Nuovi media e leadership - Simona Dalloca · medesimo il sinonimo… del tale e quale, mentre negli...

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UNIVERSITÀ TELEMATICA DELLE SCIENZE UMANE “NICCOLO’ CUSANO” Master in Dirigenti Scolastici II edizione II sessioneNuovi media e leadership. Romeo e Giulietta secondo noi: resoconto di un’esperienza scolastica per sviluppare la leadership di domani “favorendo la passione per il cambiamento” oggi. Candidato Relatore Simona Dalloca Prof. Max Bruschi ANNO ACCADEMICO 2009 2010

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UNIVERSITÀ TELEMATICA DELLE SCIENZE UMANE

“NICCOLO’ CUSANO”

Master

in

“Dirigenti Scolastici II edizione II sessione”

Nuovi media e leadership.

Romeo e Giulietta secondo noi:

resoconto di un’esperienza scolastica

per sviluppare la leadership di domani

“favorendo la passione per il

cambiamento” oggi.

Candidato Relatore

Simona Dalloca Prof. Max Bruschi

ANNO ACCADEMICO 2009 – 2010

2

A mio figlio

che ogni giorno mi insegna

che voglio superare me stessa,

accettando le burrasche delle nostre anime

che si incontrano e si scontrano

cambiandomi…cambiandosi…

costruendo l’amore meraviglioso

che ci meritiamo di vivere.

A mia madre

Oh quanto è corto il dire e come fioco

al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi,

è tanto, che non basta a dicer `poco'.

O luce etterna che sola in te sidi,

sola t'intendi, e da te intelletta

e intendente te ami e arridi!

Quella circulazion che sì concetta

pareva in te come lume reflesso,

da li occhi miei alquanto circunspetta,

dentro da sé, del suo colore stesso,

mi parve pinta de la nostra effige:

per che 'l mio viso in lei tutto era messo.

Qual è 'l geomètra che tutto s'affige

per misurar lo cerchio, e non ritrova,

pensando, quel principio ond' elli indige,

tal era io a quella vista nova:

veder voleva come si convenne

l'imago al cerchio e come vi s'indova;

ma non eran da ciò le proprie penne:

se non che la mia mente fu percossa

da un fulgore in che sua voglia venne.

A l'alta fantasia qui mancò possa;

ma già volgeva il mio disio e 'l velle,

sì come rota ch'igualmente è mossa,

l'amor che move il sole e l'altre stelle.

3

Ringraziamenti

Ringrazio i miei mentori,

che cito in ordine temporale di relazioni intessute e da cui ho imparato qualcosa e che mi

hanno offerto un’opportunità rara di crescita. Alcuni senza neanche essersene resi conto.

Michela Dalloca Psicologa

Fiorenzo Mondelli Manager

Giandomenico Logroscino Professore, Medico

Beatrice Bracco Maestra, Teatro

Roberto Gessa Ristoratore, Attore

Daniela Jannotta Professoressa, Semiologia

Giuseppe Ignesti Professore, Storia

Gabriella Di Paola Professoressa, Grammatica

Anna Rita Cirotti Psicologa

Vito Piazza Ispettore scolastico

Agostino Barella Psichiatra

Armida Colombo Insegnante elementare

Anna Dinarelli Insegnante elementare

Leopoldo Proano E.F.T. Trainer

Fladislao Rudnicki Mastro, Edile

Rosalia Vitale Insegnante elementare

Daniela Moretti P.N.L. Trainer

Gabriella Nasi Vice-direttrice sanitaria

Paolo Transocchi Dirigente Medico

4

SOMMARIO

Ringraziamenti ..................................................................................................................................................3

1. CAPITOLO

Dichiarazione programmatica d’intenti ...........................................................................................................5

2. CAPITOLO

Verso un’ educazione emotiva ......................................................................................................................... 20

Il training per attori ........................................................................................................................................ 25

Allineamento dei livelli di pensiero in “Misery non deve morire” ................................................................. 29

Montaggio video e submodalità ...................................................................................................................... 31

Allineamento dei livelli di pensiero nella propria vita tra

Spirito – Missione – Valori .............................................................................................................................. 35

3. CAPITOLO

Romeo e Giulietta secondo noi ........................................................................................................................ 40

Nascita e resoconto del progetto

obiettivi didattici ed emotivi ............................................................................................................................ 45

La critica .......................................................................................................................................................... 53

I pareri dei genitori in merito alla critica ....................................................................................................... 56

Conclusione ...................................................................................................................................................... 58

Feedback:

I temi dei bambini sull’esperienza vissuta ...................................................................................................... 58

BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................... 64

5

1. Capitolo

Dichiarazione programmatica d’intenti

“Il segreto di questo mestiere sono i rapporti, i rapporti personali.”1

La prima volta che mi sono trovata a ragionare sul tema: crescita personale e cinema, lo

spunto è arrivato da un monologo, magistralmente interpretato da Al Pacino, nel film Scent of

a Woman - Profumo di donna, del 1992 diretto da Martin Brest che è, per curiosità,

liberamente ispirato all'omonimo film del 1974, diretto da Dino Risi ed interpretato da uno

strepitoso Vittorio Gassman, e tratto dal romanzo Il buio e il miele di Giovanni Arpino.

“non c’è niente di peggio che assistere alla stupida amputazione di un’anima, poiché per

quello non c’è protesi… Entrando qua dentro ho sentito queste parole: “La culla della

leadership”, beh quando il supporto si rompe cade a pezzi e la culla qua è già caduta.

Fabbricanti di uomini, creatori di leader, state attenti al genere di leader che producete. Io non

so se il silenzio di Charles in questa sede sia giusto o sbagliato, non sono giudice né giurato,

1

Jerry Maguire, film del 1996, di Cameron Crowe.

6

ma vi dico una cosa, quest’uomo non venderà mai nessuno per comprarsi un futuro e questa

amici miei si chiama onestà, si chiama coraggio e cioè una di quelle cose di cui un leader

dovrebbe essere fatto. Io mi sono trovato spesso ad un bivio nella vita, io ho sempre saputo

qual era la direzione giusta, senza incertezze sapevo qual era, ma non l’ho mai presa perché

era troppo duro imboccarla. Questo succede a Charles, è giunto ad un bivio, ed ha scelto una

strada, ed è quella giusta è una strada fatta di principi che formano il carattere. Lasciatelo

continuare nel suo viaggio, voi adesso avete il futuro di questo ragazzo nelle vostre mani, è un

futuro prezioso, potete credermi, non lo distruggete, proteggetelo, abbracciatelo, è una cosa di

cui un giorno andrete fieri, molto fieri.”

La domanda a cui voglio dare una risposta è appunto che genere di leader la scuola deve

creare, che genere di leader io voglio essere2, anche solo nel mio gruppo classe, per generare

il cambiamento che voglio vedere nell’altro perché diventi leder della propria vita e possa

condurla dove lui vuole che vada, senza false giustificazioni di un medesimo3 o idem, che

implica la permanenza nel tempo di una identità sostanziale e che per dirla alla Bandler4

legittima il ferire l’altro data la sua immutabilità, quando invece potrebbe prendere coscienza

dell’identità come ipse del se stesso, che sottende invece un così intimo legame con l’alterità

da non poter pensare all’una senza l’altra, Sé come un altro, che non solo, nelle sue infinite

possibilità può essere capito, ma anche scelto nel diventare la persona che vogliamo essere e

dove l’identità, idem, della persona storica si perde nella coscienza che il contenuto è più

grande del suo contenente, che pur diviene, anche se, quello sì, rimane immutabile, per lo

meno nella sua genetica fino alla morte. Questa riflessione mi fa pensare, quanto sia generosa

la vita e in essa la linguistica5, che pur nelle sue leggi ferree ci mostra che il cambiamento

2 Mahatma Gandhi, “Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”, , cit. nota.

3 Ricoeur Paul, Sé come un altro, Jaca BooK, Milano 1993, p.77 Nell’ accezione che il termine vuole

significare nel libro dove Daniela Iannotta che ne cura la traduzione esplicita: “non esistono in francese due

termini che consentano di designare il medesimo e lo stesso. Poiché in italiano esiste tale possibilità, tradurremo,

ormai meme con “medesimo”,…che pone al vertice delle significazioni dell’aggettivo la similitudine che fa del

medesimo il sinonimo… del tale e quale, mentre negli altri casi utilizzeremo il termine “stesso”.” 4 Bandler Richard, Usare il cervello per cambiare, Astrolabio, Roma 1986, p. 15. Bandler è il creatore, insieme a

John Grinder, della PNL programmazione neuro linguistica (o, in inglese, NLP da Neuro-linguistic

programming):“Non ho mai capito in che modo trasformare qualcuno così da renderlo più felice possa mutarlo

in un essere umano di minor valore. Ma mi sono accorto, invece, di quante persone siano bravissime a far star

mele i loro mariti, le loro mogli, i loro figli, o addirittura dei completi estranei, col semplice espediente di “essere

se stessi”.Talvolta chiedo a qualcuno: “Perché essere veramente te stesso, quando potresti diventare qualcosa di

veramente valido?”” 5Così come la intende Korzybski nell'area della semantica e Noam Chomsky nella teoria sintattica della

grammatica trasformazionale.

Dilts R.,Il potere delle parole, Alessio Roberti Editore, Bergamo 2004, p. 29-30-31

“Nel suo lavoro più importante, Science and Sanity, Korzybski afferma che il progresso umano è dovuto in gran

parte a un sistema nervoso più flessibile, che è capace di formare e usare rappresentazioni simboliche o mappe. Il

linguaggio, per esempio, è un tipo di mappa o modello del mondo che ci consente di riassumere o generalizzare

7

anche nel suo significante evolve, seppur seguendo i suoi modi e suoi tempi, anche là, dove è

appena stata dimostrata la sua immutabilità, nel miracolo più grande: quello dei nostri figli, e

che la storia tutta, seppur nella diversità delle sue discipline, programmi, convenzionalmente

divise dall’uomo che ha spartito così il sapere della filosofia, ci insegna che resistergli e

combatterlo é vano.

E dunque la scelta appare obbligata nello scegliere una leadership che riguardi la gestione del

cambiamento: capace di diffondere una vision, allineata coi valori di chi la propone, che

debbono e vogliono essere ecologici, dove questo implica far cose e far fare cose che facciano

bene a lui, agli altri e al contesto in cui si svolge l’azione, che sappia sviluppare la capacità di

percezione e sensibilità per il fattore umano, che motivi e susciti passione per il

cambiamento, che non abbia paura di perseguire risultati a lungo termine e che per questo

sappia infondere pazienza, che favorisca lo sviluppo delle idee e la formulazione delle

strategie dal basso attraverso il team, che sostenga lo sviluppo degli individui (empowerment)

sprigionando da essi tutte le energie potenziali che possano apportare al gruppo il contributo

unico e insostituibile di ciascuno.

“Il compito fondamentale dei leader”, spiega Goleman al World High Performance Forum,

organizzato da HSM nel 2009 “consiste nel saper innescare sentimenti positivi nei propri

dipendenti, suscitare ispirazione, passione ed entusiasmo,… saper promuovere impegno e

coinvolgimento: tutte qualità che hanno a che fare con l’intelligenza emotiva. Dunque la

competenza emotiva è alla base della leadership.”6 Secondo Goleman, che si rifà agli studi di

Gardner sulla molteplicità delle intelligenze7, il quoziente d’intelligenza contribuisce solo per

le nostre esperienze e di trasmetterle ad altri, evitando che ripetano gli stessi errori o che inventino nuovamente

qualcosa che è già stato scoperto. Korzybski sosteneva che questo tipo di abilità linguistica di generalizzare,

caratteristica degli esseri umani, giustifica il nostro formidabile progresso rispetto agli animali, ma il

fraintendimento e l'uso scorretto di questo meccanismo simbolico è anche responsabile di molti dei nostri

problemi. Egli riteneva che gli esseri umani avessero bisogno di essere opportunamente istruiti nell'uso del

linguaggio, per prevenire la confusione e gli inutili conflitti che sorgono quando si scambia la mappa per il

territorio. La legge dell'individualità di Korzybski afferma che "non ci sono due persone, o situazioni o fasi di

processi che siano identiche in ogni dettaglio"…Korzybski riteneva che fosse importante insegnare alle persone

come riconoscere e superare le loro abitudini linguistiche, allo scopo di comunicare più efficacemente e per

apprezzare meglio le caratteristiche uniche delle loro esperienze quotidiane. Cercò di sviluppare degli strumenti

che avrebbero indotto le persone a valutare le loro esperienze attraverso gli aspetti peculiari di una determinata

situazione, piuttosto che attraverso le implicazioni generate dal loro linguaggio abituale. Il suo obiettivo era

incoraggiarle a ritardare la loro reazioni immediate, per cercare di individuare gli aspetti peculiari della

situazione e di formulare interpretazioni alternative.…1941, Korzybski parlò della "neurolinguistica"

definendola un importante campo di studio collegato alla semantica generale. La PNL sostiene che tutti noi

abbiamo la nostra personale visione del mondo e che questa visione è basata sulle mappe interne, che abbiamo

costruito attraverso il linguaggio e i sistemi rappresentazionali sensoriali, come risultato delle esperienze della

nostra vita individuale. Sono queste mappe "neurolinguistiche" che determinano il modo in cui interpretiamo il

mondo circostante e reagiamo ad esso, ed il modo in cui attribuiamo un significato ai nostri comportamenti e alle

nostre esperienze, più che alla realtà in se stessa. Come l'Amleto di Shakespeare sottolinea, "nessuna cosa

è buona o cattiva, è il pensiero che la rende tale"” 6 Alvarez R., Leader in cerca di emozione, in rivista online Media Key, N°282, 2009, p.13

7 Goleman Daniel, Intelligenza emotiva, BUR, Bergamo 2008 di, p.63

8

il 30% al raggiungimento del successo: “le persone possono incagliarsi nelle secche di

passioni senza freni e impulsi burrascosi, individui con Qi elevato possono rivelarsi nocchieri

spaventosi nei flutti della loro vita privata”8. La letteratura, la musica, l’arte in genere, ci

raccontano le storie di questi uomini da sempre. Uomini disperati, pieni di talento, morti soli e

senza soldi, rivalutati e venerati post mortem. Brani, sculture, quadri, musiche, film, attori…

di sublime levatura dove tutto era capito e nulla sentito, nell’accezione junghiana del termine,

così che le loro rivelazioni siano fonte di ispirazione per noi e causa della rovina di una vita

per loro. Uomini non educati ad un’intelligenza emotiva, dove questa significhi avere la

capacità di motivare se stessi e di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le

frustrazioni (quanti no sei disposto a prendere per inseguire il tuo sogno?), di controllare gli

impulsi e rimandare le gratificazioni, di modulare i propri stati d’animo evitando che la

sofferenza impedisca di pensare e ancor più di fare e dunque la capacita di essere empatici e

di continuare a sperare o ancor meglio di volere.

Tutte qualità di cui un leader “dovrebbe essere fatto”, la mia vision è chiara: creare degli

essere umani felici capaci di condurre le proprie vite al successo, anche nella scelta di essere

“solo”, con tutte le responsabilità che questo “solo” comporta, dei family man9, comunque

consapevoli dei propri bisogni, "Tutti abbiamo bisogno di qualcosa", e delle strategie adatte

per soddisfarli.

La missione: portare la scuola verso una alfabetizzazione emotiva che espliciti un ruolo

sociale nell’impartire ai ragazzi lezioni essenziali per la vita, aiutandoli a sprigionare il

prodigio che è in loro, dove i voti non vengono dati poiché è la vita stessa l’esame finale.

Questo non è che un ritorno al ruolo classico dell’educazione che confluisce il credo

aristotelico della capacità di padroneggiare le emozioni all’arte della maieutica socratica e

8 Goleman D.,Intelligenza emotiva, op. cit., p.54

9 The Family Man, film del 2000, diretto da Brett Ratner, a mio parere libero remake, pieno di citazioni, di La

vita è meravigliosa, film del 1946, diretto da Frank Capra, di cui mai come adesso apprezzo il titolo. Entrambe di

quel filone a cui si ispira anche Sliding Doors, del 1998,di Peter Howitt, che fanno il focus su quali vite

avrebbero potuto avere i protagonisti facendo altre scelte, cosa avrebbero perso e cosa guadagnato, alle fine dei

quali i protagonisti scoprono la loro scala di valori per i quali le rinunce, riempite di significato, diventano

dolcissime, nella gioia di vivere responsabilmente ciò che hanno scelto.

9

all’idea che Erasmo aveva della corretta educazione della gioventù come prima speranza di

una nazione.

Mi sorprende ritrovarmi ancora così motivata, si vede che tutti i corsi che ho lautamente

pagato per imparare a gestire la mia intelligenza emotiva funzionano, nonostante le ostilità, le

posizioni defilate e silenti, le comunicazioni “coperte”, alla suocera, inficiate da pregiudizi,

svalutazioni, censure, critiche, sarcasmo ed ironia fino al disprezzo, nonostante essermi sentita

capro espiatorio di responsabilità attribuitemi da altri per ogni sentimento, emozione, pensiero

e comportamento messo in atto e dopo essere passata, “nel mezzo del cammin di nostra

vita”10

in quella selva oscura di assenza di autostima e stima reciproca che porta

inesorabilmente a smarrire la diritta via.

Ora però che “la mia mente fu percossa da un fulgore” nel riconoscere nel “l’amore che move

il sole e l'altre stelle” dipinta la mia immagine “per che 'l mio viso in lei tutto era messo.” 11

Il mio desiderio è che quel che ho imparato sia alla portata di tutti in una scuola pubblica che

è:

Art.34 Cost: “obbligatoria e gratuita”

e si propone:

Dai Programmi del 1985: " Formazione dell'uomo e del cittadino italiano nel quadro

dei principi della Costituzione..."

Dalla Legge 148/90: concorrere "...alla formazione dell’ uomo e del cittadino secondo

i principi sanciti dalla Costituzione e nel rispetto e nelle valorizzazione delle diversità

individuali, sociali e culturali. Essa si propone lo sviluppo della personalità del

fanciullo promuovendone la prima alfabetizzazione culturale."

All’art. 5 del decreto attuativo della riforma Moratti L.53/03: “….promuove ,nel

rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo della personalità..” ed ha il fine “di

educare ai principi fondamentali della convivenza civile …”.

Il punto è che però l’alfabetizzazione emotiva rovescia completamente il senso

dell’educazione affettiva, perché invece di usare l’affettività per educare, educa la stessa

affettività o per dirla alla Lipman insegna a pensare.

“L'epistemologia ha bisogno di trovare un punto di vista che possa considerare la nostra stessa

conoscenza come oggetto di conoscenza, vale a dire un meta punto di vista, come nel caso in

cui si costituisce un meta linguaggio per considerare il linguaggio divenuto oggetto.

Contemporaneamente, questo meta punto di vista deve permettere l'auto considerazione

10

Dante, Inferno, canto primo. 11

Dante, Paradiso, canto trentatreesimo.

10

critica della conoscenza arricchendo nello stesso tempo la riflessività del soggetto

conoscente”12

Il che non vuol dire dimenticarsi dei programmi, ma piuttosto insegnarli nella loro

complessità, che la mente, a partire dal Seicento ha parcellizzato a misura d’uomo, per poterli

comprendere, secondo il metodo prospettato da Cartesio, e divedendoli così in saperi

separati, in cui il conoscibile è stato così ricondotto al misurabile, come punto di applicazione

per assimilarne oltre che i contenuti il processo del pensiero umano che li ha portati ad essere

tali poiché, dice Lipman, “il pensare in questione può riguardare qualunque cosa, incluso lo

stesso processo del Pensiero»13

“Si tratta certo di un metodo, nel senso cartesiano, che permette di “ben condurre la propria

ragione e di cercare la verità nelle scienze”.14

Si può ricondurre il “saper leggere, scrivere e

far di conto”, che secondo i Programmi didattici del 1955 costituiva il fine della scuola

elementare, ad una realtà più complessa nel quale è contenuto dato che: “Il pensiero

complesso... è un pensiero consapevole delle proprie assunzioni ed implicazioni nonché delle

ragioni e dell'evidenza che sottendono questa e quella conclusione. (Esso) tiene conto della

sua stessa metodologia, delle proprie procedure, delle proprie prospettive e punti di vista. Il

pensiero complesso è preparato a riconoscere i fattori che determinano i preconcetti, i

pregiudizi, e l'autoinganno. (Esso) implica un pensare sulle proprie procedure ed allo stesso

tempo, pensare i propri contenuti... Quanto qui si definisce pensiero complesso include

dimensioni ricorsive, metacognitive, autocorrettive e tutte quelle altre forme di pensiero che

implicano una riflessione sulla propria metodologia mentre allo stesso tempo si applicano ad

un contenuto”15

Dove la prima finalità dell’insegnamento ritorna ad essere, come sosteneva Montaigne, avere

“una testa ben fatta” piuttosto “che una testa ben piena”, che non abbia bisogno di definire le

cose importanti attraverso frontiere, ma cerchi il cuore di quelle “azioni ispirate”16

,

analizzando il quale, che per dirla alla Dewey, riusciamo “a porre dinanzi alla mente le

conseguenze di diversi modi e linee d'azione” e che dunque “ci permette di conoscere ciò che

facciamo quando operiamo”17

Per quanto i tempi siano maturi, le leggi siano pronte, i mezzi siano disponibili ed efficaci, i

corsi di aggiornamento forniti dalle stesse istituzioni continuino a ripeterne l’importanza, con

12

Morin E., Introduzione al pensiero complesso, Sperling & Kupfer, Milano 1995, p.64 13

Lipman M., Thinking Children and Education, Dubuque , (lowa) 1993, pp. 682-684. 14

Morin E., La natura della natura, Il Metodo vol. 1, Cortina, Milano 2001 pp. 11-12. 15

Lipman M, Thinking in Education, Cambridge University Press, New York 1991, p. 23-24. 16

Moretti Daniela, Appunti corso di leadership, Roma 2010: “Il leader non si concentra sull’attivismo, ma

sull’efficacia. Per volare alto e realizzare le sue azioni ispirate utilizza due ali, il cuore e la mente.” 17

Dewey J.F., Come pensiamo, La Nuova Italia, Firenze 1994, pp. 78-79.

11

diverse parole, sostenute da altrettante diverse scuole di pensiero, l’uomo non lo è per la sua

stessa natura che annovera fra uno dei suoi bisogni fondamentali la sicurezza18

scordandosi

però che la storia di tutte le discipline insegna che essa non è sinonimo di rigidità, ma bensì di

evoluzione e che la si conquista con la flessibilità all’adattamento al nuovo, sviluppando la

capacità di saper aggiustare il tiro, laddove la fermezza di posizioni ha generato invece i più

grandi conflitti.

Ci si muove dunque all’interno di un’istituzione, la scuola, ancora troppo burocratica, dove il

meglio della leadership che si può trovare è manageriale e che, se ben esercitata, riesce al

massimo nella gestione della qualità e della “redditività” del servizio. Essendo, però, nel

18http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Piramide_maslow.png

Dalla pirmide di Maslow, Antony Robbins ("E' l'autore di volumi di successo del self help; conduce seminari a

effetto; ha affascinato, negli anni, clienti che vanno da svariati Presidenti americani al Leader russo Mikhail

Gorbachev; i suoi discorsi sono echeggiati anche tra le mura della Casa Bianca di George Bush padre e di Bill

Clinton". Il Sole 24 Ore - 8 Agosto 2006) formula la sua teoria dei 6 bisogni dell’uomo:

4 primari/fondamentali

Certezza

Varietà

Importanza

Amore/Unione

2 superiori

Crescita

Contributo

La soddisfazione dei quali, tutti indistintamente, contribuisce alla nostra realizzazione, non è dunque avere il

bisogno di sicurezza, tutti lo abbiamo, ciò che si sta mettendo in discussione quanto le strategie che utilizziamo

per soddisfarla.

12

concetto di qualità insito già il germe del cambiamento, come si intuisce metamodellando19

il

termine, anche solo con due semplici domande quali: rispetto a chi? Rispetto a cosa? La

mancanza di un indice di referenzialità20

, che amplia così il significante ad innumerevoli

possibilità di significati, implica, per la dirigenza dell’istituzione, comunque l’assunzione di

una responsabilità di scelta, per lo meno nella risposta alla domanda quale qualità, che

presuppone quell’uso dell’autonomia che farebbe la distinzione tanto auspicata delle scuole

che invece nella lettura dei POF (Piano dell’Offerta Formativa) rimangono similarmente e

indistintamente solo statali. Al rischio del cambiamento viene di nuovo privilegiata

l’organizzazione all’interno della quale regole e procedure sembrano garantire il minimo

dell’errore21

, questo grande mostro, e per il timore del quale, ancora una volta, si preferisce

19

Bandler & Grinder, La struttura della magia, Astrolabio, 1981Roma, p.60

“I modelli impoveriti ... implicano una limitazione delle opzioni di comportamento. Quando le parti mancanti

vengono recuperate, nell'individuo ha inizio il processo di cambiamento…Quando una persona esclude un intero

sistema rappresentazionale, il suo modello e la sue esperienza si riducono"

Il termine deriva dallo studio e dall'applicazione della Grammatica Trasformazionale (N. Chomsky). E’ il

modello con il quale è strutturato il principale sistema rappresentazionale degli esseri umani, e cioè il linguaggio

(= modello). Viene utilizzato in PNL da Bandler e Grinder con lo scopo di recuperare, attraverso domande

molto specifiche, quelle informazioni custodite nella nostra struttura profonda che i meccanismi trasformazionali

del linguaggio hanno cancellato, deformato o generalizzato. Essi hanno creato uno schema di domande atte allo

scopo studiando il linguaggio che Milton Erickson, uno di maggiori ipnoterapisti dei nostri tempi e psichiatra,

usava nel corso delle sue sedute. Erickson poneva ai clienti delle domande capaci di riportarli alla ricchezza

originale delle loro strutture profonde facendoli così giungere alla "buona formazione semantica", dove ogni

parte del modello èra stata "esplorata" bloccando l'effetto di impoverimento dei meccanismi trasformazionali che

vi avevano applicato. 20

Dilts R, Il potere delle parole, op. cit., p.235“Un esempio particolarmente potente e stimolante…dell

"utilizzare un indice di riferimento all'interno”

…Notate che Gesù non mise in discussione la convinzione stessa. Piuttosto la "super-incorniciò", provocando lo

spostamento della posizione percettiva del gruppo e ampliando la loro mappa della situazione, includendovi il

loro comportamento.” 21

Dove Errore = Giudizio, basterebbe, spostare l’uguaglianza a Errore = Informazione e osservare la natura dove

il concetto di "errore" non esiste e l'apprendimento procede per ridefinizioni a partire da risultati ottenuti per

passare a pensare l'errore come una "utile" informazione che ci avvicina a quel principio che in natura ha

13

concentrarsi sulla più matematica, meccanica, “riuscita” di una quadratura di bilancio. Così la

qualità si trasforma in soddisfazione, la si misura con questionari di autovalutazione che

vengono regolarmente, come la legge prevede, somministrati, archiviati e persi nei meandri

impolverati del ciberspazio.

Allora nasce il bisogno di chiedersi come mai, nonostante tutto quello che è stato detto e

scritto e nonostante alla dirigenza delle scuole italiane ci siano cervelli di cui avere più che

stima persistano tali resistenze.

Un feedback necessario per non rischiare di inciampare negli stessi inganni.

Il dilemma è antico: essere o non essere.

La paura paralizza l’azione.

1. La paura di andare contro l’ordine costituito, che si rifà alle teorie della conservazione

del potere, là dove, come afferma Morin, Freud ha posto all’ inizio del mondo sociale il

Padre Dio. L immagine del padre è legata a ogni idea di potere, sovranità, dominio e

giustifica la visione che fonda l’ ordine. Ed impersonerà l’autorità del capo, la

giustificherà attraverso la sua missione protettrice. Pertanto l’immagine del padre

approderà all’immagine del Capo, e poi a quella di Dio22

, che ci deresponsabilizza

adducendo una giustificazione quasi religiosa al nostro non agire: “onora il padre e la

madre.

2. La paura generata dalla mancanza di fede o fiducia, che risiede nella convinzione di

non potere superare quel deserto che conduce a una nuova oasi più ricca di quella dalla

quale si è partiti che implica l’incapacità, ancora biblica, di credere nell’esistenza stessa di

quella terra promessa, la mancanza della quale è costata a Mosè la possibilità di

raggiungerla.

O detto in un altro modo, più orecchiabile, classico della musica leggera, l’incapacità di

immaginare che “quasi sempre dopo la collina è il sole”23

.

prodotto i migliori risultati; quanto più una persona connette i propri errori a giudizi (propri o altrui) quanto

meno sarà in grado di usarli ai fini di una proficua analisi volta a ricercare una strategia più efficace. 22

Morin E, La vita della vita, Il Metodo Vol. 2, Cortina , Milano 2004, cap L’arche della fraternità 23

Mogol / Lucio Battisti, La collina dei ciliegi, 45 giri Numero Uno ZN 50316; settembre 1973.

14

Se invece vogliamo averne una visione più profonda e completa che spero di ricordarmi

quando e se mi troverò nella posizione di dover scegliere, lascio la parola ad Ada Cortese,

nella narrazione della quale, come altro da me, ho il piacere di riconoscermi e di scegliermi,

nel qui e ora, totalmente e completamente:

“Siamo sommersi da notizie negative, costantemente a confronto con la nostra debolezza, il

nostro limite, sospesi ormai da tempo tra il rischio dell'annientamento totale e la possibilità

della umana trasfigurazione.

Sappiamo che il pensabile è tutt'uno con il possibile e che il possibile, avendo a disposizione

l'eternità del non tempo, prima o poi accade.

L'uomo può ciò che fin qua solo la natura poteva.

Complice Prometeo, ha rubato il fuoco agli dei, ha sottratto all'universo fisico quasi tutti i suoi

segreti.

L'uomo però ha anche rubato il cielo agli dei. Lo fece quando apparve sulla Terra un uomo di

nome Gesù.

Con la comparsa della coscienza cristica l'uomo resta orfano di idoli e di divinità.

E tanto, tanto libero.

E tanto, tanto potente.

Ma egli pare non sapere che farsene della sua libertà e del suo potere.

Una mutazione naturale gli si è installata dentro, invisibilmente, silenziosamente. Una

mutazione per cui tutte le cose terrene sentono di dipendere da lui come lui seppe in passato di

dipendere da dio.

Ma egli non osa ancora guardare al suo potere totale sicché insiste ancora ad agire

irresponsabilmente come un bimbo, pretendendo fantasmaticamente eterna rassicurazione da

una presenza più grande di lui. Da un Padre, da un'Autorità che continuerà a dargli pane e

sonno.

Prende il potere come un gioco e, proprio come un bimbo, preferisce mano-mettere, mani-

polare, buttarsi goffamente e crudelmente sui suoi compagni di gioco. Non ama ancora il

gioco del cielo sulla terra. Non ama.

Ma il possibile ha davanti a sè l'infinito per accadere.”24

E ancora…

“Ho l'impressione non ci si voglia svegliare del tutto.

Che si voglia restare tra favola e risveglio.

Il cosiddetto Grande Risveglio Spirituale non ha nulla a che fare con sentimentalismi,

24

Cortese Ada, Il gioco del potere sprecato, da Individuazione, Anno 11° N° 42 Dicembre 2002

15

romanticismi e umanesimi unilaterali. Il risveglio consiste, radunando tutte le nostre facoltà

intellettive e senzienti, nel sopportare lo sguardo sulla nuda Cosa. Al di là del Bene e del

Male, senza voli verso il prima o verso l'oltre, assistere anche solo al grande Fenomeno del

Mondo.

Perché è così difficile accettare la partenogenesi della natura, la sua crescita, il suo dramma,

senza dovere scaricare le tensioni su un Grande Responsabile?

Perché è così difficile, accanto all'umana, composta e silenziosa pietà, riconoscere quella

necessità superiore a cui la stessa Madre di tutte le Madri ha saputo sottomettersi?

Ma avete presente gli infiniti volti della Madonna in cui essa, la Pietà, è rappresentata? Avete

presente lo sguardo della madre e del Figlio? Mai trapela facile emotività, ma solo un dolore

infinito che dice anche l'infinita impotenza per quello che già si lascia intuire essere un

destino dolorosissimo ma necessario e finalizzato. Noi invece temiamo di dare nome alle cose

nel distacco. Temiamo l'oscillazione tra l'algida osservazione scientifica e il bruciante

coinvolgimento affettivo.

Eppure occorre spendere due parole a favore della scienza se scienza è semplicemente

conoscenza. Ecco, noi non reggiamo avanti alla visione distaccata dell'evoluzione di cui

siamo parte. Non la vogliamo avere. Vogliamo restare ciechi e vicini al dolore. L'immagine

che mi sovviene è di una Madonna che, per non reggere il dolore, non lascerebbe né

riconoscerebbe a Cristo il suo destino salvifico.

Quando avanzo la necessità che in me l'essere avverte di incoraggiare la mutazione che mi ha

colpita nel venire al mondo, mutazione di logica e di struttura coscienziale, spesso mi sento

dire che per noi, qui in questa parte tranquilla di Occidente, è facile parlare di compito

spirituale, che ogni secondo al mondo muoiono tot bambini, che in Sud America esistono

commerci vergognosi di carne umana, che i poveri e i barboni non possono essere rimossi.

Ecco: mi sento di nuovo sola nel repentino e subdolo cambio di registro su cui l'altro si sposta

e dal quale osserva, giudica e ascolta il mio esserci.

Tutte le volte che si cerca di parlare oltre l'immediata immedesimazione (che non può durare

troppo a meno di non decidere di dedicarci la vita), oltre la comunione naturale della carne e

del destino fisico, tutte le volte, dicevo, che si tenta il nuovo discorso con totale

determinazione e con radicale sentire, sembra che si compia il peccato immondo ed egoico

della selezione solo perché si vuole consacrare la totalità del proprio essere al mondo

all'evoluzione coscienziale dell'Essere!

E la fiducia che questa esigenza provenga proprio dall'essere stesso che soffre e ha sofferto i

limiti della "pre _ mutazione" (quando persiste lo stato limbico del guado inoperoso), è

16

sempre troppo facilmente sottratta.

Proprio nel momento cruciale!

Quando occorrerebbe dire un no radicale alla radice della sofferenza! Quando si dovrebbe

osare entrare nella stanza che già per noi è stata arredata di quella trasparenza e universalità

concreta che saprebbe, nei secoli dei secoli, sottrarre il dolore nel mondo.

Ma non si tollera la colpa di abbandonare e così si pretende di erigere a metodo la paralisi.

Sì, perché paralizzante è restare nella figura spirituale del pensiero che coglie sempre e solo la

contraddizione. Pavida è quella condizione psichica che accusa la necessaria nuova radicalità

di "rimozione" unilaterale perché in realtà non fa che ribadire l'impossibilità sia di pensare il

nuovo che, tanto meno, di tentarlo qui ed ora subito. Si rimuove, così, quel lato dell'animale

uomo che non sa amare la libertà ed i grandi voli. E non sa non perché sia brutto e cattivo, ma

perché tale ignoranza gli è elemento costitutivo in una certa sua fase evolutiva; lato, dunque,

fisiologico e non moralistico.

E così ancora una volta il Grande Inquisitore di Ivan Karamazov non molla la scena. Ancora

una volta nel nome dell'amore per il genere umano, per i suoi fardelli, per la sua imperfezione,

si preferisce restare al calduccio sotto l'ala anche se soffocante di qualche autorità ideologica

che tolga l'abisso e l'angoscia dell'essere orfani e responsabili su questa Terra della fragilità di

Dio.

Non mi dispiace affatto tentare di cambiare tutto questo.”25

Di qualunque genere di paura si tratti gli uomini che fanno l’istituzione scuola non si sentono

ancora pronti ad affrontare quel caos26

disorganizzativo che precede l’evoluzione ad una

nuova riorganizzazione. Acquietano la propria coscienza pensando di poter colmare il gap fra

la letteratura, che auspica la capacità di gestire il cambiamento, e la pratica della stessa

fornendo tutt’al più una formazione in servizio, spesso frequentata dai soli membri del gruppo

capaci di mettersi già di per stessi in discussione nelle proprie convinzioni a favore di una

crescita personale e professionale anche se in numero così esiguo rispetto al più ampio gruppo

di appartenenza da non poterne determinare, da soli, il cambiamento del sistema. Uomini,

dunque, che propongono una formazione a cui non credono e che per quanto attuino, allo

stesso tempo sminuiscono, nell’incapacità di pensare che possa venire realmente applicata:

“facendoci preferire i mali che sopportiamo ad altri che non conosciamo? Così la coscienza ci

fa tutti vili e così il colore innato della risolutezza, lo si rovina con una squallida gettata di

25

Cortese Ada, Fratelli crudeli? , Individuazione, Anno 11° N° 42 Dicembre 2002 26

Nietzsch Friedrich “Bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi.” , cit. nota.

17

pensiero e le imprese d'alto grado e il momento, proprio per questo, cambiano il loro corso e

perdono persino il loro nome di azioni”27

Se il contrario della paura si chiama coraggio, coraggio di decidere, allora la domanda rimane

sempre la stessa come creare dei leader che possiedano questa competenza? E la risposta è

nell’educazione della loro intelligenza emotiva perché se è vero, come la mia esperienza

insegna, che altro non si tratti che di competenza allora si può imparare.

“Nella vita si tratta sempre di prendere delle decisioni. La gente ha paura di decidere, teme di

sbagliare, ma lo sbaglio più grosso è non decidere. Meglio sbagliare che non decidere affatto.

Un’altra lezione che ho appreso è che in una situazione estrema non bisogna anticipare i

problemi, ti sottrae solo energie che non puoi sciupare. La chiave è non fermarsi mai, andare

avanti, sempre. Non sai cosa puoi trovare dietro l’angolo. Ma se non ti affacci non potrai mai

saperlo”28

, dice Fernando Parrado, raccontando di come è sopravvissuto alla tragedia sulle

Ande. “Ma attenzione”, avverte Rovira, “il coraggio non è l’assenza di paura bensì la

consapevolezza che c’è qualcosa per cui vale la pena di rischiare. Il coraggio ha il potere di

trasformare la minaccia in opportunità”29

Qualsiasi sentimento noi proviamo, anche la paura, è dotato di una intenzione positiva30

, va

guardata, analizzata, ringraziata, pensate delle opzioni per affrontarla, quali potrebbero essere

le conseguenze di tali possibilità, scelta una soluzione, accettata la responsabilità, e attuata,

altrimenti il coraggio diventa dannoso come il gioco d’azzardo.

Responsabilità altra competenza a cui l’educazione emotiva educa insieme alla capacità di

interpretare gli errori come occasioni d’apprendimento anziché come esperienze da

dimenticare, da nascondere o addirittura da scaricare sugli altri, perché nel concetto di

responsabilità è contenuto il principio di libertà di cambiamento dato che se quello che accade

è frutto della mia responsabilità allora io posso, se voglio, cambiare i risultati che ottengono e

non mi piacciono, perché io ho il potere di cambiarmi a tal fine, finisce così la condizione di

27

Shakespeare William, Amleto 28

Alvarez R., Leader in cerca di emozione, art.cit., p.17 29

Idem, p.18 30

Dilts R. Il potere della parole e della PNL, Alessio Roberti Editori, 2004. p57

“il reincorniciamento del contenuto in PNL consiste nel'individuare l'intenzione che sta dietro al comportamento

esteriore di una persona. In PNL ciò si ottiene più comunemente scoprendo 1'"intenzione positiva", lo "scopo

positivo" o il "metarisultato" collegato ad un particolare sintomo o comportamento problematico. Uno dei

principi fondamentali della PNL è che separare il "comportamento" di una persona dal suo "sé" è utile. In altre

parole, è importante separare l'intenzione, la funzione, la convinzione (etc.) positiva che genera un

comportamento dal comportamento stesso. Secondo questo principio è più rispettoso, ecologico e produttivo

rispondere alla 'struttura profonda', piuttosto che alla manifestazione superficiale di un comportamento

problematico.”

18

vittima31

di un altro da me, su cui non ho alcun potere di cambiamento, ma solo quello, e

sempre e solo che lui lo voglia, di influenza32

. È noto il caso di Thomas Edison. Dopo aver

tentato per ben 9.999 volte di perfezionare la lampadina elettrica senza riuscirci, qualcuno gli

chiese: “Hai forse intenzione di andare incontro ai 10.000 fallimenti?”. La risposta di Edison

fu: “Io non fallisco, semplicemente ho scoperto un altro modo di non inventare la lampadina

elettrica”33

.

Se per essere il leader del cambiamento devo possedere i sette poteri, come ci spiega Rovira

nel suo libro omonimo, che sono, ricapitolando:

1. Coraggio

2. Responsabilità

31

Sulla teoria transazionale di E. Berne , che individua gli “stati dell’Io” Genitore, Adulto e Bambino e inoltre

gli ordini che i vari stati impartiscono l’uno all’alto quali “giochi psicologici”, decisi nella prima infanzia e atti a

ripetere un “copione”, che consolida vecchie scelte comportamentali fino a renderle vincolanti e dunque limitanti

“ sia il rapporto che la persona ha con gli altri, sia il rapporto che ha con se stessa”, Steve Karpman sviluppa il

suo “Triangolo Drammatico” dove indica i diversi ruoli sociali (Persecutore, Salvatore e Vittima) che gli

individui giocano nelle relazioni . Secondo S.Karpman ognuno passa gran parte del suo tempo di vita in un

particolare ruolo, col preciso intento di validare la sua posizione esistenziale

32

Moretti Daniela, Appunti dal corso di leadership, Roma 2010: “Nessuno cambia nessuno. Il Leader può agire

sulla sfera dell’essere e non dell’avere. Spende tempo in ciò che può controllare (se stesso es. sviluppo di una

comunicazione efficace) e in ciò che può influenzare (gli altri es. utilizzo di una comunicazione efficace). Si

chiede chi devo essere per avere quello che voglio? E così il mondo si modella a lui e non viceversa. Non si fa

guidare da stati d’animo, ma da valori.” 33

Alvarez R., Leader in cerca di emozione, art.cit., p.18

Il Salvatore è un ruolo in cui si agisce prevalentemente lo stato dell'Io Genitore Affettivo - cioé la parte di noi che funziona in maniera apparentemente protettiva ma che , in realtà, non favorisce la crescita e l'autonomia dell'altro. In tal senso la posizione esistenziale di chi assume questo ruolo è " IO SONO OK , TU NON SEI OK" (IO + TU - ) in quanto svaluta le capacità dell'altro.

Il Persecutore è il ruolo rivestito da chi agisce prevalentemente lo stato dell' Io Genitore Normativo -, cioè da chi dà norme, regole e limiti che aumentano il malessere e la dipendenza. Anche in questo caso ci si trova di fronte ad una posizione esistenziale IO+ TU- poiché chi agisce il GN- è sovente ipercritico e svaluta le persone. Persecutore.

Nel ruolo di Vittima lo stato dell'Io agito è quello del Bambino Adattato - . E'il ruolo di colui che si adatta anche quando la situazione non lo richiede e non facilita il proprio e altrui benessere, la sua posizione esistenziale é IO - TU+.

19

3. Determinazione

4. Umiltà (non umiliare l’altro per affermare sé stesso)

5. Fiducia

6. Amore

7. Collaborazione

La discussione si sposta su un piano valoriale. E quindi, come deve essere un’educazione

emotiva che formi il carattere a questi che sono da sempre riconosciuti come valori morali,

per formare un essere umano dignitoso?

Nella convinzione che possedere questi valori non sia giusto di per se stesso, ma necessario

per vivere una vita felice.

20

2. Capitolo

Verso un’ educazione emotiva La mia esperienza personale in meta posizione

o

altra posizione rispetto all’io narrativo che lascia il posto alla terza persona.

Quand’ero bambina ero convinta che questi valori fossero il fulcro della mia identità, così ero

stata cattolicamente educata, nonostante negli anni settanta facessi già parte di una famiglia

allargata con tutte le implicazioni di giudizio esterno che questo comportava. Ero sanamente

orgogliosa di me stessa, sincera nella comunicazione dei miei sentimenti, credevo di poter

realizzare i miei sogni e la cosa più bella, non vedevo l’ora che cominciasse un altro giorno

per poterlo vivere e scoprire come sarebbe stato, cosa mi avrebbe insegnato, mi svegliavo

cantando, grata e felice di essere in armonia col sole che sorgeva, ero congruente e allineata

secondo tutti i sei livelli logici proposti da Dilts.

34

Dallo schema, che non a caso è messo in piramide, dato che la sua base incide sull’apice e

viceversa, si comprende come si impara o nel mio caso disimpara ad essere ciò che vogliamo

34

Dilts R, I Livelli di pensiero, Alessio Roberti Editore, Bergamo 2004, schema rivisitato p.71

Limiti e

coercizioni

Reazione

Azione

Direzione

Permesso

Motivazionale

Trans-

Missione

Dove?

Quando?

Che cosa?

Come?

Perché?

Chi?

21

essere, che è dato non solo da voler avere certi valori, ma dalla scala di importanza che noi

attribuiamo ad essi nella nostra vita, ma questa è un’altra storia.

Cerchiamo di analizzare cosa può essere successo a quella bimbetta, come affettuosamente la

chiamava la mia analista nei tre anni di terapia junghiana, che niente ha potuto contro la mia

ferrea volontà a continuare a capire senza voler sentire 35

.

Quando nulla si sa sulla meta posizione, che in PNL “è un mezzo per applicare un processo

autoreferenziale in modo da facilitare i cambiamenti e la crescita psicologica. Nella meta-

posizione ci si dissocia da e poi ci si volge indietro per riflettere sui propri pensieri, sulle

proprie azioni e interazioni al fine di guadagnare nuove intuizioni e comprensioni che aiutino

ad agire più efficacemente.”36

, l’unico sistema che si ha per imparare è reagire

all’emozione/sensazione “negativa” che limiti e coercizioni ci provocano e che provengono

dall’ambiente e dal vivere sociale, con nuovi comportamenti nella speranza che quella

sgradevolezza svanisca, poiché ci è ancora ignaro cosa vi sia all’apice della piramide e in

quale modo sia possibile compierne il processo opposto. (Ecco perché la piramide egizia,

programma di quest’anno, è stata per me e per i miei bambini motivo di meta riflessione su

bisogni e valori dell’uomo, che hanno diretto la storia in un modo piuttosto che in un altro,

come lo scorso anno scolastico l’homo erectus ci era servito per analizzare il bisogno che

l’uomo ha di soddisfare in primis i suoi bisogni fisiologici, motivo per cui ha assunto la sua

posizione eretta. Ci siamo così permessi di avventurarci oltre, cercando di capire cosa spinge

l’uomo verso l’autorealizzazione, scoprendo così quel principio guida, via dal dolore verso il

piacere, che porta l’uomo, anche se solo dopo aver acquisito le competenze volontà, impegno

e da ultima, ma sicuramente non meno importante la capacità di rimandare le gratificazioni,

cioè di progettare a lungo termine, a rendere quel piacere duraturo trasformandolo in piacere

di vivere).

35

Jung Carl Gustav, Anima mia, salvami dal drago, Domenica Il Sole 24 Ore, 17 ottobre 2009 “La visione

dell’alluvione mi sopraffece e percepii lo spirito del profondo, senza tuttavia comprenderlo. Esso però mi forzò

causandomi un insopportabile, intimo struggimento, e io dissi: «Anima mia, dove sei? Mi senti? …Vuoi che ti

racconti tutto ciò che ho visto, vissuto, assorbito in me? Oppure non vuoi sentire nulla di tutto il rumore della

vita e del mondo? Ma una cosa devi sapere: una cosa ho imparato, ossia che questa vita va vissuta. Questa vita è

la via, la via a lungo cercata verso ciò che è inconoscibile e che noi chiamiamo divino. Non c’è altra via. Ogni

altra strada è sbagliata. Ho trovato la via giusta, mi ha condotto a te, anima mia. Ritorno temprato e purificato.”

…Non credevo che la mia anima potesse essere l’oggetto del mio giudizio e del mio sapere; il mio giudizio e il

mio sapere sono invece proprio loro gli oggetti della mia anima… Approda al luogo dell’anima colui il cui

desiderio si distoglie dalle cose esteriori. Se non la trova, viene sopraffatto dall’orrore del vuoto…La sua anima

si trovava certo nelle cose e negli uomini, tuttavia colui che è cieco coglie le cose e gli uomini, ma non la propria

anima nelle cose e negli uomini. Nulla sa dell’anima sua. Come potrebbe distinguerla dagli uomini e dalle cose?

La potrebbe trovare nel desiderio stesso, ma non negli oggetti del desiderio. Se lui fosse padrone del suo

desiderio, e non fosse invece il suo desiderio a impadronirsi di lui, avrebbe toccato con mano la propria anima,

perché il suo desiderio ne è immagine ed espressione…Ma la fame trasforma l’anima in una belva che divora

cose che non tollera e da cui resta avvelenata. Amici miei, saggio è nutrire l’anima, per non allevarvi draghi e

diavoli in seno.” 36

Dilts R., Il potere delle parole, op.cit,.p.237

22

Il modo in cui percepiamo l’ambiente non è, come molti pensano, cognitivo, ma

emozionale37

: un fatto esterno viene prima sentito (percepito con i sensi), poi valutato

emozionalmente se gradito o non gradito (comparato con la catena di esperienze precedenti),

poi rielaborato, cioè agganciato alla catena di concetti (codificato in simboli utilizzabili), poi

finalmente “giudicato” e “noi categorizziamo idee e informazioni secondo le caratteristiche

fisiche registrate dai nostri sensi”38

. Goleman poi, ne fa un fatto neuronale. Le emozioni

primarie dipendono dai circuiti del sistema limbico e, in primo luogo, dall’amigdala. Essa è

programmata per inviare chiamate di emergenza in caso di pericolo, il guaio però è che è poco

precisa e basta un elemento chiave simile a una passata situazione che è stata registrata dai

nostri sensi come pericolosa, per far si che bypassi la neocorteccia, dove le azioni vengono

programmate e organizzate in vista di un obiettivo, eseguendo dei veri e propri sequestri

emozionali, e organizzando delle modalità di reazione che possono essere superate e non

pertinenti alla situazione contingente che ormai non ha più nulla da condividere con quella

passata.39

L’educazione che si fissa prevalentemente sul livello cognitivo, come è di prassi

nelle scuole, è sempre un’educazione parziale perché trascura il fatto che, il livello cognitivo

poggia pesantemente sul livello emozionale (proprio in senso epigenetico). Solo

un’educazione emozionale può tenere a bada l’amigdala riportandola a quei circuiti “normali”

capaci di trovare un’armonia tra mente e cuore.

Ma certo negli anni settanta, quando questi studi erano ancora agli albori, io non potevo certo

pretendere che la scuola me ne impartisse una anche se già Pascal diceva:

“474. Tutto il nostro ragionamento si riduce a cedere al sentimento. Ma la fantasia è simile e

contraria al sentimento, di modo che non si può distinguere tra questi contrari. L’uno dice che

il mio sentimento è pura fantasia, l’atro che la sua fantasia è sentimento. Bisognerebbe avere

una regola. La ragione si offre, ma è pieghevole in tutti i sensi; così non si ha nessuna regola.

475. Gli uomini scambiano spesso la loro immaginazione per il loro cuore e credono di essere

convertiti dal momento che pensano di convertirsi…

37

Greenspan S. I., L’intelligenza del cuore, le emozioni e lo sviluppo dell’intelligenza, Mondatori, MI,

1997, cap:2-5. Lo studioso descrive, in base alle ricerche sopra un grande numero di neonati seguiti nella

loro crescita, sei livelli di maturazione emotiva. Per comodità del lettore ne presento almeno i nomi,

rimandando al libro già spesso citato per la conoscenza specifica:

- I Livello: dare un senso alle emozioni;

- II Livello: intimità e relazioni;

- III Livello: primi germi della intenzionalità (preverbale);

- IV Livello: scopo e interazione (nascita del Sé preverbale);

- V Livello: Immagini, idee, simbli;

- VI Livello: il pensiero emotivo. 38

Idem p. 32. 39

Goleman Daniel, Intelligenza emotiva, op.cit., cap.2

23

477. Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce; lo si constata in mille cose. Dico

che il cuore ama l’essere universale e se stesso naturalmente, a seconda che si attacchi all’uno

o all’altro; e si indurisce contro l’uno o contro l’altro, a sua scelta. Voi avete respinto l’uno e

conservato l’altro: è forse per ragione che amate voi stessi?

479. Noi conosciamo la verità, non solamente con la ragione, ma anche con il cuore… ed è su

questa conoscenza del cuore e dell’istinto che la ragione deve fondarsi, e fondarvi ogni suo

discorso…”40

E dunque la bimbetta piena di sani valori si affacciava al mondo, ma i suoi comportamenti

non erano adeguati nel dove e quando e questo le provocava sofferenza. Sentiva di non essere

accettata nella sua identità, confondeva quest’ultima con i suoi comportamenti. E lei voleva

essere accettata e amata, cambiava i suoi comportamenti, senza quella flessibilità che

permette di fare la cosa giusta per ottenere l’obiettivo senza allontanarsi da se stessi, sfornita

della consapevolezza dell’errore come opportunità e di quell’eroica volontà di continuare a

credere in se stessi trovando il come, il dove e il quando giusto per potersi esprimere.

Trasformava l’originaria fame di contatto fisico in fame di riconoscimento sociale e il bisogno

d’amore subito, tipico dei bambini, mancando della capacità di rimandare la gratificazione, la

conformava ai valori del vivere comune, senza passione né missione. Cominciava ad accettare

compromessi, non allineati con i suoi valori, finché l’uno dopo l’altro finiva per cambiarli

quei valori. Svaniva il coraggio, faceva il suo ingresso la paura che blocca l’azione, sceglieva

ciò che era giusto per gli altri, nella speranza di non sbagliare e aumentava la sua disistima. Si

conformava alla media delle attese evitando la frustrazione del sostenere le proprie opinioni,

ancora incapace di una comunicazione efficace. Era spesso soggetta a rapimenti emotivi che

impedivano la risoluzione dei conflitti, con entrambe gli attori vincenti.41

Ogni scontro una

ferita emozionale, ogni feedback comprovava la sua inadeguatezza, non sapeva scegliere i

suoi mentori. E avviandosi su quella strada del conformismo, che si accontenta di soddisfare i

bisogni fisiologici come realizzazione di un’intera vita, aveva perso la direzione, tutti i suoi

valori erano svaniti, e non trovava più un permesso motivazionale alla sua esistenza. L’unica

certezza era che non sarebbe “mai” cambiata la sua condizione di vittima del mondo e di se

stessa, ancora non conosceva cosa volesse dire meta modello dove il mai in assoluto non

esiste.

Troppe erano la colpe da scontare, a chi avrebbe dovuto chiedere perdono?

La fortuna è: che era finalmente giunta all’apice della piramide portando con sé:

40

Pascal B., Pensieri, Rusconi, Milano 1993, p. 263-264. 41

Secondo una transazione, come vorrebbe Berne, del genere IO SONO OK – TU SEI OK che genera

ottimismo, distensione, felicità, e con la capacità di contrattazione, la risoluzione del conflitto, senza perdenti.

24

Un valore, l’impegno con cui si applicava a tutte le cose che faceva, nella certezza mai

abbandonata che per prima la soddisfazione dovesse essere la sua.

Un bisogno superiore, la crescita, nel dubbio che se non era quello che pensava di

essere allora doveva scoprire chi fosse.

L’impegno nelle varie crisi che l’hanno portata all’apice della piramide, ha mantenuto in lei

vivo il gusto della vita. “…la caratteristica del flusso è una sensazione di gioia spontanea,

perfino di rapimento. Poiché il flusso ci fa sentire così bene, esso è di per stesso gratificante.

Si tratta di uno stato in cui la consapevolezza si fonde con le azioni e nel quale gli individui

sono assorbiti in ciò che stanno facendo e prestano attenzione esclusivamente al loro

compito…In questo senso, i momenti di flusso sono privi di ego…Sebbene l’individuo in uno

stato di flusso dia prestazioni al massimo livello, non è mai preoccupato di far bene, non

indugia a pensare al successo o al fallimento: il puro e semplice piacere basta a motivarlo.”42

La crescita, l’ha sempre portata ad interrogarsi e a sviluppare, in tutti i modi possibili, quelle

caratteristiche che quando è arrivato il Maestro hanno fatto sì che l’allieva fosse pronta.

42

Goleman D., Intelligenza emotiva, op.cit,pp.118-119

25

Il training per attori

“La recitazione è un modo di mantenere vive le parole che una persona usa

per caratterizzare se stessa o qualcun altro.

Mantenendo il nostro linguaggio collegato all'azione

possiamo avere la sensazione del cambiamento e della crescita”43

L’esperienza di educazione emotiva più importante che ha fatto, anche se non sapeva a cosa si

stesse educando e pensava che il suo obiettivo fosse di fare l’attrice, è stata quella di ottenere

il diploma al Centro internazionale di formazione per attori di Beatrice Bracco44

:

" il lavoro che da venti anni svolgo insieme ai miei allievi ha come obiettivo quello di

condurli, in quanto attori, non a “recitare” ma a vivere l’esperienza del personaggio sul

palcoscenico senza chiudere, come spesso accade per mancanza di fiducia, i canali

dell’esperienza stessa e cioè i propri sensi, la propria emotività… Un attore deve scoprire che

sul palco può vivere e non solo sopravvivere: invece che dare spazio alla paura di non

funzionare è necessario nutrire la gioia di creare. È importante, per essere presente sul

palcoscenico, sviluppare il processo creativo attraverso l’autoconoscenza che parte dalla

centralità e dall’osservazione; intendo quest’ultima non nel senso di mera elaborazione

mentale, che ci allontana inconsapevolmente dalla percezione, ma come un mettersi in ascolto

di sé, degli altri e della vita stessa. Affidarsi all’esperienza, a ciò che è qui ed ora in

movimento, richiede un training disciplinato e specifico che faccia acquistare fiducia al corpo

stesso dell'attore, ne riduca le tensioni e apra i suoi canali facendogli desiderare il rischio del

“non sapere” piuttosto che soffrirne. I cambiamenti che un attore opera su di sé, quando nel

corso del training accetta di entrare in un processo vivo, di esserne spiazzato, senza anticipare

le risposte ma anzi elaborandone di nuove, sono evidenti… la vera creatività è scoperta e, per

scoprire, dobbiamo lasciare che la realtà ci venga incontro, ci sorprenda, ci abiti, affinché,

man mano che noi creiamo, essa ci crei. Questo diventa possibile solo se la nostra apertura è

totale… Mi piace ricordare le parole di Stanislavskij “gli artisti che non vanno avanti, vanno

indietro”45

43

Polster I. e M., Gestalt Therapy Integrateci,, Brunner-Mazel, New York 1973, p. 245 44

L’Acting Training di Beatrice Bracco è una delle più importanti scuole di recitazione dell’intero panorama

Nazionale. Alla base del lavoro che propone c’è lo studio e la sua rielaborazione personale degli insegnamenti di

Stanislvskij e di insegnanti e registi come Vactangov, Suler, Strasberg, Peter Brook, Growtowsky e

l’approfondimento di discipline e pratiche diverse, dirette a trasformare l’energia, a favorirne l’espressione

nell’emisfero destro del cervello e l’accesso al subconscio (Bioenergetica, Gestalt, Antroposofia, Taoismo,

Tradizione Indio dell’America latina, Musica, Danza terapia e altre). 45

Bracco Beatrice, sito personale, http://www.beatricebracco.it/

26

L’impegno che ci ha messo e i quattro anni che ci si è dedicata le hanno insegnato tutte le

strategie utili per vivere il personaggio.

Per far questo si è dovuta riprogrammare46

, e il “training” impone che questo avvenga

nuovamente dalla base della piramide.

Focus: Essere un bravo attore

46

Dilts R., Il potere delle parole e della PNL, op.cit., p.81 “Potremmo dire, per esempio, che la "difficoltà ad

apprendere" è come un "difetto nel programma di un computer". Questo ci porterebbe spontaneamente a porre

domande del tipo: "Dov'è il guasto?", "Qual è la sua causa e come può essere riparato?", "Il problema viene da

una particolare riga del programma? È nell'intero programma? È nel computer?”

Ambiente

Dove?

Quando?

Comportamenti

Cosa?

Capacità

Come?

Convinzioni/ Valori

Perché?

Identità

Chi?

Spirito

Missione

Ricreare l’ambiente dove si svolge

l’azione: immaginare di essere lì, vederne

le cose, sentirne i suoni, percepirne gli

odori. questo nel lì e quando rievoca le

sensazioni emotive, come se le avessi in

quel momento, vere.

Invece di parlare ascoltare

Invece di interpretare ascoltare

Invece di far finta fare

Cambiare fisiologia

Mollare le tensioni del corpo

Lavorare per la riuscita del gruppo

Presenza, ascolto attivo, capacità di

nominare l’emozione (come mi fa

sentire?), reazione all’azione e non alla sua

interpretazione, integrare le difficoltà o

errori per renderli creativi, superare le

frustrazioni per la riuscita del gruppo,

assumere altri punti di vista, sensibilità agli

altri, comprendere i rapporti, dirigere le

nostre emozioni. Sospensione del giudizio.

Auto gratificazione.

Responsabilità della riuscita della scena,

anche se si è comparse.

Fiducia che il lavoro fatto si vedrà

Coraggio di mostrarsi

Il cuore della scena: qual è la motivazione

che muove il personaggio in quella

determinata direzione?

Esercizi:

Studio del

personaggio a tale

profondità da

conferirgli la vita

Analisi del testo del

testo

Sensoriali:

Aumentare la

capacità di recezione

con tutti i sensi

Reimparare a giocare,

Inventare tutto con

l’immaginazione

come se fosse vero

Fisiologia e

Comunicazione non

verbale

Diventa musica

Cambia il ritmo

Rilassamento

Training autogeno

Ipnosi

Umanizzare animali

Quadri viventi

Comunica la musica

con la stoffa

Perdersi per ritrovarsi

Meta posizione:

Le due sedie

Contrasto/Vedere il

buono

Equivoci

Improvvisazione

Esercizi sulla

fiducia

27

Imparava tecniche di PNL e si educava emotivamente senza esserne conscia, applicava

l’allineamento dei livelli per imparare a diventare qualcuno diverso da lei.

Aveva, dunque, intuito la grandezza dell’allineamento dei livelli, anni prima di comprenderlo.

Era già arrivata all’apice della piramide, ed era anche riuscita a compierne il processo inverso

quando superando il cuore della scena era arrivata a comprendere la missione del personaggio

di Misery non deve morire che inevitabilmente a cascata aveva coinvolto tutti i livelli della

piramide determinando quello che è stato uno dei suoi più grandi successi. Eppure, nonostante

negli anni avesse interpreto i ruoli il più possibile diversi da lei, nella speranza, di

comprenderne il cuore e arricchirne così la sua mappa del mondo, i risultati nella sua vita

erano a breve termine. Come avverte Dilts se non si cambia a livello di identità e di

percezione di se stessi, se non si porta avanti una missione con passione e speranza, le fonti di

motivazione che vengono attivate nel nostro cervello quando attingiamo ai nostri sogni, le

vecchie abitudini e i vecchi percorsi neuronali hanno il sopravvento, perché come sostiene

Goleman “per rimanere concentrati sull’obiettivo occorrono impegno e rinforzo costante”47

E difatti lei era cambiata:era diventata un’attrice capace.

Il focus, l’obiettivo era stato raggiunto, le domanda che si poneva per interpretare un

personaggio era corretta e specifica, la qualità della tua vita dipende dalle domande che ti

poni.48

Lei si chiedeva, per esempio: “come si comporta e quali sono le azioni che compie una

persona “ricca e famosa”49

e sicura di se stessa?”

47

Goleman D & Boyatzis E. & Mckee A., Essere leader, Rzzoli, Milano 2002, p.179 48

Robbins A., Come ottenere il meglio da se e dagli altri, Bompiani, Milano 2000, p.15,63,102,107 “Per imitare

l'eccellenza dovrete trasformarvi in detective, in investigatori, diventare un individuo che fa un sacco di

domande e che segue tutte le tracce che portano a ciò che produce l'eccellenza…

Si può ricostruire la sintassi mentale di chiunque, si può cioè aprire la combinazione della cassaforte della mente

altrui e della propria pensando come un esperto di casseforti…

Bisogna, per questo, cercare cose che prima non si sono viste, prestare orecchio ad altre mai prima udite, sentirne

tattilmente di mai prima sentite, e porre le domande che prima non si sapevano rivolgere…

Imparare a porre domande aiuta insieme a definire i propri obiettivi e a raggiungerli…

Rivolgete domande specifiche. Dovete descrivere quel che volete, sia a voi stessi che agli altri…

Con che tono, quanto a lungo, fino a che punto? Quando, dove, come, con chi?...

preferite sempre le domande relative al "come" rispetto a quelle relative al "perché". Queste seconde possono

fornirvi ragioni, spiegazioni, giustificazioni e scuse, ma di solito non vi mettono a disposizione utili

informazioni.”

28

Quello che le impediva di traslare ciò che aveva imparato nella sua vita personale e diventare

la persona che voleva essere era:

non vedere l’intima struttura del meccanismo nel suo insieme (ancora una volta didattica

della meta cognizione) e l’impossibilità, dunque, di fare un cambio di focus: diventare un

essere umano felice, e di allineare la sua persona rispetto alla realizzazione della sua visione,

poiché come dice Dilts.”gli stessi principi possono essere applicati allo sviluppo organizzativo

e alla leadership di livello macro”50

o alla formazione di gruppi (gruppo classe) e gruppi di

lavoro giacché: “…una percezione comune e condivisa della visione, della missione, dei

valori e delle capacità…costituisce indubbiamente il fondamento del cosiddetto “spirito” di

gruppo.”51

Stava cercando le risposte ai quesiti fondamentali della vita nel posto sbagliato, anche se il

percorso le ha fornito strumenti e tecniche adatti, che la stessa PNL ha mutuato, in questo

caso lei stessa inconsciamente,52

dal teatro. Ma se la realtà è complessa e non ha confini

prestabiliti, compenetrandosi e dividendosi in un’eterna evoluzione, cosa importa da dove

vengono le cose purché funzionino.

49

Ricche e famose, film del 1981 diretto da George Cukor, con protagoniste Jacqueline Bisset e Candice Bergen,

remake del film del 1943 L'amica, con Bette Davis e Miriam Hopkins. 50

Ditls R., Leadership e visione creativa, Guerini e Associati, Milano 2000, p. 59 51

Idem, p. 55 52

Inconsciamente perché per quanto Bandler & Grinder in, La struttura della magia, dedichino molto spazio alla

“ tecnica di recitazione (Perls, 1977) per recare assistenza nel processo di cambiamento”, p.66, non hanno una

visione dell’arte in se della recitazione e del “Metodo”per apprenderla nel complesso, avendo analizzato di

questa solo la parte che gli psicoterapeuti usano con i loro clienti. Condividono con me, invece, l’idea che tutte le

tecniche sono valide purché siano efficaci, sottolineando che quelle che funzionano per una persona non è detto

che siano altrettanto valide per un’altra che come soggetto unico e irripetibile ha i propri e preferenziali canali

d’accesso aperti al cambiamento.

29

Allineamento dei livelli di pensiero in “Misery non deve morire”

L’interpretazione di Anni, protagonista di “Misery non deve morire, film del 1990, diretto da

Rob Reiner e tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King, per una mente che non

conosceva ancora la struttura di Dilts, è stata una ricerca continua e priva di limiti, con una

formulazione costante e quasi ossessiva di domande, che si è conclusa con l’illuminazione

che ha reso possibile, anche dopo vent’anni, a chi aveva frequentato quel corso insieme a lei

di averne ancora memoria.

La sfida era interessante si era chiesta di diventare Anni, qualcosa che non sarebbe mai potuta

essere: una serial killer, omicida di bambini.

Il lavoro era cominciato dallo studio del personaggio, era stato letto il libro, visto il film,

imparata la parte, ricreato l’ambiente in cui avveniva l’azione.

Sensorialmente: aveva ricostruito l’emozione di una donna sola, provato sulla time line

giorno, dopo giorno, cosa volesse dire non vedere nessuno. Ricreata la sensazione di trovarsi

in un posto freddo e coperto la maggior parte dell’anno dalla neve, di questa saggiata la

consistenza e percepita la temperatura sulla pelle.

Immaginato e ricreato il suo passato per averne memoria nei comportamenti. Aveva ucciso,

ucciso cuscini su cuscini, ma la disgustava solo l’idea che potessero essere bambini, e più

tentava di avvicinarsi al personaggio più tutto il suo essere lo rifiutava.

Continuava a ripetersi: “c’è sempre una giustificazione plausibile nella mente di chi compie

l’azione anche la più terribile”, così come insisteva la Bracco.

Anni dopo avrebbe scoperto che si chiamava intenzione positiva, ma non era in grado di

trovarla.

30

E allora tornava ai sensi ricreando rumori insopportabili che potessero provenire da quei

bambini e che potessero farle perdere la ragione desiderando di ucciderli, ma nulla.

Ripeteva azioni professionali e meticolose come se fosse un’infermiera e ne imparava le

abilità.

Eppure le sembrava che fosse tutto poco credibile, non le rimaneva che aver fiducia che tutto

quel lavoro bastasse per ottenere una buona interpretazione della scena.

Stava aspettando il suo turno, si sentivano gli applausi della scena precedente che era appena

terminata, girava nel chiostro del convento sconsacrato, dove si svolgeva il seminario,

concentrata, ancora lavorando sull’ultima ipotesi che aveva formulato su Anni, che fosse

un’autolesionista, quando provò a schiaffeggiarsi.

Ecco, miracolosamente, il salto di livello, la missione, Anni era la mano di Dio per liberare il

mondo da tutta quella sofferenza, da tutta quella solitudine, non avrebbe potuto fare

altrimenti, doveva salvare Misery. Il personaggio del suo libro preferito doveva vivere per

alleviare il dolore di tutte quelle donne che in lei vedevano il loro riscatto, e la lettura svagava

da quel dolore insopportabile di un matrimonio fallito, senza più speranze verso un futuro,

anche se questo avesse dovuto significare ucciderne il suo autore, il suo più grande amore, di

cui era la più grande fan.

Anni era dunque un angelo della morte o della misericordia, che uccide per alleviare il dolore

alle sue vittime, così come aveva fatto con quei bambini che le erano stati affidati e per i

quali, ormai, la sofferenza della vita era terminata.

La missione ha dato il permesso motivazionale alla sua identità, convalidato i suoi valori

come giusti, approvandone capacità e comportamenti e così tutti i registri sensoriali che il

lavoro aveva risvegliato, allineati, hanno contribuito al successo della scena.

La sua insegnate, dopo anni di frustrazioni e insuccessi, in cui però la costanza e i feedback le

avevano permesso di migliorare lentamente e inesorabilmente in direzione del suo obiettivo,

le disse:”Finalmente il mio uccellino sta prendendo il volo” e così fu, migrò verso nuovi lidi,

confermò le cose che aveva imparato, per le quali continua ad esprimere la sua gratitudine,

nella convinzione/certezza, considerando il punto da cui era partita, che tutto si può imparare

basta che lo si voglia.

Ora la questione era che lei si accorse di non volere essere un’attrice, ma un essere umano

felice, non era nel posto giusto.

31

Montaggio video e submodalità

Ancora una volta la sua crescita l’ha portata a sviluppare una professione, quella di montatrice

video, che non disattendeva la direzione della sua conoscenza come studio dei processi del

pensiero dell’essere umano, anche se l’attenzione alle espressioni mimiche, facciali e

corporee, dei soggetti presi in considerazione, e lo studio emotivo di quel che rappresentano e

delle intenzioni che sottendono, in un loop continuo fino alla perfezione, nel tentativo di dar

loro un significato all’interno di un progetto più ampio che è un film, non può e non deve

essere priva di giudizio, dato che essa concorre al significato globale dell’opera.

Così, insieme all’abilità professionale di riconoscere i segnali d’accesso alla persona, nelle

modalità visive (V) auditive (A) e cenestesiche (K) e alla sensibilità alle emozioni che esse

esprimono si è portata dietro anche la deviazione professionale di interpretarle. “noi

categorizziamo idee e informazioni secondo le caratteristiche fisiche registrate dai nostri

sensi”53

.

54

Pensate agli sviluppi in chiave educazionale di queste conoscenze tanto utili quando, per

esempio, un bambino nella più totale confusione da ansia da prestazione cerca di ricordare la

lezione, mettendo gli occhi in alto a destra, dove ha sede il visivo/costruito, chiaramente non

trovandovi niente, piuttosto che in alto a sinistra dove ha sede il visivo/ricordato o al centro a

sinistra dove a sede l’auditivo/ ricordato, e dove avrebbe la speranza, dunque, di recuperare

nella sua mente del materiale utile allo scopo.

53

Ditls R., Leadership e visione creativa. op. cit., p.32. 54

Dilts R, I Livelli di pensiero, op.cit, schema rielaborato, p.44

Visivo

Ricordato

Auditivo

Ricordato

Auditivo

Digitale

Cinestesico

Auditivo

Costruito

Visivo

Costruito

SX DX

32

O sul piano dello spessore attoriale dal momento in cui tutto il lavoro di ricostruzione del

personaggio in Misery, prima della messa in scena, ha preso sede nella parte del cervello a lui

reputata, cioè nel ricordato, diventando bagaglio dell’attore, piuttosto che cercato al momento

e dunque costruito, nella recitazione di un testo dove le parole non hanno ancora un legame

col mondo emozionale che descrivono.

Un'altra particolare abilità che questo lavoro le ha inoltre insegnato è l’uso delle sub modalità,

che altro non sono, che l’effect editor di un qualsiasi programma di montaggio video dal

broadcast al più semplice che si possa trovare in commercio, per lo meno per quanto riguarda

quelle visive e auditive:

SUB

MODALITÀ

VISIVE

Luminosità

Dimensioni

Colore/bianco e

nero

Saturazione

Sfumature, o

bilanciamento

del

colore

Forma

Collocazione

Distanza

Contrasto

Chiarezza

Messa a fuoco

Durata

Movimento

(diapositiva/ film)

Velocità

Direzione

Immagine

tridimensionale/

piatta

Stabilità

orizzontale e

verticale

Punti luminosi

Prospettiva (punto

di vista)

Immagine

associata/

dissociata

Primo

piano/sfondo

Sé/contesto

Frequenza o

numero (schermo

suddiviso, o

immagini multiple)

Primo piano/

panoramica

Rapporto tra

altezza e larghezza

Orientamento

Densità

Granulosità

Lampeggiamento

Orientamento

dell’illumina-

zione

Simmetria

Immagine digitale

(caratteri scritti )

Ingrandimento

Aspetto delle

superfici

SUBMODALl

AUDITIVE

Altezza

Tempo (velocità)

Volume

Distanza

Contrasto

Figura/sfondo

Ritmo

Suono continuo o

interrotto

Timbro o tonalità

Suono digitale

(parole)

Suono associato /

dissociato

Durata

Localizzazione

Chiarezza

Numero

Simmetria

Risonanza col

contesto

Fonte

esterna/interna

Monoaurale/

stereofonico

Dall’appendice di Bandler R in Usare il cervello per cambiare

Non vi sembra di aver letto il manuale tecnico di un software dedicato al montaggio di un

film?

33

Ebbene, sostiene Bandler, tutte le nostre esperienze vengono pensate “utilizzando certe

rappresentazioni del sistema sensorio: immagini visive, suoni auditivi , sensazioni

cenestesiche (Tatto, Gusto e Olfatto) Le submodalità sono gli elementi più semplici all'interno

di ogni modalità….Le submodalità sono, letteralmente, i modi in cui il cervello ordina e

codifica l'esperienza. Gli schemi submodali di trasformazione possono essere impiegati per

cambiare direttamente il software umano: i modi in cui reagiamo alle nostre esperienze e ad

esse pensiamo.”55

E dunque forse non ci siamo sbagliati, sempre di software si tratta.

Tutti quegli effetti video e audio qualcuno deve pure averli pensati, visti, uditi, da qualche

parte, dentro di sé. Deve pur aver visto/immaginato tutto virato di verde per farne un effetto

da poter applicare su una clip video così da poter ampliare la sua mappa della realtà,

aggiungendovi un nuovo punto di vista, agganciato ad un’altrettanto nuova sensazione visiva

di quest’ultima!

Mai avrei pensato, lei avrebbe pensato, che tutto questo un giorno avrebbe avuto un senso.

Dice ancora Bandler, l’uso delle submodalita “Insegna a trasformare la nostra esperienza

quando essa non ci soddisfa, e a gustare ancora di più la nostra soddisfazione quando la vita ci

va bene”56

Per esempio, quegli occhi grandi e giudicanti di quella determinata persona che mi ha fatto

soffrire così terribilmente e che continuo a vedere così vicini a me sentendomi in ogni cosa

che faccio sempre, ancora, inadeguata.

Conoscendo come noi usiamo le nostre submodalità, ed è la linguistica che usiamo che ci

svela il segreto, siamo in grado di riformattare l’hardware alla base, perché se è vero che

categorizziamo secondo le caratteristiche fisiche registrate dai nostri sensi allora possiamo

cambiare le nostre sensazioni e vedere quegli occhi grandi diventare piccoli e allontanarsi da

noi fino a svanire.

55

Bandler R., Usare il cervello per cambiare, op. cit., pp.8,9 56

Idem p.9

34

Può essere un’idea, ma ognuno ha quella che funziona meglio per se stesso.

Un giorno un mio collega tentava di tirarmi nei sui schemi mentali di deresponsabilizzazione

e di colpa, che tanto, tempi prima, attivavano in me sequestri emozionali, con esplosioni di

rabbia da non riconoscimento, quando è bastata un’ interruzione di schema per farci una bella

risata, gli ho detto:”Ma smettila, se no ti faccio diventare piccolo e verde”.

Cosa ci impedisce di farlo? Chi è l’unico padrone e signore dei nostri pensieri se non noi

stessi?

Per rubare una metafora a Bandler, siamo gli autisti del nostro autobus, una volta imparato a

guidare, bisogna scegliere la direzione.

E torniamo nuovamente a parlare di valori.

35

Allineamento dei livelli di pensiero nella propria vita tra

Spirito – Missione – Valori

La bimbetta cresceva e sviluppava competenze inconsce che altro non aspettavano che

diventare consce.

La sua più grande crisi esistenziale l’aveva costretta a scegliere, vivere o morire.

Il perdono doveva essere totale verso se stessa, da tutte le volte che pensava di essersi

irrimediabilmente tradita.

“E tu non giudicare, il cuore della legge è il perdono”57

ed è in questo che si esprime il

secondo comandamento “Ama il prossimo tuo come te stesso”58

Non giudicare… prima di tutto perdona te stesso…te stesso…

D’improvviso a cascata dall’apice della piramide è tutto chiaro…

Chiari i comportamenti dei grandi uomini, dei grandi leader, che pur nelle loro crisi hanno

avuto il coraggio di vivere una vita allineata con il loro spirito, con la loro missione con i loro

valori, perché non vi è sofferenza più grande di vivere una vita incongruenti con se stessi.

Ecco perché questi uomini hanno dato la vita per la loro missione, non avrebbero potuto

sopportare di vivere senza la compagnia degli esseri umani che amavano di più al mondo, loro

stessi: che altro avrebbe potuto fare di più Gesù nella vita, oltre a dividere il tempo in due:

prima e dopo di lui.

E Dilts, che ha studiato gli schemi verbali che Gesù usava scopre che quando è stato sfidato

da chi gli chiedeva quale fosse il comandamento più grande, “Egli è saltato subito ad un

livello logico più alto. Non ha detto: “Non devi fare questo o quello”.

Nessun risultato formulato al negativo.

57

Da Gesù di Nazareth, fu uno sceneggiato televisivo, che venne trasmesso su Rai Uno in cinque puntate 1977,

diretto da Franco Zeffirelli, oggi distribuito come film.

58Il Vangelo.

36

Ha detto che il primo e più importante comandamento era: “Ama il Signore Dio tuo ( quel Dio

nel quale Dante aveva visto dipinta la sua immagine e Ada Cortese la possibilità della umana

trasfigurazione)59

con tutto il tuo cuore, la tua mente, la tua anima e le tue forze”.

Quando consideriamo cosa ciò voglia dire in relazione ai livelli che stiamo esaminando, ci

rendiamo conto che questo comandamento suggerisce di organizzarsi in direzione del proprio

obiettivo spirituale più alto (Dio) (Ama)60

, con il tuo cuore (le convinzioni), la mente (le

capacità), l’anima (l’identità), la forza ( i comportamenti). Alla base c’è un allineamento di

tutti i valori.”61

62

E’ interessante notare come la casella ambiente nell’interpretazione di Dilts rimanga vuota.

Quando la presa di coscienza è dall’apice della piramide, la missione così alta, non ci sono né

limiti né coercizioni che tengano. Poiché non sono più gli avvenimenti esterni che influenzano

te ma tu loro, sono le tue scelte che scrivono la storia e non questa che scrive te.

Il professor Giuseppe Ignesti, durante una delle sue appassionanti lezioni di storia

contemporanea, mi fece capire quanto fosse importante mettersi nei panni del personaggio

59

Parentesi dell’autrice 60

Parentesi dell’autrice 61

Dilts R, I livelli di pensiero, op.cit., p.73 62

Idem, schema rivisitato, p.74

“Le tue forze”

“La tua mente”

“Il tuo cuore”

“La tua anima”

“Ama Il Signore Dio

tuo”

Limiti e

coercizioni

37

storico che si stava studiando, quanto il suo ambiente, il dove e il quando fossero determinanti

per le scelte che avrebbe compiuto. In quel contesto specifico ricordo che si parlava del potere

temporale del Papa e di come lui sostenesse con tutto il suo essere, la necessità di

comprendere che egli non avrebbe lottato tanto per perpetuarlo se avesse saputo in anticipo

che il perderlo non avrebbe compromesso il suo ruolo di capo spirituale del mondo cattolico.

Rimasi affascinata nel comprendere quanto empatizzare con le persone e il loro punto vista

fosse determinante per evitare di giudicarle nella loro identità, così da poterne vedere i

comportamenti come inevitabili, per lo meno dal loro punto di vista, e quanto questo

empatizzare fosse anche funzionale alla “didattica” del ricordare, son passati vent’anni!

Oggi però mi chiedo, cosa sarebbe della chiesa se i suoi capi spirituali avessero avuto il

coraggio, al di là dell’ambiente, di portare avanti la missine di Gesù?

AMA!

E cosa sarebbe della scuola se ci fossero stati più Socrate, conviti che non c’è niente da

mettere in nessuno, ma solo da portar fuori con le domande giuste?

“L'efficacia nel porre la domanda giusta è dimostrata dall'esempio del ragazzino che fu

aggredito, un giorno, da un altro ragazzo prepotente. Giurando vendetta, egli si procurò una

pistola e affrontò il suo persecutore. Però, poco prima di premere il grilletto, si domandò "che

cosa mi succederà se sparo?".Un'immagine ancora più dolorosa di qualsiasi altra si focalizzò

nella sua mente e visualizzò la sua vita in galera. Cambiò mira e sparò, invece, contro un

albero. Questo ragazzino si chiamava Bo Jackson. Un cambiamento di mira, una decisione

che confrontò dolore con piacere, probabilmente creò la differenza tra un giovane senza

futuro ed un giovane che un giorno sarebbe diventato uno dei nostri più grandi miti

sportivi.”63

Era proprio necessaria tutta la sofferenza di quella bimbetta?

O forse si sarebbe potuto e dovuto educarla a imparare che lei non era i suoi comportamenti.

Che la mappa non è il territorio64

, e che la strada verso sé sarebbe potuta consistere nell’usare

63

Robbins Anthony , Passi da Gigante, Michele Tribuzio Editore, [Ebook ITA] _Giant Steps_.pdf, p.13 64

Bandler & Grinder, La struttura della magia, Astrolabio, 1981Roma, p. 25 “Sono stati molti i pensatori che

nella storia della cultura Hanno sostenuto questo punto: che vi è un’irriducibile differenza tra il mondo e

l’esperienza che ne abbiamo. Noi esseri umani non agiamo direttamente sul mondo. Ciascuno di noi crea una

rappresentazione del mondo in cui vive creiamo cioè una mappa o modello che usiamo per originare il nostro

comportamento. La nostra rappresentazione del mondo in cui lo percepiremo, le scelte che ci sembreranno

disponibili vivendoci dentro.

“Occorre…rammentare che l’intero mondo delle rappresentazioni, nella sua totalità {la mappa o modello}, non è

affatto destinato a essere un’immagine della realtà_ scopo che gli sarebbe impossibile adempiere_ ma è piuttosto

uno strumento per meglio orientarsi nella realtà stessa.”

H.Vaihinger, La storia del come se, p.29

Non vi sono due esseri umani che abbiano le stesse esperienze .Il modello che ci creiamo per dirigerci nel mondo

si fonda in parte sulle nostre esperienze quindi ciascuno di noi di può creare un diverso modello del mondo che

condividiamo e giungere così a vivere in una realtà alquanto diversa

38

i propri pensieri per condursi a cambiare azioni e comportamenti, e trovare così strategie

socialmente accettate, e diverse a seconda dei dove e quando diversi che l’ambiente propone,

per esprimere la sua identità, e non, cambiare quest’ultima, dalla quale disallinearsi costa la

felicità di una vita.

L’educazione emotiva alla struttura del pensiero e del cambiamento avrebbe potuto fare la

differenza. E l’ha fatta. La bimbetta ormai donna, incontrando la PNL, è riuscita a comporre il

quadro delle sue competenze, allargano il suo circolo di comprensione fino a trovarne il

sistema, il pensiero che pensa se stesso, che il loro utilizzo determina, permettendosi di

tornare ad essere ciò che in principio era, aveva cioè riassunto la leadership della propria vita.

“Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro

appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un

bambino, non entrerà in esso.”65

E non tanto perché in essi non siano presenti tutte le forme di

perversioni, come sostiene Freud, che li cristallizza in un io , inteso come incapacità di

distinguere il mio dall'io, che alimenta quell’illusione egoica di un forte desiderio d’esistenza

individuale che nasce dalla ricerca del piacere a breve termine piuttosto che dalla scelta di

dirigere la propria vita in funzione di una felicità che inglobi l’altro da sé come una ricchezza

e non come un limite. Ma quanto perché, comunque, in queste perversioni egoiche essi sono

allineati con i lori valori, ed ogni loro manifestazione, anche se nel dove e quando esagerata e

inadeguata, rimane pura di cuore ed è per questo che di essi è il regno dei cieli.

Non varrebbe dunque la pena di intervenire prima che avvenga questa separazione tanto

dolorosa, fornendo loro la chiave per gestire questa conflittualità, educandoli a distinguere tra

comportamenti e identità ed insegnando loro, con il tipico linguaggio chiaro e stringente della

logica scientifica, che si poggia sull’esperienza anche e soprattutto emotiva, come afferma

Einstein, che: "Un essere umano è parte di un intero chiamato universo. Egli sperimenta i suoi

pensieri ed i suoi sentimenti come qualcosa di separato dal resto: una specie d’illusione ottica

della coscienza. Questa illusione è una specie di prigione. Il nostro compito deve essere quello

di liberare noi stessi da questa prigione, attraverso l'allargamento del nostro circolo di

conoscenza e comprensione, sino ad includere tutte le creature viventi e l'interezza della

natura nella sua bellezza" 66

...occorre notare importanti caratteristiche delle mappe. La mappa non è il territorio che essa rappresenta, ma, se

è esatta, ha una struttura simile a quella del territorio, che ne spiega l'utilità.”

A. Korzybski,Science & Sanity, 43 ed., 1958, pp. 58-60” 65

Il Vangelo di Marco 10, 13-16 66

Einstein A., L'autobiografia scientifica, Boringhieri, Torino 1979, p 61

39

Le eventuali carenze nelle capacità emozionali, che ci indirizzano verso la via suggerita da

Einstein, “sono un insieme di abitudini e di risposte passibili di miglioramento, purché ci si

impegni a tal fine in modo giusto.”67

E allora perché non insegnarlo a scuola questo modo giusto? Perché perdere tempo e fare

fatica per destrutturarne vecchie abitudini quando potremmo crearne da subito di valide?

Così che si possano costruire delle vie neuronali preferenziali già corrette alla base, che

scorrano su binari di felicità e che in un’ analisi di costi benefici sono molto più convenienti

che dismettere una vecchia linea ferroviaria, che comunque resterebbe a disposizione,

parafrasando Ada Cortese, ogni qualvolta ci si sentisse di nuovo soli, nel repentino e subdolo

cambio di registro su cui l'altro si sposta e dal quale osserva e giudica.

67

Goleman D., Intelligenza emotiva, op.cit., p 65

40

3. Capitolo

Romeo e Giulietta secondo noi

Storia di un prodotto

punto di applicazione didattica

secondo una leadership creativa

che sappia e provi a sviluppare

un’educazione emotiva.

Ogni anno la mia didattica termina con un prodotto che nasce dal viaggio compiuto, dalle

scoperte e dalla crescita che il nostro gruppo ha saputo fare insieme, arricchito dall’apporto

individuale e dai cambiamenti personali di ciascuno.

Concentrarsi su prodotto concreto che si può vedere e toccare permette di focalizzare il

gruppo su qualcosa che ne sia l’espressione della capacità di funzionare applicata ad un fine,

valido feedback di ciò che è efficace e di quello che deve essere ancora migliorato, proprio

perché la sua concretezza lo determina come “oggetto di conoscenza”.

La continuità didattica nella mia classe, ormai una quarta elementare, mi ha permesso di

portare avanti un discorso congruente, che ormai da due anni si è ben consolidato, avendo

finalmente trovato una collega che, seppur precaria, ne condivide i valori e che per questo

continua a scegliere di tornare in una classe di una scuola classificata a rischio.

Dove però si piange, si ride e si vive insieme in un legame scuola famiglia, tanto faticoso

quanto necessario per condividere i valori che si perseguono, dove il transfert68

è accettato

68

Patch Adams, film del 1998, liberamente tratto L’uomo: Hunter Campbell "Patch Adams, dottore

dall'autobiografia di Hunter "Patch" Adams, in medicina nato il 28 maggio del 1945 a

magistralmente interpretato da Robin Williams Washington, D.C.

Riporto questo monologo tratto dal film, in cui mi riconosco, con le dovute traslazioni in ambito scolastico, che

spiega e motiva le mie scelte rispetto al distacco professionale.

“Un medico non è qualcuno che aiuta qualcun altro? Quand’è che il temine medico ha preso un accezione

reverenziale?…ha che punto della storia un medico è diventato più di un dotto amico che curava e visitava gli

infermi?...cos’ha la morte che non va, di cosa abbiamo così mortalmente paura? Perché non trattare la morte con

un po’ di umanità e dignità e decenza e Dio non voglia perfino di umorismo. Signori il vero nemico non è la

morte, vogliamo combattere le malattie? Combattiamo la più terribile di tutte, l’indifferenza. Nelle vostre aule ho

assistito a delle disquisizioni sul transfert e la distanza professionale, il transfert è inevitabile signori, ogni essere

41

come parte inevitabile dei rapporti personali che si creano e il distacco professionale bandito

nella scelta responsabile di correre il rischio che questo comporta con l’intento di creare dei

feedback genuini che siano utili anche se dolorosi. Dove le divergenze vengono risolte con

discussioni animate ma mai messa in dubbio l’intenzione che muove l’ingranaggio: l’amore.

Il valore che rende tutto possibile poiché a un genitore, qualunque sia il suo livello di

comprensione arriva forte chiaro e quando fra loro c’è qualcuno capace di esprimerlo ne

diventa portavoce regalando emozioni firmate 4A di cui essi sono parte come e tanto quanto i

loro figli.

“Quando pensi di avere una discreta conoscenza delle cose e di conoscere tuo figlio in

maniera soddisfacente, ti arrivano due Tizie che seppur titolate, entrano nella tua vita come un

uragano.

E sono talmente determinate nel loro dire e nel loro fare che ti ritrovi praticamente ogni volta

tra i banchi di scuola a rifare i conti con te stesso, e poi che dire della loro coesione:

IMPRESSIONANTE!

Dove cede l’una, pronta interviene l’altra, a sostegno di un progetto che mai potrà essere

accantonato.

Come si può limitarsi a scrivere due semplici righe su un piccolo biglietto di auguri a due tizie

che per tutto l’anno scolastico si sono sostituite a noi genitori per tante ore e come se non

bastasse per pochi ma lunghissimi giorni anche di notte.

Quest’anno, infatti, dopo tante incertezze, purtroppo ben motivate, si sono avventurate in

questo viaggio dell’amore. In questo termine è racchiuso tutto quanto si possa immaginare,

dal messagino del tramonto, al bacino della buona notte. E se al termine di questa vacanza

umano ha un impatto su un altro essere umano, perché vogliamo evitarlo in un rapporto paziente medico? E’

sbagliato quello che insegnate nelle vostre lezioni, la missione di un medico non deve essere solo prevenire la

morte, ma migliorare la qualità della vita, ecco perché se si cura una malattia si vince o si perde, se si cura una

persona vi garantisco che in quel caso si vince qualunque sia l’esito della terapia. Qui vedo oggi un’aula piena di

studenti di medicina, non lasciatevi anestetizzare non lasciatevi intorpidire di fronte al miracolo della vita… e

non aspettate di stare in corsia per acquisire la vostra umanità, sviluppate subito la vostra capacità di comunicare,

parlate con gli estranei, con gli amici, con chi sbaglia numero, con chi vi capita…

Io volevo diventare medico per assistere il mio prossimo e così ho perso tutto, però così ho anche guadagnato

tutto. Ho condiviso le vite dei pazienti, del personale dell’ospedale, abbiamo riso insieme e pianto insieme,

questo è ciò che voglio fare nella mia vita e Dio mi è testimone, comunque decidiate oggi, guarderò ancora a

questo mio scopo con fiducia, diventare il miglior medico che il mondo abbia mai visto. Voi avete la facoltà di

impedire che io mi laurei, potete impedirmi di ottenere il titolo, il camice bianco, mo non potete controllare il

mio spirito, non potete impedirmi di apprendere, non potete impedirmi di studiare. A voi la scelta, avermi come

collega di lavoro passionale, oppure avermi come voce fuori dal coro, sincera ed appassionata, in entrambe i casi

verrò forse considerato come una spina, ma vi prometto una cosa sarò una spina che non riuscirete a togliere.”

42

Riccardo, con un bel sorriso, era pronto a sacrificare un altro dito pur di ripetere un esperienza

simile, vuol dire che l’isola degli sfigati” ha avuto grande successo.

Sono forse queste piccole, ma grandi cose che danno la forza e il coraggio a due maestre così

di lottare guardando sempre avanti perché poco distante c’è sempre un bambino che aspetta…

Per quello che fate con impegno e amore ogni giorno GRAZIE dalla 4°”

Premesso che i valori fra me e la mia collega sono condivisi, remiamo cioè, nella stessa

direzione e che sono quelli espressi nei capitoli precedenti, vi è rispetto delle diverse

modalità, nel cosa e come, esercitiamo la nostra leadership, di volta in volta spostandoci

all’interno dei 6 stili69

proposti da Goleman a seconda dell’obiettivo particolare che in quella

data situazione vogliamo raggiungere, assumendo un comportamento con alto orientamento

alle relazioni e alto orientamento al compito.

Diventando ognuna delle due delegata efficace a certe mansioni decise dall’altra a seconda

che la leadership centrata su un obiettivo specifico sia esercita da una piuttosto che dall’altra.

Fortunatamente ci completiamo e le capacità che abbiamo sviluppato secondo i nostri

interessi personali sono diverse. Chi eserciterà la leadership a seconda del diverso obiettivo è

motivo di sollievo per l’altra, piuttosto che causa di contrasto. Chi diventa di supporto ha

l’importantissimo ruolo di motivare l’altra, rispetto ai limiti e le coercizioni che l’ambiente

inevitabilmente esercita, rifocalizzando l’obiettivo all’interno della cornice risultato piuttosto

che nella cornice problema in cui gli eventi di volta in volta lo spostano, all’interno di un

sistema dove l’ambiente di ascolto non è favorevole, e ne paralizzerebbe la realizzazione, se

la nostra comunicazione efficace, non fosse capace di ripulirne i feedback da quelle

componenti di immobilità e di quella cultura del no che alimentano le paure, per mantenerne

solo gli spunti creativi, che ognuna delle due mentore dell’altra e scelta come voce

significativa, all’interno di un bombardamento di messaggi critici70

che proviene da ogni dove

e da ogni livello gerarchico del sistema, riesce ad estrapolare diventando buona consigliera

dell’altra poiché non coinvolta direttamente nel piano o nell’attività che in quel momento

viene presentata.

69

Goleman D & Boyatzis E. & Mckee A., Essere leader, cap. 4 e 5

Leader Visionario è molto motivante (tipo “I a dream”), indica al gruppo la meta, non la strada

Leader Coatch, delega e fa crescere le persone accanto a lui. E’ colui che scopre altri leader. Indica al

gruppo i punti di forza e di debolezza, spende in formazione.

Leader Affiliativo cura i sentimenti dei dipendenti, non è capace di licenziare

Leader Democratico ascolta l’opinione dei dipendenti, fa si che leggi siano uguali per tutti. E’ il tipo

“Parliamone”

Leader Battistrada non crea motivazione. E’ molto esigente. E’ diretto solo all’obiettivo

Leader Autoritario da comandi. “Si fa così perché lo dico io” 70

Dilts R.,Il potere delle parole, op. cit, pp 58 59

43

La micro organizzazione del sistema classe è efficace, lo dimostra il successo nel

raggiungimento degli obiettivi.

Durante la realizzazione dei quali possiamo assistere a forme diverse di allineamento rispetto

al compito e alle relazioni, che ne determinano il cambiamento e la crescita.

Rispetto al compito:

Allineamento dello spazio professionale con lo spazio problema da affrontare

Allineamento spazi percettivi degli attori coinvolti

Allineamento fra i livelli implicati nel compito

Allineamento dei livelli di comunicazione

Rispetto alle relazioni:

Allineamento dei diversi livelli di una singola persona all’interno del ruolo svolto

Allineamento dei livelli di esperienza fra soggetti con ruoli diversi

Allineamento dei livelli che contraddistinguono le diverse parti di una stessa persona.

La realizzazione dello spettacolo Romeo e Giulietta secondo noi ne è una valida

dimostrazione.

Premesso che, perché si verifichino gli allineamenti al compito è necessario un continuo e

flessibile aggiustamento dei livelli rispetto alle relazioni, proviamo a schematizzare come è

avvenuto questo allineamento nella produzione teatrale di Romeo e Giulietta.

44

Il prodotto matura man mano che gli attori che ne fanno parte, tutti, leadership

compresa, migliorano e maturano le loro competenze emotive.

Allineamento dello

spazio professionale

con lo spazio

problema da

affrontare

Non vi è disallineamento se si considera il programma come punto di applicazione e di

conoscenza del funzionamento del pensiero che lo produce

Allineamento spazi

percettivi degli attori

coinvolti

ASSEGNAZIONE DEI RUOLI

Non vi è disallineamento se si considerano le competenze o intelligenze multiple71

degli attori coinvolti, se si assegnano i ruoli tenendo conto della gratificazione che il

riconoscimento delle stesse genera nel suo portatore e se si persegue il fine di una

educazione emotiva nella quale il contributo di ciascuno al gruppo, quale sia il suo

ruolo, è importante al fine della realizzazione del prodotto, per cui la capacità di

allineamento degli spazi percettivi dell’attore coinvolto diventa un valore fine della

sua educazione emotiva in termini di:

Conoscenza delle proprie emozioni

1. riconoscerle e denominarle

2. comprenderne le cause

3. differenziarle tra sentimenti e azioni

Controllo delle emozioni

1. sopportare la frustrazione e controllare la collera

2. esprimerla adeguatamente senza combattere

3. affrontare lo stress

che si intende rafforzare col progetto.

Allineamento fra i

livelli implicati nel

compito

INDIVIDUARE I COMPITI CHE APPARTENGONO A CIASCUN RUOLO

SIA ESSO RECITATIVO O TECNICO

Compreso che ogni ingranaggio è importante per far funzionale la macchina che

produrrà il risultato, ognuno deve essere nel suo compito percependo quello dell’altro.

In termini di educazione emotiva:

1. Indirizzare le emozioni in senso produttivo

1. senso di responsabilità

2. concentrazione

3. autocontrollo

Allineamento dei

livelli di

comunicazione

Sviluppare una comunicazione efficace con sé stessi in funzione dello svolgimento del

compito e con gli altri nel sistema, che permetta a tutti livelli allineati di funzionare in

direzione del prodotto.

In termini di educazione emotiva:

Leggere le emozioni

1. assumere il punto di vista altrui

2. sensibilità verso i sentimenti altrui

3. capacità di ascoltare

Gestire i rapporti 1. risolvere i conflitti e negoziare i contrasti

2. sicurezza di sé

3. interesse e premura verso gli altri

4. disposizione alla collaborazione

5. democrazia

71

Come sostiene Gardner nell’intervista che Goleman pubblica sul The New York Times Educational

Supplement del tre novembre 1986 E’ arrivato il momento di ampliare la nostra gamma dei talenti”

Da intelligenza emotiva p.59 sempre su Gardner“…“…Non esiste un numero magico che denoti la molteplicità

dei talenti umani, A un certo punto Gardener e colleghi hanno allungato questa lista fino ad individuarne venti

diverse. L’intelligenza interpersonale, ad esempio, venne frammentata in quattro abilità distinte: la

predisposizione alla leadership, la capacità di alimentare relazioni e di conservare amicizie, l’abilità di risolvere i

conflitti e la bravura di quel tipo di analisi sociale.

45

Nascita e resoconto del progetto

obiettivi didattici ed emotivi

Uno spettacolo, per i motivi riportati al capitolo due, la cui messinscena conservi le intenzioni

della mia mentore Beatrice Bracco, è uno strumento utile di per se stesso a migliorare le

competenze emotive.

La sua produzione, nell’aspetto organizzativo, ne amplifica i risultati.

La sua registrazione fornisce un feedback oggettivo, per quanto possa essere oggettiva una

realtà osservata, che viene comunque influenzata nei suoi risultati a seconda di chi compie

l’osservazione.

Detto questo:

Il progetto nasce da un esperimento didattico che ho cominciato a lavorare da settembre.

Mi sono chiesta se fosse possibile far lavorare i miei bambini 9/10 anni su un linguaggio del

1600 in modo che essi ne comprendessero l’intensità dei sentimenti, nell’espressione migliore

che questi potessero linguisticamente prendere, così come Shakespeare aveva deciso di

renderli, nella convinzione Riconiana che un racconto permette di sospendere il giudizio sui

personaggi e nella catarsi ci rende capaci di riconoscerne le intenzioni, se non addirittura i

valori che ne motivano le azioni.

Ho scelto Romeo e Giulietta storia che alla loro età mi colpì molto.

In questi anni di didattica dei film, che è partita dai cartoni animati di Disney, di modo che di

questo mezzo possano riconoscerne le trappole e gustarne l’opera d’arte, proprio come

conoscere la tecnica che usa un pittore permette di leggerla a più livelli e di arricchirsene da

diversi punti di vista, non è stato facile sviluppare nei bambini quella capacità di

concentrazione tale da potergli permettere una visione completa dell’opera.

La velocità di montaggio, di cambi e colpi di scena a cui essi sono abituati non è più la stessa

di quando io avevo la loro età.

L’evoluzione della tecnica, salvo il contenuto, classico del processo del pensiero umano, lo

attualizza alla complessità e velocità delle forme del pensiero che evolvono.

Romeo + Giulietta, film di Baz Luhrmann del 1996, mi è venuto in aiuto.

Stupendomi, li ha così coinvolti che, contrariamente a tutti gli altri film che abbiamo visto e

analizzato, su moltissimi piani, non ultimo quello propriamente didattico e formale,

facendone:

dettature di testi,

analizzandone la grammatica,

46

la semantica,

le figure retoriche,

classificazioni dei generi con riferimenti a quelli letterari

senza dimenticarne l’educazione emotiva in termini di

azioni, intenzioni, espressioni e sentimenti dei personaggi

e quant’altro di interdisciplinare potessero suggerire; questa volta la visione dell’opera non

poteva e voleva essere disturbata dalla sua interruzione, con pause di carattere didattico, di

qualsiasi natura appunto esse fossero, e che di solito erano funzionali anche ad una

ricomposizione dell’ordine che l’attenzione calante disorganizzava.

Il film li ha entusiasmati fuori da ogni aspettativa, era ora possibile, come d’abitudine se

esistono più versioni dello stesso film, più letture, più interpretazioni, più punti di vista,

passare alla versione più classica più vicina a quella che Shakespeare aveva scritto, così siamo

passati al Romeo e Giulietta72

di Franco Zeffirelli del 1968, anche qui le interruzioni

didattiche della visione sono state pochissime perché non gradite, la concentrazione è rimasta

alta e la commozione dell’auditorium commovente.

La didattica è stata rimandata in classe, dove dopo aver aperto un dibattito analizzato le

metafore e le similitudini più belle, letto dal libro le scene che più li avevano colpiti,

sbobinato e dettato dal film di Luhrmann le stesse scene confrontandone l’adattamento,

condotto un’analisi del testo arricchita dall’esperienza di ciascuno come risposta alla

domanda: non vi è mai capitato di trovarvi a vivere una simile esperienza?

Fatto l’abituale tema sulle differenze della versioni, risposto a un questionario, e infine

ognuno di loro ha dato la sua versione del cuore della storia, da cui sono nati alcuni temi che

sono stati inseriti all’interno dello spettacolo, giustificandone il titolo, secondo noi.

72

Romeo e Giulietta,film del 1968, di Franco Zeffirelli Romeo + Giulietta, film del 1996, di Baz Luhrmann

47

Di A. H.

Una volta, o un giorno, avevo fatto un tema che si intitolava “Romeo e Giulietta”. Io mi ero

concentrata tanto, però ho fatto lo stesso tanti errori, ma la maestra ha detto, e mi ha anche

scritto: “ Brava Angela 10 e lode, continua così, quando sarai padrona della grammatica e

della lingua potrai esprimere i tuoi sentimenti senza bisogno di me e io sarò felice di leggerti

come lo sono oggi” Io mi sono sentita fiera di me e la maestra, lei era fiera di quello che

avevo fatto. La strategia che ho usato è stata quella di concentrarmi su quello che stavo

facendo, mi sono detta che dovevo farcela e me lo sono ripetuta tante volte.

Di A. V.

Il cuore della storia è l’amore tra Romeo e Giulietta. I Montecchi non andavano d’accordo

con i Capuleti, nutrivano troppo odio fra di loro, se fossero riusciti a parlare non sarebbe

morto nessuno.

Nel film, mi è stato molto simpatico Mercuzio che era un ragazzo di colore, perché tutti, di

tutti i colori possiamo andare d’accordo basta che si parli, poi si era anche vestito da femmina

e mi ha fatto molto ridere, infatti anche Romeo ci andava d’accordo, erano molto amici. Mi è

stata molto simpatica anche la balia quando chiamava Giulietta, perché strillava per tutta casa.

“Uliettaaaaaaa”, con le braccia per aria e sembrava una matta

Di A. H.

Per me il cuore di questa storia è l’amore impossibile tra Giulietta e Romeo.

Questo film mi ha fatto capire che innamorarsi proprio del tuo più acerrimo nemico potrebbe

causarti dei guai, proprio come è successo a Romeo e Giulietta.

Per Romeo il fatto che si fosse innamorato della sua rivale non era importante.

Giulietta era la promessa sposa di un altro ragazzo, molto ricco, a me dispiaceva per Giulietta,

ma quando Romeo la prese per mano e le parlò come stesse recitando una poesia, Giulietta si

lasciò andare al suo amore e si diedero un bacio, in quel momento mi è venuta la pelle d’oca.

Dopo quel bacio i due ragazzi si dovettero salutare perché la festa dove si erano incontrati

stava per terminare e proprio mentre Romeo stava per andarsene scoprì che Giulietta era una

Capuleti, nello stesso momento anche Giulietta seppe che Romeo era un Montecchi. Lì ho

creduto che loro avrebbero litigato, ma mi sono sbagliata.

Giulietta, invece, quando si ritrovò da sola al bordo della piscina di casa sua, non sapendo che

Romeo la stesse ascoltando, cominciò a parlare così: “anche se la rosa non si chiamasse rosa

profumerebbe allo stesso modo”

48

Per me questa storia è stata un po’ violenta e mi ha fatto anche un po’ paura come quando

Romeo uccise Tebaldo e anche quando Romeo e Gilietta si sono suicidati.

Di A. S.

Romeo e Giulietta si erano appena sposati, Romeo era molto contento, lui iniziò a dirlo a tutti

i Montecchi. Dopo un po’ arrivarono i suoi più grandi nemici, la banda dei Capuleti,

capeggiati da Tebaldo, il cugino di Giulietta, loro volevano fare la guerra, però arrivò Romeo

che non voleva fare la guerra, così disse a Tebaldo, “ Tebaldo tu per me sei come un fratello”,

ma lui non lo volle ascoltare e iniziò a prendere a calci Romeo. Mercuzio, il migliore amico di

Romeo, non poteva stare a guardare quindi attaccò Tebaldo e lo spinse contro una finestra che

si ruppe in mille pezzettini. Quando Mercuzio si avvicinò a Tebaldo che aveva un pezzo di

vetro in mano lui lo tagliò, Mercuzio strillò forte: “ è solo un graffio”, ma invece non era un

graffio, era una ferita grave che lo uccise. Romeo infuriato sparò a Tebaldo. Alla fine Romeo

morì perché aveva bevuto una pozione per morire e Giulietta si sparò in testa.

Di D. V.

Giulietta pianse tanto, quando seppe che suo cugino Tebaldo era morto proprio per mano del

suo amato Romeo così la madre credette che l’avrebbe tirata su di morale dicendole che si

sarebbe sposata.

Giulietta, invece, corse dal prete e si fece dare un sonnifero e prima di addormentarsi lo

bevve.

Romeo quando la vide credette che fosse morta e corse a farsi dare un veleno, andò da

Giulietta e bevve tutto il veleno.

Giulietta si svegliò ma era troppo tardi e Romeo morì, Giulietta prese la sua pistola e si sparò.

Questo film mi ha insegnato che la morte fa piangere e la vita non si sa mai com’è.

Quando un mese prima della chiusura della scuola per le vacanze natalizie si è posto il

problema dello spettacolo, la didattica che si era sviluppata intorno ai film era di una

consistenza tale, che la scelta pareva obbligata.

E’ mia abitudine, nelle rappresentazioni, che i bambini propongano qualcosa che sia il sunto

di quello che è stato il loro lavoro, didattico e sensoriale e di crescita emotiva.

Certo il progetto era ambizioso, ma in quarta elementare mi sembrava giusto provarli su un

vero testo teatrale, anche perché la loro educazione nel campo era già maturata negli anni

precedenti.

49

Il feedback di un mio collega, la critica era: “come puoi tirar su uno spettacolo cominciando

dal nulla in tre settimane? Per uno spettacolo del genere servirebbe almeno un anno di

preparazione!”

Mi sembrava la cosa più semplice da fare, quella che loro conoscevano meglio, lo spettacolo

non nasceva dal nulla ma su qualcosa di ben consolidato.

Dopo la stesura del copione si sono fatti dei provini, tutti hanno scelto liberamente su cosa

volevano provarsi, e l’assegnazioni dei ruoli è stata fatta democraticamente dal gruppo classe,

sul criterio di credibilità: chi era riuscito a convincerci di più?

I ruoli sono stati attribuiti anche nel sistema organizzazione spettacolo con il criterio di far

esprimere il talento naturale di ognuno e di sviluppare competenze emotive mancanti in altri.

Definiti dunque i comportamenti che ognuno doveva attuare sono nati i primi problemi di

relazione

Allineamento dei diversi livelli di una singola persona all’interno del ruolo svolto

Allineamento dei livelli di esperienza fra soggetti con ruoli diversi

Allineamento dei livelli che contraddistinguono le diverse parti di una stessa persona

Quali erano le strategie e le mappe mentali che i bambini dovevano sviluppare per orientarsi

verso il compito determinato dal ruolo a loro assegnato?

Quali le credenze personali che dovevano cambiare per poterlo accettare e motivarsi nel farlo

al loro meglio?

Tutti i ruoli sono importanti e l’assunzione di responsabilità nello svolgerli determina il

successo nel raggiungimento dell’obiettivo spettacolo.

Per tutti

sviluppo della presenza---ascolto attivo---non fare presupposizioni---reagire al momento a

quello che accade---controllare il proprio pensiero che pensa già di sapere mantenendolo

ancorato alla realtà sensoriale che sta vivendo in quel momento---non anticipare---controllare

che nell’ambiente vi siano le cose occorrono---capacità di improvvisare se qualcosa non va

come deve senza bloccare l’azione---rimandare qualsiasi divagazione della mente tenendosi

concentrati sull’obiettivo e sui compiti da svolgere per ottenerlo---gestione dell’emozione

come forza propulsiva allo spettacolo, controllo del circolo di pensieri che la concettualizza

come paura e bloccherebbe l’azione, sua integrazione nelle motivazioni del personaggio—

distinguere fra ciò che il personaggio è e fa e sé stessi, superamento della vergogna di

mostrasi perché ciò che si mostra è qualcosa che potremmo essere se fossimo il personaggio

50

che stiamo interpretando.

Per i protagonisti

Fiducia nella capacità di svolgere il ruolo a loro assegnato

Per i non protagonisti

Superare la frustrazione legata alla convinzione che l’importanza personale sia data

dall’importanza del ruolo che in quel momento specifico nel dove e quando si svolge.

Sfruttare l’opportunità che quel ruolo offre per sviluppare le competenze che occorrono per

interpretarne altri più consistenti e che non si sono ancora maturate, la mancanza delle quali

ha determinato l’assegnazione dei ruoli così come democraticamente è avvenuta.

Lavorare con la domanda che strategia usa chi riesce?

Per i tecnici

Sviluppare la convinzione dell’importanza del proprio ruolo perché tutto il sistema funzioni

senza intoppi.

Il lavoro è stato duro, i problemi di relazione i più difficili da gestire ma d’altronde ne erano

lo scopo ultimo, tutti imparavamo e crescevamo nello sviluppo di quelle competenze emotive

che occorrevano per essere un gruppo centrato su un obiettivo.

Lo spettacolo di Natale è andato bene, ma la mia sensazione fu che l’ingranaggio non aveva

funzionato come doveva, mi sembrava di aver assistito ad un ottima prova generale, il

feedback del video parlava chiaro, la gestione dell’emozione, da parte di alcuni degli attori

coinvolti, non aveva funzionato compromettendone il risultato, alcuni di loro erano

sopravvissuti all’esperienza altri l’avevano proprio buttata.

La presenza del pubblico li aveva deconcentrati. I loro pensieri erano distratti dal giudizio e si

vedeva. In scena non c’erano degli attori che si godevano l’esperienza di essere quei

personaggi, ma dei bambini che, seppur ricordavano splendidamente a memoria il testo, che è

ben più di una poesia, cercavano di capire cosa il pubblico pensasse di loro.

Un grande piccolo successo era stato comunque raggiunto da A, bambino su cui avevo

continuavo ad interrogarmi cambiando strategia per tentare di raggiungere: era stato un

Mercuzio meraviglioso.

Proprio nel corso di leadership tenuto da Daniela Moretti, nei miei appunti, segnalavo come

Vision: “A. che alza le braccia, abbandona la paura del giudizio (la vergogna) sorride e

gioioso diventa un grande mago e sprigiona la sua creatività.”

Vision realizzata!

In qualsiasi cosa si applicasse non riuscivo a farlo lavorare, ogni tipo di espressione era

51

bloccata, il suo tema, che ho inserito nello spettacolo, è stato il primo miracolo.

Tutto il lavoro teatrale gli ha fatto prendere definitivamente coscienza di uno dei suoi talenti:

recitare, che ha aperto la via della didattica in tutte le direzioni, la convinzione di non poter

riuscire, di non poter imparare, era stata sfatata dagli eventi, la sua identità nell’autostima

ritrovata, cambiava definitivamente lasciando posto a un nuovo valore: tutto si può imparare

anche se costa impegno e dedizione.

“Se si assume un atteggiamento per cui tutto è possibile, si scoprirà che tante cose che erano

ritenute impossibili, diventano possibilissime”73

Ma lo spettacolo non era Alessandro, qualche giorno dopo feci vedere ai bambini Momenti di

gloria74

film di Hugh Hudson, del 1981 e tratto dalla storia vera degli universitari di

Cambridge che si allenarono per partecipare alle Olimpiadi del 1924 di Parigi.

Particolarmente abbiamo analizzato una delle sconfitte pre olimpiadi dei protagonisti,

Abrahams. Nel film lui stesso riviveva continuamente il taglio del traguardo, che aveva

segnato la sua sconfitta, quando riuscì a focalizzare cosa non aveva funzionato: si era girato

per vedere dove fosse l’avversario e quel decimo di secondo gli era costato la vittoria.

Prima che il film svelasse il cosa aveva fatto Abrahanm che lo aveva fatto perdere, lo chiesi ai

bambini che in metaposizione visiva erano riusciti a cogliere esattamente quello che il film e

il suo autore successivamente avrebbe raccontato con espedienti di montaggio e anche

prendendo ad esempio e analizzando le strategie di altri velocisti che erano stati già medaglia

d’oro alle olimpiadi.75

Quella sconfitta, di cui aveva retto la frustrazione senza rinunciare

73

Bandler R., Usare il cervello per cambiare, op cit., p114. Leggendo La mia voce ti accompagnerà di M.

Erickson, cap 2, in cui ci racconta come ha reimparato a camminare dopo una poliomelite ci svela uno dei suoi

principi più importanti, p.38: “la fiducia che la persona possa trovare, nella propria storia naturale, le risorse per

superare il problema per il quale sta cercando aiuto…esse possiedono delle risorse delle quali non si rendo

conto”

74

Momenti di gloria, film del 1981, di Hugh Hudson. 75

Robbins Anthony, Come ottenere il meglio da se e dagli altri, Ebook PNL.pdf, p.31 “Il ricalco dell'eccellenza

comincia dall'imitazione delle credenze. Ci sono cose che per essere imitate richiedono tempo, ma se si ha modo

di leggere, riflettere e ascoltare, si possono rispecchiare le credenze delle persone che al mondo hanno il

52

all’obiettivo, era servita ad Abrahams, per trovare la strategia giusta, non ripetere l’errore e

vincere la sua medaglia d’oro nel 1924.

Ora però, perché le riflessioni che avevamo fatto potessero essere provate, e non lasciassero

l’amaro di non avere una seconda possibilità, ho iscritto la classe alla festa delle scuole,

competizione teatrale, che ci ha permesso di portare il nostro spettacolo in un vero teatro.

Occasione, per me, di trasformare la critica del mio collega in buon consiglio: abbiamo

continuato a lavorare lo spettacolo per l’intero anno scolastico.

Nel frattempo siamo partiti per il campo scuola, progetto fortemente voluto dalla mia collega,

dove lo spirito di gruppo si è consolidato, abbiamo avuto la possibilità, grazie al maltempo, di

provare lo spettacolo più di una volta di fronte ad estranei, e dove gli esercizi sensoriali

venivano svolti dove i sensi tutti, immersi in un panorama naturale incantevole e maestoso,

hanno potuto sviluppare al massimo la loro capacità di percezione.

Quando i bambini sono saliti sul palcoscenico hanno dato una prova di loro, straordinaria.

Considerando il fatto che le prove in teatro sono avvenute lo stesso giorno della

rappresentazione, tutti i livelli organizzativi e tecnici hanno funzionato alla perfezione e dove

così non è stato, sapientemente integrati nella messinscena.

Gli attori, emozionati dell’emozione del personaggio, si sono divertiti nel permettersi di

essere ciò che fingevano di essere, coinvolgendo il pubblico che piangeva, rideva e

applaudiva guardandoli attraverso una quarta parete che ha potuto per un attimo far loro

dimenticare che chi stavano guardando erano i loro figli.

Ora, però, lo spettacolo, che aveva prodotto i risultati voluti, era all’interno di una

competizione, giudicato da una giuria che inconsapevolmente nella sua critica negativa non

aveva fatto altro che riconoscerne i pregi qui descritti, ma che data la sua insindacabilità

faceva prevedere una sconfitta che sarebbe stata difficilmente digeribile dai bambini che ne

avevano personalmente saggiato la gioia del successo, personale e di gruppo. Preparati al fatto

che il nostro obiettivo era stato raggiunto e la nostra vittoria era stata quella che avevamo

vissuto, la loro reazione è stata meravigliosa76

.

massimo successo. Quando J. Paul Getty ha cominciato la sua carriera, ha deciso di scoprire quali erano le

convinzioni delle persone di maggior successo, e le ha assunte a propri modelli. E voi potete consciamente

ricalcare le sue convinzioni, e quelle di moltissimi grandi leader, semplicemente leggendo le loro autobiografie.

Le nostre biblioteche traboccano di risposte a domande relative al modo di ottenere in pratica qualsiasi risultato

si voglia.” 76

A proposito delle critiche e delle voci che giungo dall’esterno riporto qui la risposta di Einstein, che non si

arrese mai allo sconforto, datata 5 aprile 1933, spedita probabilmente da Le Coq, ad una lettera che gli era giunta

presso l'Accademia belga, andata perduta, da un musicista di Monaco di Baviera.

Einstein A. a cura di Dukas, H. e Hoffman B., Il lato umano, Einaudi, Torino 1980, p. 75

53

Quando sono usciti dalla premiazione, hanno continuato a mantenere alta la convinzione che

nessun premio avrebbe potuto cambiare o invalidare ciò che i loro sensi avevano registrato e

categorizzato come vittoria, tanto che alcuni studenti liceali, che come loro erano stati

sconfitti e ne stavano subendo tutto il peso, vedendo la loro allegria, parlando tra loro, hanno

pronunciato ammirati queste parole: “però, vedi, la prendono con filosofia”

La critica

“ROMEO E GIULIETTA SECONDO NOI

Classe IV sez. unica

A cura di S. Dalloca e R. Vitale

Uno spettacolo teatrale che è rifacimento della riscrittura cinematografica postmoderna

dell’originale shakespeariano, anno 1996, del regista Baz Luhrmann. Il teatro che ritorna al

palcoscenico solo dopo esser passato attraverso la macchina da presa. La storia è arcinota, ma

i bambini sono molto presi, e l’esperimento di mettere i ragazzi faccia a faccia con la potenza

del teatro riesce, seppure siano solo pochi prescelti a goderne. La messa in scena è legata alla

versione filmica, della quale riprende quasi tutto, purtroppo anche le modalità di approccio

all’evento. I bambini sembrano, a volte, ignorare il pubblico, privandosi del divertimento di

un ulteriore pathos, che non sia quello della vicenda, ma che derivi dalla piena

consapevolezza di far parte di un ambiente che vive di doppia vita, quella dei personaggi, ma

anche, e forse più pregnante, quella dei ragazzi che recitano, insieme, alla presenza di altre

persone, in un teatro.”

Durante la premiazione mi sono informata su chi fosse l’autore di tale critica, dato che avrei

voluto poter scambiare qualche parola con lui.

Domanda alla quale sono seguiti questi scambi di e-mail fra me la direzione

dell’organizzazione della festa delle scuole.

Inviato: giovedì 27 maggio 2010

A: simona.dalloca

“... Non legga i giornali, si cerchi alcuni amici che condividano il Suo modo di pensare, studi i meravigliosi

scrittori del passato: Kant, Goethe, Lessing, i classici degli altri paesi. Si goda le bellezze naturali dei dintorni di

Monaco. Faccia finta di vivere, per modo di dire, su Marte, in mezzo a creature estranee, ed eviti di approfondire

qualsiasi interesse nelle attività di quelle stesse creature. Diventi amico di qualche animale. In questo modo Lei

tornerà a essere un uomo allegro e nulla potrà più turbarla. Si ricordi sempre che gli animi più alti e più nobili

sono sempre e necessariamente soli, e che perciò possono respirare la purezza della propria atmosfera.

54

Oggetto: Re:romeo e giulietta secondo noi

Gentile Simona,

mi scuso per i problemi tecnici che si sono creati per cui la recensione

non è uscita completa sul sito. Abbiamo provveduto subito a correggerla. Mi

dispiace molto della defaiance, spero che la stima reciproca rimanga

comunque e, spero anch'io, al prossimo anno.

Un cordiale saluto

R. P.

Inviato: giovedì 28 maggio 2010

A: R.P.

Oggetto: Re:romeo e giulietta secondo noi

Cara R.,

ti ringrazio di tutto e mi spiace che ci siamo conosciute solo alla

premiazione, la stima per il lavoro svolto è inalterata anche perché ne

comprendo le innumerevoli difficoltà e quanto l'impegno impagabile che il

supporto che avete dato a tutte le scuole, compresa la mia, debba esservi

costato. L'esperienza del palcoscenico è stata per i miei bambini tutti

inestimabile e per questo esprimo ancora una volta a tutti voi la mia

gratitudine.

Il danno della recensione è però ormai stato fatto, non credo che

l'aggiunta di due righe sul finale possa rimediare. Purtroppo, anche perché

l'esperienza per me era terminata il giorno della rappresentazione, i miei

genitori l'hanno letta e ne sono rimasti profondamente delusi, alcuni hanno

persino messo in dubbio la profondità delle emozioni che loro stessi

avevano provato nel vedere lo spettacolo, di cui avevano potuto apprezzare

quello che anche voi avete espresso, e loro non hanno potuto sentire, il

giorno della premiazione e dunque mi sono ritrovata costretta, all'indomani

della vostra pubblicazione, ad aggiungere parole alle vostre e così è nata

la lettera che ti invio in allegato...

Grazie ancora di tutto con l'augurio, per dirla alla Goleman, che questa

incomprensione riesca nella risoluzione del conflitto ad arricchire la

nostra "intelligenza emotiva", là dove ha ancora bisogno di crescere.

Simona Dalloca

ALLEGATO

Ai miei genitori,

mi ritrovo a rispondere a questa critica, che trovo assolutamente fuori luogo e che tra l’altro

non è neanche firmata, diffido sempre di chi non si prende la responsabilità di ciò che scrive,

perché per quanto io ne possa sorridere, mia sorella, persona di cui la voce è per me

significativa, mi invita a prendermi la responsabilità del mio lavoro, dice che questo è

importante per garantire un salto delle coscienze, visto l’imminente crescita personale

dell’umanità tutta. E dunque… non è un “rifacimento” ma un connubio fra i testi composti dai

bambini, dopo un laboratorio di cinema sul tema, e l’opera teatrale di Shakespeare che questi

hanno potuto apprezzare sia nella versione cinematografica di Luhrmann prima, più vicino

nella comunicazione e nel linguaggio filmico alla loro abituale mappa del mondo, che nella

versione di Zeffirelli poi, che molto più fedele all’originale e molto più lenta nel montaggio

55

sarebbe potuta risultare ostica alla comprensione e più noiosa alla visione cosa che invece non

è successa dato che la versione precedente aveva compiuto il miracolo di rendere un

linguaggio del 1600 moderno e attuale alle loro orecchie, così dei bambini di 9/10 anni sono

riusciti ad averne memoria non soltanto nella bocca ma anche nel cuore. La storia non è

“arcinota”, ma un classico. I “pochi prescelti a goderne” hanno potuto godere della presenza

scenica nei sentimenti e negli atti che ogni membro del gruppo ha avuto nello svolgere il

proprio e insostituibile ruolo, come ben si notava nel finale dove la felicità per il successo

ottenuto era di tutti e non di qualcuno, dove “la potenza del teatro” è stata il risultato di un

gruppo in cui ogni ingranaggio ha compiuto il lavoro che ha fatto “riuscire l’esperimento”

oltre che arricchire didatticamente e umanamente ognuno di loro che ha superato la

frustrazione del protagonismo a favore dell’arte e della conoscenza . Per quanto riguarda poi

“privandosi del divertimento di un ulteriore pathos, che non sia quello della vicenda”, hanno

fatto perfettamente, e la critica lo conferma, ciò che gli era stato chiesto, sono riusciti a vivere

la vicenda emozionandosi… emozionandoci, si sono calati nel ruolo sperimentando

totalmente e completamente il punto di vista dell’altro da sé, come Paul Ricoeur insegna,

fondamentale nella vita per risolvere i conflitti e motivo per il quale i giochi di ruolo, dice la

letteratura a cominciare da Morino, sono stati introdotti nell’ambiente educativo, e scegliendo

nella diatriba tra essere e apparire: l’essere. Ho idea che l’argomento in questione sia però qui,

posso sbagliarmi, una amabile quanto infinita disquisizione attoriale, squisitamente didattica

sul “metodo” e la “cara, vecchia accademia” di cui i bambini non sanno nulla e di cui gli

adulti dovrebbero evitare di parlare.

Grazie per l’attenzione.

Simona Dalloca

56

I pareri dei genitori in merito alla critica

“Leggendo la recensione di "Romeo e Giulietta secondo noi" sono rimasta abbastanza

amareggiata, siccome non ho percepito niente di positivo nella critica. Chi l'ha scritta sembra

non avesi accorto dell'entusiasmo dei bambini e dell'impegno che ci hanno messo nella

realizzazione dello spettacolo. Le parole usate sono piene di connotazioni negative ("storia

arcinota", "pochi prescelti", "privandosi del divertimento", "purtroppo", "ignorare"). Non vi è

traccia di apprezzamento o di incoraggiamento! L'autore non sembra capire che gli alunni non

sono attori, nemmeno degli aspiranti attori, che non si tratta di una scuola di teatro ma di una

semplice quarta elementare che ha dato il meglio di sé, imparando i dialoghi "impossibili" e a

tanta gente incomprensibili di Shakespeare e aggiungendo dei propri pensieri e sentimenti (il

che si vede dai temi da loro scritti e inseriti, anzi incorporati, nello spettacolo). Non è facile

trovare altri diciotto alunni di una quarta elementare che sanno a memoria e, forse più

importante, capiscono e interpretano le parole di Shakespeare!

Non avendo visto gli altri spettacoli non posso fare paragoni e senza dubbio in gara c'erano

spettacoli più riusciti e bambini che recitavano meglio, ma non credo che abbiamo meritato

solo commenti negativi.

Detto questo, oggi sono rimasta ancora più sconcertata e perplessa perché ho riletto la

recensione e me ne sono accorta che è stata cambiata, è diventata "meno dura".

All'improvviso "gli attori sono concentrati", è "buona la coesione del gruppo", "interessante il

movimento scenico", "giusto il ritmo". Niente di questo si trovava nella prima versione.

Qualcuno si è lamentato e ci hanno dato il "contentino"?

Con tutto il rispetto, vorrei dire all'autore o agli autori delle recensioni che non do peso alle

loro critiche, specialmente se non sono coerenti. Mi dispiace solo per loro che non hanno

colto niente delle emozioni dei bambini prima, durante e dopo lo spettacolo: l'aria importante

che si davano mentre si muovevano sul palcoscenico, la serietà con la quale recitavano e

l'entusiasmo del ballo finale quando si vedeva chiaramente che erano

pienamente "consapevoli della presenza di altre persone" al teatro.

Gabriella (mamma di D.)

P.S. Nemmeno una parola del nostro "tecnico del suono" A. che merita un applauso speciale

anche se non si è visto sul palco!”

57

“E quando lo spettacolo inizia e ti ritrovi seduto in poltrona ad ammirare sbalordito un gruppo

di bambini “la classe 4A” che interpreta non la solita recita di fine anno, che pur bella ma alla

portata di tutti, bensì la grande opera di Romeo e Giulietta, ti rendi conto che esiste un grande

talento che va riscoperto e valorizzato per quello che merita. Credo si tratti di un sogno che si

realizza, come genitore posso dire di aver provato un’emozione che va oltre ogni aspettativa.

Ed è a questo proposito che sento di non condividere in parte il parere della critica quando

vede i nostri bambini privati di un ulteriore pathos in quanto ignorano il pubblico. Al

contrario, invece, credo che l’emozione più forte mi è stata trasmessa dal fatto che mio figlio

non ha mai cercato di incrociare il mio sguardo pur arrivando al mio cuore in maniera così

forte da colmare i miei occhi di lacrime.

Concentrazione ed impegno hanno fatto da padroni in uno spettacolo riuscito alla grande che

oserei chiamare “lo spettacolo della vita” poiché quei bambini in quel momento ci hanno

insegnato che tutto è possibile.”

Rita (Mamma di A.)

“Dal mio punto di vista come genitore e spettatore di questa splendida interpretazione, ho solo

giudizi positivi. In generale lo spettacolo mi ha emozionato e mi sono piaciuti tutti! I bambini

sono stati spontanei concentrati a far bene tranquilli e gioiosi. Soprattutto ho notato che

mentre recitavano si stavano divertendo, che secondo me questa è una cosa fondamentale per

loro. Mi è piaciuto il personaggio di Mercuzio così spiritoso grintoso, ho riso moltissimo,

sono stata orgogliosa di mio figlio così sicuro sul palco senza esitare quando presentava o

leggeva il tema dei suoi compagni. Davvero una recita da veri professionisti, spero in futuro

di essere ancora partecipe come genitore e spettatore di altre recite o rappresentazioni.

Concludo dicendo che i miei complimenti maggiori vanno alla maestra Simona Dalloca che

ha saputo trasmettere ai bambini di IV A come si può diventare attori anche con poco!

Dimenticavo una cosa molto importante Amine bravissimo con le musiche durante lo

spettacolo davvero un vero professionista. Io penso che nella nostra vita di tutti i giorni siamo

attori pronti ad affrontare sempre nuove scene nuove avventure, ma noi siamo qui pronti a

tutto”

Sabrina (Mamma di A.)

58

Conclusione

Vorrei concludere questa mia tesi/esperienza/riflessione, lasciando la “parola” ai bambini,

ricordandomi che, come dice Bandler, essa possa restare per me solo introduttiva al mio

imparare ad imparare non conoscendo ancora ciò che resta da sapere, o come dice Soscate, in

una delle tesi più famose di tutta la storia della filosofia, la “docta ignorantia”77

, vorrei

ricordami che l’unica cosa di cui sono certa è che “So di non sapere”.

“Nella nostra mente c’è tanto di più di quello che immaginiamo. Nel mondo che ci circonda

c’è tanto di più rispetto a ciò di cui riusciamo ad essere curiosi. E’ solo questo crescente senso

di curiosità a permetterci di catturare quell’entusiasmo che rende utile, divertente ed

emozionante tanto il compito più banale quanto quello più affascinante. Senza questa

curiosità, la vita è soltanto uno stare in coda.”

Feedback:

I temi dei bambini sull’esperienza vissuta

1. Di J. Ruolo: Amico di Romeo

Responsabile degli oggetti di scena

“Il mio ruolo è stato molto bello anche se non lo volevo fare. Poi mi sono convinto, ma ce n’è

voluto un bel po’ prima di convincermi, poi mi sono deciso e ho detto si!

A me dello spettacolo mi è piaciuta la scena della spiaggia è lì che ho ascoltato Mirko con

molta attenzione e la maestra mi ha detto che ero stato bravo. Per esempio da piccolo non

sapevo dove mettevo i piedi e inciampavo sul mio corpo e sbattevo contro muri e armadi. Io

sbattevo perché non ero attento.”

2. Di A. Ruolo: Tecnico del suono

“Io nella recita scolastica ho interpretato il ruolo di D.J. Questa esperienza mi ha aiutato a

scoprire dei lati nascosti di me, ho imparato ad usare il mixer in pochissimo tempo. Durante la

recita ero emozionatissimo e ho conosciuto Fabrizio che mi ha aiutato ad usare il mixer della

cabina regia. Mi sono divertito tantissimo e ho anche scoperto che nessuno dei miei compagni

di classe sapeva usare il mixer anche se avrei voluto fare la parte di Mercuzio”

77

Platone, Opere, vol. I, Laterza, Bari 1967, pagg. 38-41

59

3. Di A. Ruolo: Romeo

“Interpretando Romeo ho provato una grande emozione, per me salire sul palco è stata una

cosa stupenda. Quando la maestra mi ha assegnato il ruolo di Romeo ero incavolato nero con

lei perché non volevo farlo ma dopo ho scoperto che fare Romeo mi piaceva molto. Le abilità

che ho sviluppato sono state quelle di concentrarmi sul personaggio e non a pensare “Cosa

staranno dicendo di me?” Il mio cambiamento è cominciato a Ventotene quando la maestra mi

ha chiesto di guardare le stelle per fare una scena che serviva nello spettacolo ed io ho visto

che nelle stella cera un segno nascosto quello del leone così ho guardato più attentamente e ho

capito come si fa.”

4. Di E. Ruolo: Amico di Romeo

Barista

“Io e la mia classe abbiamo fatto la recita di Romeo e Giulietta, prima l’abbiamo fatta a

scuola poi l’abbiamo fatta in tetro. Io non ho fatto una parte da protagonista. Mi sono divertito

di più in teatro perché è stato lì che ho capito che non bisogna fare per forza una parte da

protagonista, anche se fai una parte che non è tanto importante: “fregatene!”. Basta solo

divertirsi a fare quella parte e soprattutto concentrarsi, altrimenti non solo ti becchi uno

strillone dalla maestra, ma poi ci vanno di mezzo anche i tuoi compagni quindi “divertiti”.

Io di nuovo dentro di me ho scoperto che lavorare al teatro è molto sensazionale ed

emozionante e soprattutto che ti da un senso di libertà.

Le abilità che ho sviluppato sono muovermi con i vestiti eleganti e sono cambiato nel modo

in cui piangevo perché non facevo una parte importante, invece adesso mi diverto anche se

faccio una parte non tanto importante.”

5. Di M. Ruolo: Giulietta

“Io interpretando il ruolo di Giulietta mi sono sentita inserita nel film come se fossi Giulietta.

Ho scoperto di me che se mi impegnassi ancora di più in quello che faccio potrei fare tutto

quello che voglio senza bisogno di una persona accanto a me che mi dica quello che devo

fare. Le abilità che ho sviluppato sono state di prendermi un impegno enorme e mi sono

sentita fiera di me e di quello che ho fatto. Secondo me da uno a dieci sono cambiata nove

perché ho ancora delle cose da imparare ad esempio credere di più in quello che faccio. Una

cosa è sicura che interpretando Giulietta non mi sono vergognata davanti al pubblico, mentre

nello spettacolo di Natale mi sono vergognata moltissimo e per me questo è stato un passo

enorme anche se un po’ di vergogna dentro di me l’ho provata, ma non tanta perché credevo

60

in quello che stavo facendo. Il campo scuola ci ha dato in più, per lo spettacolo, l’energia di

guidare una barca per finta ma io ho immaginato che fosse vera.”

6. Di A. Ruolo: Tebaldo

“Io sono stato molto felice di fare Tebaldo perché lui è un personaggio fantastico. Mi sono

anche emozionato perché il teatro era pieno di gente. Ho scoperto che non posso essere

sempre un gentiluomo, mi posso anche arrabbiare e mettere le mani addosso alla gente e fare

male e sono anche cambiato non voglio fare più il calciatore voglio diventare un grande

attore, il più grande del mondo il migliore. Quando siamo andati al campo scuola la maestra ci

ha detto di provare, io mi vergognavo perché dovevamo provare davanti a della gente che non

conoscevo.”

7. Di G. Ruolo: Pellegrino

Amico di Tebaldo

“Il mio ruolo è stato il pellegrino e poi ho fatto un altro ruolo l’amico di Tebaldo. Qualcosina

è cambiata in me e poi voglio che lo sappiano tutti che durante la scena dell’acquario io mi

sono emozionato tanto tanto”

8. Di B. Ruolo: Acqua

Paride

“Il mio ruolo era quello di muovere l’acqua e facevo anche Paride, mi sono emozionato molto

e sento di essere cambiato. Muovendo l’acqua ho sviluppato dei movimenti col mio corpo.

Durante lo spettacolo di Romeo e Giulietta con tutto il pubblico non ce la facevo a ballare,

però poi quando ho capito che non devo pensare a loro ma a me stesso, in quel momento sono

rimasto senza parole e non volevo quasi andar via da quel palco anche se quando sono tornato

a casa ero tanto contento e volevo solo dormire in santa pace e ho sognato quello che in quel

giorno ho sentito dentro di me che non dobbiamo essere vergognosi di noi stessi ma essere

felici di quello che abbiamo.

9. Di D. Ruolo: Lettrice

Cantante

“Interpretare il ruolo da cantante e da lettrice mi è servito per capire che non mi devo

vergognare davanti al pubblico ma mi dovrei emozionare. Leggere mi è piaciuto perché per la

prima volta, mentre leggevo sono riuscita ad immaginare. Cantare per finta mi ha fatto

61

commuovere perché il mio Papà ha creduto che io stessi veramente cantando. Sono cambiata

solo perché la maestra Simona ci ha fatto salire sopra un palco e lì ho scoperto di poter

leggere davanti a tutti. Il campo scuola è servito perché guardando quello che cera a

Ventotene riuscivamo a immaginare più facilmente.”

10. A. Ruolo: Lettore

Presentatore

Amico di Romeo

Aiuto Regista

“Nello spettacolo di Romeo e Giulietta l’esperienza è stata unica nell’interpretare l’amico di

Romeo perché è stata una parte molto difficile che io sono riuscito a fare molto bene e ho

scoperto che niente è facile nella vita però se provi ad impegnarti niente sarà difficile perché

tutto è possibile. Mi sono detto che Alessio è stato molto bravo infatti il pubblico ha capito

quanto mi sono impegnato, applaudendomi, in quel momento mi sono venuti i brividi perché

mi vergognavo tanto davanti a tante persone e quando sono tornato a casa ho chiesto ai miei

genitori se ero stato bravo, loro mi hanno risposto lo sai tu se sei stato bravo allora ho pensato

che devo imparare a dirmi bravo da solo perché solo io posso provare delle sensazioni in me

stesso quando salgo sul palco. Ho capito che nel fare le cose non devo pensare sempre a

vincere ma devo pensare a fare bene anche se perdo. Ho fatto l’aiuto regista della maestra che

consiste nell’assicurarsi ch e tutti posseggano quello che devono avere in scena, i primi giorni

mi sono scordato molte cose, ma nell’ultimo giorno nel momento dello spettacolo ero molto

concertato su quello che stavo facendo e ho dimostrato tutto il mio coraggio. Questi giorni mi

sto dicendo bravo da solo perché me lo sono proprio meritato.”

11. A. Ruolo: Lettrice

Costumista

“Il mio obbiettivo da raggiungere è quello di fare lo spettacolo il meglio possibile e andare

meglio più che posso e voglio imparare come si interpreta un ruolo come quello di

Alessandro, Andrea e Martina perché loro sono bravi a fare quello che fanno. La cosa che

voglio imparare di più è quella di sapere tutte le parti perché se mancasse qualcuno stesse

male e non potesse venire la parte la farei io e così lo spettacolo andrebbe avanti. A me

piacerebbe tanto fare quello che fanno Alessio ed Amine perché fare il D.J. e l’aiuto regista

sono delle parti molto importanti, anche io ho una parte importante che è quella della

costumista però non mi piace perché è faticosa. Giada ha imparato subito la parte della Balia e

62

io invece leggo e ne sono contenta perché l’ho scritto io. La maestra ci dice sempre che

possiamo imparare dagli altri per esempio da Alessandro, visto che è così bravo a fare

Mercuzio.

12. M. Ruolo: Benvoglio

“Io quando ho fatto lo spettacolo mi sono sentito bene perché ho scoperto che ero presente.

Quando ho diviso Mercuzio da Tebaldo mi sono sentito come se stessi facendo davvero

Benvoglio in televisione. Mi sono sentito anche che ero importante quindi ho cercato di

prendere l’importanza di tutti e trasferirla a me. Insomma fare Benvoglio non è faticoso basta

che ci metto tutto me stesso ed è fatta. Fare Benvoglio è stato facile e ho capito che tutte le

parti sono importanti quindi la prossima volta che farò una recita so che sono importante.

Quindi è inutile trasferire l’importanza a me, adesso so che sono importante e non c’è da

preoccuparsi. Lavorare in teatro è come lavorare in T.V. E’ stata un’esperienza unica e la

vorrei rifare, solo che è già passata.”

13. Di G. Ruolo: Amico di Tebaldo

“Io ho imparato ad interpretare bene il mio personaggio. Ho scoperto di saper imparare a

svuotare la mente e a concentrarmi su un obiettivo e raggiungerlo. L’esperienza a Ventotene è

stata molto d’aiuto perché abbiamo imparato a festeggiare veramente, a guardare le stelle e

abbiamo anche provato.”

14. Di R. Ruolo: Lettore

“Io sono entrato da poco in questa classe, quindi non ho avuto un vero personaggio ma ero

solo un Capuleti senza nome e frasi da dire. Per me la mia parte è stata una delle più difficili

perché non potevo esprimermi, ma ho usato tutto il mio corpo e i miei sensi che ho scoperto

grazie a questo spettacolo. Ho imparato anche ad essere presente questo lo devo anche ai miei

amici che al campo scuola mi hanno integrato nel gruppo.”

15. Di C. Ruolo: Acqua

“Quando ho interpretato Romeo e Giulietta mi sono emozionata e mi sono vergognata e ho

anche sbagliato perché non ho ascoltato la maestra. Ho scoperto che sono cambiata tantino,

ma certe volta non sono cambiata. Al campo scuola mi è piaciuto quando io e i miei compagni

abbiamo fatto il pigiama party e correvamo per tutte le stanze, quando siamo andati in

discoteca, quello è stato il più bel giorno della mia vita.”

63

16. Di G. Ruolo: Balia

“Io in Romeo e Giulietta facevo la Balia. Ho superato le mie paure e superandole ho scoperto

che non serve avere paura basta solo capire la tua parte e fare le mosse bene. Sul palco era in

ansia perché avevo paura di sbagliare ma mi sono detta: “Non c’è nulla da temere”. A un

certo punto non ho detto la battuta, mi sono strozzata, però, tutti hanno riso lo stesso. A me il

campo scuola, visto che sono arrivata da poco, è servito per conoscere i miei compagni.”

17. Di A. Ruolo: Mercuzio

“Io ho interpretato Mercuzio e mi sono sentito felice perché questo ruolo è importante. Mi è

piaciuta la scena della spiaggia anche se io muoio in quella scena perché Tebaldo mi infilza

con un pezzo di vetro. Anche la scena della festa è stata bella perché lì ero vestito da femmina

e ho fatto ridere la gente. Andare al campo scuola c’è servito tanto per provare lo spettacolo.

Facendo Mercuzio mi sono emozionato e sono diventato più maturo.”

64

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