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numero I, anno IIII Liceo Classico Jacopo Stellini Ogni parola delle canzoni prende vita e ci ripor- ta indietro, riusciamo ad immaginare i pensieri del cantautore che giungono, per bocca di un viaggiatore, al cuore della Ragazza della Terra del Nord. Pensieri ormai sbiaditi dal lungo viag- giare e dal lungo tempo trascorso, ma sempre, malinconicamente presenti nell’animo di Bob Dylan. Degno di nota Asteriskos novembre elaborazione 1_bozza.qxd 23/11/2016 16:34 Pagina 1

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numero I, anno IIIILiceo Classico Jacopo Stellini

Ogni parola delle canzoni prende vita e ci ripor-ta indietro, riusciamo ad immaginare i pensieridel cantautore che giungono, per bocca di unviaggiatore, al cuore della Ragazza della Terradel Nord. Pensieri ormai sbiaditi dal lungo viag-giare e dal lungo tempo trascorso, ma sempre,malinconicamente presenti nell’animo di BobDylan.

Degno di nota

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Un evento che interessa inmodo particolare il nostroPaese è il prossimo referen-

dum costituzionale del 4 dicembre che vedrà protagonisti i cit-tadini italiani, chiamati a decidere se approvare o rifiutare lariforma di alcuni articoli della Costituzione. Nel dettaglio que-sta si concentra sull’abolizione del bicameralismo paritario,sullo snellimento e sulla maggiore rapidità nelle procedure enel lavoro alla Camera e sulla ridefinizione del rapporto Stato-Regioni. È una decisione che va presa ben consapevoli deglieffetti che avrà per il nostro Paese e per il nostro benessere. Hodeciso, con gli altri rappresentanti, di non esprimere nessunparere su questo referendum, ma di organizzare un dibattitoaperto alle classi quarte e quinte in modo che ognuno possachiarire i suoi dubbi. L’incontro si terrà, per accordi con ilDirigente, il 29 novembre. Vi invito a una forte partecipazioneattiva. Nonostante tutto, bene o male, ognuno si sarà fatto un’o-pinione sulla questione e sarà in grado, si spera, di esercitareuno dei più importanti diritti che viene concesso ai cittadini, ilreferendum, la migliore espressione di democrazia diretta pre-

visto dalla nostra Costituzione.Se lanciamo uno sguardo oltre Oceano, troviamo un’altra situa-zione nella quale i cittadini sono stati chiamati a votare, questavolta per eleggere il nuovo presidente degli Stati Uniti. Dopootto anni positivi di presidenza Obama, si passa ora nelle maniinesperte di Donald Trump, imprenditore miliardario e uomo dispettacolo a tempo perso. A una settimana dall’esito delle ele-zioni, assolutamente inaspettato, gli Stati Uniti si sono divisi indue: chi si convince sempre più delle capacità del newyorkesechi dei danni che questi recherà al Paese. Una cosa è certa,Donald Trump e la sua presidenza sono e saranno imprevedibi-li; l’unica cosa che possiamo fare è aspettare di vedere quantosuccederà dal giorno del giuramento in poi. Preoccupanti sonoalcune decisioni che sta prendendo nella scelta dei suoi consi-glieri, uno fra tutti il segretario agli interni Forrest Lucas, ungrande petroliere che dovrebbe ricoprire questo incarico andan-do incontro a un enorme conflitto d’interessi. Infatti il suoruolo prevede anche la tutela del territorio e delle concessionipetrolifere e minerarie. Insomma non ci resta che aspettare evedere i frutti di questa nuova storia.

Come saprete da poco sono stati ufficialmente eletti i 4nuovi rappresentanti d’istituto: Giuseppe Beltrame, CarloBertazzi, Tommaso Monestier, Paolo Petrucco.Ne abbiamo quindi approfittato per rivolgere loro qualchedomanda che interessa il programma e il lavoro che svol-geranno nella nostra scuola

1) Quali sono secondo voi gli aspetti prioritari cheandrebbero subito risolti?Giuseppe: Una delle problematiche principali che lanostra scuola si vede costretta ad affrontare è la carenza diiscrizioni che continua di anno in anno, cercheremo di

attivarci in prima persona per invertire questa tendenza.Per il resto tutti noi rappresentanti ci impegneremo permantenere un dialogo costante con tutti gli studenti cosìda poter veramente riuscire ad ascoltare e risolvere i pro-blemi di tutti.Carlo: Personalmente, non credo che nella nostra scuolasi vivano situazioni di grave urgenza e il nostro lavoro puòpartire da basi già solide. L’unico problema, che nondipende dal nostro operato ma da una tendenza a livellonazionale, è il calo delle iscrizioni Per questo sarebbe divitale importanza portare più ragazzi alle giornate dedica-te a “Scuole aperte”.Tommaso: Ritengo che non ci siano problemi particolar-mente grossi ; un aspetto però che mi piacerebbe curare èla partecipazione di tutti alle assemblee, un’ottima oppor-tunità per mettersi in gioco e soprattutto dire la propriaopinione su determinate tematiche. Se ci sono urgenze

Intervista ai nostriRappresentanti

Sommario

di Paolo Petrucco 4EAttualità

Scenari

Mimesis

Scuola

Terza pagina

Pag. 4-5

pag. 6-10

pag. 10-12

pag. 13-17

pag. 18-24

Poesiepag. 25-26

Sguardo al presente

Ripresa la scuola, ripresi i dolori è il momento di ritrovaare anche il piacere. Con unpo’ di ritardo è finalmente uscito il primo numero di Asteriskos di quest’anno. Laredazione come ogni anno si è rinnovata: alcuni studenti, ormai maturati, hanno spic-cato il volo e mosso i primi passi nel magico mondo universitario e a questi facciamoun grande in bocca al lupo. Altri invece si sono aggiunti alla nostra grande famiglia,rispondendo alla chiamata che noi referenti abbiamo fatto, e sono entrati a far partedella redazione. Ne siamo molto contenti. In questo numero troverete molti articoliinteressanti che senz’altro vi faranno apprezzare le noiose ore di lezione! Buona let-tura e buon anno scolastico a tutti!

di Paolo Petrucco 4E

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specifiche che ritenete importanti vibasta scriverle nella scatola delleidee! Ce ne occuperemo Paolo: Lo Stellini, come d’altrondeormai tutti i licei classici, rappresen-ta un’istituzione in via di estinzione.Come tale dunque va curato e pre-servato affinché pian piano possarecuperarele sue carenze. Quello sucui mi concentrerei è il calo delleiscrizioni spesso dovuto ad alcunipregiudizi sulla nostra scuola. Peraumentare il numero di iscrizionibisogna dimostrare che questi pre-giudizi siano effettivamente infonda-ti e per fare ciò dobbiamo lavoraresul benessere degli studenti che giàhanno scelto di frequentare la nostrascuola, affinché siano loro in primisa pubblicizzarla.2) C'è (ci sarà) dialogo con la pre-sidenza?G: Fino a questo momento il Presidesi è dimostrato disponibile nei nostriconfronti e pronto ad accogliere lenostre proposte. Mantenendo questorapporto di collaborazione quest'an-no si potrá lavorare serenamenteanche a proposte nuove e interessan-ti per tutti noi. Ci conto sinceramen-te e sono parecchio fiducioso.C: Il Preside è un membro importan-te del consiglio di istituto e fonda-mentale interlocutore nell’organiz-zazione della vita studentesca: non sipuò prescindere dal dialogo con lapresidenza.T: Volenti o meno un dialogo con lapresidenza ci dev’essere per forza! ilnostro ruolo consiste anche in que-sto: fare da tramite tra noi alunni e ilpreside. Dunque non solo questodialogo ci sarà, ma faremo si che siail più pacifico ed efficace possibilein modo che possa portare a risultaticoncreti per la scuola e ovviamenteper tutti gli alunni.P: Certo! Giuseppe ed io possiamodire di avere già intavolato un beldialogo con la presidenza l’annoscorso e all’inizio di quest’anno.Continueremo così.3) Condividete tutti gli obbiettividell'altra lista ?G: Gli obiettivi dell'altra lista sono

molto interessanti, le idee percominciare un anno positivo e pro-duttivo ci sono tutte. Sono curioso divedere come si svilupperà la propo-sta del G8, che non avevo mai senti-to e che potrebbe dar vita a qualcosadi assolutamente nuovo e singolarenel nostro Istituto. In unione con lenostre proposte abbiamo delle solidebasi da cui partire.C: In pieno. Organizzare un’assem-blea con altre scuole della città è unobiettivo non facile ma importante:il nostro apporto certamente nonmancherà.T: Non solo condivido determinatipunti dell’altra lista ma alcuni litrovo particolarmente interessanti esono più che disposto a supportarli epossibilmente a prenderne parte.D’altra parte per la realizzazione diquesti servirà la collaborazione ditutti e 4 i rappresentanti e ognunadelle due liste potrà consigliare eaiutare l’altra sui propri progetti,verranno fuori grandi cose.P: Io trovo che alcuni punti dell’altralista siano molto interessanti, uno fratutti il cineforum. È una proposta incui credo molto e spero, anzi sonosicuro che verrà organizzata unabella attività. Un altro punto moltointeressante è quello sul “G8” delloStellini. Penso che in questa formasia difficile da sviluppare ma sevenisse trasformato in una simula-zione dell’ONU o del ParlamentoEuropeo sono convinto che aprireb-be nuovi orizzonti nella realizzazio-ne delle attività nella nostra scuola.4) Come sono i rapporti con glialtri rappresentanti?G: Direi che rapporti tra noi sonomolto buoni. Fortunatamente ciconoscevamo già tutti e nei pregi enei difetti di ognuno sapremo convi-vere, riusciremo a confrontarci e cer-cheremo di essere sostegno l'unodall'altro.C: Ottimali. L’amicizia tra me eTommaso dura salda ormai dalprimo anno allo Stellini. BeppePaolo e io ci conosciamo da diversotempo: le nostre discussioni sonosempre accese e i rapporti che corro-

no fra noi buoni, sono sicuro che lanostra collaborazione sarà proficua.T: non posso far altro che ripetereciò che ho già detto in assemblea: hobuoni motivi per ritenere che il rap-porto andrà oltre l’essere solo “colle-ghi”, d’altra parte conosco già bene imembri dell’altra lista e posso assi-curare che c’è intesa. Per quantoriguarda il mio compagno di lista misembra quasi superfluo dire chesiamo in ottimi rapporti. Insomma:siete in buone mani.P: Bepi ed io vantiamo un raportoormai triennale di profonda amici-zia, ma anche di costruttiva discus-sione dialettica. Penso che un rap-porto così costituisca un elementofondamentale per la costruzione diun buon rapporto di collaborazione.Conosco Tommaso e Carlo da diver-so tempo e posso assicurare che fradi noi i rapporti rimarranno sempredi stima reciproca e molto costrutti-vi.5) Per concludere, cosa volete direa tutti gli stelliniani?G: Potrei chiudere dicendo: "Sarà unbell'anno per il Liceo Stellini, vi stu-piremo e non vi pentirete di avercivotati", ma preferisco diventarericco e dunque dico: "Scommetto 20€ che stai leggendo queste parole".C: A tutti gli stelliniani mi sento didire che faremo tutto ciò che è nellenostre competenze per il migliora-mento di questa scuola e della vitadei suoi studenti.T: Molti credono che ogni anno leproposte e le iniziative dei candidatisiano sempre le medesime e neglianni allo Stellini l’ho creduto ancheio; vi dimostreremo che quest’annonon è così. Le idee sono tante ebuone, ci aspettiamo una vostramano per renderle una realtà! Nonchiedetevi solo cosa la vostra scuolapossa fare per voi, chiedetevi anchecosa voi possiate fare per la vostrascuola!P: Avete Petrucco? Resterete di stuc-co! Dopo questa frase imbarazzanteposso assicuravi che lavoreremosodo, con buoni risultati.

In evidenza

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ll’indomani del rifiuto diospitare le Olimpiadi 2024 da

parte del comune di Roma le opinio-ni sono varie e contrastanti. È indub-bio, infatti, che le difficoltà legateall’organizzazione di un evento ditale portata siano numerose e di nonfacile risoluzione.A favorire il no ci sono stati da unlato i costi elevati, si pensi che laspesa complessiva per le recentiOlimpiadi di Rio ammonta a 8,6miliardi di sterline, mentre dall’altroil timore che il grande evento sareb-be stata l’ennesima occasione per«mangiatoie» e speculazioni edili-zie. Motivazione quest’ultima affat-to infondata, tanto che l’Italia infatto di corruzione appare certamen-te fra i paesi meno virtuosi, collo-candosi al 61° posto su 168 Paesi nelMondo, secondo quanto emergedall’Indice di percezione della cor-ruzione (CPI) di TransparencyInternational. Per quanto concerneinvece il problema legato ai costi, leopinioni sono discordi, tuttavia i piùsostengono che le Olimpiadi sareb-bero state un’ottima occasione anchea livello economico per il Paese.Secondo uno studio Ceisdell’Università di Tor Vergata, peresempio, l’organizzazione e la rea-lizzazione dell’evento sportivoavrebbero mobilitato per il Lazio eper la Capitale quasi 4 miliardi dirisorse aggiuntive durante i 6 anni dicantiere (2017-2024). Con beneficida 2,9 miliardi per famiglie e consu-mi e di 1,7 miliardi per le imprese.Numeri importanti che avrebberosignificato sviluppo per un’econo-mia che resta in grandesofferenza. Gli economisti, inoltre,

parlano di «effetto volano» per lacrescita del territorio e per l’immagi-ne del Paese all’estero che Giochiben gestiti garantiscono, come èavvenuto, per fare degli esempi perLondra e Barcellona. A questi nume-ri si aggiunga poi il fatto che leOlimpiadi avrebbero dovuto essereanche un grande progetto di riquali-ficazione urbanistica. Il Cio(Comitato Olimpico Internazionale)eroga infatti alla città vincitrice 1,7miliardi di dollari per opere dimodernizzazione, fondamentali peril rinnovamento delle aree urbane.Risorse che sarebbero state destinateanche agli impianti sportivi delleperiferie della capitale.La questione, però, non va esamina-ta dal punto di vista esclusivamenteeconomico, infatti, benché taleaspetto sia senza dubbio di granderilevanza, devono essere prese inconsiderazione anche l’immagine ela credibilità italiana a livello inter-nazionale, che dopo Roma 2020 eora, al tramonto di Roma 2024,hanno perso molta autorevolezza.Infatti, pur comprendendo le posi-zioni contrarie e ammettendo la dif-ficoltà della sfida, poteva esserel’occasione di dimostrare che siamo

un Paese migliore rispetto a quantopensano gli altri e anche noi stessi.Potevano essere olimpiadi diversedalle altre, dando prova della con-creta capacità di reagire da partedell’Italia e di slanciarsi coraggiosa-mente verso un futuro ricco di con-troversie ma anche di speranze,lasciandosi alle spalle le obiettivedelusioni e i fallimenti subiti nelcorso degli anni. A questo propositoil premier Matteo Renzi si esprimecosì: «Non si fermano le grandiopere ma si fermano i ladri». Ineffetti, per poter sperare in un avve-nire più roseo, è necessario da partedi tutti più coraggio nel cogliere leoccasioni che si presentano, affron-tando a testa alta anche le sfide cor-relate, piuttosto che lamentarsi pas-sivamente dell’infelicità della situa-zione presente. Inoltre, gli errori pas-sati non devono essere consideraticome degli insormontabili ostacoliper il futuro, non devono esserefonte di timore e indecisione, maanzi devono fungere da stimolo nel-l’ambito pratico e concreto per l’as-sunzione di misure più efficaci efruttuose, spinte dal costante deside-rio di progresso e di sviluppo.

Il no alle Olimpiadidi Roma

A

In evidenza

di Erika Tiepolo 4C

Ci vuole più coraggio nel-l’affrontare le sfide

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iamo tutti dei seguaci, chi di unpartito politico, chi di un can-

tante o di un attore, chi di una cor-rente artistica, lo stiamo o almeno losiamo stati di qualcuno o di qualcosaanzi, spesso questo “seguire” puòanche trasformarsi in un’attività red-ditizia. Ma di questi giorni la parola“seguace” o “follower”( in inglese)ha assunto una sfumatura diversa:esso infatti è colui al quale, schiac-ciando un tasto, è permesso di vede-re tutto ciò che un utente pubblica suun social network. Aumentare follo-wer e diventare popolari è una vera epropria moda: avere più persone cheguardano le nostre foto su Instagramo leggono i nostri post su Facebookè qualcosa a cui oggi molti aspirano.Ormai avere un profilo privato èquasi in disuso, anzi con una paginapubblica si ha la maggior possibilitàdi essere conosciuti dagli altri utentie superarli in quanto a popolarità.Ora il concetto di privacy si sta len-tamente estinguendo: chiunque puòsapere tutto di un’altra persona e ilpeggio è che molti sono anche con-tenti di questa condizione. Ma lapopolarità non viene misurata solodal numero di follower che compaio-no nel nostro profilo bensì anchedalla quantità di “mi piace” o “nonmi piace” ricevuti nei post: i priminon sono altro che un click su uncuore (o su un pollice alzato) chesottintende approvazione e interesseper la foto o la frase pubblicata, ilsecondo è una sorta di inespressione,di silenzio. Il mondo dei social è unadattamento a ciò che potrebbesuscitare quel minimo di interesse alpubblico, tale che un individuo sof-fermi lo sguardo sulla propria fotoper qualche secondo, giusto il tempodi lasciare un “mi piace” aumentan-do il numero più numero di “likes”,quando è scontato che colui che ha“apprezzato” il post se lo dimenti-cherà dopo poche ore se non minutI.

Non importa se il soggetto è origina-le o se la foto è troppo ostentata, ilrisultato che si dovrà ottenere saràl’acquisizione di nuovi follower.Ora per concludere vorrei solo ricor-dare che il nostro è il secolo dellarete in quanto tale abbiamo straordi-narie opportunità ma anche unagrande quantità di occasioni perse:non è raro per un ragazzo cercarequalcosa su internet per poi accor-gersi dopo ore di aver perso la cogni-zione del tempo per informazioninon necessarie alla nostra vita etotalmente estranee a ciò da cui era-vamo partiti. Ritengo giusto control-larsi anche se può diventare qualco-sa di impossibile dal momento che ilcellulare è una dipendenza come ladroga e il fumo. Secondo me i socialnetwork ci portano in un’altradimensione, sono un mondo paralle-lo in cui appariamo diversi da quelloche siamo, tutti amici, tutti belli, tuttimagri, tutti intelligenti quando inrealtà nella vita reale i pregiudizi e lavergogna causati anche da questepiattaforme non fanno altro cheallontanarci.

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Attualità

di Francesca Beltrame 3C

Seguitemi, ricambio

Facebook in cifre:1,09 miliardiÈ il numero di persone che utilizza attiva-mente Facebook su base giornaliera (datoaggiornato al 2016).

28 milioniÈ il numero di utenti italiani che utilizzaFacebook (dato aggiornato al 2016).

30 milioniÈ il numero di aziende che ha una Fan Pagedi Facebook (dato aggiornato al 2014).

122%A tanto ammonta l’incremento nella spesaeffettuata dalle aziende per unità di annuncisu Facebook anno su anno (dato aggiornatoal 2014).

1,5 milioniÈ il numero di aziende che investe in annun-ci di Facebook.

5,38 miliardi (di dollari) A tanto ammontano i ricavi realizzati dall'a-ziende nel primo trimestre del 2016.

82%. È la percentuale di ricavi del social network(relativa al primo trimestre del 2016) genera-ta dalla vendita di pubblicità in ambito mobi-le.

1,51 miliardi (di dollari)L’utile netto realizzato da Facebook nelprimo trimestre del 2016.

Fonte: JeffBullas, Statista, DMR.,RobertoCatania, Panorama online.

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he cosa l’ha spinta ad avvi-cinarsi alla filosofia?“In realtà, ero molto vicino

alla letteratura – sto pensando allemie scelte liceali – ed a un certopunto ho capito che per dare ancheconsistenza a questa mia passioneletteraria dovevo affrontare anche ilproblema del pensiero e dell’orga-nizzazione di questo. Mi sono quin-di progressivamente avvicinato allafilosofia fino a scegliere questafacoltà all’università. Al di là diquelle che sono le scelte scolasticheo le scelte determinate da una facol-tà o dall’altra, esse dipendono dallepassioni che uno sviluppa.D’altronde, io al liceo leggevo giàFreud o i romanzi di Sartre, peresempio, e anche adesso nella mialibreria si trovano, affianco ai testi difilosofia, anche testi di poeti e narra-tori. Secondo me, infatti, esiste unpensiero, uno sguardo e una visionedel mondo che si ritrovano comenelle grandi opere filosofiche anchenella letteratura. Quando mettevo lapremessa a uno dei miei libri(Silenzio e Parole) dicevo che questolibro praticava la frontiera tra lettera-tura e filosofia, su cui erano transitate le cose più significative della cul-tura del ventesimo secolo.Credo di essermi potuto gestirecome per qualsiasi altro processo,con qualsiasi altra persona; in fondo

èquesto il segreto della giustizia: èuguale per tutti, non esiste un pro-cesso più importante di un altro.Pensa che sia una buona sceltaancora oggi per un giovane iscri-versi alla facoltà di filosofia? “Io non so come la vedano i giovani,in realtà dovete pensare che dellecentinaia di studenti che ieri eranopresenti alla mia conferenza, farannofilosofia all’università in 2/3; tutta-via non possiamo negare che gli altrifossero interessati, dal momento chesentivano che quelle cose li riguar-davano comunque. Non è detto chese uno che si interessi di filosofiadebba fare una facoltà di filosofia,può essere anche un interesse che sicoltiva in altro modo, per esempioleggendo, pensando; poi ripeto checi sia un discredito sulle disciplinefilosofiche e umanistiche da partedei cosiddetti “consiglieri” adulti deigiovani, che dicono di cercarsi qual-cosa che avvicini al mondo del lavo-ro. Vi sono quindi pochissimi stu-denti in tutta Italia che si iscrivono aquesta facoltà; stessa cosa accadeper esempio anche con la matemati-ca, che sopravvive in indirizzi scien-

tifi-ci o tecnologici, ma non nella suaforma pura. Le domande stesse chevoi avete fatto indicano che esisteconcretamente questo problemaanche per voi; nell’ambiente, nellasocietà che vi circondano la filosofianon è infatti considerata utile per ilvostro esito lavorativo”.Nella conferenza ha descritto ledifficoltà della globalizzazione(citando anche la crisi economicadel 2008); era chiaro che anche ilcosmopolitismo ne avesse risenti-to. Potrebbe approfondire questopunto?“Per parlare dell’Europa, vi è unpaese come l’Ungheria che ha vota-to un referendum che non ha per-messo di accettare il ricollocamentodi un’irrisoria quantità di profughi(poco più di 1000) stabilita dall’UE.Anche in italia si possono vedere glieffetti di una crisi profonda delcosmopolitismo, basti pensare aglislogan della Lega. Se cosmopoliti-smo significa che un giovane che hafatto il liceo, all’università può anda-re in America, a Londra o a Berlinoallora è giusto non parlare di crisi,ma se, invece, significa interagire

Intervista a FrancoRella

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Mimesis

Nell’ambito del festival Mimesische si è svolto a Udine tra il 17 e il22 ottobre, Andrea Visintini,Enrico Meroni ed Emma Gotti (4B)hanno intervistato Franco Rella,ex professore ordinario di Esteticapresso l’Università IUAV diVenezia e prolifico scrittore, sutemi riguardanti il rapporto trafilosofia e giovani, il cosmopoliti-smo e la morte. Di seguito vengonoriportate le parole del filosofo.

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ordenonelegge 2016, 17esimaedizione della Festa del Libro

con gli Autori. Passeggiando per levie della città, affollate di gente, si hala sensazione di essere tornati indie-tro nel tempo. Sembra di trovarsi inun'enorme libreria a cielo aperto:libri tenuti gelosamente in mano daipassanti, libri sugli scaffali dei book-crossing, libri impilati nelle vetrine,libri vecchi e nuovi, persone in carneed ossa che si possono quasi sfoglia-re durante gli incontri e le conferenzea cui la gente assiste, in un rapitosilenzio, accalcata dentro e fuori daitendoni bianchi. L'intramontabilefascino della cultura è il filo rossoche lega tutti i presenti. Mentre qual-cuno cammina alla ricerca dellospunto perfetto, noi abbiamo unobiettivo ben preciso: si chiamaMassimo Recalcati, psicanalista, sag-gista ed accademico italiano. Il titolodella sua conferenza, "Elogio del leg-gere", sembra presagire l'intensità di

parole, suoni esignificati checatturano da subi-to la nostra atten-zione. Siamo inpiedi appena

fuori dal tendone, incastrate tra deci-ne di altri uditori, tutti intenzionati anon perdersi nemmeno una sillabadell'intervento. Recalcati prendeposto, con la stessa tranquillità concui poi intraprende il discorso; stupi-scono l’ordine e la chiarezza dellesue parole, essenziali anche nel trat-tare argomenti di un certo spessore.La prima questione affrontata riguar-da la lingua e la sua origine; si parlaperò di una lingua primitiva, che nonappartiene a nessuna lingua, senzastoria, grammatica, alfabeto, o leggidel linguaggio: "lalangue", in italiano"lalingua", neologismo coniato daJacques Lacan, psichiatra e filosofofrancese dello scorso secolo.Lalangue impasta in sé il significan-te, le emozioni e gli affetti di un pri-mitivo e delicato stato di essere,mescolandosi al corpo. Lalangue ècorpo, è la lingua della nostra memo-ria e dell'affettività più originaria,depositata nell'inconscio; è un suono

che si fa custode di immagini indele-bili, estremamente intime e particola-rissime. Ha una potenza evocativa:richiama momenti, attimi di vita,colori, profumi, sensazioni cheappartengono a ciascuno di noi,diversamente.Lalangue segue i primi passi delbambino e cresce con lui. Si evolveprima nella lingua della famiglia,gergo dell'appartenenza; successiva-mente si arriva al linguaggio appresoa scuola. Ė a questo punto che, impa-rando a leggere, si vive un traumavirtuoso che comporta la dematerna-lizzazione dalla lingua materna: unasorta di svezzamento che apre allamente infiniti orizzonti. Ora l'essereumano possiede gli strumenti neces-sari per innamorarsi di un libro. La lettura, dice Recalcati, è un incon-tro. Un incontro per certi versi fortui-to che però può cambiare lo sguardosul mondo. Ma quali sono i libri chepossono dirsi “incontri”?I libri indimenticabili sono quelli checi leggono. Affondano le mani nellabrace del nostro inconscio, risve-gliando lalangue. Ciascuna di questeletture rappresenta una risposta ai

P

Teoria dell’incontro-Elogiodel leggeredi Emma Bonutti e Virgini Bernardis 4D

anche con coloro che sono diversi danoi, che non sono semplicemente inostri compagni di banco, allora unacrisi esiste ed è anche profonda.Anche in America, con Trump, cheha affermato che in caso di una suaelezione alzerebbe un muro perescludere i messicani, si nota come ilcosmopolitismo sia profondamentein crisi: egli non vincerà mai le ele-zioni, ma il fatto stesso che concorraalla presidenza è un esempio dram-matico della crisi di un progetto disocietà aperta”. Per concludere, unadomanda riguardo al tema dellamorte. Come dovremmo pensare oggila morte anche alla luce delle nuovetecnologie mediche (che possonoaddirittura tenere in vita persone giàin realtà morte, pensiamo al comafarmacologico)? “Tutte le creatureper definizione nascono e muoiono.

L’uomo si differenzia da tutti gli altriesseri viventi perché è cosciente diavere la morte dentro di sé: secondoNietzsche il problema sarebbe “faredella morte la nostra morte”, cioèsentirla allo stesso modo in cui sen-tiamo nostra la felicità, il dolore, labellezza…e questa è una cosa moltoproblematica, essendo la morte unterribile mistero. Il problema è comeuna persona possa mettersi faccia afaccia con se stessa, faccia a facciacon la propria mortalità. E questoproblema esiste nell’uomo in quantotale, in questa sua coscienza di esseremortale. I greci, ad esempio, chiama-vano gli uomini “i mortali”, indican-doli proprio con la loro caratteristicaessenziale: basti pensare al fatto cheun antico proverbio greco dice chemeglio di tutto sarebbe non esserenati, e la seconda miglior cosa sareb-

be, una volta nati, andarsene subito.Questo spiega che la convivenza conla morte è per l’uomo qualcosa che diterribile e angosciante. Parlando diqueste tecnologie che allungano lavita, bisogna chiedersi se quellaallungata è veramente una vita: iocredo che il problema sia dello stato,che entra con le sue leggi, spesso inmodo violento, in un argomento cosìdelicato come la fine della vita. Difronte anche a questa potenza tecno-logica che tiene spesso in vita il dolo-re e lo prolunga, ritengo che si debbapoter accettare da parte di una perso-na anche la scelta cosciente e liberadi andarsene, non soltanto per chinon ha più coscienza, ma anche perchi potrebbe decidere autonomamen-te di andare incontro alla morte”.

Mimesis

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drammi e ai dubbi dell'esistenza.Recalcati parla di dieci libri per luirivelatori: Il sergente nella neve diMario Rigoni Stern, i Vangeli,l'Odissea, L'interpretazione dei sognidi Freud, La nausea di Jean PaulSartre; pone in un unico gruppo lepoesie di Pasolini, Conversazioni inSicilia di Vittorini, Racconti di Kafkae Ulisse di Joyce; infine Essere etempo di Heidegger, gli scritti diLacan e La strada di McCarthy. Adogni lettura corrisponde il supera-mento, o la spiegazione, di un suodilemma interiore: dalla paura dellamorte al desiderio di essere padre,dal problema della giustizia a quellodella sopravvivenza.L'ultima riflessione di Recalcati ci hacolpito particolarmente: un libroveramente importante è in grado didar nome a ciò che non si riesce adefinire. La parola bonifica l'ango-scia: è un sollievo che ridimensiona eplaca un tormento interiore.La conferenza si conclude così;Recalcati stesso afferma, con un sor-riso, che sarebbe un peccato rovinarequanto già detto con altre parole. Taliparole però diventano silenziosi ger-mogli di nostri spunti di pensiero. Ilrelatore in questo caso è stato per noiun incontro in tutti i sensi, è diventa-to un libro umano che ha dato voce a

pensieri che non riuscivamo a formu-lare. Ci rendiamo conto all'istantedell'inconfutabile verità delle paroledi Recalcati: un libro veramente indi-menticabile riesce a dare la sensazio-ne di "stare leggendo se stessi", comese fosse stato il libro a scegliere noi,o come se l'autore avesse voluto rac-chiudere nelle sue pagine un messag-gio particolare indirizzato a noi esolamente a noi. E per quanto riguarda lo scrittore? Inquesto caso riteniamo che l'"autolet-tura" sia un processo consapevole:uno scrittore sa, più o meno conscia-mente, di mettere la propria essenzanella propria opera. Il lettore invecenon è preparato all'incontro con sestesso, e quindi tale incontro diventaautomaticamente una rivelazione. Il concetto è simile se rapportato allepersone: esistono degli incontri chepossono avere su di noi il medesimoeffetto. Si potrebbe dire che alcunepersone siano in grado di lasciare unvero e proprio segno in noi; con unosguardo ci regalano un nuovo sguar-do sul mondo. Ancora, questo pensiero è applicabi-le anche alla musica: un musicista, ochiunque ami la musica e provi adimmergersi in un brano, seguendo lamelodia e l’andamento ritmico, sacome una certa sequenza di note

possa coinvolgere e far emozionare.Si tratta della nostra musica, anche seil compositore dista anni luce da noi,anche se il momento in cui si suona,o si ascolta, il brano, è diverso digiorno in giorno: ciò che non cambiaè l’effetto. Noi ci sentiamo affini aquella musica, a quella canzone, aquell’accordo particolare. La musicaci legge dentro e ci rende partecipi disé.A quanti altri contesti, passioni, per-cezioni questa “teoria dell’incontro”può essere applicata? Ogni esperien-za, a nostro parere, può costituire unincontro. Come non c’è limite alleespressioni dell’animo umano, cisarà sempre un nuovo specchio pron-to a cogliere, e a riflettere, la nostraimmagine. Ecco alcuni nostri "incontri". Titolo in comune: Grandi speranzedi Charles Dickens.Emma: L'ombra del vento di CarlosRuiz Zafòn, Cyrano de Bergerac diEdmond Rostrand, Oceano mare diAlessandro Baricco. Virginia: L'insostenibile leggerezzadell'essere di Milan Kundera, I dolo-ri del giovane Werther di WolfgangGoethe, Il ritratto di Dorian Gray diOscar Wilde.

Mimesis

n occasione del festival Mimesis2016 abbiamo intervistato l’exmagistrato Gherardo Colombo,

una figura di spicco nell’Italia deglianni ’90 per lo storico processo“Mani pulite”.Quale tipo di risposta riceve daigiovani in occasioni d’incontrocome queste?Se proprio devo essere sincero emolto molto franco i ragazzi general-mente sono più vivaci ed interagisco-no di più, e stamattina vi ho trovatiun po’ “seduti”; ho notato però che

eravate numerosi: dopoaver lasciato la magistra-tura ho incontrato quattro-centomila ragazzi e unacosa che mi colpisce posi-tivamente è che alcuni di

loro poi trovino l’interesse per docu-mentarsi e contattarmi anche sul miosito (www.sulleregole.it)Come si sentiva ai tempi di ManiPulite, quando, oppresso daimedia, aveva in mano assieme aglialtri magistrati della Repubblica lasituazione politica italiana? In realtà la responsabilità era dei par-titi politici, il nostro compito eraquello di verificare se fossero staticommessi atti di corruzione e, se sì,chi li avesse commessi. Quando arri-

vai ad occuparmi di Mani puliteavevo già alle spalle una serie di pro-cessi importanti che coinvolgevanopersonalità “in alto”, quindi per menon è stata un’esperienza tropposconvolgente. Credo di essermi potu-to gestire come per qualsiasi altroprocesso, con qualsiasi altra persona;in fondo è questo il segreto della giu-stizia: è uguale per tutti, non esisteun processo più importante di unaltro. Che rapporto c’è tra la conoscenzae la libertà?Esiste una relazione sicura, impre-scindibile tra conoscenze e libertà;più si conosce, più si è liberi, perchéessere liberi significa scegliere, e perscegliere si deve conoscere; e non è

Intervista a GherardoColombodi Paolo Lucca 4C e Alice Chiaruttini 4E

I

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n occasione della terza edizionedel Festival Mimesis, che si èsvolto ad Udine dal 17 al 22

ottobre u. s., l’incontro presso laLibreria Einaudi, sabato 22 ottobre,ha fatto scoccare, nel numeroso pub-blico di astanti, una scintilla che bril-lerà a lungo.È Leonardo Caffo l’intellettuale cheha saputo provocare, stimolare e toc-care tasti profondi dell’interiorità deipresenti.Filosofo, docente di Ontologia delProgetto presso il Politecnico diTorino, Caffo, nella sua ultima operaintitolata “La vita di ogni giorno”, cipone di fronte alla pluralità di quesi-ti esistenziali con i quali ci confron-tiamo ogni giorno e che possiamoaffrontare con quegli strumenti inter-soggettivi che ci permettono didiventare “architetti del nostro futu-ro”. Ma che cos’è la filosofia?Siete in macchina, fuori il sole èbello come non capitava da un po’,mentre la strada che percorretecosteggia un paesaggio di montagna.Dallo specchietto retrovisore vedete

un ragazzo cadere dalla moto. Iltempo stringe e non ci sono altriautomobilisti, il che vi consentirebbedi andare via senza essere giudicati.Eppure vi fermate, inserite la retro ecercate di capire come aiutare ilmotociclista. In quel cambio di mar-cia risiede un gesto immenso: aveteappena trasformato un comporta-

mento qualunque in un’azione filoso-fica!La filosofia si occupa di cose comequeste, scardina la realtà che diamoper scontata e apre a mondi possibili.Il filosofo, in fondo, è una guida turi-stica, non ci obbliga a seguire unastrada, ma ci suggerisce alcune

Cinque lezioni difilosofia perimparare a stareal mondo

Idi Sofia D’Urso 4C

Il PersonaggioCatania (1988) - insegna Ontologia del Progetto al Politecnico di Torino ed è membro delLaboratorio di Ontologia dell’Università di Torino. Editorialista dell’inserto culturale «laLettura» del «Corriere della Sera» è condirettore di «Animot». Nel 2015 ha vinto il Premionazionale Filosofia Frascati. Tra i suoi ultimi libri: A come Animale: voci per un bestiariodei sentimenti (Bompiani 2015) e La vita di ogni giorno (Einaudi, 2016).

necessario soltanto avere informazio-ni sulle alternative tra le quali sivolge la scelta, ma di più avere lacapacità di discernere quale delle duealternative sia quella che è giustoscegliere. E questo come è possibile?Solo attraverso la conoscenza di unavarietà incredibile di pensieri diversi. E c’è una relazione tra i suoi studiclassici e il suo lavoro? Il liceo classico mi ha fornito i mezziper comprendere diversi orizzonticulturali, e questo mi ha aiutatomolto nel mio lavoro. Le lingue clas-siche sono soprattutto organizzazionedel pensiero, e quindi credo sia

necessario conoscere ogni lingua percomprenderne la cultura: più cultureconosci più diventi libero, piùaumentano le prospettive, il modo divedere le cose; più conosci le linguemeno diventi giudicante, anche se avolte si tratta di lingue un po’ “giudi-canti”, e questo per me conta molto. Cosa intende per giudicante?Il latino è una lingua molto giudican-te, una lingua imperativa in cui l’ideadel comando è espressa frequente-mente. Comunque la lingua latinaesprime una cultura in cui la donnaera sotto tutela di qualcuno da quan-do nasceva a quando moriva, ed esi-

steva la schiavitù: questo è quello cheintendo come giudicante. Le linguedel passato permettono una proiezio-ne storica. Mentre le lingue moderne,come l’inglese, esprimono i problemiattuali, le lingue antiche portano consé una varietà incredibile di questioniche ci possono aiutare anche nell’am-ministrazione della giustizia.Ricordiamoci che uno degli esamipiù importanti della facoltà di giuri-sprudenza è proprio diritto romano.

*www.sulleregole.it

Mimesis

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alternative fondate sul ragionamento,ci abitua al confronto, ci impedisce diaccontentarci di una sola risposta. Ognuno di noi è filosofo, affermaCaffo, e la vita pratica è confermadell’essenza del ragionamento filoso-fico. La filosofia è “uno stormo diuccelli”, perché lo stormo è un meta-corpo con più componenti in cui isingoli sono guidati e guidanti. La filosofia è un atto che non sappia-mo bene dove possa condurci, eppure“non possiamo evitare di spostarci

nella direzione che disegna davanti anoi”. Se conoscessimo in anticipo lanostra meta, sosteneva Derrida, nonmuoveremmo mai un solo passo.L’ignoto e l’imprevisto sono un malemeraviglioso e necessario.L’alternativa è sempre un insieme dimondi possibili, non è mai un’unicastrada. Ci conduce lungo un percorso,magari tortuoso, che passo dopopasso orienta la ricerca più importan-te che esista. La filosofia è, secondo Caffo, un’al-

ternativa allo stato di cose che affron-tiamo nella vita pratica, pertanto dob-biamo partire dalla quotidianità,complessa ed enigmatica, e, attraver-so un processo di astrazione, giunge-re all’interpretazione e comprensionedel mondo.La filosofia è guida nella decodificadel mondo stesso, è la lanterna diDiogene che rischiara le tenebre del-l’ignoto esistenziale.

Mimesis

inacce. Soprannomi ingiu-riosi. Prese in giro.Prevaricazioni. Estorsioni.

Violenza fisica e psicologica ai dannidei più deboli. Ecco le facce del bul-lismo, una piaga probabilmente anti-ca che nella dimensione moderna haconosciuto una sua deriva e rapidissi-ma diffusione grazie al “supporto”dei social network e della rete.Si tratta di un fenomeno che si svi-luppa a cavallo dell'adolescenza e perquesto la scuola rappresenta il teatroprivilegiato dove consuma la sua vio-lenza, alimentata da una spirale disilenzio, paura ed omertà degli “spet-tatori”. Poi c'è Internet, quel meravi-glioso piccolo mondo segreto tantocaro ai nativi digitali, dove i genitorinon possono vigilare.Secondo una ricerca dell'Istat, inItalia il fenomeno colpisce un ragaz-zo su due. Ma cos'è davvero il bulli-smo? È soltanto sopraffazione volta adominare e intimidire il più debole?L'espressione profonda di un disagiogiovanile che spesso non conosce lamaniera di raccontarsi? L'epilogo diuna totale assenza di responsabilitàgenitoriale? Quel che è certo è che sitratta di un fenomeno trasversale,

presente sia nelle fasce sociali piùumili che in quelle più agiate. In que-sto senso è errato pensare che il bullosia figlio di un miserabile o di un pre-giudicato. Accadeva in passato digiustificare l'aggressività dicerti adolescenti con le difficoltà delvivere in periferie al margine. Oggi lecose sono cambiate, ci sono anchebulli benestanti!Le sue vittime invece sono sempre lestesse, giovani per lo più dalla sensi-bilità e fragilità spiccate, il cui rendi-mento scolastico e vita di relazionesono fortemente compromessi dal-l'ansia e dallo stress generato dallecontinue vessazioni. Molti, coltempo, rifiutano di andare a scuola, siisolano durante gli intervalli ricreati-vi e perdono l'interesse ad essere par-tecipi alla vita di classe. La cronacaci racconta anche di come il senso difrustrazione generato dall'essere vitti-ma di un bullo possa scatenare auto-lesionismo o gesti estremi come ilsuicidio. Da Bollate a Pordenone, daCagliari a Muravera, passando pertutto lo stivale, le scuole sono pienedi giovani vittime di prepotenze.Tuttavia a dispetto di questo quadrosconfortante, le situazioni che vengo-no denunciate sono di gran lungainferiori rispetto ai casi reali. Questoperché la convivenza forzata all'inter-no di un'aula o di un istituto scolasti-co, dove le occasioni di incontro-

scontro tra bullo e vittima sono eleva-tissime, induce in molti ragazzi iltimore che raccontare ad un adultopossa peggiorare la situazione. Ed inparte questa percezione è corretta,perché le punizioni scolastiche dasole non bastano a ridimensionare ilproblema se la famiglia non intervie-ne in maniera coordinata e cooperati-va. La verità, e ce lo confermano i piùrecenti studi, è che il bullo non è con-sapevole della propria condizione diaguzzino e che nella stessa misura lasua famiglia ignora, per mancanza ditempo o incapacità sistematica, ilnuovo terribile volto del/la proprio/a“adorabile figlioletto/a”.Ma allora che fare? Esiste un vade-mecum per sottrarsi a questa trappo-la? E una strategia più strutturata percolpire al cuore del problema? Larisposta a queste domande è “fareprevenzione”: scoraggiare sul nasce-re i comportamenti a rischio è ilprimo passo verso la risoluzione. Éimportante che si instauri un filodiretto tra scuola e famiglia.Anzitutto i genitori dovrebbero vigi-lare sui propri figli, cercare indizi cheaiutino a comprendere se crescono incasa una vittima o un bullo. Aprirsi aldialogo è un'ottima maniera per cir-coscrivere il problema e ridare digni-tà a chi si sente vittima. Poi informa-re la scuola per stabilire un pianocomune.

Bullismo a scuola:istruzioni per il disuso

M

Scuola

di Errique Orfino 1E

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Ma perché la prevenzione possa rive-larsi efficace occorre coinvolgere esensibilizzare non solo gli attori pro-tagonisti del dramma, ma anche inte-re classi, docenti e famiglie. Tutti peruno, uno per tutti. È un motto che sisposa bene anche con questa causa. Ilbullo in genere approfitta della condi-zione di isolamento in cui si trovano ipiù deboli. Creare una corazza umanaintorno a chi è in difficoltà piuttostoche rimanere a guardare senza inter-venire, scoraggia il prolungarsi dicerti atteggiamenti. Aiutare uno/a sfi-gato/a, un/a secchione/a, un/a ciccio-ne/a, un/a diverso/a, un/a poverac-cio/a, un/a ritardato/a, un/a quattroc-chi (e con questi termini non si inten-de offendere nessuno ma evocare gliappellativi che ci rivolgono) non èsconveniente e non ci toglierà popo-larità. É solo una cosa giusta.L'atteggiamento di chi merita davve-ro stima ed apprezzamento.Un bullo invece non è più “figo” divoi: se la prende coi più piccoli, coipiù deboli, con chi non ha mezzi perrispondere. Non si confronta con

quelli più in gamba per davvero. Glipiace vincere facile! Magari a casa èlui quello che subisce. E per questomerita attenzione almeno quanto chiè vittima. Riparare da una parte ericucire dall'altra.E se invece sei tu che leggi la vitti-ma? Ci sono delle buone notizie. Puoifarcela. Anzitutto credi in te stesso. Iltempo passerà e pure i brufoli, l'e-spressione goffa e gli occhiali.Probabilmente anche la tua timidez-za. La pelle di un altro colore resteràla stessa ma parlerà di te, delle tueorigini e sarà la cosa più preziosa chepotrai possedere, dopo il dono dell'in-telletto e della comprensione. Il bullonon è una persona invincibile: è sba-gliato e strano almeno quanto te.Forse anche più debole ed insicuro.Una persona veramente felice e sicu-ra di sé non ha bisogno di incanalarela propria rabbia su di te per trarresoddisfazione. Per questo non farglimai capire che è capace di influenza-re te e il corso delle tue giornate. Nonfarai altro che incoraggiarlo a prose-guire le sue vessazioni. Perché la

verità è che lui ha bisogno delle tueattenzioni. Non nasconderti e non rin-chiuderti nel tuo piccolo mondo.Piuttosto fa' gruppo, con quelli chenon fanno parte del club degli aguzzi-ni ovviamente, circondati di amici.Se resti solo/a sarai più facilmenteattaccabile. E se proprio non riesci astringere rapporti con nessuno, per-ché gli altri per paura di ritorsioni tihanno fatto il vuoto intorno, cerca dinon commettere l’errore di metterti indiscussione e di preoccuparti dell'i-dea che gli altri hanno di te. Nessunoti conosce veramente e per questonon ha il diritto di giudicarti mentretu hai il dovere di non piegarti ai giu-dizi. Piegarsi ai giudizi vuol direanche rincorrere dei modelli compor-tamentali che non ti appartengonopur di sentirti accettato. Dunque siisempre fedele a te stesso. E non ver-gognarti delle tue diversità. La diver-sità porta cambiamento nel mondo,l'omologazione solo ad un appiatti-mento.

Scuola

uante volte si pensa al pro-prio futuro?Quella parte della vita così

incerta, lontana, eppure così vicina.Futuro: in quel famoso trio (passato,presente e futuro), il membro chel’uomo teme di più, forse.Ma il futuro non sarebbe così spaven-toso se non entrasse in campo l’invi-dia, o meglio ancora, gli altri.Cosa c’entra l’invidia? Vi chiederete.C’entra, c’entra eccome!L’invidia è un fattore delle scelte del-l’uomo; gli altri sono un fattore dellescelte dell’uomo.Non mi sono spiegata? In effetti sembro una Sibilla, faccia-mo un esempio, allora.Tu sei un ragazzo o una ragazza,seduto o seduta sulla tua sedia, nellatua aula, in un corridoio qualunque

della tua scuola. Sei una per-sona apparentemente norma-

le: non hai voti straordinariamentealti, non sei il giullare della classe,per i professori sei uno dei tanti.Tuttavia, tu sei tutto questo solo percoloro che ti stanno attorno, ma, den-tro di te, sei molto altro.Sei una persona determinata, ambi-ziosa, e competitiva quando serve,ma non troppo. Hai un sogno e seipronta a fare qualunque cosa percoronarlo.Ora il personaggio è stato delineato,potrete o no essere d’accordo con mesu questa persona, ma è solo unesempio.Comunque tu sei seduta al tuo bancoe sei una persona assolutamente ordi-naria. Ed è proprio qui che sta il pro-blema: essendo una persona ordina-ria, non spicchi certo per abilitàsovrannaturali, vivi la tua vita inmaniera piuttosto monotona e tran-quillamente.

Ma ricorda: tu hai un sogno.Ora arrivano gli altri: molto spesso,dal tuo banchetto dell’angolo, hainotato che tutti quelli che ti stannointorno sono migliori di te. Non saiperché, non sai come sia successo,ma tutti sono un passo avanti a te e tudieci indietro rispetto a tutti.Allora cominci a pensare a come fareper migliorarti, per superare tutti,poiché sai che per coronare quel tuosogno nel cassetto, tu devi essereeccezionale.A questo punto hai due possibilità:demolire il lavoro degli altri per far sìche tu possa emergere, o impegnartiper essere migliore nonostante glialtri.La maggior parte delle persone sce-glierà la prima strada: quella dettatadall’invidia.Forse perché per essere superiore aqualcuno, la cosa più facile da fare èrendere più deboli gli avversari; ma

Non sei mai abbastanza

Qdi Mariasole Gagliano 4A

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pur essendo la via meno faticosa, essaè la più sbagliata: non è una sceltadettata dalla tua volontà, è una sceltaguidata dall’invidia verso gli altri.Cosa c’è di male?La risposta è semplice: una voltadistrutti tutti quelli intorno a te, senzaesserti mai impegnato veramente neltuo intento utopistico, cosa ti rimar-rà? Una corona di argilla che allaprima goccia d’acqua, si scioglieràinevitabilmente. Purtroppo l’uomo èschiavo dell’invidia verso gli altri:non può far altro che cercare di supe-rare i propri limiti. Ciò è normale, inquanto è intrinseco nell’essere umanovoler migliorarsi. Lo ha sempre fatto,fin dalla preistoria, e sempre lo farà.Per se stesso, l’uomo non sarà maiabbastanza, e per gli altri? Neanche.Ma nella vita non si può essere sem-pre eccezionali e migliori; non si puòessere sempre al massimo perchésarebbe sbagliato, in quanto è proprioa causa di tali pensieri che nascono iconflitti e le guerre. L’uomo vuoleessere al primo posto, salire la mon-tagna e, arrivato sulla vetta, vedere ilmondo dall’alto e sotto di lui tuttiquelli che non sono stati all’altezza dieguagliarlo o di superarlo. Certe volte bisognerebbe avere l’u-miltà di fare un passo indietro elasciare che sia qualcun altro a pren-dersi gli applausi per propri meriti.Non è mica un segno di debolezza!Ma ciò non vuol dire che l’uomo nondebba essere straordinario, poichéstraordinario non è sinonimo dimigliore.Essere migliore significa essereprimi, cioè SEMPRE al primo postorispetto a tutti. Essere straordinari,invece, vuol dire emergere dallanoiosa normalità per essere speciali,non essere al primo posto, ma esserese stessi nonostante il mondo cerchidi conformare ogni cosa secondo lesue regole e i suoi criteri. Ed essereordinari, infatti, vuol dire propriorestare nei limiti, non osare, nonrischiare; perché rischiare di esserestraordinari o se stessi, fa paura. Èpiù semplice seguire le folle e restare

seduto al proprio piccolo banco, nellapropria classe, in quel corridoio diquella scuola.Quindi, per riassumere tutto questomare di parole, che possono annoiaremolto, voglio dire a tutti quelli chestanno leggendo questo breve artico-lo: arrivati a un certo punto bisognadecidere di essere straordinari, nonordinari; ma la straordinarietà non vacercata nella disfatta degli altri, bensìnella forza della propria determina-zione una totale assenza di responsa-bilità genitoriale? Quel che è certo èche si tratta di un fenomeno trasver-sale, presente sia nelle fascesociali più umili che in quelle piùagiate. In questo senso è errato pensa-re che il bullo sia figlio di un misera-bile o di un pregiudicato. Accadeva inpassato di giustificare l’aggressivitàdi certi adolescenti con le difficoltàdel vivere in periferie al margine.Oggi le cose sono cambiate, ci sonoanche bulli benestanti!Le sue vittime invece sono sempre lestesse, giovani per lo più dalla sensi-bilità e fragilità spiccate, il cui rendi-mento scolastico e vita di relazionesono fortemente compromessi dal-l’ansia e dallo stress generato dallecontinue vessazioni. Molti, coltempo, rifiutano di andare a scuola, siisolano durante gli intervalli ricreati-vi e perdono l’interesse ad essere par-tecipi alla vita di classe. La cronaca ciracconta anche di come il senso difrustrazione generato dall’essere vit-tima di un bullo possa scatenare auto-lesionismo o gesti estremi come ilsuicidio. Da Bollate a Pordenone, daCagliari a Muravera, passando pertutto lo stivale, le scuole sono pienedi giovani vittime di prepotenze.Tuttavia a dispetto di questo quadrosconfortante, le situazioni che vengo-no denunciate sono di gran lungainferiori rispetto ai casi reali. Questoperché la convivenza forzata all’in-terno di un’aula o di un istituto scola-stico, dove le occasioni di incontro-scontro tra bullo e vittima sono eleva-tissime, induce in molti ragazzi iltimore che raccontare ad un adulto

possa peggiorare la situazione. Ed inparte questa percezione è corretta,perché le punizioni scolastiche dasole non bastano a ridimensionare ilproblema se la famiglia non intervie-ne in maniera coordinata e cooperati-va. La verità, e ce lo confermano i piùrecenti studi, è che il bullo non è con-sapevole della propria condizione diaguzzino e che nella stessa misura lasua famiglia ignora, per mancanza ditempo o incapacità sistematica, ilnuovo terribile volto del/laproprio/a “adorabile figlioletto/a”.Ma allora che fare? Esiste un vade-mecum per sottrarsi a questa trappo-la? E una strategia più strutturata percolpire al cuore del problema? Larisposta a queste domande è “fareprevenzione”: scoraggiare sul nasce-re i comportamenti a rischio è ilprimo passo verso larisoluzione. É importante che siinstauri un filo diretto tra scuola efamiglia. Anzitutto i genitori dovreb-bero vigilare sui propri figli, cercareindizi che aiutino a comprendere secrescono in casa una vittima o unbullo. Aprirsi al dialogo è un’ottimamaniera per circoscrivere il problemae ridare dignità a chi si sente vittima.Poi informare la scuola per stabilireun piano comune. Ma perché la pre-venzione possa rivelarsi efficaceoccorre coinvolgere e sensibilizzarenon solo gli attori protagonisti deldramma, ma anche intere classi,docenti e famiglie. Tutti per uno, unoper tutti. É un motto che si sposa beneanche con questa causa. Il bulloin genere approfitta della condizionedi isolamento in cui si trovano i piùdeboli. Creare una corazza umanaintorno a chi è in difficoltà piuttostoche rimanere a guardare senza inter-venire, scoraggia il prolungarsi dicerti atteggiamenti. Aiutare uno/a sfi-gato/a, un/a secchione/a, un/a ciccio-ne/a, un/a diverso/a, un/a poverac-cio/a, un/a ritardato/a, un/a quattroc-chi (e con questi termini non si inten-de offendere nessuno ma evocare gliappellativi che ci rivolgono) non

Cronaca

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è sconveniente e non ci toglieràpopolarità. É solo una cosa giusta.L’atteggiamento di chi merita davve-ro stima ed apprezzamento.Un bullo invece non è più “figo” divoi: se la prende coi più piccoli, coipiù deboli, con chi non ha mezzi perrispondere. Non si confronta conquelli più in gamba per davvero.Gli piace vincere facile! Magari acasa è lui quello che subisce. E perquesto merita attenzione almenoquanto chi è vittima. Riparare da unaparte e ricucire dall’altra. E se invecesei tu che leggi la vittima? Ci sonodelle buone notizie. Puoifarcela. Anzitutto credi in te stesso. Iltempo passerà e pure i brufoli, l’e-spressione goffa e gli occhiali.Probabilmente anche la tua timidez-za. La pelle di un altro colore resterà

la stessa ma parlerà di te, delle tueorigini e sarà la cosa più preziosa chepotrai possedere, dopo il dono del-l’intelletto e della comprensione. Ilbullo non è una persona invincibile: èsbagliato e strano almeno quanto te.Forse anche più debole ed insicuro.Una persona veramente felice e sicu-ra di sé non ha bisogno di incanalarela propria rabbia su di te per trarresoddisfazione. Per questo non farglimai capire che è capace di influenza-re te e il corso delle tue giornate. Nonfarai altro che incoraggiarlo a prose-guire le sue vessazioni. Perché laverità è che lui ha bisogno delle tueattenzioni. Non nasconderti e non rin-chiuderti nel tuo piccolo mondo.Piuttosto fa’ gruppo, con quelli chenon fanno parte del club degli aguzzi-ni ovviamente, circondati di amici.

Se resti solo/a sarai più facilmenteattaccabile. E se proprio non riesci astringere rapporti con nessuno, per-ché gli altri per paura di ritorsioni tihanno fatto il vuoto intorno, cerca dinon commettere l’errore di mettertiin discussione e di preoccuparti del-l’idea che gli altri hanno di te.Nessuno ti conosce veramente e perquesto non ha il diritto di giudicartimentre tu hai il dovere di non piegar-ti ai giudizi. Piegarsi ai giudizi vuol dire ancherincorrere dei modelli comportamen-tali che non ti appartengono pur disentirti accettato. Dunque sii semprefedele a te stesso. E non vergognartidelle tue diversità. La diversità portacambiamento nel mondo, l’omologa-zione solo ad un appiattimento.

ualche giorno fa per purocaso varcavo la soglia di unamostra fotografica in un

paese a me sconosciuto fino a quelmomento del Friuli, Cavasso Nuovo.Non nutrivo grandi aspettative, oalmeno non avrei mai creduto dirimanerne così colpito. Appenaentrato scopro qualcosa di davverosuggestivo. Scatto dopo scatto, miritrovo pian piano immerso in unmondo di sguardi, movimenti eritratti che mi lasciano a bocca aper-ta, ogni foto rappresenta non solo unmomento, racconta una storia che sipuò leggere cercando di guardarenegli occhi dei protagonisti, nei sor-risi, nelle espressioni del viso, nellaposizione delle mani. Il fotografo,Carlo Spaliviero, ha raccolto nei suoiviaggi un marasma di idee, unostraordinario spaccato di mondo. Trale tante mi colpisce più di tutte unafoto in particolare che mi rimaneancora impresso nella mente e mi faancora tanto pensare. Un uomo e un

bambino sbirciano curiosi dalla spac-catura di una porta a vetri chenasconde tutto, meno il loro volto ele loro espressioni.La foto è scattata in Mongolia nel2013. Un soggetto semplice, nongrandi paesaggi naturali o incredibiliarchitetture, ma semplicemente fol-gorante. La genuinità e la semplicitàmi trafiggono e mi trasmettono spe-ranza. I due protagonisti mi guarda-no, stupiti quanto me, e io mi sentocosì vicino a loro senza sapere chisono, senza aver visto più dei loroocchi. Mi sposto di pochi passi, altromuro, altra foto, altro mondo. Unmercato in Vietnam nel 2015 e l’am-

bientazione di un’altra splendidascena. Tre personaggi, due donne eun uomo, davanti a un tavolo, hannodella merce tra le mani e un caoticoinsieme di altre cibarie e bevande cheli attornia. Colpisce e risulta fonda-mentale l’angolazione della luce cheirrompe sulla scena dalla finestra inalto a sinistra e che delinea nettamen-te i profili delle figure e le forme ditutti gli oggetti presenti nel mercato.Si presenta un momento di vita quo-tidiana, gentilmente offerto dallamacchina fotografica e da tre animevietnamite . Mi giro ancora una voltae mi immergo in un altro scorcio,

Q

Scenari

di Giuseppe Beltrame 4C

Tre scatti e un’im-pressione

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un giovanissimo monaco buddistasale delle scale di legno e ferro, nelsuo tradizionale abito purpureo, eguarda divertito in alto a chi scatta lafoto o al cappello violaceo della spet-tatrice che mi sta accanto. Dietro dilui altri quattro monaci animano lascena e accompagnano il protagoni-sta al centro. La foto, scattata inBhutan nel 2013, si sviluppa su unsapiente gioco di prospettive cheinquadra il soggetto in movimento.Anche in questo caso il volto e losguardo risaltano prepotentementesulla scena.

In un mondo dove ormai è più facilescattare una foto che battere le ciglia,mi ritrovo a pensare al valore di unoscatto, quanto in realtà possa far capi-re e far pensare, pensare che forseuna foto vale un po’ di più, se in quel-lo scatto ti ritrovi, in quello sguardodi specchi. E tutto grazie a una portadal vetro bucato.

Scenari

iamo arrivati in Irlanda il 9 otto-bre. Ce l’avevamo fatta.Eravamo riusciti a guadagnarci

questa settimana-studio, e credo abuon titolo che sia stata un po’ ilnostro riscatto; in fin dei conti unaseconda opportunità molto spesso fabene a tutti. Cominciava così, assieme ai profMandalà e Nunziata, la nostra avven-tura nella terra di Eriu. In realtà l’av-ventura per noi era cominciata benprima che il carrello dell’aereo toc-casse la pista d’atterraggio dell’aero-porto di Baìle Ath Cliath: l’emozioneera palpabile già mentre salivamo sulpulmino che ci avrebbe portati aTreviso. Per un anno avevamo attesoquesto momento, e la settimana chel’aveva preceduto era volata, tra pre-parativi vari. Non stavamo nellapelle mentre il pulmino divorava ladistanza tra l’aeroporto e DunLaoghaire, sede della scuola dove

avremmo studiatodurante la settimana,vedendo sfilaredavanti a noi la mera-viglia di quelle terre.Distese immense diprati smeraldini, unamare di cristallo cherifletteva la Luna e leluci della baia diSandycove. Davantialla scuola abbiamoatteso le famiglie checi avrebbero ospitato; per fortuna gliirlandesi sono gente veramente sim-patica, accogliente e aperta, oltre adessere molto disponibili e cordiali. Inlinea di massima sono un po’ riottosi,come abbiamo avuto anche modo diconstatare, ma è forse da secoli ilcarattere di quel popolo celtico chenon ha mai voluto sottomettersi a nes-suno. Complessivamente, però, nonabbiamo avuto di che lamentarci perquanto riguarda le sistemazioni;certo, hanno uno stile di vita assaidiverso dal nostro, ma scoprirlo e

adattarsi era parte dell’avventura.Ogni mattina frequentavamo dellelezione nel college di Sandycove; lelezioni era basate sulla storia locale, ead esse seguivano delle visite in loco,durante le quali avevamo l’occasionedi ammirare dal vivo quanto avevamoimparato. Credo che vedere e assapo-rare con gli occhi quanto studiato siala migliore forma di apprendimentopossibile. Ecco perché esperienze delgenere secondo me andrebbero pro-mosse. Sono esperienze formative a360 gradi, che uniscono tra di loro

Sdi Luca Maggio Zanon 3B

Eìre

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discipline fondamentali. Anche per-ché così facendo si assimila e si mettein pratica quanto appreso sui banchidi scuola, a partire dall’inglese perarrivare alla storia, passando per laletteratura… ma anche la semplicearte dell’ ”arrangiarsi” dell’ ”impara-re a cavarsela da sé. Ah, e ad abituar-si a modi di vivere e di mangiare deltutto differenti dai nostri! La cucina èstata difatti un tasto dolente permolti; è un po’ difficile adattarsi apanini farciti con burro, maionese echeddar, quando andava bene. Iltempo è stato oltremodo clementecon noi; diciamo che abbiamo avutopoche occasioni per provare la famo-sa pioggia irlandese. Anzi, questa ciha regalato uno spettacolo stupendodurante l’ultima nostra visita:Glendalough, nei monti Wicklow, asud di Dublino. Un tempo era il cuoredel monachesimo irlandese, ora è unadelle testimonianze prime di quelfenomeno che ebbe le sue radici in

tutta l’Europa. In gaelico il nomesignifica “Valle dei due laghi”; e pro-prio quando è smesso di piovere, unarcobaleno è sorto collegando i duelaghi, sfiorando le chiome degli albe-ri e l’antico campanile del sito mona-stico. Glendalough è stata forse unadelle più belle visite che abbiamofatto; in quel posto si respirava unapace che non ho trovato in nessunaltro posto che ho visitato. AncheTara e Newgrange non sono state dameno. Tara è una collina a nord diDublino ed è da sempre stata il cuorepulsante dell’Irlanda intera. In cimaad essa sorge la Pietra del Destino; sidice che se sarà portata via da Taral’Irlanda crollerà. Newgrange, inve-ce, è un po’ la Stonhenge irlandese. Sitratta di un complesso funebre distraordinaria importanza, oltre che distraordinaria bellezza. E di cose bellene abbiamo viste, durante la settima-na: Dublino, la sua cattedrale con imagnifici rosoni, il Trinity College,

Dalkey… Credo che senza il prezioso impegnodei prof Mandalà e Nunziata nonavremmo mai potuto vivere un’av-ventura del genere; quindi a nome ditutta la 3’B un grazie veramentegrande per questa opportunità dataci. In Irlanda spero di tornarci; quellaterra mi ha veramente incantato.Ovunque si respira un’aria particola-re, quasi di magia, di luoghi surrealiquasi al di fuori d’ogni tempo e d’o-gni luogo. Di terre sospese nellamagia della loro storia e della loroanima. E l’Irlanda è un po’ così; nel-l’isola di smeraldo passato e presentesi mescolano quotidianamente, con-vivono in una simbiosi difficilmentetrovabile altrove. È questa quellamagia che si respira ovunque, dallacampagna alla città, l’anima di unpopolo indomito che ha saputo scri-vere la Storia pur trovandosi ai suoimargini.

Scenari

“Siamo qui per portare avanti lacausa delle donne e quella dellademocrazia, e rendere assolutamentechiaro che queste sono inseparabiliperché non può esistere vera demo-crazia se le voci delle donne non sonoascoltate” (Hilary Clinton, 1995)Il18 agosto 1920, grazie alle protestedei movimenti femministi delleSuffragette che lottavano per ugualidiritti politici tra uomo e donna, ilXIX emendamento della costituzioneamericana venne ratificato e per laprima volta tutte le donne ebbero ildiritto di votare.In questo modo avevano la possibili-tà di partecipare direttamente alla vitapolitica, di migliorare la loro condi-zione nella società e di influire sulloro futuro e su quello dei loro figli.Da quel momento ad oggi il percorsoche generazioni di donne hannodovuto affrontare, con grande sacrifi-

cio e impegno, per garantire comple-ta parità politica e sociale tra i duesessi, è stato costellato di grandi con-quiste. Questi successi, che spazianodal mondo della scienza a quello del-l’arte, da quello tecnologico a quellopolitico, hanno ridefinito il ruolodella donna nel mondo e hanno dimo-strato in questo ultimo secolo quantogrande e significativo possa essere ilsuo contributo allo sviluppo umano. Una delle più importanti conquistefemminili è avvenuta recentemente incampo politico quando HillaryClinton è stata nominata candidataufficiale del partito democratico per

la presidenza degli Stati Uniti. Dopo96 anni da quel 18 agosto 1920 unadonna non solo potrebbe essere allaguida del suo paese, ma potrebbeanche avere una notevole influenza alivello internazionale. Come la Clinton ha però sottolineatoi successi che le donne ottengono nonriguardano solo la donna che li haottenuti ma tutte le donne che si sonoimpegnate e che continuano a impe-gnarsi per rendere questi successipossibili. Tra queste come non ricor-dare Eleanor Roosevelt, ex first ladydegli Stati Uniti e attivista politicaimpegnata in particolar modo

di Giulia Guglielmini 2C

Il ruolo delle donnenella scocietà

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nella tutela dei diritti civili, che ebbeun ruolo importante nel processo diratifica della DichiarazioneUniversale dei Diritti dell’Uomo daparte delle Nazioni Unite; Aung SanSuu Kyi, politica birmana che duran-te tutto il corso della sua vita si èopposta alla rigida dittatura militareche governava il suo paese in difesadei diritti dei suoi concittadini;Angela Merkel, dal 2005 Cancellieredella Germania, che con le sue politi-che, oltre ad aver dimostrato di pos-sedere una determinazione d’acciaio,si è caricata in numerose occasione il

peso dell’Europa sulle spalle;Wangari Maathai, fondatrice delGreen Belt Movement, organizzazio-ne attraverso la quale si è battuta perla difesa dell’ambiente e premioNobel per la pace nel 2004 o RitaLevi Montalcini, insignita del premioNobel per la medicina nel 1986, cherinunciò a una famiglia e a un maritoper dedicarsi completamente allascienza e a migliorare la condizionedella donna in Italia. Tuttavia, in contrasto allo svilupposociale-politico che in questo ultimosecolo è avvenuto nel mondo occi-

dentale, ci sono paesi, come l’Arabiao l’India, in cui le donne subisconoforti discriminazioni in molti aspettidella loro vita, compresa la famiglia,l’educazione e l’occupazione. Iopenso che la condizione della donnain una società indichi quanto essa siasviluppata: se questa ha diritto aun’educazione può contribuire allosviluppo della comunità in cui vive,se può discutere insieme agli uominisulle questione pubbliche si puòavere un governo migliore e se puòprendere decisioni può plasmare ilsuo futuro.

Scenari

quadri certamente parlano aognuno di noi, e a ognuno di noi

dicono cose differenti. In fondo èproprio questa la bellezza dell’arte: lasua capacità di comunicarci indivi-dualmente, permettendoci di identifi-carci in qualsiasi opera. Durante que-st’anno utilizzerò il mio “spazio” nelgiornalino per descrivere ciò che certiquadri suscitano in me, quello che mitrasmettono, sperando che vi possiateidentificare anche in ciò che scrivo eche, quantomeno, vi risulti di piace-vole lettura. Esplicito che la mia nonè affatto una critica artistica o unadescrizione oggettiva, bensì un’inter-pretazione personale.Buona lettura!Dio mio, che infinità! Non sono ora,non sono qui, ove la mia anima sifonde con l’abisso. Non scorgoalcunché di definito, e tutto mi par’uguale, mi pare il caos che in me sidibatte impetuosamente. Durante il mio lungo viaggio lottaicon la fame e la sete, con la solitudi-ne e il freddo, lottai con questa stessanatura che ora sento amica più chemai! Neppure il calore dei primiraggi del sole sulla mia pelle intirizzi-ta mi fu così caro, non tanto quanto lo

è ora questo vento tagliente che miscuote i capelli e la veste; esso nonsuscitò in me ugual’ turbamento, maquesto sgomento certo non è cheparte del mistero, non mi donò infattilo stesso sollievo, poiché nel misterosta pure l’immensa sublimità che oraprovo! Io, peregrino sulla Terra, mene sto qui sugli scogli, inebriato dellagrandezza che i miei occhi contem-plano, e solo adesso capisco di essersempre stato a casa! Mio mondo, miadimora! Sarà re degli uomini coluiche prima comprenderà qual è la suavera casa! Non cerco più in cielo o inpatria, sarò viandante senza meta,giacché la mia grande dimora è ilmondo intero! Amo la mia casa, amoqueste rocce celate, le montagneall’orizzonte, amo le mie gambe stan-che e questo bastone che mi portoappresso, il cielo azzurro e i prati ver-deggianti, amo questa nebbia mattuti-na in cui mi pare di poter precipitareda un momento all’altro, ma cheforse, ora ch’io vedo, mi è lontanissi-ma, poiché credo che fino a poco fafosse nelle mie pupille. Mio Dio,maledissi spesso il Tuo Mistero: per-dona la mia stoltezza! E se non è undio, sia pure Madre Natura, il cuienigma sovente procurò morse al miocuore. Perdono a te allora, Madremia, poiché solo ora comprendo che

la frustrazione di questo mistero è ilpegno da pagare in virtù della mera-viglia, ed è così poco! Se il mondofosse a misura d’uomo, allora essonon avrebbe nulla da offrirci e nonpotrebbe esserci alcuna speranza;certo ci sono tedio e insensatezza, maquesti permarrebbero ugualmenteanche avendo tutte le risposte! Perchémai vivere una vita priva d’interroga-tivi? Non avrebbe senso se sapessiperché questo mare di nebbia agita intal’ modo il mio spirito, esso miannoierebbe e mi sarebbe indifferen-te; mi si dirà “C’è l’amore, ci sono lepersone, in loro puoi trovare la moti-vazione!”, ma allo stesso modo, seconoscessi il motivo per cui i suoiocchietti di zaffiro e la sua pellelucente m’abbagliano e m’incatenanoa lei follemente – quanto mi manchifanciullina mia! – in quello stessomomento l’incantesimo svanirebbe, el’amore cadrebbe nella banalità di ciòche ha risposta. Perciò, dopo averdetto “Mio Dio, che crudele sei statoa non concedere alla Tua Creatura lerisposte di cui esso necessita!”, gride-rò dinnanzi a questa distesa infinita:“Mio Dio, ti sono grato per averdonato alla Tua Creatura la possibili-tà di meravigliarsi!”.

Il soliloquo delviandantedi Veronica Cojaniz 3A

I

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Caspar David Friedrich,Viandante sul mare di nebbia, 1818, olio su tela, 74,8 x94,8 cm. Amburgo, Kunsthalle.Da una cima rocciosa un uomo di spalle, quasi una sago-ma scura sul fondo dominato da bianchi e azzurri, con-templa il paesaggio immerso nelle nebbie mattutine chelo rendono sfumato all’orizzonte. La pittura è molto det-tagliata e realistica, giocata sul contrasto tra la consisten-za tagliente delle rocce e la morbidezza leggera dellenuvole.

Scenari

uesta nuova rubrica appenaapprodata sul giornalino, intera-mente dedicata alla

musica, non poteva non proporre nelprimo numero un omaggio a Bob Dylan(Robert Zinnermann), vincitore del pre-mio Nobel 2016 per la letteratura.Indipendentemente dalla discussione inmerito all’assegnazione, più o meno con-divisa, del Nobel, il valore di questo arti-sta è universalmente riconosciuto: con isuoi brani amati in tutto il mondo, comele intramontabili Knockin’ on heaven’sdoor e Blowin’ in the wind, Bob Dylanha reso la sua musica una poesia melodi-ca in cui racconta temi profondi e fonda-mentali dell’umanità e della vita, quali lasofferenza, la condanna della guerra e ilsentimento di speranza.Ma la sensibilità artistica di Dylan è ani-mata anche da pensieri più interiori epersonali, in cui, come in una foto leg-germente ingiallita, l’artista immortalaun frammento del proprio essere e ce lolascia scoprire, nota dopo nota.Possiamo scorgere queste sfumature del-l’animo sin dal primo album interamentedi sua composizione, The Freewheelin’,e forse in particolar modo nei branimeno conosciuti, rimasti puri, liberidalle idee e dalle interpretazioni dimigliaia di ascoltatori ed amatori. Un senso incredibile di dolcezza, un rim-pianto sfumato ed un desiderio di unavicinanza ormai impossibile pervadonoGirl From North Country.Le parole e la musica di Dylan cantanoun malinconico tributo ad un ricordod’amore passato, che continua a viverein poche, semplici ma intense immagini(Please see for me if her hair hangs long,

/ If it rolls andflows all down herbreast). La canzo-ne rivela fugacipensieri che vivono ancora nella mente enel cuore dell’artista. C’è un sospesosenso di protezione nei confronti dellaRagazza della Terra del Nord (When therivers freeze and summer ends / Pleasesee if she’s wearing a coat so warm / Tokeep her from the howlin’ winds). Unsospiro che cela una velata sofferenzacompare già nella prima strofa del brano(She once was a true love of mine) e siacuisce nelle ultime battute del brano(I’m a-wonderin’ if she remembers me atall), fino a che il cerchio si chiude, con laripetizione delle prime frasi, come se ilricordo di quel dolce tempo passatofosse inizio, fine ed allo stesso momentoparte centrale dell’emozione. Ogni paro-la prende vita e ci riporta indietro,riusciamo ad immaginare i pensieri delcantautore che giungono, per bocca di unviaggiatore, al cuore della Ragazza dellaTerra del Nord. Pensieri ormai sbiaditidal lungo viaggiare e dal lungo tempotrascorso, ma sempre, malinconicamentepresenti nell’animo di Bob Dylan.

If you’re travelin’ in the North country fairWhere the winds hit heavy on the borderlineRemember me to one who lives thereShe once was a true love of mine

Se tu sei in viaggio verso la fiera del Norddove i venti soffiano forte lungo il confinericordami ad una persona che vive laggiùlei un tempo era il mio unico amore

Well, if you go when the snowflakes stormWhen the rivers freeze and summer ends

Please see if she’s wearing a coat so warmTo keep her from the howlin’ winds

Se ci vai quando ci sono le tempeste di neve quando i fiumi si diventano ghiacciati e l’e-state finisceti prego, controlla se indossa un giacconeabbastanza caldoda proteggerla dai venti che ululano

Please see for me if her hair hangs long,If it rolls and flows all down her breast.Please see for me if her hair hangs long,That’s the way I remember her best. Ti prego, guarda al posto mio se i suoicapelli sono (ancora) lunghise scendono e si appoggiano sul suo pettoGuarda al posto mio se i suoi capelli sono(ancora) lunghiE’ così che io la ricordo al suo meglioI’m a-wonderin’ if she remembers me at allMany times I’ve often prayedIn the darkness of my nightIn the brightness of my day

Mi chiedo se lei si ricorda proprio di meMolte volte, spesso ho pregatonel buio di (ogni) mia nottenella luce splendente di (ogni) mio giorno

So if you’re travelin’ in the North countryfairWhere the winds hit heavy on the borderlineRemember me to one who lives thereShe once was a true love of mine

Quindi, se tu sei in viaggio verso la fiera delNorddove i venti soffiano forte lungo il confinericordami ad una persona che vive laggiùlei un tempo era il mio unico amore

di Emma Bonutti e Virginia Bernardi 4D

Degno di nota

Q

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651.000 soldati, 589.000 civili, per il3,5% della popolazione totale. Sonoquesti i numeri delle vittime italianedella Prima Guerra Mondiale.Spesso si pensa che questa sia statauna guerra con minori perdite rispet-to a quella che seguirà, ma basti pen-sare che nella Seconda GuerraMondiale morirono “solo” 320.000soldati e 153.000 civili. A cosa fudovuto ciò? Perché più di un milionedi persone morirono in un conflittodove si combatteva ancora a cavalloe si usavano le mazze chiodate? Le motivazioni sono molteplici. Inprimo luogo l’addestramento per unsoldato semplice di fanteria consi-steva in due, se non una, settimane,poi l’equipaggiamento era scadentee inadatto ai luoghi e alle situazioni.A quel tempo, inoltre, la guerra eraancora considerata da molti una con-tesa tra gentiluomini, tra cariche acavallo e duelli all’arma bianca. Sesolo quei gentiluomini avesserosaputo che sarebbero morti a causadi un proiettile di 8mm, forse ciavrebbero pensato due volte prima dilanciarsi al galoppo con le loro divi-se sgargianti. E Gorizia? Questa città contesa datempo tra due monarchie che fino adue anni prima erano unite in unaTriplice Alleanza che le legavanoinsieme alla Germania. Cosa portò igenerali Italiani a spostare le proprietruppe in campo aperto, pur sapendoche poco oltre c’erano mitragliatriciaustriache che li aspettavano? Conche morale si muoveva un soldatosapendo di avere, di media, sei setti-mane di vita? Come poteva sentirsiun militare sapendo di poter andaresolo avanti, poichè alcuni suoi fratel-li erano incaricati di sparargli sefosse tornato indietro e di essereanche sotto tiro dall’alto dai biplani?

Sapete cosa succedeva se un soldatochiedeva al superiore il motivo dellaguerra? Fucilazione per disfattismo.E se avesse aiutato un compagnoferito? Fucilazione per diserzione. Ese avesse scritto la benché minimaparola sulla durezza della guerra aifamiliari? Censura della lettera efucilazione per disfattismo. Un sol-dato non poteva fare domande, per-ché ce ne sarebbero state molte.Troppe. Il fronte non è il luogo delledomande. Le domande sono scomo-de. Meglio montare le baionette elanciarsi, a capo chino e rassegnato,verso quelle nemiche, sperando dinon morire sotto atroci dolori edessere ignorati dai barellieri. “Ferite al petto o alla pancia sonoincurabili, quindi è inutile anchesolo provare a salvarli” dicevano.Gli Americani spesso si chiedevanoperché negli ospedali da campo ita-liani arrivavano solo feriti agli arti.La risposta si poteva sentire la notte,quando urla e pianti di dolore arriva-vano dal bel mezzo del campo. Ipoveretti, spesso, imploravano diessere uccisi, piuttosto che soffrireun altro giorno. Sotto la pioggia.Perché al fronte piove. Piove sem-

pre.Anche a ciel sereno. Solo che alposto dell’acqua, cadono bombe.Bombe lanciate dai mortai e dagliobici. Di notte sembrano pure unmacabro spettacolo pirotecnico. Sìdi notte. Perché il fronte di Gorizia,come tutti gli altri, non dorme mai.Una canzone diceva: “O Gorizia, tusei maledetta per ogni cuore chesente coscienza. Dolorosa ci fu lapartenza e per tutti il ritorno non fu”.Per tutti. Perché non c’è modo di tor-nare le persone di prima dopo avervisto ciò, dopo averlo vissuto. Si pensava che la guerra dovessedurare pochi mesi, al massimo unanno. Ma come puoi tornare te stes-so dopo cinque anni di questa guer-ra? Dopo aver sentito l’odore dicarogna provenire dal mezzo dellevallate? Di quei cadaveri che fino apoche ore prima erano lì con te, apensare che non poteva essere possi-bile che proprio in quel giorno sareb-be toccato proprio a te. Dopo avervisto i nemici lanciare il gas mostar-da e vedere come questo non uccide-va. Questo logorava il corpo. Il fron-te non lascia superstiti. Il fronteuccide tutti.

Gorizia, tu seimaledetta

Terza pagina

di Simone Del Fabro 3D

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e in questo tentativo di rubricasportiva io e Andrea Visintinitenteremo di incuriosire chiun-

que voglia leggerci riguardo l'am-biente sportivo e calcistico in parti-colare, ritengo che la recente storiadel Leicester debba essere presa inconsiderazione. Sebbene quest'annola squadra di Ranieri sembri farefatica a ripetere le prestazioni delloscorso campionato, tutti devonoriconoscere che nel corso dell'annopassato si é reso protagonista di unvero e proprio miracolo sportivo: ilLeicester, per la prima volta nellasua storia, dopo aver ottenuto la sal-vezza nel 2015 solo alla penultimagiornata, nel 2016 vince la premierponendosi più in alto in classifica diveri e proprio carri armati qualiChelsea, United, City, e Arsenal.Il Leicester gioca un calcio semplicefrutto di una difesa attenta e di ripar-

tenze micidiali (tipicamente "all'ita-liana" se vogliamo) che non annoiamai e che prima crea e poi realizza ilsogno dei tifosi, non solo dellefoxes, ma del calcio in generale. Sepoi ad una difesa rocciosa comequella guidata da capitan Morgan, adun centrocampo infaticabile e teme-rario che ha in Kanté (recentementepassato al Chelsea per una trentina dimilioni) il proprio spartiacque, siaggiungono due fuoriclasse comeMahrez e Vardy, si ottiene la ricettaperfetta per stupire. Basti fare atten-zione al goal dell'attaccante inglesein casa contro il Liverpool per avereil riassunto del gioco del Leicester:attacco dei reds, recupero palla dellefoxes, lancio di 60m con il contagiridi Mahrez in direzione di Vardy chedopo un rimbalzo calcia e pesca iljolly che vale il vantaggio (ilLeicester vincerà poi 2-0). É una sto-ria che effettivamente ha conquistatotifosi in tutta Europa, in Italia in par-ticolare, perché ognuno di noi aman-ti del calcio si é sentito orgoglioso diessere connazionale dell'artefice

primo di questo capolavoro, ClaudioRanieri, tanto che il 2 maggio, gior-no della matematica conquista deltitolo, centinaia di italiani sono par-titi alla volta di Leicester per potereanche loro festeggiare l'evento stori-co, anche senza poter guardare lapartita. Quest'anno il Leicester statrovando difficoltà in campionato eciò é certamente dovuto al fatto checi sono aspettative più alte da partedei tifosi, ma soprattutto al fatto chele foxes sono impegnate anche incampo europeo, in Champions. Etanto per cambiare sorprendonoanche qui essendo riuscite a conqui-stare ben 9 punti nelle prime 3 parti-te del girone, senza subire nemmenoun goal. A questo punto non ci si puòpermettere di escludere un altromiracolo sportivo, questa volta inambito europeo, da parte delLeicester.La strada da qui alla finale di Cardiffé lunga però, da amante del calcio,sarei entusiasta se le foxes arrivasse-ro fino a quel punto.

Appunti calcisticiTerza pagina

di Gabriele Spangaro 5E

S

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iao a tutti, io sono Visa, e inogni giornalino di quest’annotroverete un mio articolo

molto molto informale, una specie dirubrica sportiva, che parla principal-mente di calcio (anzi, solo di calcio,con qualche accenno al basket o adaltri sport in conclusione, se avròvoglia). In qualche altra pagina,oppure anche qui vicino (non ne hoidea) troverete anche un articolo,sempre di argomento sportivo, diGabriele Spangaro; dunque, se nonavete nulla di meglio da fare, neitempi morti di studio o durante lespiegazioni in classe, vi consiglio dileggere anche quello, ma sappiateche mai sarà all’altezza del mio, pro-babilmente vi annoierà anche. Inrealtà sono consapevole del fatto chequesto pezzo verrà letto più o menoda due persone (anche perché alloStellini i maschi sono quattro gatti, edue di quei quattro siamo io eSpangaro), tuttavia mi impegnerò ascrivere per quelle due persone espero possano apprezzare la miademenza calcistica. Concludo la pre-messa dicendo che oggi è martedì 18ottobre, e il giornalino uscirà traqualche decennio, quindi se leggere-te qualche castronata, probabilmentesarà dovuta al passare del tempo e,soprattutto, al passare delle giornatedi campionato. In realtà la maggiorparte delle castronate sarà dovuta alfatto che sono io a scrivere, ma è piùfacile dare la colpa a Petrucco e allasua gestione del giornalino. Quindi,dedico questo articolo proprio aPaolo Petrucco e alla sua leadership,con la speranza che anche quest’an-no possa essere al timone con dedi-zione e saggezza di quel vascello cheè la nostra scuola. Ma cominciamocon le cose serie. Con l’Udinese, peresempio. Premetto che ero moltoscettico sul cambio di tecnico: l’eso-

nero di Iachini è avvenuto solo allasettima giornata, e un allenatoredeve avere più tempo per far quadra-re una squadra, soprattutto se si parladell’Udinese, che forse ha mezzoitaliano in rosa, ma proprio forse.Però in effetti Gigi Del Neri è riusci-to a dare un senso al gioco dei bian-coneri, nonostante la sconfitta, con-tro una grande squadra come laJuventus. Tra qualche giornata(quindi quando leggerete questo arti-colo), si vedrà se questo migliora-mento avrà dato i suoi frutti. Leparole del mister nel post-partitasono state incoraggianti: “s fcv unpunt ra ancra megli, ma mi smbr chei ragazz ‘nn rispost bne”. Ora non ciresta che sperare in una ripresa emagari nell’arrivo di un traduttoreche capisca la lingua di Del Neri epossa renderci partecipi dei suoicommenti incomprensibili. Ma ades-so passiamo alle zone alte della clas-sifica. Lasciatemi prima elogiare lemie doti fantacalcistiche: a iniziostagione sono stato irriso e sbeffeg-giato per aver comprato Edin Dzekonella mia squadra del fantacalcio, eora mi ritrovo con uno dei bomberpiù prolifici del campionato (almomento è in testa alla classificamarcatori). “Il gigante” tre giorni faha guidato la sua Roma al secondoposto, espugnando il San Paolo conuna doppietta contro un Napoli nonin ottima condizione, ma comunquemolto forte. Sarà dunque la Romal’anti-Juve di quest’anno? A mioparere no, semplicemente per il fattoche la squadra di Allegri è ancoratroppo forte e si trova su un altro pia-neta rispetto alle dirette concorrenti.Per il secondo posto io comunquepunterei più sul Napoli che sui gial-lorossi, perché ha una rosa più com-pleta composta da giocatori di altis-simo livello, a differenza dellaRoma, nella quale sulla corsia sini-stra della difesa il titolare è uno scar-to dell’Inter: Juan Jesus (con tutto ilrispetto per lui, quindi zero). Ma per-ché non sognare? Al momento al

secondo posto, a pari punti con laRoma, vi è il Milan di Montella. UnMilan bello, efficace e, soprattutto,giovane e italiano. Io non tifo Milan,ma ad una squadra in cui il portiere,Donnarumma (classe 99), ha la miaetà, in cui a centrocampo, dopo l’in-fortunio di Montolivo, gioca ildiciottenne Locatelli, in cui giocanoi vari De Sciglio, Romagnoli, Niange Suso (tutti under 23) e in cui su 11titolari, 7 sono italiani, si può soloaugurare il meglio. Tra l’altro anchel’allenatore è giovane e italiano:cosa volete di più? Non che io siacontro gli stranieri eh, ma vedendoche in nazionale gioca Eder titolare,più italiani giocano in campionato,più possibilità abbiamo di nonvederlo più. Vorrei menzionare altretre squadre: Torino, Chievo eSassuolo. Quest’ultima già da qual-che anno è una garanzia di qualità edi risultati e, se non fosse per lasconfitta a tavolino contro il Pescara(partita vinta 2-1 su campo), adessosarebbe quarta dietro a Juve, Roma eMilan. Davvero complimenti. Stesseconsiderazioni per il Chievo: questasquadra sta dimostrando che unasocietà seria e un impegno costanteda parte dei giocatori portano a otte-nere ottimi risultati, pur non avendoi singoli grandi qualità: l’unico gio-catore veramente forte è Birsa e, sì,ce l’ho io al Fanta. Il Torino, invece,ha sì una società organizzata, ma haun allenatore bravissimo comeSinisa Mihailovic e, soprattutto, trecampioni come Ljajic, Belotti e IagoFalque in attacco, capaci di risolvereda soli le partite. Spero tanto che afine anno queste tre squadre (magariassieme all’Udinese) possano arriva-re in alto, scalzando, perché no,qualche big come l’Inter, che, casoIcardi a parte, si trova in grande dif-ficoltà. Comunque, fino a qui è uncampionato davvero bellissimo, conundici squadre in 5 punti, e davvero,Juventus a parte, non si sa chi potràavere la meglio. Chi vivrà vedrà!

Il campionato piùbello

Terza pagina

di Andrea Visintini 4B

C

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ondra. Probabilmente questonome evocherà in voi ricordi,sensazioni e immagini diverse.

Alcuni si figureranno la bruma delTamigi, altri Harrods, Hamleys e ilLondon Eye, altri ancora le tantoamate cabine telefoniche, la magni-ficenza di Westminster, BuckinghamPalace e il Big Ben, oppure –perchéno?- qualcuno avrà pure rammentatomalinconicamente l’ottima birra diquel pub sulla Bayswater Road equanto costava il biglietto dellametropolitana. Quali che siano stati ivostri pensieri, almeno uno di loro ècaduto sul mondo della magia,mondo che a Londra affonda le pro-prie radici da tempo immemorabile,sia forse nelle infinite superstizioniinglesi che nei racconti attorno alfuoco, quando la nebbia ghiaccia leossa e i lampioni risplendono fiochinelle strade. No, non intendo parlaredel meraviglioso mondo di HarryPotter, dove il prode eroe sconfiggel’oscuro signore a colpi di stupefi-cium: dimenticate per un attimo ilsolito (per quanto affascinante possadimostrarsi) stereotipo del magoonorevole, buono ed eroico, le miti-che scuole di stregoneria e gli appas-sionanti tornei di Quidditch.Immaginate invece una Londrasospesa in un alternativo XX secolo,dove il termine “magia” ha ben altrosignificato; svoltate quelle ipotetichevie brulicanti di pendolari tutti ugua-li, neri e infagottati nei loro cappotti,e osservate attentamente quei perso-naggi altezzosi che compaiono spo-radici tra la folla, attorniati da segre-tari e portaborse tremanti. I lorosguardi affilati, i loro atteggiamentipretenziosi e la loro innegabile auradi potere vi cattureranno e allo stes-so tempo vi inquieteranno. Lorosono i maghi, superbi e mortalmentepericolosi: mantenete un basso pro-

filo,se ci tenete alla pelle. Infatti, sebbe-ne indifferenti o tuttalpiù sprezzantiverso i “comuni”, ovvero coloro chesono nati senza alcun potere se nonquello di esistere, questi uomini equeste donne non si fanno scrupolidi alcun tipo ad uccidere, torturare orinchiudere i sovversivi nelle cupesegrete della Torre di Londra. Nonsono costoro però i nemici più temi-bili, bensì i loro servitori: non è faci-le individuarli, quindi potete evitaredi girarvi continuamente. Possonoassumere qualunque forma desideri-no, dal più innocente bambino al piùpiccolo insetto; potrebbero essereaccanto a voi, nella mamma sorri-dente che accudisce il suo piccinocome nell’uomo d’affari impegnatonella sua conversazione al telefono.Di chi sto parlando? Sto parlandodelle creature che solcano questomondo dalle origini, da quando leciviltà muovevano i loro primi tre-molanti passi, delle entità misteriosee fameliche: spiriti di aria e fuoco, ijinn, meglio noti comedemoni.Questo è l’universo che sispalanca davanti ai nostri occhi nel-l’aprire La trilogia di Bartimeus,serie fantasy scritta da Jonathan

Stroudtra il 2003 e il 2006 e composta datre libri, l’amuleto di Samarcanda,l’occhio del Golem e la porta diTolomeo. La vicenda narra la storiadi John Mandrake, giovane appren-dista mago, che grazie all’aiuto delsuo servitore Bartimeus e agli inter-venti della “comune” KathleenJohnson salva più volte la città diLondra dalla distruzione. In quest’o-pera Stroud, sfidando ogni conven-zione, ribalta il classico stereotipo“mago buono/demone cattivo”,ponendo come protagonisti dei veri epropri “antieroi”, ricchi di lati oscurie caratterizzati da un’evoluzione psi-cologica complessa, come John (ilcui vero nome è Nathaniel), il qualeda innocente apprendista carico dibuoni ideali finisce per diventareegli stesso presuntuoso, servile eambizioso oltre ogni limite, spintodalla vendetta e dalla rabbia, propriocome quei maghi che tanto avevadisprezzato da bambino, per poi rav-vedersi grazie all’aiuto di Kathleen.Altro personaggio fondamentalerisulta essere il jinn Bartimeus,caratterizzato da un’ironia pungenteche riversa su chiunque lo circondi,primo tra tutti il povero John.

Trilogia diBartimeus

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di Anna Duca Zanini 3E

L

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er via del mio lavoro ho viag-giato molto e come è naturaletra tutti i posti che ho visitato ve

ne sono alcuni che mi hanno davveroaffascinato ed altri in cui non tornereimai. La mia storia si svolge in unposto che si trova a metà tra questedue categorie, un luogo misterioso estupefacente, ma terribilmenteimbruttito dalle forti disuguaglianzesociali a causa delle quali non mi èmai stato possibile stare lì col cuore

davvero in pace. Per qualche stranodisegno astrale e attraverso non soquali ragionamenti di cui ora nonsaprei spiegare la logica, mi ritrovaidi nuovo in quel posto, ma non perlavorare, non come turista, ma comevolontario. Ci tengo a specificare cheprima di allora non avevo mai fattovolontariato, anzi, conoscendominon avreste potuto definirmi “unapersona altruista”, ma si sa, le perso-ne pur non cambiando quasi maivogliono ogni tanto simulare unqualche mutamento di cui hanno

bisogno solo per potere in futurocontinuare a comportarsi come face-vano prima.Sta di fatto che mi misi alservizio della comunità, mi misi alservizio di una comunità che non erala mia comunità e quindi fui obbliga-to a seguire i volontari più esperti,finendo per essere di fatto lo schia-vetto di un giovane ereditiero di unapiccola fortuna che, almeno a quantodiceva, faceva il volontario a tempopieno da più di 2 anni. Per carità, luisi impegnava davvero, solo che ecco,avevamo appunto due idee di “impe-gno” diverse: io volevo servire i pastiai poveri lui mi portò ad accudire imorenti. E fu in questo frangente cheincontrai il Povero Cattivo, che percomodità chiamerò PC. PC era pove

Egli iniziò a suonare. Le corde dellachitarra vibravano con un’intensitàpari a quella di uno stormo di usigno-li in canto, un’impetuosa onda dinote si infrangeva sugli scogli cheavevano assunto le apparenze dispettatori di teatro, tremolanti, incan-tate presenze, rapite da quel flusso

voluttuoso di note, e quelle note, oraruggenti, ora placide e calme quantoun lago ghiacciato, erano infide, rapi-de nel trasmigrare da un registroall’altro, leggiadro quanto immanediluvio. Il concerto stava ormai per finire. Ilsuono si era infilato sotto forma diminuscole particelle nelle quasi invi-sibili fessure dei muri sorreggentil’edificio, si era unito alle pareti delteatro, le quali sembravano essere

righi di pentagramma sovrappostil’uno sull’altro, la cui struttura muta-va forma a seconda delle esigenzedel brano. Ad un tratto l’eterno ritor-no si compì, il ritornello che era statola frase d’esordio e con cui il concer-to si sarebbe concluso, termine diuna dimensione circoscritta destinataa ripetersi, riapparve, riempiendo dinuovo la sala della stessa atmosferaenigmatica, criptica ma gradevoleche l’aveva pervasa in principio

Il suono

Nonostante la sua quasi comicavanagloria, dimostrata soprattuttonelle sue esagerate descrizioni delleimprese dei tempi che furono, e lavena opportunista che lo contraddi-stingue, il jinn si dimostra l’unicocapace di tenere a freno le sregola-tezze di Nathaniel, vedendolo cre-scere ed evolversi nel corso dellastoria. .Lo stile risulta fresco e piace-vole grazie al lessico scorrevole eimmediato e all’alternanza della nar-razione rispetto ai punti di vista deivari personaggi, impreziosito poidalle divertenti note a piè di paginadi Bartimeus: nel complesso si creaun coro di voci narranti capaci dimostrare le molteplici sfaccettaturedella vicenda e quindi di trasmettereal lettore una visione globale dellastoria. Questa serie è preziosa pro-

prio per la sua originalità e il suoanticonformismo: ogni certezzaviene ribaltata, il Bene e il Male sifondono così armoniosamente danon riuscire più a distinguere con iltipico manicheismo dei fantasy “ibuoni” e “i cattivi”. I personaggiappartengono in qualche modo adentrambe le categorie, esattamentecome nella realtà: non si è malvaginé perfetti dalla nascita, ma sono lescelte che compiamo durante il corsodella nostra vita a far oscillare i piat-ti della bilancia verso il lato oscuro ola luce della purezza, creando in talmodo un costante equilibrio. Al di làdella piacevole vicenda narrata, unalettura più attenta porta alla luceimportanti spunti di riflessione,come l’enorme valore del liberoarbitrio e della libertà individuale (i

doni più preziosi per uno spiritocostretto alla schiavitù) o la possibi-lità infinita di riuscire a migliorarci,a cambiare, fosse anche negli ultimiistanti della nostra vita. Come disseChristian Bobin, “Pochi libri cam-biano una vita. Quando la cambianoè per sempre, si aprono porte chenon si immaginavano.” Non si puòpassare indifferenti attraverso unastoria: possiamo amarla comedisprezzarla, ma ci farà provare unaqualche emozione, positiva comenegativa. Certi libri spalancanomondi interi davanti ai nostri occhi,mentre altri ci fanno desiderare uncaminetto a portata di mano, dipendetutto dai nostri gusti: ed io, personal-mente, credo che questa trilogiapossa rivelarsi il portale miglioreverso un universo mozzafiato.

Terza pagina

di Luca Trevisan 3C

Le fantastiche storie di Duro Realismo,storie realizzatae da FrancescoGiacomarra

PIl povero gentile

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Spesso andando al lavoro mi capitavadi fermarmi ai parchetti cittadini, lofacevo per rilassarmi, guardavo i bam-bini giocare e gli anziani seduti sullepanchine che parlottavano tra loro,invidiando degli uni e degli altri lo stiledi vita, a parer mio, spensierato. Vi eratuttavia un bambino che stava lontanoda solo, lontano da tutti, e che, accom-pagnato da un colorato annaffiatoioverde brillante, sembrava occuparsi diogni tipo di vegetazione presente neiparchetti. Prima andava dal piccologiardino di Tulipani, poi dai grandiCespugli e infine correva dai Pini edalle Querce dopo aver guardato alme-no una volta ogni singolo fiorellino,anche la più giovane Margherita. Ilbambino sembrava avere con la naturaun legame speciale, un legame moltoserio. Spinto dalla curiosità, un giornoin cui potevo permettermi un piccoloritardo sul lavoro, andai da lui:-“Ciao!”--“Salve Signore!”--“Oh come sei educato, dimmi come tichiami?”--“Mi chiamo Olmo”-Pensai che Olmo per un bambinoamante della natura fosse un nome

azzeccato, sebbene suonasse un po’troppo adulto per un bimbo così minu-to.-“Che bel nome che hai, Olmo. Dimmi,cosa stai facendo?”--“Mi prendo cura dei parchetti!”--“OOh lo vedo, e lo fai molto bene, maperché non chiami qualche tuo amicoper aiutarti?”--“Io chiamo i miei amici a giocaresotto gli alberi, però devo pensare io acurarli. Mi scusi, lei inviterebbe maiqualche suo amico perché lo aiuti aprendersi cura della sua famiglia?”-Questa risposta mi lasciò un po’ inter-detto, ma non tanto quanto avrebbedovuto.-“I tuoi genitori ti hanno insegnato adavere rispetto per la natura, hanno fattomolto bene”--“Signore, la mia mamma e il mio papàvogliono tanto bene alla natura, e anco-ra di più ne vuole mio nonno. Miononno ha insegnato prima al mio papàe poi a me che si deve volere tantobene ad ogni pianta! Pensi che il miononnino aveva un giardino dove c’erauna grande Quercia a cui lui volevatanto tanto bene…”--“E poi cosa è successo?”--“La ha sposata!”--“Cosa? Ah ma tu intendi che le voleva

proprio tanto tanto bene…quasi comealla tua nonna addirittura…beh sonosicuro che in realtà lui volesse un beneimparagonabile alla tua nonna, e sonosicuro che anche all’albero ne volessemolto, ma è un bene diverso, sai…”--“Scusi, lei non ha proprio capito…mianonna era una Quercia!”-Guardai il bambino pronunciare quelleparole con una sicurezza incredibile,normalmente un adulto sa che non sidovrebbero distruggere le certezze diun bimbo, ma quella risposta mi avevalasciato talmente spiazzato che sentiiqualcosa dentro me che mi obbligò areagire immediatamente-“Ma scusami Olmo, le Querce nonpossono avere figli, tanto meno nipo-ti!”--“Oh poffarbacco, hai ragione”-E il bambino davanti ai miei occhiscomparve all’improvvisoDa quella storia imparai una cosaimportantissima: mai smantellare ciòin cui un bambino crede, potrestidistruggerlo. Devi sempre ricordartiche loro non sono ancora pronti per ilDURO REALISMO.

ero in tutti i sensi, era gravementemalato, non aveva una casa, nonaveva un lavoro, non aveva assoluta-mente soldi. Però era anche terribil-mente cattivo. Passava il suo tempo achiedere la carità con un cartello consu scritto più o meno “DEVI DARMISOLDI”, scritta piuttosto esigenteche la maggior parte dei turisti inter-pretava come un piccolo errore diforma dovuta alla scarsa padronanzadi una lingua stranieraIn realtà PCvoleva essere esigente, parlava benela nostra lingua, ma era profonda-mente convinto che il mondo interoavesse un debito con lui, un debito dasaldare subito e con gli interessi.Ovviamente si penserà che la malat-tia lo avesse indurito. Falso. Se luifosse stato uno dei turisti a cui lui sirivolgeva, non solo non si sarebbedonato neanche un centesimo, ma si

sarebbe pure sputato addosso per ildisprezzo. Insultava chiunque glistesse vicino e spesso spaventavadonne e bambini per divertimento.Come se non fosse abbastanza, rifiu-tava le cure che gli offrivamo, eramaledettamente testardo e non sifidava di quelli che disprezzava.Quindi non si fidava di nessuno.Un giorno, preso dalla rabbia mirivolsi a lui così:-“Scusami PC, perché sei così catti-vo?”--“Io cattivo? Ma non vedi quantosono povero e malato!”--“Sì, lo vedo molto bene, da giornioramai, ma in tutto questo tempo hocapito che la tua cattiveria è davverosenza scusanti!”--“Ascoltami, la vita mi ha portato viai soldi, la casa e la salute, vuoi che miprivi anche della mia cattiveria?”

-“Hai perso tutto, tranne l’unica cosache avevi senza la quale avresti vis-suto meglio!”--“Ma tu lo sai cosa succede in questestrade ai poveri malati gravementecome me che non si vogliono cura-re?!”-Colto alla sprovvista, cercai dirispondere a questa strana domandanel modo più cinicamente realistapossibile:-“Beh…muoiono.”--“…suppongo tu abbia ragione!”-E queste furono le ultime parole diPC che si accasciò a terra morendoall’istante.Da questa storia imparai una grandeverità: se una persona buona muore èuna tragedia, ma se muore una perso-na cattiva allora è solo una faccendadi DURO REALISMO

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Mia nonna era una quercia

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remessa: ci teniamo a precisareche quanto segue non assicuraalcuna professionalità giornalisti-

ca. Si tratta di un esperimento socialeche consiste nel prelevare in modo deltutto accidentale dei piccoli campioni distelliniana innocenza, soavemente carpi-ta durante i quindici minuti funzionalialla ristorazione mentale, psicofisica ebiologica che il fato, o l’umana pietà, havoluto concederci come risarcimentoconsolatorio alle fatiche della mattinata.Non abbiamo la pretesa di considerarloun articolo serio e pensato: tutto ciò èfrutto della nostra pura et scientificaricerca della perfetta inter(s)vista, dovesoggetti, domande e considerazioni fina-li si trovano a coesistere, in ultima ana-lisi, totalmente a caso.

Individuiamo, senza la minima parvenzadi criterio, le prime vittime, durante unatranquilla passeggiatina lungo il nostrorispettabile corridoio. In qualche modosi rendono conto di essere state prescel-te e il loro incedere diviene istantanea-mente incerto e furtivo. Le blocchiamosenza troppi scrupoli, ostentando unaserafica curiosità.StellinianeVaganti (SV): Ciao! Come vichiamate?Vittime: B. e V. (I nostri numerosissimie già affezionati lettori ci perdonerannola decisione di tutelare la loro identità).Le vittime appaiono perplesse, disorien-tate e vagamente spaurite.SV: In che classe siete?B. e V.: Seconda. L’apparente innocenzadelle domande sembra inquietare ulte-riormente le vittime.SV: Ci concedete cinque minuti per con-tribuire ad un esperimento sociale?B. e V. si guardano intorno nella speran-za di trovare una via di fuga; cercano dipropinarci una scusa ma alla fine desi-stono.B. e V.: Ehm… ma sì, dai.SV: Bene. Allora, domandiamo a brucia-pelo, spiegateci la vostra strategia quan-do dovete prendere la merenda.B. e V.: Eh beh, CORRERE, rispondo-no, fiere della loro furbizia, e superare lafila… no scherzo, non la superiamo!

AggiungeB., con un sorrisetto imbarazzato, comescusandosi di una terribile mancanza dimoralità.SV: E quella per mangiare in classesenza essere visti/e?B. e V.: Allora: astuccio, diario… e deilibri, dicono, accompagnando ogni paro-la con un gesto eloquente e sguardi com-plici. Non fingete di non sapere di cosasi stia parlando: chi è senza peccato, sca-gli la prima pietra (o brioches, panzerot-to, saccottino…)SV: Quale dovrebbe essere l’abbiglia-mento del perfetto stelliniano, secondovoi?B. e V.: Ahhh… Tipooo… Pantaloniii…(e fin qua non c’era molta scelta), poiuna cintura… (ci sembra giusto cheognuno preservi la propria dignità), lescarpe, non so come si chiamano, tipo leClarks… e poi una camicia… del tipoproprio: “vai allo Stellini”.Effettivamente, descrizione impeccabi-le.SV: Conoscete qualche leggenda metro-politana sullo Stellini? Un aneddoto,qualcosa di insolito…B. e V.: Eh, una roba su un prof, ma nonpossiamo dirla… Rispondono in tonoconciliante. Comprendiamo benissimola loro saggia reticenza nell’addentrarsiin un argomento potenzialmente perico-loso.SV: Scontro tra titani: Rocci o Gi?B. e V.: Gi, all’unisono, senza la minimaesitazione. Una di noi esclama: brave!,con orgoglio quasi commosso; l’altrarimane in un silenzio sprezzante e intri-so di superiorità (Rocci regna).A questo drammatico punto ci pare per-lomeno corretto cercare di dissimularela stranezza della situazione con unadomanda vagamente cordiale; tuttavia lenostre malcapitate vittime sembranodivertite, ormai dimentiche della loroscusa, inizialmente improrogabile, persviarci.SV: Vi sentite in imbarazzo in questaconversazione?B. e V.: Si guardano, ridacchiano, annui-scono. Leggermente.Tra l’altro non possiamo esercitare chis-sà quale influenza intimidatoria, visto

che sono più alte di noi nonostante loscarto di età — considerazione brutale eavvilente, ma ahinoi inevitabile.SV: Ultima domanda. Avete elaboratoun metodo funzionale per mangiare leCroccantelle (famigerata et orridamerenda distribuita senza pudore in tuttele macchinette del mondo, come temia-mo), senza portarvi dietro quella sciamaleodorante sulle dita e…B. e V.: ci interrompono, come sdegnatedal sacrilego accostamento delle loroscelte nutritive al suddetto discutibilealimento, sempre che si possa definiretale. A noi fanno SCHIFO, leCroccantelle.SV: Bene, vi ringraziamo e… non giratela faccia quando ci rivedrete, d’ora inpoi!!!B. e V. ci salutano non senza un certorinnovato sollievo e fuggono, leste. Leguardiamo teneramente, rimpiangendo ibei tempi andati del buon caro, vecchio,ginnasio. Infine, vogliose anche noi dirifocillarci prima di filosofa, ci allonta-niamo, lasciandole finalmente libere, eci riteniamo soddisfatte dell’inutile eimbarazzante lavoro appena svolto.Potremmo già definirci fortunate se unosolo di voi amabili amici fosse riuscito aportare a termine la penosa lettura senzaspostare la propria attenzione altrove, suqualcosa di indubbiamente più merite-vole. Ma non screditiamoci ulteriormen-te!L’esperimento sociale di oggi, la cuidubbia finalità non ci è tuttora moltochiara, si è concluso. E ricordate: nessu-no di voi si consideri al sicuro. Ognimomento è buono per la prossimainter(s)vista.

Inter(s)vista 16.10.2016Terza pagina

di Le Stelliniane Vaganti

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Lutto

Ineffabile dolore:Il cuore, instabile,

Esita a ridere e a piangere.Trocaico,

Teme il giudizio dell’uomo

Andrea Visintini 4B

Notte di cartapesta

Due vecchie luci rosse sul tettoriflettono il grande vuoto nullacome fiammiferi rotti di netto

contro le stelle nella loro culla.Dicono che tutti dobbiamo sfogarci.

Nel turbine della danza sfrenataridiamo per annullare i tempi marci

fra i gialli bicchieri di limonatae la vergogna della strada ferrata.

Forse non c'è più nulla da direma saremo salvi ogni notte,

saluto gli amici pronti a partire,e mentre dormi taccio le mie lotte.

Biagio Sartori 4C

Tè delle cinque

Sfila il corteo di spose bambine divorziate,il banco delle carni è montato sulla strada,gente poco affidabile vende latte colorate

mentre sembra che l'estate morta cada.La lancia di ogni doriforo è vuota e avvizita

e l'ultimo sussurro è una lacrima acerba,il pianto sommesso di una madre smarrita

che seppelisce una umanità superba.Ora attraversa un vecchio e dolce carro,infinita la grigia coda che si porta dietro

come quella dei bagni lerci della stazione.Ma il seme solitario è gia nella sua stagione,

il fiore canterà fra le tue dita di vetroe ballermo sulle ceneri del mondo bizzarro

Biagio Sartori 4C

Impappinarsi

inesorabile influenza, idealizzazioniinconsuete

istanti imbarazzanti di illusioni irre-quiete

incondizionata indulgenza, ingenuailarità

intesa immediata in un'intensa inti-mità

immacolata sincerità

un indiscreto

Poesie

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Fonti

Sguscia tra le mani il tempotra le mani non sguscia la noce

Sul'acqua si riflette al contrariolo sguardo del pipistrello, sul ramo

Dev'essere firmato "Il Napoia"Io non c'entro.

A M.

Quanto poco sei clemente,questa notte rendi amara,

mosca, inutile vivente,non lo sai quanto mi è cara!

Ronzi, sfiori, irrompi, ignara.Dell'insonnia l'ironia

sta nella tua compagnia,di doman non c'è certezza.

Spezzi il sonno già sottile- al fastidio sei addetta -e con quanto poco stile!

Addio amica, l'alba aspetta,le ore sfilano di fretta.Dell'insonnia l'ironia

sta nella tua compagnia,di doman c'è una certezza: le occhiaie.

Ivonne l’Insonne

Sai che?

Sai che,Sai che non,Sai che sei,

Sai che non seisai che

bon

R. Voltante

Poesie

Land of Eiru

Nei tuoi occhi di smeraldoho deposto il mio cuore,

al tuo vento di mare la mia anima ho consegnatoperché libera possa giungere

in cima alla sacra collina. E di lì vedrà il mondo,

una volta per tutte,ma non si sazierà,

ne son certo,del suo sterminato orizzonte.

Ho dimenticato tutto,perfino chi sono,

rapito dal battito del tuo cuore.È il suono di un arpa che invade l’aria,

con soavi notepizzicate dal tuo spirito ignoto.

E l’arpa porta con sé il canto dei venti che intonano “Libertà”,

ed è lì che il mio cuore s’è smarrito,nei tuo verdi occhi di smeraldo.

Luca Maggio Zanon 3B

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Fiori alla zucca

Ingredienti200 g circa di zucca sbucciata e privata dei semi2 cucchiaini da tè di lievito di birra secco50 ml (una tazzina da caffè) di acqua tiepida1 cucchiaino da tè di zucchero di canna350 g di farina 0070 g di zucchero semolato1 cucchiaino da tè di sale1 cucchiaio di olio1 cucchiaino da tè di succo di limone

ProcedimentoDopo aver pulito la zucca e averla tagliata in pezzi, disponetela su una teglia e cuocetela in fornoa 150°C. Controllate il punto di cottura con i rebbi di una forchetta: la polpa dovrà risultare mor-bida. A questo punto, estraetela dal forno e con la forchetta riducetela in purea: per l’impasto neserviranno 180 ml. N.B.: questa operazione va fatta per tempo in quanto la zucca deve intiepidir-si per essere aggiunta al composto.Stemperate il lievito nell’acqua assieme allo zucchero di canna e mescolate fino a quando il tuttosarà omogeneo. In una terrina unite la farina, il composto di acqua, lievito e zucchero, lo zucche-ro semolato, la purea di zucca, il sale, il succo di limone e l’olio e lavorate l’ impasto prima conl’aiuto di una forchetta e poi con le mani: trasferite l’impasto sul piano da lavoro ben infarinato elavoratelo ulteriormente, aggiungendo farina se necessario, fino a quando sarà liscio ed omoge-neo. Quindi formate una palla, riponetela nella terrina leggermente infarinata, coprite bene elasciate lievitare per 3 ore in un luogo caldo, lontano da correnti d’aria. Completata la lievitazio-ne, infarinate il piano da lavoro e stendete l’impasto con il mattarello. Con un coppapasta roton-do (Ø 6cm) ricavate tanti cerchi. Con un coltello dividete a metà i cerchi ottenuti, disponete in fila7 semicerchi sovrapponendone leggermente le estremità facendole ben aderire fra loro(come nel-l’immagine). Arrotolate ed esercitate una leggera pressione alla base del fiore chiuderlo.Disponete i fiori su una teglia rivestita di carta forno, copriteli e lasciateli riposare, sempre in unluogo caldo, per 30/40 minuti per l’ultima lievitazione. Preriscaldate il forno a 200°; spennellatecon un po’ di latte i fiori e, se volete, cospargeteli con un po’ di zucchero di canna. Infornateli per15/20 minuti fino a quando diventeranno ben dorati. Servite i fiori tiepidi o freddi.

Uno non può pensare bene, amare bene, dormirebene, se non ha mangiato bene.

(Virginia Woolf)

In cucina con mamma Stella

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Ritratto di Erique Orfino 1E

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