N.R.G. 56646/2015...GmbH per indebito sfruttamento dei propri segreti industriali. In particolare,...

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Pagina 1 N.R.G. 56646/2015 TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA -SEZIONE “A” CIVILE- nel procedimento cautelare iscritto al n.r.g. 56646/2015 promosso da: HERAEUS MEDICAL GMBH e HERAEUS S.P.A. con il patrocinio degli avv.ti Gabriele Cuonzo, Luca Trevisan e Vittorio Cerulli Irelli RICORRENTI contro BIOMET EUROPE B.V. e BIOMET ITALIA S.R.L. con il patrocinio degli avv.ti Prof. Cesare Galli, Marco Venturello e Alberto Bottarini RESISTENTI Il Giudice designato a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 3.2.2016, ha pronunciato la seguente ORDINANZA 1.Le vicende processuali Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in data 5.10.2015, Heraeus Medical GMBH ed Heraeus s.p.a. la prima società di diritto tedesco attiva nello sviluppo, nella produzione e nella vendita di cementi ossei e biomateriali utilizzati in campo ortopedico, destinati alla esportazione in tutto il mondo, e la seconda distributrice dei cementi ossei Heraeus in Italia, di seguito Heraeus- hanno invocato tutela urgente nei confronti di Biomet Europe B.V. e Biomet Italia s.r.l. (entrambe appartenenti al gruppo Biomet, ora Zimmer Biomet a seguito di acquisizione da parte di Zimmer Holding Inc.) -la prima produttrice di cementi ossei e la seconda distributrice per l’Italia dei prodotti della prima-; e ciò per indebita appropriazione di segreti industriali e del know how della ricorrente. Heraeus ha ricordato la pregressa collaborazione tra le parti (ed in particolare tra Heraeus Kulzer, Merck KGaA, distributrice in Europa dei prodotti Heraeus, e Biomet Inc., società all’epoca controllante le resistenti) regolata da un contratto stipulato in data 31.1.1996. In virtù di tale collaborazione, il Gruppo Biomet aveva avuto accesso ai segreti industriali relativi alla composizione chimica ed alle specifiche Firmato Da: GAROFALO CARMELO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: deeee - Firmato Da: ZANA ALIMA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: da9b1 http://bit.ly/2fzhgK4

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N.R.G. 56646/2015

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

-SEZIONE “A” CIVILE-

nel procedimento cautelare iscritto al n.r.g. 56646/2015 promosso da:

HERAEUS MEDICAL GMBH e HERAEUS S.P.A. con il patrocinio degli avv.ti

Gabriele Cuonzo, Luca Trevisan e Vittorio Cerulli Irelli

RICORRENTI

contro

BIOMET EUROPE B.V. e BIOMET ITALIA S.R.L. con il patrocinio degli avv.ti

Prof. Cesare Galli, Marco Venturello e Alberto Bottarini

RESISTENTI

Il Giudice designato a scioglimento della riserva assunta all’udienza del

3.2.2016, ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

1.Le vicende processuali

Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in data 5.10.2015, Heraeus

Medical GMBH ed Heraeus s.p.a. –la prima società di diritto tedesco

attiva nello sviluppo, nella produzione e nella vendita di cementi ossei

e biomateriali utilizzati in campo ortopedico, destinati alla

esportazione in tutto il mondo, e la seconda distributrice dei cementi

ossei Heraeus in Italia, di seguito Heraeus- hanno invocato tutela

urgente nei confronti di Biomet Europe B.V. e Biomet Italia s.r.l.

(entrambe appartenenti al gruppo Biomet, ora Zimmer Biomet a seguito di

acquisizione da parte di Zimmer Holding Inc.) -la prima produttrice di

cementi ossei e la seconda distributrice per l’Italia dei prodotti della

prima-; e ciò per indebita appropriazione di segreti industriali e del

know how della ricorrente.

Heraeus ha ricordato la pregressa collaborazione tra le parti (ed in

particolare tra Heraeus Kulzer, Merck KGaA, distributrice in Europa dei

prodotti Heraeus, e Biomet Inc., società all’epoca controllante le

resistenti) regolata da un contratto stipulato in data 31.1.1996. In

virtù di tale collaborazione, il Gruppo Biomet aveva avuto accesso ai

segreti industriali relativi alla composizione chimica ed alle specifiche

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tecniche dei cementi “Palacos”® di Heraeus: a presidio di tali segreti

erano stati infatti previsti rigorosi obblighi di riservatezza.

La cooperazione tra le società era venuta meno in data 10.2.2005, quando

Heraeus Kulzer aveva comunicato a Biomet che avrebbe iniziato a gestire

direttamente la distribuzione dei cementi “Palacos®” in tutta Europa e

conseguentemente cessato, dal mese di agosto del 2005, di fornire tali

cementi a Biomet.

Pochi mesi dopo, tuttavia, controparte aveva annunciato al mercato lo

sviluppo ed il lancio di una propria linea di cementi ossei, a partire

dal “Refobacin® Bone Cement”, del tutto identici a quelli di Heraeus.

Quest’ultima aveva adito dunque l’autorità giudiziaria tedesca nei

confronti, tra gli altri, di Biomet Inc., di Europe B.V. e di Deutschland

GmbH per indebito sfruttamento dei propri segreti industriali. In

particolare, in sede civile il giudizio si era articolato in due gradi:

nel primo Heraeus aveva visto le proprie pretese rigettate, avendo il

giudice di prima istanza ritenuto che gli accordi di riservatezza fossero

temporalmente limitati. In secondo grado, con sentenza resa in data

5.6.2014 la Corte d’Appello di Francoforte aveva invece riconosciuto la

natura segreta di tali informazioni confidenziali e negato la durata

temporale limitata agli obblighi di riservatezza gravanti su Biomet. La

Corte aveva in particolare accertato l’uso non autorizzato di tre

componenti chimiche, di specifiche tecniche e di metodi di produzione

caratterizzanti i cementi “Palacos®” (in particolare relativi alle

specifiche per i copolimeri, alle istruzioni per utilizzare un liquido

monomero colorato da determinati mezzi di clorofilla, all’uso di un

determinato diossido di zirconio). La Corte aveva dunque disposto

l’inibitoria alla produzione, distribuzione, commercializzazione e

vendita di una serie di prodotti di cemento osseo a carico di Biomet.

Anche in sede penale gli allora amministratori di Biomet GmbH avevano nel

frattempo subìto una pronuncia di condanna da parte del Tribunale di

Monaco, sempre per uso indebito dei segreti industriali del Gruppo

Heraeus.

Ciò premesso, in questa sede le ricorrenti lamentano da parte di Biomet

la violazione dell’ordine inibitorio, mediante lo spostamento della sede

di produzione nel territorio francese (con conseguente reazione

giudiziaria di Heraeus che ivi ha ottenuto nel frattempo un provvedimento

di descrizione) e la prosecuzione della distribuzione e della vendita sul

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territorio europeo, compreso quello italiano attraverso la resistente

Biomet Italia.

Ritenendo che le valutazioni espresse dalla Corte d’Appello di

Francoforte, da un lato, costituiscano res iudicata e siano quindi

vincolanti per il giudice a quo e, dall’altro, fondino il fumus

necessario per l’adozione delle misure cautelari oggetto di questo

procedimento, Heraeus ha chiesto l’inibitoria assistita da penale alla

produzione, alla commercializzazione ed alla distribuzione di prodotti

ritenuti realizzati attraverso i segreti industriali citati, oltre alle

pronunce accessorie del ritiro dal commercio e del sequestro.

Costituendosi, le resistenti hanno negato in primo luogo il fumus,

sottolineando l’erroneità della pronuncia del giudice di secondo grado

tedesco, oggetto di impugnazione innanzi alla Corte Suprema Federale,

ribadendo la durata solo quinquennale dell’accordo di riservatezza; hanno

negato l’efficacia in Italia della decisione emessa dalla Corte di

Francoforte, priva di effetti transfrontalieri, così come già ritenuto da

alcuni giudici di altri Stati Membri aditi dalla ricorrente. Hanno

contestato l’applicabilità al caso di specie della legge sostanziale

tedesca, hanno eccepito la mancanza di specifiche allegazioni ed evidenze

probatorie in ordine ai pretesi illeciti commessi sul territorio italiano

ed in ogni caso sottolineato l’assenza dei presupposti richiesti dagli

artt. 98 e 99 c.p.i. e dall’art. 2598 c.c..

Quanto al periculum, precisato che l’iniziativa cautelare di controparte

è stata avviata ormai decorsi dieci anni dalla commercializzazione di

Biomet in Italia, le resistenti hanno ricordato che i propri cementi

ossei sono destinati ad importanti strutture ospedaliere nazionali, con

conseguenti irrimediabili impatti negativi sulla salute pubblica

nell’ipotesi di improvvisa interruzione della disponibilità dei cementi

ossei litigiosi.

Infine, in via riconvenzionale cautelare, riferito dell’invio di

comunicazioni denigratorie da parte di Heraeus agli Enti ospedalieri

clienti di Biomet circa la natura illecita delle forniture di cemento da

parte di quest’ultima, hanno chiesto a loro volta l’inibitoria assistita

da penale e la pubblicazione.

All’esito dello scambio di memorie di replica e di discussione orale,

all’udienza del 3.2.2016 il Giudice si è riservato la decisione.

2.La domanda cautelare della ricorrente

2.1.Quanto al fumus

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2.1.1.l’Efficacia esecutiva ai sensi del Reg. (CE) n. 1215/2012, già Reg.

(CE) n. 44/2001 della pronuncia tedesca

Parte ricorrente riconduce due immediati effetti alla pronuncia della

Corte d’Appello di Francoforte:

a) l’efficacia extraterritoriale del provvedimento inibitorio (c.d.

efficacia cross-border injunction);

b) il carattere vincolante delle sue statuizioni, giacché gli

accertamenti della Corte tedesca costituirebbero res judicata nei

confronti di Biomet Europe B.V. e dei suoi aventi causa (dunque anche

Biomet Italia s.r.l.).

Quanto al primo profilo, parte ricorrente in primo luogo invoca il

riconoscimento della pronuncia tedesca sul territorio italiano, secondo

il Reg. (CE) n. 1215/2012 (cfr. pag. 13 del ricorso) il quale, com’è

noto, innovando rispetto al precedente Reg. (CE) n. 44/2001, conferisce

direttamente valenza esecutiva alla sentenza straniera di uno Stato

Membro se questa già lo sia nel suo ordinamento di origine. Il

Regolamento citato (avente natura cogente, cfr. Considerando n. 6), si

fonda infatti su una presunta equivalenza dei sistemi processuali

nazionali, che consente al creditore di agire in executivis.

Allo stato, tuttavia non sembra che la citata sentenza ed in particolare

l’ordine inibitorio in essa stabilito siano dotati in sé di efficacia

extraterritoriale quanto in particolare ai fatti illeciti commessi in

Italia. Sul punto vanno compiute le seguenti considerazioni:

- il principio della territorialità degli effetti delle privative su

diritti immateriali non titolati, quale riserva di sovranità dello Stato

(com’è noto progressivamente erosa dalla disciplina sovranazionale

sostanziale e processuale in materia di Marchio Comunitario -Reg. (CE) n.

207/2009- e di Modello Comunitario -Reg. (CE) n.6/2002- e, a breve, in

materia di Brevetto Unico Europeo) sembra doversi ancora applicare in

materia di segreti, per la quale una giurisdizione e un diritto

sostanziale uniformi non esistono nello spazio europeo. Con conseguente

attuale frammentazione della tutela: il tentativo di armonizzazione in

materia si trova allo stato di Proposta del Parlamento Europeo e del

Consiglio (UE) 28.11.2013; in tale sede è stata sottolineata in effetti

l’esistenza di “differences in the legal protection of trade secrets

provided for by the Member States imply that trade secrets do not enjoy

an equivalent level of protection throughout the Union”;

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- dunque ad oggi, ad esclusione dell’ipotesi del marchio comunitario e

del modello comunitario, perché una sentenza di uno Stato Membro abbia

efficacia extraterritoriale, il giudice che l’ha pronunciata deve essersi

posto la questione della giurisdizione su fatti avvenuti fuori dal

proprio Stato di appartenenza (e conseguentemente avere individuato i

criteri di collegamento per radicare la propria giurisdizione anche per

fatti fuori dal territorio nazionale). Tale interpretazione appare

sorretta proprio dal dettato di cui all’art. 45 del Reg. (CE) n.

1215/2012, richiamato dalla difesa del ricorrente. Tale disposizione

(secondo la quale l’autorità dello Stato richiesto “è vincolata

dall’accertamento dei fatti sul quale l’autorità giurisdizionale

d’origine ha fondato la propria competenza”) ha sì, all’interno dell’UE,

allentato la verifica da parte del giudice a quo sulla giurisdizionale

dell’autorità straniera che ha emanato la sentenza oggetto della

esecutività. Tuttavia, l’impossibilità di un nuovo riesame della

questione della giurisdizione da parte del giudice ad quem (salvo le

eccezioni di cui all’art. 44 del Regolamento citato e di cui ai

corrispondenti art. 34 e 35 del precedente Reg. (CE) n. 44/2001) opera

sul presupposto che un controllo sulla giurisdizione sia stato compiuto

dal giudice a quo, ossia dall’autorità che ha emesso il provvedimento

dotato di efficacia transfrontaliera;

- cosicché, nell’ipotesi di marchio comunitario (secondo gli artt. 97 e

98 del Reg. (CE) 207/2009) e di modello comunitario (secondo gli artt. 82

e 83 del Reg. (CE) 6/2002) se la giurisdizione è fondata sul criterio di

collegamento del forum rei, l’inibitoria deve ritenersi cross-border

(art. 98 comma 1 del Reg. (CE) 207/2009; art. 83 comma 1 del Reg. (CE)

6/2002) mentre nel caso di giurisdizione fondata sul forum commissi

delicti, essa è limitata al territorio dello Stato-Membro in cui il

Tribunale ha sede (art. 98 comma 2 del Reg. (CE) 207/2009; art. 83 comma

2 del Reg. (CE) 6/2002); negli altri casi, ivi inclusi i segreti

industriali, la pronuncia- qualunque sia il criterio di giurisdizione

applicato- per avere efficacia transfrontaliera deve essere in ogni caso

esplicitamente tale;

- al contrario, la sentenza della Corte d’Appello di Francoforte non si è

occupata di illeciti compiuti fuori dal territorio tedesco (e dunque, per

quel che qui rileva in quello italiano) per i quali avrebbe dovuto porsi

la questione della giurisdizione (e conseguentemente individuare i

criteri di collegamento per radicare la propria giurisdizione anche per

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fatti fuori dal territorio tedesco) per poi porsi la questione della

legge sostanziale applicabile. Entrambi i profili non sono invece stati

esaminati dai giudici tedeschi, i quali hanno quindi trattato la

controversia come questione interna;

- in effetti, le domande degli attori non si estendevano ad illeciti

commessi fuori dalla Germania ed in particolare in Italia (la locuzione

genericamente richiamata in proposito dalla difesa Heraeus e contenuta

nell’atto di citazione “Biomet distribuisce (…) nel resto d’Europa” non è

dirimente). La prospettazione degli attori innanzi al giudice tedesco per

radicare la giurisdizione tedesca faceva unicamente riferimento, quale

luogo delle condotte illecite, sempre al territorio tedesco: ed in

particolare a Darmastadt –luogo dello scambio delle informazioni segrete,

corrispondente al centro del business della società- ed a DIERBURG -luogo

della produzione del cemento osseo per Biomet Group- (cfr. atto di

citazione pag. 38 doc. 26 di parte attrice). Né sono stati espressamente

invocati provvedimenti transfrontalieri (che si verificano allorché una

delle parti sia domiciliata o residente in uno Stato diverso da quello

per il quale si è attivata la procedura). E’ del resto la stessa

ricorrente a confermare tale prospettazione laddove argomenta sulla

corretta applicazione della legge tedesca al caso in esame (cfr. pag. 4

memoria autorizzata in questa sede, ultimo capoverso e nota n. 3,

“essendo tutte le condotte di cui si discute avvenute in Germania, (…) in

Germania sono da sempre esclusivamente detenuti tutti i segreti

industriali di Heraeus, in Germania sono stati sviluppati i cementi di

Biomet, in Germania si è primariamente svolta la pregressa cooperazione

tra le parti”);

- la correttezza dell’impostazione sembra trovare univoco conforto nelle

pronunce dei Giudici Nazionali di altri Stati Membri aditi,

successivamente alla sentenza della Corte d’Appello di Francoforte, dalla

ricorrente in altrettante iniziative giudiziarie dirette:

- ad ottenere in Olanda la quantificazione della penale per la ritenuta

violazione da parte di Biomet dell’ordine inibitorio del giudice tedesco:

la Corte distrettuale di Rotterdam, negando la richiesta di

quantificazione della penale prevista nella pronuncia della Corte

d’Appello di Francoforte, ha ritenuto che la questione dell’estensione

dovesse essere risolta in primo luogo dal giudice tedesco. In

particolare, la Corte distrettuale adita da Heraeus per la condanna di

Biomet Europe al pagamento della penale ha dichiarato il proprio difetto

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di giurisdizione, ricordando al punto 4.3.4 che la questione

dell’estensione dell’ordine del giudice tedesco in Olanda deve prima

trovare risposta nell’autorità che si è pronunciata sulla violazione, e

quindi nell’autorità tedesca: “That question -the question whether the

injunction laid down in the judgment at issue also extends to acts of

Biomet in the Netherlands breach- must first be answered before the judge

can get round to an assessment of a possible breach. In the three lawsuit

in Germany the same question about the territorial scope of that judgment

is being considered as in the present proceedings. It is only when that

question has been answered in the German lawsuit(s) that it will be known

whether the German court has accepted or will accept jurisdiction with

regard to the alleged infringing acts of Biomet in the Netherlands. Thus,

the proceedings pending in Germany have the key question whether the

judgment at issue has a universal instead of a territorial effect, and

the cause of action, or the facts or legal rules underlying it, is also

the same. The preliminary relief judge cannot at this stage accept

jurisdiction to hear the dispute between the parties due to the provision

of Article 27 Regulation 44/2001” (cfr. doc. 15 di parte resistente).

Dunque non possono trovare applicazione, secondo la Corte Olandese, gli

artt. 31 e 47 Reg. CE 44/2001;

- ad ottenere l’estensione della portata dell’inibitoria fuori dal

territorio tedesco. Il Tribunale di Commercio di Vienna in data 28.8.2015

ha negato l’estensione extraterritoriale in Austria della sentenza di

Francoforte precisando che: “the defendants in the present case are not

parties to this proceeding that is being conducted in Germany. The higher

regional court of Frankfurt concerned itself only with alleged violations

of the plaintiff’s industrial secrets in Germany, but not with any such

violations outside Germany. The plaintiff in that case did not at all

allege the existence of a cross-border facts and circumstances. The

higher Regional court of Frankfurt did not release any determination on

the international jurisdiction of the German courts or on questions

relating to conflict of law (…) extend to foreign territory..would

necessarily have required an argument on issues of international

jurisdiction and the applicable law” (cfr. doc.18 pag.4-5 sentenza

austriaca);

- ad ottenere provvedimenti cautelari urgenti (diversi dalla

descrizione), sul presupposto delle valutazioni espresse dal giudice

tedesco compiuto in base alla legge tedesca. Il Tribunale del Commercio

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di Parigi ha ritenuto che “gli accertamenti del giudice tedesco non sono

vincolanti, dal momento che dobbiamo fare le nostre valutazioni di

diritto francese”, cfr. traduzione di cui al doc. 36 di parte

ricorrente).

2.1.2. L’efficacia probatoria vincolante della pronuncia tedesca

Ciò considerato sulla natura cross-border della sentenza di Francoforte,

in secondo luogo parte ricorrente ne invoca la valenza probatoria, a suo

dire vincolante, nel giudizio sul fumus da esprimere in questa sede (cfr.

pag. 15 e segg. del ricorso).

E ciò sul presupposto che si tratti di un’unica condotta –quella già

sottoposta all’esame del giudice tedesco ed ora di quello italiano (pag.

15 memoria autorizzata della resistente)- e che gli accertamenti compiuti

dal giudice a quo non possano essere oggetto di nuovo esame da parte del

giudice ad quem. Con conseguente automatica sussistenza nel caso di

specie del fumus.

In limine: non è certo qui in discussione il carattere vincolante degli

accertamenti di fatto compiuti dal giudice dello Stato d’origine,

carattere che preclude un riesame nel merito sugli stessi fatti da parte

del giudice ad quem e diretto a favorire la circolazione delle sentenze.

Non è cioè dubitabile che secondo il nuovo Reg. (CE) 1215/2012, già Reg.

(CE) 44/2001 (cfr. artt. 35.2 .e 36) la decisione del giudice dello Stato

membro d’origine non possa “(in) nessun caso (…) formare oggetto di un

riesame del merito, in linea con il (…) principio della reciproca

fiducia” e che “la nozione di autorità della cosa giudicata nel diritto

dell’Unione non riguarda solo il dispositivo della decisione giudiziaria

in questione, ma si estende anche alla motivazione della stessa, che

costituisce il fondamento necessario del dispositivo e, di fatto, è

indissociabile da quest’ultimo (v., in particolare, sentenze del 1°

giugno 2006, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de

Vizcaya/Commissione, C-442/03 P e C- 471/03 P, Racc. pag. I-4845, punto

44, nonché del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione, C-221/10 P, punto

87).

Con la conseguenza dunque che, nel caso in esame, l’accertamento di fatto

compiuto dal Giudice tedesco sulla ritenuta sottrazione dei segreti sul

proprio territorio nazionale, una volta definitivo, non potrà essere

messo in discussione da altro giudice di altro Stato Membro.

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Tuttavia ciò non implica, ancora, efficacia vincolante e diretta dalla

pronuncia tedesca sulla valutazione del fumus da compiere in questa sede,

contro la quale militano le seguenti considerazioni:

le condotte qui censurate appaiono distinte e diverse rispetto a

quelle indagate dai giudici tedeschi, seppure quelli esaminati in

Germania costituiscano per così dire i presupposti (c.d. illeciti a

monte) rispetto ai quali quelli qui indagati si atteggiano quali

conseguenze (c.d. illeciti a valle). E’ vero che secondo la

prospettazione dei ricorrenti i secondi sono collegati

eziologicamente ai primi e che gli illeciti tedeschi costituiscono

uno degli elementi costitutivi di quelli qui censurati, tuttavia

tra essi non vi è identità né oggettiva né soggettiva. Ed in

particolare:

- il profilo oggettivo delle condotte esaminate dal Giudice tedesco

non esaurisce quello qui dedotto (relativo, oltre al presupposto

della sottrazione dei segreti, anche alla distribuzione sul

territorio italiano di prodotti non più realizzati sul territorio

tedesco ma sul territorio francese dove la concorrente sleale

avrebbe artatamente trasferito la propria sede di fabbricazione);

- non vi è coincidenza sotto il profilo soggettivo: Biomet Italia

non è stata convenuta nel giudizio tedesco ed il principio

dell’estensione degli effetti del giudicato dal titolare al

successore a titolo particolare (cfr. art. 2909 c.c. e 111 c.p.c.)

presuppone un’indagine in fatto sull’identità della res acquistata

post litem, identità che qui è contestata dalla difesa dei

resistenti;

la pronuncia tedesca non è definitiva, con conseguente non

applicazione, allo stato nel futuro giudizio di merito italiano,

dei criteri di cui agli artt. 29 e segg. del Regolamento (CE) n.

1025/2012.

Fermo dunque l’accertamento compiuto dal Giudice tedesco sulla frazione

della condotta dallo stesso esaminata, ossia la sottrazione dei segreti

su quel territorio nazionale, tuttavia nel caso in esame non si versa

nella deduzione dello stesso illecito, nei termini sopra indicati, ma di

una condotta di cui solo un elemento costitutivo ha formato oggetto di

sindacato da parte di un giudice di altro Stato Membro.

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Con conseguente necessaria autonoma valutazione da parte del giudice

nazionale in relazione alla legge sostanziale applicabile al caso

sottoposto al suo esame nonché al riscontro di tutti gli ulteriori

elementi costitutivi delle “nuove” condotte sindacate

Sul punto il Tribunale del Commercio di Parigi, adito da Heraeus in

relazione alle condotte integrate in Francia, ha del resto espresso un

giudizio analogo, indicando la necessità di svolgere autonome

valutazioni.

2.1.3.Gli autonomi apprezzamenti da svolgere in questa sede

La conseguente necessità di un nuovo apprezzamento sugli illeciti qui

denunciati (suggerita anche dalla veste formale dell’iniziativa della

ricorrente, giacché il procedimento urgente comprende, tra i suoi

presupposti ineludibili, un autonomo sindacato sulla probabile esistenza

del diritto azionato, valutazione disomogenea rispetto al mero

riconoscimento automatico degli accertamenti compiuti da altro giudice)

discende dunque dalla prospettazione, nel ricorso, di un’ulteriore

condotta lesiva sul territorio italiano rispetto a quella posta in essere

sul territorio tedesco: la distribuzione e la commercializzazione da

parte questa volta di Biomet Italia di cementi ossei, ora fabbricati sul

territorio francese, del tutto identici a quelli prima prodotti in

Germania e già inibiti dal giudice di quello Stato.

Occorre dunque, previa individuazione dalla legge sostanziale

applicabile, indagare anche in fatto la sussistenza di tutti gli elementi

costitutivi della condotta censurata, poiché appunto gli accertamenti del

giudice tedesco afferiscono solo ad un illecito a monte, indicato quale

presupposto per il compimento di quelli qui denunciati.

Allo stato qui non è tuttavia consentita, salve diverse emergenze nelle

successive fasi, un’autonoma indagine, necessariamente anche di natura

tecnica. Sono pertinenti in proposito le considerazioni in ordine:

alla mancanza di prova liquida dell’identità delle res inibite sul

territorio tedesco rispetto a quelle prodotte in Francia e poi

distribuite sul territorio italiano, presupposto ineludibile per

predicare l’estendibilità dell’autorità del provvedimento

giudiziale anche all’avente causa, qui Biomet Italia (art. 111

c.p.c. e 2909 .cc.);

alla mancata richiesta di provvedimenti di natura probatoria (quali

la misura della descrizione ovvero la richiesta di esibizione) che

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consentano al Tribunale di indagare tale lamentata identità di

prodotti.

Pur con il supporto della pronuncia tedesca (vincolante per i medesimi

accertamenti in fatto compiuti dal giudice tedesco, una volta divenuta

definitiva) e liberamente valutabile quale mezzo di prova documentale per

gli altri fatti (analogamente a quanto si controverte di decisioni

nazionali sulle corrispondenti frazioni nazionali di brevetti europei),

allo stato è quindi precluso un autonomo sindacato sulle ragioni della

ricorrente, che necessiterebbe comunque di esaminare anche, nell’ambito

di un contraddittorio tecnico, i prodotti ossei litigiosi, per poi

passare ai conseguenti apprezzamenti in base al diritto sostanziale qui

applicabile.

2.2.Quanto al periculum

Seppure allo stato le considerazioni sopra svolte in merito al fumus

siano assorbenti, manca comunque nel caso in esame anche il periculum in

mora.

In proposito, parte resistente ha sottolineato che:

1) la condotta addebitata a Biomet Italia è in corso da oltre dieci

anni e perfettamente conosciuta da controparte, che non si è

attivata in questo lungo lasso temporale sul territorio italiano

per contrastare, anche solo in sede cautelare, la distribuzione

delle res litigiose; l’atto di citazione di primo grado innanzi

alla Corte tedesca risale infatti al 30.12.2008, data dalla quale

certamente alla ricorrente era nota la condotta di Biomet;

2) l’eventuale accoglimento dell’inibitoria cagionerebbe

l’interruzione dei rapporti di fornitura in essere tra la

resistente e alcune importanti strutture ospedaliere e sanitarie

nazionali, con grave pregiudizio del diritto alla salute dei

pazienti italiani, considerato che le pubbliche amministrazioni

dovrebbero procedere ad una nuova gara ad evidenza pubblica per

l’individuazione di un nuovo aggiudicatario (contrattualmente

Biomet procede infatti a consegne ripartite, eseguite a temperatura

controllata e on demand, senza possibilità di accumulare scorte). I

propri prodotti non sarebbero del resto sostituibili, giacché

l’inibitoria si estenderebbe anche ai sistemi di miscelazione.

In proposito parte ricorrente ha invece ribadito che:

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1) la sentenza della Corte d’Appello Tedesca che ha riformato quella

di primo grado è intervenuta solo nel mese di giugno 2014;

2) nel frattempo Heraeus ha raccolto elementi probatori che hanno

consentito di accertare la continuazione dell’illecito anche sul

territorio italiano;

3) il trasferimento della sede di produzione nel territorio francese

(collocato da controparte nel 2010) è stata scoperta dalle

ricorrenti solo nel 2015;

4) medio tempore è stato avviato un procedimento cautelare anche in

Francia e richiesta l’esecutività della pronuncia tedesca presso il

giudice olandese;

5) è stato avviato un tentativo di transazione della controversa,

interrottosi nel mese di settembre 2014;

6) il periculum non può essere eliso dalla questione, sollevata da

controparte, circa la pendenza di rapporti contrattuali di BIOMET

con soggetti terzi e in particolare con strutture ospedaliere. Le

pubbliche amministrazioni potrebbero ricorrere infatti a procedure

ad evidenza pubblica urgenti, come di sovente avviene a seguito di

inibitorie giudiziali in campo farmaceutico. I prodotti litigiosi

sarebbero comunque facilmente sostituibili con altri attraverso

nuove forniture (si veda in proposito dichiarazione resa dal dott.

KOBELT, manager director di Heraeus medical il quale attesta che

nessun effetto pregiudizievole in proposito si è verificato sul

territorio tedesco circa l’applicazione della decisione, cfr. doc.

41 di parte ricorrente).

Ciò premesso, va osservato che:

- la prova della conoscenza in capo alla danneggiata della ritenuta

lesione posta in essere da parte del Gruppo Biomet, ivi comprese le

singole distributrici nazionali e per quel che qui rileva da parte di

Biomet Italia, è strettamente connessa, cronologicamente,

all’introduzione della causa di merito in Germania: dunque, al più tardi,

essa si colloca nel 2008, momento in cui già Biomet Italia

commercializzava tali prodotti sul territorio nazionale (la circostanza

dedotta dalla resistente non è stata contestata da controparte);

- l’intervenuto trasferimento della sede della produzione da parte del

gruppo Biomet dalla Germania alla Francia (trasferimento che la difesa

Biomet colloca comunque nell’anno 2010) non consente di posticipare

l’inizio della lesione ed attualizzare, in tal guisa, il periculum: tale

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circostanza gioca infatti su un piano di indifferenza rispetto alle

frazioni di illecito commesse in Italia, rispetto alle quali non sono

stati neppure avviati procedimenti urgenti di acquisizione preventiva

della prova.

In proposito va rammentato che la persistenza del periculum, nonostante

la lesione sussista da anni e nonostante la scelta consapevole del

danneggiato di attendere un lungo lasso temporale prima di adire

l’autorità giudiziaria al fine di ottenere provvedimenti urgenti, sovente

è collegata:

- all’aggravamento della lesione, ossia alla prospettazione di una

diversa e maggiore intensificazione delle condotte illecite rispetto a

quelle iniziali (cfr. Trib. Milano, 20.11.2012, ove il requisito è stato

negato a seguito della mancata reazione per circa due anni) ovvero ad un

maggior pregiudizio tanto da integrare “il requisito di un’irreparabilità

che prima non esisteva” (cfr. in proposito Trib. Torino 16.12.2009). E

qui, al contrario, sul territorio italiano non viene lamentato, a

distanza di molti anni dalla conoscenza dell’asserita condotta lesiva,

alcuna intensificazione degli illeciti, mentre gioca un ruolo neutro,

come già accennato, il luogo dove tali prodotti sarebbero stati

fabbricati (la Germania o la Francia);

- alla sussistenza di trattative stragiudiziali che coprano l’arco

temporale intercorso tra l’avvio dell’illecito e la reazione cautelare:

qui al contrario tali trattative si collocano in un segmento assai

limitato rispetto all’arco compreso dall’anno 2008 (avvio della causa in

Germania) all’anno 2015 (avvio del presente procedimento); la loro

interruzione è in ogni caso anteriore di un anno rispetto alla presente

iniziativa urgente.

La scelta della ricorrente di non attivarsi tempestivamente sembra dunque

condurre, inevitabilmente, alla riconduzione delle proprie pretese nella

fase di merito (cfr .analogamente, Tribunale du Commerce de Paris “nous

réserverons cette appréciation au juge du fond, éventuellement saisi”,

cfr. doc. 16, pag. 4 di parte resistente).

3.La domanda cautelare in via riconvenzionale della resistente

3.1. Quanto al fumus

3.1.1. sull’ammissibilità

Parte resistente a sua volta si duole di condotte di concorrenza sleale

per denigrazione, avendo controparte inviato ai clienti di Biomet una

comunicazione ove,comunicando gli esiti del giudizio d’appello tedesco,

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non ne limitava la portata alla sola Germania, con conseguente discredito

a danno della diretta concorrente.

Quanto all'ammissibilità di domande cautelari che, in via

riconvenzionale, si inseriscono nell’ambito di un procedimento d’urgenza

già da altri instaurato, la scelta processuale della resistente, non

contestata sotto questo profilo dalla ricorrente, appare consentita,

applicando analogicamente i limiti e le prescrizioni di cui all'art. 36

c.p.c.. In effetti la domanda di inibitoria svolta da Biomet è senz'altro

connessa a quella di controparte in relazione al titolo dedotto in

giudizio, rectius; anzi, per certi aspetti antitetica rispetto a quella

di Heraeus, presupponendo –tra altro- l’insussistenza della condotta

illecita della resistente, affermata invece da Heraeus quale fatto

costitutivo della propria pretesa.

3.1.2. Le comunicazioni di provvedimenti giudiziari

Nell’ambito delle generiche previsioni di cui all’art. 2598 c.c., la

giurisprudenza ha da tempo enucleato e specificato alcune condotte che -

sebbene non espressamente previste dalla norma di legge- costituiscono

tuttavia dei comportamenti tipicizzati integranti illeciti

concorrenziali. Tra questi ultimi, viene annoverata anche la

divulgazione ad iniziativa di parte di provvedimenti giudiziari o della

diffusione di notizie relative alla loro emanazione (non a seguito di

ordine del giudice ma ad iniziativa della parte interessata). Tale

attività viene considerata lecita in generale, ma la regola va modulata

con la considerazione che quando si dirama un’informazione con la

specificazione che la stessa è stata ritenuta fondata e vera

dall’autorità giudiziaria e recepita in un provvedimento giudiziale, la

notizia possiede una particolare e maggiore efficacia persuasiva

(rispetto alla semplice comunicazione diffusa senza fare alcun cenno

all’intervento del giudice) ed è dunque tanto più idonea ad ingenerare,

presso il pubblico, il convincimento della fondatezza delle affermazioni

divulgate. Maggiori debbono pertanto essere le cautele nella divulgazione

la quale non deve essere attuata con modi e forme tali da ingenerare nei

terzi una rappresentazione non corretta del contenuto del provvedimento o

dell’andamento del giudizio. La comunicazione deve cioè evitare ogni

tendenziosità, indicando tutte le circostanze e le precisazioni atte a

formare, nei destinatari dell’informazione, una corretta opinione (cfr.,

tra le altre, Tribunale di Milano, sen. n. 35204/2007; Tribunale Verona,

ord. 14.6.1997, Tribunale Torino, ord. 8.6.1995, Tribunale Milano, ord.

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7.6.1994, idem 15.12.1994, Tribunale Reggio Emilia od. 29.7.1999,

Tribunale di Napoli, ord. 24.1.1985).

A tal fine, si è osservato, il messaggio diffuso deve contenere tutti gli

elementi che, sul piano obiettivo, concorrono a caratterizzare la

situazione alla quale si riferisce il provvedimento giudiziario. Il

rispetto del canone di correttezza implica in particolare che -alla

comunicazione dell’esito di un procedimento- si affianchi l’illustrazione

di tutti gli elementi che valgano a limitare (o comunque precisare)

l’ambito e l’intensità di efficacia del provvedimento conclusivo (Trib.

Torino 8.6.1995-ord- 3322/01; Trib. Milano, 7.7.1994 3243/01; Trib.

Milano, 15.12.1994, 3277/01, App. Roma 13.1.1992, 2784/02), precisandone

la sua eventuale natura cautelare (Tribunale di Verona 14.6.1997).

3.1.3. Il caso in esame

Il messaggio veicolato nella comunicazione trasmessa dalla ricorrente al

terzo (Policlinico San Marco), avuto riguardo alle concrete modalità

formali con le quali è stato redatto, non sembra avere contenuto idoneo a

determinare il discredito di Biomet.

In particolare, la lettura complessiva del testo menzionato conduce ad

individuare due messaggi rilevanti e precisamente: 1) il contenuto della

decisione della Corte d’appello di Francoforte; 2)la convinzione da parte

di Heraeus che la concorrente continui a produrre cementi ossei, ivi

indicati, in violazione dei propri segreti.

Dunque, ad un parte della comunicazione con portata informativa (sugli

esiti giudiziari) si accompagna una seconda parte, c.d. valutativa (sulla

continuazione dell’illecito).

Il contenuto informativo non appare inveritiero giacché si precisa che si

tratta di una decisione non definitiva, della quale si allega il

dispositivo.

Neppure il contenuto valutativo è decettivo: essa correttamente non

fornisce all’attualità della condotta illecita un connotato oggettivo,

relegandola ad una mera valutazione della ricorrente (“riteniamo che

Biomet violi”); né estende espressamente a Biomet Italia (estranea al

giudizio tedesco) la violazione di segreti, riferendosi sempre in

generale a Biomet, né infine esplicita una portata transazionale del

provvedimento. E ciò seppure, per il vero, non si faccia dunque carico di

evidenziare le problematiche sottese all’estensione extranazionale,

certamente note a Heraeus sin dalla data del 11.2.2015 (data di emissione

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della sentenza della Corte Distrettuale di Rotterdam, cfr. doc. 15 parte

resistente), antecedente alla comunicazione qui censurata.

Non vi sono in conclusione univoci elementi per predicare la natura

denigratoria della condotta.

3.2. Quanto al periculum

Seppur siano assorbenti le questioni sul fumus, manca comunque anche il

periculum.

La condotta provata è qui circoscritta ad un’unica comunicazione e (per

quanto secondo l’indirizzo preferibile il presupposto della “diffusione”

screditante si verifichi anche nell’ipotesi di un solo destinatario) gli

eventuali pregiudizi subìti da Biomet potranno refluire nell’eventuale

valutazione del risarcimento per equivalente. Non sono invece

prospettati, quantomeno allo stato, pericoli di reiterazione della

condotta o di impiego di mezzi di diffusione invasivi.

4. Il comando cautelare ed il governo delle spese

Per le ragioni sopra espresse allo stato le domande di tutela urgente

svolte sia dalla ricorrente sia dalla resistente vanno rigettate.

L’incertezza della fattispecie indagata e la soccombenza reciproca

giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

1)rigetta le domande cautelari della ricorrente;

2)rigetta la domanda cautelare riconvenzionale della resistente;

3)compensa integralmente le spese di lite.

Si comunichi.

Milano, 23 marzo 2016.

Il giudice designato

Dott.ssa Alima Zana

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