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NOTIZIARIO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA a cura della Segreteria Generale NUMERO 8 22 NOVEMBRE 1992 Evangelizzare il sociale. Orientamenti e direttive pastorali Documento dell'Episcopato italiano Il documento Evangelizzare il sociale. Orientamenti e direttive pastorali viene proposto dai Vescovi all'attenzione delle Chiese che sono in Italia come un punto di riferimento autorevole per l'azione di pastorale sociale, in modo particolare per la missione evangeliz- zatrice della Chiesa nel mondo del lavoro, dell'economia e della po- li tica. Il documento, preparato con un lungo ed articolato lavoro di riflessione, di consultazione e di elaborazione da parte della Com- missione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, è stato pre- sentato al Consiglio Episcopale Permanente nella sessione del 9-12 marzo 1992 e, successivamente, in quella del 21-24 settembre 1992. In questa circostanza venne ritenuto idoneo, previ alcuni ritocchi e integrazioni, per essere sottoposto all'Assemblea Generale dei Vescovi che, con unanime approvazione il 29 ottobre 1992 a Collevalenza, ne decretò la pubblicazione. Il documento Evangelizzare il sociale. Orientamenti e direttive pastorali contribuisce ad arricchire l'impegno missionario dei cat- tolici italiani per una feconda testimonianza cristiana di solidarietà sociale, nella lungimirante prospettiva del 'Vangelo della carità ' che i Vescovi hanno indicato essere l'esigenza, spirituale e pastorale, pih urgente per gli anni '90.

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NOTIZIARIO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

a cura della Segreteria Generale

NUMERO 8 22 NOVEMBRE 1992

Evangelizzare il sociale. Orientamenti e direttive pastorali Documento dell'Episcopato italiano

Il documento Evangelizzare il sociale. Orientamenti e direttive pastorali viene proposto dai Vescovi all'attenzione delle Chiese che sono i n Italia come u n punto di riferimento autorevole per l'azione di pastorale sociale, i n modo particolare per la missione evangeliz- zatrice della Chiesa nel mondo del lavoro, dell'economia e della po- li tica.

Il documento, preparato con un lungo ed articolato lavoro di riflessione, di consultazione e di elaborazione da parte della Com- missione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, è stato pre- sentato al Consiglio Episcopale Permanente nella sessione del 9-12 marzo 1992 e, successivamente, i n quella del 21-24 settembre 1992. In questa circostanza venne ritenuto idoneo, previ alcuni ritocchi e integrazioni, per essere sottoposto all'Assemblea Generale dei Vescovi che, con unanime approvazione il 29 ottobre 1992 a Collevalenza, ne decretò la pubblicazione.

Il documento Evangelizzare il sociale. Orientamenti e direttive pastorali contribuisce ad arricchire l'impegno missionario dei cat- tolici italiani per una feconda testimonianza cristiana di solidarietà sociale, nella lungimirante prospettiva del 'Vangelo della carità ' che i Vescovi hanno indicato essere l'esigenza, spirituale e pastorale, pih urgente per gli anni '90.

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PRESENTAZIONE

I Vescovi italiani, in occasione della loro XXXVI Assemblea Ge- nerale, hanno approvato e deciso di pubblicare il documento 'Evan- gelizzare il sociale' precedentemente elaborato dalla Commissione epi- scopale per i problemi sociali e il lavoro. Suo intento è dare impulso e slancio alla pastorale sociale della Chiesa che è in Italia ridefinen- do e aggiornando con opportuni orientamenti e direttive il suo im- pianto generale, alla luce delle 'res novae' conseguenti ai profondi cam- biamenti che hanno interessato e interessano la società italiana sui fronti specifici del mondo del lavoro, dell'economia e della politica.

I1 documento indica una prospettiva e una linea unitarie alla pastorale sociale delle comunità ecclesiali, ancorate al patrimonio del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa. È questa infatti un'esigenza e un'urgenza pastorale cui rispondere con chiarezza di motivazioni, determinazione e coraggio, proseguendo un cammino pastorale che ha ormai superato i dubbi e le obiezioni teoriche e pratiche riguardanti il valore e il significato della dottrina sociale della Chiesa e la sua conseguente applicazione nel campo della pa- storale.

"Per la Chiesa - scrive Giovanni Paolo I1 nell'enciclica Cente- simus annus - insegnare e diffondere la dottrina sociale appartie- ne alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del mes- saggio cristiano ... La nuova evangelizzazione, di cui il mondo mo- derno ha urgente necessità, deve annoverare tra le sue componenti essenziali l'annuncio della dottrina sociale della Chiesa') (n. 5).

In questa prospettiva teologica e pastorale disegnata dal Santo Padre sta la chiave per comprendere il presente documento dei Ve- scovi italiani e, nello stesso tempo, il loro impegno a orientare e a stimolare la pastorale sociale nelle comunità ecclesiali.

Evangelizzare il lavoro, l'economia e la politica non è soltanto un diritto incontestabile per la Chiesa, è anche ed anzitutto un do- vere che nasce dal suo essere mandata da Gesù Cristo, Redentore dell'uomo, a salvare tutto l'uomo e tutti gli uomini. Riferendosi al- la 'questione operaia' Leone XIII affermava che di essa "non è pos- sibile trovare una soluzione che valga, senza ricorrere alla religio- ne e alla Chiesa". Identico pensiero ritroviamo ora in Giovanni Paolo 11: "Come allora, bisogna ripetere che non c'è vera soluzione della 'questione sociale' fuori dal Vangelo e che, d'altra parte, le 'cose nuo- ve' possono trovare in esso il loro spazio di verità e la dovuta im- postazione morale" (Centesimus annus, n. 5).

Lo 'statuto di cittadinanza' della Chiesa sul fronte della que- stione sociale ha le sue radici nel Vangelo. È questo un dato che

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si inserisce in modo sempre più chiaro e forte nella coscienza del Magistero e della comunità cristiana. A ciò possono contribuire gli orientamenti e le direttive pastorali del presente documento, nel qua- le i Vescovi italiani ripropongono ed esplicitano una delle tre "vie privilegiate" attraverso le quali il Vangelo della carità può farsi sto- ria nel nostro popolo, ossia la presenza responsabile dei cristiani nel sociale e nel politico (cfr Evangelizzazione e testimonianza del- la carità, nn. 40-41, 50-52).

I1 documento si rivolge alle Chiese particolari, agli operatori più diretti della pastorale sociale e in modo speciale ai laici, affin- ché tutti si agisca nella convinzione che 'evangelizzare il sociale' è possibile, anzi è una responsabilità cristiana irrinunciabile. Su que- sto versante pastorale, del resto, il nostro Paese è un grande terre- no aperto.

Le molteplici celebrazioni organizzate per il centenario dell'en- ciclica Rerum novarum, nell'anno dedicato dal Santo Padre alla dot- trina sociale della Chiesa, sono state uno stimolo forte per una nuova evangelizzazione del mondo del lavoro, dell'economia e della politica.

I1 cammino continua: il documento della Chiesa italiana lo vuole rendere più celere e convinto.

22 novembre 1992 Solennità di nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo.

CAMILLO CARD. RUINI Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

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INTRODUZIONE

1. - Le questioni del lavoro, dell'economia e della politica si im- pongono nel nostro Paese sempre più come vere e proprie sfide per il futuro della convivenza, del sistema democratico e della prospet- tiva europea in cui l'Italia si colloca. Sono sfide che non possono non interpellare la Chiesa in Italia e il suo impegno di pastorale sociale.

Questo impegno si va sviluppando da tempo e con generosità nelle nostre Chiese particolari; coinvolge moltissimi laici, sacerdo- ti e religiosi, la cui testimonianza assume forza sempre maggiore e valore di riferimento per l'opera di rinnovamento morale e spiri- tuale delle persone e della società, come contributo proprio dell'a- zione pastorale della Chiesa alla vita del Paese.

2. - L'anno centenario dell'enciclica Revurn novavum, dedicato dal Santo Padre Giovanni Paolo I1 alla dottrina sociale della Chie- sa, è stato un'occasione privilegiata per far emergere in modo più vivo la consapevolezza della missione pastorale della Chiesa verso il mondo sociale e per cogliere in profondità le ragioni e le urgen- ze di quella "nuova evangelizzazione" che il Papa ripetutamente sol- lecita e che trova nell'ambito del lavoro, dell'economia e della poli- tica un suo luogo importante.

In questo anno centenario il Papa offre alla Chiesa e alla so- cietà il prezioso dono dell'enciclica Centesirntns annus. I1 nuovo do- cumento ispira e rilancia una più convinta sollecitudine pastorale della Chiesa, richiamando sinteticamente e con precisione le finali- tà, i contenuti e i metodi adeguati per una nuova evangelizzazione del sociale.

I1 grande movimento, l'interesse, le idee che hanno segnato l'e- sperienza di molte diocesi e parrocchie, associazioni e movimenti nellJAnno della dottrina sociale della Chiesa, non devono disperdersi.

In questa prospettiva i Vescovi italiani ritengono opportuno in- tervenire con il presente documento Evangelizzare il sociale, il cui intento è di incoraggiare, aiutare e sostenere tutti coloro che ope- rano per la evangelizzazione del mondo del lavoro, dell'economia e della politica.

3. - I1 documento propone, infatti, alcuni punti di riferimento di carattere teologico, metodologico e pratico a quanti, operando nella pastorale sociale, si trovano coinvolti in esperienze e in pro- blemi molto complessi, per i quali non è sempre facile trovare con- crete soluzioni che siano umane ed evangeliche.

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Si devono moltiplicare e diffondere nelle nostre comunità ec- clesiali le esperienze pastorali di evangelizzazione del lavoro, del- l'economia e della politica, dimensioni fondamentali della vita umana personale e sociale.

La situazione attuale, nella quale gli "operai" sono pochi in rap- porto alla "messe", ci induce a una accurata riflessione, tesa a in- dicare una via per raggiungere il fine essenziale della missione della Chiesa in ambito sociale, razionalizzando e valorizzando le energie umane e tutte le risorse disponibili, all'interno di un quadro chia- ro delle priorità pastorali.

4. - Ci rivolgiamo alle Chiese particolari e, in esse, agli opera- tori della pastorale sociale, ai laici soprattutto.

L'annuncio del Vangelo nella sua valenza specificamente socia- le è via e condizione imprescindibile per il rinnovamento delle for- me e dei metodi con cui le nostre comunità vivono il loro servizio pastorale.

Dal magistero sociale della Chiesa, specialmente da quello del Santo Padre Giovanni Paolo 11, emerge con chiarezza e ripetutamente la convinzione che 1' annuncio del Vangelo sarà tanto più efficace e fecondo quanto più verrà insegnata e diffusa la dottrina sociale della Chiesa.

LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE DEL SOCIALE

5. - "La Chiesa deve fare oggi un grande passo in avanti nella sua evangelizzazione, deve entrare in una nuova tappa storica del suo dinamismo missionario'' l .

I1 Santo Padre Giovanni Paolo I1 esorta ripetutamente l'intera comunità ecclesiale a impegnarsi per una vasta e profonda opera di nuova evangelizzazione.

Anche la Chiesa che è in Italia si muove in questa linea. Da tem- po ha scelto l'evangelizzazione, in quanto esigenza fondamentale e imprescindibile della propria vocazione e missione 2, come obietti- vo centrale del suo impegno pastorale.

l GIOVANNI PAOLO 11, Esort. Apost. Christifideles laici, n. 35. LIEpiscopato italiano aveva cominciato a intravedere la centralità di questa esi- genza nel piano pastorale per gli anni '70, Evangelizzazione e sacramenti; cf, inoltre, CEI, Comunione e Comunità. Introduzione al piano pastoizle; CEI, Evauz- gelizzazio~ze e testimoniavzza della cavità. Orientarvrenti pastorali dell1Episcopa- to italiano per gli anni '90.

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Gli orientamenti e le direttive contenuti in questo documento esplicitano le feconde e impegnative implicazioni che tale scelta com- porta per la pastorale sociale.

6. - Di questa scelta di fondo coglieremo la dimensione che ri- guarda in modo specifico l'evangelizzazione in campo sociale, per delineare le prospettive secondo cui oggi deve essere pensata e at- tuata la pastorale del lavoro, dell'economia e della politica.

"L'annuncio che la Chiesa è chiamata a fare nella storia si rias- sume in un'affermazione centrale: Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è 'Via, Verità, Vita"' 3 . Questo messaggio centrale del Vangelo, comunicato in ogni forma di annuncio, viene conside- rato nella pastorale sociale in rapporto agli ambiti del lavoro, del- l'economia e della politica. La pastorale sociale, che si pone all'in- terno del più ampio contesto della missione della Chiesa come una sua importante dimensione, si propone di evangelizzare il sociale ponendo in rapporto con il Vangelo di Gesù la vita e l'attività uma- na nel lavoro, nell'economia e nella politica, e ricavando dal Van- gelo stesso i loro significati più profondi.

7. - Quando si tratta di pastorale sociale, non ci si muove in un ambito di semplice azione e organizzazione di iniziative, ma ci si trova impegnati, innanzitutto, nella riflessione sui contenuti e sulle modalità con cui la Chiesa deve esprimere il suo essere e compiere la sua missione nella forma più adeguata ed efficace dentro la sto- ria e i1 territorio in cui vive.

La pastorale sociale non è un semplice settore della pastorale della comunità cristiana, ma l'espressione viva e concreta di una comunità pienamente coinvolta dentro le situazioni, i problemi, la cultura, le povertà e le attese di un territorio e di una storia. Per questo l'azione pastorale ha la sua ricaduta sulla società e nella cul- tura.

L'urgenza dell'evangelizzazione del sociale

8. - La tendenza sempre in via di espansione a neutralizzare nel- l'ambito sociale le esigenze della religione, della verità e dell'etica, considerate irrilevanti anche per la stessa vita personale, costitui- sce uno dei problemi cruciali per la coscienza cristiana. È una ten-

C E I , Evnngelizznzione e testimonianza della cnuith, n.10.

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denza gravida di innumerevoli conseguenze negative sia per i sin- goli che per la società.

Il distacco dai valori, che danno significato all'esistenza e slan- cio e volontà per costruire il futuro, è la più grave minaccia incita nelle società occidentali avanzate e incide profondamente negli am- biti determinanti e decisivi per l'esperienza delle persone, quali so- no il lavoro, l'economia e la politica.

Rivolgendosi in occasione del Convegno ecclesiale a Loreto, Gio- vanni Paolo I1 ricordava che la Chiesa è chiamata ad operare "an- che e particolarmente in una società pluralistica e parzialmente scri- stianizzata ... con umile coraggio e piena fiducia nel Signore, affin- chè la fede cristiana abbia, o recuperi, un ruolo-guida e un'effica- cia trainante, nel cammino verso il futuro" 4.

9. - Come attuare la nuova evangelizzazione del sociale nell'at- tuale situazione storica?

Occorre impegnarsi a superare la frattura tra Vangelo e cultu- ra, attraverso "un'opera di inculturazione della fede che raggiunga e trasformi, mediante la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, le linee di pensiero e i modelli di vita, in mo- do che il cristianesimo continui ad offrire anche all'uomo della so- cietà industriale avanzata il senso e l'orientamento dell'esistenza" '.

La società italiana, che pure ha scoperto e riconosce in modo altamente positivo il valore e i diritti della persona umana, non di rado opera scelte che si rivelano in contrasto con i veri interessi dell'uomo e con la civiltà cristiana che ha segnato, arricchendola, la sua storia 6 .

"All'uomo non basta essere amato, nè amare. Ha bisogno di sa- \ ', 7 pere e di capire: l'uomo ha bisogno di verita . Pare però che l'uo-

mo d'oggi non senta così acuto il bisogno di sapere e di capire, per- chè la sua fame e la sua sete hanno spesso un altro pane e un'altra acqua che non sono il pane e l'acqua della verità. Ne sono segni, tra gli altri, i fenomeni culturali diffusi e pervasivi del pluralismo esasperato, del relativisrno pratico e teorico, del secolarismo.

10. - Dal pluralismo sono profondamente segnate la nostra so- cietà e la nostra cultura, con le loro idee, opinioni e credenze.

4 GIOVANNI PAOLO 11, Allocuzione n1 Convegno ecclesinle d i Lor-eto, n. 8 . Ivi, n. 8. Cf Ivi, n. 8 .

7 C E I , Evnngelizznzione e testirnoninnzn della cnsitiì, n. 10.

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In questo clima, l'atteggiamento pratico e teorico che più dif- fusamente viene assunto è il relativismo, che conduce al dubbio o al rifiuto della verità oggettiva e universale. Negando alle diverse visioni e proposte di vita la pretesa di essere vincolanti, soprattut- to in termini di assolutezza e di universalità, giunge inevitabilmen- te all'indifferenza verso la questione centrale della verità e diventa incapace di dare alla vita un senso e un orientamento, ai quali pos- sa ispirarsi un codice morale.

I fenomeni culturali ora rilevati sono intimamente connessi con il secolarismo, specialmente nella sua forma di negazione teorica o pratica, oppure insieme teorica e pratica, di Dio come verità e bene assoluti, fonte e misura di ogni altra verità e di ogni altro bene.

I1 contesto sociale e culturale italiano, sempre piu caratteriz- zato da questi fenomeni, spiega le gravi difficoltà che l'opera evan- gelizzatrice della Chiesa incontra, ma si configura anche come un appello più pressante per dare risposta all'esigenza insopprimibile e decisiva per l'uomo, per il senso e il destino del suo vivere: l'esi- genza della verità, della verità piena. E questa si ritrova nella veri- tà cristiana, che, come leggiamo nel documento Evangelizzazione e testimonianza della carità, "non è teoria astratta. È anzitutto la persona vivente del Signore Gesu (cf Gv 14,6), che vive risorto in mezzo ai suoi (cf Mt 18,20; Lc 24, 13-35). Può quindi essere accolta, compresa e comunicata solo all'interno di un'esperienza umana in- tegrale, personale e comunitaria, concreta e pratica, nella quale la consapevolezza della verità trovi riscontro nell'autenticità della vita" 8.

L'annuncio della salvezza cristiana

11. - "La tentazione oggi - scrive Giovanni Paolo I1 - è di ri- durre il cristianesimo a una sapienza meramente umana, quasi scien- za del buon vivere. In un mondo fortemente secolarizzato è avve- nuta una 'graduale secolarizzazione della salvezza', per cui ci si bat- te, sì, per l'uomo, ma per un uomo dimezzato, ridotto alla sola di- mensione orizzontale. Noi, invece, sappiamo che Gesu è venuto a portare la salvezza integrale, che investe tutto l'uomo e tutti gli uo- mini, aprendoli ai mirabili orizzonti della filiazione divina" 9.

- La salvezza, che viene testimoniata e annunciata dalla Chiesa, è l'autocomunicazione di Dio. Si tratta, dunque, di una salvezza di-

Ivi, n. 9. GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Eiic. Redemptovis missio, n. 11.

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vina, trascendente, assolutamente gratuita e imprevedibile, nella qua- le Dio si rivela e si comunica come Amore, Creatore e Padre degli uomini, creati a sua immagine e fin dal 'principio' scelti nel Figlio per la grazia e per la gloria lo.

- La salvezza, che per iniziativa del Padre ci viene offerta in Gesù ed effusa dallo Spirito Santo, è salvezza di tutto l'uomo e di tutti gli uomini. E personale e comunitaria, corporea e spirituale, pre- sente e futura.

- La salvezza cristiana è essenzialmente dono divino: non esiste possibilità di autosalvezza per l'uomo e per l'umanità. La dimen- sione fondamentale dell'uomo, quella per cui è aperto e capace di salvezza, è il riconoscimento dell'assoluto primato di Dio: questo riconoscimento non comporta nè una svalutazione delle capacità umane nè una contrapposizione fra Dio e l'uomo, ma testimonia un rapporto di amore tra creatura e Creatore, tra figlio e Padre.

12. - La salvezza, dono di Dio, può realizzarsi di fatto solo con la libera risposta dell'uomo, ossia con l'accettazione dell'uomo che decide di fondare la propria vita su Dio e sceglie di abbandonarsi a Lui, ponendo totalmente in Dio e nella sua promessa la propria fiducia e amorosa dedizione.

L'accoglienza della salvezza ci rende partecipi della vita stessa di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci abilita e spinge a donarci, come Cristo si è donato, agli uomini che consideriamo fratelli e amiamo come noi stessi (cf Mt 22,39) e come Lui li ha amati (cf Gv 13,34).

L'amore cristiano comprende la giustizia come sua parte essen- ziale e irrinunciabile: non si può amare l'altro, accettarlo incondi- zionatamente e metterlo sul nostro stesso piano, se non si è piena- mente disposti a dare all'altro ciò che gli spetta per la sua dignità di persona, di soggetto di diritti e doveri.

L'amore cristiano non supplisce la giustizia e non si sviluppa al di là di essa: è l ' . . . più 'grande' di essa: è più grande nel senso che è primario e fondamentale. L'amore, per così dire, condiziona . ! t 11 la giustizia e, in definitiva, la giustizia serve la carita .

13. - L'accettazione o il rifiuto della salvezza è un atto insieme personale e comunitario: comporta una responsabilità individuale, che non può essere delegata ad altri, e una solidarietà universale, che coinvolge e vincola tutti.

'O GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Dives in miseuico~~~lin, n. 7 . l 1 Ivi, n. 4.

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Nella sua concretezza storica, "la Chiesa è in Cristo come sa- cramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e del- l'unità di tutto il genere umano" 12: in questo senso fondamentale la Chiesa è "cattolica".

La ferita del peccato originale, che colpisce ogni uomo, ed è al- l'origine di ogni altro peccato, spiega la situazione di solidarietà ne- gativa che lega fra loro gli uomini nel male. In tal senso, come af- ferma l'enciclica Centesimus annus, la dottrina del peccato origi- nale "non solo è parte integrante della rivelazione cristiana, ma ha anche un grande valore ermeneutico, in quanto aiuta a comprende-

) ) 1 3 re la realtà umana .

14. - La salvezza si compie attraverso la croce di Cristo, la sua sofferenza e morte.

La parola centrale del Vangelo sulla forma secondo cui la sal- vezza si realizza in noi, fino al ritorno glorioso di Cristo, è la paro- la della croce.

La realtà della croce pone un limite radicale e insuperabile a ogni pretesa di successo terreno, non solo del singolo credente, ma della Chiesa tutta.

La salvezza è già presente nella morte e risurrezione di Gesù e nella sua permanenza 'sacramentale' nella storia mediante la Chie- sa, suo Corpo. Si tratta di una presenza che è discernibile solo me- diante la fede (cf 1Cor 1,17; 2'13-14).

La salvezza pienamente compiuta e manifesta, ossia la 'trasfi- gurazione del mondo' con l'instaurazione dei cieli nuovi e della terra nuova (cf 2Pt 3'13; Ap 21,1), si avrà solo alla fine della storia: "men- tre dura il tempo, la lotta tra il bene e il male continua fin nel cuo-

' i 14 re dell'uomo e la realizzazione della nostra speranza resta rac- chiusa nei "segreti di Dio" (1Cor 2,ll).

L'evangelizzazione del sociale e lo sviluppo umano

15. - La dottrina sociale della Chiesa traccia i sentieri che ogni movimento di liberazione e promozione dell'uomo deve percorrere per assicurare un autentico sviluppo umano, ossia uno sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini.

Essa definisce anche la competenza propria della Chiesa di fron-

12 CONC. ECUM. VAT. 11, Cost. dogm. su la Chiesa L u m e n gen t i um , n. 1. l 3 GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centes imus annus , n. 25. l4 Ivi, n. 25.

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te ai problemi sociali e politici 15: ciò su cui la Chiesa "ha una pa- rola da dire" riguarda la natura, le finalità, le esigenze, le condi- zioni dell'autentico sviluppo e gli ostacoli che vi si oppongono 16.

Con la proposta dei valori sui quali si fonda la visione cristia- na dell'uomo e della società, l'evangelizzazione del sociale offre un singolare e straordinario impulso allo sviluppo umano.

Richiamiamo brevemente i fondamentali valori antropologici.

16. - L'uomo ha un valore trascendente. Egli è persona, può co- noscere la verità, può amare liberamente il bene, possiede una di- gnità incommensurabile che gli deriva dall'essere creato ad imma- gine e somiglianza di Dio e chiamato a divenire figlio di Dio.

Ogni uomo è chiamato a vivere anzitutto il suo fondamentale rapporto con Dio. L'essere stesso dell'uomo è strutturato per que- sto rapporto, quali che siano le sue vicissitudini storiche e l'uso della sua libertà.

Che cosa diventa l'uomo senza l'apertura verso 1'Assoluto e sen- za il rapporto con Dio è inscritto, come afferma Giovanni Paolo 11, "nella storia dell'umanità col sangue versato in nome di ideologie e da regimi politici, che hanno voluto costruire un' 'umanità nuo-

P ) 17 va) senza Dio . I concetti di "persona" e di "libertà" costituiscono un patrimo-

nio essenziale della nostra tradizione cristiana e della nostra cul- tura: sono da mantenere a ogni prezzo e da attualizzare incessante- mente, a livello teorico e pratico, perchè offrono un grande contri- buto di civiltà.

17. - La negazione di Dio ha dato luogo a diverse forme di sog- gettivismo: quello ripiegato sulla pretesa autosufficienza del valore- uomo, quello agnostico, relativista, scettico, fatalista, nichilista e, spesso, disperato di fronte ai limiti insuperabili dell'uomo, primo fra tutti il limite della morte.

La concezione cristiana dell'uomo e del suo destino, fondando il valore trascendente della persona e della sua libertà su Dio e pre- sentando Gesù Cristo come Figlio di Dio incarnato e redentore del- l'uomo dal peccato e dalla morte, offre sui problemi umani sociali

l5 Cf GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Sollicittrdo rei socinlis, n. 41; questo testo ri- chiama esplicitamente l'Istruzione Libertatis Conscientia della Congregazione per la Dottrina della Fede del 22 marzo 1986, specialmente il cap. V, la quale a sua volta richiama llOctogesima ndveniens al n. 4.

l 6 Ivi, n. 41. l7 GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Redemptoris missio, n. 8.

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una luce singolare e costituisce una forza traente formidabile non solo per i credenti ma anche per la nostra attuale civiltà.

Attraverso la loro fedeltà al messaggio cristiano, vissuta con- cretamente anche a livello di elaborazione culturale, i cristiani pos- sono far progredire enormemente la 'storia della libertà' che carat- terizza l'epoca moderna e stimolare il superamento delle contrad- dizioni che più pesantemente la minacciano.

18. - L'autentico sviluppo dell'uomo comporta nella visione cri- stiana la libertà personale e la solidarietà sociale. Sono due dimen- sioni che si intrecciano, si connotano e si condizionano a vicenda: da un lato, la solidarietà veramente umana si realizza solo nella li- bertà e nel rispetto della persona; dall'altro lato, la libertà veramente umana consiste nella rinuncia a se stessi per accogliere gli altri e per donarsi agli altri e servirli.

Sul piano dei fatti e delle situazioni concrete la libertà e la so- lidarietà sono in permanente tensione. All'interno della storia una loro sintesi pienamente armonica non è mai stata realizzata nelle varie forme di comunità umane e, soprattutto, negli ambiti dell'e- conomia e della politica.

19. - Di fronte alla trascendenza della fede cristiana e ai valori che essa propone per l'autentico sviluppo umano, tutte le realizza- zioni economiche, sociali, politiche e cultuvali manifestano la loro radicale relatività.

Si tratta di una relatività "escatologica", nel senso che l'uomo e il suo mondo vanno incontro alla fine. Si tratta soprattutto, in ultima analisi, di una relatività "teologica", per la incommensura- bilità che esiste tra ciò che è umano e ciò che è divino.

È da accogliere e da meditare nelle attività lavorative, econo- miche, politiche e sociali in genere, come in tutti gli ambiti perso- nali e privati della vita, il sapiente invito di san Paolo: "quelli che usano del mondo agiscano come se non ne usassero, perchè passa la figura di questo mondo" (1Cor 7,31). È un invito che fa eco alle parole di Gesù: "Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in sovrappiù" (Mt 6,33).

20. - I1 rifiuto cristiano del totalitarismo, che ha una valenza politica, sociale e culturale, trova in questo insegnamento la sua mo- tivazione ultima.

I1 pluvalismo, a sua volta, non solo politico ma anche sociale e culturale, non è, nella visione cristiana, un'apertura neutra e in- differente ai valori. È, piuttosto, una situazione di libertà sociale

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e politica nella quale una concezione veramente laica dello Stato rispetta tutti i cittadini e tutti i gruppi con le loro ideologie, e nel- la quale i cristiani hanno il dovere di affermare i loro valori, orieii- tando, per quanto è loro possibile, la convivenza umana nella dire- zione indicata dal Regno di Dio.

La Chiesa, da parte sua, sulla base della parola di Gesu: "Ren- dete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" (Mt 22,21) afferma la propria autonomia e libertà originaria nei con- fronti di qualsiasi potere terreno. Nello stesso tempo la Chiesa in- dica alla politica i suoi limiti, rendendole un importante servizio, perchè la libera dalla tentazione di assolutizzarsi. In questo senso la rivendicazione ecclesiale della libertà religiosa ha svolto un ruo- lo storico positivo per l'affermazione della libertà anche sul piano sociale.

21. - Un aspetto strettamente legato al precedente è il limite che il carattere escatologico della fede cristiana impone a ogni ideolo- gia del progresso, concepita in termini rivoluzionari oppure 'evolu- tivi'. Dopo Gesu Cristo non c'è posto all'interno della storia per un vero salto qualitativo nella condizione umana. In questo senso non si possono accettare i miti moderni di una palingenesi che si attua attraverso la trasformazione sociale o il progresso scientifico- tecnologico. I1 Regno è "già" presente in Gesu, mentre il "non an- cora" del Regno è umanamente insuperabile, perchè il peccato con le sue conseguenze è sempre operante nella storia, come ci ricorda con particolare efficacia la parabola della zizzania (cf Mt 13,24-30).

La forza rinnovatrice e trasforvnatrice del cristianesimo

22. - La fede e la fiducia nella forza rinnovatrice e trasforma- trite del Cristiaiiesimo, e quindi nella sua capacità di porsi come punta di riferimento, devono sostenere l'opera di evangelizzazione in campo sociale.

E da vincere la paura dell'impotenza di fronte ai fenomeni ne- gativi e disumanizzanti. Ci si deve sottrarre all'insidia dell'estranea- zione. Soprattutto non si deve accettare o, peggio, legittimare la si- tuazione esistente.

a) In Gesù Cristo, "il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16) fattosi uomo per noi e per la nostra salvezza, è offerta al mondo una vi- sione globale e una piena comprensione dell'uomo e del suo desti- no, della società e dei suoi problemi.

Così l'antropologia contenuta nel Vangelo assicura al mondo del lavoro, dell'economia e della politica un'originale connotazione ci-i-

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stiana che svela e porta a compimento i valori umani e che è capa- ce di ispirare e guidare l'impegno dei credenti che operano nei mol- teplici ambiti della vita personale, familiare e sociale 18.

b) La Chiesa, in quanto tale, nell'unità e varietà delle sue mern- bra e delle sue strutture, ha un contributo specifico da dare alla costruzione della "comunità degli uomini", attraverso la sua mis- sione di promotrice di unità e ministra di riconciliazione 19, in par- ticolare rendendo anche socialmente influenti i contenuti umani ed evangelici di verità e di eticità che danno senso all'esistenza. Come diceva Paolo VI, "è compito dei raggruppamenti culturali e religio- si, nella libertà d'adesione che essi presuppongono, di sviluppare nel corpo sociale, in maniera disinteressata e per le vie loro pro- prie, queste convinzioni ultime sulla natura, l'origine e il fine del- . " 20 l'uomo e della societa . Anche la Chiesa in Italia intende offrire il suo specifico contributo sociale portando la fede e la carità ad efficacia di vita.

C) La Chiesa, in quanto luogo "in cui l'amore di Dio per gli uo- mini può essere in qualche modo sperimentato e quasi toccato con

r ' 21 mano e in cui la verità e i valori morali vengono non solo an- nunciati ma anche vissuti e socializzati, contribuisce a rendere la politica, l'economia e il lavoro più rispondenti alla dignità dell'uo- mo' ponendoli davanti alla questione fondamentale del senso e del destino della vita umana.

La prospettiva verso cui muoversi è, pertanto, quella di svilup- pare la forza propositiva e critica della visione cristiana dell'uomo, e dell'uomo sociale, valorizzando e potenziando le esperienze sociali ad essa ispirate, affinchè diventino testimonianze capaci di aiutare dall'interno la società italiana a liberarsi dai molti condizionamen- ti e fraintendimenti che ne ostacolano o frenano ilcammino verso un futuro piu autenticamente umano 22.

L'EVANGELIZZAZIONE E LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

23. - I1 Santo Padre nell'enciclica Centesimus annus considera attentamente il corso degli avvenimenti della storia recente "per di-

'' CONC. ECUM. VAT. 11, Cost. past. su la Chiesa nel niondo contemporaneo Gau- cliurn et spes, n. 22.

l9 Cf CEI, Nota pastorale Ln Chiesa i n Italia dopo Lor-eto, n. 22. 20 PAOLO V I , Lett. Apost. Octogesimn adveniens, n. 25.

GIOVANNI PAOLO 11, Allocuzione n1 C o ~ v e g n o ecclesiale di Loueto, n. 5. 22 Cf CEI, Evangeliz~azione e testimoniaizza della cnritiì, nn. 40-42.

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') 23 scernere le nuove esigenze dell'evangelizzazione e chiaramente afferma che l'annuncio della dottrina sociale della Chiesa rientra tra le componenti essenziali della evangelizzazione 24.

Sottolineando la validità dell'orientaniento impresso alla Chie- sa da Leone XIII, che con la pubblicazione della Rerum novartlm ha conferito "quasi uno 'statuto di cittadinanza' nelle mutevoli realtà della vita pubblica", il Papa così definisce il rapporto tra la dottri- na sociale della Chiesa e l'evangelizzazione del sociale: "Per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua mis- sione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristia- no, perchè tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vi- ta della società e inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giu-

7 ' 25 stizia nella testimonianza a Cristo Salvatore . La dottrina sociale della Chiesa ha dunque il valore di un con-

tenuto e di uno strumento di evangelizzazione 26: con tale dottrina la Chiesa si propone di assistere l'uomo nel cammino della salvez- za, aiutandolo a interpretare e a risolvere i problemi della convi- venza umana.

È questo rapporto essenziale tra la dottrina sociale della Chie- sa e l'evangelizzazione del sociale a decidere della natura, dell'im- postazione, dell'articolazione e degli sviluppi della pastorale sociale.

La dottrina sociale della Chiesa

24. - La dottrina sociale è "una disciplina particolare e autono- ma, teorica e pratica a un tempo, nell'ampio e complesso campo

'> 27 della teologia morale, in stretta relazione con la morale sociale . Elemento costitutivo della dottrina sociale della Chiesa è la ri-

flessione morale sulle istanze che emergono dall'incontro del Van- gelo e delle sue esigenze etiche con i problemi che sorgono e si svi- luppano nella vita della società 28.

Questa riflessione cresce nella Chiesa non solo attraverso la ri- cerca scientifica, ma anc.he attraverso l'esperienza della comunità cristiana, che si misura ogni giorno con le varie situazioni sociali

23 GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centesimus antzus, n. 3. 24 C f Ivi, n. 5. 25 Ivi, n . 5 . 26 GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Sollicitudo rei socinlis, n. 41. 27 CONGREGAZIONE P E R L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Or.ientame~zti per lo stuclio e Z'inse-

gnnnzento della clottritzn sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, n. 4. 28 C f CONGREGAZIONE P E R LA DOTTRINA DELLA FEDE, Libertà cristiana e liberazione,

n . 72.

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e con i diversi problemi determinati dallo sviluppo dell'industria- lizzazione e dei sistemi socio-economici.

La teologia e la filosofia danno i contenuti fondamentali a que- sta dottrina, mentre le scienze umane e sociali la completano.

25. - "Le fonti della dottriiia sociale sono la sacra Scrittura, l'in- segnamento dei Padri e dei grandi teologi della Chiesa e lo stesso magistero. 11 suo fondamento e oggetto primario è la dignità della persona umana con i suoi diritti inalienabili, che formano il nucleo della 'verità sull'uomo'. I1 soggetto è tutta la comunità cristiana, in armonia e sotto la guida dei legittimi pastori, di cui anche i laici, con la loro esperienza cristiana, sono attivi collaboratori. I1 conte- nuto, compendiando la visione dell'uomo, dell'umanità e della so- cietà, rispecchia l'uomo completo, l'uomo sociale, come soggetto de-

) t 29 terminato e realtà fondamentale dell'antropologia cristiana . La metodoiogia seguita dalla dottrina sociale si sviluppa nei tre clas-

1 ) 30 sici momenti del "vedere, giudicare e agire .

26. - La dottrina sociale ha un carattere eminentemente teolho- gico, perchè la Chiesa riceve la "verità intera" sull'uomo dalla ri- velazione divina.

La sua indole teologica è espressa anche dalla sua finalità pa- storale di servizio al mondo, "tesa a stimolare la promozione inte- grale dell'uomo mediante la prassi della liberazione cristiana, nel- la sua prospettiva terrena e trascendente" 31. La dottrina sociale non è, infatti, un puro sapere, ma un sapere teorico-pratico, di portata e proiezione pastorale.

Nel momento dell'azione, la dottrina sociale richiede che si at- tuino le scelte adeguate alla scala dei valori che il Vangelo enuncia e che stanno alla base del vedere e del giudicare la ~-ealtà. Per que- sto richiede una vera conversione, una "trasformazione interiore che è disponibilità, apertura e trasparenza alla luce purificatrice di D ~ ~ T ) 32

I1 cristiano è tenuto a seguire la dottrina sociale della Chiesa e a porla "alla base della sua sapienza, della sua esperienza per tra- durla concretamente i11 categorie di azione, di partecipazione e di

1 ) 33 impegno .

29 CONGREGAZIONE PER L~EDUCAZIONE CATTOLICA, Oriental~zelzti ..., doc, cit., n. 4. 'O Cf GIOVANNI XXIII, Lett. Enc. Matev et nzngisti~n, n. 246.

CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Oriental~zen ti ... , doc. cit ., n. 5. 3"vi, n. 7. ' PAOLO VI, Esort. Apost. Evnizgelii nu~ztic~lzcli, n. 38.

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Insegnare e diffondere la dottrina sociale della Chiesa

27. - È necessario che la dottrina sociale venga insegnata e dif- fusa anche dalla Chiesa in Italia, ed entri quindi in maniera più or- ganica a far parte della pastorale ordinaria della comunità cristiana.

I1 Papa, invitando a studiare, approfondire, divulgare e appli- care nei molteplici ambiti la dottrina sociale, richiama la necessità di una collaborazione da parte delle Chiese particolari 34.

A livello di Chiesa particolare, la conoscenza e la diffusione della dottrina sociale dipendono, in larga misura, dall'effettivo potenzia- mento delle strutture e delle risorse impiegate per la pastorale so- ciale. D'altra parte, un'insufficiente comprensione dell'importanza e del significato di questa azione pastorale conduce inevitabilmen- te ad un'inadeguata valorizzazione della dottrina sociale.

Dottrina sociale e catechesi

28 - Tra la dottrina sociale della Chiesa e la catechesi ci sono rapporti che esigono di essere conosciuti e rettamente attuati.

È compito della catechesi mettere in luce le conseguenze so- ciali del Vangelo, e in tale compito essa trova un necessario riferi- mento alla dottrina sociale della Chiesa.

Nel suo sforzo di educazione alla fede, la catechesi non deve omettere ma chiarire "l'azione dell'uomo per la sua liberazione in- tegrale, la ricerca di una società più solidale e fraterna, le lotte per

T ! 35 la giustizia e per la costruzione della pace . In questa linea si era già espresso il documento della C.E.I. Il

rinnovamento della catechesi: "Nel fare catechesi, la Chiesa propo- ne ai credenti non soltanto i grandi compiti della fede ... ma, con viva sensibilità pastorale, svolge anche i temi, che le condizioni sto- riche e ambientali rendono particolarmente attuali e urgenti ... senza temere di presentare il messaggio della fede, ove è necessario, nel suo significato di fecondo scandalo e di rottura. Si tratta di un va- sto impegno di coerenza con il Vangelo, dalla cui attuazione dipen- de la sorte stessa del cristianesimo, particolarmente presso le ge- nerazioni dei giovani" 36 .

29. - L'auspicio del Papa per il rinnovamento dello studio, del- la diffusione e applicazione della dottrina sociale deve trovare una

34 Cf GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 56. " GIOVANNI PAOLO 11, Esort. Apost. Catechesi trndendae, n. 29. 36 CEI, I l rinnovamento della catechesi, nn. 96-97.

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sollecita e generosa risposta da parte di quanti sono impegnati nel servizio catechistico, così che la dottrina sociale, rimasta spesso sco- nosciuta o conosciuta solo superficialmente, possa diventare nutri- mento di ogni catechesi, in specie dei giovani e degli adulti.

L'approfondita riflessione sulla natura e sulla finalità della dot- trina sociale della Chiesa, che il Papa offre nelle encicliche Sollici- tudo rei socialis e Centesimus anntns, dimostra come tale dottrina sia non solo un contenuto possibile o utile ma un contenuto essen- ziale della catechesi.

La dottrina sociale è già di per se stessa una parte della cate- chesi, rivolta a tutti gli uomini di buona volontà e non solo ai cre- denti. Infatti, è annuncio di Dio e del suo mistero di salvezza offer- to a ogni uomo, attraverso l'interpretazione delle complesse realtà dell'esistenza umana, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della viva tradizione della Chiesa e attraverso l'e- same della loro conformità o difformità con l'insegnamento del Van- gelo sull~uomo e sulla sua vocazione terrena e trascendente 37.

30. - La dottrina sociale della Chiesa rimanda alla catechesi or- dinaria per l'approfondimento dei grandi contenuti della fede e nello stesso tempo la completa. L'educazione alla fede, infatti, non può non comprendere l'insegnamento della dottrina sociale della Chie- sa, in quanto è parte essenziale del messaggio cristiano.

È dovere, pertanto, di ogni Chiesa particolare "studiare e so- stenere un piano formativo di base incentrato sulla dottrina socia- le, da attuare in ogni parrocchia nel corso della catechesi ordina-

) ) 38 ria con il supporto di semplici sussidi . In tal senso le Chiese par- ticolari nella formazione dei catechisti devono predisporre gli op- portuni strumenti per far loro conoscere la dottrina sociale, in mo- do aggiornato e 'con sussidi adeguati alla realtà locale.

Tale dottrina dev'essere proposta nei diversi ambiti e attività di catechesi: predicazione, itinerari catecumenali, cicli di prepara- zione ai sacramenti, corsi di formazione religiosa, programmi ra- dio e televisivi, conferenze.

Particolare impegno' richiede l'adattamento della dottrina sociale alla capacità di comprensione dei destinatari, in rapporto all'età e alla diversa condizione culturale.

Da ultimo, ma solo per sottolinearlo con più forza, è da ricor- darsi l'impegno della partecipazione attiva. La dottrina sociale, in-

37 Cf GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Sollicitudo rei socialis, n. 41. 38 COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, Nota pastorale La

formazione all'impegno sociale e politico, n. 28.

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fatti, può essere più facilmente comunicata e diffusa attraverso la catechesi, se tutta la comunità ecclesiale, i catechisti, i movimenti, le associazioni che ne fanno parte, la vivono con convinzione, coe- renza e coraggio.

Dottrina sociale e formazione

3 1. - La nuova evangelizzazione del sociale esige che l'azione pa- storale della Chiesa sviluppi un'intensa e costante opera formativa incentrata sulla dottrina sociale 39.

Quest'opera, che grava innanzitutto sulla responsabilità del Ve- scovo, domanda una collaborazione non episodica, ma stabile e con- certata dei vari centri pastorali diocesani.

a) Circa la. formazione dei presbiteri e dei candidati a2 sacerdo- zio, le Chiese particolari seguano queste precise e importanti indi- cazioni 40.

- Per la formazione integrale e unitaria di tutte le dimensioni del- la personalità sacerdotale: umana, spirituale, teologica e pasto- rale, è necessario prevedere un'istruzione e un'educazione pro- fondamente pastorali che tengano conto della dottrina sociale del- la Chiesa. I futuri presbiteri devono essere educati al dialogo con tutte le persone, sensibilizzati ai problemi e ai compiti sociali, stimolati ad avere interesse e amore per la dottrina e per la pastorale so- ciale della Chiesa.

- Nei vari centri di formazione ecclesiastica i corsi di dottrina so- ciale devono essere obbligatori e a sè stanti, dal momento che la dottrina sociale non può essere seriamente insegnata solo con lezioni facoltative incluse nei corsi di teologia e di filosofia.

- Un'adeguata comprensione degli elementi di filosofia sociale e di teologia presenti nei documenti della dottrina sociale della Chie- sa esige che i suoi corsi si sviluppino durante l'intero arco della formazione degli studenti.

- Le encicliche sociali devono costituire una lettura obbligatoria per gli studenti e devono possibilmente divenire argomento di cor- si speciali.

- Affinchè siano pienamente consapevoli del loro specifico ruolo nell'azione sociale, è necessario avviare i futuri presbiteri ad al-

'' Cf GIOVANNI PAOLO 11, Esort. Apost. Chvistifideles laici. n. 60. 40 SU questo argomento ci riferiamo ai già citati Orientamenti della Congregazio-

ne per l'Educazione Cattolica.

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cune esperienze di carattere pastorale e sociale, capaci di met- terli a contatto con il mondo del lavoro, dell'economia e della po- litica.

b) Ai docenti dei centri di formazione ecclesiastica è richiesta una appropriata preparazione, affinchè, grazie alla loro competen- za e al loro metodo di insegnamento, la dottrina sociale susciti in- teresse e accoglienza da parte degli studenti. - I docenti devono possedere un'adeguata formazione teologica, es-

sere competenti nella morale sociale, conoscere almeno gli ele- menti fondamentali delle scienze sociali moderne e operare in stretta collaborazione con i docenti di dogmatica, di morale e di pastorale, così da garantire coerenza, unità e solidità nell'inse- gnamento.

- Per una completa preparazione pastorale i docenti di dottrina so- ciale devono aiutare i candidati al sacerdozio ad usare, secondo le indicazioni della Chiesa, i mezzi offerti dalle scienze umane.

- I rapidi e continui cambiamenti della realtà sociale, come pure le scienze che la interpretano, rendono particolarmente necessa- ria la formazione permanente per gli stessi docenti.

- La dottrina sociale non può essere insegnata come una teoria astratta, ma come una disciplina orientata all'azione concreta. Ciò esige che i docenti abbiano una qualche esperienza pastorale di- retta.

I Vescovi e i superiori dei centri di formazione ecclesiastica sen- tano la responsabilità di mandare qualche studente, capace e inte- ressato, alle Facoltà di scienze sociali e ad altri Istituti superiori affini, approvati dall'autorità ecclesiastica, per poter così disporre di docenti dotati di formazione scientifica.

32. - La formazione dei laici si pone necessariamente nella pro- spettiva del loro stesso impegno in campo sociale, nel lavoro, nel- l'economia e nella politica.

Tale formazione, in particolare per laici in vario modo impe- gnati in campo sociale e politico, dev'essere incentrata sulla dottri- na sociale della Chiesa, corne sua anima e struttura portante 41.

L'ampiezza degli orizzonti della formazione sociale dei laici de- riva anche dall'etica cristiana, che richiede una sintesi tra gli aspetti personali e interiori e quelli comunitari e pubblici.

Mettendo in luce l'autentica e decisiva dimensione sociale del- l'uomo, la dottrina sociale della Chiesa rifiuta la tendenza alla pri-

41 Cf COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, Nota pastorale La formazione all'impegno sociale e politico, n. 13.

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vatizzazione dell'etica e alla negazione della rilevanza pubblica del messaggio morale cristiano; nello stesso tempo consente di far fronte al rischio opposto di sottovalutare o di mettere tra parentesi il va- lore essenziale e la funzione irrinunciabile della libertà e responsa- bilità della singola persona nell'impegno sociale.

33. - Strumenti importanti per una conoscenza più profonda e una diffusione più ampia della dottrina sociale ed espressioni pa- storali privilegiate dell'impegno formativo della Chiesa sono le Scuo- le diocesane di formazione all'impegno sociale e politico, le diverse iniziative per le persone impegnate i n questi campi e le Settimane sociali.

Le Settimane sociali costituiscono per i cattolici un laborato- rio culturale a livello nazionale, mentre le Scuole e le varie inizia- tive per i laici impegnati in campo sociale e politico sono finalizza- te a una formazione continuativa a livello locale 42.

Lo studio e l'approfondimento della dottrina sociale della Chiesa devono entrare anche nei percorsi formativi delle varie aggregazio- ni dei laici cristiani.

34. - Le Scuole diocesane di formazione all'impegno sociale e politico sono uno strumento pastorale qualificato per tutte le Chie- se particolari. Queste sentano la responsabilità di istituirle e di as- sicurare loro la fisionomia ecclesiale propria, al di fuori di colle- gamenti politici e partitici.

Dalla visione cristiana dell'impegno sociale e politico e della sua formazione derivano alcuni precisi orientamenti sugli aspetti etico- pedagogici, ai quali le Scuole dovranno attenersi.

a) La formazione all'impegno sociale e politico si colloca nel con- testo generale della formazione cristiana, come sua parte costituti- va e imprescindibile, si esprime secondo diverse modalità (dalla ca- techesi all'omelia, dall'insegnamento allo studio, dalla lettura alla scuola) e secondo diversi livelli (da quelli elementari a quelli spe- cialistici). Le Scuole devono inserirsi, dunque, nel più ampio e arti- colato spazio della formazione cristiana e umana nei suoi aspetti sociali e politici.

b) Le fonti di conoscenza, di lettura e di interpretazione che svi- luppano in senso cristiano la formazione all'impegno sociale e po- litico sono la ragione e la fede; in termini più concreti e immediati è la dottrina sociale della Chiesa, dottrina che si applica alla con-

42 Cf CEI, Nota pastorale Ripristino e r innovamento delle Set t imane Sociali dei Cattolici Italiani, nn. 5 e 7.

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creta situazione storica mediante l'esercizio del discernimento. In ordine ad un'adeguata formazione all'impegno sociale e politico si pone, pertanto, una duplice e unitaria esigenza: quella di conosce- re in modo sempre più preciso e approfondito la dottrina sociale della Chiesa e quella di operare il discernimento, cioè la valutazio- ne dell'appello che Dio rivolge nella situazione concreta e la deci- sione che l'uomo assume per rispondere a Dio che lo chiama.

C) La formazione di una coscienza sociale e politica matura è l'obiettivo centrale, che va perseguito mediante l'assimilazione di alcuni fondamentali criteri di giudizio e di decisione. - I1 primo riguarda la distinzione e insieme la connessione tra l'or-

dine legale e l'ordine morale: è questo un criterio sempre più ne- cessario nel contesto di una società pluralistica e di una legisla- zione civile che tende ad allontanarsi dai valori e principi mora- li immutabili e universali.

- I1 secondo criterio riguarda la fedeltà alla propria identità e, nello stesso tempo, la disponibilità al dialogo con tutti e su tutto.

- Un ultimo fondamentale criterio riguarda la necessità che nel suo impegno sociale e politico il fedele laico cresca sempre più in una triplice e inscindibile fedeltà: ai valori "naturali'), rispettando la legittima autonomia delle realtà temporali; ai valori "morali", pro- muovendo l'intrinseca dimensione etica di ogni problema socia- le e politico; ai valori "soprannaturali", realizzando il suo com- pito nello spirito di Gesù Cristo, ossia con la sua grazia e la sua carità.

d) La formazione all'impegno sociale e politico deve mirare a sviluppare il senso della vocazione: si dà, infatti, anche una vota-

zione specificamente cristiana all'impegno sociale e politico; anzi si danno varie vocazioni, dal momento che tale impegno riveste for- me diverse. Ce lo ricorda il Concilio Vaticano I1 in un testo della Gaudiunz et spes: "Ma i doni dello Spirito sono vari. Alcuni li chia- ma a dare testimonianza manifesta della dimora celeste col deside- rio di essa, contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a consacrarsi al servizio degli uomini sulla terra, così da preparare attraverso tale loro ministero la materia per il Regno dei cieli" 43.

In tal senso il compimento della formazione all'impegno socia- le e politico per il cristiano è lo sviluppo di una vera e propria "spi- ritualità". Elemento essenziale di tale spiritualità è l'impegno a vi- vere la profonda unità tra l'amore di Dio e l'amore del prossimo, tra la preghiera e l'azione, tra la vita "spirituale" e la vita "secolare".

43 CONC. ECUM. VAT. 11, Cost. past. Gnudium e t spes, n. 38.

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EVANGELIZZARE IL LAVORO, L'ECONOMIA E LA POLITICA

35. - La pastorale sociale esprime il servizio e testimonia la sol- lecitudine della Chiesa per il mondo del lavoro, dell'economia e della politica.

La scelta di questi tre ambiti, come campo specifico dell'azio- ne pastorale nel sociale, è maturata nella Chiesa che è in Italia lungo il suo cammino post-conciliare, in un periodo caratterizzato da gran- de effervescenza di novità sociali e politiche e reso complesso dai profondi cambiamenti storici e culturali avvenuti.

La crescente complessità sociale appare chiaramente alla base della scelta che la Chiesa ha compiuto lungo la storia della pasto- rale del lavoro, dalla fine degli anni '60 ad oggi.

a) La pastorale del lavoro alla fine degli anni '60.

Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, la Chiesa che è in Italia dava vita a propri organismi specificamente destinati al- la 'pastorale del lavoro', la cui attenzione era prevalentemente ri- volta al mondo industriale e agli operai.

L'esaltazione e la polarizzazione ideologica di cui era allora og- getto la dimensione politica della convivenza, avevano prodotto la crisi degli organismi ai quali la Chiesa aveva affidato in larga par- te l'opera pastorale nel mondo del lavoro.

I1 fatto che la Chiesa in Italia si sia assunta in proprio il cdm- pito di organizzare, anche a livello strutturale, l'azione evangeliz- zatrice del mondo del lavoro è stato certamente positivo: in tal mo- do si apriva la strada a una rinnovata e progressiva presa di co- scienza di tutta la Chiesa circa la sua missione in campo sociale.

b) Dalla pastorale operaia alla pastorale attenta al mondo del lavor-o nel suo complesso.

A questa scelta la pastorale del lavoro arriva nella seconda metà degli anni '80, nel contesto che definiamo 'post-industriale' perchè caratterizzato da uno sviluppo pervasivo dell'informazione, da nuove energie dell'apparato produttivo e dalla 'terziarizzazione', cioè da un numero di addetti alle attività terziarie superiore alla somma degli addetti all'agricoltura e all'industria.

C) Una pastorale per il m o n d o del lavoro, dell'economia e della politica: la pastorale sociale.

Appare sempre più evidente nella nostra società attuale che non è possibile isolare come a sè stanti le problematiche particolari di

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una categoria sociale, per quanto ampia essa sia. I1 mondo del la- voro è condizionato dall'influenza sempre più vasta dell'economia e questa, a sua volta, è legata alle problematiche della politica, non solo a raggio nazionale ma anche mondiale.

Per questo, guardando l'oggi ma anche il domani che è alle por- te, la pastorale del lavoro deve considerare i problemi del lavoro nel contesto più ampio delineato dall'economia e dalla politica. La- voro, economia e politica devono essere considerati insieme come elementi di un'unica problematica sociale e pastorale.

La denominazione 'pastorale del lavoro' non designa più in modo adeguato il suo campo di azione e pertanto viene modificata in quel- la di 'pastorale sociale'.

La prospettiva antropologica

36. - La dottrina della Chiesa ha come orizzonte l'uomo nella sua concreta e storica realtà di peccatore e di giusto: l'uomo è "la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa e per cui Dio ha

r r 44 il suo progetto, cioè la partecipazione all'eterna salvezza . È l'uomo la via tracciata alla Chiesa da Cristo con il mistero

della sua Incarnazione e Redenzione. Per questo la Chiesa deve prendersi cura e avere responsabili-

tà per l'uomo reale, concreto e storico, inserito nella complessa re- te delle relazioni che sono proprie delle società moderne.

Solo la fede può rivelare pienamente all'uomo la sua identità vera, e proprio dalla fede "prende avvio la dottrina sociale della Chiesa, la quale, valendosi di tutti gli apporti delle scienze e della filosofia, si propone di assistere l'uomo nel cammino della sal-

), 45 vezza . La centralità dell'tnomo dentro la società diventa, oggi special-

mente, l'indicazione fondamentale e programmatica della dottrina sociale in vista del terzo Millennio cristiano: da questa scaturisco- no un metodo e un impegno variamente configurato, in relazione ai molteplici ambiti nei quali tale dottrina viene studiata, diffusa e applicata.

37 - La centralità dell'uomo dentro la società, di quest'uomo rea- le, concreto e storico che Cristo ha affidato alla cura e alla respon- sabilità della Chiesa, diventa la prima via da seguire se si vogliono

44 GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 53. 45 Ivi, n. 53.

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affrontare i problemi del lavoro, dell'economia e della politica nel- la prospettiva della salvaguardia del carattere trascendente della persona umana.

Una simile prospettiva esige che non si assolutizzi nessuna delle espressioni della vita dell'uomo e impegna "a 'guardare intorno', alle 'cose nuove', che ci circondano e in cui ci troviamo, per così dire immersi ...; a 'guardare al futuro', quando già s'intravede il terzo Millennio dell'era cristiana, carico di incognite ma anche di promes- se. Incognite e promesse che fanno appello alla nostra immagina- zione e creatività, stimolando anche la nostra responsabilità, quali discepoli dell' 'unico Maestro', Cristo (cf Mt 23,8), nell'indicare la via, nel proclamare la verità e nel comunicare la vita che è Lui (cf Gv 14,6)" 46.

38. - Ciò che è fatto dall'uomo deve essere a vantaggio di ogni uomo, della sua crescita integrale e della crescita globale dell'uma- nità. L'uomo non può essere relativizzato e strumentalizzato a nes- sun interesse; sono piuttosto i modelli di sviluppo e le forme eco- nomiche, politiche, di organizzazione e distribuzione del lavoro fin qui sperimentate che necessitano di correzioni in funzione del be- ne comune di tutti gli uomini e dello sviluppo integrale di ciascun uomo.

r i 47 L'affermazione che "l'uomo è la via della Chiesa , ripetuta- mente presente nell'enciclica Centesirnus annus, deve essere com- presa in tutta la straordinaria ricchezza del suo contenuto ed enu- cleata in tutta la fecondità delle sue esigenze quando si vuole ela- borare qualsiasi progetto che riguarda l'uomo e la società.

39. - La concezione cristiana della persona comporta necessa- riamente una visione giusta della società 48. Infatti, analizzando le ingiustizie, i conflitti e le aberrazioni cui può giungere l'uomo quan- do si volge contro Dio 49, si scopre che la loro radice comune sta in un errore antropologico 50. A questo errore vanno imputati: il ri- fiuto di rispettare la dignità di ogni persona umana, come avviene con la lotta di classe; il dominio delle cose sugli uomini, quale li-

46 Ivi, n. 2. 47 Ivi, cap. VI. 48 Cf Ivi, n. 11. 49 Cf Ivi, n. 17. Tutta l'enciclica Centesimus nnnins insegna a partire dallJanalisi

degli avvenimenti storici, considerati nei loro vari aspetti, economici, politico- istituzionali, di conflitto e di pace, per comprendere e mostrare la rilevanza, in essi, di Dio, della salvezza in Cristo e del rapporto verità-libertà. Cf Ivi, n. 13.

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mite del capitalismo; la negazione della trascendente dignità della persona umana, radice del totalitarismo moderno; l'insensata distru- zione dell'ambiente naturale; la distorsione e la corruzione del diritto.

L'antropologia cristiana, che la dottrina sociale della Chiesa ri- ceve dalla divina rivelazione, è il referente critico costante secon- do cui assumere e valutare le argomentazioni e le indicazioni of- ferte dalle diverse visioni del lavoro, dell'economia e della politica presenti nella nostra cultura pluralistica.

Anche nella fase propositiva, ossia nella individuazione dei bi- sogni e delle nuove modalità per rispondervi, "è necessario lasciarsi guidare da un'immagine integrale dell'uomo che rispetti tutte le di- mensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a

51 quelle interiori e spirituali .

40. - Per rendere efficace l'evangelizzazione del sociale è neces- sario, in primo luogo, individuare nel lavoro, nell'economia e nella politica attuali gli aspetti più lontani dalla prospettiva antropolo- gica del Vangelo o ad essa contrari: proprio su questi aspetti è ur- gente intervenire con una coerente e comunitaria testimonianza cri- stiana e non semplicemente con la proposta di una dottrina sociale.

L'analisi che proponiamo non intende essere dettagliata; si li- mita ad evidenziare alcuni fenomeni di dimensioni macroscopiche, che hanno il carattere della generalità e della persistenza e ai qua- li possono essere ricondotte le molte realtà e problematiche parti- colari.

Porre in stretta relazione la conoscenza delle realtà sociali, l'im- pegno nel sociale e l'adesione viva al Vangelo che salva, è quanto la dottrina sociale della Chiesa richiede come condizione ed esigenza per l'evangelizzazione del sociale. In tal senso per i credenti l'im- pegno nel sociale non è secondario, marginale, aggiunto, periferi- co: è, invece, essenziale e irrinunciabile per la missione di annun- cio e di testimonianza del Vangelo affidata ai cristiani.

41. - I1 primo problema da affrontare è quello di aiutare il mon- do del lavoro a uscire dalla logica economicistica, all'interno della

Ivi, n. 36.

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quale esso naviga, per così dire, tra due scogli: quello rappresenta- to dalla riduzione di tutto l'uomo alla sola dimensione di lavorato- re e quello che tende a ridurre il lavoro a un settore circoscritto e separato dell'esistenza umana. Per evitare di naufragare sull'uno O sull'altro scoglio dobbiamo riferirci ai criteri-guida chiaramente formulati dall'enciclica Laborem exercens: il primato dell'uomo sul lavoro, il primato del lavoro sul capitale e il primato della destina- zione universale dei beni sulla proprietà privata 52.

Gli argomenti contro una concezione economicistica del lavoro umano vanno facendosi sempre più forti: gli studi attuali favoriscono nettamente l'idea che il lavoro incorpora non solo le ragioni econo- miche, ma anche quelle familiari, religiose, culturali, educative. I1 lavoro, in realtà, è strettamente connesso alle relazioni sociali in- tersoggettive. Escludendo il riduzionismo economicistico, viene meno ogni determinismo tra gli attori della produzione: il lavoro appar- tiene al mondo della libertà, in cui si sviluppano il dibattito e la responsabilità, l'assunzione del rischio e il servizio all'altro.

42. - Occorre essere consapevoli delle enormi conseguenze di ciò che sta avvenendo negli attuali processi produttivi con l'intro- duzione delle nuove tecnologie: la produzione tende sempre più ad incorporare sapere, informazione e servizio; in un certo senso essa si "dematerializza". La fecondità della produzione è racchiusa più negli aspetti invisibili che in quelli visibili.

Questo processo di "dematerializzazione" della produzione è pie- namente percepito dalla Centesimus annus e interpretato come una valorizzazione del capitale umano di conoscenze, di esperienze, di solidarietà e di comunione. "La principale risorsa dell'uomo insie-

P' 53, me con la terra è l'uomo stesso . il capitale non è più concentra- to esclusivamente nei beni materiali, ma consiste anche in un pa- trimonio intellettuale e morale; comprende un'ampia varietà di real- tà eterogenee, tra le quali la proprietà della terra acquista ormai un aspetto in un certo senso trascurabile o almeno secondario. È un patrimonio che si accresce ogni giorno per lo sviluppo di nuove tecniche, di nuovi processi tecnologici, per l'inserimento nel mer- cato di nuovi beni.

Queste risorse immettono nella logica economica tradizionale delle novità, i cui sviluppi sono imprevedibili, perchè esse non si esauriscono con l'uso ma si moltiplicano, e sono connesse alla co-

52 Cf GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. L n b o z m exeucens, nn. 6 e 12. 53 GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centesimzts nnnus, n. 32.

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noscenza, all'informazione, alla formazione, alla creatività e alla re- lazionalità intersoggettiva.

Ogni nuovo processo tuttavia porta con sè anche nuove margi- nalità. Assistiamo a un dualismo tra lavoratori qualificati e dequa- lificati. Tra questi esiste incomunicabilità: ciò che li discrimina è l'istruzione. Lo stesso concetto di 'operaio' perde significato e si con- centra nelle forme di lavoro più marginali. Qui si trovano alcune categorie dei 'nuovi poveri' della società del benessere.

43. - La qualità dell'esperienza personale e del vivere sociale ha come suo parametro fondamentale il lavoro.

La distribuzione delle opportunità di accesso al lavoro, la qua- lità e la quantità delle occasioni di impiego, l'organizzazione del tem- po sono criteri che consentono di misurare il grado di civiltà di una società.

I1 lavoro è stato, e con tutta probabilità tornerà ad essere, il grande motore del processo di riconoscimento dei diritti che quali- ficano la cittadinanza.

Ma per troppe persone, in Italia, il lavoro continua ad essere un diritto negato.

La disoccupazione, in termini quantitativi, si colloca geografi- camente al Sud, dove il lavoro manca; ma anche il Centro e il Nord stanno entrando in una nuova fase di difficoltà e di crisi per molti settori produttivi: ciò rende certamente più difficile, se non impos- sibile, la ricerca della qualità del lavoro, che finora aveva caratte- rizzato positivamente la limitata disoccupazione di queste aree del nostro Paese.

L'età e il sesso diventano elementi sempre più discriminanti per l'accesso al lavoro. Le donne, in particolare, sono sempre più pe- nalizzate da orari di lavoro incompatibili con le esigenze della fa- miglia, della comunione coniugale e dell'educazione dei figli; e non sono tutelate in modo efficace nel loro diritto alla maternità, sem- pre più frequentemente posto in alternativa al diritto al lavoro. La carenza e il costo dei servizi sociali aggravano ulteriormente la con- dizione femminile e compromettono i delicati equilibri che consen- tono alle famiglie una vita serena.

I1 panorama del mondo del lavoro stigmatizza le questioni di fondo, politiche e morali, del nostro Paese 54 ed è una delle confer- me più evidenti di come e di quanto il lavoro determini la qualità del vivere civile.

54 Cf CEI, DOC. delltEpiscopato italiano Svi luppo nella solidarietb - Chiesa italia- na e Mezzogiorno, n. 9.

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44. - Molti ritengono ormai finita la centralità del lavoro. Ciò porta alla ricerca di altre centralità o surrogati, oppure alla fran- tumazione degli interessi e degli obiettivi.

Ma una simile analisi appare alquanto semplicistica e ridutti- va perchè il lavoro continuerà ad essere importante per due fonda- mentali ragioni: - il lavoro è e sarà sempre espressione della persona, anche se il

vasto e articolato tema della "umanizzazione del lavoro" è ben lontano, purtroppo, dall'essere posto al centro dell'attenzione;

- all'interno di tutte le organizzazioni pubbliche e private, delle im- prese multinazionali, delle tecnostrutture, ecc., le persone sono comunque presenti e sono o devono essere coinvolte su ciò che si produce, sul come si produce e per che cosa si produce. È que- sto il grande tema della partecipazione in azienda, che è innanzi- tutto partecipazione dei lavoratori e del sindacato.

C'è stato storicamente un grande movimento operaio, che ha avuto come suo riferimento una certa idea e realtà del lavoro. Ora il problema attuale è la possibilità di rilanciare un grande movi- mento associato dei lavoratori 55, sulla base dell'idea e dell'esperienza del lavoro come espressione della persona e come partecipazione 56.

I1 sindacato non può accontentarsi di realizzare la propria nor- male attività senza esplicitare i valori per cui si muove e l'etica a cui si ispira. Nè può trascurare un rapporto stretto con i lavorato- ri, anche e soprattutto quando è chiamato ad assumere crescenti compiti a livello generale.

I1 sindacato, pertanto, non può diventare una grande organiz- zazione burocratica, ma deve essere espressione dei lavoratori, di- fenderne i diritti e tutelarne la soggettività, "svolgendo al tempo stesso una funzione essenziale di carattere culturale, per farli par- tecipare in modo più pieno e degno alla vita della nazione e aiutar-

r 7 57 li lungo il cammino dello sviluppo .

45. - I1 problema oggi aperto è quello dei fini dell'operare uma- no. Si è insistito, forse troppo unilateralmente, nel sottolineare gli aspetti positivi dei mutamenti strutturali del lavoro nella società contemporanea. Non dobbiamo tuttavia trascurarne i risvolti nega- tivi o, comunque, oscuri e inquietanti.

Siamo di fronte ad un'apertura di orizzonti, ma ciò significa solo che nuove potenzialità sono offerte. Il modo concreto secondo cui

5 5 Cf GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centesimus nnntls, n. 43. 56 Cf Ivi, n. 35. 57 Cf Ivi, n. 35.

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saranno attivate resta però sempre affidato alla libertà dell'uomo e alla sua responsabilità.

Ci si deve chiedere a cosa ordinare il futuro, in vista di quali assetti sociali muoversi, quali valori conquistare. L'uowzo occiden- tale si presenta ricco di strumenti ma povero di fini. Emerge all'in- terno del sistema economico e nei rapporti di questo con l'intero vivere civile una domanda di senso, che può avere risposta solo da una visione globale dei valori, dei problemi e delle situazioni.

I1 disorientamento sui fini è tanto più grave quanto più urgen- te oggi è la costruzione di nuovi assetti: non basta più muoversi entro gli stessi orizzonti di ieri, perchè sono ormai profondamente mutati e immensamente allargati.

B) L'economia

46. - Le grandi sfide alle quali lo sviluppo economico e sociale deve far fronte richiedono un salto di qualità nella produzione e nella distribuzione della ricchezza. La scienza e la tecnologia allargano il ventaglio delle scelte possibili; si dilata, di conseguenza, l'area di responsabilità dei diversi soggetti.

Nel campo economico è l'uomo l'artefice dei meccanismi di fun- zionamento dell'economia, sia pure in forme mediate attraverso l'in- treccio dei rapporti sociali e delle forme istituzionali. L'interroga- tivo su ciò che è bene e su ciò che è male si pone ormai in termini acuti e ineludibili. Si fa strada il convincimento che le norme eti- che possono creare le condizioni per una società più giusta.

Ma affinchè la riflessione non resti estranea al luogo storico- culturale, le norme etiche devono incarnarsi nella prassi, nei com- portamenti, tanto a livello teorico - responsabilità dell'economi- sta e dell'intellettuale in genere -, quanto a livello dell'azione socio- economica - responsabilità dell'operatore: imprenditore, manager, politico, sindacalista.

47. - Non esistono barriere alla costruzione di un'economia che intende porsi a servizio dell'uomo, purchè si decida finalmente di uscire dai condizionamenti dell' 'homo oeconomicus', dai suoi pre- supposti di individualismo, di consumismo e di edonismo 58.

L'agire economico attuale sta dimostrando una crescente incom- patibilità con l'etica utilitaristica e reclama l'ancoraggio a un codi-

58 Cf GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Laboreuvr exercens, nn. 7 e 13.

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ce morale più ricco ed esigente per essere, sotto lo stesso profilo economico, efficiente ed efficace.

L'economia può e deve diventare una disciplina aperta, capace di trascendere in nome dell'etica i propri limiti e di ampliare così il suo orizzonte conoscitivo e operativo.

Tutto ciò interpella un numero crescente di studiosi delle di- scipline economiche, in modo speciale i cattolici, invitati a ravviva- re e a sviluppare la loro ricerca in modo da garantire un circuito tra le esigenze morali e i progressi intellettuali e da ridare alla teo- ria economica la sua valenza umana e comunitaria.

Per gli imprenditori e i manager in generale, e sicuramente per quelli che sono cristiani, l'economia deve essere anzitutto un servi- zio reso alla comunità. Analogamente, le organizzazioni sindacali de- vono allargare gli ambiti della cooperazione e della solidarietà so- ciale e sviluppare pratiche di partecipazione e di attiva responsa- bilizzazione in ordine alla quantità e qualità del lavoro.

48. - L'enfasi che alli'nterno del mondo capitalista oggi viene po- sta sulla centralità del mercato - enfasi rafforzata dal fallimento del sistema antagonista - non sempre si traduce nella ricerca di quelle condizioni che possono fare del mercato un garante e un pro- motore di libertà, responsabilità e pluralismo, all'interno di un ade- guato quadro politico-culturale 59.

L'enfasi rappresenta sempre più spesso un alibi e una copertu- ra, quando si delega al mercato ciò che non si è in grado di fare o non si vuole fare secondo ragione. Attraverso il mercato passano logiche di prevaricazione e di dominio da parte di soggetti che, gra- zie alla loro forza sovranazionale e alla loro presenza nei mass- media, possono condizionare e configurare il mercato stesso secondo i loro interessi.

La questione è indubbiamente complessa e non basta chiedere 'più stato' o 'più controllo pubblico' perchè sia automaticamente risolta. La necessità di una 'regolazione politica' del mercato è fuori discussione: senza di essa, infatti, non è possibile una democrazia economica.

La 'regolazione politica', così come attualmente si configura spe- cie nel nostro Paese, appare poco influente, culturalmente ed eti- camente subalterna nell'attivazione di scambi di basso profilo, ispi- rati alla logica della clientela. I1 mercato chiama in causa la politi- ca per ottenere aiuti, sostegni, immunità; la politica chiama in causa il mercato per mascherare la propria inefficienza e inefficacia.

59 cCf GIOVANNI PAOLO 11. Lett. Enc. Centesimus ann~ts. n. 42.

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C) La politica

49. - La crisi della politica si evidenzia oggi nella perdita del ruolo di centralità che tradizionalmente le veniva attribuito.

Fagocitata dai grandi processi economici e di innovazione tec- nologica, condizionata e modellata dall'invadenza dei mass-media, priva, con la contestuale crisi delle ideologie, di adeguate giustifi- cazioni di ordine teorico e ideale, la politica si trova a non poter più esercitare quella funzione di mediazione e di sintesi, di indiriz- zo della vita civile in ordine al bene comune che costituisce la sua stessa ragione d'essere.

I1 superamento della crisi della politica passa attraverso il ri- trovamento di quelle ragioni etiche della convivenza sociale che sono la vera anima della democrazia 60.

Sulle ragioni alte della politica e dell'esercizio del potere il Van- gelo non è neutrale e indifferente, perchè propone i grandi valori antropologici e morali attorno ai quali si deve realizzare l'impegno unitario dei cristiani. Essi sono in particolare, come si legge nel do- cumento Evangelizzazione e testimonianza della carità: "il primato e la centralità della persona, il carattere sacro e inviolabile della vita umana in ogni istante della sua esistenza, la figura e il contri- buto della donna nello sviluppo sociale, il ruolo e la stabilità della famiglia fondata sul matrimonio, la libertà e i diritti inviolabili de- gli uomini e dei popoli, la solidarietà e la giustizia a livello mondiale"61.

50. - Alla concezione tragica del potere, che si esprime nella vo- lontà di potenza e di dominio, il Vangelo contrappone una conce- zione umile e di servizio, in cui i bisogni dei più indifesi hanno la precedenza.

La politica non sempre è capace di quell'autentico discernimento che la porta a privilegiare i più poveri; ad avere attenzione alle nuove povertà che l'efficienza della società moderna continuamente pro- duce, spesso a livelli immateriali e spirituali; a superare gli squili- bri tra ricchezza e povertà, tra sviluppo e sottosviluppo mediante la scelta di un modello di sviluppo capace di creare un nuovo ordi- ne internazionale.

Le persone impegnate in politica devono possedere determina- te virtù per dare consistenza morale al loro pensiero e alla loro azio- ne: competenza, onestà, amore e impegno per la giustizia, sobrietà,

60 Cf Ivi, n. 46. 61 C E I , Evangelizzazioize e testimonianza della caritri, n. 41.

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servizio generoso e gratuito, capacità di amicizia, di relazione e di partecipazione alle vicende della gente, consapevolezza della prov- visorità e dei limiti dell'opera compiuta.

Tutto ciò qualifica come 'umano' lo stile di fare politica. È uno stile che troppo spesso manca. Esso attiene a una impostazione ge- nerale della vita personale, alla globalità di un sistema, alla sua ri- spondenza a servire il bene comune e la persona umana. Oggi la questione politica è diventata questione morale 62. Per questo nei suoi confronti è impossibile la neutralità.

51. - Manca anche, oppure è inadeguata, una riflessione morale sui mezzi, che offra ai fini che si vogliono perseguire regole, proce- dure e disegni istituzionali coerenti con i valori posti a fondamen- to della convivenza civile e capaci di dare concretezza di vita ai prin- cipi che si intendono servire.

La politica ha la funzione di dettare le regole e di elaborare il quadro giuridico nel quale le varie soggettività della società sia- no rispettate e valorizzate, secondo il principio della sussidiarietà.

Le regole e il quadro giuridico devono indirizzare al bene co- mune i poteri e gli interessi presenti nella società, dal momento che il bene comune "non è la semplice somma degli interessi particola- ri, ma implica la loro valutazione e composizione fatta in base ad un'equilibrata gerarchia di valori e, in ultima analisi, ad un'esatta

1 ) 63 comprensione della dignità e dei diritti della persona . I1 bene comune è la finalità stessa della politica. Ad esso la po-

litica non deve affatto sottrarsi: in una società complessa come la nostra, ricca di fermenti e di valori, ma anche di poteri e di inte- ressi troppo facilmente abituati a farsi ragione da soli, c'è bisogno di più politica, non di meno politica: c'è bisogno di una politica giusta.

La solidarietà orizzonte di futuro

52. - Per la cultura e la vita sociale e politica del nostro Paese, così come per l'Europa e il mondo intero, la solidarietà è l'unico orizzonte di rinnovamento e di crescita, di apertura al futuro 64.

62 Cf Ivi, n. 51; cf COMMISSIONE ECCLESIALE GIUSTIZIA E PACE, Nota pastorale Educa- ve alla legalità, n. 16.

63 GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 47. " Cf COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, Nota pastorale

Chiesa e lavoratori nel cambiamento, n. 29. Rimandiamo alla lettura di questa Nota pastorale, ricca di indicazioni ancora molto attuali, per una comprensio- ne più approfondita sia delle tematiche trattate in questo capitolo sia del ruo- lo e dei compiti della pastorale sociale.

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La soluzione dei maggiori nodi problematici che caratterizza- no la situazione italiana contemporanea non può essere trovata al di fuori di una logica di solidale ricerca del bene comune.

La capacità di interpretare entro i bisogni di tutti e di ciascu- no un progetto globale deve ridefinire l'azione politica e conferire efficienza reale al sistema economico e produttivo.

L'azione politica deve ispirarsi alla solidarietà e al principio di sussidiarietà per esprimersi come sintesi delle istanze emergenti dal- la società e come loro corretta mediazione a livello istituzionale. Solo così la politica può acquistare e maturare forti motivazioni eti- che indispensabili a promuovere il bene comune.

In una prospettiva di solidarietà e nel rispetto del principio di sussidiarietà è possibile una corretta concezione del rapporto fra la tutela dei fondamentali diritti di ogni cittadino, che è funzione insostituibile dello Stato, e la legittima rivendicazione dei diritti della professionalità e della responsabilità sociale.

L'alternativa alla solidarietà e alla sussidiarietà è una privatiz- zazione senza regole, che radicalizza le differenze e penalizza le fa- sce meno garantite della popolazione.

Le distanze tra Nord e Sud dellrItalia e la drammaticità delle nuove situazioni di povertà, materiale, culturale e morale, sono state enormemente accentuate dallo smarrimento del senso autentico e della finalità propria della politica.

L'assunzione della solidarietà, come criterio primario delle de- cisioni e orizzonte entro cui collocare lo sviluppo globale della co- munità nazionale, è la condizione che si impone oggi per orientare il cambiamento sociale alla convivenza pacifica, alla giusta accoglien- za dello straniero, del povero, dell'emarginato.

Tutte le comunità cristiane e ogni singolo credente, per il man- dato che da Cristo hanno ricevuto, sono debitori a questa società di una testimonianza evangelica appassionata e luminosa, di un im- pegno orientato al bene di tutti e di ciascuno, che sia pietra di pa- ragone, fonte di ispirazione e inesauribile risorsa di bene per lo svi- luppo e il perfezionamento del sistema politico democratico.

IV

IL METODO DELLA PASTORALE SOCIALE

53. - Annunciare il Vangelo e portare gli uomini alla fede non sono mai stati un'impresa pastorale facile, sia per il carattere im-

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pegnativo e radicale delle istanze evangeliche, sia per il profondo e rapido variare delle situazioni sociali e culturali.

Le forme dell'evangelizzazione devono sapersi sempre misura- re con la realtà e con il momento storico. I metodi pastorali, di con- seguenza, non possono essere immutabili e il loro continuo rinno- vamento è un'esigenza imprescindibile di un'evangelizzazione che è da rivolgersi all'uomo di ogni tempo.

La necessità di un progetto pastorale

54. - L'impegno pastorale esprime anzitutto l'essere stesso del- la Chiesa particolare che vive e opera nella storia e nel territorio.

"In un certo senso non può esserci pastorale che non sia 'so- ) ) 65 ciale', che non interagisca con la società, la cultura, il territorio .

Le Chiese particolari, infatti, "sono nel mondo e per il mondo se- gno visibile e tangibile dell'amore misericordioso del Padre per il conforto e la piena liberazione dell'uomo. A questa missione i sin- goli cristiani sono chiamati a partecipare, secondo il grado del lo-

r r 66 ro ministero . La Chiesa particolare, attraverso progetti globali e unitari di

un'azione che viene programmata negli obiettivi, nelle attività e nei mezzi, non solo rende più efficace e incisiva la sua opera, ma co- struisce e porta a perfezione anche se stessa.

Per un progetto di pastorale sociale è necessario tener conto di quanto segue: - i destinatari, chiamati peraltro a divenire soggetti attivi e respon-

sabili, sono i giovani e gli adulti, gli uomini e le donne, in quan- to lavoratori, sindacalisti, politici, operatori economici, impren- ditori, ecc.;

- la riflessione, la celebrazione, la testimonianza della fede devo- no essere favorite da esperienze che rispondano alle esigenze e sensibilità dei destinatari;

- il progetto di pastorale sociale è reso efficace dalla collaborazio- ne fr-a le diverse strutture della comunità ecclesiale impegnate negli ambiti del lavoro, dell'economia e della politica.

La collaborazione è una risorsa preziosa che non dev'essere mor- tificata e sprecata da una facile improvvisazione. È invece da valo- rizzare mediante una diversificazione dell'azione pratica, sapiente- mente concertata dai vari livelli che concorrono alla sua realiz- zazione.

65 Ivi, n. 17. 66 GIOVANNI PAOLO 11, Alloc~tzione al Convegno ecclesiale di Loreto, n. 2.

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La pastorale degli ambienti

55. - L'obiettivo della pastorale sociale non si restringe all'evan- gelizzazione delle persone, ma si apre sui loro ambienti di lavoro e di vita sociale. Gran parte della vita quotidiana, infatti, si svolge in questi ambienti risultandone profondamente orientata e plasmata.

Sembra quindi molto difficile o problematico raggiungere in mo- do significativo ed efficace le persone senza un'adeguata pastorale degli ambienti: è una pastorale purtroppo carente nella Chiesa ita- liana, se non in qualche modo regredita.

Questa carenza, dovuta a una sorta di 'restringimento' dell'a- zione pastorale all'interno della dimensione parrochiale o diocesa- na, chiede di essere opportunamente colmata.

Il messaggio del Vangelo e le realtà sociali

56. - Annunciare il messaggio del Vangelo, porlo costantemen- te in rapporto con il lavoro, l'economia e la politica, conformare queste stesse realtà al messaggio evangelico: sono questi i criteri fondamentali dell'evangelizzazione del sociale, che devono ispirare e orientare la pastorale sociale. - Una nuova evangelizzazione del mondo del lavoro, dell'economia

e della politica è vera evangelizzazione solo se è annuncio del mes- saggio centrale del Vangelo: Dio in Gesù Cristo è salvatore di ogni uomo.

- I1 messaggio cristiano della salvezza dev'essere posto costante- mente in rapporto con il lavoro, l'economia e la politica come principio della loro interpretazione. L'analisi e il giudizio su queste realtà devono mostrare la rile- vanza originale e decisiva che il Vangelo della salvezza ha nei lo- ro confronti.

- I1 mondo del lavoro, dell'economia e della politica è evangelizza- to soltanto se le decisioni e le scelte in esso operate vengono real- mente conformate al messaggio evangelico.

È il punto più esaltante e impegnativo: il lavoro, l'economia e la politica, in concreto, devono mostrare l'inesauribile fecondità an- che sociale della salvezza cristiana, anche se una conformazione per- fetta e definitiva di queste realtà al Vangelo non potrà attuarsi nella storia: nessun risultato, anche il più riuscito, può sfuggire ai limiti della libertà umana e alla tensione escatologica di ogni realtà creata.

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I limiti de11'evangelizzazione del sociale

57. - I1 riferimento al sociale, pur basilare e di grande impor- tanza, non è l'unico riferimento per l'evangelizzazione. Questa in- fatti ha un contenuto molto più ampio: d'altra parte il sociale co- stituisce una dimensione essenziale e ineludibile dell'annuncio del Vangelo.

In particolare, la proposta di Gesù è rivolta anzitutto alla per- sona nella sua individuale libertà e responsabilità, invitata a dire il suo 'sì' a Dio che in Cristo la chiama.

La verità di Dio va certamente proposta attraverso la sua rile- vanza storica e sociale, ma non è accessibile soltanto per questa via.

La visione cristiana e la realtà stessa dell'intelligenza dell'uo- mo, che può conoscere la verità al di là della sua rilevanza storica e sociale, non sono compatibili con una concezione puramente prag- matica della conoscenza e della verità, con interpretazioni ridutti- ve e relativiste che adottano quale criterio di valutazione delle azioni umane il solo successo storico. Una riduzione di questo genere sa- rebbe profondamente non cristiana.

L'evangelizzazione come atto ecclesiale

58. - Evangelizzare non è mai un atto esclusivamente individuale e quindi isolato, ma è un atto profondamente ecclesiale: è una gra- zia e una responsabilità che Cristo affida alla Chiesa come tale.

In tal senso ogni evangelizzatore, come diceva Paolo VI, è chia- mato ad agire "non per una missione arrogatasi, nè in forza di un'i- spirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e

9 , 67 in nome di essa . Inoltre, "se uno evangelizza in nome della Chie- sa, la quale a sua volta lo fa in virtù di un mandato del Signore, nessun evangelizzatore è padrone assoluto della propria azione evan- gelizzatrice con potere discrezionale di svolgerla secondo criteri e prospettive individualistiche, ma deve farlo in comunione con la

) ) 68 Chiesa e con i suoi Pastori .

I2 discernimento pastorale

59. - L'esercizio del discernimento 69 è essenziale per l'azione della Chiesa in ogni ambito, quindi anche in quello sociale.

67 PAOLO VI. Esort. Apost. Evangelii nuntiandi. n. 60. Ivi, 11. 60.

69 Cf Ivi. n. 7 ; cf CEI, Nota pastorale La Chiesa in Italia dopo Loreto, nn. 44-45.

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I1 discernimento sollecita la riflessione comunitaria e persona- le di tutti i soggetti ecclesiali ed esige e stimola la seguente pro- gressione di ricerca.

- La lettura dell'esistente o della situazione sociale in atto: ciò suppone la capacità di avvalersi criticamente delle scienze umane e di utilizzarne gli strumenti per la ricerca e l'indagine, chiede at- tenzione alle diverse realtà locali e ai cambiamenti di significato che subiscono le categorie concettuali tradizionali.

- Il confronto delle realtà sociali con la Parola di Dio e con la viva tradizione della Chiesa. La Parola di Dio ci conduce a vedere il nostro tempo come tempo e luogo del Regno e a viverlo nella spe- ranza cristiana; ci aiuta, di conseguenza, a superare le tentazioni di costruire un progetto pastorale prescindendo dal contesto socia- le, dalle sue difficoltà e povertà, ma anche dalle sue risorse e dai germi di speranza sempre seminati nella storia. La tradizione ec- clesiale è la mediazione autorevole e necessaria della stessa Parola di Dio: attraverso il Magistero sociale, pontificio ed episcopale, la testimonianza dei santi, le esperienze del popolo di Dio e le rifles- sioni dei teologi, essa offre l'aiuto più immediato al discernimento spirituale, etico e pastorale della comunità.

- Le scelte pastorali. La Chiesa le compie dopo aver individuato le urgenze presenti nella società e nella cultura e gli ambiti con- creti dell'azione pastorale.

Indichiamo ora alcune urgenze per l'impegno della Chiesa in Italia nella pastorale sociale.

Le scelte urgenti per la pastorale sociale

60. - Una rinnovata proposta dell'etica. È forse l'esigenza più evidente che emerge con forza dalla situazione sociale, politica ed economica del Paese. Nonostante diverse apparenze contrarie, gran- de è l'attesa della società italiana nei riguardi della Chiesa. La pro- posta etica della Chiesa deve partire da alcuni punti classici della dottrina sociale: - la verità sul lJuomo, che della vita sociale costituisce il principio

fondamentale: "i singoli esseri umani sono e devono essere il fon- damento, il fine e i soggetti di tutte le istituzioni in cui si espri-

7 ) 70 me e si attua la vita sociale . - I grandi valori che presiedono ad una convivenza ordinata e fe-

conda: la verità, la giustizia, la solidarietà operante e la libertà 71.

70 GIOVANNI XXIII, Lett. Enc. Mnter et mngistrn, n. 228. 71 Cf GIOVANNI XXIII, Lett. Enc. Pncem in terris, n. 16.

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- Il rapporto necessario del lavoro, dell'economia e della finanza, della politica e delle istituzioni pubbliche con l'etica. I1 discorso generale dell'etica esige di essere articolato secondo i diversi ca- pitoli del vivere umano, passando dalle affermazioni generali dei principi alla formulazione di norme comportamentali. In questo campo è necessaria l'interazione tra i teologi moralisti e i laici competenti nei singoli settori per scienza ed esperienza. In tutti questi settori della vita sociale occorre giungere all'individuazione di una normativa etica che sappia armonizzare e concretizzare la finalità e l'intenzionalità buona con l'efficacia storica dell'o- perare per il bene.

- La proposta del bene comune richiede un passaggio culturale. I1 bene comune ha una precedenza sul bene particolare. La ricerca e l'attuazione del bene comune non sono aggiuntive e facoltative rispetto alla ricerca del bene particolare: quello è invece l'oriz- zonte e la condizione di questo 72.

61. - La formazione della coscienza dei cristiani e delle comuni- tà alla responsabilità, alla moralità e alla legalità.

L'affievolirsi del senso della legalità nelle coscienze e nei com- portamenti denuncia una carenza educativa non solo nella forma- zione sociale dei cittadini, ma anche nella stessa formazione perso- nale. È allora ancora più necessario proporre nell'opera educativa, in modo limpido e vigoroso, la dignità e la centralità della persona umana, l'importanza del suo agire in libertà e responsabilità, il va- lore di un'esistenza vissuta nella solidarietà e nella legalità 73.

Non sarà sufficiente neppure formare le coscienze dei singoli: attorno ad alcuni valori e ad alcune norme etiche è necessario creare consenso a livello di mentalità. "I grandi valori morali e antropo- logici che scaturiscono dalla fede cristiana devono essere vissuti an- zitutto nella propria coscienza e nel comportamento personale, ma anche espressi nella cultura e, attraverso la libera formazione del consenso, nelle strutture, leggi e istituzioni. Intorno ad essi non può quindi non realizzarsi la convergenza e l'unità d'impegno dei cri- stiani" 74.

62. - La pastorale sociale non può realizzare efficacemente l'e- vangelizzazione e la promozione umana nel lavoro, nell'economia

72 Cf CONC. ECUM. VAT. 11, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gau- diuvrz e t spes, n. 26.

73 Cf COMMISSIONE ECCLESIALE GIUSTIZIA E PACE, Nota pastorale Educare alla legali- tà, n. 15.

74 CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 41.

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e nella politica, se viene a mancare una contestuale pastorale della famiglia, della cultura, dei mezzi di comunicazione sociale.

Si dà, infatti, una profonda interdipendenza tra questi ambiti e la pastorale sociale.

L'azione sociale, economica e politica di ispirazione cristiana ha assoluto bisogno di questa opera pastorale complessiva e orga- nica per essere coerente con i suoi presupposti, ma nello stesso tem- po per non essere votata in partenza alla sconfitta, alla irrilevanza storica.

Se quest'opera è assente vengono a mancare le premesse cul- turali che rendono possibile un operare sindacale, politico, econo- mico cristianamente ispirato e nello stesso tempo verificato e inci- sivo sul piano storico.

63. - La preparazione di soggetti sociali e politici all'altezza dei tempi. Le comunità cristiane e le aggregazioni ecclesiali sono state in passato luoghi e occasioni per preparare uomini che, con onore e competenza, hanno esercitato il potere politico, democraticamen- te assunto, nella ricerca del bene comune. La storia del movimento cattolico lo documenta. Le comunità cristiane non possono permet- tere ora che un simile patrimonio venga disperso.

L'enciclica Centesimus annus ammonisce che "una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto op-

) i 75 pure subdolo, come dimostra la storia . È su questo terreno che il mondo cattolico deve dare il suo con-

tributo di esperienza e di riflessione: nella coniugazione tra demo- crazia e proposta di valori etici, col loro irrinunciabile riferimento alla verità cristiana. Questo è uno dei più significativi compiti del- le Scuole di formazione all'impegno sociale e politico, che proprio per questo sono motivo di speranza nelle Chiese particolari e nel Paese.

64. - La scelta preferenziale dei poveri. Questa si configura co- me "un'opzione o una forma speciale di primato della carità cri-

) i 76 stiana, testimoniata da tutta la tradizione della Chiesa . È una scelta che anche la Chiesa in Italia è chiamata a vivere con crescente determinazione e coraggio.

La carità della Chiesa e dei cristiani è misurata da questa scel- ta, espressione di vera e piena fede in Cristo. La carità, partecipa-

75 GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centesimus annus , n. 46. 76 GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Sollicitudo rei socialis, n. 42; cf CEI, Evnngelizza-

zione e testimonianza della carith, n. 39.

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zione dello stesso amore di Dio, è promozione del soggetto umano 'povero'. Infatti privilegiare i poveri significa, sul piano antropolo- gico e sociale, privilegiare i "non soggetti", offrendo loro la possi- bilità concreta di assurgere alla consapevolezza e alla realtà di sog- getti sociali, in grado di gestire responsabilmente la propria esisten- za e di contribuire al bene comune. È una carità che implica la giu- stizia e promuove la costruzione di una società autenticamente de- mocratica.

Nello sforzo di risolvere i problemi delle vecchie e nuove po- vertà, la pastorale sociale collaborerà con i diversi organismi ec- clesiali impegnati nel settore delle attività caritative.

65. - Itinerari non occasionali di spiritualità per persone irnpe- gnate nel sociale e i n politica. "Per il cristiano, l'azione sociale de- ve essere espressione di una vita secondo lo Spirito, un modo, cioè, di vivere la carità, che è la vita di Dio riversata nel suo cuore per mezzo dello Spirito santo. In questo senso, anche l'impegno sociale e politico gli si presenta come una specifica strada di perfezione

" 77 nella carità, cioè di santificazione . La proposta della spiritualità è la proposta più appropriata e

urgente che la comunità ecclesiale deve fare ai cristiani chiamati a vivere la fede e la carità sul fronte arduo della politica e della gestione delle istituzioni pubbliche. Non c'è dubbio, infatti, che so- lo una spiritualità radicata saldamente nell'ascolto della parola, nella preghiera, nella celebrazione dei sacramenti e nella vita di grazia, può aiutare il cristiano a coniugare la carità verso i fratelli e il ri- spetto delle leggi, l'attenzione alle persone e l'efficacia operativa, l'ascolto di tutti e la capacità decisionale. Da questa spiritualità il cristiano riceverà forza per resistere alle lusinghe del potere fine a se stesso e del facile arricchimento personale e di gruppo.

Strumento ordinario del cammino di spiritualità è una direzio- ne spirituale puntuale e qualificata, per la quale sono richieste la presenza e la disponibilità dei sacerdoti.

GLI EVANGELIZZATORI DEL SOCIALE

66. - Nella Esortazione Christifideles laici Giovanni Paolo I1 af- ferma: "Per la evangelizzazione del mondo occorrono, anzitutto, gli

1' 78 evangelizzatori .

77 COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, Nota Pastorale La pastoi~c~le pera le peiysoize irnpegizclte i n c a m p o sociale e politico. n. 6 .

7s GIOVANNI PAOLO 11, Esort. Apost. ChristiJicleles laici, n. 35.

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È questa un'esigenza di base, come ci ricorda l'apostolo Paolo: "Ora, come potranno invocarlo senzaaver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come po- tranno sentirne parlare senza che uno lo annunzi?" (Rm 10'14-15). L'azione evangelizzatrice dipende, senza dubbio, dai diversi opera- tori di pastorale.

L'obiettivo di una nuova evangelizzazione del sociale deve im- pegnare profondamente tutti coloro che si dedicano alla pastorale del lavoro, dell'economia e della politica; esige nuovo ardore, nuo- vo spirito, nuova determinazione, nuovi atteggiamenti, nuovo stile nell'assumere e vivere la missione dell'annuncio del Vangelo.

Di qui l'esigenza di un'attenta riflessione sullo spirito e sul ruolo degli operatori della pastorale sociale, senza i quali il dinamismo missionario della Chiesa perderebbe slancio e vigore.

La convevsione pastovale

67. - Lo Spirito del Signore chiama alla conversione pastorale. E questa la chiave di accesso a una evangelizzazione veramente ri- spondente alle novità che attraversano gli scenari sociali, economi- ci e politici del nostro tempo, le cui conseguenze si ripercuotono anche nell'ambito morale e spirituale.

I diversi cambiamenti nei metodi e nelle strutture richiesti da una nuova evangelizzazione del sociale dipendono da una precisa condizione: che gli operatori di pastorale sociale realizzino una ve- ra e sincera conversione pastorale.

E questa, frutto della grazia di Dio, avviene con: - l'apertura allo Spirito: per evangelizzare occorre fare esperienza

di Dio; - la disponibilità al cambiamento di mentalità, per poter intuire,

individuare e realizzare le nuove modalità dell'azione pastorale; - l'impegno alla formazione permanente, con un atteggiamento di

umiltà e apertura intellettuale, di disponibilità, pazienza e gene- rosità nella fatica.

L'evangelizzatore non nasce tale, ma si fa. Ogni processo di formazione, pertanto, non può prescindere dal-

le disposizioni personali e dall'impegno morale e spirituale: tutto questo è da tenere in grande considerazione proprio quando ci si preoccupa di offrire aiuti strutturali e istituzionali al processo for- mativo.

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Lo spirito missionario

68. - Gli operatori di pastorale sociale , in vista di una nuova opera evangelizzatrice, devono avere coscienza di se stessi come di missionari.

Le varie situazioni in cui normalmente oggi viviamo possono essere qualificate come situazioni di missione, perchè se molti so- no i battezzati, pochi sono gli evangelizzati.

È necessario, dunque, rinnovare e alimentare in noi lo spirito missionario, superando schemi mentali, attitudini psicologiche, azio- ni abitudinarie, per annunciare il Vangelo della salvezza ai battez- zati delle sole anagrafi parrocchiali e alle persone di buona volon- tà, a quanti il Signore pone sulla nostra strada.

La pastorale sociale è rivolta sì all'interno, ma anche e soprat- tutto all'esterno della comunità ecclesiale.

Non sono soltanto gli operatori della pastorale sociale, d'altra parte, ad avere questo mandato di 'uscire in ricerca' per annuncia- re il Vangelo e raccogliere in unità gli uomini: è, questo, il preciso dovere dell'intera comunità cristiana e di tutti i suoi membri: "An- date in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).

Il dovere della testimonianza

69. - Oltre alla conversione pastorale e alla coscienza della mis- sionarietà, si impone agli operatori della pastorale sociale il dove- re della testimonianza 79.

I1 Vangelo deve essere proclamato non solo a parole, ma anche e in primo luogo mediante una vita ad esso coerente: la testimo- nianza di vita autenticamente cristiana è il primo mezzo di evange- lizzazione 80.

È questo, sicuramente, l'aspetto più impegnativo, la richiesta più esigentedella nostra fede, specialmente per gli operatori della pastorale sociale. Essi, infatti, devono essere spiritualmente prepa- rati per coinvolgersi in un'opera di evangelizzazione che sappia spe- rimentare anche la croce.

In una situazione di missione, in mezzo alle difficoltà attuali, agli operatori pastorali Dio insegna, in maniera più intensa che in altre circostanze, il valore, l'importanza, la centralità della croce

79 Cf PAOLO VI, Esort. Apost Evnngelii nuntiandi, n. 21. Cf Ivi, n. 41.

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di Gesu Cristo. Infatti, l'annuncio e il dono del Vangelo nel mondo sociale, economico e politico incontrano molti rifiuti di natura so- ciale e culturale, e devono misurarsi coi1 molte alternative, che sod- disfano in maniera più immediata le aspirazioni e le necessità in- dotte per lo più dagli stessi contesti sociali, economici e culturali.

La covlzunit2 soggetto di evangelizzazione sociale

70. - I1 soggetto della evangelizzazione è la comunità in quanto tale, nelle sue molteplici articolazioni e in tutti i suoi membri. Es- sa è il soggetto - non può non esserlo - anche dell'evangelizza- zione del sociale, così come di ogni altro ambito dell'evangelizza- zione. La comunità ecclesiale, infatti, tutta insieme - secondo i doni e le modalità proprie di ciascuno dei suoi membri - è chiamata alla preghiera, alla parola, al servizio, affinchè il Vangelo possa es- sere annunciato.

In particolare la parrocchia, la dimensione di popolo, la comu- nione dei diversi soggetti pastorali sono fattori decisivi per uii'effi- cace e adeguata pastorale sociale.

a) La parrocchia è stata definita come "l'ultima localizzazione della Chiesa" e "in certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo

, t 81 alle case dei suoi figli e delle sue figlie . Ora nell'ambito dell'evangelizzazione del sociale si deve passa-

re dalle presenze "nella" Chiesa alla presenza "della" Chiesa. Ciò può e deve avvenire anzitutto nell'ambito immediato e con-

creto della parrocchia. In tal senso la comunità cristiana è chiama- ta a porre dei gesti comunitari e a presentare delle opere o istitu- zioni comunitarie che siano veramente significativi: perchè solo così alcune esigenze ecclesiali e sociali possono ricevere risposta effica- ce e culturalmente incisiva, e soprattutto perchè solo cosi viene me- glio manifestato l'autentico volto della Chiesa, quale "sale della ter- ra, luce del mondo, città collocata sopra un monte" (cf Mt 5,13-14). Alla Chiesa, sul cui volto si riflette Cristo "luce delle genti", prima ancora che ai singoli discepoli, è rivolto il monito di Gesù: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perchè vedano le vo- stre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli" (Mt 5, 15-16).

b) L'inzpovtanza della dime~zsione di popolo dev'essere maggior- mente sottolineata nell'opera evangelizzatrice: se non è il popolo cri- stiano stesso a farsi soggetto dell'evangelizzazione del sociale, la no-

8 1 GIOVANNI PAOLO 11, Esort. Apost. C!z1-isti~ideles laici, n. 26.

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stra incidenza potrà essere anche significativa e culturalmente ri- levante, ma risulterà frammentata e precaria.

Per raggiungere questa dimensione popolare sono da valoriz- zare al massimo i momenti nei quali si esprimono la vita e la mis- sione del popolo di Dio: la Messa, anzitutto, e in particolare nel Gior- no del Signore, nella quale si celebra il dono d'amore di Cristo in croce, insieme si ascolta la parola del Vangelo e si ricevono la gra- zia e le energie per l'impegno nella vita quotidiana. La Messa, dun- que, non va considerata come un momento in sè concluso, ma co- me luce e forza che penetra e vivifica tutta l'esistenza. Sono da va- lorizzare poi tutti quei momenti nei quali il popolo cristiano si ra- duna, prega, ascolta la parola e insieme si orienta verso l'azione, ponendosi nella logica, nell'atteggiamento e nella volontà concreta del servizio alla società.

C) L'istanza della comunione va intesa sia come coordinamento dei diversi soggetti pastorali, dei molteplici doni, carismi e respon- sabilità presenti nella Chiesa; sia come stile nello sviluppare l'atti- vità pastorale, nel proclamare e vivere il Vangelo della carità.

"La vita della nostra Chiesa è arricchita oggi, per dono del Si- gnore, da molteplici realtà che operano con efficacia nel campo del- l'evangelizzazione e della testimonianza della carità. Ogni sforzo re- sterebbe però vano se non convergesse nell'impegno di edificare in- sieme la Chiesa e di cooperare alla sua missione. La pastorale dio-

) ) 82 cesana dev'essere dunque organica e unitaria . L'istanza della comunione, sempre e in particolare in rapporto

all'evangelizzazione del sociale, trova la sua ragione ultima nella na- tura stessa della Chiesa: "la comunione è un altro nome della cari- tà ecclesiale e solo una Chiesa comuiiione può essere soggetto cre-

83 dibile dell'evangelizzazione .

Il ruolo dei laici

7 l. - Nell'impegno di evangelizzazione dei numerosi ambienti sociali emergono, come soggetti pastorali specifici, i fedeli laici.

"I laici sono discepoli del Signore chiamati a vivere la fede nella realtà di tutti gli uomini e di tutti i giorni, cioè nella famiglia, nel- la società, nel lavoro, nella cultura, nella economia, ecc ... Essere 'laici' è dunque una chiamata, una vocazione, un dono che viene da Dio e che invia a un compito alto e difficile: incarnare la fede e

82 C E I , E v a t z g e l i ~ ~ a z i o n e e t e s t i m o n i a r ~ z a della caritcì, n. 29. 83 Iv i , n. 27.

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darle forma nelle realtà quotidiane. È soprattutto nei laici che av- ,P 84 viene l'innesto tra la fede e la storia, tra la Chiesa e il mondo .

Attraverso i laici, in maniera proporzionale alla loro testimo- nianza e alla coscienza che essi hanno e manifestano della loro iden- tità cristiana e della loro missione, la Chiesa diventa presente e ope- rante nelle famiglie, nelle fabbriche, negli uffici, nelle istituzioni ci- vili e sociali.

Secondo l'insegnamento della Gaudium et spes, i laici nella Chie- sa sono chiamati ad assumere in modo peculiare le realtà terrene, con la loro densità creaturale e nel rispetto della loro autonomia, per purificarle ed elevarle, affinchè diventino espressione della ca- rità di Dio per l'uomo e della carità dell'uomo per Dio 85.

Sono i laici i primi evangelizzatori dei loro ambienti di lavoro, con la testimonianza della vita prima che con la parola.

Sono i laici, infine, specialmente quelli organizzati in gruppi, associazioni e movimenti impegnati nel sociale, ad avere la parte più diretta della responsabilità della pastorale della comunità ec- clesiale cui appartengono.

72. - All'interno del laicato impegnato nella pastorale sociale un ruolo particolare spetta a tutti coloro che esercitano funzioni edu- cative e formative:

- i genitori, che si fanno carico della crescita integrale nella fe- de e nella carità, e quindi si impegnano ad educare i figli ai valori della vita, della giustizia, della sollecitudine disinteressata per gli altri, specie per i più poveri e bisognosi;

- i catechisti, che devono coltivare nei credenti l'esigenza di una sintesi tra fede e vita, tra morale e attività umane, e di una testi- monianza di carità evangelica nei criteri di giudizio delle cose e nelle decisioni e scelte quotidiane.

I2 Vescovo, i sacerdoti, le persone consacrate

73. - Primo responsabile dell'evangelizzazione del sociale nella Chiesa particolare è il Vescovo 86, coadiuvato dai sacerdoti, dai re- ligiosi, dai laici e dagli specifici organismi diocesani, zonali e par- rocchiali.

84 COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO. Nota pastorale Chiesa e lavoratori nel cnmbinmento, n. 22.

85 Cf CONC. ECUM. VAT. 11. Cost. past. Gaindium et spes, nn. 36 e 38. 86 Cf CONC. ECUM. VAT. 11, Decreto Christus Dominus, n. 17.

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L'evangelizzazione del sociale, di cui è capace la Chiesa che egli presiede, dipende molto dall'azione pastorale da lui stesso impostata, dal suo progetto pastorale e dall'impulso dato alla pastorale sociale.

I sacerdoti, nel loro ministero e a seconda della loro funzione particolare, devono animare e guidare la pastorale sociale. È loro compito curare la formazione di credenti capaci di assumersi re- sponsabilità nel campo sociale e politico; assicurare loro un accom- pagnamento e una direzione spirituale; aiutare i genitori e gli edu- catori ad adempiere la loro vocazione educativa per la formazione sociale e politica.

In comunione con gli organismi diocesani, i gruppi, le associa- zioni e i movimenti, specie quelli impegnati in campo sociale, de- vono preoccuparsi di dar vita ad iniziative e attività formative a li- vello parrocchiale.

Nelle omelie, nelle catechesi, nelle istruzioni, nei ritiri spirituali, non tralascino di richiamare i doveri sociali del cristiano, l'ispira- zione e le energie che gli vengono dall'adesione a Cristo e al suo Vangelo e dai sacramenti.

La pastorale sociale riguarda anche le persone consacrate e i loro istituti, richiede un loro generoso coinvolgimento nella solleci- tudine pastorale della Chiesa verso le situazioni sociali più povere, in conformità peraltro alle luminose tradizioni della loro storia.

La presenza e l'azione apostolica delle persone consacrate che operano nella pastorale sociale rappresentano un dono e una ric- chezza che vanno riconosciuti e valorizzati. L'inserimento organico dei loro istituti nel tessuto vivo della pastorale sociale costituisce un contributo insostituibile non solo per rendere feconda l'evange- lizzazione del sociale, ma anche per richiamare a tutti quei valori di santità, di preghiera e contemplazione, di povertà, di servizio ge- neroso e totale che la consacrazione religiosa è chiamata a testi- moniare 87.

Le aggregazioni ecclesiali

74. - Soggetti operatori della nuova evangelizzazione del socia- le sono anche le aggregazioni ecclesiali, che hanno per oggetto spe- cifico del loro impegno la pastorale sociale e che, pertanto, prega- no, riflettono, parlano, operano negli spazi della vita sociale in con- formità con la loro fisionomia ecclesiale. Per queste aggregazioni, infatti, così come per le Scuole di formazione all'impegno sociale

87 Cf CEI , Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 29.

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e politico e per le varie forme di catechesi agli adulti rivolte alla vita sociale, vale il limite della competenza della Chiesa e sta l'ob- bligo di non uscire dall'ambito di questa competenza.

Questo limite, tuttavia, non va inteso in modo ristretto: la Cen- tesiwzus annus impegna la Chiesa, e quindi in concreto anche le ag- gregazioni ecclesiali che operano nel sociale, nell'annuncio, nell'in- terpretazione, ma anche nell'azione; la loro operosità feconda fa par-

) ) 88 te, infatti, della "grande corrente della Tradizione della Chiesa .

Le organizzazioni di ispirazione cristiana

75. - Decisivo è il ruolo delle realtà di presenza organizzata nel sociale, ossia delle realtà sindacali, economiche e politiche di ispi- razione cristiana, realtà in cui i laici operano a tutto campo, nel- l'ambito delle proprie responsabilità.

L'operare di questi laici che affrontano i problemi senza doversi porre il limite della competenza della Chiesa, non può mai essere svincolato, tuttavia, sul piano dottrinale e morale, dal riferimento al messaggio del Vangelo, dal riferimento, in concreto, alla dottri- na sociale della Chiesa.

Le attività dei laici nelle realtà temporali non possono prescin- dere da questo riferimento negli obiettivi che perseguono e nem- meno nei mezzi, nei metodi, nello stile da essi adottati.

Il servizio del sacerdote alle aggregazioni

76. - I1 sacerdote in servizio pastorale nelle aggregazioni dei laici ha un duplice compito: comprendendo il carisma di ogni gruppo aiu- tare la crescita formativa dei suoi singoli membri e orientare la for- mazione del gruppo come tale all'appartenenza alla Chiesa, alla sua vita e missione.

Le aggregazioni dei laici e ancor più le Chiese particolari de- vono prendere coscienza della necessità di tale servizio pastorale del sacerdote.

La sua presenza nel gruppo, nell'associazione, nel movimento è legittimato dalla Chiesa e dal Vescovo che lo invia per il servizio pastorale: compito del sacerdote è, pertanto, quello di essere arte- fice di unità, svolgendo ciò che è proprio della sua missione: l'an- nuncio della Parola di Dio e della dottrina sociale e la direzione spi- rituale.

GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centesimtts nnnus, n. 3.

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Le Scuole di formazione all'impegno sociale e politico

77. - Non può operare nella realtà sociale secondo la fede chi non possiede un'ermeneutica cristiana, ossia un'interpretazione cri- stiana della realtà sociale e della molteplicità e complessità dei suoi problemi alla luce del Vangelo.

Le Scuole di formazione all'impegno sociale e politico intendo- no rispondere a questa esigenza, configurandosi come uno strumento e una modalità qualificati di formazione cristiana degli adulti 89.

Sono, infatti, uno degli itinerari che arricchiscono le occasioni di catechesi degli adulti, attraverso una serie articolata di appro- fondimenti culturali, in costante riferimento della dottrina sociale della Chiesa. Proprio ciuesta dottrina è uno strumento privilegiato di catechesi degli adulti in quanto adulti: li abitua al confronto e all'integrazione fra la loro appartenenza alla Chiesa e la loro vita quotidiana.

Le Set t imane Sociali

78. - Un particolare contributo alla formazione culturale e alla sensibilità sociale proviene ai cattolici dalle Settimane Sociali, oc- casione importante di studio e di approfondimento della dottrina sociale della Chiesa in rapporto alle problematiche più attuali e si- gnificative che riguardano la nostra società ''.

Loro scopo, infatti, è di affrontare e possibilmente di anticipa- re i temi del dibattito socio-culturale, in modo da orientare l'opi- nione pubblica, dentro e fuori il mondo cattolico.

Le Università e gli Istituti di s tudi superiori

79. - Nel campo della formazione sociale, economica e politica secondo l'ispirazione cristiana, devono offrire il loro prezioso ap- porto l'università Cattolica, le Facoltà di teologia, i vari Istituti cat- tolici di studi superiori, mediante la ricerca scientifica, l'elabora- zione didattica e la formazione permanente. Essi dovranno inseri- re stabilmente nei loro piani di studio la dottrina sociale della Chiesa

89 Cf COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO. Nota pastorale La formazione all'impegno sociale e politico, n. 15. Cf CEI, Nota pastorale Ripristino e r innovamento delle Set t imane Sociali dei Cattolici Italiani, n. 6 .

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e si faranno carico della preparazione di sussidi non solo speciali- stici, ma anche di ampia divulgazione, che siano più immediatamente utilizzabili nell'opera educativa.

È importante, inoltre, che si facciano promotori di nuove espe- rienze a livello formativo, prestando la loro assistenza competente alle Chiese particolari per l'analisi e la soluzione dei problemi so- ciali del loro territorio.

L'ORGANIZZAZIONE DELLA PASTORALE SOCIALE

80. - I1 Santo Padre ha sollecitato un'evangelizzazione nuova an- che nell'espressione 'l.

Sono espressione di evangelizzazione anche le strutture attra- verso cui si organizza l'azione pastorale. Anch'esse, dunque, hanno un valore pastorale e devono essere rinnovate.

Per la loro natura le strutture tendono alla stabilità, e per que- sto possono in qualche modo rallentare o bloccare il dinamismo del- l'azione pastorale. Si impone, pertanto, una loro revisione costante.

Per un'azione pastorale rinnovata, in rapporto alle esigenze at- tuali del lavoro, dell'economia e della politica, anche le strutture organizzative della pastorale sociale devono configurarsi essenzial- mente come evangeiizzatrici e missionarie.

Il valore del1 'organizzazione

81. - In vista di una più adeguata evangelizzazione del sociale, è necessaria anche una struttura pastorale organizzata, come emerge dai ripetuti richiami del Papa a una sollecitudine sociale animata dalla conoscenza e dalla diffusione della dottrina sociale della Chie- sa; dall'insoddisfazione che quotidianamente contrassegna le espe- rienze del lavoro, dell'economia e della politica; dalla consapevo- lezza dell'urgenza della missione ricevuta da Cristo.

L'articolazione organizzativa, sperimentata come valida, è qui proposta come uno schema di azione attraverso il quale le Chiese

Cf GIOVANNI PAOLO 11, Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale Latino- anzericana (CELAM) a Puerto-Principe, 9 maggio 1983.

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particolari possono cogliere nuove possibilità di evangelizzazione ed esprimere nuove sensibilità pastorali.

L'organizzazione a livello diocesano

82. - L'Ufficio o Centro diocesano per la pastorale sociale, coor- dinato da un Direttore (Delegato vescovile, Vicario episcopale), ha il compito, in comunione con il Vescovo e con l'aiuto della Com- missione diocesana, di studiare i problemi sociali locali; di appron- tare le linee generali di una pastorale sociale contestualizzata; di elaborare, assieme agli altri Uffici e in particolare a quello cate- chistico, degli itinerari educativi all'impegno sociale e politico; di fornire le necessarie indicazioni di sussidi e strumenti, affinche la dottrina sociale della Chiesa venga conosciuta, diffusa, insegnata e valorizzata.

La Commissione diocesana promuove e coordina la pastorale sociale nella Chiesa particolare, tramite il Delegato vescovile che opera in piena comunione con il Vescovo nell'attuazione del pro- gramma pastorale diocesano. Essa deve collegarsi in modo stabile, sia con il Consiglio Presbiterale e quello Pastorale della Diocesi, sia con le altre Commissioni diocesane, sia con la Consulta diocesana per l'apostolato dei laici. Nella sua composizione deve essere rap- presentativa delle varie esperienze di pastorale sociale presenti in Diocesi.

Avvalendosi dell'apporto dell'ufficio diocesano, delle associazioni e dei movimenti, soprattutto quelli ecclesiali, tramite assistenza con- tinua e persone competenti, la Commissione diocesana aiuta le par- rocchie a diventare, nel loro territorio, soggetti responsabili di ef- ficace pastorale sociale.

83. - La Commissione diocesana, considerando in particolare la realtà della Diocesi, deve agire in modo da: - prevedere una specifica attenzione pastorale ai vari settori pro-

duttivi: rurale, industriale, terziario, attraverso persone a ciò in- caricate ed eventualmente con la costituzione di sottocommissioni;

- favorire la dimensione vicariale o decanale della pastorale socia- le, in modo che sia facilitato l'impegno in ambienti culturalmen- te omogenei, contribuendo all'azione delle parrocchie; tale dimen- sione riveste un'importanza crescente per un'adeguata evangeliz- zazione del sociale;

- promuovere gruppi collegati alla Commissione negli ambienti di lavoro e nell'ambito delle zone;

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- incentivare e dare organicità alle iniziative per la formazione e l'aggiornamento dei sacerdoti e dei laici: Scuole di formazione all'impegno sociale e politico, Scuole sociali, iniziative specifiche per le persone impegnate in campo sociale e politico, tre sere, corsi di aggiornamento, esperienze spirituali;

- dare vita ad un coordinamento stabile delle associazioni e dei mo- vimenti impegnati nel sociale per un necessario raccordo pasto- rale e assicurare una adeguata formazione cristiana al loro in- terno attraverso la presenza di sacerdoti preparati e qualificati.

La Commissione diocesana si farà carico di promuovere qual- che associazione non ancora presente in Diocesi e di sostenere quelle che si vengono a trovare in difficoltà.

I1 Delegato diocesano, in rapporto costante con il Vescovo, de- ve inserire all'interno delle attività programmate dalla Commissio- ne occasioni di fraternità, di verifica e di formazione spirituale per i sacerdoti impegnati nelle associazioni, od operanti a vario titolo nella pastorale sociale e a queste riservare tutta la sua sacerdotale disponibilità.

84. - Per il vasto campo delle attività di promozione umana, è opportuno che la Commissione diocesana operi in modo che: - sia sviluppata una forma continuativa di presenza e di sostegno

nei Centri di formazione professionale del mondo cattolico per un'adeguata proposta del messaggio cristiano al loro interno;

- si presti collaborazione e sostegno a tutte quelle iniziative che hanno lo scopo di aggregare i giovani in cerca di lavoro, per ren- derli protagonisti e responsabili dei problemi che questa ricerca comporta;

- si stabilisca un rapporto di costante collaborazione con i diversi organismi diocesani, in modo particolare la Caritas, che promuo- vono attività caritative;

- si celebri ogni anno una Giornata di solidarietà di tutta la Chie- sa diocesana con il mondo del lavoro, preparandola adeguatamen- te. Si curi, altresì, la Giornata del Ringraziamento in modo da renderla significativa per l'intera Chiesa particolare, oltre che oc- casione propizia per l'evangelizzazione del mondo rurale.

L' organizzazione a livello pauuocchiale

85. - La parrocchia deve progressivamente aprirsi alle proble- matiche sociali ed essere sempre più strumento che realizza l'evan- gelizzazione del sociale e la promozione umana. Una comunità par-

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rocchiale che evangelizza il sociale forma cristiani adulti e respon- sabili, interagisce con le istituzioni sociali e politiche presenti nel territorio, non può non avere un progetto di pastorale sociale, uti- lizzando ampiamente l'apporto della dottrina sociale della Chiesa.

Per realizzare una rinnovata pastorale parrocchiale: - è particolarmente utile promuovere Gruppi di pastorale sociale

affinchè si accresca la sollecitudine della comunità parrocchiale verso tutte le sue realtà sociali;

- riservare particolare attenzione alle varie esperienze associative laicali presenti in parrocchia coinvolgendole nell'elaborazione del programma pastorale e nella sua realizzazione;

- è auspicabile che i Consigli pastorali parrocchiali si facciano ca- rico, con fraterna ed evangelica solidarietà, di tutti quei proble- mi sociali che spesso tormentano la vita delle persone e delle fa- miglie della parrocchia, con un'attenzione particolare alle fami- glie che sono angustiate da gravissimi problemi, e assicurando sostegno formativo e spirituale a quei militanti cristiani che ope- rano in campo sociale e politico, in modo che la loro azione sia in sintonia con il progetto salvifico di Dio e guidata da uno spi- rito di servizio agli uomini.

L'organizzazione a livello regionale

86. - A livello regionale la promozione e il coordinamento della pastorale sociale sono affidati a un Vescovo delegato, incaricato dal- la Conferenza episcopale regionale, e alla Commissione regionale, diretta dal Delegato regionale, anch'esso nominato dalla Conferen- za episcopale regionale.

Il Vescovo delegato ha il compito di promuovere e coordinare la pastorale sociale nella Regione. Presiede la Commissione regio- nale anche attraverso un suo delegato.

La Commissione regionale è un organismo di comunione, di scambio e di promozione delle iniziative pastorali che abbiano rile- vanza regionale.

Di particolare utilità, a livello regionale, è la creazione di Os- servatori socio-economici, variamente composti e strutturati, che agi- scano in stretto legame con la Commissione regionale. Questa deve mantenere opportuni collegamenti anche con i vari Centri di studi sociali, Centri di cultura religiosa, Istituti di pastorale, Seminari, Sindacati, Organismi civili, per un fecondo scambio di idee, di espe- rienze e di collaborazione.

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L 'organizzazione a livello nazionale

87. - La Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavo- ro è chiamata ad esplicare una funzione fondamentale di studio, di orientamento generale e di promozione dell'impegno evangelizzan- te e missionario della Chiesa in Italia nel mondo del lavoro, dell'e- conomia e della politica, attraverso un'opera costante di informa- zione e di sensibilizzazione della Conferenza Episcopale Italiana.

È suo compito cogliere e affrontare con tempestività i segni dei tempi che emergono dal lavoro, dall'economia e dalla politica, man- tenendosi in contatto con le realtà del Paese e avvalendosi dell'ap- porto di studiosi e competenti al fine di elaborare le linee pastora- li di una nuova evangelizzazione del sociale 92.

88. - L'Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, all'in- terno della Segreteria Generale della CEI, svolge compiti di studio, promozione, coordinamento e collegamento delle iniziative di pasto- rale sociale.

L'Ufficio, pertanto, è in contatto con le esperienze di pastorale sociale delle Chiese particolari, dei movimenti, delle associazioni e dei gruppi; da queste accoglie stimoli e spunti per progettare il nuo- vo e migliorare l'esistente.

La Consulta nazionale, interprete autorevole della pastorale so- ciale che si vive nelle Chiese particolari, ha la funzione di favorire la comunicazione tra l'ufficio nazionale e gli organismi regionali e diocesani, di procurarne la promozione e il collegamento 93.

CONCLUSIONE

89. - L'elaborazione di una diversa cultura dell'uomo e della con- vivenza sociale è il problema più serio, la più grande sfida che la società italiana deve oggi affrontare. È una sfida lanciata a tutte le società europee dalla caduta dei regimi oppressivi e dal ri,cono- scimento della falsità e dell'impotenza delle ideologie moderne a so- stenere lo sforzo di costruire la convivenza sociale, nel segno della dignità e della vocazione dell'uomo.

L'Europa è chiamata oggi ad elaborare una diversa cultura del-

92 CEI, Statttto ciella Conferenza Episcopale Italiana, art. 40. 93 Cf a questo riguardo i Regolamenti dellPUfficio nazionale e della Consulta na-

zionale approvati dalla Presidenza della CE1 il 26 giugno 1987.

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l'uomo e della sua "città": è questo il problema sociale e politico più importante 94.

Nella vasta opera di ricostruzione, che sta impegnando non so- lo i Paesi dov'è crollato il socialismo reale ma tutta l'Europa, il "gra-

)! 95 ve disorientamento , manifestatosi dapprima nei Paesi centro- orientali, si è velocemente diffuso in tutte le società europee. Inve- ce di unirsi solidali nella costruzione di una casa comune, molti stan- no accaparrandosi a gara, ciascuno per sè, i mattoni delle vecchie case e si derubano a vicenda e di nuovo progettano divisioni e morte.

Le aberrazioni del passato tornano a far scuola proprio oggi, quando si pensava di poter dire: "Pace e sicurezza" (cf 1 Ts 5,3).

I cristiani e le loro comunità si rivolgono al Padre e lo suppli- cano di concedere loro "secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito, nell'uomo interio- re" (Ef 3, 14-16).

Sanno di doversi impegnare "con ogni magnanimità e dottri- na" (2 Tm 4,2) per "produrre e diffondere una cultura che sappia armonizzare libertà e corresponsabilità, autonomia e interdipenden- za, efficacia e solidarietà, ricerca del bene comune e tutela del be- ne dei singoli, perchè il vivere con gli altri, anche a livello struttu-

J ) 96 rale, non è un fatto estraneo al dinamismo della salvezza . E so- no altresì consapevoli che questo loro impegno dipende, in larga misura, da un "rinvigorimento della preparazione dottrinale e pa-

P ) 97 storale che è oggi dovunque atteso . In questo spirito la Conferenza Episcopale Italiana affida il pre-

sente documento alle Chiese particolari, e in esse agli operatori della pastorale sociale, come valido e sicuro orientamento per il loro im- pegno di evangelizzazione del mondo del lavoro, dell'economia e del- la politica.

Roma, 22 novembre 1992 Solennità di nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo

94 Cf COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, Nota pastorale Res novae e solidnrieth, n. 32.

95 Cf GIOVANNI PAOLO 11, Lett. Enc. Centesimus nnnus, n. 56. 96 COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, Nota pastorale Res

novne e soliclnrietci, n. 32. 97 CONGREGAZIONE PER L'EEDUCAZIONE CATTOLICA, Orientnmen ti ... , doc. cit ., n. 78.

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