OCCHI SULL’UNIVERSO - Astronomia News · chio a tasselli esagonali (798 da 1,4 metri ciascuno)...

21
OCCHI SULL’UNIVERSO Grandi telescopi del futuro e strumenti storici da riscoprire a cura di PIERO BIANUCCI quaderni di astronomia 3

Transcript of OCCHI SULL’UNIVERSO - Astronomia News · chio a tasselli esagonali (798 da 1,4 metri ciascuno)...

OCCHISULL’UNIVERSO

Grandi telescopi del futuroe strumenti storicida riscoprire

a cura diPIERO BIANUCCI

‹ quaderni di astronomia › 3

1 Walter Ferreri

DALLA TERRA AI CONFINIDEL SISTEMA SOLAREStorie e curiosità del cielo vicino

2 A cura di Piero Bianucci

SEMPRE PIÙ LONTANODall’esplorazione di Marte

alle onde gravitazionali

100 pagine tutte a colori. Formato 21,5 x 29,7 cm

NELLA STESSA COLLANA

SEMPREPIÙ LONTANODall’esplorazione di Marte

alle onde gravitazionali

‹ quaderni di astronomia › 2

a cura di

PIERO BIANUCCI

DALLA TERRAAI CONFINI DELSISTEMA SOLARE

Walter Ferreri

Storie e curiositàdel cielo vicino

‹ quaderni di astronomia › 1

‹ quaderni di astronomia ›

‹ quaderni di astronomia › 3

INTRODUZIONEDa 7 millimetri a 39 metri pag. 4

SEZIONE 1 - NEL MONDOUn occhio da 39 metri si aprirà sul cielo delle Ande pag. 6Il telescopio della discordia pag. 10“Giant Magellan” in Cile. L’altro telescopio del futuro pag. 13Cile, il paradiso degli astronomi pag. 18LSST, un telescopio per sorvegliare l’universo pag. 25

SEZIONE 2 - IN ITALIACapodimonte, due secoli di luce pag. 30A Roma il cielo incontra la storia pag. 38L’Osservatorio di Torino, un belvedere sulle colline pag. 44Parco delle stelle in una culla astronomica pag. 50Palermo, da Cerere all’astronomia X pag. 55Ad Arcetri l’avamposto della nostra astrofisica pag. 60Dal cielo di Padova alle sonde spaziali pag. 66Da Teramo a Marte l’avventura di Collurania pag. 72La Sardegna ascolta il radio-universo pag. 78Da Milano all’infinito, l’osservatorio di Brera pag. 84A Catania le stelle brillano sul vulcano pag. 89Sui mari del cosmo con Margherita Hack pag. 93

E-mail: [email protected]

Sede Legale e Amministrativa:

Viale L. Majno 21 - 20122 Milano

Direttore Responsabile: Paola Dameno

Coordinatore Editoriale: Alberto Agliotti

Consulente Editoriale: Piero Bianucci

Progetto grafico e videoimpaginazione:

Luana Canedoli - www.luanacanedoli.it

GESTIONE AMMINISTRATIVA

Gestione Editoriale Spa

Via Torino 51

20063 Cernusco sul Naviglio (MI)

Abbonamenti: Tel. 02 87168197

Pubblicità: Tel. 02 9243 2244

Libri: Tel. 02 9243 2215

Sito internet: www.astronomianews.it

Stampa: Arti Grafiche Boccia Spa - Salerno

Distributore:

Press-Di Distribuzione Stampa

e Multimedia Srl - 20090 Segrate (MI)

Copyright © 2017

Gruppo B editore Srl è iscritto al R.O.C.

con il n. 7164

Periodico mensile

registrazione Tribunale di Milano

n. 272 del 2 maggio 1992 - Sped. In A.P./45%/

Art.2 comma 26/b - Legge 662/96

Filiale di Milano

ISSN 9771122786004

I diritti di traduzione e riproduzione

sono riservati

SOMMARIO

In copertina: congiunzione tra

Luna, Venere e Giove nel cielo del

deserto di Atacama, in Cile, dove

sorge il Very Large Telescope (VLT)

dell’Osservatorio Europeo Astrale

(ESO, European Southern Observa-tory). In primo piano, uno dei tele-

scopi principali da 8,2 metri e uno

degli strumenti ausiliari (ESO/Y.

Beletsky).

6

18 25 66

La pupilla del nostro occhio,

dopo essersi abituata al

buio, raggiunge un diame-

tro massimo di 7 millimetri.

Il miglior cannocchiale di

Galileo aveva un obiettivo di 3,7

centimetri ma diaframmato a 2 per

attenuare le aberrazioni. Lo spec-

chio a tasselli esagonali (798 da 1,4

metri ciascuno) del telescopio eu-

ropeo che nel 2024 sarà il più gran-

de del mondo misurerà 39 metri di

diametro. Una apertura maggiore

signiica raccogliere più luce. Più

luce signiica più informazioni su-

gli oggetti celesti che stiamo osser-

vando, vedere oggetti deboli prima

inaccessibili, avere uno sguardo

più profondo sull’universo. Il balzo

da 7 millimetri a 39 metri dà un’idea

del progresso che c’è stato dall’epo-

ca di Galileo ad oggi.

Non è solo una questione di dimen-

sioni. Anche la qualità è incompa-

rabilmente migliorata. Le superici

ottiche oggi sono lavorate con la

precisione di centesimi della lun-

ghezza d’onda della luce. L’ottica at-

tiva ha risolto diicoltà meccaniche

come la deformazione degli spec-

chi e le lessioni della montatura.

L’ottica adattiva riduce al minimo

il problema della turbolenza atmo-

sferica che tanto più agita le imma-

gini quanto maggiore è l’apertura.

Questo “Quaderno” si apre con

uno sguardo a E-Elt, (European

Extremely Large Telescope) da 39

metri e ad altri colossali strumenti

in via di realizzazione. Ma la parte

più consistente è dedicata agli Os-

servatori professionali del nostro

Paese, descritti da chi li dirige o li

dirigeva al momento della stesura

dell’articolo.

Il lettore scoprirà così un grande pa-

trimonio storico: rifrattori come il

Cooke da 40 centimetri di Collura-

nia (Teramo) usato da Vincenzo Ce-

rulli per smontare il mito dei canali

di Marte, il rifrattore Morais da 42

centimetri di Pino Torinese, i rilet-

tori da 120 e 180 centimetri di Asia-

go, succursale dell’Osservatorio di

Padova, e così via. Sono strumenti

belli e preziosi, che raccontano due

secoli della nostra ricerca astro-

nomica. Ma sono anche strumenti

che nel 90 per cento dei casi sono

tagliati fuori da attività di osserva-

zione signiicative perché non più

competitivi a livello professionale.

Vorremmo quindi porre, con questo

“Quaderno”, un problema importan-

te e urgente: l’utilizzo, dalle Alpi alla

Sicilia, di varie decine di telescopi

che rischiano la ruggine e, prima

o poi, la rottamazione, sia perché

sono tecnologicamente superati sia

perché il cielo è rovinato dall’inqui-

namento luminoso. Sarebbe una

perdita grave. Questi strumenti ad

ogni anno che passa acquistano un

maggior valore di testimonianza e

‹ INTRODUZIONE ›

DA 7 MILLIMETRI A 39 METRI

È questa la differenza tra la pupilla umana e il futuro telescopio E-Elt nella capacità di raccogliere la luce stellare. Altri super-occhi avranno diametri di 30 e di 22 metri.Un viaggio negli Osservatori italiani racconta due secoli di astronomia e pone il problema della destinazione degli strumenti non più utilizzati

4 ‹ quaderni di astronomia n.3 ›

di documentazione. Molti dei nostri

Osservatori hanno già una sezione

museale che conserva ed espone

bellissimi strumenti antichi. Ma ciò

non vale per gli strumenti maggiori

ormai inutilizzati, sistemati in cupo-

le che furono la loro culla e che oggi

stanno trasformandosi nella loro

tomba. D’altra parte è impensabile

trasferirli in musei di storia della

scienza: basta pensare alle loro di-

mensioni e ai costi di smontaggio,

rimontaggio e allestimento.

La proposta che suggeriamo all’I-

NAF (Istituto nazionale di astroi-

sica) è molto semplice: in accordo

con il ministero della Ricerca, sele-

zionare con un bando di concorso

gruppi di astroili scientiicamente

preparati a cui assegnare l’uso di

questi strumenti, con l’impegno a

curarne la manutenzione, a usarli

per ricerche amatoriali che superi-

no un giudizio di utilità scientiica

e ad aprire per una sera alla setti-

mana le cupole al pubblico orga-

nizzando incontri divulgativi e te-

nendo stretti contatti con le scuole

del territorio. Il tutto, ovviamente

a titolo gratuito e rendendo conto

di questo lavoro all’Osservatorio

che concede l’accesso alle cupole.

È sottinteso che gli strumenti mi-

gliori dovranno riservare anche

un tempo alla didattica per gli stu-

denti universitari e i dottorandi in

astronomia che avessero bisogno

di svolgere esperienze osservative

sul campo. Eviteremmo così, tra

l’altro, di avere astroisici professio-

nisti che non distinguono una stella

da un pianeta e che, se toccano un

telescopio, lo danneggiano.

È chiedere troppo?

Piero Bianucci

Introduzione

Due dei quattro telescopi ausiliari mobili da 1,8 metri di diametro che completano il Very Large Telescope (R. Wesson/ESO).

‹ quaderni di astronomia n.3 › 5

E-ELT, European Extremely Large Telescope, sarà il telescopio più grande del mondo, lavorerà nell’ottico e nell’infrarosso, e sarà operativo a Cerro Armazones entro il 2024

‹ NEL MONDO ›1UN OCCHIO DA 39 METRISI APRIRÀ SUL CIELO DELLE ANDE

Le ultime irme risalgono a

gennaio 2017 e i contrat-

ti riguardano alcune delle

componenti principali, tra

cui i due giganteschi spec-

chi secondario e terziario e i senso-

ri per l’enorme specchio primario

segmentato. Dopo l’assegnazione

nel 2016 dei lavori per la cupola e la

struttura portante, procede senza

intoppi il cammino dello European Extremely Large Telescope (E-ELT),

il gigantesco telescopio voluto

dall’ESO (European Southern Ob-

servatory) che sorgerà sul Cerro Ar-

mazones nel deserto cileno di Ata-

cama e vedrà la prima luce nel 2024.

SEMPRE PIÙ GRANDIDal cannocchiale di Galileo, i tele-

scopi hanno fatto enormi progres-

si. Eppure l’uomo è ancora davanti

a interrogativi fondamentali che

riguardano l’origine e l’evoluzione

dell’universo. Una grande tappa

della strumentazione ottica dal

suolo fu segnata da quello che è tut-

tora il più grande rifrattore al mon-

do, situato allo Yerkes Observatory

(USA), con un obiettivo di 101,6 cen-

timetri, operativo dal 1897.

I telescopi a specchio hanno fatto

fare un primo passo fondamentale

verso strumenti sempre maggiori,

mentre il rifrattore raggiungeva il

suo limite proprio attorno al metro

di dimensione. Nel 1929 con la sco-

perta dell’espansione dell’Universo,

e la possibilità di descriverla grazie

alla teoria della relatività generale

di Albert Einstein, nacque negli Sta-

ti Uniti l’interesse per la costruzione

di un grande telescopio da 5 m. Au-

mentando la dimensione dei tele-

scopi, infatti, si potevano osservare

galassie così lontane che la loro luce

doveva aver impiegato, per arriva-

re ino a noi, un tempo paragona-

bile all’età dell’universo, e quindi

studiare l’universo primordiale. Il

progetto era al limite delle capacità

tecniche del tempo e molto costoso

ma ottenne consistenti sostegni i-

nanziari privati, tra cui quello della

fondazione Rockefeller.

Completato nel 1949 presso l’Osser-

vatorio di Monte Palomar, il telesco-

pio “Hale” di 5 m per anni ha rappre-

sentato un limite nella costruzione

degli strumenti ottici. Nel 1976 fu

inaugurato nell’ex Unione Sovieti-

ca un telescopio con uno specchio

primario di 6 m. Lo strumento man-

tenne il primato ino al 1992, quando

gli Stati Uniti inaugurarono il Keck

da 9,8 m alle Hawaii, raggiungendo

traguardi giudicati impossibili ino

a pochi anni fa. A questo punto il

vero limite non era più rappresenta-

to dalle dimensioni dello specchio,

ma dalla possibilità di “leggere” le

informazioni che la supericie ri-

lettente raccoglieva. Negli anni ’80,

con l’NTT (New Technology Tele-

scope) di 3,6 m, il primo ad avere lo

specchio principale controllato dal

computer (ottica attiva), è iniziata

Il sito scelto dall’ESO per la costruzione di E-ELT è Cerro Armazones, una montagna alta

3060 m nella zona centrale del deserto di Atacama (ESO/S.Brunier).

6 ‹ quaderni di astronomia n.3 ›

l’evoluzione dell’ottica dei telescopi.

Veniva infatti sfruttata per la prima

volta la tecnologia degli specchi

sottili i quali, grazie a degli attuatori,

sono in grado di compensare la de-

formazione dello specchio indotta

dal suo peso, riproducendo la su-

pericie ottimale. Questa tecnolo-

gia, sviluppata dall’ESO, si trova ora

in molti grandi telescopi.

Restava però il problema che la

maggior parte dell’informazione

veniva vaniicata dai disturbi in-

trodotti dall’atmosfera: lo spazio, e

quindi l’utilizzo di costosi satelliti,

pareva essere l’unica soluzione

perché, sebbene l’ottica attiva con-

senta di osservare con la migliore

forma ottica possibile, le osserva-

zioni compiute dal suolo sono afet-

te dai disturbi dovuti alla turbolen-

za atmosferica. L’ulteriore svolta è

venuta con l’ottica adattiva: se non

era possibile eliminare l’atmosfera,

si poteva deformare in tempo reale

la supericie dello specchio e cor-

reggere le anomalie introdotte dal-

la massa d’aria.

Questa tecnica richiede la presen-

za, nel campo, di una stella di lumi-

nosità suiciente a consentire di

analizzare il fronte d’onda; spesso si

ricorre a una stella artiiciale, creata

con raggi laser che eccitano il sodio

presente nella ionosfera. La corre-

zione ottenuta grazie all’ottica adat-

tiva rende le immagini di qualità

simile a quelle dei telescopi spaziali

che orbitano al di fuori dell’atmosfe-

ra. L’attuale generazione di telesco-

pi della classe 8-10 m, come il Very Large Telescope (VLT, che nel 1992

divenne il più grande al mondo gra-

zie alle quattro unità di 8,2 m equi-

valenti a un unico telescopio da 16,4

m), permette di studiare l’universo

con mezzi senza precedenti, gene-

rando nuovi interrogativi ai quali gli

scienziati devono rispondere.

Per afrontare le nuove questioni

scientiiche sono nati, negli ultimi

anni, diversi progetti per la realiz-

zazione di una nuova generazione

di telescopi estremamente grandi,

con diametri di 30 m o più. Questi

telescopi, che dovrebbero entrare

in funzione intorno al 2024, rivolu-

zioneranno la nostra visione dell’u-

niverso, un po’ come fece il telesco-

pio utilizzato da Galilei. Per l’ESO, il

prossimo passo sarà la realizzazio-

ne di E-ELT.

MOSAICO DI SPECCHIE-ELT funzionerà nell’ottico e nell’in-

frarosso e disporrà di uno specchio

primario del diametro di 39,3 m co-

stituito da un mosaico di 984 spec-

chi esagonali larghi 1,45 m e spessi

5 cm. Il telescopio è concepito in

modo modulare: i pezzi possono es-

sere prodotti in grandi quantità, così

da ridurne la spesa. In realtà, l’idea

di superare le diicoltà connesse

al fatto di lavorare superici ottiche

di grandi dimensioni mediante la

realizzazione di uno specchio a tas-

selli non è nuova: fu proposta già lo

scorso secolo dal direttore dell’Os-

servatorio Astronomico di Bologna,

Guido Horn d’Arturo. L’idea, miglio-

rata negli anni, è stata sfruttata nei

due telescopi Keck, nel Multi Mirror

Telescope (Arizona) e nell’Hobby-E-

berly Telescope (Texas).

EELT sarà molto più grande degli

altri due giganti in fase di proget-

tazione, il ThirtyMeter Telescope

(TMT, con un diametro di 30 m) e

il Giant Magellan Telescope (GMT,

con un diametro di 24,5 m). Lo spec-

chio consentirà di raccogliere una

quantità di luce 5 volte superiore

a quella del GranTeCan da 10,4 m,

1Un occhio da 39 metri si aprirà sul cielo delle Ande

La strumentazione utilizzata per alcuni test sulla cima di Cerro Armazones (ESO).

‹ quaderni di astronomia n.3 › 7

1Un occhio da 39 metri si aprirà sul cielo delle Ande

operativo a La Palma (Canarie), at-

tualmente il più grande telescopio

che opera in territorio europeo.

Ognuno dei 984 specchi di E-ELT

avrà un fuoco di f/29, cosicché la

superficie riflettente totale di 39,3

m di diametro avrà un fuoco f/1. Il

telescopio sarà basato su un com-

plesso schema ottico a 5 specchi.

Oltre al primario ci sarà uno spec-

chio secondario, un monolite di 6

m di diametro; le unità saranno at-

tive, per mantenere l’allineamento

degli elementi del primario e l’alli-

neamento tra il primario e il secon-

dario. Lo specchio terziario avrà

un diametro di 4,2 m e trasmetterà

il fascio luminoso a un sistema di

ottica adattiva. Per il funzionamen-

to dell’ottica adattiva ci saranno

ulteriori due specchi: uno di 2,5 m

di diametro, la cui forma sarà adat-

tata ino a mille volte al secondo, e

un altro di 2,7 m di diametro per la

correzione dell’immagine inale. La

conigurazione utilizzata, di tipo Na-

smyth, porterà il fuoco da f/1 a f/17,7

e permetterà di avere un campo di

10 primi d’arco. Inine saranno pre-

senti ben 7 posizioni focali, ciascu-

na delle quali ospiterà uno strumen-

to. Il telescopio sarà equipaggiato

con diversi strumenti scientiici (si

potrà osservare da 300 nm ino a

24 µm) e durante le sessioni osser-

vative si potrà passare da uno all’al-

tro entro pochi minuti. La possibili-

tà di osservare su un ampio spettro

di lunghezze d’onda consentirà di

sfruttare al meglio tutte le poten-

zialità del telescopio. La montatura

di E-ELT sarà di tipo altazimutale

con inseguimento computerizzato.

Le piattaforme Nasmyth potranno

ospitare strumenti da oltre 20 t di

peso. La cupola sarà una classica

emisferica con un diametro di base

di 100 m e un’altezza di 80.

IL SITONell’aprile 2010 il Consiglio dell’E-

SO ha selezionato Cerro Armazo-

nes per la realizzazione di E-ELT.

La scelta è stata fatta sulla base di

un’accurata analisi comparativa du-

rata qualche anno. Per selezionare il

luogo più idoneo sono stati presi in

considerazione vari parametri. In-

nanzitutto la “qualità astronomica”

dell’atmosfera, come il numero di

notti limpide, la stabilità dell’atmo-

sfera e la quantità di vapore acqueo.

Cerro Armazones è una montagna

alta 3060 m nella parte centrale

del deserto di Atacama a 20 km

dal Cerro Paranal, sede di VLT. Alla

scelta del sito hanno contribuito

altri parametri come la possibili-

tà di interagire nelle varie attività

operative e scientiiche con le altre

strutture dell’ESO. Si è considerato

anche il rischio sismico in termi-

ni di intensità delle scosse. Cerro

Armazones ofre condizioni ideali

per le osservazioni astronomiche

potendo contare su 320 notti lim-

pide all’anno. Il governo cileno ha

donato all’ESO un pezzo consi-

stente di terreno contiguo alla pro-

prietà dell’Osservatorio di Paranal

che contiene Cerro Armazones, in

modo da assicurarne la protezio-

ne da possibili disturbi ad opera

dell’uomo, come le attività minera-

rie e l’inquinamento luminoso.

GLI STRUMENTI DI E-ELTEcco l’intera lista, in ordine alfabetico, della strumentazione attualmente in progetto studio:ATLAS: modulo di ottiche adattive per la tomografia laserCODEX: spettrografo ad alta risoluzione che opera nell’otticoEAGLE: spettrografo a grande campo che opera nel vicino infrarossoEPICS: sistema ideato per ottenere immagini di pianeti extrasolari con una avanzata concezione a ottica adattivaHARMONI: spettrografo a banda largaMAORY: modulo per l’ottica adattiva multi-coniugataMETIS: spettrografo e camera per ottenere immagini nel medio infrarossoMICADO: camera fotografica per il vicino infrarossoOPTIMOS: spettrografo visuale a grande campoSIMPLE: spettrografo ad alta risoluzione per il vicino infrarosso

Ecco come apparirà, una volta completato, lo European Extremely Large Telescope (ESO).

8 ‹ quaderni di astronomia n.3 ›

SCIENZA CON E-ELTE-ELT sarà usato per studiare i cor-

pi celesti più lontani dell’universo

e capire la formazione delle prime

stelle (deinite di popolazione III),

delle galassie primordiali e dei bu-

chi neri. Le capacità di E-ELT saran-

no sfruttate per seguire più a fondo

l’evoluzione temporale dei fenome-

ni legati ai vari processi che sono

attivi attorno agli oggetti compatti,

come i buchi neri. E-ELT inoltre è

progettato per studiare le prime ga-

lassie e seguirne l’evoluzione. Tra

gli obiettivi principali del gigante di

Cerro Armazones ci sarà la ricerca

di pianeti che orbitano intorno ad

altre stelle.

Questi studi porteranno alla sco-

perta di pianeti con masse simili a

quella della Terra attraverso misu-

re indirette tramite le perturbazio-

ni che tali pianeti esercitano sulle

loro stelle. Si potranno ottenere

direttamente immagini di pianeti

più grandi, il che forse consentirà

agli astronomi di studiare le loro at-

mosfere. Gli strumenti che saranno

montati su E-ELT permetteranno

di studiare le prime fasi della for-

mazione di sistemi planetari e di

rilevare la presenza di molecole

organiche e acqua nei dischi pro-

to-planetari intorno alle stelle in

fase di formazione.

Saranno oggetto di studio anche le

costanti isiche fondamentali per

una maggiore comprensione del-

le leggi della isica. Si ritiene, per

quanto è noto inora, che tali leggi

siano universali, cioè invariabili

nel tempo e valide anche per ogget-

ti lontani. Di questo però bisogna

essere sicuri perché piccole varia-

zioni avrebbero conseguenze note-

voli e porterebbero a una revisione

di molte teorie.

E-ELT sarà anche utilizzato per ten-

tare di svelare la natura della mate-

ria oscura (materia non barionica) e

dell’energia oscura, forse associata

all’energia del vuoto. Insomma, le

aspettative sono tante e la comuni-

tà scientiica è impaziente di avere

il telescopio pronto all’uso. E-ELT è

già in costruzione sul Cerro Arma-

zones e secondo Giuseppe Bono

(presidente del Comitato scientiico

di E-ELT, astroisico dell’Universi-

tà Tor Vergata di Roma e associato

all’Istituto Nazionale di Astroisica)

sarà operativo tra il 2023 e il 2024.

Andrea Simoncelli

1Un occhio da 39 metri si aprirà sul cielo delle Ande

Lo schema della cupola che ospiterà l’E-ELT con i principali apparati. La cupola sarà alta 80 metri e avrà un diametro di 100 (ESO).

‹ quaderni di astronomia n.3 › 9

Alle Hawaii, le proteste dei nativi hanno bloccato la costruzione del mega-strumento USA da trenta metri di diametro sul monte Mauna Kea. Gli astronomi potrebbero ripiegare su La Palma, nelle Canarie

‹ NEL MONDO ›2 IL TELESCOPIODELLA DISCORDIA

Per andare sempre più

lontano verso le origini

dell’Universo, studiando

oggetti sempre più deboli,

occorrono telescopi sem-

pre più grandi. Il prossimo decen-

nio vedrà sorgere dei veri e propri

giganti con specchi dal diametro

di quasi 40 metri che sfrutteranno

le tecnologie più rainate per otte-

nere immagini del cielo sempre più

nitide, paragonabili, e forse miglio-

ri, di quelle dello Hubble Space Te-

lescope. La decisione dell’Osserva-

torio Europeo Australe (European Southern Observatory, ESO) di par-

tire con la costruzione del suo Eu-ropean Extremely Large Telescope,

dal diametro di 39 metri, ha dato

il via alla corsa verso i super tele-

scopi e gli americani non vogliono

stare a guardare. Hanno in costru-

zione il Giant Magellan Telscope (diametro 28 m) in Cile e progettano

il Thirty Meter Telescope (diametro

30 metri) da mettere sulla cima del

Mauna Kea, alle Hawaii.

Questi mega-telescopi sono seg-

mentati, vale a dire che il loro spec-

chio principale si ottiene accostan-

do tanti specchi piccoli, un po’ come

gli occhi composti degli insetti, ma

gli specchi che li compongono sono

a “controllo attivo”: sono continua-

mente regolati e deformati da una

batteria di computer perché abbia-

no sempre la forma ottimale. Per

ovviare allo sfarfallio delle imma-

gini dovuto all’atmosfera, si ricorre

all’ottica adattiva, un vero gioiello

che misura e compensa in tempo

reale la turbolenza dell’aria facendo

vibrare lo specchio secondario. Per

essere sfruttati al meglio, strumenti

così soisticati hanno naturalmente

bisogno di un cielo perfetto.

Alla perfezione di un sito astro-

nomico concorrono molti fattori.

Prima di tutto la “buiezza”, per cui

si cercano località lontane dalle

luci parassite e da qualsiasi forma

di inquinamento che pregiudichi

la trasparenza dell’atmosfera. Poi

ci vogliono le giuste condizioni cli-

matico-metereologiche, capaci di

garantire cieli senza nubi. Questo

spiega perché gli astronomi scel-

gono di mettere i loro strumenti in

posti remoti (e spesso diicili da

raggiungere), meglio se sulla cima

di montagne che svettano sopra

le nubi perché isicamente sopra

quello che i meteorologi chiamano

“strato di inversione termica”.

Al mondo non sono moltissimi i

posti capaci di soddisfare questi

requisiti. I migliori si contano sulla

punta delle dita di una mano: qual-

10 ‹ quaderni di astronomia n.3 ›

che località delle Ande Cilene (dove

ci sono diversi importanti insedia-

menti astronomici sia europei, sia

USA), qualche picco in Arizona, la

sommità di un vulcano spento nel-

le isole Canarie e la vetta del Mauna

Kea, alle Hawaii. Questo non signii-

ca che in altre località non si possa-

no costruire telescopi, ma sempli-

cemente che non potranno godere

delle migliori condizioni.

La scelta di un sito dipende anche

dalla nazionalità dei gruppi di ri-

cerca, oltre che dalla parte di cielo

che si vuole guardare. Per studiare

l’emisfero sud, il Cile non ha rivali e

accoglie strumenti di ogni naziona-

lità. Per l’emisfero nord, gli europei

prediligono le Canarie, mentre gli

americani, ma anche i giapponesi e

alcuni sporadici europei, scelgono

le Hawaii (che ofrono un sito a poco

più di 4000 metri, di altezza perfet-

to anche per osservazioni nell’in-

frarosso, una lunghezza d’onda che

viene assorbita dal vapor d’acqua in

sospensione nell’atmosfera). Negli

anni, Canarie e Hawaii hanno visto

crescere il loro parco astronomico,

che si è adattato agli spazi dispo-

nibili. A Roche de los Muchachos,

sull’isola di La Palma, alle Canarie,

tutto il bordo della grande caldera

vulcanica è costellato da una doz-

zina di telescopi: uno spagnolo con

lo specchio primario da 10 m, uno

inglese da 4m, uno italiano da 3,6m,

e poi altri tre inglesi, due olandesi,

uno belga, uno “nordico” (una col-

laborazione tra Danimarca, Svezia,

Norvegia, Finlandia e Islanda) e

uno svedese dedicato allo studio

del Sole. Inoltre, la valle della calde-

ra ospita i telescopi MAGIC dedicati

all’astronomia gamma di alta ener-

gia e diventerà sede del futuro Che-

renkov telescope Array.

Anche il paesaggio “marziano” del-

la cima del Mauna Kea, alle Hawaii,

dove l’ossigeno nell’aria è la metà di

quello a livello del mare, ospita una

dozzina di telescopi con diametro

ino a 10 m.

Naturale, quindi, che si sia pensato

al Mauna Kea per il Thirty Meter

Telescope (TMT) la risposta USA ai

39 metri dello European Extremely

Large Telescope che le nazioni eu-

ropee, consorziate nell’ESO-Euro-

pean Southern Observatory, hanno

già iniziato a costruire in Cile.

Grandi come un campo da tennis,

formati da centinaia di specchi esa-

gonali combinati opportunamente,

questi super- telescopi devono an-

che essere alloggiati in una costru-

zione che li protegga e permetta loro

di muoversi con millimetrica preci-

sione, oltre a ospitare gli strumenti

e il rivoluzionario sistema di ottica

adattiva che migliora in modo deci-

sivo le loro prestazioni. Parliamo di

strutture imponenti, equivalenti a

case di oltre 20 piani, che hanno bi-

sogno di ampi spiazzi pianeggianti.

In Cile, l’ESO ha dovuto ricavare la

supericie piana “tagliando” a suon

di dinamite la cima del Cerro Arma-

zones, nel deserto di Atacama. Alle

Hawaii, invece, gli Stati Uniti aveva-

no optato per una soluzione meno

eclatante, accontentandosi di met-

tere il TMT in una valle piuttosto

che sul bordo del cratere.

Ottenuto con qualche fatica il per-

messo di costruire la nuova strut-

tura, il 7 ottobre del 2014 avrebbe

dovuto avere luogo la posa della

prima pietra, ma la cerimonia è sta-

ta interrotta dalle proteste dei di-

scendenti degli indigeni hawaiiani

che reclamavano il diritto di pre-

servare la sacralità del luogo, dove

hanno dimora gli dei del loro pan-

theon e dove si trovano le tombe

dei loro antenati.

Da allora, sul Mauna Kea è in corso

una “tempesta perfetta”. Lo spirito

degli antenati, evocato dai nativi,

reclama il diritto di decidere sull’oc-

cupazione del suolo a scapito degli

astronomi. No more telescopes è lo

slogan della protesta e, benché nes-

suno si dichiari contrario all’astro-

nomia, il TMT è diventato il nemico

da combattere per riconquistare la

sovranità perduta oltre un secolo

fa, al momento dell’annessione del

regno delle Hawaii agli Stati Uniti.

La protesta cavalca antichissimi

rancori, senza dubbio legati alla po-

litica tipicamente USA di cancellare

l’identità culturale della popola-

zione delle isole, per esempio proi-

2Il telescopio della discordia

Una sfilata di cupole a Roque de los Muchachos, sull’isola di La Palma, alle Canarie.

Qui potrebbe sorgere il nuovo Thirty Meter Telescope statunitense osteggiato dai nativi hawaiiani.

‹ quaderni di astronomia n.3 › 11

2Il telescopio della discordia

bendo l’insegnamento della lingua

locale nelle scuole. Il divieto, entra-

to in vigore nel 1898, al momento

dell’annessione, è caduto nel 1978,

due anni dopo che le Hawaii sono

diventate il cinquantesimo stato

dell’Unione e, purtroppo per loro,

uno stato ad alto tasso di povertà,

specialmente tra i discendenti degli

indigeni. Per questo, il fattore econo-

mico è importante. Gli oppositori so-

stengono che i telescopi non hanno

portato i posti di lavoro sperati e non

hanno contribuito a migliorare le

condizioni di vita dei nativi. Il tutto è

peggiorato dal fatto che sembra che

gli astronomi non abbiano prestato

abbastanza attenzione a preservare

la montagna come luogo sacro dove

aleggia lo spirito dei defunti.

Risultato: nel dicembre 2014 la Corte

suprema delle Hawaii ha revocato il

permesso di costruire il telescopio

e, tra giudizi e ricorsi, la situazione

non si è ancora sbloccata. È in cor-

so un nuovo giro di testimonianze

e hanno chiesto di parlare anche i

nativi hawaiiani favorevoli alla co-

struzione del telescopio. Speriamo

non inisca in rissa.

Nella visione dei contrari, la lotta al

TMT è diventata un simbolo del ri-

nascimento hawaiiano, con il capo

carismatico che si presenta nei co-

stumi tradizionali e non vuole sen-

tire ragione sulle iniziative a soste-

gno delle comunità locali e sui posti

di lavoro che la costruzione farebbe

nascere in una economia alquanto

depressa. Nemmeno la proposta di

smantellare e rimuovere alcuni dei

telescopi già esistenti ha sortito un

qualche efetto. Gli antenati non de-

vono essere ulteriormente distur-

bati, punto e basta.

Non è la prima volta che i telesco-

pi sono causa di dispute. A Mount

Graham, in Arizona, la costruzione

del Large Binocular Telescope è

stata a lungo in forse a causa degli

scoiattoli rossi, una specie a rischio

di estinzione che ha la sua base nel-

le foreste intorno alla montagna.

Gli ambientalisti, amici degli sco-

iattoli, ritenevano che i lavori per la

costruzione del grande osservato-

rio (in parte anche italiano) avreb-

bero danneggiato irreparabilmente

l’habitat della specie. È dovuto in-

tervenire il congresso americano

per esentare gli osservatori astro-

nomici dalle regole imposte dallo

Endangered Species Act e permet-

tere l’inizio dei lavori, che hanno

ovviamente posto la più grande at-

tenzione possibile a non disturbare

i simpatici scoiattoli.

Anche l’ESO, in Cile, ha avuto la

sua dose di problemi legali quando

ha iniziato la costruzione del Very

Large Telescope, uno strumento

costituito da 4 telescopi da 8 metri

ciascuno. Dopo aver deciso che il

nuovo telescopio doveva andare

sul Cerro Paranal, nel deserto di

Atacama, l’ESO aveva dovuto rica-

vare la piattaforma per la costru-

zione dei quattro giganti, tagliando

la cima della montagna. Il tutto

avveniva in un terreno donato dal

governo del Cile all’Osservatorio

Europeo australe, che non aveva

dovuto chiedere nessun permesso.

Dopo che sono stati spostati 300

mila metri cubi di terra, però, l’ESO

è stato contattato dai discendenti

dell’ammiraglio Juan José Latorre,

eroe della guerra del Paciico, che

opponeva Cile a Bolivia, che soste-

nevano di essere proprietari della

montagna e chiedevano i danni. In

efetti, alla ine della guerra vitto-

riosa, la patria aveva ripagato i suoi

combattenti con parte dei terreni

conquistati e l'ammiraglio Latorre

aveva ricevuto in dono alcuni ap-

pezzamenti di terreno nel deserto

di Atacama, una delle zone più de-

solate che si possano immagina-

re. Il regalo non deve essere stato

molto apprezzato, dal momento

che nessuno si era mai interessato

a quel pezzo di deserto: a seguito

di un riordino generale del catasto

delle proprietà terriere cilene, av-

venuto negli anni ’80, la terra non

venne reclamata ed entrò a far par-

te del demanio. A voler essere pre-

cisi, il problema era tra i Latorre e il

governo del Cile, che aveva donato

ciò che non possedeva, ma l’ESO ha

vissuto momenti diicili. Alla ine

la protesta è stata messa a tacere

e VLT è diventato l’osservatorio di

maggior successo al mondo.

Le storie delle controversie di

Mount Graham e del Cerro Paranal

si sono risolte a favore dell’astrono-

mia. Cosa succederà per il TMT?

Vincerà il buon senso, oppure la

suprema corte delle Hawaii abbrac-

cerà le ragioni della protesta?

I progetti scientiici hanno inan-

ziamenti scaglionati su tempi ben

deiniti e i ritardi costano cari. Per

questo, davanti allo stallo, che dura

da oltre due anni, si sono cercate so-

luzioni alternative.

Come abbiamo visto, i siti astro-

nomici di prima qualità non sono

moltissimi. Inutile costruire un al-

tro mega-telescopio in Cile, dove

ci sarà già quello ESO e il Giant

Magellan americano. Meglio ripie-

gare sulle Canarie, territorio spa-

gnolo che accoglierebbe con gioia

gli scienziati USA che sicuramente

porterebbero non pochi posti di

lavoro e interessanti contratti per

le ditte locali. In più, come succede

per tutti i telescopi alle Canarie, una

piccola parte del tempo di osserva-

zione dovrebbe essere disponibile

anche agli astronomi spagnoli e

europei. Si tratta di un simbolico

pagamento dell’aitto del terreno,

che si trasformerebbe in un bonus

per l’astronomia europea.

Facciamo il tifo per il TMT alle Cana-

rie, anche se è diicile credere che

gli americani si lascino scappare un

simile gioiello tecnologico (con tutto

il suo indotto). Tuttavia, con quello

che abbiamo visto succedere, chi

può prevedere come andrà a inire?

Patrizia Caraveo

12 ‹ quaderni di astronomia n.3 ›

Sette specchi da 8,4 metri per un primario equivalente di 24,5 metri. Avrà una risoluzione dieci volte superiore a quella di Hubble. È in costruzione sul Cerro Las Campanas, e dal 2024 farà una sana concorrenza al gigante europeo E-ELT

“GIANT MAGELLAN” IN CILEL’ALTRO TELESCOPIO DEL FUTURO

E-ELT e GMT, insieme al contesta-

to Thirty Meter Telescope (TMT),

ancora in cerca di un sito, pur

avendo diverse caratteristiche e

punti di forza rappresenteranno

un progresso enorme rispetto ai

telescopi oggi esistenti. GMT avrà

uno specchio primario costituito

da sette segmenti, ognuno di 8,4 m

di diametro, mentre TMT ed E-ELT

avranno il primario costituito da

centinaia di piccoli specchi. Tutti e

tre i progetti tenteranno di rispon-

dere alle stesse questioni scienti-

3

Il 2016 è stato un anno impor-

tante per lo sviluppo dei su-

per telescopi ottici da terra.

L’ESO (European Southern

Observatory) ha iniziato la

costruzione di quello che sarà il

più grande telescopio ottico del

mondo, E-ELT (European Extre-mely Large Telescope), con il suo

gigantesco specchio principale

del diametro di 39 metri, che do-

vrebbe vedere la “prima luce” nel

2024. Ma lo scorso anno è inizia-

ta anche la costruzione del GMT

(Giant Magellan Telescope, www.

gmto.org), un telescopio a elevate

prestazioni, presso l’Osservatorio

di Las Campanas, in Cile.

Una rappresentazione artistica del Giant Magellan Telescope con i suoi sette specchi da 8,4 metri ciascuno. Si vede il foro nello specchio centrale

che permette al fascio luminoso, riflesso dallo specchio secondario, di raggiungere il piano focale dove sono presenti gli strumenti scientifici.

‹ NEL MONDO ›

‹ quaderni di astronomia n.3 › 13

3Giant Magellan Telescope, il super-telescopio del futuro

iche fondamentali, aprendo sia la

porta per una collaborazione, sia

per una “sana” concorrenza.

I ricercatori impegnati nei tre pro-

getti sperano di essere i primi a pun-

tare il proprio super-telescopio ver-

so il cielo; in ogni caso, qualunque

sia il primo progetto a vedere per

primo la luce, la speranza è che tutti

e tre i telescopi siano operativi nel

prossimo decennio. Ed è piuttosto

probabile, come accade nella mo-

derna astronomia, che questi futuri

giganti saranno utilizzati insieme

per compiere scoperte eccezionali.

GRAZIE A UN MAGNATEIl Giant Magellan Telescope è sta-

to così chiamato per analogia con

i due telescopi Magellan che sono

già operativi a Las Campanas. Nel

progetto GMT sono coinvolte un-

dici istituzioni di Australia, Brasile,

Cile, Corea e Stati Uniti. Il telescopio,

con tutti gli strumenti scientiici e le

strutture congiunte, costerà circa 1

miliardo di dollari; tale spesa è so-

stenuta sia da agenzie governative

sia da donazioni private, come quel-

la di George P. Mitchell, un magnate

dell’energia. Mitchell ha donato 12,5

milioni di dollari al Carnegie Institu-tion for Science di Washington DC e

un identico importo all’Università

del Texas, entrambi coinvolti nella

realizzazione del progetto. Per que-

sto generoso contributo, il primo

specchio già realizzato per il GMT è

stato intitolato a lui.

L’11 novembre 2015, numerosi

scienziati, funzionari di alto livello

e sostenitori, provenienti da un con-

sorzio internazionale di università

e istituti di ricerca, si sono riuniti a

Las Campanas per festeggiare l’ini-

zio dei lavori per la costruzione del

Giant Magellan Telescope. La ceri-

monia ha segnato l’inizio della co-

struzione in loco dell’Osservatorio e

della sua base di appoggio. Secondo

le previsioni, GMT dovrebbe entra-

re in funzione nel 2021 con quattro

specchi. Entro il 2024 sarà comple-

tato con gli ultimi tre specchi.

GMT osserverà sia nell’ottico sia

nell’infrarosso, realizzando imma-

gini più nitide di quelle del telesco-

pio spaziale Hubble, e afronterà

questioni chiave della cosmologia,

dell’astroisica e dello studio degli

esopianeti.

COME È FATTO GMTGMT avrà un’ottica primaria costi-

tuita da sette specchi, ciascuno del

diametro di 8,4 metri: uno sarà di-

sposto in asse con un foro al centro,

mentre gli altri sei saranno disposti

fuori asse, attorno a quello centrale

come i petali di un iore. La limita-

zione nella dimensione di un singo-

lo specchio è legata alla tecnologia

disponibile per produrre e traspor-

tare un sistema ottico del genere.

La supericie totale del primario

sarà equivalente a quella di uno

specchio singolo del diametro di

24,5 metri. Grazie all’ottica adattiva,

consentirà una risoluzione dieci

volte superiore a quella del telesco-

pio spaziale Hubble. Ogni specchio

ha un diametro pari a quelli oggi im-

piegati nel Large Binocular Telesco-pe (LBT), uno dei telescopi ottici più

grandi e avanzati del mondo, che

sorge a oltre 3200 metri di altitudi-

ne, sulla cima del monte Graham, in

Arizona (USA).

La conigurazione ottica del GMT

sarà quella di un gregoriano apla-

natico (vedi box). La scelta di questa

conigurazione è avvenuta dopo

un’attenta valutazione di diversi

schemi ottici e delle relative aber-

razioni e ha preceduto la realizza-

zione dei primi specchi. L’utilizzo di

una conigurazione a sette specchi

del primario consente di mantene-

re operativo il telescopio anche nel

caso in cui si veriichi una rottura di

un segmento o una manutenzione

dello stesso.

L’OSSERVATORIO DI LAS CAMPANAS

L’Osservatorio di Las Campanas (www.lco.cl) è gestito dalla Carnegie Institution

for Science, un ente a finanziamento privato nato nel 1902 per consentire agli scienziati di lavorare il più liberamente possibile su qualsiasi progetto ritenuto interessante. Il fondatore è stato il finanziere e mecenate Andrew Carnegie e la sede è a Washington DC.Il sito si trova in Cile, sul Cerro Las Campanas, a un’altitudine di 2550 m slm (Figura), circa 100 km a sud-est di La Serena, dove sono posti gli uffici prin-cipali dell’Osservatorio. Dal punto di vista climatico, il sito offre un ottimo seeing e un numero di notti “fotometriche” (prive di nuvole e atmosfera stabile) molto alto (può arrivare all’80%). La Carnagie Institution possiede tre strumenti principali: la coppia dei Magellan (telescopi da 6,5 m, chiamati Walter Baade e Landon Clay), il Telescopio Du Pont (telescopio da 2,5 m) e il Telescopio Swope (1 m di diametro) intitolato a Henrietta Swope.Per saperne di più su Las Campanas e sui suoi strumenti attuali (e sugli altri siti astronomici cileni), vedi il libro di Cesare Guaita Cile, il paradiso dell’astro-

nomia, disponibile su astronomianews.it

14 ‹ quaderni di astronomia n.3 ›

Anche lo specchio secondario è for-

mato da sette segmenti, ognuno dei

quali corrisponde a uno del prima-

rio. Ogni segmento ha il diametro di

1,1 m e complessivamente il secon-

dario sarà equivalente a uno spec-

chio singolo di 3,2 metri

di diametro (quasi come il primario

del nostro Telescopio Nazionale

Galileo). GMT inoltre utilizzerà un’e-

norme montatura altazimutale, alta

60 metri, che si troverà all’interno

di un’imponente cupola, altrettanto

alta e con un diametro di 54 metri.

Gli strumenti scientiici del GMT

saranno montati su una piattafor-

ma che si troverà circa 5 m sotto lo

specchio primario. Il rapporto foca-

le del telescopio sarà f/8,2, avrà un

campo di vista di 20’, un potere riso-

lutivo (la capacità del telescopio di

separare particolari molto vicini) a

1 μm di 0,0086’’ e un’area di raccol-

ta della luce di 368 m2 (una volta e

mezza un campo da tennis).

GIÀ PRONTI I PRIMI SPECCHIGià da alcuni anni è iniziata la rea-

lizzazione degli specchi del GMT.

Finora sono stati costruiti tre dei

sette specchi, ognuno dei quali ha

richiesto parecchi mesi di lavora-

zione, l’utilizzo di tecnologie avan-

zate e dei migliori processi di lavo-

razione oggi disponibili.

La loro realizzazione è avvenuta

presso il Richard F. Caris Mirror

Lab, situato nei sotterranei dello

stadio di football dell’Università

dell’Arizona a Tucson (USA), l’uni-

co laboratorio all’avanguardia nelle

tecniche di realizzazione di grandi

specchi. Nel 2012 è stato realizzato il

primo specchio. Secondo i ricerca-

tori e tecnici coinvolti nell’impresa,

la sua costruzione è stata molto più

impegnativa rispetto agli specchi di

altri grandi telescopi. La supericie

ottenuta si discosta da quella teori-

ca di soli 19 nanometri ed è incredi-

bilmente liscia. La realizzazione del

primo specchio ha richiesto tutte le

competenze e l’esperienza matu-

rata dall’Università dell’Arizona, in

più di 25 anni, nella costruzione di

specchi per telescopi.

Ogni specchio pesa circa 20 tonnel-

late ed è formato da una struttura

interna a nido d’ape, sulla quale vie-

ne fuso un vetro di tipo Pyrex. La

struttura a nido d’ape utilizza delle

celle esagonali che consentono il

minimo peso possibile e manten-

gono correttamente la forma dello

specchio. Il contenitore dove sono

poste le celle è un forno che può es-

sere posto in rotazione.

Dopo il posizionamento di migliaia

di blocchetti di vetro sopra la strut-

tura a celle, il forno viene portato

alla temperatura di 1160 °C che ridu-

ce i blocchetti di vetro in una massa

luida. Grazie alla forza centrifuga,

dovuta alla rotazione, questa mas-

sa assume la forma desiderata, che

mantiene dopo il rafreddamento.

Successivamente, lo specchio è sot-

toposto alle altre fasi della lavora-

zione: la levigatura, la lucidatura e

la deposizione di uno strato metal-

lico rilettente.

Grazie a una serie di test ottici, è

stato accertato che la precisione

che caratterizza ogni fase è tale

che la correzione finale sul fronte

d’onda di ogni specchio è di 1/20

della lunghezza d’onda della luce.

Realizzati i primi tre specchi, nel di-

cembre del 2015 è stato completato

il processo di fusione dei blocchet-

ti di vetro per il quarto specchio.

Nel frattempo sono stati avviati i

cantieri per la realizzazione delle

infrastrutture necessarie per sup-

portare il telescopio.

3Giant Magellan Telescope, il super-telescopio del futuro

COME FUNZIONAL’OTTICA ADATTIVALa tecnica dell’ottica adattiva richiede il concorso di una serie di dispositivi molto sensibili e dal funzionamento rapidissimo. In pratica, un computer analizza le caratteristiche dell’onda lumi-nosa che giunge al telescopio, rileva le irregolarità dovute alla turbolenza dell’atmosfera e, in tempo reale, genera un impul-so destinato agli attuatori che deformano opportunamente lo specchio (il primario o il secon-dario), per compensare esatta-mente l’azione del continuo agi-tarsi dell’atmosfera.La tecnica richiede la presenza nel campo di una stella di lumi-nosità sufficiente per analizzare la struttura del fronte d’onda. Se la stella non è presente, allo-ra si utilizza un laser che eccita il sodio presente nella ionosfera, generando cosi una stella artifi-ciale nella direzione desiderata.

Immagine aerea dell’area dove sarà costruito il GMT (Ricardo Alcayaga).

‹ quaderni di astronomia n.3 › 15

3Giant Magellan Telescope, il super-telescopio del futuro

IL RUOLO DELL’OTTICAADATTIVAIn un telescopio, all’aumentare del

diametro dello specchio primario,

aumenta la quantità di luce che

si raccoglie, ma anche il potere ri-

solutivo teorico, ovvero il livello

di dettaglio ottenibile. Purtroppo,

la turbolenza atmosferica limita i

miglioramenti della qualità delle

immagini oferte dalle ottiche di di-

mensioni sempre maggiori. Il risul-

tato è che le immagini giungono al-

terate: è come tentare di leggere una

scritta situata sul fondo di una pi-

scina mentre sta soiando un forte

vento che ne increspa la supericie.

La soluzione drastica di questo pro-

blema è quella di collocare i telesco-

pi oltre l’atmosfera, e la conferma

giunge dalle tante immagini straor-

dinarie che sono state riprese dal

telescopio spaziale Hubble nella sua

lunga carriera. Inviare un telesco-

pio di grandi dimensioni in orbita

comporta però una spesa elevata. I

costi di progettazione e costruzione

di strumenti astronomici al suolo

sono decisamente minori, a parità

di caratteristiche, rispetto ai sistemi

spaziali. Inoltre, per questi ultimi, c’è

anche una percentuale di rischio le-

gata al lancio, che non esiste per gli

strumenti che operano a terra. Ini-

ne, oltre una certa dimensione è tec-

nicamente impossibile, almeno con

i vettori di oggi, inviare un telesco-

pio di grande dimensione in orbita.

L’alternativa è quella di utilizzare

ottiche capaci di correggere autono-

mamente le aberrazioni introdotte

dall’atmosfera. Le ottiche di questo

tipo sono dette “adattive”, proprio

per la loro capacità di adattarsi, cam-

biando in continuazione la propria

forma, la propria curvatura, anche

migliaia di volte al secondo, alle va-

riazioni dell’atmosfera (vedi il box).

Già oggi un telescopio terrestre

dotato di ottiche adattive può rag-

giungere, e addirittura superare,

la risoluzione degli attuali telesco-

pi spaziali. GMT utilizzerà questa

tecnica grazie a uno specchio se-

condario adattivo che deriva dal

sistema FLAO ( First Light Adaptive

Optics) utilizzato nel Large Binocu-

lar Telescope, sviluppato dall’INAF

(Istituto Nazionale di Astroisica).

In particolare, è coinvolto il Gruppo

Ottiche Adattive dell’Osservatorio

Astroisico di Arcetri, che ha una

grande esperienza nel disegno, re-

alizzazione, test e operatività osser-

vativa di sensori di fronte d’onda

e specchi secondari adattivi. Per

GMT è in fase di sviluppo il sistema

NGWSS (Natural Guide star Wave-front Sensor Subsystem).

INDAGANDO IL“LATO OSCURO”DELL’UNIVERSOLe osservazioni con il Giant Magel-lan Telescope saranno concentrate

su quelle aree della ricerca di fron-

tiera che possono essere meglio

esplorate con un telescopio a terra

di grande apertura. La speranza

è che, inalmente, sia possibile ri-

spondere alle domande fonda-

mentali che impegnano sia i grandi

telescopi al suolo di oggi sia gli Os-

servatori spaziali, tra cui il telesco-

pio spaziale Hubble.

Molte sono le tematiche che conti-

nuano a restare irrisolte, nonostante

gli sforzi degli astronomi. Quelle di

maggior interesse sono certamen-

te la nascita e l’evoluzione chimica

delle prime galassie e delle stelle

primordiali. Il GMT sarà utilizzato

anche nel tentativo di capire il ”lato

oscuro” dell’Universo. Il 23% di tutto

ciò che esiste è “materia oscura”, la

cui presenza è dimostrata da un gran

numero di osservazioni astronomi-

che indirette. Tra queste, le curve di

rotazione delle galassie a spirale e la

massa degli ammassi di galassie.

LE FASI DI REALIZZAZIONE DI GMT2012 Costruzione del primo specchio2015 Inizio dei lavori di costruzione dell’Osservatorio 2021 GMT viene completato con gli ultimi tre specchi2024 GMT entra in funzione con quattro specchi

CHE COS’È UN GREGORIANO APLANATICO

Un telescopio “gregoriano”, così chiamato in omaggio all’astronomo e mate-matico scozzese James Gregory (1638–1675), è un telescopio a riflessione che utilizza due specchi. Il primario raccoglie la luce che converge sul secondario che porta il fascio di luce al piano focale.Il fuoco del telescopio è situato dietro al primario; il fascio luminoso passa al centro di un foro che si trova nel segmento centrale dello specchio primario. Al piano focale sono posizionati gli strumenti scientifici (Figura).Con l’aggettivo aplanatico si fa riferimento a un telescopio a due specchi ottimizzato per correggere l’aberrazione sferica e quella di coma (un tipo di aberrazione ottica).

16 ‹ quaderni di astronomia n.3 ›

LA STRUMENTAZIONESCIENTIFICAPer GMT sono in fase di sviluppo i

seguenti strumenti scientiici:

- G-CLEF: spettrografo Echelle che

opererà nel visibile, da 350 nm a

950 nm ad alta risoluzione. Sarà

utilizzato per le osservazioni di

velocità radiale di precisione, ri-

cerche in astroisica stellare e stu-

di del mezzo intergalattico.

- GMACS: spettrografo multi-ogget-

to che opera nel visibile, a media

risoluzione, ottimizzato per l’os-

servazione di oggetti molto deboli.

Sarà impiegato per studi di evolu-

zione delle galassie, l’evoluzione

del mezzo intergalattico e della

materia circumstellare e per studi

di popolazioni stellari risolte.

- GMTIFS: spettrografo e camera

imaging, è considerato il succes-

sore dello strumento NIFS presen-

te sul Gemini Telescope. Avrà una

risoluzione spettrale media e sarà

operativo tra 0,9 e 2,5 μm.

- GMTNIRS: spettrografo ad alta ri-

soluzione, progettato per studiare

oggetti stellari giovani e sistemi

proto-planetari. Osserverà nelle

bande JHKLM dello spettro.

Si ritiene che una frazione consi-

stente di materia oscura si trovi

sotto forma di particelle elementari

di grande massa che interagiscono

tra loro (e con la materia ordinaria)

solo tramite la forza di gravità. Non

è pero afatto chiaro quale sia la na-

tura di queste particelle.

Ma l’ingrediente preponderante e

più misterioso del modello stan-

dard attuale è l’“energia oscura”,

che contribuisce a circa il 75% della

densità di massa-energia dell’uni-

verso e spinge l’espansione dell’u-

niverso ad accelerare. La prova

più diretta di questa accelerazione

deriva dall’osservazione di “cande-

le standard” a distanze cosmologi-

che, come le supernove di tipo Ia.

La scoperta, sorprendente, risale al

1998. Si deve a due diversi gruppi di

ricerca e nel 2011 è valsa il Nobel per

la isica agli scienziati che li hanno

guidati: Saul Perlmutter (il primo) e

da Brian P. Schmidt e Adam G. Riess

(il secondo).

Con GMT si potranno studiare, in

dettaglio, le atmosfere dei piane-

ti extrasolari, misurarne la com-

posizione, rivelare la presenza

di eventuali biomarcatori, come

la clorofilla. La speranza, insom-

ma, è quella di poter individuare

elementi che possano dare indizi

della presenza di forme di vita, a

qualsiasi stadio.

Grandi aspettative dunque da

GMT: con le sue dimensioni sen-

za precedenti e un grande potere

risolutivo, permetterà alle genera-

zioni attuali e future di astronomi

di conoscere meglio il nostro sor-

prendente universo.

Andrea Simoncelli

3Giant Magellan Telescope, il super-telescopio del futuro

“I PIÙ GRANDI TELESCOPI DEL MONDO”L’uomo è sempre stato affascinato dai record e dalla possibilità continua di superarli, in qualsiasi campo. L’astronomo non è da meno, essendo per sua natura proteso a cercare di guardare sempre “un po’ più in là”. I grandi tele-scopi sono un indice spettacolare di questa rincorsa all’estremo: dall’inven-zione del cannocchiale di Galileo a oggi, gli strumenti di osservazione del cielo si sono evoluti senza soste, e la loro potenza e le loro dimensioni hanno continuato a crescere.In un volume di recente pubblicazione, Walter Ferreri passa in rassegna I più

grandi telescopi del mondo: innanzitutto quelli “di ieri”, che hanno fatto la storia dell’astronomia moderna, poi quelli “di oggi”, come il Very Large Tele-

scope in Cile e il telescopio spaziale Hubble, e infine quelli in preparazione per il “domani”, tra cui il Giant Magellan Telescope.

Piero Stroppa

Una rappresentazione artistica del GMT e della sua imponente cupola. Sono visibili i raggi

laser necessari per utilizzare l’ottica adattiva.

‹ quaderni di astronomia n.3 › 17

Il cielo più bello del mondo ha fatto nascere sulle Ande cilene una grande concentrazione di osservatori in un perfetto connubio tra gigantismo e tecnologia. Visitarli è un’esperienza entusiasmante, che vale la pena di raccontare in ogni dettaglio

‹ NEL MONDO ›4CILE, IL PARADISODEGLI ASTRONOMI

Sono tre i grandi templi

dell’astronomia mondiale

in Cile: due (Cerro Tololo-

Cerro Pachon e La Silla-Las

Campanas) sono collocati

non lontano dalla città di La Serena

(500 km a Nord di Santiago, nella

regione di Coquimbo), il terzo (Cer-

ro ParanalVLT) si trova 1000 km

più a Nord e fa capo alla città di An-

tofagasta.

CERRO TOLOLO ECERRO PACHONSi trovano a circa 80 km a Est da La

Serena, nella regione di Vicuña. La

cima del Cerro Pachon (2738 m di

altezza a 30° 14’ 16,8” S e 70° 44’ 14’’

O) si raggiunge attraverso una lun-

ga strada sterrata, che attraversa

un paesaggio desertico e montuoso

di grandiosa bellezza. Due cupole

dominano la scena: quella classica

del SOAR (SOuthern Astrophysical Research Telescope), dotata di uno

specchio da 4,1 m altamente tecno-

logico (ha uno spessore di soli 10

cm “corretto” da ben 120 attuatori)

e quella assolutamente innovati-

va del Gemini Sud (così chiamato

perché esiste alle Hawaii uno stru-

mento identico denominato Gemini

Nord). Entrambi sono gestiti dall’AU-

RA (Association of Universities for

Research in Astronomy) che coin-

volge USA, Regno Unito, Canada,

Australia, Argentina, Brasile e Cile.

L’entrata nella cupola del Gemini

Sud (inaugurata alla ine del 2000)

è impressionante: si tratta di una

struttura completamente rotante

(in modo che possa seguire il moto

altazimutale del telescopio) che

viene aperta di notte sia sui lati che

nella parte superiore: suggestiva,

attraverso le grate laterali, la visio-

ne dei telescopi del non lontano

Cerro Tololo. Lo specchio principa-

le è un monolite da 8 m di diametro,

del peso di 24 t e dello spessore di

La cupola del telescopio Gemini Sud, in cima al Cerro Pachon (2738 m di altezza a 30° 14’ 16,8”

S e 70° 44’ 14’’ O).

18 ‹ quaderni di astronomia n.3 ›

soli 20 cm. Viene usato soprattut-

to per osservazioni infrarosse e,

per questo, il suo strato rilettente

non è alluminio ma argento. Deve

essere ri-argentato ogni tre anni,

utilizzando una gigantesca camera

a vuoto che si trova nella parte infe-

riore della struttura. È interessante

aggiungere un dettaglio relativo

al condizionamento termico del-

la grande cupola del Gemini Sud.

Se vi si entra (come noi) di giorno,

quando la temperatura esterna

rasenta i 30 °C, si rimane colpiti da

una temperatura interna sempli-

cemente da...frigorifero. Ci hanno

spiegato che questo condiziona-

mento freddo degli ambienti inter-

ni è fondamentale per rendere più

veloce l’equilibrio termico nottur-

no (siamo nel deserto e di notte fa

comunque freddo), anche se con-

suma gran parte dell’energia pro-

dotta dagli impianti autogeni che ci

sono nel sotterraneo.

Un’altra struttura gestita dall’AURA

è il CTIO (Cerro Tololo Inter-ameri-can Observatory) in cima al Cerro

Tololo (30° 10’ 12” S, 70° 48’ 18” O,

altezza di 2200 m) che dal Cerro Pa-

chon si raggiunge facilmente in una

mezz’ora. A destare la maggior im-

pressione è la grande cupola del te-

lescopio M. Victor Blanco da 4 m. La

montatura è imponente e tradizio-

nale, ossia con disposizione equa-

toriale a forcella, assolutamente si-

mile a quella di Monte Palomar.

Essendo aperto a f/2,7 (con un se-

condario di 1,65 m e un foro cen-

trale per il fuoco Cassegrain di 1,32

m) il Blanco è caratterizzato da un

campo utile davvero enorme di

ben 50’ e come tale viene sfruttato.

Questo grazie alla camera Mosaic II

(in attività dal luglio 1999), sensibi-

le da 0,35 µm a 1 µm e costituita da

un complesso di 8 CCD + corretto-

re di campo. Sia la camera Mosaic

II che altri spettrometri (NewFirm

per l’infrarosso e DECam per l’ultra-

violetto) sono posti nel fuoco Cas-

segrain in una cella situata sotto

lo specchio principale. In prepara-

zione delle osservazioni notturne,

all’interno di questa cella possono

tranquillamente entrare e staziona-

re i tecnici adibiti allo strumento. Si

tratta di una chiara analogia col te-

lescopio di Monte Palomar.

Dopo il Blanco abbiamo visitato la

cupola del vicino telescopio da 1,5

m che, a diferenza del fratello mag-

giore, viene gestito direttamente

dagli astronomi che vi lavorano.

Questo telescopio, assieme a molti

altri più piccoli (uno da 1,3 m, lo Yale

da 1 m, il Curtis Schmidt da 0,9 m,

uno 0,9 m tradizionale, due da 0,4

m), costituisce il cosiddetto SMAR-

TS (Small and Moderate Aperture Research Telescope Systems), un

complesso di telescopi che vengo-

no utilizzati per scopi di routine e,

perino, da astroili. Per esempio il

telescopio da 1,3 m (assieme a uno

analogo sul Monte Hopkins in Ari-

zona per il cielo boreale) è stato uti-

lizzato nel 2001-2002 per il cosid-

detto programma 2 MASS (2 Micron All Sky Survey), una grande mappa-

tura a 2 µm di tutto il cielo australe

(e boreale), poi resa disponibile nel

giugno 2003 a tutta la comunità

astronomica mondiale. Comple-

ta l’imponente strumentazione di

Cerro Tololo un complesso di 6 pic-

coli telescopi robotici identici da

0,5 m a funzionamento remoto.

LA SILLA E LAS CAMPANASSi trovano circa 200 km a Nord di

La Serena, ormai sul bordo del de-

serto di Atacama. Arrivarci è piut-

tosto facile: basta percorrere verso

Nord (2-3 ore) la comoda strada

Panamericana (la 5 norte), inché

sulla destra compare una deviazio-

ne sterrata con indicazione: ESO.

Dopo una decina di km si arriva a

un bivio: a destra un cartello indica

“La Silla”, a sinistra un altro cartel-

lo indica “Las Campanas”. Salendo

verso La Silla (10 km di comoda

strada asfaltata), bastano pochi

tornanti per intravvedere le cupo-

le bianche del mitico osservatorio

europeo dell’ESO: si trovano su

una cima a forma di sella e questo

giustiica in pieno il nome di La Sil-

4Cile, il paradiso degli astronomi

L’autore davanti alla grande cupola del telescopio M. Victor Blanco da 4 m, in cima al

Cerro Tololo.

‹ quaderni di astronomia n.3 › 19

4Cile, il paradiso degli astronomi

la (altezza=2400 m, 29° 15’ S e 70°

44’ O). Dopo l’inaugurazione del 25

maggio 1969, sono stati collocati

a La Silla ben 17 telescopi. Molti di

questi sono però già stati abbando-

nati. Attualmente l’ESO mantiene

operativi tre strumenti principali: il

3,6 m (dal 1976), il 2,2 m (dal 1984) e

l’NTT da 3,5 m (dal 1989). In più c’è

tutta una serie di strumenti minori

gestiti da singole nazioni: tra questi

il Danese da 1,5 m, l’Eulero svizze-

ro da 1,2 m (per la ricerca di piane-

ti extrasolari), il nostro REM da 60

cm (ricerca veloce di controparti di

GRB), il SEST submillimetrico (70-

365 GHz) svedese da 15 m (prototipo

delle radioantenne del costruen-

do mega-radiotelescopio ALMA a

5100 m nel deserto di Atacama). Per

inciso, il sito dove verranno collo-

cate le 66 antenne da 12 m di ALMA

(Atacama Large Millimeter Array)

si trova sull’altopiano di Chajnantor

(23°01’ 22” S, 67° 45’ 18” O), 50 km a

Est della piccola ma famosissima

città di San Pedro de Atacama.

Data l’altezza non è possibile visitare

direttamente il sito di ALMA. Però,

dalla Valle della Luna, a due passi da

San Pedro, quando il Sole tramonta,

è possibile vederne gli ultimi raggi

rilettersi sulle strutture del futuro

Centro di controllo di ALMA, situa-

te a 4000 m di altezza. Davvero un

grande spettacolo, perché la Cor-

digliera andina si tinge lentamente

di rosso nei pressi del vulcano Li-

cancabur. L’imponente cupola del

telescopio da 3,6 m (montatura blu a

forcella equatoriale classica, f/8 Cas-

segrain e f/35 Coudé) si trova sulla

punta più alta di La Silla e si raggiun-

ge con una ripida e spettacolare stra-

da a chiocciola. Dopo alcuni anni di

quasi abbandono, il 3,6 m di La Silla

ha acquisito nuova splendida vita

grazie all’applicazione dello spet-

trometro HARPS (High Accuracy Radial velocity Planet Search), un

nuovo formidabile strumento per la

ricerca di pianeti extrasolari.

Il famoso 3,6 m di La Silla, ossia il massimo strumento ivi presente. Attualmente, tramite il

formidabile spettrometro HARPS, il 3,6 m viene utilizzato soprattutto per la ricerca di tipo Doppler

di pianeti extrasolari.

Il telescopio NTT (New Technology Telescope) ripreso dalla cima del 3,6 m.

A destra, il telescopio svizzero Eulero, per la ricerca spettroscopica Doppler di pianeti extrasolari.

20 ‹ quaderni di astronomia n.3 ›

Il New Technology Telescope (NTT) si trova su una rampa pro-

prio di fronte alla collina conica

del 3,6 m. Il sottile (24 cm) spec-

chio da 3,5 m (f/2,2) dell’NTT è sta-

to il primo su cui sia stata testata la

tecnologia dell’ottica attiva (cioè la

deformazione programmata dello

specchio mediante 75 attuatori po-

steriori e 24 laterali). Ogni sei mesi

lo specchio viene ripulito con ani-

dride carbonica gassosa per garan-

tirne un costante potere rilettivo

del 90%. Una delle cose che ci ha

stupito nel risalire la rampa molto

ripida che conduce a NTT è il fatto

che, in quell’ambiente apparen-

temente disabitato e desertico, ci

sono altri visitatori ben differenti

da quelli umani: si tratta di un con-

tinuo andare e venire di volpi, che

non hanno minimamente paura

delle persone ma che, anzi, sono

attirate in lassù dalla possibilità di

trovare scarti di cibo dispensati sia

dai turisti sia, soprattutto, da chi ci

vive di continuo per lavoro.

Anche il telescopio equatoriale da

2,2 m (f/8), afidato dall’ESO all’i-

stituto tedesco Max Planck-Gesel-

lschat, è di recente tornato a nuo-

vo splendore grazie alla camera

a grande campo WFI (Wide Field Imager da 0,35 a 1 µm) e allo spet-

trometro ad alta risoluzione FEROS

(Fiber Extended Range Optical Spectrometer) adibito alla ricerca

di pianeti extrasolari.

In questo campo la scoperta più in-

teressante è stata comunicata nel

novembre 2010 e riguarda il primo

pianeta extrasolare (di massa gio-

viana) scoperto attorno a una stella

non appartenente alla Via Lattea: si

tratta della stella HIP 13044, situata

a 2000 anni luce nella costellazio-

ne della Fornace e facente parte di

una piccola galassia assorbita dalla

Via Lattea 6 miliardi di anni fa.

Lasciata La Silla siamo saliti per i 20

km di strada sterrata (ma ben cura-

ta) che porta a Las Campanas (al-

tezza=2282 m, 29° 02’ S e 70° 43’ O),

gustandoci un paesaggio in mezzo

alle Ande che il Sole già basso (era-

no le 5 della sera) rendeva assoluta-

mente fantastico. Va detto che il sito

di Las Campanas è gestito dalla Car-

negie Institution di Washington, un

ente gestito grazie a inanziamenti

privati nato nel 1904 con lo scopo

primario di permettere agli scien-

ziati di lavorare il più liberamente

possibile su qualunque progetto

ritengano utile e interessante, indi-

pendentemente che sia a breve o a

lungo termine (per esempio provie-

ne da Las Campanas la clamorosa

ricerca sulle supernovae lontane

di tipo Ia che ha messo in crisi la

teoria del Big Bang dimostrando

che l’espansione dell’Universo è in

4Cile, il paradiso degli astronomi

La cima di Las Campanas (altezza=2282 m, 29° 02’ S e 70° 43’ O), con la cupola del suo

primo telescopio (lo Swope da 1 m all’estrema destra) e la doppia cupola dei suoi telescopi più

moderni (i due Magellan da 6,5 m sulla sinistra).

All’entrata della cupola del telescopio Swope da 1 m di Las Campanas, troneggia un ritratto

di Henrietta Hill Swope, collaboratrice di Walter Baade che, nel 1971, ne permise la realizzazione

grazie a una generosa donazione.

‹ quaderni di astronomia n.3 › 21