuoco fisso che a fuoco variabile(2,94%).Il ridotto numero di prescrizioni perausili ottici per lontano va attribuitoalle caratteristiche della patologia.La visione per lontano nella dege-nerazione maculare legata all'età èridotta, ma nella maggior parte deicasi consente di mantenere unadeambulazione, in ambienti noti e avolte anche sconosciuti, abbastanzasicura.Nei soggetti anziani, le attività svol-te fuori casa sono ridotte e quelle inambito domestico possono esseresvolte con l'ausilio della idonea cor-rezione per lontano con lenti a tem-piali. Inoltre, l'utilizzo degli ausili otti-ci per lontano richiede un addestra-mento prolungato, la necessità dimodificare il proprio modo di guar-dare, riducendo i movimenti dellatesta e degli occhi per evitare ilsenso di vertigine, riduce il campovisivo percepito nella singola fissa-

zione, non permette una visioneottimale e quella che si ha risultamolto diversa dalla visione naturalee l'ausilio non può essere utilizzatonella deambulazione.Tutto ciò ne limita l'utilizzo ed ilpaziente preferisce mantenere lasua visione ridotta e non efficientequalitativamente ma naturale a cuila sua percezione cerebrale è abi-tuata.Nei pazienti a cui sono stati prescrit-ti i sistemi ingrandenti per lontano,sia galileiani che kepleriani, questivenivano utilizzati soprattutto per lavisione della televisione, per il rico-noscimento della fisionomia dellepersone care, per la visione delpanorama dalla finestra della pro-pria casa, per il riconoscimento delnumero dell'autobus, per le indica-zioni di vie e nomi sui citofoni ecc...Tutte queste attività miglioravanol'autonomia del paziente e migliora-vano la sua qualità di vita.Per quanto riguarda la prescrizionedegli ausili da vicino, questi sonostati prescritti a 90 su 102 pazientiaffetti da DMLE.Le difficoltà nella visione da vicino esoprattutto l'impossibilità della lettu-ra sono le inabilità maggiormentesentite dagli ipovedenti affetti daDMLE.Poiché i pazienti sono tutti maggioridi 65 anni, bisogna considerare cheper molti le occasioni di uscita sonoridotte e quindi il poter svolgeredelle attività da vicino risulta fonda-mentale per poter trascorrere in

maniera soddisfacente alcune oredella giornata e soprattutto permantenere la propria autonomia.Tra gli ausili prescritti, il numeromaggiore è rappresentato dagliipercorrettivi [ipercorrettivi monocu-lari (19,61%), ipercorrettivi binocula-ri prismatici (7,84%), sistemi apla-natici (22,55%)].Dato interessante è che in 5 pazien-ti è stato sufficiente prescrivere l'i-donea correzione ottica da vicinoper eliminare le difficoltà nella lettu-ra.I sistemi galileiani sono stati pre-scritti in 14 pazienti, mentre 16pazienti hanno ritenuto più idoneol'utilizzo di un videoingranditore.Solo ad 1 paziente è stata prescrittauna sintesi vocale vista la gravitàdell'ipovisione.3 pazienti hanno preferito una lentedi ingrandimento. Probabilmenteerano pazienti in cui l'esigenza davicino poteva essere risolta con unsistema semplice e che potesseessere utilizzato in modo puntuale.12 dei 102 pazienti non hanno rite-nuto necessario che fosse loro pre-scritto alcun ausil io per vicino.Alcuni di questi pazienti presentava-no una bassa o nulla scolarità, altripossedevano già degli ausili idoneiche nel corso della riabilitazione si èloro insegnato ad uti l izzare inmaniera corretta e quindi soddisfa-cente.Nella Tabella 3 sono riportati i datirelativi alla prescrizione degli ausiliper vicino.

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Tabella 3

Sintesi vocale (ICR) 1 0,98%videoingranditore 16 15,69%Ipercorrettivoprismatico binoculare 8 7,84%Ipercorrettivomonoculare 20 19,61%Correzione da vicino 5 4,90%Sistema aplanatico 23 22,55%G2. 2X con aggiuntivo per vicino 14 13,73%Lente di ingrandimento 3 2,94%Nessunaprescrizione 12 11,76%

Totale 102 100,00%

G = galileiano sistema telescopicoK = kepleriano sistema telescopicoICR = sintesi vocaleVIDEO = videoregistratoreIPERC MO = ipercorrettivo monoculareBINO = ipercorrettivo prismatico binoculareAPL = aplanaticoLIM = lente di ingrandimento

Oftalmologia Sociale N.3-2006 2727

CONCLUSIONI

In conclusione, dai dati rilevati nelCentro di Terapia riabilitativa visivadell'Ospedale Oftalmico nel corso diun anno su pazienti affetti da DMLEmaggiori di 65 anni, si è potuto rile-vare che il maggior numero di pre-scrizioni di ausili è stato per le atti-vità da vicino. La difficoltà riferitacome maggiormente disabilitantedai pazienti è l'impossibilità di svol-gere una qualsiasi attività di lettura,sia essa puntuale come la lettura diuna bolletta necessaria al manteni-mento della propria autonomia, siaessa prolungata come la lettura diun quotidiano o di un libro che per-mette di mantenersi aggiornati, dipassare del tempo in maniera pia-cevole e di sentire di meno la pre-senza di difficoltà motorie spessoassociate all'ipovisione nei soggettianziani.Altrettanto rilevante è stata la pre-scrizione delle lenti fotoselettive perla riduzione dell'abbagliamento.Queste, riducendo l'abbagliamentoe migliorando la percezione sia nel-l 'ambiente domestico che negliambienti esterni sia noti che scono-sciuti, permettono il miglioramentodell'autonomia personale.La riduzione della visione da lonta-no, seppur grave in questi pazienti,è riferita come meno disabilitante emeno limitante la propria autono-mia. L'impossibilità di utilizzare que-sti sistemi nella deambulazione è un

limite all'accettazione dell'utilizzo diquesti sistemi da parte dei pazientiipovedenti. A tutto ciò va aggiuntoche questi ausili, sia per lontanoche per vicino, sono esteticamentedifficili da accettare in quanto rendo-no immediatamente evidente la pre-senza di un deficit visivo che inge-nera curiosità nelle persone vicine.Questo fa si che anche se funzio-nalmente efficienti non vengano uti-lizzati in presenza di estranei e avolte neanche prescritti.

Parole chiave

DMLE, autonomia visiva, qualità divita, ausili visivi, ipovisione, riabilita-zione visiva.

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NEWS DALL’ITALIA

Oftalmologia Sociale N.3-20062828

LAVORI SCIENTIFICI

Introduzione

La sclerosi multipla (SM) è unamalattia infiammatoria demieliniz-zante ad eziopatogenesi multifatto-riale, caratterizzata dalla moltepli-cità dei sintomi all’esordio e da unadiversa distribuzione temporaledelle remissioni e delle recidive.La SM causa frequentemente (78%sec. Cambier) una compromissionedel sistema visivo nelle fasi iniziali,pertanto l’oftalmologo si trova spes-so di fronte alla necessità di espri-mere un'ipotesi diagnostica su que-sta patologia.La più comune manifestazione ocu-lare della SM è la neurite ottica(NO) (35,9% sec. Vinken et al.) (1)seguita dalla diplopia (12% sec.Vinken et al.) e da altre con minoreincidenza, quali discromatopsia enistagmo orizzontale. La neurite ottica, nel 58% dei casi,si manifesta con una riduzione del-l’acuità visiva che può avvenireanche molto rapidamente (2). Ipazienti guariscono dall’episodioneuritico gradualmente, nel giro dipochi mesi, spesso con un recuperocompleto o quasi del visus. Tuttaviamisure accurate del visus (ottotipoETDRS), della sensibilità al contra-sto e alcuni esami strumentali(campo visivo computerizzato,esami elettrofunzionali) evidenzianoun incompleto ripristino di tutti iparametri della funzione visiva (3).L’oftalmologia riveste un ruoloimportante nella diagnosi di questapatologia, in quanto è raro avereuna SM senza sintomi e segni acarico del sistema visivo.Il giovane paziente affetto da SM,che per la prima volta giunge all’os-servazione dell’oftalmologo, fre-quentemente riferisce un’improvvisadiminuzione dell ’acuità visiva.All’esame del fondo oculare si potrà

evidenziare in 1/3 dei casi un discoottico edematoso (4). Quando all’of-talmoscopia la papilla risulta norma-le è necessario dover approfondirel’ipotesi diagnostica di NO, oppurenel caso di una papilla ottica pallida,si dovrà discernere tra NO infiam-matoria, demielinizzante o su baseischemica. Tra gli esami strumentali utilizzati intal senso quelli elettrofunzionalisono importanti nell’iter diagnosticodel paziente affetto da NO.Dall’esame dei potenziali elettrovisi-vi (PEV) pattern, infatti, si potrà evi-denziare una marcata diminuizionedell’ampiezza o un preponderanteaumento della latenza e pertanto cisi potrà orientare rispettivamenteverso una NO infiammatoria o unaneurite demielinizzante. L’esamedei PEV pattern è pertanto di fonda-mentale importanza nella diagnosidi SM perché, come già descritto inletteratura, è in grado di riconoscereprecocemente una lesione demieli-nizzante a volte riscontrata solo piùtardivamente dalla RMN. La RMN risulta positiva solo nel90% dei pazienti con SM definita.In questo articolo vengono riportati irisultati del confronto fra il PEV edaltri esami strumentali utilizzati abi-tualmente nella diagnosi di SM alfine di individuare le potenzialità, ilimiti e la complementarietà dellevarie tecniche diagnostiche.

Materiali e metodi

Sono stati selezionati 24 pazientiaffetti da sclerosi multipla, accertatamediante RMN, di età compresa frai 20 e i 45 anni, in buone condizionigenerali di salute e privi di deficitmotori, che presentavano un’anam-nesi positiva per neurite ottica retro-bulbare (NORB).Il gruppo di controllo era composto

da 16 volontari, 8 uomini e 8 donnedi età compresa fra i 20 e i 45 anni,con un’anamnesi negativa per pato-logie a carico del sistema visivo conun visus di 10/10 in ciascun occhio,con una correzione non superiorealle 3D.I pazienti sono stati sottoposti aiseguenti esami:

1) Visita oculistica:-esame del visus con tavola ETDRSal fine di determinare con accura-tezza l’acuità visiva del paziente. -esame biomicroscopico del seg-mento anteriore.-tonometria ad applanazione.-esame del fondo oculare con oftal-moscopia binoculare indirettasecondo Schepens.

2) Campo visivo statico compute-rizzato Humphrey: svolto con strategia di soglia piena,stimolo III bianco, sfondo 31,5 asb.Per la valutazione dei campi visivi siè uti l izzata una classificazionededotta sulla base delle "linee guidaper l'esecuzione e la ripetizione diesami perimetrici" della SocietàItaliana di Perimetria (SIP). E’ stato assegnato un punteggio da1 a 4 per ogni deficit campimetricoin base alla sua entità (%) e moltipli-cato tale valore per un fattore corre-lato all’importanza dell’area affettadal deficit: fattore 1: area pericentrale (25-30°)fattore 2: area paracentrale (11-24°) fattore 3: area pericecale e perifo-veale (6-10°)fattore 4: area foveale (0-5°), cecalee paracecale

3) Esami Elettrofunzionali:- PEV da pattern: parametri stimola-tore: forma degli stimoli, scacchieracon contrasto del 99%, frequenzespaziali 1.5, 4.5 C/°, per ciascuna

M.L. Livani, F. Allievi, M. Nebbioso, U. De Marco, L. Mazzeo, A. MoramarcoUniversità degli Studi di Roma “La Sapienza” Dipartimento di Scienze Oftalmologiche – Direttore C. Balacco Gabrieli

L’elettrofisiologia nei pazienti con sclerosi multipla

Oftalmologia Sociale N.3-2006 2929

LAVORI SCIENTIFICI

frequenza spaziale si acquisiscono100 campioni; distanza paziente-monitor 1,5 m; parametri analisi:tempo di analisi 256 msec, amplifi-cazione 50000, reiezione automati-ca degli artefatti. Le latenze dellerisposte ottenute dall’esame deiPEV pattern sono state confrontatecon i valori normali derivati da ungruppo di controllo di 16 volontarinormali (otto uomini e otto donne dietà compresa fra i 20 e i 45 anni) eche sono risultate essere di 102 ±5,2 ms per frequenze spaziali di1,5C/° e di 118 ± 7,4 ms per fre-quenze spaziali di 4,5C/°. La laten-za è stata considerata aumentataper valori superiori alla media più diuna deviazione standard (DS), quin-di maggiori di 107,2 ms per frequen-ze spaziali di 1,5C/° e di 125,4 msper frequenze spaziali di 4,5C/°.- PEV da flash: tempo di analisi 500msec, amplificazione 50000, cam-pioni 100, reiezione automaticadegli artefatti, cupola Ganzfeld constimolo f lash standard 2,5Cd/m

2/sec.

Le ampiezze delle risposte ottenutedall’esame dei PEV da flash sonostate confrontate con i valori normalidel gruppo di controllo e sono risul-tate essere di 14±9µV.- Elettroretinogramma: svoltosecondo lo standard ISCEV.L’ERG standard è stato eseguio su

tutti i pazienti al fine di rilevare un’e-ventuale presenza di lesioni retini-che concomitanti: sono stati inseritinello studio solo i pazienti che pre-sentavano delle risposte elettroreti-nografiche nella norma. Per iPotenziali Oscillatori è stato asse-gnato un punteggio da 1 (normali) a6 (estinti);

4) Risonanza Magnetica Nuclearecerebrale con gadolinioPer la RMN è stata utilizzata unaclassificazione basata sull'assegna-zione di un punteggio a seconda delgrado di atrofia cerebrale:0 punti: assente2 punti: lieve4 punti: moderata6 punti: gravea seconda dell’attività della malattia:0 punti: nessuna lesione attiva1 punto: fino a 52 punti: > di 5 da 1 (<30) a 3 (>70) in base alnumero di lesioni e da 0 (assenza)a 6 (>15) in base al numero di buchineri. Tale classificazione è statasuggerita dai neurologi anche sullabase delle recenti considerazionisulla correlazione tra la gravità clini-ca della malattia da un lato e ilgrado di atrofia e il numero deibuchi neri dall’altro, presenti nellesequenze T1 pesate (6).Ad 8 pazienti giunti alla nostra

osservazione durante il loro primoepisodio neuritico è stata richiestainoltre una risonanza magneticanucleare dei nervi ott ici conGadolinio.

Risultati

In 20 pazienti (83%) era presenteun aumento della latenza della com-ponente P100 ad almeno una delledue frequenze spaziali utilizzate eduna riduzione significativa dell’am-piezza della P100. In 4 dei 24 sog-getti esaminati era presente sola-mente un aumento della latenzadella P100 (2 pz) o una riduzionedell’ampiezza della P100 (2 pz). In16 pazienti (66%) si associava unaumento della latenza della compo-nente P2 del PEV da flash. In tutti i 24 pazienti (100%) eranopertanto presenti delle alterazionidei PEV. Tra i pazienti giunti alla nostraosservazione durante il loro primoepisodio neuritico, otto avevanoeffettuato una risonanza magneticanucleare dei nervi ottici.Tutti gli otto pazienti mostravano unaumento significativo della latenzadella P100 dei PEV pattern e lapresenza di placche demielinizzantialla RMN, ma nessuno di questipresentava placche a livello deinervi ottici.Tra la riduzione di ampiezza deiPEV e le alterazioni campimetriche,è stata riscontrata una correlazionesia alle frequenze spaziali (FS) di1,5C/°(R2=0,0496) sia a FS di4,5C/° (R2=0,1576), tali correlazionierano presenti anche nei pazientiesaminati durante la fase quiescen-te della malattia.L’ampiezza della P100 pertantodiminuisce all’aumentare del nume-ro e della gravità delle alterazionipresenti al campo visivo comemostrato in figura 2.

Discussione

La maggior parte degli Autori è con-corde nel ritenere che il prolunga-mento della latenza della P100 siala principale alterazione elettrofisio-logica associata alla demielinizza-

Fig.1 Linee guida per l'esecuzione e la ripetizione di esami perimetrici, SIP 1999.

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zione del nervo ottico (7-11).Molti studi descrivono il persisteredel ritardo della latenza della P100nelle fasi intercorrenti della neurite.Halliday ha descritto il persisteredell’aumento di latenza della P100nel PEV pattern anche 5 anni dopol’ultimo episodio di neurite ottica edha riscontrato che solo nel 5% deipazienti con PEV alterato la latenzadella P100 torna a valori normali(8).La campimetria statica automatizza-ta, notoriamente in grado di rilevarealterazioni anche in occhi asintoma-tici dei pazienti con SM (16,17),rimane alterata nonostante il recu-pero spesso completo dell’acuitàvisiva, documentando una non tota-le guarigione del paziente (3).Quando la neurite ottica è clinica-mente manifesta, l’incidenza del-l’aumento della latenza della P100(PEV pattern) è molto elevata ed èpresente nell’89%-95% dei casi(12), quando invece l’evidenza clini-ca di un coinvolgimento del nervoottico manca, l’incidenza dell’au-mento della latenza sembra esseremolto più bassa (51% in un campio-ne di 715 pazienti) (12). Tuttavia, seè vero che solo il 50% dei pazientiha una storia di neurite ottica, all’au-topsia il 100% dei pazienti presenta-va i segni di una pregressa NO (18-19). Da qui la necessità di approfon-dire lo studio dei pazienti affetti da

sclerosi multipla al fine di individua-re tutti, e il più precocemente possi-bile, i segni di un coinvolgimentovisivo.La RMN con gadolinio mirata allostudio del nervo ottico non ha per-messo di individuare le aree didemielinizzazione. L’assenza diplacche a livello del nervo otticoanche nelle sequenze rinforzate congadolinio della RMN è probabilmen-te dovuta alla sede anatomica deinervi ottici.In questo lavoro si evidenzia unaumento della latenza ed una ridu-zione dell’ampiezza della compo-nente P100 in 20 pazienti (83%).In 4 pazienti era presente solamen-te o una riduzione dell’ampiezza (2soggetti) o un aumento della laten-za della componente P100 (2 indivi-dui).La convinzione che i PEV siano l’e-same più valido per l’individuazionedi segni anche iniziali di demieliniz-zazione a carico del nervo ottico, ciha portato ad approfondire un altroparametro elettrofisiologico, l’am-piezza dei tracciati. L’ampiezza del-l’onda P100 è costituita dal numerodi neuroni funzionanti, mentre lalatenza della componente P100 rap-presenta il tempo di conduzione del-l’impulso attraverso gli oligodendro-citi. La morfologia della perdita cam-pimetrica può indicare con grandeprecisione quali porzioni del sistema

visivo sono interessate. I difetti pre-senti in corso di NO sono rappre-sentati da un allargamento dellamacchia cieca, da un restringimentoconcentrico delle isoptere e soprat-tutto da difetti fascicolari, che pos-sono essere, a seconda delle fibreinteressate, cecali, iuxtacecali oquadrantopsie.L’ampiezza della P100, tuttavia, nonè mai stata considerata dalla mag-gior parte degli Autori un parametroattendibile a causa della fisiologicavariabilità intra ed inter individuale,e gli stessi Autori la correlano unica-mente con l’acuità visiva (13-15).Dal confronto fra i diversi esami danoi effettuati invece, oltre alla corre-lazione tra i PEV e l’acuità visiva èstata trovata una correlazione tra lariduzione di ampiezza dei PEV e lealterazioni campimetriche (Fig.2)valutate secondo la classificazionededotta sulla base delle "linee guidaper l'esecuzione e la ripetizione diesami perimetrici" della Società ita-liana di Perimetria (SIP). Questacorrelazione assume un ulterioresignificato qualora si consideri che èpresente anche nei pazienti esami-nati nelle fasi intercorrenti dellamalattia.

Conclusioni

Attualmente, il problema della ricer-ca di segni precoci di alterazioni acarico del sistema visivo nella SMassume un significato sia per lenuove metodologie diagnostiche,quali i PEV multifocali e tecnologiaa duplicazione di frequenza (20-21),sia per le nuove prospettive tera-peutiche offerte dall’INF beta-Ia(22). Secondo Jacobs e coll. infattila terapia con IFN beta-Ia è risultataessere maggiormente efficace sesomministrata in occasione deiprimi segni di demielinizzazione delnervo ottico. Alla luce di quantodetto finora, questo studio consentedi tracciare le direttive per un lavorofuturo che vede, accanto alle nuovemetodiche, una lettura più attentadei PEV, che mettano in evidenzamodificazioni anche minime dell’am-piezza che si possano correlare adalterazioni iniziali campimetriche.

Fig.2

Oftalmologia Sociale N.3-2006 3131

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Riassunto

Lo scopo di questo lavoro è statoquello di valutare l’importanza degliesami elettrofunzionali nella diagno-si di sclerosi multipla. La sclerosimultipla (SM) è una malattia infiam-matoria demielinizzante ad eziopa-togenesi multifattoriale, caratterizza-ta da una molteplicità di sintomi chepossono comparire all’esordio, e dauna diversa distribuzione temporaledelle remissioni e delle recidive.Sono stati selezionati 24 pazientiaffetti da sclerosi multipla, accertatamediante RMN, di età compresa frai 20 e i 45 anni, in buone condizionigenerali di salute e privi di deficitmotori, che presentavano un’anam-nesi positiva per neurite ottica retro-bulbare (NORB). Il gruppo di con-trollo era costituito da 16 volontarisani, 8 uomini e 8 donne, di etàcompresa fra i 20 e i 45 anni, conun’anamnesi negativa per patologiea carico del sistema visivo, con unvisus in ogni occhio di 10/10 conuna correzione non superiore alle3D.I pazienti sono stati sottoposti a visi-ta oculistica completa, campo visivostatico computerizzato Humphrey,esami elettrofunzionali, risonanzamagnetica nucleare cerebrale.Tra i pazienti esaminati, tutti conuna storia di coinvolgimento delnervo ottico, 20 pazienti (83%) pre-sentavano all ’esame PEV unaumento della latenza della compo-nente P100, in accordo con i datidella letteratura internazionale e,negli stessi, l’ampiezza dell’ondaP100 risultava significativamenteridotta; nei rimanenti 4 pazienti, 2presentavano una riduzione del-l’ampiezza e 2 un aumento dellalatenza della P100. Dal confronto fra gli esami effettuati,oltre alla correlazione tra i PEV el’acuità visiva, è stata trovata unacorrispondenza tra la riduzione diampiezza dei PEV e le alterazionicampimetriche valutate secondo laclassificazione dedotta sulla basedelle “linee guida per l’esecuzione ela ripetizione degli esami perimetri-ci” della Società Ital iana diPerimetria (SIP) (Fig.2). Alla luce di

quanto detto finora, questo lavoroconsente di tracciare le direttive peruna lettura più attenta dei PEV, allaricerca di alterazioni anche minimedell’ampiezza che si possono corre-lare ad alterazioni iniziali campime-triche.

Parole chiave

neurite ottica, sclerosi multipla,potenziali evocati visivi, elettrofisio-logia.

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Oftalmologia Sociale N.3-20063232

LAVORI SCIENTIFICI

DefinizioneL’occhio secco è un fenomeno patologi-co prodotto da un’alterata correlazionetra film lacrimale ed epitelio della superfi-cie oculare, ed è causato da deficitquantitativo o qualitativo di uno o dientrambi (Murube et al., 2003; 2005).

EpidemiologiaLa sindrome da occhio secco rappresen-ta una condizione relativamente frequen-te, particolarmente nella popolazioneanziana, con prevalenza maggiore nelsesso femminile.Le fonti sulla prevalenza della sindromesono essenzialmente di due tipi: quellebasate su dati ottenuti nel corso di inda-gini cliniche e quelle derivate da analisisulla popolazione generale (Pradelli eVacchini, 2005). Il primo tipo di dati conferma la sua ele-vata frequenza nella popolazione mon-diale dei pazienti oftalmici (17% di 2127nuovi pazienti di uno studio giapponese,Hikichi et al., 1995); tale prevalenzapotrebbe non riflettere la situazione nelcomplesso della popolazione. In uno studio epidemiologico statuniten-se, condotto su un campione di oltre2500 pazienti ultrasessantenni non sele-zionati in base a particolari caratteristi-che cliniche, la prevalenza è risultataquasi del 15% in base a criteri clinici edel 3.5% se per la formulazione delladiagnosi di occhio secco venivano presiin considerazione, oltre alla sintomatolo-gia, i risultati patologici ai test obiettivi.Estrapolando questi valori al complessodella popolazione anziana degli USA, gliAutori hanno stimato un numero dipazienti compreso tra 1 e 4.3 milioni, aseconda della percentuale utilizzata,solo per quanto riguarda gli ultrasessan-tenni (Schein et al., 1997).Dati sulla prevalenza dell’occhio seccosono stati ottenuti anche in uno studioosservazionale di tipo longitudinale, ilBeaver Dam Eye Study (Moss et al.,2000), svolto tra gli abitanti della cittadi-

na di Beaver Dam, nel Wisconsin (USA).5924 soggetti di età compresa tra i 43 egli 84 anni, sono stati esaminati in trefasi successive: nel 1988-1990, nel1993-1995 e nel 1998-2000. Nel secon-do e nel terzo periodo di osservazione,sono stati raccolti dati compatibili conuna possibile diagnosi di occhio secco.Si è, così, ottenuta una coorte di 2414soggetti a rischio di sviluppare occhiosecco tra i quali si è evidenziata una pre-valenza di occhio secco del 14.4%.Valutando la popolazione per fasce dietà, tale prevalenza passa dal 6.8% insoggetti di età inferiore a 60 anni, a circail 19% in soggetti con età superiore ad80 anni. Si è notato, inoltre, che la preva-lenza della sindrome dell’occhio seccovaria col sesso (11.4% negli uomini,16.7% nelle donne). Sempre Moss e col-laboratori (2004), hanno calcolato un’in-cidenza di occhio secco del 13.3% su322 casi a distanza di 5 anni dall’iniziodello studio. Si è potuto notare che l’inci-denza è maggiore con l’aumentare del-l’età e nel sesso femminile. Infatti si èpassati da un’incidenza del 10.7% tra i48 ed i 59 anni a una del 17.9% in sog-getti di età maggiore agli 80 anni. Inoltreè stata evidenziata una correlazione sta-tisticamente significativa tra occhiosecco ed altri fattori di rischio quali dia-bete ed assunzione di antistaminici, diu-retici, corticosteroidi e antidepressivi. Siè anche rilevato un effetto protettivo daparte degli ACE-inibitori da interpretarsi,alla luce delle conoscenze attuali, comeconseguenza della loro probabile azioneantinfiammatoria. Un’altra importanteosservazione si riferisce al notevoleimpatto dell’occhio secco sulla qualità divita dei pazienti in età avanzata, chesembra dimostrata dal fato che i soggetticon diagnosi di dry eye alla visita del1993-1995 avevano una maggiore pro-babilità di assumere antidepressivi allavisita del periodo 1998-2000, rispetto aisoggetti non affetti da occhio secco. La maggiore prevalenza della sindrome

dell’occhio secco con l’avanzare dell’etàè stata confermata da un altro studioeffettuati a Melbourne (Australia) su 926soggetti di età superiore a 40 anni(McCarthy et al., 1998). In tale studio si ènotato una maggiore prevalenza di sinto-mi e segni correlati a occhio secco nellefasce di età compresa tra i 70 ed i 79anni e tra gli 80 e gli 89 anni. I dati evi-denziano anche una netta preferenzaper il sesso femminile nelle fasce di etàcomprese tra i 50 ed i 59 anni e tra i 70ed i 79 anni. Un recente studio america-no (Schaumberg et al., 2003), condottosu 39876 donne di età compresa tra i 45e gli 84 anni, ha evidenziato una preva-lenza per occhio secco del 6.7%. Questodato, aggiustato rispetto alla popolazionedelle donne di età superiore ai 50 annidegli Stati Uniti, raggiunge il 7.8%. Vienestimato, quindi, che circa 3.23 milioni didonne americane di età ≥ 50 anni possa-no essere affette da occhio secco. Lostudio, inoltre, dimostra come la preva-lenza incrementa con l’aumentare del-l’età, passando dal 5.7% per le donne dietà inferiore a 50 anni al 9.8% per quellecon età superiore a 75 anni. I risultatisono stati ottenuti mediante l’utilizzo diun semplice questionario che ha presoin considerazione un’eventuale, prece-dente, diagnosi clinica di occhio secco ela presenza di sintomi quale secchezzaed irritazione oculare, definendo comeaffetti da occhio secco soggetti con dia-gnosi clinica già precedentementeaccertata o che riferivano una sintomato-logia severa.Si è visto che il 16% dei soggetti intervi-stati riferiva secchezza oculare costante-mente, il 5.7% spesso e il 28.3% qual-che volta; mentre, riguardo al sintomoirritazione oculare lo 0.6% rispondevacostantemente, il 5.7% spesso e il51.1% qualche volta. Uno studio di tiponon osservazionale, prendendo in consi-derazione una banca dati che raccoglieprescrizioni mediche riferentesi a 22piani di salute pubblica e contenente dati

Mantenimento di una superficie oculare sana per un miglioramento della qualità di vita del paziente

N. Pescosolido*, S. D’Angelo**Università degli Studi di Roma “La Sapienza” I Facoltà di Medicina e Chirurgia

*Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento; **Dipartimento di Scienze Oftalmologiche

Oftalmologia Sociale N.3-2006 3333

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longitudinali per 10 milioni di individui, haevidenziato una prevalenza di prescrizio-ni per occhio secco pari allo 0.48% nel1997 e dello 0.39% nel 1998. Lo studiorileva come i pazienti di età superiore a65 anni abbiamo una probabilità 4 voltesuperiore di essere affetti da occhiosecco rispetto a soggetti di età inferiore. Icasi di occhio secco diagnosticati/trattatinel 1997 furono nell’ordine dello 0.65%nel sesso femminile e dello 0.26% inquello maschile. Le percentuali di casi diocchio secco sono state più elevate trale donne di età compresa fra i 75-79anni (2.02%) e tra gli uomini tra gli 80-84anni di età (1.3%), con una tendenza aporre diagnosi di cheratocongiuntivitesicca, o instabilità del film lacrimale perle donne ad un’età più giovane rispettoagli uomini (Yazdani et al., 2001).Uno studio condotto in Indonesia su1058 soggetti a partire dai 21 anni di età,ha stimato una prevalenza per la sindro-me di occhio secco pari al 27.5%. Si èanche notata un’associazione tra sintomidi occhio secco e presenza di pterigiobilaterale ed una correlazione con l’abi-tudine al fumo di sigaretta (Lee et al.,2002).

ClinicaI sintomi più frequentemente lamentatida pazienti con sindrome da occhiosecco sono: sensazione di sabbia ocorpo estraneo, secchezza e brucioreche normalmente peggiorano versosera, iperemia congiuntivale soprattuttonel quadrante inferiore, secrezionemucosa, irritazione oculare che peggioranegli ambienti fumosi, occhi secchi osurriscaldati durante gli sforzi prolungati(lettura, lavoro al computer) e ipersecre-zione lacrimale riflessa.Dal punto di vista obiettivo, i segni rileva-bili esternamente e mediante esame conlampada a fessura sono: riduzione delmenisco lacrimale, aumento di detriti nelfilm, “pieghettatura” congiuntivale, chera-topatia puntata superficiale e difetti epite-liali che nei casi più gravi possono dareorigine ad ulcerazioni corneali, iperemiae sofferenza congiuntivale, presenza diplacche o secrezione mucosa(Pescosolido, 2000).

ClassificazionePer praticità clinica, la sindrome dell’oc-chio secco può essere classificata in

base ai seguenti parametri (Murube etal., 2005) :1. eziopatogenesi2. danni a tessuti e ghiandole esocrine3. gravità

1) Eziopatogenesi Le diverse cause in grado di produrresecchezza oculare, possono esseresuddivise in 10 gruppi (Tab. 1).

I primi 5 gruppi, di solito, ma non sem-pre, presentano problemi di secrezionea tutte le ghiandole esocrine (lacrimali,salivari, nasali, vaginali ecc.) perché ildanno è prodotto a livello delle strutturecellulari di tali ghiandole. Gli ultimi 5 gruppi, invece, si riferisconosoltanto ad alterazioni a livello delleghiandole lacrimali (strato mucoso,acquoso e lipidico).Il film lacrimale è composto da 3 stratisovrapposti dall’esterno verso l’internonell’ordine seguente:a) uno strato lipidico, spesso 0.11µm,prodotto dalle ghiandole di Meibomio,b) uno strato acquoso, spesso 7µm, pro-dotto dalle ghiandole lacrimali principali eaccessorie di Krause e Wolfring,c) uno strato mucinico idrofilo, spesso0.02-0.05µm, prodotto dalle cellule cali-ciformi della congiuntiva.Le anormalità che colpiscono anche unosolo dei tre strati provocano l’instabilitàdel film lacrimale e conseguentemente lasintomatologia dell’occhio secco.Lo strato lacrimale più frequentementealterato è quello centrale, con prevalen-za di iposecrezione lacrimale (Rolando eCalabria, 1997). Verranno ora descritti i 10 gruppi in cuirisulta prevalente una determinatacausa:

- Età Tutte le strutture cellulari del corposeguono un progressivo processo diapoptosi con l’aumento dell’età.La secrezione lacrimale incomincia adiminuire intorno ai 30 anni, mantenendocomunque una buona idratazione del-l’occhio.Il livello critico tra produzione del filmlacrimale e necessità si assesta intornoai 45 anni.La produzione decresce intorno ai 60anni quando la secrezione diventa insuf-ficiente per le necessità della vita norma-le.In tale situazione si avverte la sensazio-ne di occhio secco principalmente lasera tardi o la notte, quando il ritmo cir-cadiano di produzione del film lacrimalesi è abbassato.

- OrmonaleLa secrezione lacrimale è influenzatadall’attività di alcune ghiandole endocri-ne, le più importanti delle quali sonoquelle secernenti androgeni, estrogeni eprolattina.In particolare, si è visto che la cherato-congiuntivite sicca è un fenomeno pato-logico che riguarda maggiormente ledonne, soprattutto nel periodo dellagestazione e della menopausa (Krameret al., 1990; Wenderlain e Mattes, 1996;Sullivan et al., 2002).Nelle donne in menopausa, presumibil-mente la diminuzione del livello degliestrogeni e un’attenuazione nella sintesidegli androgeni, risultano i fattori respon-sabili dell’aumento dell’incidenza di che-ratocongiuntivite sicca e di disfunzioni alivello delle ghiandole di Meibomio(Sullivan et al., 2002).Osservando la trasformazione istologicadella congiuntiva a seguito di stimolazio-ne estrogenica, si è ipotizzata nei sog-getti affetti da cheratocongiuntivite siccaed in menopausa, una terapia ormonalesostitutiva.A tale proposito sono state condottevarie sperimentazioni; alcune hannoconfermato l’utilità della terapia ormona-le sostitutiva nell’occhio secco, altre,invece, hanno dato esito negativo.In particolare, è stato condotto uno stu-dio su più di 25000 donne in menopausasottoposte a terapia ormonale sostitutiva(Schaumberg et al., 2001).Alla fine della sperimentazione si è potu-

Tab. 1 – Classificazione eziopato-genetica dell’occhio secco (Murubeet al., 2005)

Pan-esocrino Dacrio-esocrino

1. Età 6. Disgenetica2. Ormonale 7. Infezioni/

Infiammazioni3. Farmacologica 8. Traumatica4. Immunologica 9. Neurologica 5. Iponutrizionale 10. Tantalica

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to osservare piuttosto che una diminu-zione dell’incidenza della cheratocon-giuntivite sicca un suo aumento, soprat-tutto nelle donne trattate con terapiaormonale unicamente a base di estroge-ni. Gli estrogeni sembrano influenzare pre-valentemente la produzione della faseacquosa del film lacrimale, agendo sulleghiandole lacrimali principali, sulla con-giuntiva e sulle ghiandole di Meibomio,attraverso l’interazione con recettoriestrogeno-dipendenti ed estrogeno-indi-pendenti.Sono stati isolati due recettori isoformiper gli estrogeni, il recettore α e il recet-tore β, mappati rispettivamente sul cro-mosoma 6 e sul cromosoma 14 (Pavaoe Traish, 2001).L’estradiolo sembrerebbe avere, ingenerale, una uguale affinità sia per ilrecettore α che per quello β; quandoperò sono espressi entrambi, l’affinitàsembrerebbe essere maggiore per il β.Il recettore α è stato scoperto nelleghiandole di Meibomio sia delle donneche degli uomini (Esmaeli et al., 2000),quello β si è visto maggiormente presen-te a livello della retina e della cornea(Suzuki et al., 2001; Munaut et al.,2001).La presenza dei due recettori non èidentificabile nel film lacrimale attraversol’utilizzo di anticorpi monoclonali (Ganset al., 1990; Lemp e Chacko, 1991).E’ stato recentemente condotto uno stu-dio (Spelsberg et al., 2004) su volontarisenza problemi alla congiuntiva, alle pal-pebre o alle ghiandole lacrimali per lavalutazione di questi recettori.Durante l’intervento di cataratta su 20pazienti sono state effettuate biopsienelle congiuntive bulbari su tutti e 20 e diporzioni tarsali su 14. Prelievi del tessu-to palpebrale sono stati effettuati su altri12 soggetti.Inoltre, tessuto delle ghiandole lacrimaliè stato fornito post-mortem da 13 dona-tori di cornea.L’età media dei volontari era di 71 anni(dai 38 ai 90 anni), quella dei donatori dicornea era di 76.2 anni (tra i 63 e gli 89anni); in totale, tra volontari e donatori,32 erano donne e 13 uomini.Prelevati i campioni si è passati allaricerca dei recettori α e β.I primi sono stati ritrovati su 25 dei 28campioni analizzati a livello della con-

giuntiva, delle ghiandole lacrimali e deltessuto tarsale; i secondi in 9 campionidi ghiandole lacrimali ed in un campionesia di tessuto tarsale che congiuntivale.Il prelievo post-mortem non ha impeditoil ritrovamento dei recettori.Vista la specifica interazione tra i recetto-ri α e β e gli estrogeni e vista la loromassiccia presenza sulla congiuntivapalpebrale e sulle ghiandole diMeibomio, si è giunti alla conclusioneche nelle donne in menopausa, a causadella scarsità di stimolazione estrogeni-ca, si ha una maggiore presenza di che-ratocongiuntivite sicca.Fatte queste considerazioni, si potrebbepensare per queste donne ad una curadell’occhio secco con terapia ormonalesostitutiva, ma non basata unicamentesu estrogeni (Stern et al., 1998) e ricor-dando come anche la carenza nella sin-tesi degli androgeni sia un evento eziolo-gico (Sullivan et al., 2002).

- FarmacologicaAlcuni farmaci hanno un effetto collatera-le sulla secrezione esocrina, tra questiricordiamo: antidepressivi, ansiolitici,sedativi, anti-Parkinsoniani, diuretici,anti-ipertensivi, anti-colinergici, antista-minici, antiaritmici.

- ImmunologicaAlcune patologie autoimmuni possonoprodurre secchezza dell’occhio, danneg-giando le ghiandole lacrimali e la superfi-cie oculare.Tra le patologie su base autoimmunitariache alterano la secrezione delle ghian-dole esocrine ricordiamo: Sjögren, LES,dermatomiosite, sclerodermia, artritereumatoide, Stevens-Johnson, Schmidt.

- IponutrizionaleL’ipovitaminosi A è principalmente causadi xeroftalmia, inoltre può determinaregravi alterazioni a carico della superficieoculare, come cheratomalacia e blefari-te. La carenza di vitamina A può scaturi-re da grave iponutrizione o da alimenta-zione ricca di grassi. Può essere anche associata a malassor-bimento intestinale, alcolismo cronico,resezione intestinale.Altri deficit importanti nel determinaresecchezza oculare sono quelli dati da:vitamina B2, B12, e C.In realtà, attraverso numerose ricerche,

si è potuto osservare che l’alimentazioneè un elemento molto importante neldeterminare la secchezza oculare.I pazienti con secchezza oculare presen-tano un aumento della concentrazione dicitochine infiammatorie come IL-1α, IL-6e TNF-α nel film lacrimale (Solomon etal., 2001), prodotte dai linfociti Th-1 cheinfluiscono sui recettori CCR 5 (Calder etal., 1999; Andrew et al., 2001).Si è visto come l’introduzione nell’organi-smo di una alimentazione a base di acidigrassi n-3 e di acidi grassi n-6 influenzil’attività infiammatoria (Simopoulos eRobinson, 1999; Simopoulos, 2000).Sembra infatti che n-3 e n-6 svolganouna funzione di difesa dell’organismointervenendo anche sull’occhio secco(Boerner, 2000; Ambrosio e Stelzner,2002). E’ stato eseguito uno studio randomizza-to (Miljanovic et al., 2005) in doppiocieco, con placebo di controllo, su 32470donne in salute, che dicevano di averebenefici dall’uso di aspirina e di vitaminaE nella prevenzione di malattie cardiova-scolari e cancro. Un questionario sul tipodi alimentazione condotta durante lasperimentazione ha permesso di eviden-ziare l’uso di 134 diversi tipi di alimenti(Willett, 1998). E’ stata rilevata la presen-za di n-6, detto acido linoleico, in alimentiquali burro, maionese, margarina, ara-chidi e altri tipi di frutta secca mentre n-3,detto anche acido eicosapentanoico, èrisultato presente in particolar modo, neifrutti di mare e nel tonno (USDepartment of Agricolture, 1989; Hollandet al., 1991).Le pazienti considerate sono state sotto-poste anche al test di Schirmer e a quel-lo per identificare il tempo di rottura delfilm lacrimale (BUT).Sono risultate positive alla diagnosi diocchio secco 1546 donne, ossia il 4.7%del campione esaminato.Alla fine della sperimentazione si è vistoche un aumento del rapporto n-6 su n-3è direttamente proporzionale ad unaumento del rischio di occhio secco.Invece, la presenza nell’alimentazione din-3 in quantità maggiore ad n-6 compor-ta un minore rischio di sviluppare occhiosecco.In un lavoro pubblicato nel 2004 (Gonget al., 2004), si sono analizzati gli effettidi una dieta povera di Zinco (Zn) sui tes-suti corneali di topo.

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I segni oculari indotti da tale carenzasono: eccessiva lacrimazione, sensazio-ne di corpo estraneo, iperemia congiunti-vale e scarso potere di adattamento albuio (Karcioglu et al., 1982). Studiandole cornee con microscopio elettronico emediante time-of flight secondary ionmass spectrometry, si è potuto notareuna spiccata riduzione di microvilli emicropliche a livello dello strato piùsuperficiale dell’epitelio corneale e con-giuntivale, con aumento massivo di cel-lule scure. Inoltre, i livelli di Calcio e divitamina C corneale apparivano notevol-mente ridotti.La carenza dello ione Zinco, e quindidegli enzimi da esso costituiti, interferi-sce sulla sintesi di proteine, acidinucleici e collagene e, di conseguenza,su quella di filamenti di actina, di ele-menti miosino-simili e di tonofibrille, com-ponenti strutturali importanti di microvillie micropliche epiteliali. Inoltre, il deficit diZn riduce la quantità di cellule caliciformicongiuntivali con una conseguente scar-sa produzione di mucina. Tutti questi fat-tori, interferendo sui normali processi didifesa contro le infezioni a livello dellasuperficie oculare e sulle attività immuni-tarie corneali, alterano la fisiologica tra-sparenza corneale. Si è osservato cheanche l’iperosmolarità del liquido lacri-male, che ad esempio caratterizza lasindrome dell’occhio secco, può causarecambiamenti patologici a livello dell’epi-telio corneale, come un aumento delladesquamazione cellulare, la distruzionedei legami intercellulari e delle membra-ne cellulari ed un incremento del volumecellulare con riduzione della densità cito-plasmatica.

- DisgeneticaPuò essere trasmessa per via ereditariao per esposizione intrauterina a infezioni,tossine, traumi.La secchezza disgenetica può colpireuno o più strati del film lacrimale e neicasi più importanti coinvolgere l’epiteliodella superficie oculare.

- Infezioni/infiammazioniLa presenza di esteri del colesterolo nelfilm lacrimale crea un buon ambiente perla proliferazione di microrganismi comelo Staphylococcus aureus, che producelipasi che denatura la secrezione eaumenta l’evaporazione della compo-

nente acquosa dando come risultatoocchio secco, con successiva blefarite.Secchezza oculare può derivare ancheda tracoma, herpes zoster, herpes sim-plex e adenovirus.

- TraumaticaI danni traumatici sulla superficie ocularepossono essere meccanici, chimici oindotti da radiazioni.Possono essere prodotti accidentalmen-te o a seguito di terapie farmacologiche.La gravità della secchezza dell’occhiotraumatico dipende dalle cause, dai tes-suti colpiti e dall’intensità del danno.

- NeurologicaLa secrezione lacrimale dipende dallastimolazione nervosa.L’ipotalamo determina una produzionecircadiana del film lacrimale, che risultasecreto in massima quantità al mattino,mentre raggiunge il suo minimo la nottee durante il sonno. Anche la zona limbica influenza la secre-zione delle ghiandole lacrimali.Inoltre, un qualsiasi danno alle vie nervo-se sia afferenti che efferenti che giungo-no a livello delle ghiandole lacrimali, puòinfluenzarne notevolmente la secrezione(Pescosolido e Stefanucci, 2005).

- TantalicaQuesto gruppo prende il nome dal mitodi Tantalo, figlio di Zeus, che per averoffeso gli dei, fu costretto a vivere in unlago, senza però poter mai bere.Infatti, ogni volta che provava ad avvici-narsi al lago per dissetarsi, le acque siritiravano. Si tratta di una condizione in cui c’è unabuona produzione del film lacrimale, masi presenta ugualmente l’occhio secco. Questo fatto può dipendere da tre situa-zioni: incongruenza palpebra-occhio,patologie dell’epitelio, iperevaporazione.

2) Danni a tessuti e ghiandole esocrine(ALMEN)ALMEN è un acronimo in cui A indica ladeficienza dello strato acquoso; L la defi-cienza dello strato lipidico; M la deficien-za dello strato mucoso; E la deficienzaepiteliale ed N le deficienze non correla-te alle ghiandole esocrine oculari, ma adaltre ghiandole dell’organismo, sempre asecrezione esocrina.

3) GravitàPossiamo identificare un grado 1 (ominimo) di occhio secco, in cui abbiamosintomi ma non abbiamo segni visibiliall’esame con la lampada a fessura; ungrado 2 (o moderato), in cui si hannosintomi e segni reversibili; un grado 3 (ograve), in cui i sintomi sono associati asegni permanenti.I pazienti con occhio secco di grado 1hanno sensazione di secchezza, prurito,fotofobia, stanchezza oculare, visioneoffuscata e blefarospasmo.I soggetti appartenenti al grado 2, pre-sentano sintomi più o meno evidenti, esegni reversibili all’osservazione allalampada a fessura, quali: erosione epite-liale, cheratopatia puntata o filamentosa,breve BUT (Fig. 1), congiuntivite cicatri-ziale (Fig. 2) , secrezione notturna, blefa-riti marginali.I pazienti di grado 3, oltre ai soliti sintomi,presentano segni permanenti come:ulcere corneali, leucomi corneali, neova-scolarizzazioni corneali, metaplasia epi-teliale squamosa. Considerando le due variabili età e gra-vità (Tab. 2) è possibile calcolare appros-simativamente che la secchezza ocularedi grado 1 è presente nell’1% dellapopolazione sotto i 30 anni, nel 20% tra30-60 anni e nel 100% oltre i 60 anni.Quella di grado 2 è presente nello 0.1%della popolazione sotto i 30 anni, nell’1%tra 30-60 anni e nel 10% oltre i 60 anni.

Fig. 1 – Zona di rottura del film lacri-male con BUT < 15 secondi (McCulleyet al., 2005)

Fig. 2 – Congiuntivite cicatriziale inocchio secco (McCulley et al., 2005)

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Quella di grado 3 è presente nello0.002% delle persone sotto i 30 anni,nello 0.01% tra 30-60 anni e nello 0.1%oltre i 60 anni (Murube et al., 2005). L’ occhio secco correlato all’età, ha disolito una gravità di grado 1 e di frequen-te di grado 2, come pure quello correlatoalla produzione ormonale e all’assunzio-ne di farmaci.La secchezza oculare correlata invecealle patologie autoimmuni ha una gravitàdi grado 2 o 3.

Patologie sistemiche più frequente-mente associate alla sindrome del-l’occhio secco

Le patologie sistemiche che si associanoalla secchezza oculare sono state giàaccennate mentre riportiamo nel presen-te paragrafo quelle che si associano conmaggiore frequenza all’ occhio secco: lasindrome di Sjögren, il morbo diParkinson e la rosacea.- La sindrome di Sjögren è caratterizzatadalla contemporanea presenza di sec-chezza degli occhi (xeroftalmia) e dellacavità orale (xerostomia) (Fox e Kang,1992; Anaya e Talal, 1997); colpisce pre-valentemente il sesso femminile, cherappresenta circa il 90-95% della casisti-ca.La sindrome viene classificata in duesottotipi:a) pazienti con disfunzione immunitariasistemica ma senza evidenza di connet-tivopatia (sindrome di Sjögren primaria);b) pazienti con connettivopatia autoim-mune (Bacman et al., 1998), prevalente-mente artrite reumatoide (sindrome diSjögren secondaria).Dal punto di vista istopatologico, tutti icasi sono caratterizzati dalla progressivainfiltrazione delle ghiandole lacrimali esalivari da parte di linfociti (principalmen-te Th-1), con conseguente disorganizza-zione della struttura tissutale e perdita difunzione (Tsubota et al., 1994; Anaya eTalal, 1999; Calder et al., 1999).

I sintomi da occhio secco nei pazienticon Sjögren sono quelli classici (Anayae Talal 1999;Fox et al., 1999) sopradescritti.Oltre ai comuni trattamenti a base dilacrime artificiali è stato condotto unostudio (Masasfumi et al., 2004) sull’usodella cevimelina per i sintomi di secchez-za dell’occhio nei pazienti con Sjögren.Sono stati esaminati 60 soggetti, di cui20 hanno ricevuto un placebo, a 21 èstata somministrata cevimelina 20mgper tre volte al giorno e ai restanti 19cevimelina 30mg per tre volte al dì.La cevimelina agisce legandosi ai recet-tori muscarinici presenti nelle ghiandoleesocrine ed in particolare a quelli del sot-totipo M3 (Iga et al., 1998), stimolando laloro funzionalità.Alla fine del trattamento si è notato unmiglioramento dell’occhio secco in unabuona parte dei soggetti trattati con cevi-melina 30 mg per tre volte al dì.- Il Parkinson è una malattia ad evoluzio-ne progressiva correlata ad una degene-razione neuronale della sostanza nigra,caratterizzata dai seguenti sintomi clinici:bradicinesia-acinesia, tremore, rigidità,instabilità posturale.Frequenti sono pure i disturbi neurove-getativi quali: seborrea, scialorrea, iper-sudorazione, ipotensione ortostatica,disfunzione della reattività pupillare esecchezza oculare (Appenzeller e Goss,1971; Bannister e Oppenheimer, 1972;Goetz et al., 1986).Riguardo alla correlazione tra Parkinsone alterazione nella secrezione del filmlacrimale è stato condotto uno studio(Tamer et al., 2005) su 56 occhi di 56soggetti affetti dal Parkinson, messi aconfronto con 34 occhi di 34 soggettisani (gruppo di controllo).I pazienti malati avevano un’età al disopra di 50 anni, una diagnosi diParkinson risalente almeno ad un annoprima, sintomi della propria malattia dimedia entità.Sono stati esclusi dallo studio soggetti

trattati farmacologicamente con β-bloc-canti, steroidi, anti-colinergici e tutti colo-ro con problemi metabolici che potevanocompromettere la struttura del film lacri-male.Il gruppo di controllo era formato da sog-getti senza alcun disturbo della secrezio-ne lacrimale o problemi sistemici chepotevano procurare occhio secco.La causa principale di occhio secco neisoggetti con Parkinson sembra essereuna diminuzione dell’ammiccamento(Tsubota e Nakamori, 1995).Alla fine dello studio (Tamer et al., 2005)si è visto che 49 pazienti (87.5%) malatidi Parkinson e 7 soggetti (20.6%) delgruppo di controllo, sono risultati affettida occhio secco.- La rosacea è una patologia della cute edegli occhi che colpisce prevalentemen-te i soggetti di carnagione chiara. I segnifacciali caratteristici della rosacea com-prendono eritema, teleangectasie, papu-le, pustole, ghiandole sebacee promi-nenti e rinofima. La disfunzione delle ghiandole meibo-miane si sviluppa nella maggioranza diquesti pazienti che spesso presentanoanche cheratocongiuntivite sicca e blefa-rite marginale (American Academy ofOphthalmology, 2003).Dopo aver analizzato le caratteristichefondamentali dell’occhio secco ed alcu-ne delle condizioni patologiche sistemi-che che lo favoriscono, andiamo a consi-derare i test necessari per fare diagnosidi secchezza oculare.

Test di valutazione1. Rilevamento dei sintomiAi pazienti viene chiesta la frequenzacon cui si presentano i sintomi di occhiosecco, come: senso di sabbia nell’oc-chio, affaticamento, rossore e brucioreoculare.

2. Valutazione delle ghiandole diMeibomioLa presenza/gravità di una malattia alivello della ghiandola di Meibomio vienerilevata con un esame accurato alla lam-pada a fessura (Bron et al., 1991).

3. Valutazione dell’altezza del meniscolacrimaleLa misurazione in mm dell’altezza delmenisco lacrimale in condizioni normalivaria tra 0.2-0.5 mm. La presenza di

Tab. 2 – Percentuale dei vari gradi di occhio secco nella popolazione in baseall’età (Murube et al., 2005)

Grado 1 Grado 2 Grado 3< 30 anni 1% 0.1% 0.002%30 – 60 anni 20% 1% 0.01%> 60 anni 100% 10% 0.1%

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occhio secco si può sospettare conaltezza di menisco uguale o inferiore a0.1 mm (Lamberts et al., 1979; Oguz etal., 2000).

4. Tempo di rottura del film lacrimale(BUT)Dopo colorazione della superficie ocula-re con fluoresceina sodica, si nota la rot-tura del film lacrimale, in condizioni dinormalità, dopo 15 sec o più, ovviamen-te evitando l’ammiccamento.In caso di occhio secco il BUT è pari oinferiore a 10 sec.Data la scarsa riproducibilità del test èconsigliabile ripetere la prova almeno trevolte, ed effettuare la media dei risultati(Lemp, 1995; Cho et al., 1998).

5. Test del rosa bengala 1% e verde lis-samina 1%Si tratta di coloranti vitali che impregna-no le cellule in via di degenerazione e lecellule morte; inoltre colorano il mucoevidenziandone fiocchi e conglomerati alivello dei menischi e del fornice. Sia nell’occhio normale che in quellosecco vi sono cellule devitalizzate sullasuperficie oculare, ma in presenza dialterazione del film lacrimale questesono in numero decisamente superioree quindi la colorazione è più estesa e piùaccentuata.Per valutare correttamente le alterazionidell’epitelio corneale dopo colorazione èpossibile suddividere la superficie ocula-re anteriore in sette porzioni (Masasfumiet al., 2004), oppure secondo uno sche-ma semplificato in tre porzioni (Fig. 3).

Viene quindi assegnato un punteggio da1 a 3 per ogni zona a seconda dell’inten-sità della colorazione ottenuta. Se il risul-tato è di 4 o maggiore si ha l’indicazionedi iposecrezione lacrimale.

6. Test di SchirmerIl test di Schirmer viene eseguito senzaanestetico (5 minuti con occhio chiuso),posizionando una striscia di carta bibulasterile lunga 30 mm nella palpebra infe-riore a livello del canto esterno.Finito il test la striscia viene rimossa e laporzione inumidita viene misurata; sequesta risulta inferiore a 5 mm si haun’indicazione di iposecrezione lacrima-le.

7. Impressione citologicaSi tratta di un esame non invasivo, facileda eseguire e in grado di fornire numero-se informazioni sullo stato di salute dellasuperficie oculare, creando un minimodisagio per il paziente. Si basa sull’utiliz-zo di filtri di cellulosa acetata, che sonoin grado di rimuovere da uno a tre stratidell’epitelio della superficie oculare. Unavolta rimosse, le cellule, possono esseresottoposte ad analisi molecolare, istolo-gica o immunoistologica. I filtri utilizzatipossono avere pori di varia misura. In uno studio recente di Singh et al.(2005) si sono utilizzati filtri millipori di 13µm di diametro con forma a “D”. Tali filtrivenivano poggiati delicatamente sullasuperficie congiuntivale supero-tempora-le per 10-15 secondi, poi rimossi e pas-sati in un fissante (acido acetico ghiac-ciato, formaldeide e alcol etilico in rap-porto 1:1:20) per 10 minuti (Tseng,1985). In seguito venivano reidratati conalcol etilico al 70% e trattati con acidoperiodico di Schiff, metasulfito di sodio,ematossilina di Gill e infine bagnati conacqua di Scott (Gill et al., 1974).Sono stati eseguiti altri trattamenti di rei-dratazione con alcol etilico, con tempi epercentuali diverse. Una volta così pre-parato il campione, veniva eseguito l’e-same al microscopio. In presenza di alterazioni patologiche acarico della superficie oculare, dall’im-pressione citologica deriveranno altera-zioni a carico delle cellule epiteliali qualicambiamento morfologico del nucleo,alterazione del rapporto nucleo citopla-sma, modificazione del colore citopla-smatico, inizio di cheratinizzazione, pre-

senza di cellule infiammatorie, ecc. Incaso di occhio secco moderato si puòrilevare la riduzione delle defensine h-BD2, responsabili della produzione dicitochine infiammatorie maggiormenteriscontrabili a livello congiuntivale(Pescosolido e Conflitti, 2006). L’impressione citologica risulta unesame estremamente utile non solo perla valutazione di secchezza oculare o dicheratocongiuntivite sicca (Marner,1980; Nelson e Wright, 1984) ma anchedi altre patologie della superficie ocularequale pemfigoide cicatriziale (Nelson,1982), problemi atopici (Dogru et al.,1998), mucopolisaccaridosi e metaplasiasquamosa.Per una descrizione più estesa di questitest si può far riferimento al lavoro diPescosolido e Da Dalt (2001).

TrattamentoI trattamenti che si possono attuare sonomolteplici (Pescosolido, 2000) ma il car-dine della terapia dell’occhio secco èattualmente costituito dalla lubrificazionesostitutiva ottenuta con l’instillazione digel o colliri. Nella maggior parte dei lubrificanti abbia-mo la presenza di acido ialuronico,sodio-carbossimetilcellulosa, idrossipro-pilmetilcellulosa, idrossietilcellulosa, car-bomeri o polivinilalcool, componenti chehanno mostrato buoni effetti nella regola-rizzazione della superficie oculare (Liu ePflugfelder, 1999; Huang et al., 2002;Iskeleli et al., 2002). I portatori di lenti a contatto sono tracoloro che maggiormente soffrono disecchezza oculare e che necessitanodell’uso di lubrificanti; essi spesso pre-sentano una fluttuazione della visionedopo l’ammiccamento, dovuta sia almovimento della lente che ad uno spo-stamento dell’immagine retinica. In vari studi è stata testata la sensibilitàal contrasto dopo l’ammiccamento insoggetti che utilizzavano diversi tipi dicorrezione della vista: occhiali, lenti acontatto morbide sferiche (Ridder III eTomlinson, 1991), morbide usa-getta(Watanabe et al., 1993), rigide gas-per-meabili (Tomlinson e Ridder III, 1992) emorbide toriche (Tomlinson et al., 1994). In particolare, di recente, Ridder III e col-laboratori (2005) hanno condotto unostudio su 20 soggetti di età superiore ai18 anni, dieci dei quali utilizzavano abi-

Fig. 3 – (A) Diagramma di valutazionedella secchezza oculare con RosaBengala. 1- parte superiore della cor-nea; 2- parte centrale della cornea; 3-parte inferiore della cornea; 4- con-giuntiva nasale bulbare; 5- congiunti-va temporale bulbare; 6- congiuntivapalpebrale superiore; 7- congiuntivapalpebrale inferiore. (B) Schema sem-plificato delle regioni. 1- parte supe-riore della cornea; 2 - parte centraledella cornea; 3 - parte inferiore dellacornea (Masasfumi et al., 2004)

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tualmente lenti a contatto morbide men-tre, gli altri dieci, lenti a contatto rigidegas-permeabili. Ai pazienti venivanosomministrate lacrime artificiali ad eleva-ta viscosità contenenti carbossimetilcel-lulosa (CMC) quali Celluvisc (CMC adalta viscosità 1.0%; Allergan) e Liquigel(CMC a media viscosità 0.65% e CMC abassa viscosità 0.35%; Allergan) e veni-va misurata la sensibilità al contrasto per30 minuti dopo l’instillazione delle lacri-me.Alla fine dello studio si è visto che allariduzione della sensibilità al contrastodovuta all’uso di lenti a contatto siaggiungeva quella dovuta all’instillazionedi lacrime artificiali; una goccia diLiquigel e di Celluvisc diminuiva la sensi-bilità al contrasto in tutte le possibili con-dizioni (lenti a contatto morbide, rigidegas-permeabili, occhiali); Liquigel, usatocon lenti a contatto morbide, determina-va una diminuzione più importante dellasensibilità al contrasto, rispetto a quandoutilizzato con gli occhiali.In generale, Celluvisc influenzava mag-giormente la sensibilità al contrastorispetto a Liquigel, determinando unlieve offuscamento visivo subito dopol’instillazione; nonostante ciò, si è potutostabilire che tutti e due i tipi di lacrimeartificiali possono essere utilizzati nellaterapia dell’occhio secco. In un altro studio (Ridder III et al., 2005),sono stati considerati tre prodotti,GenTeal, Clerz2 e Sensitive eyes. I pro-dotti sono stati somministrati a soggettiportatori di lenti a contatto e quindi piùsottoposti al fenomeno dell’occhiosecco. GenTeal contiene lo 0.3% diidrossipropilmetilcellulosa, Clerz2 contie-ne idrossietilcellulosa e polossamero-406, mentre Sensitive eyes è una solu-zione salina a bassa viscosità.I dati raccolti hanno evidenziato che lasensibilità al contrasto e l’acuità visivasono aumentate con l’uso di Sensitiveeyes e non con gli altri due prodotti.Questo fatto dipende dall’omogeneitàdei soggetti sottoposti allo studio, cioètutti individui con occhio secco, con nor-male livello lipidico e massiccio fenome-no di evaporazione del film lacrimale;dipende altresì dall’uso non di lacrimeartificiali dense, che potevano diminuirel’acuità visiva, ma di un prodotto moltofluido, quale è appunto Sensitive eyes.Un recente studio (Danzi e Sfagara,

2005) ha valutato l’efficacia clinica e latollerabilità di un gel oftalmologico abase di carbomero 974P allo 0.25% edalcol polivinilico (Siccafluid® - Farmila-Thea Farmaceutici) su 34 pazienti dientrambi i sessi e di età compresa tra i23 e gli 80 anni (media 55) che presen-tavano almeno uno dei seguenti sintomioculari: bruciore, senso di sabbia, fotofo-bia, secchezza, pesantezza e sensazio-ne di occhio bagnato. Dopo l’arruola-mento, i soggetti sono stati trattati per 6mesi con una goccia di gel oftalmicoinstillata 3 volte al giorno. Cinque pazien-ti su 34 (14.7%) hanno interrotto il tratta-mento per la comparsa di bruciore aseguito dell’instillazione del collirio. Taleeffetto collaterale non si è manifestatoimmediatamente all’inizio del ciclo tera-peutico, bensì dopo alcune settimane,per cui si è pensato ad una sensibilizza-zione al benzalconio cloruro, contenutocome conservante nel collirio in studiosebbene in concentrazioni molto basse(0.006%). Per altri pazienti, la tollerabilitàal trattamento è stata buona per il 90%dei casi e discreta nei rimanenti. I carbomeri, anche detti acidi poliacrilici,polimeri carbossivinilici o carbossipolieti-leni, sono macromolecole ottenute dallapolimerizzazione di acidi acrilici ed eteri,con un peso molecolare compreso tra i700 e i 4000 kD. Le varie molecole di carbomeri, a causadelle forze di repulsione elettrostatica, sidispongono a formare una matrice tridi-mensionale in grado di trattenere grandiquantità di acqua all’interno. Il contattocon gli ioni del liquido lacrimale promuo-ve la liberazione osmotica delle moleco-le di acqua intrappolate nelle magliedella matrice polimerica, garantendo intal modo una buona idratazione dellasuperficie oculare. I carbomeri inoltre,possiedono alcune proprietà mucomime-tiche dovute all’interazione con le glico-proteine della componente mucinica delliquido lacrimale. A causa della strutturamacromolecolare i carbomeri non attra-versano le membrane biologiche e nonvengono assorbiti dall’occhio, la loro eli-minazione è interamente dovuta al fisio-logico ricambio del film lacrimale.Effetto positivo sulla stabilizzazione delfilm lacrimale si può ottenere anche gra-zie all’utilizzo di lubrificanti a base ionica(Bachman e Wilson, 1985).Infatti, le lacrime naturali contengono

un’alta concentrazione di potassio e disodio (Iwata, 1973), sostanze che inter-vengono nel mantenimento di unasuperficie oculare sana. Alcuni Autori ipotizzano che anche il cal-cio, il magnesio, il bicarbonato e il fosfatopossano essere utilizzati per stabilizzareil film lacrimale (Dohlman, 1972). In parti-colare, il calcio e il magnesio facilitanol’adesione cellulare, intervengono nelmetabolismo del glicogeno, sull’endoci-tosi e sulla motilità cellulare.L’acido ialuronico, un polisaccaride, è asua volta utilizzato per il trattamentodella secchezza oculare. La sua instilla-zione aumenta il BUT e diminuisce l’inci-denza di danni a livello della cornea(Hamano et al., 1996; Yokoi et al., 1997).Induce inoltre una stimolazione nellamigrazione delle cellule epiteliali corneali(Polack e McNiece, 1982; Laflamme eSbieca, 1988; Sand et al., 1989) e l’azio-ne è simile a quella svolta da altri glico-saminoglicani quali il condroitinsolfato, ilcheratansolfato e l’eparansolfato(Nishida et al., 1991).I recettori per lo ialuronano sono statievidenziati sulla superficie corneale esono il meccanismo attraverso il quale siattiva la riparazione epiteliale (Underhill,1989; Goa e Benfield, 1994).Resta da stabilire quanto la posologianella somministrazione dell’acido ialuro-nico possa incidere con i suoi effettibenefici sulla superficie oculare (Sand etal., 1989; Nishida et al., 1991; Sugiyamaet al., 1991; Nakamura et al., 1992).Su tale problema è stata condotta unasperimentazione (effettuata sui conigli)che ha evidenziato il massimo effettodello ialuronano ad una concentrazionepari allo 0.2% e peso molecolare com-preso tra 800-1.400 kD (Camilleri et al.,2004). Johnson e collaboratori (2006), in unarecente sperimentazione, hanno testatol’efficacia di due tipi di lacrime artificialicontenenti rispettivamente lo 0.1% e lo0.3% di ialuronato di sodio nel trattamen-to dell’occhio secco di grado moderato.Sono stati considerati 13 soggetti (conetà compresa tra i 21 e i 34 anni, 8 fem-mine e 5 maschi). In entrambi gli occhi diogni singolo paziente sono stati instillati40 µl di ialuronato di sodio (peso mole-colare = 1.6x106 Da) allo 0.1%, allo0.3% o di soluzione salina allo 0.9%.Dopo tale procedura è stata rilevata l’in-

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tensità dei sintomi da occhio secco(dolorabilità, prurito, bruciore e sensazio-ne di corpo estraneo) ed è stata effettua-ta una misurazione del BUT, ripetutadopo 5, 15, 30, 45, 60 minuti e poi anco-ra ogni ora fino a 6 ore totali di osserva-zione. Il tutto era ripetuto in entrambi gliocchi a distanza di 7 (±1) giorni, ma conun trattamento diverso rispetto al prece-dente, cosicché alla fine della sperimen-tazione ogni soggetto era stato trattatocon tutti i prodotti (ialuronato di sodio allo0.1%, allo 0.3% e soluzione salina allo0.9%) almeno una volta. Alla fine dellostudio si è potuto rilevare un migliora-mento della sintomatologia e un aumen-to del BUT maggiormente con l’utilizzodello ialuronato di sodio rispetto allasoluzione salina. In particolare, lo ialuro-nato di sodio allo 0.3% ha dimostratoeffetti benefici più duraturi rispetto alloialuronato di sodio allo 0.1%.Di contro Bernauer e collaboratori (2006)hanno riferito, in un loro studio, effetticollaterali rilevanti dopo trattamentointensivo con lacrime artificiali a base diialuronato di sodio. Gli Autori hannopreso in considerazione 5 pazienti affettida cheratopatie epiteliali e in essi hannoosservato evidenti depositi di calcio alivello della cornea dopo instillazione fre-

quente di lacrime artificiali a base di ialu-ronato di sodio 0.1% tamponato confosfato in concentrazione pari a 50.9mmol/l (Hylo-Comod, Ursapharm,Germany). All’osservazione al microsco-pio sono state rilevate aree cornealicaratterizzate da densa mineralizzazioneche raggiungeva la porzione stromale.Tali depositi cristallini erano formati daidrossiapatite, Ca5(PO4)3OH. In seguitoè stato fatto un confronto tra lo ialuronatodi sodio con fosfato in concentrazionepari a 50.9 mmol/l e altre formulazioniche contenevano fosfato in concentra-zioni inferiori quali: Hyabak 0.15%(Laboratoires Théa, France) con fosfato10.9 mmol/l, Vismed 0.18% (TRB chë-medica, Germany) con fosfato 10.5mmol/l, Comfort Shield 0.15% (i.commedical GmbH, Germany) con fosfato2.3 mmol/l, Hyal-drop 0.2% (Bausch &Lomb) con fosfato 2 mmol/l, Fermavisc0.1% (Novartis Pharma) con fosfato 1.7mmol/l e Lacrycon 0.14% (Pfizer) confosfato < 0.1 mmol/l.In conclusione si è visto che le lacrimeartificiali utilizzate nello studio (Hylo-Comod 0.1%) favorivano la formazionedi depositi di cristalli di calcio insolubili inpresenza di cheratopatia epiteliale. Talecondizione era favorita dalla elevata con-centrazione di fosfato e dall’instillazionetopica frequente. Altre lacrime artificialicontenenti fosfato in concentrazioni infe-riori, non si sono dimostrate in grado diprovocare complicanze corneali rilevanti.In uno studio (Hirai et al., 2005), condot-to sui conigli, si è cercato invece di dimo-strare l’efficacia del condroitinsolfato nel-l’occhio secco. In particolare si è vistoche l’instillazione topica dello 0.1% diacido ialuronico e dell’1.0% di condroitin-solfato, ha fornito buoni risultati sui coni-gli, ragion per cui si pensa a degli esitipositivi anche in una eventuale speri-mentazione sull’uomo.Una sostanza che è stata utilizzata consuccesso nella formulazione di lacrimeartificiali è l’HP-guar (idrossipropil guar).Guar (Fig. 4) è una gomma ad elevatopeso molecolare (circa 10 milioni diDalton) di polisaccaride naturale formatada una catena lineare di mannosio egalattosio (rapporto 2:1). La gommaGuar ha un basso costo, è facilmentedisponibile e la sua capacità di formareuna soluzione viscosa a basse concen-trazioni ha permesso di utilizzarla in una

grande varietà di prodotti oftalmici; puòessere legata a ioni metallo ed in parti-colare a tetra-idrossi-borato per formareun gel (Fig. 5). I borati sono comune-mente utilizzati in composizioni oftalmi-che e i loro effetti sono molto efficaci.HP-guar (idrossipropil-guar) è un guarchimicamente modificato con una sosti-tuzione molare di 0.4. In uno studio (Ketelson et al., 2004) èstata effettuata la misura di cinque pro-prietà fisiche dell’HP-guar, inserito invarie formulazioni di lacrime artificiali, inmodo da individuare il prodotto miglioreda utilizzare per il trattamento della sec-chezza oculare. Sono state considerate:la viscosità, la capacità di lubrificazione,la tensione d’interfaccia acqua-aria, latensione d’interfaccia acqua-ottanolo ela viscosità d’interfaccia. La sperimenta-zione sulla viscosità e sulla lubrificazioneha mostrato che i sistemi basati su HP-guar in condizioni di pH oculare (7.5-7.8)e temperatura di 35°C danno buoni risul-tati per quanto riguarda la ritenzione pre-corneale e la riduzione dell’attrito tra pal-pebra e superficie corneale. La tendenza dei polimeri a stabilizzare ilfilm lacrimale a livello dell’interfaccia film-aria e film-epitelio, li rendono particolar-mente idonei per il trattamento dell’oc-chio secco. I lubrificanti si dimostrano un valido rime-dio anche nel trattamento dell’occhiosecco che si sviluppa in soggetti sottopo-sti ad intervento di chirurgia ocularecome quello di cataratta, chirurgia rifratti-va e trapianto di cornea.Con il passare del tempo e con l’aumen-tare delle esperienze cliniche, i chirurghihanno elaborato nuove strategie perdiminuire il più possibile, nel periodopost-operatorio, i disturbi da secchezzaoculare.Mantenere una superficie oculare sananella fase post-operatoria è in realtà, peri chirurghi oculari, una vera e propriasfida.Ci sono molte misure preventive che sipossono attuare per identificare i pazien-ti a rischio prima dell’operazione e quindiper cercare di diminuire le complicanzepost-operatorie che possono coinvolgerela superficie oculare. Le misure preventive consistono nell’i-dentificare i pazienti ad alto rischiocome quelli con il diabete (Fig. 6 -7)(Seifart e Strempel, 1994; Nepp et al.,

Fig. 4 – Struttura della gomma Guar(Ketelson et al., 2004)

Fig. 5 – Struttura della reazione tragomma Guar e tetraidrossiborato performare un gel (Ketelson et al., 2004)

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2000; Kaiserman et al., 2005), con etàavanzata e tutti coloro che presentanointolleranza alle lenti a contatto (Glassonet al., 2003; Belmonte et al., 2004).Tali soggetti dovrebbero essere informaticirca il pericolo che corrono di presenta-re l’occhio secco dopo l’intervento. Si ènotato che i sintomi da occhio seccosono effettivamente più frequenti neipazienti valutati maggiormente a rischio. Analizzando l’uso di lubrificanti sullasuperficie oculare dopo intervento diLASIK, si è potuto notare che il disturbodell’occhio secco si presenta in metà deipazienti che si sono sottoposti all’opera-zione (Yu et al., 2003). Uno studio clinico (Oliveri, 2005) è statocondotto su 30 pazienti che avevanosubito intervento di LASIK e che hannoutilizzato come lubrificante Systane®gocce (idrossidopropil guar, glicol propi-lenico, polietilenglicol-400, Alcon). E’ stato rilevato che, dopo tre mesi ditrattamento con tale farmaco, i sintomida occhio secco si sono ridotti ed èaumentato il tempo di rottura del film

lacrimale (Fig. 8).Quando i compo-nenti del lubrifi-cante si combina-no con le lacrimenaturali dell’occhiosi verifica una rea-zione chimica cheforma una speciedi gel protettivosulla superficieoculare (Fig. 9). La funzione di talegel è quella di unvero e proprioschermo di difesadagli agenti esterni(Fig. 10) capace,anche in presenzadi danni, di con-sentire una rapidariparazione epite-liale.I benefici che trag-gono i pazienti datale trattamentosono notevoli edinfatti, oltre a verifi-carsi un migliora-mento della qualitàdella visione, siverifica soprattutto

un miglioramento della loro qualità divita. Se da una parte è vero il fatto che l’oc-chio secco si presenta in molti pazientioperati di LASIK (Tab. 3), è pur vero chetale disturbo è altrettanto frequente insoggetti sottoposti ad intervento di che-ratoplastica perforante e cataratta.La risposta della superficie oculare allacheratoplastica nucleare comprende:infiammazione, reinnervazione, lubrifica-zione e riepitelizzazione. Per quantoriguarda i problemi di gestione dellalubrificazione, una linea strategica possi-bile può essere la seguente: 1. utilizzare lubrificanti monodose albisogno, in base alle esigenze delpaziente2. in caso di cheratopatia puntata utiliz-zare frequentemente lubrificanti mono-dose3. in caso di cheratopatia filamentosaassociare acetilcisteina e cortisone sequesto è stato sospeso4. non applicare la lente a contatto tera-peutica per il sollievo sintomatologicoper il rischio di infezione e infiltrazionedella sutura5. non utilizzare il siero autologo, cheessendo un preparato estemporaneopuò facilmente essere contaminato epredisporre all’infezione.In molti casi si può considerare comelubrificante di riferimento un colliriomonodose a base di acido ialuronicosale sodico allo 0.2% in quanto esso,grazie ad un comportamento pseudo-plastico ed al raggiungimento di alte con-centrazioni di ione potassio, preserval’integrità della superficie corneale. Talecomposto inoltre possiede proprietàmuco-adesive, muco-mimetiche, capa-cità di trattenere acqua, tempo di perma-nenza oculare significativamente supe-riore rispetto a HPMC e PVA (45 minutivs. 15 minuti di eliminazione dopo instil-lazione) ed effetto antinfiammatorio perinterazione con il recettore specificoCD44. Alcuni chirurghi sono convinti che ildisturbo dell’occhio secco dopo interven-to di cataratta in molti casi abbia un’origi-ne psico-somatica; in realtà, dati cliniciben precisi dimostrano che sulla superfi-cie oculare si verificano, dopo interventodi LASIK o di cataratta, gravi alterazioniresponsabili della successiva sindromedell’occhio secco.

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Fig. 8 – Tempo di rottura del film lacrimale (BUT) dopo trat-tamento con Systane®. Il follow-up riportato è in giorni(McCulley et al., 2005)

Fig. 9 – Interazione di una lacrima artificiale (Systane®)con la superficie Oculare (McCulley et al., 2005)

Fig. 6 – Occhio secco e danno cor-neale in paziente diabetico (McCulleyet al., 2005)

Fig. 7 – Esame con fluoresceina dellasuperficie oculare in un paziente dia-betico (McCulley et al., 2005)

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Esistono numerose testimonianze dipazienti che, dopo essere stati operati dicataratta, riferiscono un notevole miglio-ramento dell’acuità visiva, ma allo stessotempo, tutta una serie di fastidi causatidall’occhio secco. La spiegazione si puòfar risalire ad un effetto di denervazionedella superficie oculare (Fig. 11).

I pazienti affetti dacataratta sono di persé predisposti aidisturbi da occhiosecco, sia perché dietà avanzata, sia per-ché, spesso, si sonosottoposti a trattamen-ti farmacologici connumerosi effetti colla-terali.Inoltre, l’occhio seccopuò essere generatoda fattori strettamentecorrelati con l’inter-vento di cataratta,quali: la dilatazionepre-operatoria, l’usodi antisettici e digocce anestetiche. Anche l’uso del divari-catore e l’incisionechirurgica possonocostituire un proble-ma. Infine, nella fase post-operatoria, l’uso da

parte dei pazienti di lubrificanti che con-tengono conservanti può risultare, a suavolta, estremamente dannoso (Fig. 12).Si consiglia quindi, nel post-operatorio,l’uso di lubrificanti privi di conservantitossici (Ubels et al., 2004; Hartstein etal., 2005; Korb et al., 2005; Sall et al.,2006).

In effetti, i colliri che contengono un con-servante, in particolar modo un ammonioquaternario, sono risultati estremamentedannosi per il film lacrimale interferendosulla sua funzione protettrice e nutritivanei confronti della superficie oculare. Larottura della componente lipidica del filmlacrimale, la riduzione della sua stabilitàe la sua solubilizzazione, sono i primieffetti indesiderati prodotti dai conser-vanti presenti nelle soluzioni oftalmiche.Garcher e collaboratori (1998) hannoevidenziato una modifica della strutturadelle cellule produttrici di muco inpazienti che presentavano un glaucomatrattato con beta-bloccante con conser-vanti. La perdita di cellule produttrici dimuco e la modifica della qualità del filmlacrimale sarebbero associate allo svi-luppo della fibrosi subcongiuntivale pro-

Fig. 12 – Reazione tossica a seguitodell’instillazione di lubrificanti conconservanti (McCulley et al., 2005)

Fig. 10 – Schermo protettivo realizzato da una lacri-ma artificiale sulla cornea (McCulley et al., 2005)

Tab. 3 – Diversi studi hanno dimostrato che i segni ed i sintomi di occhio secco peggiorano post-LASIK (Yu et al., 2000;Battat et al., 2001; Albietz et al., 2002)

Misurazione Effetto Riferimento

15.6% (pre-op)Pazienti con sintomi 94.8% (1giorno) Yu et al., 2003

85.4% (1sett.)59.4% (1mese)

5.32sec (pre-op)TFBUT 4.14sec (1giorno) Yu et al., 2003

4.49sec (1sett.)5.09sec (1mese)

Strato lipidico diminuzione livelli Albietz et al., 2002densità cellule caliciformi

da 24 (pre) a 18mm (1mese) Schirmer 13.3 (pre), 14.5 (1giorno), Yu et al., 2003

11.2 (1sett.), 10.8 (1mese)

aumento 1 settimanaCheratiti ritorno normale 12mesi Battat et al., 2001

Fig. 11 – Effetto della denervazione nella superficieoculare (McCulley et al., 2005)

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dotta dai colliri con conservanti(Liesegang, 1998). Una diminuzione dicirca il 50% della densità di queste cellu-le è stata osservata nelle biopsie dipazienti glaucomatosi trattati a lungo ter-mine (Sherwood et al., 1989).Yalvaç e collaboratori (1995) hanno con-dotto uno studio su soggetti sani e sog-getti affetti da glaucoma primario adangolo aperto (POAG) trattati con mono-terapia o con biterapia. I pazienti presi inesame erano divisi in tre gruppi: il grup-po I includeva 20 occhi (14 destri e 6sinistri), con età media di 50.80 ± 9.81anni. I soggetti dovevano risultare nor-mali all’esame alla lampada a fessura,non avere patologie del segmento ante-riore e non essere in trattamento farma-cologico (8 femmine e 12 maschi). Ilgruppo II includeva 20 occhi (10 destri e10 sinistri) di pazienti con glaucoma pri-mario ad angolo aperto (POAG) con etàmedia di 56.10 ± 9.42 anni e trattati duevolte al giorno per 21.20 ± 1.32 mesi contimololo maleato 0.50% contenente 0.01g/100 ml di cloruro di benzalconio (BAC)come conservante. Il gruppo III include-va 20 occhi (12 destri e 8 sinistri) di sog-getti con POAG ed età media di 54.80 ±9.56 anni trattati due volte al giorno per21.70 ± 1.34 mesi con timolo maleato0.50% contenente 0.01 g/100 ml di BACe dipivefrina HCl 0.1% contenente 0.04mg/ml di BAC come conservante. Dopol’analisi dell’impressione citologica con-giuntivale a cui erano stati sottoposti tuttii pazienti inclusi nello studio, si potevaevidenziare una diminuzione di oltre il60% della densità delle cellule produttricidi muco nei soggetti trattati a lungo ter-mine con monoterapia (timololo) o conbiterapia (timololo/dipivefrina), contraria-mente ai soggetti senza anomalie ocula-ri. Inoltre, veniva riportata anche una

diminuzione significativa del test diSchirmer ed una diminuzione del tempodi rottura del film lacrimale in pazienticon POAG rispetto a soggetti senzaaffezioni oculari (Tab. 4). Altro studio effettuato su tale argomentoè quello di Wilson e collaboratori (1975).Sono stati esaminati 16 soggetti con etàcompresa tra 19 e 40 anni, trattati condue gocce di anestetico topico instillato2-3 minuti prima dell’esperimento. Inseguito venivano somministrate duegocce di una soluzione sterile salina o dicloruro di benzalconio (BAC) allo0.001%, sia nell’occhio destro che sini-stro seguendo un ordine casuale. Dopovari ammiccamenti e la fuoriuscita delliquido in eccesso, entrambi gli occhivenivano tenuti aperti ed osservati allalampada a fessura. In molti casi l’esperi-mento terminava dopo 120 secondi,ossia nel momento in cui si riscontrava-no i primi segni di secchezza oculare. Inalcuni soggetti la secchezza si eviden-ziava solo in alcuni punti e l’osservazio-ne continuava fino a che non si estende-va ad altre zone della cornea. Dai risulta-ti è emerso che il BAC produceva undimezzamento del tempo di rottura delfilm lacrimale dissolvendo lo strato muci-nico congiuntivale assorbito sulla super-ficie dell’epitelio corneale. Lo stesso trat-tamento era stato attuato su dei conigli,con una diminuzione di un fattore quattrodel tempo di rottura del film lacrimalerispetto alle condizioni normali.Nuzzi e collaboratori (1998) hanno dimo-strato che il BAC instillato per 3 mesi insoggetti senza malattie oculari potevaprodurre alterazioni del film lacrimaledella stessa importanza di quelle rilevatein soggetti che presentavano POAG trat-tati a lungo termine con monoterapia(timololo) o con biterapia (timololo/pilo-

carpina). Costagliela e collaboratori (2001) hannoevidenziato che la somministrazione dilatanoprost allo 0.005% (una goccia algiorno per 2 settimane), contenente unaconcentrazione doppia di BAC (0.02%),produce una diminuzione della qualitàdel film lacrimale più rilevante rispetto aquella riportata con la somministrazionedi timololo allo 0.5% instillato 2 volte algiorno per 2 settimane e contenente unaconcentrazione minore di BAC (0.01%).E’ chiaro che l’effetto dannoso del BACcontenuto in molti colliri utilizzati per iltrattamento del POAG, risulta ancora piùrilevante in soggetti con secchezza ocu-lare (Blodi, 1986). In questi pazienti,l’uso prolungato ad esempio di colliribetabloccanti, può peggiorare notevol-mente la situazione. In uno studio (Strempel, 1988) è stataosservata l’influenza di 8 farmaci beta-bloccanti sul tempo di rottura del filmlacrimale (BUT), per cercare di analizza-re la loro influenza nella determinazionedi secchezza oculare in soggetti normali.I colliri esaminati erano: levobunololo,timololo, betaxololo, carteololo, metipra-nololo, befunololo, pindololo e buprano-lolo. Per prima cosa veniva somministra-ta una goccia di soluzione fisiologica e sivalutava il BUT in condizioni normali, inun secondo momento ai soggetti venivainvece somministrava una goccia dibetabloccante e si analizzava il BUTdopo 20 minuti. Il bupranololo determi-nava un dimezzamento del BUT, il levo-bunololo invece influenzava il BUT manon in maniera importante, il timololo siposizionava in una condizione interme-dia rispetto a tutti gli altri farmaci. Anchela concentrazione del farmaco, si è visto,poteva essere importante nel modificareil BUT. Analizzati questi effetti secondaricosì importanti sul film lacrimale da partedei betabloccanti, va sicuramente scon-sigliato l’uso prolungato di tali collirianche se ad esempio il levobunololocombinato con un polimero (alcool polivi-nilico 1.4%) è risultato ben tollerato.Sembra che l’aggiunta del polimero portiad un miglioramento del film lacrimale, inpiù l’alcool polivinilico ha la caratteristicadi prolungare la biodisponibilità del far-maco (Krieglstein, 1986). In realtà,anche il diverso effetto dei farmaci sulBUT dipende da alcune loro proprietàfarmacologiche quali il t/2, la velocità di

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Tab. 4 – Alterazione del film lacrimale nei pazienti glaucomatosi in monoterapia(timololo) o biterapia (timololo+dipivefrina) rispetto a soggetti senza anomaliaoculare non trattati (Yalvaç et al., 1995)

Medie (± scarto tipo)

Schirmer test (mm) Tempo di rottura del film lacrimale (sec.)

Soggetti campione (n=20) 12.70 (2.21) 14.40 (2.67)

Monoterapia (n=20) 10.40 (1.58) 8.00 (1.89)

Biterapia (n=20) 8.20 (1.55) 6.90 (1.97)

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riassorbimento e la liposolubilità (Novak,1986). Attraverso alcune sperimentazionisi è potuto anche vedere che il betabloc-cante meno tossico sul BUT è quello incui la concentrazione di BAC è piùbassa (0.004%).Tale affermazione viene confermata dauno studio di Imperia (1986) che consi-dera gli effetti tossici oltre che del BACanche del tiomersale e del clorobutano-lo. L’Autore ha dimostrato che tali effetticitotossici aumentavano con la concen-trazione del conservante e la durata del-l’esposizione (Fig. 13).I conservanti sostanzialmente produco-no a livello corneale e congiuntivale iseguenti effetti: modificazioni morfologi-che, infiammazione e stress ossidante.- Modificazioni morfologiche Le principali modificazioni morfologicheprodotte sull’epitelio corneale dai conser-vanti o dai colliri con conservanti sono: 1) perdita delle microvillosità sulla super-ficie delle cellule epiteliali;2) perdita del contatto con le cellule adia-centi;3) emarginazione delle cellule e mortecellulare caratterizzata dal raggrinzimen-to della membrana plasmatica;4) desquamazione degli strati superficialiche espongono le cellule degli altri stratidella cornea (Dormans e Vanlogten,1982; Pfister e Burstein, 1976).Dormans e Vanlogten (1982) hannoriportato che i primi effetti dell’instillazio-ne di una goccia di BAC allo 0.01%apparivano dopo 10 minuti e dipendeva-no dalla concentrazione. Si osservavano

prima il gonfiore delle cellule epiteliali ela perdita di microvillosità, dopo 30 minu-ti i primi due strati erano fortemente alte-rati. Si poteva evidenziare inoltre la per-dita totale delle microvillosità, cambia-menti degenerativi di membrana, mortecellulare e desquamazione dei primi duestrati superficiali dopo 3 ore di esposizio-ne.- Infiammazione Per quanto riguarda l’infiammazioneindotta dai conservanti, Baudouin e col-laboratori (1999) hanno condotto unostudio sul ratto. Gli Autori hanno dimo-strato l’infiltrazione di cellule infiammato-rie al livello della congiuntiva e del trabe-colato dopo somministrazione di timololocon conservante per un mese. Tale rea-zione non è stata osservata con il timolo-lo senza conservanti, indicando chiara-mente la funzione del conservante nellosviluppo dell’infiammazione. Si presup-pone che l’applicazione dei conservantipossa denaturare le proteine cellulari edindurre una stimolazione delle celluleimmunocompetenti. In particolare, siverificherebbe l’attivazione delle celluledi Langerhans presenti a livello dell’epi-telio congiuntivale e del limbus corneo-congiuntivale le quali potrebbero migraredagli spazi subepiteliali e mantenere unareazione immunoinfiammatoria con suc-cessivo sviluppo di fibrosi subcongiunti-vale.- Stress ossidanteL’anione superossido O2- è citotossicoper le cellule in coltura: può degradare ipolisaccaridi ed il DNA, modificare la

struttura delle membrane attraverso unmeccanismo di perossidazione lipidica,alterare la permeabilità vascolare epotenziare le reazioni infiammatorie.Debbasch e collaboratori (2001) hannodimostrato che i colliri contenenti conser-vanti producevano un aumento significa-tivo della formazione di anioni superossi-di rispetto ai colliri senza conservanti.Nel loro studio venivano considerate col-ture di cellule epiteliali congiuntivaliumane trattate con differenti concentra-zioni di vari tipi di conservanti: tre ammo-ni quaternari con differenti catene di idro-carbonio quali il cloruro di benzalconio(BAC), il benzododecinio bromide (BOB)e la cetrimide (Cet), il fenilmercurionitrato (PM), il timerosal (thi), il metilparaidrossibenzoato (MPHB), il clorobu-tanolo (cb) e l’EDTA. L’esposizione dura-va quindici minuti seguita da 24 ore diosservazione per ottenere la rigenera-zione delle cellule trattate. E’ stato poieffettuato un pretrattamento per un’oracon vitamina E seguito da 15 minuti ditrattamento con BAC. L’integrità dellamembrana è stata valutata con un testrosso neutro e la condensazione dellacromatina con il test di Hoechst 33342.Le specie reattive all’ossigeno eranomisurate utilizzando un test di dicloro-fluoresceina diacetata per la produzionedi H2O2 ed un test di idroetidina per laproduzione di O2-. La conta delle cellulee del contenuto di DNA era analizzatausando la citometria di flusso. In seguitoveniva adoperato il microscopio per ana-lizzare i cambiamenti morfologici. Allafine dell’esperimento è stata osservatauna significativa diminuzione dell’inte-grità della membrana con condensazio-ne di cromatina per tutti gli ammoni qua-ternari presi in esame a concentrazionidi 0.005% e superiori. Gli effetti sonorisultati amplificati dopo rigenerazionedelle cellule a 24 ore. Gli altri conservantitestati non diminuivano l’integrità dellamembrana. La produzione di H2O2 èstata rilevata con tutti i conservanti, inol-tre, la produzione di O2- era significativa-mente aumentata con gli ammoni qua-ternari a 0.005% e 0.01% rispetto aglialtri conservanti. L’esame della citome-tria di flusso ha a sua volta confermato lacitotossicità dei conservanti. Gli ammoniquaternari testati (BAC, BOB e Cet)sono risultati come i conservanti più cito-tossici. Sembra infatti che a basse con-

Fig. 13 – Inibizione della proliferazione cellulare indotta dai conservanti. Nel gra-fico viene riportata l’inibizione dell’incorporazione di timidina da cellule epitelia-li di cornea di coniglio in coltura primaria esposte per 5, 30 e 60 minuti a varieconcentrazioni di cloruro di benzalconio (BAC) tiomersale o clorobutanolo(Imperia et al., 1986)

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centrazioni gli ammoni quaternari sianoin grado di innescare un meccanismo diapoptosi cellulare e un vero e proprioprocesso necrotico a concentrazioni piùelevate. Inoltre, gli anioni superossido

possono intervenire nel peggiorare ulte-riormente lo stato dei tessuti. Ultimo datoda rilevare è che l’incubazione delle cel-lule epiteliali per 1 ora con vitamina Eprotegge dagli effetti del BAC sulla pro-

duzione di specie ossigenate reattive(H2O2 e O2-) favorisce l’integrità di mem-brana ed impedisce la condensazionedella cromatina (Fig. 14).

Nelle tabelle 5, 6 e 7 riportiamo le formu-lazioni di alcuni sostituti lacrimali indicatinel trattamento della sindrome da occhiosecco.Come abbiamo finora visto, i sostitutilacrimali sono i preparati maggiormenteutilizzati nel trattamento dell’occhiosecco per provvedere alla lubrificazionedella superficie oculare e per creare unfilm protettivo. Abbiamo anche visto chene esistono diversi tipi, dalle caratteristi-che molto differenti e che tutti esercitanoun’azione preventiva sulle manifestazio-ni da irritazione e sulla sintomatologia,pur non possedendo proprietà curative.Da ciò deriva l’importanza cruciale dellacompliance al trattamento: per un buonrisultato terapeutico sono infatti necessa-rie applicazioni regolari, più o meno fre-

Tab. 5 – Principi attivi e confezioni dei principali sostituti lacrimali indicati nella terapia da sindrome da occhio secco(Pradelli e Vacchini, 2005)

Principio Attivo Nome Azienda Confezione

Dropstar 0.4 % Farmigea 20 cont. 0.5mlDropyal coll. Bruschettini 20 cont. 0.65ml

Hyalistil 0.2% Sifi 20 cont. 0.25mlFlac. 10mlFlac. 5ml

Acido ialuronico Hy-drop Bausch&Lomb Flac. 10ml2mg/ml Oftal Flac. 5mlIalurex Bausch&Lomb 20 cont. 0.25ml

ipotonico Oftal 30 cont. 0.2mlIrilens collirio Montefarmaco Flac. 10ml

PVA Hypotears Medivis Flac. 10ml

BAC+carbomer Lacrinorm gel Farmigea Tubetto 10gLacrisifi Sifi Flac. 10ml

BAC+ipromellosa Lacrisol Bruschettini Flac. 10mlTirs collirio Skills in Farmacia Flac. 10mlSiccafluid Farmila-Thea Flac. 10ml

Carbomer Dacriogel Alcon Italia Tubetto 10g30 fiale 0.5ml

Dropgel Eupharmed Tubetto 10gViscotirs Medivis Tubetto 10g

Carmellosa Cellvisc Allergan 30 fl. 0.5%30 fl. 0.1%

Destrano+ipromellosa Dacriosol Alcon Italia Flac. 10mlcollirio 30 cont. 0.4ml

Paraffina Duratirs Alcon Italia Tubetto 3.5g

Paraffina+vaselina Lacrilube Allergan Tubetto 3.5g

Povidone Clarover Novartis Farma Flac. 10ml20 cont. 0.4ml

Protagent Alcon Italia 20 cont. 0.4ml

LAVORI SCIENTIFICI

Fig. 14 – Protezione cellulare mediante la vitamina E. L’incubazione delle celluleepiteliali di congiuntiva umana per 1 ora con la vitamina E protegge dagli effettidel BAC sulla produzione di specie ossigenate reattive (perossido d’idrogenoed anione superossido) favorisce l’integrità di membrana ed impedisce la con-densazione della cromatina (Debbash et al., 2001)

Oftalmologia Sociale N.3-2006 4545

quenti a seconda del tempo di perma-nenza del preparato sostitutivo e prolun-gate nel tempo, poiché nei casi di pato-logia reversibile sono necessari alcuni

mesi prima che la sintomatologia regre-disca mentre, nelle forme croniche, il trat-tamento non deve più essere sospeso.In un recente studio (Gulsen et al., 2005)

è stata ipotizzata la somministrazione difarmaci oftalmici e di lubrificanti, attraver-so l’utilizzo di particolari lenti a contatto(LAC). Infatti, l’applicazione topica di far-

Tab. 6 – Principi attivi e confezioni dei principali sostituti lacrimali indicati nella terapia da sindrome da occhiosecco (Pradelli e Vacchini, 2005)

Principio Attivo Nome Azienda Confezione

NaCl + NaHCO3 +NaH2PO4o2H2O + Lacrimalfa Alfa Intes Flac. 10mlMgSO4 12 cont. 0.5ml

Carbomer+tiomersal Lacrigel Farmigea Tubetto 10gBlu yal Sooft 15 monodose 0.15%

collirio 5mlHylo comod Visufarma Flac. 10ml

no conser.Blu gel Sooft Coll. 5ml

15 monodose 0.35ml

Acido ialuronico Hyabak Farmila-Thea Flac. ABAK 10ml sale sodico no conser.

Next300 Bioos I. Coll. 5mlHyluprotect Farmila-Thea Coll. 10ml

15 monodose 10%Vismed Tubilux 20 monodose 0.3ml

Fermavisc Medivis 20 monodose 0.3ml

Seme di tamarindo Tsp Farmigea Sol. oft. 0.5% 5mlSol. oft. 1% 5ml

20 monodose 0.5%20 monodose 1%Sol. oft. 0.2% 5ml

20 monodose 0.2% 5ml

HPguar Systane Alcon Collirio 10ml

Tab. 7 – Principi attivi e confezioni dei principali sostituti lacrimali indicati nella terapia da sindrome da occhiosecco (Pradelli e Vacchini, 2005)

Principio Attivo Nome Azienda Confezione

Cellufresh Allergan Sol. oft. 12mlGenteal Novartis coll. 3% 10ml

gel oft. 3% 10mlHPMC Next Bioos I. 20 monodose 0.35ml

Vistil Tubilux Collirio 10mlLacrilens Tubilux Collirio 10mlLacrilux I Tubilux Collirio 10ml

HPMC 1% Cellumed Allergan Collirio 15ml

Acido ialuronico + elettroliti Oxyal Tubilux Collirio 10ml

Soluzione salina Hydrabak Farmila-Thea Flac. ABAK 10mlno conser.

Blusal Sooft 15 monodose 0.35ml

PVP 2% + elettroliti Filmabak Farmila-Thea Flac. ABAK 10mlno conser.

Carbossimetilcellulosa 0.25% + EI. Theratears Eupharmed 24 monodose 0.6ml

PVP 2% WET comod Visufarma Collirio 10ml

BAC+metilcellulosa Lacrimart Baif Flac. 10ml

LAVORI SCIENTIFICI

Oftalmologia Sociale N.3-20064646

maci in gocce, che è pari circa al 90% ditutte le terapie attuali, risulta inadeguataper svariati motivi.Solo circa il 5% del farmaco instillato puòessere assorbito dalla cornea, il restante95% fluisce con le lacrime attraverso icanali lacrimali (Jarvinen et al., 1995). Ildrenaggio può provocare l’assorbimentosistemico del farmaco a livello dellamucosa nasale, con conseguenti effetticollaterali. Ad esempio, il timololo, unbeta bloccante, usato di frequente per iltrattamento del glaucoma, se assimilatoper via sistemica può causare problemicardiaci in soggetti predisposti (Lang,1995).Si è visto che, in caso di somministrazio-ne di un farmaco attraverso l’uso digocce, il suo tempo di persistenza nelfilm lacrimale è di circa 2 minuti, attraver-so l’uso delle LAC, invece, è notevol-mente aumentato.Un maggior tempo di persistenza avràcome risultato un aumentato flusso attra-verso la cornea e una riduzione sia deldrenaggio attraverso il sacco naso-lacri-male che dell’assorbimento sistemico. Iltempo di somministrazione di un farma-co con l’uso delle LAC può essere signi-ficativamente aumentato se quest’ultimoviene prima intrappolato in vescicole(liposomi) (Gulsen e Chauhan, 2004) epoi disperso nel materiale delle LAC. Iliposomi sono vescicole sferiche condoppio strato lipidico esterno e nucleoacquoso (Lasic, 1998). Tale conforma-zione conferisce ai liposomi la capacitàdi trasportare e poi rilasciare sia farmaciidrofobici che idrofilici (Ostro, 1987).Inoltre, i liposomi possono essere carica-ti positivamente o negativamente. Lostrato mucinico della cornea è cariconegativamente, quindi caricando inmaniera positiva i liposomi, si avrà unaloro buona adesione alla superficie ocu-lare. Di conseguenza, un aumento deltempo di persistenza dei liposomi nelfilm lacrimale, comporterà un aumentodella biodisponibilità del farmaco in essiincapsulato (Fitzgerald et al., 1987; Lee,1993).I liposomi possono essere sintetizzati divaria misura, con dimensioni che oscilla-no tra 20 nm e pochi micrometri(Betageri et al., 1993). Nello studio diGulsen et al. ( 2005 ) sono stati utilizzatiliposomi di dimistriol fosfatidilcolina(DMPC), immersi in poli-2-idrossietilme-

tacrilato (p-HEMA). I liposomi usati ave-vano una grandezza pari a 20nm concarico lipidico pari a 3mg per ogni gram-mo di gel secco. E’ stata utilizzata la lido-caina in quantità pari a 1.48 mg per ognigrammo di gel secco. La lidocaina èstata utilizzata in questo studio comemodello di medicinale idrofobico, essen-do non costosa e disponibile in formapura. Si è evidenziato che circa il 30%del farmaco intrappolato nei liposomiveniva rilasciato nel giro di poche ore, laparte rimanente nel corso di circa 6-7giorni. Visti i risultati positivi dello studiosul rilascio prolungato del farmaco, si èconsiderata valida l’ipotesi di utilizzare leLAC anche per la somministrazione dilubrificanti nella cura dell’occhio secco.Infatti, un nuovissimo trattamento perl’occhio secco, su cui si sta focalizzandol’attenzione di molti studiosi, è l’uso diuna lente a contatto speciale, dal nomeSafe-gel 7 days.Il materiale di questa lente è compostoda due polimeri: Filcon 1B e il biopolime-ro naturale ialuronato-Gel.Il primo è di fatto la struttura solida dellalente, il secondo è la parte solubile arric-chita da minerali attivi quali calcio,magnesio e potassio, sostanze già pre-senti nel film lacrimale.La funzione del biopolimero ialuronato-Gel che viene legato al Filcon 1B duran-te la fase di produzione della lente èquella di lubrificare a stabilizzare il filmlacrimale proteggendo così gli epitelidella cornea e della congiuntiva.La nuova composizione della lente con-sente infatti, anche grazie alla tempera-tura corporea e all’attività di ammicca-mento, un lento e graduale rilascio dellasoluzione gel le cui caratteristiche idra-tanti e mucomimetiche garantite dallojaluronato persistono sulla lente per ilperiodo di sostituzione consigliato e clini-camente testato, offrendo al portatoregrandi benefici in termini di benessere edi igiene oculare.Un’insufficiente quantità di film lacrimale,o una sua alterazione qualitativa, rappre-senta la condizione più frequente dirischio patologico e di disconfort durantel’uso delle lenti a contatto.Questa situazione è causata dalla ridu-zione numerica delle cellule muciparecaliciformi che, conseguentemente,comporta una riduzione della produzionedi mucina. Il lento rilascio dello ialurona-

to-Gel, grazie al suo effetto muco- mime-tico, aiuta a mantenere e ripristinare ilvolume mucinico all’interno del film lacri-male, riducendo significativamente i sin-tomi di secchezza oculare. Queste lentipotrebbero trovare un massimo utilizzodopo chirurgia rifrattiva.Per quanto si tratti di una patologiageneralmente benigna, la sindrome daocchio secco, se non adeguatamentetrattata, comporta un elevato costo per ilpaziente in termini di qualità di vita, inter-ferendo con le comuni attività e causan-do un costante fastidio o dolore. Ogni trattamento efficace sulla sintoma-tologia oculare comporta pertanto unmiglioramento della qualità di vita delpaziente.

RiassuntoLa sindrome da occhio secco rappresen-ta una condizione relativamente frequen-te, particolarmente nella popolazioneanziana, con prevalenza maggiore nelsesso femminile. I sintomi più frequentemente lamentatida pazienti con sindrome da occhiosecco sono sensazione di sabbia ocorpo estraneo, secchezza e bruciore,iperemia congiuntivale, secrezionemucosa, irritazione oculare che peggioranegli ambienti fumosi e ipersecrezionelacrimale riflessa. I segni rilevabili esternamente e median-te esame con lampada a fessura sono:riduzione del menisco lacrimale, aumen-to di detriti nel film, “pieghettatura” con-giuntivale, cheratopatia puntata superfi-ciale e difetti epiteliali che, nei casi piùgravi, possono dare origine ad ulcerazio-ni corneali, iperemia e sofferenza con-giuntivale, presenza di placche o secre-zione mucosa. Per praticità clinica, la sindrome dell’oc-chio secco può essere classificata inbase ai seguenti parametri: eziopatoge-nesi, danni a tessuti e ghiandole esocri-ne, gravità. Le principali patologie sistemiche che siassociano all’occhio secco con maggiorefrequenza sono: la sindrome di Sjögren,il morbo di Parkinson e la rosacea.I test necessari per fare diagnosi di sec-chezza oculare sono: rilevamento deisintomi, valutazione delle ghiandole diMeibomio, valutazione dell’altezza delmenisco lacrimale, tempo di rottura delfilm lacrimale, test del rosa bengala e del

LAVORI SCIENTIFICI

Oftalmologia Sociale N.3-2006 4747

verde lissamina, test di Schirmer,impressione citologica. I trattamenti che si possono attuare sonomolteplici ma il cardine della terapia del-l’occhio secco è costituito dalla lubrifica-zione sostitutiva, ottenuta con l’instilla-zione intraoculare di gel o colliri. Nellamaggior parte dei lubrificanti abbiamo lapresenza di sodio-carbossimetilcellulo-sa, idrossipropilmetilcellulosa o polivini-lalcool. L’acido ialuronico è a sua voltautilizzato per il trattamento della sec-chezza oculare. La sua instillazioneaumenta il BUT e diminuisce l’incidenzadi danni a livello della cornea. Altrasostanza utilizzata con successo per laformulazione di lacrime artificiali è l’Hp-guar. I lubrificanti si dimostrano un valido rime-dio anche nel trattamento dell’occhiosecco che si sviluppa in soggetti sottopo-sti ad intervento di chirurgia ocularecome quello di cataratta, chirurgia rifratti-va e trapianto di cornea. Con il passare del tempo e con l’aumen-tare delle esperienze cliniche, i chirurghihanno elaborato nuove strategie perdiminuire il più possibile, nel periodopost-operatorio, i disturbi da secchezzaoculare. In particolare è sconsigliato l’uti-lizzo di lubrificanti con conservanti per-ché si sono dimostrati molto tossici sullasuperficie oculare. Recentemente èstata ipotizzata la somministrazione difarmaci oftalmici e di lubrificanti, attraver-so l’utilizzo di particolari tipi di lenti a con-tatto caricate con liposomi o legate conacido ialuronico. La sindrome da occhio secco, se nonadeguatamente trattata, comporta unelevato costo per il paziente in termini diqualità di vita, ragion per cui è importan-te cercare di intervenire nel modo piùefficace possibile.

Parole chiavesecchezza oculare, tempo di rottura delfilm lacrimale, lubrificanti, conservanti,chirurgia rifrattiva, lenti a contatto.

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LAVORI SCIENTIFICI

Oftalmologia Sociale N.3-20065050

Oggi c’è una grande esigenzaa tutti i livelli della Società

di avere il maggior numero di informazionicirca le possibilità preventive, terapeutiche e riabilitative

di malattie oculari, rispetto a quelle che una visita oculisticadi routine può fornire. Esistono anche il desiderioe la necessità di conoscere al meglio le possibilità

di assistenza sanitaria per ogni realtà riabilitativa.

LINEA VERDE

Numero telefonico : 800 068506

La Sezione Italiana dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzionedella Cecità, nel quadro della sua costante azione promozionale con loscopo di diffondere la cultura della prevenzione delle patologie oculari,ha dato il via ad una LINEA VERDE DI CONSULTAZIONE GRATUITA,aperta a tutti coloro che chiamano da una postazione telefonica fissa,situata in territorio italiano.

La linea verde funzionerà per due ore e trenta nei giorni feriali

dalle ore 10 alle ore 12,30 dal lunedì al venerdì

Sarà possibile consultare un medico oculista, al quale esporre il pro-prio problema ed ottenere i suggerimenti necessari.

La speranza è che questa iniziativa contribuisca a diffondere ulterior-mente la coscienza della prevenzione, concetto che incontra tutt’oraun non facile accesso nella mentalità civica e soprattutto delle catego-rie più a rischio (i giovanissimi e gli anziani).