Nuova Bulloneria Strutturale

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 Fondazione Promozione Acciaio | Via Vivaio 11 | 20122 Milano | Italia  T +39 02 86313020 | F +39 02 86313031 | info@promozioneacci aio.it LA NUOVA BULLONERIA STRUTTURALE alla luce della recente normativa europea EN 14399 EN 15048 EN 1090-2 EN ISO 898-1 Dispensa a cura di: Dott. Ing. Angelino Perenthaler Socio Sostenitore Fondazione Promozione Acciaio www.promozioneacciaio.it  

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Nuova Bolloneria strutturale

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Fondazione Promozione Acciaio | Via Vivaio 11 | 20122 Milano | Italia  

T +39 02 86313020 | F +39 02 86313031 | [email protected]

LA NUOVA BULLONERIA STRUTTURALE alla luce della recente normativa europea

EN 14399 EN 15048 EN 1090-2 EN ISO 898-1

Dispensa a cura di:

Dott. Ing. Angelino Perenthaler 

Socio Sostenitore Fondazione Promozione Acciaio

www.promozioneacciaio.it  

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la nuova

BULLONERIA STRUTTURALE

alla luce della recente normativa europea 

EN 14399 EN 15048 EN 1090-2 EN ISO 898-1 

Le tipologie dei nuovi prodotti unificati, 

i materiali, la produzione, i trattamenti, le criticità

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Screw making machine (1871)  

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Gli argomenti

Uno sguardo introduttivo alle nuove norme

  Il quadro generale dell’attuale situazione normativa europeae italiana

L’acciaio impiegato

  I materiali da cost ruzione secondo EN ISO 898-1:la nuova (2009) e la precedente (1999) edizione- Caratteristiche richieste al materiale: 

deformabilità a freddo, sferoidizzazione dei carburi, resistenza meccanica,indurimento, tenacità, impurezze, grano fine, resistenza alla corrosione e all’usura,temprabilità, accuratezza dimensionale, trafilatura, pelatura, rettifica, lappatura, tabellenormative degli acciai e delle caratteristiche meccaniche e fisiche 

  Il processo produtt ivo: dal filo laminato al bullone finito-  Approvvigionamento vergella- Decapaggio in acido- Fosfatazione- Ricottura (eventuale)- Trafilatura e altre lavorazioni superficiali (eventuali)- Stampaggio alla pressa- Filettatura- Trattamento termico- Ripresa (eventuale)- Prove meccaniche sui bulloni

  Trattamenti di protezione superficiale

- Zincatura a caldo- Trattamenti elettrolitici- Fosfatazione- Rivestimenti chimici- Rivestimenti meccanici

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   Aspetti metallurgici critici- Decarburazione- Deidrogenazione- Invecchiamento da zincatura a caldo- Rilassamento a breve e a lungo termine- Cedimento del bullone

I nuovi prodotti unificati

  I nuovi sistemi unific.di bulloneria strutturale HR,HV,HRC,SB 

- EN 14399: Bulloneria strutturale a serraggio controllato (HR, HV, HRC)- EN 15048: Bulloneria strutturale non a serraggio controllato (SB)- La geometria dei componenti

  D.M. 14 gennaio 2008:Norme tecniche per le costruzioni (NTC)

Circolare 2 febbraio 2009:Istruzioni per l ’applicazione delle NTC 

   Attraverso le novità introdotte dalla normativa europea(e dal Testo Unico)

- Insieme vite-dado-rondelle

I due tipi di imballi ora in commerciRegole generali di assiemaggio dei componenti secondo EN 1090-2Elementi di fissaggio speciali

- Il precarico secondo EN 1090-2 ed EC3

- Idoneità degli assiemi: le prove di serraggio

- Calcolo della coppia di serraggio: il fattore k

Coppia di serraggiok-classeCoefficienti di serraggio per le classi K1 e K2Le due classi a confrontoLe prescrizioni della UNI CNR 10011 (superata)Cos’è il coefficiente k 

- Metodi di applicazione della coppia di serraggio Metodo della coppiaMetodo combinatoMetodo HRCSerraggio delle viti non precaricate (sistema SB)Controllo del serraggio Approfondimenti sul serraggio dei bulloni 

- Considerazioni finali Un confronto con precedenti specifiche di serraggioL’attuale fase di passaggio dal vecchio al nuovo sistema 

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Il quadro generale dell’attualesituazione normativa europea e italiana

Negli ultimi anni, con la pubbli-cazione delle nuove normativeEN ISO 898-1 ed EN 14399-10è stato posto l’ultimo tassello alquadro normativo europeo sullabulloneria strutturale. Dalla disamina delle “nuove”tipologie di bulloneria introdottese ne trae netta l’ impressioneche esse siano il frutto di unoscambio di compromesso, di un“do ut des” tra i due gruppi fortidella Commissione dopo unconfronto durato 10 anni, inca-paci di convergere su un prodot-to unico, razionale, e di ispira-zione squisitamente “tecnica”.Il sistema HR e il sistema HV non sembrano infatti evidenzia-re differenze così nette ed im-portanti che ne giustifichino losdoppiamento (e costi connes-si!), essendo tra loro molto similicome materiali e come dimensio-

sioni, il primo però caro ai fran- 

cesi, il secondo radicato invecenel mondo tedesco.Come materiali, il sistema HV prevede solo la cl. 10.9, mentreil sistema HR anche la cl. 8.8.Le viti sono in ambedue i casi agambo parzialmente filettato,con diverse lunghezze del trattofilettato (HR anche il 50% in più).Di poco diverse le altezze deidadi, con l’ HR alto ca. 9/10 deldiametro, meno l’ HV, ca. 8/10. Queste differenze piuttosto rela-tive confermano che non do-vrebbe essere troppo difficile (eneanche troppo azzardato) im-maginare un piccolo sforzo “uni-tario europeo”, per far nascereun (ipotetico!) “sistema HRV”,nelle classi 10.9 e 8.8, convalori di compromesso dellalunghezza del tratto filettato edell’altezza del dado.

 Alla base delle due tipologie, la francese HR e la tedesca HV, ci sono in realtà due“filosofie” di rottura diverse (confermate anche da prove e test di rottura), tra cui il

progettista dovrà scegliere: per cedimento della vite o per sfilamento del dado.

Nell’ HR, la maggior duttilità e allungamento plastico del gambo dovrebbero porta-re a collasso la vite per cedimento nel tratto interno libero del filetto (→ dado più

alto e filetto più lungo). Per questo assorbe anche eventuali sovra-serraggi. 

Nel sistema HV invece la rottura avverrebbe prima per cedimento del dado (più basso), in seguito a strappamento del filetto interno. C’è il vantaggio che la

vite può continuare a funzionare a taglio, anche se può esserci una maggior sensibilità al sovra-serraggio, e per questo i controlli devono essere accurati. 

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Ritornando all’attuale normativa,molto interessante e innovativosi presenta il sistema HRC, siaper la precisione con cui cipermette di applicare la coppiadi serraggio, sia per il limitatosforzo fisico da impegnare - èprevisto infatti l’uso di unapposito avvitatore elettrico - anche se già in fase di progettobisognerà “fare i conti” conl’ingombro dell’attrezzo e con la

libertà di manovra possibileattorno al giunto. Infine, per le applicazioni pre-viste senza precarico, la norma-tiva mette a disposizione il siste-ma SB, ampliato sia nella gam-ma proposta per le classi dimateriale (infatti non prevedesolo bulloni  AR), sia nella lun-ghezza del filetto (che in questosistema non è solo parziale maanche a tutto gambo). 

La norma permette comunque di usare - per le applicazioni senzaprecarico - anche la bulloneria prevista per il precarico. 

Le novità di maggior peso eimpatto non si presentano peròsul fronte delle tipologie di bul-loneria proposte, ma piuttostonelle precise modalità di serrag-gio dei bulloni precaricati, diven-tate ora più esatte, mirate eobiettive, con l’utilizzatore finale “sollevato” dall’onere di doverdecidere o calcolare la coppia diserraggio da applicare allonta-nando così la principale causa

dei frequenti errori di serraggio,anche se, a onor del vero, dalleconseguenze quasi mai gravi.E’ noto che nella tecnica diserraggio controllato, eseguitocon chiave dinamometrica, ilbullone viene precaricato anorma con una forza assiale(ma non solo) che lo sollecita aridosso del carico di snerva-mento.

Schema di funzionamento della chiave dinamometrica

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La norma segue due strade perquanto riguarda i dati di serrag-gio da dichiarare.Una è più precisa, e la coppia èdichiarata esattamente: è il meto-do K2, con più impegnativi test che incidono sui costi di produ-zione.L’altra - ed è il metodo K1 – pre-vede invece un range di valoriche appare obiettivamente troppodisperso e che per questo èspesso “ristretto” dai più seri tra ifornitori.Normalmente, alla vite non si ap-plica direttamente il precaricovoluto (con attrezzo tensionato-re, il che non implicherebbe er-rori), ma invece una certa cop-pia (servendosi di una chiavedinamometrica) che quel preca-rico dovrebbe essere in grado di

generare, con le intrinsechedifficoltà di stabilire il correttorapporto causa/effetto (coppia/precarico, noto come k) e cor-rendo il non improbabile rischiodi sollecitare il materiale fino asnervamento.Il compito di definire un valorepreciso - o un campo di valori -della coppia  di serraggio vieneora “assegnato” dalla norma alproduttore, che in generale ècertamente più “attrezzato” pertale compito, e quindi meglio ingrado di fornire risultati piùattendibili rispetto al genericoutilizzatore finale.La determinazione della coppia viene condotta sui singoli lotti diproduzione, attraverso prove se-vere regolamentate dalle norme.

A chiusura di questo sguardo preliminareè possibile prevedere che il “destino” di ogni singolo bullone, 

sarà fin d’ora più….”sereno”,non più lasciato nelle sole mani dell’operatore,con la sua soggettività, con i suoi scarsi mezzi

(Bozzetto di Massimo Ciceri, ripreso dalla Guida BLM)

ma riposto in quelle più esperte del produttore, 

All’utilizzatore restano in carico in ogni caso i correttistoccaggio, manipolazione e montaggio

dei bulloni. 

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Nella schematizzazione seguente viene fornito in modo articolato ilquadro della nuova normativa sulla bulloneria strutturale. 

Eurocodice 3EN 1993-1- 8:2005

Progettazione delle strutture di acciaioParte 1-8: Progettazione dei collegamenti

EN 1090-2:2008Esecuzione delle strutture di acciaio e di alluminioParte 2: Requisiti tecnici per le strutture di acciaio 

EN 14399 EN 15048Bulloni Bulloni

“a serraggio controllato”   “ non a serraggio contro llato”  

EN ISO 898-1:2009Caratteristiche meccaniche

degli elementi di collegamento di acciaioParte 1: Viti e viti prigioniere con classi di resistenza specificate

 – Filettature a passo grosso e a passo f ine 

E’ la parte relativa aicollegamenti del co-dice europeo, e for-nisce i criteri generalidi progettazione dellestrutture di acciaio. 

La norma specificai requisiti per l’esecu-zione delle strutturedi acciaio, indipen-dentemente dalla lo-ro tipologia. 

Sono norme armo-nizzate (e recepite daUNI) che precisano irequisiti generali(dimensioni, assiemi,  ecc.) per la bullonerianormale e AR, adattaal precarico (EN14399) o senza pre-carico (EN 15048).

La norma specifica lecaratteristiche mec-caniche delle viti diacciaio al C e legato,usate in un range diT fra -50 e +150°C,con estensione fino a+300°C, previe scel-te appropriate in ba-se alle applicazioni.

Quadro normativo italiano

L. n. 1086 del 5 novembre 1971D.P.R. 380 del 2001

Nuove norme tecniche per le costruzioniD.M. 14 gennaio 2008

G.U. n. 29 del 4 febbraio 2008

La L.1086 (inglobata nel D.P.R. 380)disciplina le opere civili in c.a. e nor-male e a struttura metallica, riman-dando ad appositi decreti (da aggior-nare periodicamente) le norme tecnichedi attuazione.

Il D.M. allinea le norma con lo statodell’arte, e raccoglie in maniera orga-nica e unitaria nel Testo Unico (NTC)  le diverse norme tecniche finora distri-buite in vari Decreti.

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I materiali da costruzione sec.EN ISO 898-1:la nuova ediz. (2009) e la precedente (1999)

L’attuale fabbricazione industri-ale di serie della bulloneria pre-vede questi due processi pro-duttivi

per deformazione a freddo per i diametri più piccoli

per deformazione a caldo per quelli più grandi

I piccoli lotti di viti sono di solitoottenuti alle macchine utensili per asportazione di truciolo, macchine che sono indubbia-mente più versatili rispetto alle

impegnative presse orizzontali di stampaggio.Scopo di queste note è quello dipresentare la produzione indus-triale, soprattutto di grande serie,dove sono tipici i processi pro-duttivi per deformazione. Il procedimento di deformazionea freddo, oltre che essere il piùadottato per motivi economici, èanche quello in grado di inne-scare un più favorevole compor-tamento metallurgico.

Le fibre del materiale, sottoposte a deformazione plastica, si orientano parallelamente alla superficie della vite, a tutto beneficio della resistenza della vite stessa,

in particolare nei confronti della fatica.

Le fibre “addensate” nel fondofiletto e nella zona di variazionedi diametro tra gambo e testa, prive di ripiegature o interru-zioni, garantiscono un eccezio-nale “rinforzo” - verificabile conla prova di tenacità della testa,ved. più avanti -  in queste zoneche presentano un pesante inta-glio geometrico.

Il laminato a caldo di partenzaper la produzione dei bulloni è ilfilo (detto vergella),  che vienefornito avvolto su appositi aspi. Si tratta di laminato tondo didiametro oltre i 5 mm che, primadella deformazione a freddo (oeventualmente a caldo), normal-mente viene sottoposto a piùtrattamenti, alcuni sistematici,altri opzionali.

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Caratteristiche richieste al materiale

I materiali di origine possono essere

  acciai non legati o acciai legati a bassa %C, in genere lavoratiallo stato naturale di laminazione a caldo

  acciai legati da bonifica, allo stato ricotto globulare (per unamiglior lavorabilità per deformazione a freddo) o eventualmentegià bonificati 

Le caratteristiche che l’acciaio deve possedere dovranno corrispon-dere alle esigenze del processo produttivo, come di seguito vieneschematizzato.

Deformazione a freddo:

deformabilità, duttilità, omogeneità, qualità della superficie del prodotto di partenza

Deformazione a caldo:

fucinabilità o stampabilità

 Asportazione di truciolo:

lavorabilità alle macchine utensili 

Per favorirne la lavorabilità, negli acciai automatici vengono penalizzate

le caratteristiche meccaniche, introducendo alcuni elementi in lega (ad es. il piombo),

aggiunti per incrementare la truciolabilità.

Anche l’attitudine alla deformabilità a freddo (e a caldo)viene peggiorata in questi acciai,

i quali devono quindi essere utilizzati solo perbulloneria di bassa resistenza. 

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Deformabilità a freddo.Sferoidizzazione dei carburi (ricottura)

In genere il filo viene lavoratoallo stato naturale di laminazio-ne, ma può anche sottoposto aricottura di sferoidizzazione, alloscopo di migliorare la lavora-bilità a freddo della vergella. Gli acciai a bassa  %C possie-dono in generale buone caratte-ristiche di deformabilità a fred-do, senza necessariamente do-verli sottoporre a un trattamentotermico,  preliminare  o  interme-dio, quest’ultimo cioè a un certopunto della fase di deformazio-ne (incrudimento!). 

La lavorabilità a freddo richiedeal materiale la massima defor-mabilità senza che si forminocricche o rotture, e allo scopodeve essere elevata la duttilità. 

Alti tenori di C e Mn (e di altrielementi indurenti) peggioranola deformabilità per cui si rendeopportuno un trattamento di ad-

dolcimento, tramite ricottura diglobulizzazione o sferoidizza-zione: si può (indicativamente)prevederla per gli acciai conoltre 0,2 %C. 

E’ noto (e intuitivo) che la dis-tribuzione dei carburi (la cemen-tite in particolare) sotto forma disferoidi dispersi anziché in for-ma lamellare, gioca a tutto favo-re della deformabilità. 

Dal punto di vista della struttura, un grano ingrossato conferisceuna miglior lavorabilità a freddo, questo a causa del minor anco-raggio e del meno efficace “ef-fetto incastro” all’interfaccia tra igrani. Fisicamente, se i grani sonogrossi dovranno anche esserein numero minore, e a questodovrà corrispondere anche unaminore estensione dell’interfac-cia.

Resistenza meccanica. Indurimento

Per aumentare la resistenzameccanica del bullone finale, sipuò far ricorso a questi duemetodi di indurimento strutturale:   incrudimento da deforma-

zione a freddo, applicato alleclassi di resistenza fino alla8.8 esclusa

  trattamento termico di boni-fica - quindi tempra seguita darinvenimento - utilizzato per leclassi superiori, cioè dalla 8.8 in poi (viti AR). 

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Per i bulloni bonificati si dovràpartire da un materiale aventeadeguate caratteristiche di tem-prabilità: con il successivo trat-tamento bisogna infatti otteneredurezza e struttura  sufficiente-mente  uniformi  e omogeneenell’intera sezione trasversale(→ penetrazione di tempra). A questo proposito, sempre lanorma EN ISO 898-1:2009 pre-scrive che, per le classi dalla 8.8, la martensite formatasi con latempra (quindi prima del rinve-nimento) penetri fino al cuore, equi dovrà interessare il 90% dellastruttura (il resto può essereperlite-ferrite), limite che obietti-vamente è piuttosto “impegna-tivo” e difficile da raggiungere,specie nei diametri maggiori.

La miglior omogeneità comportaanche un minor stato tensionaleresiduo da TT. Nella vecchia normativa questapercentuale era imposta per lasola cl.10.9 (più facile da otte-nere perché si trattava di acciailegati), mentre non veniva ri-chiesta per la cl. 8.8. Nella revisione della norma si èintrodotta perciò una maggioreuniformità tra i materiali delleclassi  AR e nelle caratteristichemetallurgiche della sezione.Il compito di favorire caratte-ristiche meccaniche più spinte,più che al materiale, verrà asse-gnato alla diversa modulazionedella temperatura di rinvenimen-to, senza però che possa scen-dere sotto un valore minimo fis-sato dalla norma→ ved. tab. 2.

Anche la resilienza delle viti la nuova norma prevedevalori più elevati: per ogni classe  AR (quindi da 8.8) sono garantiti 27 J

a -20°C (le altre caratteristiche restano invece testate a Tamb). 

Finora la norma – “cedimento” questo a un’inclinazione metallurgicanaturale dell’acciaio! - sia prevedeva una resilienza via via più modesta

al salire della classe, sia ne riferiva i valori, come pure delle altre caratteristiche meccaniche e fisiche, a una temperatura che era più o

meno quella ambiente (e non a -20°C come ora), “scaricando”sull’utilizzatore l’eventuale verifica di idoneità per T  più basse.

In certe applicazioni è richiestoche l’elevata resistenza meccani-ca di cui il bullone dispone a tem-peratura ambiente, venga mante-nuta anche a T di esercizioeventualmente più elevate.

La nuova EN ISO 898-1:2009 (Ann. B) non prevede alcuna limi-tazione alle caratteristiche mec-caniche fin quando le T diesercizio non superano i 150 °C.

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Per T  superiori, fino a 300 °C, bisogna invece accertarsi, tramiteaccurata verifica, che le carat-teristiche funzionali del bullone permangano.

E’ importante infine che la resis-tenza meccanica della vite vengamantenuta adeguata anche inpresenza di carichi ciclici di faticain esercizio. 

Duttilità

La duttilità è una caratteristicabasilare al fine di garantire unbuon livello di deformabilità delmateriale. Elevata duttilità significa che ilmateriale dispone della neces-saria riserva plastica prima digiungere a rottura. 

In questo modo si riuscirà adeformarlo a freddo in un cam-po plastico sufficientemente es-teso, al riparo quindi da pericolidi rottura.Nei test (ved. più avanti) questosi dovrà tradurre in un sufficien-te angolo di rotazione del dado. 

Tenacità. Impurezze. Grano fine

E’ indispensabile ridurre al mini-mo il contenuto di P, S e N (clas-sificati come “impurezze”), la cuipresenza comporta una pesantee rapida caduta della tenacità. La norma EN ISO 898-1 stabili-sce le percentuali massime dicomposizione consentite perquesti elementi. Già si è constatato come il grano

fine – moneta dalle due facce! -se da un lato peggiora la defor-mabilità a freddo del metallo,dall’altro agisce però a favoredella tenacità.Quale compromesso tra questidue effetti contrastanti, la praticaproduttiva “opta” per il grano suf-cientemente fine: si privilegia la tenacità del materiale a scapitocioè della sua deformabilità. . .  .

 

Richiamo di metallurgia

Il grano fine, oltre che dal trattamento di normalizzazione, nei microlegati è anche ottenuto da laminazione condotta a più basse temperature, 

posizionate attorno (o al di sotto) di quella di ricristallizzazione. 

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Resistenza alla corrosione. Resistenza all’usura

Sono caratteristiche talora richieste alle viti costruite per applicazioniparticolari.

Temprabilità

La norma EN ISO 898-1  pre-scrive (per i bulloni AR) che la tempra penetri fino al cuore dellasezione filettata: si è visto infattiche la martensite nell’intorno delcentro deve interessare almeno il90% della struttura: in praticaquindi, struttura quasi completa-mente martensitica! E questa tempra “a cuore” –tecnicamente detta temprabilità –si è detta più difficile da raggiun-gere nei pezzi con diametri gran-di, nei quali bisogna allora agiresul fronte dell’abbassamento del-la velocità critica di tempra. 

Nella bulloneria questo fine èottenuto con aggiunte di boro (B), ma anche Mn e Cr , come legantidell’acciaio (cfr. tab. più avanti).A titolo di esempio, in figura sonoriportate le curve di temprabilità per due acciai di ugual tenore diC - lo 0,35% - uno dei qualicontiene però anche una piccola%B: la pur minima (0,0008%!) presenza di B lo rende un po’meno deformabile, ma in com-penso molto più temprabile(→  tempra a cuore di pezzi piuttostogrossi, di acciaio non legato: lo spe-gnimento è in olio anziché in acqua). 

Curve di temprabilità di due acciai 0,35%C, con e senza B

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Richiami di metallurgia

La temprabilità è molto sensibile anche alla grossezza del grano austenitico:a un grano austenitico grosso corrisponderebbe

- per gli acciai a medio tenore di C come quelli usati nella bulloneria –una penetrazione di tempra più elevata,

anche se, come si è visto, viene preferito il grano fine. 

Gli acciai al B possiedono inoltre una resilienza abbastanza più elevata di quelladegli altri acciai legati, e questo sia a temperatura ambiente che a più bassa T. 

 Accuratezza dimensionale. Traf ilatura (pelatura, retti fica, lappatura) 

I prodotti di laminazione - quandosono forniti allo stato  AR  (“asrolled”) - hanno tolleranze dimen-sionali dell’ordine dei decimi dimillimetro, mentre un laminatotrafilato arriva a tolleranze dell’or-dine dei centesimi. 

Affinchè gli utensili “a contattopezzo” impiegati nella costruzio-ne delle viti possano lavorarecorrettamente, lo spezzone divergella da deformare deve pos-sedere in genere una ben definitaaccuratezza dimensionale, nonsolo  in termini di dimensioni, maanche di forma.Per ottenere questo, dopo deca-paggio e fosfatazione viene talo-ra prevista una lavorazione ag-giuntiva di trafilatura della ver-gella, di cui si parlerà più avanti.

In altri casi al posto della tra-filatura può essere sufficiente lasola pelatura.

Nell’ulterire caso contrario chevenga richiesta una precisione maggiore anche della trafilatura si esegue la rettifica, o addirit-tura la lappatura, partendo in talcaso da barre e non da vergella.

Di seguito si riportano alcunetabelle estratte dalla nuova edalla vecchia EN 898-1, per unsignificativo confronto tra le due,dei dati riguardanti

la composizione chimica dei materiali adottati

le caratteristiche meccani-niche e fisiche 

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unica differenza di composizione tra 8.8 e 10.9, per il resto uguali

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Il processo produttivo:dal f ilo laminato al bullone finito

La più diffusa produzione in seriedelle viti - certamente fino adiametri di ca. 33 mm - è quellaper deformazione a freddo con ricalcatura. Nella pratica industriale la rical-catura è, come l’estrusione, unalavorazione riservata in genere aiprodotti lunghi.Imbutitura e stampaggio sonoinvece specifici dei prodotti piani. Nei dadi, la deformazione a fred-do viene adottata solo per i dia-metri foro più piccoli, normal-mente fino ca. 20 mm, per la dif-ficoltà di punzonamento dei fori.

Alcune primarie aziende hannoperò sviluppato impianti particola-ri che consentono la deforma zio-ne a freddo di viti,  dadi e parti-colari speciali con di dimensionidecisamente superiori a quellesopra citate come limite per ladeformazione a freddo, arrivandoanche alla misura M 48. 

In ogni caso, l’elevato grado diautomazione dei moderni im-pianti richiede necessariamenteai semilavorati di partenza carat-teristiche qualitative sempre piùcostanti e omogenee. .

  Approvvigionamento vergella

La vergella viene fornita sotto forma di filo avvolto su appositi aspi. Il materiale in ingresso subisce un sistematico controllo di qualità. 

Filo vergella avvolto

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Decapaggio in acido

E’ il trattamento di puliziainiziale per stadi successivi(vasche), cui si sottopone la ver-gella in acidi via via più  aggres-sivi, per poterne asportare crostedi laminazione, grassi in super-ficie e sporcizia in genere.

Fosfatazione

Questo trattamento segue ildecapaggio, allo scopo di me-glio “ancorare” l’olio e lo stea-rato applicati per limitare l’attrito

(e quindi sforzi, lavoro, consumi,usura) nelle successive ope-razioni di deformazione a fred-do. 

Ricottura (eventuale)

Si esegue su materiali a elevata% di carbonio e di altri elementi.Si è visto trattarsi di una ricottu-ra di globulizzazione, avente loscopo di migliorarne la deforma-bilità a freddo.La vergella viene trattata neitipici  forni  a campana (ved. fig.).

Trafilatura e altre lavorazioni superficiali (eventuali)

La trafilatura è una lavorazionea freddo preliminare di riduzionedella sezione e si può eseguirein opzione a monte del ciclo di

deformazione per calibrare lasezione della vergella e miglio-rarne la qualità superficiale.

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La trafilatura comporta anche uncerto grado di incrudimento su-perficiale del filo, con un correla-to aumento di durezza. Operativamente, il filo vergella da trafilare  viene svolto dallamatassa mano a mano cheentra nella filiera della trafila etirato, a valle del foro, tramite unargano cabestano per trafilatura e infine riavvolto su aspo.

Le lavorazioni superficiali pre-liminari accennate (eseguite subarre) eventualmente richiesteper applicazioni specifiche, sono:

la pelatura, che permette dimigliorare lo stato superficialeeliminando i difetti, lo stratodecarburato e la calamina 

la rettifica, che conferiscetolleranze molto ristrette e unabuona qualità superficiale 

la lappatura, di caratteristicheancora più spinte della rettifica 

Stampaggio alla pressa

L’operazione di stampaggio con-siste in una sequenza di fasiprogressive di deformazione, chedipendono da più aspetti e varia-bili, di natura tecnica/tecnologica.Viene in genere effettuata conpresse orizzontali a più stazionitransfer, nelle quali lo spezzonedi filo viene sagomato e poi fi-lettato in postazioni successive,fino a ottenere la forma finale.Il metodo di controllo oggi piùadottato prevede un accurato si-

stema di rilevamento e mo-nitoraggio degli sforzi di deforma-zione, integrato nel processo: unandamento degli sforzi che siripeta uguale a sé stesso neltempo, da solo è indice di sta-bilità nella lavorazione.

L’operatore può anche impostaredei limiti di variazione dello sforzomassimo, con delle bande ditolleranza che limitano la varia-zione % degli sforzi stessi.

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Sequenza di stampaggio di viti a testa esagonale e dadi

 Andamento delle fibre nelle viti stampate(a testa esagonale, flangiata ecc.) 

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 Andamento delle fibre delle viti tagliate 

Filettatura

La norma EN 14399 per viti inclasse 10.9 ammette unicamentefilettatura rullata. Nella bulloneria standardizzata diserie, la filettatura è solo unadelle fasi che via via si susse-guono durante il processo dideformazione e viene general-mente eseguita a monte del trat-tamento termico. Rispetto alla filettatura per aspor-tazione di truciolo, la “rullatura” presenta vantaggi maggiori, siadal punto di vista economico cheda quello meccanico-metallurgi-co. 

Con il termine “rullatura” delfiletto si intende il procedimentodi filettatura per deformazione, per mezzo di speciali utensili chesolo un tempo erano costituiti daveri e propri rulli filettati contro-rotanti, che penetravano nelgambo da filettare.

Negli anni poi, i rulli sono statisostituiti da pettini piani tra loroaffacciati, dotati di moto di lavororettilineo alternato. La superficie rigata dei pettinipiani può esser vista come lo“sviluppo” di quella dei rulli (sonocioè il “calco” sviluppato del fi-letto).

I pettini sono due, dei quali uno fisso e l’altro (in genere più corto)mobile, con facce rigate l’un l’altra contrapposte.Il pettine mobile trascina il gambo da filettare con moti uno di lavoro(filettatura+espulsione finale) e uno di ritorno (+ presa vite successiva).Il gambo da filettare deve avere diametro di partenza più grande (masolo leggermente) del diametro medio della filettatura finale.

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Geometria della filettatura metrica 

I pettini che penetrano gradual-mente nel gambo cilindrico crea-no la base (o fondo) del filetto, mentre la cresta prende formadal materiale ricalcato, costrettoad alzarsi e rigonfiarsi plastica-mente verso l’esterno, e, di con-seguenza, le fibre sono nel con-tempo indotte a seguire il con-torno della filettatura, senza pre-sentare soluzione di continuità.Si può perciò comprendere l’im-portanza fondamentale, ai finidelle tolleranze del filetto, assun-ta  dalla  precisione dimensionale 

e di forma del gambo da filettare.

La rullatura non avviene quindicon asportazione di truciolo, mautilizza la sola deformazioneplastica del materiale, cui èrichiesta buona deformabilità afreddo e quindi buona duttilità(A > 8%). 

L’operazione di filettatura duraappena il tempo di qualchesecondo, consentendo così unaproduzione molto elevata, anchedi centinaia di pezzi al minuto.

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Rullatura viti con rulli (superata) 

Rullatura viti con pettini piani (attuale)

Maschiatura dei dadi

(EN 14399: da eseguire dopo zincatura nei zincati a caldo, non ripassare dopo filetto) 

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Nota

Per bulloneria che dovrà essere successivamente zincata a caldo, bisogna tener conto del (relativamente) consistentespessore delrivestimento (attorno ai 50  m), che impone di ridurre il diametro

della vite (e/o di aumentare quello del dado). 

Per una esatta valutazione delle variazioni, si tenga conto che lospessore di zinco fa variare il diametro medio di ben quattro volte 

lo spessore stesso (in pratica a circa un paio di decimi).

Si adottano due metodi per ”fare i conti” con lo spessore dello strato.

Il primo è quello di usare dadi maschiati con dimensioni di filetta-tura maggiorate (campo tolleranza 6AX o 6AZ) e viti aventi unatolleranza pre-trattamento g o h. 

dadi marcati con la lettera Z dopo la classe

Il secondo è quello di costruire viti con filetto di diametro ridotto(campo tolleranza 6az) da accoppiare con dadi posizione G o H.

viti marcate con la lettera U dopo la classe

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Classi di tolleranza

Gli elementi di collegamentofilettati sono commercializzatinelle categorie di tolleranza  A, B e C, in ordine decrescente, diprecisione con normativa di rife-rimento la EN ISO 4759-1.Le tolleranze riguardano, oltre lafilettatura esterna (vite) e interna(dado), anche la più generalegeometria del bullone (es. lachiave o il gambo cilindrico).

La EN 14399-1 rimanda allenorme europee per le tolleran-ze di dimensione, di forma e diposizione e stabilisce diretta-mente quelle della filettatura. 

Difetti superficiali

Le tipologie di difetti superficiali sono trattate nella normaEN 26157-1  (per le applicazionigenerali, e tra queste rientra an-che la bulloneria in esame).Dei difetti superficiali fanno par-te le cricche (di tempra o di

stampaggio),  screpolature distampaggio,  rigature,  buttera-ture, ripiegature, segni di uten-sile o altri danneggiamenti cheriguardano la superficie.La stessa norma ne stabilisceanche i limiti di accettabilità. 

Trattamento termico

Dopo lo stampaggio i bulloni  AR (cl.8.8, 10.9,…. quelli normali sonoinduriti per incrudimento) vengono sottoposti a trattamento termico,eseguito ormai unicamente in impianti di tipo continuo a tappeto. In questi viene effettuato il riscaldo del pezzo da temprare mentre ilsuccessivo spegnimento si esegue in olio; segue poi il rinvenimento (o distensione), come schematizzato nel riquadro.I moderni impianti continui sono provvisti di regolazioni e controlli moltoaccurati e sofisticati, che permettono di “sfornare” un prodotto dicaratteristiche meccaniche e metallurgiche che rispettano i ristretti limitiimposti e dal mercato, e dalla norma.

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Schema del trattamento termico di bonifica dei bulloni

Forni a tappeto ad atmosfera controllata

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Ripresa (eventuale)

Il termine ripresa  si riferisce aquell’ insieme di lavorazioni pre-viste dal ciclo di lavorazione delbullone – ma eseguite solo avalle del trattamento termico – operché sono oggetto di specificherichieste dell’acquirente o perparticolari esigenze di progetta-zione. 

In genere si tratta della filettatura, ma si possono anche eseguiretorniture a disegno sul gambo(es. nei gambi calibrati) o in altreparti, od operazioni di rettifica efinitura per ottenere prestabilitetolleranze o rugosità superficiali.

Filettatura

I risultati di apposite ricerchehanno evidenziato che le viti confilettatura di ripresa, che sonoquindi state “rullate” dopo iltrattamento di bonifica, risentonodi uno stato di incrudimento su-perficiale (che coinvolge comun-que pochi decimi di spessore) piùaccentuato rispetto a quelle“standard”, sottoposte invece atrattamento dopo la filettatura. Con il trattamento termico finaleviene in buona parte annullato ilfavorevole orientamento dellefibre che si ricercava con ladeformazione plastica.Sul preesistente orientamentodelle fibre prevale ora l’effetto“distensivo” del trattamento ter-mico della struttura, anche se ilfiletto risulterà più fragile nei con-fronti degli intagli di superficie: latemperatura di trattamento haeffetti anche sul precarico dicompressione superficiale darullatura, che così viene perso.

Le viti  bonificate, e rullate soloalla fine - proprio a seguito diindurimento superficiale subitocon la rullatura - sono molto piùresistenti a fatica.In queste viti infatti, eventualidifettosità (cricche) di possibileinizio rottura, vengono “spinte”sottopelle, dalla rullatura, diven-tando molto meno pericolose: sipuò ritenere che l’incrudimento superficiale per rullatura “preval-ga” sul trattamento, sullo strato diun paio di decimi di mm.

La resistenza a fatica - intesacome limite di fatica - a secondadei casi può raddoppiare o ad-dirittura anche più che triplicare.L’aumento è più forte, anche sedi pochi punti %, su viti a passogrosso rispetto a quelle a passofine, a causa della deformazione più spinta cui sono state sotto-poste. 

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Sono perciò solo di natura eco-nomica i motivi per cui normal-mente la ripresa della filettatura viene limitata ai casi di applica-zioni piuttosto particolari.Molto maggiori sarebbero infatti icosti per modificare il lay-out e

quelli legati alla durata dei pettini, che scende drasticamente (anchedi un ordine di grandezza!) per ladeformabilità molto più limitatadel materiale da filettare, induritoin seguito al trattamento.

Prove meccaniche sui bulloni

La norma EN 898-1:2009 prevede, tra le altre, le due significative prove sulle viti di seguito descritte, aventi lo scopo di assicurare che la zona diraccordo testa-gambo non comporta penalizzazioni.

Prova di trazione con appoggio a cuneo

Nella vite sottoposta a prova, ladistanza minima tra il primo filettocompleto e la superficie di ap-poggio del dado deve esserealmeno uguale a un diametro. Il cuneo deve essere temprato ela testa viene sollecitata a tra-zione fino a portare la vite allarottura. La rottura deve verificarsi sulgambo – non è importante senella parte liscia o in quella filet-

tata – ma in ogni caso mai nellazona di raccordo con la testa (alla quale può però estendersinel caso di gambo tutto filetto). 

Il carico alla rottura non deverisultare inferiore a quello pre-visto dalla classe di resistenzadella vite, verificandolo di prefe-renza o in questa prova, o, inalternativa, in una prova supple-mentare senza cuneo (ved. fig.).

.

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Prova di trazione di una vite con appoggio a cuneo 

Prova di trazione di una vite

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Prova di tenacità della testa 

La prova di tenacità viene ingenere richiesta per le vite dilunghezza insufficiente perl’eseguire la prova precedente.Dopo aver battuto ripetutamentela testa con il martello, questa sideve adagiare sul piano, e quin-di piegare di (90-ß)°, senza ma-nifestare segni di rottura nella

zona raccordo testa-gambo (chenon si dovranno riscontrare né aocchio nudo, né con ingrandi-mento tra 8x e 10x).Anche in questo caso, se la viteè tutto filetto, è ammessa la frat-tura nel primo filetto, ma asso-lutamente non nella testa.

Si fa riferimento a schema e tabella seguenti.

.

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Trattamenti di protezione superficiale

I trattamenti superficiali dei bulloni che prevedono l’ applicazione dirivestimenti, sono in genere eseguiti con scopi:

di protezione del metallo base da ossidazione atmosferica o diprocesso 

  funzionali, per limitare la dispersione dei valori del coefficiente diattrito e regolarizzare la coppia di serraggio 

  estetici 

Gli eventuali rivestimenti superficiali devono essere eseguiti per normadal produttore o sotto suo controllo/responsabilità.

Si possono suddividere in:

  galvanici per immersione a caldo (zincatura a caldo, hot dip gavanizing)   elettrolitici

  fosfatici

  metallici depositati chimicamente   metallici depositati meccanicamente 

Zincatura a caldo

E’ il trattamento più diffuso e piùefficace per la protezione dei bulloni dalla corrosione causatada atmosfere aggressive sia in-dustriali che da ambiente marino.La norma EN 14399-1 prevede dieseguire questo, come anche glialtri rivestimenti, per i componentidel bullone sotto la responsabilitàdel fabbricante. Il rivestimento è formato da più strati di leghe Zn-Fe che si for-

mano nel bagno, (di durezza eresistenza superiori a quella delsolo zinco), via via più ricche diZn, fino a (quasi) il 100 % insuperficie, superficie che benefi-cerà di conseguenza della pro-tezione catodica “sacrificale” del-lo Zn. Lo zinco è  in grado infatti disubire molto più lentamente lacorrosione, proteggendo così ilmetallo sottostante.

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Preparazione

Nel caso di forti incrudimenti dalavorazioni a freddo, specie inparticolari applicazioni, prima deldecapaggio e della zincatura sidovrà prevedere un trattamento di distensione. Nel caso di materiali di elevatadurezza (in pratica oltre 320 HV ca.), trattati termicamente o in-cruditi, è consigliabile eseguire ildecapaggio o con acidi meno

aggressivi (“spenti” da un appo-sito inibitore), o con liquidialcalini, o infine meccanicamente(lavaggio + sabbiatura), questoallo scopo di limitare il più possi-bile l’assorbimento di idrogeno.Quando necessario, può even-tualmente seguire un trattamentodi deidrogenazione (in ogni casoper la cl.10.9). 

Zincatura

La temperatura del bagno ènormalmente sui 455÷475 °C, ibulloni vengono riposti in appositicontenitori (“cestelli”) e immersinelle vasche di zincatura. Appena estratti vengono centri-fugati per eliminare lo zinco ineccesso (non però nei dadi, sefossero già filettati!), quindi raf-freddati in aria o acqua a se-conda delle loro dimensioni.L’immersione a più alta tempe-ratura, sui 530÷550 °C - si deveevitare l’intervallo fragilizzante 480÷530 °C! - ha come risultatouna superficie più liscia e opaca,con un minor spessore di Zn. 

Le diverse T di zincatura richia-mate sono anche espressamentecitate nella norma ISO 10684.Si raccomanda lì di non eseguirezincatura ad alta temperatura per bulloneria cl.  10.9 da M27 in poi,per contrastare la formazione dimicrocricche. 

Lo spessore minimo dello stratoè fissato dalle varie normativenazionali e internazionali, e nor-malizzate sono pure le prove em-piriche di verifica dell’aderenza (martello, coltello,…) e i criteri diaccettabilità dei difetti superficialidi zincatura (gocce, macchie,zone scoperte,….).

Operazioni finali

La filettatura (“maschiatura”) deidadi deve essere eseguita diutensile  solo dopo la zincaturaper immersione e centrifugazione,(questa non sarebbe in grado dieliminare lo zinco dal filetto interno!). 

Dovranno poi essere adegua-tamente lubrificati per garantireil corretto rapporto coppia-preca-rico (vedremo che sono lubrificatiper il “controllo” dell’attrito). 

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Normalmente non sono neces-sari ulteriori trattamenti dopo lazincatura, salvo fosfatazione ocromatazione quando richieste,per evitare gli effetti di particolari stoccaggi (umidi) o come baseper una successiva verniciatura. Speciale cura deve essere postaallo stoccaggio, per non compro-

mettere lo stato di lubrificazione originario. . La lubrificazione stessa, il con-tatto tra filetti, la sigillatura delsistema e infine l’azione sacrifi-cale dello zinco sul filetto dellavite, evitano problemi di corro-sione del dado nonostante la ma-schiatura dopo zincatura. 

Grippaggio

A causa della sua minor durezzarispetto all’acciaio base, lo zincodi superficie tende - in particolareproprio negli accoppiamenti filet-tati - a originare fenomeni di“grippaggio” durante la fase diserraggio del bullone. Per questo si raccomanda (perusi generali) di evitare serraggi asecco, e di lubrificare gli accop-piamenti  filettati zincati conapposite paste lubrificanti perbulloneria a base di bisolfuro dimolibdeno reperibili sul mercato.Rispetto ai grassi le paste conten-

gono una minor % di oli, unamaggior componente solida ealtri additivi resistenti alla corro-sione.

E’ il caso di ricordare fin d’orache, con l’introduzione delle nuo-ve normative, il trattamento èeseguito a monte dal produttore, per cui i particolari devono essereutilizzati allo stato di consegna senza ulteriori lubrificazioni daparte dell’utilizzatore, proprio pernon alterare il legame tra coppiae precarico regolato dalla norma.. .

 

Trattamenti elettrolitici

Sono dei trattamenti chimici eseguiti (come quelli descritti piùavanti) previo accordo conl’acquirente per conferire alle viti:

  colorazione (estetica)  resistenza agli agenti atmos- 

ferici 

Sono in particolare adottati neisettori automotive, elettronico edegli elettrodomestici.Lo spessore dello strato trattatoin genere non supera i 5  m. Si tratta di rivestimenti a basesoprattutto di  zinco e sue leghe

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(ferro, nichel, cobalto), ma posso-no essere usati anche altri metalli(rame, nichel) o leghe (Ni-Cr, Cu-Ni-Cr). I tre tipi di zincatura previsti sonoi seguenti:  quella gialla (dettaanche tropicalizzata), la bianca equella nera. 

Si possono inoltre eseguire:nichelatura, brunitura, fosfataturanera, ottonatura, bronzatura. 

A parità di micron dello strato, lazincatura gialla ha una resistenza

superiore (circa doppia) rispettoalla bianca o alla nera.

La brunitura è il trattamento piùsemplice e diffuso, e normalmentesi considera sufficiente a preveni-re  la limitata corrosione delle ap-plicazioni standard.La patina ricoprente si forma suiparticolari che, sgrassati e mode-ratamente riscaldati, vengono im-mersi e agitati per un certo tem-po in un bagno di soluzioni parti-colari (es. 5 g/l di cloruro ferrico). 

Fosfatazione

Il trattamento di fosfatazioneconsiste nello spruzzare i prodottio nell’immergerli in un bagno diacido fosforico, formando cosìuno strato superficiale fosfatato 

(cioè composto da fosfati idrati dei metalli presenti nel bagno),poroso, con caratteristiche auto-lubrificanti e protettive  contro la corrosione. 

Fosfatazione allo Zn 

Interessa l’ambito bulloneria, do-ve è raccomandata soprattuttoper la sua funzione anticorrosiva. 

Lo spessore del rivestimento siaggira sui 5÷11 m. 

Fosfatazione al Mn 

E’ un trattamento autolubrificantee antiusura, applicabile quandosia sufficiente una resistenza allacorrosione anche più bassa.E previsto soprattutto per ingra-naggeria, camme, ecc., mentrenon è raccomandato per bullo-

neria  AR  per i problemi di fra-gilizzazione da idrogeno che puòcomportare.

Lo spessore del rivestimento èmaggiore di quello base zinco, 7÷15  m. .

 

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Rivestimenti chimici

Si tratta di rivestimenti chimicianticorrosivi, con lamelle di zincoo alluminio (→ anodo) in so-spensione base acqua o sol-vente, applicati per immersione ospruzzatura sui particolari (→ catodo), con l’aggiunta di polimeriorganici: in particolare il fluorurodi carbonio ha come effetto sia diridurre che di stabilizzare il coef-ficiente di attrito.Il fissaggio del rivestimento vienfatto in forno (→ polimerizzazione).

In commercio sono disponibilidegli ottimi rivestimenti anticorro-sivi termoindurenti. La preparazione meccanica dellasuperficie e il rivestimento stesso

non causano infragilimento daidrogeno, per cui questo trat-tamento può venir applicato allabulloneria di acciaio più sensibileall’ infragilimento da H, come èquella a elevato carico di rottura (oltre 1040 N/mm2).Lo spessore del rivestimento è di 5÷8  m e il colore è grigio ar-genteo.Si può comunque procedere conun ulteriore strato di finituraorganica, cromica o trasparente,per immersione e cottura, o conlubrificanti base olio o cere perridurre e controllare il coefficientedi attrito. 

Rivestimenti meccanici

Sono trattamenti anticorrosivi,sotto forma di polveri applicatecon azione meccanica; non pro-vocano assorbimento e fragiliz-zazione da idrogeno, quindianche questi sono adottati nellabulloneria a elevato carico dirottura (oltre 1040 N/mm2), impie-gata in ambienti solforosi.Di solito si tratta di zinco, ma puòanche trattarsi di Sn, Al o loromiscele.

Gli spessori (in genere sui 10

 m) sono diversi, in funzionedell’utilizzo.

Dopo il rivestimento i particolaripossono subire passivazione,assumendo così un aspetto  cro-mico caratteristico anziché quel-lo del metallo depositato.

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 Aspetti metallurgici critici

Decarburazione

E’ un aspetto tipico dellabulloneria, e consiste nell’impo-verimento di C,  che il metallotrattato termicamente subisce insuperficie, il che può comporta-re una diminuzione della resis-tenza del filetto, specie quandoè a passo fine. 

E’ in genere dovuta all’ atmo-sfera non adeguamente control-

lata del forno di tempra, ma ilfenomeno può anche innescarsiper la presenza di H.

Una leggera decarburazionesuperficiale rimane anche dopola laminazione a caldo, quandonon sia prevista la pelatura oaltre lavorazioni di asportazionedello strato superficiale decar-burato. 

Vengono distinte tre zone.

1- Decarburazione 

Consiste nella perditadi C in superficie, neimateriali ferrosi dacommercio.

2- Decarburazione parziale

Decarburazione sufficiente a causare una leggera decolorazionedella martensite temprata e una significativa riduzione della du-  rezza rispetto al metallo base circostante (senza però che ven-gano evidenziati i grani di ferrite all’esame metallografico).

3- Metallo base

E’ il metallo dove non si riscontrano variazioni nella % di C. 

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Per contrastare gli effetti delladecarburazione si può ricorrere auna ricarburazione, che consi-sterà nell’ arricchimento dellostrato superficiale rispetto almetallo base. La rilevazione del grado di decar-burazione può essere attuata con:

  esame metallografico, previamolatura e lucidatura delleprovette, cui far seguire at-tacco in soluzione di nital 3% per mettere in risalto l’al-terazione della microstruttura, dovuta appunto alla decarbu-razione (ingrandimento 100x)

metodo della microdurezza -è questo metodo a far testo -e consiste in pratica neldeterminare la microdurezzaVickers HV 0,3 nelle tre zonedella sezione trasversale del filetto

Per contrastare la decarburazio-ne, l’atmosfera nei forni di trat-tamento termico per bulloneriadeve essere controllata, in mododa raggiungere un corretto equi-librio tra il tenore di C dei pezzi eappunto quello dell’interno delforno.

 Deidrogenazione

La fragilizzazione da idrogeno simanifesta sul bullone finito,quindi già trattato termicamente, dopo il rivestimento galvanico.

E’ una delle cause più frequentidi scarto nel campo della bullo-neria e tiranteria.

Le fasi del processo di fab-bricazione dei bulloni - durante lequali può verificarsi assorbi-mento di idrogeno nel metallo -oltre la zincatura elettrolitica (nonperò quella a caldo!) - sono ildecapaggio acido iniziale dellavergella e alcune tra le fosfa-tazioni più acide.

Richiami di metallurgia

Durante la sua diffusione all’interno della matrice, l’idrogeno incontra dei “vuoti” e altri tipi di discontinuità o di inclusioni (e la sua mobilità è maggiore nelle zonecon deformazioni plastiche ed è favorita dal movimento delle dislocazioni), lì siconcentra e può combinarsi in forma molecolare H2, dando origine a piccole 

bolle di pressione con conseguenti rigonfiamenti specie nelle sezioni più sottili.

Maggiore è la quantità di gas contenuta e minori i vuoti presenti, piùquesta pressione aumenta, crescendo di pari passo il conseguente stato di

tensione nel metallo (che può anche portare a rottura). 

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Nella abituale prassi metallur-gica, il fenomeno della fragiliz-zazione da idrogeno viene con-trastato tramite la deidrogena-zione dei pezzi, la quale seguecriteri diversi, in base al tipo ditrattamento che ha causato l’as-sorbimento.Evitare il trattamento, o nonprevederlo affatto quale fase del

processo produttivo dei bulloni,può diventare quanto mai contro-producente.

Per gli acciai a elevato carico dirottura (>1000÷1100 N/mm2), iltrattamento di deidrogenazione èsempre richiesto (è pensato giàin fase di progettazione). 

Rivestimento galvanico 

Il rivestimento galvanico, e il de-capaggio di pulizia dagli ossidiche lo precede, sono causa diassorbimento di idrogeno ato-mico. Per questo, subito dopo il tratta-mento di zincatura elettrolitica della bulloneria, viene di regolaeseguito anche un trattamento dideidrogenazione: si tratta di unadistensione a 200÷240 °C, per2÷4 h in base al livello dellatemperatura.

Per i rivestimenti più spessi,possono essere necessarie an-che 8÷10 h. Si dà modo così all’idrogenoinglobato nel reticolo cristallino dievolvere verso l’esterno - come ègià sua tendenza fare essendo insovrapressione - e alla strutturadi scaricare le tensioni, chealtrimenti andrebbero a sovrap-porsi a quelle di esercizio (emagari anche a quelle di tempra). Segue un raffreddamento fino atemperatura ambiente.

Zincatura a caldo 

Per il decapaggio prima della zincatura di pezzi di elevatadurezza (oltre 320 HV) trattatitermicamente, vengono impiegatiacidi “spenti”.In alternativa il decapaggio si puòeseguire anche meccanicamente. Quando richiesta, la deidrogena-zione precederà l’ immersione.

Fragilità da idrogeno

Rottura testa di vite HV zincata 

….

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Fosfatazione

Fra i trattamenti di fosfatazione, quella allo Zn non implica assor-bimento di idrogeno per la limi-tata acidità dei bagni.Non così invece per quella al Mn. Il procedimento consiste nelportare i pezzi alla temperatura di110 °C, lasciandoli per ca. 8 h;segue il raffreddamento che liriporta a Tamb. 

Lo strato fosfatico non resiste ingenere a temperature oltre i110 °C.Solo nel caso di fosfatazione Zn-Ca è possibile raggiungere i150 °C. 

Effetti analoghi si possonoottenere con una permanenzaper più tempo (ca. 6 gg.) a tem-peratura ambiente. 

Invecchiamento da zincatura a caldo

Richiami alla metallurgia del fenomeno

Il fenomeno dell’invecchiamento si manifesta allorché,a seguito di un incrudimento per deformazione plastica a freddo,

si riscalda l’acciaio fino a ca. 350 °C.Comporta infragilimento, con spostamento a destra

della curva di transizione della tenacità. E’ noto dalla metallurgia che l’invecchiamento è dovuto alla diffusione

degli atomi soprattutto di N - meno quelli di C e O - verso le dislocazioni, che vengono così ancorate e bloccate, causando indurimento e infragilimento 

strutturale: occorre ricordare a tal proposito che al moto delle dislocazioniè legata la possibilità del materiale di deformarsi plasticamente!

Invecchiamento da zincatura

La zincatura a caldo della bullo-neria viene eseguita a tempera-tura  di ca. 460  °C, condizionequesta perché il processo stessodell’invecchiamento - che a tem-peratura ambiente si sviluppe-rebbe con una evoluzione benpiù lenta - venga accelerato neimateriali che sono sensibili a

questo fenomeno di degradazio-ne (acciai non calmati). 

La zincatura quindi non è tanto lacausa dell’invecchiamento, bensìun acceleratore, che ne favorisceil manifestarsi in un tempo di di-versi ordini di grandezza più bre-ve (pochi minuti invece che mesi!). 

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Rilassamento

Il rilassamento è il fenomeno percui, o subito dopo il montaggio osuccessivamente, durante l’eser-cizio, si verifica un certo allenta-mento del precarico di trazionenel bullone. 

Nella maggior parte dei casi sipresenta ”a breve termine”, cioèappena completato l’assiemaggiodel giunto, o comunque nei pri-missimi periodi di servizio, e qui

le cause sono “esterne”, e preva-lentemente meccaniche. 

Si registra però anche il mani-festarsi di un ulteriore rilassa-mento, che trae questa voltaorigine dalla struttura “interna” del materiale.Si manifesta “a lungo termine” inpieno esercizio, e farà perdere albullone un’altra parte dell’origina-rio carico di serraggio.

Rilassamento a breve termine 

Nella fase di serraggio di com-ponenti del giunto, in alcuni punti(o ristrette zone) si può giungerea snervamento, originando feno-meni di scorrimento o creep delmateriale, con la grave conse-guenza di ridurre la sollecitazioneinizialmente applicata(→ preca-rico). Il fenomeno, per la molteplicitàdelle concause che lo innescano,

fornisce valori piuttosto dispersi epuò essere analizzato sperimen-talmente.

In genere il bullone rilassa rapi-damente negli istanti subito dopoil serraggio iniziale, per poi pro-seguire più lentamente nel tem-po.Ed è proprio per tale motivo chela norma prevede il controllo delserraggio dopo 12÷72 h.

Rilassamento del precarico nei bulloni 

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La causa più ricorrente di questoprimo rilassamento è la rugosità delle superfici a contatto dei filettidi vite e madrevite, che si limi-tano a interagire tra loro solosulle “creste”, o comunque inzone di superficie limitate.Ne consegue una concentrazionedegli sforzi che induce deforma-zione plastica “locale” e ridistri-buzione, che comunque richiede

del tempo per svilupparsi estabilizzarsi.Al fenomeno sono maggiormentesoggetti i pezzi nuovi, non“rodati”, per cui nelle applicazionidi una certa criticità si possonocontenere gli effetti serrando eriaprendo per alcune volte i bullo-ni, fino a ottenere una certa rego-larità, con estensione delle su-perfici a contatto.

Altre concause possono trovarsi nella geometria costruttiva, come:

  diametri dei filetti troppo diversi tra loro, e conseguenti superfici dicontatto ridotte rispetto a quelle previste nel progetto

  accoppiamenti troppo corti  flessioni secondarie sul bullone, con sovraccarico lato compresso superfici di testa e dado non parallele, con pressioni irregolari  fori troppo piccoli (smussi, raccordi!) o troppo grandi (superfici, pressioni!)

Altre possono ritrovarsi in ambito operativo, come:

  carichi esterni eccessivi, in grado di amplificare il fenomeno variazioni ripetute di temperatura   durezza inferiore rispetto al progetto (es. per trattamenti mal riusciti) velocità di serraggio eccessiva, che influenza il coefficiente di attrito

e anche i fenomeni di scorrimento e rilassamento, i quali hannobisogno di tempo per verificarsi e stabilizzarsi.Per l’esecuzione dei test di serraggio la norma EN 14399-2 prevedeuna velocità compresa tra 1 e 10 giri/min.

Nota

La vite in fase di serraggio è sottoposta anche a torsione, oltre che a trazione.La torsione tendenzialmente “dovrebbe” azzerarsi assieme alla coppia, il che però non è così immediato, specialmente nei giunti molto rigidi.

Si parla così anche di un rilassamento torsionale,che va a sovrapporsi a quello dello sforzo di trazione. 

L’interazione dei vari rilassamenti può presentarsi come piuttosto complessa,e contribuisce a una dispersione degli effetti ancora maggiore.

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Rilassamento a lungo termine 

Si sviluppa in tempi più lunghi, e ibulloni ne sono soggetti (comedel resto le molle).Consiste nella caduta del caricosenza che questo sia accompa-gnato da una corrispondente de-formazione del materiale (comerichiederebbe invece il rispettodella legge di Hooke!). 

Se dopo un certo periodo diesercizio il bullone viene scarica-to, esso non riprende la confor-mazione iniziale, ma si compor-terà piuttosto come se una partedell’iniziale deformazione elastica si trasformasse in plastica. 

L’entità del rilassamento dipendeda carico, temperatura e tempo.Temperature superiori a 300 °C generano un sensibile rilassa-mento del precarico applicato, che può addirittura annullarsi.Alle temperature usuali per lenormali applicazioni, i tempi diavanzamento del fenomeno nonsono in genere tali da innescareapprezzabili manifestazioni dirilassamento a lungo termine, enon comportano problemi per lafunzionalità del giunto.

Dati del fenomeno

La resistenza meccanica che il materiale è in grado di “esibire” a temperaturaambiente, diminuisce al crescere sia di T che del tempo di permanenza.

Come ordine di grandezza, una permanenza a 200 °C può ridurre del 15% lo snervamento, e a 300 °C può salire anche al 25%,

in funzione del tempo, e gli effetti di questa diminuzioneandranno a influire sul carico di serraggio iniziale.

Ad esempio, una permanenza a 300 °C per 4 giorni, riduce il carico di serraggio del 25% in modo permanente, a causa della diminuzione dello snervamento.

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Cedimento del bullone

Qualora l’attrito tra gli elementidel giunto risulti insufficiente,causa l’ errato serraggio o ilprecarico inadeguato, o per allen-tamento in seguito a vibrazioni oinfine per fenomeni di corrosione, 

il giunto bullonato può subireuno slittamento.Di conseguenza  il bullone vienesollecitato a taglio e/o flessione secondari non previsti, e cometali potenzialmente pericolosi.

Le vibrazioni - sollecitazioni dipiccola ampiezza però ripetuteciclicamente nel tempo - possonoessere in grado di “liberare”l’energia elastica immagazzinatadurante il serraggio e “bloccata”

allo stato “potenziale” per effettodell’attrito.Le vibrazioni possono diventareparticolarmente insidiose per igiunti sollecitati a taglio. 

Piuttosto temuta è anche la pos-sibilità di cedimento per fatica,dovuto ai carichi variabili cheagiscono sul bullone. La causa può risiedere nel cattivoproporzionamento del giunto, ades. con flange di spessore trop-

po piccolo rispetto al diametro delbullone, con in più magari lapresenza di una cricca sul filetto o nel raccordo con la testa, o diun difetto metallurgico, con ac-crescimento e propagazione finoalla rottura. 

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I nuovi sistemi unificatidi bulloneria strutturale HR,HV,HRC e SB

EN 14399: Bulloneria strutturale a serraggio controllato

diametro minimo utilizzabile per bulloneria strutturale: M12sporgenza vite da faccia esterna dado: almeno un filetto

filetti liberi oltre la faccia interna dado: almeno quattro fi letti completisecondo EN 1090-2:2008

filetto a norma ISO 261; ISO 965-2; ISO 965-5 

stato superficie: “grezzo” (trattato termicamente+brunito+legg.oleato) o “zincato a caldo” 

Sistema HV

EN 14399-4

EN 14399-5 e 6

 diametri da M12 a M36 

  /

 vite cl. 10.9, dado cl.10

 testa larga 

 collare sottotesta 

 filetto parziale corto(lg. tratto filettato unica in baseal solo diametro)

 altezza dado ~ 0,8 d 

 2 rondelle bonificate(300÷370 HV), smussataalmeno quella sotto testa

 precarico al 70% delcarico di rottura della vite

Sistema HR

EN 14399-3

EN 14399-5 e 6

 diametri da M12 a M36 

 vite cl.8.8 con dado cl.8

 vite cl. 10.9, dado cl.10

 testa larga

 collare sottotesta   filetto parziale ISO 888

(3 lg. tratto in base a lg. vite≤ 125, ≤ 200, >200)

 altezza dado ~ 0,9 d 

 1 o 2 rondelle bonificate(300÷370 HV), l’eventualeseconda sotto testa vite,smussata

 precarico al 70% delcarico di rottura della vite

Sistema HRC

EN 14399-10

EN 14399-5 e 6

 diametri da M12 a M36 

 vite cl.8.8 con dado cl.8

 vite cl. 10.9, dado cl.10

 testa larga

 collare sottotesta 

 filetto parziale lungo(3 lg. tratto in base a lg. vite) 

 codolo a rottura calibrata 

 altezza dado ~ 0,9 d 

 rondella bonificata pianao smussata

 precarico al 70% delcarico di rottura della vite

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EN 15048: Bulloneria strutturale non a serraggio control lato

diametro minimo utilizzabile per bulloneria strutturale: M12sporgenza vite da faccia esterna dado: almeno un filetto

filetti liberi oltre la faccia interna dado: almeno un fi letto completosecondo EN 1090-2:2008

Sistema SB (structural bolting) EN 15048-1-2:2007

per applicazioni meno importanti e rischiosebulloni ugualmente certificati da unico produttore, marcatura CE 

diametri per applicazioni standard: da M12 a M36(la norma non esclude però altri diametri)

gambo a filetto totale o parziale 

norma dimensionale viti ISO 4014 …. 4018 (*)

norma dimensionale dadi ISO 4032 - 4033 (*) 

classe vite: 4.6, 4.8, 5.6, 5.8, 6.8, 8.8, 10.9norma materiale (acciai al C e legati) EN ISO 898-1

resilienza min. 27 J a -20 °C per bulloni AR

classe dado: 4, 5, 6, 8, 10, 12

rondella (in genere non richiesta, ma consigliata) classe durezza:100 HV o 200 HV; norma ISO 7091

marcatura vite e dado:classe resistenza + SB + produttore dell’ assieme

(*) Il passaggio da UNI 5337/5738 per le viti e UNI 5587/88 per i dadi a ISO comporta per talune misureuna modifica della chiave (es. per M12 scende da 19 a 18 mm, e per M22 sale da 32 a 34 mm).

Fornitura bulloni

a) unico imballo, con caratteristiche determinate su ciascun lotto di fabbricazione b) viti e dadi imballati separatamente, quindi intercambiabili, con caratteristiche

funzionali determinate sul lotto esteso Le rondelle sono in genere fornite in imballi a parte.La rintracciabilità minima è di 10 anni.Le prove di trazione sono eseguite sull’assieme vite-dado senza rondelle, con forzamassima almeno pari al 90% della resistenza di norma della vite (sez. resistente).

ORMA TITOLO 

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La geometria del bullone

La tabella seguente riporta i dati dimensionali che più interessano, li-mitatamente ad alcuni diametri dei tre sistemi HV, HR (= HRC) e SB.

M16 

HV HR SB

k 10k/d 0,63m 13 14,5 13 16

m/d 0,8 0,9 0,8 1s 27 24

dw  24,9 27 23c 0,5±, / 0,2÷0,8r  1,2 0,6b 28 38

l>125 44l>200 57

tutto filetto

b ≈ l 

M24 

HV HR SB

150,63

20 21,5 19 240,8 0,9 0,8 1

41 3638 41 34,6

0,5±, / 0,2÷0,81,5 0,8

39 546073tutto filetto

b ≈ l 

M30 

HV HR SB

~190,63

24 25,6 24 300,8 0,9 0,8 1

50 4646,6 50 44,60,5±, / 0,2÷0,8

2 144 66

7285

tutto filetto

b ≈ l 

M36 

HV HR SB

~230,63

29 31 29 360,8 0,9 0,8 1

60 5555,9 60 53,30,5±, / 0,2÷0,8

2 152 78

8497tutto filetto

b ≈ l 

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D.M. 14 gennaio 2008:Norme tecniche per le costruzioni (NTC)

Circolare 2 febbraio 2009:Istruzioni per l’applicazione delle NTC 

Per i requisiti il nuovo Testo unico o NTC rimanda integralmente allanormativa europea, e in particolare alle varie parti della EN 14399. Da notare (tabelle estratte sottostanti) che tra i bulloni strutturali  AR,anche il Testo Unico non prevede l’uso della classe 12.9.

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 Attraverso le novità introdottedalla normativa europea (e dal Testo Unico) 

Insieme vite-dado-rondelle

La EN 14399: “ Elementi di collegamento st rutturali ad altaresistenza adatti al precarico”

introduce la novità di maggior rilievo nell’ambito della bulloneria. 

I vari componenti vite, dado e rondella non devono più essereconsiderati separatamente, ma provenire dallo stesso lotto o dallostesso lotto esteso (*) di unico produttore, autorizzato da un Ente

esterno notificato ad apporre il marchio CE sulle confezioni(e facoltativamente anche sui componenti).

I due tipi di imballi ora in commercio

1) Imballo unico contenente

vite+dado+due rondelle nei sistemiHR, HV, HRC, o vite+dado nelsistema SB, dove ogni singolopezzo deriva da un unico lotto

k-classi previste: K1 o K2

2) Imballi separati di

viti,dadi e rondelle, tra loro intercambiabili all’interno della stessafornitura, provenienti dallo stesso lotto esteso (*) sul quale il fornitore ha determinato le caratteristiche di serraggio 

k-classi previste: solo K1

(*) ”manufacturing lot of that component that mainly influences the result of the suitability test combined with the other .

components from the same supplier chosen by a documented method”

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Possono essere forniti due tipi di rondelle 

1. piane semplici (EN 14399-5) 2. piane smussate (EN 14399-6) 

tra loro uguali come ingombri, le seconde però con smussi interno edesterno su una delle due facce. 

rondelle semplici rondelle smussate

Regole generali di assiemaggio dei componenti sec. EN 1090-2 

Il diametro nominale minimo dautilizzare per impieghi strutturalidelle viti è M12, se non diver-samente stabilito nelle specificherichieste.Nelle sezioni in parete sottile enei profili in lamiera deve esseredefinito il diametro minimo perciascuna tipologia di elemento difissaggio.La lunghezza della vite vienescelta in modo che a fine ser-raggio siano rispettate le pre-scrizioni relative alle sporgenzedella filettatura. 

In particolare deve sporgere (al-meno) un filetto completo ester-namente al dado.

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Page 54: Nuova Bulloneria Strutturale

 

Prima di procedere con il ser-raggio completo del giunto, si de-ve controllare a mano che l’av-vitamento del dado sia scorrevole. Questo sia nel caso che i com-ponenti da assiemare proven-gano da imballi separati, sia nelcaso di bulloni già preassemblatidal produttore (imballo unico).Se l’avvitamento a mano risultadifficoltoso, il bullone deve esse-re sostituito.Il dado - che in genere è rivestitoper immersione - deve essere av-vitato con marcatura leggibilerivolta verso l’esterno del giunto(la rugosità della stampigliaturasarebbe inoltre in grado di influiresui valori dell’ attrito).

Marcatura dei dadi 

Se non diversamente concordatocon il fornitore, dadi e testa nor-mali non devono essere assolu-tamente saldati.Si deve ricorrere altrimenti ai dadisaldabili previsti per es. dallanorma DIN 929.

Dadi saldabili DIN 929

Nei collegamenti a coprigiuntosemplice (→ con una sola sezio-ne resistente a taglio) a una solafila di bulloni, si deve sempreinserire una rondella sotto la te-sta e una sotto il dado.

Le rondelle semplici sono da uti-lizzare solo sotto i dadi, mai sottola testa, per la quale sono obbli-gatorie quelle smussate: atten-zione che lo smusso sia rivoltoverso la testa!Questo per evitare possibili effetticoncentrati originati dagli  spigolivivi (la durezza della rondellasupera 300 HV!).

Le regole sulle modalità di serraggio del bulloneprevedono che la coppia torcente sia applicata al dado

e solo quando ciò non sia possibile si può ruotare la testa della vite(ved. più avanti le limitazioni). 

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Quale che sia l’elemento serrato (dado o testa), per la classe 10.9 èsempre previsto usare rondelle sia sotto il dado che sotto la testa.

Composizione del bullone cl.10.9

La sequenza di chiusura deve iniziare dalla zona più rigida delcollegamento, eventualmente anche con cicli di serraggi successivi.

Esempio - La zona più rigida di una giunzione con coprigiunti di unprofilo a doppio T si trova in genere al centro del gruppo di bulloni. In una flangiatura di testa dello stesso tipo di trave, è invece inprossimità delle ali. 

In presenza di fori maggiorati oasolati, si devono usare appo-site piastrine, di materiale e di-mensioni adeguati, con spesso-re minimo 4 mm. 

Piastrine analoghe, o in alter-nativa fino a tre rondelle (in ognicaso non si devono superare i12 mm di pacco), si possonoimpiegare per arrivare al previ-sto spessore di serraggio.Si  deve avere l’avvertenza didisporle dalla parte opposta aquella del componente sul qualesi chiuderà a chiave (quindi ingenere sotto la testa). 

Quando occorra ripristinare l’orto-gonalità tra asse vite e superfici

serrate – si interviene se l’erroreriscontrato è superiore a 3° perdiametri fino a M20,  2° oltre -bisogna inserire piastrine incli-nate di materiale e dimensioniopportuni.La norma consiglia l’uso dirondelle anche in presenza di ri-vestimenti superficiali spessi, perevitarne o ridurne il danneggia-mento.Anche se l’ utilizzo di rondelle neicollegamenti non precaricati confori normali non è richiesto dallanorma EN 1090-2:2008.E’ però consigliabile (o eventual-mente richiesto) disporne alme-no una, sotto l’elemento ruotato.

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Page 56: Nuova Bulloneria Strutturale

 

Collegamenti non precaricati 

La norma stabilisce che in questicollegamenti si deve assicurareun ampio contatto nella zonacentrale tra le piastre, eventual-mente anche con l’inserimento dispessori di aggiustamento.In questo caso può essere accet-tato che i vertici siano staccati,anche fino a 4 mm.Pur non essendo precaricati, questi collegamenti si devono co-munque chiudere “a mano”, appli-cando lo sforzo che una personanormale è in grado di esercitaresu chiave senza una prolunga, o

anche utilizzando una chiave apercussione (interrompendo peròappena inizia il tipico “martellio”).E’ da prestare particolare atten-zione a non esagerare con ilserraggio dei bulloni delle classinormali (non AR), o di quelli corti o degli M12 (che sono i bullonistrutturali più piccoli previsti).A serraggio completato, deverestare libero non meno di un filetto completo oltre il dado, dallaparte del pacco serrato (e unfiletto oltre il dado come visto).

Collegamenti precaricati

La coppia di chiusura, diretta-mente o indirettamente dichiaratadal fornitore, è stata testata dallo stesso serrando il dado, e quindiper coerenza è da applicare an-cora al dado quando utilizzata almontaggio.Dovendo ( ad es. per i motivi dispazio) ruotare invece la testa, 

tale  coppia  non è  attendibile eper adeguarla bisognerà fare ri-ferimento ai criteri dell’ Appendi-ce H della norma o a test in-tegrativi eseguiti dal fabbricante.

La lunghezza di serraggio daconsiderare nel calcolo dell’ effet-to flangia del collegamento, vienecomposta come in figura.

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Il serraggio con precarico pernorma non richiede ulteriori dis-positivi antisvitamento. Se i bulloni già  precedente-mente chiusi a coppia, vengonoper qualche motivo allentati, de-vono essere sostituiti con altri,senza richiudere gli stessi.Questo non riguarda però lafase di premontaggio, dove nor-malmente o non si arriva a chiu-dere con il 100% del precarico onon si riapre affatto (sono peròin ogni caso da rimettere nellamedesima posizione).

Prima di precaricare le flangeserrando i bulloni del gruppo,bisogna verificare la compatibi-lità dei componenti e la corret-tezza dell’accoppiamento.Si può prima eseguire una chiu-sura a mano nei modi già vistiper i giunti non precaricati: alla

fine il distacco ai vertici nondovrà superare i 2 mm, metten-do in atto le necessarie azionicorrettive sui componenti.

Se per mancanza di spazio dimanovra non è possibile agirecon la coppia sul dado, si puòfarlo sulla testa: saranno però daprendere speciali precauzioni, inaccordo con il produttore, in baseal metodo di serraggio adottato(tra le quali l’inserire la rondellasmussata sotto la testa ruotata!).

Alla fine del serraggio devonosporgere, dalla parte del paccoserrato, non meno di quattro filetticompleti. 

Particolare attenzione è dariservare infine a non alterare lostato di lubrificazione originarioe a proteggere i bulloni daumidità e agenti inquinanti. .

Elementi di fissaggio speciali 

Gli elementi di fissaggio(→  fasteners) sono consideratispeciali se non contemplati innormative europee o interna-zionali note.Devono essere allora ben defini-ti e anche superare i dovuti test. Speciali elementi o particolarimetodi di fissaggio devono es-sere stabiliti in accordo con leraccomandazioni del fabbricante e con le corrispondenti sezionidella EN 1090-2 (§ 8.1 ÷8.8).

 Tra questi metodi di fissaggio rientrano ad esempio specialifori filettati, i perni filettati, gliincollaggi ecc.

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Il precarico secondo EN 1090-2 ed EC3

In accordo con EC3 il precaricodei bulloni a serraggio controllato viene portato per le classi 8.8 e 10.9 al 70% del carico di rottura

La norma UNI CNR 10011 lolimitava invece all’80% del valoreminimo tra snervamento  (o F0.2 per AR) e 70% del carico di rottu-

ra (quindi in pratica il 56% delmedesimo).Mettendo a confronto il “nuovo” eil “vecchio” criterio di calcolo, sivede come ora il precarico siaincrementato del 25%,  e questo èsenz’altro dovuto alla maggiorprecisione raggiunta nella defini-zione del legame tra la coppia eil conseguente precarico. 

In tabella, ripresa dalla EN 1090-2, i valori del precarico Fp,C (*). 

(*) Da applicare in tutti i casi in cui non sia richiesto un valore inferiore, e in tal caso la specifica deve precisare anche assieme, metodo e parametri di serraggio, requisiti di controllo. 

Idoneità degli assiemi: le prove di serraggio

La vecchia normativa prevedevaper la bulloneria strutturale glistessi criteri di accettabilità dellabulloneria normale, e le verifichedi idoneità si eseguivano separa-tamente e indipendentementeper viti, dadi e rondelle. L’assieme vite+dado+rondelle non veniva invece sottoposto a prove.Le attuali norme EN 14399-2, accanto all’ obbligo di fornire lottiomogenei fissano la prova attitu--dinale di (vite+dado+rondelle), as-

siemati, da eseguire con il dispo-sitivo e la macchina di figura, conprecisione molto stretta (1%). Lo scopo è di garantire conbuona attendibilità, che a frontedi una determinata coppia diserraggio, venga effettivamenteraggiunto il precarico di norma,senza oltrepassarlo o portare adeformazione plastica la vite.I test sono condotti a Tamb, convelocità di serraggio compresatra 1 e 10 giri/min. 

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Dispositivo e macchina per la prova di serraggio

Bloccata la testa della vite, sul banco di prova si applica una coppia diserraggio al dado, capace di farlo ruotare sulla rondella lubrificata.

 Analisi dei risultati

Diagramma carico assiale-rotazione dado

Per un dato spessore serrato “a”,la prova è superata se la vite nonne uscirà danneggiata, al rag-giungimento di determinati cari-

chi stabiliti dalla norma la vite, edi prefissati angoli di rotazione ildado, come esemplificato nel dia-gramma stesso.

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Page 60: Nuova Bulloneria Strutturale

 

 

Vengono poi determinati n coef-ficienti di torsione  k i  e  anche illoro valore medio km, costruendoper ogni test una curva coppia-forza di serraggio. I componenti vengono sempresostituiti all’inizio di ogni test,senza riutilizzarli (→ buona regola

da applicare sempre anche in prati-ca a causa soprattutto del deteriora-mento delle superfici di appoggio).Si calcola anche lo scarto qua-dratico medio sk  e il suo coef-ficiente di variazione o indice didispersione Vk, con le formuledel riquadro sottostante.

Diagrammi coppia di serraggio-carico assiale

La bulloneria  AR non evidenziaun ben definito limite di snerva-mento, che viene perciò sostituitodal limite di snervamento conven-zionale  Rp0,2 (limite di deforma-

zione permanente dello 0,2% deltratto di vite precaricato l b,eff , daverificare sulla curva carico-allun-gamento con i criteri di letturasotto schematizzati).

Diagrammi carico assiale-allungamento

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Calcolo della coppia di serraggio: i l fattore k

Si è già precisato che il preca-rico da generare nel bullone èl’effetto dell’applicazione di unaadeguata coppia di chiusura, daintrodurre quando possibile agen-do sul dado, altrimenti sulla testadella vite. La coppia di serraggio del lotto prodotto deve essere dichiarata

dal produttore, che stabilisce - inbase ai criteri della EN 14399-2 sopra riportati - un fattore  k, daconsiderare come un vero e pro-prio “fattore di  rendimento del-la coppia”, nel senso che il ki 

lega l’ “effetto” (→  precarico) alla“causa” (→  coppia) che lo hadeterminato.

Coppia di serraggio

Il coefficiente ki attraverso il diametro d lega la coppia di serraggio Mr,i

con il precarico Fp,C secondo la relazione 

Mr,i = ki · d · Fp,C 

k-classe 

La normativa ha introdotto tre cosiddette “k-classi “ di serraggio. A ognuna di esse corrispondono ben precise informazioni sul fattore k, con l’obbligo del produttore di dichiararlo.

Le k-classi sono definite in tabella, tratta dalla norma EN 14399-1. 

E’ previsto che sia l’acquirente a richiedere al fornitore una tra le classiK0, K1 o K2, ed egli, in mancanza di specifica richiesta, può fornire la K0 (significativa nel caso di applicazione diretta del precarico). 

Gli assiemi in classe K2 devono essere obbligatoriamente forniti soloin confezioni imballate e sigillate dal produttore (quindi non in imballi

separati) contenenti prodotti di lotti omogenei (→ EN 14399-1).

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Coefficienti di serraggio per le classi K1 e K2

K1

Viene controllato un campione di almeno 5 assemblaggi rappresenta-tivi del lotto, da cui ottenere altrettanti valori ki 

ki = Mr,i / (Fp,i d)  (i = 1,2,…5..)

E’ sufficiente controllare che tutti i valori siano compresi nell’intervallo

ki = 0,10÷0,16

senza verificarne la dispersione attorno al loro valor medio km.

Indicazioni obbligatorie per norma:  0,10 ≤ k ≤ 0,16 

Eventuali indicazioni integrative:  kmin , kmax rilevati nelle prove sul lotto

k consigliato dal fornitore (*) 

Mr,1 = k  Fp d (**) 

(*) può corrispondere al kmax   dei test sul lotto o della norma (0,16) o al km (0,13) della norma 

(**) il momento può anche fare riferimento ad altre specifiche direttive o norme(es. DIN 18800-7) purchè non in contrasto normativo

K2

È controllato un campione come sopra, da cui rilevare 5 o più valori

ki = Mr,i / (Fp,i d)  (i = 1,2,...5..)

Si calcola quindi km, che è la media degli n valori ki così ricavati

km = ki / n con limite km = 0,10÷0,23

e si limita il corrispondente valore dell’indice di dispersione

Vk = sk /km = {(ki – km)² /(n-1)}1/2/km < 0,10

Indicazioni obbligatorie per norma:  km , Vk . 

Eventuali indicazioni integrative: Mr,2 = km Fp d

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Page 63: Nuova Bulloneria Strutturale

 

 

In figura è riportato, per la classe K2, un esempio di etichetta posta suun imballo di bulloni.

assiemati (vite+dado+rondelle smussate)

immessi in commercio appartenenti allo stesso lotto

con dichiarati in maniera precisa e dettagliata i risultati delle prove 

il valore di km  il valore di Vk  per completezza, il corrispondente valore della coppia Mr 

sistema

 

zincato (a caldo)

bul lone M 24 cl.10.9(lg.120)

dado cl. 10

rondella smussataHV

coppia di serraggio759 Nm

lotton. 264902

km = 0,128 k-classe K2 Vk = 0,03

.

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 Taluni fornitori propongonol’imballo unico in classe K2, e,su richiesta dell’aquirente lorendono disponibile anche  inclasse K1.Nel fac-simile di etichetta sottoriportato sono stampati i datiche si possono rilevare in un im-ballo unico fornito in classe K1. Oltre ai valori massimo e mini-mo di norma (nonchè medio) delki, il produttore può dichiarareanche i risultati dei test dellospecifico lotto, il che può interes-

sare quando essi non vengonomantenuti costanti nei vari lottidi produzione (ci sono fornitoriche invece riescono a mantene-re costante il k per tutti i lotti). La coppia di preserraggio delmetodo combinato, che ilproduttore può riportare  sullaconfezione, nel fac-simile ripro-dotto è stata posizionata alcentro del campo previsto, conk = 0,13 e inoltre già ridotta al75%, come ammesso dalla EN1090-2:2008 al § 8.5.4.

1

numero di lotto

valori min e max delk risultanti dai testsul lotto(indicazionefacoltativa)

indicazione dellaclasse K1 dellabulloneria

(un accordo a livello diproduttori italiani - nonseguito più di tanto! –aveva cercato di orien-tare la fornitura di bul-loneria HV solo inclasse K1, e HR insola K2) 

valore della coppiada applicare con ilmetodo combinato (ilmetodo cioè previstodalla norma) nella fa-se di preserraggio edell’angolo di rota-zione del 2° step(indicazione facoltativa) 

limiti di norma per il k  Nota

In questo caso la coppia dipreserraggio dichiarata è il 75%della coppia ottenuta dal km  tra ilimiti di norma (→ 0,13). 

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Nel caso di imballi separati deicomponenti il bullone, le tre tar-ghette di viti, dadi e rondelle possono avere l’aspetto delleillustrazioni seguenti.

Su ogni targhetta sono sempreindicati i limiti di norma del k. 

Il momento di serraggio è in-dicato sulla targhetta del dado (che è rivestito in superficie). Il valore della coppia è stato“scelto” dal produttore e, in

questo caso corrisponde a unk = 0,135, quindi compreso tra ilimiti di norma.

Più precisamente e non in con-trasto con la norma, nel casoillustrato il valore di coppia di-chiarato viene fatto coincideredal produttore con quello pre-visto dalla DIN 18800-7 perbulloneria zincata a caldo e lu-brificata.

Vit i HV M24 cl. 10.9

Dadi M24 cl. 10 Rondelle smussate 300 HV

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Importante

Le modalità di serraggio riportate nell’imballopresuppongono la rotazione del dado del bullone.

Nel caso si chiuda la testa della vite, il fabbricante può stabilirediversi parametri oppure, in accordo alla EN 1090-2 (App. H),

si possono eseguire dei test per le condizioni locali.

Le due classi a confronto

E’ importante ricordare che l’utilizzatore non può in nessun casomodificare lo stato di lubr ificazione della forni tura, e deve provve-dere a una corretta conservazione del prodotto.

Dal confronto fra le due classiappare evidente l’approssima-zione permessa (e prevista) dal-la norma per valori di k in classeK1 e, all’opposto, i precisi valoridichiarati invece in classe K2.

La classe K1 ammette infatti perk un valore massimo di 0,16, unvalore minimo di 0,10, con unavariazione massima di 0,06, quasi il 50% del valore medio.A tale “eccesso” della norma, iproduttori più responsabili cer-cano di “porre rimedio” fornen-do all’utilizzatore indicazioni diserraggio più precise, così dalimitare la variabilità della coppia contenuta nella norma, nei ter-mini sopra esposti.In classe K1, a fronte di una nonesatta definizione della coppia si “impone”  di adottare il metodocombinato coppia+angolo (ved.capitolo seguente) il quale, sta-bilendo l’angolo di serraggio finale, non comporta l’applica-zione di una coppia di serraggioultima di ben definito valore.

Alla base della scelta dei vari produttori di “affinare” le infor-mazioni sul serraggio possonoesserci filosofie diverse.Alcuni di loro preferiscono for-nire il valore massimo (del k odel momento) riscontrato nelleprove, puntando e investendo inmodo particolare nella produ-zione così da ripetere in tutti ilotti il valore medio  0,13 dellanorma (o poco oltre), e assicu-rare un valore minimo maggioredel limite inferiore 0,10 dellanorma. Con tale criterio viene (e di mol-to), limitato il campo di variabi-lità del serraggio. Altri fornitori scelgono invece didichiarare i limiti max e min deitest, impegnandosi per conte-nerne il delta.Per la coppia propongono quelladi preserraggio oltre all’angolodi serraggio, basandosi sul km.Le targhette più sopra riportateevidenziano queste scelte.La classe K2 prevede per k(medio)  un  valore max di 0,23, 

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Page 67: Nuova Bulloneria Strutturale

 

 

un valore min di 0,10, e quindiun campo di variabilità di 0,13. 

La limitazione dell’indice di di-spersione a 0,10 comporta peròuna conoscenza molto più pre-cisa della coppia (dichiarata) percui, pur essendo ammesso chiu-dere anche con il metodo com-binato, è più semplice applicarequello  della coppia più avantiillustrato (tutta coppia, in due step). Dal punto di vista costi, è indub-bio e giustificato che siano mag-giori quelli della fornitura K2.Oltre che eseguire test più appro-fonditi, il produttore deve infatti

porre in atto delle sceltecostruttive più “spinte”, tali cioèda contenere la dispersione di k in una banda più ristretta.

E’ di conseguenza d’obbligorealizzare una lubrificazione par-ticolare, secca, ben aderente eresistente, quindi non generica-mente a base di oli, grassi opaste, ma piuttosto di particolaririvestimenti a base di polimeri(tipo teflon, con dado immerso). Studi e ricerche (→ costi) chesono a monte rientrano nel know-how della singola azienda.

Alcuni produttori sono in grado di spingere il processo produttivo a un livello talmente integrato

che i valori di coppia ottenuti sono costanti su tutta la produzionee non solamente nel singolo lotto.

Sono presenti sul mercato prodotti con valore pressoché costante di km non solo per lo stesso diametro, ma addirittura su tutta la bulloneria

strutturale prodotta, da M12 a M36. Viene così semplificato il problema, molto sentito al montaggio,di cambiare spesso coppia di serraggio all’interno della stessa

misura di bulloni appartenenti a lotti diversi.Si realizza così anche l’intercambiabilità, limitando errori e rischi.

Forniture con queste caratteristiche – “ a rigor di norma”- devono essere marcate solo in classe K1 e quindi anche chiuse

unicamente con il metodo combinato, quindi coppia+angolo.Ma con il buon senso dei tecnici, il formalismo di tale

prescrizione può essere certamente superata.

Va sottolineato infine che laproduzione di un bullone èattualmente un processo del tuttoautomatizzato, per il quale è ri-dotto al minimo l’intervento del-

l’ operatore, mentre l’  assiemag-gio di vite con dado e rondelle, così come richiesto in classe K2, è un’operazione manuale chegrava di ulteriori costi.

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Le prescrizioni della UNI CNR 10011 (superata) 

Le prime effettive istruzioni sulserraggio dei bulloni proposte pernorma furono introdotte nella ora-mai “vecchia”UNI CNR 10011.In maniera abbastanza genericae piuttosto superficiale, si calco-lava il valore della coppia di ser-raggio fissando per il fattore k ununico valore 0,2 

Mr  = 0,2 · Fp,C · d 

L’applicabilità era estesa indi-stintamente alle diverse situazio-ni, senza “sottilizzare” tanto trafiletto a secco e filetto lubrificato(in genere si restava in una con-dizione intermedia, prevedendo

una “leggera” lubrificazione).Poi però, con una certa in-coerenza, la stessa norma distin-gueva tra passo fine e passogrosso, precisando di riferirsi aquello grosso, mentre è facileconstatare come questa differen-za poteva essere ampiamenteriassorbita dai notevoli margini diincertezza e approssimazioneassegnati al valore di k.

I diversi trattamenti superficiali - eanche a questi la norma nonfaceva cenno - influiscono sulcoefficiente di attrito in misurapercentualmente rilevante. 

Cos’è il coefficiente k 

Il k più che un semplice coefficiente di attrito, è un fattore globale:dipende infatti dall’attrito, ma anche dalla vite come geometria 

(angolo , passo p filetto, ddi contatto dado…) e come elasticità.

In termini di energia, quella (M) introdotta con la rotazione (unitaria) della coppia vieneassorbita dall’attrito e dalla deformazione elastica secondo la ripartizione di tabella.

45-55%

lavoro di attrito per la rotazione del dado

sulla rondella 

35-45%

lavoro di attrito per il contatto tra i filetti

di vite e dado

ca.10%

energiaelastica 

allungam.vite/dado

 

Mr  = Fp ·  (

 

d d/2 

f  f /2 cos

 

p/2) 

Mr  = Fp ·  k d

Le componenti delle azioni che agiscono tangenzialmente generano effetti secondari ditorsione nella vite. 

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Metodi di applicazione della coppia di serraggio

In base a quanto prescrive lanorma, la scelta della k-classe èlegata al sistema di serraggioadottato, nel senso che classe emetodo di serraggio sono tra loro

correlati.La EN 1090-2 (da cui è tratta latabella sottostante) fornisce lacorrispondenza tra k-classe e idiversi metodi di serraggio.

È invece facoltà di ogni singolo produttore scegliere l’abbinamento tra k-classe 

e sistemi HR e HV. 

Metodo della coppia (→ a norma per la sola classe K2, ved. nota) 

La norma stabilisce di eseguire la chiusura con l’ausilio di un’ appositachiave dinamometrica manuale o elettrica, anche se nella fase 1 delserraggio è permesso servirsi di un avvitatore a percussione.La chiusura a coppia è condotta con i due step successivi seguenti

preserraggio)  75% della coppia su tutti i bulloni serraggio finale)  110% della coppia (→1,1 Mr,2)

L’accuratezza delle chiavi di serraggio deve essere ± 4% (secondo EN ISO 6789), ed è da controllare con cadenza almeno settimanale. 

Nota

La messa in opera di bulloni precaricati con il metodo della coppia “esige” che amonte ci sia una buona conoscenza del fattore k e della sua dispersione. E’ per talemotivo che nella tabella sarebbero previsti solo in classe K2, ma tale limitazione è,come già precisato, superato “in qualità” da taluni prodotti sul mercato.

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Metodo combinato (→ possibile per ambedue le classi K1 e K2) 

Il primo step ripete quello relativoal metodo della coppia. Per semplicità, con la classe K1 è possibile assumere

Mr,1 = 0,13·d·Fp,C

come riportato nell’etichetta rap-presentata qualche pag. indietro.Eseguito il preserraggio, prima diprocedere con  l’altro step, si se-gna con un pennarello la po-sizione del dado rispetto alla vite. 

Il secondo step  è la rotazionecontrollata del dado (nel caso ciònon sia possibile si ruota la testa della vite nei termini visti). Partendo dalla posizione segna-ta, si ruota di un preciso angolo che è funzione dello spessore(→ rigidezza relativa!)  del pacco(ved. tab. sotto, ripresa dallanorma, con angoli a gradini, noninterpolati→ approssimazione!). 

L’accuratezza delle chiavi nella prima fase di serraggio può scendere a± 10% con il metodo combinato, altrimenti rimane a ± 4%.

Metodo HRC

Il metodo di serraggio dei bulloniHRC prevede l’impiego di unospeciale avvitatore a coppie con-trapposte, e la rottura del codolo

nella sezione calibrata di fondogola a resistenza predefinita.

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a) La bussola interna viene inserita a fondo sulcodolo.

b) Si fa scorrere manualmente la bussola esternafino a completa copertura del dado.

c) Si applica la coppia torcente sul dado, facendoruotare la bussola esterna.

d) Quando la coppia di serraggio ha raggiunto la re-sistenza della sezione calibrata di fondo gola, ilcodolo si spezza, restando dentro la bussola.

e) Dopo aver ritratto la bussola esterna, un appo-sito eiettore espelle il codolo dal mandrino, poi a) recuperato e smaltito.

b) c) d) e) 

Test condotti con le condizioni locali dell’utilizzatore

La norma EN 1090-2  (Appen.H) offre anche un’alternativa alle modalità“standard” di applicare la coppia, basata sui risultati di test di serraggio effettuati “in sito”, quindi in cantiere o comunque sul luogo di costruzione.In particolare essa precisa le modalità del test, come ad esempio l’uso dellastessa chiave che sarà poi utilizzata al montaggio, oltre a ben definiti criteridi accettabilità dei risultati ottenuti.I test possono anche essere di laboratorio, a patto che vengano ricreate lecondizioni locali e di adottare lo stesso metodo di serraggio.Anche il report che documenta i test deve sottostare a precise richieste.

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Serraggio delle viti non precaricate (sistema SB)

Le viti non precaricate  devonoessere di norma serrate manua-lmente con una chiave normale (senza prolunghe) o una chiave apercussione (fermandosi all’iniziodel tipico battito di “martella-mento”).

Si deve chiudere ogni bullone delgruppo, partendo dalla zona piùrigida, ripassando più volte fino aottenere uniformità di serraggio. Bisogna fare attenzione a noneccedere con la chiusura dellepiccole viti (nel senso di diame-tro, fino a M12, e lunghezza). 

Controllo del serraggio

Di seguito solo alcune conside-razioni, rimandando al §  12.5.2 

della EN 1090-2 che fissa la  % di gruppi o sottogruppi omogeneidi bulloni da ispezionare in base

alla classe strutturale  EXC  ed icriteri di rimozione/sostituzione. 

Metodo della coppia (controllo del 2°step: 5% per EXC2; 10% per EXC3 e 4) 

Il controllo è da eseguire fra le 12 e le 72 h dalla chiusura, con chiave tarata, precisa al ± 4%. Lo scopo è verificare che il dado inizia ruotare non prima 1,1  Mr,2 e  chel’angolo non superi i 15°. 

In caso contrario, l’intero gruppo èconsiderato sotto-serrato e si riapplicail 100% della coppia di montaggio ri-chiesta, controllandone anche la chiave.Non è previsto invece il controllo di uneventuale sovra-serraggio. 

Metodo combinato (EXC2: 5% del 2°step; EXC3 e 4: 5% del 1°step + 10% del 2°) 

a) Controllo dopo il 1° step: se il dado ruota oltre 15° con coppia 0,75  Mr,2, ilserraggio del gruppo viene rifatto.

b) Controllo prima del 2° step: ripristinodi eventuali contrassegni mancanti.

c) Controllo dopo il 2° step: se al con-trollo visivo delle marcature l’angolo èpiù di 15° inferiore al valore di norma, il

gruppo è ritenuto sotto-serrato e vienerichiuso correttamente; con oltre 30° sopra il valore di norma l’intero gruppo è invece sovra-serrato e si deve sosti-tuire; per valori dell’ angolo intermedi(cioè tra -15° e +30°), si deduce che ilcontrollo è da ritenersi compreso neilimiti di accettabilità.  .  . 

Bulloni sistema HRC

Per questi  assiemi il controllo puòessere unicamente visivo, per veri-ficare il corretto distacco del codolo suogni bullone del giunto. 

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 Approfondiment i su l ser raggio dei bulloni

Procedimento con controllo di coppia

Si tratta di un metodo semplice edeconomico e per questo moltoutilizzato nella pratica.

Riprendendo quanto già precisato, lacoppia da applicare - ottenuta con unmodello semplificato di giunto - èespressa in funzione di molteplici enon del tutto controllabili variabili checomportano imprecisione e incertez-ze del serraggio e, più significativa-mente, del precarico effettivamenteraggiunto.

L’attrito sul filetto e quello sull’ap-poggio del dado rappresentano lamaggior fonte di errore nei calcoli.

I motivi possono essere i seguenti:

da soli contribuiscono a formare il90 % della coppia

sono a loro volta influenzati datanti altri elementi quali rugosità,tolleranze di accoppiamento, trat-tamenti termici e superficiali, in-grassaggio, oltre che dalla velocitàdel serraggio e dai rilassamenti

il contatto di appoggio del dadonon è a pressione

uniforme 

le grandezze geometriche valgonocon una certa tolleranza

In ambito normativo il problema si è affrontato, come visto,“spostando” sul produttore il compito di definire il fattore globale k, 

prima fatto calcolare “a tavolino” all’utilizzatore o dedottoda magari scarsamente attendibili prove di officina.

Nel sistema K2 i test del produttore devono per norma assicurarenel lotto di bulloni un attrito sufficientemente contenuto e costante, 

cui consegue una buona definizione della coppia di serraggio, da cui l’applicabilità per norma.

La norma prevede poi, correttamente, di abbinareil serraggio a controllo di coppia

al sistema K2 di definizione del k.

E’ interessante notare che la coppia finale applicata

1,1 Mr,2 = 1,1 k · d (0,7 f ub·  As)

sollecita la vite molto a ridosso del limite di snervamento convenzionale.

Ad es. per una vite cl. 8.8 si calcola

1,1·0,7·(f yb /0,8) = 0,96 f yb 

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Procedimento di serraggio con coppia + angolo

Questo metodo prevede che a unpreserraggio iniziale a controllo dicoppia segua la chiusura  finale arotazione controllata.

Il controllo dell’angolo di rotazione èuna semplice operazione “manuale” esi può senz’altro impiegare come me-todo di serraggio poichè la rotazionedel dado è proprio diretta conseguen-

za dell’applicazione della coppia. 

Lo “spostamento” del dado lungo l’as-se della vite (un passo o frazione aogni giro o frazione) non va tutto inallungamento della vite stessa ma inparte comprimerà anche piastre e da-do,con ripartizione legata alla rigidez-za relativa vite-flangia (da conoscereper poter applicare questo metodo).

Nella fase iniziale (→ preserraggio) della chiusura dei bulloni (fase 0-1della curva Fp,C -

 

) il legame preca-rico-rotazione è chiaramente nonlineare, essendo prevalenti i feno-meni di assestamento dei vari com-ponenti del giunto, piastre in primis.L’applicazione della coppia di pre-serraggio pari al 75% di Mr ,garantisce la chiusura “a pacco” dellepiastre, con precarico  Fp,C,i postooltre il punto 1, quindi interno alcampo elastico lineare 1-2

La successiva rotazione dell’angolofissato dalla norma (in rapporto allospessore delle piastre), porterà  aridosso se non oltre - del limite di snervamento 2, verso la zona plas-tica, dove la curva ha pendenza min.Le rotazioni eseguite oltre il punto 2causano piccoli incrementi Fp del

precarico, per cui un eventuale erroredi chiusura non indurrebbe sovrac-carichi eccessivi del bullone, sì sner-vato e incrudito, ma una sola  voltaquindi senza danneggiamento.

Lo stesso comportamento si noterà anche applicando i successivi carichi diesercizio per cui, a questo punto, per preservare il materiale incrudito risultafondamentale accertare le caratteristiche/condizioni seguenti  duttilità/tenacità del materiale, quindi curva piatta e allungata, come esito dei

test richiesti dalla norma al produttore

  giunto ben proporzionato, caratterizzato da limitata rigidezza relativa della vite

  carichi di esercizio definiti con buona attendibilità

E’ infine importante osservare che eccedere con la coppia di serraggio (→ metodo della coppia) oltre il punto 2, è

molto più pericoloso di un errore percentualm. uguale dell’angolo di rotazione il rilassamento, anche nei confronti della torsione, riporta in ogni caso il

precarico a valori inferiori

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Considerazioni finali

In conclusione di quanto si è finqui esposto, sembra più chegiustificato ritenere che le nuoveregole europee sulla bulloneriastrutturale - già recepite in pienoanche in Italia - nella sostanza

“rivoluzionano” questo settoredelle costruzioni, modificando deltutto sia le modalità di immissio-ne sul mercato, sia quelle di ser-raggio della bulloneria strutturale.. .

 

Un confronto con precedenti specifiche di serraggio

Analizzando una serie di specifiche di serraggio aziendali, è possibilerisalire – come esempio, senza generalizzare - ai seguenti valori deicoefficienti k utilizzati per calcolare la coppia di serraggio:

per montaggio a secco o con leggera lubrificazione 

k ~ 0,20

per viti lubrificate o ingrassate k ~ 0,15

Per vite M24 cl.10.9 può essere fissata una coppia media di 850 Nm. 

Secondo le nuove norme il valore di k deve invece essere compreso trai limiti estremi

k = 0,10 ÷ 0,23

Si può in tal modo rilevare che inentrambi i casi, quelli di vitilubrificate e di viti a secco, il k previsto dalle specifiche prese inesame è relativamente più eleva-to del valore minimo attualmenteritenuto dalla norma già in gradodi generare il precarico (che asua volta è anche più elevato). 

Per le viti M24 cl. 10.9 forniteoggi con le nuove regole (e chesono tra l’altro lubrificate menopesantemente rispetto a quelle“ingrassate” delle specifiche) lacoppia di serraggio risulta ad es.759 Nm, (ved. imballo seguente)corrispondenti a ca. 90% di 850Nm. 

Facendo infatti riferimento alla coppia di 759 Nm dichiarata per HV M24cl. 10.9, ad essa corrisponde un valore di k 

k = M / (Fs ∙ d) = 759/(247∙24) = 0,128

che, correttamente, risulta quello stampato sull’etichetta.

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Ricordiamo che si tratta, nel caso specifico, di bulloni aventi il solo dadotrattato già dal fornitore con un particolare rivestimento lubrificante (e lacui composizione costituisce in genere know-how aziendale “gelosa-mente” custodito dal produttore).

Dal confronto dei vari dati si può dedurre quanto segue.

  Il valore della coppia di serraggio corrispondente ora pre-visto dalla norma, è abbastanza più piccolo  di quello delle“ vecchie” specifiche prese ad esempio.

  E’ realistico ritenere che quei più alti valori del serraggio,possano anche aver talora portato a snervamento i bulloni, in particolare  quelli aventi una resistenza effettiva non moltosuperiore alla minima di norma (il che si può più facilmenteverificare per le classi più alte, come la 10.9). 

  Si può quindi verosimilmente ritenere che i problemi di rottura dei bulloni talvolta - non spesso, fortunatamente! -riscontrati nelle costruzioni di carpenteria metallica possanoessere scaturiti da un eccessivo serraggio, nei cui confrontisi è ora molto meglio tutelati dalla norma.

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L’attuale fase di passaggio dal vecchio al nuovo sistema

Con l’entrata in vigore del Testo unico, che si è visto rimandare allanormativa europea della bulloneria, è diventato obbligatorio

produrre /fornire (→ fornitore)e montare (→ utilizzatore) 

solo bulloneria strutturale a norma.

Sia la “vecchia” che la “nuova”bulloneria strutturale AR sono marcate e designate 8.8 o 10.9. 

La norma sui materiali è però stata aggiornata,Si continua perciò a designare con la stessa sigla (classe)

materiali con caratteristiche meccaniche e metallurgiche migliorate,in particolare in termini di resilienza (tenacità!)

e di omogeneità della sezione trasversale (penetrazione di tempra!). 

Accanto quindi a problemi diresponsabilità, anche eventual-mente di tipo penale, che pos-sono insorgere utilizzando bullo-neria non a norma, altri ne pos-sono scaturire dalla molto proba-bile scopertura assicurativa chene seguirebbe.

Come qualche primario fornitoresta comunicando ai propri clientiin questa fase solo apparen-temente transitoria (ricordiamo: lenuove norme sono entrate invigore pienamente e a tutti glieffetti!), è qualcosa di più cheuna semplice “concorrenzasleale” (come in alcuni casi giàstabilito dal Tribunale) quella diquei piccoli fornitori che con-tinuano “imperterriti” a consegna-

re ancor oggi bulloneria supera-ta (in genere fondi invenduti dimagazzino), comunque marcata8.8 o 10.9, a ignari acquirenti che, in buona fede e rassicuratidal marchio della classe presen-te sul prodotto, possono nonrendersi conto di aver acquistatoe montato formalmente (ma conbuona probabilità anche sostan-zialmente) un prodotto non anorma, con tutte le conseguenzeche da questo derivano.

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