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NOZIONI DI DIRITTO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE (Questa dispensa è ad uso esclusivo degli studenti del III anno del Corso di Laurea in “InfermieristicaFacoltà di Farmacia e Medicina - Università di Roma Sapienzae non può essere riprodotta per altri studi o scopi non rientranti nell’ausilio alla preparazione dell’esame di diritto del lavoro). Prof. Antonio Sabbatella Roma, 2016

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NOZIONI DI DIRITTO DEL LAVORO

E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

(Questa dispensa è ad uso esclusivo degli studenti del

III anno del Corso di Laurea in “Infermieristica”

Facoltà di Farmacia e Medicina - Università di Roma

“Sapienza” e non può essere riprodotta per altri studi o

scopi non rientranti nell’ausilio alla preparazione

dell’esame di diritto del lavoro).

Prof. Antonio Sabbatella

Roma, 2016

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Capitolo I

Il diritto del lavoro è la disciplina giuridica e sociale che si interessa

del complesso di norme riguardanti i rapporti di lavoro e le relazioni

fra datore di lavoro e lavoratori.

Principalmente il diritto del lavoro cerca di tutelare la parte più

debole del rapporto e cioè i lavoratori con l’identificazione delle

priorità, delle condizioni economiche e delle prospettive e tutele.

LE FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORO

Nell’ambito della gradazione delle fonti giuridiche occorre

evidenziare come il diritto del lavoro abbia come fonte

costituzionale principale l’art. 1 e 3 della stessa; nonché dall’art. 35

all’art. 40 che prevedono la tutela del lavoro e le attività sindacali.

Altre fonti sono la consuetudine, e tutti i trattati ratificati dal

parlamento italiano in materia. Quindi nel diritto del lavoro

troviamo riferimento alle norme internazionali riguardanti le varie

organizzazioni internazionali in materia, come l’O.I.L.

(Organizzazione Internazionale del Lavoro) o l’U.E. (Unione

Europea) ed i vari trattati di quest’ultima organizzazione di

riferimento.

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Infatti il diritto comunitario che scaturisce dai vari trattati stipulati

nell’ambito dell’U.E. possiamo considerarlo altresì come fonte

primaria. Occorre qui solo ricordare il Trattato di Amsterdam del

2.10.1997 ed il Trattato di Nizza del 26.2.2001.È necessario anche

evidenziare come vi siano soprattutto molti regolamenti e direttive

dell’U.E. in materia di lavoro da considerare, essendo questi atti

obbligatori per i singoli Stati membri.

Le leggi ordinarie della Repubblica sono altresì fonti giuridiche del

diritto del lavoro, e dopo la modifica del Titolo V della

Costituzione, avvenuta nel 2001 con la legge costituzionale n. 3,

abbiamo una sempre maggiore rilevanza delle leggi regionali.

Il Codice civile, inoltre, è un’altra fonte importante per i rapporti

lavorativi avendo riservato un intero libro, il V, alla materia del

lavoro.

E’ chiaro che il codice civile attualmente in vigore, che era stato

concepito nell’epoca fascista, ha subito in questi anni numerose

variazioni anche perché il principio delle c.d. corporazioni, cioè

delle organizzazione pubbliche per settore merceologico

è venuto a cadere.

Altre parti contrattuali sono:

i contratti collettivi di lavoro (raggruppamento di contratti per

categorie)

i contratti individuali

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le consuetudini (gli usi) in questo caso la particolarità è data dal

fatto che nel diritto del lavoro, in mancanza di disposizioni di legge

o di contratto collettivo si applicano gli usi, con l’eccezione che gli

usi più favorevoli al datore di lavoro non vengono applicati (art.

2078 c.c.); da tali usi vengono separati i c.d. usi aziendali che sono

rilevanti solo ai fini della integrazione del contratto.

Ulteriore fonte nel diritto del lavoro è la giurisprudenza, cioè le

sentenze, anche costituzionali, di applicazione della materia.

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Capitolo II

DISTINZIONE DELLE FATTISPECIE DEL LAVORO

Occorre distinguere fra lavoro autonomo e lavoro subordinato.

La disciplina che si analizza riguarda il lavoro subordinato sia nel

settore pubblico che privato.

La subordinazione del lavoro concerne il fatto che un lavoratore

attraverso uno specifico contratto si impegna a delle prestazioni in

ordine gerarchico, in una struttura produttiva.

Non esiste quindi l’autonomia economico-produttiva rispetto alle

prestazioni di lavoro.

Esiste quindi una dipendenza che corrisponde dal punto di vista

della prestazione di opere ad una corresponsione economica

(salario).

Nel lavoro subordinato vi sono dei principi che lo individualizzano:

l’osservanza di un orario di lavoro;

le prestazioni continuative;

la predeterminazione della retribuzione;

l’inserimento in una struttura produttiva con subordinazione.

Il lavoro autonomo invece, che non è materia di diritto del lavoro

ma più generalmente di diritto commerciale riguarda non solo le

prestazioni d’opera, ma anche quelle professionali e intellettuali

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nonché i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Non

vi è, nel lavoro autonomo, il vincolo della subordinazione.

Ultimamente con alcune leggi (tra le quali la c.d. Legge Biagi) al

fine di rendere più duttile e rispondente alle esigenze sempre più

diversificate del mercato del lavoro si sono istituite delle figure di

parasubordinate.

Le caratteristiche di questi lavoratori si concretizzano nel fatto che i

contratti hanno durata ristretta, sono in una situazione di para

subordinazione e si concretizzano in via di massima in prestazioni

d’opera.

Questi sono:

- i contratti di lavoro a progetto (dlgs. 276/2003)

Il progetto deve essere identificato e collegato ad una risultato

finale.

La caratteristica del lavoro a progetto è che le attività possono essere

gestite dal lavoratore anche autonomamente e non vi è l’esclusiva

del lavoro, nel senso che il lavoratore può effettuare più contratti o

progetti nello stesso periodo.

- il lavoro associato

In questo caso si possono avere più associati ad uno stesso lavoro e

sono interessati ad uno scopo comune comprendendo in solido i

rischi.

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Se si estingue il rapporto di lavoro con un socio il rapporto

associativo non decade automaticamente.

Altre figure:

- il lavoro gratuito

- il lavoro nell’impresa sociale

- il lavoro accessorio (lavoro occasionale di tipo accessorio)

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Capitolo III

IL CONTRATTO DI LAVORO

Il lavoro subordinato come detto, è qualificato dalla natura

contrattuale del rapporto di lavoro.

Il contratto è quindi un atto necessario affinché si stabilisca il

rapporto di lavoro.

I soggetti (lavoratore e datore di lavoro) devono avere la capacità

giuridica, cioè l’attitudine giuridicamente riconosciuta dalle norme

ad essere titolare di diritti ed obblighi.

- L’età minima per l’ammissione al lavoro è fissata a 15 anni ed è

subordinata all’espletamento dell’obbligo di istruzione e formazione.

Inoltre si deve essere in alcune attività la capacità psico-fisica al tipo

di lavoro da effettuare, pena la nullità del contratto.

I REQUISITI ESSENZIALI DEL CONTRATTO

La volontà

La volontà è l’accordo fra le parti ad effettuare determinate

prestazioni lecite dietro compenso.

La forma

E’ generalmente libera, di norma però si prevede un atto scritto.

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La causa

E’ la funzione economico- sociale per la quale si crea a stipulare un

contratto.

L’oggetto

E’ la prestazione, la quale deve essere lenta, possibile e determinata o

determinabile.

I VIZI DEL CONSENSO

A) Simulazione assoluta – quando si simula il contratto non volendo

invece effettuare la prestazione lavorativa.

B) Simulazione relativa – quando si vuole svolgere un contratto

diverso da quello effettivamente realizzato.

Poiché i contratti di lavoro possono essere sia tempo determinato che

indeterminato nei contratti a tempo determinato ci deve sempre

essere l’apposizione di un termine finale. La scadenza del termine

con accordo tra le parti può essere prorogata.

Vige inoltre il principio della non discriminazione tra i contratti a

tempo determinato a quelli a tempo indeterminato a parità i funzioni

(ferie, qualifica malattia ecc.).

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Capitolo IV

LE PROCEDURE DI ASSUNZIONE – IN PARTICOLARE

Il decreto legislativo n. 276/2003 ha sancito il principio della

revisione globale della disciplina dei servizi pubblici e privati per

l’impiego, semplificando le procedure di assunzione ed attuando una

organizzazione decentrata del mercato del lavoro a livello regionale.

Le funzioni di coordinamento sono svolte dal Ministero del lavoro e

della Previdenza sociale mentre sono state determinate dal Decreto

legislativo 469 del 1997 alla competenza regionale le funzioni delle

varie tipologie di collocamento pubblico mentre al livello provinciale

sono stati determinati i Centri per l’impiego che conglobano bacini

non inferiori a 100.000 abitanti, ad eccezione di particolari esigenze

socio-geografiche

Il Decreto legislativo 469 del 1997 ha stabilito, innovando il sistema,

che anche le imprese private potessero svolgere attività di

mediazione fra ricerca e domanda di lavoro, così facendo nascere le

c.d. Agenzie per il lavoro.

Per svolgere tale attività le agenzie per il lavoro devono iscriversi

all’apposito albo informatico il quale è suddiviso in sezioni e

comprendenti anche le agenzie di ricerca e relazione di personale,

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quello a tempo determinato e le agenzie di supporto per la

ricollocazione professionale.

L’albo è diviso a livello nazionale e regionale.

Anche altri organismi come le camere di commercio, le associazioni

di datori di lavoro ed i sindacati maggiormente rappresentativi

nonché l’ordine nazionale dei consulenti del lavoro possono

effettuare le attività di intermediazione.

Alcune categorie sociali hanno diritto ad un collocamento mirato,

attraverso apposite graduatorie come quelle riguardanti i lavoratori

disabili.

LE PROCEDURE DI ASSUNZIONE

L’assunzione può avvenire:

a) per assunzione diretta (Legge 1996 n. 608)

b) per concorso obbligatorio nei pubblici uffici – principio sancito

dalla costituzione ma ultimamente ampiamente derogato.

Nel nuovo sistema di cui al punto a) vi è l’obbligo per il datore di

lavoro di comunicare l’assunzione agli uffici pubblici di competenza

(centri per l’impiego).

La comunicazione deve essere effettuata contestualmente alla

assunzione, inoltre devono essere comunicate agli Uffici competenti

le variazioni al contratto proroga, passaggio da tempo determinato a

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tempo indeterminato, cessazione del contratto di lavoro anticipato

ecc..

Particolari tutele vengono sviluppate dalla normativa per la tutela del

lavoro minorile, della genitorialità o delle pari opportunità di lavoro.

Grazie anche ad una direttiva della U.E. relativa alla protezione dei

giovani sul lavoro si è stabilito che il momento della possibile

immissione al lavoro dei minori è di 15 anni, dopo che questi abbia

però concluso il periodo di istruzione obbligatoria.

Inoltre una Legge del 1967 stabilisce il divieto di adibire gli

adolescenti alle lavorazioni ed ai lavori potenzialmente

pregiudizievoli allo sviluppo del minore.

A ciò si aggancia l’obbligo di sottoporre il minore a visite mediche

preassuntive e periodiche.

Limitazioni vi sono anche per l’orario di lavoro e quello notturno.

TUTELA DELLA GENITORIALITÀ

Il legislatore ha tutelato la donna lavoratrice non solo con l’articolo

37 della Costituzione nel quale viene ribadito il principio della parità

normativa e retributiva fra lavoratore e la lavoratrici, ma anche con

altre normative qui di seguito enunciate.

Il Testo Unico per la tutela ed il sostegno della maternità e paternità,

(Dlgs. 151 del 2001) ha previsto il congedo di maternità ed è fatto

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divieto di lavoro alle donne due mesi precedenti alla data presunta

del parto e fino a tre mesi dopo il parto.

Il Testo Unico ha stabilito anche un congedo della durata massima di

10 mesi di astensione facoltativa, sia per padre che per la madre,

durante i primi otto anni del bambino.

Inoltre per i figli di età inferiore ai tre anni, sia per il padre che la

madre, in via alternativa sono previsti, per malattia del figlio, periodi

di congedo, se fino a tre anni per la durata di malattia o per ogni

figlio, se superiore ai tre anni e fino agli otto anni nel limite di cinque

giorni lavorativi.

Per il primo anno di vita del bambino la madre lavoratrice può

usufruire di due periodi di riposo retribuiti durante la giornata

lavorativa e ciò anche al padre se la madre non ne usufruisce o se i

figli sono affidati al padre.

Esiste, poi, il divieto assoluto di licenziamento delle lavoratrici madri

nel periodo su menzionato.

Nel 2006 la parità uomo-donna, al fine di dare effettivo esercizio al

dettato Costituzionale è stato emanato il codice delle pari opportunità

tra uomo e donna e in capo alla Presidenza del Consiglio dei

Ministri sono state attribuite le funzioni di promozione e

coordinamento delle politiche delle pari opportunità. Importante è la

Commissione per le pari opportunità presso sempre la P.C.M. che ha

vari compiti tra i quali quello di sensibilizzare l’opinione pubblica

sulla promozione delle pari opportunità nonché promuovere una

adeguata rappresentanza femminile nei posti di lavoro.

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Le discriminazioni non sono, infine, solo quelle riguardanti le pari

opportunità ma occorre evidenziare come non possono esistere

discriminazioni con riferimento alla religione, alle differenti razze,

convinzioni personali, handicap o orientamento sessuale.

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Capitolo V

LE PRESTAZIONI DI LAVORO, IL LUOGO E LA DURATA DEI

RAPPORTI DI LAVORO

Il contratto di lavoro ha insito la specificazione delle prestazioni che

il lavoratore deve effettuare a fronte di una retribuzione conferitagli

dal datore di lavoro.

L’attività del lavoratore può essere specificata attraverso le mansioni,

le qualifiche e le categorie.

Per “mansione” si intende l’insieme dei compiti e le attività

specifiche assegnategli.

Per “qualifica” si fa riferimento allo status professionale del

lavoratore.

Si intende “categoria” quelle entità classificatorie che vengono

raggruppate ai fini della classificazione professionale es.: dirigenti;

quadri; impiegati; operai.

Il datore di lavoro ha il potere di modificare le mansioni ma solo per

periodi limitati e giustificati da situazioni difficilmente prevedibili o

per tutelare la salute del lavoratore nel suo interesse o per la

conservazione del posto di lavoro.

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Il datore di lavoro può invece dare al lavoratore mansioni equivalenti

e mansioni superiori (per non più di tre mesi) con equiparazione

stipendiale.

GLI OBBLIGHI DEL LAVORATORE AL FINE DI UNA

CORRETTA ATTIVITÀ CONTRATTUALE

Il lavoratore ha l’obbligo della diligenza (art. 2104 c.c.), ha l’obbligo

di osservare le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del

lavoro, nonché l’obbligo di fedeltà, cioè di avere un comportamento

leale verso il datore di lavoro (art. 2105 c.c.). Inoltre il lavoratore non

deve trattare offerte per contro proprio o per terzi in concorrenza con

l’imprenditore né deve effettuare concorrenza sleale o patti di non

concorrenza.

Vi è altresì l’obbligo di riservatezza, di non divulgare i segreti

professionali ed aziendali.

I diritti dei lavoratori riguardano il diritto alla retribuzione, il

trattamento di fine rapporto ed le altre indennità previste dal

contratto; il diritto all’integrità fisica ed alla salute, alla libertà di

opinione, al diritto allo studio, alla possibilità di adempiere a

funzioni pubbliche nonché ai diritti di tutela sindacale nell’ambito

delle prestazioni. Le eventuali scoperte effettuate dal lavoratore

inerenti alle attività sono di proprietà dell’impresa ma al lavoratore

spetta il diritto morale d’invenzione mentre spetta al datore di lavoro

la brevettabilità.

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Per le invenzioni non connesse all’attività lavorativa ma rientranti nel

campo d’attività del datore di lavoro questi ha diritto all’opzione

d’uso che deve essere esercitata entro 3 mesi dalla comunicazione

dell’avvenuta presentazione della domanda di brevetto.

Per quanto riguarda invece le invenzioni effettuate da ricercatori

nell’ambito della Pubblica Amministrazione o dell’Università,

l’inventore ha il diritto di ricevere non meno del 50% dei proventi

dello sfruttamento dei terzi dell’invenzione. Dopo 5 anni

dall’invenzione stessa, se la stessa non viene sfruttata

industrialmente, l’Università o la Pubblica Amministrazione

divengono proprietari gratuitamente dello sfruttamento fermo

restando il diritto d’autore del dipendente.

Il diritto alla tutela della salute riguarda anche la figura del c.d.

mobbing che si divide in due aspetti, quello orizzontale e quello

verticale.

Il mobbing orizzontale proviene da lavoratori di pari livello (es.

informazioni non corrette messe in condivisione per incidere

negativamente sul lavoratore).

Il mobbing verticale invece è quello effettuato dal datore di lavoro e

dai superiori gerarchici del dipendente (es. lavoratori dequalificati

rispetto alle mansioni del lavoratore).

I danni del mobbing sono: il danno biologico (lesione dell’integrità

psico-fisica); il danno morale, il danno esistenziale e cioè la lesione

di altri interessi costituzionalmente garantiti.

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Il responsabile dei danni subiti dal lavoratore è il datore di lavoro

(artt. 2087; 2043;2059 c.c.).

LUOGO DELLA PRESTAZIONE

La prestazione di lavoro deve essere eseguita nel luogo stabilito dal

contratto, il datore di lavoro può modificare il luogo della prestazione

ma solo nei limiti dell’art. 2103 c.c.

Il trasferimento del lavoratore può effettuarsi solo per comprovate

ragioni tecniche, organizzative e produttive motivate.

Lo Statuto dei lavoratori (Legge n. 300 del 1970)stabilisce la nullità

dei trasferimenti discriminatori.

ORARIO DI LAVORO

Anche l’orario di lavoro deve essere stabilito dalle parti e, in

attuazione delle direttive 90/104 U.E. e 2000/34 U.E. viene tale

orario, recepito dal decreto legislativo 2003 n. 66, specificamente

ben definito, coordinando sia l’eventuale lavoro notturno che il

lavoro straordinario nonché le ferie. L’orario normale di lavoro è

stabilito in 40 ore settimanali, i contratti collettivi possono però

indicare un orario più corto in ogni caso l’orario massimo di lavoro è

stabilito in 48 ore settimanali.

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Il lavoratore ha diritto ad una pausa lavorativa per il recupero delle

energie psico-fisiche superato l’ammontare di più di 6 ore lavorative

giornaliere.

Quando il lavoratore è adibito a particolari tipi di lavoro (es.

elaborazione al computer, ecc.) ha diritto a delle pause tecniche di 10

minuti ogni due ore di lavoro.

L’orario di lavoro può essere flessibile.

Le ferie sono un diritto del lavoratore ed è sancito dall’art. 36 della

Costituzione.

Il diritto alle ferie è irrinunciabile inoltre per le festività nazionali e

religiose spetta al lavoratore la sospensione dal lavoro.

Il lavoro notturno è ugualmente ricompreso nel D.L.vo 66 del 2003 e

prevede che l’attività sia svolta per un periodo di almeno 7 ore

consecutive comprendente la mezzanotte fino alle ore 5 del mattino

seguente.

E’ stato deliberato che ai fini di considerare l’orario di lavoro

notturno come usurante il lavoratore deve effettuare più di 80 periodi

notturni.

Vi sono particolari norme che tutelano la salute del lavoratore adibito

a turni notturni con controlli sanitari preventivi e periodici.

I rapporti di lavoro possono essere anche a tempo parziale, di tipo

orizzontale (rispetto al normale orario giornaliero). E di tipo verticale

(ad orario pieno ma solo per alcuni giorni della settimana o per

alcuni periodi dell’anno).

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Il decreto legislativo 276/2003 ha stabilito che anche al lavoratore a

tempo parziale

può essere richiesto il lavoro supplementare (c.d. straordinario).

Anche per i lavoratori a tempo parziale sono previste le norme di

tutela di non discriminazione.

E’ importante evidenziare che il rifiuto del lavoratore con contratto

di lavoro a tempo pieno di cambiare il contratto a tempo parziale non

è clausola di giustificato motivo per il licenziamento.

Altre fattispecie di lavoro sono:

il lavoro intermittente o a chiamata (es. per periodi predeterminati

dell’anno),

il lavoro ripartito (es. due lavoratori che gestiscono in solido – cioè

con responsabilità totale per ambedue – un determinato unico

lavoro). L’impedimento di uno solo dei lavoratori non è motivo di

risoluzione del contratto, viceversa se tutti i lavoratori con lavoro

ripartito e quindi coobbligati sono impediti al lavoro ciò comporta la

risoluzione del contratto.

I PERMESSI ED I CONGEDI

Il legislatore consente, in determinati casi, la sospensione autorizzata

del lavoro.

Il Contratto Collettivo Nazionale può prevedere anche trattamenti più

favorevoli al lavoratore, ma non impeditivi del suo diritto ai permessi

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e congedi che possono essere retribuiti (donazione di sangue,

dirigenti di rappresentanza sindacale, lavoratore che contrae

matrimonio) e non retribuiti (dirigenti sindacali, per non più di 8

giorni all’anno per la partecipazione a convegni e congressi). Inoltre,

per doveri civici come votazioni o presenze in giudizi come parti o

come teste; per partecipare a titoli di studio o attività formative

ulteriori oltre quelle previste dalla legge 300 del 1970).

Inoltre per particolari eventi quali il decesso di un familiare o grave

malattia si possono ugualmente avere congedi a norma di legge.

Il contratto può, altresì, essere sospeso, mantenendo i suoi effetti, per

malattia , infortunio, gravidanza, puerperio o servizio militare.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di mantenere al lavoratore il posto di

lavoro con gli effetti di anzianità collegati.

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Capitolo VI

POTERI ED OBBLIGHI

L’art. 15 dello statuto dei lavoratori, poi modificato con il decreto

legislativo 216/2003 ha posto precisi criteri in merito agli obblighi ed

ai poteri del datore di lavoro, prima di tutto il divieto di

discriminazione come già enunciato.

Al datore di lavoro spetta il potere direttivo (art. 2104 c.c.) che

congloba sia il potere di gerarchia che il potere direttivo in senso

stretto, cioè la potestà di emanare disposizioni riguardanti

l’organizzazione del lavoro.

Lo Statuto dei lavoratori (L. 300/1970) enuclea una serie di limiti e

di divieti per il datore di lavoro.

Prima di tutto viene riconosciuto al lavoratore il diritto di manifestare

liberamente, nel rispetto dei principi della Costituzione.

E’ vietato inoltre al datore di lavoro effettuare indagini sulle opinioni

politiche, religiose e sindacali dei lavoratori nonché di servirsi di

guardie giurate, che possono essere utilizzate solo per fini di

sicurezza. Vige altresì il divieto della sorveglianza a distanza nonché

di effettuare visite mediche non legate alle malattie a meno che non

siano indispensabili per la sicurezza dell’azienda.

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Il datore di lavoro può erogare sanzioni ai lavoratori che vengano

meno ai requisiti di obbedienza e fedeltà di cui al codice civile, con

una serie di limitazioni.

Prima di tutto è necessario che il fatto imputabile sia in concreto a

carico del lavoratore e che la sanzione erogata o da erogare sia

proporzionale all’inosservanza commessa.

L’art. 7 dello Statuto dei lavoratori definisce le modalità di esercizio

del potere disciplinare.

Queste vanno dal richiamo verbale, all’ammonizione scritta, alla

multa, alla sospensione dal lavoro e della retribuzione fino al

licenziamento.

La contestazione dell’addebito deve in ogni caso essere preventiva,

specifica e deve essere portata nei tempi più immediati a conoscenza

del lavoratore, che, salvo il richiamo verbale, deve avere forma

scritta.

Il lavoratore ha diritto alla propria difesa affinché possa essere

sentito ed eventualmente presentare delle note a suo discapito.

Nei confronti del provvedimento disciplinare il lavoratore può o

adire l’autorità giudiziaria presso il Tribunale in funzione di giudice

del lavoro, o istaurare una procedura arbitrale presso la Direzione

provinciale del lavoro con la costituzione entro 20 giorni dalla

richiesta, di un collegio di conciliazioni e di arbitrato.

Il ricorso fa sì che vi sia la sospensione della sanzione fino alla

decisione.

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Vi possono poi essere altre procedure arbitrali inserite nelle

disposizioni dei contratti collettivi.

Gli obblighi del datore di lavoro sono stabiliti quindi dal codice

civile e dallo Statuto dei lavoratori e riguardano l’obbligo della

corresponsione della retribuzione e del trattamento di fine rapporto,

l’obbligo della tutela assicurativa e previdenziale, l’obbligo di

assicurare i dipendenti contro la responsabilità civile conseguente a

colpa del dipendente nello svolgimento delle mansioni; c’è inoltre

l’obbligo di informazioni delle varie comunicazioni sia nei confronti

del lavoratore che dei sindacati, l’obbligo degli accertamenti sanitari

previsti nonché l’obbligo della sicurezza e protezione del posto di

lavoro al quale ultimo obbligo corrisponde un preciso diritto

soggettivo del lavoratore di adempimento.

Infatti nello statuto dei lavoratori, all’art. 9 è previsto il diritto dei

lavoratori di controllare “mediante loro rappresentanze”

l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni, e di

attivare tutte quelle disposizioni per l’attuazione delle misure idonee

a tutelare la salute.

In attuazione della direttiva C.E. 89/391 e successive modificazioni

“norme di miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori

sui luoghi di lavoro” fu promulgato il decreto legislativo 626 del

1994, parzialmente modificato dal decreto legislativo n. 195 del 2006

i quali coordinano in materia di sicurezza tutte le disposizioni a tutela

dei lavoratori, comprensive delle norme contro i rumori.

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In tali norme viene stabilito che il soggetto responsabile del rispetto e

della tutela della sicurezza dei lavoratori è il datore di lavoro che

deve effettuare tutte quelle azioni, attività ed opere per preservare i

lavoratori dai rischi connessi all’attività espletata.

I dirigenti sono altresì responsabili nell’ambito delle loro rispettive

competenze.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare i rischi aziendali,

elaborare un documento nel quale vi siano le misure di prevenzione e

protezione applicabili, designare un “responsabile del servizio di

prevenzione e protezione” nominare, nei casi previsti, un medico

competente, permettere ai lavoratori mediante il “rappresentante per

la sicurezza” del controllo delle misure di sicurezza e protezione,

attivare l’informazione e la formazione dei lavoratori sui rischi della

sicurezza e la salute connessi con l’attività espletata dal lavoratore, e

verificare l’introduzione di nuove attrezzature e tecnologie atte allo

scopo.

I lavoratori d’altro canto, hanno dei precisi obblighi a tal proposito,

in quanto l’art. 5 del decreto legislativo 626/94 dichiara che “ciascun

lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria

salute, di quella delle altre persone presenti sul luogo del lavoro, su

cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni ed omissioni,

conformemente alla sua formazione e alle istruzioni e ai mezzi che

gli sono stati forniti dal datore di lavoro”.

Quindi, occorre osservare le disposizioni e istruzioni impartite dal

datore di lavoro e dai dirigenti, utilizzare correttamente i macchinari

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e gli utensili messi a disposizione dall’azienda, utilizzare in modo

consono all’uso i dispositivi per la sicurezza, segnalare al datore di

lavoro o al dirigente preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi e

le eventuali situazioni di pericolo, effettuare i dovuti controlli

sanitari, collaborare con le autorità competenti per la tutela della

sicurezza.

LE SANZIONI

Le sanzioni per il non rispetto delle norme sulla sicurezza vanno

dall’ammenda (il pagamento di una somma di denaro) alla

reclusione, vi è quindi per il datore di lavoro sia una responsabilità

penale che una responsabilità civile nei confronti dei lavoratori per il

risarcimento dei danni.

Da parte del datore di lavoro vi è poi l’obbligo di tutelare la

riservatezza dei lavoratori ed a tal fine fu promulgato il decreto

legislativo n, 196 del 2003 c.d. codice della privacy.

Deve intendersi in fatti per dato personale “qualunque informazione

relativa a persona fisica, persona giuridica, ente o associazione,

identificati od identificabili, anche indirettamente, mediante

riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di

identificazione personale”.

Il trattamento dei dati quindi è sottoposto a restrizioni. Il datore di

lavoro deve informare il lavoratore del perchè utilizza i suoi dati

sensibili e ne deve chiedere il consenso per la trattazione a meno che

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tale trattamento risulti necessario per scopi previsti dalle leggi in

materia di gestione del rapporto di lavoro.

Si ricorda inoltre l’istituzione del Garante per la privacy preposto alla

tutela dei dati sensibili ai fini della tutela della stessa riservatezza non

solo del lavoratore ma dei cittadini tutti.

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Capitolo VII

IL TESTO UNICO IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA

NEI LUOGHI DI LAVORO (TUSL) E LE SUE VARIAZIONI

Il Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, Testo unico in materia di

salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (TUSL) attua la delega

inserita all'art. 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 1231.

Tale legge delega conferiva al Governo il mandato di rivedere il

D.Lgs. n. 626 del 1994 introducendo:

un'armonizzazione delle leggi vigenti;

l'estensione della normativa a tutti i settori, tipologie di rischio e

lavoratori autonomi e dipendenti;

un adeguato sistema sanzionatorio;

l'obbligo di indossare tesserini di riconoscimento, indicanti dati del

lavoratore e del datore di lavoro, all'interno dei cantieri e altri luoghi

di lavoro, a pena di un'ammenda;

1 Art. l., Delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza

sul lavoro.

1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu'

decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei

luoghi di lavoro, in conformita' all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle

province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l'uniformita' della tutela dei

lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e

sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.- ha

riformato, riunito ed armonizzato, abrogandole, le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di

sicurezza e salute nei luoghi di lavoro succedutesi nell'arco di quasi sessant'anni, al fine di adeguare il corpus normativo

all'evolversi della tecnica e del sistema di organizzazione del lavoro. -

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un rafforzamento degli organici degli ispettori del lavoro.

Il testo del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, pubblicato il 30

aprile 2008, contiene 306 articoli e 51 allegati, ed è suddiviso nei

seguenti titoli:

- Titolo I - (art. 1-61)

Principi comuni (Disposizioni generali, sistema istituzionale,

gestione della previdenza nei luoghi di lavoro, disposizioni penali)

- Titolo II (art. 62-68)

Luoghi di lavoro (Disposizioni generali, Sanzioni)

- Titolo III (art. 69-87)

Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione

individuale (Uso delle attrezzature di lavoro, uso dei dispositivi di

protezione individuale, impianti e apparecchiature elettriche)

- Titolo IV (art. 88-160)

Cantieri temporanei o mobili (Misure per la salute e sicurezza nei

cantieri temporanei e mobili, Norme per la prevenzione degli

infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota, sanzioni)

- Titolo V (art. 161-166)

Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro (Disposizioni generali,

sanzioni)

- Titolo VI (art. 167-171)

Movimentazione manuale dei carichi (Disposizioni generali,

sanzioni)

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- Titolo VII (art. 172-179)

Attrezzature munite di videoterminali (Disposizioni generali,

obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, sanzioni)

- Titolo VIII (art. 180-220)

Agenti fisici (Disposizioni generali, protezione dei lavoratori contro

i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro, protezione dei

lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni, protezione dei

lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici,

protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni

ottiche, sanzioni)

- Titolo IX (art. 221-265)

Sostanze pericolose (protezione da agenti chimici, protezione da

agenti cancerogeni e mutageni, protezione dai rischi connessi

all’esposizione all’amianto, sanzioni)

- Titolo X (art. 266-286)

Esposizione ad agenti biologici (obblighi del datore di lavoro,

sorveglianza sanitaria, sanzioni)

- Titolo XI (art. 287-297)

Protezione da atmosfere esplosive (disposizioni generali, obblighi

del datore di lavoro, sanzioni)

- Titolo XII (art. 298 - 303)

Disposizioni diverse in materia penale e di procedura penale

- Titolo XIII (art. 304 - 306)

Disposizioni finali

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Il D.lgs 81/2008 è stato successivamente integrato dal D.lgs. n. 106

del 3 agosto 2009 recante Disposizioni integrative e correttive del

decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della

salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tali norme contenute

nel "decreto correttivo" sono entrate in vigore il 20 agosto 2009.

Il decreto legislativo introduce una serie di definizioni nuove e più

ampie, tra le quali quella di lavoratore e datore di lavoro:

a) Lavoratore: persona che, indipendentemente dalla tipologia

contrattuale, svolge un'attivita' lavorativa nell'ambito

dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o

senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere,

un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e

familiari.

b) Datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il

lavoratore. Nelle pubbliche

amministrazioni (art. 1, c. 2, del decr. Legs. 30 marzo 2001, n. 165)

per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri

di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale.

Inoltre, l’art. 3 stabilisce che le norme inserite nel D. Lgs si

applichino a tutti i settori di attivita', privati e pubblici, e a tutte le

tipologie di rischio (c.1); a tutti i lavoratori e le lavoratrici,

subordinati e autonomi, nonche' ai soggetti ad essi equiparati. (c.4);

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LE MODIFICHE

Il TU è stato successivamente rivisto dal Decreto Legge n. 112 del

25 giugno 2008 e dal Decreto Legislativo n. 106 del 3 agosto 2009.

- Il Decreto Legge n. 112 del 25 giugno 2008 ha modificato l'apparato

sanzionatorio per quanto riguarda le violazioni di esposizione dei

tesserini di riconoscimento e le violazioni in materia di orario di

lavoro, in particolare nei casi di superamento dei tempi di lavoro, di

riposo giornaliero e settimanale.

- Il Decreto Legislativo n. 106 del 3 agosto 2009, ha innovato

notevolmente la normativa vigente tanto da poterlo definire come un

“Nuovo testo Unico della Sicurezza sul Lavoro”.

Le principali novità del decreto correttivo riguardano:

- lo snellimento di alcune procedure burocratiche per la valutazione

della sicurezza nei luoghi di lavoro,

- una “patente” a punti per verificare l'idoneità delle imprese in settori

particolarmente a rischio,

- un maggior spazio alla prevenzione

- una rivisitazione delle sanzioni.

1) Il Campo di applicazione del nuovo testo

Si ampliano e si precisano le novità che, oltre alle imprese di tutti i

settori, riguardano i volontari della Croce Rossa, le forze armate e di

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polizia ed i vigili del fuoco per i quali verranno emanati appositi

decreti entro 2 anni dall’entrata in vigore del decreto. Mentre entro il

prossimo 31 dicembre 2010 deve essere emanato un decreto

attuativo che disciplina le cooperative sociali ed il volontariato della

protezione civile

2) La lotta al lavoro irregolare

Il decreto definisce come irregolari i lavoratori non indicati, al

momento di una visita ispettiva, nei documenti obbligatori. Nel caso

di lavoratori irregolari in misura pari o superiore al 20% degli

occupati nell'azienda scatta la sospensione dell'attività. La

sospensione dall'attività si applicherà anche quando siano state

accertate gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza che

saranno individuate con decreto del ministro del Lavoro. In attesa di

questo provvedimento, le gravi violazioni sono quelle riportate

nell'allegato 1 del D. Lgs. 81/08.

La reiterazione si ha quando nei cinque anni successivi a una

violazione, accertata con sentenza o con provvedimento

sanzionatorio definitivo (prescrizione obbligatoria), lo stesso

soggetto ne commette un'altra similare.

Il provvedimento di sospensione per lavoro irregolare – che scatta

dalle ore 12 del giorno feriale successivo a quello dell'accertamento

– è un atto di grande rilevanza il cui provvedimento può essere preso

solo dagli Ispettori del Lavoro mentre in materia di salute e

sicurezza provvedono sia gli ispettori del lavoro sia quelli della Asl.

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Per quanto riguarda la prevenzione incendi, invece, la competenza è

esclusiva dei vigili del fuoco, cui devono essere riferiti eventuali

accertamenti effettuati da altri organi.

3) Lo stress da lavoro correlato

Con riferimento al tema della valutazione dei rischi, si modifica

l’articolo 28, c. 1, del D.Lgs. n. 81/2008 al fine di consentire la

predisposizione di indicazioni operative alle quali le aziende

possano fare riferimento per valutare con completezza il rischio da

stress lavoro-correlato, rientrante tra i c.d. “nuovi rischi” e, quindi,

meritevole di attenta ponderazione.

Dopo le precedenti proroghe dell’entrata in vigore della valutazione

del rischio da stress da lavoro correlato viene dato mandato alla

commissione consultiva di definire le “regole” per la valutazione del

rischio da stress lavoro-correlato. La valutazione dello stress lavoro-

correlato, effettuata nel rispetto delle indicazioni della Commissione

consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro, decorre

dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in

difetto di tale elaborazione, a far data dal 1° agosto 2010”.

4) Comunicazione del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

(RLS)

Viene modificato il sistema volto a migliorare gli attuali meccanismi

di comunicazione del nominativo dei Rappresentanti dei lavoratori

per la sicurezza (R.L.S.) e degli infortuni che comportino assenze

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dal lavoro di durata superiore al giorno ma inferiore ai tre giorni,

forieri entrambi di rilevanti dubbi applicativi.

Il nuovo decreto prevede che i nominativi dei R.L.S. vengano

comunicati al sistema informativo, per il tramite degli istituti

assicuratori (INAIL e IPSEMA) competenti. Inoltre è sufficiente che

tale comunicazione sia effettuata non annualmente (come dispone

l’attuale norma) ma solo in caso di elezione o designazione o di

cambiamento dei nominativi precedentemente indicati.

Per garantire l’immediato e corretto start-up della procedura in

parola, viene precisato che in fase di prima applicazione l’obbligo di

comunicazione riguarda i nominativi dei rappresentanti dei

lavoratori già eletti o designati

5) La patente a punti sulla sicurezza in edilizia

Una patente a punti per le imprese "sicure" che garantirà una corsia

preferenziale per l'accesso agli appalti e ai finanziamenti pubblici.

Ai fini di una maggiore attenzione ai profili sostanziali della

sicurezza il nuovo decreto inserisce un nuovo dispositivo che tende

a mettere “fuori mercato” le aziende che abbiano sistematicamente

violato le disposizioni legali in materia di salute e sicurezza sul

lavoro.

In particolare, essa è diretta a fornire un criterio semplice (quali i

“punti patente”) per la verifica della idoneità tecnico-professionale

delle imprese edili, le quali verranno valutate tenendo conto di

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elementi quali la effettuazione delle attività di formazione e la

assenza di sanzioni da parte degli organi di vigilanza.

6) La data certa sui documenti

La complessità della procedura necessaria ad ottenere la “certezza”

della data viene semplificata, al duplice fine di non gravare sulle

imprese con un onere amministrativo piuttosto pesante in termini

gestionali e di ribadire che il documento di valutazione del rischio

(D.V.R.) è il frutto di una azione sinergica e condivisa dei soggetti

della sicurezza in azienda.

Viene introdotto il principio per il quale, in concreto, può essere

sufficiente la sottoscrizione del documento da parte del datore di

lavoro (il quale solo, beninteso, ne assume la giuridica

responsabilità), del responsabile del servizio di prevenzione e

protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e del

medico competente, in alternativa alle procedure più complesse –

quali, ad esempio, la ratifica da parte di un Notaio o l’utilizzo di un

sistema di posta certificata – per conferire al documento la

“certezza” della data.

7) Il sistema sanzionatorio

Il nuovo decreto esprime una nuova filosofia dell’apparato

sanzionatorio in materia di salute e sicurezza sul lavoro e realizza

una rimodulazione dell’ammontare delle pene previste per le

violazioni di datore di lavoro e dirigente.

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Il decreto applica la sanzione più grave al solo caso in cui il datore

di lavoro abbia del tutto omesso l’adempimento degli obblighi in

tema di valutazione dei rischi e viene mantenuta la sanzione

dell’arresto ove le violazioni vengano realizzate in aziende a rischio

immanente di infortunio.

Una sanzione più lieve è prevista per le ipotesi di “irregolarità

parziali” del documento di valutazione dei rischi, riferite ai profili di

maggiore incidenza sostanziale ai fini della tutela effettiva. Lo

stesso criterio, graduando la pena per il principio di proporzionalità,

è stato utilizzato per le altre ipotesi di parziale irregolarità del

documento di valutazione del rischio.

Il comma 4 viene riscritto nella prospettiva di sanzionare

penalmente la violazione di obblighi di rilievo sostanziale e in via

amministrativa le violazioni di natura formale.

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Capitolo VIII

LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

Si possono avere varie tipologie di cessazione del rapporto di lavoro

a) per scadenza del termine contrattuale (es. contratto a tempo

determinato)

b) per morte del lavoratore

c) per accordo delle parti (art. 1372) quando, per mutuo consenso,

le parti decidono lo scioglimento anticipato di un contratto

d) per recesso del datore di lavoro (il licenziamento)

e) per impossibilità sopravvenuta o per forza maggiore

I divieti di licenziamento si hanno: per matrimonio del lavoratore,

(fino ad un anno dopo la celebrazione del matrimonio), per stato di

gravidanza e puerperio (dall’inizio dello stato di gravidanza al

compimento di un anno di età del bambino), per infortunio o malattia

professionale, per tutto il periodo previsto dalla legge o dai contratti

collettivi. Non può essere causa di licenziamento la malattia generica

(art. 2110 del c.c.) per un periodo, secondo l’anzianità in servizio del

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lavoratore, per richiamo alle armi, per i dirigenti delle rappresentanze

sindacali, per i lavoratori eletti a svolgere pubbliche funzioni.

Inoltre lo Statuto dei lavoratori vieta il licenziamento dei lavoratori

che partecipano a scioperi.

Il licenziamento del lavoratore può avvenire per giusta causa o

giustificato motivo (cause soggettive o cause oggettive).

Per giusta causa deve intendersi, in base all’art. 2119 c.c., “il motivo

che non consente la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto e

riguarda i comportamenti del lavoratore che hanno costituito notevoli

inadempimenti contrattuali o fatti tali da far venir meno la fiducia

sulla quale è improntato il rapporto”.

IL GIUSTIFICATO MOTIVO

Il giustificato motivo si realizza quando si verificano notevoli

inadempimenti del prestatore di lavoro (il lavoratore) che, sebbene

meno gravi di quelli per giusta causa fanno ugualmente venire meno

la fiducia posta nel lavoratore ed a fondamento del rapporto.

Il giustificato motivo si divide in oggettivo (art. 3 L. 606/66), quando

riguardi fatti inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro

ed il regolare funzionamento della stessa attività e soggettivo quando

riguardi il notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del

prestatore di lavoro. In tale ultimo caso si suole dire anche che il

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licenziamento è disciplinare, dopo la conclusione della procedure già

sopra evidenziata.

Il licenziamento discriminatorio (vedi statuto dei lavoratori Legge

300 del 1970), determinato da motivi politici, religiosi o per

appartenenza o per ragioni razziali, di lingua o di sesso è nullo.

E’ invalidato inoltre il licenziamento (sia con la procedura giudiziale

che extragiudiziale) se intimato senza forma scritta, senza la

motivazione o senza giusta causa o giustificato motivo.

Il giudice ordina quindi il reintegro del lavoratore ingiustamente

licenziato e condanna anche il datore di lavoro al risarcimento del

danno. Il datore di lavoro ha l’obbligo di riassumere il lavoratore

entro 3 gg. oltre al risarcimento del danno da quantificare.

IL LICENZIAMENTO COLLETTIVO

Esiste, poi, diversa fattispecie di licenziamento che riguarda i

licenziamenti collettivi per riduzione del personale (Legge del 1991

n. 223).

Per intendersi licenziamento collettivo la fattispecie deve essere

esperita da un’impresa o da un datore di lavoro non imprenditore con

più di 15 dipendenti, che vi sia stata una notevole riduzione o

trasformazione dell’attività di lavoro, che si intendano effettuare

almeno cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni, che il

licenziamento collettivo avvenga nella medesima unità produttiva o

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in varie unità produttive della medesima provincia, e che gli stessi

licenziamenti siano conseguenza della riduzione o trasformazione di

attività o per cessazione di attività.

Si fa presente che il lavoratore ha diritto al trattamento di fine

rapporto che ha sostituito, dal 1982, l’indennità di anzianità e deve

essere corrisposto in ogni caso di cassazione del rapporto di lavoro

subordinato.

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Capitolo IX

IL RAPPORTO DI LAVORO NEL PUBBLICO IMPIEGO

La pubblica amministrazione ha avuto una continua evoluzione in

questi 60 anni di Repubblica.

Abbiamo assistito ad un periodo nel quale la P.A. cercava di coprire

tutti i settori da quelli più propriamente di competenza statale,

istruzione, difesa, esteri, finanze ecc. secondo le filosofie liberali, a

quelle più propriamente di programmazione economico-sociale

riguardanti i settori dell’economia sociale.

Il ruolo dello Stato si è andato quindi evolvendo, passando dal

controllo delle imprese nei più vari settori con l’IRI, l’EFIM, ed altri

Istituti economici che in effetti non erano se non holding controllate

attraverso il Ministero delle partecipazioni statali e poi

dell’Economia.

Il settore economico privato in quegli anni, fino ad arrivare agli anni

70/80 era strutturato in modo autonomo e la Pubblica

Amministrazione ed i settori dell’economia privata viaggiavano su

binari paralleli ma con pochi punti di comunicazione.

Sempre più però si è sentita, dopo il periodo degli anni 80 l’esigenza

di trarre specularmente criteri ad istituti comuni fra

l’amministrazione pubblica e l’economia privata, soprattutto dopo le

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dismissioni, in particolare, dell’IRI e dell’EFIM, cercando nella

privatizzazione della pubblica amministrazione, nella sua

aziendalizzazione, una semplificazione delle norme e delle procedure

che potessero essere più vicine e più di aiuto al cittadino fornitore dei

servizi della P.A..

Anche nel settore del pubblico impiego, dal Testo Unico del 1957 in

poi si è avuta una evoluzione corrispondente, cercando di avvicinare

le norme ai criteri economici e tecnici sviluppati nel settore privato.

Infatti, dopo una serie di norme che avevano razionalizzato il

pubblico impiego dividendolo per livelli, istituendo la dirigenza più

simile che non nel passato alla dirigenza privata, si è arrivati negli

anni 90, con il decreto Legislativo del 1993 n. 29 alla privatizzazione

del pubblico impiego ed alla contrattualizzazione del rapporto di

lavoro, fino ad arrivare, quindi, al decreto legislativo del 2001 n. 165

che ha in effetti contribuito al nuovo testo Unico delle disposizioni

sull’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

Già in ogni caso, la Legge quadro del 1983 n. 93 aveva iniziato ad

influire in modo innovativo nelle norme del pubblico impiego

definendo alcuni principi di carattere privatistico come la ricerca

della efficienza nel settore pubblico, il riconoscimento del ruolo della

contrattazione collettiva la quale veniva, nella sostanza, equiparata

alla contrattazione collettiva del settore privato.

Una radicale riforma si è avuta con il decreto Legislativo n. 29 del

1993 e successive modificazioni.

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Questa riforma ha nella sostanza esteso le norme del diritto privato al

rapporto di pubblico impiego facendo transitare la normativa

dall’ambito amministrativo a quello privatistico, quindi: separazione

fra materie riservate la legge e gli atti unilaterali della P.A.,

separazioni dei compiti di utilizzo politico-amministrativo che

possono riferirsi all’attività di Governo e i compiti di organizzazione

e gestione degli uffici e dei rapporti di lavoro che spettano alla

dirigenza, ampliamento delle competenze della contrattazione

collettiva prevedendo un organismo, all’ARAN che rappresenta la

P.A. durante le contrattazioni, eliminando così il rapporto diretto

conflittuale durante le contrattazioni direttive tra il Governo e le

organizzazioni sindacali; riforma della disciplina della dirigenza

pubblica con la instaurazione degli obiettivi che i dirigenti devono

perseguire annualmente rispetto alla direttiva generale che il Ministro

deve emanare ad ogni inizio di anno, equiparazione dei modelli

pubblicistici a quelli privatistici per la mobilità individuale e

collettiva nonché, per eventuali contenziosi, la istituzione della

competenza del giudice ordinario.

Il nuovo Testo Unico in materia di pubblico impiego (decreto

Legislativo 30 marzo 2001 n. 165) ha ulteriormente specificato ruoli

e competenze e, in particolare al titolo IV viene disciplinato il

rapporto di lavoro di pubblici dipendenti con le sanzioni disciplinari

ora più simili a quelle del settore privato, oltre a definire meglio i

ruoli e le competenze della dirigenza, rispetto all’attività politica di

membri del Governo.

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Il decreto Legislativo 165/2001 si applica non solo alle

amministrazioni statali ma anche a quelle degli enti locali nonché

alle aziende e agli enti del Servizio Sanitario Nazionale.

Sono esclusi invece dalla disciplina i Magistrati, gli Avvocati dello

Stato, il personale militare e le forze di polizia, il personale della

carriera diplomatica e prefettizia, i dirigenti degli istituti penitenziari,

i dipendenti della Banca d’Italia e delle autorità indipendenti, il

personale del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco.

L’ASSUNZIONE NELLA P.A.

La costituzione, in particolare all’articolo 97, stabilisce che nella

P.A. si entra mediante concorso.

Questo criterio si è ampliato avendo le norme anche istituito

“procedure selettive” che hanno aggiornato il concetto di concorso.

Per alcune categorie protette vi è l’assunzione obbligatoria per quote

rispetto all’organico dell’Amministrazione.

E’ importante ribadire che vi è, per il regime di pubblico impiego

privatizzato la incompatibilità del rapporto con altre tipologie di

lavoro ed il divieto di un ruolo degli impiegati. Questo divieto non si

applica ai contratti e progetto ed alle altre tipologie di contratto di

consulenza.

Per gli incarichi aggiuntivi, vi è l’obbligo, in ogni caso,

dell’autorizzazione dell’amministrazione.

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Anche nel pubblico impiego vi è il sistema delle mansioni, come la

responsabilità disciplinare del dipendente pubblico è stata assimilata

a quella, già trattata, del dipendente privato.

In merito alla mobilità del dipendente pubblico, questa è stata sancita

dal decreto Legislativo n. 165/2001 ed agisce in quatto modi, sia per

passaggio diretto di personale, sia per trasferimento di attività, che

per scambio di funzionari tra Paesi diversi nonché per mobilità per

eccedenza di personale.

LA DIRIGENZA PUBBLICA

Dopo il decreto Legislativo 165/2001 vi è stata una ulteriore

modifica alla disciplina della dirigenza pubblica con la Legge n. 145

del 2002, riguardante espressamente il riordino delle disposizioni

della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e

l’interazione tra pubblico e privato.

In tale Legge, nella quale è inserita una parte organica riguardante la

figura della “vice dirigenza”, ci si sofferma sull’introduzione degli

incarichi dirigenziali, divisi tra I e II fascia (cioè fra Direttori di uffici

o direzioni generali e dirigenti coordinatori di servizi).

Gli incarichi dirigenziali, a tempo determinato, sono conferiti per un

minimo di tre anni ed un massimo di cinque, dal superiore preposto

(Ministro o dirigenti di prima fascia). Il contratto può essere revocato

nei casi nei quali il dirigente non ha colpevolmente raggiunto gli

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obiettivi prefissati dal contratto stesso o per le discipline rientranti

nella sfera generale delle responsabilità già analizzate.

Anche in questi casi come per gli impiegati, la tutela processuale si

effettua davanti al tribunale ma come giudice monocratico del

lavoro.

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Capitolo X

ATTIVITA’ SINDACALI

Il sindacato è definito come una “associazione libera e spontanea dei

cittadini”.

L’art. 39 della Costituzione espressamente tratta dei sindacati,

definendone anche, alcuni principi da osservare, come la

registrazione che però non sono mai stati attuati, ecco perché si parla

di associazione spontanea.

Le associazioni sindacali si dividono per categorie professionali

(organizzazione orizzontale o per mestieri) od in base all’impresa

(organizzazione verticale) come ad es. tutti coloro che prestano la

loro opera in imprese dello stesso tipo merceologico.

L’art. 39 della Costituzione in ogni caso sancisce il principio della

libertà di associazione sindacale.

L’espressione più importante dell’attività sindacale, oltre alla difesa

dei singoli, è quella della contrattazione collettiva.

La fonte normativa più importante dopo la Costituzione è la legge

20.5.1970 n. 300, conosciuta sotto la dizione “Statuto dei

lavoratori”.

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In tale legge vi sono le disposizioni per il diritto di svolgere

liberamente attività sindacali, i divieti discriminatori, la possibilità

di costituire rappresentanze aziendali di base (R.S.A.); il diritto di

assemblea dei lavoratori, i permessi sindacali, la possibilità e le

forme per i sindacati di fare proselitismo nonché la possibilità nei

posti di lavoro con più di duecento addetti di avere idonei locali per

l’attività sindacale.

In particolare occorre evidenziare l’art. 28 dello Statuto che prevede

particolari procedure per la repressione della condotta antisindacale

del datore di lavoro.

L’art. 37 dello Statuto, inoltre, ne prevede l’applicazione anche ai

rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti degli enti pubblici, a

meno che la materia, nello specifico, non sia regolata da norme

speciali.

I contratti collettivi che vengono stipulati dai sindacati più

rappresentativi, non possono essere derogati dai contratti individuali

con la previsione, in questi ultimi, di clausole peggiorative per il

lavoratore; invece le previsioni più favorevoli al lavoratore

rimangono in vigore.

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IL DIRITTO DI SCIOPERO

Il diritto di sciopero è una forma di autotutela per manifestare a

difesa dei diritti dei lavoratori, per la tutela dei diritti collettivi di

questi ultimi.

Dopo l’emanazione del Decreto legislativo n. 29 del 1993, è

equiparato il diritto di sciopero dei lavoratori pubblici a quello dei

privati, salvo che per i militari e le forze di polizia di Stato. Per

queste ultime figure è proibito lo sciopero.

In particolari settori, come nei servizi pubblici essenziali, la legge

1990 n. 146 e la legge 2000 n. 83, hanno stabilito una particolare

disciplina per contemperare il diritto di sciopero con il godimento

dei diritti della persona.

Esiste quindi una Commissione di garanzia che stabilisce i servizi

pubblici essenziali da effettuare nonostante lo sciopero, il quale deve

essere previamente annunciato e fatto conoscere con i mezzi

mediatici all’opinione pubblica.

In ogni caso, per il corretto esercizio del diritto di sciopero occorre

che vi sia stato un preavviso di almeno dieci giorni prima della data

stabilita, sia alla Commissione di garanzia che alle imprese eroganti

i servizi.

Occorre esperire, altresì, il tentativo di conciliazione che, per gli

scioperi a livello nazionale, viene effettuato presso il Ministero del

lavoro, mentre per gli scioperi locali presso la prefettura od il

Comune.

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In alcuni casi vi è un limite del diritto di sciopero, con conseguente

precettazione delle categorie interessate, effettuata o su segnalazione

della Commissione di garanzia o direttamente ed autonomamente

dal Presidente del Consiglio o dal Prefetto.

La realizzazione del diritto di sciopero costituisce un “fatto

giuridicamente lecito” quindi non vi può essere insorgenza di

responsabilità da parte dello scioperante per la sospensione della sua

attività lavorativa.

Il datore di lavoro può effettuare, se lo reputa, la chiusura

dell’azienda contro l’atteggiamento dei lavoratori (serrata), da lui

reputato nocivo.

Tale istituto, però, seppure varie volte sia stato utilizzato, non è

sancito dalla nostra Costituzione la quale, mentre riconosce il diritto

di sciopero dei lavoratori, non fa cenno alla possibilità da parte dei

datori di lavoro di attivare l’istituto della serrata per cui per i limiti

da osservare il tutto viene ricondotto alle norme del codice civile per

le eventuali responsabilità e risarcimenti.

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Capitolo XI

LA PREVIDENZA SOCIALE

PRINCIPI EROGATIVI E PRINCIPI CONTRIBUTIVI

Il rapporto giuridico previdenziale riguarda la tutela per il lavoratore

e la pluralità di rapporti che danno diritto alle prestazioni

previdenziali.

Il rapporto previdenziale, si modifica ogni volta vi siano variazioni

sull’attività lavorativa e non si estingue nel momento in cui il

lavoratore non ha il lavoro ma rimane in una condizione di

quiescenza, riprendendo poi quando il lavoratore ricongiunge i

periodi previdenziali con una nuova attività lavorativa.

I soggetti del rapporto previdenziale sono, da una parte gli istituti di

previdenza (INPS, INAIL, INPDAP) e dall’altra i datori di lavoro ed

i lavoratori, compresa la quasi totalità dei lavoratori autonomi e dei

professionisti.

Con l’incremento dei lavori a contratto a tempo determinato ed a

collaborazione si è altresì sviluppata anche una tutela previdenziale

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per queste categorie, seppur non ancora sufficiente per la sicurezza

economica di tali tipologie lavorative.

L’oggetto dell’attività previdenziale è lo stato di bisogno

dell’individuo che tutela il lavoro dai rischi e dagli accadimenti

negativi nella vita lavorativa, nonché per la sua tutela economica nel

momento nel quale, maturati gli anni necessari alla quiescenza, non

potrà o non vorrà più lavorare.

I contributi sono quelle somme versate, in parte dal datore di lavoro

in parte dal lavoratore per la costituzione, in via di massima, per lo

stesso lavoratore della sua tutela.

I contributi sono obbligatori e vengono commisurati attraverso la

valutazione delle aliquote valutate in via percentuale sul reddito.

La base imponibile quindi, soprattutto ai fini pensionistici è la

retribuzione percepita dal lavoratore subordinato, il reddito per i

lavoratori autonomi ed i professionisti.

L’accumulo di contributi costituisce l’anzianità contributiva, essa si

misura in settimane lavorative.

L’importo, per ogni settimana, deve essere non inferiore al 40%

dell’importo del trattamento minimo mensile INPS in vigore al 1°

gennaio dell’anno preso in considerazione.

Il rapporto fra contributi e prestazioni previdenziali, nel sistema

previdenziale deve tutelare l’equilibrio fra entrate ed uscite,

integrato eventualmente dalle somme erogate dello Stato.

Vi sono stati vari momenti di riforma del sistema, dalla Legge

Amato (decreto L. 503/1992) alla riforma Prodi (L. 449 del 1997)

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alla riforma Dini (L. 243/2004) fino ad arrivare all’ultima riforma

previdenziale del Governo Prodi II (L. 24 dicembre 2007, n. 247

norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza,

lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili,

nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale),

che ha abolito alcuni criteri impeditivi per fasce di lavoratori al fine

di utilizzare la possibilità, dopo determinati anni di lavoro di andare

in pensione.

Il calcolo delle somme corrispondenti all’andata in pensione veniva

calcolato, prima della legge 335 del 1995 sull’importo medio delle

ultime retribuzioni, in costanza di rapporto di lavoro (sistema

retributivo).

Dopo la citata legge 335 il calcolo è passato al sistema contributivo.

Al sistema di calcolo esclusivamente contributivo sono assoggettati i

soggetti assunti dal 1° gennaio 1996.

Il sistema di calcolo misto si applica ai lavoratori che possono

esibire al 31 dicembre 1995, una anzianità contributiva inferiore ai

18 anni.

Il sistema di calcolo esclusivamente retributivo è attualmente

vigente per coloro che, al 31 dicembre 1995, abbiano almeno 18

anni di contributi.

In presenza, peraltro, di scarsa anzianità contributiva al fine di

ottemperare al dettato costituzionale viene stabilito un importo

minimo di pensione, rivalutato periodicamente.

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Occorre infine evidenziare come in Italia la pensione può essere di

vecchiaia o di anzianità, sia per i lavoratori autonomi che per i

lavoratori subordinati.

La pensione di anzianità, peculiare del nostro ordinamento permette

al lavoratore di andare in pensione anticipatamente rispetto all’età

stabilita per la stessa età pensionabile di vecchiaia e affiancando a

tale principio, in ogni caso una contribuzione minima di 35 anni ed

un requisito anagrafico aumentato con le ultime disposizioni di

legge.

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Capitolo XII

LA LEGGE DELEGA IN MATERIA DI LAVORO L. 183/2014 –

(c.d. Jobs Act)

La legge n.183/2014 riguardante la riforma del mercato del lavoro

(c.d. Jobs act), approvata definitivamente dal Senato il 3 dicembre

2014, prevede 5 decreti di attuazione che intervengono su importanti

aree del diritto del lavoro e precisamente:

- in materia di ammortizzatori sociali;

- in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive;

- in materia di semplificazione delle procedure e degli

adempimenti;

- in materia di riordino delle forme contrattuali e dell'attività

ispettiva;

- in materia di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di

vita e di lavoro.

La legge n.183/2014 (c.d. Jobs act) riguardante la riforma del

mercato del lavoro (c.d. Jobs act), approvata definitivamente dal

Senato il 3 dicembre 2014 ha previsto numerose ed ampie deleghe

al Governo per la riforma del mercato del lavoro. L'attuazione della

legge delega si è completata con l'adozione di otto decreti

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legislativi che intervengono su numerosi ambiti del settore

lavoristico: D.Lgs. 22/2015 relativo all'introduzione di nuovi

ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria;

D.Lgs. 23/2015 sul contratto a tutele crescenti; D.Lgs. 80/2015,

sulla conciliazione tra tempi di vita e di lavoro; D.Lgs. 81/2015

relativo al riordino dei contratti di lavoro e alla disciplina delle

mansioni; D.Lgs. 151/2015 sulle semplificazioni in materia di

lavoro e pari opportunità; D.Lgs. 150/2015 in materia di politiche

attive; D.Lgs. 149/2015 relativo all'attività ispettiva in materia di

lavoro e legislazione sociale; D.Lgs. 148/2015 sulla

riorganizzazione della disciplina degli ammortizzatori sociali in

costanza di rapporto di lavoro.

Nuovi Ammortizzatori sociali e riorganizzazione della disciplina

degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro

E’ prevista l’universalizzazione degli strumenti di sostegno al

reddito per chi è disoccupato. Al termine del rapporto di lavoro -

l’accesso alla Nuova AspI (NASPI) è possibile anche a chi ha una

storia contributiva breve. Più semplice l’accesso alla disoccupazione

anche per i collaboratori a progetto con la nuova DIS-COLL. Inoltre

per i soggetti più svantaggiati è previsto l’Assegno di

disoccupazione involontaria (ASDI) che potrà essere richiesto una

volta conclusa la NASPI.

Un nuovo impianto di regole riguarda anche i lavoratori sospesi -

quindi in costanza di rapporto di lavoro - con il riordino degli

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ammortizzatori sociali. L'estensione agli apprendisti della Cassa

Integrazione Ordinaria e Straordinaria e la revisione della disciplina

sui fondi di solidarietà garantiscono ad una platea più vasta di

lavoratori prestazioni di sostegno al reddito durante i periodi di crisi

aziendale (Contratto di solidarietà).

Contratto a tutele crescenti

Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione

all'anzianità di servizio: meno tutele per i neoassunti, ma poi sempre

di più col passare degli anni. Sono state fornite nuove regole più

chiare e certe qualora si verifichino licenziamenti illegittimi. I

lavoratori in questo caso saranno garantiti da un’indennità

economica proporzionata alla loro anzianità aziendale.

Conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e Riordino dei

contratti di lavoro e alla disciplina delle mansioni;

Una maggiore flessibilità interessa il congedo obbligatorio di

maternità, al fine di favorire il rapporto madre-figlio senza

rinunciare alle tutele della salute della madre. Le lavoratrici

autonome potranno usufruire del congedo parentale. Anche le madri

iscritte alla Gestione Separata INPS saranno maggiormente tutelate:

il mancato versamento dei contributi da parte del committente non

metterà a rischio la fruizione dell'indennità di maternità. I genitori

adottivi o affidatari si vedranno riconosciuti i loro diritti per la

fruizione dei congedi parentali o per l'applicazione del divieto di

svolgimento di lavoro notturno. la promozione del telelavoro; la

facilitazione di accordi collettivi mirati a una maggiore flessibilità

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degli orari di lavoro, così come lo scambio di giorni di ferie tra

lavoratori per le attività di cura dei figli; la promozione

dell'integrazione di servizi per le cure parentali tra pubblico e

privato; una estensione temporale .del congedo parentale.

Semplificazioni in materia di lavoro e pari opportunità

La semplificazione degli atti amministrativi in materia di lavoro

(dimissioni, controllo a distanza, collocamento disabili) in modo da

alleggerire il carico degli adempimenti per le imprese e i cittadini. Il

principio guida è che le varie Amministrazioni pubbliche devono

scambiarsi le informazioni tra loro e non chiederle alle persone, se

non è strettamente necessario.

Politiche attive

I servizi per l’Impiego, coordinati dalla nuova “Agenzia Nazionale

per le Politiche Attive del Lavoro”, sono potenziati per creare

sinergie efficienti e migliorare l’incontro tra domanda ed offerta di

lavoro. Tutti i cittadini potranno accedere ad attività di

orientamento, ausilio, avviamento alla formazione e

accompagnamento al lavoro, garantendo in tutto il territorio livelli

essenziali di prestazione.

Attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale;

L’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che integra i

servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,

dell'I.N.P.S. e dell'I.N.A.I.L. e svolge le attività ispettive già

esercitate da tali organismi. L'Ispettorato è sottoposto al controllo

della Corte dei conti ed è posto sotto la vigilanza del Ministro del

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lavoro e delle politiche sociali, che ne monitora periodicamente gli

obiettivi e la corretta gestione delle risorse finanziarie.

Il contratto a tutele crescenti nel contesto europeo: cenni.

La crisi economica internazionale che ha colpito pesantemente

anche il continente europeo, ha inevitabilmente travolto il mercato

del lavoro, determinando ciò un’accelerazione dei processi di

riforma della disciplina dei licenziamenti individuali, già in atto, da

diversi anni, in molti Paesi dell’UE.

L’ulteriore aggravamento della crisi nel corso del 2011, ha indotto le

Istituzioni dell’Unione a sollecitare ulteriormente il processo di

armonizzazione delle politiche economiche dei vari Stati

dell’Unione, alle quali sono strettamente legate quelle

occupazionali.

Per tali ragioni, le originarie linee guida previste dalla Strategia

europea per l’occupazione2, di fatto si sono trasformati in veri e

propri atti di indirizzo per i Paesi membri, in particolar modo, per i

Paesi del sud Europa, che, pertanto, sono stati invitati a compiere

radicali politiche di risanamento a garanzia della propria stabilità

finanziaria.

Gli Stati membri sono stati esortati ad una revisione delle rispettive

legislazioni nazionali in materia di licenziamenti, da attuare

2 Si tratta di un processo di coordinamento delle politiche occupazionali degli Stati membri, nato a Lisbona nel 2000.

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attraverso delle modifiche che mirino ad un contenimento dei costi

in materia, e attraverso l’adozione del c.d. “contratto unico”,

considerata una delle priorità fondamentali nell’ambito della

Strategia Europa 20203.

È in questo contesto che si insinua lo schema di decreto legislativo

italiano sul contratto a tutele crescenti e le riforme che hanno e

stanno, tutt’ora, interessando le legislazioni in materia di lavoro di

Paesi come la Spagna, la Francia, la Germania e il Regno Unito.

Anche questi Stati membri, come l’Italia, stanno cercando di attuare

le linee guida dettate dalle Istituzioni europee in materia di

licenziamenti.

La Spagna, ad esempio, con il governo Rajoy, ha abbassato i costi

del licenziamento per motivi economici o senza giusta causa ed ha

reso la reintegra facoltativa. Qui il lavoratore, in caso di

licenziamento illegittimo, può chiedere al giudice di rientrare nel

proprio posto di lavoro, ma il datore di lavoro, nonostante il

provvedimento positivo del giudice, può decidere di pagare solo un

indennizzo a titolo di risarcimento del danno, non reintegrando il

lavoratore nel posto di lavoro4.

In Francia, il reintegro per licenziamento illegittimo può essere

imposto solo nel caso di licenziamenti discriminatori5, mentre, in

3 “Europa 2020” è la strategia decennale per la crescita e l'occupazione che l'Unione europea ha varato nel 2010. Essa mira a

superare la crisi dalla quale le economie di molti Paesi stanno ora gradualmente uscendo, oltre che colmare le lacune del nostro

modello di crescita e creare le condizioni per una crescita più intelligente, sostenibile e solidale. 4 Nei contratti a tempo indeterminato è stato ridotto da 45 a 33 giorni l'indennizzo per licenziamento senza giusta causa: in questo

caso il limite massimo di anni di salario è passato dai precedenti tre e mezzo agli attuali due. 5 Secondo il "Code du travail", alla base del licenziamento ci devono essere ragioni valide e fondate, la comunicazione per iscritto e

con un mese di preavviso. Nei casi di contratto a tempo indeterminato l’indennità risarcitoria è concordata tra le parti.

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tutti gli altri casi, scatta un risarcimento monetario che è

proporzionato all’anzianità di servizio.

E mentre in Germania, la reintegra nel posto di lavoro è la regola

generale, nel sistema adottato dal Regno Unito, la tutela reale è

applicata solo in caso di licenziamento discriminatorio (pur se, in

entrambi i Paesi, l’Autorità Giudiziaria ha un’ampia discrezionalità

in materia).

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CONCLUSIONI

Il sistema del diritto del lavoro e della previdenza sociale, come si è

potuto constatare, da queste succinte note, ha delle sue specifiche

peculiarità che sono proprio ed in modo particolare espresse a

partire dagli articoli della Costituzione italiana e dalle norme

internazionali, le quali ultime tendono ad omogeneizzare i vari

sistemi, visto che noi viviamo in una Europa che cerca, nella sempre

maggiore integrazione, un punto di forza.

E’ chiaro che il sistema italiano del lavoro si allarga anche ai

lavoratori extracomunitari che, non clandestini, sono una risorsa

aggiuntiva per il Paese ma dei quali non si è parlato nelle nostre

lezioni per non ampliare troppo la già vasta materia, ma occorre

tenere presente che l’influenza e l’apporto di questi lavoratori è

sempre maggiore per l’economia nazionale con la speranza, che,

anche dal punto di vista della sicurezza siano equiparate le varie

situazioni.

Così come il problema della equiparazione del lavoro fra donna e

uomo deve essere affrontato nella sua pratica esecuzione, non solo

nelle norme che già sono vigenti ed applicabili nel nostro Paese.

Infine la tutela della salute, delle norme tutelanti un idoneo posto di

lavoro, dal punto di vista della sicurezza, della igienicità, della

rispondenza ai dettami tecnici professionali, il non utilizzo del

lavoratore per mansioni non rispondenti alle sue caratteristiche

tecnico professionali, la capacità di avere nuove figure lavorative ma

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che non siano a discapito di una serena vecchiaia portano a riflettere

come la disciplina analizzata ha, con i limiti della economicità, una

proiezione nelle generazioni che devono essere in grado di poter

avere una visione certa del loro futuro sia prossimo che remoto, e

per il singolo lavoratore e per le persone che a lui fanno riferimento,

affinché il sistema Italia, anche in questo delicato settore, possa

funzionare se non in modo ottimale almeno in una realtà percepita

ottimisticamente.

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INDICE

Cap. I - Le Fonti del Diritto del Lavoro pag. 2

Cap. II – Distinzione nelle fattispecie del lavoro pag. 5

Cap. III – Il Contratto di Lavoro pag. 8

Cap. IV – Le procedure di assunzione pag. 10

Cap. V – Le prestazioni di lavoro pag. 15

Cap. VI – Poteri ed obblighi pag. 22

Cap. VII – Il testo unico in materia di salute e sicurezza pag. 28

nei luoghi di lavoro (TUSL) e le sue variazioni

Cap. VIII – La cessazione del rapporto di lavoro pag. 38

Cap. IX – Il rapporto di lavoro nel Pubblico Impiego pag. 42

Cap. X – Attività Sindacali pag. 48

Cap. XI – La previdenza sociale pag. 52

Cap. XII – .La legge delega in materia di lavoro l. 183/2014 – (c.d.

Jobs Act) pag. 56

Conclusioni pag. 63