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Poste Italiane Spa - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Roma MENSILE PER INSEGNANTI GENITORI E STUDENTI FONDATO DA ALFREDO VINCIGUERRA NOVEMBRE 2011 - NUMERO 516 - ANNO XXXVII - EURO 3,50 T UTTOSCUOL A T UTTOSCUOL A PUNTARE SU ISTRUZIONE E FORMAZIONE NUOVE TECNOLOGIE CONTRO la disoccupazione DOSSIER PAG. 51 PER la crescita

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PUNTARE SU ISTRUZIONE E FORMAZIONE

nuove TeCnoLogIe

ConTRo la disoccupazione

DOSSIER PAG. 51

PeR la crescita

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l’Editoriale

3TuTToSCuoLA n. 516

DL’istruzione fattore

di benessereDa qualche anno si cerca a livello internazionale

di affiancare al PIL altri indicatori statistici capaci di rappresentare, al di là della ricchezza materiale, lo stato di benessere delle nazioni.

Nel 2007 la conferenza Beyond Gdp (oltre il PIL), organizzata dalla Commissione Europea assieme a Parlamento Europeo, Club di Roma, WWF e OCSE, sottopose il tema all’attenzione dei leader politici europei. Il primo Paese a muoversi in questa dire-zione fu la Francia. Nel gennaio 2008 il presidente Sarkozy istituì una ‘Commissione sulla misura della performance economica e del progresso sociale’, formata dai premi Nobel Joseph Stiglitz (presiden-te) e Amartya Sen (advisor) e da Jean-Paul Fitoussi (coordinatore). La Commissione Stiglitz concluse i suoi lavori nel settembre 2009 mettendo a punto un set di sette indicatori che riguardavano, nell’ordine, l’ambiente, la salute, il benessere economico, l’i-struzione, il lavoro, le relazioni sociali, la sicurezza.

Tra il 2009 e il 2011, su stimolo della Commissio-ne europea e dell’OCSE, analoghi studi sono stati effettuati in Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Irlanda, Messico, Svizzera, Olanda con la predisposizione di indicatori simili - e di altri di tipo psicologico o psico-sociale - tra i quali l’istruzione compariva sempre con un ruolo di grande spicco, essendo universalmente considerata come un decisi-vo fattore del grado di benessere economico-sociale raggiunto da ciascun Paese. Fattore e nello stesso tempo indicatore: a un buon sistema educativo cor-risponde generalmente un buon livello di prosperità diffusa, cioè equamente distribuita.

Ora anche l’Italia si aggiunge a questi Paesi per iniziativa dell’ISTAT e del CNEL, che stanno la-vorando dal dicembre 2010 alla costruzione di un indicatore sintetico, quello del ‘Benessere equo e sostenibile’ (BES). L’apposito gruppo di lavoro, cui partecipano rappresentanti delle parti sociali e della società civile, si è dato 18 mesi di tempo, e il rapporto finale è programmato per la metà del 2012.

Anche il BES italiano pone in evidenza il ruolo e il peso dell’istruzione, che costituisce peraltro la fondamentale chiave di accesso alla comprensione di beni immateriali, come il patrimonio paesag-gistico e culturale, la cui fruizione diffusa appare essenziale per migliorare la qualità della vita in un Paese come l’Italia, beni che giustamente vengono inseriti nel paniere degli indicatori utilizzati per la costruzione del BES.

Ma, una volta affermato in linea di principio il peso dell’istruzione nella determinazione del BES, non possiamo non preoccuparci di alcune delle caratteristiche negative che emergono da analisi multidimensionali del nostro sistema educativo come quella condotta da Tuttoscuola nei suoi due Rapporti sulla qualità nella scuola: un sistema gra-vemente squilibrato nei risultati a livello territoriale e settoriale (per tipo di scuola), con persistenti forti livelli di dispersione, un ancora insoddisfacente tas-so di diplomati nella fascia 18-24 anni (nel 2009 il 19,2% non andava oltre il diploma di terza media), una elevata percentuale di lavoratori tra i 25 e i 64 anni in possesso del solo diploma di terza media (46% nel 2009, contro il 27,9% della media UE-27).

Quale contributo può dare una scuola di questo genere al miglioramento dell’indice di ‘Benessere equo e sostenibile’ del nostro Paese? Come può la settima-ottava potenza economica del mondo per-mettersi di occupare il penultimo posto tra i Paesi OCSE per spesa per l’istruzione in rapporto al PIL? Quanto influiscono già ora, e quanto influiranno, indicatori come il BES sull’aumento dello spread tra il debito pubblico italiano e quello tedesco, così fortemente condizionato dalle aspettative interna-zionali sullo sviluppo del sistema-Italia anche dal punto di vista della qualità del suo capitale umano? Non sono queste domande che dovrebbero porsi tutti, a partire da chi ha responsabilità politiche, al di là della contingente collocazione al governo o all’opposizione?

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4 TuTToSCuoLA n. 516

Direttore Responsabile Giovanni VinciguerraComitato Scientifico

Giorgio Allulli - Dario Antiseri Antonio Augenti - Sebastiano Bagnara Giuseppe Costa - Gaetano Domenici

Paola Gallegati - Silvano TagliagambeCoordinatore Comitato Scientifico

Alfonso Rubinacci Segretario del Comitato

Paola GallegatiRedazione

Maurizio Amoroso Sergio Govi

Orazio NiceforoSped. Abb. Post. D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 N. 46) art. 1, comma 1 DCB Roma

Registrazione del Tribunale di Roma n. 15857 del 7-4-1975

Direzione, redazione, amministrazione TUTTOSCUOLA

Via della Scrofa, 39 - 00186 Roma tel. 06.68307851 - fax 06.68802728

http://www.tuttoscuola.com e-mail: [email protected]

Editrice Srl “EDITORIALE TUTTOSCUOLA” Via della Scrofa 39 - 00186 Roma

Progetto grafico Massimo Cerasi

Impaginazione Emilmarc srl

Stampa Grafiche Mazzucchelli S.p.A. Via Cà Bertoncina, 37/39/41

24068 Seriate (Bg) Tel. +39 035 29 21 300 www.mazzucchelli.it

Gli articoli possono essere parzialmente riprodotti

purché venga citata la fonte

Una copia arretrata 6 euro

I manoscritti e le fotografie anche non pubblicati non verranno restituiti

Questo numero è stato chiuso in tipografia il 26-10-2011

PeR Le InSeRzIOnI PUbbLICITARIe

COnTATTARe DIReTTAmenTeI nOSTRI UffICI

PeR AbbOnARSICOnTATTARe

I nOSTRI UffICI

Carta & PennaANNO XXXVII - N. 516 - NOVembre 2011 meNSILe - eUrO 3,50

Quanti sono usciti NON idonei dalla prova preselettiva del recente concorso per Dirigente Scolastico avevano un sentimento imprevisto. Insieme alla rabbia o all’amarezza prevedibile, qualcosa di inedito è iniziato a spuntare: la speranza. In un’Italia che concede· condoni seriali agli evasori

fiscali,· sanatorie a chi costruisce case

abusive,· concordati a chi commette atti

illeciti,· assunzioni politiche, spianate da

microscopici commi, ai non aventi dirittobeh, in questa Italia si poteva

sperare che qualcosa potesse suc-cedere. Così i NON idonei, dopo le batoste della dura prova preselet-tiva, hanno spaccato il capello in quattro, convinti che qualche difetto si sarebbe trovato, poiché non esiste nulla di perfetto nelle vicende uma-ne. E poi faceva sorridere la diffusa convinzione che il TAR un’ammis-sione con riserva non la nega a nes-suno. Questo ha spinto a sperare che tutto potesse finire a TAR-allucci a vino. Nella migliore tradizione della commedia all’italiana alla Mario Monicelli.

Ma lungo la strada i poveri NON idonei hanno incontrato, come suc-cede nelle belle favole per bambini, una fata buona e una strega cattiva. La strega cattiva era il ministero. Dopo gli svarioni del bando e il catastrofico avvio del concorso, il ministero ha capito benissimo che i giochi si stavano facendo pesan-ti, maledettamente pesanti. Così ha deciso di giocare duro. Ha serrato i ranghi non dilazionando i tempi oltre il 12 ottobre, ha ignorato i pia-gnistei sindacali, ha curato la pro-va nei minimi dettagli, ha imposto al Formez la massima trasparenza possibile. E per la prima volta in Italia abbiamo assistito, come in un Grande Fratello televisivo, alla correzione a tempi di record di una prova preselettiva. Dietro le teleca-mere, tra barcode e marcature, la selezione è stata di una oggettività assoluta. Insomma una vera strega cattiva per i sogni dei tanti NON idonei ammessi.

Ma poi girando la curva, sull’altro

lato della strada, è comparsa la fa-ta buona, o meglio le fatine buone. Erano le varie organizzazioni che avevano l’interesse a promuovere i ricorsi a tappeto. Farli significava:· accaparrarsi una bella quota di

tesserati;· foraggiare una platea di legulei

con guadagni che l’enormità dei ricorsi rendeva stratosferici;

· vendere corsi di formazione alle prove scritte a tante persone che, ma guarda che cattiveria, erano state non ammesse al concorso.Cosi queste organizzazioni hanno

giocato pesante. Qualche settimana prima insultavano il ministero che affidava le istituzioni scolastiche alla mercè dei reggenti. “Questo impedisce il buon funzionamento delle scuole” dicevano. Ora, facen-do entrare migliaia di ricorsisti, giocavano a mandare il concorso a TAR-allucci e vino e a far esplo-dere la situazione patologica del-le reggenze per il prossimo anno scolastico. Ma come dice un mon-signore che conosco: “E’ importan-te il Dio trino, ma lo è di più il dio quat-trino”.

Queste fatine premurose(di dena-ro) hanno sposato in pieno gli inte-ressi di una parte in causa (quella dei NON idonei), a scapito dell’altra parte che pure era iscritta o simpa-tizzante di qualche organizzazione.

Un cinico gioco al massacro per la scuola pubblica e soprattutto per i poveri idonei. Dopo una prova tremenda superata senza la racco-mandazione del potente di turno, devono ora affrontare la prepara-zione agli scritti senza sapere con chi si confronteranno e senza avere la serenità, che occorre loro e che è loro diritto, per affrontare gli scritti.

In questo gioco ANP, ADI e qual-che altro hanno avuto il merito della coerenza. Hanno detto di schierarsi con gli idonei. E questo non è poco. In un’Italia schiacciata dagli interes-si corporativi di lobby fameliche e maneggione, dalla devastazione del-le regole e delle leggi, che qualcuno dica con chi sta è già una grande no-vità. Quei poveri italiani onesti, che non vivono nella certezza del diritto, apprezzano almeno il conforto della certezza della coerenza.

Ignace Silos

organizzazioni fameliche nel Concorso DS

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PUNTARE SU ISTRUZIONE E FORMAZIONE

nuove TeCnoLogIe

ConTRo la disoccupazione

DOSSIER PAG. 51

PeR la crescita

PoLITICA SCoLASTICA

7 I RISCHI DeLL’InCoMPeTenZAdi Gaetano Domenici

10 QuALe SCuoLA SI PRoSPeTTAdi Alfonso Rubinacci

13 AnALISI DeLLA STRuTTuRA LATenTe DeLLA SCuoLA neLLe PRovInCe ITALIAnedi Armando L. Palma

18 QueL CHe I DATI CoMPARATIvI non DICono MA CHe DovReMMo SAPeRedi Benedetto Vertecchi

22 I FuoCHI FATuI DeLLA RIFoRMA unIveRSITARIAdi Fabio Matarazzo

SPeCIALe ISTRuZIone e FoRMAZIone

26 Le evoLuZIonI DeI SISTeMI RegIonALI DI IeFP ALLe SogLIe DeLLA SuSSIDIARIeTA’

26 LeTTeRA ALL’ASSeSSoRe IDeALedi Attilio Bondone

28 PoTenZIARe LA FoRMAZIone PeR ConTRASTARe LA DISoCCuPAZIonedi Maurizio Drezzadore

29 eCCo LA STRADA DeLLA ToSCAnAdi Alfonso Rubinacci

32 oRDInARIeTà e SuSSIDIARIeTà neI PeRSoRSI IeFPdi Giulio Salerno

34 Le TIPoLogIe DeI PeRCoRSI DI IeFP neLLe RegIonI e PRovInCe AuTonoMedi Giacomo Zagardo

35 IeFP: InIZIATo IL PRIMo Anno A RegIMedi Eugenio Gotti

37 CoMPeTenZe e CeRTIFICAZIone: L’eSPeRIenZA DI FoRMA veneTodi Dario Nicoli

38 LA Legge DeLL’eMILIA RoMAgnA PeR IL SISTeMA RegIonALe DI IeFPdi Cristina Balboni

43 gLI eSITI DeI PeRCoRSI TRIennALIdi E. Marsilii e di V. Scalmato

oBIeTTIvo DoCenTe

47 eDuCARe è IMPARARe PeR TuTTA LA vITA DALLA vITA STeSSA. PARoLA DI RuDoLF STeIneRdi Caterina Cangià

48 PRoMoSSA LA SCuoLA LoDIgIAnA

49 Io e I RISCHI

SPeCIALe nuove TeCnoLogIe eDuCATIveA cura di Antonella Calzolari

52 PASSI DA gIgAnTe PeR unA SCuoLA CHe Deve CReSCeRe

52 noTIZIe DAL MonDo TLC

54 PRogRAMMA KIDSMART

eDuCAZIone FInAnZIARIA

59 ePPuR SI Muove

TuRISMo SCoLASTICo

61 Le gITe DeL MeSe

62 “SCHooL oF HARD RoCK”. IMPARARe DIveRTenDoSI

63 PInoCCHIo TRA Le FARFALLe

64 SPoRT e DISABILITA’

Le RuBRICHe

3 eDIToRIALe

4 CARTA e PennA

66 euRoPA CHIAMA SCuoLAdi Antonio Augenti

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7TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

Da quando, agli inizi di settem-bre, sono stati resi pubblici i quesiti della prova preselet-

tiva al concorso per la dirigenza scolastica, gli interventi critici sulle procedure di accertamen-

to delle conoscenze degli oltre quaran-tamila candidati so-no aumentati quasi esponenzialmente. Si sono registrate, in tal senso, reazioni sia dei diretti interessati, i docenti-candidati, attraverso le prese di posizione delle loro

organizzazioni professionali, sia degli opinion-maker, sia di alcuni esperti (nel nostro paese, ormai, pochissimo ascoltati perché rite-nuti inutili).

Anche per questa via, l’opinione pubblica è stata in qualche modo “informata” della qualità e perti-nenza della decisioni ministeriali relative alle procedure di esple-tamento di un concorso pubblico ritenuto da tutti, a ragione, assai importante e delicato. Dal suo esi-to – le caratteristiche culturali e professionali dei dirigenti che as-sumeranno la responsabilità orga-nizzativa e didattica di ben 2.400 scuole – dipenderà non poco la qualità dei processi e degli esiti formativi scolastici nel nostro pae-se per due o più generazioni di stu-denti. Le più accreditate indagini internazionali sulle scuole effica-ci mostrano infatti una relazione

significativa tra la leader-ship educativa esercitata nelle scuole, il clima culturale presente in esse, i risultati formativi raggiunti.

Nonostante il serrato dibattito, pochissimi sono stati i riferimenti all’inadeguatezza di una prova og-gettiva di un centinaio di quesiti a scelta multipla a quattro alterna-tive di risposta di cui una esatta, (anche se ottimamente costruita) per la preselezione di figure pro-fessionali ad alta densità di cono-scenze generali e specialistiche, di profili non solo dirigenziali, ma anche ad alto effetto di impatto e di mantenimento delle condizioni necessarie per lo sviluppo cultu-rale ed economico del Paese, quali certamente sono quelli di un capo d’istituto nella società di oggi.

Prove più sofisticate, e di poco

di gaetano Domenici

I RISCHI DeLL’InCoMPeTenZA

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8 TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

più complesse e “costose” di quel-le oggettive, come quelle definite semistrutturate, che prevedono risposte aperte, ma con vincoli formali ben determinati, avrebbe-ro potuto invece far rilevare con alta affidabilità, anche in presen-za di grandi numeri, competenze complesse e articolate come quelle che dovrebbe possedere un capo d’istituto che si trova peraltro ad operare con decine se non ormai centinaia di docenti e centinaia o migliaia di studenti, in una società in continuo mutamento e per la quale la cultura è regredita di mol-to nella gerarchia dei valori con-divisi. Le simulazioni di contesti teorico e/o operativi che queste prove permettono di prefigura-re, entro i quali richiedere di dar conto dei saperi posseduti e della capacità di impiegarli in funzio-ne di vincoli e obiettivi definiti, avrebbero potuto meglio di ogni altro strumento consentire di ri-levare il grado di possesso di quei repertori culturali e professionali ritenuti indispensabili per i “presidi” delle nostre scuole, quindi, sep-pur indirettamen-te necessar i per lo sviluppo delle competenze cogni-t ive, emot ive e rela z iona l i del le nuove generazioni.

L e p o l e -miche, nate i n i z i a l m e n t e su l la procedu ra complessivamente adottata per scegliere come nuovi capi d’i-stituto i “migliori” tra gli oltre quaran-tamila candidati, si sono ora polarizzate sugli errori “strut-turali” e di contenuto culturale e informa-tivo di circa il 20% dei quesiti costitutivi

della banca di item da cui sono stati sorteggiati i cento di ciascuna delle prove individuali.

In effetti, dopo l’invito, deon-tologicamente scorretto, rivolto ai concorrenti di affinare, se non addirittura promuovere, la propria preparazione per il superamen-to della prova di preselezione in funzione dei contenuti informativi veicolati dalle 5.663 domande del-la banca dei quesiti appositamente predisposta dal Miur (è anche cul-turalmentele limitativo orientare qualunque “preparazione”, agli esami come ai concorsi pubbli-ci, solo o quasi sulla tipologia dei quesiti delle prove di verifica che si adotteranno), la scoperta che ben 975 di quelle domande era-no del tutto sbagliate, ha di per sé rappresentato motivo di fru-strazione e irritazione dei diretti interessati (se non altro per il tem-po sprecato a “studiare” quesiti infondati).

Ma i problemi sono ben altri e più complessi e preoccupanti;

quelli relativi agli errori plateal-mente rilevati sono solo la punta

dell’iceberg, esiti secondari, ancorché più immediatamen-

te percepibili, di quelli formal-me n t e c om -p i u t i n e l l a procedura di i d e a z i o n e ,

p roget t a z io -ne , e l abor a -zione, prova e

taratura e pub-blicizzazione dei

quesiti, dai quali pure i primi dipendono.

Fatte salve le riserve sopra espresse sulla tipo-logia dello strumento di accertamento prescelto, ed altre non formulabi-li nello spazio ristretto

di una rubrica, l’idea di scegliere i quesiti di una prova pre o del tutto selettiva da una

banca di numerosissimi item (mol-to più di 4 o 5.000), è dignitosa e rispettabile. Rinvia ad una tra-dizione ultradecennale praticata negli Usa con eccellenti risultati. Un buona idea per la cui messa in opera non sono però stati rispet-tati, qui da noi, i più elementari protocolli procedurali relativi, ap-punto, alla programmazione, ide-azione, prova metrica sul campo, conseguente messa a punto e/o standardizzazione, eccetera, dei quesiti da impiegarsi poi nei test oggettivi: protocolli che si con-nettono direttamente alle rigorose procedure di costruzione e impie-go di prove oggettive di conoscen-za. L’esito pertanto, e chiunque se lo sarebbe aspettato, non poteva che essere quello nei fatti registra-to. Qui non è colpa, o solo colpa, dell’ignoranza nelle specifiche aree disciplinari di alcuni esten-sori dei quesiti, così come con un atto di una scorrettezza mai regi-strata nella nostra storia repubbli-cana, e non solo, avrebbe voluto far intendere il Miur pubblican-do, per il pubblico dileggio, solo e solamente dopo le tante critiche ricevute, l’elenco degli “esperti” - taluni di grande levatura scienti-fica e culturale - che hanno elabo-rato i quesiti, ponendo in corsivo, nell’apposito comunicato, la frase commissione di esterni ! La colpa sta nel non aver seguito – o impo-sto di seguire – da parte di chi nel Miur ne aveva la responsabilità - le procedure che tutti gli esperti di settore del mondo, ben conoscono e raccomandano, pena l’inaffida-bilità di strumenti per altro assai preziosi.

Una prova oggettiva o test di conoscenza deve possedere ben precisi requisiti metrici e di con-tenuto affinché possa fregiarsi di quell’appellativo.

Innanzi tutto deve essere uno strumento affidabile: in sintesi estrema e divulgativa, deve essere cioè in grado di rilevare le cono-scenze (i saperi, le competenze,

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9TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

cioè immediatamente per-cepibili dal lettore comune (alcuni degli errori registra-ti subito dopo la pubblica-zione dei quesiti da parte del Miur sono di questo tipo), ma anche nascosti, surretti-zi, che se non individuati e corretti in prove preliminari, compromettono l’affidabilità dell’intera prova, dell’intera “misurazione” delle qualità reputate importanti da chi co-struisce lo strumento.

Se gli indici di diff icoltà e di discriminatività sopra illustrati seppur brevemen-te, degli item sorteggiati per il candidato X sono diversi, complessivamente e signifi-cativamente, da quelli capita-ti al candidato Y l’eventuale identico punteggio finale non rispecchierebbe affatto una equivalenza delle competen-

ze e dei saperi da entrambi posseduti. Quella prova, appa-rentemente giusta ed equa, si sa-rebbe trasformata in strumento di disequità, di penalizzazione dei migliori.

Cosa accadrà con l’impiego di una randomizzazione delle scelte dei quesiti solo apparentemente meritocratica? Perché non si è proceduto almeno ad un banale try-out dei quesiti al fine di mo-dificarli o rigettarli se necessario salvando quelli contenutistica-mente e metricamente migliori e definendo per ognuno il proprio peso specifico?

Il risultato peggiore che questa pessima esperienza nazionale ci consegna è tuttavia l’ulteriore pe-sante colpo dato alla promozio-ne della cultura della valutazione – nella scuola come nell’univer-sità – che con un perfetto ossimo-ro comportamentale il ministro dell’Istruzione, università e ricerca a parole dice di volere (assieme al merito), ma che nelle concretezza politico-culturale-organizzativa ritarda o ostacola del tutto.

di fatto è piatto: incapace cioè di selezionare i migliori; oppure, ad-dirittura, premia i peggiori: una prova che discrimina negativa-mente, facendo cioè andar meglio chi ha minori conoscenze sul tema o problema specifico oggetto di verifica, e andar peggio chi invece ne sa di più.

Ma come è possibile cogliere i requisiti metrici di una prova? Solo provandola preliminarmente. Magari su un campione rappre-sentativo delle stesse caratteristi-che dell’universo dei soggetti cui verrà impiegata come strumento di misura di determinate qualità (per esempio, nel caso specifico, docenti nelle condizioni di par-tecipare al concorso, ma che non avevano presentato la domanda).

Per quanto si sia bravi nel setto-re contenutistico o area tematico-concettuale o disciplinare oggetto della verifica, la formulazione di domande e risposte segue regole e procedure particolari che se non conosciute fanno compiere errori di costruzione non solo plateali

ecc.) o i requisiti che con quello strumento si vogliono di fatto rilevare. Se le domande, per esempio, non sono da tutti quel-li cui la prova si somministra comprese agevolmente, perché ambigue o perché rinviano a co-noscenze altre da quelle oggetto di verifica, gli esiti cui si per-viene non rispecchiano di fatto le loro reali conoscenze.

Inoltre, la prova deve ga-rantire anche l’attendibilità, la costanza e la confronta-bilità delle rilevazioni. Oc-corre pertanto evitare che le alternative di risposta di ogni quesito siano formulate in modo da non orientare la scelta su quella esatta pre-scindendo dal grado di co-noscenza specifica di settore del soggetto che risponde. Il che significa che una e una sola alternativa deve essere in effetti accettabile o esat-ta – entro la cornice concettuale di riferimento -, mentre le altre, che dovrebbero essere magari so-lo parzialmente vere, non devono risultare platealmente incoerenti o intuitivamente false. In un test ben costruito, sottoposto a una preliminare prova (try-out) o, ad-dirittura standardizzato, tutte le alternative sbagliate di risposta devono risultare scelte con la stes-sa o simile frequenza. Occorre, ancora, che la prova complessiva-mente, e ovviamente ciascuno e tutti i suoi item, abbiano un livello di difficoltà opportunamente al-to, ma non tanto elevato né tanto basso da impedire di cogliere il livello di complessità e articola-zione delle conoscenze possedute da chi risponde ai quesiti. La pro-va deve poi essere in grado di far individuare davvero chi padroneg-gia meglio e di più una questione specifica rispetto, ovviamente, a chi sulla stessa ne sa di meno. Se lo strumento o prova non è in grado di compiere una vera e pro-pria discriminazione positiva, o

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Politica scolastica

gli istituti comprensivi, previ-sti dalla legge n.97/94 come possibilità organizzativa del

servizio scolastico in zone pre-valentemente montane, sono sta-ti imposti d’imperio dall’articolo 19, comma 4, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come realtà organiz-zativa istituzionale obbligatoria.

L’istituto comprensivo e la gerarchia delle competenze istituzionali

Dall’anno scolastico 2011/2012, infatti, la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e secondaria di primo grado si dovranno configu-rare come istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente. Inoltre, la stessa norma, ha previsto che gli istituti comprensivi, per acqui-sire l’autonomia, devono essere costituiti con almeno 1000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni sco-lastiche funzionanti nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.

Una “ rivoluzione” che potreb-be, anche evaporare per effetto

dei ricorsi al-la Cor te Co-s t i t u z i o n a l e a n n u n c i a t i per il momento già dalle Regioni Toscana, Emilia Romagna, Liguria,Umbria, Sicilia e Pu-glia che sottolineano l’inva-sione di spazi riservati alla potestà legislativa delle Re-gioni. La previsione, sotto-linea la delibera della Giunta Regionale della Liguria con la quale viene sollevato alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale del-la norma dell’articolo 19 del decreto legge 15 luglio 2011, n. 98, non può essere qualifi-cata come norma generale ma rientra nella “generale materia istruzione, che l’art. 117, terzo comma, della Costituzione at-tribuisce alla potestà legislativa regionale, salva la determinazio-ne dei principi fondamentali da parte del legislatore statale”.

La presa di posizione delle Re-gioni era prevedibile perché la materia è di rilievo costituzio-nale e la linea di confine è stata posta dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 200/99 che tra l’altro ha affermato che non può considerarsi norma generale dell’istruzione la definizione di criteri, tempi e modali-tà per l’accorpamento, la

Quale scuolasi prospetta?

L’istituto comprensivo può indicarci in quale direzione si sta muovendo il sistema educativo?

TuTToSCuoLA n. 516

di Alfonso Rubinacci

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11TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

fusione, la riduzione degli isti-tuti scolastici. Questi criteri – ha sottolineato la Corte Costituzio-nale – hanno una “… diretta e immediata incidenza su situazio-ni strettamente legate alle varie realtà territoriali ed alle connes-se esigenze socio-economiche di ciascun territorio che ben de-vono essere apprezzate in sede regionale”.

Né potrebbe ritenersi che l’os-servanza dei vincoli stabiliti per la f inanza pubblica giustif ichi il potere d’intervento con leg-ge statale, perché anche questa evenienza impone il pieno coin-volgimento dei soggetti costitu-zionalmente titolari della potestà legislat iva, con la previsione dell’intesa in sede di Conferenza Unificata. Così non è stato.

E’ all’interno di questo qua-dro giuridico che va valutata la

congruenza e l’ammissibilità di una normativa che si propone di intervenire sulla articolazione della rete scolastica, componente significativa delle aree di com-petenza riconosciute alle regioni in materia programmazione e di organizzazione del servizio sco-lastico nel contesto territoriale.

Né vale a ridurre l’incertezza il possibile richiamo al prece-dente della legge finanziaria n. 622 del 23 dicembre 1996 che, nel definire i nuovi criteri per il dimensionamento e la riorga-nizzazione della rete scolastica, prevedeva la tipologia degli isti-tuti comprensivi come soluzione ordinaria per una differenziazio-ne di gestione del servizio sco-lastico di base, a seconda delle tipologie territoriali presenti nel nostro paese.

No n può s f u g g i r e che l a

previsione antecedente alla leg-ge Bassanini (59/97) che delinea un’ampia strategia di decentra-mento dei compiti dello Stato e fonda l’autonomia scolastica, si colloca nell’alveo del dibattito sull’assetto dell’intero sistema educativo in un contesto istituzio-nale caratterizzato dalla ricerca di nuove modalità di auto-go-verno delle scuole, mentre si va delineando il profilo dell’autono-mia scolastica nei suoi molteplici aspetti organizzativi, didattici ed amministrativi.

La genera l i zzaz ione del la ver ticalizzazione imposta dal Gover no r ich iede un’at tenta e rigorosa rif lessione da parte del Miur ma anche delle Regio-ni alle quali è attribuita, salvo diversa pronuncia della Corte Costituzionale, la competenza di rendere operativa la previsio-ne legislativa nel quadro della programmazione dell’offerta for-mativa territoriale e della distri-buzione della rete scolastica nel contesto territoriale.

L’istituto comprensivo: operazione di cassa o trasformazione culturale

Si sta proponendo una forma nuova di organizzazione scola-stica, prima ancora che il Go-verno abbia definito una chiara e stabile intesa fra Stato e Regioni in ordine al rispettivo riparto di competenze, e di conseguenza manca ancora, in grandissima parte, un processo di transito di funzioni esercitate dall’ammini-strazione (centrale e periferica) dello Stato nella sfera regionale,

Da questo punto di vista sareb-be importante dare concretezza operativa all’ Accordo Quadro di attuazione del Titolo V, condiviso il 9 giugno 2010 nella sede tecni-ca della Conferenza Unificata tra Governo, Regioni, Province, Co-muni, non ancora ratificato dal

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12 TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

ai consorzi obbligatori di servizi di comuni e scuole.

Gli istituti comprensivi, tipo-logia ordinaria di organizzazio-

ne del servizio scolastico, possono concorrere a deli-neare una nuova alleanza istituzionale tra scuola, en-

ti locali e territoriali per un nuovo scenario di governance

del sistema educativo.Gli stessi dovrebbero essere

conf igurati come rete esterna nell’interazione con gli enti loca-li, certamente non facile da rag-giungere, ma necessaria per un’ effettiva modernizzazione del servizio scolastico.

Tutto ciò impone una prospet-tiva nuova del governare, di largo respiro, capace di promuovere e sostenere situazioni nuove e pro-cessi di evoluzione, una nuova linea di tendenza che incentivi la funzione amministrativa di pro-grammazione a livello provin-ciale e la costituzione di strutture territoriali compartecipate.

In questo quadro è anche da ripensare il ruolo degli organi di governo delle scuole e della partecipazione alla gestione delle scuole. Il modello, rimasto in-variato per quasi 40 anni, non dà ormai più conto di una realtà che, nel frattempo, è passata at-traverso mutazioni istituzionali e sociali.

E’ improcrastinabile, inoltre, un cambiamento di funzioni dell’Amministrazione e di com-portamento dei dirigenti, occorre un cambiamento di cultura, oc-corre assumere un atteggiamento intellettuale pragmatico, capace di conferire alle decisioni ammi-nistrative il realismo e la concre-tezza derivante dalla conoscenza dei problemi con i quali l’azione amministrativa interagisce.

Compiti complessi per rispon-dere ad esigenze complesse, per i quali occorre il concorso di una pluralità di competenze, di sog-getti e di istituzioni.

finanziamento del sistema nazio-nale di valutazione e dal 2013 al funzionamento dell’INDIRE e dell’INVALSI, tuttavia apre nuo-ve e più impegnative prospettive di politica scolastica che investo-no l’intero segmento di base sia negli aspetti di governo che in quelli istituzionali.

verificare l’andamento dell’istituto comprensivo, misurare i divari, sostenerne lo sviluppo

L’ist ituto comprensivo, che garantisce certamente il vantag-gio di una elevata visibilità della scuola, una maggiore unitarietà del progetto educativo, una più forte valorizzazione delle risorse professionali presenti nelle scuo-le, una vicinanza ai bisogni della comunità, può rafforzare il rap-porto con gli enti locali, renden-dolo più incisivo e impegnativo e determinando così un mag-giore peso negoziale alla scuo-la nei confronti della comunità. Ciò impone che vengano messi a punto strumenti giuridici più appropriati per rendere effica-ci i rapporti inter-istituzionali, dando f inalmente concretezza all’autonomia delle istituzioni scolastiche, fino ad oggi più pre-dicata che praticata e sostenuta ed incentivando l’integrazione dei servizi amministrativi, tecni-ci a livello di “ambito territoria-le” con il ricorso agli accordi di programmi, alle convenzioni ed

Miur, per def inire il qua-dro ed i contenuti delle competenze leg i s l a t ive del lo St a to p e r q u a n t o r ig u a rd a le norme gene-rali, principi fondamen-tal i e l ivell i essenzial i delle prestazioni e le com-petenze delle Regioni, per quan-to concerne la distribuzione delle risorse umane, nell’ambito della programmazione dell’offerta d’i-struzione e formazione e della rete scolastica, e la gestione re-gionale del servizio scolastico e formativo.

La mancata definizione dell’ Accordo di fatto priva le Regioni di un quadro di riferimento di contesto generale e comporta, come in questo caso, un aumento del contenzioso costituzionale, dovuto ai continui atti norma-tivi statali tesi a riappropriarsi di competenze at t r ibuite alle Regioni.

Anche da questo nascono le perplessità e le preoccupazio-ni che la generalizzazione della verticalizzazione sia intesa come una semplice riorganizzazione per fare “cassa” e non come tra-sformazione culturale di un mo-do diverso di fare scuola.

Occorre sicuramente una ri-f lessione approfondita per ren-dere concreta ed operativa la previsione degli istituti compren-sivi come soluzione ordinaria di gestione del servizio scolastico a seconda delle tipologie terri-toriali presenti nel nostro Paese, con l’accortezza di far prevalere le istanze di ordine pedagogico su quelle di natura territoriale ed istituzionale.

L’art. 19 del decreto sviluppo, nato con l’obiettivo di reperire, dagli interventi di razionalizza-zione degli istituti comprensivi, le risorse finanziarie da finaliz-zare per il triennio 2012/2014 al

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13TuTToSCuoLA n. 516

Il sistema esaminato è quello della scuola italiana, ripartita secondo le 100 province per le

quali si è avuta la disponibilità dei dati di base. Ciascuna provincia è stata descritta con i 96 indicatori pubblicati nel “2° Rapporto sulla qualità nella scuola”, presentato nello scorso mese di maggio da Tuttoscuola. Il sistema in esame, costituito dalle 100 province, ap-pare distribuito in uno spazio a 96 dimensioni.

L’ipotesi sottostante all’analisi

delle componenti principali assu-me che alcune delle variabili ado-perate per descrivere il sistema siano tra loro mutuamente correla-te e, pertanto, sia conseguentemen-te possibile ridurre le dimensioni dello spazio in cui sono collocati i punti rappresentativi del sistema stesso, sostituendo agli assi coor-dinati corrispondenti alle variabi-li correlate, una o più risultanti,

dette componenti principali, sulle quali si calcola la nuova proiezione (coordinata) assunta dai punti del sistema. Nel nostro caso, è stato possibile ridurre lo spazio della rappresentazione del sistema, da 96 a 21 dimensioni. Di queste 21 componenti principali, le prime 6, ordinate in modo decrescente secondo la percentuale della va-rianza delle relative coordinate dei punti, spiegano da sole oltre la me-tà della varianza complessiva del sistema.

Analisi della struttura latente della scuola nelle province italiane

Rapporto sulla qualità nella scuola ai raggi X

Politica scolastica

Sono riportati sinteticamente i risultati dell’ana-lisi fattoriale (metodo delle componenti princi-pali o di Hotelling) applicata ai dati di ciascuna provincia italiana, relativi a 96 indicatori ri-guardanti la condizione della scuola italiana. I dati utilizzati sono quelli del “2° Rapporto sulla qualità nella scuola” di “Tuttoscuola”. I risul-tati dell’esplorazione statistica qui riportati si

riferiscono alle prime sei componenti principali delle ventuno emerse dalla elaborazione, che da sole spiegano oltre il 50% della varianza com-plessiva del sistema. Su ciascuna componente principale è riportata la posizione di ciascuna provincia, secondo il valore decrescente della relativa coordinata-punteggio.

di Armando L. Palma

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14 TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

decrescente secondo il peso della variabile sul fattore. Il peso può interpretarsi come un coefficien-te di correlazione tra variabile e fattore. Le variabili che hanno pesi maggiori sono quelle mag-

giormente caratterizzanti la componente principale (o fattore). Un valore negativo del peso della variabile sul fattore sta a indicare, come già detto per gli elementi della matrice di correla-zione, che la variabile ed il fattore hanno variazioni in verso opposto.

La interpretazione dei fattori

FATTORE 1Le 24 variabili caratte-

rizzanti questo fattore sem-brano essere, in prevalenza, quelle legate alla instabili-tà della funzione docente (assenteismo, trasferimen-ti, precariato in contro-va-riazione). Su questa prima

dimensione (o componente prin-cipale, che da sola spiega il 20.2% della varianza complessiva del sistema), il primo posto è occu-pato dalla provincia di Vibo Va-lentia, seguita da Reggio Calabria, Cosenza, Agrigento e dalle altre province delle regioni meridio-nali e insulari, mentre agli ultimi posti si collocano le province del NORD-EST.

FATTORE 2 Questo fattore spiega l’ 11.2%

della varianza complessiva del sistema. Le variabili caratteriz-zanti sono in prevalenza quelle rappresentative della dispersione scolastica. I relativi pesi sul fattore presentano valori molto elevati, prossimi al massimo rappresentato dal valore +1. La graduatoria delle province su questo fattore vede in testa le province insulari e meri-dionali, seguite dalle grandi pro-vince del nord e del centro. In coda

costituite dai sistemi di istruzione provinciali, descritta ciascuna con i novantasei indicatori pubblica-ti da Tuttoscuola. Ovviamente, poiché l’analisi delle componenti principali è stata applicata pren-

dendo contemporaneamente tutte le 96 variabili, non si è tenuto con-to delle suddivisioni preliminari in aree e macroaree effettuata nel rapporto di Tuttoscuola.

Sintesi dei risultati

Sono state estratte dai 96 indica-tori, a titolo esplorativo, 21 compo-nenti principali, avendone limitato il numero, fino a spiegare l’ 80% circa della varianza complessiva del sistema.

Sono state calcolate le gradua-torie per ciascuna delle prime 6 componenti principali. Per ogni graduatoria (o gruppo), sono sta-te elaborate le percentuali di va-rianza spiegata in ogni gruppo (o fattore) rispetto alla varianza to-tale, e le variabili caratterizzanti ciascun fattore, ordinate in ordine

In considerazione del fatto che le variabili adoperate per descrive-re il sistema hanno unità di misura disomogenee, è stata eseguita in via preliminare la loro standar-dizzazione. Detto xij il generico i-esimo valore della j-esima variabile, la standardizza-zione della variabile j-esi-ma è data dal rapporto (x i j – x m j ) / s j in cui il valore al numeratore è la differen-za della coordinata i-esima della j-esima variabile dalla media j-esima, e il valore al denominatore è dato dal-la varianza della variabile j-esima stessa. I dati così standardizzati, ridotti cioè a essere dimensionalmente comparabili, hanno la pro-prietà di avere media ugua-le a 0 e varianza uguale a 1.

Con alcune operazioni matriciali è possibile calco-lare, a partire dalla matri-ce dei dati standardizzati, la matrice di correlazione delle variabili. Ovviamen-te, tale matrice quadrata è simmetrica, con tutti gli elementi della diagonale principale uguali a 1, mentre gli elementi al di fuori della diagonale principale possono variare tra –1 a +1. Il significato dell’elemento r i j uguale a +1 sta a denotare la co-variazione perfetta, tra la variabile i e la variabile j, covariazione che può essere sia in verso crescente che decrescente. Se è r i j = -1, allora le due variabili i e j co-variano perfettamente, ma l’una in verso crescente e l’altra in verso decrescente. Se è r i j = 0, allora le due variabili i e j sono senz’altro scorrelate.

Il problema risolto con il meto-do delle componenti principali è tipicamente un problema di tas-sonomia, ossia di classificazione e ordinamento delle parti di un sistema osservato e descritto in termini di numerosi indicatori quantitativi (numerici). Nel no-stro caso, le parti del sistema sono

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15TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

scolastico provinciale, così come è stato descritto dai 96 indicatori, potrebbe seguire una seconda fase di messa a fuoco, con un numero di indicatori più contenuto rispetto al numero iniziale di 96. Si po-trebbe così ottenere la rimozione del “rumore” numerico introdotto dagli indicatori che spiegano una quota molto bassa della varianza complessiva del sistema, signifi-cando ciò la loro irrilevanza ai fi-ni descrittivi. Cioè, un indicatore che appare con un valore preva-lentemente costante nella descri-zione di un sistema, non dà alcun contributo all’analisi del sistema finalizzata alla descrizione del-la variabilità correlata delle sue parti.

I risultati di questa prima fase esplorativa condotta con il meto-do delle componenti principali, sembrano essere abbastanza in accordo con i risultati dedotti dal modello di elaborazione struttura-ta adoperato nel 2° Rapporto.

Questa applicazione esplorativa dell’analisi delle componenti prin-cipali ai 96 indicatori delle scuole delle province italiane, potrebbe continuare con altre applicazioni del metodo, utilizzando, ad esem-pio, di volta in volta, le 24 variabili di ciascuna delle 4 macro-aree.

Inoltre, escluse mediante l’a-nalisi fattoriale le variabili meno significative dalla descrizione del sistema scolastico provinciale, si potrebbe eseguire con gli indica-tori superstiti, una analisi con il metodo tassonomico di Wroclav. Con tale metodo si genererebbe il modello di scuola di una provincia

ideale dalla quale calcolare le differenze presenti nelle pro-

vince reali in esame. Questo sembra essere, oltre che un efficiente metodo di in-dagine, anche un efficace metodo di supporto alle

decisioni finalizzate a com-pensare gli squilibri territoria-

li emersi o che potrebbero emergere.

funzione formativa della scuola. In questo gruppo, i primi cinque posti sono occupati da tre pro-vince calabresi e da due province campane. Gli ultimi posti sono in-vece occupati da alcune province insulari (Sicilia e Sardegna).

FATTORE 6 Questo fattore spiega il 3.6%

della varianza totale del sistema ed è caratterizzato prevalentemen-te dalle variabili dell’area C (tec-nologie didattiche) i cui pesi sul fattore hanno alti valori negativi che indicano il verso opposto di tali variabili rispetto a questa sesta componente principale. Si dispone su questa componente principale al primo posto, ad indicare scarsità di impiego di tecnologie didatti-che, la provincia di Belluno segui-ta da Isernia, Grosseto, L’Aquila e Teramo, mentre agli ultimi posti si collocano Milano, Brindisi, Cata-nia, Taranto, Modena, Caltanisset-ta, Bari e Ragusa indicando ciò un consistente impiego di tecnologie didattiche in queste province.

Conclusioni

A questa prima fase esplorativa che ha visto emergere 6 compo-nenti principali caratterizzate da un totale di 56 variabili, compo-nenti che hanno dato conto di oltre

la metà della varianza c o m ple s s iva

del siste-m a

a questa graduatoria, rappresenta-tiva del problema della dispersione scolastica si collocano, significan-do ciò una minore dispersione, le province molisane, e poi Cosenza, Udine e Pesaro.

FATTORE 3 Le var iabili carat ter izzanti

questo terzo fattore sono quelle dell’area E, che descrivono cioè la densità scolastica, ossia, l’affolla-mento delle classi. I pesi di que-ste variabili su questo fattore sono negativi con valori medio-alti che indicano una contro-variazione rispetto al verso del fattore. La varianza spiegata è del 7% rispet-to alla varianza complessiva del sistema. Ai primi posti in questo terzo gruppo si collocano le pro-vince di Nuoro, Crotone, Isernia, Cosenza, Vibo Valentia, Oristano, Catanzaro, mentre agli ultimi po-sti si trovano le province emiliane e Prato.

FATTORE 4Le variabili caratterizzanti que-

sto quarto fattore appartengono, in prevalenza, all’area F e G, cioè all’area delle variabili descrittive dei servizi di mensa e del tempo pieno. Anche in questo caso i pe-si delle variabili sul fattore sono negativi è perciò indicano una contro-variazione delle variabili rispetto al fattore (versi opposti). In questo gruppo, ai primi posti si collocano le province delle re-gioni meridionali e insu-lari, a significare scarsità dei suddetti servizi, men-tre agli ultimi posti si col-locano le province emiliane, toscane, liguri e lombarde.

FATTORE 5Questo fattore spiega il 4.1%

della varianza complessiva del sistema. Le variabili che lo ca-ratterizzano, con valori positi-vi (cioè con verso concorde con quello del fattore) medio-alti dei pesi delle variabili sul fattore, ap-partengono in prevalenza all’area P ed R. Queste variabili descri-vono il livello di efficacia della

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Cresce tra gli studenti italiani la voglia di trascorrere un perio-do del proprio percorso scolastico all’estero. Secondo i dati Ipsos esposti recentemente in occasione della presentazione del III Rapporto dell’Osservatorio nazionale sull’internazio-nalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, nel 2011 il numero di studenti italiani all’estero per un programma di studio individuale ha raggiunto quota 4.700 (di cui 3.300 per il solo programma annuale), registrando un aumento del 34% negli ultimi due anni. Solo con Intercultura, Associazione onlus che da 56 anni promuove i programmi scolastici inter-nazionali, sono ben 1600 gli studenti dai 15 ai 18 anni che quest’anno stanno frequentando un periodo all’estero tra le 4 settimane e l’intero anno scolastico in oltre 50 Paesi in tutto il mondo. Cresce in particolare la voglia di confrontarsi con culture e società profondamente diverse da quella italiana. Se nel 2000 solo l’1% degli studenti di Intercultura partiva per l’Asia, ora questa percentuale è arrivata al 10%; ancora più significativo l’aumento verso i Paesi del Centro-Sud America, che ormai attraggono il 19% dei partenti. Come sono le esperienze scolastiche di questi studenti ? Al-cune loro testimonianze sono molto significative. “I profes-sori del mio liceo scientifico italiano mi avevano preparato ad alto livello e sono partito con una media scolastica molto alta” afferma Lodovico Terzi, studente di Rocca di Papa che ha frequentato un anno presso l’Amity International School di New Delhi. “Una volta arrivato mi sono reso conto che le discipline nel ramo scientifico vengono studiate in modo molto approfondito e mi sono ritrovato a essere tra gli ultimi della classe. Solo allora ho capito perché Intercultura India mi consigliava di non iscrivermi a una scuola superiore scien-

tifica, ma ad altri indirizzi, commerciali o artistici. Comunque ho tenuto duro: i professori e i compagni indiani mi hanno aiutato tantissimo e la mia famiglia ospitante mi ha sostenuto nei momenti in cui dovevo stare a casa a studiare invece che uscire con gli amici. Alla fine sono riuscito a spuntare i voti tra i più alti della classe, nonostante dovessi affrontare argo-menti non previsti dal programma del quarto liceo scientifico italiano (probabilità, statistica, limiti e derivate, oltre ad un più vasto programma di fisica e chimica). Tutti questi argo-menti, studiati in inglese, mi serviranno non solo nel 5° anno, ma anche per l’università”.

In una scuola straniera, uno studente italiano apprende la lin-gua locale, migliora la conoscenza di quella inglese e impara anche a districarsi con strumenti a volte non in dotazione nel-le nostre scuole. Racconta Giulio Isacchini, in Thailandia per l’anno scolastico 2011-12 : “La scuola in cui vado si chiama Phitsanulok Pittayakom School. Le classi hanno proiettori e insegnanti inglesi dotati di computer e microfoni. Frequento l’English Program con materie tipo (matematica, fisica, thai-landese, lingue straniere, religione, musica, arte, insegnate solo in inglese da professori madrelingua”. Anche gli stereoti-pi sulla presunta arretratezza di alcuni Paesi economicamente meno evoluti possono venire meno frequentando una scuola straniera. Così Denise Adamo, quest’anno in Honduras: “Mi ha stupito che qui più la gente è povera e più ha voglia di vi-vere, mentre noi siamo pieni di capricci e non appena manca qualcosa ci lamentiamo. Amo la mia divisa scolastica perché sottolinea che non è importante come ti vesti ma ciò che conta è davvero la persona che sei”.

UN ANNO A SCUOLA IN INDIA, THAILANDIA, HONDURAS e ….

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Per informazioni sul progetto educativo di Intercultura e l’attività dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizza-zione delle scuole e la mobilità studentesca è possibile inviare una mail a [email protected]

3 domande a Grazia Fassorra, Responsabile del-la Formazione per l’ Associazione Nazionale Di-rigenti e Alte Professionalità della Scuola.

Le ricerche dell’Osservatorio nazionale sull’in-ternazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca evidenziano anche alcune preoccu-pazioni degli insegnanti italiani sul ritardo sco-lastico che gli studenti potrebbero accumulare nelle materie non studiate per un anno, special-mente se l’esperienza avviene in Paesi con un sistema scolastico molto differente dal nostro. In proposito abbiamo rivolto alcune domande alla Professoressa Grazia Fassorra, Responsabile della Formazione per l’ Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola.

Se lo studente all’estero non ha la possibilità di frequentare le materie che studia in Italia, è un anno perso quello trascorso in un altro Paese? “Non direi, perché il ragazzo sviluppa un pensiero autonomo che lo aiuta ad andare ol-tre le abitudini, a scegliere e ad agire in modo responsabile e autonomo. Lo studente impara ad usare strumenti diversi dai nostri e talvolta si abitua a seguire corsi dove il livello è più eleva-to. Ciò lo aiuta a sviluppare competenze legate

alla capacità di rielaborare in maniera autono-ma le conoscenze acquisite, utili a colmare an-che eventuali lacune quando sarà rientrato in Italia”.

Meglio scegliere un anno in Paesi meno co-nosciuti e molto distanti culturalmente, o pa-esi con lingue più utilizzate ? “Hanno tutti lo stesso valore, il valore fondante dell’esperienza è andare fuori e misurarsi con l’ignoto. Se poi il Paese è lontano – ad esempio Cina, Thailandia, Malesia – lo studente ha probabilmente un mag-giore stimolo ad apprendere argomenti diversi da quelle già conosciuti e questo amplia il baga-glio delle sue conoscenze”.

A livello extra scolastico quali sono le cose più importanti che imparano i ragazzi coinvolti in queste esperienze ? “All’estero lo studente sviluppa competenze che comunemente chia-miamo di cittadinanza. Innanzi tutto la capacità di comunicare in una lingua diversa dalla pro-pria; poi la capacità di avere relazioni con per-sone di un ambiente profondamente diverso dal proprio, soprattutto se si trova in culture molto differenti, ad esempio quella orientale o quella musulmana”.

www.intercultura.it www.fondazioneintercultura.org

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18 TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

La diffusione di dati com-parativi è solitamente ac-compagnata in It a l ia da

commenti che non hanno tanto lo scopo di contribuire alla loro migliore comprensione, ma quel-lo di mostrare che scelte già ef-fettuate ricevono una conferma autorevole da parte di questa o quella istituzione internazionale. È così avvenuto che l’edizione 2011 di Education at a Glance, il rappor to annuale dell’Ocse che propone dati comparativi sul funzionamento dei sistemi scolastici, sia stata accolta con

ev idente sodd i-sfazione da parte di chi nel pr imo decennio del se-colo ha avuto la responsabilità di d e t e r m i n a r e l a politica scolastica del nos t ro pae -se. Dal momento che tale polit ica

si è distinta per la tendenza ad un progressivo assottigliamen-to della consistenza del servi-zio, un’enfasi particolare è stata posta sui dati che si riferisco-no all’orario di funzionamento delle scuole e al numero degli insegnanti.

I dati del rapporto Ocse mo-strerebbero, infatti, che gli ora-ri scolastici in Italia sono più lunghi che altrove e che il nu-mero di allievi per insegnante è particolarmente ridotto. Non è la prima volta che si sostiene che l’impegno orario richiesto

agli studenti è troppo elevato, e (con altre citazioni di dati a sproposito, desunti soprattutto dai rappor ti Ocse-Pisa) non è giustificato dalla qualità dei ri-sultati. Ma a migliorare tale qua-lità provvederebbe una linea di rigore nella valutazione che il governo avrebbe promosso, ac-crescendo il rigore delle verifi-che sia degli apprendimenti, sia di aspetti importanti della con-dotta degli allievi. Questa asso-ciazione della funzionalità con la qualità del servizio scolastico ha mostrato i suoi limiti (ovvero, la sua inconsistenza) quando, all’i-nizio dell’anno scolastico 2011-12 è stato rilevato che la pretesa di rigore delle scelte valutative era soltanto un modo per attirarsi le simpatie di un pubblico no-stalgico. Non si capisce, infatti, per quale ragione atteggiamenti orientati alla reiezione degli al-lievi che (non importa per qua-le ragione) incontrano difficoltà nello studio possa costituire un criterio di qualità. Semmai, si dovrebbe pensare il contrario: maggiori scarti stanno a indicare che la scuola rinuncia a interven-ti più impegnativi proprio quan-do si manifestano esigenze da parte degli allievi che avrebbero una maggiore necessità di esse-re sostenuti. Non è comunque sul balletto delle percentuali dei respinti che qui vogliamo soffer-marci. La questione che abbiamo

posto ha un grande rilievo sia conoscitivo, sia politico: dobbia-mo chiederci se non ci si trovi di fronte a letture interessate dei dati comparativi, alle quali non corrisponde un reale intento di conoscenza.

Prima di formulare giudizi, sa-rebbe opportuno rendersi conto di che cosa esattamente indichi-no i dati contenuti nel reperto-rio dell’Ocse. Occorre, in altre parole, aff iancare all’esprit de géométrie che si manifesta nei dati numerici l’esprit de finesse che conferisce ad essi signif i-cato. Le comparazioni pongono, infatti, a confronto misure che corrispondono a variabili che so-lo in parte sono riconducibili a definizioni univoche. L’esprit de géométrie ci assicura che i da-ti delle comparazioni sono stati raccolti, elaborati e pubblicati rispettando severe regole meto-dologiche. Del resto, chi lo de-sidera può prendere visione di tali regole, che l’Ocse si premura di diffondere insieme ai dati. Il problema non è la géométrie, ma la finesse: occorre rendersi conto dell’ampiezza del compromesso che è stato necessario per com-prendere nella medesima catego-ria variabili che nei diversi paesi corrispondono a fenomeni in va-ria misura diversi. Esaminando con f inesse i dati di Education at a Glance ci si accorgerebbe che, per quanto riguarda l’orario di funzionamento delle scuole, è vero il contrario di ciò che è sta-to affermato e che, ad una lettura

Quel che i dati comparativi non dicono

ma che dovremmo saperedi Benedetto vertecchi

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19TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

affrettata, o di comodo, sembre-rebbe attestato dalle comparazio-ni internazionali. Occorre, per cominciare, superare la confu-sione tra orario di funzionamento delle scuole e orario delle lezioni. In Italia c’è una sostanziale coin-cidenza tra i due orari, mentre negli altri paesi industrializzati (quelli che l’Ocse prende in consi-derazione nel suo annuario) la dif-ferenza è molto evidente: l’orario delle lezioni non è troppo diverso in Italia da quello degli altri pa-esi, ma l’orario di funzionamento delle scuole è ben diverso, perché comprende attività che integrano il disegno educativo della scuo-la consentendo, al suo interno, di effettuare esperienze, di sviluppare relazioni interper-sonali, di applicare ciò che è stato appreso. Basta attra-versare i nostri confini per costatare che gli allievi trascorrono a scuola la gran parte della giorna-ta, dal mattino fino al po-meriggio avanzato. Se i dati Ocse si interpretano in una chiave dia-cronica, ci si accorge che si tratta di una diversità in crescita, da un alto perché la tendenza interna-zionale è a dilatare la consistenza del servizio, dall’altro perché in Italia sta avvenendo il contrario.

Quanto al numero degli inse-gnanti, si dovrebbe chiarire che cosa contiene l’insieme che tale parola designa. In Italia, tutto il personale che svolga attività edu-cative nelle scuole rientra nell’u-nica categoria degli insegnanti. In altri paesi tale categoria ap-pare più circoscritta: il numero può non comprendere il persona-le responsabile del sostegno (che talvolta è in carico ad altri settori della pubblica amministrazione, per esempio la sanità) o gli inse-gnanti di educazione fisica (che in vari casi fanno riferimento all’organizzazione sportiva). Ci sono paesi nei quali non è previ-sto l’insegnamento della religione

(e quindi non ci sono insegnanti che provvedano ad esso), oppure tale insegnamento è lasciato alla responsabilità delle Chiese, che lo assicurano con personale proprio, del quale curano anche la forma-zione (iniziale e in servizio) e il reclutamento. È evidente che il conteggio effettuato inserendo o escludendo uno o più dei gruppi menzionati può modificare so-stanzialmente il rapporto numeri-co fra studenti e docenti.

La difficoltà di stabilire com-parazioni corrette è il segno di una progressiva divaricazione tra le condizioni di funzionamento del sistema scolastico italiano e i sistemi degli altri paesi industria-lizzati, come conseguenza di scel-te divergenti di politica scolastica. In Italia in questo inizio di secolo si è affermata un’interpretazione minimalista del ruolo della scuo-la, ridotto alla sola comunicazione dei contenuti dell’apprendimento,

mentre altrove l’educazione sco-lastica ha assunto compiti di com-pensazione rispetto a mutamenti che hanno interessato, e stanno interessando, i processi di svilup-po di bambini e ragazzi.

La scuola è cambiata in rela-zione al variare dell’assetto delle famiglie, al modificarsi dei ruoli di genere, al variare delle forme e delle soluzioni per la comuni-cazione sociale, all’evoluzione dei sistemi produttivi. Le compara-zioni sono utili per capire qua-li siano le linee di cambiamento in atto, mentre non lo sono per giust if icare scelte già ef fet-tuate. Ma non basta riconosce-re genericamente che la realtà dell’educazione scolastica è in trasformazione: occorre saper

individuare quali siano i cambiamenti in corso e in che modo l’educazio-ne si debba conformare all’emergere di nuove esigenze. Le compara-

zioni internazionali sono realmente utili quando i sin-goli paesi che partecipano alle rilevazioni sviluppano al loro interno un impegna-tivo programma di ricerca,

volto a cogliere le condizioni reali (non quelle supposte da un

senso comune del quale, co-me Stuart Mill, potremmo dire solo che è un terreno di cultura del pregiudizio)

nelle quali l’educazione si trova ad intervenire. Quando ci si trova di fronte ad un serio impegno per la ricerca educativa, che integri in un unico disegno di conoscenza scuole e istituzioni specializzate, il confronto con altri paesi diventa realmente utile: si può valutare che cosa abbiamo fatto noi e che cosa abbiano fatto gli altri. Non che questo significhi un adegua-mento passivo a scelte estranee, ma certamente in tal modo cre-sce la consapevolezza delle de-cisioni nel governo del sistema educativo.

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Il Centro Studi Erickson organizza dal 1997 il Convegno Internazionale biennale «La Qualità dell’integrazione scolastica e

sociale». L’evento, al Palacongressi di Rimini dal 18 al 20 novembre, è strutturato in 3 sessioni plenarie e in 84 workshop

pomeridiani di approfondimento su tematiche inerenti l’educazione, l’integrazione scolastica e sociale, la disabilità, le difficoltà di apprendimento, le metodologie didattiche innovative, le nuove tecnologie, per un totale di 20 ore di formazione (12 ore di

sessioni plenarie e 8 ore di workshop di approfondimento). Nell’ultima edizione il Convegno ha visto la presenza di oltre 4.000

partecipanti con più di 200 relatori di fama nazionale e internazionale. Un risultato che conferma come questa manifestazione sia

diventata l’appuntamento più autorevole e atteso per chi è sensibile a queste tematiche e intende approfondirle.

La Qualitàdell’integrazione scolastica e sociale

Rimini, 18-19-20 novembre 20118° Convegno internazionale

Direzione scientifica Andrea Canevaro e Dario Ianes

2011

SESSIOnI PlEnARIEVenerdì 18 novembre dalle 9.00 alle 13.00

Introduce e presiede la sessione: Dario Ianes (Università di Bolzano, Centro Studi Erickson, Trento)

Dopo il discorso di benvenuto a cura di Dario Ianes e Andrea Canevaro, direttori scientifici del Convegno, intervengono Tullio De

Mauro, Alberto Pellai, Don Luigi Ciotti, Andrea Gavosto, Brian Butterworth e Ivo Colozzi.

Sabato 19 novembre dalle 9.00 alle 13.00

Introduce e presiede la sessione: Italo Fiorin (Università LUMSA, Roma)

Interventi di Giacomo Stella, Michela Marzano, Antonella Costantino, James Swanson, Daniela Lucangeli, Lucio Guasti e Antonio

Calvani.

Domenica 20 novembre dalle 9.00 alle 13.00

Introduce e presiede la sessione: Roberta Caldin (Università di Bologna)

Presentazione del video della Laurea Honoris Causa di Claudio Imprudente e a seguire contributi di Lorella Terzi, Luigi D’Alonzo,

Anna Contardi, Elisabetta Genovese e Fabio Folgheraiter.

In conclusione la Mozione finale dell’VIII Convegno Internazionale «La Qualità dell’integrazione scolastica e sociale» presentata da

Dario Ianes, Raffaele Iosa e Andrea Canevaro.

WORkShOPI workshop si svolgono nei pomeriggi di venerdì e sabato e hanno la durata di 2 ore ciascuno.

L’opportunità di partecipare a quattro workshop (due ogni pomeriggio) scelti tra 84 diverse proposte

formative permette ad ogni iscritto di costruirsi un percorso formativo personalizzato.

www.erickson.itSegreteria organizzativa Centro Studi Erickson:

Tel. 0461 950747 – Fax 0461 956733 – e-mail: [email protected]

Per informazioni sul programma, aspetti

organizzativi e modalità di iscrizione:

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22 TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

è molta la carne al fuoco per il sistema universitario. E’ in-tenso l’impegno del governo,

del ministero, degli atenei per dar vita alla miriade di norme neces-sarie per attuare in concreto la discussa, discutibile e contrasta-ta legge 240 del dicembre dello scorso anno. L’impressione che si ricava da tutto questo fervore è però quella dei “fuochi fatui”, le piccole fiammelle che si mostra-no, a volte, al livello del terreno in prossimità di paludi e stagni.

La legge, si ricorderà, propone, con i suoi tre titoli: la riorganiz-zazione del sistema universitario; migliorare con un appo-sito decreto delegato la sua qualità ed efficienza; una nuova discipli-na del persona-le accademico, incentrata so-prattutto su un nuovo sistema di reclutamento. Ci si poteva aspettare, dieci mesi dopo l’approvazio-ne della legge, di po-ter intravedere, se non ancora nitido, un volto nuovo delle universi-tà. Non sembra sia così. Al di là della nube di fumo, non mi sembra si pos-sa ancora indivi-duare una, sia pur iniziale, caratterizza-zione della riforma per darne una prima valutazione.

Eppure, il 7 luglio, con un

comunicato stampa, il ministro Gelmini manifestava la sua sod-disfazione per la tempestiva at-tuazione della riforma: “.... Dei 38 provvedimenti previsti (decreti legislativi, regolamenti, decreti ministeriali), 32 saranno appro-vati in via definitiva entro luglio e i rimanenti entro fine settem-bre. …….. Entro l’anno saranno finalmente sbloccate le nuove pro-cedure di abilitazione scientifica nazionale, prerequisito necessa-rio per l’accesso alla docenza”.

Siamo a novembre e i conti non tornano. La

tanto attesa riforma dei concorsi, è più realisticamente procrastinata, secondo Il sole 24 ore, al 2012! E non vorremmo che anche questa fosse una previsione ottimistica.

Qual è, dunque, lo stato dell’ar-te al l’in iz io del nuovo anno accademico?

Alla fine di settembre risultano approvati soltanto sei nuovi sta-tuti, due di università statali: Ca-tanzaro e Ca’ Foscari di Venezia, e quattro di università non statali: Iulm e San Raffaele di Milano; Luiss e Lumsa di Roma. 6, rispetto a 95 a distanza di nove mesi dalla legge, testimoniano, com’era pre-vedibile, la complessità dell’im-pegno e l’affanno per avviare il

processo di riforma; impegno che è ben lungi dall’es-

sere concluso. Siamo solo all’inizio: una volta messo a pun-

to i l qu a d ro c o s t i t u e n t e , sarà necessa-

rio dar vita all’assetto organizzativo ed al governo degli ate-nei, sostanziando il disegno con la loro composizio-ne per proseguire poi con un’altra serie di ulteriori

atti regolamentari previsti a livello di ateneo. In questi

frangenti, naturalmen-te, la vitalità delle università re-

sta sospesa e incerta per la sua evoluzione futura.

Alla prova dei fatti, si conferma

I FuoCHI FATuI della riforma universitaria

Quello che ancora manca per completare i cambiamenti

di Fabio Matarazzo

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23TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

quanto stiamo dicendo: “….. lo schema di decreto non consente di comprendere e perciò di valutare quale sarà l’effettiva portata di queste regole: in sostanza la sua lettura rende possibile ‘contar-le’ per quanti sono i momenti e le scelte che vi saranno assoggettati, ma non consente di ‘pesarle’, nel loro significato e nel loro impat-to, nonché nella loro idoneità a perseguire i fini per i quali sono pensate”. Un rilievo che coglie l’essenza del processo innescato dalla legge e dei suoi sviluppi.

Ricordiamo sommariamente lo svolgersi di questo processo, rin-viandone un esame più specifico ai prossimi numeri della rivista.

Dieci decreti ministeriali, ema-nati tra marzo e agosto. Hanno previsto: l’importo minimo degli assegni di ricerca; i criteri per la valutazione dei ricercatori titolari di contratti; i nuovi settori con-corsuali; la mobilità interregio-nale dei docenti universitari in servizio presso corsi o sedi sop-presse; tabelle di corrispondenza tra posizioni accademiche ita-liane e estere; criteri per la va-lutazione dei titolari di contratti previsti dall’art. 24 della legge; criteri per la valutazione prelimi-nare degli aspiranti a quei contrat-ti; individuazione delle università telematiche finanziabili dal 2011; possibilità di convenzioni per consentire ai docenti di svolge-re attività presso altro ateneo con ripartizione degli oneri relativi; istituzione del fondo per la for-mazione e l’aggiornamento della dirigenza. Quest’ultimo, è bene precisare, non è riferito alla diri-genza universitaria o ministeriale ma è finalizzato all’erogazione “di contributi per il finanziamento di iniziative di studio, ricerca e formazione sviluppate da uni-versità’ pubbliche in collaborazio-ne con le regioni e gli enti locali e dirette alla formazione e all’ag-giornamento dei funzionari pub-blici, con particolare attenzione

[rectius: tentazione] alla iperre-golazione del sistema universita-rio, in tutte le sue componenti, che già ha trovato espressione in altri provvedimenti normativi. Tenden-za che qui si trova confermata, per non dire rafforzata e che di per sé suggerisce estreme cautele e corrispondenti attenzioni: nessun sistema ‘regge’ quando sia posto a confronto con un eccesso di re-gole, di vincoli e pesi che si tradu-cono in un formidabile red tape. Di questo, da tempo, vi è consape-

volezza, all’interno di tutti gli or-dinamenti amministrativi e, non a caso,i ‘costi’ delle regole sono sta-te all’origine delle forti politiche di semplificazione che, dall’inizio degli anni ’90, hanno anche ca-ratterizzato la nostra esperienza”. Un’esperienza che, come è noto, ha anche indotto a prevedere nel governo un apposito ministro per la semplificazione normativa!

C’è un’altra osservazione nel do-cumento, riferita al testo di quel decreto ma che ben si attaglia a

fondata la critica, che ha accom-pagnato la discussione e appro-vazione della legge: la necessità di un abnorme processo di atti nor-mativi; quella sorta di gioco di scatole cinesi necessario per com-pletare un disegno solo in parte abbozzato. Con il rischio che pos-sano sfumare anche i contorni del progetto iniziale, protratto così a lungo nell’alternarsi delle respon-sabilità istituzionali e politiche ai diversi livelli.

La proliferazione normativa è

una caratteristica costante della legge e non è limitata alla nuova organizzazione delle università. Ritorna in tutti i capitoli, tanto da motivare una quanto mai giustifi-cata e pregevole osservazione del Consiglio Universitario Nazionale in occasione dell’audizione parla-mentare in Senato, il 20 settembre, sullo schema di decreto delegato per la valorizzazione dell’efficien-za delle università. “Il provvedi-mento ….. sembra, comunque, contribuire a quella tendenza

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24 TuTToSCuoLA n. 516

Politica scolastica

che, allo stato attuale, rischia di penalizzare in maniera irrever-sibile componenti essenziali del sistema universitario nazionale.”

Altrettanto pregnante la recri-minazione del CUN:

“L’autonomia f inanziaria è premessa indispensabile, quasi pre-condizione, dell’autonomia universitaria. Il suo progressivo indebolimento pone a rischio la stessa tenuta del sistema univer-sitario e, con essa, la capacità della ricerca, che nelle univer-sità trova il proprio luogo natu-rale di produzione, di operare come motore di sviluppo anche economico.”... “Per questi motivi la riduzione del FFO 2011, e la prevista ulteriore ed esiziale ri-duzione nel 2012, appare al Con-siglio Universitario Nazionale un clamoroso errore strategico della Politica. La continua riduzione delle risorse f inanziarie rende sempre più ardua e insignifican-te la formulazione del parere da parte del CUN, in quanto i mar-gini di manovra si riducono or-mai a pochi, e quasi marginali, dettagli.” Ma allora, prima e più delle regole, in presenza di questa situazione, perché non affrontare il problema pregiudiziale di quale università serva al Paese; quali e quante risorse sia possibile desti-narle, anche nelle contingenze at-tuali, e come e dove reperirle, per restituire e consolidare a questa istituzione il ruolo tradizionale di volano di sviluppo economico e crescita sociale, nel momento in cui di quest’ultima abbiamo tanto bisogno?

t amento pe r iod ico; e d i u n regolamento per il nuovo tratta-mento economico dei professori e ricercatori.

“Fuochi fatui”? Ritengo di si per quel che si è detto a proposito delle “scatole cinesi”, ma ancor di più per il grido d’allarme dei due più rappresentativi consessi dell’Università: La Conferenza dei Rettori e il Consiglio univer-sitario Nazionale. Entrambi hanno espresso recentemente il parere sull’ipotesi di ripartizione del fi-nanziamento ordinario per l’anno che si sta concludendo, e che an-cora non è assegnato, ed entrambi hanno premesso una considerazio-ne assai amara e preoccupante.

“La CRUI sottolinea innanzi-tutto la vivissima preoccupazione dell’intero sistema universitario italiano per i drammatici tagli pro-gressivamente operati sul finan-ziamento ordinario. ... È giunto il momento di decidere se questo Paese ha ancora bisogno delle proprie Università, e tanto più in una fase di straordinaria difficoltà per la vita nazionale nella quale la dislocazione o meno di risor-se per la ricerca e l’alta forma-zione avrà conseguenze decisive sul nostro futuro. È questa una questione che la CRUI tornerà a porre nelle prossime settimane con assoluta determinazione. Non è infatti più sufficiente il senso di responsabilità degli Atenei italia-ni per condividere una politica di premialità fatta su risorse in co-stante e drammatica diminuzione

al personale degli enti locali in vista delle nuove responsa-bilità connesse all’applicazione del federalismo fiscale”. A questi decreti si aggiungono gli schemi di regolamenti di cui, dopo i pareri parlamentari, si attende la pubbli-cazione nella Gazzetta per avvia-re le ulteriori normative alle quali si rinvia ulteriormente. E’ così per il regolamento per l’abilitazione scientifica nazionale, ed è questo il motivo del ritardo messo in luce dal Sole 24 ore. Lo è, ancora di più, per lo schema di decreto le-gislativo per le ipotesi di dissesto finanziario e di commissariamen-to degli atenei. Un discorso a parte meriterebbe il discusso schema di decreto ministeriale per la ri-partizione delle risorse del piano straordinario per le chiamate de-gli associati. Lo spazio ora non lo consente ma l’interesse per il problema, e per le soluzioni che si prospettano, consiglia di rinviare alla lettura dei pareri parlamenta-ri espressi sul decreto e alla pro-posta di legge presentata dal P.D. alla Camera per offrire risposta alle preoccupazioni manifestate unanimemente per l’ingiustizia che si potrebbe determinare con il decreto.

All’esame delle commissio-ni parlamentari sono ancora due schemi di decreti legislativi: per un nuovo sistema contabile e di bilancio e per la valorizzazione

dell’eff icienza delle università ed il lo-

ro accredi-

24TuTToSCuoLA n. 516

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SPeCIALe ISTRuZIone e FoRMAZIone

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SpecialeIS

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AZIo

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Caro Assessore,credo che non abbia difficol-

tà nel convenire con me che gli interventi legislativi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno contribuito a disegnare un quadro normativo del sistema di Istru-zione e Formazione Professionale (IeFP) profondamente cambiato rispetto a prima, dove le Regioni assumono il ruolo di protagoniste principali e responsabili in modo esclusivo.

Altrettanto ovvio appare come nella definizione delle politiche formative sia in gioco la maturi-tà della istituzione Regione, che deve offrire risposta a un tema che attiene ai diritti fondamenta-li dei cittadini. E l’Assessore alla

Istruzione e Formazione Profes-sionale si trova in prima linea.

Certamente l’idea più immedia-ta e più semplice, per chi, come Lei, deve far fronte ad esigenze di bilancio sempre più stringenti, è quella di sostituire la Formazio-ne Professionale Iniziale erogata dalle istituzioni formative (oggi erogata soprattutto dagli Enti di Formazione Professionale del pri-vato sociale) con gli Istituti Pro-fessionali di Stato. Caro Assessore non lo faccia! Non blocchi una sperimentazione i cui molteplici aspetti positivi sono stati ampia-mente documentati.

Qualche dato può aiutarLa nella riflessione: solo il 50% degli Isti-tuti Professionali di Stato (IPS) aderisce ai percorsi formativi triennali integrati e/o autonomi, gestiti, cioè dalle istituzioni for-mative accreditate (i Centri di Formazione Professionale); il tas-so di dispersione degli Istituti Pro-fessionali, in particolare, è ancora attestato su valori alti (35%); il

totale della loro offerta è calata in un anno dal 22,1 al 18,7%, mentre la domanda varia dal 28% al Nord al 22% al Sud. Ma soprat-tutto, e lo conferma il tasso di dispersio-ne, non pare emergere una p r o p e n s i o n e didattica ad una a t t e n z io n e p iù specif ica verso i giovani più deboli.

Se dunque questa scelta sembra non coe-rente con la domanda for-mativa di questi giovani e se le risorse finanziarie scarseggia-no, quale altra strada Lei potrebbe percorrere?

Mi permetto un suggerimento a Lei, Assessore, che è chiamato ad assolvere un ruolo di ammi-nistratore pubblico ed è investito, soprattutto, di una responsabilità politica. Io credo che il ragiona-mento sulla carenza delle risorse finanziarie fatto sopra debba esse-re inquadrato in un orizzonte più ampio: quanto costa ad ogni Re-gione, ad ogni singola comunità

Fino all’anno scorso, 2010/11, alcune regioni hanno trasformato il modello centrato sulla scuola in uno più vicino alla formazione pro-

fessionale. Il passaggio si nota in Molise (a parti-re dall’a.f. 2006/7), in umbria (a.f. 2008/9) e anche in Abruzzo, dove si torna, compatibilmente con le risorse nazionali, a una presenza dei percorsi di formazione professionale “pura”, ossia integrale, dopo l’esperienza degli accordi con la scuola per la docenza delle competenze di base (percorsi attiva-ti nell’a.f. 2007/8 e nell’a.f. 2009/10 e ormai estinti). Ricordiamo che in quegli anni, in Abruzzo, gli orga-nismi accreditati potevano realizzare in autono-mia solo “percorsi episodici” destinati a far fronte “temporaneamente” ai bisogni formativi dei fuoriu-sciti dalla scuola tramite vouchers. Così, anche, il

Le evoluzioni dei sistemi regionali di IeFP alle soglie della sussidiarietà

Lettera all’assessore idealedi Attilio Bondone*

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27TuTToSCuoLA n. 516

SpecialeISTRuZIone e FoRM

AZIone

non fornire un piano di Formazio-ne Professionale Iniziale adegua-to? Quanto costa alla collettività la dispersione scolastica? Quanto costa, in una prospettiva di medio e lungo periodo, la mancanza di Formazione Professionale Iniziale in termini di sviluppo socio-eco-nomico del territorio, di convi-venza civile, di prevenzione delle situazioni di disagio o devian-za giovanile?

Sono queste domande che attengono ad una dimen-sione politica del problema e alle quali occorre aggiunge-re una considerazione finale: la Formazione Professionale Iniziale risponde ad una do-manda peculiare dei giova-ni (basti pensare al grande sviluppo che ha avuto in questi ultimi 7-8 anni di sperimentazio-ne) e delle componenti tutte del tessuto socio-economico del ter-ritorio e fa risparmiare alla collet-tività perché ha un costo inferiore all’identico percorso formativo dell’Istituto Professionale di Sta-to. Potrebbe essere politicamente poco rispettoso non cogliere que-ste istanze diffuse. Il costo della Formazione Professionale Inizia-le, pertanto, va inquadrato in un orizzonte più ampio, rispetto al

semplice problema dell’apporto sussidiario dell’Istituto Professio-nale di Stato.

Qual i decision i assumere, allora?

Noi crediamo, caro Assessore, che sia necessario un vero salto di qualità e che occorra procedere con coraggio in una prospettiva

di sviluppo che toc-chi non l’interes-se im med iato, come siamo or-mai, quasi tutti

i giorni, abituati a vedere, ma che si collochi in una visione genera-zionale d i am-pio respiro e che sappia realizzare

veri, efficaci patti di collaborazione e di siner-

gia tra i diversi attori che per scel-ta agiscono nel campo educativo, presenti e interessati sul territorio.

È questo un compito essenzial-mente politico, che compete a Lei in primis, a cui le Associazioni operanti nell’ambito della Forma-zione Professionale soprattutto iniziale sono pronte ad offrire un contributo fattivo con la sotto-scrizione di Protocolli d’Intesa (sull’esempio del Protocollo di

Intesa con la Regione Liguria e in analogia a quelli siglati dagli I.P.) tali da valorizzare le energie di tutti secondo obiettivi comuni, funzionali allo sviluppo locale e alla crescita sociale e civile delle persone e della comunità.

Ci siamo permessi con Tutto-scuola di proporre a Lei e all’at-tenzione di quanti, a vario titolo, sono responsabili di questo ser-vizio formativo, un Dossier sulla Formazione Professionale Ini-ziale (o Istruzione e Formazione Professionale – IeFP).

I l Dossier cont iene anal isi sull’efficacia dei percorsi forma-tivi triennali (ISFOL / Marsilii – Scalmato), sintesi di carattere giuridico (Salerno, Gotti, Bal-boni), buone pratiche (Nicoli – Veneto, Rossetti – Liguria), ele-menti di quadro nazionale (ISFOL – Zagardo), intervista all’Assesso-re della Toscana, dati sulla IeFP, elementi di prospettive (Forma - Drezzadore).

Non resta che augurarci che anche questo piccolo contributo possa concorrere a rendere più ef-ficace il servizio per i giovani e per l’Italia.

Cordialissimi auguri di buon lavoro.

*Presidente CONFAP

Piemonte, che si apre nell’a.f. 2008/9 all’alternativa dei percorsi di formazione professionale integrale pur avendo una tradizione nell’integrazione addi-rittura preesistente al 2003. Dopo lunga sperimen-tazione, anche la Toscana modifica il suo modello (a.f. 2009/10) consentendo agli organismi formativi accreditati (oFA) di realizzare percorsi di formazio-ne pura negli anni terminali del triennio. va citata anche la Sardegna, che nell’a.f. 2010/11 torna (ma solo temporaneamente) alla formazione integrale in percorsi di un anno, dopo un “buco” di 4 anni. Qui, all’indomani del recente accordo territoriale, si ri-mane ancora in attesa di una più stabile e struttu-rata riconferma sulla quale pesa il problema delle risorse. Altre regioni, come la Liguria e lo stesso Piemonte, imboccano la strada dell’ampliamento

della varietà dell’offerta formativa senza optare per un modello preferenziale. In valle d’Aosta tro-viamo un rafforzamento progressivo della presenza della scuola nella direzione che va dalla formazio-ne professionale pura (già conclusa nell’a.f. 2005/6 e poi nuovamente ripresa dall’a.f. 2010/11) alla for-mazione professionale integrata, passando da una formazione mista che vedeva la scuola impegnata solo per le competenze di base. Rimangono fedeli al proprio modello originario veneto, Lombardia, Bol-zano, Trento, Basilicata, Calabria e Sicilia, disposte prevalentemente sul versante della formazione a titolarità non scolastica e l’emilia Romagna, con i percorsi scolastici integrati e paralleli a un ca-nale biennale gestito dagli organismi formativi accreditati.

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Se mai ce ne fosse stato bisogno, sono intervenuti i tumultuosi eventi di questa estate per farci

comprendere che dovremo convivere a lungo con le conseguenze economi-che e sociali prodotte da questa crisi. Ma per poterne arginare gli effetti dovranno essere poste al primo posto politiche ed interventi utili a contra-stare l’inoccupazione e a rafforzare la coesione sociale, onde evitare che si generino quelle sacche di disoccupati di lunga durata, che già tristemente hanno caratterizzato il decennio de-gli anni novanta.

Di fronte alle sfide che la crisi ci lancia quotidianamente, alle incerte risposte che hanno caratterizzato l’a-gire della politica, all’immobilismo del sistema economico, all’appiat-timento della società, un solo pen-siero dovrebbe sovrastare ogni altra nostra preoccupazione: quale futuro vogliamo lasciare ai nostri giovani. Disoccupazione dilagante, instabi-lità e precarietà lavorativa, ritardo nell’uscire dalla famiglia d’origine, inadeguatezza dei redditi e difficoltà crescenti nel metter su casa, questa condizione inaccettabile e generaliz-zata dei giovani d’oggi va rapidamen-te affrontata e risolta. Tutto questo riveste grande importanza se si vuol guardare al futuro, se si vuole reagire all’appiattimento di un decennio di stagnazione, se si vuole evitare che il nostro paese rotoli lungo la china del declino. Così evitando che occupabi-lità e cittadinanza attiva diventino a rischio per pezzi rilevanti di giova-ni generazioni. La Formazione Pro-fessionale, compresa quella Iniziale (denominata anche istruzione e For-mazione Professionale – IeFP), è una delle risposte che concorrono a mi-gliorare le condizioni di occupabilità

e di cittadinanza dei giovani, ma, alla sua centralità per il futuro, non corri-sponde oggi una adeguata e coerente iniziativa delle istituzioni.

Le Regioni sono sempre più in difficoltà nel mettere in campo una coerente offerta formativa, non solo perché fortemente diversificate sul piano della visione politica nell’as-segnare un ruolo alla IeFP, ma an-che perché la contrazione dei bilanci comporta un forte disagio anche solo a consolidare la spesa corrente sulla Formazione professionale. Dentro a questo scenario si colloca il percorso attuativo del federalismo, nel qua-le la IeFP ha assunto una sua piena cittadinanza, mantenendo tuttavia tante incertezze sull’esito definiti-vo. Primariamente resta inattuata la disposizione del Titolo V della Co-stituzione in merito alla compe-tenza esclusiva delle Regioni nella completa gestione dell’intera filiera dell’Istruzione e Formazione Pro-fessionale e, dentro questo quadro fatto di incertezze e inerzie, si sta cercando di dare una riorganizza-zione degli IPS da parte dello Stato centrale. In tal modo viene svuotato di ogni significato il principio di sus-sidiarietà tra i due sistemi che sussi-diari non potranno mai pienamente essere, fintanto che mantengono mo-delli gestionali e organizzativi così profondamente differenziati. E’ in conseguenza al permanere di queste pesanti contraddizioni che si sta ri-schiando di rendere sempre più pre-cari i percorsi formativi nei territori. Paradossalmente mentre cresce la fiducia delle famiglie e degli allie-vi verso la formazione professionale

iniziale, manifestata dalla crescita delle iscrizioni di questi ultimi an-ni, l’offerta formativa si fa sempre più incerta. Ma una immediata rior-ganizzazione delle modalità ammi-nistrative di gestione del comparto potrebbe già da subito rendere più flessibile il sistema e ridare più effi-cienza all’attuale assetto della spesa senza ricorrere ad incrementi. Si trat-ta di una razionalizzazione, che da tempo viene richiesta da Forma alle amministrazioni regionali e nazio-nale, attraverso la quale si possano introdurre degli standard di costo con cui conseguire non solo una semplificazione amministrativa, ma facilitare anche lo spostamento di risorse oggi dedicate alla contabili-tà e alla gestione per essere meglio impiegate a migliorare e potenziare la didattica e l’insegnamento. Am-monta infatti a quasi il 40 per cento la spesa oggi sottratta alla formazione diretta per essere assegnata a spe-se per burocrazia, rendicontazione e processi amministrativi. Nonostante tutto questo il costo medio annuo di un allievo per mille ore formative in un Centro di Formazione Profes-sionale è di sei mila e seicento euro, ben il 30 per cento in meno del costo di uno studente di un IPS. Dentro a questo scenario carico di incognite e contraddizioni, pochi mesi fa, una indagine dell’ISFOL ha evidenziato come negli anni 2007/2010 la metà dei giovani qualificati in uscita dalla formazione professionale ha trovato lavoro nei primi sei mesi.

Le statistiche sono eloquenti: va potenziata la formazione profes-sionale perché è un significativo strumento per contrastare la disoccu-pazione giovanile.

*Presidente Nazionale FORMA

Elementi di prospettiva

Potenziare la formazione per contrastare la disoccupazione

di Maurizio Drezzadore*

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1. “Assicurare la domanda di frequenza”In base all’art. 117 della Costituzio-ne e alla sua successiva legislazio-ne, le Regioni hanno competenza esclusiva in materia di Istruzione e Formazione Professionale e, tra i livelli essenziali da assicurare, c’è “il soddisfacimento della doman-da di frequenza” (art. 16 del d.lgs. 226/05).

Come intende garantire, nel-la sua Regione, la possibilità di soddisfare ogni domanda di for-mazione ai giovani che, dopo la Scuola secondaria di I grado, op-tano per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale?

“La Regione Toscana ha scelto di attuare l’offerta formativa dei per-corsi triennali negli Istituti Profes-sionali che rilasceranno qualifiche triennali in regime di sussidiarietà secondo un modello integrato.

In sostanza, nell’applicazione di tale modello, gli studenti iscritti, per l’annualità 2011-2012, al primo e al secondo anno dei percorsi quin-quennali degli Istituti Professionali che hanno optato per la realizza-zione dei percorsi triennali di IeFP, possono acquisire al termine del terzo anno anche i titoli di qualifica professionale elencati nell’Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010, in relazione all’indiriz-zo di studio frequentato.

La Regione Toscana ha firmato con l’Ufficio Scolastico regionale l’ Accordo per la realizzazione nell’an-no scolastico e formativo 2011/2012

di percorsi di Istruzione e Forma-zione Professionale di durata trien-nale, in regime di sussidiarietà.

Per i giovani che hanno assolto l’obbligo di istruzione e sono fuoriu-sciti dal sistema scolastico sono pro-grammati dalle Province interventi di formazione ed integrazione dei sistemi che consentono, al termine del percorso, di due anni, l’acqui-sizione di una qualifica nell’ambito del sistema regionale della forma-zione professionale. L’articolazio-ne del percorso formativo prevede, al fine di sostenere e recuperare i giovani che hanno conseguito una certificazione parziale delle com-petenze di base ai sensi del DM 139/07 e che siano fuoriusciti dal sistema scolastico dopo almeno 10 anni, moduli di recupero finalizzati all’acquisizione delle competenze di base.”

2. Puntare all’occupabilità / occupazione

I percorsi di Istruzione e Forma-zione Professionale sono percorsi di natura professionalizzante, volti, soprattutto, all’occupabilità / occu-pazione oltre all’eventuale rientro nei percorsi scolastici.

Come intende organizzare, nel-la sua Regione, il raggiungimento di questo obiettivo?

“I percorsi di qualifica di Istru-zione e Formazione Professionale

(IeFP), sia se realizzati all’interno degli IPS in regime di sussidarietà integrativa sia nell’ambito dell’of-ferta regionale di formazione programmata dalle province si con-notano come un’offerta unitaria sul territorio regionale. Tale unitarietà è assicurata da alcuni elementi chiave comuni:- rispondenza dei percorsi a quanto

previsto nell’Intesa in Conferenza Unificata Stato-Regioni del 16 di-cembre 2010;

- conseguimento da parte degli studenti delle unità di compe-tenza previste per l’obbligo di istruzione;

- individuazione nelle qualifiche regionali del riferimento per la programmazione dell’offerta del Sistema Regionale di IFP, per la progettazione e realizzazione dei percorsi e per il rilascio delle qua-lifiche professionali e la certifica-zione delle competenze acquisite dai giovani; le qualifiche regionali di riferimento sono quelle cor-relate alle qualifiche triennali di cui all’Accordo Stato- Regioni-Province Autonome del 29 aprile 2010;

- rilascio delle suddette qualifiche e certificazioni (comprese le atte-stazioni intermedie) a norma della disciplina regionale prevista dal Sistema Regionale;

- attività educative affidate a per-sonale docente in possesso di abi-litazione all’insegnamento e ad esperti in possesso di documentata esperienza maturata per almeno 5

Parla l’assessore al lavoro e formazione Gianfranco Simoncini

ecco la strada della ToscanaUn’intervista-conversazione con Gianfranco Simoncini, assessore alle attività produttive, lavoro e formazione della Regione Toscana sulle strategie d’intervento per la formazione, l’orientamento, il lavoro e per il sostegno all’occupazione. Nel corso del colloquio l’ass. Si-moncini ha sottolineato, tra l’altro, l’esigenza di una agenda d’interventi per nuove politiche di formazione e di occupazione adeguate ai bisogni dei diversi contesti territoriali

di Alfonso Rubinacci

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NE trasparenza e la certificazione della competenze potrà essere attuata at-traverso la validazione e certificazio-ne delle competenze di base, chiave e tecnico professionali acquisite dal ragazzo anche fuori dai percorsi for-mativi formali e attraverso il servizio di supporto alla compilazione del Li-bretto formativo del cittadino svolto dai servizi per il lavoro provinciali.

4. Stabilizzare l’offerta formativa Concorrono alla realizzazione del

sistema di Istruzione e Formazio-ne Professionale programmazioni pluriennali e politiche che abbiano continuità per dare alle istituzioni formative – gli attuali Centri di For-mazione Professionale accreditati – e, in via sussidiaria, agli Istituti Professionali di Stato, la possibilità di organizzarsi per rendere stabile la propria offerta e facilitare le famiglie nella scelta.

Quali politiche di carattere con-tinuativo intende organizzare, la Toscana, per facilitare la scelta delle famiglie e permettere ai CFP e agli istituti professionali di orga-nizzarsi ad erogare la nuova offer-ta formativa?

“La prospettiva regionale, in cui si inserisce la messa a regime del sistema di istruzione e formazione professionale, è quella di pervenire ad una nuova definizione dell’offerta formativa regionale che, in accordo con le parti sociali, rinnovi l’offer-ta formativa rendendola flessibile e capace di sostenere la sempre mag-giore variabilità dei lavori e delle professioni. Ritengo infatti, che un efficace modello di intervento che sia anche sostenibile non può pre-scindere dagli Istituti Professionali di Stato per la costruzione di un’of-ferta di formazione professionale regionale non solo, per le conside-razioni sullo svolgimento del diritto all’istruzione nell’ambito delle atti-vità formative, ma anche in ragione dell’elevata specializzazione e quali-ficazione che gli istituti professionali esprimono nell’ambito delle compe-tenze loro assegnate. Tuttavia, non

formative in laboratorio anche attraverso l’azione congiunta di insegnanti provenienti dall’i-struzione e della formazione professionale e dal mondo dell’impresa.

C. la compresenza dei docenti: la compresenza dei docenti potrà essere attuata, oltre che nelle attività di laboratorio di cui al punto B precedente, anche durante le altre attività forma-tive previste dal curricolo di ordinamento.”

3. orientare alla scelta In forma ricorrente si scrive o si

legge del particolare paradosso ita-liano: la domanda di lavoro qualifi-cato inevasa a fronte di una crescente disoccupazione giovanile o giovani qualificati ma non secondo le do-mande del mercato.

Come organizza, nella sua Re-gione, un eff icace servizio di Orientamento per fronteggiare questo particolare disallineamento e facilitare anche la scelta dei per-corsi di Istruzione e Formazione Professionale?

“Mai come ora, con la scarsità di risorse pubbliche a disposizione è fondamentale che le politiche siano tra loro integrate, che gli interventi non siano dispersivi ma che dialo-ghino sinergicamente verso poche e definite priorità. In questa ottica l’attività di orientamento è rivolta ai giovani, in particolare:- agli studenti dell’ultimo anno della

scuola secondaria di primo grado- agli studenti del biennio del-

la scuola secondaria di secondo grado,

- agli studenti in drop – out usciti dalla scuola prima o dopo l’assol-vimento dell’obbligo d’istruzione verso la scelta dei percorsi di istru-zione e formazione professionale Per quanto concerne i processi di

validazione e certificazione delle competenze chiave e tecnico profes-sionali si prevedono le procedure del sistema regionale delle competenze.

La ricostruzione, la messa in

anni nel settore professionale di riferimento.”

Come agisce la Regione?“Per garantire l’armonizzazione de-

gli ordinamenti dell’Istruzione Professionale (IP) e del sistema di Istruzione e Formazione Pro-fessionale (IeFP) e facilitare una programmazione formativa atta al conseguimento della qualifica triennale di IeFP all’interno degli IPS, la Regione:

- promuove l’utilizzo dell’ autono-mia e della flessibilità della pro-grammazione didattica garantite dal riordino degli Istituti Profes-sionali. Nell’attuare l’autonomia e la flessibilità gli IPS garantiscono una curvatura dei percorsi preve-dendo almeno 1.800 ore (su 3168 ore dell’intero ciclo del percorso composto di tre anni di 1056 ore l’uno) dedicate all’acquisizione delle competenze necessarie al conseguimento della qualifica. Delle 1.800 una quota tra il 15% e il 25% deve essere dedicata all’ac-quisizione di competenze di base e minimo il 20% del monte ore deve essere realizzato in stage/tirocinio;

- ripartisce tra le province le risorse per la realizzazione delle azioni di accompagnamento e sostegno ai percorsi degli Istituti Professio-nali di Stato. Per l’anno 2011-2012 sono stanziati 4,5 milioni di euro per le azioni di accompagnamen-to e sostegno ai percorsi di istru-zione e formazione professionale. Tali azioni saranno atte a rendere adottabili nel percorso di istruzio-ne le metodologie caratteristiche della formazione professionale, rafforzando:

A. le azioni di tutoraggio per i tirocini/stage: A partire dal secondo an no dei percor-si triennali, gli IPS dovranno prevedere tirocini secondo il monte orario minimo attuando azioni mirate di tutoraggio du-rante il tirocinio;

B. laboratori di pratica profes-sionale: gli IPS assicurano il rafforzamento delle attività

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AZIONEarrivare ad una disciplina dei tirocini equa e condivisa a livello nazionale, strappo che sicuramente non si può pensare legittimamente di risolvere con una semplice circolare del Mi-nistero, che per inciso non può certo considerarsi un atto normativo.

La IX Commissione ha deciso che non ci sono più le condizioni per un tavolo triangolare stato, regioni, parti sociali visto che a fronte di una di-sponibilità delle regioni di discutere ad un tavolo nazionale su una propria prerogativa costituzionalmente ga-rantita il governo ha agito d’imperio col decreto legge.

Ecco perché la Regione Toscana mantiene ferma la sua volontà di ricorrere alla Corte Costituziona-le verso l’art 11 che “ha invaso” di fatto una competenza propria delle Regioni.

La Regione Toscana è altresì im-pegnata su altri due fronti: da un la-to è occupata a livello nazionale nel confronto con le altre Regioni per arrivare alla redazione di linee gui-da sui tirocini condivise; dall’altro prosegue alacremente nei lavori per la predisposizione della nuova leg-ge regionale sui tirocini. La Giunta Regionale Toscana nella seduta del 3 di Ottobre 2011 ha approvato una delibera che istituirà nuove tipologie di tirocinio rendendo più estensiva la norma e depotenziando, di fatto, gli effetti della legge nazionale che, come si ricorderà, aveva limitato la possibilità di accedere a questo strumento solo ai neo diplomati e ai neolaureati entro 12 mesi dal con-seguimento del diploma. Grazie a questa delibera ristabiliremo final-mente un po’ di certezza e daremo soprattutto una risposta concreta ai tanti giovani che si erano attivati con le aziende per poter svolgere tirocini formativi e che a causa dei vincoli posti dall’art 11 si erano visti ini-bire questa possibilità, ebbene, da oggi potranno di nuovo usufruire di questa opportunità. La delibera, in-tegrando la carta dei tirocini e degli stage di qualità approvata lo scor-so giugno nell’ambito del progetto

formativi dei giovani e mercato del lavoro.

A completamento della progres-sione verticale dei percorsi di qua-lificazione professionale offerti dal sistema regionale abbiamo poi i due segmenti dell’Istruzione e Formazio-ne Tecnica Superiore (IFTS) e degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) che insieme vanno a costituire il nodo dell’offerta di formazione regiona-le terziaria. Per ciò che concerne le attività già in essere, ritengo che do-vranno poi essere previsti interventi di riforma per migliorarne l’integra-zione e la rispondenza rispetto alla nuova configurazione dell’offerta formativa oltre che per garantire cer-tezza nel tempo della stessa,così da costituire un punto di riferimento costante e affidabile per i nostri gio-vani. In questo modello rinnovato, il sistema di formazione professionale dovrà essere fortemente ancorato al-le specializzazioni produttive locali e dovrà prevedere modalità organiz-zative e di integrazione tali da assi-curare nel lungo periodo efficacia e sostenibilità dell’intervento.

Un ruolo strategico assume anche, in questo contesto l’offerta realizzata da IFTS e ITS.

Potrà essere prevista la costituzio-ne di strutture di scopo che vedano il coinvolgimento di Istituti Profes-sionali di Stato, imprese, organizza-zioni datoriali e sindacali (compresi i Fondi interprofessionali), universi-tà e organismi formativi accreditati che siano strutturate in modo suf-ficiente da garantire una continuità funzionale nel tempo ma che siano dotate della necessaria flessibilità per adeguarsi alle diverse esigen-ze di formazione che si possono nel tempo determinare nei territori di riferimento.”

A che punto è il confronto con il Ministero sulla questione tirocini sollevata dall’art 11 di quella che ormai è divenuta la legge che ha approvato la manovra finanziaria?

“L’approvazione dell’art 11 ha di fatto interrotto il dialogo che era in corso tra Ministero e Regioni per

tutte le esigenze che sono, e potran-no essere, espresse dal mondo della produzione e del lavoro in Toscana, potranno essere soddisfatte all’inter-no delle competenze e delle attività degli Istituti Professionali di Stato ed è proprio in questo quadro che l’ “Offerta sussidaria integrativa” con-tiene già alcuni importanti elementi di innovazione, favorendo l’ingresso negli Istituti Professionali di Stato di strutture esterne per integrare le conoscenze e le abilità eventualmen-te non presenti con quelle invece presenti sul territorio di riferimento. La programmazione di tale sistema comporta attività di indirizzo e di definizione di modalità attuative che dovranno essere definite nel detta-glio a partire dall’anno 2012-2013.”

5. Costruire una efficace filiera formativa

I percorsi di Istruzione e Forma-zione Professionale, insieme alla for-mazione proposta attraverso l’istituto dell’apprendistato, sono la base per la costruzione di una vera filiera for-mativa e professionalizzante che si sviluppa nella formazione superiore (IFTS, ITS, apprendistato professio-nalizzante e alto apprendistato) e si consolida nella formazione continua, all’interno di quadro di formazione per tutto l’arco della vita.

Come intende realizzare que-sta filiera, rendendo “organica” e “fruibile” l’offerta formativa pro-posta ai vari soggetti che sono i potenziali beneficiari del sistema?

“Con la essa a regime del sistema regionale dell’Istruzione e Formazio-ne Professionale (IeFP), in coerenza con la riforma delle secondarie supe-riori e degli Istituti Professionali di Stato, si è venuta a delineare un’of-ferta di formazione ancora più am-pia, flessibile e differenziata che va a rafforzare il quadro degli interventi e delle politiche che abbiamo messo in atto come Regione, tanto sul fron-te della prevenzione e del contrasto alla dispersione scolastica, quanto sul piano del perseguimento di un più stretto raccordo tra i percorsi

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Come noto, l’autonomia politica delle Regioni ha loro consentito di disciplinare il sistema della

IeFP con proprie leggi e di esercita-re su tali basi le relative competenze amministrative, ai sensi degli arti-coli 117, comma 3, e 118, comma 2, della Costituzione. In concreto, tale autonomia si è sviluppata secondo modelli assai differenziati. Anzi, fatta eccezione per alcuni limitati interventi della Corte costituzionale - come nel caso della recente dichia-razione di illegittimità costituzio-nale relativa alla Regione Toscana (sentenza n. 309 del 2010), si è ve-nuta determinando una condizione di pressoché totale discrezionalità, se non addirittura di arbitrio. Talune Regioni, dando effettiva attuazione al principio di sussidiarietà oriz-zontale posto dall’art. 118, ultimo comma, della Costituzione, hanno consentito l’attivazione – prima in via sperimentale e successivamente in via ordinaria - dei percorsi della IeFP iniziale nel rispettivo territorio regionale, riconoscendo così il ruolo che può essere svolto a regime dal-le istituzioni formative del privato sociale e consentendo loro di ero-gare i relativi servizi in regime di accreditamento. Altre Regioni han-no operato secondo logiche assai diverse, negando del tutto tale fa-coltà – peraltro, come appena ricor-dato, costituzionalmente protetta -,

oppure riconducendo l’operato della IeFP iniziale ad un ruolo meramente ancillare rispetto alle istituzioni sco-lastiche, ovvero ancora attribuendo alla IeFP soltanto compiti di carat-tere socio-assistenziale per lo più at-tinenti al recupero della dispersione scolastica. A tale rilevante discrasia manifestatasi nelle concrete modali-tà di valorizzazione regionale della sussidiarietà orizzontale, si è poi ag-giunta – complicando così ulterior-mente il quadro complessivo – una nuova funzione sussidiaria, questa volta in senso verticale, che è stata riconosciuta agli Istituti Professio-nali di Stato proprio in relazione alle attività inerenti alla IeFP iniziale. Infatti, va ricordato che il decreto ministeriale n. 87 del 15 marzo 2010 (“Regolamento recante norme sul riordino degli istituti professiona-li, a norma dell’art. 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifica-zioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”) ha previsto che gli “Istituti professionali possono svolgere, in regime di sussidiarietà e nel rispet-to delle competenze esclusive delle Regioni in materia, un ruolo inte-grativo e complementare rispetto al sistema di istruzione e forma-zione professionale (…), ai fini del

conseguimento, anche nell’esercizio dell’apprendistato, di qualifiche e diplomi professionali)”. E ciò è sta-to ribadito nell’Intesa raggiunta il 16 dicembre 2010 dalla Conferenza Unificata (sulle “Linee guida di cui all’articolo 13, comma 1-quinques del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito in legge 2 aprile 2007, n. 40”). A tali principi di forte innovazione in ordine alle forme di apprestamento delle attività di IeFP iniziale – principi che, a nostro av-viso, alla luce della riserva di legge posta dall’art. 97, comma 1, Cost. non potevano essere legittimamente introdotti con mero atto regolamen-tare, giacché trattasi di prescrizioni attinenti all’attribuzione di nuove funzioni spettanti alle amministra-zioni pubbliche statali in materia di competenza legislativa esclusiva delle Regioni - si è dato attuazione mediante accordi sottoscritti dalle Regioni con i rispettivi Uffici Sco-lastici Regionali (USR). In partico-lare, a partire dall’anno scolastico 2011-2012 alle istituzioni formative del privato sociale si affiancheran-no gli IPS secondo i due seguenti modelli (risultanti, in vero, da un approccio metodologico definito es-senzialmente in sede ministeriale e che, per di più, non appare coerente con la prescrizione normativa che, a ben vedere, non distingue affatto tra il carattere integrativo e quello

Giovanisì, introduce fra l’altro per la prima volta in Toscana, due im-portanti novità: il tirocinio di inseri-mento e quello di reinserimento, che consentiranno l’accesso anche al di fuori dei vincoli posti dalla legge. In particolare, nel testo della delibera, si introducono: tirocini formativi e di orientamento, destinati ai neo-diplomati, neo-laureati e a coloro

che hanno conseguito una qualifi-ca professionale entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio o qualifi-ca; tirocini di inserimento, destinati ai soggetti inoccupati; tirocini di reinserimento, destinati ai soggetti disoccupati, compresi i lavoratori in mobilità; tirocini di inserimento o reinserimento destinati ai disabili,

in base alla legge 68/99; tirocini di inserimento o reinserimento desti-nati a soggetti svantaggiati (malati psichici, tossicodipendenti, alcolisti, detenuti).

L’obiettivo della Regione Toscana è di ricondurre i tirocini alla loro ve-ra finalità formativa scoraggiando l’uso e l’abuso distorto che ne è stato fatto negli ultimi anni.”

ordinarietà e sussidiarietà nei percorsi IeFP

di giulio Salerno

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AZIONEcomplementare dell’offerta di per-corsi triennali da parte degli IPS): il modello cd. “integrato”, in base al quale negli IPS i percorsi sco-lastici quinquennali saranno inte-grati dai percorsi per il rilascio dei titoli professionali, sicché vi sarà il contestuale svolgimento degli uni e degli altri; e il modello cd. “com-plementare”, secondo il quale, in-vece, negli IPS i percorsi scolastici quinquennali saranno affiancati da distinti percorsi volti al consegui-mento dei titoli professionali. Nella maggioranza dei casi, le Regioni che hanno sinora sottoscritto gli Accordi, hanno previsto il modello cosiddetto “integrato”. Se questo è lo stato dell’arte, è evidente che il corretto esercizio delle competenze regionali in materia di IeFP appare fortemente inciso dalla competenza così attribuita - in via sussidiaria, si è detto - agli IPS. E se a ciò era presumibilmente difficile opporsi in via di fatto, soprattutto a cau-sa delle forti asimmetrie presenti

nell’offerta dei percorsi della IeFP sull’intero territorio nazionale, è altrettanto evidente che l’interven-to sussidiario statale, per essere qualificabile realmente come tale e dunque per non divenire un’im-propria e permanente usurpazione delle competenze regionali, debba assumere e mantenere almeno i tre seguenti connotati (che sono stati varie volte sottolineati dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzio-nale): la temporaneità dell’azione statale operata in via sussidiaria ri-spetto alle lacune e alle omissioni manifestatesi sul versante regiona-le; la ragionevolezza e dunque la proporzionalità dell’intervento sta-tale tenuto conto dell’effettiva ina-deguatezza delle specifiche offerte regionali; la non incidenza delle am-ministrazioni statali che operano in via sussidiaria sulle – peraltro già assai limitate – disponibilità finanziarie regionali. Se così non fosse, ne risulterebbe gravemente leso il principio di sussidiarietà in

entrambi i significati con cui esso è garantito dalla Costituzione, os-sia da un lato inteso in senso oriz-zontale e solidaristico, ovvero con riferimento alla promozione delle istituzioni formative accreditate che operano nella IeFP; e dall’altro lato inteso in senso verticale, e dunque soprattutto con riguardo alla com-petenza legislativa esclusiva che la Costituzione riserva alle Regioni proprio in materia di IeFP. In questo quadro è compito allora di tutte Re-gioni attivarsi, se possibile secondo modalità concordemente definite, nell’esercizio delle rispettive com-petenze legislative e amministrative affinché l’intervento cd. sussidiario degli IPS si configuri davvero nei limiti qui sopra richiamati. Un tale impegno appare indispensabile per far sì che la IeFP iniziale possa fi-nalmente trovare diffusa e concreta rispondenza in un assetto che con-senta la piena ed effettiva valorizza-zione del privato sociale sull’intero territorio nazionale.

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Il quadro normativo in evoluzione ha dato nuovi elementi per la re-visione dei modelli regionali dei

percorsi di qualifica e diploma, ma è dalle origini, dalla Legge Morat-ti, che il processo di rimodulazio-ne e assestamento della IeFP nelle Regioni non conosce soste: è stato complesso e laborioso, scontando anche una tara ideologica (la dif-ficoltà di comprendere la gestione istituzionale e sovvenzionata di un pezzo del sistema educativo pub-blico da parte della società civile) e poi la dura necessità dei tempi che induce a considerare scuola e formazione più sotto il profilo oc-cupazionale che per i caratteri di innovatività didattico-pedagogica e di risposta ad esigenze dei ragazzi e del mondo del lavoro. Così, nel cor-so degli anni, si sono alternati molti cambiamenti (in media due per ogni regione dal 2003 ad oggi) per trova-re un assetto ideale che pure, sotto

la spinta della recente riforma, ha avuto nuovi sussulti.

Cosa accade con le nuove riforme? I modelli di offerta sussidiaria

degli istituti professionali, “integra-tivo” e “complementare”, stanno a indicare due differenti scuole di pensiero sul ruolo che l’istruzio-ne professionale deve giocare nei confronti della formazione profes-sionale. A quest’ultima si deve sto-ricamente la creazione di un nuovo modo di far apprendere, più flessibi-le e attraente, con un maggiore pe-so del fare e un recupero dei saperi nella dimensione pratica. Così, oggi, alla luce del modello di sussidiarie-tà integrativa, si tenta di curare con la ricetta appresa dalla formazione il corpo gigante e debilitato dell’istru-zione professionale, sofferente in anni recenti per una lenta emorragia

di iscrizioni: la “malattia” è un ama-ro tributo pagato alla licealizzazione quando nei paesi europei più virtuo-si si verifica il fenomeno opposto che conduce alla formazione pro-fessionalizzante quote più grandi di giovani, con un’offerta formativa che procede di pari passo con i biso-gni dell’economia.

Diversamente, il modello della sussidiarietà complementare si at-tua nel rafforzare un’effettiva parità (anche finanziaria) e separatezza dei due canali di insegnamento: scuola e organismi formativi accreditati, differenti per strutture, risorse, sto-ria e organizzazione ma uniti nel raggiungimento dei comuni obiet-tivi regionali; ciascuno operando secondo la sua natura e i suoi mezzi per assicurare al territorio, in pie-na concorrenza, un’offerta varia e pluralista. Ci sarà, verosimilmente, una selezione naturale lasciata alle tendenze del bacino d’utenza, vero

Le tipologie dei percorsi di IeFP nelle regioni e province autonome

di giacomo Zagardo*

Modelli di sussidiarietà e partecipazione al sistema degli organismi formativi accreditati. Quadro provvisorio

Modello di sussidiarietà adottato nell’a.s. 2011/12 partecipazione

docenti OFAalla sussidiarietà

integrativa

IFP secondo Accordo1 per l’a.s.f. 2011/12

IV anni

FP extra

Accordo per l’a.s.f.

2011/12

A B presenza di percorsi degli

OFA

peso degli OFA stimato in termini di classi/percorsi

al primo annoRegioni e P.A. integrativa comple-mentare

Piemonte I - No Sì 63% Sì SìValle d’Aosta I C No Sì 47% - SìLombardia - C - Sì 77% Sì SìLiguria I - No Sì 33% Sì SìP. A. Bolzano2 - - - Sì 100% Sì SìP. A. Trento - - - Sì 100% Sì SìVeneto 3 C No Sì 91% - SìFriuli Venezia Giulia I C Sì Sì 85% - SìEmilia-Romagna I - No Si 30% - NoToscana I - No Sì 24% - SìUmbria I - Sì Sì 0% - NoMarche I - Sì Sì 1% - No Lazio I - No Sì 46% - SìAbruzzo I - No Sì 6% - No Molise I - n.d. Sì n.d. - NoCampania I - Sì No - - NoPuglia I - No Sì 8%4 - SìBasilicata I - Sì No - - SìCalabria I - No Si 20% - NoSicilia I C No Sì 51% Sì NoSardegna I - No Sì 0% - No

Fonte: ISFOL

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AZIONEdriver del sistema. Oggi a scegliere la sussidiarietà complementare sono 5 regioni: dopo la Lombardia, prima nel tempo ad averla sperimentata nell’a.s.f. 2004/5, segue il Veneto che ha comunque lasciato una por-ta aperta alla futura adozione della modalità integrativa. Infine, Valle d’Aosta, Friuli e Sicilia presentano, già in atto, entrambi i modelli sul lo-ro territorio. Più comune è, invece, la modalità integrativa, attuata in 17 realtà regionali, soprattutto al Cen-tro-Sud, dove più scarse sono le ri-sorse necessarie a mantenere i costi più alti (per la regione ma non per la comunità) della complementarietà, evidentemente considerati come un investimento dalle amministrazioni proponenti. Tuttavia, il tempo do-vrà confermare che a costi invariati si attui un cambiamento radicale

Dopo tanti anni di sperimenta-zione l’Istruzione e Forma-zione Professionale (IeFP),

con l’approvazione di due Accordi in Conferenza Stato Regioni lo scorso 29 luglio, ha finalmente iniziato l’anno scolastico 2011-2012 pienamente a regime.

I percorsi di IeFP nascono co-me sperimentazione nel 2003, all’interno del contesto della leg-ge 53/2003 che voleva unificare l’istruzione professionale e la for-mazione professionale regionale nel nuovo sistema di Istruzione e Formazione Professionale, coin-cidente con quella competenza affidata in via esclusiva alle re-gioni dall’allora nuovo articolo 117 della Costituzione. Fu quel periodo caratterizzato da forti contrapposizioni, spesso ideolo-giche, che non permisero di af-frontare serenamente la questione dell’introduzione della vocational educational training (VET) anche in Italia. Le discussioni restarono spesso prigioniere della ricerca

nell’impostazione dell’istruzione professionale, consentendo il con-trasto del fenomeno degli abban-doni e, soprattutto, delle assenze (invisibili) di lunga durata. Lo sfor-zo sarà quello di dimostrare che sono cambiati nella sostanza i set-ting di apprendimento già sgraditi agli espulsi dal sistema. E’ forse nel tentativo di evitare la deriva degli abbandoni che alcune delle regioni con modello in integrazione si stan-no attrezzando per assicurare in vari modi all’interno dell’IP un contribu-to delle strutture formative accredi-tate. Si nota, inoltre, che quasi tutte le regioni con modello integrativo hanno consentito la prosecuzione (alcune, come Umbria e Sardegna, almeno “nelle intenzioni”, in man-canza di altri finanziamenti pro-pri e a livello nazionale) o attivato

di un unico modello valido per tutti, senza riuscire ad apprez-zare invece la complementarietà delle diverse soluzioni. Il sistema IeFP rischiò anche di scomparire quando venne introdotto l’obbligo di istruzione a 16 anni che, nella previsione originaria, doveva es-sere assolto solo nella scuola; sol-tanto con l’articolo 64 della legge 133/2008 fu poi consentito che l’obbligo di istruzione venisse as-solto anche nei percorsi di Istru-zione e Formazione Professionale.

Nel frattempo i percorsi di IeFP si erano sviluppati, con una cre-scita esponenziale degli iscritti, dimostrando di rispondere ad un bisogno reale di famiglie e impre-se: dai 25 mila allievi dell’anno 2003/2004 si passò agli oltre 164 mila dell’anno 2009/2010. In que-sti anni i percorsi di IeFP hanno avuto, d’altro canto, una signifi-cativa evoluzione. In particolare

percorsi di formazione integrale biennali o triennali in riferimento alle figure professionali dell’Accor-do nazionale. Resta, comunque, il fatto che il modello di sussidiarietà complementare dia percentualmen-te maggiore spazio agli organismi formativi accreditati mentre, con la modalità integrativa, la loro presen-za in termini di percorsi completi rimane residuale.

*ricercatore Isfol (Footnotes)

1 Accordo 29.4.2010 e Accordo 27.7.2011.2 L’Accordo 16/12/2010 sugli “organici rac-cordi” non è stato recepito dalle Provincie Autonome di Bolzano e di Trento.3 La sussidiarietà integrativa è una possibi-lità prevista nell’Accordo territoriale ma non ancora attuata.4 Non si dispone dei dati delle classi di IP realmente attivate. La stima percentuale de-riva dal rapporto tra percorsi degli OSA e classi candidabili di IP.

hanno maturato una maggiore attenzione allo sviluppo di com-petenze di base, senza per que-sto tradire la loro caratteristica di essere percorsi di apprendimen-to che partono dal fare, centrati sul compito reale, con l’obietti-vo dell’imparare una professione. Anche il cambiamento del nome da “formazione professionale” (FP) a “Istruzione e Formazio-ne Professionale” (IeFP) è un segno di questo passaggio dalla formazione dei lavoratori all’e-ducazione dei giovani in quanto parte del sistema educativo. Oggi, finalmente, la IeFP può dirsi or-dinamentale, componente a pie-no titolo del sistema educativo di istruzione e formazione italiano.

gli accordi nazionali: un impegno comune, svolto con efficienza e responsabilità

La competenza regionale della IeFP e, contemporaneamente, la

IeFP: iniziato il primo anno a regimedi eugenio gotti*

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NE afferiva ancora alla formazione dei lavoratori e non vi era stata la riforma Costituzionale del 2001.

In terzo luogo è necessario che lo Stato emani il regolamento per l’accertamento dei livelli essen-ziali delle prestazioni: le regioni, infatti, devono garantire il rispet-to di una serie di disposizioni relative all’offerta, ai livelli di qualità delle istituzioni formative e dei percorsi; devono garantire il soddisfacimento della doman-da di frequenza ed elementi di qualità dei percorsi. Nel rispetto delle diverse modalità con le qua-li le regioni realizzeranno quanto di loro competenza, è necessario che si attui un’opera di monito-raggio dell’effettiva realizzazio-ne di tali doveri, a garanzia dei diritti dei cittadini.

Inoltre è necessario che si af-fronti la questione della sosteni-bilità economica del sistema di IeFP. Ancora oggi il contributo statale è limitato allo stanzia-mento del Ministero del Lavoro di circa 200 milioni di euro, che significa poco più di 1.000 eu-ro per studente. Oggi i percorsi di IeFP gravano per la maggior parte sui bilanci regionali. Una situazione insostenibile consi-derando che i percorsi di IeFP rappresentano un livello essen-ziale delle prestazioni che deve essere garantito dallo Stato, in riferimento a studenti che sono in obbligo di istruzione o di di-ritto dovere di istruzione e for-mazione. Bisogna che vi sia un finanziamento certo, stabile e ca-pace di rispondere effettivamente a tutta la domanda. Si consideri che per lo Stato il finanziamento di questi percorsi rappresentereb-be un risparmio rispetto al costo degli stessi studenti iscritti a per-corsi di istruzione statale. L’at-tuazione del federalismo fiscale è un’occasione da non perdere per poter garantire la fiscalizzazione degli oneri finanziari.

*Esperto di processi formativi

definita coerentemente con i prin-cipi dell’EQF in termini di auto-nomia, responsabilità, contesto di riferimento, risorse della persona che vengono mobilitate in termini di saperi, atteggiamenti, capacità operative e decisionali. L’esplici-tazione anche delle abilità e cono-scenze, elementi costitutivi della competenza, completa il modello descrittivo.

Sorprendono posit ivamente inoltre i tempi estremamente rapi-di con i quali sono stati condivisi i ricchi standard formativi per le 21 qualifiche ed altrettanti diplomi professionali quadriennali e quelli per le competenze di base.

Cosa resta da fare?

Certamente molto ancora è da fare. Il risultato raggiunto è più un inizio che una conclusione.

Innanzitutto è necessario prov-vedere all’attivazione di questi percorsi in tutte le regioni. Non è pensabile che restino solo alcune regioni ad avere questi percorsi. E’ un diritto di tutti gli studen-ti poter avere le opportunità che i percorsi di IeFP offrono. Per altro, grazie all’intesa siglata il 16 dicembre 2010, per consenti-re organici raccordi tra gli Isti-tuti professionali e l’Istruzione e Formazione Professionale, le istituzioni scolastiche possono attivare, in via sussidiaria, i per-corsi di IeFP nell’ambito della programmazione regionale. Ciò consentirà di estendere il servizio oltre a quello erogato esclusiva-mente dai Centri di Formazione Professionale.

In secondo luogo è necessario che ogni regione si doti di una specifica disciplina per l’eserci-zio della propria competenza in tale settore. Ancora troppe re-gioni hanno normative arretra-te, spesso ancora appiattite sulla legge quadro 845 del 1978, quan-do la Formazione professionale

necessità di fissare “livelli essen-ziali delle prestazioni” statali a garanzia dei diritti sociali e ci-vili dei cittadini ha imposto un lavoro comune tra Governo e Re-gioni per la determinazione degli ordinamenti.

E’, infatti, con due Accordi, uno approvato in Conferenza Unifica-ta - quindi con la partecipazione di Governo, Regioni, Province e Comuni - e l’altro in Conferen-za Stato-Regioni, che il quadro normativo si è compiuto attraver-so la definizione, come previsto dall’articolo 18 del Decreto Le-gislativo 226 del 17 ottobre 2005, delle aree professionali, delle fi-gure di riferimento delle qualifi-che professionali triennali e dei diplomi professionali quadrien-nali, e delle relative competenze obiettivo, sia di base che tecnico professionali.

E’ stato un lavoro intenso, im-pegnativo, svolto da tutte le par-ti con professionalità e senso di responsabilità, mettendo avanti a tutto l’obiettivo del raggiungi-mento di un Accordo che soddi-sfacesse tutti. Un obiettivo non facile anche considerando che nelle diverse regioni vi sono sta-te storicamente modalità di at-tuazione diverse, in rapporto a bisogni, impianti e condizioni al-trettanto diversi, così come diffe-renti sono le esigenze di figure di riferimento.

Il livello qualitativo dell’Ac-cordo è elevato: la descrizione degli obiettivi per competenze è ormai matura e si è evidenziata nella capacità di fissare addirit-tura i criteri metodologici per la descrizione e aggiornamento de-gli standard minimi formativi. Il risultato ha mostrato come ormai questo contesto sia punto di rife-rimento per ogni rif lessione che riguardi standard professionali e formativi.

Si esprime in questo atto infatti un chiaro concetto di competen-za quale obiettivo dei percorsi,

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L’azione di sistema della Regione veneto ed il progetto FoRMA

“Riconoscere e certificare le competenze” è un’iniziativa che ha coinvolto 47 progetti, tramite la quale la Regione del Veneto ha pro-mosso interventi sperimentali, pre-ceduti da un’azione di ricerca, volti ad individuare processi, linguaggi e strumenti utili alla costruzione di un sistema regionale di riconoscimen-to, validazione e certificazione delle competenze comunque acquisite dal cittadino. La necessità di certificare non solo titoli di studio, ma anche e soprattutto le competenze acquisi-te dalla persona in contesti diversi (lavoro e vita quotidiana) da quelli tradizionali (scuola e università) è richiamata anche nel “Rapporto sul futuro della formazione in Italia” curato dalla Commissione istitui-ta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalle più recenti raccomandazioni europee.

Sono stati impegnati nella rea-lizzazione dei progetti oltre 500 soggetti tra titolari e partner e 1200 operatori del sistema Istruzione Formazione Lavoro. Nella fase di realizzazione della sperimentazione sono coinvolti oltre 4500 persone tra studenti del secondo ciclo, allievi di percorsi universitari e master, adulti occupati, inoccupati e disoccupati.

Nell’ambito di questa importante iniziativa, sono stati sviluppati vari modelli, che tendono a convergere verso un approccio comune, pur se differenziato.

Uno di questi, collocato nella Li-nea A - Descrizione dei risultati di apprendimento in ambiti formali di apprendimento, è costituito dal pro-getto della rete FORMA Veneto che aggrega tutti gli enti di formazione

professionale del Veneto e diversi istituti scolastici.

Il progetto ha preso le mosse da una ricerca internazionale e nazio-nale, che ha contribuito a delineare la prospettiva metodologica ed il quadro di sistema entro cui è stata collocata.

L’approccio metodologico adot-tato si fonda sulle seguenti alcune opzioni che trovano la loro giustifi-cazione nelle riflessioni e proposte emergenti dalle ricerche svolte in termini di buone prassi.

Il modello di sistema

Dall’analisi dei sistemi studiati nell’ambito della ricerca sono emer-si tre approcci di fondo:

A. l’approccio centralistico scola-stico, rappresentato specialmen-te dal caso Francese nel quale si coglie il primato del diploma secondario (baccalaureato), mentre il comparto VET dei ti-toli professionalizzanti risulta aggiuntivo;

B. l’approccio centralistico pro-fessionalizzante, rappresentato specialmente dai Paesi dell’area Tedesca ed Est Europa e dalla Svizzera (per i riflessi del si-stema Tedesco) e Romania (per l’area di influenza ex sovietica), dove risulta un’enfasi relativa al contesto professionalizzante;

C. l’approccio aperto che delinea un sistema tale da consentire una notevole autonomia degli attori con riferimento sia agli enti locali sia alle istituzioni ero-gative sia infine agli utenti. Ciò

è rilevabile particolarmente nel caso Finlandese ed in quello del Québec, specie per il dispositivo di traguardi formativi e di stan-dard rappresentato dai corsi con conseguente calcolo di crediti.

Il sistema nazionale italiano si sta configurando in modo composito, poiché per alcuni tratti (licei e isti-tuti tecnici) si avvicina al modello centralistico scolastico, anche se non si spinge a definire gli standard ed i livelli di accettabilità degli stes-si (come fanno Francia, Svizzera e Romania); per altri tratti (sistema IFP) propone una sorta di neo-cen-tralismo regionale e delle province autonome, sulla base di un apparato di traguardi di apprendimento defi-niti sul piano nazionale.

Ciò significa che il modello Italia-no si può interpretare in due modi, centralistico (nazionale e regionale) e nel contempo aperto.

Nel delineare l’approccio meto-dologico su cui svolgere il lavoro in tema di modello per competenze si è ritenuto più affine ad un’evoluzione prevedibile (ed anche desiderabile) del sistema il modello (relativamen-te) aperto. Ciò significa valorizzare gli spazi di autonomia che il sistema attualmente presenta come occasio-ni per delineare una relazione plura-listica tra gli attori in gioco.

Concetto di competenza

Nel progetto Forma Veneto si as-sume la definizione di competenza proposta nel Quadro Europeo dei ti-toli e delle certificazioni (European Qualification Framework - EQF).

La competen za è def in it a nell’EQF come la «comprovata capacità di utilizzare conoscenze,

Competenze e certificazione: l’esperienza di FoRMA veneto

di Dario nicoli

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A. Le competenze non sono esse stesse dei saperi, dei saper-fare o delle attitudini, ma mobilita-no, integrano, orchestrano tali risorse.

B. Questa mobilitazione è perti-nente solo in situazione; ogni si-tuazione costituisce un caso a se stante, se può essere trattata per analogia con altre già situazioni, già incontrate.

C. L’esercizio della competen-za passa attraverso operazioni mentali complesse, sottese da schemi di pensiero, quelli che permettono di determinare (più o meno coscientemente e rapi-damente) e di realizzare (più o meno efficacemente) un’azio-ne relativamente adatta alla

certificare l’apprendimento. Infatti, si è affermato che «quando i ri-sultati dell’apprendimento sono stati dimostrati in un contesto spe-cifico, risultati dell’apprendimen-to e competenze coincidono». Le competenze rappresentano, per così dire, i risultati dell’apprendimento più “pregiati”, perché sono la matrice della comprovata capacità di ut i l izzare, in un contesto specif ico, anche conoscenze, abilità e ca-pacità personali, sociali e/o metodologiche, integrandole e finalizzandole.

Il lungo dibattito che ha portato alla definizione di competenza pro-posta dall’EQF ha evidenziato, tra l’altro, quattro aspetti che conviene richiamare:

abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello svilup-po professionale e personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono de-scritte in termini di responsabilità e autonomia».

Nei document i preparator i dell’EQF si è sottolineato il lega-me del tutto speciale che unisce il concetto di competenza con quel-lo di risultati dell’apprendimento (learning outcomes), che sono la pietra angolare su cui si basa l’EQF e il cambiamento di para-digma, l’approccio innovativo (il cosiddetto «shift to learnings out-comes») promosso dall’UE nel modo di concepire, descrivere,

La Regione emilia-Romagna ha dato avvio al sistema regionale di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP): il 30 giugno 2011 è stata infatti promulgata

la legge regionale n. 5 “Disciplina del sistema regionale dell’istruzione e formazione professionale”, ad oggi com-piutamente in vigore e quindi applicata dall’a.s. 2011-2012.Il nostro provvedimento si inquadra nel lungo lavoro nazionale di costruzione del segmento dell’Istruzione e Formazione Professionale (cui abbiamo attivamente par-tecipato), avviatosi nel 2001 con la riforma del Titolo v della Costituzione, proseguito con l’emanazione di norme nazionali e regionali e in gran parte fondato su Accordi fra Stato e Regioni, volti ad assicurare che i muri portanti della costruzione poggiassero sulle basi dell’armonizza-zione delle diverse competenze istituzionali. vale, a tal fine, ricordare l’Accordo, il più recente in ordine di tem-po, siglato in Conferenza Stato-Regioni il 27 luglio u.s. e riguardante gli atti necessari per il passaggio a nuovo ordinamento dei percorsi di Istruzione e Formazione Pro-fessionale. Il sistema è pertanto quasi completato in tutti i suoi aspetti e si stanno per chiudere i cantieri sui pochi punti ancora da definire.

Per la nostra legge, in un percorso di elaborazione durato un anno, abbiamo ricercato e favorito tutte le occasioni per coinvolgere e ascoltare gli interlocutori interessati, abbiamo perseguito la condivisione più ampia, abbiamo praticato ogni possibile livello di mediazione culturale. Abbiamo costruito i fondamentali del sistema regiona-le di istruzione e formazione professionale seguendo un metodo di lavoro aperto e duttile, che ci ha consentito di attraversare i passaggi stretti e di trovare le soluzioni più adeguate. nello snodarsi del percorso, gli esiti via via condivisi hanno trovato coerente traduzione in una serie di delibere regionali che hanno accompagnato e orientato l’elaborazione del testo legislativo. Il risultato è una legge compatta, di pochi articoli, rispettosa delle norme nazio-nali e agile nella struttura, che comunica con chiarezza principi, regole e procedure.

I punti salienti della legge regionaleSecondo la nuova l.r. 5/2011, perno del sistema regionale di IeFP è l’integrazione fra i sistemi dell’istruzione e della formazione professionale, ambito strategico all’interno del quale gli studenti trovano un’offerta unitaria, coor-dinata, flessibile nei contenuti e nelle modalità organiz-zative, in grado quindi di corrispondere alle esigenze ed alle aspettative di ognuno, anche in modo personalizzato.

La legge dell’emilia-Romagna per il sistema regionale di IeFP

di Cristina Balboni*

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livello nazionale. Si utilizza inten-zionalmente l’espressione “standard di competenza”, per uniformare la terminologia del progetto a quel-la in uso nei più recenti documenti europei, codificata nella pubblica-zione del CEDEFOP Terminology of European education and training policy - A selection of 100 key terms, 2008.

Per quanto riguarda il rapporto tra gli standard di competenze, la definizione delle UdA e la progetta-zione dei percorsi formativi, occorre puntualizzare che gli standard di competenza lasciano ai progettisti di percorsi formativi la libertà di fare le proprie scelte tenendo con-to anche dei propri valori, dei pro-pri modelli di riferimento e della

una certa padronanza;- le risorse che mobilita, saperi te-

orici e metodologici, attitudini, saper-fare e competenze più spe-cifiche, schemi motori, schemi di percezione, di valutazione, di anticipazione, di decisione;

- la natura degli schemi di pensiero che permettono la sollecitazione, la mobilitazione e l’orchestrazio-ne di risorse pertinenti, in situa-zione complessa e in tempo reale.

Riferimento agli standard

I risultati di apprendimento previ-sti nella progettazione del processo di apprendimento si riferiscono agli standard di competenza esistenti a

situazione.D. Le competenze professionali si

costruiscono, in formazione, ma anche secondo la navigazione quotidiana di un esperto, da una situazione di lavoro ad un’altra1.

Perrenoud2 individua tre elementi che sono fondamentali per la de-scrizione di una competenza:

- i tipi di situazione di cui essa dà

1 Cfr. Le Boterf G., De la compétence. Essai sur un attracteur étrange, Editions d’Organisation, Paris, 1994 ; e, dello stes-so autore : Construire les compétences individuelles et collectives, Editions d’Or-ganisation, Paris, 2000.2 P. Perrenoud, “Nuove competenze pro-fessionali per insegnare”, in Dieci compe-tenze per insegnare, Roma, Anicia, 2002.

L’offerta formativa del sistema regionale di IeFP si com-pone di percorsi triennali, al termine dei quali si conse-gue una qualifica professionale, che costituisce titolo per l’accesso al quarto anno del sistema, e di percorsi quadriennali, al termine dei quali si consegue un diplo-ma professionale. nei percorsi triennali, gli studenti ac-quisiscono le competenze riferite alle qualifiche previste dalla Regione nel proprio Sistema Regionale delle Quali-fiche (SRQ) in correlazione con le figure definite a livello nazionale. I soggetti formativi che possono far parte del sistema re-gionale di IeFP sono gli enti di formazione professionale e gli Istituti professionali; i destinatari dell’offerta dei per-corsi triennali a qualifica del sistema regionale di IeFP sono gli studenti diplomati della scuola secondaria di primo grado. L’iscrizione e la frequenza al primo anno di uno dei percorsi triennali a qualifica, la cui programma-zione è di competenza delle Province, avvengono presso un Istituto professionale che, nell’esercizio della propria autonomia, abbia scelto di fare parte del sistema regio-nale di IeFP. Istituti professionali ed organismi di formazione profes-sionale, nel rispetto della reciproca autonomia, svolgono la progettazione dei percorsi con modalità unitaria e inte-grata, al fine di assicurare il successo formativo di ogni studente e in particolare di garantire la presa in carico di tutte le specifiche situazioni che si presentano fin dal primo anno di frequenza. Al fine di sostenere e qualifi-care l’IeFP, la Regione assicura un’azione di supporto al sistema regionale, con particolare riferimento all’attua-zione di interventi volti a sviluppare le competenze di base

e professionali e ad agevolare i passaggi tra il sistema dell’Istruzione e il sistema dell’Istruzione e Formazione professionale, con specifica attenzione agli studenti a ri-schio di abbandono e dispersione. Riteniamo infatti che non vi sia una seria politica di pre-venzione e di contrasto degli abbandoni e degli insuccessi formativi senza un impianto di sistema che realizza pas-saggi assistiti per facilitare uscite e rientri sulla base della effettiva permeabilità orizzontale del sistema edu-cativo. Alla conclusione del percorso del primo anno, sulla base delle autonome scelte dell’allievo e della sua fami-glia, la triennalità del percorso può essere spesa presso lo stesso Istituto professionale per acquisire un titolo di qualifica (con la possibilità di proseguire poi verso il conseguimento del diploma quinquennale) oppure presso gli Enti di formazione accreditati fino all’acquisizione del titolo di qualifica (con la possibilità, a regime, di frequen-tare un quarto anno per acquisire il titolo di diploma pro-fessionale e, in successione, di poter accedere ai percorsi IFTS oppure puntare al diploma quinquennale, attraverso la frequenza di un anno integrativo).

I “fondamentali” del sistema regionale di istruzione e formazione professionale Consapevoli che ogni idea di scuola è un’idea di società, abbiamo voluto ancorare il nostro sistema ad un preciso orizzonte di valori, a cominciare dall’idea che i percorsi dell’istruzione professionale e della formazione professio-nale hanno il comune obiettivo di garantire la pari dignità delle persone e il diritto di tutti a realizzare un processo di crescita che sviluppi le potenzialità e le competenze di

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partenza verso altre gradini verticali o orizzontali.

I fattori metodologici ed organizzativi della sperimentazione

La sperimentazione ha riguardato espressamente due aspetti: l’appli-cazione delle Unità di apprendimen-to ad un numero congruo di classi, e la somministrazione alle stesse (ma anche ad un gruppo di classi nelle quali non era stata applicata l’UdA) di una prova esperta prepa-rata nell’ambito dei gruppi di lavoro secondo una metodologia comune.

Tutto in coerenza agli assunti me-todologici del progetto: - Le competenze non sono esse

stesse dei saperi, dei saper-fare o delle attitudini, ma mobilitano,

percorsi solo sulle competenze “mi-nime” previste dagli standard me-desimi. Il riferimento agli standard da parte dei progettisti delle UdA dovrebbe piuttosto essere dettato dall’orgoglio. Essi dovrebbero, in-fatti, sentire l’orgoglio di dimostra-re che i risultati di apprendimento previsti dall’insieme delle UdA da loro progettate sono qualitativa-mente superiori (per ampiezza, per livello, ecc.) a quelli previsti dagli standard di competenza nazionali, non fosse che per il fatto che questi standard sono definiti come “mini-mi” per l’acquisizione della qualifi-ca. Se gli standard di competenze fossero progressivi (cfr. standard delle competenze di base degli adul-ti) stimolerebbero maggiormente, anche attraverso la loro struttura-zione, a considerare ogni gradino degli standard non tanto un punto di arrivo minimo, ma un punto di

tipologia della filiera formativa su cui lavorano. Se lo standard di com-petenza è il punto di arrivo di rife-rimento, la definizione del percorso per arrivare allo standard è lasciata alla libertà e alla responsabilità del soggetto che eroga formazione. È importante, quindi, far capire che lo standard non è una gabbia per i progettisti di formazione: è sem-plicemente un punto di riferimento condiviso da più soggetti. La libertà della progettazione formativa non é coartata dalla presenza degli stan-dard. Anzi, la responsabilità dei progettisti di formazione ne viene esaltata. Se ben compresi, gli stan-dard sono un fattore di “liberaliz-zazione” della formazione e della didattica.

Nell’ambito di questa libertà si può evitare un’interpretazione, per così dire, “al ribasso” del riferimen-to agli standard, volta a appiattire i

ciascuno, in una concezione dell’apprendere e del ruolo del sapere come strumenti di libertà delle persone e pre-con-dizioni di occupabilità, che valorizza la cultura del lavoro, la cultura scientifica e la cultura tecnologica. In parti-colare, l’orientamento e la formazione al lavoro hanno bisogno di assumere una connotazione politico-culturale e un forte richiamo ai principi della Costituzione, perché, secondo noi, un positivo rapporto tra sistema formativo e mondo del lavoro è la condizione imprescindibile affinché lo stesso diritto all’istruzione e formazione si traduca in diritto di cittadinanza sociale. e’ dunque pertinente af-fermare che al centro degli interventi previsti dalla legge sulla IeFP dell’emilia-Romagna stanno i giovani della nostra regione, per i quali vogliamo costruire un sistema di Istruzione e Formazione Professionale qualificato, at-trattivo e inclusivo, che sappia in particolare intrecciare i diritti delle persone con l’acquisizione delle competenze professionali, che sia capace di rispondere alle sfide dello sviluppo della nostra Regione e del Paese. In questa concezione, l’offerta formativa della IeFP rap-presenta la solida base di un più ampio e complessivo disegno, che include anche i percorsi post-secondari, che abbiamo chiamato educazione e Ricerca per l’emilia-Ro-magna: educazione, come diffusione di saperi consolida-ti; Ricerca, come creazione di nuova conoscenza. Sono le due polarità di un asse longitudinale sul quale si colloca-no l’Istruzione e Formazione Professionale, la Formazione

Superiore, l’Alta Formazione e la Ricerca; infine, le oppor-tunità di crescita professionale attraverso nuovo lavoro e nuove competenze. un’architettura con caratteristiche di permeabilità tra i diversi segmenti, e tra essi e il mondo del lavoro e delle imprese, una linea che rappresenta l’u-nica vera politica di sviluppo che possiamo promuovere per generare lavoro e per realizzare un modello solidale di società che miri a ridurre le disuguaglianze culturali, economiche e territoriali, a favorire la mobilità sociale, a valorizzare le differenze e le specificità di genere.Il sistema che intendiamo realizzare si alimenta del dia-logo sociale e si fonda sulla responsabilità e sulla qua-lità dei vari soggetti formativi con l’obiettivo dichiarato di fare tornare a svolgere a questo segmento educativo una funzione di punta nella crescita economica del pae-se. Il nostro sistema di IeFP non accetta infatti di vedersi confinato essenzialmente nella funzione di recupero della dispersione scolastica. nelle nostre scuole e nei nostri enti di formazione esiste un giacimento sommerso, costituito dall’impegno e dalle competenze di tanti che si fanno carico quotidianamente del mondo che è entrato nelle nostre aule. Tanti che sanno fare bene il loro mestiere, ma che sono spesso ignorati e ostacolati da politiche dell’istruzione che hanno lo sguar-do retrospettivo. A partire da queste convinzioni, abbiamo cercato di mettere in valore le positive esperienze realiz-zate nella nostra regione, per radicare su di esse il nuovo

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AZIONEstraordinarie, da realizzare una-due volte l’anno, tenuto comunque conto che tutte le attività sono da progetta-re e gestire come UdA. Tre sono gli aspetti che caratterizzano le UdA sperimentate: - i tipi di situazione di cui esse dan-

no una certa padronanza;- le risorse che mobilitano, saperi

teorici e metodologici, attitudini, saper-fare e competenze più spe-cifiche, schemi motori, schemi di percezione, di valutazione, di anticipazione, di decisione;

- la natura degli schemi di pensiero che permettono la sollecitazione, la mobilitazione e l’orchestrazio-ne di risorse pertinenti, in situa-zione complessa e in tempo reale.

La Prova esperta è una prova “pluri-competenze”, articolata su più dimensioni dell’intelligenza e concorre, assieme alle attività di

di ricerca-intervento, poiché si è po-sta a cavallo tra l’ambito della pro-duzione di un modello di didattica per competenze, e l’ambito dell’in-tervento diretto nelle realtà concrete dei corsi di formazione. In questo si può cogliere l’aspetto di novità dell’intervento, e spiega le osserva-zioni di seguito indicate.

L’Unità di apprendimento rappre-senta la struttura di base del pro-cesso di apprendimento; essa indica l’insieme delle occasioni che con-sentono all’allievo di entrare in un rapporto personale con il sapere, affrontando compiti che conducono a prodotti di cui egli possa anda-re orgoglioso e che costituiscono oggetto di una valutazione più at-tendibile. Le UdA realizzate sono tutte di dimensioni medio-grandi, quindi si tratta di strutture didat-tiche impegnative e per certi versi

integrano, orchestrano tali risorse. - Questa mobilitazione è pertinente

solo in situazione; ogni situazio-ne costituisce un caso a se stante, se può essere trattata per analo-gia con altre già situazioni, già incontrate.

- L’esercizio della competenza pas-sa attraverso operazioni mentali complesse, sottese da schemi di pensiero, quelli che permettono di determinare (più o meno co-scientemente e rapidamente) e di realizzare (più o meno efficace-mente) un’azione relativamente adatta alla situazione.

- Le competenze professionali si costruiscono, in formazione, ma anche secondo la navigazione quotidiana di un esperto, da una situazione di lavoro ad un’altra.

La sperimentazione ha assunto per certi versi un maggiore carattere

sistema di IeFP. In emilia-Romagna, infatti, da tempo i due “settori” dell’istruzione professionale e della formazione profes-sionale si sono trovati a contrastare la gerarchizzazione dei percorsi di studio e una tradizione culturale che non riconosce valore formativo ai contesti operativi e lavora-tivi. I soggetti formativi (istituzioni scolastiche ed enti di formazione) si sono misurati, per primi, con la necessità di cambiare le proprie consuetudini didattiche per cor-rispondere ai cambiamenti della domanda loro rivolta, affinando la rispettiva capacità di intercettare i bisogni educativi, rafforzando la consapevolezza che il successo della strategia dell’inclusione dipende dal grado di com-petenze professionali e dalla ricchezza delle modalità didattiche praticate. gli istituti professionali e gli enti di formazione accredita-ti hanno dimostrato che, se gli studenti portano in classe il loro disagio adolescenziale e sociale, non per questo sono destinati a un sicuro insuccesso formativo. Le mi-gliori esperienze di contrasto alla dispersione realizzate in emilia-Romagna hanno il merito di avere introdotto elementi di flessibilità organizzativa e di avere recupe-rato la motivazione all’apprendere degli studenti anche attraverso la diversificazione delle prassi didattiche (in primis, laboratoriali), rendendo evidente che, per raffor-zare un processo di crescita degli studenti che si declina con i saperi e l’operatività, è essenziale per gli insegnanti

e per i formatori praticare gli stili collaborativi propri di una autentica comunità professionale.

Conclusione Per concludere: assumere il modello del sistema integra-to significa per la Regione Emilia-Romagna contrastare negative logiche educative che producono separatezza culturale e valoriale tra i percorsi di apprendimento, tra le istituzioni scolastiche e formative, tra gli stessi allievi che le frequentano. Ci dichiariamo, infatti, contrari alla precoce determinazione delle scelte formative perché la consideriamo la scelta di un sistema che accetta di legit-timare le disuguaglianze che eredita. A nostro avviso, il “rischio dispersione” non vuole dire che sono i ragazzi a disperdersi, piuttosto che sono le istituzioni educative a non avere la capacità o la possibilità di attrarli, propo-nendo loro esperienze di apprendimento rispondenti ai loro stili di conoscenza e basati su una spiccata dimen-sione applicativa. Così facendo, agiamo in coerenza con una consolidata pratica di integrazione che caratterizza la nostra Regione e che continua a dare buoni frutti, ma abbiamo anche l’ambizione culturale di voler offrire al dibattito nazionale sulle politiche dell’istruzione e forma-zione il pensiero di un modello di formazione e l’esperien-za di un metodo di lavoro. * Direttore generale Cultura, Formazione e Lavoro Regione

Emilia-Romagna

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NE di riferimento unitario in grado di fornire un punto di vista olistico a formatori ed allievi; ciò consente di delineare i contributi – in chia-ve di reciprocità – di ogni asse ed area formativa al perseguimento del profilo di riferimento; ma non va dimenticata la questione valu-tativa, da sempre punto dolente dell’approccio che con il passare del tempo ha portato ad una stra-tificazione di metodologie poco coerenti tra di loro;

- per le seconde, l’aspetto di mag-giore valore è rappresentato dalla metodologia dell’Unità di appren-dimento e della Prova esperta, poi-ché esse hanno fornito alle scuole stesse una prospettiva di tipo nuo-vo, salvo innovazioni parziali via via prodotte in punti limitati del sistema; accanto a ciò, va segnala-ta la rilevanza del lavoro coopera-tivo tra docenti di diverse aree e la necessità di superare l’enciclope-dismo dei saperi al fine di indivi-duarne i nuclei essenziali introno ai quali concentrare gli sforzi.

Condizioni per la trasferibilità del modello sperimentato

Da quanto indicato in tema di risultati della sperimentazione, emerge, accanto alla positività del progetto, la necessità di configurare il passaggio alla fase attuale a quella del trasferimento del modello con opportuni adattamenti, nel contesto ordinario delle attività formative nel contesto dell’Istruzione e formazio-ne professionale regionale.

Tre sono i livelli su cui intervenire per assicurare un esito positivo a tale passaggio:

1. il confronto con gli altri attori della realtà Veneta che hanno partecipato al progetto “Capitale umano” e che si sono occupati del sistema Ifp, al fine di trovare un terreno di convergenza circa il modello da adottare, risultato dei positivi apporti di ciascuno.

formatore è esperto, può mettere in campo per lo sviluppo delle com-petenze. In questo modo, l’intero la-voro formativo ottiene un orizzonte unitario e coerente, che consente ai formatori/docenti di collocare il pro-prio contributo entro un cammino veramente unitario ed agli allievi di cogliere il senso unitario del pro-prio percorso e di apprezzarne così i vari aspetti e passi. Di conseguen-za, questo impianto si attende una maggiore mobilitazione degli allie-vi non tanto in riferimento alla dei compiti (in buona parte già diffuso negli Organismi formativi, specie per l’area professionale), quanto per la possibilità di vedersi collocati in una posizione più centrale rispetto al proprio cammino, potendo così rendersi maggiormente consapevo-li e trovare senso e utilità ai propri sforzi, che in questo modo si pos-sono rivolgere a tutti gli ambiti del percorso. Trattandosi di un impianto che non si giustifica unicamente sul piano tecnico, ma possiede un re-spiro educativo e sociale, l’intento cruciale del progetto si riferisce alla possibilità di mobilitare i formatori-docenti così da suscitare in essi un sovrappiù di fiducia nei confronti dei propri allievi, contrastando in tal modo il circolo vizioso che sta inva-dendo progressivamente gli ambienti formativi, originato da una lettura pessimistica della reale disposizione dei giovani ad apprendere e dalla critica nei confronti dei vari attori in gioco (famiglia, media, imprese).

I risultati della sperimentazione

I risultati ottenuti forniscono in-dicazioni chiare circa la fondatezza metodologica del modello proposto, ma fanno emergere anche segnali circa l’applicabilità dello stesso en-tro il contesto ordinario delle attività formative e scolastiche..

Occorre a questo punto fare una distinzione tra Cfp e Scuole:- per i primi, risulta particolarmente

rilevante la proposta di un quadro

valutazione di tipo formativo che si svolgono al termine di ogni UdA, a rilevare il grado di padronanza dei saperi e delle competenze mobilitati – articolati in abilità, capacità e conoscenze e indicati nelle rubriche di riferimento - utilizzando una metodologia che consenta di giungere a risultati certi e validi.

È collocata in corrispondenza delle scadenze formali dei corsi (quando vengono rilasciati titoli di studio) e consente di rilevare in forma simultanea, sulla base di un compito rilevante, la padronanza di più competenze e saperi da parte dei candidati.

gli aspetti innovativi emersi

Il progetto ha voluto delineare, tra-mite gli strumenti prodotti, un qua-dro di riferimento unitario organico, in cui le parti non siano scisse ed in cui emerga il primato del tutto sulle parti (olismo), così che si possa deli-neare effettivamente un modo di fare formazione orientato al Pecup ed ai risultati di apprendimento attesi. Ta-le quadro è garantito dalla Rubrica delle competenze, ovvero il risulta-to dell’“istruttoria” degli standard/referenziali di riferimento (standard professionali, di competenza, forma-tivi) in grado di ricollegare ciascuna unità di competenza (sulla base di una mappa delle competenze aggre-gate nella prospettiva dell’Unione europea) ad un insieme delimitato di problemi e compiti, possibilmente progressivi per complessità; di fare “un’analisi operazionale” delle abi-lità/capacità (metodologie, tecniche, procedure, attitudini) messe in moto dalla competenza; d analizzare le conoscenze attivate dalle competen-ze evidenziando sia saperi di per-formance, regolatori dell’azione, sia saperi di legittimazione scientifica, evidenziando così, alcuni “nuclei essenziali” di saperi, anch’essi pro-gressivi per complessità; di inventa-riare le “risorse” che ogni disciplina conoscitiva o abilitativa, di cui ogni

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AZIONEnell’ambito delle imprese e del mondo del lavoro.

Sito Web

Tutti i materiali sono reperibili sul sito: http://www.formaveneto.it/ di-gitando “Progetti sulle competenze” che comprende i seguenti materiali:- Ricerca buone pratiche- Rubriche competenze- Unità di apprendimento - Prove esperte- Passerelle- Supplemento al certificato.

ai vari livelli dei sistema. 3. L’elaborazione di un approccio

progettuale consono alla me-todologia adottata in ambito sperimentale, corredata da una proposta di standard di docu-mentazioni da sottoporre alla Regione Veneto in quanto orga-nismo competente per la gestione del sistema Ifp; inoltre la crea-zione di un contesto di comu-nità professionali del personale coinvolto per lo scambio di ma-teriali e didattici, la definizione di pratiche condivise, l’amplia-mento progressivo dell’approccio

Tale esito è facilitato dalla co-mune matrice metodologica, ma richiede comunque un lavoro puntuale che può essere oppor-tunamente coordinato dalla Re-gione Veneto.

2. L’assunzione di responsabilità da parte di Forma, associazione degli enti di formazione profes-sionale, circa l’adozione del mo-dello “convergente” nell’ambito degli organismi aderenti, e la de-finizione di un piano di accom-pagnamento di tale decisione tramite una serie di interventi in-formativi, formativi, di supporto

è terminata nel febbraio del 2011 la ricerca ISFOL sugli esiti formativi e occupazio-

nali dei percorsi triennali di istru-zione e formazione professionale (IeFP) che, come è noto, rappresen-tano uno dei percorsi per l’assol-vimento dell’obbligo di istruzione/diritto-dovere all’istruzione e forma-zione1b. Le ipotesi guida che hanno accompagnato l’indagine possono essere così riassunte: quanto i per-corsi triennali accompagnano i gio-vani efficacemente all’inserimento lavorativo? Le qualifiche rilasciate rispondono alle esigenze espresse dal mercato del lavoro locale? Co-me i giovani valutano l’esperienza formativa svolta? Qual è la funzione di questi percorsi, oltre all’eventuale facilitazione all’inserimento lavo-rativo? Condotta su un campione nazionale di 3600 qualificati nei percorsi triennali di IeFP nell’a.s.f. 2006/20071, la rilevazione è stata

1 Si noti quindi che sono stati intervista-ti i ragazzi iscritti ai percorsi nell’a.s.f. 2004/2005, ovvero solo l’anno dopo l’Ac-cordo del 2003 che li ha avviati a livello nazionale, anno in cui, tra l’altro, i tasselli del mosaico per la messa a sistema di que-sta offerta vedevano solo una loro prima

realizzata sulla base di un questio-nario telefonico, somministrato a più di 3 anni dalla qualifica profes-sionale per limitare gli effetti della variabile “occasionalità” del primo inserimento lavorativo, scelta di prudenza peraltro superata dai ri-sultati emersi dalla stessa indagine.

L’indagine si è soffermata, ol-tre che sugli aspetti quantitativi dell’occupazione in esito dei per-corsi triennali, anche sui principali aspetti qualitativi, sia in termini di caratteristiche generali del lavo-ro svolto (velocità di inserimento lavorativo, stabilità occupaziona-le e coerenza con gli studi svol-ti) sia sugli aspetti strutturali della occupazione trovata, come ad esempio settori produttivi di ri-ferimento, tipologia contrattuale, mansioni svolte. Gli esiti occupa-zionali dell’indagine mostrano con evidenza che i percorsi triennali d’istruzione e formazione profes-sionale svolgono un’importante funzione di inserimento lavorativo per i giovani nella fascia d’età com-presa tra i 20 e i 24 anni: la metà degli allievi, infatti, ha trovato un

ed iniziale definizione.

lavoro immediatamente dopo aver terminato il percorso formativo, percentuale che si attesta attorno al 59% al momento dell’intervista, vale a dire dopo circa tre anni dal conseguimento della qualifica, co-me mostra il grafico seguente.

I risultati dell’indagine inducono

gli esiti dei percorsi triennalidi e. Marsilii, v. Scalmato*

1b Per un approfondimento sui risultati del-la indagine, si veda: Isfol OA: http://hdl.handle.net/10448/195.

grafico n. 1 Condizione attuale

prevalente dei giovani intervistati

occupati - 59,1

ex lavoratori, ora disoccupati - 17,8Disoccupati, mai occupati prima - 9,3In formazione - 9,7

Altri inattivi - 4,0

Fonte: Elaborazioni ISFOL

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Interessanti anche le indicazio-ni emerse rispetto alla situazione occupazionale attuale degli inter-vistati: notevoli differenze sono state registrate non solo rispetto alla variabile di genere, ma anche rispetto all’ area geografica di ri-ferimento, nonché per indirizzo di corso frequentato.

Rispetto alla variabile di genere, il tasso di occupazione rilevato mostra una prevalenza della com-ponente maschile (64%) rispetto a quella femminile (52%). I settori produttivi che sembrano offrire maggior occupazione sono quelli dell’elettrotecnica, dell’industria, dei servizi sociali e alla persona; più a rischio, come si rileva nella tabella che segue, sembrano essere al contrario gli indirizzi formativi dei settori turistico-alberghiero e dei servizi alle imprese.

A livello territoriale, l’area del Paese che sembra offrire maggior occupazione, sia maschile (70,5%) che femminile (57,1%) è quella del

professionale. Tale occupazione, peraltro, rimane, nella maggior parte dei casi, stabile fino al mo-mento dell’intervista3: più della metà dei giovani intervistati (56%) ha, in tale arco di tempo, svolto un solo impiego, molto spesso anche coerente (64%) con il percorso for-mativo realizzato. Migliori le per-formance dei percorsi formativi a titolarità delle istituzioni formati-ve accreditate (agenzie formative), che sembrano più equipaggiate, ri-spetto alle istituzioni scolastiche, a sostenere efficacemente i loro qualificati nel delicato processo di inserimento nel mondo del lavoro.

3 Il grado di stabilità occupazionale, vale a dire quanti lavori sono stati svolti nel pe-riodo intercorso tra il momento della qua-lifica professionale e quello dell’intervista è ricavato sulla base delle informazioni rilevate sia sulla condizione occupazionale attuale che su quella pregressa: un elevato numero di impieghi diversi sarebbe stato indice di instabilità occupazionale per i giovani in ingresso nel mercato del lavoro.

ad esprimere una valutazione po-sitiva sull’impatto della formazio-ne conseguita nei percorsi di IeFP rispetto ad alcuni importanti indi-catori di efficacia presi in esame: tempi di attesa per il primo inseri-mento2, stabilità e coerenza della condizione occupazionale.

La ricerca ha evidenziato che i tempi di attesa per l’inserimento nel mondo del lavoro sono stati in genere molto brevi: circa la metà del campione, infatti, risul-ta occupato nell’anno immedia-tamente successivo alla qualifica

2 Per ricavare i tempi di ricerca del primo impiego sono state chieste ai giovani in-formazioni relativamente a due momenti del loro percorso di studio e lavoro: il mese e l’anno di conseguimento della qualifica professionale triennale e il mese e l’anno in cui ha avuto inizio il primo lavoro. La differenza tra queste due date ha consen-tito di definire quanto è durato il processo d’inserimento lavorativo dei qualificati, partendo dall’assunto che il momento del-la qualifica professionale sia stato anche l’inizio della ricerca attiva di un lavoro.

Tab. n. 1 - Condizione occupazionale secondo l’indirizzo del corso e il genere (valori percentuali)

Disoccupato Inoccupato Studente Inattivo Occupato Totale

Elettrotecnico 17,0 7,1 5,3 3,1 67,5 100,0

Industria 13,4 6,6 4,8 3,9 71,3 100,0

Servizi alle imprese 17,9 11,8 12,8 3,2 54,3 100,0

Servizi sociali e alla persona 11,6 10,1 17,4 60,9 100,0

Turistico-alberghiero 22,0 8,6 9,7 1,5 58,2 100,0

Maschi totale 17,0 8,2 7,8 2,9 64,1 100,0

Elettrotecnico - - - - - -

Industria 16,7 6,7 33,3 5,0 38,3 100,0

Servizi alle imprese 17,9 14,6 13,2 4,7 49,7 100,0

Servizi sociali e alla persona 18,7 9,0 10,0 6,0 56,3 100,0

Turistico-alberghiero 20,7 11,2 11,9 6,1 50,1 100,0

Femmine totale 19,0 11,0 12,3 5,6 52,1 100,0

Fonte: Elaborazioni ISFOL

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in larga misura alla ancor scarsa esperienza lavorativa dei sog-getti intervistati, nonché vero-similmente all’indisponibilità di capitali che non consente a questi giovani di intraprendere la strada dell’auto imprenditorialità.

Infine, la “caccia” al posto di

Nord-Est; di contro, l’area più cri-tica si conferma il Sud, dove è la componente femminile quella più penalizzata (38,2%).

Per quanto riguarda la coerenza espressa dai qualificati tra il lavo-ro attuale svolto con il percorso di studi realizzato, dall’indagine emerge un buon grado di coerenza (60%) che si ritrova soprattutto tra i qualificati nel settore industria ed elettrotecnico.

Passando all’analisi delle carat-teristiche dell’occupazione, dal punto di vista della natura del rapporto di lavoro e delle diver-se tipologie contrattuali, si rileva una marcata prevalenza del lavoro subordinato: l’87% degli intervi-stati svolge infatti un lavoro come dipendente.

Tra questi prevalgono soprattut-to i contratti temporanei e a causa mista. L’insieme delle tipologie contrattuali è così rappresentato:- 3 5 % c o n c o n t r a t t o d i

apprendistato; - 33% con contrat to a tempo

indeterminato;- 25% con contrat to a tempo

determinato;- 4% senza alcun contratto.

La presenza esigua di posizio-ni lavorative autonome e/o para-subordinate (13%) è da attribuirsi

lavoro è ancora una questione di relazioni. Si conferma, infat-ti, anche nell’ambito del nostro campione che le amicizie, il pas-saparola e le conoscenze, in altre parole, le reti informali di fami-liari e conoscenti, rappresentano ancora il canale preferenziale per trovare lavoro (26%). Un ragazzo su tre, invece, ha trovato lavoro grazie alla conoscenza o al con-tatto diretto con il datore di lavo-ro, mentre poco incisivo risulta il ruolo svolto dai Centri per l’im-piego (5,4%).

Attraverso lo stage è riuscito a entrare nel mondo del lavoro circa il 10% degli intervistati, so-prattutto nel settore dei servizi sociali e alle persone, nel settore industria e quello dell’elettrotec-nica. Lo stage, dunque, si confer-ma valido sia come metodologia didattica che incontra il favore dei giovani, sia come importante modalità di inserimento lavora-tivo, soprattutto, secondo il loro parere, quello realizzato presso le istituzioni formative accreditate (agenzie formative).

Passando ad esaminare gli “esi-ti formativi” dei percorsi di IeFP, è interessante sottolineare che i giovani hanno espresso nel com-plesso una valutazione positiva dell’esperienza formativa realiz-zata, tanto da dimostrare una fe-lice propensione a continuare la formazione e/o gli studi. Subito dopo la qualifica professionale, infatti, i percorsi sembrano aver dato luogo ad un effetto “traino” rispetto alla prosecuzione della formazione/studi. Se, al momento dell’intervista, continua a studiare e a formarsi 1 giovane su 10 subi-to dopo la qualifica professionale, invece era addirittura il 36% la quota dei giovani che decideva di svolgere un’altra esperienza for-mativa, soprattutto, come eviden-ziato dal grafico che segue, nella formazione professionale iniziale.

Interessanti r isultano anche le motivazioni addotte circa la

tabella n. 2 - Condizione occupazionale secondo l’area geografica e il genere (valori percentuali)

In cerca di lavoro

Inattivo-studente Occupato Totale

Maschi

Nord-Ovest 22,4 10,9 66,6 100,0

Nord-Est 21,7 7,9 70,5 100,0

Centro 20,9 17,0 62,1 100,0

Mezzogiorno 42,5 15,3 42,2 100,0

Femmine

Nord-Ovest 27,5 15,9 56,6 100,0

Nord-Est 27,1 15,8 57,1 100,0

Centro 24,3 30,1 45,6 100,0

Mezzogiorno 40,7 21,1 38,2 100,0

Fonte: Elaborazioni ISFOL

grafico n. 2Prosecuzione

studio/formazione dopo la qualifica professionale

4° anno di FP - 68,1%

Scuola superiore - 18,4%

FP di secondo livello - 9,3%

Altro corso di studi - 4,1%

Fonte: Elaborazioni ISFOL

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SpecialeIS

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formazione) in modo da perma-nere nel mercato del lavoro e reg-gere le difficoltà e i momenti di crisi. Tuttavia, risulta opportuno che, in questo, i giovani vengano supportati e sostenuti dalle isti-tuzioni con azioni mirate di ac-compagnamento al lavoro, al fine di rafforzarli e orientarli verso le opportunità della formazione permanente che vanno altrimenti per loro perse, dal momento che a questo tipo di offerta, come di-mostrato dalle indagini sul tema, accedono in larga parte coloro che già posseggono gli strumenti cul-turali che si intendono rafforzare con la formazione.

*ricercatrici ISFOL

Tale fenomeno va letto in modo positivo, in quanto conferma la capacità dei percorsi di funziona-re come canale professionalizzan-te, sia per coloro che lo scelgono sotto una spinta fortemente vo-cazionale, sia per coloro che si sono affacciati ai percorsi come ultima occasione, con un bagaglio di insuccessi e di demotivazione tali da porli a rischio di rifiuto verso qualsiasi canale scolastico e formativo.

Questi percorsi inoltre sembra-no aver favorito consapevolezza e pragmaticità rispetto alla esi-genza di migliorare i livelli di padronanza della propria profes-sione (attraverso la loro ulteriore

prosecuzione, tra le quali risul-tano equamente distribuite “la voglia di continuare a studiare” (32%) e “ cercare un lavoro mi-gliore” (35%).

I percorsi triennali hanno dun-que favorito, in una quota di giovani, il desiderio di formar-si ulteriormente: questi giovani sembrano aver r iassaporato il gusto di imparare grazie ad una esperienza di apprendimento pro-gettata per integrare le conoscen-ze culturali con le conoscenze e competenze professionali, ca-ratterizzata dall’utilizzo di me-todologie didattiche innovative, dall’uso di laboratori specializzati e dallo svolgimento di stage.

grafico n. 3I motivi di chi ha

continuato a formarsi/studiare dopo la

qualifica professionale

Cercava un lavoro migliore - 35,6%

voleva ancora studiare - 32,3%

Temeva di non trovare lavoro - 13,6%

Temeva di non trovare lavoro interessante - 10,2%

Pressione di genitori o insegnanti - 1,3%

Imitazione dei compagni - 0,2%

Fonte: Elaborazioni ISFOL

La qualifica non bastava per il lavoro desiderato - 6,8%

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47TuTToSCuoLA n. 516

Obiettivo docente

Rudolf Steiner nasce il 27 feb-braio 1861 a Kraljevec presso la frontiera austro-ungarica.

In famiglia vive molti trasferimen-ti, tutti connotati dall’edificio della stazione e dai vicini binari – il padre è ferroviere –, però sullo sfondo di prati, boschi e, in lontananza, le ci-me delle Alpi. Fin da bambino aiuta la famiglia svolgendo piccoli lavori di giardinaggio e domestici e si oc-cupa anche di telegrafia. I rapporti con persone nuove in località diverse e l’assaporare con intensità i ritmi delle stagioni e della natura segna-no positivamente la sua infanzia. Fa un’esperienza decisiva a sette anni: in un certo senso “vede” e “ascolta” con occhi e orecchi diversi da quelli fisici percependo, al di là degli albe-ri e delle pietre, gli esseri spirituali nascosti dietro ad essi, che si rivela-vano in uno “spazio animico interio-re”. Quest’esperienza è stata, forse, l’inizio della sua attrattiva per l’An-troposofia. Nei primi anni di scuo-la le lezioni lo interessano appena; coltiva le doti di disegnatore e alla Scuola Tecnica riceve un’istruzione soprattutto scientifica. Legge mol-ti trattati di filosofia e, nonostante abbia difficoltà con l’ortografia, svi-luppa i suoi temi in maniera sorpren-dente. Nell’estate del 1879, supera l’esame di maturità con la lode e, per la prima volta riesce a parlare della sua esperienza nel mondo spirituale con un erborista che considera “ma-estro spirituale” perché gli regala la possibilità di andare al di là della mentalità materialistico-scientifica

dell’epoca. All’Istituto Tecnico Su-periore di Vienna studia biologia, chimica e fisica. Quest’ultima lo affascina perché adotta il metodo dell’osservazione. Conosce Goethe come poeta e come scienziato e cre-sce nella convinzione che la scienza moderna, negatrice dello spirito, non può affermare l’elemento vitale in natura. Ancora ventenne insegna per potersi mantenere e poi collabo-ra alla grande edizione delle opere di Goethe e inizia una fase di grandi incontri: poeti, filologi, artisti che lo immergono, inconsapevolmente, verso il mondo interiore. È fami-liare, fino in fondo, con il mondo spirituale che riconosce in se stes-so. Sente che il suo rapporto con lo spirito ha carattere di realtà, mentre la mediazione dei sensi ha caratte-re d’ombra. In questo periodo anela al rinnovamento della cultura ma viene capito da pochi e il desiderio di entrare sempre più profondamen-te nel mondo dello spirito è l’unica cosa che lo sostiene. Così nascono i suoi scritti filosofici: uno è la sua laurea, conseguita nel 1891, Verità e Scienza. Nel 1894 pubblica La filo-sofia della libertà. Seguono altri due scritti e moltissime conferenze. A 35 anni, dopo aver praticato per lungo tempo la meditazione, si risveglia in lui, con un cambiamento decisivo, un fortissimo interesse per ciò che è sensibile e percettibile con tutto ciò che ha da svelare. Ha la viva

convinzione che quando si osserva il mondo fisico si esce completamen-te da se stessi e per questo motivo si può ritornare, con più forza, nel mondo spirituale. Si dichiara citta-dino del mondo fisico e del mondo spirituale e intraprende la grande opera di ripensare l’educazione e l’istruzione con la fondazione delle scuole Waldorf che ora guardiamo da vicino.

Tra dinamicità e inventiva: le Scuole Waldorf

Senza entrare nel merito dell’an-troposofia, ci chiediamo cosa, del pensiero pedagogico di Steiner, può illuminare la nostra pratica educa-tivo-didattica. Per Steiner, il perio-do dell’educazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani è una ruota che gira per ventun anni. Durante i primi sette, connotati dall’offerta di calore e serenità, i bambini vi-vono in un’atmosfera fatta di gioco, fiabe, musica, pittura e movimen-to, vivendo con semplicità i gesti quotidiani organizzati ritmicamente nella giornata e nella settimana. Le immagini e la meraviglia colorano questo periodo durante il quale ven-gono promosse attività legate alla vita della casa o attività artigianali. L’ambiente dove i bambini vivono è molto curato ed è preferibilmen-te arredato con mobili di legno. I giocattoli sono essenziali, semplici, possibilmente costruiti dai genito-ri o dai maestri. La loro semplicità

educare è imparare per tutta la vita, dalla vita stessa. Parola di Rudolf Steiner.

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di Caterina Cangià

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48 TuTToSCuoLA n. 516

Obiettivo docente

scansione degli anni è così artico-lata: per i primi tre anni, vengono coltivati il ritmo e l’immaginazione che porteranno al pensiero logico e strutturato. Una figura di riferi-mento fondamentale è il “maestro”, incaricato di accompagnare verso la scoperta della grande realtà che circonda i ragazzi, in un rapporto di fiducia e dialogo che si trasformerà man mano che l’alunno cresce. La “figura di riferimento” accompagna il ragazzo per ben otto anni conse-cutivi: è rilevante e viene affiancata,

dell’infanzia e i primi due anni delle nostre primarie con questi parametri? I sette anni successivi, che vanno dagli otto ai quattordici anni di età, sono caratterizzati dal rapporto con una realtà più grande, fuori dall’am-biente circoscritto della casa e del lavoro dell’artigiano, verso gli spa-zi aperti dell’ambiente circostante, a contatto con il mondo e con chi lo abita. Quale tipologia di educa-zione accompagnerà questa lunga fase? L’educazione ai sentimenti at-traverso l’esperienza del bello. La

lascia spazio alla fantasia dei pic-coli che danno loro vita a piacere. A quest’età il comando è “giocare, giocare, giocare”. Questo perché gli spazi dedicati al gioco sono spazi di futuro. I bambini imparano con il gioco, sperimentano con tutti i sensi, si muovono, sono attivi con “mani e piedi”. Il gioco li porta a sapersi dominare, a conquistare equilibrio, a sfiorare con le mani e ad afferrare con forza, a esercitare la fantasia, portone per la creatività futura. Pro-viamo a misurare le nostre scuole

‘Promossa a pieni voti. La scuola lodigiana ha una pagella da prima della classe. Il suo livello di qualità è conside-rato addirittura il terzo migliore in Italia nel quadro di

sintesi finale del secondo Rapporto sulla qualità nella scuola. L’importanza e il valore dell’indagine sono stati illustrati il 1 ottobre al Teatro alle vigne di Lodi da Alfonso Rubinacci, coordi-natore del comitato scientifico di Tuttoscuola, in occasione dell’i-naugurazione dell’anno scolastico 2011 – 2012.In apertura della cerimonia il dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Lodi, giuseppe Bonelli, ha tracciato un bilancio dell’attività formativa nel territorio. Il Lodigiano è caratterizza-to dall’esistenza di proficue sinergie tra istituzioni governative, enti locali e parti sociali, condizione che certamente rappresenta una delle ragioni del buon funzionamento della sua scuola. La gestione del sistema educativo è quindi impegno condiviso da tutto il territorio, attraverso una collaborazione costruita sulla chiarezza dei ruoli e delle responsabilità. Per l’anno scolastico 2011/12 si contano 28.258 gli studenti, dei quali 736 disabili e 4.194 stranieri. In tutto compongono 1.288 classi, 33 autonomie scolastiche guidate da 25 dirigenti scolastici. gli insegnanti sono 2.321, 295 quelli di sostegno. Anche in un anno difficile per la finanza pubblica, il Lodigiano ha avuto ingenti immissioni in ruolo (137 contratti a tempo indeterminato per i docenti, 167 per il personale amministrativo e tecnico ausiliario). Sul piano della qualità dell’offerta formativa, Bonelli ha citato il rapporto docen-ti alunni, di per sé abbastanza indicativo delle risorse umane che la scuola mette a disposizione della cittadinanza: si registra una percentuale di un docente ogni 12,7 alunni (su una media regio-nale di 1 a 12,4) ad una media di una classe ogni 21,93 alunni su una media lombarda di 1 a 21,95 (non esistono le famose classi pollaio, anche se si registra qualche sezione con più di 30 alunni, specialmente nelle scuole superiori a indirizzo professionale). Anche i successivi interventi delle autorità hanno messo in luce, da diverse angolature, l’ottimo clima collaborativo esistente nel territorio ed hanno esplicitato la disponibilità di tutti a coopera-re al progetto educativo della scuola. Il vescovo di Lodi, monsignor giuseppe Merisi, ha rimarcato l’im-portanza dell’alleanza tra chiesa, famiglia e scuola per cammi-nare insieme verso un comune obiettivo di formazione. Il vice presidente della Provincia, Claudio Pedrazzini, e il vice sin-daco del Comune di Lodi, giuliana Cominetti, hanno sottolineato l’impegno degli enti a mantenere alta, anche in tempi difficili, l’attenzione ai bisogni della scuola. non si tratta solamente di ri-sposte a necessità strutturali, di dotazioni e di servizi - comunque

essenziali e oggetto di particolare supporto - ma anche di collaborazioni fattive a progetti in rete su temi quali l’orientamento, l’educazione degli adul-ti, lo sviluppo sostenibile, l’intercultura, la promozione della salute e l’area della disabilità. Il prefetto, Matteo Piantedo-si, rivolgendosi invece direttamente ai numerosi studenti presenti, li ha invita-ti a non perdere le occasioni che si pre-sentano, a cogliere tutte le opportunità che vengono loro offerte, sottolineando che l’atteggiamento che viene assunto in risposta agli stimoli e alle proposte della scuola non risulterà poi ininfluente, a differenza di quanto si possa pen-sare, ai fini di un percorso personale di successo. Sono stati quin-di intervistati alcuni brillanti studenti, premiati negli ultimi due anni in concorsi di livello regionale e oltre: la Sustainable energy International youth competition in Israele (2° premio a Fabio Bru-schi per un lavoro sull’efficienza energetica dei solar pounds), la prova nazionale del KAngouRou della Matematica 2010 (1° clas-sificato Filippo Baroni), la Mostra itinerante in capitali europee “ICY europe Africa project on sustainable chemisty for water” (rappresenta l’Italia l’opera artistica di Andrea Mura), il Festival del Turismo Scolastico “vieni da noi” – Touring Club (due premi alla classe 1°A Accoglienza turistica) e molti, molti altri.Infine l’atteso intervento del Prof. Alfonso Rubinacci ha ampia-mente illustrato la ricerca di Tuttoscuola, sottolineandone la struttura e la scientificità: all’interno del report spicca l’eccellen-te collocazione della provincia di Lodi, risultato di molti fattori di segno positivo, tra i quali appaiono particolarmente significati-ve le risorse finanziarie messe a disposizione dagli enti locali, la dotazione di beni patrimoniali e l’edilizia scolastica. Ad esempio per lo stato degli immobili usati dagli studenti, Lodi occupa il se-condo posto a livello nazionale. Durante la cerimonia si è esibita l’orchestra degli allievi della scuola media a indirizzo musicale “Gen. Griffini” di Casalpuster-lengo: 42 ragazzi che, con un programma di alto livello, testimo-niano i risultati che si possono ottenere sostenendo gli studenti e creando le condizioni perché si possano esprimere al meglio. Il rinfresco allestito dagli studenti dell’istituto professionale “Villa Igea” dell’I.I.S. di Codogno e la decorazione floreale pro-veniente dalle serre dell’I.T.A. “Tosi” testimoniano che la piccola realtà provinciale del Lodigiano sa valorizzare i talenti di tutti per cooperare ad obiettivi comuni.

La cerimonia di inaugurazione del nuovo anno scolastico

Promossa la scuola lodigiana

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49TuTToSCuoLA n. 516

Obiettivo docente

nei primi anni, attraverso racconti e leggende, poi, anno dopo anno, con uno spirito critico, da esploratore, e vengono trattati i “periodi”, an-dando in grande profondità più che spaziando in durata, in modo tale da portare i ragazzi, alla fine dell’ottavo anno, a conoscere una buona parte della storia dell’umanità con gran-de gusto per l’approfondimento. In riferimento alla geografia, i ragazzi passano, dopo un sufficiente periodo speso a osservare l’ambiente in cui sono immersi, a un approfondimen-to graduale che li porta a osservare il territorio più ampio e si espande man mano ai territori vicini e co-sì via, sempre a cerchi concentrici, abbracciando paesi e popoli e risve-gliando un sentimento di fraternità e di ammirazione per le differenze. La geografia viene affrontata con scientificità e risveglia la voglia di saperne sempre di più. Le scienze hanno un posto privilegiato. La me-todologia utilizzata si connota, nei

multipli e divisori. Ci saranno poi le settimane della poesia, con la lettu-ra di poeti di ieri e di oggi e con la pratica della scrittura creativa. E poi altro e altro ancora. Il fatto di con-centrarsi per un sufficiente periodo di tempo attorno a una tematica di rilievo, pratica oggi sperimentata in alcuni contesti scolastici, ha notevoli ricadute positive sull’apprendimento e sulla formazione di competenze. Favorisce, inoltre, la costanza nel compito, il senso della scoperta e, in ultima istanza, solidità e durata nelle competenze acquisite. Il nucleo svol-to all’inizio della giornata viene poi “ricamato” nel tempo restante con impegni come la drammatizzazione, il disegno, attività linguistiche, ma-nuali e motorie – fra queste ultime brilla il giardinaggio – attività che, comunque, richiamano, in maniera intelligente e costruttiva il “nucleo forte” svolto in apertura di giornata. L’introduzione delle lingue è molto precoce, la storia viene affrontata,

man mano, da insegnanti specializ-zati nei vari campi del sapere, ma è sempre lì, dal primo all’ottavo anno di formazione. E come presenta il sapere? Steiner raccomandava che lo faccia nel modo più artistico possibi-le e che s’impegni ad “armonizzare” fra loro le differenze dei ragazzi, i loro limiti e i loro talenti, in manie-ra da far nascere nel gruppo classe tolleranza, comprensione e simpa-tia, piattaforma indispensabile per la futura collaborazione. L’armonia si ritrova nello schema quotidiano seguito per anni con costanza e me-todicità: ecco allora le prime due ore della giornata coagulate attorno alle discipline principali, con la mente e il cuore presi da tematiche trattate con continuità, per periodi abbastan-za lunghi, in modo da favorire la concentrazione e l’approfondimento. Come dire, ad esempio, una full-im-mersion nel classificare, confrontare e ordinare frazioni, o nel ricono-scere i numeri primi e nel calcolare

‘Io&irischi’ è il progetto educativo che intende promuove-re nelle giovani generazioni una cultura della sicurezza e una maggiore consapevolezza del rischio. esso viene

realizzato dal Forum AnIA-Consumatori con la collaborazione dell’Associazione europea per l’educazione economica Aeee Italia e dell’ università Cattolica di Milano, con il coinvolgi-mento delle associazioni dei dirigenti scolastici. Il progetto ha già ottenuto il patrocinio dell’Ansas e dell’usr Lombardia.Questa iniziativa, testata lo scorso anno con una sperimen-tazione in dodici scuole della Lombardia e del Lazio, prende il via ufficialmente nell’anno scolastico 2011-12 con l’adesio-ne di circa 100 scuole e oltre 160 classi su tutto il territorio nazionale. PRevenZIone e MuTuALITA’Il progetto parte dal presupposto che è necessario rafforzare la cultura economica dei ragazzi. In particolare, vuole sensi-bilizzare gli studenti su cosa è il rischio nella vita di tutti i giorni e su come questo elemento vada affrontato: con la pre-venzione, facendolo diminuire oppure attraverso la mutualità, che sta alla base degli schemi assicurativi pubblici e privati diffusi nella nostra società. Questi temi vengono sviluppati toccando i concetti di diritto, dovere e responsabilità e integrando, quindi, ciò che viene già offerto dagli attuali programmi scolastici.‘Io&IRISCHI’: LeZIonI In CLASSe e MATeRIALIMa più concretamente, cosa è ‘Io&irischi’? Si tratta di un percorso formativo per i ragazzi delle Scuole Secondarie di I grado, che si sviluppa attraverso 10 ore di lezione in classe e si caratterizza per il coinvolgimento attivo dei protagonisti nel

processo di apprendimento e di insegnamento. Infatti, per raggiungere gli obiettivi didattici, i docenti delle scuole coinvolte hanno a loro disposizione:- una guida di presentazione del progetto- diverse Schede operative che gli consentono di sviluppare

al meglio le lezioni previste. gli studenti, invece, possono testare le proprie capacità attraverso:Fogli di lavoro che coinvolgono gli allievi in lavori individuali e di gruppo:un game Magazine contenente una serie articolata di giochi, test e pillole formative. I ragazzi vengono successivamente sottoposti ad alcuni test di valutazione finale. Questi ultimi sono stati realizzati sul modello problem solving Pisa - ocse, un modello di test rico-nosciuto a livello internazionale che misura a quale livello gli studenti sono in grado di utilizzare le competenze acquisite durante gli anni di scuola per affrontare e risolvere problemi che si incontrano nella vita quotidiana. PReSenTAZIone DeL PRogeTToI contenuti di ‘Io&irischi’ e i risultati della sua sperimentazio-ne verranno comunicati all’opinione pubblica, oltre che ai do-centi e ai dirigenti scolastici delle scuole italiane attraverso numerosi strumenti: Presentazione ufficiale novembre 2011Sito web www.ioeirischi.it appositamente dedicato al progetto;newsletter ‘Io&irischi news’ inviata a tutte le scuole italiane potenzialmente interessate all’iniziativa.

Progetto di educazione al rischio e alla mutualità per le scuole italiane

“Io & i rischi”

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50 TuTToSCuoLA n. 516

Obiettivo docente

sapiente” si traduce, nell’ottica steineriana, in entusiasmo e crea-tività nel proprio lavoro, impegno nell’autoeducazione come conti-nuum esperienziale, conoscenza e trasformazione personale nel senso dell’Antroposofia, vivace collabora-zione con i genitori che fanno parte della grande comunità della Scuola Waldorf. Il “maestro” s’impegna a sviluppare giovani personalità im-postate a continuare a imparare, ric-che, da una parte, di un affinamento dei sensi e, dall’altra, di un rigoroso pensiero riflessivo. Cura nel bambi-no prima e poi nel ragazzo, l’attività motoria, la fantasia, l’espressività, la creatività e l’iniziativa, consape-vole che sono aspetti fortemente a rischio nella società super-tecnolo-gizzata nella quale siamo immersi. Una scuola davvero particolare se pensiamo che nella lista dei libri di testo ci potrebbe essere Il Calenda-rio delle semine e La Guida all’alle-stimento degli apparati biodinamici. Steiner, fondatore dell’Antroposo-fia, ideatore dell’euritmia, iniziatore dell’agricoltura biodinamica e della pedagogia Waldorf, ha preceduto di molti anni l’educazione ambientale e… l’assaporare con giusta lentez-za il ritmo della vita. Un valore da ritrovare anche nella scuola. Meno “cose” e maggiore profondità nell’af-frontarle. Cosa rimane dopo che è calato il sipario su questa brillante figura di educatore e pedagogista? La voglia di combattere l’impove-rimento dell’esperienza diretta con attività di prima mano. La voglia di potenziare l’iniziativa autonoma, di sviluppare l’armonia delle mani, del cuore e della mente. La voglia di far maturare i ragazzi sia sul piano indi-viduale che sociale. La voglia di far capire la pari dignità delle discipli-ne intellettuali, artistiche e manua-li, con la consapevolezza che “dita abili producono abilità di pensiero”. E questo, precisamente nella scuola alla quale ci troviamo ancorati, così come si presenta, siamo convinti che il cambiamento può partire solo da noi. Certo.

al tempo stesso va accompagnato da considerazioni sui grandi interroga-tivi della vita. A questi risponde un gruppo d’insegnanti specializzato e nutrito che sostituisce il “maestro di classe”. Grande spazio viene dato all’approfondimento delle materie scientifiche che vengono trattate, come sempre, con spirito di osser-vazione e di critica, in modo speri-mentale e vivo. Trovano posto anche discipline inusitate come la topogra-fia e la forestazione. Lo studio del-le materie umanistiche – affrontate con la letteratura e con il cinema – educa a un atteggiamento ogget-tivo nei confronti delle emozioni e si appoggia su solide basi critiche. Le materie artistiche continuano a essere presenti e vengono poten-ziate dalla pratica del teatro. Già, perché allestire un’opera teatrale è un’impresa molto formativa. Il terzo corso di studi ci conclude con un lavoro finale impegnativo e serio, esposto sotto forma di conferenza a un pubblico esigente, quasi una sorta di tesi, abbinato a un’attività pratica e con il cosiddetto Prakticum socia-le, un’esperienza lavorativa a fini sociali, vissuta in Italia o all’estero, per alcune settimane. Durante tutto il corso di studi, i piani umanistico, scientifico e artistico sono indissolu-bilmente intrecciati nella pedagogia dell’autoeducazione continua. Il pro-gramma europeo Lifelong Learning raccomanda di equipaggiare i ragaz-zi con la convinzione che l’accesso al sapere dura tutto il corso della vita e che va fatto dalla prospettiva del loro vissuto. In perfetta sintonia con le scuole Waldorf.

Da insegnanti a “maestri”, ovvero della vocazione all’insegnamento

Con quanta passione Steiner si è dedicato all’insegnamento e al-la formazione dei docenti. Ma co-sa caratterizza l’insegnante della Scuola Waldorf? Aiutare a costruire un sapere intellettuale dal “sapore

primi anni, da un marcato esercizio di osservazione e affronta la zoolo-gia, la botanica, la fisica, la geologia, e, proseguendo nel ciclo di studi, l’astronomia, la chimica, la scienza della nutrizione e la meteorologia. Tutte le ramificazioni scientifiche sono affrontate con grande spirito di osservazione, colorate da una vi-vace curiosità e dal pensiero logico-razionale esercitato autonomamente e discusso in gruppo. “Esperienza, esperienza, esperienza” è lo slogan-ritornello che domina il settore scientifico. Il disegno di forme tra-ghetta i bambini verso la geometria; la costruzione di solidi accompa-gna i livelli più avanzati. Tutto viene svolto con gradualità e con aderenza alla vita e alla realtà in modo tale che i ragazzi si affezionano all’imparare, in loro cresce la fiducia nelle loro competenze e affinano la capacità logica e il coraggio di criticare nel senso più squisito del termine (dal greco krino = separo, scelgo, giu-dico, decido). Che bel programma! Molte, fra le cose raccomandate da Steiner, trovano conferma oggi nelle scoperte delle neuroscienze e del-la neuropedagogia. Un esempio fra molti è l’importanza assoluta della manualità, perché “l’agile mobilità delle dita è il presupposto della pa-rola”. È vero. Lo conferma già nel titolo, il lavoro del neuroscienziato Michael Corballis: Dalla mano alla bocca. Le origini del linguaggio, (Raffaello Cortina, 2008) e il recen-tissimo studio The recursive mind: the origins of human language, thought and civilization (Princeton University Press, 2011). E i sette an-ni successivi?

Abbasso il nozionismo

Bisogno di conoscenza e di rela-zioni, ideali da raggiungere, chia-rezza di pensiero, sapere e ancora sapere, capacità creativa e impegno nel realizzare un progetto unico e personalissimo. Il desiderio di au-tonomia e di libertà va soddisfatto e DID

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SPeCIALe nuove TeCnoLogIe

eDuCATIveAntonella Calzolari

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DossierNu

ove

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duca

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A considerare la situazione in cui attualmente versa la scuola italiana, caratterizzata da ca-

renze strutturali ormai incancrenite, disagi di vario tipo e una generale precarietà, trattare un argomento come l’innovazione tecnologica sollecita una certo senso di estra-niamento, la sensazione è quella di chiedere troppo alla nostra “vec-chia” scuola come pretendere da un neonato che impari a correre prima di saper camminare.

La nuova pedagogia ha ormai ac-quisito il concetto per cui ambienti scolastici attrezzati con TIC (Tecno-logie dell’Informazione e della Co-municazione) risultano più idonei all’apprendimento e sono facilitatori rispetto agli studenti in condizioni di svantaggio; ovviamente affinché le scuole possano affrontare la sfida

che si pone loro dinanzi è necessa-rio che siano messe in condizione di modificare radicalmente le loro strutture a partire dal contesto lo-gistico fino alla formazione degli insegnanti.

In questo senso “la rete” rap-presenta lo scheletro di tutto l’or-ganismo della conoscenza, la cui trasmissione non può più calare dall’alto e dall’esterno, ma deve diffondersi dal basso e per via en-dogena, così come è stato spesso dimostrato anche dai progetti che in questi anni si sono andati svolgendo nelle scuole italiane. La connotazio-ne specifica della moderna trasmis-sione culturale deve essere quindi la sua peculiarità di propagazione, dotata di evidenti capacità di aper-tura e caratterizzata da costi a lungo termine bassi, in un ambiente in cui

l’apprendimento è coordinato e visi-bile, in una dimensione cooperativa.

A questo scopo è nato il progetto Scuola Digitale-LIM del MIUR, ar-ticolato in due interventi formativi rivolti alle scuole statali secondarie di I grado, rispettivamente negli an-ni scolastici 2009/2010 e 2011/2012 e due rivolti alle scuole statali pri-marie e alle secondarie di II grado per gli anni 2010/2011 e 2011/2012. Con una nota del 27 maggio scorso il MIUR ha reso noto le Linee guida per l’acquisto di LIM nella scuola primaria e secondaria di secondo grado, inoltre nell’ambito del pro-getto iTEC (Innovative Technolo-gies for an Engaging Classroom) realizzato da European Schoolnet avviato nel settembre 2010 in 12 pa-esi europei, si valuterà il grado di realizzabilità di ambienti scolastici

Passi da gigante per una scuola che deve crescere

“Perché la nostra scuola ha bisogno di moderniz-zarsi?” e’ questo il tema sul quale che scuole possono realizzare un filmato della durata

di 5 minuti da inviare (entro il 30 novembre) al concorso Modernizza la tua scuola lanciato da NEC Display Solu-tions Europe . In palio ci sono cinque premi da 15.000 euro di prodotti neC da assegnare alle prime cinque scuole dell’Unione Europea classificate, da selezionare entro il prossimo gennaio. Tra i prodotti da scegliere: soluzioni Ultra Short Throw con staffe per lavagne integrate, solu-zioni di proiezione Eco Multi-Purpose, pacchetti per proie-zioni 3D e sistemi ad elevata luminosità.All’interno della Fondazione ASPHI è nato il progetto Per Contare che prevede la formazione di docenti e la realizzazione di materiali rivolti agli alunni affetti da discalculia (4% circa della totalità degli studenti italia-ni) ma anche a quelli con difficoltà di un alto livello (20% circa). Si tratta di un software per l’individuazione delle

difficoltà, un software per il potenziamento delle abilità e di un sito web per la documentazione e la formazione dei docenti. Tra gli obiettivi: fornire ai docenti indicazio-ni specifiche per una buona didattica della matematica; offrire a tutti i bambini strumenti adeguati per la costru-zione delle competenze numeriche; favorire l’individua-zione tempestiva delle eventuali difficoltà. Il progetto si snoda nell’arco di tempo 2011-2014 e nella prima fase riguarda le scuole del Piemonte e dell’emilia Romagna per poi estendersi alle altre regioni.Con la prerogativa di unificatore il sito iTunes U è la novità Apple che permette agli istituti scolastici di riu-nire tutti i contenuti digitali creati o curati dai docenti in un unico posto da dove potranno essere scaricati e visualizzati su qualsiasi Mac, PC, iPod e iPhone. grazie ad iTunes U è possibile attingere contenuti audio e video da musei, università, enti culturali ed emittenti televi-sive, gli studenti possono addirittura iscriversi a corsi,

noTIZIe DAL MonDo TIC

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DossierNuove tecnologie educative

alternativi. Il progetto si snoderà nel corso dei prossimi tre anni per coin-volgere un totale di 1000 classi. Le tecnologie digitali vengono utiliz-zate per supportare l’attuazione di scenari atti a realizzare progetti di-dattici, a potenziare coinvolgimen-to, apprendimento e competenze.

La Strategia di Lisbona ha fis-sato di raggiungere nel 2020 una riduzione degli abbandoni scola-stici sotto la soglia del 10% e un incremento del 40% della quota di popolazione tra i 30 e i 34 anni con istruzione universitaria o equivalen-te. Nel 2009 questo obiettivo è stato raggiunto nella percentuale del 40% in un terzo dei Paesi dell’UE, men-tre l’Italia, stando al Rapporto An-nuale Istat 2010, si attesta al 19,8 %. Rispetto al territorio nazionale un

altro documento, il Rapporto sulla scuola in Italia 2010 della Fonda-zione Giovanni Agnelli, evidenzia come coloro che si situano sotto la soglia minima delle competenze raggiunge la quota del 30% in al-cune regioni del Sud (che arrivano a mostrare uno svantaggio anche di 68 punti nelle competenze mi-surate da Ocse-Pisa) e che il 20% degli studenti italiani è ancora vit-tima del fenomeno dell’abbandono scolastico.

Rispetto al cosiddetto digital reading ovvero il complesso delle competenze digitali, l’Ocse ha pro-dotto una ricerca nel’ambito di PISA (Program for International Student Assesment) 2009. Dalla ricerca alla quale l’Italia non ha preso parte, è emerso che le ragazze hanno in ge-

nere risultati migliori in tutti i Paesi; è evi-dente la correlazione tra il retroterra eco-nomico e il livello di competenze ma il dato più interes-sante (e parallela-mente allarmante)

è che se la diffusione delle nuove tecnologie si attesta ad un buon li-vello, il suo uso a scuola è ancora molto limitato, difatti se il 94% de-gli studenti sottoposti ai test PISA (quindi anche italiani) ha dichiarato di possedere un PC a casa e il 93% a scuola, in media solo il 16% degli studenti dei Paesi OCSE lo usa per le lezioni di matematica e il 25% per le altre lezioni, con punte che raggiungono l’80% in Danimarca e in Norvegia per le lezioni nella lingua di istruzione fino al 10% di casa nostra. L’OCSE ha suggerito quattro linee di intervento: 1) occu-parsi delle performance inferiori dei maschi; 2) incrementare l’accesso all’ICT per le fasce più deboli della popolazione; 3) aiutare gli studenti a sviluppare competenze efficaci nella lettura dei testi digitali; 4) fa-vorire un uso efficace delle nuove tecnologie nella scuola. Se ne dedu-ce l’urgenza di una formazione ade-guata e capillare dei docenti, ormai informaticamente alfabetizzati ma non usi ad una didattica “digitale”, per così dire.

Per quanto riguarda i docenti la

scaricare e riprodurre contenuti senza bisogno del com-puter. gli istituti scolastici possono creare il proprio sito iTunes U sull’interfaccia dell’iTunes Store e decidere, se lo vogliono, di riservare l’accesso ai membri della pro-pria comunità didattica anziché condividerli, inoltre con

l’aggiornamento software 3.0 per iPhone e iPod touch si può accedere ad iTunes U direttamente dalle reti cellu-lari e wi-fi tramite l’iTunes Store. iTunes U è facilmente accessibile dagli studenti diversamente abili, compatibi-le con VoiceOver per gli studenti ipovedenti e può esse-re uno strumento utilissimo per “domiciliare la scuola” nel caso di studenti con problematiche fisiche e motorie particolari.Se la Apple ha distribuito 9.000 iPad a docenti in servizio presso scuole disagiate degli uSA dal canto suo l’europea Garamond ha intenzione di creare una piattaforma di contenuti didattici digitali lanciando l’invito ai suoi oltre 62 mila docenti iscritti al suo sito di pubblicare e condi-videre le produzioni didattiche nel cosiddetto Repertorio Italiano di Contenuti Educativi e Didattici (RICED). Si trat-ta di un vero e proprio “pozzo” cui attingere conoscenze, testi, giochi, slides, video e quanto altro interessi di tutte le materie, con contenuti aperti non soggetti a copyright ma non generici e anonimi, gratuitamente riproducibili. RICED è già stato “riempito” di numerosi materiali.

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piuttosto tecnologici ma più che altro in funzione delle chat, infatti circa il 90% degli studenti tra i 15 e i 19 anni usa il computer ma di essi solo meno della metà lo fa per studio.

Ma vediamo i numeri delle do-tazioni digitali della nostra scuola. Le LIM sono circa 26.000 ma solo il 7% degli studenti attualmente le utilizza e sono 71.000 i docenti in grado di servirsene, nel corso di questo anno scolastico il numero dovrebbe salire a 9.000; il Piano WiFi del MIUR e del Ministero delle Pubblica Amministrazione ha stabilito la connessione in rete di circa 3.000 istituti. Per contro le scuole 2.0, ovvero in cui l’inte-ra offerta didattica si avvale delle

degli istituti professionali ovvia-mente. Rispetto all’uso delle TIC in classe si dichiara favorevole solo il 24,3%. Il 58,6% degli insegnanti della scuola primaria e il 47,4% di quelli della secondaria superiore ritengono di aver conseguito una formazione adeguata all’uso di-dattico delle TIC, del resto solo un terzo dei docenti campionati av-verte l’esigenza di una formazione specifica, mentre più sentita è la necessità di aggiornamento nelle proprie discipline.

Tali dati sembrerebbero comba-ciare con quelli emersi nel corso dell’ultima edizione di EDITECH, conferenza internazionale su edi-toria, innovazione e tecnologie dai quali i ragazzi italiani appaiono

terza ed ultima indagine IARD sul-le condizioni di vita e di lavoro degli insegnanti (2009) delinea il seguente profilo. Gli insegnanti che dispongono di un PC con un collegamento a banda larga sono il 69,9 %, fino ad arrivare all’89,6% se si considerano PC con collega-mento più lento. L’età è tra i 40 e i 50 anni, di cui l’86% della scuola primaria, l’89% delle medie e il 93,6% delle superiori. Il 68% degli uomini e il 41% delle donne usa-no quotidianamente il computer. Il 57,4% dei docenti esprime un consenso molto alto rispetto all’u-so delle TIC a scuola sebbene solo per il 6% è convinto che si tratti di un supporto insostituibile, con una preferenza degli insegnanti

è internazionale, attivo negli uSA e in trenta nazioni nel mondo con marchio IBM il programma Kidsmart, avviato in Italia nel 2000 in collaborazione con il

MIuR che coinvolge attualmente oltre 300 scuole sul ter-ritorio nazionale dotate di una postazione multimediale Young Explorer. Basato su un approccio ludico si correda di un software didattico e contiene un personal compu-ter allestito dentro un contenitore di plastica colorata, completo di seggiolino bi-posto atto ad essere utilizzato in coppia da due bambini alla volta. Le scuole prescelte sono situate in zone svantaggiate o isolate e i docenti seguono un apposito percorso formativo all’interno di uno specifico programma didattico. La Fondazione IBM Italia è impegnata da anni nello studio delle ripercus-sioni dell’innovazione tecnologica sui bambini anche in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Formazio-ne dell’università Milano-Bicocca. Sul tema segnaliamo due titoli pubblicati dalla fondazione. Il volume Bambini e Computer. Alla scoperta delle nuove tecnologie a scuola e in famiglia (2006) frutto di una ricerca compiuta su bam-bini tra 0 e 7 anni ovvero nativi digitali e Digital Kids. Co-me i bambini usano il computer e come potrebbero usarlo genitori e insegnanti (2008) ricco di proposte operative e di strategie utili ad aiutare genitori ed insegnanti a colma-re il cosiddetto gap generazionale. Al centro dell’osserva-zione è la formazione degli insegnanti un gruppo di quali ha partecipato a seminari specifici in circa 600 scuole dell’infanzia nazionali. La SMART TECHNOLOGIES, oggi giunta ai massimi livelli, festeggia i venti anni dalla creazione della prima lava-gna interattiva e propone una versione supertecnologica

che utilizza fotocamere incorporate nel telaio per ricevere gli input con tecnologia “touch ottica” in cui non è neces-sario premere fortemente. Le nuove lavagne sono dotate di un proiettore che incorpora contenuti multimediali fortemente coinvolgenti. Molto interessante è inoltre il Centro di apprendimento interattivo SMART Table multi-touch e multiutente grazie al quale gli studenti possono giocare e lavorare contemporaneamente su un’unica su-perficie. Il toolkit consente di personalizzare una serie di attività predisposte sviluppando competenze cognitive, sociali e di coordinazione motoria. Adatto agli studenti della primaria, anche con esigenze speciali, può essere utilizzato in combinazione alla lavagna SMART Board e come componente di una SMART Classroom. Tra le atti-vità personalizzabili: gli studenti trascinano o ridimen-sionano fotografie e video; risolvono insieme problemi matematici; compongono insieme tangram o puzzle; selezionano colori ed effetti e dipingono con le dita. In ambito di tecnoclassi si segnala il software Activinspire 1.5 realizzato da Promethean che consente l’interazione della classe tra studenti e con i docenti tramite lavagna interattiva multimediale ed è caratterizzato da due in-terfacce rispettivamente pensate per alunni di diversa fascia d’età. Con Activinspire è possibile movimentare la lezione con suoni, animazioni e immagini, utilizzando gli strumenti di zoom, rotazione, spostamento, ridimensiona-mento e interazione con il mondo reale. Inoltre il gestore domande consente di facilitare e modificare le attività di valutazione. Activinspire è il software didattico alla base di ActivClassroom ed è compatibile con la maggior parte delle lavagne integrate

PRogRAMMA KIDSMART

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Scuola d’Eccellenza Certificata

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COME È NATO IL PROGETTO “SCUOLA DI ECCELLENZA” E IN COSA CONSISTE?Il progetto nasce con l’obiettivo di avvicinare alle LIM e ai nuovi strumenti per la didattica tutti quegli insegnanti che pur animati da un grande entusiasmo non hanno una competenza specifica in ambito informatico e vengono spesso ostacolati dall’approccio troppo tecnico di alcuni corsi di formazione. In primo luogo identifichiamo un Istituto particolarmente “attivo” e influente sul territorio e lo dotiamo, in comodato d’uso gratuito, di un kit MimioClassroom completo di videoproiettore e lavagna. L’Istituto, a sua volta, si impegna ad organizzare una serie di seminari di formazione legati all’uso degli strumenti interattivi e multimediali in classe. Due i momenti principali: nel primo forniamo le informazioni di base per permettere a tutti di comprendere in modo chiaro cosa sia veramente una LIM e in cosa consistano i nuovi strumenti multimediali, evidenziando come gli strumenti MimioClassroom siano un elemento di continuità e potenziamento della didattica tradizionale. La seconda parte, condotta da un docente, è dedicata agli aspetti pratici dell’utilizzo “sul campo” di questi strumenti.

QUANTE SCUOLE HANNO PARTECIPATO AL PROGETTO NEL 2011?Ad oggi 15 Istituti equamente distribuiti in tutta Italia. Contiamo di istituire, entro il 2012, una Scuola d’Eccellenza Mimio in ogni provincia.

QUALI SONO I VANTAGGI CONCRETI PER I PARTECIPANTI?Il primo vantaggio riguarda l’approccio ai nuovi strumenti. Questi incontri hanno lo scopo di eliminare tutti i pregiudizi e timori che circondano il “pianeta LIM”, mostrando come le nuove risorse non comportino uno stravolgimento delle strategie didattiche già acquisite ma, anzi, le mantengano intatte, potenziandole. Nello specifico, gli strumenti MimioClassroom appaiono rassicuranti: pur utilizzando tecnologie particolarmente avanzate, sono caratterizzati da un approccio non tecnologico e “amichevole”. Un altro vantaggio è legato alla pratica didattica. L’intervento del docente è particolarmente apprezzato dagli insegnanti i quali, identificandosi con il collega/relatore, ricevono una serie di indicazioni utili e pratiche per intraprendere subito il proprio percorso nella didattica interattiva.

QUAL È IL SUO GIUDIZIO SUL LIVELLO DI “FORMAZIONE DIGITALE” DEGLI INSEGNANTI IN ITALIA E QUALI GLI OSTACOLI ANCORA DA SUPERARE?Complessivamente buono: i corsi di formazione gratuita “Mimio Quick Learn”, ad esempio, sono fra i più seguiti a livello europeo, e denotano un altissimo interesse nei confronti dei nuovi strumenti, ma anche una certa competenza nell’uso di internet e delle piattaforme di formazione. Ritengo però che ci siano due ostacoli principali: il primo è una certa diffidenza nei confronti delle novità, facilmente superabile con un’informazione chiara e corretta. Il secondo – più difficile – è di carattere strutturale: molte zone d’Italia soffrono infatti ancora di una connettività ad Internet lenta se non del tutto assente; inoltre, la scuola italiana combatte da anni contro una cronica mancanza di fondi che rende difficile una modernizzazione delle strutture e la formazione del corpo docente, che di fatto dipende molto spesso dalla buona volontà e dall’entusiasmo dei singoli insegnanti.

DYMO/Mimio è presente sul mercato italiano da circa tre anni tramite una rete di partner distributivi e dal 2011 con risorse dedicate. Recentemente la società con i propri partner ha istituito un programma di divulgazione della tecnologia nelle scuole, denominato “Scuola di Eccellenza”. Il programma viene gestito da Ligra Srl, distributore esclusivo per il marchio DYMO/Mimio in Italia, e supportato dai vari rivenditori attivi sul territorio. Ne parliamo con il dottor Paolo Tedeschi, formatore DYMO/Mimio.

Ligra srlVia Artigiani 29/3129020 Vigolzone (PC) ItalyTel.: +39 0523 872014Fax: +39 0523 [email protected]

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nuove tecnologie, sono al momen-to 13 per un totale di circa 15.000 studenti e 1.300 docenti. Del resto il Piano e-gov 2012 comprende la digitalizzazione di tutti gli istituti con wifi, LIM, computer porta-tili e altri strumenti. Il progetto Scuole in Wi-Fi si è posto l’obiet-tivo di creare reti di connettività gratuita senza fili all’interno degli edifici scolastici, al momento 3.151 scuole ne hanno fatto domanda e 2.811 hanno ricevuto i relativi kit. Se a ciò aggiungiamo che dall’an-no scolastico 2012/2013 saranno introdotti perentoriamente i libri digitali, si direbbe che la rivolu-zione sia iniziata ma certamente per il momento essa dilaga molto lentamente.

Secondo il Rapporto Istat sulla integrazione scolastica, relativo all’anno scolastico 2009/2010, le scuole dotate di postazioni infor-matiche per disabili si attesta al 68,7% per la scuola primaria e al 76,9 per la secondaria di primo grado. La regione che registra la quantità maggiore di scuole prima-rie dotate di tecnologie ad hoc è la Liguria (82,2%), mentre per quan-to riguarda le secondarie di primo grado si segnala l’Umbria (84,3%). Le percentuali più basse nell’uno e nell’altro grado si riscontrano in Valle d’Aosta (48,1) e in Molise (57,6%). Purtroppo, però, nel 16,7 delle primarie e nell’11,3% delle secondarie i docenti di sostegno non sono in grado di utilizzare tali attrezzature in particolare in Sicilia, Abruzzo, Molise, Cala-bria, Campania e al nord in Emi-lia Romagna e nella provincia di Bolzano.

Molti gli apporti importanti in occasione di ABCD Salone Italiano dell’educazione e

dell’orientamento a novembre in Fiera a genova. A Partire da Avaglia-no iSchool, editore di contenuti digi-tali particolarmente attento alle linee guida del MIuR, caratterizzati dalla versatilità nella costruzione interdisciplinare dei contenuti e dal cosiddetto dQuaderno, un quaderno digitale in cui l’alunno può riversa-re osservazioni e critiche ma anche creare propri contenuti ipertestuali. Tali strumenti seguono un metodo “fantacognitivo” che costruisce la conoscenza intorno al punto di vista dello studente. grazie a questo siste-ma si può elaborare un dLibro, libro digitale realizzato dall’insegnante con la classe, una tecno aula a tutti gli effetti dotata anche di una dScri-vania attraverso cui ogni materiale

può essere condiviso.un aula multimediale ricca di ma-teriali è anche quella Epson, mar-chio consolidato nell’ambito dei videoproiettori da utilizzare con le LIM in grado di fornire la strumen-tazione adatta ad una lezione inte-rattiva con videoproiettore eB-4651 oppure dare vita ad un laboratorio di fotografia, con videoproiettore eB- 1775W o eeB-1775W ad un labo-ratorio di scienze con un microsco-pio collegato al modulo DC-11 a sua volta collegato al videoproiettore eB-925. All’interno di ABCD signifi-cativa è la presenza di EPICT (euro-pean Padagogical ICT Licence), la certificazione delle competenze ver-so il sistema europeo eQF (european Qualification Framework) ovvero la competenza di progettazione didat-tica di scenari di apprendimento innovativo basati su

Si chiama BeCTA l’agenzia governativa britannica che gestisce le iniziative concernenti la diffusione e l’utilizzo delle nuove tecnologie nella scuola. Dal 2008 sostiene e controlla un piano di azione deno-

minato Harnessing Technology all’interno del quale si segnale il proget-to CAPITAL (Curriculum and Pedagogy in Technology Assisted Learning) particolarmente interessato alla diffusione delle LIM, introdotte già negli anni ’90. Il prossimo obiettivo riguarda le scuole primarie e consiste nel dotare ciascuna classe di smart board e ciascuno studente di laptop. An-che la scuola francese ha provveduto a diffondere le lavagne interattive nelle primarie fin dagli anni ’90, mentre in Spagna è attivo il programma escuela 2.0 che si pone l’obiettivo di digitalizzare l’intero suolo nazionale e dotare le aule di computer ultraportatile per arrivare a breve scadenza a trasformare le classi 5a e 6a della primaria e 1a e 2a della secondaria in aule digitali attrezzate di LIM e connessione wi-fi, con un computer per ciascun alunno e un personal per i docenti in modo di poter controllare sia la lavagna che il proiettore. In Portogallo la nuova frontiera si chiama Progetto Magellano, sostenuto oltre che dal Ministero dell’educazione da quello dell’economia e dell’Industria e si avvale di una società incaricata di creare un PC apposito per l’uso da parte degli studenti.

ABCD salone italiano dell’educazione

e dell’orientamento

Buone PRATICHe D’oLTRALPe

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L’introduzione della tecnologia in classe crea l’esigenza di riconsiderare gli ambienti di apprendimento. La situazione classica dove l’insegnante tiene la lezione coinvolgendo l’intera classe puo’ essere arricchita con l’utilizzo della lavagna interattiva SMART Board™ e con il software SMART Notebook™ per la didattica collaborativa, presentando contenuti dinamici e interattivi in grado di aumentare il coinvolgimento degli studenti. L’introduzione di personal devices consente invece di creare l’ambiente di apprendimento individuale, dove ogni studente e’ dotato di un dispositivo (PC, notebook, tablet, smartphone) con il quale interagisce in modo coordinato, ma secondo il proprio stile di apprendimento, con l’insegnante e la classe.La rete consente situazioni di apprendimento remoto, con la partecipazione interattiva di studenti impossibilitati alla presenza fi sica in aula.

Secondo SMART, nessuno degli ambienti di apprendimento e’ predominante, ma ciascuno ha una propria valenza didattica. Il piu’ idoneo è quello che permette di passare nel modo piu’ intuitivo possibile da una situazione all’altra, in funzione della tipologia di lezione, attivita’, alunni.Partendo da questa fi losofi a SMART ha sviluppato una soluzione tecnologica completa per operare in tutti gli ambienti di apprendimento basata sull’ integrazione dell’hardware (la lavagna interattiva SMARTBoard) con il software per l’apprendimento interattivo SMART Classroom Suite™. Quest’ultimo offre gli strumenti essenziali per gestire la classe, valutare gli studenti e favorire la collaborazione, consentendo di passare tra modalità di insegnamento per l’intera classe, per piccoli gruppi o singoli studenti con la massima fl essibilita’.

Nel giugno del 2010 ha preso il via un progetto sperimentale dell’ANSAS - Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica (ex Indire) a cui SMART Technologies ha preso parte, con l’obiettivo di capire come cambiano i rapporti sociali e i processi di apprendimento introducendo tecnologie innovative

in classe. La sperimentazione in tre classi di scuola primaria dell’Istituto Comprensivo “Baccio da Montelupo” di Montelupo Fiorentino ha analizzato come un ambiente di apprendimento che prevede l’uso integrato di strumenti e risorse digitali può favorire collaborazione e partecipazione attiva degli studenti, modifi care gli stili di insegnamento/apprendimento ed infl uire in modo positivo sulla qualità degli apprendimenti. Nel mese di novembre 2011 le osservazioni su questo primo anno di sperimentazione verranno condivise grazie alla pubblicazione di un white paper a cura di ANSAS.

Vuole ricevere una copia gratuita del White Paper in formato elettronico o ricevere informazioni su SMART? Scriva a [email protected] indicando il Suo nome e quello della Sua Scuola.

Come cambia la classe del futuro: dall’aula tradizionale all’aula high tech

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La scuola oggi è costretta a confrontarsi con un mercato del lavoro particolar-mente concorrenziale e continuamente in trasformazione. Fornire ai nostri studenti una formazione efficace e professionaliz-zante è indispensabile. Per questo motivo Adobe concentra i propri sforzi nel mondo della scuola per dotare gli insegnanti degli strumenti di lavoro e di un accurato aggior-namento.Quest’anno Adobe mette a disposizione dei docenti un portale, www.adobescuola.it, ricco di risorse per la formazione, sia online che in presenza, oltre a numerose offerte commerciali dedicate al mondo scolastico. Fino a dicembre su www.adobescuola.it è possibile trovare una serie di seminari on-line, fruibili sia in streaming che registrati. I seminari si concentrano sulle novità nel mondo web, mostrando come progettare per il web e per il mobile, le opportunità offerte dall’html5 e la gestione di progetti multiscreen; design e grafica; fotoritocco e come condividere progetti e lavorare in team utilizzando Adobe Acrobat. Inoltre, Adobe, organizza un tour di cinque tappe nelle maggiori città italiane con una giornata formativa dedicata a studenti e docenti sulle novità introdotte nel mon-

do del video, della grafica tradizionale, del fotoritocco e del web. Numerose anche le offerte commerciali dedicate al mondo della scuola, ai docenti e agli studenti,con sconti fino all’80% del prez-zo commerciale. Inoltre tutti i docenti che ac-quistano una versione della Creative Suite 5.5 entro novembre presso un rivenditore educa-tion riceveranno in omaggio un corso pro-fessionale di photoshop. Non partecipano all’offerta gli acquisti fatti sullo store online. Continua come lo scorso anno l’offerta Adobe LabPack: la licenza che permette alle scuole primarie e secondarie di acquistare 20 postazioni Adobe Acrobat e Photoshop Elements per soli 400€. Attraverso Adobe LabPack è possibile, con un investimento ridotto, dotare il proprio istituto di strumenti professionali per la produzione di contenuti digitali da utilizzare nelle aule multi-mediali o nella didattica. Per conoscere meglio le proposte e gli stru-menti Adobe dedicati al mondo della scuola e ai docenti è possibile consultare le risorse online disponibili sul sito www.adobescuola.it. Qui è possibile trovare i dettagli dedicati alle offerte, eventi, tutorial e seminari online gra-tuiti per la formazione dei docenti. w

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Obiettivo docente

Il nostro Paese è ancora solo 44esimo per la diffusione di educazione finanziaria (anche se ha recuperato due posizioni rispetto allo scorso anno) e 39esimo

(nell’ultima rilevazione l’Italia si collocava 40esima) per l’educazione manageriale nel ranking del World Competitiveness Index 2011 dell’International Business School IMD.

E cosa ancora più inquietante, una recente indagine Doxa ci racconta di un 50% di giovani compresi tra i 18 e i 29 anni che non sa che cosa è un’obbligazione, di un 42% che associa la borsa a una scommessa e di un 83% che non sa orientarsi nel risparmio gestito.

Eppure qualcosa si muove: infatti, la percezione dell’utilità del risparmio ha toccato, nel 2010, il suo picco storico, tanto che, sommando la percentuale degli intervistati che reputa il risparmio “indispensabile” e di chi lo giudica “molto utile”, si raggiunge ben il 72% dal campione.

Quello che senza ombra di dubbio emerge nelle rispo-ste delle famiglie è una sensazione di inadeguatezza: la necessità di integrare i futuri redditi da pensione - o anche di proteggersi dal rischio di disabilità in età avanzata - si scontra con la mancanza di adeguata in-formazione e comprensione dei principali meccanismi finanziari ed economici e, soprattutto, con la scarsità delle risorse economiche a disposizione.

Praticamente tutti gli intervistati dicono che il rispar-mio è utilissimo, ma ben il 53% ritiene di non riuscire a risparmiare: I risparmiatori sono solo il 47% per cento del campione e il tasso medio di risparmio (dei risparmiatori) scende al 9%. È lievemente superiore alla media fra i trentenni e i laureati.

Nel rapporto, inoltre, con gli investimenti domina la ricerca della sicurezza: oltre il 58% delle famiglie la colloca al primo posto tra le motivazioni dell’investi-mento (l’unica vera certezza resta per tutti la casa, che il 65% del campione considera in assoluto la migliore forma possibile di impiego del risparmi), lasciando in secondo piano gli obiettivi di rendimento, rivalutazione del capitale, liquidabilità dell’investimento. È, dunque, ormai riconosciuta a livello internazionale non solo la necessità di ridurre la disinformazione, ma anche di svi-luppare i processi cognitivi, le capacità e le competenze che permettono di comprendere il mondo economico e di padroneggiare quegli aspetti emotivi e psicologici

che influiscono sulle scelte finanziarie. E l’educazione economica diventa un possibile strumento per contribu-ire non solo al benessere individuale, ma anche a quello sociale.

E’, quindi, naturale agire al fine di fornire alle persone e, soprattutto, ai giovani conoscenze e stimoli che le mettano in grado di prendere decisioni più consapevoli. Soprattutto tenendo presente che, secondo l’indagine Doxa precedentemente citata, i giovani non mostrano alcun interesse per le tematiche in questione, né hanno sviluppato una cittadinanza economica o una, seppur minima, confidenza con questi temi. In una scala da 1 a 5, infatti, oltre il 50% degli intervistati si colloca nei due gradini più bassi per quanto riguarda l’interesse verso gli argomenti di natura economica, e solo il 3% si dichiara molto interessato. La situazione è ancora peggiore se consideriamo l’interesse verso il mondo della finanza (mercati, borsa, investimenti), forse anche per la maggiore complessità degli argomenti: il 67% per cento si dichiara poco interessato e solo il 2,5% molto interessato.

Il sistema educativo, come dire, rivela ancora una volta una forte debolezza per quanto riguarda la for-mazione dei giovani sui temi di natura economico-finanziaria, a cui è necessario rimediare. Nello scenario educativo odierno, in sostanza, il rapporto tra scuola ed economia non si configura di certo come un rapporto

“ePPuR SI Muove”Il II° Rapporto “Le esperienze di educazione finanziaria”

della Fondazione Rosselli e del Consorzio Patti Chiari parla di passi avanti. Piccoli, ma pur sempre passi avanti

Meglio collaborare?Meglio collaborare?11

l dG f    Ri tt   ll' d i   fi i i    i  Il 58% dei partecipanti (+10% rispettoal 2010) si è affidato ad altri soggettiper l’elaborazione dei programmi did i fi i i d d d88,5% 87 2% 85 9%100%

Graf.7  ‐ Rispetto all'educazione  finanziaria verso i giovani, quali enti ritenete che debbano essere 

coinvolti?

educazione finanziaria, aderendo adiniziative non proprie.Il 9% ha progettato e gestitol’i i i i i ll b i l i

88,5% 87,2% 85,9%

67,9%60,3%

51,3%41,0% 37,2% 37,2% 32,1%40%

60%

80%

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l’iniziativa in collaborazione con altristakeholder.Il 33% degli indagati ha svolto tale

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20%

40%

attività in completa autonomia.Si registra, rispetto al 2010, uncrescente ricorso a esperti esterni perimpostare i programmi(+20%).

Rispetto al 2010, sono diminuite le realtà che hanno impostato l’iniziativa in collaborazione (‐19%),preferendo: in parte svolgere tale attività in completa autonomia (+10% rispetto allo scorso anno);preferendo: in parte svolgere tale attività in completa autonomia ( 10% rispetto allo scorso anno);in parte utilizzare, come già detto, programmi impostati da altri.

il 72% dei soggetti indagati ed impegnati in attività di educazione finanziaria è d’accordo conl’idea che sia necessario un programma nazionale coordinato da un ente centrale pubblico el idea che sia necessario un programma nazionale coordinato da un ente centrale pubblico erealizzato in collaborazione con i soggetti pubblici e privati.

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Obiettivo docente

semplice e lineare. L’educazione finanziaria si intrec-cia inevitabilmente con quella civico-politica e appare sempre più urgente che l’offerta formativa scolastica venga ripensata, anche in funzione del ruolo assunto dall’economia nell’agire sociale, facendo tesoro delle esperienze didattiche, pedagogiche e di ricerca maturate in Italia e all’estero. Per questo motivo, nel nostro Paese, a partire dal 2004, sono fiorite iniziative di educazio-ne finanziaria, nate spesso senza un preciso obiettivo formativo e senza una reale corrispondenza tra intenti, target e strumenti didattici. I diversissimi soggetti scesi in campo, da Banca d’Italia agli Istituti di vigilanza, dalle Associazioni di consumatori agli Istituti Bancari, al Consorzio PattiChiari, dalle Fondazione bancarie alle Regioni, sembrano aver mantenuto il loro impegno in questo campo, confermando e replicando le loro inizia-tive, aggiornandole e modificandole in alcuni casi.

In pratica, i dati ci raccontano di un interesse dei soggetti del settore economico e finanziario verso l’e-ducazione finanziaria che non sembra scemare con il tempo, anzi che cresce grazie alla partecipazione di nuovi soggetti e la realizzazione di nuovi programmi.

Si tratta, cioè, di un bilancio molto positivo, che con-ferma il forte interesse per questo tema e la vivacità dei soggetti del settore, mentre rimane molto margi-nale la quota di soggetti che non realizzano iniziative e che mostrano di non avere sensibilità al tema. Ed è un panorama amplissimo di esperienze, che continua

a coinvolgere un numero altissimo di soggetti giovani ed adulti:- circa 85.000 studenti dal 2004 e più di 13.000 alun-

ni, 41 banche, 120 esperti, 58 città, 261 scuole fi-no al 2010 per i programmi realizzati o promossi dal Consorzio PattiChiari. Non meno rilevanti i dati dell’ultimo anno, che ha visto un aggiornamento dei programmi del Consorzio, con l’avvio di una proposta formativa che copre tutti i target, dalle scuole prima-rie gli adulti, e ha fatto registrare i seguenti dati: 85 province coinvolte in tutto il territorio nazionale, 30 istituti bancari, 12 gruppi bancari, 3.323 scuole, 12 associazioni dei consumatori;

- circa 24.600 studenti, e 1.264 classi appartenenti a scuole di ogni ordine e grado distribuite in tutta Italia per il programma realizzato da Banca d’Italia e MIUR dal 2008;

- 4000 studenti a partire dal 2008 più di 1700 docenti per il progetto Cultura finanziaria a scuola: prepa-rarsi a scegliere di Intesa SanPaolo e Osservatorio Permanente Giovani-Editori;

- circa 13.000 partecipanti fra i 15 e oltre 75 anni (40% del target 25/44 e 38% del target 45/65) a partire dal 2009 per il programma EduCare di BNL-BNP Pari-bas. In fase di aggiornamento2.000 discenti, i 45 educatori coinvolti in 18 diverse

province italiane, 61 corsi erogati per circa 6.600 ore di formazione fino al mese di luglio 2011 per il nuo-vo programma In-formati di UniCredit Banca, a cui si aggiungono i 2.000 studenti, 30 formatori (esperti della Banca e delle Associazioni dei consumatori), 70 incontri, 400 ore di formazione, 6 Regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia) per il programma Guadagnamo il futuro/Open Mind di UniCredit Banca e le Associazioni dei Consumatori (Adiconsum, Federconsumatori e Movimento Difesa del Cittadino). realizzato lo scorso anno;

12 scuole secondarie di I grado del Lazio e della Lom-bardia per la fase sperimentale del progetto Io&irischi di Forum ANIA-Consumatori e l’Associazione Europea per l’Educazione Economica AEEE – Italia.

è partito dalla Calabria il più grande progetto italiano di educazione finanziaria sul territorio. Infatti, i direttori di sportello delle banche an-

dranno in classe in Calabria per avvicinare i ragaz-zi all’economia: un progetto territoriale che vuole preparare gli studenti ai test Pisa ocse che dal 2012 misureranno le competenze di educazione finanziaria dei quindicenni italiani. nella prima fase del progetto saranno coinvolti oltre diecimila studenti, 402 classi di 43 scuole e 130 insegnanti nelle cinque province calabresi (nove scuole a Catanzaro, dieci a Cosenza, quattro a Crotone, 15 a Reggio Calabria e cinque a vi-bo Valentia) nel periodo fino a dicembre. L’iniziativa, voluta dalla Regione Calabria in collaborazione con Sensi Contemporanei, programma del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione economica, spiega il valo-re dell’economia legale e della convenienza della lega-lità ai giovani della Calabria e li prepara, con l’aiuto dei direttori delle filiali di Banca Carime, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare del Mezzogiorno, Banco di napoli, unicredit, e delle banche di Credito cooperativo. Questa prima fase anticipa quella di gen-naio-maggio 2012 con altri 54 comuni e 244 scuole. e il via libero è stato una giornata di formazione dedicata ai docenti che si è tenuta il mese scorso, ed è stata cu-rata dalla Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo.

Il progetto ‘Helping people’ presentato dalla classe terza B del Liceo Classico Rinaldini di Ancona è sta-to il vincitore del concorso ‘Sviluppa la tua idea im-

prenditoriale’, promosso da Banca Marche e collegato al programma didattico ‘PattiChiari con l’economia’, al quale hanno partecipato circa 3.000 studenti di 89 scuole. Il progetto premiato prevede la realizzazione e la gestione di un centro di raccolta e consegna alle mense dei poveri di prodotti alimentari non utilizzati da ristoranti e pizzerie del Comune di Ancona. L’obiet-tivo dell’attività pensata dai ragazzi è diminuire gli sprechi assicurando un pasto completo a chi vive un periodo di difficoltà.

Legalità ed educazione finanziaria, Calabria docet

Helping people

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Turismo Scolastico le

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Le gite del mese“School of Hard Rock”

Pinocchio tra le farfalle

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Turismo Scolastico

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“School of Hard Rock”

Da Gennaio 2011 è partito il nuovo progetto didattico di Hard Rock Cafe Roma che

si pone l’obiettivo di fornire ai ragazzi di scuola media inferiore e superiore la base per costruire e approfondire la conoscenza della storia del Rock e gli eventi socio-politici che ne hanno influenzato l’evoluzione.

L’idea fondante di questo pro-getto è quella di comunicare a insegnanti e genitori, che Hard Rock Cafe è una realtà che può offrire assai più del solo pasto o dell’ambitissimo merchandising: è a tutti gli effetti un museo che espone cimeli appartenuti ai più grandi musicisti e star della mu-sica rock e che racconta la storia della nostra società.

Proprio su questo concetto si basa la parte didattica degli in-contri organizzati all’interno del Cafe di Roma in Via Vittorio Ve-neto (Piazza Barberini).

I ragazzi vengono guidati lun-go un percorso, che inizia dagli anni 50 e arriva fino ad oggi e utilizza la musica come specchio dei maggiori cambiamenti socio-politici degli ultimi 60 anni. In tale ambito, vengono presentati artisti come Elvis Presley e Ji-mi Hendrix, spiegando ai ragazzi perchè sono diventati delle icone e cosa hanno rappresentato nel loro contesto sociale. Il tutto sup-portato da curiosi aneddoti, video musicali e quiz a premi.

Altro argomento trattato negli incontri didattici, è Hard Rock Cafe come azienda fondata su valori etici e morali che ancora oggi, dopo 40 anni dalla sua fon-dazione, la guidano.

“E’ stata una grande soddisfa-zione” - informano dall’azienda - “vedere l’interesse dimostrato dai docenti e dai ragazzi per questo aspetto. Ci sono arrivate lettere di ringraziamento per aver trattato in aula argomenti come la tolle-ranza, l’uguaglianza ed il rispet-to. Temi di grande attualità che in alcuni casi, ci è stato detto, sono difficili da affrontare a scuola perchè i ragazzi si dimostrano po-co interessati alla discussione e che invece presentati come valori di riferimento di una delle realtà da loro più amate, destano la loro curiosità”.

Per l’anno scolastico 2011/2012 Hard Rock Cafe Roma, si pro-pone di estendere il programma anche alle scuole primarie, ade-guandone i contenuti.

Il programma è articolato su tre moduli:

Modulo 1 – “Storia del Rock dalle origini ad oggi – la musica come specchio della società”

Modulo 2 – “ Hard Rock Cafe e il mercato del turismo – relazioni commerciali e di marketing con il settore incoming”

Modulo 3 – “Hard Rock Cafe kitchen management – l’organiz-zazione operativa della cucina”

I docenti avranno la possibilità, in fase di prenotazione, di sce-gliere il modulo più aderente ai loro interessi.

Gli incontri, della durata com-plessiva di tre ore circa, si con-cludono tutti con un pranzo tipico della cucina americana a menu fisso che prevede un piatto unico a scelta fra un hamburger o chee-seburger con contorno di patatine fritte, oppure un hamburger vege-tariano con contorno di verdura, oppure una House Salad. Sono incluse bibite analcoliche a scelta.

Il pranzo è l’unico costo che verrà chiesto di sostenere alle classi.

Il programma per l’anno sco-lastico 2011/2012 è ripartito il 26 Settembre scorso, con visite ef-fettuabili dal Lunedì al Venerdì dalle 10.30 alle 13.30.

Hard Rock Cafe Roma

via vittorio veneto, 62 A/B00187 RoMA

Per maggiori informazioni e prenotazioni contattare dal

Lunedì al venerdì (9.30-18.00)Ilaria D’Alessio

Sales & Marketing Manager Tel. 06/42030543

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“School of Hard Rock”Imparare divertendosi

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Turismo ScolasticoCo

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PARCo DI PInoCCHIo

Il Parco di Pinocchio è aperto tutti i giorni dalle ore 9,00 al tra-monto nel periodo di alta stagione (28 febbraio – 1° novembre) e il sabato e i festivi dalle ore 10,00 al tramonto nel periodo di bassa sta-gione (2 novembre – 27 febbra io). Sculture, mosaici, edifici di gran-di artisti e architet ti, immersi nel verde, rievocano in un percorso a sor presa la storia di Pinocchio. Al termine del per corso, nell’a-rea giochi del Parco, sono state

installa te, dopo il restauro, 3 giostre d’epoca (la gio-

stra con i cavalli, la giostra Shimmy e la giostra lagu-

nare), il teatrino mec-canizzato di Pinocchio

a disposizione dei visitatori, il tutto previo pagamen-

to di € 1,00 a testa per ogni utenza.

Da marzo a settembre ogni giorno spettacoli, animazioni e laboratori didattici. La partecipa-

zione agli spet tacoli , alle anima zioni e ai la-boratori è compresa nel biglietto d’ingresso. La

Biblioteca Virtuale di Pinocchio, che

nel Museo del Par-co permette di sfogliare i libri

digitalizzati delle Avventure da tutto il mondo, completa un’e-sperienza unica per la mente e i sensi, da vivere insieme, adulti e bambini.

SToRICo gIARDIno gARZonI

Lo Storico Giardino Garzoni è aperto tutti i giorni dalle ore 9,00 al tramonto nel periodo di alta

stagione (28 febbraio – 1° novem-bre) e il sabato e i festivi dalle ore 10,00 al tramonto nel periodo di bassa stagione (2 novembre – 27 febbra io). Il Giardino, che s’apre come uno stupendo teatro, con giochi e trionfi d’acqua e vasche grandi e stellate, ha suscitato l’invidia di principi e di re e può essere messo a fianco non solo dei grandi giardini italiani, ma dei grandi giardini eu ropei, con i quali esprime i gran di ideali post-rinascimentali, con le rigorose strutture geometriche stemperate dal verde, dall’umida grazia dei fiori, dagli elementi comici, epici e fan tastici di statue, maschero-ni e fon tane. Nel Giardino han-no fissa dimora scoiattoli, cigni bian chi e neri, anatre dai co lori bellissimi, pavoni e gru.

CoLLoDI BuTTeRFLY HouSe

Aperta dal 27 febbraio al 1°

no vembre, è la prima vera Ca-sa delle Farfalle italiana, ideata, progettata e realizzata per essere tale; 360 metri qua drati protetti dal cristallo blindato: un ingresso al legro, coloratissimo, una salet-ta di proiezione dove un video di valo re didattico-scientifico illu-stra le Butterfly Farms e il ciclo vitale delle farfalle per preparare il visi tatore alla comprensione della vita animale e vegetale. La presentazio ne didattica prosegue anche all’in terno con 10 pan-nelli informativi. Poi, come per magia, ecco un lus sureggiante giardino tropicale do ve svolaz-zano centinaia di farfalle co-lorate, grandissime, insieme a uccellini variopinti tra specie bota niche mai viste. Qui giornal-mente si corteggiano, si nutrono sui fiori e si riproducono, le più belle farfalle del mondo prove-nienti da ambienti Amazzonico o neotropicale, Afro-tropicale e Indo-australiano.

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Pinocchio tra le farfalle

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64 TuTToSCuoLA n. 516

Sport e DisabilitàS

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Integrazione, inclusione, cono-scenza dell’altro. Questi gli scopi e i fondamenti su cui si basa la “missione” e l’azione del Comitato Italiano Paralimpico.

Per arrivare a rendere concreti nel tempo tali scopi, occorre met-tere in atto azioni che leghino la volontà di sensibilizzazione ad eventi che la concretizzino.

Gli eventi sportivi come i Glo-bal Games, che si esauriscono fi-sicamente in una decina di giorni, sono il tipo di organizzazione che consente un piccolo/grande pas-so verso il raggiungimento della “missione” che il Comitato Para-limpico si propone.

L’inclusione dei disabili nella società civile e la possibilità di fra-ternizzare tra persone di culture diverse che sono unite dagli stessi problemi, permettono sinergie non riscontrabili in altri contesti.

La sensibilizzazione delle gene-razioni future al tema della disabi-lità inizia certamente dalla scuola. Gli studenti degli Istituti situati vicino alle sedi di gara sono sta-ti “coinvolti” nell’assistenza agli atleti e la preparazione ai Global Games è cominciata così dal mar-zo 2010 con incontri nelle scuole

in cui è stato presentato il proget-to, complice anche la testimonian-za di un atleta disabile con molta personalità e capacità di comuni-cazione che ha saputo instaurare con i ragazzi una forte corrente di empatia.

Il risultato è stato che circa 600 alunni delle scuole dei territori se-di di gara hanno dato la loro di-sponibilità a dare il loro contributo come volontario.

Dopo il successo della mani-festazione di apertura Piazza De Ferrari con cui Genova ha accolto gli atleti “tuffandoli” in un mare di magliette azzurre, blu e tur-chese, solcato da delicati velieri di giunchi, in cui vagano delicate meduse bianche e su cui volano tanti gabbiani (che ricordano il

Progetto Osservatorio “Le ali dei Gabbiani” che il Cip Liguria sta curando), le gare si sono nelle sedi di gara di mezza Liguria. Imperia, Loano, e la provincia di Genova hanno così aperto i loro impianti agli sportivi di tutto il mondo.

Un’estate insolitamente lunga ha così accompagnato l’edizione italiana dei Global Games 2011. Il sole “agostano” ha contribuito ad abbronzare i volontari, i bravissi-mi ragazzi delle scuole che hanno aderito alla manifestazione e che correvano con entusiasmo a rico-prire i ruoli loro assegnati.

A fine manifestazione, dopo la festa di chiusura, le magliet-te dei volontari sono piene delle spille che i ragazzi sono riusciti a conquistare simpatizzando con

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Sport e DisabilitàS

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gli atleti che ormai li considerano fratelli minori e con cui continue-ranno a scambiare opinioni con sms e su facebook.

Come sempre succede in questi contesti i ragazzi, dopo aver dato una disponibilità iniziale minima sono passati ad orari sempre più lunghi e, dopo aver simpatizzato con gli atleti e tra loro, è stato ne-cessario ricordare loro che l’ora-rio era finito e occorreva andare a casa.

A ulteriore riprova dell’azione di sensibilizzazione avvenuta, molti volontari si sono informati sulla possibilità di ripetere l’esperien-za l’anno prossimo: la prossima manifestazione potrà così parti-re da un notevole “zoccolo duro” che si presenterà a dare la loro disponibilità.

Genova, 6 ottobre 2011

Promozione e Scuola: I centri di avviamento allo sport paralimpico

Il Comitato Italiano Paralimpico in accordo con il Ministero della Pub-blica Istruzione ha avviato la costituzione nelle scuole italiane dei Cen-tri di Avviamento allo Sport Paralimpico.I C.A.S.P. costituiscono lo strumento per mezzo del quale il CIP, in stret-ta collaborazione con le istituzioni scolastiche, favorisce la costitu-zione di un processo educativo sportivo negli studenti con disabilità, allo scopo di produrre, simultaneamente, integrazione alla pratica sportiva scolastica, formazione ai valori paralimpici ed emersione di giovani talenti.Il convenzionamento di un istituto scolastico al CIP può avvenire in qualunque momento dell’anno e gli istituti scolastici richiedenti devo-no essere in possesso dei seguenti requisiti:- Delibera del Consiglio d’Istituto comprovante la volontà di conven-

zionarsi con il CIP e di tesserare gli alunni con disabilità.Attivazione all’interno dell’istituto di un Centro Sportivo Scolastico- Promozione dei programmi di avviamento per una o più discipline

sportive riconosciute dal CIP ( delle quali è necessario avere a dispo-sizione le relative attrezzature sportive) per studenti disabili appar-tenenti a qualsiasi tipologia di disabilità.

- Avere tra i propri alunni ragazzi con disabilità che intendono prati-care attività sportiva non già tesserati presso le federazioni sportive riconosciute dal CIP per la pratica di attività competitivo-agonistica.

- Presenza di personale qualificato per ciascuna delle discipline spor-tive per le quali viene svolto un programma di avviamento ( i tecnici devono essere in possesso di uno dei brevetti CIP/FSP ovvero essere in possesso di un diploma ISeF/Laurea in scienze motorie)

- Tutti gli alunni devono essere in possesso del certificato di idoneità alla pratica sportiva non agonistica.

La richiesta di convenzionamento va inoltrata dall’istituto scolasti-co al Comitato Regionale CIP competente per territorio, il quale, dopo aver acquisito l’originale o copia conforme all’originale della delibera del Consiglio d’Istituto comprovante la volontà di convenzionarsi con il CIP e di fare aderire gli alunni con disabilità, esprimerà il proprio parere ed invierà tutta la documentazione al CIP nazionale per la ne-cessaria approvazione degli organi competenti.Le quote di convenzione dell’Istituto Scolastico e l’adesione di tutti gli alunni ed il personale docente e non docente è assolutamente gratuita.L’adesione da parte del CIP determina l’estensione gratuita delle ga-ranzie assicurative contro gli infortuni per tutti coloro che svolgono attività previste dall’Istituto Scolastico.ogni altra più puntuale informazione sull’iniziativa è possibile repe-rirla consultando il sito internet www.comitatoparalimpico.it

A cura dell’Ufficio Promozione e Scuola CIP

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66 TuTToSCuoLA n. 516

Europa chiama Scuoladi Antonio Augenti

Modernizzare l’istruzione superiore

nell’ultima parte dell’anno in corso sono state rese note le linee della strategia che

la Commissione dell’UE ha ela-borato sui temi dell’istruzione superiore nell’ambito del piano europeo per la crescita e l’occu-pazione. Investire sulla moder-nizzazione e sull’occupabilità: è questa la parola d’ordine cui si fa riferimento per ottenere che s’incentivi il numero dei giovani in possesso di laurea, si migliori la qualità dell’insegnamento, e si massimizzi il contributo che l’i-struzione superiore può dare alla risoluzione della crisi in atto.

Nel confronto con paesi che presentano dat i e ca-

ratteristiche di eco-nom ie emergent i , l’Europa non riesce ancora nell’intento

d i p romuovere un significativo numero di gio-vani in pos-sesso di titoli

d’istruzione superiore, e soprattutto

dotati di competenze adeguate ai bisogni del mercato. Ciò si deve indubbiamente anche all’entità degli investimenti che vengono impiegati nei settori della istru-zione, della formazione e della ricerca. Molto, però, si deve al fatto che in molti paesi dell’Unio-ne non si programma un’idonea politica dell’orientamento alle scelte d’istruzione e delle profes-sioni. Percorsi di studio nell’am-bito dell’istruzione superiore,non coerenti con sbocchi professionali attendibili, vengono ancora ali-mentati, mentre altri percorsi, col-legabili a inserimenti professionali destinati alla crescita e allo svi-luppo, vengono poco incoraggiati e promossi.

Si deve anche aggiungere e no-tare ancora una volta che spesso dell’istruzione superiore si conti-nua ad avere in diversi paesi una visione miope, tutta declinata sul versante accademico, senza tener conto di possibili vie alternative. In un precedente contributo ospi-tato in questa Rubrica, è stato fat-to cenno, ad esempio per l’Italia, alle opportunità che ora vengono aperte dai percorsi d’istruzione superiore che possono essere se-

guiti con il concorso sinergico di scuole, Università,imprese ed Enti locali (ITS). E’ pos-

sibile, così, pensare che sia più fruttuoso incentivare un programma di investi-menti nell’istruzione di

terzo livello, capace di of-frire nuove e più elevate

competenze richie-ste dal mercato del lavoro europeo.

è stato giustamente notato che l’allargamento dei percorsi di terzo livello risponde an-

che ad una ulteriore esigenza che le Istituzioni europee prendono in considerazione: la maggiore am-piezza dell’area di reclutamento dei giovani che possono essere interessati a studi meno accade-mici, e, quindi, più legati alle scel-te di professionalità. Gruppi con minori vantaggi socio-economi-ci potrebbero trarne beneficio, contribuendo al processo volto al perseguimento degli obiettivi d’inclusione sociale.

Si consideri, tuttavia, che non devono essere trascurate le fina-lità proprie di uno sviluppo ar-monioso sia del sistema sociale ed economico,sia della crescita della persona, nel rispetto dell’au-tonomia del potere decisionale. Risulta, allora, indispensabile il ricorso ad una costruttiva politi-ca dell’orientamento che rispetti l’individuo, sottraendolo dai vin-coli che possono essere determi-nati da scelte sociali unicamente correlate ad una teoria dello svi-luppo che ostacoli l’affermazione di personalità libere e capaci di buone relazioni sociali. L’orga-nizzazione di servizi d’informa-zione, di consulenza e d’aiuto ai giovani,per agevolarne le scelte di studio e d’inserimento nella vita attiva, va prevista all’interno dei percorsi di studio – nelle scuole, nelle Università e nelle istituzioni del livello terziario – con forte va-lenza formativa, nel rispetto della libertà delle persone e dei suoi autonomi e consapevoli processi decisionali.

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