Notiziario Ispettoriale Marzo 2005

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Notiziario marzo 2005 lettera dell’Ispettore ORIZZONTE EUROPA Le sfide proposte dal Rettor maggiore Carissimi, la Pasqua del Signore è fonte della nostra speranza: il Signore Risorto da morte accende nel cuore di ogni uomo la fiducia illimitata che dà il vero senso alla vita. Siamo chiamati, allora, a testimoniare con la nostra vita questa gioia a tutti, specialmente a coloro che ci circondano, a coloro che incontriamo ogni giorno, ai giovani e alle nostre comunità. Questa testimonianza, attualmente, acquista un motivazione in più per il cammino che la Congregazione Salesiana sta compiendo ultimamente, particolarmente per le Regioni d’Europa con il recente Convegno degli Ispettori svoltosi al Salesianum dal 1 al 5 dicembre 2004. Gli ultimi Atti del Consiglio Generale (n.388: pag. 103 – 120) riportano la sintesi conclusiva del Rettor Maggiore, con gli orientamenti operativi per il prosieguo del cammino. Dai lavori del Convegno è emerso che il pericolo maggiore è il laicismo che, affievolendo il rapporto vicendevole tra la ragione e la religione, minaccia le fondamenta stesse dell'umanesimo che ha caratterizzato la cultura europea e richiede ai cristiani la ricerca di una nuova sintesi positiva tra la ragione umana e la fede religiosa, come aveva già prospettato il Concilio Vaticano II. Il Rettor Maggiore ha elencato le sfide principali che presenta questa realtà europea alla nostra vocazione salesiana. Le riporto integralmente. La profezia della comunità Di fronte alla società europea, che spesso si costruisce sempre più

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Notiziario marzo 2005

lettera dell’IspettoreORIZZONTE EUROPALe sfide proposte dal Rettor maggiore

Carissimi, la Pasqua del Signore è fonte della nostra speranza: il Signore Risorto da morte

accende nel cuore di ogni uomo la fiducia illimitata che dà il vero senso alla vita.Siamo chiamati, allora, a testimoniare con la nostra vita questa gioia a tutti,

specialmente a coloro che ci circondano, a coloro che incontriamo ogni giorno, ai giovani e alle nostre comunità.

Questa testimonianza, attualmente, acquista un motivazione in più per il cammino che la Congregazione Salesiana sta compiendo ultimamente, particolarmente per le Regioni d’Europa con il recente Convegno degli Ispettori svoltosi al Salesianum dal 1 al 5 dicembre 2004.

Gli ultimi Atti del Consiglio Generale (n.388: pag. 103 – 120) riportano la sintesi conclusiva del Rettor Maggiore, con gli orientamenti operativi per il prosieguo del cammino.

Dai lavori del Convegno è emerso che il pericolo maggiore è il laicismo che, affievolendo il rapporto vicendevole tra la ragione e la religione, minaccia le fondamenta stesse dell'umanesimo che ha caratterizzato la cultura europea e richiede ai cristiani la ricerca di una nuova sintesi positiva tra la ragione umana e la fede religiosa, come aveva già prospettato il Concilio Vaticano II.

Il Rettor Maggiore ha elencato le sfide principali che presenta questa realtà europea alla nostra vocazione salesiana. Le riporto integralmente.

La profezia della comunitàDi fronte alla società europea, che spesso si costruisce sempre più su una

cultura individualista, autoreferenziale e consumista e su un'antropologia senza Dio e senza Cristo, noi Salesiani ci sentiamo chiamati a dare una testimonianza profetica della loro vita comunitaria.

Il centro di questa profezia è la testimonianza di Dio, il cui amore può colmare una vita e che ci conduce a vivere la santità.

È anche profezia di una fraternità vissuta felicemente, che manifesta il fatto che persone di diverse età e mentalità culturali possano vivere insieme.

È pure profezia di un impegno per Dio che dura tutta la vita. Finalmente è profezia del dono di sé e della dedizione senza risparmio della

propria vita per gli altri, per i giovani. Riteniamo che noi abbiamo un ruolo profetico importante nella situazione

giovanile in Europa oggi; a noi raccogliere la sfida di mostrare e realizzare comunità, in cui si vive la passione per Dio e la passione per i giovani.

La proposta della evangelizzazione

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Di fronte alla cultura di un'Europa chiusa in se stessa, che ha smarrito la memoria dell'eredità cristiana, e di fronte alla domanda religiosa dei giovani spesso confusa e vaga, con risposte insoddisfacenti e fuorvianti, noi Salesiani ci sentiamo interpellati a vivere il nostro impegno carismatico nel campo dell'evangelizzazione come risposta ai grandi interrogativi di senso dei giovani, come promozione dei valori della dignità della persona e del gusto della vita, come offerta del sistema preventivo in dialogo con la cultura stessa, in termini di educazione, di progresso sociale e sviluppo politico, come valorizzazione della comunicazione sociale in quanto presenza in spazi visibili, come proposta esplicita dell'incontro con il Signore Gesù e dei cammini di fede.

Riteniamo che abbiamo un carisma tipico nell'avvicinare i giovani, nell'essere presenti tra loro, nel farci loro compagni di viaggio, nell'aiutarli nella loro crescita, nel proporre loro l'annuncio evangelico e l'incontro con Cristo, nella proposta vocazionale; la sfida che ci provoca è di trasmettere la fede alle nuove generazioni.

Il compito dell’inclusioneDi fronte alle nuove povertà, materiali e spirituali, che affliggono in special

modo i giovani in Europa, e al rischio crescente dell'esclusione sociale, noi Salesiani ci sentiamo coinvolti nel superamento delle varie forme di emarginazione giovanile, nel favorire l'inclusione, nel trovare spazi di integrazione.

Infatti la situazione dei giovani sta cambiando ed emergono fenomeni quali povertà, migrazione, emarginazione, mancanza di esperienza di Dio, consumismo, relativismo etico, ricerca di valori, mobilità interna all'Europa vissuta come ricerca di spazi più vivibili, famiglie conflittuali o disgregate, ecc.

Riteniamo che l'impegno di Don Bosco per i giovani poveri e la nostra storia salesiana ci chiedano di rendere più visibile il nostro impegno per i giovani poveri, per gli immigrati, per i giovani di altre religioni, cercando le vie dell'integrazione, del dialogo interreligioso, dell'esperienza interculturale, dell'aiuto alla famiglia.

Cogliamo con particolare sensibilità queste sfide: esse ci interpellano a vivere da testimoni credibili, per essere “segni” forti e inequivocabili.

Chiediamo al Signore Gesù, di accendere nel nostro cuore quel fuoco ardente che spinse i suoi discepoli ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini della terra.

Buona Pasqua!Sac. Francesco Gallone

IspettoreNapoli, 20 marzo 2005, Domenica delle Palme

Formazioneformazione permanenteLIBERTÀ AFFETTIVA E SUO DINAMISMOUn concetto da capire bene

Libertà significa possibilità di realizzarsi secondo la propria natura e vocazione: è libero chi può esser se stesso portando a compimento il piano di Dio. Ma l'aggettivo

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"affettiva" aggiunge qualcosa d'importante al concetto di libertà. Sta a dire che l'individuo libero crede nella propria vocazione e l'ama, non solo la realizza, ma vi si sente attratto, non la vive come costrizione o imposizione dall'esterno, ma come qualcosa di bello e che dà gioia al cuore, è il suo tesoro, lì è nascosta la sua identità.

Vi sono due aspetti sostanziali, dunque, nell'idea di libertà: uno riguarda la modalità (=l'attrazione invece della costrizione), l'altro i contenuti (= l'attuazione della verità), o ; diversamente detto il come essere liberi e il cosa è possibile fare come esseri liberi. In sintesi c'è libertà affettiva laddove il cuore ama e attua la verità.

Se la libertà affettiva implica l'attrazione-attuazione della verità, un individuo è libero nel cuore nella misura in cui la sua affettività vive di fatto tale attrazione, o quando, più in concreto, le sue energie e impulsi, il bisogno d'amare e d'esser amato, la sua sessualità e genitalità... s'ispira a quella verità che è al centro della vita, in cui riconosce la sua propria identità e vocazione.

È il concetto dell’integrazione affettiva, un tempo bandiera e simbolo d'un modo un po' ambiguo d'intendere la stessa verginità, ma che, ben capito, può aiutarci a individuare il dinamismo della libertà affettiva nella vita del vergine.

La via dell’integrazioneAttraverso questa via il vergine:- raccoglie e riunifica attorno a un centro (=la verità dell’io "nascosta con Cristo

in Dio") tutte le proprie energie affettivo-sessuali, senza rimuoverne stoltamente alcuna, ma anche senza lasciarle girare, altrettanto stoltamente, attorno a se stesse, cioè a vuoto (è l'idea di sessualità pasquale);

- lascia che questo centro (che è la croce quale verità dell’amore) le giudichi e dia loro non solo un senso ma un orientamento molto concreto di vita e condotta;

- dunque valorizza tali energie in se stesse e come modo di testimoniare ciò in cui crede, quell'amore di Dio che sta al centro della sua vita.

Rigorosamente parlando, allora, "quello che si deve cercare non è la nostra integrazione affettiva; è piuttosto la nostra integrazione religiosa, l'integrazione cioè di tutto ciò che siamo e sentiamo, di ciò che rende la nostra vita lieta e anche di ciò che la rende triste, di ciò che ci "realizza" e anche di ciò che invece ci "mortifica", nella prospettiva di quello che crediamo. La nostra vita infatti non celebra se stessa, ma Colui che vale più della vita (cf Sal 63,4)".1

Tanto più la nostra verginità non celebra se stessa né tanto meno è in funzione della nostra gratificazione affettiva: è segno della centralità di Dio nel cuore umano, e diviene bella e buona, attraente e vivibile quando riesce a esprimere tale centralità, ovvero quando ogni energia affettivo-sessuale, gesto o pensiero, del vergine s'ispira a quel centro e a quell'amore, si lascia illuminare e riscaldare da esso. Allora c'è libertà affettiva. Perché c'è coerenza tra verità e libertà, tra attrazione e attuazione.

"ama e fa quel che vuoi” 2

Il secondo passo nel dinamismo della libertà affettiva è ben espresso dalla nota frase di Agostino, letta nella sua duplice scansione.

AII’inizio d'una opzione verginale c'è la scoperta dell’amore, dell’amore divino ricevuto in abbondanza, scoperto, cioè, come fonte della propria identità e vocazione, come ciò che dà verità e mette ordine anche nella propria vita affettivo-sessuale. "Ama" significa, in questo caso, soprattutto l'invito a sperimentare l'attenzione di questo amore, ad avvertire il fascino dello stile amante di Dio, che fa sorgere il suo sole su buoni e cattivi e ama per primo, che vuoI bene anche a chi non sembra amabile e chiede d'amare i nemici e chi non può ricambiarti.

Non è cosa da poco quest’attrazione, poiché in realtà implica una conversione dei gusti e un 'evangelizzazione della sensibilità. Suo vertice è la progressiva sintonia tra sentire divino e umano, al punto che quanto è gradito e piace a Dio, lentamente piacerà anche all'uomo amante, e lo porterà a realizzare al massimo la sua libertà affettiva: un cuore umano capace di vibrare di battiti eterni, all'unisono con Dio, libero

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di desiderare i suoi stessi desideri, un cuore di carne aperto sull'infinito.Che differenza tra la libertà (pagana) di chi, poveretto, fa solo quel che gli pare e

piace, e la libertà (credente) di chi sta imparando i gusti di Dio! Sul piano della qualità e pure della quantità e intensità dei desideri.

Fascino e attrazione non possono restare astratti e teorici, ma diventano fattori di libertà quando determinano un cambio anche d'atteggiamenti e comportamenti nella linea dell’attrazione stessa, cioè dello stile amante di Dio. Potremmo allora tradurre il detto agostiniano così: "ama e vivi secondo quel che ami", ovvero secondo il cuore e la libertà di Dio. Potremmo allora tradurre il detto agostiniano così “ama e vivi secondo quel che ami” ovvero secondo il cuore e la libertà di Dio perché diventi anche il tuo modo di voler bene. Che significa: libertà affettiva non è fare ciò che pare e piace a me, ma neppure unicamente ciò che piace ed è gradito a Dio, bensì ciò che piace a entrambi, ovvero esprimere con la vita e in modi molto concreti la progressiva sintonia tra quel che piace a Dio e quel che piace a me (tra verità oggettiva e verità soggettiva).

In tal modo i due aspetti della libertà (modalità e contenuti) coincidono, e colui che ama non solo è libero da ogni obbligo e costrizione, ma vive una profonda attrazione e secondo quell’attrazione. Solo allora, quando l'attrazione evangelizzata è tradotta in gesti coerenti, la libertà affettiva è piena e il processo d'integrazione religiosa dell’affettività è compiuto.

Il principio agostiniano ci fa passare un passo avanti nella definizione della libertà affettiva: cuore libero vuoI dire non solo amare la propria vocazione, ma secondo la propria vocazione.3 AI punto che l'oggetto dell’amore diviene anche la modalità dell’amare. Allora la verginità diventa stile di vita e il vergine manifesta in tutto quel che fa l'amore che è al centro della sua vita.

Con uno stile suo tipicoLo stile è l'impronta di quel uno è in ciò che uno fa o, in termini più a noi vicini, è

l'impronta di quel che uno ama nel suo modo di voler bene. Non è un giochino di parole poiché dice un principio importante e nient'affatto scontato: ogni essere umano è chiamato ad amare, ma ognuno nello stile proprio della sua vocazione, e non copiando, con esiti spesso maldestri e ridicoli, modi e gesti che appartengono ad altri progetti o situazioni di vita. Il coniugato, ad esempio, ami da coniugato, il fidanzato da fidanzato, il padre da padre, l’adolescente da adolescente, il vergine da vergine. Con la convinzione che il proprio progetto verginale gli detta un preciso e corrispondente stile relazionale verginale: se ama quel progetto e lo riconosce fonte della propria identità, dovrà anche voler bene secondo lo stile suo tipico. Allora sarà lui stesso vero e libero, e chiaro e credibile nella testimonianza.

Se invece adotta nel suo relazionarsi uno stile che non esprime abbastanza la centralità e il primato di Dio, che può riempire un cuore umano fino a render possibile la rinuncia all’amore pur desideratissimo e bello d’una donna, o se usa nel suo approccio in modo confuso e pasticciato parole, gesti o atteggiamenti che sono tipici d’un altro stile di vita, costui non solo non è vergine, ma neppure libero, perché si pone in contraddizione con se stesso e con la sua verità, per testimoniare solo caos e la schizofrenia che ha dentro di sé.

Paradosso e misteroNormalmente si pensa alla libertà come autonomia e indipendenza, ma anche

questa è idea antidiluviana oltreché banale e alla radice pagana, soprattutto se comprendiamo il ruolo centrale della libertà affettiva nell'idea e nel dinamismo della libertà in quanto tale.

Libertà e responsabilità

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Annanzitutto per una motivazione generale. Il problema della libertà non può esser posto in termini di indipendenza, poiché nessuno può pensare d'esser libero per conto suo o di ritenere, al massimo, che la sua libertà finisca ove inizia quella degli altri. Chi lo pensa sembra rispettoso dell’altro, in realtà è un violento. Perché si cresce solo con gli altri e grazie agli altri, e la propria libertà inizia ove inizia anche quella dell’altro, finisce quando essa è menomata o negata; o si è liberi assieme, o non lo è nessuno.

Ciò significa che il vergine non può intendere il suo esser privo di famiglia e solo come un fatto deresponsabilizzante, perché è esattamente il contrario: chi ha rinunciato alla paternità/maternità fisica per il regno dei cieli vive un 'altra misteriosa capacità generativa, che lo rende responsabile di tutti e padre/madre di chi è povero d'amore. Questo vergine è una benedizione.4 Quel celibe o nubile, invece, che non è libero di farsi carico del peso e destino degli altri, è un essere miserabile; non è vergine, è solo sterile e incapace di dare vita, è libero degli altri, ma schiavo di se stesso. A costui potremmo applicare la maledizione della Scrittura per il grembo che non ha partorito (cf. Nm 5,21).

Libertà e dipendenzaMa il paradosso scoppia quando si riflette con attenzione, anche a livello

psicologico, sulla natura essenzialmente relazionale della natura umana e dunque anche della libertà, e si comprende che l'uomo è libero non quando non dipende da niente e nessuno (cosa, in realtà, impossibile), bensì nella misura in cui sceglie di dipendere da ciò che ama e che è chiamato ad amare. È paradossale pensare che la libertà nella sua espressione più matura chieda il coraggio di dipendere, ma non c'è più contraddizione se si pensa che è l'intensità dell’amore alla radice della libertà di dipendere, e soprattutto che l'oggetto di quest'amore è la propria identità e verità. è il piano del Creatore sulla creatura, la sua vocazione.

È la definizione completa dell’idea di libertà: è libero chi è innamorato della verità (o della propria vocazione), non solo chi la conosce e apprezza e neppure chi semplicemente l'esegue, ma chi l'ama perdutamente, perché solo l'innamorato conosce quanta libertà vi sia nell'abbandonarsi incondizionatamente tra le braccia dell’amato, nel consegnarsi totalmente all'altro, nell'appartenere a un tu. Questa è la libertà affettiva del vergine: la libertà di chi consegna per amore la propria libertà all'Eterno, a quel Dio sommamente libero che per amore s'è consegnato nelle nostre mani, o che ha fatto, da innamorato, la stessa cosa nei nostri confronti,

Qui non c'è più solo un principio psicologico, ma un mistero d'amore che si compie, e che determina molto concretamente una vita verginale attenta, persino gelosa, a dipendere in tutto, non solo nei gesti, ma anche nei pensieri, desideri, sogni, progetti, parole.., da quell’amore, che è poi una persona, che è al centro della vita, Come farebbe un innamorato.

Curare le proprie radiciCurare la propria libertà affettiva significa per un vergine curare le proprie radici.

Che sono due essenzialmente.

Radici misticheLa prima è di natura mistica, e vi abbiamo fatto cenno commentando il detto di

Agostino. che comincia proprio con quell’”Ama”, che significa: lasciati amare, lasciati conquistare..., perché la libertà non si conquista, ma si riceve in dono da colui che ci ama e amandoci ci libera dalla paura di amare ed esser amati, dal timore di non esser stati benvoluti o di non meritare affetto. Per questo la verginità è espressione dell’aspetto mistico della vocazione del consacrato, e sempre per tale motivo il consacrato che non possiede il "cromosoma mistico" sarà solo un celibe tecnico o un insaziabile dongiovanni, uno che resta fuori del mistero e che non sa godere di Dio e

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d'appartenergli.

Radici psicologicheDal punto di vista psicologico alla radice della libertà affettiva vi sono quelle due

certezze di cui abbiamo già parlato nei precedenti interventi: la certezza d'essere stato già amato, da sempre e per sempre, e la certezza corrispondente di saper amare, per sempre.

Aggiungiamo ora che tutta la vita dell’uomo è acquisire sempre più queste due sicurezze (per le quali si potrebbe dire che "più ce n'è, meglio è"), che sono certo di natura psicologica, ma che solo il credente nell'eternamente amante può possedere in modo pieno e definitivo. Se siamo stati amati dall'Eterno, allora siamo stati amati da sempre, e chiamati ad amare per sempre.

La verginità ha sapore d'eternità!

Amedeo Cencini, Testimoni I 15 ottobre 2004 I numero 17

1 G. ANGELlNI, "Meditazioni su Ezechiele. Il. Il mutismo del profeta", in La Rivista del clero italiano, 6(1997), 444. Ecco forse il motivo della confusione d'un tempo: l'oggetto (dell’integrazione) non può esser anche il soggetto o il criterio (=il centro) dell’integrazione stessa, Quando ciò è avvenuto a proposito dell’affettività-sessualità, la confusione non ha creato libertà, ma semmai una nuova schiavitù.

2 AGOSTINO, In epistolam Joannis, PL XXXV, VII, 8.3 Si potrebbe anche dire che l'oggetto materiale diventa anche oggetto formale,4 A questo tipo di vergini, liberi nel cuore, si può applicare la frase di C. Bukowski: "L'anima

libera è rara, ma quando la vedi la riconosci soprattutto perché provi un senso di benessere quando le sei vicino".

formazione in ispettoriaTESTIMONIARE LA GIOIA E LA SPERANZAIl convegno dei confessori Santeramo 23 - 24 novembre 2004

La Commissione ispettoriale per la Formazione ha promosso un Convegno per Confessori nei giorni 23 e 24 novembre u.s. L’intento era quello di offrire un tempo di fraternità e aggiornamento a confratelli anziani che solitamente non partecipano ai diversi appuntamenti ispettoriali. Tendeva, inoltre, a provocare una riflessione attenta e accurata sulle sfide che la cultura e gli stili di vita attuali offrono alla nostra azione di ministri del sacramento della Penitenza. Hanno risposto all’invito circa 40 confratelli appartenenti a fasce di età diverse e questo ha favorito uno scambio arricchente di esperienze, attese e problematiche che incontriamo nell’esercizio del nostro accompagnamento.

La sera del primo giorno, aiutati da don Donato Lacedonio, abbiamo vissuto l’esperienza del cineforum a partire dalla pellicola “Le invasioni barbariche” del regista Denys Arcand. Ci scorrevano dinanzi, in estrema sintesi, alcune problematiche della società attuale, rispetto alle quali, seppur aiutati dal Magistero, risulta difficile offrire

itinerari interpretativi: l’eutanasia, l’omosessualità, le dipendenze, l’uso illecito del denaro, l’infedeltà coniugale, l’indifferenza rispetto alla proposta religiosa. Gli interventi che sono seguiti hanno manifestato come sia impegnativo suscitare l’interesse e la risposta religiosi in un contesto nel quale i criteri di valutazione risultano essere appiattiti e la ricerca del benessere sembra aver spento ogni anelito

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di ulteriorità. È forse giunto il tempo di accostare l’uomo nel tempo della sua sofferenza e debolezza dinanzi al mistero della vita e della morte e agli interrogativi più profondi dell’esistenza.

L’intero giorno del 24 novembre è stato caratterizzato dall’ascolto attento degli interventi di Padre Sabatino Maiorano, redentorista, Preside del Pontificio Ateneo Alfonsiano di Roma, che ci ha introdotto nel mondo e nell’esercizio del sacramento della Penitenza come luogo in cui trasmettere ai giovani la bellezza e l’importanza della grazia nel cammino di maturazione morale.

Presento alcuni passi del suo intervento “Grazia ed educazione delle coscienze oggi”.

“Viviamo nell’impegno di dare alla nostra ministerialità un volto eucaristico: non solo nel senso di una fondazione e una tensione all’Eucaristia, ma anche di una più chiara articolazione eucaristica. […] Guardando le fasce più giovani, sono numerosi gli indicatori di un bisogno nuovo di morale. Si pensi ad esempio al desiderio di autenticità con il conseguente rifiuto del formalismo, alla sensibilità ai valori dell’incontro, dell’accoglienza, del servizio e alla ricerca di una socialità ispirata alla pace. Non è però facile vincere le resistenze e le chiusure che i più giovani affrontano, soprattutto la rinuncia da parte degli adulti a fare una proposta morale chiara. La stessa imperatività morale deve però essere compresa e vissuta non come limitante ma come imperatività di cammino, retto da speranza. […] Un tale progetto formativo esige un costante ripensamento del linguaggio e della stessa articolazione della proposta morale: non basta infatti che siano corretti i contenuti, ma occorre che essi siano effettivamente significativi per coloro ai quali essa è rivolta. […] Tutto questo esige che nel rapporto personale, soprattutto in quello del sacramento della riconciliazione, il nostro stile sia fedele a quello proprio del Cristo: sia, cioè, improntato alla kenosi misericordiosa del Cristo che, condividendo, guarisce, libera, fa crescere e proietta verso la santità. Diventerà possibile, allora, aprire i giovani allo stupore eucaristico: un Dio che si è fatto possibilità di vita per noi; che prova gusto a guarire e perdonare; che permette di dare senso anche alla croce, che trasforma la diversità in reciprocità.”

Mi sembra utile riportare alcune frasi di Don Bosco, specialmente rivolte ai confessori.

Ricordatevi che il confessore è un padre, il quale desidera ardentemente di farvi tutto il bene possibile, e cerca di allontanare da voi ogni sorta di male (MB II, 150). Sebbene non sia peccato cambiare il confessore, tuttavia vi consiglio di sceglierne uno stabile; perché dell’anima avviene ciò che fa un giardiniere intorno ad una pianta, un medico intorno ad un malato (MB III, 163). Raccomandava caldamente di non rendere, con impazienza e con sgridate, odiosa la confessione (MB III, 466). Ai confessori raccomandava una grande carità e pazienza nel confessare i fanciulli per non perdere la loro confidenza (MB VII, 193). Scelga per confessare i religiosi più istruiti, persone di esperienza, perché questa è la parte più delicata del sacro ministero (MB IX, 530). I preti che non appartengono a noi, non si mettano mai a confessare regolarmente… se ne scapiterebbe sempre (MB XIV, 45). Quello che non raccomanderò mai abbastanza insistentemente è che si vada tutti d’accordo su certi punti e non si usi deplorevole benignità con gli scandalosi. Bisogna cercare in modo prudente che le vittime facciano rapporto al Direttore o al prefetto o a qualche assistente di loro fiducia. Io desidererei che non si mandassero assolti, finché non avessero denunziato (MB XVII, 379).

GRAZIA E EDUCAZIONE DELLE COSCIENZE OGGILa relazione di padre Sabbatino Maiorano

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L'educazione delle coscienze non è stato mai un ministero facile. Oggi però le sfide sembrano ancora più forti. Si pensi alla profondità della crisi del sacramento della riconciliazione.

Non mancano le diagnosi: una libertà assolutizzata fino al punto da perdere il riferimento alla verità; caduta del senso della responsabilità e del peccato; relativismo che legittima ogni cosa...

Troppe volte però ci si ferma alla diagnosi e non si ha il coraggio di tentare terapie. Frattanto la realtà, soprattutto quella giovanile, cambia rapidamente.

Il nostro incontro, valorizzando la ricchezza di esperienze di ognuno, vuole cercare di individuare alcune prospettive per una ministerialità presbiterale che sia capace di trasmettere ai giovani la bellezza e l'importanza della grazia nel cammino di maturazione morale.

Una ministerialità trasparenteLa ministerialità presbiterale alle coscienze è continuazione/attualizzazione di

quella del Cristo: deve rispettarne lo stile, soprattutto la caratteristica fondamentale di "anticipo" e di "dono".

La ricchezza dei dati biblici deve ritornare costantemente nella nostra meditazione. Mi limito a richiamare tre passi, che mi sembrano particolarmente significativi: il Cristo in casa di Simone (Lc 7,35-50); il suo dialogo con la samaritana (Gv 4,6-42); il suo accompagnarsi ai discepoli diretti ad Emmaus (Lc 24,13-35).

Le prospettive che emergono da questi testi possiamo riassumerli nell'impegno a dare alla nostra ministerialilà un volto eucaristico: non solo nel senso di una fondazione e una tensione all'eucaristia, ma anche di una più chiara articolazione eucaristica. Credo stia qui la preoccupazione fondamentale di Giovanni Paolo II in Mane nobiscum Domine.

Per meglio articolare una tale ministerialità è bene far tesoro di tre passi magisteriali:a. la visione sintetica di Presbyterorum ordinis: «Spetta ai sacerdoti, nella loro qualità

di educatori nella lede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione personale secondo il Vangelo, a praticare una carità sincera e attiva, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati.Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni più fiorenti, se non sono volte ad educare gli uomini alla maturità cristiana.Per promuovere tale maturità, i presbiteri sapranno aiutarli a diventare capaci di leggere negli avvenimenti stessi - siano essi di grande o di minore portata - quali siano le esigenze naturali e la volontà di Dio. I cristiani inoltre devono essere educati a non vivere egoisticamente ma secondo le esigenze della nuova legge della carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del prossimo la misura di grazia che ha ricevuto e che in tal modo tutti assolvano cristianamente propri compiti nella comunità umana.Ma, anche se sono tenuti a servire tutti, ai presbiteri sono affidati in modo speciale i poveri e i più deboli, ai quali lo stesso Signore volle dimostrarsi particolarmente unito e la cui evangelizzazione è presentata come segno dell'opera messianica» (n. 6).

b. La scelta della santità come portante di tutta la pastorale, proposta in Novo millennio ineunte: «È ora di riproporre a tutti con convinzione questa "misura alta" della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione. È però anche evidente che i percorsi della santità sono personali, ed esigono una vera e propria pedagogia della santità, che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone. Essa dovrà integrare le ricchezze della proposta rivolta a tutti con le forme tradizionali di aiuto personale e di gruppo e con forme più recenti offerte nelle associazioni e nei movimenti

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riconosciuti dalla Chiesa» (n. 31).c. Il «servizio» alle coscienze affermato in Veritatis splendor: «La Chiesa si pone solo e

sempre al servizio della coscienza, aiutandola a non essere portata qua e là da qualsiasi vento di dottrina secondo l'inganno degli uomini (cf Ef 4,14), a non sviarsi dalla verità circa il bene dell'uomo, ma, specialmente nelle questioni più difficili, a raggiungere con sicurezza la verità e a rimanere in essa» (n. 64).«L'opera di discernimento di queste teorie etiche da parte della Chiesa non si restringe alla loro denuncia e alloro rifiuto, ma mira positivamente a sostenere con grande amore tutti i fedeli nella formazione d'una coscienza morale che giudichi e conduca a decisioni secondo verità, come esorta l'apostolo Paolo: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2). Quest’opera della Chiesa trova il suo punto di forza - il suo "segreto" formativo - non tanto negli enunciati dottrinali e negli appelli pastoraIi alla vigilanza, quanto nel tenere lo sguardo fisso sul Signore Gesù. La Chiesa ogni giorno guarda con instancabile amore a Cristo, pienamente consapevole che solo in lui sta la risposta vera e definitiva al problema morale» (n. 85).

Una corretta visione della coscienzaA prima vista nei riguardi della coscienza c'è un sostanziale convenire nella

nostra cultura: ci rifacciamo a essa in maniera sempre più frequente; ne difendiamo l'importanza fondamentale; ne conosciamo, più che nel passato, i processi e i fattori che la determinano...

Quando però proviamo ad approfondire maggiormente il discorso e soprattutto quando proviamo a tracciare dei percorsi formativi, l'iniziale convenire lascia il posto a diversità e perfino contrapposizioni. Anche nella stessa comunità cristiana la coscienza è tornata ad essere una quaestio disputata. Basta riflettere sulla fatica che il Catechismo della Chiesa Cattolica fa per arrivare a una presentazione che dia unità alla proposta pur nel rispetto della varietà delle tradizioni (cfr. 1776-1794).

Credo sia necessario continuare a sviluppare la prospettiva che il Vaticano Il ha indicato:* Nella Gaudium et spes la coscienza (n. 16) viene evidenziata come espressione

privilegiata della dignità della persona, in quanto "luogo" dell'incontro tra la verità (n. 15) e la libertà (n. 17).

* Essa è «il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità». Perciò è nella coscienza che «d'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa questo, evita quest'altro». Ubbidire a questa «legge scritta da Dio dentro al cuore» è «la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato». Ed essa trova «il suo compimento «nell'amore di Dio e del prossimo» (n. 16).

* In Dignitatis humanae si sottolinea lo stretto rapporto tra coscienza e ricerca della verità: «Tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò che concerne Dio e la sua Chiesa, e sono tenuti ad aderire alla verità man mano che la conoscono e a rimanerle fedeli. Il sacro Concilio professa pure che questi doveri attingono e vincolano la coscienza degli uomini, e che la verità non si impone che per la forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore» (n. I).

* La maniera con la quale far maturare la coscienza mi sembra ben sintetizzata nella stessa Gaudium et spes quando parla delle decisioni nei riguardi del sociale da parte dei laici:

«Ai laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Quando essi, dunque, agiscono quali cittadini del mondo, sia

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individualmente sia associati, non solo rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di acquistare una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative, ove occorra, e ne assicurino la realizzazione.

Spetta alla loro coscienza, già convenientemente formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale. Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del magistero.

Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e legittimamente. Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall'altro, anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che nessuno ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l'autorità della Chiesa. Invece cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso un dialogo sincero, mantenendo sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo del bene comune» (n. 43).

Luci e ombreNonostante che il "sospetto" verso la morale, ereditato dalle complesse vicende

culturali del secolo scorso, faccia sentire ancora il suo peso e venga consumisticamente usato, è innegabile che oggi si avverte un bisogno nuovo di morale.

Guardando le fasce più giovani, sono numerosi gli indicatori di un tale bisogno. Si pensi ad esempio a:* il desiderio di autenticità con il conseguente rifiuto del formalismo;* la sensibilità ai valori dell'incontro, dell'accoglienza, del servizio;* la ricerca di una socialità ispirata alla pace...

Non è però facile vincere le resistenze e le chiusure che i più giovani trovano in se stessi e nell'ambito socio-familiare, soprattutto per:* la molteplicità e la contraddittorietà dei punti di riferimento;* il fascino (soprattutto a causa dei media) di modelli ispirati alla violenza, al profitto o

al successo ad ogni costo;* la capacità rassicurante del "cosi fan tutti" in una società complessa che ha già tutto

deciso;* l'ipoteca crescente della paura, che sta imponendo una nuova euristica (quella del

sopravvivere, del "tutto e subito".);* la riduzione privatistica della morale, in nome della convivenza civile.

A queste difficoltà di carattere generale, va aggiunta quella costituita dalla "rinuncia" da parte degli adulti (a cominciare spesso dagli stessi genitori) a fare (e soprattutto testimoniare) una proposta morale chiara, giustificandosi spesso dietro il rispetto della libertà.

Riaprire alla fiduciaIl rischio forse maggiore che intacca oggi non solo la vita personale ma anche

tutta la convivenza sociale è quello di lasciarsi determinare dalla paura. Non mancano evidentemente fattori che in qualche maniera possono spiegare tale tendenza, a cominciare dalla minaccia terroristica. Non è possibile però accettare una evoluzione

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in questo senso. Soprattutto per quanto concerne:* il rapportarsi in prospettiva di difesa nei riguardi dell'altro, a cominciare anche dai

rapporti affettivi;* la trasformazione del povero in "nemico", con la conseguente invocazione di una

indebita estensione del principio di legittima difesa, anche nei rapporti internazionali;* il rifiuto o la ghettizzazione delle diversità, viste soprattutto come minaccia.

Una forma certamente non positiva per esorcizzare la paura è quella della relativizzazione dei valori e della verità, che porta con sé:* la legittimazione del minimo etico, come unica possibilità di convivenza civile;* la chiusura dei valori morali e della fede nell'ambito del privato, additandoli come

responsabili di tensioni e di contrapposizioni;* il compromesso come situazione normale, dal momento che tutto va subordinato

all'utilità e alla sopravvivenza;* l'impossibilità di proporre una distinzione tra bene e male.

La risposta positiva, perché capace di proiettare e di costruire per tutti qualità di vita e futuro, va ricercata in una convivenza animata dalla cultura della reciprocità resa possibile dall'anticipo di grazia in Cristo. È un cammino non agevole. Occorre però percorrerlo con saggia pedagogia, anticipando fiducia, in maniera che la diversità non venga più vista come negazione o minaccia, ma come ulteriore possibilità. A questo fine mi sembra particolarmente importante impegnarsi per:* una critica serrata delle logiche della contrapposizione e della conflittualità, ancora

troppo forti nel nostro contesto;* il superamento delle prospettive egocentriche di realizzazione, facendo sperimentare

che identità dice sempre e necessariamente relazione;* l'apertura al dono come fondamentale per il rapporto con l'altro: un dono che dice

sempre anche bisogno e un bisogno che dice sempre anche dono;* la lettura "vocazionale" non solo dei propri limiti, ma anche di quelli degli altri;* la reciprocità della coscienze come cammino che porta alla verità, secondo le

prospettive di Gaudium et spes 16.La stessa imperatività morale può essere allora compresa e vissuta non come

imperatività limitante, ma come imperatività di cammino, retto da speranza:* un cammino di vita, di autenticità, di felicità;* un cammino segnato dalla ricchezza e dai ritmi propri di ogni persona, ma

contemporaneamente aperto e sostenuto da sincera corresponsabilità;* un cammino che la certezza dello "anticipo" fedele di Dio carica di possibilità e di

orizzonti sempre nuovi, malgrado la debolezza e i limiti.Significativa la sintesi delineata dal Catechismo della Chiesa Cattolica:

* «La coscienza deve essere educata e il giudizio morale illuminato. Una coscienza ben formata è retta e veritiera. Essa formula i suoi giudizi seguendo la ragione, in conformità al vero bene voluto dalla sapienza del Creatore. L'educazione della coscienza è indispensabile per esseri umani esposti a influenze negative e tentati dal peccato a preferire il loro proprio giudizio e a rifiutare gli insegnamenti certi» (n.1783).

* «L'educazione della coscienza è un compito di tutta la vita. Fin dai primi anni dischiude al bambino la conoscenza e la pratica della legge interiore, riconosciuta dalla coscienza morale. Un'educazione prudente insegna la virtù; preserva o guarisce dalla paura, dall'egoismo e dall'orgoglio, dai risentimenti della colpevolezza e dai moti di compiacenza, che nascono dalla debolezza e dagli sbagli umani. L'educazione della coscienza garantisce la libertà e genera la pace del cuore» (n. 1784).

Un tale progetto formativo esige un constante ripensamento del linguaggio e della stessa articolazione della proposta morale: non basta infatti che siano corretti i contenuti, ma occorre anche che essi siano effettivamente significativi per coloro ai quali essa è rivolta. È necessario perciò:* scegliere un linguaggio positivo: il bene è un sì, anche quando la formulazione a

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prima vista può sembrare un no. Non va mai dimenticato che nella visione cristiana il bene è beatitudine, anche se attraverso il farsi carico fiduciosamente della croce;

* evidenziare il perché e il significato, non dandoli mai per scontati, soprattutto nei riguardi di quei comportamenti su cui è più forte la pressione sociale o familiare;

* dare alla coscienza non solo il ruolo centrale che le spetta in tutta la vita morale, ma anche la profondità che ne assicura l'autenticità: una profondità dialogica con Dio, con gli altri e con lo stesso mondo;

* stimolare la crescita della capacità di discernimento: sottraendosi sia al "cosi fan tutti" sia al superficiale "io sento cosi"; riconoscendo l'importanza dei criteri oggettivi; ritrovando il gusto della responsabilità.. .

* aprire in maniera armonica a tutte le dimensioni etiche, non nascondendosi che il recupero di quella sociale riveste ancora una particolare urgenza;

* aiutare a maturare l'autentico senso del peccato, che dice sempre certezza di perdono. liberazione, conversione, crescita.

La grazia non viene ad aggiungersi alla proposta morale, ma si rivela come fondamento e possibilità:

* Dio non pone limiti, ma rende possibili ulteriori possibilità;* Il dovere è accoglienza grata del donarsi di Dio: è gratitudine gioiosa che spinge

a fruttificare;* l sacramenti (a cominciare da quello della riconciliazione) sono guarigione,

crescita, cammino;* Soprattutto l'eucaristia si svela come il camminare di Cristo con noi: per farci

nuovamente vibrare il cuore verso il bene (cf Lc 24,32). L'eucaristia dovrà porsi come effettivo progetto di vita: «è necessario che ogni fedele assimili, nella meditazione personale e comunitaria, i valori che l'Eucaristia esprime, gli atteggiamenti che essa ispira, i propositi di vita che suscita. Perché non vedere in questo la speciale consegna che potrebbe scaturire dall'Anno dell'Eucaristia?» (Mane nobiscum Domine, n.25)

Tutto questo esige che nel rapporto personale, soprattutto in quello del sacramento della riconciliazione, il nostro stile sia fedele a quello proprio del Cristo: sia, cioè, improntato alla chenosi misericordiosa, che, condividendo, guarisce, libera, fa crescere, proietta verso la santità.

Questo significa che il confessore dovrà sentirsi, secondo i suggerimenti di S. Alfonso:* innanzitutto "padre": accoglienza, ascolto, anticipo di fiducia, presunzione per il

penitente...* poi "medico", che non si ferma ai sintomi, ma cerca di arrivare alle radici dei mali,

per suggerire la medicina opportuna, cominciando dalla verità;* "dottore" che sa incarnare la verità nella storia concreta della persona, rispettandone

le capacità di comprensione e i ritmi di crescita e aiutando le coscienze a incontrare il dono che Dio sempre anticipa in Cristo e che rende possibile e gioioso il dovere;

* "giudice" che non banalizza il sacramento o sancisce l'illusorio legittimare ogni cosa, ma sa farsi compagno di cammino per individuare insieme le possibilità e i passi da compiere.

Diventerà possibile allora aprire i giovani allo stupore eucaristico: un Dio che si è fatto possibilità di vita per noi; che prova "gusto" a guarire e perdonare; che permette di dare senso anche alla croce; che trasforma la diversità in reciprocità.

Saremo allora veramente «convinti che compito primario della Chiesa sia testimoniare la gioia e la speranza originate dalla fede nel Signore Gesù Cristo, vivendo nella compagnia degli uomini, in piena solidarietà con loro, soprattutto con i più deboli» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 1).

Per l'ulteriore approfondimento è possibile partire da:AA. VV. Perdono dei peccati e riconciliazione. in Credere oggi, n. 95 (5/1996). AA. VV.. La coscienza, in Credere oggi, n. 128 (4 2002).ANTHONY F.Y. - GALLO L.A. MIDALI M . (a cura), Pastorale giovanile Sfide, prospettive ed esperienze, LDC, Leumann 2003.

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FIORE C., Etica per giovani. Appunti e spunti per una educazione morale. LDC, Leumann 2003.FRATTALLONE R., La Direzione Spirituale oggi. Una proposta di ricomprensione. SEI, Torino 1996.GATII G.. Confessare oggi. Un manuale per i confessori, Elle Di Ci. Leumann 1999.MA.lORANO S., La coscienza. Per una lettura cristiana. San Paolo, Cinisello Balsamo 1994.MARIANI V. - MELONI E., Costruire l'uomo. Percorsi di progettazione personale e comunitaria, Dehoniane, Bologna 2004.PIANA G.. L 'agire morale. Tra ricerca di senso e definizione normativa, Cittadella, Assisi 2001.RÒMEL T J., La coscienza. Un conflitto delle interpretazioni, Edacalf, Roma 200 l.SOVERIGO G. Senso di colpa. peccato e confèssione. Aspetti psicopedagogici. EDB. Bologna 1999.SPITERIS Y, Salvezza e peccato nella tradizione orientale, EDB, Bologna 1999.

giovani confratelliI TIROCINANTIGli incontriIl salesiano tra celebrazione e pedagogia di vita”

«Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un pò”». [Mc 6,30-31]

Senza alcuna retorica, mi sembra che lo scopo dell’incontro tirocinanti avvenuto il 13 e 14 di novembre, sia stato proprio quel ritirarsi in disparte richiesto dal Signore ai suoi…, semplicemente forse perché si è stanchi della routine quotidiana e si avverte la necessità di ristorarsi, sempre in stile salesiano, con altri confratelli che vivono le stesse dinamiche, difficoltà e gioie e che lodano il Signore con le parole del Salmo 133: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme”!

La stanchezza reciproca per i ritmi del tirocinio col desiderio di trascorrere del tempo insieme è emerso sin dal primo incontro, avvenuto per quanto mi riguarda, a piazza Vanvitelli (Napoli – Vomero), dove ho recuperato Thomas, giunto con il treno da Potenza. Poi, dopo pranzo, ci siamo ritrovati in piazza Garibaldi con Michele, Mirko e Giuseppe, giunti il primo da Corigliano d’Otranto e gli altri due da Soverato Istituto e Parrocchia. Intorno alle 17 il gruppo era quasi al completo, per un totale di 13 tirocinanti, riuniti intorno a un carrello imbandito a festa, per la felicità di più di qualcuno, nel refettorio della casa di Castellammare. L’incontro formativo del pomeriggio ha previsto un breve saluto da parte del Vicario e dell’Ispettore, don Franco, che ci ha esplicitato i motivi dell’incontro e comunicato alcune notizie di famiglia, ci è stata introdotta la conferenza di don Pino Ruppi, dal titolo “Il Salesiano tra celebrazione e pedagogia della vita”.

Nonostante il suo malessere fisico, don Pino non ha rinunciato ad una riflessione pensata e condotta con passione a partire dalla propria esperienza di salesiano sacerdote. Dalla denuncia fatta da don Egidio Viganò a riguardo di una certa anemia spirituale che perdura in Congregazione in particolare, e nella vita religiosa in generale, si è passati ai contenuti e principi della consacrazione, che, al rischio dell’attivismo e della funzionalità, contrappone ed esige una interiorità e una fecondità spirituale vissuti da don Bosco nell’ardore apostolico attivissimo e nel continuo raccoglimento in Dio: la liturgia della vita, di cui parlano anche le nostre Costituzioni. A motivo di tutto ciò, siamo invitati a ri-centralizzare tutta la nostra vita e quindi il nostro quotidiano attorno alla celebrazione dell’Eucaristia.

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Se pensiamo che celebrare è un ritornare, un frequentare un’azione e non soltanto un ricordare un evento, allora sorge la domanda: mentre celebro, frequento il sacrificio che celebro, ovvero mi sento parte viva di quel mistero di morte e di risurrezione, oppure sono spettatore di una scena che ormai non ha più alcun senso e questo perché, oltre alle distanze culturali e temporali, sono gli stessi sacerdoti e religiosi che ne sminuiscono il significato?

L’Eucaristia, fonte e culmine di tutta la vita cristiana ed ecclesiale, è uno dei cardini del Sistema Preventivo di d. Bosco, che non ha nulla a che fare con il formalismo dietro al quale spesso ci nascondiamo, e né con la sciatteria che spesso fa da padrona nelle nostre liturgie comunitarie.

Provocati da queste riflessioni, la conferenza è stata interrotta da una piccola festicciola fatta con i confratelli ammalati dell’infermeria ispettoriale, durante la quale come giovani confratelli in formazione, abbiamo ricevuto, nella semplicità e nell’umiltà, delle belle testimonianze di vita da parte di chi ha fatto della fedeltà e della perseveranza al Signore e a Don Bosco il proprio motivo di gioia e felicità eterna. Abbiamo, poi, ripreso l’intervento di don Pino. Siamo rimasti contenti di aver potuto riflettere salesianamente sul tema dell’Eucaristia nella sua dinamica celebrativa e nel suo risvolto di pedagogia del Sistema Preventivo.

La serata ha avuto il suo “culmine di fraternità e di gioia” in un tempo prolungatamente conviviale. Domenica, si è continuato il confronto iniziato il giorno prima, mediante una breve riflessione da parte dell’Ispettore in cui ha ribadito l’importanza della fedeltà nell’obbedienza e nella confidenza con il Superiore, e ha presentato alcuni trucchi del mestiere per perseverare nella consacrazione religiosa.

Poi il vicario, mentre d. Franco ci incontrava personalmente, ha commentato ed approfondito alcuni articoli del capitolo “Natura e scopo del tirocinio” della Ratio. Momento centrale della mattinata è stata la celebrazione dell’Eucaristia con i confratelli ammalati, presieduta dall’Ispettore. Dopo un pranzo di tutto rispetto, e saluti fulminei, ciascuno ha fatto ritorno a casa propria, e ci si è rituffati nelle attività di ogni giorno. Dell’esperienza rimane la gioia della condivisione e l’invito a rinnovare il proprio amore a Gesù Eucaristia per dare senso a tutta la nostra vita nell’attesa operosa della venuta del Regno di Dio in mezzo ai giovani.

Alessandro Negro SDB

L’incontro tirocinanti a San Tarcisio: un momento di ricarica fisica e spirituale

La splendida casa di San Tarcisio, dal 25 al 27 febbraio, è stata il campo base dell’incontro dei tirocinanti dell’Italia salesiana. Della nostra Ispettoria hanno partecipato ben 12 giovani confratelli. Per loro è stato il secondo incontro dopo il raduno tenutosi a Castellammare. I tirocinanti delle diverse Ispettorie, venerdì 25 febbraio, hanno potuto gioiosamente cantare in coro il celeberrimo canto Siamo arrivati da mille strade diverse per ritrovarsi tutti al centro del mondo, nella caput mundi. Per molti si è trattato di un tuffo in un recente passato, il postnoviziato, certamente pieno di bei ricordi e di colorate emozioni. Per chi non era passato di lì, per chi non avevo potuto passeggiare lungo il viale alberato che porta alle Catacombe di San Callisto, stralcio significativo delle origini della cristianità, l’occasione irripetibile di conoscere nuovi confratelli e nuove esperienze salesiane. Siamo stati accolti con affetto dal Direttore della casa don Ezio Orsini e dai confratelli ‘filosofi’. Dopo cena i postnovizi ci hanno regalato un’allegra serata durata fino a notte fonda. Tra una risata e l’altra il tempo è passato in fretta ed era importante andare a riposare perché il nuovo giorno sarebbe stato pieno di doni spirituali. Difatti l’indomani era riservato al ritiro e all’incontro con il Regionale don Frisoli.

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La mattinata del sabato è stata tutta dedicata alla preghiera e alla meditazione. Come Gesù chiamava gli apostoli in disparte per riposarsi un po’ e pregare con lui, così don Luigi Bosoni, ex Consigliere del Rettor Maggiore, ci ha radunato intorno a sé offrendoci una intensa meditazione sulla tappa salesiana del Tirocinio. Don Luigi, nella sua riflessione, ha ripreso ciò che sul Tirocinio dicono le nostre Costituzioni e la Ratio (preghiera, voti, vita comunitaria e missione), per poi radicare il tutto sulla roccia salda della Parola di Dio soffermandosi sul Salmo 1. Alla meditazione di don Luigi è seguita quella personale, poi abbiamo condiviso il tutto nell’esperienza apice della comunione cristiana, cioè l’Eucaristia.

Il pomeriggio ci ha riservato un ulteriore momento di grazia, l’incontro con don Frisoli. Con lui si è cercato di condividere il vissuto del tirocinante del nostro tempo, quale la qualità della sua vita comunitaria e pastorale. Essendo il Tirocinio una tappa importantissima per la vita salesiana, don Frisoli ha sottolineato che il Tirocinio è un tempo prezioso di apprendistato salesiano. Il tempo in cui si sta accanto al vasaio per imparare a modellare il vaso. I tirocinanti non sono degli autodidatti, ma giovani confratelli alla scuola di altri più maturi. Don Frisoli ci ha lasciato come impegno quello di salvaguardare sempre un costante equilibrio tra le seguenti dimensioni: tempo, studio, preghiera, momenti di comunità. In sostanza, equilibrio tra progetto personale e progetto comunitario. Don Frisoli ha concluso ricordandoci che il giovane confratello è costruttore della comunità, sangue nuovo.

Ma, nell’esperienza inebriante del monte Tabor, Gesù disse a Pietro: “Scendi Pietro”. Così anche noi siamo scesi per goderci un momento di relax. Una bella e lunga passeggiata notturna ci ha fatto gustare la bellezze di Roma.

L’ultimo giorno, la domenica, è stato riservato al ‘faccia a faccia’ con i postnovizi. Ognuno ha condiviso con gli altri la sua esperienza di Tirocinio. I postnovizi, futuri tirocinanti, hanno voluto conoscere tutto della vita che li è aspetta. Le esperienze raccontate sono state tutte belle e arricchenti. L’incontro tirocinanti si è concluso con l’Eucaristia domenicale ed un ricco pranzo salesiano. Poi abbracci e auguri. Alla prossima. Tutti siamo tornati nelle nostre comunità e alla nostra missione con nuove energie e nuove esperienze, con nel cuore il ricordo di uno speciale evento di grazia.

Mihai TömeTirocinante di Potenza

giovani confratelliIL IV ANNO DI PASTORALEPer conoscere un cammino

«Oh! Ciao come stai? Cosa fai quest’anno? In quale casa ti trovi? Fai il IV anno? Ah, tu sei il “tirocinante, ripetente che deve recuperare….”!!!»

Queste e altre frasi ci siamo sentiti “recapitare” in questi mesi dai confratelli che si incontrava nelle diverse riunioni. Allora è bene presentarci e raccontarvi l’esperienza e il vissuto di noi confratelli perpetui dell’ormai “leggendario” IV anno di pastorale.

Confesso, che faccio fatica a dare un indirizzo specifico a questo articolo perché tanto si dovrebbe dire sul IV anno in sé, così come indicato dalla nostra ratio fundamentalis institutionis et studiorum, e di come concretamente la nostra congregazione si è sforzata di attuarlo; poter fare un piccolo bilancio di cosa è fattibile e di cosa non lo sia di essa alle soglie del suo quinto anno di vita e potremmo andare avanti…

Mi limiterò semplicemente a raccontare la nostra esperienza di Ispettoria.Siamo 5 giovani confratelli che una volta al mese si incontrano per prepararsi e

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formarsi ad una missione piena e attiva in mezzo ai giovani e per completare gli studi che ci porteranno a far parte piena, attiva e consapevole dell’Ordine.

Siamo già a dicembre e con fedeltà, fatica e costanza abbiamo già “vissuto” il nostro terzo incontro.

Il primo a settembre fu programmatico: anche noi, in modo attivo e non passivo, ci siamo ritrovati a mettere su carta i nostri buoni obiettivi e contenuti da voler realizzare. A ottobre accompagnati da Suor Pina del Core1, abbiamo riflettuto su “Accompagnamento Spirituale e Crescita personale”. Dopo un tempo sufficiente di confronto con lei e l’opportuna fraternità tra noi, abbiamo celebrato assieme l’Eucarestia. Nel mese di novembre i nostri incontri hanno segnato una pausa, per ovvi impegni su altri fronti pastorali, mentre nel mese di dicembre il nostro “Virgilio” che ci ha accompagnato tra le pagine e le righe della Pastores dabo vobis2, con le sue implicanze pastorali e spirituali, è stato la squisita e gradita presenza di sua Ecc.enza Mons. Vincenzo Pelvi3.

La nostra è sicuramente (è onesto e doveroso ammetterlo) una situazione eccezionale rispetto alle indicazione che la Congregazione ha fatto a tutte le ispettorie d’Italia riguardo ai confratelli che, terminati gli studi di Teologia, non possono proseguire con il IV anno di pastorale.

Diversi sono i fatti, i motivi e le circostanze che hanno indotto i Superiori ad approntare un quarto anno di pastorale in ispettoria. Ma è pur vero che, al di là delle scelte o delle motivazioni personali, il nostro cammino (serio, costanze e non per ultimo ricco di contenuti e di stimoli di crescita personale e vocazionale) lo stiamo attuando, con impegno, ma con non poche difficoltà per noi giovani confratelli, inseriti attivamente e pienamente nelle attività pastorali delle case (Massimo De Luca a Napoli don Bosco, Mark Tusha a Vibo, Ben Gilaj a Noverato Istituto, Fabio Dalessandro a Molfetta e Fabio Bellino a Torre Annunziata).

E se pur con non poche difficoltà organizzative e salti mortali siamo seguiti con premura e attenzione dal nostro Vicario, don Tobia. In genere c’è anche l’Ispettore, quando non è bloccato da visite ispettoriali.

Vorrei concludere lanciando degli interrogativi che mirino a una riflessione critica e propositiva sulla formazione dei giovani confratelli.

Volutamente non ho parlato degli indirizzi presi nell’ultimo periodo sul quarto anno di pastorale (e proprio perché indirizzi sono ancora in fase di realizzazione e ridefinizione). Ma mi domando, e le domande le rivolgo a voi: siamo ormai al quinto anno dal “battesimo” della nuova Ratio: proviamo a darne delle valutazioni. A livello di contenuti4, nulla da dire, anzi all’avanguardia, ma sul modo di attuarli e interpretarli? Non sembra anche a voi che i giovani confratelli siano indirizzati verso una formazione un po’ troppo intellettualistica e poco esperienziale nel quotidiano e nel vissuto? Una formazione che mira ad acquisire contenuti, metodi e conoscenze, ma poi nella parte pastorale (quella che poi ci chiama a giocarci con le storie e le vite dei ragazzi e giovani) sia un po’ fragile? Se si chiama anno di pastorale, perché è ancora (a mio avviso) sbilanciato eccessivamente verso una forma di studio e di apprendimento stile scuola e/o studentato?

Lungi da me la tentazione di essere fomentatore o rivoluzionario, ma vorrei stimolarvi a riflettere insieme su alcune forme e scelte di studentati che spesso non aiutano noi giovani confratelli a essere il don Bosco del 2000 per tanti giovani. Qualcosa sta cambiando, grazie agli indirizzi e le indicazioni provenienti da Roma, ma tanto c’è da cambiare5.

La mia formazione, oltre al forte accompagnamento dei superiori, dei confratelli che condividono con me questo IV anno, dei diversi incontri che mensilmente facciamo, si sta notevolmente arricchendo mettendomi alla “scuola pastorale” di salesiani che sul campo ti indirizzano, ti sostengono e ti comunicano quell’esperienza che non si impara solo sui libri.

Un po’ come capitava ai primi salesiani che, terminati gli studi, si mettevano alla scuola e vicino al caro don Bosco. E’ inutile, certi dinamismi pastorali li si impara da

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uomini di spirito e di fede, vedendoli all’opera, in campo.Fabio F. Dalessandro sdb

1. Vice preside e docente all’Unversità Auxilium di Roma, Presidente del COSPES Nazionale e docente all’Università Pontificia Salesiana a Roma.

2. Pastores dabo vobis, esortazione apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II circa la formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali, del 25 marzo del 1992.

3. Ecc.enza Mons. Vincenzo Pelvi, Vescovo Ausiliare di Napoli. 4. La formazione dei salesiani di don Bosco, principi e norme, ratio fundementalis

institutionis et studiorum, Roma 2000, Ni : 459-500.5. Alla riforma della ratio deve fare riscontro un coerente rinnovamento formativo e come

dice Mons. Magrassi, riguardo alla riforma liturgica ma, a mio avviso, applicabile benissimo alla nostra ratio: « Il rinnovamento non è nei testi, ma nelle teste, si tratta di cambiare l’intimo dell’uomo, il cuore; se non si rinnova il cuore non si rinnova niente anche con tutta la novità dei testi…», in “Maestri della fede” 154, Elle Di Ci, Leumann 1981, pp.17-18.

giovani confratelliNOI SACERDOTI DEL QUINQUENNIOPer conoscere un cammino

Carissimi amici, gli scorsi lunedì 7 e martedì 8, noi giovani confratelli del quinquennio, ci siamo incontrati presso la casa salesiana di Santeramo per vivere l’ultimo incontro ispettoriale di formazione di questo anno sociale, così come da programmazione. Come quinquennio avevamo già vissuto un incontro-laboratorio con le nostre consorelle, appartenenti alla fase formativa dello Juniorato, presso la casa delle FMA di Torre Annunziata, Villa Tiberiade, nel mese di dicembre, sul tema della reciprocità.

Con quest’ultimo appuntamento di Santermano, siamo riusciti a realizzare quanto previsto dalla programmazione ispettoriale per i sacerdoti del quinquennio. Programmazione che noi stessi, peraltro, avevamo abbozzato nel corso degli incontri dello scorso anno, almeno nelle grandi linee. E infatti, la partecipazione e l’interesse ad entrambi gli appuntamenti è stata consistente ed interessata da parte di tutti i partecipanti. Appassionata, oserei quasi dire.

Entrambi gli incontri ci hanno permesso di realizzare anzitutto un buon clima di familiarità e un discreto affiatamento fra di noi. Il che non è affatto poca cosa. Il rischio di vivere anche noi lo stile del ‘fast moving society, come definiscono gli esperti la nostra società, infatti, è un rischio tutt’altro che remoto. In altri termini, anche nei nostri ambienti, purtroppo, in un gioco di cinico paradosso, i nostri rapporti rispecchiano né più, né meno i tratti di una società che corre troppo velocemente. L’essere riusciti ad utilizzare il tempo a nostra disposizione per scambiarci esperienze, punti di vista, difficoltà, attese, desideri e sogni, per me, allora, già ha centrato l’obiettivo di questo tempo di formazione.

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La ricchezza di questi incontri, inoltre, si è manifestata anche nella loro capacità di ‘obbligarci’ a staccare con le occupazione, le pre-occupazioni e le relazioni quotidiane, e uscire fuori dall’ordinario, per vivere occasionali tempi di pausa e aggiornamento. Tutto questo è, senz’ombra di dubbio, conditio sine-qua-non per un impegno pastorale efficace (che superi la mera categoria dell’efficienza). Alla voce ‘formazione’ del nostro organizer, forse, non avremo mai il coraggio di scrivere che tra gli obiettivi degli incontri del quinquennio vogliamo che ci sia anche quello del riposarsi (e qui mi vengono in mente le parole di Gesù dette ai suoi: ‘venite in disparte e riposatevi un poco’…!) e condividere la vita in un contesto di apparente ‘non-produttività’. Ma non fa niente. Certi obiettivi non vanno scritti, vanno semplicemente voluti e, quindi, vissuti.

Ma prima che qualcuno se ne esca con la fatidica frase: ‘lo sapevo io che questi incontri servono solo per perdere tempo!’, per dovere di coscienza devo aggiungere che il quinquennio è anche tempo di formazione, intesa nel senso più tradizionale del termine. Le due giornate dell’ultimo incontro, infatti, le abbiamo vissute con il competente don Nunzio Galantino, un sacerdote parroco della diocesi di Cerignola, insegnante di antropologia teologica e incaricato della commissione CEI per il riordino degli studi teologici dei seminari, che l’equipe di formazione aveva già incontrato e conosciuto due anni fa proprio a Cerignola, in occasione di un incontro di aggiornamento pastorale della stessa. L’obiettivo dell’incontro a Santeramo con don Nunzio era quello di farci riflettere sulla nuova evangelizzazione in un contesto di nuove antropologie. Il tema si è presentato immediatamente affascinante e in quanto alla sua componente teorica e in quanto a quella pratica.

Non possono non interpellarci –mi pare- tutti i mutamenti che coinvolgono l’uomo contemporaneo e tutti quei filoni culturali che gestiscono la cultura moderna. E’ un dovere della Chiesa -ci siamo detti più volte durante l’incontro- scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo (cfr GS, 4).

Ma è anche un dovere dell’educatore-pastore sapere che il giovane a cui lui si rivolge è un giovane intriso di nichilismo (che dice, cioè, il rifiuto di ogni verità oggettiva e l’affermazione della cultura del niente), di ecclettismo (che a sua volta afferma l’incapacità di assumere singoli riferimenti e una miscellanea di verità e comportamenti tra loro inconciliabili), di occultismo (che è, in ultima analisi, la volontà di esorcizzare le proprie paure), di indifferentismo (che risponde alla logica della mancanza di domande esistenziali), di edonismo (inteso come overdose di superfluo) e di scientismo (che è il ritenere accettabile unicamente ciò che è verificabile scientificamente).

In un contesto culturale di sbiadimento dell’immagine prometeica dell’uomo, di pensiero debole, di nomadismo etico ed esistenziale, di crescita della cultura del desiderio, di una concezione di storia colta come ‘accasciata’ sul presente e della morte di Dio che genera la morte dell’uomo, noi salesiani siamo chiamati in causa in quanto Chiesa, anzitutto, e in quanto profezia carismatica. La nostra missione non può non essere una missione dell’ottimismo. Una missione che si deve definire sempre di più come azione pastorale capace di cogliere la situazione attuale non come il rovo che soffoca il germoglio, ma piuttosto come il solco in cui può e deve essere annunciato il Vangelo. Da qui un ulteriore nostro compito: solcare la consapevolezza postmoderna dell’illusorietà dei tanti ‘idola tribus’ come realtà costitutiva dell’antropologia cristiana che ha il compito di relativizzare ogni realtà storica (in riferimento all’unica Verità che è Gesù Cristo), ovviamente senza svalutarla.

Mi sono soffermato particolarmente sul tema di quest’ultimo incontro perché mi sembra particolarmente urgente per noi e per una riflessione e un’azione educativo-pastorale intelligente. In quest’ottica, mi sembra, per esempio, che acquista anche più valore la riflessione sulla fragilità vocazionale che la nostra ispettoria e tutta l’Italia salesiana sono chiamate a fare. Come anche il discorso sul coadiutore!

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L’aver indugiato sull’argomento di queste due giornate non vuole essere assolutamente un’irriverente dimenticanza nei confronti dei vari temi trattati in questi ultimi anni (penso all’accompagnamento vocazionale dello scorso anno), degli esperti che ci hanno accompagnato (uno per tutti don Manuel Jesus Garcia) e delle esperienze di famiglia salesiana vissute (ad esempio l’incontro con alcuni cooperatori particolarmente attivi nella pastorale dei alcune opere salesiane della Campania).

A conclusione del mio periodo di quinquennio, concludo dicendo il mio grazie alla Congregazione che ha pensato per me un ulteriore tempo di formazione dopo l’ordinazione e all’ispettoria che ha saputo sapientemente rendere effettivo quest’impegno.

A nome di tutti i quinquennisti,Buon Triduo Santo e buona Pasqua!

Gino Martucci

Famiglia Salesianavita di associazioneNUOVO CONSIGLIO Il nuovo Consiglio di Presidenza Exallievi della Puglia

Il giorno 12 dicembre, presenti il Consigliere Naz. Avv. Panaiotti Michele, Commissario, il Vicario Isp. e Consigliere FS, don Tobia Carotenuto, il Delegato regionale, don Riccardo Cariddi, presenti tutto il Consiglio Ispettoriale uscente e i rappresentanti delle Unioni locali (eccetto Santeramo e Taranto Istituto), si è proceduto alla elezione della Nuova Presidenza Ispettoriale della Federazione Pugliese.

Sono risultati eletti:Bruno Tommaso dell’Unione di Taranto SC  Cascione Antonio dell’Unione di Bari  Fiore Nicola dell’Unione di Corigliano d’OtrantoLudovico Pasquale dell’Unione di Taranto SC  Scillitani Maria dell’Unione di Brindisi  Suriano Saverio dell’Unione di Andria  Zauframundo Pietro dell'Unione di BariMeritevoli di attenzione le parole iniziali rivolte alla numerosa assemblea da parte

del Commissario Panaiotti: Va superato il concetto di un’animazione come burocratismo istituzionale.

È il territorio delle persone che va animato. Non c’è vero progetto degli Ex – Allievi se non inserito nel Progetto della

casa locale o della FS. Ci si deve inserire in queste realtà vitali mettendosi a servizio con le proprie risorse e le ricchezze.

L’exallievità è la storia di d. Bosco e perciò sta con chi sta con d. Bosco. Animare da Ex – Allievi significa raccordarsi coi bisogni del territorio

salesiano. L’Unione collabora al Progetto di quella casa salesiana dove risiede, senza

assolutizzare il progetto exallievi. L’Unione Ex – Allievi è parte della casa salesiana.

Don Riccardo ha invitato a chiedere a Maria la gioia del servizio ai giovani.Don Tobia ha espresso riconoscenza al Consigliere nazionale, al Consiglio uscente

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e alle Unioni locali per la fedeltà a don Bosco, conservata in questo tempo trascorso nella rivisitazione delle vere motivazioni che legano alle Unioni. Ha incoraggiato ciascuno a purificare la memoria di esperienze provate e ha espresso la fiducia per ciascuno nell’essere persona cui deve stare a cuore più la comunione che l’interesse di parte.

L’anno eucaristico sia di sostegno nella fatica, anche nell’offerta della rinunzia personale perché, nella ricchezza di doni, competenze e profili salesiani personali, si promuova quell’unica ostia del servizio, che è appunto la sintesi delle tante buone risorse degli exallievi.

Successivamente il neo Consiglio si è riunito il 9 Gennaio 2005 ed ha eletto come Presidente Regionale il sig. Cascione Antonio.

radici di un carismaLA FIGURA DEL DELEGATODEI COOPERATORI SALESIANIUna scheda per riscoprire, formare, rilanciare

Il delegato è un animatore spirituale, responsabile soprattutto della formazione salesiana apostolica.

Il delegato deve essere: Formato per le funzioni richieste Fedele alla Chiesa Capace di alimentare la vita spirituale ed apostolica dei CCSS Un consigliere saggi che sa assistere ed appoggiare Aperto al dialogo Promotore convinto all’apostolato laico

Cosa fa un delegato? Il delegato è un animatore spirituale: nel senso del CJC 317 § 2 chiamato a dare e stimolare la vita e vitalità dell’ACS della crescita vocazionale dei singoli e dei gruppi agente di crescita, particolarmente per i dirigenti

Il Delegato è un formatore Salesiano ed apostolico “maestro” esperto di: spirito, preghiera, apostolato della formazione umana, cristiana, ecclesiale, salesiana

Il Delegato è un formatore La sua presenza deve assicurare la salesianità l’impiego apostolico di ciascun cooperatore e dell’Associazione

- nei momenti formali- nei momenti di fraternità

Il delegato partecipa di diritto al Consiglio. Perciò:

Ha l’obbligo di assistere alle riunioni del Consiglio Senza però arrogarsi il ruolo del Coordinatore o degli altri consiglieri

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(incluso quello dell’addetto alla formazione)

La formazione del delegato:Ne ha bisogno! Non basta la lettera di nominaLa formazione del delegato deve portare – tra l’altro – ad un approfondimento:- dell’identità e del ruolo della Famiglia Salesiana- dell’identità, della missione e dei doveri del cristiano laico- deve lasciarsi formare anche dai laici!

Autonomia nella comunioneElementi di autonomia:

Funzionamento del consiglio ispettoriale e del consiglio locale Il ruolo giusto del delegato Il ruolo dei responsabili ed incaricati (coordinatori, amministratori,

segretari, consiglieri)

Elementi costituzionali della secolarità salesiana vocazione comunione missione

I relativi elementi sussidiari indispensabili formazione autonomia comunicazione

L’obiettivo ultimo: Un cammino di santità

formazione delegati FSUNA ESIGENZAIncontro dei delegati per i Cooperatori e gli Exallievi

Il freddo polare, qualche albero imbiancato, ma un’accoglienza calorosa hanno caratterizzato l’incontro dei delegati che si è tenuto a Santeramo il 2 marzo u.s. A questo momento formativo, il secondo di un itinerario che vuole rispondere ad una esigenza di formazione , erano presenti quasi tutti i delegati di CC ed Ex/i della Puglia, segno questo, ha sottolineato il Vicario nel saluto iniziale, di attenzione e sensibilità alla laicità. Erano stati invitati anche la Coordinatrice ispettoriale dei Cooperatori e il Presidente degli Exallievi, che hanno condiviso, in un clima molto familiare, ogni momento della giornata.

Ad offrire i contenuti formativi di questo incontro è stato don Stiepan Bolkovac, Delegato mondiale dei Cooperatori, che con grande simpatia e vivacità, ma anche competenza e autorevolezza, ha offerto molti spunti di riflessione.

Prima di entrare però nel tema particolare ha voluto rinfrescare alcune idee sulla Famiglia Salesiana, ribadendo il concetto che come salesiani si è protagonisti con tanti fratelli e sorelle della stessa missione che accomuna tutti , consacrati e laici, se pure in forma diversa.

Ha presentato poi la figura del delegato, il suo ruolo e i suoi compiti.Da questo “identikit” è emersa la figura di un “animatore spirituale, responsabile

soprattutto della formazione apostolica salesiana” che cura la propria formazione approfondendo , tra l’altro, l’identità e il ruolo

della FS, l’identità, la missione e i doveri del cristiano laico;

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è consigliere saggio , aperto al dialogo e capace di alimentare la vita spirituale ed apostolica;

è promotore convinto dell’apostolato laico; è guida spirituale dei singoli e dei gruppi, agente di crescita vocazionale; è maestro esperto di spirito, preghiera e apostolato; è attento alla formazione umana, cristiana, ecclesiale e salesiana dei laici

che accompagna; si lascia formare anche dai laici; e rispettoso dell’autonomia, che però è strutturale, non carismatica, e sa

valorizzare gli elementi di comunione.Dopo l’intervento di d. Stiepan e un momento di pausa, c’è stata una condivisione

in assemblea con scambio di esperienze, impressioni, proposte.L’incontro si è concluso con il pranzo, confortati dal calore del camino e da

un’ottima cucina.

Jose Zubani(Coordinatrice ACS Puglia)

per CC e ExallieviTRA REGOLAMENTO E PRASSILettera di don Stjepan Bolkovac, delegato mondiale CC

Invitato fraternamente da don Tobia Carotenuto e da don Riccardo Cariddi, don Lamparelli e don Resta Luigi all’incontro di primavera dei delegati locali per i Cooperatori Salesiani della Ispettoria Salesiana Meridionale, vi ho preso parte con molta soddisfazione e gioia, perché, dato che ho fatto gli studi di teologia a Castellammare di Stabia donati come aiuto alla giovane Ispettoria Croata in fondazione, mi sono sentito come tornare un po’ a casa mia. Ed infatti ho trovato dappertutto i confratelli con i quali ho condiviso gli anni di studio e di formazione. Però la mia intenzione qui non è di rispolverare i sentimenti fraterni passati, ma di esprimere la gioia delle giornate vissute e condivise con i delegati ispettoriali e locali per i Cooperatori Salesiani a Santeramo, Lamezia e Napoli Don Bosco. A Santeramo è stata molto gradita la presenza della Coordinatrice IME puglia, sig.ra Jose Zubani e del Presidente degli Exallievi/-e sig. Cascione Antonio, come pure a Napoli don Bosco del Coordinatore IME campa-bas. sig. Antonio Boccia e del Presidente degli Exallievi/-e, sig. Rodolfo Graziano.

Il tema trattato è stato: La figura del delegato/-a salesiano/-a nel Regolamento di vita apostolica e nella attuale prassi. Dopo una presentazione presa dal Manuale per i dirigenti dei Cooperatori Salesiani, cap. II e III, è uscita una discussione utile e preziosa non solo per l’aggiornamento di mentalità ma anche come riflesso della realtà che si vive in diversi centri locali. In poche parole le conclusioni si potrebbero riassumere così:

La mentalità sempre più crescente dei Cooperatori Salesiani di essere i “salesiani esterni” come li voleva don Bosco, cioè di essere oggi una vocazione laicale e ministeriale salesiana nella Chiesa e nel mondo, chiede dai salesiani e dalla salesiane consacrati/-e degli assistenti coscienti di questo forte cambio da vedere, riconoscere e seguire.

I cooperatori e le cooperatrici salesiani accettati una volta con la iscrizione nell’Associazione con una mentalità di collaboratori, benefattori ed amici delle opere salesiane, scompaiono. I giovani cooperatori, coscienti oggigiorno della mentalità

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laicale protagonista, non accettano un associazionismo passivo e comandato, ma chiedono di agire in modo vicendevole nella grande area della missione salesiana. Per questo nuovo volto hanno bisogno di assistenti, capaci di impostare con loro una formazione adeguata e aggiornata ecclesiale e salesiana della loro vocazione laicale battesimale.

Una sana visione dell’Autonomia strutturale, come la chiamava e chiedeva il compianto Rettor Maggiore don Vecchi (e non quella carismatica), deve essere costruita con paziente impegno di tutti e con una maggiore presenza nel mondo attraverso una voce dell’Associazione ai diversi livelli con le dichiarazioni e le proposte di progetti secondo le nuove regole di comportamento in una Europa laicista.

È bello vedere che lo spirito salesiano familiare, aperto e gioioso si incontra nelle opere e nelle relazioni. Questo spirito familiare credo che sarà di grande aiuto a superare alcuni ostacoli della imposizione dei ruoli tra le diverse vocazioni salesiane e ad accettare la loro ricchezza in modo vicendevole per la vasta missione salesiana come la voleva Don Bosco, con tante forze diverse unite fra di loro per il bene dei giovani e dei ceti popolari.

Il nostro attuale Rettor Maggiore don Pascual Chávez V. chiede da tutti i rami della Famiglia Salesiana di acquistare questa nuova mentalità di tante forze diverse, unite tra di loro con lo spirito e apostolato salesiano in un movimento sempre in crescita, e a farlo attraverso le Consulte della Famiglia Salesiana ai diversi livelli.

Devo dire che in fraterna compagnia di don Tobia e di tutti i presenti negli incontri ho trovato i cuori aperti e ho portato con me la ricchezza e la forza della vocazione salesiana. Grazie!

Stjepan Bolkovac

giornata di studio FSIDENTITÀ, CULTURA E VOCAZIONE SALESIANALa Campania

Il 13 febbraio 2005, presso la casa Salesiana di Castellammare di Stabia, come molti di voi sapranno, si è svolta la Giornata di Studio della Famiglia Salesiana.

Quella del 13 febbraio è stata una vera esperienza di famiglia e lo si evince proprio percorrendo tutte le varie tappe che hanno portato alla realizzazione della giornata.

La Consulta Ispettoriale della Famiglia Salesiana, nell’incontro di ottobre 2004 tenutosi a Villa Tiberiade, ha definito il tema è le date per le tre regioni della nostra Ispettoria, dando mandato alle Consulte Regionali di organizzare il tutto, sottolineando l’importanza che rivestono questi momenti di comunione tra i vari gruppi della Famiglia Salesiana.

Il tema proposto “Rapporto tra identità, cultura e vocazione salesiana” è stato, per la Campania-Basilicata, magistralmente trattato dal Prof. Pino Acocella, Cooperatore Salesiano e docente dell’Università degli Studi di Napoli.

Destinatari della giornata erano i Consigli locali ed Ispettoriali dei vari gruppi della Famiglia Salesiana.

La giornata ha avuto inizio in cappella, con la preghiera della lodi della prima domenica di Quaresima e successivamente in aula magna, per la relazione sul tema.

Pino Acocella ha cominciato col porre l’attenzione sui termini “identità” e “cultura”.

L’identità riguarda l’essere.

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La cultura riguarda il fare.La cultura ci spinge a fare, all’apparire, all’attivismo, l’identità ci caratterizza

perché espressione del nostro essere.Mentre l’identità non cambia l’essere, la cultura riguarda la storia in cui si vive.Esempio a noi vicino di integrazione tra identità e cultura è il sogno dei 9 anni di

Giovannino Bosco.I due Personaggi con cui Giovannino dialoga nel sogno danno chiare indicazioni

sul cosa dovrà fare, ma anche chi sarà Giovannino da grande.Ed è qui che si allaccia la vocazione.La vocazione orienta l’identità.Un’identità salesiana che non può esistere se non all’interno della Chiesa e che ci

caratterizza per l’annuncio ai giovani della salvezza che scaturisce dal Cristo Risorto.Don Tobia saluta Pino Acocella, che non è rimasto per l’intera giornata per

impegni personali, aggiungendo che l’impegno vocazionale chiama ad essere attenti alla cultura in cui si è immersi sottolineando l’identità.

Il Rettor Maggiore nella sua “terza lettera” alla Congregazione fa un appello, a partire dagli SDB, a mantenere la propria identità con chiaro riferimento allo specifico di ciascun gruppo..

Attenzione a essere fedeli alla vocazione di Cristiani per non “consegnare ad altri” quelli che ci sono stati affidati. perdendoli a Cristo e alla Chiesa.

La mattinata è continuata con i gruppi di studio, all’interno dei quali ognuno ha avuto modo di confrontarsi, con gli altri, sulle sollecitazioni scaturite dall’ascolto della relazione più altri spunti di riflessione che lo stesso Pino ci ha suggerito.

Dopo l’ottimo pranzo (il menù è stato curato da Don Pasquale Anastasio personalmente!!) abbiamo condiviso quanto emerso nei gruppi di studio.

La mancanza di comunione è un ostacolo.Fare comunione fa recuperare l’identità.L’evangelizzazione sia al primo posto nelle programmazioni; i servizi e la scuola

siano strumenti, recuperando anche il valore del gioco e dell’intrattenimento.Gli animatori siano formati come primi evangelizzatori. Essere testimoni fedeli all’identità salesiana e cristiana per trasmettere reali punti

di riferimento.Recuperiamo la progettualità (ottica della profezia) guardando al futuro,

privilegiandola rispetto all’immediato (logica dell’emergenza). La realtà territoriale non fa riconoscere regole sociali certe per cui grande è la

difficoltà di inserimento giovanile in maniera corretta e coerente.Occorre agire in questo campo fornendo gli strumenti idonei e interagendo con le istituzioni, sorretti dall’ottimismo evangelico in ogni attività quotidiana.

Queste osservazioni sono materiale sul quale possiamo e dobbiamo lavorare sentendoci tutti coinvolti.

Da quanto detto e vissuto il 13 febbraio, nel voler sintetizzare una conclusione è che ognuno abbia il coraggio di assumersi la responsabilità dell’identita di cristiani battezzati appartenenti alla Famiglia Salesiana.

Per gli amanti delle statistiche a Castellamare eravamo 59 presenti, così suddivisi:

2 SDB7 FMA26 Associazione Cooperatori Salesiani7 Exallievi di Don Bosco (SDB)6 Exallievi di Don Bosco (FMA)3 Volontarie di Don Bosco6 TR 20001 Salesiane Oblate del Sacro Cuore1 Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA)Un ringraziamento a quanti hanno lavorato per la riuscita della giornata è

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doveroso, ma come spesso succede elencarli diventa difficile perché è facile (gioco di parole!!) dimenticarne qualcuno.

Quindi nel ringraziare Don Tobia, Suor Velia, rispettivamente Vicario Sdb e Vicaria FMA ringrazio tutti.

Antonio BocciaCoordinatore ACS Campania-

Basilicata

associazione Mamma MargheritaVIVIAMO L’EUCARISTIAIl secondo incontro dei genitori dei salesiani della Puglia

Un'ampia sala dell'Istituto Salesiano di Santeramo nella quale siamo stati ricevuti dalla squisita ospitalità di don Pasquale Martino e soprattutto dello sguardo serio e al tempo stesso amorevole del volto di Mamma Margherita che pendeva da una parete, ha latta da cornice al secondo incontro dei genitori dei salesiani della Puglia meridionale, voluto e presieduto da don Ferdinando Lamparelli, referente ispettori aie A.M.M.

Per l'occasione Santeramo si è vestito della sua veste migliore, intatti un sole luminoso in un cielo terso mitigava la temperatura che in quel luogo è.. .notoriamente rigida! (chi ha avuto la ventura di soggiomarvi può ben dirlo!). Dopo aver accolto e salutato i convenuti, don Lamparelli ci ha introdotti ad una riflessione attenta c puntuale sulla strenna del Rettor Maggiore attraverso una comunicazione dal titolo "viviamo l'Eucarestia".

Infine ci ha informati di alcune iniziative che, d'accordo con l'ispettore, intende realizzare con l' A.M.M. e cioè: un pellegrinaggio dei genitori dei salesiani ai luoghi di don Bosco e di Mamma Margherita, dal 12 al 16 Aprile 2005, con partenza da Napoli;

Esercizi spirituali per i genitori e i familiari dei salesiani, predicati da don L'Arco, a Pacognano, da domenica 19 a sabato 25 Giugno 2005.

Ci siamo, quindi, disposti sulla scalinata antistante l'istituto per le rituali foto-ricordo. La riflessione che il nostro referente ci aveva offerto in precedenza, ci ha aiutati a partecipare all'Eucarestia con accresciuta consapevolezza, anche grazie all'omelia dell'ispettore che presiedeva la celebrazione che ha ripreso i punti più salienti del significato della messa.

A tal proposito mi piace anche ricordare la sottolineatura fatta da don Lamparelli, di cui riferisco il significato, non le vere parole: "come i chicchi di grano, macinati, si fondono nell'unico pane e gli acini d'uva spremuti nell'unico vino, cosi l'assemblea dei cristiani che celebra l'Eucarestia si fonde con Cristo". Alla mensa eucaristica ha tatto seguito la mensa allestita da mani esperte ed amorevoli, composta da numerose e delicate vivande. Un'immagine di don Bosco che riceve e ricambia una carezza con mamma Margherita, entrambi affiancati da un bambino, ci è stata donata in ricordo dell'incontro, insieme ad una splendida stella di Natale.

Saluti, abbracci, frasi augurali per le prossime stelle natalizie, hanno aumentato le conoscenze già esistenti c ne hanno create di nuove, sigillate da un caldo arrivederci. che rinsalda il legame derivante dai nostri figli nella comune vocazione: seguire Cristo alla sequela di don Bosco. L'incontro pugliese è stato preceduto da altri due incontri:

28 Novembre a Caserta, nel ricordo del Centenario dell'arrivo del quadro del

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Cuore Immacolato di Maria, per i genitori della Campania-Barilicata;5 Dicembre a Lametia Terme per i genitori della Calabria.Il programma è stato lo stesso dappertutto, vissuto all'insegna dell'accoglienza da

parte delle Comunità, della gioia del ritrovarsi insieme e del desiderio di essere sempre più vicini alla missione salesiana.

Come afferma lo Statuto AMM i Genitori si identificano nella spiritualità salesiana e si sentono figli di d. Bosco, dando a tutti il proprio affetto di famiglia.

Giovanna Errico

ORIENTAMENTICarissimi,In prossimità delle convocazioni alle urne per le elezioni amministrative,

riteniamo doveroso rammentare a tutti le norme generali del Regolamento della Federazione Italiana cui siamo associati e in particolare gli articoli n. 8 e n.9/B del Capitolo V:

Art. 8: … L’Associazione, relativamente all’impegno socio-politico, è fedele al magistero della Chiesa, che vede nella politica un altro servizio alla carità; tuttavia rifiuta ogni possibile confusione con movimenti o partiti politici …;

Art. 9/B: Il candidarsi o l’assumere cariche politiche e/o amministrative pubbliche è incompatibile con le cariche di Presidente e di Vice Presidente a tutti i livelli.

Onde evitare turbative che nuocerebbero alla spirito di famiglia all’interno delle Unioni e dell’Associazione, riconfermando il pluralismo e il pieno rispetto delle scelte personali, invitiamo - tuttavia - gli associati che dovessero trovarsi nei casi di incompatibilità esterna a rassegnare le dimissioni – almeno temporanee – dalla carica associativa ricoperta.

Un caro fraterno saluto.

D. Ferdinando Lamparelli Rodolfo GrazianoIl Delegato Presidente Regionale

Pastorale Giovanile

convegno CISI Frascati 27 - 30 dicembre 2004DARE DI PIÙ A CHI HA AVUTO DI MENODisagio giovanile, immigrazione e accoglienza

“Dare il massimo a coloro a cui la vita ha dato il minimo” (d Chavez). Queste parole indicano la particolare attenzione che si è data e si intende dare ai temi del disagio giovanile, dell’immigrazione e dell’accoglienza, per giungere ad un vero e proprio ripensamento educativo.

Il convegno ha visto impegnati circa 180 partecipanti, Ispettori, Delegati PG ed EdG, confratelli impegnati nei diversi settori delle nostre opere, alcuni confratelli teologi ed un folto gruppo di amici laici qualificati nel settore del disagio.

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Siamo stati coordinati dal Comitato Scientifico e da Giancarlo Cursi, professore della facoltà di Sociologia della devianza UPS Roma, nonché incaricato dell’Ufficio Solidarietà Sociale Caritas Italiana, e da Riccardo Romiti, Consulente Formatore. Il programma ci ha visti impegnati nella conoscenza reciproca delle Ispettorie partecipanti nel pomeriggio del giorno 27, mentre il giorno seguente ha avuto inizio un proficuo confronto su: Punti forza, criticità e limiti delle differenti prassi educative nell’ambito del disagio nella normalità, con i ragazzi extracomunitari e nelle esperienze limite; al pomeriggio, invece, si è svolta la prima sessione del workshop sulle competenze trasversali di un educatore nel disagio giovanile. Il giorno 29 si è aperto con una profonda riflessione sulla Povertà nel Mondo, di Padre Vazhakala, fondatore e attuale Superiore Generale dei Missionari Contemplativi della Carità. Dalle ore 9 alle ore 12 si è svolta una tavola rotonda sul tema: La fascia grigia, i non visti e chi non sa vedere. Nel pomeriggio la seconda sessione del workshop sulle competenze trasversali.

Alle ore 9.00 del giorno 30, i tutors dei gruppi di studio hanno sintetizzato in ordine all’analisi dei fabbisogni, risorse e criticità, ai profili attesi e alle competenze. Alle 11.30 abbiamo elaborato un’ipotesi di futuro da realizzarsi in particolari processi e percorsi a sostegno degli operatori del sistema e in un impegno programmatico e potenzialmente monitorabile.

Desidero concludere con le parole che d. Chavez dette nell’Incontro con i Salesiani della Consulta del disagio, il 14 gennaio del 2003: “Dobbiamo renderci conto del dovere sociale di aiutare lo sviluppo sempre con questo criterio tipicamente salesiano: dare di più a quelli cui la vita ha dato di meno, dare il massimo a chi la vita ha dato il minimo…È a questo che si deve ricondurre l’incontro tra Don Bosco e la marchesa Barolo: - Lei per occuparsi dei suoi ragazzi sta trascurando le mie opere, sono io che pago -. E Don Bosco dice: - Con i suoi soldi lei può cercare un altro prete, ma questi ragazzi, se non hanno me, non hanno nessuno –“.

Colgo la possibilità di questo articolo per augurarvi un buon lavoro, soprattutto con i più poveri… quindi con tutti!

don Mimmo Madonna

incontro nazionaleLE COMUNICAZIONI SOCIALIIN ITALIA E IN CONGREGAZIONETracciare il punto della situazione per avviare delle prospettive

L’incontro voluto dal Consigliere CS don Tarcisio Scaramussa, nell’ambito della presentazione alle Regioni salesiane del programma del sessennio del Dicastero di CS, del compito di conoscenza e animazione delle realtà di CS nelle ispettorie e in ordine alla condivisione del sistema salesiano di CS per un nuovo Quadro di riferimento elaborato nei mesi scorsi dal Dicastero in collaborazione con la neo-costituita Consulta Mondiale di CS riunitasi a luglio 2004.

Gli obiettivi della giornata sono stati i seguenti: Approfondire la conoscenza della realtà della comunicazione sociale nella

Regione Richiamare la programmazione CS della Congregazione per il sessennio Studiare il “Quadro di Riferimento” per il SSCS (Sistema Salesiano di CS) Condividere l’analisi della realtà e cogliere dei suggerimenti in senso

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operativo per il potenziamento del SSCS nella RegioneAll’incontro hanno preso parte gli ispettori d’Italia, il Regionale d. Frisoli, il

segretario Cisi d. Casti, i delegati CS, il coordinatore nazionale d. Giancarlo De Nicolò, il delegato nazionale CGS d. Roberto Guarino e i membri del Dicastero CS della Pisana.

I lavori sono stati aperti da d. Frisoli ricordando l’orizzonte globale dell’impegno della giornata, che è quello della chiesa italiana nel programma del decennio pastorale: comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. D. Scaramussa, richiamando gli obiettivi della giornata, ha sottolineato l’importanza dell’aspetto conoscitivo e operativo: conoscersi per agire insieme, per agire meglio.

La parola è poi passata agli incaricati CS che con diverse modalità comunicative hanno presentato la realtà delle loro ispettorie.

Ne è emersa una ricchezza composita i cui tratti generali sono: la varietà in atto nelle singole ispettorie, dovuta o a lunghe tradizioni o a

particolari richieste e domande del territorio, o alla creatività speciale e iniziativa di qualche salesiano;

la difficoltà a gestire e mantenere strumenti più complessi e costosi come radio e TV;

la mancanza di visibilità (e di comunicazione) sul territorio, soprattutto nazionale, sia rispetto alle tante iniziative locali anche di grande rilevanza culturale e sociale, sia alla presenza di una voce salesiana sui fatti ed avvenimenti

la quasi capillare presenza di sale della comunità come struttura di cultura ed evangelizzazione sul territorio;

la possibilità di nuovi mezzi tecnici (Mediacenter/Eurofilm); I tanti di strumenti di informazione cartacea (locale, ispettoriale, nazionale) l’esplosione dei siti web, dei domini, delle chat attivate in ambiente

salesiano, quelle istituzionali, rilevante è il sito “donboscoland” per i giovani del Triveneto (che offre anche uno spazio al sito del MGS) e l’acquisto per possibile uso comune di “salesiani.info”

una sempre più necessaria esigenza di formazione per una competenza comunicativa sia dei giovani salesiani che dei salesiani “adulti” e dei giovani e laici collaboratori. A una grande massa di mezzi e strumenti e possibilità informative e comunicative non corrisponde una serietà di riflessione e cultura (non solo massmediale)

gli stessi organismi di CS a livello ispettoriale (Consulte, Commissioni, e i Piani ispettoriali) sono carenti o sottoutilizzati. Solo la nostra ispettoria ha potuto vantare la presenza del delegato SC a tempo pieno.

l’esigenza di un sistema unitario che colleghi la dimensione della CS a tutti gli altri settori di azione salesiana, soprattutto PG e Formazione... ed Economia. Senza una nuova mentalità di questo genere, la frammentazione operativa si amplierà, in direzioni non facilmente controllabili. La domanda è se c’è questa consapevolezza e intenzione d’insieme.

Al termine della presentazione, d. Guarino ha ricordato la realtà dell’Associazione CGS, con la rilevanza e professionalità della sua presenza soprattutto in opere salesiane e con i suoi pregevoli lavori, invitando a “sentirlo nostro”.

È stata richiamata la programmazione del Dicastero (2002-2008), indicando l’obiettivo della costruzione di un ecosistema comunicativo per tutta la congregazione e illustrando per i diversi ambiti (animazione e formazione; informazione e imprese) gli obiettivi specifici e le linee di azione (cf ACG 380). In particolare, per il primo ambito, l’attenzione è la promozione della CS nelle ispettorie, la preparazione delle persone, il coordinamento dei centri di formazione e il collegamento con organismi civili ed ecclesiali; per il secondo ambito, il consolidamento del progetto ANS, la produzione per il mondo giovanile, il rinnovamento del BS, lo sviluppo e miglioramento del portale salesiano; per il terzo ambito, una riflessione e indicazioni progettuali e operative per le imprese, la definizione delle politiche delle imprese, la creazione di professionalità,

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l’aiuto nel prospettare nuovi progetti. È stata presentata la bozza del Quadro di Riferimento per il SSCS” (Sistema Salesiano di Comunicazione Sociale).

D. Gonsalves del Dicastero ha mostrato il funzionamento del sito istituzionale della congregazione www.sdb.org, mentre è spettata a d. Butera la presentazione di ANS e la richiesta alle ispettorie di un canale più attivo di comunicazione. D. Manieri ha illustrato lo stato attuale del Bollettino Salesiano e la sua presenza in rete.

Riprendendo la parola d. Frisoli ha esortato con ulteriori comunicazioni circa la ristrutturazione dei servizi nazionali, che comprendono anche la presenza del coordinatore nazionale per la CS; invita a utilizzare al meglio gli strumenti come la TV, la musica, a valorizzare alcuni luoghi emblematici come Taormina e gli ispettori a non disperdere troppo facilmente le competenze pur non “fossilizzando” le persone nei loro ruoli.

Giancarlo De Nicolò ha tracciato una breve cronistoria del cammino fatto dal settore CS dal 1993, ponendo in evidenza le indicazioni date dalla Presidenza Cisi e le insistenze (1998 e 2001) circa la istituzionalizzazione della figura del delegato CS (e del suo inserimento strategico nell’équipe di PG), la necessità di un organo di informazione CISI o Ufficio Sampa, formalizzatosi nel 2001 con la creazione del bollettino “Donbosconews” per il cui rinnovamento d. Guarino ha presentato un progetto elaborato all’interno della comunità CNOS-CSPG, la creazione di una commissione nazionale, l’ipotesi di ripensamento di una rivista giovanile (e pubblicazioni) di temi di CS, la valorizzazione e animazione della realtà CGS. È stato ricordato il convegno del 2003 sulle sale della comunità, che aveva testimoniato la presenza capillare e significativa sul territorio, la presenza di altre sale ancora da ristrutturare o definitivamente chiuse, la richiesta di qualche forma di collegamento tra le realtà salesiane e di intese non conflittuali con l’ACEC, l’esigenza di correttezza gestionale e, nel caso di gestioni terze, di una necessaria convenzione con l’opera salesiana.

Il lavoro di gruppo ha posto in evidenza anzitutto i criteri, quasi due parole d‘ordine:

sinergia (per non disperdere forze, per focalizzarsi sui problemi più urgenti, per integrare l’intra e l’extra)

formazione (e professionalizzazione): dai confratelli più giovani nel loro percorso formativo istituzionale, ai confratelli “normali”, ai laici “cooperatori”, ai collaboratori più stretti nel settore CS;

e indicazioni di priorità e di percorsi a due livelli: ispettoriale: verifica della presenza della Commissione e Consulta CS, del

piano ispettoriale per la CS, ridare “peso” al delegato CS come figura “ponte” (sia come presenza nell’équipe di PG che come “referente” di ogni settore per quanto riguarda la comunicazione, l’immagine, la visibilità istituzionale sul territorio), la preparazione dei laici. Priorità e percorsi che possono-devono essere attivati nell’azione ordinaria del delegato e della consulta, perché già suoi compiti ordinari;

nazionale: la cura e disponibilità per la formazione (soprattutto dei giovani salesiani, valorizzando le indicazioni della Ratio) in vista della creazione di una competenza comunicativa che per “missione” è tipica del salesiano e sostenendo-valorizzando le doti personali di alcuni in questo campo (musica e altre forme espressive); il sistema della comunicazione attraverso la rete dei notiziari ispettoriali, la testata “Donbosconews”, i siti di internet (per una più chiara visibilità comune a partire dal dominio o nome del sito; cf “salesiani.it”, e “salesiani.info” come nodo di links o “pagine gialle salesiane”... e qui collegato pure il discorso di un portale ed eventualmente di unificazione di indirizzi elettronici; l’esigenza di una presenza più viva e quotidiana nell’informazione locale e nazionale per “fare opinione”; la ormai inderogabile necessità di un sistema unico e integrato di Cs per l'Italia, che coinvolga tutti i settori in cui è articolata la Cisi, sia per un coordinamento interno sia per una più chiara

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visibilità (e peso) esterna. La CS non è (solo) un ambito di azione specifico ma il volto visibile (e riconoscibile) dell’azione salesiana, E infine la proposta di un “areopago” o convocazione giovanile per dare spazio alla creatività ed espressività dei giovani stessi.

Don Frisoli chiudendo l’incontro ha riportato la positiva impressione per un settore, quello di CS, in forte e impressionante crescita, e sollecita le realtà ispettoriale e locali ad “invitare” i membri del Dicastero per illustrare, animare, aiutare sia a livello tecnico che culturale.

E pone alcune sottolineature:- la priorità della formazione delle persone, per la creazione di persone

competenti nella comunicazione che a loro volta diventino moltiplicatori nei vari ambienti e creatori di collaboratori sensibili, attivando percorsi di formazione oltre che corsi;

- l’esigenza di “dire la nostra” sui temi caldi della nostra missione (giovani ed educazione) e sulla stessa realtà della congregazione nelle sue realizzazioni, attivando contatti personali soprattutto con i mezzi locali, che costituiscano canali privilegiati;

- l’esigenza di esprimersi unitariamente e dunque di un maggior livello di coordinamento (affidato allo studio del settore CS) soprattutto per quanto riguarda i siti web e portali aggiornati, accessibili e aperti al dialogo col mondo giovanile, per superare la dispersione e la frammentazione;

- l’esigenza di un’esperienza di meeting-convocazione giovanile (scaletta, areopago...) per esprimere il meglio dell’espressività giovanile perché si diventi anche produttori (non solo fruitori o declamatori) di messaggi. Anche questo è affidato allo studio del settore CS. Ma perché tutto ciò sia possibile occorre operare con scelte concrete a livello locale e ispettoriale. L’entusiasmo passa e si brucia se non viene tradotto in risorse, persone, passi. Chi vuole i fini... deve volere anche i mezzi.

L’incontro si chiuso con il senso condiviso dell’importanza della CS come missione salesiana, con la consapevolezza di un campo aperto a molteplici progetti e azioni, con l’esigenza di coordinamento e collegamenti per non disperdere inutilmente energie.

d. Donato Lacedonio

convegno PG 2005I SALESIANI E L’EUROPAVerso un nuovo modo di essere presenti

Il Dicastero della PG, già negli anni ’90, ha organizzato due grandi incontri Europei per approfondire la PG in Europa,facendo seguire varie iniziative.

Il motivo immediato dell’incontro è stato: un orientamento del CG25, che chiedeva al RM di presentare al prossimo CG una proposta di riconfigurazione delle regioni in Europa. Il RM con il suo Consiglio si è reso conto che più che una riconfigurazione delle Ispettorie e Regioni ,fosse importante la definizione del tipo di presenza salesiana che vogliamo per quest’Europa d’oggi, e di conseguenza i cambi strutturali che la rendono possibile”.

Ciò ha portato ha convocare prima gli Ispettori di Europa che hanno coniato questo motto dell’incontro: “Insieme per i giovani dell’Europa”, e successivamente i Delegati di PG che partendo dalle conclusioni tratte dal RM abbiamo vissuto l’esperienza strutturandola in modo tale da raggiungere questi obiettivi:

Conoscere e approfondire, dal punto di vista della PG, gli orientamenti del RM (lo chiameremo: “Quadro di riferimento”);

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Conoscere le iniziative di collaborazione in atto nell’ambito della pastorale giovanile in Europa, per verificarne la loro adeguatezza alle linee del “Quadro di riferimento”;

Tracciare un piano di azione condiviso, consono con il “Quadro di riferimento” per garantire un maggiore e più significativo inserimento e visibilità della presenza-proposta salesiana in Europa.

I giorni sono stati vissuti intensamente per il clima di famiglia che si è realizzato,per il lavoro condiviso che ha coinvolto tutti e per l’esperienza spirituale preparata a turno da tutti i presenti.

Ascolto,confronto, lavoro di gruppo e preghiera hanno portato ad un “Quadro di riferimento condiviso”.

Accompagnamento e formazione delle comunità SdB e delle CEPNell’animazione ispettoriale della PG privilegiare l’appoggio, l’accompagnamento

e la formazione delle comunità (SDB e CEP) che siano: aperte ai giovani, che condividono le motivazioni spirituali e di fede, le esperienze, i

progetti… che lavorano in équipe alla luce di un progetto condiviso, che assumono il ruolo di animazione di molte altre forze apostoliche.

In due aspetti: rinnovare e condividere le motivazioni di fondo, i valori e il quadro di

riferimento della PG aiutare ad assumere le competenze necessarie per realizzare l’animazione

pastorale (metodologie, mentalità progettuale…)

Qualità evangelizzatrice della nostra presenza e della nostra azioneApprofondire che cosa significa per noi salesiani evangelizzare nel contesto

europeo, sempre più secolarizzato e concretizzarlo in itinerari concreti e differenziati.Livelli fondamentali:

Risvegliare, promuovere e accompagnare la ricerca di senso (spiritualità) di molti giovani (valori, senso etico, apertura alla vita e alla trascendenza…), fino all’annuncio esplicito di Cristo;

Promuovere processi di educazione alla fede: personalizzare la fede, fino ad una proposta e opzione vocazionale cristiana.

Accompagnare cammini espliciti di discernimento vocazionale tra i giovani aperti a vocazioni di special impegno nella Chiesa

Strumenti: Case di Spiritualità con un équipe (SDB e giovani volontari), proposte

diversificate e un ruolo specifico nella pastorale giovanile ispettoriale; Persone e tempo per l’accompagnamento di gruppi e movimenti e la

formazione degli animatori; volontariato, come esperienza vocazionale.

Attenzione ai più poveriAvere un’attenzione specifica e concreta in ogni opera salesiana per i giovani più

poveri e a rischio, in modo speciale nell’Europa per gli immigrati.Due livelli:

Attenzione alla “maggioranza”: promuovere ambienti accoglienti e metodologie che favoriscano l’inclusione;

Una cura specifica dei gruppi in situazioni più a rischio.Strumenti:

Itinerari di educazione alla solidarietà e la giustizia, formazione interculturale e interreligiosa

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Formazione dei Salesiani e dei laici (in rapporto specialmente con il punto 1) Formazione dei dirigenti e leaders (direttori comunità e altri) Formazione dei formatori e come formatori di formatori.

Diversi aspetti: formazione nelle motivazioni (spiritualità, educazione, salesianità) formazione negli strumenti, metodologie e pratiche; accompagnamento delle persone e gruppi

Criteri e priorità per la PG in EuropaCriteri

1. Promuovere il coordinamento a tutti i livelli (locale, ispettoriale, nazionale, europeo); un coordinamento che, rispettando i bisogni, le possibilità e la realtà diverse delle ispettorie, promuova la sinergia e la collaborazione vicendevole.

2. Assi strategici per questo coordinamento: comunicazione e informazione (scambio idee, esperienze, risorse,

progetti…) il lavoro in rete (collegamento tra persone, iniziative, progetti…) progetti concreti comuni.

3. Priorizzare, secondo l’identità carismatica salesiana e le urgenze dei giovani4. Promuovere iniziative europee raggiungibili da tutti i giovani e non soltanto per

gli eletti.5. Suscitare in ogni campo di collaborazione alcune “forze trainanti” tra quelli che

hanno più esperienza e risorse.

Aree di priorità segnalate da diversi gruppiVocazioni: Elaborare un “itinerario – tipo” di orientamento vocazionale per la

Pastorale Giovanile dell’Europa.Alcune proposte:Costituire un grupo di ricerca che promuova lo scambio di esperienze e di

cammini di proposta e discernimento vocazionale tra le ispettorie dell’Europa; e la riflessione e approfondimento dei criteri e passi a realizzare.

Coordinare i Centri salesiani di Spiritualità e in modo speciale i Luoghi salesiani perché si offrano in essi proposte vocazionali esplicite;

Promuovere il volontariato giovanile come esperienza forte in linea vocazionale.

Formazione e Spiritualità SdB e laici, in modo speciale i dirigenti e leaders:

Promuovere e collegare i Centri di formazione e di spiritualità ispettoriali o nazionali (interispettoriali);

Elaborare alcune linee condivise a modo di “marco di riferimento” per i piani ispettoriali di formazione permanente dei SDB e laici

Strumenti:Continuare il collegamento dei Centri salesiani di Spiritualità dell’europa (definire

la loro identità e caratteristiche, condividere programmi e sussidi, chiarire il loro ruolo nella PG dell’ispettoria…)

Promuovere Centri interispettoriali di formazione pedagogica e salesiana per SDB e laici (come il Centro S. Jean Bosco di Lyon)

Creare nel Colle Don Bosco una comunità internazionale di accoglienza e di animazione spirituale con SDB, giovani volontari europei, FMA.

Emarginazione e disagio giovanile: Rinvigorire il coordinamento europeo esistente, mediante:

Coordinamento ispettoriale e nazionali (interispettoriali) dove non esistano;Informazione, comunicazione, lavoro in rete tra le ispettorie, nazioni. Per questo

realizzare la mappatura delle realtà, progetti e opere che lavorano in questo campo

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Iniziative di “mediazione culturale” tra gli immigrati con persone dei loro paesi di origine;

Iniziative di servizi interispettoriali (europei) di informazione giovanile o di ricerca di lavoro (promuovere una rete virtuale nazionale ed europea).

Ci siamo lasciati con l’impegno di intensificare lo scambio di esperienze tramite il Forum nell’area riservata, sdb.org ,affinchè questo confronto e questo quadro condiviso abbia una ricaduta nelle Ispettorie.

d. Pasquale Cristiani

bibliotecaQUANDO LA TEOLOGIA PRENDE FUOCODon L’Arco racconta Don Quadrio

La biografia di don Quadrio è piuttosto la storia di un'anima sacerdotale.Questo radioso figlio di don Bosco non ebbe avventure; visse sempre tutto

raccolto nella contemplazione e nello studio, tra le mura protette di istituti di formazione. Uscì da quei luoghi ecclesiastici solamente per entrare nell'ospedale Astanteria Martini di Torino.

Il Servo di Dio visse segregato dal mondo, ma si portava dentro un cielo che irradiava splendore celeste, senza che egli lo volesse o se ne accorgesse.

Don Quadrio è un modello di comportamento per i sacerdoti, ma anche per i giovani i quali, come il nostro Servo di Dio, devono vivere un ideale a cui consacrare l'intera esistenza gioiosamente. Senza ideali la vita è distrutta dalla noia, anche nel consumismo più favoloso.

L'autore deve tutto al valente umanista e delicato poeta don Remo Bracchi, che gli ha consegnato un materiale ben ordinato cronologicamente e ben organizzato logicamente.

Ho accettato con imbarazzo, e nello stesso tempo con gioia, l'onorifico incarico di stendere una biografia del caro Servo di Dio.

Ma se ci sono, soprattutto nell'Università Salesiana, decine e decine di persone che scrivono meglio di me, perché hanno scelto me? Forse perché vogliono una biografia dal taglio popolare, piana nel pensiero e scorrevole nella lettura. E come rifiutare, se questo lavoro può essere un umile gesto di venerazione verso il grande confratello? La Madonna aiuta solamente i salesiani grandi? Non dà forse la sua mano materna anche ai salesiani piccoli?

Mi rendo conto che il presente lavoro risulta un florilegio degli scritti del Servo di Dio. Ma gli scritti di don Quadrio sono, per loro natura, autobiografici. Egli scriveva quello che viveva. Il suo diario e le sue lettere sono come finestre che si aprono sulle meraviglie dell'anima sua.

Omnia gloria eius ab intus: tutta la sua gloria risiede nel suo mondo interiore, che è un piccolo paradiso in volo verso il grande Paradiso.

Con riconoscenza ai confratelli dell'Università Salesiana e ai benevoli lettori.

d. Adolfo L’Arcodalla Prefazione del libro

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bibliotecaCRONACA DI UNA AMICIZIARacconto di una amicizia con don Liberatore

Il recinto dell'amicizia ha una riservatezza e una profondità che non possono essere violate. Ma i rapporti di amicizia autentici sono esclusivi, ed anche inclusivi nell'immaginabile ampiezza dell'affettività.

Nella scrittura chiara distesa o rapida, sempre intensa nel tono, le pagine di Giovanni Paladini rinviano ad analoghe singolari esperienze tra don Liberatore e i suoi allievi. I fatti e il tempo impaginati nel libro costituiscono i parametri, la fisicità di una testimonianza. La chiave di lettura porta ad un filo segreto, che lega la visibilità della narrazione ad una luce più profonda. Tento di aprire qualche frammento di quella luce che viene dalla vita, semplice e poliedrica, razionale ed ascetica di d. Pasquale Liberatore.

L'amicizia comprende, per don Liberatore, le tre dimensioni del carisma di don Bosco: ragione, religione, amorevolezza. Ma l'amorevolezza ne rappresenta la sintesi.

L'interpretazione dell'amorevolezza assume una connotazione forte anzitutto di ascolto della dimensione umana e di autorevolezza, che si configura come testimonianza di scienza e santità.

La santità è accessibile a tutti, è facile - diceva: vi lavora lo Spirito. E l'amicizia è un cammino non solitario verso la santità. Don Liberatore era sempre attento, in ascolto, delicato e chiaro - umanamente santo - nell'amorevolezza. Del resto alcune sue pagine ancora inedite lo testimoniano - testimoniano il "mistero" dell'amicizia; così la sua premura epistolare e la disponibilità telefonica, il suo lavoro decennale nel promuovere le cause dei santi e il suo sublime inno alla santità.

Ogni incontro con don Liberatore era una novità di condivisione, di razionalizzazione, di emozione - con ragione pastorale intima, mai esibita. Confidarsi con lui era sempre un fidarsi di lui, immerso e al di sopra delle situazioni. La sua presenza discreta, semplice, fresca, disponibile non solo indicava il paradiso, malo anticipava.

Mai arido intellettualmente o pastoralmente, ma pieno di iniziative intellettuali e di generosità pastorale. Chi entrava in contatto con lui apparteneva alle sue premure umane e di sacerdote, in maniera discreta e costante.

Giovanni Paladinidalla Nota introduttiva del

libro

bibliotecaDIO, LE OPERE, I GIORNIIl secondo volume di omelie di don Franco Galeone

È stato pubblicato, presso la casa editrice Dehoniane di Bologna, il secondo volume di omelie, anno A, dal titolo “Dio, le Opere, i Giorni” di d. Franco Galeone, preside al liceo classico e scientifico di Caserta. Ne parliamo con lui.

In questi anni proliferano i libri di omelie. Molti ne sono stati editi, più o meno prestigiosi, con ottimi supporti biblici, culturali, artistici, in bella veste tipografica, tutti interessanti. E allora, perché proporre un nuovo libro di omelie? Di che cosa si tratta?

Più che un “nuovo libro”, si tratta di un “libro nuovo”. Gli elementi che lo rendono nuovo sono diversi. Mi permetto di metterne in rapida successione le novità più qualificanti:

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- Le omelie dell’anno A mirano a coniugare una vita pienamente immersa nella storia e la fedeltà alla Parola di Dio “sine glossa”. Queste omelie, meglio, questi spunti di omelia, si succedono con libertà, e aiutano il credente impegnato, il giovane inquieto, il semplice lettore, a decifrare la presenza di Dio nel vivere quotidiano.

- Lo stile agile, giovanile, graffiante a volte; certe vecchie forme di predicazione non trasmettono più la “rivoluzionaria rivelazione” del Vangelo. Come si augurava Bonhoeffer, una santa laicità del linguaggio non nuoce, anzi, facilita la riflessione della fede.

- Si tratta di alcune “schegge riflessive”, conversazioni piene di domande, dialoghi fatti in piazza o per le strade o in casa o a scuola, con semplicità ma anche con profondità. Il Vangelo viene presentato non come un masso erratico, un corpo estraneo, un aerolito precipitato a caso nella nostra vita, ma come un albero vivo e sempreverde, i cui frutti possono ancora oggi rallegrare l’uomo in cammino.

Volutamente ho evitato l’omelia “monotematica”, proprio per offrire maggiori stimoli alla riflessione; chi trovasse poco interessante la prima meditazione, può passare alla seconda e così via; i brani non sono logicamente collegati né organicamente sviluppati; sono stati seminati, come racconta la parabola, molti semi; qualche seme troverà un buon terreno e porterà frutti.

A chi è destinato questo libro “Dio, le Opere, i Giorni”?Anzitutto a chi è chiamato al servizio della Parola di Dio; ma è anche utile

genitori, educatori, operatori pastorali, animatori religiosi; a tutti viene offerto uno stimolo positivo per la mente e il cuore. Grazie a queste pagine, molti, me lo auguro, potranno orientarsi nella giungla dei messaggi e delle ideologie.

musicaQUANDO UN ORATORIO HA ORECCHIE ED... CUOREUn cd dei ragazzi di Bova per il Madagascar

Ogni vita contiene molte vite. E a volte basta poco per scoprirlo: basta un piccolo sforzo, di fantasia, coraggio e

creatività. Basta decidere di dare ascolto alla sirena che sussurra in un angolo del cuore . È accaduto ad alcuni giovani dell’Oratorio Salesiano di Bova Marina che con bang, tamburelli, cachere, pianola, basso, chitarra e la voce che contraddistingue gli animatori dei centri salesiani stanno incidendo un cd che sarà reso pubblico per Pasqua.

Il progetto del cd nasce dall’esperienza musicale di questi oratoriani e ha come obiettivo principale le missioni in Madagascar, infatti i proventi di questo capolavoro musicale va a favore delle comunità malgasce.

La direzione artistica gli arrangiamenti e le percussioni (bongs, cecherè, timbales ecc…) sono di Tony Cercola, un noto musicista percussionista e compositore, esponente della musica mediterranea e soprattutto un amico di Don Bosco e dell’Oratorio di Bova Marina È un artista innato che ha calcato le scene al fianco di cantautori di primo piano come Pino Daniele e Edoardo Bennato fino a produrre lavori di grande qualità come "Lumumba" e "Et voilà". Tony Cercola non smentisce la sua fama: da grande protagonista della musica partenopea e nazionale si fa adesso promotore di un progetto ambizioso per i giovani e si ferma per più di una settimana all’oratorio di Bova Marina. Da tempo Tony Cercola propone una sua visione della musica particolarmente attenta all'incontro con altri ritmi ed altre culture. È una caratteristica del suo dna, di percussionista con una vocazione al canto, senza mai inseguire modelli esistenti, ma lasciandosi trasportare dalle dolci e cicliche correnti

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mediterranee. È una grande soddisfazione per i giovani bovesi lavorare al fianco di un “mago “

delle percussioni. Si perché Tony Cercola si potrebbe definire "un mago", dunque un miscelatore istintivo che fonde con profonda immediatezza la molteplicità delle vibrazioni acustiche all'ampiezza delle sonorità vocali suadenti e fascinatrici. La sua musica spesso evoca immagini di un mondo fantastico dove tutto è corpo, è anima, è ritmo, è emozione, è come dire: Napoli! Nelle sue atmosfere di estatico rapimento. La sua natura istintiva è il fulcro della sua esuberante curiosità artistica; mentre ciò che lo affascina è la varietà delle tecniche, la molteplicità delle culture musicali, e da esploratore esperto quale è, le assorbe, le personalizza e le fonde in una combinazione di stili che esula da ogni contesto tradizionale!

Enza Cavallaro“Quotidiano della Calabria” 23 novembre

2004

Albania - Kossovo

vita di delegazioneTRA MEMORIA E PROFEZIA10 anni di presenza nei Balcani

Il 27, 28 e 29 dicembre 2004 nella Casa di Tirana si sono tenute alcune Giornate di Studio dal titolo: "Tra memoria e profezia" che hanno visto coinvolti i salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice e laici. A presenziare i lavori i due consigli ispettoriali che hanno scelto come piste di riflessione la verifica del processo di inculturazione del Carisma salesiano in 10 anni di presenza e le prospettiva per il futuro.

Prima giornataL'Ispettore e l'Ispettrice, con il loro saluto nel quale tratteggiavano le finalità dei

lavori, hanno aperto l'assemblea, dopo un momento di preghiera.Ha avuto seguito la magistrale lezione del prof. Aurel Placari, direttore della

Biblioteca Nazionale di Tirana dal titolo: “Le radici storico-culturali dell'Albania". Il relatore ha sviluppato tra le numerose interpretazioni che continuano a darsi, quella che probabilmente ne costituisce il cardine ed è ricordata meno: l’accavallamento degli albanesi tra due aree di civiltà, quella cristiana e quella islamica.

È seguita la concelebrazione presieduta dall'Arcivescovo di Tirana Mons. Rocco Mirdita, in lingua albanese. La traduzione di suor Buka Teuta ha aiutato a capire i vari messaggi. L'Arcivescovo nel suo intervento ha richiamato l’importanza della testimonianza e trasparenza dei segni che devono essere evidenti e attraenti e ha sottolineato l’importanza della lingua albanese anche nelle celebrazioni dei sacramenti. La cena albanese, in un clima molto fraterno, ha visto insieme con i partecipanti tre Vescovi: l'Arcivescovo Mirdita, 1'Arc. Hocevar sdb di Belgrado, l'Arc. Gashi sdb di Bar-Montenegro.

Seconda giornataLa giornata si apre con l'intervento di Mons. Stanislao Hocevar sdb Arc. di

Belgrado, sul tema: "Evangelizzare attraverso l'educazione in un contesto di minoranza".

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Il modo migliore di evangelizzare è proprio attraverso la nostra paziente presenza pedagogica. Questo tipo di presenza fa crescere in noi una dimensione un po’ dimenticata nell’evangelizzazione moderna: la dimensione escatologica. È necessario, conclude il monsignore, abilitarsi ad una nuova visione della realtà in cui si deve entrare con piena fiducia come se fosse l’unica e migliore possibilità per l’educazione dei giovani. C’è bisogno, quindi, di comunità assai forti con una missione significativa.

Alla relazione hanno fatto seguito dei laboratori al fine di operare una riflessione critica sui temi proposti e di individuare mete e modalità di realizzazione di percorsi ottimali per evangelizzare ed educare in un contesto di minoranza.

Dopo il break si è tenuta una tavola rotonda coordinata da d. Matteo di Fiore, delegato per Albania e Kossovo. Gli interventi di suor Teuta Buka, suor Carla Meschini, don Dominik Querimi, don Michele Gentile hanno fatto rivivere l’epopea degli inizi attraverso il racconto del vissuto personale che si è inserito nel cammino decennale che ha portato alle sorprendenti realtà di oggi.

A suggello di una giornata ricca di contenuti la concelebrazione presieduta dall'Arc. Hocevar e la cena rallegrata dai canti delle varie regioni dei partecipanti.

Terza giornataLa giornata inizia con la concelebrazione presieduta da Mons. Zef Gashi sdb Arc.

di Bar-Montenegro, che ha vissuto fin dagli inizi l’"implantatio congregatonis" in Albania e che ha seguito e segue tuttora il progredire dell'Opera.

L’Ispettore, d. Franco Gallone, e l'Ispettrice, suor Anna Razionale hanno avuto il compito di concludere ringraziando per il lavoro svolto, sottolineando i tratti salienti degli interventi e la positiva collaborazione della Pastorale Giovanile SdB ed FMA.

“Il fatto che noi salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice che operiamo in Albania ci siamo interrogati su come il Carisma salesiano si è inculturato nei Balcani e su quali possano essere le prospettive di futuro sul territorio, dimostra che noi, figli di Don Bosco, prendiamo sul serio il destino del popolo albanese proiettato verso un avvenire incerto.”

Siamo convinti che Siamo chiamati ad evangelizzare educando (e viceversa) “insieme” SDB,

FMA e giovani individuando opportune forme di collaborazione I destinatari della nostra azione educativa ed evangelizzatrice sono i

giovani di ogni credo a cui vanno offerti cammini formativi differenziati (attenzione prioritaria ai più poveri, ai cattolici e nel caso delle FMA alle giovani donne)

Occorre: educarsi all’arte del dialogo a tutti i livelli; conservare la propria identità nella ricerca di punti di incontro con il

‘diverso’; mettersi in ascolto della cultura in cui si vive, rispettarla, valorizzarla

soprattutto nei valori positivi che essa possiede costruire comunità educative significative e radicate nella capacità di

comunione costruire comunità FMA ed SDB “forti” (secondo l’accezione presentata da

Mons. Hocevar) promuovere la formazione per formatori (insegnanti, animatori ecc.) offrire alle FMA ed SDB competenze professionali per dialogare con il

mondo laico (studi universitari) prestare attenzione alla formazione delle vocazioni autoctone curare la dimensione vocazionale della pastorale giovanile curare il dialogo con le istituzioni sociali ed ecclesiali.

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Linee operative Incontro annuale a livello zonale per individuare criteri operativi in ordine

alla missione, ai cammini formativi, all’identità dell’animatore ecc. (nel futuro la programmazione annuale potrebbe essere fatta insieme)

Avvio dei gruppi della Famiglia Salesiana Cammini formativi differenziati e inculturati (FxF) pensati insieme Convegno di studio ogni tre anni (ipotesi di un tema: il dialogo

interreligioso – fatto con i laici) Maggiore collaborazione e scambio tra SDB e FMA Promozione del MGS nella sua struttura organizzativa Investimento sulla formazione dei laici Preparazione professionale di FMA ed SDB Competenza linguistica dei missionari (assicurare un tempo adeguato per

la preparazione prima di venire in Albania)

convegno giovaniPER UNA CITTADINANZA RESPONSABILE E PARTECIPATIVA10 anni di presenza nei Balcani

Già da vari anni il Centro Don Bosco organizza per fine gennaio un congegno sulle problematiche giovanili in Albania. Si sono affrontati in passato temi come “Giovani e lavoro”, “Disoccupazione e imprenditoria giovanile”, “Etica ed economia”, “Giovani e valori”…

Il 4 febbraio scorso nella sala conferenze del Palazzo Congressi di Tirana si è svolto la tavola rotonda “Giovani albanesi per una cittadinanza responsabile e una democrazia partecipativa”.

L’iniziativa è stata realizzato con la collaborazione del VIS e dello IAL Veneto e la sponsorizzazione della Comunità Europea. Erano stati invitati: rappresentati delle associazioni giovanili, direttori di scuole, operatori nel mondo giovanile, autorità competenti…

Una bella sala gremita da oltre 200 persone ha visto giovani e adulti, soprattutto giovani, confrontarsi su un problema vitale dell’Albania.

L’occasione era data dal 15° anniversario della Convenzione di New York sui diritti dei minori, in particolare sul loro diritto di libertà d’espressione, libertà di pensiero e di religione, libertà di associazione, libertà di formazione.

La riflessione ha preso il via dalla pedagogia di Don Bosco: “Giovani protagonisti della loro educazione”, riflessione affrontata da Don Gianni Filippin, Direttore del Centro Sociale Don Bosco.

Il conferenziere ha fatto rilevare come nell’educazione del giovane non c’è un prima (tempo di parcheggio, di attesa per essere pronti ad inserirsi attivamente nella società) e un poi (che forse non potrebbe venire mai). Ogni età della formazione richiede un adeguato coinvolgimento in famiglia, a scuola, nella società.

Il giovane porta in sé una molteplicità di energie, di potenzialità. All’educatore il compito di scoprire queste potenzialità e farle fruttare.

Don Bosco era solito dire: “In ogni giovane c’è qualcosa di buono… Il punto sta (da parte dell’educatore) di scoprire in essi i germi delle loro buone disposizioni e procurare di svilupparli. E poiché ognuno fa con piacere soltanto quello che sa di poter fare, io mi regolo con questo principio”.

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Don Bosco seppe coinvolgere i giovani, dando vita a varie associazioni che animavano i suoi Centri Giovanili.

Li coinvolse in varie responsabilità; prese i suoi migliori ragazzi di 15-16 anni e li mise in cattedra a insegnare matematica, latino… Con giovanotti di 20 anni organizzò la 1° spedizione missionaria nella lontana Patagonia.

È il coraggio di questo educatore di fare proposte impegnative ai suoi giovani: “La gioventù non è fatta per il piacere, ma è chiamata all’eroismo”.

Il Professor Admir Duraj, Avvocato e Lettore presso l’Università delle Scienze Sociali di Tirana, ha affrontato alcuni articoli della Convenzione di New York. È venuto un forte invito ai giovani a guadagnarsi spazi di protagonismo all’interno della vita pubblica, delle istituzioni, facendo valere i propri diritti di libertà, di pensiero, di azione.

Dal momento in cui il giovane prende coscienza dei propri diritti, assume anche le sue responsabilità e i suoi doveri verso la società. Comunque per vivere il futuro è necessario che i giovani vivano con l’impegno oggi.

Anche i giovani hanno potuto dire la loro in questo convengo. Alcuni di loro hanno realizzato delle interviste fatte tra i giovani a riguardo del tema.

Il Presidente del Parlamento dei giovani Endri Shabani, ha presentato l’impegno di questo organismo composto dai rappresentanti delle varie scuole.

È seguito poi un vivace dibattito in aula con domande rivolte soprattutto a Eduar Manushi direttore dell’Ufficio Nazionale delle politiche giovanili.

Si è colto in sala la forte sensibilità dei giovani verso le categorie più emarginate, in particolare verso i rom, spesso esclusi dai più elementari diritti. Ancora una volta i giovani hanno dimostrato la loro sensibilità e attenzione verso i più poveri e gli ultimi.

Notizie

spulciando dai verbaliConsiglio Ispettoriale: diario di bordo

Le riunioni del Consiglio Ispettoriale sono tappe di confronto e di programmazione. Come ha detto il Rettore Maggiore in Thailandia, termini principali del lavoro del Consiglio sono l'animazione e il governo. L'animazione senza governo è retorica. Il governo senza animazione èformalismo. Per questo, durante le riunioni, vengono privilegiate le aree dei settori (animazione) e le deliberazioni nei riguardi delle persone e delle Case (governo).

Il 25.10.2005 Consiglio è impegnato nello studio del POI, soprattutto nel dare il giudizio sulla significatività di alcune opere. Sono presenti anche per lo studio dell'argomento il Dr. Biagio Conte e l'avv. Giannelli. La PG è impegnata nella presentazione dei Regolamenti CEP di parecchie Case e nel prospettare argomenti vari con i loro cammini. L'Economo presenta varie richieste delle Case: si apre un dibattito sulle modalità e sui criteri da adottare per le varie concessioni. Il settore Formazione presenta problemi e prospettive.

La riunione del 6:11.04 impegna i Consiglieri nella Verifica e Orientamenti relativi ai Convegni di PG. C'è un discorso approfondito sulla realtà Foggia Emmaus. Si conclude invitando al prossimo Consiglio la stessa Comunità. Anche i Settori presentano le loro attività e chiedono ai Consiglieri pareri e strategie da mettere in pratica.

II 22.11.04 si riprende il discorso sulla PG in Ispettoria. Collegati a questo tema sono i processi formativi dei Confratelli tirocinanti e dei Preti del quinquennio. A varie

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richieste delle Case vengono date dovute risposte. L'ultimo Consiglio dell'anno, il 06.12.2004, vede il Consiglio intento nello studio

dei Processi Formativi, nel discernimento sui PTO di Soverato e Taranto, nell'ascolto della Relazione del Delegato in Albania-Kossovo. I vari Settori relazionano sulle attività in corso e su quelle programmate. La prima riunione del nuovo anno è stata tenuta.

L' 11.01.05. Don Cristiani e Don Di Fiore relazionano sul Convegno della Delegazione Albania-Kossovo, tenutosi i gg. 27-30- dicembre 04, a Tirana. Le conclusioni sono state riassunte in tre termini: Convinzioni - Attività - Linee Operative. Don Carotenuto presenta le prossime scadenze per i Confratelli in formazione ed allarga il discorso al Prenoviziato. Don Cristiani presenta gli Orientamenti dopo il Convegno SCS sull'Emarginazione. Don Di Fiore, come sempre, presenta richieste delle Case.

La riunione del 25.01 impegna i Consiglieri nello studio della significatività dell'Opera di Vietri sul Mare con le sue problematiche. Si conclude con la proposta di affidare all' erigendo Centro Cooperatore di Vietri la conduzione dell'Opera. Don Di Fiore presenta la situazione finanziaria del CNOS FAP di Bari e varie richieste delle Case. Don Cristiani parla degli obiettori e delle modalità con cui occorre animarli.

La riunione del 21.02. impegna i Consiglieri nello studio di Integrazioni al POI e ai due Direttori: Formazione ed Economia. II Settore Formazione presenta le due ammissioni al Diaconato e la riflessione sugli EE.SS. dei Confratelli: è doveroso dare serietà e serenità al clima in cui essi si svolgono. Il Settore PG e impegnato nello studio e presentazione dei vari Progetti delle Case man mano che arrivano. Relaziona sugli EE.SS. dei giovani "Quaresima viva". Difetta l'accoglienza e la risposta alla proposta. Vengono presentate varie attività: Congresso Eucaristico a Bari-Giornata MissionariaAttività Missionarie Estive-Festa Ispettoriale a Caserta. Don Di Fiore presenta alcune proposte che richiedono l'autorizzazione a procedere.

Il Consiglio del 07.03 viene tenuto nella Casa di Santeramo, perché quasi tutti i Consiglieri si trovano in Puglia. Un Consiglio che ha preso in esame parecchie scadenze prossime e varie problematiche inerenti a percorsi formativi e pastorali.

Il Consiglio Ispettoriale del 21.03 ha preso in esame le relazioni delle visite compiute da Delegato prima e dall’Ispettore dopo alle tre case dell’Albania -Kossovo. C’è veramente la mano di Dio nella conduzione di quelle opere! Si è avviata la verifica della prima annualità del POI: di quanto si è fatto e quanto resta da fare. Concluse le consultazioni per la nomina del nuovo Ispettore, ci si è soffermati sulle consultazioni ispettoriali per le scadenze dei vari Direttori e Consiglieri ispettoriali. Ci si soffermati anche sulla Festa Ispettoriale del 25 aprile, caratterizzata quest’anno dal Grazie di riconoscenza a d. Franco per quanto ha dato nei sei anni del suo ministero salesiano. Il pensiero agli EESS dei Direttori ha posto termine alla laboriosa giornata.

Sac. Ferdinando LamparelliSegretario Ispettoriale

Piedimonte MateseRaduno degli Exallievi

In onore dei 50 anni della presenza Salesiana a Piedimonte Matese, il comitato dei festeggiamenti ha voluto organizzare una giornata per tutti coloro che a qualsiasi titolo, hanno frequentato l’Opera. La giornata si è sviluppata all’insegna dell’amarcord delle attività, e dei Salesiani che si sono susseguiti tra le mura dell’attuale via Don Bosco 49. Alcuni di loro erano addirittura presenti, don Antonio de Ciccio, don Pasquale Perrinella ed il coadiutore sig.Valentino Persico.

Il primo momento si è svolto in teatro, dopo il saluto del Sindaco l’avvocato Carlo Sarro, il Presidente regionale prof. Rodolfo Graziano, ha spiegato il significato dell’essere ex-allievi, ma soprattutto ha marcato la necessità dell’adesione sia al livello

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regionale, sia al livello nazionale degli ex-allievi di Piedimonte Matese. Dopo gli splendidi interventi del segretario ispettoriale d. Ferdinando Lamparelli (Delegato regionale degli SDB), dello splendido e toccante intervento del Prof. Marcellino Diana (insegnante del CNOS) di Pasquale Luppoli (ex-allievo del CNOS), Francesco Siciliano (cooperatore salesiano), di Vincenzo di Marco(animatore e cooperatore salesiano), Loredana Civitillo (cooperatrice salesiana e membro della consulta pastorale diocesana) e Giovanni Amendola (cooperatore salesiano) il tutto coordinato dal valido moderatore Dott. Guglielmo Venditti anch’esso cooperatore salesiano.

Dopo il saluto del nostro Vescovo Mons. Pietro Farina, si è celebrata la Santa Messa presieduta dal Vescovo Salesiano Mons. Gennaro Prata, ex Vescovo della Diocesi di Cochabamba in Bolivia. Dopo la Messa, grande pranzo offerto dall’Istituto Alberghiero di Piedimonte Matese, sotto la competente ed amichevole direzione dei professori Marro e Terreri. Un banchetto eccezionale, con grandi prelibatezze, ed un servizio di ricevimento di altissimo livello!

La giornata si è conclusa con una riunione che ha dato vita ad un direttivo, anche se provvisorio, che sarà la base del rilancio degli ex-allievi a Piedimonte Matese.

Giovanni Amendola

PotenzaUna torta ed un auspicio

Festa dell’Immacolata Concezione di Maria, 8 dicembre 1841: san Giovanni Boscosa inizio all’attività dell’Oratorio. Ci troviamo a Valdocco (Torino). Il primo ragazzo che viene accolto dal santo è Bartolomeo Garelli. Seguiranno poi milioni e milioni di giovani che saranno accolti in circa mille oratori presenti in 160 nazioni.

Oggi a Potenza, nella parrocchia si san Giovanni Bosco si celebra la solennità dell’Immacolata con questo particolare spirito di gratitudine verso la Vergine, ricordando la nascita del primo oratorio. Alle 10.30 sarà celebrata la messa solenne presieduta dal parroco don Galliano Basso durante la cerimonia saranno consegnate le tessere agli iscritti all’oratorio: ben 700 i ragazzi che frequentano l’oratorio e il centro giovanile una vera e propria festa che li vedrà protagonisti per l’intera giornata. Alle 12, secondo tradizione, si ritroveranno tutti in cortile e, secondo un rituale, si metteranno in cerchio. Allora sarà data lettura di quanto accadde quel lontano 8 dicembre 1841 e del dialogo tra don Bosco e il giovane Bartolomeo. Al termine un’Ave Maria e taglio della torta, anzi della megatorta preparata dalle mamme dei giovani.

«Ci saranno 700 fette di torta e anche più per tutti», rassicura il parroco don Galliano. Una torta preparata dalle mamme con la stessa premura di Mamma Margherita, la mamma del santo. Certo non ci saranno le 163 candeline, quanti gli anni dalla nascita dell’oratorio ma le mamme faranno una sorpresa: la torta avrà una forma che ricorderà un’avvenimento della vita di don Bosco. L’anno scorso infatti la torta fu fatta a forma di casetta, la casa natale del santo dei giovani. La festa poi continuerà alle 20 con uno spettacolo-recital, quale omaggio alla Vergine Maria, preparato dal laboratorio teatrale “Ginetto Tramater” dei ragazzi del centro salesiano coordinato dai coniugi Nella.

Alla festa possono partecipare tutti, parrocchiani e non ma soprattutto i giovani, quelli che tanto amava don Bosco: «venite a me – diceva – perché siate giovani». Lo stesso primo incontro con Bartolomeo Garelli nasce proprio dall’interesse del santo per quel giovane impaurito: «Mio buon amico come ti chiami?», gli chiese il santo e alla risposta che i genitori erano morti e lui a 16 anni faceva il muratore e che non sapeva né leggere e né scrivere e né cantare o zufolare e così via il giovane la sera stessa accolse l’invito del santo a essere suo amico.

I salesiani di Potenza, svolgono da anni, seguendo l’esempio del loro padre don

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Bosco, un’opera davvero meritevole, numerose sono le iniziative: dall’assistenza con un ambulatorio medico ad attività di carattere culturali, ludico e sportive.

Tanto che per il rione la parrocchia svolge un vero e proprio ruolo sociale: «Forse – dice il parroco don Basso – sarebbe auspicabile una maggiore presenza delle istituzioni per un rione che vede non pochi giovani a rischio di droga e soprattutto nella solitudine».

Ed è su quest’ultimo male che don Galliano pone l’attenzione: «È davvero drammatico vedere giovani nella solitudine più disperata, certo – dice – alle spalle ci sono situazioni familiari di disagio e spesso siamo noi come parrocchia a supplire a quelle carenze politiche e sociali che il rione presenta». E per il parroco sarebbe auspicabile un maggior raccordo con le istituzioni. A collaborare con don Basso, oltre a circa 30 laici, ci sono i salesiani don Angelo Santorsola, che si occupa delle opere sociali, don Vincenzo Adesso, viceparroco, don Bruno Bertolazzi che si occupa dei giovani universitari e don Giovanni Cantatore, incaricato della pastorale giovanile.

L’oratorio per don Bosco – lo ricordiamo – non è solo luogo di “cappella e chiesa” ma la proposta di un sistema che vede insieme «imprese spirituali, sociali, educative, messe a disposizione dei giovani per trasformare la società. L’oratorio resta il modello della creatività apostolica, dell’audacia dell’educatore e dell’affetto che sa guadagnare il cuore dei giovani».

Maria De Carloil Quotidiano, mercoledì 8 dicembre

2004

Foggia parrocchiaUna pietra per una nuova speranza

L’8 dicembre 2004 è stata una pagina storica per la cronaca della casa Salesiana di Foggia Sacro Cuore, di quelle pagine che la nostra memoria andrà a sfogliare spesso anche in futuro. Credo che la sua importanza non è dovuta dalla risonanza dei media e dalle autorità presenti accorsi per l’occasione, ma la sua vera importanza è data dalla speranza che abbiamo dato a questo quartiere, che in 36 anni ha sempre atteso un luogo dove poter trovare un riscatto da quell’etichetta “Rione Candelaro”; e quando dico etichetta “Candelaro” dico che qui a Foggia basta questo per creare molti più pregiudizi di quelli che si possono immaginare. Forse l’unico grande assente per la posa della prima pietra del nuovo Oratorio è stato don Alfonzo Ruocco, il fondatore di quest’opera, che per primo si è donato senza riserve al popolo Foggiano. Don Alfonzo meritava di essere lì in prima fila come lo hanno immaginato molti, lì tra i suoi ragazzi ormai genitori, lì tra i suoi poveri che ha tanto amato, lì tra i banchi di quella chiesa che si riempiva per ascoltare i discorsi su quel Regno fatto a misura per i suoi parrocchiani e dove lui li ha preceduti. Un altro volto era ricercato dai più, in questo giorno di letizia, quello di don Lucio Mastrilli, assente per motivi familiari. Tutti qui a Foggia ricordano come don Lucio con il suo stile paterno e accogliente ha messo le prime pietre dello stile oratoriano, che ha trasmesso principalmente con la sua testimonianza.

L’attuale successore di don Ruocco, don Pino Ruppi, guardando dall’altare aveva di fronte a se i laici che hanno permesso questo grande passo per la nostra casa. Tra le prime file c’era l’On De Leornardis, colui che volle e chiese i salesiani a Foggia, quand’era ispettore don Antonio Marrone, l’Ing. Fiore, progettista e direttore dei lavori, ed insieme a loro c’erano altre autorità civili e religiose: il Dott. Stallone(Presidente della Provincia), il Dott. Ciliberti (Sindaco di Foggia), il Sig. Massimo Zammarano (Delegato dalla ditta costruttrice). Soprattutto, e bisogna sottolinearlo, la chiesa era gremita di giovani, i destinatari della nascente costruzione e i principali collaboratori

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dell’edificio educativo che la struttura dovrà rappresentare.Con un’elegante omelia Mons. Francesco Pio Tamburino, l’arcivescovo di Foggia,

ha voluto sottolineare come non sia importante l’edificio materiale ma l’ambiente umano che esso dovrà creare. Possiamo allora immaginare che quella prima pietra per analogia possa essere il Sistema Preventivo di Don Bosco.

Per partecipare a questa costruzione si possono dare due contributi, uno economico per la reale costruzione dell’edificio, mentre l’altro più importante

quello umano, cioè rendersi disponibili per creare un clima accorgente e sereno per chi varcherà la soglia del nostro nuovo Oratorio, e noi sappiamo che questi giovani sono sempre accompagnati dalla Vergine. Un augurio che rivolgo personalmente alla nuova struttura è che essa possa essere una calamita per tutti i giovani bisognosi del nostro quartiere. Speriamo che non sia come dice l’Anonimo: “il mondo è disseminato di prime pietre, che sono state anche ultime”, e che anzi possiamo rendervi noto al più presto che la costruzione sia stata completata…

La chiesa del Sacro Cuore di Gesù si è riempita, tale da non lasciare più posto a sedere, già alle 9.45, ora in cui alcuni tra i celebranti illustri come il Vescovo, don Pasquale Cristiani e don Matteo Di Fiore sono sopraggiunti. In chiesa tra le autorità più illustri c’era l’On. De Leornardis, colui che volle e scrisse all’Ispettore don Antonio Marrone per fa arrivare i salesiani a Foggia; De Leonardis da quando sono giunti i salesiani non ha mai smesso di lavorare per e con loro. Dopo la celebrazione, presieduta dal Vescovo, con un’ordinata processione ci si è diretti verso il cortile dell’Oratorio, esattamente nell’angolo dove sorgerà una delle colonne portanti della nuova struttura. La pioggia ha abbreviato una parte del rito, ma ciò non ha tolto nulla all’eccezionalità e all’emozione che il momento ha trasmesso. La pergamena che è stata firmata da Don Pino (Direttore dell’opera), il Dott. Ciliberti (Sindaco di Foggia), l’Ing. Fiore(progettista) e Mons. Tamburino (Vescovo di Foggia), è stata posta all’interno di una cassettina dove, simbolicamente uno ad uno, i firmatari hanno versato del cemento.

Ci auguriamo che non sia come dice l’Anonimo: “il mondo è disseminato di prime pietre, che sono state anche ultime”, e che anzi possiamo rendervi noto al più presto che la costruzione sia stata completata…

PristinaFesta di Don Bosco

Il sabato 29 gennaio nella grande sala del Centro si sono riuniti tutti i ragazzi che fanno parte del centro Giovanile, quasi 150 ragazzi di età tra i 6 e i 14 anni. Per loro sono state organizzate attività e giochi diversi. Gli stessi ragazzi hanno presentato con piccole prove le diverse attività alle quali hanno partecipato da settembre, come il corso di inglese, il corso di danza e di teatro. Durante queste presentazioni sono stati consegnati anche alcuni certificati agli animatori del Centro Giovanile – Oratorio, a conclusione della formazione seguita durante l’anno precedente. È seguita la proiezione del film Don Bosco con la presenza do numerosi spettatori.

Lunedì 31 gennaio per l’occasione della festa di san Giovanni Bosco sono state organizzate diverse attività per i giovani di età tra i 17 e i 25 anni che seguono i nostri corsi di formazione professionale. Dalle ore 9 alle ore 10 del mattino hanno partecipato a piccoli turni di ping pong e di

calcio. Per loro e i nostri invitati, i responsabile dell’Ufficio Italiano a Pristina, dott. Pasquale Salzano, è stata presentata in versione powerpoint tutta la struttura del nostro centro cominciando dallo staff di lavoro fino alla presentazione dei diversi corsi. In seguito il dott. Salzano ha salutato i nostri studenti dedicando loro iol tempo per fare delle domande. I giovani sono stati molti interessati ed attivi. In seguito gli stessi studenti hanno espresso il loro giudizio personale sul Centro Don Bosco, per le attività

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sviluppate indicando così pensieri positivi e partecipazione alla vita dle Centro. In seguito sono stati consegnati agli studenti i certificati per i loro successi ad un corso professionale che hanno seguito. Alla fine della giornata è stato offerto loro una

merenda ed è stato trasmesso di fantascienza. La serata è stata continuata con la messa in memoria di don Bosco alla quale ha partecipato un grande numero di fedeli cattolici della nostra città. La cerimonia è stata presieduta da d. Lush Gjergji insieme ai salesiani e il capellano militare dei carabinieri d. Salvatore…..

Alla fine dell’eucaristia il Centro ha offerto ai giovani una serata festiva la quale ha avuto una grande partecipazione.

TiranaFestival Voci Nuove

Con il canto “Dilemë Dashurie” Anisa Kaçorri, ragazza di Elbasan, ha vinto la 6° Edizione del Festival Voci Nuove che si è realizzato al Don Bosco di Tirana, lunedì 31 gennaio 2005. Al 2° posto è arrivato Gazmir Mema con la canzone Curioso. Al 3° posto si è classificata Mirjeta Mema.

Dodici le canzoni in gara, scelte su oltre una ventina di iscritti.Il Festival, alla sua VI edizione, era nato ancora quando in Albania le

manifestazioni musicali non erano così diffuse come lo sono oggi. Voleva essere, e tale resta, un’occasione per far conoscere e lanciare cantanti alle prime armi, soprattutto nell’ambiento delle Scuole Medie. L’iniziativa viene sostenuta dall’Istituto Italiano di Cultura in collaborazione con il Parlamento dei Giovani e lo IAL Veneto.

Anche l’edizione di quest’anno ha visto la partecipazione di giovani di tutta l’Albania… da Scutari ad Elbasan.

A dare lustro alla manifestazione, fuori concorso, cantanti ormai collaudati come Luis Ejlli, Anjeza Shahini, Klajdi Musabelliu che, come giovani, han voluto incoraggiare altri giovani come loro a calcare il palcoscenico ed esprimere le loro doti artistiche.

Per partecipare al Festival Voci Nuove bisognava infatti presentarsi con canzoni proprie (testo e musica) e non editate in altri festival. Il Festival resta così un buon laboratorio di espressione musicale per i giovani che, attraverso la musica, possono esprimere il loro modo interiore, i loro valori, le loro capacità.

Lo stile di questa manifestazione è in linea con lo spirito e la pedagogia di Don Bosco che ha sempre creduto nella musica. Egli era solito dire che la musica è l’anima in un ambiente giovanile. Già nel suo primo Oratorio di Torino d. Bosco aveva coltivato molto la musica e lui stesso aveva scritto delle Operette Musicali.

Festa tutta salesiana quella dunque che si è vissuta al Centro Sociale Don Bosco il 31 gennaio con la partecipazione di oltre 800 giovani in una coreografia ben curata. Al Centro un bel volto di Don Bosco fatto con oltre 6 mila tappi di bottiglie, opera di Don Domenik e dei suoi ragazzi dell’Oratorio. Ottima anche la regia del Corso di Animatori Sociali che han curato tutti i dettagli della manifestazione.

Le varie edizioni vanno migliorando in qualità di anno in anno.

Incontro Ex-allievi di TiranaI ragazzi passati per il Centro Sociale Don Bosco non vengono dimenticati. Don

Bosco li ha voluti tenere uniti attraverso l’Associazione degli Ex-allievi, che conta in tutto il mondo centinaia di migliaia di iscritti, giovani, uomini e donne di tutte le categorie: politici, industriali, professionisti, cantanti, calciatori…

Anche al Centro Sociale Don Bosco di Tirana da alcuni anni è presente questa associazione e convoca i suoi membri ogni anno attorno alle Feste di D. Bosco.

A dar lustro all’appuntamento di quest’anno il Vice-Ministro del Lavoro Ahmet Ceni, l’Ambasciatrice del Unicef Carrie Auer, il General Manager della Vodafone

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Thomas Papaspyrou, l’Addetto Culturale dell’Ambasciata d’Italia Adriano Cani e un Rappresentante della IAL Veneto Silvano Possagnolo.

Il Vice-Ministro ha consegnato i diplomi professionali agli allievi dello scorso anno:23 segretarie (358 in totale in questi 10 anni)27 elettricisti (421 in tutti questi anni)24 idraulici (173 con i precedenti)23 impiantisti (291 in passato)19 sarte (138 in totale)22 animatori sociali (199 complessivamente)Con l’aiuto dell’Unicef e della Vodafone a fine dicembre si è concluso per 41

ragazzi/e il 4° corso di Bisnes Sociale.Così si sono consegnati 28 attestati di qualifica europea per lavori elettrici.Intervenendo il Vice-Ministro ha avuto parole di profonda stima per il lavoro di alta

qualificazione nel campo professionale svolto dal Centro Professionale Don Bosco in questi anni.

Sono 2037 in totale gli allievi che hanno ottenuto in questi anni dei Certificati Professionali, e 1750 i corsisti per una qualificazione. In tutto 3800 ragazzi e ragazze che son passati sui banchi e sui laboratori del Don Bosco di Tirana per ricevere una serie educazione e formazione professionale.

Ci auguriamo che questi giovani si siano ora inseriti nel loro paese come li sognava Don Bosco, cioè come “onesti cittadini e buoni credenti”.

don Gianni FilippinDirettore di Tirana

Venosa La memoria di don Bosco continua

Anche quest’anno Venosa ha mantenuto il suo appuntamento con la celebrazione della Festa di Don Bosco. Il merito va al gruppo dei Cooperatori ed Ex-allievi presenti a Venosa. Il giorno 31 è stato preceduto e preparato da un intenso triduo che ha visto i ragazzi delle scuole della cittadina lucana alternarsi nelle celebrazioni al mattino. Nel pomeriggio degli stessi giorni il triduo, celebratosi nella chiesa Concattedrale, è stato presieduto da d. Matteo Di Fiore economo ispettoriale e delegato per l’Albania-Kossovo. Sabato 29 gennaio alle 19.30 nel salone San felice si è svolta una Conferenza per i giovani venosini sulla figura di Don Bosco e la sua grande passione educativa.

Lunedì 31 gennaio alle 18, presieduta da mons. Gianfranco Todisco, si è celebrata l’eucaristia. Nonostante le abbondanti nevicate di quei giorni tutti i momenti del programma hanno visto la numerosa presenza di tanta gente e ragazzi.

Cisternino Un convegno per celebrare il 70°

“I Salesiani a Cisternino: una risorsa giovane… per i giovani” è il titolo del convegno che si è tenuto nella cittadina del brindisino lo scorso 20 febbraio, in occasione del 70° anno di presenza dei Salesiani. Obiettivi precipui del convegno, come tracciato dal direttore della casa d. Angelo Draisci, sono stati rendicontare quanto fin ora fatto e realizzato, tracciare linee programmatiche per il futuro, inaugurare le aule dei corsi di formazione professionale di prossimo avvio.

La mattinata è cominciata innanzitutto con la Celebrazione Eucaristica, per proseguire con la TAVOLA ROTONDA dal tema “La presenza dei Salesiani a Cisternino: ieri, oggi, domani…”. Si è cominciato col tracciare una sorta di excursus-storico dal 18

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febbraio 1934 ad oggi, e l’analizzare “i frutti” di tale presenza tra i giovani del luogo; hanno quindi fatto seguito testimonianze varie circa l’attuale operato dei Salesiani a Cisternino. Sono convenuti anche sua Eccellenza Mons. Domenico Padovano, persona sempre attenta ad una valorizzazione di tale risorsa sul territorio diocesano, il Dirigente Scolastico del locale Liceo Polivalente, il Sindaco del comune di Cisternino, l’Ispettore d. Franco Gallone: tali interventi sono stati molto importanti per fornire stimoli di progettazione futura. Da più parti è emersa l’importanza che l’operato dei Salesiani ha per i giovani del luogo, di quanto essi siano una importante risorsa da valorizzare sempre più, la punta di diamante di ogni intervento effettuato sul territorio a favore della persona, nonché un importante elemento di coesione fra le varie agenzie locali.

Altro momento importante è stato, come già accennato, l’inaugurazione delle aule che prossimamente verranno utilizzate per i corsi di formazione professionale, accreditate con ordinanza regionale. Questo momento ha goduto della presenza, fra l’altro, del presidente della Regione Puglia, dott. Raffaele Fitto.

È stata certamente una giornata molto intensa e proficua, in cui ogni convenuto ha potuto esprimersi fornendo suggerimenti al futuro operato della comunità salesiana a Cisternino. A questo punto non resta altro da fare che rimboccarsi le maniche e continuare ad agire svolgendo qual lavoro di squadra importante per l’attualizzazione del desiderio di don Bosco di agire sempre per il bene delle anime dei giovani.

Simeone Loredana

Caserta Spiritualità e impegno per la FS

Una giornata ricca di spunti di riflessione e di momenti di fratellanza quella vissuta domenica 6 marzo presso l’Istituto Salesiano di Caserta, in compagnia di Don J. M. Garcia, sdb dell’ U.P.S. di Roma, sul tema “Lo riconobbero nello spezzare il pane: la Famiglia Salesiana tra spiritualità e impegno”.

Numerosissima la partecipazione di tutte le componenti dell’Istituto, dai Salesiani, guide ed ispiratori dell’incontro, ai cooperatori, agli ex-allievi, ai docenti, ai tutor, agli animatori, ai volontari, ai genitori, ai giovani delle varie età, sempre presenti anche nei discorsi, secondo la tradizione del carisma salesiano.

D. Garcia ha accompagnato il suo intervento con lucidi essenziali nel testo e nelle immagini, che riproducevano dipinti di varie epoche. Ma le sue parole, ben dosate ed incisive, hanno fornito diversi spunti ai convenuti, imprimendo una efficace spinta alla riflessione, proseguita con viva partecipazione nei gruppi di lavoro.

L’incontro si è svolto secondo un’agenda, che, come al solito, non ha lasciato nulla al caso. Le preghiere, le letture, i sussidi e l’omelia partecipata della celebrazione eucaristica hanno saputo creare un clima di fraterno confronto sui temi essenziali dell’impegno cristiano e salesiano in particolare. In questo contesto, ognuno ha sentito di condividere le proprie esperienze di vita e di fede con immediatezza, senza spigolosità, integrando i diversi contributi, sotto la guida esperta dei cooperatori che coordinavano i lavori.

La giornata era intitolata al passo del vangelo dei discepoli di Emmaus in cui Gesù si fa riconoscere dai suoi discepoli, demoralizzati dagli eventi della Passione, nell’atto dello spezzare il pane (Lc. 24, 30-35). E’ il tema tanto caro al Santo Padre, che, con la lettera apostolica “Mane nobiscum Domine”, ha dato impulso ad un rinnovamento della spiritualità eucaristica, facendo del 2005 un anno ad essa dedicato, a coronamento di un percorso che parte dallo scorso Giubileo.

D. Garcia ha messo in evidenza questa centralità dell’Eucaristia come punto di arrivo di un cammino di ricerca e come punto di partenza per un rinnovato impegno cristiano. In questa prospettiva la domenica diventa tempo privilegiato per un

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raccordo tra i due percorsi, alla luce della celebrazione eucaristica, che, attraverso il rituale stabilito e denso di significati, è capace di trasformare quel tempo libero, che spesso ci si affanna a riempire, in “tempo liberato”, ispirato alla gratuità dell’agire di Dio. Ma, come un genitore ha detto, questo atteggiamento va costruito nel quotidiano, disponendosi a plasmare la propria vita sull’esempio di Gesù ed educando i giovani a farlo.

A conclusione dei lavori di gruppo, ha avuto luogo la celebrazione eucaristica, concelebrata con supporti audiovisivi da Don Garcia e don Emidio, direttore dell’Opera salesiana di Caserta, durante la quale tutti i gruppi hanno offerto le conclusioni dei lavori della giornata di studio. Nello spirito di comunione che si era rinnovato tra i partecipanti, l’incontro è proseguito con l’agape fraterna, occasione per condividere la gioia di una maggiore consapevolezza dell’essere cristiani, nella domenica ed oltre.

Foggia EmmausUna alta onorificenza

Sabato 12 marzo, alle ore 12, nella sala consiliare del Municipio di Foggia, il Sindaco Orazio Ciliberti conferiva il “Sigillo della Città’” a d. Michele de Paolis, ideatore del Progetto Emmaus, da 32 anni consacrato al servizio delle fasce più emarginate della gioventù di Capitanata. Nel conferirgli la più alta onorificenza della Città, il Sindaco evocò in un commosso discorso le benemerenze di questo sacerdote, che nel 1973, assieme a un altro grande salesiano, d. Nicola Palmisano, fondò la “Scuola popolare D. Bosco”, nella Parrocchia S. Cuore e promosse l’attiva partecipazione della cittadinanza al superamento del degrado sociale dei quartieri Candelaro e Borgo Croci, affiancando le loro lotte per la casa, la scuola e l’assistenza sanitaria. Sotto la sua guida oggi Emmaus ha creato una rete di servizi altamente significativi per la gioventù foggiana, sia nel Centro giovanile “Casa del Giovane”, sia nel Villaggio Emmaus.

Don Michele ha ringraziato il Sindaco, gli Assessori presenti, in particolare l’Assessore Lino Del Carmine, promotore dell’iniziativa e tutti gli amici dell’Opera Salesiana che gremivano la sala consiliare. Ha poi affermato che l’alta onorificenza, più

che alla sua persona, andava conferita al lavoro silenzioso di tanti collaboratori laici, che con competenza e sacrificio hanno dedicato la propria vita al servizio dei giovani poveri e abbandonati, nello spirito di Don Bosco.

Ha quindi ricordato la tradizionale collaborazione di Emmaus con gli Enti Pubblici, Comune, Provincia, Regione, auspicando che questo stile possa continuare nel tempo, specie in vista del grande Progetto pilota, il “Villaggio D. Bosco”, che si propone di dare articolate risposte educative a favore dei minori abbandonati.

La cerimonia si è conclusa con un buffet offerto dall’Amministrazione Comunale.

del Mezzogiorno di Domenica 13 marzo 2005.

I nostri defuntiDon Giuseppe TorianoDon Giuseppe Toriano nasce a Modugno (Ba) il 22 luglio 1928. professa nel ‘ 47 il

16 agosto e viene ordinato presbitero il 29 giugno 1955.È stato il salesiano caduto sulla breccia. Da circa 20 anni è stato sofferente di vari

mali. Non ha mai detto un “no”, accettando incarichi di animazione e di professore di

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matematica, di Direttore, di Economo ispettoriale e negli ultimi anni di economo nella casa di Napoli Vomero. Lascia il ricordo della sua salesianità e signorilità nell’accogliere e nello stare con i Confratelli e laici. Muore il 20 ottobre 2004 a Napoli Vomero.

Don Luigi Di VicoDon Luigi Di Vico nasce a Mirabello Sannitico il 16 gennaio 1914. Il 31 gennaio

1930 fa la sua prima professione e il 29 giugno 1939 viene ordinato sacerdote.È stato definito il secondo fondatore della casa di Bari. Al suo arrivo, dopo

l’immediato dopoguerra, trovò una vera appostazione di persone e laboratori. In breve, spendendosi fino all’estremo, ospitò decorosamente 400 orfani, diede loro

aule appositamente costruite, laboratori di meccanica, falegnameria, sartoria, calzoleria e come corona, una banda musicale che portava ovunque il nome dei Salesiani del Redentore. Occupò posti di responsabilità e mostrando mitezza e coerenza fino al giorno della sua morte avvenuta il 21 novembre 2004 a Castellammare di Stabia.

Don Giuseppe D’AvinoDon Giuseppe D?Avino nasce a Torre Annunziata il 7 maggio 1919. Professa il 19

settembre del 1938 e viene ordinato sacerdote il 13 luglio 1947. È stato sempre esemplare per la mitezza e l’umiltà. Pur essendo un valido

professore di lettere classiche sia con i confratelli che con gli alunni si è dimostrato sempre buono. Anche nel periodo della lunga malattia ha rifulso per la sua mitezza. Si è consumato giorno dopo giorno nella consapevolezza di quanto gli accadeva senza alcuna parola di lamento. Muore il 2 dicembre 2004 a Castellammare di Stabia.

Sig. Carlo ParonziniIl sig. Carlo Paronzini nasce a Montegrino (Va) il 9 gennaio 1911. professa come

salesiano il 16 agosto 1942. La nota dominante del sig. Carlo è stata la sua signorilità del tratto, del comportamento. Accoglieva tutti con garbo. Dalla sua persona traspariva umiltà e profondità di vita. Ha esercitato mansioni poco appariscenti e mansioni importanti, come nei due anni di Addetto alla Cancelleria della Segreteria di Stato in Vaticano con lo stesso tenore di vita. Rispettoso di ogni persona che lui avvicinava o dalle quali era avvicinato. Sentiva la vita di unione con Dio. Lascia in tutti i confratelli un esempio di vita salesiana vissuta nel lavoro, nella temperanza e nella donazione di sé. Muore il 28 dicembre 2004 a Caserta.

Don Giorgio CastaldiDon Giorgio Castaldi nasce a Portici il 2 giugno 1920. Professa come salesiano il

18 settembre del 1937 e viene ordinato sacerdote il 7 marzo 1948.Figura significativa in ispettoria; ben 29 anni di direzione nel suo curriculum

salesiano. Ha dato ai salesiani e ai giovani esempi di salesianità nel metodo di lavoro e di guida. Ha coltivato amicizia profonda con molti confratelli e la esprimeva prendendosi cura di loro con telefonate, corrispondenza, incontri. La vita parrocchiale lo ha entusiasmato e fino all’ultimo respiro ha curato il ministero della Parola e dei sacramenti, guidando gruppi e singoli. Don Giorgio muore il 2 gennaio 2005 a Napoli.

Don Giovanni Battista FestinoDon Giovanni Battista Festino nasce a Castellammare di Stabia il 15 luglio 1923.

Professa come salesiano il 16 agosto 1942 e viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1952. La prima parte della sua vita salesiana fu vissuta nel campo dell’apostolato scolastico. La seconda parte gli fu compagna la malferma salute. Si dedicò al ministero sacerdotale e ai piccoli lavori a lui congeniali. Muore il 16 gennaio 2005 a Castellammare di Stabia.

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Don Antonio MarroneDon Antonio Marrone nasce a Bari il 5 febbraio 1915. professa come salesiano il

12 settembre 1932 e viene ordinato sacerdote il 9 giugno 1940.Figura nota dell’Ispettoria per la sua preparazione culturale, per la sua rettitudine

umana, religiosa e sacerdotale. La scorza un po’ ruvida nascondeva un cuore buono. Fu per 18 anni Ispettore in Campania, in Puglia e nella Subalpina; per 18 anni Direttore. La sua testimonianza salesiana era riflesso del suo grande amore a Don Bosco: lo conosceva benissimo e ne parlava con entusiasmo. Gli ultimi anni hanno fatto conoscere di più don Marrone paziente, silenzioso, orante. Don Antonio Marrone muore il 16 febbraio 2005 a Castellammare di Stabia.

Ci uniamo in preghiera al dolore della famiglia di:

D. Antonio D’Angelo per la morte del papà Felice, - 7 novembre 2004S. Francesco Sabbatino per la morte del papà Ciro, - 17 gennaio 2005Don Giuseppe Salvatore per la morte della sorella Maria, - 12 marzo 2005D. Cosimo Gragnito per la morte del fratello Michelangelo, - 21 marzo

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