Nuclei Armati Rivoluzionari

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Nuclei Armati Rivoluzionari 1 Nuclei Armati Rivoluzionari I Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) furono un'organizzazione armata italiana d'ispirazione neofascista, nata a Roma e attiva dal 1977 al 1981. Teorici dello spontaneismo armato nazional-rivoluzionario, i NAR segnarono un punto di svolta nell'ambito dell'eversione nera e di rottura nei confronti dei loro padri politici. Attraverso un disconoscimento del passato golpista e stragista dei vecchi fascisti e di un allontanamento dalle logiche del neofascismo missino di sterile contrapposizione ai giovani militanti di sinistra, i NAR impugnarono (per la prima volta nella destra eversiva) apertamente le armi contro lo Stato proponendo, altresì, una comunanza di intenti con elementi della sinistra armata anti-borghese: un'alleanza operativa, cioè, fra gruppi ideologicamente diversi che, però, avevano come unico denominatore comune la lotta contro la borghesia capitalista e limperialismo sia sovietico che americano. Durante i quattro anni di attività i NAR furono ritenuti responsabili di 33 omicidi, oltre che della morte di 85 persone cadute nella Strage alla stazione di Bologna, per la quale furono condannati come esecutori materiali, con sentenza definitiva, Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Il contesto: gli anni di piombo Per approfondire, vedi Anni di piombo. Il gruppo dei NAR nasce in un contesto sociale collocabile, intorno alla metà degli anni settanta, nel bel mezzo di una delle stagioni politiche e sociali più drammatiche della storia repubblicana del nostro Paese, quella che ripropose, cioè, in Italia, le contraddizioni ed i contrasti già vissuti con i movimenti di contestazione del sessantotto e che poi «divampò (nel)la generalizzazione quotidiana di un conflitto politico e culturale che si ramificò in tutti i luoghi del sociale, esemplificando lo scontro che percorse tutti gli anni settanta, uno scontro duro, forse il più duro, tra le classi e dentro la classe, che si sia mai verificato dall'unità d'Italia. Quarantamila denunciati, quindicimila arrestati, quattromila condannati a migliaia di anni di galera, e poi morti e feriti, a centinaia, da entrambe le parti.» [1] Una situazione di rivolta generazionale che vide contrapposte le due fazioni politiche radicali di estrema destra e di estrema sinistra e che mai, come in quegli anni, finì per dividere migliaia di giovani che si diedero battaglia senza esclusione di colpi, trascinando il Paese quasi alle soglie di una guerra civile ideologica e creando fatalmente i presupposti per l'insorgenza del terrorismo di matrice politica. Una violenza che nasce inizialmente nei cortei e nelle piazze, dove gli scontri tra militanti di destra e di sinistra sono all'ordine del giorno e che spinse poi il movimento giovanile neofascista verso una sempre più aperta spaccatura tra due differenti anime. Da una parte quella più conservatrice e maggiormente legata all'apparato del Movimento Sociale Italiano di Almirante, il quale mal sopporta l'indiscriminata violenza di strada, per niente funzionale ad un progetto di inglobazione nell'arco costituzionale democratico parlamentare del suo partito [2] ; dall'altra, un'anima più rivoluzionaria ed interventista che avrebbe spinto, di li a poco, tutta una serie di gruppi neofascisti, spinti da pulsioni e da ideali politici non conciliabili con l'immobilismo moderato dell'MSI e dal ripudio dello stragismo e del golpismo dei vecchi fascisti", ad abbracciare certi metodi di spontaneismo armato contro lo Stato, propri (fino ad allora) solo della sinistra extraparlamentare.

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Nuclei Armati Rivoluzionari 1

Nuclei Armati RivoluzionariI Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) furono un'organizzazione armata italiana d'ispirazione neofascista, nata aRoma e attiva dal 1977 al 1981.Teorici dello spontaneismo armato nazional-rivoluzionario, i NAR segnarono un punto di svolta nell'ambitodell'eversione nera e di rottura nei confronti dei loro padri politici. Attraverso un disconoscimento del passatogolpista e stragista dei vecchi fascisti e di un allontanamento dalle logiche del neofascismo missino di sterilecontrapposizione ai giovani militanti di sinistra, i NAR impugnarono (per la prima volta nella destra eversiva)apertamente le armi contro lo Stato proponendo, altresì, una comunanza di intenti con elementi della sinistra armataanti-borghese: un'alleanza operativa, cioè, fra gruppi ideologicamente diversi che, però, avevano come unicodenominatore comune la lotta contro la borghesia capitalista e l’imperialismo sia sovietico che americano.Durante i quattro anni di attività i NAR furono ritenuti responsabili di 33 omicidi, oltre che della morte di 85 personecadute nella Strage alla stazione di Bologna, per la quale furono condannati come esecutori materiali, con sentenzadefinitiva, Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini.

Il contesto: gli anni di piombo

Per approfondire, vedi Anni di piombo.

Il gruppo dei NAR nasce in un contesto sociale collocabile, intorno alla metà degli anni settanta, nel bel mezzo diuna delle stagioni politiche e sociali più drammatiche della storia repubblicana del nostro Paese, quella cheripropose, cioè, in Italia, le contraddizioni ed i contrasti già vissuti con i movimenti di contestazione del sessantotto eche poi «divampò (nel)la generalizzazione quotidiana di un conflitto politico e culturale che si ramificò in tutti iluoghi del sociale, esemplificando lo scontro che percorse tutti gli anni settanta, uno scontro duro, forse il più duro,tra le classi e dentro la classe, che si sia mai verificato dall'unità d'Italia. Quarantamila denunciati, quindicimilaarrestati, quattromila condannati a migliaia di anni di galera, e poi morti e feriti, a centinaia, da entrambe le parti.»[1]

Una situazione di rivolta generazionale che vide contrapposte le due fazioni politiche radicali di estrema destra e diestrema sinistra e che mai, come in quegli anni, finì per dividere migliaia di giovani che si diedero battaglia senzaesclusione di colpi, trascinando il Paese quasi alle soglie di una guerra civile ideologica e creando fatalmente ipresupposti per l'insorgenza del terrorismo di matrice politica.Una violenza che nasce inizialmente nei cortei e nelle piazze, dove gli scontri tra militanti di destra e di sinistra sonoall'ordine del giorno e che spinse poi il movimento giovanile neofascista verso una sempre più aperta spaccatura tradue differenti anime. Da una parte quella più conservatrice e maggiormente legata all'apparato del MovimentoSociale Italiano di Almirante, il quale mal sopporta l'indiscriminata violenza di strada, per niente funzionale ad unprogetto di inglobazione nell'arco costituzionale democratico parlamentare del suo partito[2]; dall'altra, un'anima piùrivoluzionaria ed interventista che avrebbe spinto, di li a poco, tutta una serie di gruppi neofascisti, spinti da pulsionie da ideali politici non conciliabili con l'immobilismo moderato dell'MSI e dal ripudio dello stragismo e delgolpismo dei “vecchi fascisti", ad abbracciare certi metodi di spontaneismo armato contro lo Stato, propri (fino adallora) solo della sinistra extraparlamentare.

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Gli inizi: la nascita del gruppo

« Lei mi chiede che cosa sono i Nar, se esiste una organizzazione dietro questa sigla. Rispondo: Nar è una sigla dietro laquale non esiste un’organizzazione unica, con organi dirigenti, con dei capi, con delle riunioni periodiche, con deiprogrammi. Non esiste un’organizzazione Nar simile alle Brigate Rosse o a Prima Linea. Non esiste neppure un livellominimo di organizzazione. Ogni gruppo fascista armato che si formi anche occasionalmente per una sola azione può usare lasigla Nar. D’altra parte non esisterebbe modo per impedirlo »

(Interrogatorio di Valerio Fioravanti del 19 febbraio 1981[3])

Il primo gruppo dei NAR si forma a Roma, intorno al 1977, da un proposito di alcuni militanti neofascisti gravitantiattorno alla sede romana del FUAN di via Siena, al quartiere Nomentano dove, verso la fine del 1978, con ilmassiccio ingresso di militanti missini provenienti dalla sezione del Movimento Sociale Italiano Eur-Monteverde(come i fratelli Fioravanti, Francesca Mambro, Dario Pedretti, Alessandro Alibrandi, Luigi Aronica e molti altri), sicomincia a mettere in discussione l'immobilismo del partito e della concreta possibilità di intraprendere un percorsodi lotta armata, soprattutto attraverso una serie di azioni brillantemente eseguite e ideologicamente ben motivate ecapaci di destabilizzare la struttura portante dello Stato riprendendo la lezione dei ben più organizzati gruppi eversividella sinistra extraparlamentare.Le riunioni e le accese discussioni in via Siena trasformeranno quella sede, da lì a breve, in «uno dei gruppi cheimmediatamente si rende interprete del messaggio spontaneista diffuso dalle colonne di “Costruiamo l'azione” e dellacampagna di attentati dinamitardi attuata dall'Mrp. La sede del movimento, in via Siena a Roma, è in un primotempo centro di raccolta di esperienze, soprattutto delittuose e terroristiche, portate avanti da giovani unitidall'impazienza rivoluzionaria, privi di un progetto politico globale, ma tenuti insieme dal desiderio di praticareazioni militari di contenuto e di rilievo ben superiore al semplice pestaggio degli avversari politici di sinistra.»[4]

La confluenza nel FUAN del gruppo di militanti capeggiato da Valerio Fioravanti proprio in coincidenza con unfermento giovanile diffusosi anche nelle fila della destra, diede quindi vita ad un nuovo soggettoeversivo/movimentista ed ideologicamente più motivato, il cui nucleo originario comprendeva: Valerio Fioravanti,suo fratello minore Cristiano Fioravanti, Francesca Mambro, Franco Anselmi ed Alessandro Alibrandi.Per volere dei suoi stessi componenti, però, sin dalla sua nascita che durante gli anni successivi, i NAR non ebberomai una struttura ben definita e un'organizzazione stabile e gerarchicamente rigida ma furono, piuttosto, una sorta disigla aperta messa a disposizione dello spontaneismo armato, un movimento identitario nel quale transitarono, nelcorso del tempo, diversi militanti provenienti dalla galassia dell’estrema destra fascista tanto che, la sentenza delprocesso a carico dell'organizzazione del 2 maggio 1985, emanò condanne per ben cinquantatré imputati.

«

 La sigla Nuclei Armati Rivoluzionari, sottende una realtà di non facile comprensione e si inserisce in un orizzontevolutamente mutabile e in movimento. Tale sigla infatti venne dapprincipio utilizzata dal gruppo formato dai fratelliFioravanti, Alessandro Alibrandi e Franco Anselmi che si era andato strutturando in un processo di aggregazione per gruppioperanti nei quartieri e attivi in pestaggi e scontri fisici con oppositori politici, ma che già dal suo nascere non intendevacaratterizzarsi come una specifica formazione politica, quanto piuttosto mettere a disposizione di tutta l'area della destra unasorta di parola d'ordine con cui attestare, attraverso i fatti, la condivisione del progetto complessivo. Come si vede l'ideacoincide con le quasi contemporanee prese di posizione di Costruiamo l'azione, e la convinzione radicata in Fioravanti enegli altri a lui vicini della superfluità delle parole e della forza rivoluzionaria dell'esempio. Valerio Fioravanti spiegherà ilsignificato della sigla in questi termini: "la sigla N.A.R. è stata usata da molti anni, inizialmente per semplici attentati didanneggiamento, e stava ad indicare soltanto la matrice fascista. Tale sigla peraltro non si riferisce ad una organizzazionestabile e strutturata; bensì soltanto alla matrice degli attentati. Se vi era il rischio che persone estranee o anche persone delladestra facessero azioni sbagliate e controproducenti, esso era compensato dal vantaggio che tale organizzazione sembrasserealmente esistente e attiva per più lunghi periodi di tempo". Tale elasticità è indicativa di un atteggiamento del gruppoN.A.R che rimane tuttavia sufficientemente individuabile come tale per la stabilità della sua formazione, dell'armamento e laconsequenzialità dei comportamenti tenuti ed anzi finisce per essere un modo caratteristico di essere della formazione inveceche la negazione della sua esistenza come struttura. »

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(Relazione della Commissione Stragi[5])

Fatta quindi eccezione per quel ristretto nucleo fondativo, gli altri componenti del gruppo sono individuabili in tuttauna serie di fiancheggiatori che, con più o meno continuità, parteciparono alle azioni dell'organizzazione. Tra quellipiù attivi ci furono sicuramente Gilberto Cavallini, subentrato subito a ridosso delle prime azioni e poi rimasto neiNAR fino alla fine della loro storia; Luigi Ciavardini, entrato giovanissimo nel gruppo rimarrà poi coinvolto nelprocesso più drammatico della storia dei NAR, quello cioè per la Strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980;Massimo Carminati, personaggio diviso fra la malavita comune e l'eversione di destra e, per questo, figura chiave etramite tra i NAR e la malavita organizzata romana della Banda della Magliana; Giorgio Vale, proveniente dalmovimento neofascista di Terza Posizione e che per diverso tempo si divise nella militanza in entrambi i gruppi.Altri componenti che invece operarono più sporadicamente o temporaneamente furono: Giuseppe Dimitri, MassimoMorsello, Mario Corsi, Dario Pedretti, Stefano Soderini, Walter Sordi, Pasquale Belsito, Roberto Nistri, EgidioGiuliani, Dario Mariani i fratelli Claudio e Stefano Bracci, Stefano Tiraboschi, Ciro e Livio Lai, Paolo Pizzonia,Luigi Aronica, Marco Di Vittorio, Gabriele De Francisci, Domenico Maghetta, Patrizio Trochei, PasqualeGuaglianone, Pierluigi Bragaglia, Luigi Fraschini, Alberto Piccari, Fabrizio Zani, Stefano Procopio, LucianoPetrone, Riccardo Brugia, Fabio Valencic, Gilberto Falcioni, Claudio Conti, Andrea Pucci, Nicola Frega, DarioFaragnani.[6]

Il pensiero: gli anarchici di destra

« Io non sono mai stato fascista. Sono stato anti-fascista, che è una cosa molto diversa. L'ho detto anche ai giudici: cercateuna fotografia, una sola, in cui mi si veda fare il saluto fascista. Non ce ne sono »

(Valerio Fioravanti da Storia Nera di Andrea Colombo[7])

La peculiarità della storia dei NAR, soprattutto del suo nucleo fondativo, rispetto a tutte le altre formazioni eversivee terroristiche degli anni settanta, fu quella di essere un gruppo molto più politico di altri, ma che la politica inteserofarla in maniera anarcoide, distruttiva e autodistruttiva, singolarità che li rese un fenomeno assolutamente atipiconella vasta galassia del terrorismo italiano. Contrariamente al resto dei movimenti dell'eversione di destra, infatti, iNAR staccarono ben presto il cordone ombelicale con il loro partito di riferimento (il Movimento Sociale Italiano) eseppero perseguire una strada assolutamente differente che li portò a riconoscere ben presto l'importanzadell'abbandono delle ideologie contrapposte e del tentativo di superare l'aspra contrapposizione frontale tra destra esinistra, tipica di quel periodo e figlia di quella estremizzazione della dialettica politica che, tradotta in violenzaarmata, portava le due diverse fazioni radicali a rispondere colpo su colpo, azione su azione all'altrui violenza.

« Un altro mutamento che lentamente avviene riguarda l'atteggiamento nei confronti delle formazioni dell'ultrasinistra ivicomprese quelle armate... Le organizzazioni di estrema sinistra armate vengono prese a modello per la serietà e l'impegnodimostrati nelle loro azioni: parlando dei compagni si sottolineava spesso l'unità di generazione e inoltre se ne apprezzava lacaratteristica anti-borghese, che voleva essere anche una nostra caratteristica »

(Valerio Fioravanti da A mano armata di Giovanni Bianconi[8])

Portare a termine una vera e propria lotta contro il potere costituito, contro cioè lo Stato, attraverso lo spontaneismoarmato, divenne allora l'obbiettivo primario del gruppo che, coerentemente con la propria idea di voler voltare paginarispetto al passato, rinunciò anche a qualsiasi forma gerarchica interna (propria della destra storica), dimostrandoaltresì una vera e propria insofferenza verso la stagione dell’eversione che li aveva preceduti e verso quei (cosiddetti)profittatori doppiogiochisti che, secondo loro, all’interno degli ambienti della destra radicale, erano sempre pronti asfruttare i giovani militanti incitandoli all'azione e mandarli al massacro, per poi avvantaggiarsi dei frutti della stessa.

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« Avevamo un punto di vista anarchico: pensavamo che la rivoluzione non potesse essere governata, organizzata o guidata,altrimenti sarebbe stata solo lotta per il potere, e quella non ci interessava. All'interno (dei NAR, ndr) non c'era alcunrapporto gerarchico. Se io mi sono trovato nella posizione di leadership, è stato solo per una maggior capacità organizzativa,non per una questione politica »

(Valerio Fioravanti da Storia Nera di Andrea Colombo[9])

A differenza soprattutto delle formazioni di sinistra, i NAR non crederanno mai al mito della rivoluzione di massa;altra singolarità del gruppo, infatti, sarà quella di non cercare mai di fare del proselitismo, bensì utilizzare la sigla(NAR) per puntare alla singola azione rivoluzionaria fine a sé stessa, senza doverne rispondere a qualche gruppodirigente.

La lotta armata

1977-1978: le prime azioniLe primissime azioni del nucleo storico dei NAR furono degli attentati contro obbiettivi pianificati in maniera deltutto estemporanea. Il battesimo del fuoco avvenne il 30 dicembre del 1977 quando attaccano, a colpi di molotovl'entrata del quotidiano Il Messaggero in via dei Serviti, a Roma.Il 4 gennaio 1978 un commando di 5 persone entra nella redazione romana del Corriere della Sera minacciando conle pistole gli impiegati e lanciando poi tre molotov, una delle quali, tirata da Franco Anselmi, colpisce per sbaglio intesta il portiere dello stabile che ne rimase gravemente ustionato. La rivendicazione vedrà comparire per la primavolta la sigla che segnerà la loro storia: NAR - Nuclei Armati Rivoluzionari.[10]

« La sigla (NAR, ndr) nacque perché la sinistra si era inventata questa storia delle sigle e delle rivendicazioni. Così qualcunocominciò a tirare fuori anche a destra e venne fuori NAR, che somigliava ai NAP, Nuclei Armati Proletari, che a quei tempierano una delle principali organizzazioni armate della sinistra (...) Di certo fu coniata in una villa dell'EUR la cuidisponibilità ci veniva garantita, quando i padroni erano in vacanza, da un amico che faceva il giardiniere lì. Quella sera ioero in licenza dal servizio militare. La vulgata dice che c'era anche Francesca (Mambro, ndr) e che è stata lei ad inventarla,ma io onestamente non me la ricordo. »

(Valerio Fioravanti da Storia Nera di Andrea Colombo[11])

Il primo omicidio del gruppo fu invece compiuto a seguito dei fatti di Acca Larentia. Il 7 gennaio del 1978, a Roma,davanti ad una sezione dell'MSI del quartiere Tuscolano, un commando (mai identificato ma molto probabilmenteformato da militanti di estrema sinistra) uccise due giovani militanti missini: Franco Bigonzetti di 19 anni eFrancesco Ciavatta di 18 anni. Un terzo missino, Stefano Recchioni di 19 anni, perderà la vita quello stesso giorno,ucciso da un carabiniere negli scontri che seguirono tra attivisti e forze dell'ordine.[12] Acca Larentia segnò unmomento di rottura completa tra una parte dei giovani neofascisti ed il partito. La violenza dei gruppi di destra,infatti, da quel momento aumentò ulteriormente e dopo quel giorno, molti giovani missini, decideranno di impugnarela armi. «Per la prima volta» spiegherà anni dopo Francesca Mambro «i fascisti romani spareranno contro la polizia.E questo segnò ovviamente un punto di non ritorno.»[13] Successivamente, da alcuni detenuti di destra, fu fattacircolare una “voce” secondo la quale, a commettere la strage di Acca Larentia, sarebbero stati i comunisti della casaoccupata di Via Calpurnio Fiamma, nel quartiere di Cinecittà.Il 28 febbraio 1978, spinti da propositi di vendetta, oltre che per celebrare il terzo anniversario della morte di Miki Mantakas, dal solito ritrovo del bar Fungo (zona EUR) partono in otto: i due fratelli Fioravanti, Franco Anselmi, Alessandro Alibrandi, Dario Pedretti, Francesco Bianco, Paolo Cordaro e Massimo Rodolfo. A bordo di tre auto raggiungono la casa occupata ignorando però che, da qualche ora era stata sgomberata dalla polizia. A quel punto, invece che ritirarsi strategicamente, decidono di perlustrare il quartiere puntando in direzione della vicina piazza San Giovanni Bosco, i cui giardinetti sono spesso da ritrovo per molti compagni della zona. Nei pressi del parco, scendono dall'auto e, a volto scoperto, fanno fuoco su un capannello radunato intorno ad una panchina: Cristiano va

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a segno ma, subito dopo, gli si inceppa l'arma, il gruppo di compagni tenta di darsi alla fuga ma i proiettili ferisconodue di loro, i fratelli Nicola e Roberto Scialabba. Ma mentre Nicola riesce a fuggire e mettersi in salvo, Roberto, unoperaio elettricista e militante di sinistra, viene raggiunto da Valerio che lo fredda da distanza ravvicinata con duecolpi alla testa.

«

 Eravamo a bordo di tre vetture, l’Anglia Ford di mia madre, la Fiat 127 bianca di Massimo Rodolfo e la Fiat 130 colorsenape o oro metallizzato di Paolo Cordaro. A bordo delle tre dette autovetture ci recammo in una stradina limitrofa a piazzaDon Bosco e rilasciammo l’Anglia e la Fiat 127, mentre sulla Fiat 130 prendemmo posto io (Cristiano Fioravanti, ndr),Valerio, Alibrandi, Anselmi e il Bianco che fungeva da autista. Gli altri tre rimasero ad attenderci nella stradina oveavevamo lasciato le altre due vetture. Giunti in piazza Don Bosco sulla Fiat 130 la cui targa era stata coperta con ungiornale, vedemmo che c’erano due o tre persone sedute su una panchina o staccionata dei giardinetti che si trovavano vicinoalla strada, dalla parte sinistra, andando verso Don Bosco, mentre altre due o tre persone erano in piedi vicino alla dettapanchina o staccionata. Il Bianco rimase al volante della vettura, ed egualmente a bordo della stessa rimase come coperturaAlibrandi. (...) Mi sembra che abbiamo fatto subito fuoco. Io sono sicuro di aver colpito una delle persone verso la qualeavevamo sparato uno o due colpi, e non potei spararne altri perché la pistola si inceppò. Anselmi scaricò tutto il suocaricatore ma credo che non colpi nessuno, essendo lui un pessimo tiratore.noi lo chiamavamo “il cieco di Urbino”. Valerioinvece colpì uno dei ragazzi che cadde a terra. Visto ciò Valerio gli salì a cavalcioni sul corpo sempre rimanendo in piedi egli sparò in testa uno o due colpi. Quindi si girò verso un ragazzo che fuggiva urlando, e sparò anche contro questo ma senzacolpirlo. Io credo di aver colpito una delle persone al torace o all'addome; non so dire se si tratta del ragazzo rimasto uccisoo di quello ferito. Non si era parlato espressamente in precedenza di quello che si voleva fare, ma quando tornammo allenostre macchine nessuna delle tre persone che ci attendevano ebbe a mostrarsi dispiaciuta. »

(Cristiano Fioravanti da A mano armata di Giovanni Bianconi[14])

Nei mesi a seguire, nonostante la rivendicazione dell'attentato da parte dei NAR, la stampa e gli investigatoripunteranno più sui piccoli precedenti penali di Scialabba per accreditare la pista di un regolamento di conti trapiccoli spacciattori. Quello sarà invece il primo omicidio del gruppo; la sigla utilizzata per quella prima azione fuGioventù Nazional-Rivoluzionaria.[15]

Il 6 marzo 1978 lo stesso gruppo rapina l’armeria dei fratelli Centofanti nella zona di Monteverde a Roma, la piùgrande della città, portando via 8 pistole oltre ai documenti e agli orologi dei presenti. Qualcosa però va storto:mentre il commando si dà alla fuga, subito dopo la rapina, Franco Anselmi si attarda all'interno dell'armeria. Nenasce un conflitto a fuoco durante nel quale Anselmi viene colpito alla schiena dal proprietario Daniele Centofanti,che nel mentre era riuscito a liberarsi. Morirà sul colpo sulla porta dell'armeria e la sua uccisione ne fece una sorta dieroe-martire per il resto dei NAR che, in futuro, celebreranno (ogni inizio marzo degli anni successivi) la sua perditacon altrettante rapine ad armerie, firmando i colpi con la sigla Gruppo di fuoco Franco Anselmi.[16]

« Prima di quell'azione avevamo una paura fottuta. Mi ricordo benissimo le angosce di tutti noi. Perché per noi era la primavolta. Eravamo turbatissimi: con i valori che avevamo, arrivare a rapinare un privato ci sconvolgeva. Un conto era l’atto diguerra contro il comunista, cosa diversa era andare a toccare la proprietà privata. Così, mentre a menare o a sparare aicompagni non ci sentivamo in colpa, l’idea di aggredire e derubare un cittadino innocente, che non c’entrava niente, ci facevasentire dei criminali »

(Valerio Fioravanti da Il Piombo e la Celtica di Nicola Rao[17])

Il disorientamento e lo sgomento per la perdita dell'amico rafforzarono ulteriormente il gruppo infondendo loro ulteriore determinazione nella lotta eversiva. Sul piano pratico, invece, cominciarono sovente ad avvalersi dalla collaborazione di criminali comuni per la realizzazione delle azioni di autofinanziamento. Uno di loro fu Massimo Sparti: personaggio gravitante nel mondo della malavita comune che aveva avuto modo, proprio nel periodo di lontananza da Roma di Giusva, di legarsi in un intenso rapporto di amicizia e di collaborazione con suo fratello Cristiano (e con il suo fidato amico Alibrandi) tanto da rappresentare per lui quasi un padre adottivo.[18] Sparti si era così offerto di indirizzare l'attività del gruppo verso obiettivi sicuri e realizzabili senza eccessivi rischi, svolgendo altresì un supporto nelle forniture di documenti e targhe false e nel riciclaggio dei proventi delle rapine, tutte

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esperienze derivategli dall'inserimento nel mondo della malavita capitolina.Fu così che, a partire dalla rapina effettuata il 6 aprile 1978 a Roma, ai danni della filatelia Biancastelli, i NARmisero a segno una serie di riusciti colpi a cui anche Sparti partecipò attivamente: la rapina alla filatelia MeoliClaudi, quelle nell'abitazione di Gabriella Palazzoli e nella villa dei coniugi Barone-Leporace.[19]

La sera del 17 maggio 1978, Valerio, che nel mentre ha definitivamente abbandonato gli studi universitari perarruolarsi nell'Esercito[20] e si trova di stanza in Friuli, presso la Brigata Mameli di Spilimbergo, assieme adAlessandro Alibrandi, venuto appositamente da Roma, sottrae due casse contenenti 144 bombe a mano del tipoSRCM, nascondendole all'esterno dell'edificio.[21] Una di queste venne poi ritrovata dai militari mentre l'altra vienetrasportata a Roma da Alibrandi con l'aiuto di Tiraboschi e Sparti, ed utilizzata dai NAR nelle loro azioni. Il furtoverrà in seguito scoperto e Fioravanti verrà condannato dal Tribunale Militare di Padova, con sentenza del 14 giugno1979, a otto mesi di reclusione.[22]

Durante la notte del 14 dicembre 1978, trafugano dall'armeria della Capitaneria di Porto di Ravenna, un ingentequantitativo di armi da guerra (dieci mitra e cinque pistole), di bombe a mano (diciotto) e di munizioni (oltrequattordicimila cartucce).

1979-1980: lo spontaneismo armatoPer il primo anniversario della Strage di Acca Larentia, i NAR decisero di assaltare una radio di estrema sinistra,Radio Onda Rossa ma, questa volta, non per uccidere. La provocazione che il gruppo ha in mente è finalizzata aduna strategia politica che, Giusva e gli altri, percorrono ormai da tempo, l’idea cioè di unificazione del movimento dicontestazione giovanile e di abbandono della logica degli opposti estremismi tra destra e sinistra. L'idea sarebbequella di leggere ai microfoni dell'emittente un messaggio provocatorio: «Se volete giocare pesante, lo sappiamo fareanche noi. Vi abbiamo appena dimostrato che, volendo, vi veniamo a prendere a casa. Quindi smettiamola di spararciaddosso e combattiamo insieme contro lo Stato.»[23] All'ultimo momento, però, il gruppo decise di cambiareobiettivo puntando su un'altra radio del movimento, Radio Città Futura, causa una battuta riferita ad un giovanemissino ucciso ad Acca Larenzia («I fascisti hanno perso una Ciavatta») pronunciata dai microfoni di questa radio. Il9 gennaio del 1979, quindi, un commando formato da Valerio Fioravanti, Alessandro Alibrandi, Patrizio Trochei,Alessandro Pucci, Dario Pedretti, Livio Lai, Gabriele De Francisci e Paolo Pizzonia arrivano con le auto nei pressidella radio. In tre (Fioravanti, Pucci e Pedretti) assaltano poi gli studi durante la registrazione della trasmissionefemminista Radio Donna, dando fuoco ai locali e sparando alle quattro conduttrici che, raggiunte da colpi di mitra epistola, rimangono ferite.[24]

L'8 febbraio 1979 Valerio e Cristiano Fioravanti, Patrizio Trochei, Alessandro Alibrandi, Franco Giomo e PaoloLucci Chiarissi compiono una rapina ai danni della società Cab di Roma, rubando denaro e sei giubbottiantiproiettileIl 7 marzo 1979, alla vigilia della ricorrenza della Giornata Internazionale della Donna, il gruppo NAR/Donnerivoluzionarie, tra le quali spicca il nome di Francesca Mambro, piazza una rudimentale bomba davanti alle finestredella sede del Circolo culturale femminista nel quartiere Prati e poi lanciano due ordigni contro il cinema a luci rosseAmbra Iovinelli, nei pressi della stazione Termini, a Roma. A pochi metri di distanza, Valerio Fioravanti e altriestremisti armati, restano di copertura, pronti eventualmente a intervenire.[25]

Il 15 marzo 1979, per commemorare il primo anniversario della morte di Franco Anselmi, i NAR rapinano l'armeriaOmnia Sport, sita in pieno centro di Roma (in via IV Novembre) a due passi dalla Questura di piazza Venezia eportando via una sessantina di pistole, quindici carabine e diverse munizioni. L'azione viene organizzata dai Nar, mavede anche la partecipazione di personaggi di provenienza diversa, soprattutto militanti del FUAN. In 4 entrano inazione all'interno dell'armeria (Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Livio Lai), mentre in6 sono all'esterno con compiti di copertura (tra cui Giuseppe Dimitri, Gabriele De Francisci, Massimo Morsello ePaolo Lucci Chiarissi). Quella dellOmnia sarà la prima azione alle quali parteciperà attivamente anche FrancescaMambro.[26]

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Il 16 giugno 1979 il gruppo assalta la sezione del PCI dell'Esquilino, a Roma durante un'assemblea congiunta delquartiere e dei ferrovieri, con oltre cinquanta persone presenti. I terroristi entrarono nei locali lanciando due bombe amano Srcm e sparando alcuni colpi di arma da fuoco che feriscono ventisette persone, di cui tre gravemente.

« Ieri un nucleo armato rivoluzionario ha colpito la sezione del Partito Comunista Italiano di via Cairoli. Eseguiamo così inparte la nostra sentenza di condanna. [...] Diciamo in parte perché se ieri abbiamo colpito semplici attivisti del PCI, complicimorali in quanto portatori dell'antifascismo più reazionario, domani colpiremo i responsabili materiali, già individuati econdannati (questa volta a morire). Ribadiamo ancora una volta che i nostri veri nemici sono i rappresentantidell'antifascismo di Stato, in quanto i loro mezzi subdoli (dai mass media alla magistratura) ci colpiscono certo di più di chici affronta apertamente in piazza. Ma chi oggi ha riempito le galere di camerati ed insozzato sui giornali e alla televisione lamemoria dei nostri caduti sappia che dopo averli distrutti sapremo anche convincere la gente che quello che abbiamo fattorientra nel giusto. »

(Volantino di rivendicazione da Il Piombo e la Celtica di Nicola Rao[27])

Nonostante una sentenza passata in giudicato lo accusi di aver guidato il commando, Valerio Fioravanti ha semprenegato questo addebito.[28]

L'11 dicembre del 1979, Gilberto Cavallini, neofascista milanese gravitante nell'orbita ordinovista di MassimilianoFachini e che da qualche tempo ha stretto rapporti Valerio Fioravanti, partecipa alla sua prima azione con il gruppodei NAR, in occasione della rapina ai danni dell'Oreficeria D'Amore di Tivoli. Al colpo partecipano anche Valerio,Sergio Calore e Bruno Mariani.[29] Da quel momento in poi, Cavallini verrà integrato in modo organico nel gruppo.Il 17 dicembre 1979, un gruppo di militanti di Terza Posizione e dei NAR, formato da Giusva Fioravanti, SergioCalore, Antonio d'Inzillo, Bruno Mariani e Antonio Proietti organizzano un agguato nei confronti dell'avvocatoGiorgio Arcangeli, ritenuto responsabile di aver denunciato e fatto arrestare Pierluigi Concutelli come autoredell'omicidio Occorsio. A morire però sarà Antonio Leandri, geometra di 24 anni, erroneamente scambiato perl'avvocato romano e colpevole solo di essersi voltato al grido «avvocato!» lanciato da Giusva. Mariani spara perprimo e tre colpi dei sei vanno segno, poi Valerio interviene e spara il colpo di grazia che uccide il giovane[30]

Il 6 febbraio 1980, Valerio Fioravanti e Giorgio Vale uccidono, mentre è in servizio di vigilanza davantiall'Ambasciata del Libano, il poliziotto Maurizio Arnesano per impadronirsi del suo mitra M.12. Quando Giusva hapuntato la pistola contro Arnesano, intimandogli di consegnargli la mitraglietta, l'agente ha accennato però unareazione e Fioravanti gli ha sparato tre volte nel braccio. E mentre Arnesano cerca riparo verso l’ingressodell'Ambasciata, viene raggiunto da altri 4 proiettili nella schiena. Al sostituto procuratore di Roma, il 13 aprile1981, Cristiano Fioravanti dichiarerà: «La mattina dell'omicidio Arnesano, Valerio mi disse che un poliziotto gliavrebbe dato un mitra; io, incredulo, chiesi a che prezzo ed egli mi rispose: gratuitamente. Fece un sorriso ed iocapii»[31]

Il 6 marzo 1980, nel secondo anniversario della morte di Franco Anselmi, i NAR rapinano l'armeria Perini in viaRasella, a Roma, asportando 27 pistole.[32]

Le azioni dei NAR oramai si susseguono senza soluzioni di continuità: il giorno dopo, il 7 marzo 1980, ValerioFioravanti e Gilberto Cavallini sono a Trieste dove rapinano una gioielleria, cedendo poi i preziosi rapinati ad uncontatto di Cavallini, il ricettatore Angelo Manfrin.[33]

Il 30 marzo 1980 Valerio, Cavallini e la Mambro decidono di assaltare il distretto militare di via Cesarotti, a Padovaseguendo (come poi racconterà il pentito Cristiano Fioravanti) delle informazioni fornite da Franco Giomo, dirigentenazionale del Movimento Sociale Italiano. Nell'azione, il sergente Gabriele Sisto viene ferito con un colpo di pistolae vengono rubati 4 mitragliatrici MG 42/59, 5 fucili automatici, pistole e proiettili. Caricati su un furgoncino, con cuipoi si danno alla fuga, i tre restano imbottigliati nel traffico devono fuggire abbandonando le armi. Sul muro dellacaserma, prima di andarsene, la Mambro aveva firmato la rapina con la sigla BR (Brigate Rosse), per depistare leindagini.[34]

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Il 28 maggio 1980, un commando dei NAR formato da Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Giorgio Vale e LuigiCiavardini, con l'obiettivo di disarmare una pattuglia di agenti in servizio di vigilanza davanti al Liceo romanoGiulio Cesare. All’assalto partecipano di copertura Gilberto Cavallini, Mario Rossi e Gabriele De Francisci che, perun equivoco con il gruppo di fuoco, pensano ad un rinvio. Il commando, però, entra lo stesso in azione ed uccidel'appuntato di Polizia Francesco Evangelista (detto Serpico), ferendo altri due agenti.[35]

«

 Ci ritroviamo davanti all'istituto io, Vale, Mambro e Fioravanti, siamo arrivati in sella a due vesponi bianchi. C'è ancheun'auto con a bordo Cavallini e un'altra persona, sono di appoggio alla nostra azione, e sono i primi ad accorgersi che alposto dell'auto della polizia parcheggiata al centro della piazza c'è una vettura civetta, una Fiat 127 blu con a bordo dueuomini in borghese. In teoria l'operazione dovrebbe saltare, l'obiettivo è quello di disarmare una volante, colpire un'auto conla scritta Polizia ha un valore dimostrativo più importante rispetto ad attaccare un'auto civile. È quello che almeno capisceCavallini. “Andiamo”, dice Giusva dal vespone affiancando l'auto del Negro. Cavallini annuisce con la testa, mette in moto.E se ne va. Via. Noi invece partiamo con l'azione, con il Negro non ci siamo proprio capiti. Parcheggiamo i vesponidall'altro lato della piazza, al centro, al fianco di una piccola aiuola chiusa da una rotatoria c'è la 127 con a bordo l'appuntatoFranco Evangelista detto Serpico, alla guida, e l'agente Giovanni Lorefice, trent'anni, al suo fianco. Di fronte al GiulioCesare passeggia annoiato l'appuntato Antonio Manfreda, 48 anni, sposato, padre di un figlio. Giorgio si occuperà di lui. Io,Mambro e Fioravanti circondiamo la 127. Giusva parte deciso verso il lato di Serpico, io punto al lato opposto, mi avvicinoalla portiera di Lorefice. Mentre stiamo per tirar fuori le pistole per immobilizzare i due in auto, sentiamo uno sparo. Vienedalle parti di Vale e Manfreda. Lorefice, il mio uomo, sobbalza. Sparo anch'io, per reazione, dentro l'auto, senza guardare.Non c'è più tempo per pensare a nulla: anche Giusva e la Mambro aprono il fuoco »

(Luigi Ciavardini da Tutta un'altra strage di Riccardo Bocca[36])

Il 23 giugno 1980 i NAR uccidono a Roma il sostituto procuratore Mario Amato. Mentre attendeva l'autobus perrecarsi a lavoro, alla fermata posta all'incrocio tra Viale Jonio e Via Monte Rocchetta, Amato fu raggiunto alle spalleda Gilberto Cavallini che lo freddò con un colpo di rivoltella alla nuca, per poi fuggire in sella alla moto guidata daLuigi Ciavardini. Osteggiato e denigrato dai suoi stessi colleghi della Procura di Roma, oggetto di continui attacchida parte del suo diretto superiore, il giudice istruttore Antonio Alibrandi (padre di Alessandro, componente deglistessi NAR), il quale lo accusava di “dare la caccia ai fantasmi”, da circa due anni Amato conduceva le principaliinchiesta sui movimenti eversivi di destra in assoluto isolamento. Aveva altresì da poco annunciato sviluppiclamorosi nella sua indagine, prossime «alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben piùgravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi».[37] Il giudice Amato, come già accadde al magistratoVittorio Occorsio, ucciso a Roma dal terrorista nero Pierluigi Concutelli, la mattina del 10 luglio 1976, pagò quindicon la vita l'incapacità, da parte dei suoi colleghi del Tribunale, di non comprendere la "lettura globale" delterrorismo nero e la sua reale portata nell'Italia di allora.[38]

La mattina del giorno seguente, il 24 giugno, nei pressi di una cabina telefonica sita in via Carlo Felice, a Roma, ilgruppo fece ritrovare il volantino di rivendicazione in cui, oltre ad attribuirsi la paternità dell'omicidio, i NAR stilanoun vero e proprio manifesto di chiarificazioni sul loro operato, intitolato appunto Nar chiarimento, un proclamad'intenti rispetto ad un loro passaggio ad un livello politico differente, fatto soprattutto di iniziative dettate da fini divendetta:

« Chiariamo subito che i Nar hanno chiuso i battenti da un pezzo. Ciò vuol dire che le varie telefonate, rivendicazioni, smentite e volantini sono il frutto non di scissioni o correnti all’interno dei nuclei ma, piuttosto, il parto dei vari “eroi fascisti” che di eroico hanno solo la lingua [...] Troppo spesso ci si nasconde dietro frasi come “non abbiamo le armi” o “non abbiamo i soldi”. Soldi e armi sono per le strade e basta anche un coltello per cominciare. Ai vari membri delle “Grandi Organizzazioni Fasciste” diciamo poi: “Non ci rompete i coglioni, non avete mai fatto niente e non farete mai niente; gli unici che hanno fatto qualcosa (leggi Concutelli, Tuti) sono stati subissati dalle vostre infamate (ed anche ciò non resterà impunito). Siete degli idioti e delle pecore visto che avete bisogno di essere in molti dietro a qualche “capetto” per sentirvi qualcuno. Occhio alla penna, signorini! Non ci piace molto la gente che fa politica da tanto tempo e rimane sempre fuori! La troppa fortuna alla lunga puzza. Inutile poi indicare che la rivoluzione e anche solo la lotta politica non si

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fa sulla pelle dei “compagnetti” vari. Altri bersagli, i “neofascisti” non sono stati capaci di colpirli anche se qualcuno, hatentato goffamente di attribuirsi i vari Arnesano ed Evangelista. Se tali tentativi hanno trovato eco sulla stampa e fra leguardie è solo perché ogni tanto fa sempre buon gioco poter affondare il bisturi della repressione anche a destra. Abbiamopiombo per tutti. Per i camerati traditori, per ladri o rapinatori con l'alone eroico o rivoluzionario appiccato alle spalle, perguardie, infami e compagni che si sono macchiati del nostro sangue. La nostra vendetta non ne risparmierà nemmeno uno.Per quel che riguarda la guardia Evangelista e i suoi fortunatissimi colleghi, l'unica cosa che a noi dispiace sono i mancatifunerali. Dato che ci manca la possibilità di fare altrettanto, data la nostra entità numerica, a noi non resta che la vendetta Ilmassimo che possiamo fare è vendicare i camerati uccisi o in galera, se non possiamo averli fra noi dobbiamo almeno nonfarli sentire inutili, e questo non per pietismo ma perché la vendetta è sacra. La vista delle guardie, degli infami e deicompagni che si sono macchiati del nostro sangue sono a conoscenza di tutti! E chi avesse la memoria corta può sempreconsultare i camerati in galera; quelli con la C maiuscola ovviamente; non i vari ladri o rapinatori con alone eroico erivoluzionario appiccicato sulle spalle. Per conseguire questi obiettivi non c'è bisogno né di “covi” né di “grandiorganizzazioni”, tre camerati fidati e buona volontà bastano. E se tre non ce ne sono, ne bastano due e non ci dite che non cisono due camerati fidati! Ma anche se fosse, il nostro compito è di continuare a cercarli o, se necessario, crearli. Creare lospontaneismo armato. A chi ci accusa di non essere abbastanza politici che non ci interessa la loro politica, ma soltantolottare. E nella lotta non c'è spazio per le chiacchiere. A chi ci accusa di non avere un futuro rispondiamo: "signorini, sietesicuri voi di aver ben chiaro il presente?" E a chi ci accusa di essere dei disperati, rispondiamo che è meglio la nostradisperazione che la vigliaccheria. Sarà piombo per chi continua a inquinare la nostra gioventù predicando l'attesa o robasimile. Noi ora torniamo alle nostre case, in attesa della prossima vendetta. Ci dispiace per quei camerati sacrificati allalogica del sistema ma ogni tanto il sistema paga. Dormite sogni tranquilli nelle vostre celle, che i nodi vengono al alpettine: come oggi 23 giugno 1980 alle ore 8:05, abbiamo eseguito la sentenza di morte emanata contro il sostitutoprocuratore Mario Amato, per le cui mani passavano tutti i processi a carico dei camerati. Oggi egli ha chiuso la suasquallida esistenza imbottito di piombo. Altri, ancora, pagheranno. »

(Volantino NAR-Chiarimanti da A mano armata di Giovanni Bianconi[39])

Il 2 agosto 1980, una bomba piazzata nella sala d'aspetto di 2ª classe, provoca una vera e propria strage alla stazionecentrale di Bologna, affollata di turisti e di persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, causando 85 morti e oltre200 feriti.[40] Le indagini vennero indirizzate immediatamente negli ambienti dell'eversione neofascista e, il 26agosto, la Procura della Repubblica di Bologna emise ventotto ordini di cattura nei confronti di militanti gravitantinegli ambienti dell'estrema destra, tra cui alcuni appartenenti ai NAR: Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, MarioCorsi, Paolo Pizzonia, Luigi Ciavardini Francesco Bianco e Alessandro Pucci.[41]

Il 5 agosto 1980, solo tre giorni dopo gli avvenimenti della stazione di Bologna Valerio e Francesca rapinano a voltoscoperto l'armeria Fabrini di Piazza Menenio Agrippa, a Roma nell'intento di continuare a predisporre i preparativiper la progettata evasione di Pierluigi Concutelli. Si impossessano di 63 pistole, 1300 cartuccie e 24 paia di manette,rivendicando l'azione con la sigla NAR - Nucleo Zeppelin ma, il volantino, non verrà mai trovato.[42]

« All'azione di piazza Menenio Agrippa partecipai direttamente entrando nel negozio insieme a Valerio. Successivamentestilai insieme a Cavallini il volantino che venne battuto a macchina e poi, con telefonate di preavviso, copio dello stessofurono lasciate in cabine telefoniche. Non so quali, perché non mi interessai io di questa fase. Il volantino era siglatoNar-Nucleo Zeppelin, per il riferimento affettivo a una persona (Franco Anselmi, ndr) che era stata indirettamente coinvoltaa seguito della nostra azione al Giulio Cesare. Il testo del documento, oltre a esternare la nostra estraneità alla strage, siscagliava contro la stampa […] e contro l'apparato inquisitorio che indirizzava la sua azione contro il nostro ambiente. »

(Interrogatorio di Francesca Mambro del 12 aprile 1984[43])

La sera del 2 settembre 1980, a Roma, i NAR uccidono per errore Maurizio Di Leo, tipografo di 34 anni del quotidiano Il Messaggero, scambiato per un giornalista del giornale romano, Concina che, in quel periodo, seguiva le vicende dell'eversione nera della capitale.[44] Quella sera, il tipografo finisce il lavoro e lascia la sede del giornale in contemporanea con due giornalisti che: una telefonata anonima aveva, infatti, segnalato la presenza di un volantino

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di rivendicazione in un cestino di rifiuti. In realtà era una trappola, ma il commando, invece del cronista preso dimira, seguì il tipografo e lo uccise. Due giorni dopo, con un volantino, gli stessi Nar ammisero l’equivoco. DarioPedretti, Luigi Aronica, Donatella De Francisci, Marco Di Vittorio, Giuseppe Dimitri e Cristiano Fioravanti furonoaccusati del delitto ma, le confessioni dei pentiti, non convinsero i giudici e i sei estremisti vennero così assolti perinsufficienza di prove.[45]

Il 9 settembre 1980, Francesca Mambro, Dario Mariani, Giorgio Vale, Cristiano e Giusva Fioravanti uccidono ildirigente siciliano di Terza Posizione, Francesco Mangiameli, reo di essersi intascato i soldi che sarebbero serviti perl'evasione del terrorista nero Pierluigi Concutelli. Condotto con una scusa nella pineta di Castelfusano venne quinditrucidato a colpi di pistola: mentre Valerio cominciava ad insultarlo e a chiedergli conto dei soldi spariti, Cristianoestrasse la pistola e lo colpì passando poi l'arma nelle mani del fratello e infine di Vale che lo finirono.

«

 Dai discorsi fattimi la mattina capii che avevano deciso di agire non solo nei confronti del Mangiameli ma anche neiconfronti di sua moglie e perfino della bambina. Mio fratello Valerio quella mattina che ci vedemmo diceva che al limiteinteressava più la bambina dello stesso Mangiameli. Comunque, la mattina le motivazioni delle azioni da compiere contro ilMangiameli erano sempre le solite e cioè la questione dei soldi, la questione della evasione di Concutelli. Fu poi compiutol'omicidio del Mangiameli e come ho detto, sua moglie non venne all'appuntamento. Il giorno dopo rividi Valerio e lui erafermo nel suo proposito di andare in Sicilia per eliminare la moglie e la bambina di Mangiameli, e diceva che bisognavaagire in fretta prima che venisse scoperto il cadavere di Mangiameli e la donna potesse fuggire. Io non riuscivo a capirequesta insistenza nell'agire contro la moglie e la figlia di Mangiameli, una volta che questo era stato ormai ucciso e alloraValerio mi disse che avevano ucciso un politico siciliano in cambio di favori promessi dal (rectius: al) Mangiameli e relativi,sempre, all'evasione di Concutelli oltre ad appoggi di tipo logistico in Sicilia ... Mi disse Valerio che per decidere l'omicidiodel politico siciliano vi era stata una riunione in casa Mangiameli e in casa vi erano anche la moglie e la figlia diMangiameli, riunione cui aveva partecipato anche uno della Regione Sicilia che aveva dato le opportune indicazioni e, cioè,la ‘dritta’ per commettere il fatto. Mi disse Valerio che al fatto di omicidio avevano partecipato lui e Cavallini e che GabrieleDe Francisci aveva dato loro la casa....L'azione contro la moglie e la figlia di Mangiameli veniva motivata da Valerio colfatto che esse erano state presenti alla riunione: diceva Valerio che una volta ucciso il marito esse erano pericolose quanto lostesso Mangiameli. Poi l’azione contro le due donne non avvenne in quanto il cadavere di Mangiameli fu poco doporitrovato. »

(Interrogatorio di Cristiano Fioravanti del 26 marzo 1986[46])

Il suo corpo, zavorrato con dei pesi, venne poi immerso in un laghetto romano nei pressi di Tor de' Cenci e rinvenutol'11 settembre del 1980 dalle forze dell'ordine.[47] I motivi dell’assassinio, in realtà, non sono mai stati davverochiariti del tutto e restano tuttora oscure. Nel processo Corte di Assise di Appello per la Strage di Bologna, adesempio, Cristiano Fioravanti avanzò la tesi che Mangiameli potesse essere stato testimone, nella sua casa diPalermo, degli accordi presi da Valerio con altre persone del luogo, in vista dell'omicidio del politico sicilianoPiersanti Mattarella.La sera del 30 ottobre 1980 vengono uccisi a Redecesio di Segrate, Cosimo Todaro (un traffichino in rapporto con iNar per rapine e traffico di armi) e la sua convivente Maria Paxou, una ballerina di origine greca. Seduto sul sedileposteriore della A 112 della Paxou e con Todaro al posto di guida, il killer aveva freddato entrambi sparando loroalla testa e dandosi poi alla fuga con un’altra vettura guidata da Gilberto Cavallini. Valerio Fioravanti si attribuì poila responsabilità dell’omicidio (un regolamento di conti dopo una rapina) ma la Corte invece condannerà MauroAddis, malavitoso nel giro della banda Vallanzasca ed amico di Pierluigi Concutelli, che si era poi avvicinato incarcere ai Nar.[48]

Il 13 novembre 1980, nei pressi di Siena, una pattuglia dei carabinieri ferma per un controllo l’autovettura su cuiviaggiavano Valerio e Cristiano Fioravanti, Francesca Mambro e Giorgio Vale. Alla richiesta di documenti e perevitare di essere scoperti, i quattro rispondono spianando le armi e disarmando i militari prima di fuggire.[49]

Il 26 novembre 1980, Gilberto Cavallini e Stefano Soderini uccidono a Milano il brigadiere dei Carabinieri Ezio Lucarelli. Quella mattina i due hanno bisogno di un’auto pulita e, quando nella carrozzeria arriva una pattuglia per un controllo, Cavallini apre il fuoco uccidendo l'agente. Nella fuga, poi, i due dimenticano i documenti che finiscono

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in mano ai carabinieri e così anche Soderini diventa un latitante.[50]

Il 19 dicembre 1980, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Gigi Cavallini, Giorgio Vale, Pasquale Belsito, StefanoSoderini e Andrea Vian svaligiano la gioielleria Giraldo di Treviso.[51] I terroristi presero in ostaggio l’interafamiglia Giraldo e portarono poi il capofamiglia nei locali della gioielleria costringendolo ad aprire la cassaforte eportandosi via un bottino di tre miliardi, gioielli che vennero poi ricettati dal veronese Angelo Manfrin. Alla rapinapartecipa anche il veneto Fiorenzo Trincanato, un malavitoso comune conosciuto da Cavallini e a cui Gigi affidaqualche giorno dopo la custodia di un borsone di armi di proprietà dei NAR. Trincanato, però, dopo l'arresto dellamoglie trovata in possesso di una pistola, per paura di essere anch'egli catturato, le aveva caricate in macchina e, infretta e furia, nascoste nello Scaricatore, un canale del fiume Bacchiglione, alla periferia di Padova.[52]

1981-1982: vendette e arrestiVerso la fine della loro storia, decimati dagli arresti, i NAR abbandonarono in gran parte la strategia della lottaspontaneista armata contro lo Stato e si dedicarono quasi esclusivamente alle vendette e ai regolamenti di contiall'interno dell'ambiente della destra eversiva: una serie di omicidi contro delatori, traditori e approfittatori.

« Secondo il modo di pensare dei NAR, nei confronti dei nemici bisognava avere rispetto, anche se vengono condannati amorte per quello che fanno. Nei confronti dei traditori, invece, tale rispetto non può esservi e pertanto vanno annientati [...]penso che Pizzari sia stato ucciso per motivi personali e poi qualcuno ne abbia rivendicato la morte collocandosi nell'area deiNAR. Voglio dire che è stato ucciso perché ha fatto arrestare due persone e ne ha cagionato la morte di una, ma il Pizzarinon aveva partecipato alla lotta, e, quindi, non poteva considerarsi un traditore »

(Francesca Mambro da A mano armata di Giovanni Bianconi[53])

Iniziarono il 6 gennaio 1981 con l'omicidio di Luca Perucci.[54] Studente universitario e militante di Terza Posizione,Perucci venne ucciso a soli diciott'anni sotto casa, a Roma, con un colpo di pistola alla testa. Era stato da pocoascoltato dai magistrati romani e bolognesi nell’ambito delle indagini per la strage alla stazione di Bologna e perl'omicidio del giudice Mario Amato e, la convinzione dei Nar era che avesse fornito informazioni utili agli inquirenti.Quando attorno alle 18:30 esce dalla sua abitazione di via Lucrino, nel quartiere Trieste, per recarsi da alcuni parentiin quel giorno d'Epifania, assieme alla madre e ai due zii, il suo amico Pasquale Belsito lo chiama se lo prende sottobraccio e i due si allontanano insieme parlottando. Ma, appena svoltato l'angolo del palazzo, Belsito estrae la sua 38Special e lo colpisce a bruciapelo spappolandogli la fronte, prima di darsi alla fuga.[55]La rivendicazione scrittaarriverà solo nove mesi dopo a tre quotidiani, compresa nel volantino dell'omicidio Straullu: «Il 6 gennaio abbiamogiustiziato l'infame delatore Luca Perucci che aveva permesso l'attacco della magistratura bolognese contro leformazioni rivoluzionarie»[56]

Il 15 gennaio 1981 alcuni giovani neofascisti dei NAR si introdussero con uno stratagemma nell'abitazione romanadel collezionista d'armi Fabio Bucciano, immobilizzando i presenti e sottraendo 21 pistole, una carabina, denaro egioielli[57].La sera del 5 febbraio 1981, Valerio Fioravanti, il fratello Cristiano, Francesca Mambro, Gigi Cavallini, GiorgioVale e Gabriele De Francisci sono a Padova e cercano di ripescare quel borsone di armi precedentemente affidate aTrincanato. Provvisto di muta da sub, Cristiano si immerge nella fredda acqua del canale ma, nel bel mezzodell'operazione di recupero, vengono colti sul fatto da due carabinieri: Enea Codotto di 25 anni e Luigi Maronese di23 anni. Ne nasce un violento conflitto a fuoco al termine del quale Valerio, simulando la resa e approfittando di unadistrazione del milite, spara uccidendo i due agenti. Prima di essere uccisi, i carabinieri, riescono a colpire lo stessoFioravanti, il quale, gravemente ferito ad entrambe le gambe, verrà riportato dal resto del gruppo nell'appartamentousato come base e, poco dopo, arrestato.[58][59]

Il 10 luglio 1981, Francesca Mambro, Giorgio Vale, Gilberto Cavallini e Stefano Soderini rapinano a Roma unagioielleria in via Mario de' Fiori. A rapina quasi conclusa, Renato Mancini, figlio del titolare, tenta di reagiregettando contro i rapinatori una lastra di vetro e viene ucciso con una revolverata in fronte.[60]

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La strategia di annientamento dei traditori e dei delatori proseguì poi il 31 luglio 1981 con l'omicidio di Giuseppe DeLuca[61], detto Pino il calabro e accusato dal gruppo di essere un truffatore e di aver sottratto, in una circostanza,anche dei soldi allo stesso Alibrandi promettendogli, durante un viaggio nella zona di Montecarlo, di fargliacquistare alcune armi mai arrivate, pur avendo anticipato i soldi in precedenza. Quella sera, De Luca rientra a casaverso le 19.30 e alla sorella dice che si farà una doccia per poi uscire di nuovo con gli amici. Con Alibrandi e laMambro di copertura, Giorgio Vale si introduce in casa con una scusa e lo uccide con un solo colpo di pistola.[62]

Il 30 settembre 1981 è invece la volta di Marco Pizzari, freddato con tre colpi di arma da fuoco nei pressi di piazzaMedaglie d'Oro, a Roma.[63] Ventitré anni, un diploma da geometra, figlio di un gioielliere, e vicino di casa ed amicodi vecchia data di Ciavardini, durante il periodo di arresti seguiti alla Strage di Bologna molti neofascisti si eranoconvinti che Pizzari avesse collaborato con la polizia e che fosse responsabile dell'arresto dello stesso Ciavardini eNanni De Angelis (e quindi anche della morte di quest'ultimo).[64] Un commando a bordo di una Ritmo blu blocca lasua Panda mostrandogli una paletta e quando Pizzari scende dall'auto per recarsi verso quella che ritiene essere unapattuglia in borghese, Cavallini e Alibrandi lo colpiscono tre volte, due alla testa e uno al torace. Del commandofacevano parte anche Vale, Soderini e la Mambro, tutti e tre di copertura. Nel solito volantino di rivendicazionevengono chiarite le motivazioni del gesto:

« Il 30 settembre abbiamo giustiziato l'infame delatore Marco Pizzari, responsabile della cattura e dell'assassinio delmilitante rivoluzionario Nazareno De Angelis, che, pur non appartenendo alla nostra organizzazione, godeva della stima edel rispetto di quanti di noi l'hanno conosciuto. La sua morte gridava vendetta e vendetta è stata anche se solo in parte: altriancora dovranno pagare, non ultimi coloro i quali non hanno perso tempo a vendicarlo con le parole dai soliti lidi. »

(Volantino rivendicazione daIl Piombo e la Celtica di Nicola Rao[65])

Il 19 ottobre 1981, Alibrandi, Sordi e Cavallini sono a Milano, per regolare i conti con Giorgio Muggiani,considerato dal gruppo responsabile dell'arresto di Cavallini. Seguiti da un'auto civetta della polizia, i tre sparano ecolpiscono due agenti, mentre il terzo si dà alla fuga. Nel mentre Sordi si avvicina alla pattuglia per prendere le armie finisce con un colpo alla testa l'agente ferito.[66]

Il 21 ottobre 1981, nei pressi di Acilia, Alessandro Alibrandi, Gilberto Cavallini, Francesca Mambro, Giorgio Vale,Stefano Soderini e Walter Sordi uccidono in un agguato il capitano della Digos Francesco Straullu e l'agente CiriacoDi Roma. Straullu, che coordina molte indagini sui gruppi dell’eversione nera, e mal visto negli ambientineofascisti.[67] «Voci nell'ambiente lo accusano di torture fisiche e prepotenze sugli arrestati e abusi sessuali sulledonne: probabilmente finirà per pagare il rapporto con Laura Lauricella, l’ex donna di Egidio Giuliani, un altrocapobanda detenuto e irriducibile. Lei invece si è ‘pentita’ e si aggrappa al capitano che ne gestisce il rapporto con lagiustizia. Li vedono qualche volta insieme e il tam-tam dell’ambiente li fa subito diventare amanti.»[68] I NARcredono che Straullu sia dotato di un'autoblindata e quindi si armano di conseguenza con un fucile da guerra caricatocon pallottole traccianti. In realtà, i due agenti viaggiano su una normale vettura di servizio e, mentre stanno perpercorrere uno stretto e breve tunnel, vengo investiti da una devastante pioggia di proiettili che ne maciullaletteralmente i corpi. L'omicidio fu rivendicato con un volantino nel quale, i NAR, scrivevano:

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«

 Mercoledì 21 ottobre alle 8.50 abbiamo giustiziato i mercenari torturatori della DIGOS Straullu e Di Roma. Ancora unavolta la Giustizia Rivoluzionaria ha seguito il suo corso e ciò resti di monito per gli infami, gli aguzzini, i pennivendoli. Chiancora avesse dei dubbi circa la determinazione e la capacità dei combattenti rivoluzionari ripercorra le tappe di questoultimo anno e si accorgerà che il tempo delle chiacchiere è finito e la parola è alle armi [...]. Non abbiamo né poteri dainseguire né masse da educare; per noi quello che conta è rispettare la nostra etica per la quale i Nemici si uccidono e itraditori si annientano. La volontà di lotta ci sostiene di giorno in giorno, il desiderio di vendetta ci nutre. Non ci fermeremo!Non temiamo né di morire né di finire i nostri giorni in carcere; l'unico timore è quello di non riuscire a far pulizia di tutto edi tutti, ma statene certi, finché avremo fiato, non ci fermeremo [...]. Mercoledì, per ultimo, è toccato a Straullu. I suoimisfatti erano ben superiori al già grave fatto di appartenere alla cricca degli aguzzini di Stato [...] ben sappiamo in checondizioni taluni camerati sono usciti dal suo ufficio, dopo ore di sevizie. Ben sappiamo le pratiche laide che adottava neiconfronti delle donne dei camerati in galera. Ben sappiamo come osava vantarsi di tutto ciò. Finché la mano della giustizial'ha raggiunto ed annientato,come non tarderà a raggiungere ed annientare chiunque lo meriti »

(Volantino di rivendicazione da Fascisteria di Ugo Maria Tassinari[69])

Il 5 dicembre 1981 i NAR perdono uno dei loro componenti più prestigiosi: durante un conflitto a fuoco con laPolizia Stradale della stazione di Labaro, sulla via Flaminia, nei pressi di Roma, muore infatti Alessandro Alibrandi,raggiunto alla testa da un solo colpo sparato alle sue spalle da un agente.[70] Il commando dei NAR formato daWalter Sordi, Pasquale Belsito, Ciro Lai e dallo stesso Alibrandi era alla ricerca di una pattuglia della polizia dadisarmare e, sotto il fuoco degli agenti, gli altri complici riuscirono poi a dileguarsi abbandonando il compagnomorto sull'asfalto.[71] Nella sparatoria venne ferito gravemente anche il ventunenne Ciro Capobianco[72], agente dellastradale in servizio da soli due mesi e che poi morirà due giorni dopo in ospedale.[73]

Il 6 dicembre 1981 a Roma, nei pressi della Piramide Cestia, viene ucciso il carabiniere Romano Radici mentreprocedeva alla identificazione di due giovani in atteggiamento sospetto. I due si diedero poi alla fuga e, durantel'inseguimento, spararono altri colpi ferendo un secondo agente. L'omicidio venne poi rivendicato dai Nar comerisposta alla morte di Alibrandi, ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia solo ventiquattr'ore prima.[74]

Il 5 marzo 1982, anche Francesca Mambro finisce la sua corsa nell'eversione armata. Quel giorno, per una rapinaall'Agenzia della Banca Nazionale del Lavoro di Piazza Irnerio a Roma, si ritrovano in otto: la Mambro, GiorgioVale, Walter Sordi e Stefano Procopio di copertura, mentre Roberto Nistri, i fratelli Ciro e Livio Lai e Fabrizio Zanientrano nella banca, disarmano la guardia ed escono per darsi alla fuga. Ma all'esterno trovano già le forzedell'ordine che, chiamate da un passante ingaggiano con i terroristi un violento conflitto a fuoco seguito. AlessandroCaravillani, studente di 17 anni del Liceo Artistico che passava di lì per caso, recandosi a scuola, muore colpito allatesta da una pallottola di rimbalzo sparata dal fucile utilizzato da Livio Lai.[75] Anche Francesca Mambro viene feritagravemente:

«

 Uno, che non era mio amico, invece di portarmi in ospedale voleva tirarmi un colpo in testa perché si dice che sottoanestesia si può parlare e si preoccupava di tornare a casa e dormire tranquillo. [...]. Giorgio (Vale, ndr) e gli altri si sonosentiti all'istante adulti. E spaventati l'hanno zittito [...]. Nemmeno per loro, che erano costretti a lasciarmi davantiall'ospedale, sembrava avere più senso quello che stava accadendo [...]. Fa più paura la morte degli altri che la tua. Il giovanemedico che mi visita nel garage conferma che si tratta di una questione di tempo [...]. Giorgio si aggirava intorno allamacchina disperato, provava a proteggermi ancora cercando una via d'uscita che non c'era, come non c'erano i posti perdormire perché nessuno si sarebbe sognato di nasconderci [...]. In un momento in cui riprendo conoscenza Giorgio mi chiedecosa voglio fare [...]. Gli rispondo che potrei morire. E perdo di nuovo conoscenza. Prima che arrivino gli infermieri mi hatolto tutto dalla borsetta lasciando solo il documento falso: Fino all'ultimo avranno il dubbio se sei davvero tu [...] io resteròqui vicino e non gli permetterò di spararti in testa'. Gli chiedo di non piangere e per favore di non farsi ammazzare. Glivoglio bene e se morisse anche lui non lo sopporterei [...]. Sento per l'ultima volta chiamarmi Chiara mentre mi accarezza emi copre con la giacca. Riapro gli occhi svegliata adesso da un dolore lancinante alla pancia e alla gamba. Mi stannotogliendo dalla macchina e io voglio già tornare indietro perché so che adesso sarò davvero sola. Però Valerio mi aspetta. »

(Interrogatorio di Valerio Fioravanti del 10 novembre 1989[76])

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Insieme a Nistri, Giorgio Vale porta Francesca nelle vicinanze del pronto soccorso dell'ospedale romano San FilippoNeri, sul Lungotevere. Si salverà ma verrà arrestata.[77] Livio Lai si assunse le responsabilità del delitto Caravillanie, nel processo Nar 2, venne condannato a 15 anni, diventati poi 22 e mezzo con gli altri reati commessi.[78]

Il 24 giugno del 1982 Cavallini, Walter Sordi e due giovanissimi militanti (Vittorio Spadavecchia e PierfrancescoVito) sono intenti in un disarmo di una pattuglia di polizia in servizio di vigilanza nella sede dell’Olp di Roma.[79]

Gli agenti Antonio Galluzzo e Giuseppe Pillon, sorpresi dal commando di terroristi, sono raggiunti da numerosi colpid’arma da fuoco che uccidono il primo e feriscono il secondo.[80]

L'8 luglio del 1982 uno commando di terroristi formato da Fabrizio Zani , Pasquale Belsito e Stefano Procopiouccidono Mauro Mennucci, il neofascista che nell'estate del 1975 aveva rivelato alla polizia il nascondiglio inFrancia di Mario Tuti.[81]

Legami con la Banda della Magliana

Per approfondire, vedi Banda della Magliana.

Negli anni settanta, la contiguità sia temporale che fisica tra gli ambienti dell'eversione politica e del crimine comuneorganizzato fece si che, tra le parti in causa, cominciò a farsi strada la possibilità di ricercare un terreno comune direciproco beneficio.Nei primi mesi del 1978, attraverso Massimo Carminati, criminale milanese trasferitosi a Roma e da sempre divisositra la malavita comune e l'eversione di destra, i NAR presero i primi contatti con alcuni componenti della Bandadella Magliana, la più grande organizzazione malavitosa romana operante fra gli anni settanta ed ottanta. Attraversola frequentazione del bar Fermi[82], nella zona di Ponte Marconi, dove spesso si ritrovavano molti dei componentidella Magliana, Carminati entrò in contatto con i boss Danilo Abbruciati e Franco Giuseppucci ed iniziò ad affidareloro i proventi di alcune rapine di autofinanziamento effettuate con i NAR in modo da poter riciclare il denaro inaltre attività illecite quali l'usura o lo spaccio di droga.[83]

Durante questo periodo, Carminati ottenne addirittura il controllo congiunto, per conto dei NAR, del depositosegreto di armi della Banda, nascosto negli scantinati del Ministero della Sanità, all'EUR. La sua scoperta, il 25novembre 1981, portò all'arresto di due dipendenti ministeriali, Alvaro Pompili e Biagio Alesse legati alla Banda. Unmitra Mab con numero di matricola abraso e calcio rifatto artigianalmente, proveniente da quel deposito/arsenale,venne poi ritrovato sul treno Taranto-Milano il 13 gennaio 1981, in una valigetta contenente anche due caricatori, unfucile da caccia, due biglietti aerei a nome di due estremisti di destra, un francese e un tedesco, e soprattutto delmateriale esplosivo T4, dello stesso tipo utilizzato per la strage alla stazione ferroviaria di Bologna del 2 agosto1980.[84] Un tentativo di depistaggio legato alla strage, per la quale venne riconosciuto come esecutore materiale (tragli altri) lo stesso Carminati.

«

 All'autofinanziamento furono invece dirette numerose rapine prima presso negozi di filatelia poi agenzie ippiche e banche,rapine che frutteranno una disponibilità economica assai superiore a quella necessaria alla vita dell'organizzazione econnotarono di un tratto di delinquenza ordinaria sia la condotta e il tenore di vita degli autori, sia l'ambiente criminale in cuigli stessi si muovevano. L'organizzazione e l'esecuzione di molti dei colpi avvicinò stabilmente - e per alcuni in modoirreversibile - i ragazzi dei NAR alla criminalità organizzata del gruppo che successivamente verrà indicato (sinteticamente ein parte impropriamente) come Banda della Magliana, attraverso lo stretto legame dei fratelli Fioravanti e di Alibrandi conpersonaggi come Massimo Sparti, e di Massimo Carminati e dello stesso Fioravanti con Franco Giuseppucci e DaniloAbbruciati. Tali legami verranno a cementarsi, oltre che con la pianificazione e attuazione di rapine (come presso le filatelieo alla Chase Manhattan Bank), attraverso le attività di reinvestimento dei proventi delle rapine (per lo più attraverso ilprestito usuraio) che gli estremisti affideranno alla banda, per conto della quale eseguivano attività di intimidazione e di veroe proprio killeraggio. »

(Commissione Parlamentare sul Terrorismo[85])

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Una di queste rapine fu quella effettuata, il 27 novembre 1979, ai danni della Chase Manhattan Bank di Roma daGiusva Fioravanti, Alessandro Alibrandi, Giuseppe Dimitri e Massimo Carminati. Parte del bottino furono alcunitraveller cheque che, successivamente affidati nelle mani di Franco Giuseppucci per organizzarne un'operazione diriciclaggio, costeranno al boss della Magliana un arresto con l'accusa di ricettazione, nel gennaio del 1980.[86]

« Alibrandi mi disse che Carminati era il pupillo di Abbruciati e Giuseppucci. Parlando in particolare degli investimenti disomme di denaro da noi fatti attraverso la banda Giuseppucci-Abbruciati, posso dire che nel corso dell'80, Alibrandi affidòalla banda stessa 20 milioni di lire, Bracci Claudio 10 milioni, Carminati 20 milioni, Stefano Bracci e Tiraboschi 5milioni.Ricordo che Alibrandi percepiva un milione al mese di rendita. I soldi affidati alla banda Giuseppucci-Abbruciatierano tutti in contanti. Come ho già spiegato, Giuseppucci e Abbruciati prevalentemente investivano il denaro da noiricevuto nel traffico di cocaina e nell'usura, ma c'erano anche altri investimenti nelle pietre preziose e nel gioco d'azzardo. »

(Interrogatorio di Walter Sordi del 15 ottobre 1982[87])

Anche per diretta ammissione di pentiti quali Claudio Sicilia e Maurizio Abbatino, in regime di reciproco scambio difavori, la stessa Banda, usava di tanto in tanto commissionare ai giovani fascisti lavori di manovalanza comeriscossione di crediti dell'usura, trasporto di quantitativi di droga oltre che esecuzioni su commissione, come nel casodel tabaccaio romano Teodoro Pugliese, ucciso da Carminati (assieme ad Alibrandi e a Claudio Bracci) con tre colpidi pistola calibro 7,65, perché d'intralcio nel traffico di stupefacenti gestito da Giuseppucci.[88]

Sempre secondo alcuni pentiti (Walter Sordi, Angelo Izzo e Cristiano Fioravanti), un altro omicidio che i NAReffettuarono per conto della Banda fu quello del giornalista Mino Pecorelli: direttore del periodico OsservatorioPolitico O.P., iscritto alla loggia massonica P2 e uomo vicino ai servizi segreti, fu assassinato con tre colpi di pistolacalibro 7,65 (uno in faccia e tre alla schiena) in via Orazio a Roma, la sera del 20 marzo 1979. Lo stesso pentito dellaMagliana, Antonio Mancini, nell'interrogatorio dell'11 marzo 1994, ebbe a confermare la circostanza: «fu MassimoCarminati a sparare assieme ad Angiolino il biondo (Michelangelo La Barbera, ndr). Il delitto era servito alla Bandaper favorire la crescita del gruppo, favorendo entrature negli ambienti giudiziari, finanziari romani, ossia negliambienti che detenevano il potere.»[89]

Dopo tre gradi di giudizio, però, nell’ottobre del 2003, la Corte di cassazione di Perugia emanò però una sentenza diassoluzione «per non avere commesso il fatto» sia per i mandanti (Giulio Andreotti, Claudio Vitalone, GaetanoBadalamenti e Pippo Calò) che per gli esecutori materiali dell'omicidio (Carminati e La Barbera), valutando letestimonianze dei pentiti come non attendibili e lasciando il caso (ancora oggi) irrisolto.[90][91]

La fine dei NAR

I morti e gli arresti• Valerio Fioravanti venne arrestato a Padova, il 5 febbraio 1981.[92] Dopo il conflitto a fuoco con le forze

dell'ordine, nei pressi del Canale Scaricatore, dove persero la vita i carabinieri Enea Condotto e Luigi Maronese,Valerio, ferito alle gambe ed impossibilitato a proseguire la fuga, convinse il fratello Cristiano e la Mambro afarsi lasciare in un appartamento della città precedentemente utilizzato come base, dove aspettò i soccorsi e siarrese, facendosi arrestare. Venne poi processato per per reati quali: furto e rapina, violazione di domicilio,sequestro di persona, detenzione illegale di armi, detenzione di stupefacenti, ricettazione, violenza privata, falso,associazione a delinquere, lesioni personali, tentata evasione, banda armata, danneggiamento, tentato omicidio,incendio, sostituzione di persona, strage, calunnia, attentato per finalità terroristiche e di eversione. Dopo seisentenze della Corte d'Assise d'Appello venne condannato, complessivamente, a 8 ergastoli, 134 anni e 8 mesi direclusione, di cui 26 scontati dietro le sbarre.[93] Nell'aprile del 2009, dopo cinque anni dal conseguimento dellalibertà vigilatà, è tornato ad essere un uomo libero.[94]

• Francesca Mambro venne arrestata a Roma il 5 marzo 1982. Durante un conflitto a fuoco con le forze dell'ordine, sopraggiunte a Piazza Irnerio dopo l'assalto dei NAR all'agenzia della Banca Nazionale del Lavoro, in cui rimase

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ucciso da una pallottola vagante lo studente Alessandro Caravillani, la Mambro, ferita all'inguine da un proiettilee priva di sensi, venne lasciata dal resto del gruppo davanti all'ospedale Santo Spirito e quindi arrestata.[95] Vennepoi processata e condannata complessivamente a nove ergastoli, 84 anni e 8 mesi di reclusione per reati quali:furto e rapina (una ventina in tutto), detenzione illegale di armi, violazione di domicilio, sequestro di persona,ricettazione, falso, associazione sovversiva, violenza privata, resistenza e oltraggio, attentato per finalitàterroristiche, occultamento di atti, danneggiamento e contraffazione impronte.[96] Dopo 16 anni scontati incarcere, nel 1998, le venne concessa la semi-libertà commutata, nel 2002, in detenzione domiciliare speciale. Il 16settembre del 2008, il Tribunale di sorveglianza di Roma, le ha concesso la libertà condizionale, provvedimentoche terminerà il 16 settembre 2013, quando la sua pena sarà definitivamente estinta.[97]

• Cristiano Fioravanti venne arrestato a Roma l'8 aprile 1981. Dopo la cattura del fratello, Cristiano, assieme a Valee alla Mambro si spostarono per precauzione a Pescasseroli, in Abruzzo[98]. Quotidianamente, però, Fioravanti sirecava nella capitale per inviare un telegramma alla fidanzata, sempre dallo stesso ufficio postale, quello di piazzaSan Silvestro, dove venne quindi arrestato.[99] Il suo pentimento, avvenuto già qualche giorno dopo la sua cattura,portò gli investigatori ad ottenere numerose informazioni sui NAR e sui loro legami con fiancheggiatori esterni.Nella sua confessione coinvolse direttamente anche il fratello Valerio con chiamate in correità ed accuse varie,poi in parte ritrattate, riguardanti l'attività terroristica del gruppo. Dopo meno di un anno dal suo arresto furimesso in libertà e oggi è libero, sotto programma di protezione per pentiti.[100]

• Franco Anselmi fu ucciso a Roma, il 6 marzo 1978, durante una rapina all'armeria Centofanti.[101]

• Luigi Ciavardini venne arrestato, per la prima volta, il 3 ottobre 1980, a piazza Barberini (Roma), insieme a NanniDe Angelis che poi nella notte morirà in carcere in circostanze mai chiarite. Liberato nel 1985, per decorrenza deitermini, fu di nuovo arrestato nel giugno del 1989 e condannato a 12 anni per una rapina ad una gioielleria diPescara, ma poi assolto per non aver commesso il fatto nel 1990. Successivamente rimesso in libertà vennenuovamente arrestato il 22 novembre 1991 per l'omicidio del giudice Mario Amato, avvenuto a Roma il 23giugno 1980 e condannato a restare in carcere fino all'agosto del 2000. Il 9 ottobre 2006 subisce un nuovo arrestoa Roma, con l'accusa di aver partecipato a una rapina il 15 settembre 2005 e condannato a 7 anni e 4 mesi direclusione, condanna che verrà poi cancellata il 4 febbraio 2008, per non aver commesso il fatto).[102] L'11 apriledel 2007, la seconda sezione penale della Suprema Corte, conferma la condanna a 30 anni di reclusioneritenendolo responsabile (con Giusva Fioravanti e Francesa Mambro) di essere l'esecutore materiale della Stragealla stazione di Bologna.[103]

• Alessandro Alibrandi venne ucciso il 5 dicembre del 1981, durante un conflitto a fuoco con la Polizia Stradaleavvenuto sulla via Flaminia, nei pressi di Roma.[104]

• Gilberto Cavallini arrestato il 12 settembre 1983 in un bar di Corso Genova a Milano, venne condannato al suoprimo ergastolo il 12 gennaio 1984, per l'assassinio del brigadiere dei carabinieri Ezio Lucarelli, a Milano.Pluricondannato per gli omicidi del sostituto procuratore di Roma, Mario Amato, del capitano di polizia Straullu,degli agenti Di Roma, Galluzzo, Maronese, Codotto e del neofascista Marco Pizzarri, è attualmente detenuto nelcarcere di Milano dopo che, il 19 dicembre del 2002, ha subito la revoca dei benefici di semilibertà (concessaglinel 2001) per essere stato trovato in possesso di una pistola Beretta con matricola abrasa e di 50 proiettili.[105]

• Massimo Carminati venne arrestato il 21 aprile del 1981, nei pressi del confine svizzero dove, a seguito di unconflitto a fuoco con le forze dell'ordine, perse l'occhio sinistro. Accusato dai pentiti della Banda della Maglianaper l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli, venne assolto in primo grado e in appello.[106] Accusato perl'omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, i due studenti milanesi uccisi a Milano il 18 marzo 1978, nel2000 ottenne l'archiviazione per insufficienza di prove.[107] Attualmente è ancora indagato per il furto al caveaudel Palazzo di Giustizia di Roma, del luglio 1999.

• Giorgio Vale venne ucciso il 5 maggio 1982 a Roma, durante un'irruzione delle forze dell'ordine nell'appartamento di via Decio Mure 43, nel quartiere Appio Latino, in cui si era rifugiato, latitante, mentre erano in corso trattative da parte della famiglia e del suo avvocato per farlo costituire. L'appartamento, intestato a Luigi

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Sortino, militante di Avanguardia Nazionale arrestato già una volta nel 1977, venne accerchiato da un centinaio dipoliziotti e tiratori scelti, comandati da Umberto Improta che poi fecero irruzione nell'abitazione sorprendendoVale nel sonno e colpendolo a morte.[108] La sua uccisione avvenne in circostanze misteriose: nell'appartamentonel quale si trovava furono rinvenuti centinaia di colpi provenienti solo dalle armi in dotazione agli agenti ma, inbase anche ai risultati dell'autopsia, fu stabilito che Vale era morto colpito da un solo proiettile. Inizialmente siparlò anche di suicidio ma, le successive verifiche con il guanto di paraffina, stabilirono che Vale non avevaaffatto sparato.[109]

• Peppe Dimitri arrestato il 14 dicembre 1979, a Roma, dopo una breve sparatoria, fini di scontare la sua pena nel1988. Nel 1994 entrò in Alleanza Nazionale, ricoprendo il ruolo di consulente di Gianni Alemanno durante il suoincarico di Ministro alle Politiche Agricole, tra il 2001 ed il 2006. Nel 2006 perse la vita in un incidente stradaleper le strade dell'Eur, a Roma.[110]

• Massimo Morsello venne condannato in contumacia il 2 maggio del 1985, nel processo denominato NAR 1, perassociazione sovversiva e banda armata a 9 anni e 11 mesi di reclusione.[111] Non sconterà mai la condanna inquanto, resosi latitante a seguito del mandato di cattura a suo carico emesso dopo la strage della stazione diBologna del 2 agosto 1980, decise di fuggire in Inghilterra dove rimarrà fino all'aprile del 1999 quando, per viadelle sue precarie condizioni di salute, rientrerà in Italia senza venire incarcerato, usufruendo dei benefici dellaLegge Simeone. Muore il 10 marzo del 2001, a causa di un male incurabile.[112]

• Stefano Soderini arrestato il 12 settembre 1983 in un bar di Milano, l'8 marzo 1986 decise di diventare uncollaboratore di giustizia.[113] Una volta scarcerato, sotto falsa identità per ragioni di sicurezza, si stabilì inPiemonte, a Exilles dove lavorava come tecnico in alcuni cantieri della Valle di Susa. Nel 2007 venne denunciatoper sottrazione di minore, per essere sparito (probabilmente in Sudamerica) con il figlio di otto anni avuto dall'exmoglie ungherese.[114]

• Pasquale Belsito condannato in contumacia a quattro ergastoli (uno per costituzione di banda armata e concorso inattentato con finalità terroristiche, uno per l'uccisione di Luca Perucci, uno per l'omicidio di Mauro Menucci e unquarto comminato dal tribunale francese per una rapina), venne arrestato a Madrid il 30 giugno del 2001, dopo 20anni di latitanza.[115]

• Roberto Nistri venne arrestato il 28 giugno del 1982 e condannato, il 6 aprile 1987, a 28 anni di reclusione[116]perl'uccisione degli agenti di polizia Antonio Carretta e Franco Sammarco, uccisi a Roma l'8 giugno del 1982.[117]

Attualmente usufruisce del regime di semilibertà e lavora come operatore informatico e grafico web a Roma.• Dario Pedretti venne arrestato il 5 dicembre 1979, a Roma durante una rapina alla gioielleria.[118] Condannato a

26 anni di reclusione per banda armata, rapina, concorso in omicidio e detenzione di armi da fuoco e ammesso alregime di semilibertà[119], il 31 maggio del 1994 venne nuovamente arrestato per una tentata rapina ai danni diuna banca di Torlupara, nei pressi di Roma.[120]

• Walter Sordi venne arrestato il 18 settembre del 1982 a Lavinio, sulla costa laziale, catturato assieme alpalermitano Enrico Tomaselli e ad un certo Stefano Comune. Subito dopo l'arresto decide di pentirsi e di iniziarea collaborare con la magistratura raccontando particolari inediti dell'eversione nera. Dopo circa un anno e mezzodi carcere, viene ammesso al regime di arresti domiciliari protetti e poi trasferito in una località protetta.[121]

• Mario Corsi arrestato il 28 agosto 1980, nell'ambito dell'inchiesta sulla strage di Bologna, verrà poi rilasciato nel 1981. Indiziato per l'omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due studenti milanesi appartenenti al centro sociale Leoncavallo uccisi a Milano il 18 marzo 1978, venne assolto nel 2000 per insufficienza di prove.[122]

Indagato anche per l'uccisione dello studente universitario romano Ivo Zini, freddato in Via Appia nel 1978, dopo un lungo percorso giudiziario, che lo vide in un primo tempo condannato, nel 1989 venne definitivamente assolto per non aver commesso il fatto.[123] Il 20 aprile 1982 il Tribunale di Roma lo condanna per l'assalto alla scuola romana Fratelli Bandiera, compiuto nel 1979. Nel maggio del 1985 viene condannato per associazione sovversiva e banda armata a 9 anni di reclusione nel processo ai NAR. Il 27 settembre 1996 venne nuovamente arrestato, assieme ad altri esponenti della tifoseria romanista, con l'accusa di aver esercitato pressioni su dirigenti

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della società AS Roma.[124][125] Nel marzo del 2012, insieme ai giornalisti Roberto Renga e Giuseppe Lomonaco,è stato indagato dalla Procura di Roma per tentata truffa ai danni della AS Roma.[126]

• Claudio Bracci venne arrestato nell'aprile del 1981 e, nel processo NAR 1, venne condannato per due rapine,associazione sovversiva e banda armata.[127]. È stato invece assolto in tutti gli altri procedimenti: per il dupliceomicidio dei due militanti di sinistra Fausto e Iaio[128], per l’omicidio del tabaccaio romano Teodoro Pugliese[129]

e per quello riguardante la sua presunta attività criminale con la Banda della Magliana conclusosi, dopo due gradidi giudizio, il 27 febbraio 1998.[130]

• Pierluigi Bragaglia latitante dal 1982 e con una condanna pendente a dodici anni di reclusione per averpartecipato ad alcune rapine avvenute tra il marzo-aprile del 1981, venne arrestato il 3 luglio 2008 a Ilhabela, unpiccolo centro dello Stato di San Paolo, in Brasile. Utilizzando un falso passaporto venezuelano, era titolare di unpiccolo albergo (Chalet do Paolo) e proprietario di un deposito di bevande.[131]

• Pasquale Guaglianone venne condannato, il 22 ottobre 1992, a cinque anni per associazione sovversiva e bandaarmata dalla Quarta Corte d'Assise di Milano. Più tardi diventerà candidato per Alleanza nazionale alle elezioniregionali in Lombardia.[132]

• Luigi Fraschini venne condannato per l'omicidio dello studente Gaetano Amoroso, ucciso a Milano nel 1976. Giàpregiudicato per traffico internazionale di droga, furto, rapina e detenzione di armi, venne arrestato da latitante nel1992 a Milano.[133] L'ultimo arresto risale al 26 marzo 2009, accusato di due rapine e di una tentata rapina aidanni di agenzie bancarie.[134]

• Alberto Piccari venne arrestato a Roma il 23 ottobre 2001 per porto e detenzione illegale di armi.[135] Rilasciato,venne poi nuovamente catturato il 9 dicembre 2009, per traffico internazionale di stupefacenti.[136]

I processiIl 13 dicembre 1984 si aprì, nell'aula di corte di assise del carcere di Rebibbia di Roma, presieduta dal dottorFeliciangeli, il processo contro 57 persone accusate di militanza nei Nuclei Armati Rivoluzionari e che, tra il 1977 edil 1981, si resero responsabili di una lunga serie di delitti: associazione sovversiva, banda armata, omicidio e tentatoomicidio, furto e rapine in armerie, negozi e istituti di credito, incendio doloso, aggressioni e incursioni in sezioni dipartito e negli studi di Radio Città Futura.[137] Il processo venne istruito, dal pubblico ministero Francesco NittoPalma, soprattutto sulla base delle deposizioni del pentito Cristiano Fioravanti, che decise di iniziare un percorso dicollaborazione con la giustizia subito dopo il suo arresto.[138]

Il processo si concluse il 2 maggio del 1985 con 53 condanne per quasi quattro secoli complessivi di carcere: GiusvaFioravanti (22 anni e 8 mesi), Dario Pedretti (20 anni e 5 mesi) Luigi Aronica (18 anni e 2 mesi), Marco Di Vittorio(16 anni e 11 mesi), Livio Lai (13 anni e 4 mesi), Fabio Valencic (12 anni e 2 mesi), Gilberto Falcioni (12 anni e 9mesi) Claudio Conti e Giuseppe Dimitri (12 anni) Francesca Mambro (11 anni e 7 mesi), Massimo Morsello eAndrea Pucci (9 anni e 11 mesi), a Nicola Frega (9 anni e 10 mesi), Mario Corsi (9 anni), Gabriele De Francisci (8anni e 8 mesi) Paolo Pizzonia (8 anni e 6 mesi), Stefano Traboschi e Domenico Maghetta (8 anni e 2 mesi). Tutti glialtri imputati condannati ebbero pene variabili dagli 8 anni a un anno e sei mesi.[139]

I singoli militanti dovettero poi subire diversi altri procedimenti per tutti i singoli omicidi attribuiti al gruppoeversivo e nei quali furono comminate diverse condanne alla pena dell'ergastolo.La discussa vicenda giudiziaria legata alla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 fu, invece, l'altroprocedimento giudiziario nodale che interessò alcuni dei componenti dei NAR. Dopo una lunga e complicatavicenda giudiziaria, il 23 novembre del 1995, con sentenza definitiva, Fioravanti e le Mambro vennero condannatidalla Corte di Cassazione di Bologna all'ergastolo perché ritenuti responsabili, come esecutori materiali, dellastrage.[140] La posizione di Ciavardini venne stralciata (in quanto minore all'epoca della strage) e l'11 aprile del2007, la Seconda Corte Penale di Cassazione confermò la sentenza della sezione minori della Corte d'Appello diBologna, condannandolo per lo stesso reato a 30 anni di reclusione.

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Riguardo alle responsabilità accertate dalla magistratura, nonostante un ulteriore pena non possa loro aggiungerenessuna maggior detenzione, dato il numero di ergastoli ricevuti che li condanna al carcere a vita, Valerio Fioravantie Francesca Mambro, pur avendo ammesso tutti i delitti per i quali sono stati giudicati in via definitiva, hannosempre negato il loro coinvolgimento nella strage di Bologna, affermando di trovarsi effettivamente insieme quelgiorno ma a Padova e non nella città emiliana[141] La loro tesi d'innocenza poggia sia sulla base di due diversetipologie di elementi. Da una parte quelli insiti alla storia del loro gruppo eversivo: pur essendo, infatti, uno deigruppi criminali di destra più attivi, la strategia dei NAR era quella di colpire sempre obbiettivi precisi e pianificati emai di utilizzare esplosivi per uccidere in maniera indiscriminata, modus operanti tipico delle vecchie organizzazionistragiste di destra. «Guardavo quel disastro» dice la Mambro «e pensavo: non è possibile che incolpino noi. Le azionicon gli esplosivi le hanno fatte quelli di Costruiamo l'Azione, ma tutto quello che abbiamo fatto noi dimostra cheinvece non c'entriamo.»[142] D'altra parte, anche diversi contraddittori elementi processuali che, secondo il loropensiero, sarebbero emersi nel corso della vicenda giudiziaria, andrebbero nel verso della loro innocenza: i numerosiepisodi di depistaggio, la discussa attendibilità di alcuni test dell'accusa (Sparti) e la poca chiarezza sui realimandanti dell'attentato. Tutte queste circostanze hanno fatto si che, nel corso degli anni si siano così sviluppatenumerose ipotesi alternative riguardo ai presunti esecutori materiali della strage e che, diversi personaggi pubblici,sposassero la teoria della loro piena innocenza.Nel 1990, in occasione del decimo anniversario della Strage, l’Onorevole Luigi Cipriani, deputato di DemocraziaProletaria intervenne in aula con un discorso riguardante le responsabilità dell'attentato: «Signor presidente, da quellalapide dobbiamo togliere le parole "strage fascista", perché ciò è riduttivo e fa parte del depistaggio operato sullastrage di Bologna, diversa dalle altre stragi e che ha molto più a che fare con Ustica e con i rapporti tra Italia,Francia, Stati uniti, i servizi occidentali e le strutture segrete. Dire che sono stati Fioravanti e compagni è stato undepistaggio: su quella lapide bisogna scrivere "strage di stato"!»[143]

Nel 1994 è stato fondato a Roma, nella Sede dell'ARCI, il comitato E se fossero innocenti[144] a cui hanno aderitointellettuali e politici di tutte le estrazioni e di diverse ideologie, come la regista Liliana Cavani, il fotografo OlivieroToscani, il vescovo Salvatore Boccaccio i parlamentari Franca Chiaromonte (PD), Luigi Manconi (Verdi), ErsiliaSalvato (Rifondazione Comunista), Giacomo Mancini (PSI), Marco Taradash (Riformatori Liberali), i giornalistiGiovanni Minoli, Sandro Curzi e Sandro Provvisionato e molti altri.[145]

Nel 2004, l'ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga[146], in una lettera indirizzata alla commissioneMitrokhin ha ipotizzato un coinvolgimento del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e del gruppoSeparat di Ilich Ramírez Sánchez (noto come "comandante Carlos") dietro l'attentato.[147] Lo stesso Cossiga, nel2008, in un'intervista al Corriere della Sera, si dichiarò convinto dell'innocenza di Fioravanti e Mambro, ribadendo lasua teoria secondo cui la strage non sarebbe da imputarsi al terrorismo nero, ma a un incidente di gruppi dellaresistenza palestinese operanti in Italia («Sono convinto da tempo dell’innocenza di Mambro e Fioravanti, ancheperché sono stato ministro dell’Interno»).[148]

Nel maggio del 2007 il figlio di Massimo Sparti, malavitoso comune legato alla Banda della Magliana, testimonechiave del processo di Bologna e principale accusatore di Fioravanti e Mambro, dichiarò «mio padre nella storia delprocesso di Bologna ha sempre mentito.»[149]

Il giornalista del Manifesto, Andrea Colombo, che ai tempi seguì la notizia, ha sposato la teoria della loro innocenza e raccolto il suo pensiero nel suo libro Storia nera, uscito nel 2007[150]. Secondo Colombo «il loro (dei NAR, ndr) è stato un estremismo di destra criminale ed assassino, ma la loro storia non è compatibile con una strage. Piaccia o non piaccia è così. Le indagini sono state a senso unico. Hanno guardato in una direzione sola, la destra, altrove nemmeno di sguincio. Questo poteva essere comprensibile all’inizio dell’indagine, dopo è stato imperdonabile. Io ero e resto convinto che lo stragismo del ‘69-’74 sia stato di marca fascista. Ma credo che siccome per quelle stragi non ci sono colpevoli, mentre per questa sì, in molta sinistra sia rimasto in testa un sillogismo sbagliato: siccome la Mambro e Fioravanti sono gli unici condannati, l’errore giudiziario che li vede colpevoli di Bologna, è l’unico modo per tenere in piedi una verità storica che le altre sentenze non sono riuscite a confermare. E una bugia che garantisce

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una verità storica, scusatemi a me sembra una gran porcata.»[151]

Note[1] L'orda d'oro - Primo Moroni e Nanni Balestrini (http:/ / books. google. it/ books?id=wNMxd0JxxUkC& printsec=frontcover&

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Fonti e autori delle voci 24

Fonti e autori delle vociNuclei Armati Rivoluzionari  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=60421464  Autori:: Al Pereira, Angel2000, Angel967, Barbicone, Blackberry, BohemianRhapsody, Borgolibero,Bramfab, Bultro, Carlomorino, Cloj, Discanto, Dome, Elbloggers, Enrico Lenaz, Etrusko25, Eumolpo, F l a n k e r, Franz Liszt, G.M. Sir Lawrence, Gian punk, Ignisdelavega, Iiiioo,IlPasseggero, Jack, Johnlong, Jok3r, Jose Antonio, KS, Keegan, Kibira, Lorisbbbb, Mach, Mahmud, Marco Cossu, Maria grazia liso, Massimiliano Panu, Massimo57, Mauro742, Melos,Nevermindfc, NewLibertine, No2, Phantomas, Pil56, Salvatore Ingala, Sannita, Sanremofilo, Skymen, Solidale, Solvequite, Tia solzago, To011, Towerman, Vomitron, WILuB, Watcheach,Ylebru, 97 Modifiche anonime

Fonti, licenze e autori delle immaginiImmagine:Exquisite-kfind.png  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Exquisite-kfind.png  Licenza: GNU General Public License  Autori:: GuppettoFile:Eagle with fasces.svg  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Eagle_with_fasces.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: F l a n k e rFile:Cold War Map 1980.svg  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Cold_War_Map_1980.svg  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: , basado en el trabajo dees:Usuario:SancebauFile:Crystal personal.svg  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Crystal_personal.svg  Licenza: GNU Lesser General Public License  Autori:: Everaldo Coelho; see upload logFile:Flickr - …trialsanderrors - The Colosseum, Rome, Italy, ca. 1896.jpg  Fonte:http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Flickr_-_…trialsanderrors_-_The_Colosseum,_Rome,_Italy,_ca._1896.jpg  Licenza: Creative Commons Attribution 2.0  Autori:: …trialsanderrors

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