Notiziario 2 Anno 2012

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2/2012 PERIODICO GIUGNO 2012 − N° 114 POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. IN ABB. POSTALE − D.L. 353/2003 (CONV. IN L 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1, DCB VERONA Brasile: nuove opportunità. Visita alla diga di Itaipu Aeroporto di Verona - Collegamenti stradali e ferroviari Il ruolo dell’efficienza energetica in Italia

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Brasile: nuove opportunita'. Visita alla diga di Itaipu. Aeroporto di Verona: trasporti e viabilita'. Il ruolo dell'efficienza energetica in Italia.

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Brasile: nuove opportunità. Visita alla diga di Itaipu

Aeroporto di Verona - Collegamenti stradali e ferroviari

Il ruolo dell’efficienza energetica in Italia

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Notiziario Ingegneri Verona 2/2012

Direttore Responsabile Ilaria Segala

Vice Direttore Claudio Morati

Comitato di Redazione

Silvia Bonetti, Alessia Canteri, Antonio Capizzi, Maurizio Cossato,

Giovanni Montresor, Andrea Panciera, Paolo Pinelli, Giuseppe Puglisi Guerra

Responsabili del numeroAlessia Canteri, Antonio Capizzi

Hanno collaboratoStefano Busana, Alessandro Catazzo,

Gianluigi Cavagna, Annamaria Conforti Calcagni, Paolo Crescini, Gennaro Della Rosa, Michele Ferrari, Maurizio Pangrazi,

Giovanni Saccà, Luca Sabaini, Paolo Soardo, Ettore Troiani,

Emanuele Vendramin, Antonio Zerman

Fotografia di copertinaDiego Martini

Laureato in architettura, fonda nel 2010, con Cristina Lanaro, lo studio fotografico PHplus.

Diverse sono le collaborazioni con professionisti e le pubblicazioni con riviste - www.phplus.it

Redazione37121 Verona − Via Leoncino, 5

Tel. 045 8035959 − Fax 045 [email protected]

Le opinioni dei singoli autori non impegnano la redazione. Gli articoli possono essere modificati per esigenze di spa-zio con il massimo rispetto del pensiero dell’autore. Le ri-produzioni di articoli ed illustrazioni è permessa solo previa autorizzazione della redazione.I dati personali degli abbonati in nostro possesso saranno trattati nel rispetto del D. Lgs. 196/03 recante il Codice in materia di protezione dei dati personali e con modalità ido-nee a garantirne la riservatezza e la sicurezza.

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Giugno 2012N° 114

Periodico TrimestraleAut. Tribunale Verona n. 565 del 7.3.1983

Editoriale5 Giro di boa, a due anni dalle elezioni Ilaria Segala

Speciale BRASILE7 Brasile: nuove opportunità Michele Ferrari, Paolo Crescini

9 Visita alla diga di Itaipu, la più grande centrale idroelettrica del mondo Ettore Troiani

Incontri Open20 La giornata della memoria Maurizio Cossato

22 Visita guidata a Palazzo Pindemonte Annamaria Conforti Calcagni

Trasporti e Viabilità25 Aeroporto di Verona. Collegamenti stradali e ferroviari Situazione attuale e nuovi progetti 1- L’aeroporto di Verona Collocazione, evoluzione del traffico e sviluppo infrastrutturale Antonio Zerman

31 2- Il collegamento stradale con l’aeroporto “Valerio Catullo” Analisi del servizio e sua evoluzione Maurizio Pangrazi

33 3- Linea ferroviaria Verona-Mantova-Modena. Progetto di adeguamento della tratta Verona Santa Lucia – Villafranca di Verona per realizzare il collegamento ferroviario con l’aeroporto “Valerio Catullo” Giovanni Saccà e Gianluigi Cavagna

Management45 Come ottimizzare le risorse umane in azienda? Alessandro Catazzo

Attualità48 Il ruolo dell’efficienza energetica in Italia tra crisi economiche e politiche climatiche Emanuele Vendramin

Arte e Storia51 Le Torri Massimiliane di Verona meglio conosciute come “Le Torricelle” Paolo Soardo

Professione54 Perchè dovremmo studiare filosofia? Stefano Busana

59 “Analisi sismiche” Inserto speciale nel Notiziario 3/2012 Maurizio Cossato

Commissioni57 A Calmasino la prima scuola verde d’Italia Visita tecnica degli ingegneri veronesi Luca Sabaini

58 Geologia per Ingegneri. Cenni di geologia della provincia di Verona Alessia Canteri

Consiglio dell’Ordine

54 Movimenti Albo - Elenco segnalazioni a Regione, Comuni, Enti e Privati, Elenco Terne e Collaudi statici

Sommario

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Brasile: nuove opportunità. Visita alla diga di Itaipu.

Aeroporto di Verona - Trasporti e viabilità

Il ruolo dell’efficienza energetica in Italia

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Sono già trascorsi due dei quattro anni del mandato consiliare, siamo al giro di boa ed è tem-po di fare i primi bilanci. In due anni quante cose sono cambiate, la crisi ha iniziato a colpire anche la nostra professione e uno strano gioco politico sta facendo al tiro al bersaglio con

le professioni intellettuali alle quali apparteniamo. All’inizio del mandato, già dalla prima seduta consiliare, abbiamo deciso di programmare un rin-novo delle cariche di segretario e tesoriere a metà mandato, questo in risposta alla nuova legge elettorale degli ordini che prevede che un consigliere possa rimanere in carica per soli due mandati consecutivi, il ricambio poteva così agevolare una maggiore trasmissione di conoscenze anche per consiglieri al primo mandato. Il decreto mille proroghe ha vanificato in parte la nuova legge consentendo in via eccezionale ai soli consiglieri in carica al momento del decreto di restare in carica per un ulteriore mandato. Personalmente questa proroga “all’italiana” non mi è piaciuta, si allunga ulteriormente la data di rinnovo serio e “obbligato” di quei consigli che da troppo tempo non vengono rinnovati, e abbiamo così dato credito con questa mossa a chi considera gli ordini una casta. Molti consigli in realtà, come il nostro, hanno già cominciato un percorso di graduale rinnovamento che permetterà di non arrivare ad un rinnovo obbligatorio di tutto il consiglio quando finirà l’effetto del mille proroghe e si è deciso di mantener fede al rinnovo proposto all’inizio del mandato: all’ing. Paolo Pinelli è così succeduto l’ing. Marco Terrabuio nel ruolo di segretario e all’ing. Alberto Fasanotto l’ing. Filippo Toso nel ruolo di tesoriere.A metà strada viene naturale verificare il percorso fatto e il programma iniziale; i principali aspetti già attivati sono quelli relativi alla segreteria e alla comunicazione come il nuovo sito, più chiaro e dinamico, la newsletter settimanale, l’apertura della biblioteca e del co-working. Una maggior trasparenza dell’attività data dai verbali on-line di consiglio e commissioni. Grazie all’abolizione del numero chiuso per le commissioni e per l’incremento di queste ultime siamo passati da 170 ingegneri partecipanti alle attività a 390.E’ iniziato l’iter per il cambio della sede in una posizione più facilmente accessibile in Verona sud, percorso che si dovrebbe concludere entro il mandato consiliare.Sono stati potenziati i servizi a favore degli iscritti con la creazione di uno sportello dedicato alle tematiche di maggior interesse per l’iscritto, attualmente gli sportelli attivi sono:- help sismico- help giovani- help geotecnica- help piano casa - help recupero crediti ( in fase organizzativa un aiuto legale per la riscossione dei crediti, come funziona l’iter legale, quali sono le spese, dove si può arrivare, ecc)Per quanto riguarda i corsi ci siamo aperti a tutte le specializzazioni e non solo ai civili-edili su proposta delle diverse commissioni.Per alcuni dei punti già attivati il percorso non è ancora concluso come per il sito internet che viene via via migliorato accogliendo le richieste di segreteria ed iscritti.In questi anni sta cambiando molto anche il modo di affrontare la professione, entro agosto forse sapremo se la formazione continua sarà obbligatoria anche per la nostra categoria e quale ruolo avrà l’Ordine relativamente ai procedimenti disciplinari, il programma quindi ha necessità di essere modificato anche in corsa per essere più flessibile con i rapidi cambiamenti della nostra società.Abbiamo ancora due anni davanti a noi, accettiamo volentieri suggerimenti e critiche costruttive.

Ilaria SegalaPresidente Ordine Ingegneri di Verona

Editoriale

Giro di boa, a due anni dalle elezioni

A metà strada viene naturale fermarsi e verificare il percorso fatto e il programma iniziale, per apportare eventuali modifiche ed adeguarsi ad una realtà che, a causa di molti fattori, cambia in modo molto più veloce che in passato

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“Nei prossimi otto anni il Brasile avrà bisogno di un milione e centomila ingegne-ri, più del doppio di quanti riesce a formarne nelle sue università. La presidente Dilma Rousseff ha appena lanciato un programma speciale, Scienze senza Fron-tiere, per finanziare gli studi post-laurea all’estero di centomila giovani brasiliani, ma non basta a colmare il “deficit di cervelli”. Il piano Scienze senza Frontiere la dice lunga su quanto questo Brasile sia sicuro di sé.La Rousseff non teme che quei giovani connazionali possano rimanere all’este-ro: dove troverebbero le opportunità che gli fornisce il loro paese? Se ne sono accorti anche i giovani europei. Per i nostri neolaureati dei Politecnici di Milano Torino e Genova, le città di Rio de Janeiro e San Paolo tornano a essere la terra promessa, proprio come ai tempi dei loro bisnonni...”Così inizia un articolo di Federico Rampini su Repubblica del 21.03.2012 e così inizia nell’ottobre del 2011 la volontà dell’Ordine degli Ingegneri di Verona di dare una nuova possibilità ai propri iscritti. Precursori di quello che in tanti avrebbero scritto? No, semplicemente una lettura oggettiva di quello che stava succeden-do in Italia e anche a Verona: settore edilizio in crisi, con conseguente disoccu-pazione da parte di colleghi e difficoltà dell’ingresso nel mondo del lavoro da parte di neolaureati anche in ingegneria, mercati emergenti, tra cui il Brasile in cerca di cervelli.Di qui l’inizio di incontri bilaterali tra il nostro Ordine e un’Associazione di Comuni dello Stato di Santa Catarina (AMURES), per una stretta collaborazione tecnico-imprenditoriale. Di qui la nascita a Verona di un tavolo sull’internazionalizzazione, che vede coinvolti oltre al nostro Ordine, Collegio Costruttori, VeronaFiere, Architetti, Geometri, Consorzio Export di CCIAA, Istituto Provolo ed altri soggetti istituzionali, per portare la filiera delle Costruzioni e non solo sul mercato estero (Brasile, India, Marocco solo per citare alcuni paesi).L’obiettivo è quello di dare un’opportunità di lavoro su mercati esteri agli iscritti, accompagnandoli attraverso un’Ordine istituzione che li possa tutelare oltre che supportare.

Speciale BRASILE

Brasile: nuove opportunitàMichele Ferrari, Paolo Crescini

Introduzione

Quando nell’ottobre dello scorso anno il Consigliere Luca Simon-cini chiese al Consiglio la possibilità di ospitare all’Ordine una delegazione di Sindaci brasiliani, non tutti si resero conto dell’im-portanza dell’incontro. Ci veniva data finalmente la possibilità di iniziare un processo di internazionalizzazione al nostro interno, al fine di dare a tutti i nostri iscritti già colpiti da una crisi occupa-zionale o che volevano fare un’esperienza all’estero, una nuova chance. Crisi che infatti ha già iniziato a colpire il settore delle co-struzioni, ma che potrebbe purtroppo presto espandersi ad altre aree dell’ingegneria. La speranza di questa missione è che gio-vani colleghi che non sono ancora riusciti ad inserirsi nel mondo del lavoro o altri che l’hanno perso, possano trovare altri sbocchi, anche se dall’altra parte del mondo.

Inizia così, attraverso un incontro organizzato a Verona dal Pre-sidente dell’Associazione Veronesi del Mondo, Fernando Moran-do, il percorso per una partnership tra il nostro Ordine e l’Asso-ciazione AMURES, che raggruppa 18 comuni della regione della Sierra Catarinense, nello stato brasiliano di Santa Catarina.Prima disponibilità, già ad ottobre, che Ilaria Segala comunica è la

possibilità di scambi professionali tra ingegneri veronesi che vo-gliano fare esperienza in Brasile e ing. brasiliani che possono es-sere ospitati a Verona presso i nostri studi o Aziende interessate.A gennaio di quest’anno, alcuni iscritti, in testa la Presidente Ilaria Segala, a proprie spese, decidono di partire per il Brasile per una serie di incontri istituzionali.

Obiettivi del viaggioVeniamo accolti da Sindaci, Assessori e Consiglieri dello Stato di Santa Catarina, imprenditori e Ordini professionali. Semplice curiosità in alcuni casi, reale interesse nella maggior parte a far partire una reale collaborazione tra Verona e Santa Catarina, sia da un punto di vista professionale che imprenditoriale.Sta di fatto che a seguito di questa missione, l’Ordine degli Inge-gneri viene invitato ad un tavolo di lavoro, composto da ANCE, VeronaFiere, Ordine Architetti e Collegio Geometri, ed altri sog-getti istituzionali, che si prefigge di creare un sistema Verona nel settore delle costruzioni da esportare all’estero (India, Marocco, Brasile,...): seguire progetti internazionali dalla progettazione alla consegna del prodotto finito, coprendo tutta la filiera.

Il Brasile, l’Associazione AMURES e l’Ordine

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Operativamente cosa si prevede:- elaborazione di un progetto / protocollo tra il nostro Ordine e l’Associazione AMURES- presenza di un nostro tecnico presso la Stato di Santa Catarina- sviluppo di progetti formativi sul territorio brasiliano che possa-no preparare il terreno ad attività ingegneristiche principalmente nel settore ambientale e delle costruzioni- possibili investimenti da parte di Aziende - Consorzi in Brasile. Brevi Cenni StoriciIl Brasile è un confederazione di 27 Stati: la Regione di Santa Catarina insieme a Paranà e Rio Grande do Sul formano il Sud del Brasile: questa zona si contraddistingue dal resto del paese perché è stata modellata culturalmente ed economicamente dagli immigrati, in modo particolare italiani, tedeschi, azzorriani, slavi, ecc…A differenza del Brasile tropicale del Nord quest’area fu giu-dicata dai brasiliani inadatta alle piantagioni e dopo l’abolizione della schiavitù verso la fine del 1800 iniziarono i programmi di co-lonizzazione e i fenomeni di migrazione principalmente dall’Euro-pa. Nella Regione di Santa Catarina, gemellata con la Regione del Veneto dal 1995, si insediarono nel 1875 i primi immigrati italiani raggiunti in seguito negli Anni 50 subito dopo la 2° Guerra Mon-diale da decine di migliaia di connazionali, provenienti dal Veneto e dal Trentino. Ancora oggi l’isolamento fisico e culturale di questi gruppi etnici ha favorito la conservazione della lingua e della cul-tura, al punto che alcune delle persone che abbiamo incontrato ancora ricordano o addirittura parlano in dialetto veneto.

Lo stato di Santa Catarina, che ha per capitale Florianopolis o Floripa come dicono i Brasiliani, è costituita da più aree territoriali, una di queste è la Serra Catarinense o Regione Serrana formata da 18 Comuni. Il paesaggio si caratterizza per i magnifici contrasti tra le distese erbose delle pampas dove abitano i famosi Gaùchi, popolazioni rurali tipiche degli Altipiani del Sud del Brasile (Bom Jardim de la Serra e Sao Joaquim), i monti (Urubici e Urupema) e l’altopiano (Lages, Anita Garibaldi, campo Belo do Sul). Le città indicate fra parentesi sono alcuni Comuni dove siamo stati accolti durante la nostra missione.

AMURES, fondata nel 1968, è un’associazione che raggruppa i 18 Comuni della Regione Serrana; i Comuni sopraelencati fanno parte di AMURES. L’associazione rappresenta una superficie di 16 milioni di Kmq, pari a circa il 17% di tutto lo stato di Santa Catarina, con una popolazione di circa 300.000 abitanti pari al 5% di tutto lo Stato.

L’economia della Regione Serrana o Serra Catarinense si occupa principalmente di agricoltura e turismo: in particolare i processi alimentari delle bevande, allevamento del bestiame e piscicultu-ra, l’industria del legname, il commercio di frutta (mele, uva,..), il turismo rurale e l’artigianato. E’ una regione molto ricca di acqua dove si possono trovare foreste ancora intatte, con una grande varietà di piante e animali per la grande escursione termica du-rante le stagioni dell’anno simile a quella continentale europea.

Gli obiettivi di AMURES sono:- rafforzare gli interscambi con le amministrazioni pubbliche (Pre-feiture)- difendere e salvaguardare le tipicità della regione attraverso il turismo- promuovere una cooperazione fra i Comuni della Regione e con il governo della Regione (Florianolis).

Con quest’ottica pertanto cerca di favorire progetti di Infrastruttu-re, Educazione, Salute e benessere, Agricoltura, Turismo, Raccol-ta di fondi dal Governo centrale. È dotata di una struttura formata da un Presidente (uno dei Sindaci che fanno parte dell’Associa-zione, attualmente il Sindaco di Urupema) e un Vice-Presidente oltre ad uno staff di tecnici e di collaboratori.Altri forme associative che abbiamo conosciuto durante i nostri incontri sono: CISAMA (Consorzio Intercomunale che si occupa di tematiche ambientale, agronomiche e zootecniche) ; CIS (Con-sorzio Intercomunale che si occupa di Salute e Benessere); FE-CAM (Federazione Catarinense dei Comuni).FECAM, che ha sede a Florianoplis, è una Federazione che rag-gruppa tutte le Associazioni dello Stato di Santa Catarina, fra cui AMURES; condivide quindi progetti di vasta scala e si pone da intermediario con il Governo Centrale a Brasilia, controllando (du-rante la fase progettuale) e verificando (a conclusione dell’inter-vento) il buon esito dei progetti e inserendo i dati in un database informatizzato. Successivamente questi dati vengono elaborati e resi pubblici in modo da consentire a tutte le Associazioni, e quin-di ai Comuni che ne fanno parte, alcune informazioni statistiche per la valutazione di fattibilità dei nuovi progetti.

Michele Ferrari Consigliere Ordine Ingegneri

Paolo CresciniCoordinatore Commissioni Ordine Ingegneri di Verona

Speciale BRASILE

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Speciale BRASILE

7.919 metri di lunghezza,

196 metri di altezza massima,

12,7 milioni di m3 di cemento,

14.000 MW installati,

13.500 m3/s di acqua scaricata:

sono solo alcuni numeri della centrale idroelettrica di Itaipu.

Il termine “Itaipu” significa letteralmente “pietra che canta” e proviene dalla lingua dei Guaraní,un popolo indigeno che fino all’inizio degli anni ‘80 viveva sulle sponde del fiume Rio Paraná.

Cenni storiciLa centrale idroelettrica di Itaipu nasce lungo il confine Brasile-Paraguay (pochi

chilometri a nord di Foz do Iguaçu: loca-lità ben nota per la presenza di spetta-colari cascate naturali) e sfrutta le acque del secondo fiume del Sud America, il Rio Paraná. Coinvolgendo 2 nazioni, so-no stati necessari intensi negoziati iniziati negli anni ‘60 e culminati il 26 aprile 1973, quando si è firmato l’accordo per l’utiliz-zo congiunto del potenziale idroelettrico del fiume Paraná. L’anno seguente viene fondata Itaipu BINACIONAL, società in-caricata di realizzare e successivamente gestire il faraonico progetto.Nel 1982 la maggior parte delle opere era terminata e successivamente si proce-dette alle prove di invaso utilizzando pure lo scivolo di scarico. La centrale iniziò la produzione di energia elettrica nel maggio 1984 con lo “start-up” delle prime 2 turbi-ne; in meno di 7 anni entrarono in funzione 18 turbine innalzando la potenza installata

a 12600 MW. Per oltre 10 anni la centrale lavorò in questa configurazione raggiun-gendo nel 2000 una produzione annua pari a 93428 GWh. Le ultime due turbine (U-9A e U-18A) vennero attivate rispettiva-mente nel 2006 e nel 2007 incrementando la potenza disponibile a 14000 MW; l’anno seguente la centrale di Itaipu raggiunse lo storico risultato di 94685 GWh di energia generata, attuale record mondiale di pro-duzione per una centrale idroelettrica. Per comparazione la centrale idroelettrica con la maggior potenza installata è quella delle Tre Gole (Cina) che a opera ultimata pre-senterà 32 turbine da 700 MW, però con un massimo produttivo pari a 84300 GWh (2010) ma vi è una piccola attenuante: in quell’anno funzionavano 26 turbine (“so-lo”18200 MW) e solo durante la stagione delle pioggie si è sfruttato quasi intera-mente la potenza disponibile.

Visita alla diga di ITAIPU, la più grande centrale idroelettrica del mondoEttore Troiani

Particolari dei lavori di costruzione. Condotte forzate

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La visitaLa nostra visita inizia alle 8.30 del 16.01.12, in una mattina del-la piena estate dell’emisfero australe; l’appuntamento è presso il centro visite della centrale e ci accoglie la sig.ra Marta Costare, dirigente per le relazioni esterne di Itaipu Binacional. Ci accomo-diamo in una sala cinematografica assieme ad altri visitatori e assistiamo alla proiezione di un filmato di circa 20 minuti, in lingua portoghese ma fortunatamente sottotitolato in inglese, relativo al-la centrale idroelettrica e a tutte le attività ad essa correlate. Al termine ci viene presentato José che sarà la nostra guida durante la visita: ci vengono consegnati i caschi protettivi e successiva-mente saliamo su un pulmino che ci accompagna alla diga che dista poco più di 5 km.Dopo poche decine di metri dalla partenza c’è il check point : l’ingresso a Itaipu BINACIONAL, un vero punto di accesso con sorveglianza armata. Una volta superato, ci viene spiegato che coinvolgendo due nazioni, in ogni turno e per ogni posizione de-vono essere presenti un lavoratore brasiliano e un lavoratore pa-raguaiano contemporaneamente.

Lungo il tragitto della durata di circa 10 minuti costeggiamo un piccolo canale artificiale: il “Migratory Fish Channel” necessario per permettere alle fauna ittica che popola il Rio Paraná di “supe-rare” lo sbarramento della diga e raggiungere le principali aree di riproduzione; è lungo circa 10 km con una portata approssimati-va di 12 m3/s.Arriviamo alla prima fermata: punto panoramico di fronte alla diga posto sul versante brasiliano del Rio Paraná, dal quale si possono riconoscere i diversi settori che rispettivamente sono da sinistra a destra:

Scivolo di scarico presenta una larghezza di 483 m ove risiedono 15 chiuse di tipo Tainter di circa 20x20 m cad., con una capacità massima di sca-rico poco superiore a 62.000 m3/s. Sfortunatamente per noi le condizioni idriche del bacino non era-no tali da giustificare il suo utilizzo.

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Ala destra digaDiga di tipo Buttress con una lunghezza di 1.438 m

Diga principaleRisiede sul letto originale del Rio Paraná, classificata come diga a gravità alleggerita, ha una lunghezza di 612 m e in questa se-zione si trova l’altezza massima dell’opera; in questo tratto sono presenti 16 condotte forzate.

Diga su canale di svioDiga a gravità, presenta una lunghezza di 170 m, un’altezza mas-sima di 162 m e ospita le rimanenti 4 condotte.

Diga di rocciaLunga poco meno di 2 km, costruita utilizzando il basalto estratto dallo scavo, si espande a destra della diga principale.

Dighe a riempimento di terra sinistra e destraNon visibili dalla nostra posizione, completano lo sbarramento e hanno un’altezza massima rispettivamente di 30 m e 25 m, con una lunghezza totale poco superiore ai 3 km.

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La tappa successiva ci porta ad un ingresso della diga a quota 144 m slm da dove si può ammirare la struttura cava. Spadro-neggiano le condotte forzate di circa 10 metri di diametro ca-dauna che alimentano grazie ai 700 m3/s di portata, altrettante turbine tipo Francis poste oltre 50 metri al di sotto della nostra posizione (per confronto, la portata media delle cascate di Iguaçu è di 1.500 m3/s). La visita procede all’interno della struttura arma-ta e scendiamo fino alle fondazioni, a quota 40 m slm. La visione della cavità dal basso toglie letteralmente il fiato.José ci fa notare un’anta metallica di dimensioni modeste (circa 30x30 cm) posta ad almeno 3 metri di altezza: è uno dei tanti di-spositivi di controllo strutturale che regolarmente vengono verifi-cati dagli operatori (nello specifico serviva per verificare l’assenza di scorrimento tra 2 gettate contigue). Ci spiega poi che l’intera diga è coperta da oltre 2300 strumenti atti a garantire l’integrità strutturale ma anche letture termiche e idrologiche concentrate prevalentemente al di sotto del letto originale (n.d.r. 20 metri al di sotto delle fondazioni); ci fa anche notare la presenza di acqua all’interno di un canaletto di scolo posto alla base della parete, specificando che le infiltrazioni di acqua attraverso la diga sono approssimativamente di 4 m3/s.

Tornati all’uscita attraversiamo la strada ed entriamo nell’edificio di controllo (Power House) con destinazione “sala di comando generale”. È una sala con due postazioni dove sono visualizzate su una parete, mediante videoproiettore, tutte le informazioni ine-renti alla produzione e controllo di energia elettrica generata dalla centrale; salta all’occhio al centro lo stato di funzionamento di ogni singolo generatore raggruppato nei settori 50 Hz (Paraguay) e 60 Hz (Brasile). Abbiamo potuto notare che le turbine nr. 2 e nr. 6 risultavano ferme. Un piccola curiosità : lo stato del Paranà (Brasile) e il Paraguay non appartengono allo stesso fuso orario e la sala di controllo utilizza l’orario paraguaiano (+4GMT).

Speciale BRASILE

Sala comandi

Vista dalle fondamenta

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Lasciamo la sala e con un ascensore scendiamo a quota 108 m slm per visionare la galleria dei generatori; un tunnel largo poco più di 20 m e lungo all’incirca 1km dove risiedono i rotori al di sotto delle coperture metalliche rosse, con indicato al centro il numero dell’unità.

Per l’intera lunghezza sono presenti 3 carriponte di diverse di-mensioni e portata utilizzati nella messa in opera dei generato-ri e indispensabili per la manutenzione straordinaria; in questa sezione della centrale è consuetudine per il personale effettuare spostamenti in bicicletta o medianti piccoli veicoli elettrici.

Scendiamo ancora fino a quota 92 m slm e il rumore diventa as-sordante, stiamo per visionare l’albero della turbina del diametro di 3.77 m; al di sopra è posizionato il rotore che grazie alle 1.760 t è l’elemento più pesante dell’unità generatrice (diametro 16 m), al di sotto la girante della turbina di “solo” 296 t (diametro 8.6 m).

Riportiamo in seguito le principali differenze tra rotori a 50 e 60Hz

Frequenza Paia poli Rpm

50 66 90,9

60 78 92,3

Lasciamo la sezione produttiva e dopo qualche minuto di tragit-to in pulmino arriviamo sulla cresta della diga a quota 225 m slm. Nella foto (a pagina seguente) si notano dei cilindri bianchi alti oltre 20 m: sono i servomotori che pilotano i pistoni idraulici al fine di regolare il flusso nelle condotte di scarico.

Galleria generatori

Foto di gruppo davanti all’albero di una turbina

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L’invaso ha delle dimensioni impressionanti: ricopre un’area di 1.350 Km2 (700 Km2 in territorio brasiliano e 650 paraguaiano) con una lunghezza di oltre 160 Km e una capacità complessiva di quasi 30 miliardi m3. Dall’altro lato si ammira il rio Parana che pro-cede nel suo cammino verso il mare e 8 linee aeree dell’energia elettrica prodotta dalla centrale a 500 KV :- le 4 linee a sinistra della nostra posizione sono a 60 Hz, destina-te interamente al Brasile: la sottostazione “Foz de Iguaçu” a 8 km dalla centrale eleverà la tensione a 750 KV; l’elettrodotto viaggerà successivamente per quasi 900 Km fino alla sottostazione Ibiùna, nello stato di San Paolo, dove avverrà la connessione alla rete di distribuzione nazionale.- delle 4 linee a destra a 50 Hz destinate al Paraguay 2 arrivano alla sottostazione chiamata “riva destra” (Right Bank) posiziona-ta a 2 Km che abbasserà la tensione a 220 KV al fine di colle-garsi alla rete nazionale; le rimanenti 2 linee rientrano dopo un percorso di alcuni Km su suolo paraguaiano in Brasile : qui una sottostazione “inverter” converte la tensione alternata in tensione continua. Questo elettrodotto a 600 KV termina nei pressi di San Paolo dove avverrà la conversione a 60 Hz e l’allacciamento alla rete nazionale. Esiste infine una linea aerea che collega la sotto-stazione “riva destra” a quella “inverter” perché il Paraguay ha un fabbisogno nazionale inferiore all’energia prodotta dalla centrale e come stabilito dal trattato di Itaipu del 1973 il Paraguay è obbli-gato a vendere la parte eccedente dell’energia prodotta al solo prez-zo di costo! Questa politica energetica è stata modificata il 13 mag-gio 2011 unilateralmente dal senato federale brasiliano triplicando il prezzo di acquisto dell’energia ceduta dal Paraguay ma restando sempre fortemente al di sotto dei prezzi medi di mercato per MW/h.

Solo una nota per l’elettrodotto in tensione continua (High Volta-ge Direct Current), una metodologia di trasmissione dell’energia elettrica meno diffusa ma trova applicazioni tipiche nei cavi sot-tomarini e come indicato nelle centrali elettriche. Senza entrare nello specifico si fa notare che a parità di potenza trasportata, su-perata una certa distanza chilometrica coperta dall’elettrodotto, è più conveniente utilizzare la continua poiché il cavo “pesa” quasi il 30% in meno (in continua V

eff coincide con Vpicco , conseguente-mente meno rame e meno isolamento) e il numero di conduttori è inferiore.

La nostra visita termina qui ma dobbiamo sottolineare che Itaipu Binacional non è solo un sito di produzione di energia idroelettrica, ma sono presenti anche una serie di attività e progetti correlati, quali:- UNILA: UNIversidade da Integração Lati-no-America, una realtà universitaria con indi-rizzi sia scientifico che umanistico, bilingua, con 10.000 studenti seguiti da 500 docenti che sorge all’interno di Itaipu Binacional su una superficie di 40 ettari.- Electric Vehicle Project: il progetto iniziò con un accordo per la ricerca tecnica ineren-te alla trazione elettrica con KWO (gestore idroelettrico elvetico) nell’agosto del 2004, successivamente in collaborazione con Ele-trobrás (la maggior società elettrica sudame-ricana) si implementò la linea di assemblaggio

realizzando i prototipi utilizzando autovetture FIAT. Le prestazio-ni sono un’autonomia di 120 Km, velocità massima 130 Km/h con un tempo di ricarica completo di 8h. Il progetto include lo sviluppo del trasposto merce e nel 2009 in collaborazione con Iveco portò al primo esemplare di camion elettrico realizzato in America Latina.- Parque Tecnològico Itaipu: la sua funzione è quella di far comprendere il cambiamento avvenuto nella regione dei tre confini mediante il coordinamento e la promozione di iniziative dedicate allo sviluppo economico, scientifico e tecnico.

Vista fin qui, la centrale di Itaipu ha portato grandi benefici alle nazioni affamate di energia degli anni ‘70 per inseguire lo sviluppo economico, e a maggior ragione ai nostri giorni per poter affer-mare il Brasile come sesta potenza economica mondiale. Una grossa ripercussione pero’ vi è stata sulla fauna selvatica circo-stante, dovuta soprattutto alla distruzione di grandi quantità di foresta, situata prevalentemente sul lato paraguayano del fiume.Sono state inoltre sacrificate bellezze naturali come le “Sete Quedras” (conosciute anche con il nome di Cascate del Guairá) totalmente sommerse dall’invaso (a tal proposito il poeta Brasi-liano Drummond scrisse la poesia “Adeus a Sete Quedas”). Se, per estrema ipotesi, la diga fosse smantellata, non rivedremmo in ogni caso le cascate poiché, poco dopo la creazione del bacino artificiale, il governo militare Brasiliano, fece saltare con la dina-mite le pareti rocciose sommerse, al fine di aumentare la sicurez-za di navigazione.È doveroso far notare che molti programmi sono stati avviati per salvaguardare numerose specie vegetali.Si deve comunque sottolineare che quasi 60000 persone sono state sfollate e costrette a trasferirsi altrove. La società Itaipu Bi-nacional ha distribuito circa 7 miliardi di US $ in royalties ai co-muni sui quali è sorto l’invaso, mentre per le popolazioni Indios che abitavano quei luoghi le notizie reperite sono contrastanti; da una parte documenti dove si afferma che le popolazioni indios hanno diritto a ricevere royalties, altri dove le comunità Guarani chiedono di sapere chi ha riscosso le royalties a loro destinate.

Ettore Troianiingegnere in Verona

Speciale BRASILE

Sommità della diga, con vista dei servomeccanismi dei regolatori di flusso delle condotte forzate

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“Nos próximos oito anos o Brasil necessitará de mil e cem engenheiros, mais do que o dobro que consegue formar em suas universidades. A presidente Dilma Rousseff lançou a pouco um programa especial chamado “Ciência sem Fronteiras”, que servirá para financiar o estudo pós-universidade no exterior para cem mil jovens brasileiros, mas não é suficiente para preencher a lacuna de cérebros pensantes nesta área. Este plano Ciência sem Fronteiras demonstra o quanto o Brasil está seguro de si.

Rousseff não teme que os jovens conterrâneos possam permanecer no exterior: onde mais poderiam encontrar a oportunidade que lhes fornece o seu país? Esta mesma notícia é dada aos jovens europeus. Para os nossos recém-formados do Instituto Politécnico de Milão, Turim e Gênova, as cidades de Rio de Janeiro e São Paulo voltam a ser a terra prometida, exatamente como nos tempos dos bisnonos deles”...

Assim inicia um artigo de Frederico Rampini na Republica de 21.03.2012 e assim inicia, em outubro de 2011, a vontade da Ordem dos Engenheiros de Verona de dar uma nova possibilidade aos seus membros. Precursores daquilo que muitos teriam escrito? Não, simplesmente uma leitura objetiva daquilo que estava acontecendo na Itália e também em Verona: setor da construção civil em crise, com consequente desemprego por parte dos colegas e dificuldade de ingresso no mundo do trabalho por parte dos recém-formados também na engenharia, mercados emergentes, entre os quais o Brasil em busca de novos pensadores.

Daí o início de reuniões bilaterais entre a nossa Ordem e uma Associação de Municípios do Estado de Santa Catarina (AMURES), para uma estreita colaboração técnica e de negócios. Daí a criação, em Verona, de uma mesa sobre a internacionalização, que envolve além da nossa Ordem, Fabricantes de placas, Feira de Verona, Arquitetos, Agrimensores, Associação das Câmaras de Comércio de Exportação, Instituto Provolo e outras instituições, para levar o setor da Construção e não só ao mercado estrangeiro (Brasil, Índia, Marrocos, apenas para citar alguns países). O objetivo é aquele de dar a oportunidade de trabalho no mercado estrangeiro aos membros, acompanhados pela Ordem, instituição que lhes possa proteger e dar suporte.

Quando em outubro do ano passado o Conselheiro Luca Simoncini pede ao Conselho a possibilidade da Ordem em hospedar uma delegação de prefeitos brasileiros, nem todos perceberam a importância deste encontro. Era dada finalmente a possibilidade de iniciar um processo interno de internacionalização, com a finalidade de dar, a todos os nossos membros já afetados pela falta de emprego ou a quem tinha a vontade de fazer uma experiência no exterior, uma nova chance. Crise que, de fato, já começou a afetar o setor de construção, mas que infelizmente poderá em breve atingir as outras áreas da engenharia. A esperança desta missão é que os jovens colegas que ainda não conseguiram inserir-se no mundo do trabalho, ou para outros que perderam seu trabalho, possam encontrar outros locais, também em outras partes do mundo.

Inicia assim, através de um encontro organizado em Verona pelo Presidente da Associação Veroneses no Mundo, Fernando Morando, o caminho para uma parceria entre a nossa Ordem e a Associação AMURES, que reúne 18 municípios da Região da Serra Catarinense, no estado brasileiro de Santa Catarina.

A primeira disponibilidade aconteceu, em outubro, quando Ilaria Segala comunica a possibilidade de intercâmbio profissional entre os engenheiros veroneses que querem fazer uma experiência no

Brasil e os engenheiros brasileiros que possam ser hospedados em Verona nos estúdios ou Empresas interessadas.

Em janeiro deste ano, alguns membros, à frente a Presidente Ilaria Segala, as suas próprias custas, decidiram ir ao Brasil para uma série de encontros institucionais.

Obietivos da viagem

Fomos recebidos por diversos prefeitos nas cidades que visitamos e especialmente pelo Prefeito Amarildo Luiz Gaio Presidente da AMURES, além de Assessores e Secretários do Estado de Santa Catarina, empreendedores e Associações profissionais. Em alguns casos simples curiosidade, na maioria o interesse real em iniciar uma colaboração entre Verona e Santa Catarina, tanto do ponto de vista profissional quanto de negócios.

O fato é que, como resultado desta missão, a Ordem dos Engenheiros foi convidada para uma mesa de trabalho, composta pela ANCE, Feira de Verona, Ordem dos Arquitetos e Escola dos Agrimensores, e por outras instituições, que visa criar um sistema em Verona para o setor da construção para exportar (Índia, Marrocos, Brasil,...): acompanhar os projetos internacionais desde a concepção até a entrega do produto acabado, abrangendo toda a cadeia.

Operacionalmente o que se pretende:

- elaboração de um projeto / protocolo entre a nossa Ordem e a Associação AMURES;

- presença de um de nossos técnicos no Estado de Santa Catarina;

- desenvolvimento de projetos educacionais no território brasileiro que possam preparar o caminho para o trabalho, principalmente no setor da engenharia ambiental e de construções;

- possível investimento da parte das empresas – Consórcios no Brasil.

Breve história

O Brasil é uma confederação de 27 estados: a Região de Santa Catarina juntamente com o Paraná e o Rio Grande do Sul, formam o Sul do Brasil: esta região se distingue do resto do país porque foi moldada cultural e economicamente por imigrantes, de modo particular italianos, alemães, açorianos, eslavos, etc. Diferente da área tropical do Norte do Brasil, esta área foi considerada inadequada para as plantações e depois da abolição da escravatura no final de 1800, iniciaram os programas de colonizações e o fenômeno de migração principalmente da Europa. Na região de Santa Catarina, geminadas com a Região do Vêneto de 1995, estabeleceram-se em 1875. Os primeiros imigrantes italianos chegaram mais tarde, nos anos 50 logo após a 2ª Guerra Mundial, com dezenas de milhares de conterrâneos, provenientes da região do Vêneto e da região Trentina. Ainda hoje o isolamento cultural destes grupos étnicos tem favorecido a conservação da língua italiana e da cultura, ao ponto de algumas pessoas que encontramos ainda lembram-se ou mesmo falam o dialeto vêneto.

O estado de Santa Catarina, que tem como capital Florianópolis ou Floripa como dizem os brasileiros, é dividido em várias regiões, uma destas é a Serra Catarinense ou Região Serrana, formada por 18 municípios. A paisagem se caracteriza por magníficos contrastes entre campos de árvores dos pampas onde habitam os famosos Gaúchos, população rural típica do Sul do Brasil (Bom Jardim da Serra e São Joaquim), e montanhas (Urubici e Urupema) e o planalto (Lages, Anita Garibaldi, Campo Belo do Sul). As cidades indicadas entre parênteses são algumas onde fomos acolhidos durante a nossa missão.

O Brasil, Associação AMURES e o Ordem dos Engenheiros

Brasil: encontrosMichele Ferrari, Paolo Crescini

Introduçao

Speciale BRASILE

15Notiziario Ingegneri Verona 2/2012

Page 13: Notiziario 2 Anno 2012

AMURES, fundada em 1968, é uma associação que agrupa 18 municípios da Região Serrana; as cidades acima elencadas fazem parte da AMURES. A associação representa uma superfície de 16 milhões de quilômetros, representando 17% de todo o estado de Santa Catarina, com uma população de cerca de 300.000 habitantes, representando 5% de todo o Estado.

A economia da região Serrana ou Serra Catarinense é baseada principalmente na agricultura e turismo: em particular alimentos, bebidas, pecuária e piscicultura, indústria madeireira, frutas (maçã, uva,...) o turismo rural e o artesanato. É uma região muito rica em água, onde se pode encontrar florestas ainda intactas, com uma grande variedade de plantas e animais, por ter condições extremas de temperatura durante todo o ano, semelhante aquelas do continente europeu.

Os objetivos da AMURES são:

- fortalecer o intercâmbio com a administração pública (Prefeitura);

- defender e preservar as características típicas da região através do turismo;

- promover a cooperação entre os Municípios da região e o Governo da capital (Florianópolis).

Com esta perspectiva, portanto, visa promover projetos de Infraestrutura, Educação, Saúde e bem-estar, Agricultura, Turismo, com fundos do Governo Central. Possui uma estrutura formada por um Presidente (um dos Prefeitos das cidades que fazem parte da Associação, atualmente o Prefeito de Urupema) e um Vice-Presidente, além de uma equipe de técnicos e colaboradores.

Outras associações que conhecemos durante o nosso encontro são: CISAMA (Consórcio Intermunicipal que se ocupa de temáticas ambientais, agrícolas e pecuárias); CIS (Consórcio Intermunicipal que se ocupa da Saúde e bem-estar); FECAM (Federação Catarinense dos Municípios).

A FECAM, que tem sua sede em Florianópolis, é uma Federação que agrupa todas as Associações de municípios do Estado de Santa Catarina, entre elas a AMURES; nas ações de projetos de grande escala, há como intermediário o Governo Central em Brasília, controlando (durante a fase de concepção) e verificando (no final da execução) o bom andamento dos projetos e inserindo os dados em um programa de computador. Sucessivamente, estes dados são processados e tornam-se públicos a fim de permitir que todas as Associações, e assim os Municípios que fazem parte delas, tenham as informações estatísticas para avaliar a viabilidade de novos projetos.

A Central Hidrelétrica de ITAIPUEttore Troiani

7.919 metros, 196 metros de altura máxima, 12,7 milhões de m³ de cimento, 14.000 MW instalados, 13.500 m³/s de água descarregada: são somente alguns números da Central Hidrelétrica de Itaipu.

O termo Itaipu significa literalmente “pedra que canta” e provém do Guaraní, um povo indígena que até o início dos anos 80 vivia nas margens do Rio Paraná.

História

A Central Hidrelétrica de Itaipu nasce ao longo da fronteira entre Brasil e Paraguai (poucos metros ao norte de Foz do Iguaçú: uma cidade bem conhecida pela presença de espetaculares cascatas naturais) e usa as águas do segundo maior rio da América do Sul, o Rio Paraná. Envolvendo duas nações, foram necessárias intensas negociações iniciadas nos anos 60 e culminando em 26 de abril de 1973, quando é firmado o acordo para a utilização conjunta do potencial hidrelétrico do rio Paraná. No ano seguinte é fundada a Itaipu Binacional, sociedade encarregada de realizar e sucessivamente gerir o faraônico projeto.

Em 1982 a maior parte da obra estava terminada e posteriormente se fez os testes de inundação. A central iniciou sua produção de energia elétrica em maio de 1984 com o “start-up” das primeiras duas turbinas; em menos de 7 anos entram em funcionamento 18 turbinas elevando a potência instalada a 12.600 MW. Por outros 10 anos a central funcionou nesta configuração atingindo em 2000 uma produção anual próximo a 93.428 GW. As últimas duas turbinas (U-9A e U-18A) foram ativadas respectivamente em 2006 e em 2007 incrementando a potência disponível para 14.000 MW; no ano seguinte a Central de Itaipu atinge a histórica marca de 94.685 GW de energia gerada, atual recorde mundial de produção para central Hidroelétrica. Por comparação, a Central Hidroelétrica com a maior potência instalada é a de Três Gargantas (China) com 32 turbinas de 700 MW, mas com um máximo de produção de cerca de 80.8 GW (2009).

A visita

A nossa visita inicia as 8h30 do dia 16.01.2012, em uma manhã de pleno verão do hemisfério sul; o encontro é realizado no centro de visitas da central e quem nos recebe é a senhora Marta Costare, diretora de relações exteriores da Itaipu Binacional. Nos acomodamos em uma sala de cinema juntamente a outros visitantes e assistimos a projeção de um filme de cerca de 20 minutos, em língua portuguesa mas, felizmente, legendado em inglês, relativo a central hidrelétrica e a todas as suas atividades. Ao final, se apresentou José, que seria o nosso guia durante a visita: recebemos capacetes de proteção, e então, entramos em um pequeno ônibus que nos leva à barragem, que ficava a pouco mais de 5 km.

Depois de poucas dezenas de metros a partir do início, há um ponto de verificação: o ingresso a Itaipu Binacional, um verdadeiro ponto de acesso com vigilância armada. Depois de passar por ali, se explica que unindo duas nações, em cada turno e por cada posição se deve ter presente um trabalhador brasileiro e um trabalhador paraguaio simultaneamente.

Ao longo do trajeto com duração de cerca de 10 minutos costejamos um pequeno canal artificial: “Migratory Fish Channel” necessário para permitir aos peixeis que povoam o Rio Paraná superarem a barragem da represa e chegarem aos locais de desova; tem cerca de 10 km de comprimento e um fluxo de cerca de 12 m³/s.

Chegamos a primeira parada: vista panorâmica em frente a barragem situada no lado brasileiro do rio Paraná, do qual se pode reconhecer os diversos setores que respectivamente são da esquerda a direita:

- Calha de descarga

Tem uma largura de 483m onde tem 15 tipos de fechaduras do tipo Tainter de cerca de 20x20m cada, com uma capacidade máxima de descarga ligeiramente superior a 62.000 m³/s. Infelizmente para nós as condições da bacia hidrográfica não eram nos moldes para justificar o seu uso.

- A direita da barragem

Barragem do tipo Buttress com um comprimento de 1.438m

- Barragem principal

Situa-se no leito original do rio Paraná, classificada como a barragem de gravidade mais leve, com um comprimento de 612 m e nesta parte se encontra a altura máxima da obra; nesta parte se estão 16 condote forzate.

- Barragem Sul canal de desvio

Barragem de gravidade, apresenta um comprimento de 170 m, uma altura máxima de 162 m e abriga os outros 4 condotte.

- Barragem de rocha

Com um comprimento de pouco menos de 2km, construída utilizando pedras de basalto extraídas das escavações, que se expande a direita da barragem principal.

Speciale BRASILE

Notiziario Ingegneri Verona 2/201216

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- Preenchimento de terra nas barragens – a direita e a esquerda

Não era visível da posição em que nós estávamos, completando a barreira com uma altura máxima respectivamente de 30m e 25m, com um comprimento total de pouco mais de 3 km. .

A etapa seguinte nos leva ao ingresso da barragem a uma altitude de 144 m acima do nível do mar, de onde se pode admirar a sua estrutura oca. São condutores forçados com cerca de 10 metros de diâmetro cada que alimenta até 700m³/s de fluxo, outras tantas turbinas do tipo Fransis localizados 50 metros abaixo da nossa posição (para comparar, a vazão média das cataratas do Iguaçu é de 1.500m³/s). A visita segue no interior da estrutura e descemos a uma profundidade de 40m. nas suas fundações. A vista do fundo da cavidade é de tirar o fôlego. José nos faz ver uma porta de metal de tamanho modesto (cerca de 30x30cm) colocada a pelo menos 3 metros de altura: é um dos tantos dispositivos de controle estruturais que são verificados regularmente pelos operadores (neste específico servia para verificar a ausência de escorrimento entre as duas dispostas adjacentes). Se explica então que toda a barragem é coberta de outros 2.300 instrumentos para garantir a integridade estrutural e leituras térmicas, mas também ideológicas concentradas abaixo do leito original (n.d.r. 20 metros abaixo da fundação); observamos também, a presença de água no interior de uma calha na base da parede, especificando que a infiltração da água através da barragem são de aproximadamente 4m³/s.

Voltando a saída atravessamos a estrada e entramos no edifício de controle (Power House) seguindo para a “sala de comando geral”. É uma sala com duas localizações onde se pode visualizar em uma parede, através de um projetor, todas as informações inerentes a produção e o controle da energia elétrica gerada na central; salta aos olhos o centro de funcionamento de cada gerador reagrupado em 50 Hz (Paraguai) e 60 Hz (Brasil). Foi possível notar que as turbinas de numeros 2 e 6 estavam paradas. Uma pequena curiosidade: o estado do Paraná (Brasil) e o Paraguai não pertencem ao mesmo fuso horário e a sala de controle utiliza o horário paraguaio (+4GMT). Deixamos a sala e com um elevador descemos para a altitude de 108m acima do nível do mar para ver a sala de geradores; um túnel com uma largura de pouco mais de 20m e com um comprimento de cerca de 1km onde estão os rotores abaixo dos telhados vermelhos, indicando no centro o número de cada unidade. Por todo o comprimento estão presentes 3 pontes rolantes de tamanhos diferentes usados na instalção dos geradores e enssenciais para a manutenção; nesta parte da central as pessoas são habituadas a utilizar bicicletas ou pequenos carros elétricos.

Descemos de novo a uma altura de 92m. acima do nível do mar e o barulho é ensurdecedor, estamos perto de ver o eixo da turbina com diâmetro de 3.77m; acima está posicionado o rotor que graças as suas 1.760t é o elemento mais pesado da unidade geradora (diâmetro de 16m), abaixo da turbina giratória de “apenas” 296t (diâmetro de 8.6m).

A seguir estão as principais diferenças entre os rotores de 50 e 60 Hz

Frequenza Paia poli Rpm

50 66 90,9

60 78 92,3

Deixamos a parte da produção e depois de poucos minutos de ônibus chegamos a crista da barragem a 225m acima do nível do mar. Nesta foto se percebe os silindros brancos 20m mais altos: são os servo-motores que acionam os pistões hidráulicos afim de regular o fluxo no tubo de escape. A bacia tem dimensões impressionantes: recobre uma área de 1.350 km² (700 km² no território brasileiro e 650 no paraguaio) com um comprimento de 160km e uma capacidade de cerca de 30 milhares de m³. do outro lado se pode admirar o rio Paraná que segue em seu caminho em direção ao mar e a energia elétrica produzida pela central a 500 KV:

- a linha 4 a esquerda da nossa posição são a 60 Hz, destinados interiamente ao Brasil: a estação de Foz do Iguaçu a 8 km da central eleva a tensão para 750 KV; a linha de alimentação viajará sucessivamente por quase 900 km até a estação Ibiúna, no estado de São Paulo, onde há a distribuição nacional.

- da linha 4 a direita a 50 Hz é destinado ao Paraguai, 2 chegam a subestação chamada “riva destra” (Right Bank) posicionada a 2 km que abastecerá a tensão a 220KV para se coligar a rede nacional; as duas linhas remanentes reentram depois de alguns quilômetros de percurso sob o solo paraguaio no Brasil: aqui uma subestação “inverter” converte a tensão alternada em tensão continua. Esta linha de energia a 600Kv termina perto de São Paulo onde acontece a conversão para 60’Hz e a ligação com a rede nacional. Existe ao final uma linha aérea que liga a subestação “margem direita” para o “inversor” porque o Paraguai tem uma baixa demanda nacional inferior a energia produzida na central e conforme estabelecido pelo Tratado de Itaipu em 1973, o Paraguai é obrigado a vender a parte excedente da energia produzida a preço de custo. Esta política energética foi modificada em 13 de maio de 2011 unilateralmente pelo Senado Federal Brasileiro triplicando o preço da compra da energia vendida pelo Paraguai, mas sempre ficando bem abaixo do preço médio do mercado por MW/h.

A nossa visita termina aqui, mas devemos destacar que a Itaipu Bionacional não é só um local de produção de energia hidrelétrica, mas há também uma série de atividades e projetos correlatos, tais como:

- UNILA: Universidade da Integração Latino-Americana, uma universidade com abordagem tanto científica quanto humanística, bilíngue, com 100.00 estudantes acompanhados de 500 professores, situada no interior da Itaipu Binacional em uma superfície de 40 hectáres;

- Eletric Vehicle Projet: o projeto iniciou com um acordo para a pesquisa técnica relacionada com a tração elétrica com KWO (gestor hidroelétrico helvético) em agosto de 2004, sucessivamente com a colaboração da Eletrobrás (a maior sociedade elétrica sul americana) implementou sua linha de montagem produzindo os protótipos usados nos carros elétricos da Fiat. O desempenho é de uma autonomia de 120km, com velocidade máxima de 130km/h com um tempo de recarga completo de 8h. O projeto inclui o desenvolvimento de bens e em 2009, com a colaboração da Iveco desenvolveu o primeiro caminhão elétrico produzido na América Latina;

- Parque Tecnológico Itaipu: a sua função é compreender a mudança que ocorreu na região da tríplice fronteira, através da coordenação e promoção de iniciativas para o desenvolvimento econômico, científico e técnico.

Como conclusão pode-se perguntar que, a central de Itaipu trouxe muitos benefícios para um país carente de energia nos anos 70 para buscar o desenvolvimento econômico e, mais ainda hoje para ser bem sucedido como a sétima economia mundial, mas nos dias de hoje é possível fazer uma obra parecida, dado o impacto que tem sobre a terra? Claro que eles tiveram que desistir as “Sete Quedas” que totalmente submersa pela invasão da água. Por conta disto, o poeta brasileiro Drummond escreveu “Adeus a Sete Quedas”. Itaipu Binacional já distribuiu cerca de 7 milhares de dólares em Royalties para os municípios onde a barragem está construída, enquanto para a população de índios os documentos encontrados são um pouco confusos: de uma parte encontraram um documento onde se afirma que a população de índios tem direito a receber royalties outro que a comunidade Guarani foi quem recebeu os royalties destinados a eles.

Um outro exemplo se encontra na construção da central de Belo Monte (Rio Xingu) onde em outubro de 2011 um julgamento “proíbe ao consórcio construtor da barragem, a Norte Energia S.A., de colocar no lugar “qualquer infraestrutura que possa interferir no curso natural do rio Xingu”. Se violasse esse julgamento, o consórcio deveria pagar uma multa de 100.000 dólares por dia” e antes do fim do ano cancelando a anterior e acrescentando que “a comunidade indígena não tem direito a consulta livre, prévia ou informada de que a barragem de Belo Monte não foi construída em seu território ancestral”.

Notiziario Ingegneri Verona 2/2012 17

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Notiziario Ingegneri Verona 2/201220Notiziario Ingegneri Verona 2/2012 20

Per non dimenticare. L’Ordine degli ingegneri durante il periodo fascista e le leggi razziali

Il fascismo prese il potere il 1 ottobre del 1922 quando Benito Mussolini divenne Presidente del Consiglio.Il 24 giugno 1923 venne approvata la legge 1396 “Tutela del ti-

tolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e architetti. Leg-ge fondamentale per la costituzione dell’Ordine professionale di ingegneri ed architetti”. La legge fu presentata dal ministro della giustizia Luigi Rossi che era un veronese. Luigi Rossi è stato un avvocato, giurista e politico italiano, esponente del Partito radicale storico. Il Partito Radicale Storico è stato un partito politico italiano fon-dato da Felice Cavallotti alla fine degli anni 70 dell’ottocento. Era rappresentato a sinistra nel parlamento post unitario dal gruppo detto di estrema sinistra e affondava le sue radici ideali nel filone più radicale, laico, democratico e repubblicano del Risorgimen-to italiano, quello mazziniano e garibaldino, ma con riferimenti al pensiero ed alla azione di Carlo Cattaneo e Carlo Pisacane.Luigi Rossi fu professore di diritto costituzionale all’Università di Bologna, fu eletto deputato per il collegio di Verona nella XXII, XXIII, XXIV, XXV e XXVI legislatura del Regno d’Italia. Dopo aver insegnato anche all’Università di Roma, fu Sottosegretario al Mi-nistero della Pubblica Istruzione. Fu inoltre Ministro delle Colonie nel primo governo Nitti1 e nel quinto governo Giolitti nel 1919-21 e Ministro della Giustizia e affari di Culto nel primo governo Facta. Il primo governo Facta era un governo di coalizione che operò dal 26 febbraio fino al 1 agosto 1922. Fu seguito dal secondo gover-no Facta, che non comprendeva più tra i ministri Luigi Rossi, che durò fino al 31 ottobre 1922. Segui Il governo Mussolini che durò 20 anni, 8 mesi e 25 giorni.In sostanza la costituzione degli Ordini professionali degli inge-gneri ed architetti si intrecciò con la presa del potere del fascismo ma nacque da aspirazioni di diversa origine.Tra il 1925 e il 1926 furono varate le leggi fascistissime, ispirate dal giurista Alfredo Rocco. La legge 26 novembre 1925, n. 2029, sanciva che i corpi collettivi operanti in Italia (associazioni, istituti ed enti) erano tenuti, su richiesta dell’autorità di pubblica sicu-rezza, a dichiarare statuti, atti costitutivi, regolamenti interni ed elenchi di soci e di dirigenti.. In tal modo, il governo disponeva di una chiara mappa del tipo e del numero di associazioni non governative presenti.Il 31 dicembre 1925 entrò in vigore la legge sulla Stampa, la quale disponeva che i giornali potevano essere diretti, scritti e stampati solo se avevano un responsabile riconosciuto dal prefetto, quindi dal governo.La Legge n. 563 del 3 aprile 1926 proibì lo sciopero e stabilì che soltanto i sindacati “legalmente riconosciuti”, quelli fascisti (che già detenevano praticamente il monopolio della rappresentanza

sindacale dopo la conclusione del Patto di Palazzo Vidoni del 2 ottobre 1925 fra la Confindustria e le corporazioni fasciste) pote-vano stipulare contratti collettivi.In parallelo in Germania si verificavano eventi molto importanti. La repubblica di Weimar durò dal 1919 al 1933.Nel 1921 Adolf Hitler fondò il partito nazista. Durante quel periodo nel 1923 il governo tedesco sommerso dai debiti, generò la cosiddetta superinflazione che provocò una rapi-dissima enorme perdita del potere d’acquisto della valuta tedesca.L’Ordine degli ingegneri e degli architetti di Verona e provincia venne istituito il 5 settembre 1926.Non abbiamo la data nella quale fu istituito il sindacato provinciale fascista ingegneri –Verona, ma possediamo il frontespizio del n°1 del bollettino sindacale che è del gennaio 1927. In sostanza fin dalla sua nascita, in quel periodo l’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia fu affiancato dal sindacato provin-ciale fascista ingegneri. In Germania nel 1933 Adolf Hitler conquistò il potere e diede su-bito inizio alla discriminazione razziale degli ebrei.Nel frattempo si consolidò la normativa ordinistica con la legge 25 aprile 1938 n° 897 “Norme sulla obbligatorietà della iscrizione negli albi professionali e sulle funzioni relative alla custodia degli albi”.

Luigi Rossi, Ministro della Giustizia e affari di Culto del primo Governo Facta, che operò dal 26 febbraio 1922 al 1 agosto 1922.

La giornata della memoria (27 gennaio)Incontro con Crescenzo Piattelli, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Verona e con Carlo Rimini, Presidente della Comunità Ebraica di Verona

Maurizio Cossato

Incontri Open

(1) Francesco Saverio Nitti, meridionalista, allievo di Giustino Fortunato, economista, giornalista e politico fu un importante esponente del partito radicale storico. Fu il primo Presidente del Consiglio espresso da quel partito. Fu sempre antifascista e durante il fascismo fu costretto all’esilio e finanziò attività antifasciste.

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Notiziario Ingegneri Verona 2/2012 21

A breve distanza di tempo, sotto l’influenza di quanto avveniva in Germania ed in conseguenza dell’alleanza italo-tedesca, si svi-luppò anche in Italia il terribile periodo delle leggi razziali che iniziò con il Regio Decreto Legge 17 no-vembre 1938. “Provvedimenti per la difesa della razza italiana”.

Tale legge si sviluppava in tre capi:Capo 1. Provvedimenti relativi ai matrimoni.Capo 2. Degli appartenenti alla raz-za ebraica.Capo 3. Disposizioni transitorie e finali.Leggere oggi quei testi non può che fare inorridire, eppure quei testi furono stesi, approvati e votati dal Parlamento.Vennero varate altre leggi di quel terribile tenore, tra le quali la legge 29 giugno 1939 n° 1054 “Disciplina dell’esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razza ebraica”.In quella legge si prevedeva la co-stituzione di elenchi aggiunti in appendice agli albi professionali per cittadini ebrei che potevano di-mostrare particolari requisiti (elen-cati all’articolo 14 della legge 17 novembre 1938 n°1728 “Provvedi-menti per la difesa della razza italiana”).Ad esempio:- Componenti di famiglie di caduti nella guerra libica, etiopica, mondiale, spagnola o decorati.- Mutilati nelle stesse guerre.- Combattenti nelle stesse guerre decorati almeno con la croce al merito di guerra.- Legionari fiumani.Vennero inoltre costituiti elenchi speciali per professionisti ebrei che non possedevano i requisiti sommariamente elencati in pre-cedenza.

Questi professionisti ebrei potevano fare domanda per essere inseriti in elenchi speciali, che erano costituiti presso le corti d’appello.In ogni caso per quei cittadini discriminati era praticamente inibita l’attività professionale.Per gli iscritti negli elenchi speciali presso le corti di appello era ammesso che svolgessero prestazioni professionali solo a fa-vore di cittadini ebrei.Per quelli iscritti negli elenchi aggiunti presso gli ordini, l’esercizio della professione era proibito nei riguardi di enti pubblici.

Sulla base di quelle terribili e insensate motivazioni si spiega una nota che appare nell’elenco degli iscritti all’Ordine degli ingegneri di Verona del 1939 in archivio presso l’Ordine (vedi riquadro).

Nell’elenco degli iscritti all’Albo del 1939 erano riportati nell’albo anche professionisti ebrei non ancora esposti in altri elenchi ( la legge 1054 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 2 ago-sto 1939).Tra i documenti dell’archivio dell’ordine vi è anche un elenco del 1938 steso dal sindacato fa-scista ingegneri della provincia di Verona che riportava una lista di iscritti all’albo e non al sinda-cato. Non è noto a che scopo era stata stesa quella lista, ma nel contesto politico dell’epoca si può immaginarlo.In quel periodo venne varata an-che una ulteriore legge, quella del 23 novembre 1939 n° 1815 titolata :“Disciplina giuridica degli studi di assistenza e con-sulenza”. Tale legge pubblicata nella gazzetta ufficiale del 16 dicembre 1939, completava la legislazione professionale, ma

aggiungeva norme utili per il controllo delle persone che potevano essere utilizzate nella logica delle leggi razziali.Dopo la guerra vi fu il periodo delle epurazioni, cioè i fascisti furo-no sottoposti a processo ed anche negli ordini professionali vi era l’obbligo di verificare se i comportamenti degli iscritti ex fascisti potessero determinare sanzioni disciplinari. Anche nell’Ordine di Verona fu istituita allo scopo una commissione, che esaminò alcu-ni casi, ma non prese provvedimenti e la questione fu archiviata.Tutte le leggi sopraelencate furono poi abrogate, ad esclusione dell’ultima citata, la 1815 che pur soggetta ad innumerevoli ritoc-chi è ancora in vigore. In quella legge, con provvedimenti succes-sivi sono state aggiornate le sanzioni amministrative nel 1961 e nel 1981. Sono stati poi abrogati gli articoli 2, 4, 5 nel 1997.Con Decreto legislativo 1 dicembre 2009 n° 179 si è ritenuto in-dispensabile mantenere ancora in vigore gli articoli 1, 3, 6, 7e 8. In sostanza a 73 (settantatre) anni dalla emanazione delle leggi razziali ci portiamo dietro ancora alcune norme che, sia pure non esplicitamente discriminanti, potrebbero essere riscritte (pochi articoli) eliminando del tutto anche solo i riferimenti cronologici a quell’angosciante periodo storico.

Maurizio Cossatoingegnere

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Notiziario Ingegneri Verona 2/201222

Con la guida di Annamaria Conforti Calcagni, storica dell’Arte e capo delegazione del FAI di Verona, ve-

nerdì 10 febbraio si è svolta la visita del palazzo Pindemonte-Ongania-Bentegodi (via Leoncino 5), oggi sede dell’Ordine degli Ingegneri, che della sua apertura al pubblico si è fatto promotore. E che ha avuto la soddisfazione di constatare come il freddo pungente di quel giorno non ab-bia affatto scoraggiato i visitatori che, in grande numero, hanno risposto all’invito. Segno evidente che il desiderio di cono-scenza delle bellezze della città diventa, nei suoi abitanti, sempre più forte. E poi-ché, grazie anche al Fondo per l’Ambiente Italiano che in tutti i modi cerca di favorirlo, tale interesse si va intensificando nell’inte-ro nostro Paese, esso costituisce un se-gno che fa ben sperare. Visto che, come tutti ben sappiamo, è solo attraverso la diffusa, capillare conoscenza del nostro ineguagliabile patrimonio storico, artistico e ambientale che la sua salvaguardia e la sua valorizzazione possono aver luogo.

La visita al palazzo, al cui interno l’Ordine degli Ingegneri ha realizzato un accurato restauro, ha messo in evidenza i momenti fondamentali della sua storia: quello della seconda metà del Cinquecento, che Li-cisco Magagnato vede cadere intorno al 1560, quando la famiglia Pindemonte, la stessa che darà i natali a Ippolito, lo erige; il successivo intervento seicentesco che, reimpostato l’androne di accesso, ne re-alizza la scala monumentale; e, infine, la ricca decorazione apportata al suo interno dalla famiglia Ongania, alla quale l’opera passa nel 1783.Ma il piccolo palazzo di via Leoncino su-scita un interesse del tutto particolare già a partire dalla sua facciata. Che ancora si presenta completamente rivestita di affreschi, ancorché purtroppo assai de-teriorati e, salvo nelle fasce protette dal-lo sporto del tetto, assai poco leggibili. Eppure, nonostante i guasti del tempo, quella sorta di manifesto con cui i com-mittenti di quell’architettura, i Pindemonte appunto, intesero presentarsi alla città,

non ha ancora perduto l’eloquenza del messaggio che essa voleva comunicare. Se, infatti, le inquadrature delle finestre, la sequenza delle paraste o delle cornici marcapiano che ne scandiscono la super-ficie, sanno ritagliare spazi perfettamente adatti a ospitare gli affreschi, ciò vuol dire che l’insieme è il frutto di una concezione unitaria: di un unico progetto, nel quale l’eleganza degli elementi lapidei e la qua-lità delle immagini dipinte, potessero dar luogo a un inscindibile insieme. Nel quale, peraltro, la stessa scelta dei soggetti de-gli affreschi, che soprattutto vertono sulla storia romana e sulla mitologia pagana e che vi vennero egregiamente realizzati da un artista di vaglia come Battista del Mo-ro, doveva giocare un ruolo fondamentale. Non bisogna infatti dimenticare che, per la ricchezza dei monumenti antichi di cui Verona andava giustamente orgogliosa, la classe dirigente della città (di cui, ovvia-mente, i Pindemonte facevano parte) mai trascurava di mostrare alla “Dominante” l’importanza e la dignità che la “seconda

Visita guidata a Palazzo PindemonteAnnamaria Conforti Calcagni

Palazzo Pindemonte-Ongania-Bentegodi: la facciata su Via Leoncino

Incontri Open

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Roma” aveva il diritto di vantare. Per cui, nonostante Venezia l’avesse perentoria-mente esclusa dai centri del potere po-litico, essa poteva tuttavia vantare natali assai più antichi, e perciò stesso assai più nobili di quelli dei “mercanti” che non la tenevano nel debito conto. E pure la scel-ta di una pittura monocroma, che desse anche l’illusione (allora certamente assai più forte) di un antico rilievo, diventa, al riguardo, particolarmente eloquente.Dopo l’intervento seicentesco che, con la realizzazione del grande scalone, conferì al palazzo un’evidente monumentalità, l’ulte-riore grande momento della sua storia ca-de, come già abbiamo anticipato, sul finire del Settecento quando furono gli Ongania a diventarne i proprietari. Fu allora, infat-ti, che l’elegante poggiolo sulla strada fa la sua comparsa ed è allora che, a partire da una saletta a piano terra, un avvolgente apparato decorativo di stucchi e affreschi

va a interessare tutti gli ambienti del piano nobile. Nessuno escluso. Lese-ne corinzie, cornici “alla greca”, cammei di ispira-zione pompeiana, festo-ni leggeri entro riquadri sapientemente calibrati, parlano già, e nel modo più esplicito, di cultura ne-oclassica: sia quando so-no dipinti, sia, soprattutto, quando sono realizzati a stucco. Mentre la parte figurata resta invece entro una tradizione che ancora è legata al barocco. Di cui rivela sia la solidità dei vo-lumi, sia, specie nei tondi e nei piccoli riquadri delle salette intorno al salone centrale, la spumeggiante vivacità del colore. A chi si debbano, ancora non ci è dato sapere. Ma i riman-di a quanto in quel giro di anni si dipingeva (o si era dipinto) sono assoluta-mente evidenti: specie se si guarda al grande sof-fitto del salone centrale che, pur nelle dimensioni più ridotte, intende ripe-tere i fasti di quello che una ventina d’anni prima

Gianbattista Tiepolo aveva creato, da par suo, a palazzo Canossa e che la seconda guerra mondiale ha disgraziatamente di-strutto. Un’opera superba, quella del grande ve-neziano, ovviamente. Di cui, almeno nel centrale Trionfo di Ercole, l’ignoto (e ov-viamente ben diverso) imitatore veronese riesce, comunque, a darci l’idea.Un ciclo decorativo di tutto rispetto, quin-di, quello in questione. Che, specie dopo il lodevole restauro, meriterebbe di essere compiutamente indagato.Dopo gli Ongania la proprietà passerà ai Bentegodi: la famiglia che, nonostante vi abbia lasciato il suo segno soltanto con le statuette sulla balaustra dello scalone, lo storico palazzo di via Leoncino ci invita comunque a ricordare. Suo illustre mem-bro era stato, infatti, il dott. Marcantonio, consigliere comunale di Verona e nel 1868 membro della Società Veronese di Ginna-stica e Scherma, a cui lasciò un rilevante patrimonio e una rendita annua destina-ta alle attività sportive. Il che ben spiega quanto giusto sia che lo stadio della no-stra città porti il suo nome.

Annamaria Conforti Calacagni,Capo delegazione FAI Verona

Foto: Diego Martini Phplus

L’affresco del soffitto dello scalone principale:“Zefiro, Aurora e i Venti”

Il Salone di Ercole: l’affresco del soffitto: “Ercole che sale al tempio della Gloria”. Copia dell’opera di G. B. Tiepolo a Palazzo Canossa

Statuette dello scalone monumentale di accesso in tufo

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AEROPORTO DI VERONACollegamenti stradali e ferroviari

Situazione attuale e nuovi progetti

Sintesi del verbale della Commissione Trasporti e Viabilità relativa all’incontro del 27/01/12, presente nella sua interezza nel sito dell’Or-dine, con alcune integrazioni fornite gentilmente dai relatori.Gli interventi riportati:• ing. Antonio Zerman: L’Aeroporto di Verona, collocazione, evoluzione del traffico e sviluppo infrastrutturale;• ing. Maurizio Pangrazi: Il collegamento stradale con l’aeroporto Valerio Catullo. Analisi del servizio e sua evoluzione;• ing. Giovanni Saccà ed Ing. Gianluigi Cavagna: Il collegamento ferroviario con l’aeroporto Valerio Catullo. Analisi del progetto preliminare.

Hanno partecipato all’incontro: Enrico Corsi, Assessore alla Mobilità, Viabilità e relative Infrastrutture; Fabio Venturi, vice Presidente della Provincia di Verona; On. Alessandro Montagnoli, componente VI Commissione Finanze della Camera, Paolo Arena, Presidente Società Aeroporto Valerio Catullo di Verona Villafranca S.p.a. Riportiamo di seguito il focus dei loro interventi.

Intervento del Presidente Paolo Arena“La priorità è dare al territorio una risposta economicamente sostenibile per il collegamento dell’aeroporto con la città.Se non ci sono le risorse, occorre migliorare quello che c’è. Senza soldi, infatti, tutti i progetti futuristici restano sogni. Occorre individuare le strategie per creare questo collegamento che siano fattibili da un punto di vista economico. L’inica cosa su cui sono fiducioso è il nuovo casello autostradale perchè già deliberato dall’A22 e perchè è in corso un dialogo con il Consorzio ZAI”.

Intervento del Vice Presidente della Provincia Fabio Venturi“Sono d’accordo con il casello autostradale ma credo che vada rivisto il progetto sulla base di una migliore fruibilità dell’infrastruttura. Oltre alla viabilità è necessario un collegamento veloce tra lo scalo e la città per incrementare il flusso dei turisti. È opportuno fare uno studio per vedere se c’è lo spazio per un project financing in tal senso, una specie di me-tropolitana di superficie. E va pensato anche un collegamento diretto con Montichiari”.

Intervento dell’Assessore Enrico Corsi“Il progetto di collegamento ferroviario esposto, con la realizzazione del doppio binario fino a Villafranca e possibilmente fino a Mantova, va rilanciato e sicuramente riportato all’attenzione del CIPE, visto che il finanziamento era previsto ed è stato dirottato altrove”.

Intervento dell’On. Alessandro Montagnoli“La situazione economica attuale vede risorse molto limitate. Vale perciò la pena di individuare le priorità e i progetti più efficaci e concentrarsi su quelli”.

Note di Aperturaing Gennaro della Rosa

L’incontro vuole riportare all’attenzione della Città il progetto di collegamento ferroviario tra l’aeroporto Valerio Catullo ed il bacino di utenza che interessa le provincie di Verona Trento e Mantova attraverso la realizzazione di una variante all’esi-stente linea ferroviaria Verona Mantova. Scartata inizialmente l’ipotesi della costruzione di una bretella di collegamento fer-roviario tra l’aeroporto e la stazione ferroviaria di Verona P.N., che agli alti costi di realizzazione univa altrettanti alti costi di gestione, si preferì approfondire lo studio della variante in quanto rendeva possibile anche all’utente non veronese, peraltro quest’ultimo ben servito dal collegamento con bus di linea, arrivare direttamente nel terminal aeroportuale. La variante di linea, della lunghezza di circa 4, 5 km, ha un costo attualizzato ad oggi, di circa 100.000.000,00 E ed un tempo di realizzazione, a progetti approvati da tutti gli Enti competenti, di tre anni.

Trasporti e Viabilità

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Trasporti e viabilità

Verona si trova in una posizione geogra-fica particolarmente felice, anche con ri-ferimento alle vie di comunicazione che attraversano il territorio. La nostra città si colloca, infatti, proprio all’incrocio di due corridoi della rete transeuropea di tra-sporto TEN-T, il corridoio 1 Berlino Pa-lermo e il corridoio 5 Lisbona Kiev. (Fig. 1)

È da ricordare in particolare come lo svi-luppo della rete transeuropea, secondo le indicazioni strategiche dell’Unione Euro-pea, sia fortemaente correlato con la rea-lizzazione di interconnessioni dei diversi modi di trasporto, tra i quali la rete ferro-viaria e gli aeroporti, e questo aspetto ren-de ancora più attraente la posizione del nostro aeroporto Catullo. Si deve notare peraltro che la progressiva costruzione dei segmenti e dei nodi della rete europea, in funzione dei diversi tempi di realizzazio-ne delle tratte, può far mutare in maniera significativa alcune rendite di posizione storiche; questo può avvenire ad esem-pio con l’anticipata raggiungibilità di un aeroporto più lontano in tempi più brevi, attraverso l’attivazione di un tratto di alta velocità ferroviaria che ne amplia signifi-cativamente il bacino di utenza. Questa sottolineatura è particolarmente impor-tante per Verona e per il suo aeroporto, che vede lungo il corridoio 5 nel nord Italia un numero esorbitante di aeroporti con-correnti. (Fig. 2)

Tra questi, accanto ai grandi nodi aero-portuali di Milano e Venezia, comunque non distanti, si segnalano gli scali di diret-ta concorrenza, quali Bologna, Bergamo e Treviso, i quali hanno visto, in particola-re negli ultimi anni, una crescita molto si-gnificativa del traffico passeggeri. (Fig. 3)

Questi dati, unitamente alle caratteristiche degli aeroporti in termini di capacità at-tuale e futura, di sostenibilità ambientale, di intermodalità, di bacino di popolazione servito, sono stati oggetto di un’approfon-dita analisi, svolta attraverso uno Studio per il Piano Nazionale degli Aeroporti commissionato dal Ministero delle Infra-strutture e dei Trasporti all’Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC).

1- L’aeroporto di Verona

Collocazione, evoluzione del traffico e sviluppo infrastrutturale Intervento dell’ing. Antonio Zerman

Fig. 1 - Verona e la rete transeuropea TEN-T

Fig. 2 – Verona e i principali aeroporti del nord Italia

Fig. 3 – Aeroporti concorrenti. Confronto dei dati di traffico degli ultimi dieci anni

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Uno degli scopi di questo studio è anche individuare le linee guida per una raziona-lizzazione della rete degli aeroporti italia-ni, attraverso una maggiore valorizzazione di alcuni scali e un ridimensionamento di altri, al fine di allocare in maniera ottimale le risorse pubbliche.

L’aeroporto di Verona

Come si può vedere (Fig. 4) l’aeroporto di Verona si trova proprio all’incrocio del-

le due direttrici principali dei due corridoi transeuropei 1 e 5, rappresentati dalle autostrade A4 e A22 e dalle reti ferrovia-rie che si intersecano poco distante. Nei pressi si trova inoltre l’importante infra-struttura del Quadrante Europa.

L’infrastruttura aeroportuale del “Valerio Catullo”

In figura 5 possiamo vedere il layout dell’aeroporto di Verona Villafranca, con

il sedime contornato in giallo. Il sedime è in gran parte destinato alle attività milita-ri, mentre l’aviazione civile si è sviluppata storicamente nell’estremo nord-est della pista (in azzurro).

Come è facile intuire, questa limitazione ha creato diverse problematiche, prima fra tutte un’importante riduzione di capacità dello spazio aereo e della pista. Infatti, gli aerei che escono dal piazzale vengono a trovarsi immediatamente sulla pista, im-pegnando così l’infrastruttura di volo, ed essendo sostanzialmente costretti a de-collare in una direzione (sud) ed atterrare in quella opposta, generando così un con-flitto tra decolli ed atterraggi che riduce la capacità complessiva.

Questa problematica è stata in buona parte superata con l’apertura della via di rullaggio militare all’aviazione civile, re-stando comunque la limitazione che la via di rullaggio si trova dalla parte opposta al piazzale e costringe quindi all’attraversa-mento della pista con conseguente ridu-zione di capacità a causa dell’impegno dell’infrastruttura di volo.

Fig. 4 – L’aeroporto di Verona e la collocazione nel territorio

Fig. 5 – Il sedime complessivo dell’Aeroporto di Verona Villafranca

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Trasporti e mobilità

Dalla figura 6 è possibile valutare in mag- gior dettaglio l’area su cui si è sviluppata negli ultimi anni l’aviazione civile; si evi-denzia in particolare l’esiguità di super-ficie ed i vincoli presenti, dettati principal-mente dalla viabilità (autostrade, strade provinciali e tangenziali), e dalle distanze da rispettare per il piazzale, per la viabilità e per l’area del terminal, che si è potuto sviluppare solo in lunghezza e non in pro-fondità con negative conseguenze sugli aspetti commerciali.

Nel complesso, si tratta di una delle aree più limitate a livello nazionale, soprattutto se si tiene conto che la crescita del traf-fico nell’ultimo decennio (Fig. 7) e la sua distribuzione non uniforme dovuta anche alla tipologia (charter estivo come traffico di picco) hanno portato il Catullo a sop-portare in giornate di punta un traffico di più di 26.000 passeggeri, che è circa un quarto del traffico giornaliero dell’aeropor-to di Roma Fiumicino.

I recenti interventi di adeguamento e sviluppo

L’incremento del traffico passeggeri ri-chiesto dal mercato, e soprattutto la ge-

stione dei picchi di traffico e della qualità del servizio offerto, sono stati resi possibili dalla realizzazione di diversi significati-vi interventi realizzati sulle infrastrutture dell’aeroporto di Verona Villafranca prin-

Fig. 7 – Aeroporto Catullo - andamento dei dati di traffico annuale passeggeri

Fig. 6 – L’area storicamente destinata all’aviazione civile

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cipalmente negli anni tra il 2003 e il 2007. Tra i più rilevanti, si ricordano i seguenti:

• Ampliamento del piazzale di sosta de-gli aeromobili, con la realizzazione di un nuovo raccordo per favorire la circo-lazione in ingresso e uscita dalla pista, e con il conseguente prolungamento della pista di circa 400 m (lunghez-za complessiva di pista portata a circa 3100 m);

• Aperturadellavia di rullaggio militare al traffico civile, con il conseguente in-cremento della capacità della pista e la possibilità di annullare i ritardi nelle ore di picco di traffico;

• Realizzazionedegli interventi infrastruttu-rali e impiantistici (radioassistenze, impian-ti di luci di pista e sistemi di telecontrollo) che hanno permesso di far omologare il Catullo come primo aeroporto militare aperto al traffico civile per gli atterraggi in bassa visibilità (CAT III B ICAO);

• Realizzazionediun hangar per il rico-vero e la manutenzione degli aeromobi-li, di misure 80x60x19 m (Fig. 9);

• Interventisull’aerostazione, quali il nuovo terminal arrivi (6.000 mq, Fig. 10), la ri-strutturazione del terminal partenze, con messa a norma secondo la nuova norma-tiva antisimica, primo in Italia, e incremen-to delle aree e funzioni disponibili;

• Interventidirazionalizzazionedellavia-bilità e di potenziamento dei parcheggi disponibili, con la realizzazione di par-cheggi modulari a un piano che non ne-cessitano di fondazioni. (Fig. 11)

Ovviamente questi interventi devono es-sere previsti nell’ambito di un più ampio Piano di Sviluppo, che per gli aeroporti è costituito da un documento di pianifi-cazione che assume ruolo di strumento urbanistico una volta adottato, anche a seguito di un procedimento di valutazione di impatto ambientale.Tale Piano deve quindi bilanciare gli inter-venti in funzione delle necessità del baci-no di traffico servito e tenere conto anche delle infrastrutture di interconnessione con il territorio, di accesso e di intermoda-lità presenti e future.

Fig. 10 – Il terminal storico e il recente terminal arrivi

Fig. 8 – L’area dell’aviazione civile dopo i recenti interventi

Fig. 9 – L’hangar del Valerio Catullo

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Trasporti e mobilità

L’accessibilità e l’intermodalità

Come già accennato, aeroporti come il Catullo vedono il proprio bacino di utenza territoriale sovrapposto con quello di ae-roporti concorrenti, date le limitate distan-ze tra gli scali e la presenza di importanti infrastrutture di trasporto nell’area della pianura Padana.In generale, il grado di raggiungibilità dell’aeroporto di Verona, misurato in po-polazione servita con accesso entro 90 minuti, rispetto ad altri scali dello scenario nazionale è sufficientemente alto; il po-sizionamento scende invece se si valuta l’accessibilità utilizzando come mezzo principale il treno.D’altra parte, è bene ricordare come il te-ma della connessione degli aeroporti con il mezzo ferroviario in Italia sia fortemen-te svantaggiato rispetto ad altri Paesi europei. Si segnala in particolare come su quarantasette aeroporti analizzati dal piano nazionale degli aeroporti, solo sei sono direttamente accessibili via treno, e i due aeroporti italiani maggiori (Roma-Fiumicino e Milano-Malpensa) sono col-legati solamente da treni locali, con unica destinazione il centro urbano.A differenza di altri Paesi, che hanno fa-vorito e realizzato il collegamento inter-modale ferro-aria, in alcuni casi anche con connessione diretta alla linea Alta Veloci-tà (con diverse importanti conseguenze anche sul piano della concorrenza con i voli a breve raggio, sui quali non appro-fondiamo in questa sede), in Italia i livelli

di intermodalità risultano, salvo poche ec-cezioni, complessivamente inadeguati e certamente non strutturati rispetto agli standard europei.Anche gli scenari di prospettiva non risul-tano particolarmente incoraggianti in tema di intermodalità, considerati i progetti av-viati e il grado di interconnessione con le reti ferroviarie regionali e di Alta Velocità.

Gli accessi possibili e la connessione ferroviaria dell’aeroporto Catullo

Tra gli accessi futuri possibili, di cui si è parlato in questi anni e che varrebbe la pena affrontare in dettaglio, si ricordano:• gli accessi autostradali dalla A22 e

dall’A4 attuali e il nuovo casello in pro-gettazione nei pressi dell’aeroporto;

• ilSistema delle Tangenziali Venete;• le ipotesidicollegamentodell’aerosta-

zione con la città attraverso un people mover o un sistema di funivia urbana;

• la connessione con il sistema di Alta Velocità ferroviaria;

• il collegamentocon la rete ferroviaria attraverso la realizzazione di una appo-sita derivazione sulla linea Verona-Man-tova, oggetto della presente riflessione.

Tenuto conto di quanto sopra riportato, si ritiene che sarebbe auspicabile favorire la possibilità di una connessione ferroviaria diretta sull’aeroporto Catullo, considerato anche il fatto che esiste già un progetto che ha già analizzato e superato le inter-ferenze, permettendo quindi al nostro ae-

roporto di offrire potenzialmente all’utenza un’alternativa di modo di accesso.

In conclusione, una breve considerazione sui temi dei collegamenti intermodali. Non è pensabile ipotizzare l’intermodalità esclusivamente come semplice punto di incontro di due modi di trasporto. È ne-cessario invece affrontare il tema in modo complessivo, considerando gli aspetti infrastrutturali, operativi e gestionali. Per fare questo è necessario in generale re-alizzare una pianificazione coordinata delle due modalità di trasporto, in grado di offrire soluzioni avanzate di integrazio-ne, che permettano il viaggio “door to do-or” senza soluzione di continuità, perché possa essere veramente attraente e con-correnziale.Tra gli elementi che devono essere con-siderati nei due modi di trasporto e nella loro interconnessione si ricordano i se-guenti:• Rimozionedibarriereerotturedicarico• Comfortcomplessivoecontinuativodel

viaggio • Affidabilitàcomplessiva• Coordinamentodegliorari• Biglietteriaetariffazioneintegrata;pro-

mozione• Coordinamento della comunicazione e

dell’informazione nei punti di decisione• Trasporto,raccoltaecustodiabagagli• Accessibilitàapersoneconridottamo-

bilità• Safety• Security• Servizicorrelati(toilettes,bar,acquisti,ecc.)Come si vede, il tema richiede particola-re impegno, tenuto conto anche del fatto che generalmente i due modi di trasporto sono gestiti da aziende differenti.Senza dubbio si ritiene che siano l’ammi-nistrazione e la politica locale che posso-no contribuire a superare alcune visioni necessariamente di parte (si pensi ad esempio al fatto che i parcheggi auto so-no uno dei maggiori introiti della società di gestione dell’aeroporto) e trovare solu-zioni che permettano di arricchire l’offerta delle nostre infrastrutture a servizio e svi-luppo del nostro territorio.

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Fig. 11 – Aeroporto Catullo - la viabilità recentemente riorganizzata

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Notiziario Ingegneri Verona 2/2012

Caratteristiche del servizioIl collegamento stradale effettuato con au-tobus e denominato Aerobus consente di collegare in soli 15 minuti l’aeroporto Ca-tullo di Villafranca Verona con l’air terminal presso la stazione ferroviaria di Verona Porta Nuova.Il servizio è attivo 365 giorni all’anno dalle ore 6.00 alle ore 24.00 ed ha una frequen-za di 20 minuti (Fig. 1): ciò lo rende inte-ressante per i viaggiatori che utilizzano la ferrovia e il trasporto su gomma essendo il terminal di Verona Porta Nuova importan-te polo intermodale.A Verona fermano i treni “Freccia”, i colle-gamenti regionali ed interregionali. Il ser-vizio autobus di ATV collega l’air terminal con tutta la città e la provincia di Verona.

La frequenza di 20 minuti consente di affrontare il viaggio con serenità indipen-dentemente da eventuali ritardi delle di-verse modalità di trasporto. Il tempo di attesa medio alle fermate è di 10 minuti presso l’air terminal e di 7,5 minuti presso l’aerostazione. Il percorso dell’Aerobus lungo il raccordo con A22 e la tangenziale ovest consente un rapido collegamento anche nelle ore di punta non essendo previste fermate in-termedie. (Fig. 2)

La fermata presso l’aerostazione si trova giusto a metà tra il terminal partenze e il terminal arrivi riducendo al minimo la ne-cessità di effettuare spostamenti a piedi, come si evidenzia nella planimetria a lato. (Fig. 3)

Il servizio è effettuato impiegando due autobus lunghi m 13,90 dotati di 53 posti a sedere e pedana per disabili, di classe ambientale EEV. (Fig. 4)I bagagli sono collocabili nelle bagagliere ed anche a bordo in apposite griglie.

Cenni storici ed utilizzo del servizio Il servizio di trasporto su gomma dalla sua istituzione e fino a metà del 1994 era del tipo ad orario cioè con poche corse effet-tuate prima della partenza e dopo l’arrivo

2- Il collegamento stradale con l’aeroporto “Valerio Catullo”

Analisi del servizio e sua evoluzione Intervento dell’ing. Maurizio Pangrazi

Fig. 1 - Orario del servizio Aerobus

Fig. 2 - Percorso dell’Aerobus: Verona Porta Nuova - raccordo A22 - tangenziale ovest.

Fig 3 - Fermata Aeroporto Catullo tra il terminal degli arrivi e quello delle partenze

Trasporti e Viabilità

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Notiziario Ingegneri Verona 2/201232

Trasporti e mobilità

dei voli. Nel 1994 si è eliminato il tratto cittadino istituendo l’attuale servizio a frequenza. Allo sforzo organizzativo ed economico è corrisposto un costante in cremento di utenti passati da circa 45.000 passeggeri nell’anno 1993 agli attuali 300.000 (come evidenziato nel diagram-ma a fianco).

Nel 2007 sembrava fosse stato raggiunto il massimo utilizzo del servizio che subiva una modesta riduzione dal 2008 al 2010, riduzione conseguente ad un calo di pas-seggeri che hanno utilizzato l’aeroporto Catullo. L’importante crescita del 2011 si è verificata in conseguenza dell’attivazio-ne di collegamenti aerei low cost. La sta-gionalità del servizio aereo si nota anche nell’andamento dei passeggeri che utiliz-zano l’Aerobus: al minimo nel mese di feb-braio, con l’incremento costante durante la primavera, fino a raggiungere i massimi nei mesi di luglio ed agosto. Negli anni si è manifestata la crescita dei passeggeri dell’Aerobus ed anche del rapporto tra i passeggeri del servizio Aerobus ed i pas-seggeri dell’aeroporto (come evidenziato da due grafici seguenti).

Il servizio con autobus è di livello adegua-to ed economicamente sostenibile.Per la realizzazione di un collegamento ferroviario dovrà essere valutato l’impatto dei maggiori costi fissi e variabili e quale potrà essere l’incremento dei passeggeri trasportati tenendo presente la crescita dell’aeroporto Catullo e la comodità dei collegamenti.

Fig. 4 - Aerobus in sosta presso l’air terminal di Verona Porta Nuova

Fig. 5 – Passeggeri Aerobus

Fig. 6 – Anno 2011 Passegeri/Mese

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Notiziario Ingegneri Verona 2/2012 33

Introduzione storica

In Italia la prima ferrovia fu inaugurata il 3 ottobre 1839 per col-legare Napoli a Portici.

La seconda ferrovia fu inaugurata il 17 agosto del 1840 per col-legare Milano a Monza. Nel 1837 fu affidata alla società Imperial Regia Privilegiata la costruzione della Strada ferrata Ferdinan-dea Lombardo-Veneta ovvero della Milano-Venezia.

La linea ferroviaria Ferdinandea fu costruita per tratti e il primo tronco ad essere completato ed inaugurato fu il Padova-Mar-ghera (12 dicembre 1842); il ponte sulla Laguna Veneta fu invece aperto l’11 gennaio 1846. In successione furono poi aperti il Pa-dova-Vicenza (11 gennaio 1846) e il Milano-Treviglio (15 febbra-io 1846). La Prima guerra di indipendenza (23 marzo 1848 - 24 marzo 1849) rallentò la costruzione degli altri tratti:

• IltrattoVerona-Vicenzafuinauguratoil3luglio1849;

• il trattoVerona (PortaNuova)Sant’AntonioMantovano,pro-gettato dall’ing. Luigi Negrelli per conto dell’Impero Austriaco, fu inaugurato il 7 aprile 1851 dal maresciallo Josef Radetzky;

• il22aprile1854fuinauguratalatrattadaCoccaglio-Brescia-Ve-rona e il 12 ottobre 1857 la tratta Coccaglio-Bergamo-Treviglio.

Al termine della seconda guerra d’indipendenza (1859) la Lombardia fu annessa al Regno di Sardegna.

3- Linea ferroviaria Verona-Mantova-Modena Progetto di adeguamento della tratta Verona Santa Lucia – Villafranca di Verona per realizzare il collegamento ferroviario con l’aeroporto “Valerio Catullo”

Interventi degli ingg. Giovanni Saccà e Gianluigi Cavagna.

Fig.1 - Le ferrovie in Italia nel 18481

Fig. 2 - Le ferrovie nel Lombardo-Veneto nel 1851

Fig. 3 - Le ferrovie nel Lombardo-Veneto nel 1857

Fig. 4 - Convoglio viaggiatori sulla ferrovia Padova-Venezia in località Ponte di Brenta (da un dipinto di G. Pividor).

Trasporti e Viabilità

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Notiziario Ingegneri Verona 2/201234

Trasporti e mobilità

Alla proclamazione del Regno d’Italia, nel 1861, erano in eser-cizio nella penisola 2.521 km di strade ferrate (Fig. 5). Alla stessa data in Germania 11.000 km, in Inghilterra 14.600, in Francia 4.000.Il 14 maggio 1865 venne emanata la Legge n° 2279 denominata anche «Legge dei Grandi Gruppi». Le società esistenti da 22 furo-no ridotte a poche cospicue compagnie: l’Alta Italia di Rothschild, le Romane a capitale essenzialmente francese, le Meridionali di Bastogi, le Calabro Sicule (Vittorio Emanuele) a capitale francese e le Sarde a capitale soprattutto inglese. Al termine della terza guerra di indipendenza (1866), il passaggio del Veneto e di buona parte del Friuli al Regno d’Italia modificò nuovamente la struttura economico-finanziaria del gruppo socie-tario. Nei mesi successivi furono infatti trasferite le linee funzio-nanti in quei territori (Ala – Verona, Peschiera – Venezia, Verona – Sant’Antonio Mantovano, Mestre – Udine, Udine – Cormons e Padova – Rovigo) dalla società austriaca a quella italiana. La pri-ma cambiò di conseguenza la propria denominazione in IRP delle ferrovie meridionali (Kkp Südbahngesellschaft).La rete ferroviaria italiana nel 1866 era suddivisa in quattro socie-tà: Alta Italia (1400 km), Meridionali , Romane e Vittorio Emanuele. (Fig. 6)

Dal 1861 al 1875 in Italia si registrò una fase di intenso sviluppo nel campo ferroviario.Alla fine del 1876 la rete ferroviaria italiana raggiunse i 7.780 km. Fu un sensibile passo avanti, ma rispetto a quella di altri Paesi europei la situazione era ancora molto arretrata (alla stessa da-ta, in Germania funzionavano 28.000 km, in Inghilterra 30.000, in Francia 22.000).

Dal 1875 al 1904 la rete ferroviaria italiana è stata suddivisa tra le seguenti società: Ferrovia Mediterranea, Adriatica, Sicula e Sar-da (Fig. 7). Secondo l’annuario statistico del 1898, pubblicato dal ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, le ferrovie d’Italia comprese quelle di proprietà privata, erano a tutto il DICEMBRE 1896 ripartite come segue: Rete Mediterranea: 5.765 km Rete Adriatica: 5.602 kmReti private: 1.583 kmRete “Strade Ferrate Sicule”: 1.093 kmRete Sarda: Reale 414 km Private 621 km TOTALE 15.447 km

Sempre alla fine del 1896, l’Europa contava 243.899 km di strade ferrate, gli Stati Uniti 363.685 (fonte: Il Secolo XIX - Vallardi, 1900). Il 1 Luglio del 1905 passano allo stato 10.557 chilometri di linee e 2.769 locomotive, mentre circa 5.000 km rimangono alle ferrovie concesse.Tra le linee passate in gestione alle Ferrovie dello Stato c’è anche la Verona-Mantova-Modena.

Fig. 5 - Le ferrovie in Italia nel 18612

Fig.6 - La rete ferroviaria italiana nel 1866

(1) (2) (3) (4) Immagini tratta da “Ferrovie Italiane” a cura di Piero Berengo Gardin – Editori Riuniti 1988

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Notiziario Ingegneri Verona 2/2012 35

Linea ferroviaria Verona-Mantova-Modena

Tale linea, inserita da RFI Spa tra le linee complementari, è a sin-golo binario a scartamento ordinario da 1435 mm. L’elettrificazio-ne della linea a 3000 volt in corrente continua è stata completata nel 1999. La fune portante regolata ha una sezione di 120 mmq, mentre i fili di contatto regolati sono due da 100 mmq cadauno. Tra Mantova e Verona l’energia è fornita dalle 3 sottostazioni di Mantova, Mozzecane e Bivio S. Lucia. Tra Mantova e Modena l’energia è fornita dalle 3 sottostazioni di Modena, Carpi e Suz-zara. Tutte le stazioni della tratta sono dotate di doppio segnala-mento di protezione e partenza (segnale di avviso e di protezione per gli arrivi e segnale di partenza), sono provviste di ACEI e bloc-co elettrico conta-assi. La gestione della circolazione è affidata al Dirigente Centrale Operativo di Verona Porta Nuova . La velocità massima d’esercizio della linea è attualmente di 130 km/h. E’ in progetto, per alcuni tratti, la sua elevazione a 150 km/h.

Fig.7 - La rete ferroviaria italiana nel 18753

Fig.8 - La rete ferroviaria italiana nel 19054

Tab.1

Tab.2

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Notiziario Ingegneri Verona 2/201236

Nell’ambito del programma regionale dei trasporti su rotaia è sta-to definito in data 22.01.2000 un accordo di programma, tra la Regione Veneto, il Comune di Villafranca e l’Aeroporto “V. Catul-lo”, per la realizzazione di un servizio metropolitano di superficie collegante la città di Verona con l’aeroporto “Valerio Catullo” e Villafranca, quale prima fase di realizzazione di un sistema metro-politano esteso all’intera tratta Verona-Mantova. Il sistema dovrà essere realizzato utilizzando parte della linea ferroviaria esistente Verona-Mantova ed attuando una deviazione della linea stessa di nuova costruzione per raggiungere una nuova stazione ubi-cata in prossimità dell’aeroporto. La linea ferroviaria, attualmente a doppio binario nella tratta Verona P.N. Dossobuono, verrà rad-doppiata lungo il nuovo tracciato sino a Villafranca di Verona. Il progetto, che farà parte del Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (SFMR), è regolarmente inserito nel PRG di Villafranca di Verona (v. Fig.10), mentre non risulta inserito nella mappa n° 25 del Piano Regolatore Vigente del Comune di Verona (v. variante nr. 265/2007).

Fig. 10 – Estratto dalla “Variante parziale al PRG del Comune di Villafranca di Verona” – Fraz. Dossobuono Elaborato 13 13 approvato con delibera C.C. n° 79 del 18/12/2009.

Fig. 9 – Tratta Verona-Mantova

Trasporti e mobilità

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37

La nuova stazione di “Verona Aeroporto”, che sostituirà l’attua-le “stazione di Dossobuono”, nei prossimi anni dovrebbe essere interessata anche dal traffico passeggeri del servizio metropoli-tano di superficie “Verona P.N.- Verona Aeroporto-Vigasio-Isola della Scala” a seguito della realizzazione del progetto Motorcity di Vigasio-Trevenzuolo. Tale progetto previsto dalla Legge Regio-nale 30 luglio 1999, n.27 (BUR n. 67/1999) prevede la realizza-zione dell’Autodromo del Veneto, un parco divertimenti tematico dedicato ai motori, il “motor show room”, una vetrina delle auto e delle moto che ospiterà i modelli delle principali case produttrici, un polo ricettivo da circa mille stanze, un parco scientifico e tec-nologico con residenze dedicate. Secondo le prime stime, a regi-me, Motor City dovrebbe contare su circa venti milioni di visitatori l’anno creando circa 10 mila posti di lavoro. In vista del previsto aumento di traffico viaggiatori e merci sulla linea Verona-Mantova è importante realizzare per tempo la nuova stazione di “Verona Aeroporto” e dismettere l’attuale stazione di Dossobuono in modo da eliminare, tra l’altro, il passaggio a livello che divide l’abitato in due parti. La stazione di Mantova in futuro sarà interessata da un crescente traffico merci proveniente dai porti dell’Alto Tirreno e dai porti dell’Alto Adriatico.

In particolare sarà necessario raddoppiare i binari nella tratta Mantova-Suzzara in quanto sarà interessata anche dal traffico merci del Corridoio plurimodale Tirreno-Brennero (traffico da e per i porti di Livorno e La Spezia) (Fig. 13). Il traffico merci pro-veniente dai porti dell’Alto Adriatico interesserà il nodo ferroviario di Mantova ed in particolare il Centro logistico e intermodale di Valdaro, che è collegato con la Stazione di Mantova Frassine sulla linea Mantova-Monselice.

A seguito del completamento della linea ferroviaria ad alta velo-cità Milano-Bologna, è in corso il raddoppio di binario tra la sta-zione di Modena e quella di Soliera Modenese. Concludendo, per quanto sopradetto, nei prossimi anni sarà necessario raddoppia-re i binari dell’intera linea da Verona a Modena.

Corridoio plurimodale Tirreno-Brennero (Ti-Bre)

La realizzazione del Corridoio Plurimodale Tirreno-Brennero (Ti-Bre) è prevista dal 1° Programma delle infrastrutture strategiche approvato con delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001. Tale progetto prevede, oltre alla realizzazione di nuovi collegamen-ti autostradali, lavori ferroviari di potenziamento nelle tratte “La Spezia – Fornovo - Parma – Suzzara – Mantova - Verona”. In par-ticolare il piano di realizzazione prevede il raddoppio della linea “La Spezia – Fornovo – Parma” (denominata anche “Pontremo-lese”) e la riqualificazione della linea ferroviaria Parma-Suzzara-Poggio Rusco.Attualmente l’ultimazione dei lavori relativi alla Pontremolese è prevista da Italferr nel 2018, mentre i lavori di riqualificazione della linea Parma-Suzzara sono stati eseguiti tra il 2004 e il 2010.Dal 2005 il coordinamento delle attività per la realizzazione sia delle opere ferroviarie che stradali è affidato alla Società Tirreno Brennero S.r.l. costituita da una serie di soggetti pubblici e privati (Camere di Commercio, Unioni Camerali, operatori del trasporto intermodale, Autorità portuali ecc.). La Società Tirreno Brennero S.r.l. ha per oggetto ogni attività diretta a promuovere, favorire, sostenere la realizzazione di un’efficiente e moderna direttrice fer-roviaria ed autostradale che, attraverso il Brennero, colleghi l’Eu-ropa e il settentrione italiano al Tirreno interessando gli snodi stra-tegici di Verona, Parma, La Spezia, Carrara, Livorno, Civitavec-chia per raggiungere, senza soluzioni di continuità, il Sud Italia.

Fig. 11 – Tratta Mantova-Carpi

Fig. 12 – Tratta Carpi-Modena

Fig. 13 - Lavori già programmati per la realizzazione del collegamento Tirreno-Brennero

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Notiziario Ingegneri Verona 2/201238

Centro logistico e intermodale di Valdaro (MN)

Tra i progetti europei (v. Rete Centrale e Rete Globale “COM(2011) 650 final/2 VOL 18/33 - Brussels 19.12.2011”) è previsto il po-tenziamento del Centro logistico e intermodale di Valdaro – Man-tova in modo da poter collegare i porti dell’Alto Adriatico con la Lombardia tramite l’idrovia Mantova-Adriatico (Fissero - Tartaro – Canalbianco).

Tale progetto prevede, tra l’altro, il collegamento ferroviario per l’invio delle merci sul corridoio Tirreno-Brennero. Pertanto sulla tratta Mantova-Verona transiteranno treni merci da e per i porti dell’Alto Tirreno (TiBre) e dell’Alto Adriatico (Interporto di Valdaro), che determina la necessità di raddoppiare la linea ferroviaria e la contemporanea eliminazione di tutti i passaggi a livello ancora esistenti.

Progetto di adeguamento della tratta Verona Santa Lucia - Villafranca di Verona

Premessa

Nell’ambito dei programmi della legge n° 211 del 26.02.1992 e del Decreto del Ministero dei Trasporti e della Navigazione del 16.06.2000, a seguito del succitato accordo di programma tra la Regione Veneto, il Comune di Villafranca e l’Aeroporto “Valerio Catullo” del 22.01.2000, la Regione del Veneto ha avanzato istan-za presso il Ministero medesimo di finanziamento delle opere di realizzazione del Collegamento Ferroviario di tipo metropolitano tra le stazioni di Verona Porta Nuova e di Villafranca di Verona comprensiva dell’interconnessione con l’aeroporto “Valerio Ca-tullo” di Verona. A tal fine, a seguito e sulla base del Progetto Preliminare, con DGR n.3564 del 10-11-2000, la Regione Veneto ha affidato alla IDROVIE SpA l’incarico di redazione del Progetto Definitivo del complesso dell’intervento. Il progetto interessa la Provincia di Verona ed in particolare i Comuni di Verona e Villa-franca.

Interferenza del Progetto con l’Infrastrutturale vIarIa esIstente

L’area interessata dagli interventi è caratterizzata dalla presenza delle due autostrade: l’A4 “Serenissima” – direttrice Milano-Vene-zia e la A22 del Brennero – direttrice Brennero-Modena e dal loro nodo di intersezione che viene a trovarsi proprio a ridosso della aerostazione.Oltre che da queste due importanti arterie, l’area è altresì attra-versata dalla S.S. n°62 Verona-Mantova e dalla Tangenziale di Ve- rona che, in particolare, viene interessata dal progetto nei pressi dell’aerostazione e con un tratto in variante alla propria vecchia sede nella zona industriale di Dossobuono. L’impatto con le suddette infrastrutture viarie esistenti e l’alta ur-banizzazione della zona ha vincolato fortemente l’inserimento del nuovo tratto di linea ferroviaria in variante alla linea storica in cor-rispondenza dell’abitato di Dossobuono.

descrIzIone sommarIa deI PrIncIPalI InterventI

Il progetto prevede la realizzazione di una variante della linea a cavallo dell’attuale stazione di Dossobuono, variante che, ab-bandonando la linea esistente, viene a passare a breve distanza dall’aeroporto (dove è prevista l’istituzione della nuova stazione Verona Aeroporto) per ritornare poi sulla linea esistente. La lun-ghezza del nuovo tracciato in variante risulta di 4.494 m contro i 3.963 m del tratto di linea attuale. La nuova linea in variante sarà realizzata in scavo sotto al piano campagna e quindi sottopassa, oltre alla strada statale n° 62 e alle due autostrade, una decina tra strade comunali e vicinali, alcune delle quali dovranno essere ridisegnate, attuando anche una diversa viabilità.I principali interventi comprendono, procedendo da Villafranca verso Verona:

Fig. 14 – Rete navigabile inserita nelle reti Europee TEN-T.

Fig. 15 - Centro logistico e intermodale di Valdaro – Mantova (Area esistente e in fase di sviluppo)

Trasporti e mobilità

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Fig. 17 – Planimetria dell’area interessata dall’intervento con evidenziati il vecchio tracciato (blu) e il nuovo tracciato ferroviario (verde), la localizzazione della nuova stazione di “Verona Aeroporto” e della nuova fermata di “Madonna di Dossobuono”.

Stazione di VillafrancaÈ prevista una modifica al dispositivo dei binari della stazione di Villafranca con l’aggiunta di un nuovo binario tronco riservato al servizio metropolitano, nuovi marciapiedi, nuove pensiline e nuovo sottopasso. Con l’esistente dispositivo dei binari, questa stazione non consentirebbe l’effettuazione del servizio metropoli-tano senza interferire con il normale traffico ferroviario tra Verona e Mantova, in quanto verrebbe ad essere necessaria l’occupazio-ne di un binario per consentire la sosta prolungata dei convogli per l’inversione di marcia. Pertanto è prevista la costruzione di un nuovo 4° binario tronco, diramato dal 3° binario di stazione, destinato esclusivamente a ricevere e licenziare i convogli adibiti al servizio metropolitano. Allo scopo di aumentare la capacità di ricevimento degli esistenti binari di stazione (la cui lunghezza è ora inferiore al modulo di 650 m), oltre alla costruzione del sud-detto 4° binario tronco, è previsto il prolungamento lato Mantova del 3° binario di stazione e lo spostamento della comunicazione di ingresso alla stazione sia dal lato Mantova che dal lato Vero-na, adottando deviatoi che costituiscono il transito in deviata a 60 km/h. A servizio dei citati n° 4 binari saranno realizzati i nuovi marciapiedi di stazione con relative pensiline a loro volta serviti da un nuovo sottopasso.

Raddoppio in sede dell’unico binario esistente fra Villafranca e la progressiva al Km 88+435 (inizio del tratto in variante)La sede del nuovo binario di raddoppio sarà realizzata con l’am-pliamento in continuità trasversale, lato E, del rilevato esistente a livello piano campagna. E’ prevista la soppressione di tutti i Pas-saggi a Livello con sovrappassi e sottopassi alla linea.

Realizzazione, in doppio binario, della variante alla linea esi-stente in corrispondenza dell’abitato di Dossobuono ai fini di creare il collegamento ferroviario con l’Aeroporto CatulloDopo il km 88+435, la linea di progetto, volgendo decisamente verso nord con una curva di raggio 1000 m, sottopassa anzitut-to la S.S. n°62 della Cisa in prossimità dell’intersezione con la Tangenziale per Verona; continua occupando un tratto di circa 500 metri del sedime attuale della Tangenziale, (della quale è previsto lo spostamento verso ovest) e, in leggerissima ascesa ed in trincea, prosegue in accostamento alla Tangenziale stessa, interessando in parte terreni che costituiscono la relativa fascia di rispetto. Con un’ampia curva di raggio 475 m, restando sem-pre ad est della Tangenziale, giunge dove è prevista la nuova stazione di Verona-Aeroporto. Proseguendo verso Nord, il nuo-vo tratto di linea, sempre in orizzontale ed in trincea, sottopassa prima l’autostrada A22 Modena - Brennero e poi l’autostrada A4 Milano-Venezia, per tornare quindi ad innestarsi sulla linea esi-stente (già oggi a doppio binario) alla progressiva Km 92+938. Sono previsti: n° 7 sottopassi della linea sotto strade varie (A 22, A4, SS 62, strade secondarie) n° 3 gallerie artificiali sotto strade e n°1 a protezione di centro abitato, n° 1 cavalcaferrovia in adia-cenza della A22 a collegamento viario dell’abitato di Dossobuo-no e della stazione ferroviaria Verona-Aeroporto con la viabilità propria dell’Aeroporto “Valerio Catullo”. In particolare è previsto un nuovo sovrappasso carrabile della Ferrovia (nei pressi della nuova Stazione) e della Tangenziale, in accostamento stretto alla A22, a collegamento della viabilità esistente, lato Dossobuono, con la Tangenziale stessa e la viabilità, lato aeroporto.

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Trasporti e mobilità

Stazione di Verona-AeroportoQuesto intervento verrà trattato nel paragrafo successivo ovvero dopo la descrizione del complesso dell’infrastruttura.

FermateSono previste le nuove fermate di Villafranca Zona Industriale alla progressiva Km 85+264 e di Madonna di Dossobuono alla pro-gressiva Km 92+741. Le fermate dei treni in servizio metropolitano avverranno sugli unici due binari di corsa e quindi non sarà possi-bile l’immissione di altri treni nelle sezioni di linea tra Villafranca e Verona Aeroporto oppure tra Verona Aeroporto ed il Bivio S. Lucia finché i treni suddetti non le avranno liberate. Le fermate saranno provviste di marciapiedi per l’accesso ai treni, di pensilina lato bi-nario a servizio dei viaggiatori e di sottopassaggio al marciapiede adiacente al binario opposto (v. Fig. 18). Tutti i marciapiedi sia delle stazioni che delle fermate avranno il piano di calpestio all’altezza di 55 cm sul piano del ferro ai fini di consentire un’agevole accesso ai treni da parte dei viaggiatori.

Stazione di Verona P.N.E’ e rimane la sede del Dirigente Centrale Operativo (DCO) per la ge-stione in telecomando della linea Verona – Mantova. Con la realizza-zione del raddoppio in sede tra Villafranca e la progressiva 88+435 e del tratto in variante, la linea risulterà tutta a doppio binario tra Verona e Villafranca.

Stazione di Verona AeroportoLa stazione verrà realizzata lungo il nuovo tracciato in variante all’attua-le linea ferroviaria.

a) SERVIZIO FERROVIARIOLa stazione sarà provvista di 4 binari di cui due sul corretto trac-ciato (il 2° ed il 3°) e due di precedenza (1° e 4°). Il servizio me-tropolitano prevede che i treni pari (provenienti da Verona) pos-sano utilizzare sia il 1° che il 2° binario (con accesso e discesa dei viaggiatori sul 1° e sul 2° marciapiede) mentre quelli dispari (provenienti da Mantova) possano essere normalmente ricevuti sul 3° binario al cui servizio sarà adibito il 3° marciapiede. Il 4° binario, della lunghezza utile di circa 900 m, è destinato, in par-ticolare, all’eventuale ricovero, per concessione di precedenza, dei treni merci, sia pari che dispari, in normale servizio tra Verona e Mantova. Il dispositivo binari/comunicazioni rende possibile il transito, senza fermate nella stazione, dei treni viaggiatori a lunga percorrenza in servizio tra Verona e Mantova.Fig. 18 - Planimetria della nuova fermata di Villafranca Zona industriale,

simile alla fermata di Madonna di Dossobuono.

Fig. 19 - Planimetria con evidenziata la localizzazione della nuova stazione di Verona Aeroporto.

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b) SERVIZI AI VIAGGIATORI – Particolari architettonico/funzionali del Fabbricato ViaggiatoriIl Fabbricato Viaggiatori sarà collegato all’abitato con modesti in-terventi sull’attuale viabilità e sulle aree adiacenti al previsto par-cheggio di stazione. L’edificio proposto per la stazione di Verona Aeroporto ha una doppia facciata. Da una parte si presenta come un fabbricato dal volto urbano, riconoscibile per forme e per linearità di prospetto che si pone come limite della periferia urbana. Dall’altra parte, verso la ferrovia, l’edificio completamente vetrato su due livelli è collegato, con una passerella pedonale in acciaio e vetro che attraversa i binari, al tunnel pedonale che conduce all’Aeroporto. Una grande apertura centrale contiene scala ed ascensori che, al 1° piano del fabbricato viaggiatori, collegano il parcheggio auto e l’accesso al collegamento pedonale con l’aeroporto, al marcia-piede del 1° binario di stazione, al piano terra. Al 1° piano (quota + ml 8.00) è previsto l’atrio di collegamento con il ponte pedonale per l’aeroporto ed il parcheggio auto esterno, il bar con l’edicola e gli uffici per il personale di stazione. Al piano terra (piano stazione ferroviaria) è prevista la biglietteria, la sala d’attesa ed i relativi servizi per il pubblico. Allo stesso livello sono collocati gli uffici per la movimentazione ferroviaria, la centrale termica ed altri servizi per la gestione fer-roviaria. Ai due livelli sono previsti i servizi igienici per il pubblico e per i portatori di handicap. L’edificio è caratterizzato dalla muratura faccia a vista e serramenti esterni ed interni in vetro e montanti in alluminio verniciato.

Collegamento pedonale con l’Aeroporto “Valerio Catullo” Il collegamento pedonale della stazione ferroviaria con l’aerostazio-ne è lungo 300 m.E’ costituito essenzialmente da n° 2 ponti scatolari pedonali in carpenteria metallica e finiture in alluminio e vetro, in attraversa-mento della Ferrovia e della Tangenziale, da n° 1 tunnel pedonale in c.a. a collegamento finale con l’aerostazione e da n° 2 strutture intermedie in c.a. di collegamento tra ponte/ponte e ponte/tunnel.

Fig. 21 Vista frontale lato binari del Fabbricato Viaggiatori di Verona Aeroporto

Fig. 22 - Prospetto del tratto aereo del collegamento pedonale tra il Fabbricato viaggiatori della stazione con l’aeroporto di Verona “Valerio Catullo”.

Fig. 23 – Planimetria dei collegamento pedonale tra la nuova stazione e l’Ae-roporto di Verona “Valerio Catullo”

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Notiziario Ingegneri Verona 2/201242

Ponti sulla ferrovia e sulla tangenzialeIl ponte sulla ferrovia, che parte dal primo piano dell’edificio di stazione, attraversa con una unica campata di circa 38 mt i binari di stazione e si assesta sul rilevato della tangenziale in corrispondenza della 1a struttura di collegamento.Il ponte in attraversamento della tangen-ziale della lunghezza di circa 48 mt, sem-pre con la stessa tipologia strutturale, oltre a due percorsi pedonali è attrezzato

con due percorsi a tappeto mobile. Per il collegamento con i binari, in corri-spondenza dei marciapiedi di stazione sono previste scale ed ascensori posti all’interno di strutture portanti in calce-struzzo e in muratura faccia a vista.

Sottopasso di collegamento con il Terminal aeroportualeIl sottopasso è posto in continuità con il ponte che attraversa la tangenziale at-

traverso la 2a struttura di collegamento e oltre a due percorsi pedonali è attrezzato con due percorsi a tappeto mobile.Sono previsti quattro punti di risalita di emergenza ed una pensilina che sovra-sta l’ingresso al Terminal aeroportuale. Il tunnel è provvisto di impianti per il riscal-damento e rinfrescamento centralizzato e da impianti per l’illuminazione artificiale e di sicurezza.

Fig. 24. Collegamento pedonale tra la nuova stazione e l’aeroporto di Verona “Valerio Catullo”

Fig. 25. Linea Modena Verona tratta Villafranca Bivio Santa Lucia: Piano Schematico di progetto.

Trasporti e mobilità

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Fig. 26 Planimetria dell’area interessata dall’intervento con evidenziati il vecchio tracciato (blu), il nuovo tracciato ferroviario (verde) e l’ipotesi UNO di nuovo tracciato della linea metropolitana per Motorcity (arancione), che elimina la necessità di mantenere in servizio il vecchio tracciato.

Fig. 27 Stazione ferroviaria di Verona Aeroporto (linea Modena-Verona e ipotesi UNO di localizzazione della fermata Metropolitana Verona Aeroporto Motorcity (linea Verona P.N. – Verona Aeroporto – Vigasio Motorcity - Isola della Scala).

Fig. 28 Planimetria dell’area interessata dall’intervento con evidenziato in blu l’ipotesi DUE di nuovo tracciato della linea metropolitana per Motorcity.

Fig. 29 Planimetria generale con evidenziata l’area di localizzazione del progetto “Motorcity”

Ipotesi progettuale per il ollegamento di MotorCity all’aeroporto “Valerio Catullo” tramite metropolitana leggera

La Regione Veneto con la Legge regionale 30 luglio 1999, n. 27 (BUR n. 67/1999) ha deliberato la realizzazione di un au-todromo regionale, che successivamente è stato denominato “Motorcity” e localizzato in provincia di Verona nei comuni di Vigasio e Trevenzuolo”. Tale progetto prevede, tra l’altro, la re-alizzazione di una metropolitana leggera tra Verona e Vigasio, con fermata presso l’Aeroporto “Valerio Catullo”, riutilizzando la sede della vecchia linea ferroviaria Dossobuono-Isola del-la Scala. L’apertura dell’autodromo e del parco divertimenti è prevista per il 2015 in occasione dell’Expo mondiale di Milano, mentre il termine dei lavori è previsto per il 2020. La realizza-zione del progetto Motorcity pone, tra l’altro, la necessità di aggiornare e finanziare al più presto il progetto di adeguamen-to della tratta ferroviaria Verona Santa Lucia - Villafranca ed in particolare il progetto della stazione di Verona Aeroporto. A tal proposito, per quanto riguarda il collegamento della linea per Motorcity con la nuova stazione di Verona Aeroporto “Valerio Catullo”, esistono due possibili soluzioni:

1) nella prima ipotesi si dovrebbe realizzare un bivio lato Vero-na, che comporterebbe la costruzione di un nuovo tratto di linea in affiancamento con l’Autostrada A22 e una fermata in corrispondenza della nuova stazione (v. figg. 26 e 27);

2) nella seconda ipotesi si dovrebbe realizzare un bivio lato Vil-lafranca di Verona, che comporterebbe la costruzione di un nuovo tratto di linea sottopassando l’Autostrada A22 in cor-rispondenza della località Alpo e innestandosi con la nuova linea in corrispondenza della rotonda della zona industriale di Dossobuono ovvero dell’incrocio tra la S.S. n°62 Verona-Mantova e la Tangenziale di Verona (v. fig. 28).

Nella seconda ipotesi, che non comporta la costruzione di una nuova fermata, è necessario riprogettare il raccordo tra la nuo-va stazione e le linee per Villafranca di Verona e per Isola della Scala. Ciò comunque è indispensabile a seguito della realiz-zazione della strada denominata “Grezzanella” costruita suc-cessivamente al progetto di adeguamento della tratta Verona Santa Lucia – Villafranca di Verona.

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Quando si parla di ottimizzare le ri-sorse umane in azienda la prima immagine che viene in mente è

quella del licenziamento o, se si è “più for-tunati”, della cassa integrazione. Anche il cinema (e la crisi…) ci ha rafforzato e con-vinto in questo pensiero, due film su tutti: “Tra le nuvole” (USA 2009) e “Volevo solo dormirle addosso” (Italia 2004).In realtà, spesso, queste azioni puntano a ottimizzare (sinonimo elegante di “ridur-re”) solo i costi, non le persone. Ma allora cosa vuol dire realmente otti-mizzare le risorse umane, ovvero uno dei patrimoni più importanti di cui dispone l’azienda ?Una prima risposta a questa difficile do-manda viene data con l’immagine sopra rappresentata (Figura 1), che viene uti-lizzata dalle aziende giapponesi quando vogliono parlare di capitale umano da un punto di vista di pensiero snello.

I comportamenti delle persone, sul posto di lavoro, si possono distinguere princi-palmente in 5 categorie:

1 Persone tese verso l’arcobaleno: so-no coloro che spingono per raggiungere gli obiettivi e che lavorano con passione, cercando di essere sempre costruttivi e motivare gli altri (come diceva Confu-cio: “trovati un lavoro che ti piace e non dovrai lavorare un sol giorno della tua vita”);

2) Persone che tirano in direzione diversa: quelle che pur mettendoci la buona fe-de non sempre riescono ad essere alli-neate con quanto viene loro richiesto;

3) Persone semplicemente salite sul car-ro: trascinano i piedi cercando di fare passare le 8 ore nel miglior modo pos-sibile, svolgendo il loro compito quoti-

diano senza nè infamia nè gloria (a tal proposito mi ricordo una persona scesa dall’auto presso una azienda dove face-vo formazione che, guardando il can-cello di entrata, ha esclamato: “nooo !!! anche oggi è aperta !!!”, e io risponden-dogli di spirito “e meno male per te che anche oggi è ancora aperta!”);

4) Persone che tirano indietro: sono coloro delle quali si può dubitare della buona fede, che cercano di fare il meno possibile anche mettendo a rischio e in difficoltà il lavoro altrui;

5) Persone che cercano di tagliare la corda o bloccare le ruote: persone che non hanno buona fede, che chissà per quale spirito masochistico (o quale interesse nascosto) fanno di tutto per ostacolare il lavoro altrui e la buona ri-uscita delle attività.

Management

Come ottimizzare le risorse umane in azienda?Alessandro Catazzo

Il carro delle Risorse Umane

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Questa tabella non ha la pretesa di esse-re esaustiva ma vuole solo comunicare il messaggio che spesso, alcuni compor-tamenti riscontrati nel proprio gruppo di lavoro, possono essere associati a cause esterne o non correttamente gestite. Pen-sare a quali possono essere i disagi, ana-lizzarli, comunicare con le persone e cer-care di metterle a loro agio (o alla prova) possono portare a cambiamenti radicali nel modo di svolgere il lavoro quotidiano. Il miglioramento continuo, applicabile an-che ad un progetto di ottimizzazione delle risorse umane, non può e non deve essere imposto dall’alto e portato avanti sempre dalle stesse persone (figura 2), tutti i livelli aziendali devono mettersi in discussione misurandosi. I manager si devono mettere in gioco in prima persona, dando il buon esempio, andando a vedere nel “Genba” (ovvero il luogo dove avvengono le attività) quali sono problematiche e difficoltà. Po-chi miglioramenti avvengono se si rimane sempre dentro al proprio ufficio.Il commitment deve essere forte e chia-ro. Si deve perseverare nel tempo per far

crescere una squadra unita, capace di su-perare anche momenti di forte difficoltà e sconforto.

Due dei concetti fondamentali sui quali si basa il pensiero snello e soprattutto il TPS (Toytota Production System) (Figura 3) sono: - Monozukuri: saper fare bene le cose- Hitozukuri: far crescere e valorizzare le persone

Il vero Hitozukuri è quello che più di tutti manca nelle nostre aziende, ovvero met-tere la persona al centro del cambiamento e del miglioramento. L’azienda deve porsi in atteggiamento di forte ascolto nei con-fronti delle proprie risorse perché la mag-gior parte dei più importanti miglioramenti derivano da loro idee o proposte (è ormai diventato un insegnamento il modo in cui Taiichi ŌOno, definito il padre del sistema di produzione Toyota, interagiva con i suoi

Figura 2 – Il giusto coinvolgimento delle risorse nelle attività aziendali

Management

Molto probabilmente in ogni posto di lavoro c’è un mix più o meno variegato di tali comportamenti (e tu, in quale di questi ti ritrovi ?)Proviamo ad analizzare in modo più profondo i vari casi, dando uno spunto di quella che può essere una proposta di possibili azioni:

DOMANDE DA FARSI POSSIBILI AZIONI

Persone tese verso l’arcobaleno C’è il rischio che creino un gruppetto isola-to di apripista slegato dal restante contesto aziendale ?

• Far trasmettere il loro entusiasmo anche agli altri cercando di renderli promotori interni.• Evitare l’effetto “primi della classe”

Persone che tirano in direzione diversa Siamo sicuri di avere ben spiegato e comunica-to cosa ci aspettiamo da loro?

• Stabilire piani di formazione e comunicazione interna.• Definire chiaramente ruoli, mansioni, processi e procedure.

Persone semplicemente salite sul carro Gli abbiamo mai offerto la possibilità di mettersi alla prova coinvolgendoli in nuove iniziative e/o progetti?

• Avviare progetti interni che le coinvolgano e per i quali si possano mettere in luce le loro abilità.• Job rotation

Persone che tirano indietro Gli abbiamo mai offerto la possibilità di mettersi alla prova coinvolgendoli in nuove iniziative e/o progetti?

• Offrire loro la possibilità di parlare, mettere in evidenza i loro problemi e far proporre loro possibile soluzioni operative che gli siano da stimolo

Persone che cercano di tagliare la corda o bloccare le ruote

Siamo sicuri che ricoprano il ruolo aziendale giu-sto? In passato è successo qualcosa che possa averli indisposti?

• Sensibilizzarli sul loro comportamento• Offrire delle possibilità di riscossa che siano misurabili e temporizzabili• Domandare a loro se stanno svolgendo il lavoro che vogliono fare• Capire eventuali disagi lavorativi, anche avuti nel passato

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Figura 3 – Monozukuri ed Hitozukuri

collaboratori, disegnando un cerchio per terra intorno alle persone e chiedendogli quali fossero le loro proposte di migliora-mento relativamente a quello che vedeva-no accadergli attorno). L’attuazione di idee migliorative derivanti dalle persone ha un effetto dirompente nel creare a sua volta entusiasmo e nuovo spirito costruttivo.Ma allora quale può essere la struttura di un progetto relativo alla valorizzazione delle risorse umane?

Nella Fig. 4 vi riporto quello che può es-sere un framework lavorativo utilizzato in progetti di questo tipo:

Figura 4 – Framework lavorativo in progetti relativi alle Risorse Umane

A mio parere, la risposta alla domanda “Come ottimizzare le risorse umane in azienda ?” è quindi: valorizzandole, coinvolgendole, rispet-tandole, ascoltandole, offrendo loro crescita professionale, motivandole e misurandole (non per tenerle sotto tiro ma per programmare e far emergere i loro progressi) promuovendo il lavoro di squadra, impegnandole in attività a valore aggiunto.

Alessandro CatazzoIngegnere

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Con l’approvazione del Pacchetto Clima-Energia del dicembre 2008 l’Unione Europea ha sottoscritto

ambiziose politiche climatiche volte da un lato a contribuire in maniera significativa alla riduzione delle emissioni di gas serra, principali responsabili dell’innalzamento delle temperature terrestri e dei conse-guenti mutamenti climatici, dall’altro a perseguire la “green economy” ossia a convertire la propria struttura industriale verso processi “low carbon” che garan-tiscono non solo una minore dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, ma anche una leadership mondiale nelle tecnologie verdi. Nel perseguire questa sfida sono stati posti tre specifici obiettivi da conseguire entro il 2020:• riduzione del 20% le emissioni di gasclimalteranti rispetto all’anno base 19901

• incrementodellaquotadi energiapro-dotta da fonti rinnovabili fino al 20% dei consumi finali lordi2 •riduzionedel20%deiconsumiattraver-so misure di efficienza energetica. Tuttavia, mentre le prime due Direttive sono già state approvate dal Parlamento Europeo e recepite dei rispettivi governi nazionali (tra cui l’Italia con il Piano Nazio-nale di Allocazione e con il Dlgs. 28/2011), la Direttiva sull’Efficienza Energetica è

ancora oggetto di discussione sia per la sua formulazione definitiva, sia per quanto riguarda le sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto degli obblighi previsti. Ciononostante è opinione diffusa che solo attraverso un’efficace azione di efficien-tamento dei processi produttivi ed una significativa riduzione dei consumi finali, quindi attraverso la piena implementazio-ne delle Direttiva sull’Efficienza Energeti-ca, è possibile conseguire al minor costo gli obiettivi previsti delle altre due Diret-tive. Questa affermazione risulta ancora più vera e importante per l’Italia, come conferma lo stesso Piano Nazionale per l’Efficienza Energetica (PAEE 2011) che a luglio del 2011 in Ministero dello Sviluppo Economico ha inviato alla Commissione, in cui si afferma che solo con una forte riduzione dei consumi di energia finale, rispetto allo scenario tendenziale, di circa 11 Mtep sarà possibile raggiungere il tar-get sulle rinnovabili.Storicamente l’Italia è sempre stata ca-ratterizzata da elevati livelli di efficienza nell’industria e negli impianti di genera-zione elettrica, principalmente a causa degli elevati costi dell’energia che il nostro paese doveva sopportare. Tuttavia, negli anni il differenziale rispetto agli altri pae-si europei si è progressivamente ridotto, avvicinando le prestazioni italiane a quelle

di nazioni come Francia, Germania o Gran Bretagna. Nel settore civile, invece, che include sia il settore residenziale che il ter-ziario, l’Italia mostra livelli di prestazione energetica nettamente inferiori alle altre nazioni europee principalmente a causa della vetustità del parco edilizio nazionale che per il 43% è antecedente al 1960. Il governo italiano ha da tempo predispo-sto degli strumenti per migliorare il livel-lo di efficienza energetica, sia nel settore civile (tramite le detrazioni fiscali del 36% e del 55%), sia nel settore industriale e in quello energetico introducendo dei mec-canismi di mercato come i certificati bian-chi che hanno prodotto significativi risul-tati, come confermano i rapporti annuali dell’ENEA. Tuttavia permangono ancora ampi margini di miglioramento in partico-lare nel settore edilizio, nell’illuminazione, nel riscaldamento domestico: si stima che nel solo settore edilizio si possano ridurre i consumi finali di circa il 60% (vedi rappor-to ENEA RAEE). Molti degli investimenti, infatti, risultano remunerativi senza alcuna incentivazione ma all’atto pratico trovano notevoli ostacoli alla loro completa realiz-zazione. Le motivazioni di questa inerzia sono molteplici tra cui: la difficoltà opera-tiva di misurare i risparmi effettivamente ottenuti (si pensi ad esempio il confron-to con le fonti rinnovabili elettriche in cui

Attualità

Il ruolo dell’efficienza energetica in Italiatra crisi economiche e politiche climaticheEmanuele Vendramin

Fig. 1 - Ripartizione percentuale delle emissioni annue medie di CO2 da edifici in Europa

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basta leggere su un contatore l’elettricità prodotta), la presenza sul mercato di mol-teplici soluzioni in competizione tra loro, il fatto che molti interventi sono di picco-la dimensione e dispersi nel territorio, la pluralità di soggetti coinvolti e la difficoltà del finanziamento degli interventi dovu-ta in parte alla mancanza di competenze tecniche nel settore del credito ed in par-te all’incertezza dei risparmi conseguiti. Quest’ultimo elemento sta diventando sempre più importante in questo periodo caratterizzato da una generale crisi del credito internazionale (credit crunch). Per fare efficienza energetica è possibile agire su tre fronti: sulla produzione, sul-la distribuzione e sul consumo finale sia per l’elettricità che per il calore, come in una sorta di matrice in cui molteplici sono i soggetti coinvolti e con interessi spes-so contrapposti. Come riporta la figura 3 sull’elettricità sono possibili molteplici in-terventi dal lato produzione come l’ammo-dernamento impiantistico delle centrali, dal lato distribuzione agendo sulle le reti di tra-sporto, mentre gli interventi sul consumo finale trovano la loro evidenza ad esempio nella sostituzione delle lampadine, nell’uti-lizzo di elettrodomestici a classe energeti-ca elevata, nell’impiego di motori ad alta efficienza o nell’utilizzo degli inverter. Generalmente gli interventi dal lato produ-zione e trasporto sono a carico dell’utility locale, mentre quelli sul consumo riguar-dano il consumatore finale. Lo stesso vale per il calore sia che venga utilizzato co-me vettore energetico l’acqua (ad esem-

pio nelle reti di teleriscaldamento) sia che venga impiegato il gas. Per ovviare a que-sta discrasia tra interessi dell’utility nella vendita di elettricità e gas e riduzione dei consumi finali la Direttiva Europea sull’Ef-ficienza Energetica in corso di discussione impone dei target di risparmio energetico ai produttori e ai distributori di elettricità e gas (nello specifico impone una riduzione annua dell’1,5% dell’energia prodotta) da realizzarsi anche tramite interventi presso i consumatori finali.Alla luce della sempre maggiore rilevan-za che l’efficienza energetica riveste nelle politiche e normative comunitarie, nonché nella strategia energetica nazionale, di-venta quindi opportuno compiere un’ana-lisi delle opportunità e criticità relative agli interventi di efficienza energetica finaliz-zata a promuovere investimenti a livello territoriale. Oltre alle opportunità offerte per il perseguimento degli obiettivi ener-getici ed ambientali al 2020, l’efficienza energetica costituisce, infatti, la strate-gia principale per promuovere la cresci-ta delle utility attraverso la riduzione dei costi in un mercato caratterizzato da una domanda energetica stazionaria e da un

surplus di capacità produttiva anche da rinnovabili. A fronte della prevista stagna-zione dei mercati energetici con margini in riduzione, emerge la necessità per le utility di diversificare la propria attività econo-mica attraverso l’entrata in nuovi mercati in espansione. L’efficienza energetica di-venta quindi la chiave di intervento in un nuovo mercato in espansione, che richie-de nuove tecnologie, nuove competenze, un rinnovato rapporto organizzativo con le comunità locali ed una nuova logica all’interno delle imprese stesse. In questo quadro assumono cruciale importanza la creazione di “patti territoriali” (quale ad esempio il Patto dei Sindaci) per definire dei criteri di allocazione efficiente delle risorse e per il coordinamento delle azio-ni tra soggetti coinvolti, per una conver-genza di interessi privati e collettivi, per un coinvolgimento degli enti locali e delle utility finalizzato a superare le asimmetrie informative ed il disallineamento tra costi pubblici e rendite private al fine di garanti-re un’equa distribuzione dei benefici.

Emanuele VendraminIngegnere

(1) Direttiva 2009/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.(2) Direttiva 2009/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.(3) A differenza del fotovoltaico gli impianti domestici di solare termico, pur concorrendo alla produzione di energia rinnovabile, vengono contabilizzati tra gli interventi di efficienza energetica (ai fini del bilancio emissivo vengono evidenziati solo i consumi evitati e non l’energia rinnovabile prodotta).

Fig. 2 - Ripartizione degli edifici italiani per epoca di costruzione

Fig. 3 - Efficienza energetica

Produzione Distribuzione Consumo

Elettricità Interventi sulle centrali elettriche, ORC

Ricablatura reti, Sostituzione quadri elettrici e isolamenti, smart grids

Lampade a LED, elettrodomestici clas-se A+, motori EEF, inverter

Calore Teleriscaldamento, caldaie a conden-sazione

Riduzione perdite rete gas, coiben-tazione reti

Coibentazione edifici, domotica, solare termico3

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Arte e Storia

Le Torri Massimiliane di Veronameglio conosciute come “Le Torricelle”Paolo Soardo

Introduzione storica

Presenti a Verona fin dal 1814, gli austriaci cominciarono a sentire nei primi decenni dell’ottocento, l’esigenza di difen-dere e controllare adeguatamente i propri domini in Italia.

Così intorno al 1830, il comando austriaco inviò nel Lombardo Veneto il maresciallo Radetsky con uno sceltissimo Stato Mag-giore, con l’intento di rivedere tutto lo schieramento difensivo dei territori italiani dell’impero. Ne faceva parte anche un nutrito e preparato gruppo di ufficiali del Genio Militare, con a capo il generale Franz von Scholl, considerato al tempo, il capo della scuola fortificatoria tedesca.Secondo gli intendimenti dei comandi dell’Impero Austriaco, la piazza militare di Verona non doveva solo rappresentare una for-tezza dove poter confinare una guarnigione di soldati per la sua di-fesa, ma doveva costituire – assieme alle limitrofe città di Peschie-ra, Legnago e Mantova - uno dei quattro capisaldi atti a protegge-re una cospicua armata mobile di soldati, volta ad operare anche in maniera offensiva verso tutti i possedimenti italiani dell’impero.Il von Scholl cominciò quindi subito a ristrutturare ed adeguare ai nuovi scopi la preesistente cinta bastionata Sanmicheliana, che cingeva la città in destra ed in sinistra Adige. Furono quindi de-moliti e riattati tutti i principali bastioni della cinta magistrale di destra d’Adige, fatti salvi i bastioni di Spagna e di S. Francesco, che furono solo restaurati: tali fortificazioni rifatte ex novo, assun-sero quindi l’aspetto che hanno conservato fino ad ora.

Per quanto attiene la cortina di sinistra d’Adige, fu totalmente re-staurata la cinta preesistente, con il rifacimento delle torri di guar-dia, del bastione di monte denominato “Castel S. Felice”, con l’ag-giunta di alcuni nuovi baluardi ed opere di difesa, tutti interventi volti a migliorare la potenzialità di fuoco della cinta medesima.

Successivamente, all’esterno della cinta bastionata, furono pro-gettate ed iniziate le prime opere difensive staccate, preludio nella concezione e nell’esecuzione del cosiddetto “campo trin-cerato” dell’epoca moderna, in cui alla cinta bastionata continua, vengono aggiunte perimetralmente varie opere difensive puntua-li, via via sempre più distaccate. Sulla base di tali principi, veniva quindi impostato il nuovo sistema fortificato; tra il 1837 ed il 1844 l’ Imperial Regia Direzione delle Fortificazioni, progettava e co-struiva sulle colline a sinistra dell’Adige: • ilfortinodellaBiondella,visibileancoraoggisalendolungovia

Caroto, • ilforteS.Leonardo(l’attualesantuarioMadonnadiLourdes),• ilforteS.Mattia(inprossimitàdell’attualeviadeiColli),• il forteS.Sofia, visibile lungoviaS. Leonardo, la cosiddetta

“lasagna” che sale da Borgo Trento fino alla sommità delle tor-ricelle, e che era per l’appunto la strada a servizio militare che dava l’accesso a tutte le fortificazioni di collina,

• lequattrotorriMassimiliane,chiamatecomunemente“Torricel-le”, poste in sommità al crinale che separa la Valpantena dalla valle di Avesa.

Sulla destra d’Adige veniva realizzato il solo forte Procolo, qual-che centinaio di metri a valle dell’omonimo bastione (zona Ponte Catena, i cui resti del corpo centrale sono ancora presenti all’in-terno delle servitù militari).A questa prima fase fortificatoria, ne seguì una seconda (tra il 1848 ed il 1859), in cui vennero realizzati ulteriori 11 nuovi forti sulla piana in destra d’Adige ed uno sulla sinistra, e la terza ed ultima fase fortificatoria (tra il 1860 ed il 1866), in cui – a segui-to dell’aumentata gittata dei cannoni grazie all’introduzione della rigatura nelle bocche da fuoco – si costruirono ulteriori 7 nuovi forti, distaccati alcuni chilometri dalla città di Verona.

Le quattro Torri Massimiliane di Verona

Le quattro Torri Massimiliane - così denominate in onore dell’arci-duca Massimiliano Giuseppe di Austria Este, uno dei massimi te-orici di arte militare del tempo (1782-1863) - sono state costruite molto simili tra loro intorno al 1837, sulle colline a Nord della città di Verona, a monte del bastione di Castel S. Felice. Prendevano origine da una serie di opere per la difesa costiera realizzate nel ‘700 dalla scuola fortificatoria svedese, costituite da torri a pianta circolare od ottagonale, su più livelli. Tale schema era stato ripreso dall’arciduca Massimiliano per la difesa della città Linz, attuato attraverso l’edificazione di ben 31 torri “casamattate”, poste attorno alla città medesima, in modo da creare un campo trincerato.

Vista aerea delle quattro Torri Massimiliane (Da Google Earth)

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Le torri Massimiliane di Verona si presentano di disegno ed impo-stazione molto semplice: di forma circolare, con raggio esterno maggiore pari a circa 15 metri, ed un’altezza del corpo centrale nel punto più alto pari sempre a circa 15 metri.Al piano terra si trova l’entrata dei manufatti: l’accesso avveniva attraverso un unico portale su piccolo ponte levatoio, posto ov-viamente nella parte retrostante rispetto al fronte offensivo. Pochi metri all’interno della porta di accesso, è collocata una seconda porta con relativo muro divisorio con feritoie per fucileria, che ser-viva per una strenua “difesa finale”, nel caso che il nemico fosse riuscito a superare la prima porta di entrata.Perimetralmente alla torre è posta la galleria circolare per la fucile-ria di difesa ravvicinata, che presenta ben 49 feritoie di sparo.Tramite una doppia scala centrale elicoidale si accede ai piani superiori, di cui il primo risulta casamattato con 12 aperture per altrettante bocche da fuoco, mentre il piano superiore è privo di copertura, e poteva essere utilizzato per il posizionamento delle artiglierie “in barbetta”, ossia a cielo aperto (il termine “barbetta” deriva dalla scia di polvere da sparo che veniva lasciata sull’estra-dosso dei parapetti, a causa del tiro radente delle artiglierie).Al centro della scala trovava collocazione un paranco per il solle-vamento ai vari livelli delle artiglierie e della munizioni.Nell’interno non erano previsti spazi dedicati alla permanenza della guarnigione: sia il piano terra che il piano primo si presen-tavano totalmente aperti, fatto salvo il piano terra, ove trovava spazio il piccolo locale per il deposito delle polveri da sparo, che poteva contenere 70 casse di polvere, cadauna di 112 kg di peso.Al di sotto del vano scale è presente la cisterna per la raccolta delle acque piovane, che venivano raccolte sul terrazzamento di copertura e fatte confluire attraverso una serie di condotte e plu-viali, interni allo spessore delle murature.Il paramento esterno delle murature è in tufo locale in conci rego-lari di pietra viva, molto precisi e ben lavorati sulla faccia esterna “alla mezza punta”, allettati su un sottile strato di malta. Ben curate risultano le centine in pietra delle cannoniere e delle quattro aperture ricavate nelle murature per dare luce ed aria agli spazi interni; molto gradevole il portale di accesso con la superio-re architrave classicheggiante.Gli spazi interni, di forma anulare, sono ricavati grazie a volte to-riche, ottenute mediante un sapiente uso dei conci laterizi – per il piano terra – e lapidei per il piano primo.

Eccellente si presenta la doppia scala elicoidale interna che da accesso ai vari livelli del manufatto, costituita da gradini e piane-rottoli intermedi, ottenuti con singoli conci monolitici di pietra cal-carea rosa e bianca, incastrati sul corpo laterale delle murature.La copertura della balconata esterna è in lastre di pietra rosa, con sottostante strato catramato impermeabilizzante.

Le Torri Massimiliane nei secoli

Nonostante i grandi investimenti attuati dall’impero austrounga-rico per difendere i territori del Lombardo-Veneto , il Veneto nel 1866 con la pace di Vienna, fu ceduto al Regno d’Italia.Conseguentemente solo pochi decenni dopo il termine della co-struzione delle torri Massimiliane, le stesse - con tutta l’imponen-te mole di fortificazioni, caserme ed opifici - passavano sotto il controllo dell’amministrazione italiana.Ovviamente, essendosi il confine con l’impero austriaco sposta-tosi a Nord in Val Lagarina (l’attuale confine amministrativo tra la regione Veneto e la Provincia Autonoma di Trento e Bolzano), ed essendo negli anni aumentata la gittata e la potenza delle artiglie-

Disegni di progetto

Vista esterna Torricella n. 3

Particolare doppia scala interna elicoidale Torricella n. 3

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rie in campo, le torri Massimiliane diventavano di fatto “obsolete” da un punto di vista strategico: l’esercito italiano infatti doveva pensare a proteggere i nuovi confini con tutta una nuova cerchia di forti, che verranno realizzati nei vari decenni a seguire sui rilievi dei Lessini e del monte Baldo.Le torri Massimiliane vennero quindi utilizzate quali depositi e ma-gazzini, senza quindi finalità prettamente difensive e/o offensive.È ancor vero che iscrizioni datate e oggi rilevabili su alcuni elementi lapidei delle Torricelle, fanno ipotizzare che le stesse siano state utilizzate con continuità nella Grande Guerra, magari come torri d’avvistamento antiaereo (durante la guerra, Verona subisce infatti i primi bombardamenti aerei, con i velivoli austriaci che sorvolava-no la città provenendo dai campi d’aviazione del basso trentino).Con il termine della Seconda Guerra Mondiale le stesse passava-no al demanio, ed il loro uso prevedeva conseguentemente sva-riati “utilizzi”: una fu destinata ad ospitare al suo interno uno dei serbatoi per lo stoccaggio dell’acqua potabile per la città di Vero-na (Torricella n°3); una andò in uso al CNR che ne fece una base per il controllo meteorologico (Torricella n°2), una passò sotto il controllo del Corpo Forestale dello Stato quale sede per le unità di

antincendio boschivo (Torricella n°4), mentre la quarta (Torricella n°1), essendo di difficile accesso in quanto non collegata diretta-mente alla viabilità stradale, andò in disuso (tale torricella è posta sul dosso posto in prossimità al parcheggio della discoteca Alter Ego, e risulta dalla strada di difficile individuazione).L’utilizzo di tre dei quattro manufatti, seppur non proprio conso-no con l’originale impiego, ha probabilmente salvato nel tempo i manufatti, che oggi si presentano tutti in un discreto stato di conservazione; nonostante ciò ovviamente, il tempo ha fatto il suo naturale “corso”, cosicché le superfici esterne ed interne dei paramenti murari presentano degradi tipici per tali materiali (pre-senza di vegetazione e muschi, perdita per distacco di elementi lapidei e malte di allettamento, ripresa di vuoti eseguiti a suo tem-po con materiali inopportuni, ecc).Più delicata è la situazione della Torricella oggi non utilizzata, in quanto attualmente l’accesso è “libero”, e lascia la possibilità di accedervi non solo a persone che vogliano entrarvi …. per mo-tivi di interesse storico. Forse quindi varrebbe la pena interdirne l’entrata, facendo in modo che - chi voglia entrarvi per visitare di persona una di queste quattro mirabili opere dell’ingegneria militare austriaca – lo possa fare debitamente accompagnato ed in condizioni di sicurezza: il sottoscritto ed il nostro Ordine degli Ingegneri è disponibile per collaborare fattivamente nell’eventuale organizzazione di tali attività.

Paolo SoardoIngegnere

BIBLIOGRAFIA

Guido Barbetta: “Le mura e le fortificazioni di Verona” – ed. Vita Veronese

Vittorio Jacobacci: “La piazzaforte di Verona sotto la dominazione austriaca” – ed. Cassa di Risparmio di Verona Vicenza e Belluno

Gianni Perbellini e Lino Vittorio Bozzetto: “Verona la piazzaforte ottocentesca nella cultura europea” – ed. Architetti Verona

Lino Vittorio Bozzetto: “Verona la cinta magistrale asburgica” - ed. Cassa di Risparmio di Verona Vicenza e Belluno

Una delle iscrizioni visibile sulle murature (Torricella n. 3)

Particolare della volta del piano primo (Torricella n. 3)

Particolare portale entrata Torricella n. 1

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Perché nel Piano di studi di un allievo ingegnere dovrebbero trovar posto corsi di Filosofia, come previsto in

prestigiose università estere?Forse perché ci sentiamo emarginati, in un mondo dominato dalla Comunicazione e dall’apparire più che dall’essere? O forse, perché viviamo nell’epoca della famosa (o famigerata) Complessità?

Fin dal Congresso degli Ingegneri di Bergamo, nel 2004, questo leit-motiv ci fu proposto con dovizia di relazioni. Se-condo il celebre sociologo Domenico De Masi, allora presente, il modello latino si è dimostrato più efficace di quello america-no nel gestire le sfide del terzo millennio, assegnando così un grosso merito alla “preveggenza” dei “Padri della Scuola” italiana, fra cui spicca senz’altro Giovan-ni Gentile. Pare potersi concordare con questa tesi, purché venga depurata da quel deprecabile costume, tipicamente italiano, secondo cui la “Cultura” è ambi-to esclusivo delle discipline umanistiche: “colto”, secondo la percezione scaturita dal modello latino, è il Letterato, il Filo-sofo, il Critico d’Arte, mai l’Ingegnere o il Matematico, salvo che non si occupino di “Cultura”, come l’Ing. Carlo Emilio Gadda o l’Ing. Luciano de Crescenzo.

Un pasticciaccio brutto, come direbbe, appunto, Gadda, sortirebbe dal confron-to con la “cultura anglosassone” di Mark Waldo Zemansky, autore di quel “Calore e Termodinamica”, che ha accompagnato molti di noi nel corso di Fisica 1: un vero libro di filosofia! Sì, perché, riflettendo, i Maestri dei nostri studi furono spesso celebri filosofi: Isaac Newton, Gottfried Wilhelm von Leibniz, Pierre Simon Laplace, per citarne solo al-cuni.

Secondo Mauro Ceruti, Professore Ordi-nario di Logica e Filosofia della Scienza presso l’Università di Bergamo è fonda-mentale saper comprendere i mutamenti nell’attuale Società della Complessità, e ciò impone un bagaglio di conoscenze di tipo umanistico-filosofico. Secondo Ceruti le trasformazioni in tale Società compor-tano due tipi di mutamenti:1) nella continuità (cambiamenti di rou-

tine), che vengono affrontati facendo ricorso al proprio bagaglio di cono-scenze, ancorché, socraticamente, “… si sappia di non sapere …”;

2) nella discontinuità, alla stregua di sor-prese, allorquando “cambia radical-mente il mondo” e si percepisce che “… non si sa di non sapere …” (ad esempio, la rivoluzione copernicana, che ha sop-piantato il modello tolemaico).

Il secondo tipo di mutamenti è tipico delle fasi di crisi come quella attuale, in cui non valgono le “solite risposte ai soliti proble-mi” ed è necessario “reimparare a impa-rare”.

Nell’evoluzione tecnologica le discontinu-ità avvengono con ritmi sempre più frene-tici, talchè oggi, finanche a quarant’anni, si percepisce, talora, la sgradevole sensa-zione dell’obsolescenza.In questo quadro è necessaria una note-vole capacità di adattamento ai mutamen-ti del presente, creando veri e propri spazi “non finalizzati” di esplorazione; in altre parole, occorre comprendere che gli abi-tuali strumenti di analisi, utili nella naviga-zione di routine e insiti nel nostro bagaglio culturale, mostrano la corda di fronte alla gestione dei mutamenti con discontinuità.

Questi ultimi avvengono nel tempo, ma anche nello spazio, generando, come ac-cennato, la Complessità, di cui si parla, spesso a sproposito, nel mondo odierno.L’analisi di siffatti sistemi complessi ri-chiede quindi strumenti che vadano al di là delle mere leggi della fisica, poiché contengono l’imprevedibile e la singolari-tà; bisogna pertanto implementare strate-gie flessibili, in grado di fornire risposte, in tempo reale, ai mutamenti in atto, per mezzo dell’ibridazione dei saperi, che de-ve soppiantare l’attuale compartimenta-zione, adatta al più a gestire i mutamenti nella continuità.

Il superamento dei modelli teoretici ba-sati sulle leggi della fisica, è testimoniato dall’evoluzione tecnologica di alcuni set-tori, quali la bioingegneria e la genetica, che non hanno sempre trovato una teoria in grado di supportarli. In questa nuo-va situazione appare strategica la figura dell’ingegnere quale mediatore fra Pro-getto e Complessità del Sistema, che in-tegra la funzione tradizionale di mediatore fra l’aspetto teorico e applicativo: in altri termini, fra il Sapere e il Fare. Per contro, la Complessità dei sistemi richiede anche Cultura Umanistica, indispensabile laddo-ve vi sia interazione fra individui. Ed è in questa interazione che crollano le “certezze” dell’approccio convenzionale.

Perchè dovremmo studiare filosofia?Stefano Busana

Isaac Newton

Gottfried Wilhelm von Leibniz

Professione

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Notiziario Ingegneri Verona 2/2012 55

L’ultima crisi che stiamo vivendo, partita dai santuari di Wall Street e dilagata fino alla bottega del fruttivendolo, è l’ennesi-mo esempio dell’inadeguatezza dei mo-delli razionali nella comprensione di tra-sformazioni nella discontinuità. Luminari di Economia si sono cimentati, con i loro oracoli previsionali, inanellando fallimenti in serie. Non parliamo poi dei grotteschi tentativi di prevedere “ex post” il decorso della crisi, a cura dei vari guru dell’Econo-mia, intervistati h 24 su tutti i media. «Il futuro dell’uomo», ammette Fabrizio Pezzani, professore della Bocconi, nel suo pregevole “La competizione collaborati-va”, «potrebbe essere meglio capito guar-dando la sua storia che non limitandosi ai fondamentali dell’economia, come lo stu-dio di Toynbee dimostra». Il citato Arnold J. Toynbee fu un insigne storico, che seppe fornire elementi previ-sionali partendo da quelle che molti tac-ciarono come “speculazioni metafisiche”, perché non fondate su un rigoroso deter-minismo alla Spengler (l’autore de “Il tra-monto dell’Occidente”). Toynbee basava il suo concetto di Civiltà su criteri religiosi e culturali, con la religione considerata alla stregua di forza rigenerativa.E aveva ragione, perché la “variabile uma-na” è forse la più complicata da collocare, soprattutto nell’epoca della Complessità, come sosteneva Luigi Cadorna: «Capo è

colui che conosce il cuore umano.»Fin dai primordi del Pensiero socio-eco-nomico, passando da Max Weber, che nel suo “L’etica protestante e lo spirito del ca-pitalismo” tracciava i lineamenti dell’homo oeconomicus forgiato nel crogiolo della Riforma di Lutero e Calvino, la compren-sione dell’individuo umano soggetto all’in-fluenza “culturale” del potere, è pratica assai affascinante e complessa.

L’uomo moderno, in tal senso, è stato analizzato da un’eminente filosofa, Elena Pulcini, dell’Università di Firenze, che tra-scrive l’immagine foucultiana di “governo delle anime” come la più compiuta e re-cente espressione del problema. Nel suo saggio del 2001 “L’individuo senza passioni”, la Pulcini esprime l’involuzione dell’uomo moderno, frutto dell’atomismo, della massificazione, della solitudine, del conformismo, dell’indipendenza e dell’as-soggettamento, che generano una mutata forma di individualismo «non più aggres-sivo e conflittuale, ma debole e apatico, indifferente e delegante […] in cui un illimi-tato desiderio di autorealizzazione appare come l’effetto speculare di un vuoto emo-tivo, di una perdita di pàthos che chiude l’Io in una logica identitaria responsabile sia dell’indebolimento dell’identità indivi-duale, sia della crisi del legame sociale.»

Illuminante, poi, la trattazione del triba-lismo contemporaneo: «L’individualismo narcisista sembra dunque aver definitiva-mente compromesso la dimensione so-cietaria in quanto rende obsoleta persino la possibilità che l’interesse agisca stru-mentalmente come risposta normativa. Esso produce semmai, come fenomeno opposto e complementare, il riemergere di passioni “disinteressate” che alimen-tano un “ritorno alla comunità” in forme, però, prevalentemente regressive e di-struttive; come appare nei vari tribalismi e comunitarismi contemporanei (siano essi di origine etnica, religiosa o ideologica) che oppongono l’endogamica e violenta passionalità del “cum” all’apatia dello sra-dicamento e dell’omologazione.Di fronte a questa forbice tra un “indivi-dualismo narcisista” e un “comunitarismo

regressivo”, tra un’assenza di pàthos che corrode il legame sociale e un eccesso di pàthos che lo ricostruisce in forme di-storte ed esclusive, emerge dunque la ne-cessità di ripensare con urgenza le forme dell’essere-in-comune capaci di riattivare la partecipazione alla vita pubblica, la sen-sibilità al bene collettivo.»

Si coglie, in quest’analisi, il portato dell’Antropologia filosofica, in grado di decifrare fenomeni che, purtroppo, pas-sano sopra le nostre teste di vetusti inge-gneri. L’11 settembre, ad esempio, è figlio di quel crogiolo di pulsioni, di frustrazioni, di esaltazioni che il mondo islamico stava covando in sé da molti anni, ma che pochi avevano previsto nella sua virulenza. Più modestamente, l’imbarbarimento dei rap-porti umani che viviamo in questi anni va interpretato “ex post” ricorrendo a questi strumenti di analisi.

In conclusione, noi ingegneri, “scienziati della tecnica”, dobbiamo decidere se vo-gliamo rimanere spettatori di questo con-testo socio-economico, di queste dina-miche, in una turris eburnea solipsista, o assurgere a quel ruolo da protagonisti che i nostri padri si erano ritagliati nel loro tem-po, grazie alla loro preparazione peculiare. Ampliare gli strumenti culturali per muo-verci nella società del terzo millennio ri-chiede uno sforzo formativo, ma non solo nel nostro scibile. È ineludibile, soprattutto per i giovani, camminare nella Modernità ripartendo dal “miracolo greco” - beffarda nemesi di ben altra, odierna, vicenda elle-nica - della filosofia speculativa, laddove il principio, il logos, l’idea immateriale costi-tuiscono altrettanti mattoni di un edificio etereo e incorrotto dai sensi, così come appreso dai nostri Maestri, quei filosofi da cui abbiamo attinto la Scienza, non il Pensiero.

Stefano BusanaIngegnere

Pierre Simon Laplace

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Notiziario Ingegneri Verona 2/2012 57

Un modello di tecnologia a servizio dei più piccoli. La nuova scuola di Calmasino, inaugurata nel settem-

bre scorso, continua a destare l’attenzione dei mezzi di comunicazione per le peculia-rità di costruzione. Non a caso è stata ribat-tezzata la prima “Scuola Verde d’Italia” e in quest’ottica s’inquadra la visita alla struttura promossa dall’ordine degli Ingegneri di Ve-rona. Il 24 febbraio ad attendere la folta de-legazione di professionisti e a fare gli onori di casa c’erano il vicesindaco di Bardolino l’ingegnere Lauro Sabaini e l’assessore Lo-ris Lonardi. Al loro fianco l’ingegnere Clau-dio Morati, project manager Agenda 21 per il Comune di Bardolino, oltre al costruttore Andrea Allegri ed i tecnici progettisti della scuola all’avanguardia nel panorama euro-peo. Dopo un breve sopralluogo alla scuola i partecipanti hanno preso posto in aula per ascoltare dalla voce di Andrea Allegri il per-corso che ha permesso di arrivare a dotare il piccolo centro di Calmasino di una scuola unica nel territorio nazionale. Una realizza-zione possibile innanzitutto grazie alla sensi-bilità dell’Amministrazione Comunale che di fronte alla necessità di abbattere il vecchio stabile a rischio di crollo, e mettere in can-tiere una nuova scuola, ha subito optato per una scelta innovativa in grado di servire da apripista per molte altre realtà limitrofe.Da qui il via alla felice e fortunata collabora-zione con la ditta Costruzioni Allegri che ha vissuto questo lavoro come una sfida alla ri-cerca dell’eccellenza nell’ottica di offrire alle giovani generazioni una scuola “parlante” in grado di essere essa stessa materia di stu-dio, di curiosità ma soprattutto di crescita responsabile nell’ottica dello sviluppo del-le energie alternative. Il nuovo edificio, che ospita un centinaio di bambini della scuola

Primaria di Calmasino, è bioclimatico, par-ticolarmente attento all’ecologia dei luoghi e dei materiali, con innovazioni uniche e ori-ginali. E’ stato progettato pezzo per pezzo con una struttura portante in legno lamella-re e con pacchetti costruttivi differenziati in grado di ottenere la massima classificazione energetica (classe A, A+, secondo il sistema di valutazione). Di fatto la scuola anticipa la Di-rettiva Europea che ha fissato nel 31 dicembre 2020 l’obbligo per tutti gli edifici di nuova co-struzione ad essere a energia quasi zero.La scuola si compone di 5 aule, tutte do-tate di bagno, una sala multimediale e po-lifunzionale che può esser unita alla sala nell’ingresso grazie ad una grande parete a vetro scorrevole, un’aula professori con bagno, magazzino e bagno disabili, oltre due vani tecnici-magazzino. La superficie totale è di circa 850 mq. Le fondazioni sono costituite da una platea areata con igloo. I materiali scelti per la costruzione sono prin-cipalmente il legno lamellare e il vetro. Gli aspetti bioclimatici riguardano un insieme di accorgimenti e funzioni che mirano sostan-zialmente alla creazione di un “contenito-re ad alta efficienza” che sfrutta gli apporti solari, e alla “gestione dell’aria”. Un sistema di intercapedini, appositamente studiate nei pacchetti strutturali, garantiscono la ventila-zione naturale dell’edificio. Una delle grandi innovazioni è rappresentata dalla “facciata integrale a camera ventilata”, composta da un vetro a doppia camera esterno ed un mo-nolitico interno che compongono una came-ra di circa 30 cm. dove l’aria viene gestita con apparecchiature appositamente stu-diate. Le funzioni sono differenziate estate/inverno, con l’aria che viene gestita ON/OFF per essere utilizzata come elemento isolante nel periodo invernale (con recupero termi-

co solare) e di raffrescamento nel periodo estivo. Una macchina con scambiatore di calore provvede alla gestione della qualità e della temperatura dell’aria. Per il microcli-ma viene quindi utilizzata una combinazione di impianti: quello dell’aria e un impianto di elettroriscaldamento a pavimento in fibre di carbonio che compensa le temperature in modo differenziato, controllato da centraline e termostati. Questa soluzione ha consenti-to di eliminare la rete di distribuzione del gas, la caldaia e la centrale termica. Un impianto fotovoltaico, appositamente dimensionato e posto in copertura, consente all’edificio di essere energeticamente autosufficiente. La copertura ha due intercapedini indipendenti, una interna alle stanze, con il supporto della massa in lamiera grecata, l’altra superiore per la formazione di un plenum per la ripresa dell’aria. L’aria gestita in questi spazi contri-buisce al riscaldamento/raffrescamento del “contenitore edilizio” nelle diverse stagioni. Le facciate vetrate garantiscono la massima illuminazione naturale degli spazi interni e contengono tendaggi realizzati con tessuti tecnici microforati per la protezione solare. L’illuminazione artificiale è stata studiata per garantire funzionalità e risparmio energetico. Sensori di luminosità e rilevatori di presenza ottimizzano le funzionalità e compongono la domotica degli impianti. Calmasino è nel cuore della zona di produ-zione del Vino Bardolino: il salto dalla tec-nologia edilizia a quella enologica è stato allora breve, e la delegazione di ingegneri ha accolto l’invito dell’Azienda Agricola Costa-doro per una visita alla cantina e agli impianti enologici, con piacevole degustazione dei vini e dell’olio extravergine.

Luca SabainiIngegnere

A Calmasino la prima scuola verde d’ItaliaVisita tecnica degli ingegneri veronesiLuca Sabaini

Commisssioni

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Incontro tecnico organizzato dalla Commissione Geotecnica

Mettendo da parte per un pomeriggio l’annosa discussio-ne sulle competenze fra geologi ed ingegneri in materia geotecnica, il 23 febbraio presso la sede dell’ordine de-

gli Ingegneri di Verona si è parlato di geologia e non solo. L’incontro, nato da un’esigenza espressa nell’ambito della com-missione geotecnica dell’ordine, si è sviluppato attraverso la pre-sentazione della zonizzazione geologica della provincia, la defini-zione del modello geologico, come riportato dalle NTC, e la ca-ratterizzazione geotecnica per alcuni specifici ambiti progettuali. Relatori, il dott. geol. Enrico Nucci, professionista di pluridecen-nale esperienza nell’ambito della geologia applicata e la scriven-te, ingegnere operante prevalentemente in ambito geotecnico.

L’incontro si è aperto con la schematizzazione della provincia in settori contraddistinti da specifiche caratteristiche strettamente connesse alla loro genesi geologica:

● il settore montuoso del Monte Baldo e dei Lessini occi-dentali, caratterizzati da rocce sedimentarie, e dei Lessini orientali, con rocce vulcaniche;

● il settore delle colline moreniche e delle piane intramo-reniche, tipico della zona del lago di Garda, la cui origine è legata alle modalità di esarazione, erosione, trasporto e deposito tipiche dei cicli glaciali;

● il settore dell’alta pianura, in cui ricade anche l’ambito cit-tadino, caratterizzato principalmente dall’azione dell’Adige;

● il settore della media pianura, zona di transizione in corri-spondenza della linea delle risorgive;

● il settore della bassa pianura, la parte più meridionale del-la provincia, a valle delle risorgive, in cui sono tipici i depositi a bassa energia di trasporto (terreni fini) e la superficialità della falda.

Solo da questa prima presentazione appare evidente la variabilità litologica del nostro territorio cui corrispondono particolarità che influenzano in modo diverso la progettazione di differenti tipolo-gie di opere. L’identificazione della genesi dell’ambito territoriale in cui operiamo consente di definire l’affidabilità o meno del mo-dello geologico che lo caratterizza e quindi valutare la necessità di approfondire le conoscenze tramite indagini locali o di accetta-re un determinato livello di rischio con una progettazione neces-sariamente “cautelativa”. Per quanto il D.M. 14.01.08 indichi la necessità di specifiche in-dagini e prove che il progettista deve definire in base alle scelte tipologiche dell’opera o dell’intervento e alle previste modalità esecutive, la campagna indagini va vista piuttosto come un’op-portunità, per una progettazione più attenta alle specificità dei siti e alle problematiche geotecniche connesse.

Nell’organizzazione di una campagna indagini occorre quindi te-ner in conto l’importanza dell’opera, la natura del terreno, l’affi-dabilità del modello geologico, le risorse economiche, eventuali problemi di logistica e la qualità del dato che si vuole ottenere. In riferimento alla definizione del modello geotecnico appare inoltre di fondamentale importanza il costante confronto tra il progettista geotecnico e il progettista strutturale, qualora non siano la stessa persona, in modo da condividere le finalità della campagna inda-gini e giungere ad una caratterizzazione geotecnica funzionale alle scelte progettuali. Alcuni esempi pratici nella seconda parte dell’incontro hanno permesso di chiarire l’approccio descritto sottolineando l’impor-tanza di una campagna indagini mirata alle specificità di ogni sin-golo progetto e raccomandando comunque una ragionevole pru-denza quando si operi in contesti non sufficientemente indagati o caratterizzati da una scarsa affidabilità del modello geologico di riferimento.

Alessia CanteriIngegnere geotecnico

Geologia per IngegneriCenni di geologia della provincia di VeronaAlessia Canteri

Commissioni

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Notiziario Ingegneri Verona 2/2012 59

Ingegneria sismica. Sintesi di principi generali e analisi statica non lineare.

1. Premessa..................................................................................................................................... 2

2. Intensità dei terremoti .................................................................................................................. 2

3. Parametri principali utili per la progettazione sismica ................................................................. 4

4. Onde sismiche Modalità di propagazione del Sisma................................................................... 4

5. Proprietà dinamiche e viscose delle costruzioni civili.................................................................. 5

6. Risposta sismica dell’oscillatore .................................................................................................. 7

7. Comparazione del comportamento di oscillatori molto rigidi elastici e elastici perfettamente plastici ......................................................................................................................... 11

8. Spostamento orizzontale e velocità orizzontale del terreno........................................................ 15

9. Analisi degli spostamenti della struttura ...................................................................................... 15

10. Alterazione dello spettro di risposta in funzione della geologia locale. ..................................... 16

11. Approssimazione dei parametri sismici di progetto ................................................................... 17

12. Analisi non lineare in ambito statico .......................................................................................... 18

12.1. Premessa................................................................................................................... 18

12.2. Analisi statica non lineare NTC 2008 ........................................................................ 20

13. Riferimenti bibliografici............................................................................................................... 28

Maurizio Cossato 12/03/2012 9.43 SINTESISISMICA.doc

Verrà pubblicato in allegato al Notiziario n° 3 del 2012 un fascicolo dedicato alla ingegneria sismi-ca. Il contenuto è mirato ad alcuni temi relativa-mente omogenei tra loro.

1. Analisi non lineare in ambito staticoUn primo tema tratta l’analisi non lineare in ambito statico, con alcune sintetiche premesse.

Una breve nota introduttiva ricorda alcuni elementi di interesse pratico e concettuale con dati orientativi e precisazioni esplicati-ve. Riguarda l’intensità dei terremoti, l’energia liberata, gli ordini di grandezza di alcuni parametri fondamentali.

Una seconda parte tratta delle proprietà dinamiche e viscose del-le costruzioni civili, ricordando gli ordini di grandezza dei parame-tri che le caratterizzano.Vengono fornite informazioni pratiche sui parametri geotecnici dei suoli più frequenti e sulla influenza che possono determinare sui parametri sismici.

Un terzo capitolo che tratta dell’analisi non lineare in ambito sta-tico, fornisce informazioni sulle metodologie internazionali che utilizzano questo metodo di calcolo, con alcune precisazioni sul modello prescelto dalle NTC 2008, con l’elencazione al passo di tutti i gradini previsti dalla procedura.Sono inoltre ricordate alcune opportune raccomandazioni dell’Eu-rocodice 8 UNI EN 1998-1.

2. Analisi dei meccanismi locali di collasso in edifici esistenti in muratura

Si tratta del contenuto della Circolare applicativa delle NTC 2008 al Punto C8A.4.2. In definitiva è trattato il tema dell’analisi cine-matica lineare e non lineare.Il documento sviluppa al passo tutti gli scalini della procedura, trattando un caso del tutto elementare, facilmente generalizzabi-le. Sono richiamati i concetti procedurali che originano il metodo e vengono sviluppate considerazioni sul significato e sulla presumi-bile precisione dei risultati. Sono presenti richiami alle tipologie di catene cinematiche correnti, elencate e dettagliate in documenti ufficiali, ed ai software gratuiti per trattarle accessibili in rete.

3. Elementi non strutturaliSi tratta in realtà di elementi che svolgono una funzione statica ma che non hanno influenza pratica sul comportamento sismico della struttura principale.Viene analizzato, in particolare, il caso di una tramezza in mura-tura che mostra la difficoltà pratica di applicazione della norma.Vengono sviluppate considerazioni e commenti alle diverse no-menclature e precisazioni usate sullo stesso tema, nelle NTC 2008, nell’Ordinanza 3274 del 3/05/2005 e dell’Eurocodice 6 EN 1996-1-1 2005.

Si tratta di un piccolo compendio utile memento per gli argomenti sopraelencati.

Maurizio CossatoIngegnere

“Analisi sismiche”Inserto speciale nel Notiziario 3/2012Maurizio Cossato

Analisi dei meccanismi locali di collasso in edifici esistenti in muratura (Circolare applicativa delle NTC 2008 C8A.4.2)

SOMMARIO

1. Analisi dei meccanismi locali di collasso in edifici esistenti in muratura ..................................... 2

1.1. Premessa..................................................................................................................... 2

1.2. Analisi cinematica lineare ............................................................................................ 2

1.3. Analisi cinematica non lineare ..................................................................................... 3

1.3.1. Relazione tra il moltiplicatore α e lo spostamento ....................................... 3

1.3.2. Valutazione della curva di capacità (oscillatore equivalente) ...................... 4

1.3.3. Verifiche di sicurezza ................................................................................... 5

2. Principi di riferimento ................................................................................................................... 7

3. Procedura .................................................................................................................................... 7

4. Indici di sicurezza sismica ........................................................................................................... 18

5. Verifiche di sicurezza:.................................................................................................................. 19

5.1. Stato limite di danno SLD ............................................................................................ 19

5.2. Stato limite di salvaguardia della vita SLV................................................................... 21

5.2.1. Verifica semplificata con fattore di struttura (analisi cinematica lineare)......................................................................................................................21

5.2.2. Verifica mediante spettro di capacità (analisi cinematica non lineare)......................................................................................................................22

5.3. Confronto dei risultati ................................................................................................... 25

6. Riferimenti bibliografici................................................................................................................. 27

Maurizio Cossato 12/03/2012 9.43 SINTESISISMICA A.doc

Sismica. Elementi non strutturali.

SOMMARIO

1. Premessa..................................................................................................................................... 2

2. Normativa .................................................................................................................................... 2

3. Considerazioni e commenti. ........................................................................................................ 3

4. Riferimenti bibliografici................................................................................................................. 10

Maurizio Cossato 12/03/2012 9.24 SISMICAELEMENTINONSTRUTTURALI.doc

Sismica. Elementi non strutturali.

SOMMARIO

1. Premessa..................................................................................................................................... 2

2. Normativa .................................................................................................................................... 2

3. Considerazioni e commenti. ........................................................................................................ 3

4. Riferimenti bibliografici................................................................................................................. 10

Maurizio Cossato 12/03/2012 9.24 SISMICAELEMENTINONSTRUTTURALI.doc

Professione

Indici non ancora definitivi del Supplemento speciale sulle “Analisi sismiche”

Page 51: Notiziario 2 Anno 2012

Notiziario Ingegneri Verona 2/201260

CONSIGLIO DEL 18/04/2012

Nuove iscrizioni – Sez. AGirardi Giulia, Mazzai Francesco (pro-veniente dall’Ordine di Brescia), Preto Nicola

Nuove iscrizioni – Sez. BNicolis Matteo

Cancellazioni – Sez. ANessuna

Cancellazioni – Sez. BNessuna

CONSIGLIO DEL 09/05/2012

Nuove iscrizioni – Sez. AManfrin Martina, Zanardo Gabriele

Nuove iscrizioni – Sez. BNessuna

Cancellazioni – Sez. AAvanzini Nicola (dimissioni), Bellero Ni-cola (trasferimento all’Ordine di Trento), Ceola Graziadei Antonio (dimissioni), Fratucello Michele (trasferimento all’Or-dine di Padova), Marani Zeno (dimissio-ni), Spagnolo Thomas (dimissioni)

Cancellazioni – Sez. BNessuna

CONSIGLIO DEL 23/05/2012

Nuove iscrizioni – Sez. ABallarini Riccardo, Corazzola Lorenza (proveniente dall’Ordine di Trento), Gen-nari Elio, Gennari Stefano

Nuove iscrizioni – Sez. BNessuna

Cancellazioni – Sez. ANessuna

Cancellazioni – Sez. BNessuna

Movimenti Albo(Periodo: febbraio - maggio 2012)

CONSIGLIO DEL 08/02/2012

Nuove iscrizioni – Sez. AAlbrizzi Alessia (reiscrizione), Benedetti Diego, Boriero Fabrizio, Cason Maurizio, Dallabona Stefano (proveniente dall’Ordi-ne di Bolzano), Friso Enrico, Gabrieli Die-go, Magalini Denis, Sartori Alberto

Nuove iscrizioni – Sez. BMosconi Andrea Luca

Cancellazioni – Sez. ARusso Renato (deceduto), Tonello Alessia (trasferimento all’Ordine di Bologna)

Cancellazioni – Sez. BNessuna

CONSIGLIO DEL 22/02/2012

Nuove iscrizioni – Sez. AAlafaci Cecilia, Ballarin Alberto, Bazzoli Santo (proveniente dall’Ordine di Roma), Bernardinello Roberto, Furia Niccolò, Scattolini Roberto (proveniente dall’Ordi-ne di Modena), Schibuola Elisa, Tamburini Nicola

Nuove iscrizioni – Sez. BUrrea Julio Javier

Cancellazioni – Sez. AFarinelli Filippo (dimissioni), Nascimbeni Marcello (trasferimento all’Ordine di Tren-to), Soffiantini Guido (trasferimento all’Or-dine di Brescia)

Cancellazioni – Sez. BNessuna

CONSIGLIO DEL 07/03/2012

Nuove iscrizioni – Sez. ABarini Alberto, Boldi Matteo (proveniente dall’Ordine di Mantova), Bonfante Claudia (già iscritta alla SEZ. B IUNIOR dal quale è stata cancellata), Botteon Michele, Bria-ni Filippo, Marchesini Giovanni, Schiavon Marco, Silvestri Davide, Silvestri Elisa, Terralavoro Luca, Tosato Andrea, Vasselai Valentina

Nuove iscrizioni – Sez. BNessuna

Cancellazioni – Sez. ANessuna

Cancellazioni – Sez. BBonfante Claudia (per iscrizione alla SEZ. A)

CONSIGLIO DEL 21/03/2012

Nuove iscrizioni – Sez. ABenato Marco, Bogoncelli Andrea, Bottoli Federica, Cazzador Matteo, Dalla Pellegri-na Clara, Dalle Vedove Massimo, Fattori Lino, Fruet Adriano, Piccinini Andrea

Nuove iscrizioni – Sez. BNessuna

Cancellazioni – Sez. AMigliorini Giorgio (dimissioni), Heriz Julio (dimissioni), Tosoni Sergio (dimissioni)

Cancellazioni – Sez. BNessuna

CONSIGLIO DEL 04/04/2012

Nuove iscrizioni – Sez. ABellizzi Giuseppe, Morreale Luca, Vi-cenzi Matteo

Nuove iscrizioni – Sez. BNessuna

Cancellazioni – Sez. ATommasi Alberto (dimissioni)

Cancellazioni – Sez. BNessuna

Consiglio dell’Ordine

Consiglio dell’Ordine

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Notiziario Ingegneri Verona 2/2012 61

Elenco segnalazioni a Regione, Comuni, Enti e Privati(Periodo: 20 gennaio – 31 maggio 2012)

• Centro Infanzia “Il Paese dei Balocchi” Pedemonte

Segnalazione nominativi per verifica biennale impianto elettrico

1) De Bernardi Massimo 2) Franchini Simone 3) Palella Sergio 4) Palmitesta Fabrizio 5) Stevanoni Renato

• Richiesta da privato Segnalazione nominativi esperti per

verifica sismica fabbricato 1) Caviasca Francesco Saverio

2) Gryka Artan 3) Paon Federico • Richiesta da privato

Segnalazione nominativi esperti per certificazione energetica abitazione

1) Avesani Federica 2) Gironda Alessia 3) Magnaguagno Roberto 4) Menaldo Eleonora

• Richiesta da privato Segnalazione nominativi per Consu-

lenza Tecnica di parte 1) Lovato Claudio 2) Sinigaglia Alessandro 3) Spellini Alberto

• Richiesta da privato Segnalazione nominativi per richiesta preventivi per lavori edili da eseguire

1) Bertuzzi Enrico 2) Bommartini Davide 3) Comencini Massimo 4) Fasoli Bruno 5) Lombardi Pierangelo 6) Salzani Federico

• Comune di Colognola ai Colli Segnalazione nominativi collaudo opere di urbanizzazione PIRUEA “Avogaro Renzo s.a.s.”

1) Clemente Loris 2) Dalle Molle Alessandro 3) Mazzali Roberto • Richiesta da privato Segnalazione nominativi esperti in strut-

ture in vetro stratificato (travi-pilastri) 1) Aldrighetti Lorenzo

2) Modena Claudio • Richiesta da privato

Segnalazione nominativi esperti in illuminazione pubblica ed efficienta-

mento edifici 1) Vendramin Emanuele 2) Pedretti Enrico 3) Redaelli Andrea • Agenzia del Territorio - Verona Segnalazione nominativi per redazione certificati CPI 1) Carpene Massimiliano 2) Damoli Mirco 3) Gironda Alessia 4) Menaldo Eleonora

• Richiesta da privato Segnalazione nominativi esperti

nel ramo termotecnico per incarichi di progettazione 1) Chilese Stefano 2) Formiga Andrea 3) Limoni Flavio 4) Talamini Franco

• Comune di Legnago Segnalazione nominativi collaudo opere di urbanizzazione Piano di Recupero di iniziativa pubblica

di Via A.Volta loc. Porto 1) Pivetta Antonio 2) Zanetti Fabrizio 3) Zerman Antonio

Richieste dei Comuni ed Entiper Commissioni(Periodo: 20 gennaio – 31 maggio 2012)

• Comune di Verona – Area Gestione del Territorio Piano degli Interventi - Segnalazione nominativi per la

costituzione “Commissione Norma” ai sensi art.192 delle NTO del Pl.

1) Monaco Italo 2) Segala Ilaria

• Prefettura di Verona Commissioni di Vigilanza – esperti

in elettrotecnica: integrazione nominativo alla precedente segnalazione del 19/11/2011

membro effettivo 1) Olivieri Roberto

Elenco segnalazioni perCommissioni GiudicatriciConcorsi / Gare(Periodo: 20/1/2012 - 31/5/2012)

• Provincia di VeronaCostituzione Commissione Giudicatriper l’affidamento del Servizio energia Segnalazione nominativi1) ing. Alberghini Enrico2) ing. Fabbri Andrea3) ing. Leondini Alessio

Richieste dei Comuni per Commissioni Edilizie(Periodo: 20/1/2012 - 31/5/2012)

Nessuna segnalazione

Page 53: Notiziario 2 Anno 2012

Notiziario Ingegneri Verona 2/201262

Elenco terne e collaudi statici(Periodo: 20 gennaio – 31 maggio 2012)

• Soc. EDILCOSTRUZIONI NORD s.r.l. Verona

1) Bonizzato Roberto 2) Franceschetti Costantino 3) Zantedeschi Gerardo

• Soc. EDILCOSTRUZIONI NORD s.r.l. Verona

1) Bazzani Paolo 2) Marconcini Angelo 3) Turco Paolo

• Imp. MEZZANI Mario Valeggio Sul Mincio 1) Cordioli Stefan 2) Marchesini Giorgio Marcello 3) Turrina Corrado

• Imp. MERLIN Giuseppe & C. s.n.c. Cerea

1) Guerra Giovanni 2) Montagnoli Luciano 3) Sordo Gabriele

• Imp. EDILCAVOUR sr.l. Salizzole 1) Marchetti Giampiero 2) Zanconato Mauro 3) Zorzin Claudio

• Imp. GIOCARLE COSTRUZIONI sr.l. Verona

1) Buio Tiziano 2) Ottoboni Edoardo 3) Viviani Ernesto

• Imp. RESENTERRA s.r.l. Arbizzano di Negrar 1) Nicolò Giovanni 2) Pagan de Paganis Mario 3) Quaglia Simone

• Az. Agricola GROSSULE Andrea Zevio 1) Cabrini Andrea 2) Tinazzi Davide 3) Zanini Matteo

Consiglio dell’Ordine