Notes About HaPpYnEsS - June2014

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...Sto bene! Cambiare la propria vita ed essere veramente felici causa confusione negli altri, ti daranno del pazzo, ti diranno che così non arriverai da nessuna parte, diranno che forse non stai bene, ti daranno dell'egoista, del narcisista, del hippie, menefreghista, asociale, espansivo. Insomma ti giudicheranno solo per non ammettere che iL loro piccolo mondo di illusioni si sta frantumando. Allora sì sono e voglio essere una pazza menefreghista LIBERA e FELICE!! Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà. Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore. Reflection time! ::. WOOOOOOAHHHH~!! holy wow, that summer was quite the whirlwind of sweet sunshine bliss, surrender, and deep deep lessons. the journey of the last few months has left me overwhelmed with how much magic surrounds my life and how freaking in love with my friends I can be. Such deep lessons in surrender to what the universe has for me, lessons in Self-love and acceptance, and in release of what I truly don't need. so much appreciation for each grounding breath I breath, unbelievable dance floor moments, the sweet nectar journey of falling in love and then the beautiful disaster of heartbreak. Deeply grateful to have been able to grow with each endlessly amazing day and that I call in SO much unstoppable power, pleasure, and endless magic to the next phase in this life. My motto for this moment is "be your truest most authentic self in every moment, and the rest will follow"...following these worlds, answering my sacred NO as well as my sacred YES in each and every moment to be feeling in the juiciest embodiment of Alyssa Keys ever! woooah! feeling the electric surge of magic run through these veins...mmmm Yes please! Thank you all for inspiring me so deeply Solo per oggi, e domani ancora… Alzati presto. Fai un sorriso Lascia andare i sensi di colpa, non guardarti indietro. Fai un piano, credi in te stesso. Goditi cio’ che sei. Accetta la tua umanità.

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...Sto bene!Cambiare la propria vita ed essere veramente felici causa confusione negli altri, ti daranno del pazzo, ti diranno che cosìnon arriverai da nessuna parte, diranno che forse non stai bene, ti daranno dell'egoista, del narcisista, del hippie,menefreghista, asociale, espansivo.Insomma ti giudicheranno solo per non ammettere che iL loro piccolo mondo di illusioni si sta frantumando.Allora sì sono e voglio essere una pazza menefreghista LIBERA e FELICE!!

Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà. Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla pelle,sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità,lì c’è ancora amore.

Reflection time! ::. WOOOOOOAHHHH~!! holy wow, that summer was quite the whirlwind of sweet sunshine bliss, surrender,and deep deep lessons. the journey of the last few months has left me overwhelmed with how much magic surrounds my life andhow freaking in love with my friends I can be. Such deep lessons in surrender to what the universe has for me, lessons inSelf-love and acceptance, and in release of what I truly don't need. so much appreciation for each grounding breath I breath,unbelievable dance floor moments, the sweet nectar journey of falling in love and then the beautiful disaster of heartbreak.Deeply grateful to have been able to grow with each endlessly amazing day and that I call in SOmuch unstoppable power,pleasure, and endless magic to the next phase in this life.My motto for this moment is "be your truest most authentic self in every moment, and the rest will follow"...following theseworlds, answering my sacred NO as well as my sacred YES in each and every moment to be feeling in the juiciest embodiment ofAlyssa Keys ever! woooah! feeling the electric surge of magic run through these veins...mmmm Yes please! Thank you all forinspiring me so deeply

Solo per oggi, e domani ancora…Alzati presto. Fai un sorrisoLascia andare i sensi di colpa, non guardarti indietro.Fai un piano, credi in te stesso.Goditi cio’ che sei. Accetta la tua umanità.

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Chiedi aiuto, e accetta cio’ che gli altri hanno da darti.Ringrazia.Cambia, senza indugio e con coraggio.Accetta cio’ che non puoi cambiare. Sii paziente.Mantieni le promesse, quelle del tuo cuore.Non indugiare sul passato.Vivi con amore ogni momento. Costruisci un domani migliore.Apri il tuo cuore, esplora la tua anima.Ricorda, i miracoli accadono.Sorridi.Stephen Littleword

La splendida descrizione di Sciascia descrive perfettamente il territorio in cui operiamo:

La Sicilia è difficile. Lacera persone e sentimenti e invade chi, per nascita o per scelta, si lega a lei.La Sicilia è difficile. La sua arretratezza sociale ed economica è una lunga distanza geografica e mentale che la spinge lontano dall’Europa.La Sicilia è crudele. Le atrocità della mafia sono un marchio d’orrore che tutti i siciliani si portano appresso come il numero impresso sullacarne degli ebrei dei lager. Non si può cancellare.

La Sicilia è bellissima e dura col suo sole titanico e tirannico, la sua luce violenta, il suo mare che dipinge e coloral’aria e la rinfresca. Bellissima e morbida nelle sue lente sere odorose, ridondanti di brezze lievi e vestiti leggeri edi chiacchere indolenti, di luci lungo le coste, di cibi sensuali.

La Sicilia è scomoda, ma viverla è possibile con orgoglio antico e altero. C’è chi crede che questa terra possa crescere ediventare moderna, civile ed economicamente evoluta senza perdere però le sue suggestioni, il suo fascino, la sua cultura. C’è chi lavora perché ciò accada. …dedicato a loro. Ai siciliani che crescono.

Leonardo Sciascia

Comincia la condivisione...l’esplorazione.Vai a caso, lascia le tue lacrime sul cuscino, incontrati con la vita, scontrati con il dolore ruba l’amore.Non avere una meta ma cento, prova a ritornare perché il ritorno dà senso al viaggio.

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Affrancati da te stesso e dall’attesa.Per amare la vita bisogna tradire le aspettative.Guardati intorno e guardati da chi si professa libero.Il sapore della libertà è la paura.Solo chi ha paura della libertà ha il coraggio di inseguirla.

Amate pure il guadagno facile,l'aumento annuale di stipendio, le ferie pagate.Chiedete più cose prefabbricate,abbiate paura di conoscere i vostri prossimi e di morire.Quando vi vorranno far comprare qualcosavi chiameranno.Quando vi vorranno far morire per il profitto,ve lo faranno sapere.Ma tu, amico,ogni giorno fa qualcosa che non possa essere misurato.Ama la vita. Ama la terra.Conta su quello che hai e resta povero.Ama chi non se lo merita.Non ti fidare del governo, di nessun governo.E abbraccia gli esseri umani:nel tuo rapporto con ciascuno di loro riponi la tua speranza politica.Approva nella natura quello che non capisci,perchè ciò che l'uomo non ha compreso non ha distrutto.Fai quelle domande che non hanno riposta.Investi nel millennio... pianta sequoie.Sostieni che il tuo raccolto principale è la foresta che non hai seminato,e che non vivrai per raccogliere.Poni la tua fiducia nei cinque centimetri di humusche crescono sotto gli alberi ogni mille anni.Finché la donna non ha molto potere,dai retta alla donna più che all'uomo.Domandati se quello che faipotrà soddisfare la donna che è contanta di avere un bambino.Domandati se quello che faidisturberà il sonno della donna vicina a partorire.Vai con il tuo amore nei campi.Riposati all'ombra.Quando vedi che i generali e i politicantiriescono a prevedere i movimenti del tuo pensiero,abbandonalo.Lascialo come un segnale della falsa pista,quella che non hai preso.

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Fai come la volpe, che lascia molte più tracce del necessario,diverse nella direzione sbagliata.Pratica la resurrezione

Ognuno ha le sue prigioni , mentali, fisiche. Ognuno ci convive.Ma quando le pareti cominciano a restringersi, le facce diventano anonime.Quando lo specchio comincia a darti del tuquando i marciapiedi ti provocano vertigini e la strada sembra il tuo tappeto rossometti insieme il tuo bagaglio.Riempilo di ricordi, speranze, parole, storie vissute e storie da vivereriempilo di emozioni, musiche, liti, illusioni d’epoca, domande e risposte.Trovati un amico e comincia la condivisione , l’esplorazione.Vai a caso, lascia le tue lacrime sul cuscino, incontrati con la vita, scontrati con il dolore ruba l’amore.Non avere una meta ma cento, prova a ritornare perché il ritorno dà senso al viaggio.Pensa a Polifemo e alla sua solitudine e rispetta la solitudine altrui.Gira intorno al mondo non girare con lui.Affrancati da te stesso e dall’attesa.Per amare la vita bisogna tradire le aspettative.Guardati intorno e guardati da chi si professa libero.Il sapore della libertà è la paura.Solo chi ha paura della libertà ha il coraggio di inseguirla.

Travelling is such a complex way of living, it forces us to go beyond our fears, it pushes us to courageously go ahead,it shows us the truth about ourselves, it teaches us how to open and love even if it's just for a day or a week, as sometimesthis is all that we have with another person. Traveling is exciting beyond words, bringing new adventures, allowing us to seenew places and make new friends. Some people we meet stay our friends for a life time, some of them just for that travel,but each person brings something truly unique to our journey. When we travel time has no meaning, we forget what day it isand spend hours chatting with fellow travellers or local people, without rushing, as we usually don't have to get anywhere,unless it's a train or a flight to catch to another destination.

We take life one day at the time.

Traveling teaches us patience and acceptance, especially if something goes wrong, or not as planned, and of course we learnquite quickly that plans are good but going with the flow is even better. We learn that our possessions are not so important,

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especially when all that we have must fit into a backpack. And we learn that there is nothing more important from what weexperience and share. Spontaneity, openness, love and urge to travel is what we keep in our hearts, and it really doesn'tmatter if you like our way of living or not.

We want to be free, we want to be who we are.

And yes, there are moments when we sit on a train without any familiar face around, or there is nobody to hold us in his orher arms while we fall asleep. These are the moments when we may feel lonely despite being surrounded by all the beauty ofthe world around us. We cry, we feel pain of separation or fear about the big unknown ahead. We miss our family and friendsfrom our hometown, also the ones we met on the journey but we went separate ways. We are constantly exposed, tested andvulnerable. But as Brene Brown said "vulnerability sounds like truth and feels like courage. Truthand courage aren'talways comfortable, but they are never weakness".

Travel is the way we learn how to live.

And we want to live fully, whatever it takes. When we love we want to love deeply, when we laugh we want to laugh joyfullyand when we cry we want to cry madly until the last teardrop.

We want to be authentic and true to ourselves.

.. and then, when the time feels right, we want to take a backpack and go again for another Life changing adventure.

Love, peace and light

~ Aleksandra Moren

Fai una vita in cui credi.Io voglio fare questo.Credo in quello che faccio.Credo che sia bello giusto e buono quello che faccio.Capisco le ragioni e credo in quel che faccio, così è bella la vita che fai.Altrimenti menti a te, alla società e avrai mediocri risultati.Fai quel che credi smettendo di fare ciò in cui non credi. Il trucco della vita è tutto lì.

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Voi che siete una nuova generazione, guardate ai fatti, leggete, informateci, non prendete per garantito niente,non credete a niente di quel che vi viene raccontato. Gandhi disse una volta: "la verità è il mio Dio".La verità è una grande cosa, forse irraggiungibile, ma fatene la vostra meta nella vita, cercate laveritàanche quella dentro di voi. Chi siete, cosa volete fare quì, che cosa ci siete a fare al mondo.Ponetevi questi problemi e la vita diventerà meravigliosa!T.Terzani

Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere cosi come sei!Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un opera di teatro, che non ha prove iniziali:canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l'opera finisca senza applausi...Charlie Chaplin

Istruzioni per rendersi felici

Un libro interessante sul tema della felicità è il mitico libro “Istruzioni per rendersi infelici” diPaul Watzlawick (Feltrinelli).

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È un buon libro : si tratta di un manuale per dilettanti, appena avviati sulla via dell’infelicità.Qualcuno chiederà: perché tediarsi con un manuale per dilettanti, noi siamo dei professionisti sulrendersi infelici?

Perché questa è la realtà: spesso noi siamo inutilmente infelici.

È possibile il contrario?

Possibile.

Cominciamo dall’ABC .

Psicologia della felicità per poco dotati.

Informazione numero 1: conviene essere felici.

Per inciso: che vuol dire essere felici?

Limitiamoci ai minimi termini, questo è un corso per dilettanti.

La felicità è una forma di armonia elettroencefalografica: il ritmo alfa all’elettroencefalogramma.Un ritmo che ci dice come i due emisferi, il destro e il sinistro, emotivo e razionale, analogico elogico stanno in armonia. La felicità vuol dire un assetto biochimico: endorfine e serotonina alteed ormoni da stress bassi.

Chi sono gli ormoni da stress? Uno per tutti: il cortisolo.

Effetti del cortisolo: fa ingrassare. Tutte le calorie che mangiate invece che trasformarle inenergia e calore le stratifica sul peritoneo e all’interno delle coronarie. Avete sempre freddo, sietesempre stanchi, una fame vi devasta e ingrassate: un tipo particolare di grasso: faccia tonda, collogrosso e pancia.

Il cortisolo blocca il sistema immunitario. Chi ha il cortisolo alto non memorizza: il cortisolointralcia le cellule dell’ippocampo che non è un cavalluccio marino ma l’organo della memoria.Quindi volete dimagrire, superare gli esami, essere sani?

Da infelici non ci riuscirete.

Endorfine e serotonina ci rendono più intelligenti.

Da sempre l’infelicità ha un marketing strepitoso. Riconosco che Leopardi ed Herman Hessescrivevano molto bene (non abbiamo però la prova che da felici non avrebbero scritto ancora

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meglio), ma , fidatevi dell’informazione, sono in grado di dimostrarvela, da felici siamo moltoma molto più intelligenti che da infelici.

Noi diciamo intelligenza, ma in realtà sono le intelligenze. Una persona può avere una strepitosaintelligenza cognitiva, fare le equazioni di terzo grado come fossero esercizi dell’asilo, ma essereincapace di vivere, come Nash. Mozart aveva un’intelligenza musicale divina, ma zoppicavanelle altre. Noi abbiamo le intelligenze, numerose e sono raggruppate in due gruppi, leintelligenze che agiscono su base razionale e logica e quelle che agiscono su base emotiva eanalogica. Tutto qui. Il tenere i neurotrasmettitori endorfine e serotonina alti, fa in maniera chetutte le intelligenze giochino nella nostra squadra, tutte si muovano all’unisono.

Quindi noi spesso pensiamo che realizzare i nostri sogni ci darebbe la felicità.

Errore.

È la felicità che ci darà il potere di realizzare i nostri sogni, perché è nella felicità che il nostropotere aumenta a dismisura. Da felici siamo più sani, più forti, memorizziamo meglio, la nostracapacità di concentrazione aumenta, sappiamo più cose (questo anche sono in grado didimostrarlo).

L’infelicità ha un grandissimo marketing, ripeto: basta prendere in mano un giornale femminile:il 95% delle modelle ha una faccia imbronciata o arrabbiata o spaventata.

Ora usciamo da questa ottica e convinciamoci: conviene ogni istante della nostra vita, qualsiasicosa succeda essere il più felici possibile. Questa, la capacità di assumerci la responsabilità dellenostre emozioni è la seconda rivoluzione copernicana.

Informazione numero 2: la felicità è una scelta.

Da sempre noi siamo abituati a considerarci dei turaccioli in balia delle ondate delle nostreemozioni.

Sono spaventato. Sono di malumore. Mia madre era depressa: ovvio sia depressa anche io. Ildogma freudiano del trauma irrisolvibile ha accentuato questa teoria. Noi siamo i nostri traumi,inchiodati per sempre al nostro passato.

Riduciamo tutti ai minimi termini: è un corso per principianti poco dotati, ricordate? Alla finedella fiera si tratta di aumentarsi serotonina e endorfine, tenersi basso il cortisolo, e equilibrare ilritmo elettroencefalografico tra i due emisferi.

E se non fosse impossibile? Magari nemmeno troppo difficile…

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Informazione numero 3: da adulti siamo gli unici responsabili della nostra felicità. Per ibambini è diverso e questa è la differenza tra adulto e un bambino.

L’unica responsabile della mia vita sono io. Mio marito alcolizzato mi massacra? Miaresponsabilità che mi sono messa in questa situazione e ci resto. Mio marito passa le domenichepomeriggio a giocare a golf. Come sopra: l’unico responsabile di riempire la mia vita di allegriafacendo le cose che mi fanno star bene sono io. Mia nonna ha passato ogni singolo giorno dellamia vita a dirmi che è un peccato, mia madre e mia sorella così carine e io così brutta, per favorelevato il vestito da principessa che col sedere che hai ti fa sembrare ancora più una papera. Dabambina la responsabile della mia infelicità era la nonna che mi ha riempito con la convinzionedella mia inferiorità, ora sono io che faccio la scelta quella convinzione di tenermela, sono io chescelgo di continuare a permettere a questo ricordo di fare male.

Un adulto deve apprezzare la compagnia di sé stesso, anche perché la solitudine è un passaggionecessario per costruire la propria felicità.

Informazione numero 4: le emozioni e gli stati mentali sono contagiosi.

Questa scoperta è stata fatta su base empirica, statistica e mediante osservazione diretta danumerosi autori: tra gli altri Watzlawick, (il linguaggio del cambiamento) lo stesso di Istruzioniper rendersi infelici, Erikson, uno dei maggiori studiosi dell’ipnosi ( Milton Erkson è stato unaltro benedetto dal cielo, nella top ten della sfiga era uno in testa: nato daltonico e dislessico èriuscito ad avere anche la poliomelite, così da restare paralizzato: fidatevi, quando diceva chesiamo gli unici artefici della nostra vita sapeva di che parlava). Molto bello,anche se un po’ periniziati è Il fenomeno interpersonale della coscienza ( Liotti).

Le osservazioni di questi ( e altri) autori sul fatto che emozioni e stati mentali sono contagiosifatte per via sperimentale ed empirica sono tutte confermate dalle recenti scoperte delleneuroscienze sui neuroni a specchio. Questa è un’affermazione certa: la felicità e l’infelicità sonocontagiose. Il “contagio” avviene attraverso linguaggio verbale e non verbale, questo ultimoinclude anche le microespressioni ( espressioni che durano pochi millisecondi) che il nostro iorazionale non sa decifrare, ma il nostro io emotivo sì. Noi non possiamo mentire con lemicroespressioni. Da questo si deduce anche il comandamento numero 11: non lamentarsi mai.Dio odia i lagnosi. I lagnosi sono individui che fanno stare male tutti per stare sempre peggioloro, che moltiplicano all’infinito i pesci e i pani del loro scontento: che ce ne sia sempre per loroe per tutti gli altri, tutti, a dismisura. Istruzioni per rendersi felici: smettere ora e per sempre dilamentarsi. Qualsiasi sia l’argomento. Parliamo solo di benessere e abbondanza: renderemo percontagio tutti più felici, gli altri ci restituiranno la felicità per contagio e la luce aumenterà, comeun raggio di sole riflesso all’infinita tra due specchi. Per lo meno facciamo uno sforzo perlamentarci il meno possibile e mai quando è inutile.

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Informazione numero 5: dato che gli stati mentali sono contagiosi, se miglioro il miomiglioro inevitabilmente quello di tutti quelli con cui vengo a contatto e quindi il mondo.

Se sono infelice rendo più infelice il mondo. Quindi cercare di essere ogni istante il più felicepossibile non è solo un mio diritto, ma il principale dei miei doveri etici.

Martin E.P. Seligman - La costruzione della felicità è il capostipite di una serie di studi dove sidimostra che se mi tengo sistematicamente endorfine e serotonina alta e cortisolo basso vivomolto di più, una decina di anni circa, diminuendo malattie infettive e degenerative. Quindiessere sempre il più felici possibile è anche un dovere etico nei confronti del nostro disastratosistema sanitario nazionale oltre che un gesto di assoluta saggezza.

Ok, va bene, ma come si fa?

Chiariamo una cosa: tutti i campioni mondiali del pensiero positivo erano tutti nella top ten dellasfiga a sgomitare per il primo posto. Il già nominato Viktor Frankl si è fatto ben tre campi disterminio, aggrappato alla sua teoria che bisogna tenere lo sguardo fisso alla bellezza come unacozza allo scoglio. Erikson dislessico, daltonico, inchiodato ad una sedia a rotelle dallapoliomielite è quello che scopre il potere taumaturgico delle parole in grado di sconfiggereaddirittura il dolore fisico, costruendo la realtà all’interno della nostra mente.

Come diceva un altro dei campioni mondiali, l’autore della poesia Invictus: “per quanto enormesia la notte che mi circonda da tutte le parti io sono e resto l’unico Capitano della mia anima”.All’età di diciassette anni gli fu amputata una gamba per un morbo di Pott (tubercolosi ossea): legambe uno ci è affezionato e quando non le ha più gli mancano. Oltretutto il morbo di Pott fa unmale porco. In tutti i casi questo uomo è riuscito a vivere fino a cinquantadue anni, non è poco,siamo nell’800 e lui soffriva di tubercolosi fin dall’eta di diciassette anni. Ma soprattutto haavuto una moglie che ha amato e da cui è stato amato, e dei figli, che, forti e sani, se ne sonoandati per il mondo. Dave Pelzer è l’autore del libro “The boy called it” Il ragazzo chiamatocosa, non so se sia stato tradotto in italiano. La mamma era un po’ irritabile, per vari motivi, peresempio perché era sola, secondo lei era colpa di Dave, che non avrebbe dovuto nascere: lui eranato e il rispettivo padre e compagno se ne era andato, insalutato ospite. Tutte le volte che eraarrabbiata la mamma di Dave metteva Dave con gli avambracci dentro al forno, acceso, fino aquando si formavano delle bolle (ustioni di secondo grado) che poi curava versandoci sopra dellavarechina. Il campo di concentramento in cui Dave è rinchiuso finalmente si schiude con i suoisei anni, le martoriate braccia di Dave raggiungono la scuola dove inorridite insegnanti eassistenti sociali si rendono conto della catastrofe e intervengono, Dave viene finalmente toltoalla sua problematica e disfunzionale madre. E Dave passa gli anni successivi a parlare conpsicologi e assistenti sociali che cercano di curargli il trauma e lui sopporta con una noiaassoluta. Dave il trauma non ce l’ha. Come Mozart è l’enfant prodige della musica, Dave Pelzere l’enfant prodige della resilienza, a quattro anni lui scopre come si fa a resistere: tieni

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l’attenzione concentrata su quello che funziona, lui è vivo, mamma non lo ha mai ammazzato,poteva andare peggio, nella sua maniera folle e disfunzionale, mamma lo ha accudito, quindi unpo’ lo ha amato, una volta gli ha fatto i biscotti: lui tiene l’attenzione concentrata su quel ricordo.Lui non ha potuto scegliere se avere una madre migliore ma in tutto il resto della sua vita lui puòscegliere su quale ricordo concentrare l’attenzione. Già da bambino pur senza conoscere i terminicorretti Dave capisce che mamma è malata e disfunzionale, c’è qualcosa che non funzionaall’interno della testa di mamma ma lui è stato bravo, è riuscito a sopravvivere, è riuscito afermare mamma prima che lo ammazzasse, lui è vivo e mamma non è diventata un’assassina.Dave è un vincitore può passare il resto della vita a godersi la vita e la vittoria, questo ilpassaggio fondamentale che è avvenuto nella testa di Dave e che deve avvenire nella nostra, inquelli di noi che hanno avuto genitori disfunzionali. Molti di noi hanno avuto genitoridisfunzionali (ma chi accidenti c’è su questo pianeta a parte i marziani e gli abitanti del mulinobianco che ha avuto genitori perfetti 24 ore al giorno 365 giorni l’anno 366 quelli bisestili ?)nonni disfunzionali, insegnanti disfunzionali, vicini di casa criminali e compagni di classehooligan. So what? E allora? Non abbiamo avuto la scelta se averli o no ma adesso abbiamo lascelta se continuare a starci male o no ed è una scelta assolutamente nostra.

Informazione numero sei: l’assoluta importanza del perdono. Il perdono, fondamentale nellegrandi religioni, dovrebbe garantirci l’ingresso in paradiso. Non so, può darsi, ma di sicuro, lamancanza del perdono ci garantisce l’inferno in terra. Ricordate la simpatica nonna citataall’informazione numero tre quella che ci diceva peccato che sei così brutta no ti vestire daprincipessa almeno. Fino a quando non l’avremo perdonata questa frase continuerà a farci delmale. E’ come continuare a stringerci al petto un nido di vespe. È solo quando ci renderemoconto che la nonna stava male, era disfunzionale, detestava se stessa e il mondo, solo dopo chel’avremo perdonata il ricordo delle sue parole smetterà completamente di farci male.Ricordiamoci i biscotti che almeno una volta ci ha fatto e diventiamo il Capitano. Noi dobbiamoessere il Capitano, gli unici capitani della nostra anima, quelli che al mattino decidono: qualsiasicosa succeda oggi, vivrò questa giornata nella luce. La felicità è un atto di volontà eroica,all’inizio almeno, il risultato di un’eroica disciplina. Però ne vale la pena.

Istruzioni pratiche. Procuratevi carta penna e calamaio, anche un computer va bene ma solo seci passate almeno 20 ore al giorno, altrimenti carta e penna vanno meglio perché possiamotenerli in tasca, sempre con noi. Spendete qualche euro, il quaderno o l’agenda devono esserebelli, la penna deve essere bella, a me piace scrivere con la stilografica o con i pennarelli a puntafine alternando il blu e il verde. Qualsiasi cosa faccia aumentare i livelli di serotonina e endorfineè già un primo gradino, mettetevi nel posto più bello della vostra casa o quello in cui vi sentitepiù a vostro agio. Se vi piacciono le candele accendete una candela, se amate i fiori tenetelivicino a voi. Dovete usare dei piccoli trucchi per vivere al meglio ogni istante della vostra vita eper creare un’associazione mentale positiva con il vostro quaderno. Aumentano il nostro tasso diserotonina e endorfine la musica, quella che amiamo ovviamente, e le immagini. Possiamoascoltare la nostra playlist mentre scriviamo, e cominciamo con l’incollare sul quaderno tutte le

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immagini che ci danno gioia, le fotografie dei bambini, il mare, un prato. Che ci scriviamosull’agenda? Una lista di almeno dieci item di cose che vogliamo per molti di noi rispondere alladomanda cos’è che voglio dalla vita sarà facile, per altri difficile, scriviamo tutto cose importanti,cose piccole, cose apparentemente sciocche, se incontrassimo la fata madrina, o il genio dellalampada, cosa chiederemmo loro? Vorrei trovare un lavoro. Vorrei avere un figlio. Non vogliopiù vedere mia figlia triste, sento il suo pianto al di là della porta chiusa. Voglio una casa. Vogliodiventare attore. Voglio pubblicare un libro e vendere centomila ( un milione, dieci milioni. centomilioni di copie). Voglio un paio di scarpe di Prada. Voglio fare un giro in mongolfiera. Vogliovincere le olimpiadi (specificare la specialità). Cominciamo a dare un’occhiata a quello cheabbiamo scritto, già dalla lista possiamo avere informazioni.

Noi diciamo intelligenza, ma in realtà sono le intelligenze. Una persona può avere una strepitosaintelligenza cognitiva, fare le equazioni di terzo grado come fossero esercizi dell’asilo, ma essereincapace di vivere, come Nash. Mozart aveva un’intelligenza musicale divina, ma zoppicavanelle altre. Noi abbiamo le intelligenze, numerose e sono raggruppate in due gruppi, leintelligenze che agiscono su base razionale e logica e quelle che agiscono su base emotiva eanalogica. Tutto qui. Il tenere i neurotrasmettitori endorfine e serotonina alti, fa in maniera chetutte le intelligenze giochino nella nostra squadra, tutte si muovano all’unisono, come i cavalieridella cavalleria di Sire Aragorn o sire Rankstrail (scusate è l’abitudine).

Quindi noi spesso pensiamo che realizzare i nostri sogni ci darebbe la felicità.

Errore.

È la felicità che ci darà il potere di realizzare i nostri sogni, perché è nella felicità che il nostropotere aumenta a dismisura. Da felici siamo più sani, più forti, memorizziamo meglio, la nostracapacità di concentrazione aumenta, sappiamo più cose ( questo anche sono in grado didimostrarlo), la piantiamo di auto sabotarci.

I cavalieri della cavalleria ( le nostre intelligenze) invece di cavalcare affiancati si intralciano gliuni con gli altri, si ammazzano anche: gli orchi attaccano e i cavalieri della cavalleria si fermanonella radura a fare tornei dove si combatte fino all’impotenza. L’impotenza di chi?Dell’intelligenza razionale, è la più piccola e recente, quella che diventa impotente quando ci simena.

Un ragazzo intelligentissimo prende la maturità con il massimo dei voti, poi non si laurea perchél’attesa dell’esame, l’ansia anticipatoria, è devastante, talmente devastante che rimandaall’infinito la data degli esami: a trenta anni deve ancora dare gli esami del primo anno.

L’erezione è un fenomeno basato sulla vasodilatazione: alcuni vasodilatatori, il più famoso è ilviagra, favoriscono e mantengono l’erezione. L’ansia, la paura sono mediate da sostanze

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(catecolamine) con azione inversa, la vasocostrizione. Questo è un meccanismo di difesa:ricordiamo che il nostro cervello si è evoluto nella preistoria, noi siamo dei tizi che devonoconfrontarsi ad un mondo postmoderno con un cervello preistorico. Se un uomo si distrae a farel’amore con una donna mentre c’è un pericolo ( mammut, tigre con i denti a sciabola, altro uomoarmato di clava), quell’uomo morirà. Quindi la regola è: la paura disinserisce l’erezionemaschile.

La paura di non avere l’erezione è una paura ( catecolamine) e impedisce l’erezione. L’ansia daprestazione, diventa quindi la prima causa dell’impotenza coeundi in uomini giovani.

Il sonno è un fenomeno assolutamente fisiologico, ma per evitare di finire massacrati damammut, tigre con i denti a sciabola, tizio armato di clava, la regole è che possiamo dormire solose non siamo preoccupati. Questo nella preistoria era un meccanismo di difesa, se però guardo lasveglia in continuazione, preoccupato perché non dormo , e mi chiedo con gli occhi spalancatinel buio, come posso fare ad alzarmi e andare a lavorare poi morto di sonno, l’ansia di nondormire distrugge il sonno.

Come ho già detto dobbiamo fare la lista di quello che vogliamo.

Se nella lista ci sono cose molto difficile da ottenere, va benissimo. Quante possibilità aveva unoscuro e bruttariello tizio nato in un oscuro villaggio austriaco di diventare una star diHollywood e governatore della California? Una su un milione. Una su un milione è comunquepossibile.

Difficile, ma possibile, e poi ci sono sempre i risultati parziali, che sono comunque un risultato.

Quante possibilità aveva la signora Rowling di diventare l’autrice del best seller di tutti i tempi?Una su un milione.

Allora se la cosa che volete è maledettamente difficile, allora va bene, si può fare. Poi con calmaci facciamo tutto il discorso sui risultati parziali, ma va bene.

Se nella lista di quello che mi può dare la felicità c’è diventare una campionessa di pattinaggioartistico e sono una tizia di 57 anni che non sa pattinare, cioè quello che mi può dare la felicità èuna cosa che ha zero possibilità su 100 di succedere, allora siamo nei guai.

Vuol dire che mi odio.

L’unica cosa che mi dà la felicità è qualcosa che non posso avere: impossibile. Quindi sonocondannata all’infelicità.

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Quindi: riassunto. Se quello che vogliamo è molto difficile siamo dei sognatori.

Se quello che vogliamo è completamente impossibile siamo della gente che si odia e ci stiamoavviando sull’imperiale china di diventare degli aspiranti suicidi.

Se uno o più item della nostra lista sono cose impossibile, allora dobbiamo porci la domanda:perché mi odio? Attenzione al tono di voce con cui ci facciamo questa domanda. È una semplicerichiesta di informazioni. Ma perché io mi odio così tanto?

La risposta alla domanda “Ma perché io mi odio?” è sempre la stessa, per tutti noi.

Se ci odiamo è perché durante la nostra infanzia abbiamo interiorizzato uno o più adulti, genitori,nonni, insegnanti, vicini di casa, o anche coetanei , fratelli, cugini, compagni di classe, di squadrasportiva, campeggio, orfanatrofio, riformatorio, sanatorio, lebbrosario, reparto oncologico, moltoaggressivi nei nostri confronti. Ricordate la simpatica nonna descritta al punto 3? I vostricompagni vi hanno sfottuto, crocifisso, hanno reso la vostra vita un inferno?

E allora?

Da bambini non eravamo noi i responsabili della nostra felicità, ora lo siamo.

Noi non possiamo scegliere cosa la vita ci mette davanti, ma possiamo scegliere comeaffrontarlo, ricordate?

Che cosa si intende per impossibile?

Fisicamente impossibile. Al di là di ogni ragionevole dubbio.

Sono cieco e voglio scalare la montagna più alta del mondo. Possibile? È già stato fatto. Ho unaparalisi spastica e voglio diventare neurochirurgo? Siamo al limite: potrebbe essere il sogno di unvisionario. Il sogno deve essere diviso in parti. Prima devo risolvere il problema tecnico delcome fare, mettere a punto un computer programmabile anche da muscoli non funzionanti checomandi un robot, oppure prima devo studiare una maniera di rigenerare i miei tessutidanneggiati: un buon ottimista visionario comincerebbe a lavorarci sopra, magari dando perscontato che non è detto che ci riesca prima della fine della sua vita, magari il risultato saràraggiunto da un successore, ma un visionario non mollerebbe.

Ho 57 anni, mai pattinato oppure mai corso, e posso essere felice solo se vinco le olimpiadi nelpattinaggio artistico o nei 100 metri piani. Qui mi odio. Non ho nessuna possibilità.

Lo schema sarebbe corretto se desiderassi semplicemente correre o imparare a pattinare sulghiaccio, ma c’è inserito lo schema ipercompetitivo, posso essere felice solo se vinco. Lo schema

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posso essere felice solo se vinco le olimpiadi è già un po’ deficitario per eccesso di competitivitàin un atleta dell’età giusta e della preparazione giusta: può funzionare solo a patto di una buonavalutazione del risultato parziale e in presenza dell’elasticità sufficiente per passare a uneventuale piano b. Nel caso nella 57enne siamo nei guai.

La regina di Biancaneve ha perso la sua bellezza, ma non è uscita dallo schema: solo essere lapiù qualche cosa del reame può rendermi degna di vivere.

Questo è uno schema perdente e auto aggressivo.

Se questo è uno degli item, io sono un perdente e un auto aggressivo. Perché? Molto semplice:ho interiorizzato l’aggressività di un adulto/ coetaneo / banda di coetanei. Devo liberarmi delleloro voci e delle loro opinioni mediante l’assunzione di responsabilità di me stesso e della miaanima e mediante il perdono.

Questo mi impone di uscire dallo schema vittimistico, che è un piacere, un marciostramaledetto piacere, uno di quei piaceri idioti e sporchi, come grattarsi la crosta e farlasanguinare. Un maledetto piacere è anche picconarmi addosso: ma quanto sono idiota, farò dinuovo schifo, ma è evidente che farò di nuovo schifo.

Nel picconarmi addosso c’è di nuovo un maledetto e sporco piacere. Chi si piccona addosso hainteriorizzato una o più figure svalutanti che lo hanno svilito durante l’infanzia, e nel picconarsiaddosso si identifica con loro. Prova lo stesso piacere che provavano loro a svilirlo, perché di unpiacere si tratta, l’ancestrale piacere, assolutamente presente in tutti gli animali dotati di vitasociale, di provare piacere davanti alla sconfitta o all’impotenza altrui. Questo ci fa sentire, percontrasto più forti, è lo stesso concetto per cui un foglio azzurro sembra più chiaro contro unosfondo blu scuro e più scuro contro uno sfondo bianco. E dato che noi siamo quello chepensiamo di essere, assistendo all’umiliazione fisica o psichica di un altro mi sento più forte iomi sento più forte. Ecco perché era “piacevole” per popolazioni che non avevano il corredo dineuroni a specchio che abbiamo noi assistere a spettacoli tremendi come quelli degli anfiteatriromani o quelli delle piazze in epoca medioevale e moderna. Quindi controllare il dialogointerno, sempre.

Esempio: torno dal supermercato e mi accorgo di avere dimenticato le patate. La frase è “quantosono scema”. Volendo si può anche andare avanti per ore, sono sempre così scema, ora comefaccio senza patate, sono sempre pasticciona e idiota, arrivo sempre in ritardo, devo fare le cosedue volte, eccetera. Un allenato può dannarsi una giornata per le patate lasciate al supermercato.Perché poi? Perché una persona deve essere umiliata per aver dimenticato le patate? Ho dimenticato le patate. Quanto sei idiota.

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È in dialogo padrone cattivo e servo maltrattato, oppure tra genitore aggressivo e figlio svilito.Perché dobbiamo continuare a ripetere questo obbrobrio? Non eravamo responsabili da bambinidi averlo subito. Siamo responsabili ora di perpetuarlo. La nostra felicità è una nostraresponsabilità, lo ripeto così spesso perché io ho impiegato un tempo molto lungo perconvincermene e modificare il mio pensiero e quindi la mia vita. Per cambiali completamente. Esono cambiati. Completamente. Da capo: dimenticate le patate. La frase corretta potrebbe essere:ho dimenticato le patate: come sono normale. La mente umana normale non memorizza il 100%.Se così fosse annasperebbe soffocata dall’eccesso dei ricordi fino a diventare una mentegravemente deficitaria, come quella descritta nel film Rain Man.

Ho dimenticato le patate: come sono normale. La mente umana normale non memorizzaparecchio meno del 100% soprattutto se è piena di cose e la nostra mente, la mente di noiindividui che ci muoviamo in una realtà complessa come mai prima nella storia, è piena di cose. Ho dimenticato solo le patate: come sono brava. Non male ma possiamo fare di meglio.

Sono andata al supermercato e ho dimenticato solo le patate. Quanto sono grande. In primoluogo i quattrini di famiglia li ho spesi al supermercato invece di strafarmi di coca, ho guidatofino al supermercato senza ammazzare nessuno perché ho guidato sobria e ho rispettato i segnalistradali, fate caso a quanto questi comportamenti sono considerati encomiabili nelle famigliedove c’è un cocainomane o un alcolizzato. Allora: come sono stata brava.

Al supermercato ho pagato fino all’ultimo centesimo quello che ho preso, ho di nuovo guidatofino a casa senza lasciarmi una scia di sangue e gente urlante alle spalle e ho parcheggiatolasciando intatti sia l’auto che il muro.

Un applauso per Super Silvana.

Sui danni del dialogo interno svalutante e sulla necessità di correggerlo ci sono i lavori dellapsichiatra statunitense Beck. Ci vuole un’autodisciplina costante.

Parliamoci chiaro, la felicità esiste, e noi possiamo averla. La felicità vera, una luce che citraversa e che inevitabilmente illuminerà tutti quelli che ci incontrano, ma è il frutto una volontàeroica, almeno all’inizio di un’autodisciplina di acciaio. Controllate il dialogo interno. Un truccopuò essere parlare a sé stessi come se si parlasse in terza persona di un supereroe: ecco supermamma che leva Arianna dalla culla, si precipita al fasciatoio e cambia il pannolino a tempo direcord. Riuscirà supermamma a portare Francesco in tempo a scuola? Certamente sì, un applausoper supermamma. Be’, è divertente. Se lo fate ad alta voce i bambini si sbellicano. Arianna è troppo piccola, maFrancesco morirà dal ridere.

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L’unica maniera per non tenere stretto al petto il nido di vespe è il perdono. Chiunque non miabbia amato, a maggior ragione chi avrebbe avuto il dovere di farlo, non mi ha potuto amareperché non amava abbastanza se stesso e la vita. Perdono chiunque mi abbia fatto del male. Inquesta maniera lo allontano da me. Non può più farmi del male. Io mi assumo la responsabilità diamarmi io.

L’unica maniera per non tenere stretto al petto il nido di vespe è il perdono. Chiunque non miabbia amato, a maggior ragione chi avrebbe avuto il dovere di farlo, non mi ha potuto amareperché non amava abbastanza se stesso e la vita. Perdono chiunque mi abbia fatto del male. Inquesta maniera lo allontano da me. Non può più farmi del male. Io mi assumo la responsabilità diamarmi io.

Continuiamo a osservare la lista di 10 item come fonte di osservazione su di noi.

Se c’è:

al numero 1 voglio diventare veterinario

al numero 3 voglio avere una pensione per animali e

al numero 8 voglio allevare basset hound e o pastori tedeschi e o gatti siamesi e o caprettetibetane e o anatre mandarine e pavoni, è evidente che tutti i miei desideri vanno nella stessadirezione e sono di facile realizzazione.

Se all’item numero 2 c’è diventare un fotografo naturalista di fama mondiale (che non è ilnaturalista di fama mondiale più bravo del mondo, la regina di Biancaneve qui è fuori dai piedi),e

l’item numero 6 è fare il giro del mondo in barca a vela, di nuovo i desideri sono tutti nellostesso senso e mi danno informazioni su quello che voglio dalla vita. È sufficiente che mi ricordidi portarmi la macchina fotografica sulla barca a vela, le macchine fotografiche quella terrestre equella subacquea, e due terzi del lavoro sono fatti.

Ma se l’item numero 1 è avere un allevamento di basset hound e o pastori tedeschi e o gattisiamesi e o caprette tibetane e o quello che è e l’item numero 2 è fare il giro del mondo in barca avela, la domanda, attenzione al tono di voce è una semplice richiesta di informazioni, è: “perchémi sto auto sabotando?”. L’indecisione tra destini contrastanti è una sacrosanta realtà infantileancora accettabile nell’adolescenza, non oltre. È da bambini che siamo ancora cellule staminali enon abbiamo ancora deciso se da grandi vogliamo fare la cellula del fegato o quella del rene.

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Un bambino, o un adolescente, può voler fare il veterinario al mattino, il pompiere alpomeriggio, l’astronauta il giorno dopo eccetera. Un adulto, e il nostro essere adulto comincia a16/18 anni in tutti i sensi, non solo legale, ma anche biologico e psicologico, deve sapere dove èla sua passione, deve sapere dove sono le sue priorità. A 18 anni è necessario che noi sappiamochi siamo e cosa vogliamo dalla vita. Se ancora non lo sappiamo è perché ci stiamo auto-sabotando. Abbiamo interiorizzato un adulto o un insieme di adulti il cui messaggio finale,riassunto ai minimi termini, è stato “ tu non ci provare nemmeno tanto non sei capace” e noicontinuiamo a eseguire l’ordine di non provarci nemmeno. Un altro motivo dell’ordine “non seicapace, quindi non provarci nemmeno” è che l’adulto era maledettamente spaventato dalla suasupposta incapacità a vivere solo, senza di noi ed ha inculcato dentro di noi la certezza del nostrofallimento perché non ci allontanassimo.

Tutto qui.

Ricordate quello che abbiamo già detto, il nostro cervello si è evoluto nella preistoria, noi siamodegli individui che devono confrontarsi a un mondo postmoderno mediante un cervellopreistorico. Nella preistoria quello che ti dicevano gli antenati, gli anziani, i genitori, attento alleone, non perdere il controllo del fuoco, cuoci la carne prima di mangiarla che campi di piùeccetera era la roba che ti salvava la vita, quindi noi tendiamo e eseguire per tutta la vita gliordini interiorizzati nell’infanzia. Se l’ordine è stato “tu non ci provare nemmeno perché no seicapace” noi rischiamo di diventare degli adulti in costante fase di paralisi, ma, questa è la partecarina e divertente di tutta la baracca, rispetto all’uomo preistorico noi abbiamo tutta la cortecciacerebrale in più e quindi è sufficiente che impariamo a riconoscere lo schema, che lodisinseriamo.

Il genitore che ha trasmesso questa informazione è un genitore che aveva interiorizzato loschema regina di Biancaneve. Chi ha questo schema tende a schiacciare i propri figli. Perulteriori particolari su questo argomento vedere anche Il drago come realtà, il mitico eirrinunciabile saggio sull’immaginario collettivo scritto da me e acquistabile per pochi euro nellemigliori librerie (anche perché quelle peggiori e quelle così così tengono solo i best seller, HarryPotter, la saga dei vampiri e i libri di Moccia).

Seconda alternativa: un genitore che aveva paura della solitudine, non avendo mai scoperto lapropria forza, non essendo cioè mai diventato adulto. Lasciate andare la voce di questo genitore,perdonatelo, è una dannazione essere la regina di Biancaneve o quello che non sa vivere solo.

Riprendetevi la vostra vita e stabilite le priorità. Prima o poi insegnerete anche al vostro genitorea cavarsela meglio: voi diventate felici e lui/lei seguirà a ruota.

Le priorità si stabiliscono mediante la visualizzazione, così cominciamo tutti ad allenarci conquesta tecnica potente, che sarà una delle chiavi fondamentali per la nostra felicità, una felicità

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vera, completa, la capacità di avere dentro di sé la luce e irradiarla. Fatevi una tavola dellavisualizzazione. È importante perché quando noi usiamo anche immagini il nostro cervellofunziona in maniera più completa. Scrivete possibilmente a mano non con il computer. Questoconsiglio, scrivete a mano, è valido anche per coloro che facciano lavori di scrittura creativa. Leparti difficili scrivetele a mano. Si utilizza meglio l’area di Broca ( area cerebrale della scrittura)e la scrittura migliora. Provare per credere. Sulla vostra tavola delle visioni, incollate foto, deglianimali che volete allevare, di quelli che curerete, scrivete, a mano, tra una fotografia e l’altra, ivantaggi, ma anche gli svantaggi del fare il veterinario. Quanto amore vi circonderà, quante voltedovrete alzarvi alle due di notte, la quantità di escrementi che dovrete pulire tutte le mattine ( almassimo un giorno su due). Visualizzatevi mentre ricevete le persone nel vostro ambulatorioveterinario, mentre i cagnolini vi corrono incontro, visualizzatevi mentre consegnate un cuccioloforte e sano nelle braccia di una ragazzina che da anni lo chiede a Babbo Natale. Poi, altro fogliodelle visualizzazioni, fotografie di barche a vela, di delfini, di code di megattera che si stannoinabissando, del mare che scintilla, sotto il sole al tramonto, delle costellazioni e la via lattea chebrillano sopra di voi creando una semisfera perfetta. Dormire sotto le stelle, oppure dormire nellapuzza della cucina perché i locali quelli sono, quando ci sono sei giorni filati di pioggia si dormenell’odore delle cipolle un po’ marce, ma ci sono solo quelle, fino al prossimo porto meglio nonbuttare via niente. Convivere con i piedi freddi e bagnati, per giorni. Convivere con un caldoporco. Bonaccia, solitudine abissale. Svegliarsi disposti a vendere l’anima a Belzebù essomedesimo per un cappuccino, un croissant come Dio comanda, e il fruscio di un quotidiano.

Per distinguere le infatuazioni dalla vera passione, visualizzate tutti gli effetti negativi,visualizzateli con attenzione, restate concentrati su di loro, perché la vostra passione, ed è unapassione assolutamente degna, potrebbe anche essere fare l’impiegato di banca o delleassicurazioni, e quella del velista essere un’infatuazione con cui vi nascondete la vostra verapassione, una vita regolare, perché la ritenete meno romantica e spettacolare. Se avete lapassione dell’onestà e dell’organizzazione fate l’impiegato di banca e delle assicurazioni, primao poi diventerete funzionario o dirigente e il mondo sarà nettamente migliore. Se avete lapassione della cordialità, l’ufficio delle poste aspetta solo voi. Dato che ormai abbiamodimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che gli stati mentali sono contagiosi, seguire lanostra passione, essere chi siamo, è non solo il primo dei nostri doveri verso noi stessi, ma ilnostro primo dovere nei confronti del mondo. L’egoismo ( rendo felice me stesso) quindi è ilprimo gradino della generosità (faccio dono della mia allegria al mondo: il lato divertente è chepiù la dono più ce ne è per me. Abbiamo imparato a moltiplicare i pani e i pesci) e quicominciamo a incontrare un, altro punto fondamentale, il pensiero paradossale, già contenutonelle Upanishad nel Talmud e nella Kabbala. Il pensiero paradossale comincia a levarci dalpensiero logico e lineare dell’emisfero di sinistra e a introdurci nel sistema cognitivo analogicodel sistema di destra. Senza pensiero paradossale non può esistere l’umorismo, questo è il motivoper cui i popoli molto forti nel pensiero paradossale hanno un gran senso dell’umorismo.

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Quindi, per noi e per il mondo, noi dobbiamo seguire le nostre passioni e capire quali sono lenostre passioni mediante la visualizzazione. Se abbiamo la passione di curare i lebbrosidiventeremo Madre Teresa, se abbiamo la passione del denaro, moltiplicarlo come i pani e ipesci, che ce ne sia per noi e per tutti, diventeremo Bill Gates, se abbiamo la passione dellacordialità, ufficio delle poste. Tutte le posizioni sono ugualmente etiche. Diventare Bill Gates oimpiegato alle poste non sono posizioni meno etiche di curare i lebbrosi. Se tutti facessimoMadre Teresa l’economia mondiale crollerebbe, nessuno assisterebbe i miserabili perché tuttisaremmo miserabili.

I lebbrosi andateli a curare solamente se ne avete voglia, se avete voglia di vedere posti nuovi, disentirne l’odore, di scoprire piantagioni con frutti di cui ignoravate il profumo, se le malattiedermatologiche non vi infastidiscono. Se vi state sacrificando, se non è questa la vostra passione,statevene a casa vostra. Se mi sacrifico sono infelice. E l’infelicità è contagiosa, che lo si vogliao no. Nessuno può entrare nella mia testa e conoscere o rubare i miei pensieri. Ma esiste(Watzlawick, Erikson, Liotti, tutte le acquisizioni delle neuroscienze sui neuroni a specchio, illinguaggio non verbale, le microespressioni) una sorta di telepatia emotiva, la coscienza è unostato interpersonale. Chi si è sacrificato è infelice, chi è infelice irradia infelicità, se i lebbrosi e iluoghi in cui vivono non sono la vostra passione, una cosa che vi diverte, allora stare con lorosarà una tortura. Lasciate perdere, hanno già la lebbra, non contagiate la vostra infelicità. Fatealtro. E i lebbrosi? I lebbrosi li assisterà qualcun altro o si assisteranno da soli, per inciso, grazieanche a Bill Gates l’India sta diventando un gigante informatico, un luogo dove la ricchezzaaumenta ogni anno. Una volta che abbiano a disposizione un sistema sanitario che metta adisposizione i chemioterapici necessari, la lebbra è sotto controllo, i lebbrosi se ne stanno a casaloro a farsi gli affari loro. Bill Gates ha contribuito alla felicità dei lebbrosi non meno di MadreTeresa di Calcutta, e se tutte le volte che aveva bisogno di mandare una raccomandata haincontrato un impiegato cortese e simpatico il sistema ha funzionato ancora di più. Sii te stesso,segui le tue passioni, è infatti un fondamentale comandamento del buddismo ed è ilcomandamento numero nove, non desiderare la roba d’altri, della legge mosaica. Non desiderarela roba d’altri non sta difendendo la proprietà privata. La roba d’altri sono i loro oggetti, se midistraggo a desiderare gli oggetti degli altri, non mi concentro sul produrre ricchezza econquistarmi gli stessi oggetti io, ma, attenzione, non devo desiderare la vita degli altri. VictorFrankel non spreca la sua energia a domandarsi perché diavolo gli altri abbiano avuto una vitadove il campo di sterminio non c’era e lui no, fa il meglio che può con quello che ha, una vitadove il campo di sterminio c’è stato e tutte le persone che lui amava vi sono state uccise.Eriksson non spreca tempo a volere quello che gli altri hanno: un cervello senza dislessia, unsistema nervoso centrale mai aggredito dalla poliomielite. Inchiodato sulla sua sedia a rotelle fail meglio che può, studia le incredibili potenzialità taumaturgiche dell’immaginazione umana.Senza quella sedia a rotelle non ci sarebbe mai arrivato, allora cominciamo a essere felici diquello che siamo, segui il tuo talento, non desiderare la roba d’altri, cominciamo a essere fieri diquello che abbiamo, qualsiasi cosa esso sia e facciamo vedere quanto siamo bravi a trasformarloin luce.

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Esempi di item

Cosa possiamo scrivere sulla nostra agenda.

Voglio trovare un lavoro. Sono disperato, devo trovare un lavoro.

Vorrei non sentire più mia figlia che piange dall’altra parte della porta chiusa. È sempre sola,sempre triste, ho paura che stia giocando con l’idea del suicidio.

Peso duecento chili, ho il culo basso e i brufoli, dove trovo l’aspirante suicida che potrebbeamare me?

Sono stufo di contare i centesimi, voglio avere anche io un po’ di soldi in tasca.

Sono stufo di soffrire di insonnia.

Vorrei non mi capitasse più, mai più, proprio mai più, anche perché, ecco, in un certo senso, nonso proprio neanche come dirlo, vorrei essere sicuro che quando sono con una ragazza e arriviamoal dunque, non mi succeda più che, ecco… quella roba lì, è talmente orribile che non voglionemmeno scriverla (in termini tecnici impotentia coeundi generata da ansia da prestazione).

Vorrei laurearmi in medicina (o altro) beh, almeno finire gli esami del primo anno, perché non liho ancora dati e adesso sono al terzo.

Vorrei diventare scrittore, ma figurati, è tutta una lobby, tanto anche se sei Shakespeare se nonconosci nessuno col fico che ti pubblicano.

Vorrei diventare attore, ma figurati, è tutta una lobby, tanto anche se sei Anna Magnani/Mastroianni se non conosci nessuno col fico che ti prendono.

Vorrei fare un giro in mongolfiera.

Vorrei essere amato.

Vorrei essere bello, almeno non così brutto.

I miei colleghi sono delle iene, vorrei che il pavimento si aprisse e li inghiottisse uno dopol’altro, poi si richiudesse dolcemente come l’oceano dopo il passaggio delle megattere.

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Vorrei che la stanza si riempisse di angeli che portassero via mio marito, lasciando al posto suoun uomo gentile e simpatico possibilmente somigliante a Brad Pitt/Marcello Mastroianni dagiovane.

Vorrei un tailleur di Armani/Gucci/Valentino.

Vorrei un paio di scarpe di Prada/Ferrè/qualcun altro.

La lista dei desideri è fondamentale.

A) Come fonte di informazione su di noi.

B) Per darci la direzione: nessuno può avere il vento in poppa se non sa in che direzione deveandare.

C) Per darci la motivazione per l’azione, perché è l’azione, l’azione ripetuta, l’azione ostinata,l’azione che non si arrende mai quella che ci porterà quello che vogliamo Thomas Edison hainventato la lampadina al 138 esimo tentativo. Lui ci ha lasciato scritto io non ho fallito 137 volteho trovato 137 ottime maniere su come non si fabbrica una lampadina, personalmente nellospazio dei dodici anni durante i quali nessun mio libro è stato pubblicato io ho scoperto decine diottimi sistemi su come non si pubblica un libro. Per noi è fondamentale la lista dei nostri desideriche noi dobbiamo sempre avere sotto gli occhi per vincere quella che noi chiamiamo pigrizia. Lapigrizia è un sistema naturale di difesa di madre natura, ricordo ancora una volta che il nostrocervello si è evoluto nella preistoria, la pigrizia serve per evitare di disperdere energie. Il leone,come l’uomo preistorico, non fa footing, o corre dietro alla preda o dorme nell’ombra, se facaldo, al sole se fa freddo. Il nostro cervello ancestrale è impostato sullo schema dellagratificazione, mi muovo solo per una gratificazione. La lista dei desideri, organizzata però inmaniera da darmi piacere, questo è un punto fondamentale su cui ritorneremo, mi deve fornire lacontinua gratificazione per mettere in moto l’azione.

D) E questo è il lato più bello di tutto il sistema, la lista dei desideri deve rendermi in qualchemaniera felice subito. Il solo farla mi deve rendere felice.

Ci sono altri item che potrebbero comparire.

Vorrei non avere il cancro. Almeno un cancro più piccolo.

Mio figlio ha il cancro.

Mio figlio è morto. Non so cosa potrei volere. Riavere mio figlio indietro? Non mi sembranemmeno decente chiedere di soffrire meno. Essere lasciato in pace non mi dispiacerebbe.

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Vi dispiace se cominciamo dalla morte del figlio?

Come si sopravvive alla morte di un figlio. È decente anche sono cercare di soffrire meno dopola morte di un figlio?

I due racconti sulla morte del figlio: sono ne “Il cavaliere, la strega, la Morte e il diavolo”, editoda Lindau.

UNA STORIA COME TANTE.

Venerdì 7 Aprile.

Eserciti di formiche girano per la mia casa. Si intersecano e si incrociano, formando geometrie dirighe e puntini.

Quando manca la corrente, durante i temporali estivi, la televisione non funziona, e allora guardoloro, con il loro continuo movimento di puntini che si spostano e si intersecano. Portano via lebriciole che mi cadono dal letto. Faccio un infinita attenzione a non schiacciarle quando mi alzo.Senza di loro, la mia solitudine sarebbe veramente infinita, come quella di un astronauta su unmeteorite.

Mi alzo solo per andare in bagno e per prendermi le cose da mangiare in cucina. Questa casa è unoceano e questo letto è una zattera da cui oso abbandonare, come tutti i naufraghi, solo per lostretto necessario. Cambiarmi la camicia da notte e le lenzuola non fa più parte dei bisogniprimari da quando tre mesi fa la lavatrice ha smesso di funzionare.

Guardo il mondo attraverso la televisione. Le formiche e i biscotti del droghiere riempiono lamia vita. Non ho bisogno di niente altro. Accreditano la mia pensione direttamente alla banca. Labanca paga le bollette e gli addebiti del droghiere. La drogheria mi manda la roba a casa; fannole consegne al giovedì. Il garzone consegna la roba lasciandola davanti alla porta, così nondobbiamo incontrarci e non mi chiede perché compro roba per otto visto che qui ci vivo sola. Glirisponderei che vivo con le formiche. Siamo migliaia. Da quando ho superato i cento cinquantachili non so più il mio peso perché la bilancia non va oltre; allora ho fatto rinforzare il fondo delmio letto. È stato tre anni fa. Da allora nessun altro oltre me e le formiche è entrato in questastanza.

Come i Simpson e l'occidente postmoderno ho perso la decenza, ma conservo la mia innocenza.Oggi ci sono due episodi di dottor House. Prima della fine del mese ridaranno Guerre Stellari.

Sabato 8 Aprile.

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Il televisore si è rotto. Guardo da due giorni linee grigiastre che tremolano come pozzanghere.Non avessi smesso di piangere venticinque anni fa credo che piangerei. Nemmeno ai Simpson,che sono quattro, una tegola del genere gli era mai arrivata. Io devo sommarmi alle formiche perdire noi.

Bisogna che cerchi di ricordarmi dov'è la guida del telefono, in quale angolo di questa stanzasemibuia e sotto che cosa.

Lunedì 10 Aprile.

Oggi ho telefonato dove avevo comprato il televisore. Verrà un tecnico.

Mercoledì 12 Aprile.

Il tecnico della televisione é arrivato. In realtà il tecnico della televisione appartiene al sessofemminile, particolare di cui all'inizio della nostra conoscenza non mi sono resa conto, perchétiene tutti i capelli completamente nascosti sotto il berretto e il resto nascosto in un blusone didue taglie superiore alla sua. Non mi era venuto in mente che anche le donne riparassero itelevisori. Il tecnico della televisione mi dice che le donne fanno anche l'astronauta.

Ho avuto una bambina che voleva fare l'astronauta, così poteva vedere le nuvole dal di sopra. Èstato venticinque anni fa.

Il tecnico della televisione dice che le manca un pezzo e che me lo porterà domani.

Il tecnico della televisione è una iena e mi dice che domani non mi monterà nessun pezzo se nonmi faccio trovare con le lenzuola e una camicia da notte puliti. Dico al tecnico della televisionedi farsi i cavoli suoi; faccio parte del pezzo di umanità che l'età dell'oro ce l'ha già avuta eneanche si ricorda più quando è finita. Mi ripari il televisore e levi il disturbo, ambedue le cosenel più breve tempo possibile. Il tecnico della televisione mi risponde che la sua assicurazione silimita alla tendiniti da uso improprio del cacciavite e alle scosse elettriche; l'antiinfortunisticanon copre la salmonella, il carbonchio e lei non è vaccinata contro il colera.

Mi sono arrabbiata. L'ho cacciata.

Erano anni che non mi arrabbiavo.

Giovedì 13 Aprile.

Ho fatto una doccia. Mi era dimenticata l'acqua tiepida sulla pelle e l'odore buono delloshampoo. Ho cercato di cambiarmi la camicia, ma nessuna delle altre mi va più. Ho fatto unaspecie di tunica con il copriletto a righe.

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Ho cambiato le lenzuola, ma non so che fare con quelle sporche, essendo la lavatrice defunta damesi. Ho trovato del detersivo per piatti: ho riempito il lavandino di acqua e schiuma e ci homesso dentro le lenzuola. Anche se non sono tazzine andrà bene lo stesso. Tra tre mesi, alprossimo cambio di lenzuola, mi porrò il problema di dove stenderle. Non bisogna esagerare. Poiti viene la sindrome della casalinga.

Venerdì 14 Aprile.

Il tecnico della televisione è tornato. Forse non è tanto una iena. Mi ha aiutato a stendere lelenzuola e mi ha chiesto di vedere la lavatrice. C'era solo il filtro intasato: l'ha fatta ripartire;invece il televisore è sempre fuori combattimento. Il pezzo che ha portato non raccorda, dovràportarne un altro. Mentre la lavatrice faceva un giro per essere sicuri che vada bene, il tecnico hatirato fuori dalla sua valigetta una bomboletta di insetticida e prima che riuscissi a fermarla mi hasterminato quasi tutte le formiche.

Le ho detto che le formiche erano mie, forse le avrei usate per farci una minestra o un quadrodelle Biennale. Le ho detto che stavo scrivendo un trattato di entomologia e così nessuno sapràmai come va a finire. Le ho detto che lei non ha il diritto di farsi gli affari miei. Tutto quello chemi serve è qualcuno che conosca il mestiere e faccia ripartire il maledetto televisore.

L'ho cacciata di nuovo. Però forse non é una iena. Andando via mi ha urlato che mi porteràqualcosa per farmi compagnia, così le formiche non mi mancheranno troppo.

Domenica 16 Aprile.

Ho lavato i pavimenti con acqua calda e sapone, sempre quello dei piatti, che è l'unico che è incasa, ma è troppo spumoso per qualsiasi utilizzazione fuori di un lavandino. Navigavo in unanuvola di bolle come la Cenerentola che canta dell'omonimo film. Prima avrei dovuto scoparli, ipavimenti, ma non ho trovato la scopa. È stata un fatica immane. Ercole al paragone era unnovellino. Dovevo spostarmi a quattro zampe con lo straccio e ogni due metri la saponata nelsecchio era da cambiare perché era diventata fango.

Venticinque anni fa facevo la saponata per far giocare la mia bambina alle bolle di sapone.

Quando ho finito di lavare ho buttato secchiate e secchiate di acqua per levare il sapone. Erosudata marcia. Bisogna che faccia un'altra tunica con un altro copriletto perché di pulito c'è solola camicia da notte e non ho più tanta voglia di stare in camicia da notte.

Lunedì 17 Aprile.

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Il tecnico della televisione è tornato e mi ha portato un cucciolo di gatto femmina. Dico cheavrebbe almeno potuto chiedere. Non sono sicura che il pelo di gatto non mi dia allergia. E poi igatti femmina tendono a fotocopiarsi, si comincia con uno e dopo sei cucciolate ci si ritrova consei diviso due elevato alla sesta potenza visto che la cucciolata media è di sei e che la metà deigatti sono maschi e non producono cuccioli in loco.

"Vale a dire?" Ha chiesto il tecnico.

"Vale a dire settecento ottantanove".

Per una volta il tecnico è rimasto senza parole. Quando le ha ritrovate, ha commentato che unacome me probabilmente fa le equazioni di secondo grado al posto delle parole crociate.

Già, è vero ero brava in matematica. In effetti per anni ho fatto le equazioni di secondo grado alposto delle parole crociate.

I miei libri di matematica devono essere da qualche parte, forse in soffitta. Neanche questa voltail televisore funziona.

Martedì 18 Aprile.

Il pezzo del televisore questa volta raccorda, ma il televisore non funziona ancora perché c'eraun'altra cosa rotta, da cambiare, lei non se ne era accorta.

Dico al tecnico che mi sto perdendo tutti i Simpson e anche Thelma e Luise. Dice che non sa dicosa parlo. Lei i televisori li ripara, ma non li guarda.

Deve essere un extraterrestre. Probabilmente è arrivata dal pianeta Vega come Goldreik. Uno diquesti giorni la sua testa si staccherà e se ne andrà per i fatti suoi dopo aver cacciato le zampe,come La Cosa di Carpenter o la mano della famiglia Adams.

Lei ha circa trent'anni, è piccola, rotonda, ha una faccia simpatica senza trucco. Anche la miabambina adesso avrebbe quasi trent'anni, se quel camion fosse riuscito a frenare.

Mercoledì 19 Aprile.

Ho telefonato al droghiere di mandare più latte per via del gatto. E di non mandare biscotti. Lasettimana scorsa mi sono avanzati. Poi ho chiesto detersivo per la lavatrice, per i pavimenti, per ipiatti, per la roba che si lava fuori la lavatrice, per i mobili, per le piastrelle, per la cucina, per ivetri, per i lavandini e anche qualche barattolo di D.D.T. o come si chiama adesso, perché io e lagatta bastiamo, come creature viventi, in questa casa. Ho ordinato anche una scopa, unospazzolone, due spugne, tre strofinacci e un barattolo di roba per l'argento, così lucido la

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zuccheriera e i tre cucchiaini sopravvissuti dei dodici originari: è tutto quello che mi resta delnaufragio del mio matrimonio; almeno che brilli.

Mercoledì 26 Aprile.

Oggi ho pulito la cucina. Ho messo anche le tendine in lavatrice. La gatta mi miagola attorno eogni tanto viene a farsi una strusciata contro le mie gambe. Mi chino a carezzarla e sento il suopelo morbido e le vertebre della sua schiena che si allungano sotto la mia mano per il piaceredella carezza. Le mie ossa scricchiolano in questa fatica del chinarsi, ma poi la mano incontra ilronron della gatta e ne vale la pena. Quando ho finito mi sono fatta la doccia e cambiata perchéadesso il camicione di ricambio ce l'ho. L'ho fatto usando gli asciugamani di cotone a fiori e oraho le frange in fondo e sul collo.

Alla sera sono rimasta seduta nella cucina pulita, con il camicione pulito addosso e la gatta sulleginocchia che faceva ronron. In cucina c'è la radio e sono stata a leggere vecchie riviste che hotrovato dietro la ghiacciaia. È piacevole leggere riviste. La prossima volta che viene il tecnicodella televisione si potrebbe fare una tazza di tea e poi stare un po’ in cucina con tutto pulito e lefinestre con le tendine. Ho pure la zuccheriera scintillante con i cucchiaini.

Giovedì 27 Aprile.

Sono andata in soffitta a cercare i miei libri di matematica; quelli su cui ho studiato io e quelliche mi sono serviti per insegnare agli altri. Ho un libro di equazioni della terza media e le facciocome un gioco di enigmistica, sentendo la radio, sul tavolo della cucina pulita.

Martedì 2 Maggio.

Il gatto è rimasto senza latte. Il droghiere fa le consegne solo il giovedì e oggi è martedì. Potreitelefonargli e spiegare che sono nei guai. Oggi non ha il garzone, ma potrebbe portarmi le cosequando chiude. Il gatto però resterebbe senza niente fino a stasera. Forse potrei andare alsupermercato.

Mercoledì 3 Maggio.

Sono andata io a comprare il latte. Avevo la tunica copriletto a righe e le ciabatte. Qualcuno si èvoltato e qualcuno no. Al supermercato ho comprato delle ciabatte nuove, quelle con la suolaortopedica, che vanno bene anche per uscire. Sono passata all'edicola e ho comprato qualchegiornale e un catalogo di roba per corrispondenza. Ho finito i soldi che avevo in casa. Dovreipassare in banca.

Venerdì 12 Maggio.

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Il televisore è sempre rotto. Forse il tecnico non riesce a trovare i pezzi. Sono andata in banca,volevo ritirare un bel po’ di soldi per non doverci tornare, ma in effetti l'impiegata ha ragione, èmeglio non averne troppi addosso e poi la banca è sulla strada del supermercato. In effetti alsupermercato la roba costa meno che dal droghiere. È vero che poi le cose me le devo portare acasa io, ma se la spesa la faccio giorno per giorno ce la posso fare.

Ho finito il libro di equazioni. Ho ricominciato la geometria analitica.

Venerdì 19 Maggio.

Ho ricominciato a cucinare. Il droghiere non aveva né carne né verdura fresche: al supermercatoci sono e sono buone. Mi ero dimenticata di com'era cucinare e mangiare roba cucinata.

Sabato 20 Maggio.

È arrivata la roba del catalogo per corrispondenza. Avevo preso le cose più grandi che c'erano.Mi stanno. Un po’ al pelo, ma mi stanno.

Il tecnico non è ancora venuto a riparare il televisore.

Giovedì 1 Giugno.

Il tecnico della televisione è tornato e neanche questa volta il televisore è ripartito. Adesso lacasa sembra la pubblicità del mastrolindo, ma il tecnico della televisione spiega di nuovo che èsempre colpa mia se non riesce a riparare il guasto, e mi avrebbe stupito il contrario. Il fatto èche l'edera che ricopre la casa è cresciuta anche sulle finestre che non si possono più aprire. Mipiace la mia edera. Le sue foglie sembrano scaglie di un drago e la mia casa sembra una via dimezzo tra l'antro di una strega e la tana di uno gnomo. Il tecnico dice che mica bisognaabbatterla. Basta salire su una scala e tagliare quella che blocca le finestre, così usciamo daquesta penombra da miniera prebellica e lei riuscirà a riparate il televisore. Ho detto al tecnico diportarsi dietro una pila e qualcuno che conosca il mestiere la prossima volta che torna, cosìpotremmo interrompere la frequentazione e io potrei tornarmene a guardare i Simpson e leriedizioni di Thelma e Luise.

Lei se n'è andata sbattendo la porta.

E poi io non sono in grado di salire su una scala. Avrei bisogno di una rampa per ippopotami, e lehanno solo negli zoo.

Venerdì 2 Giugno.

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Ho chiesto al postino se conosceva qualcuno disposto a tagliarmi l'edera. Dice che può farmelolui. Verrà sabato pomeriggio. In cambio tutte le mattine si fermerà da me per una tazza di caffè.Dice che è carina la mia cucina. È un posto dove ci si ferma volentieri a fare due chiacchiere etirare il fiato. Dice anche che è contento di conoscermi. Sono cinque anni che distribuisce laposta da questa parte del fiume ed è la prima volta che mi incontra.

Giovedì 8 Giugno.

Il postino ha tagliato l'edera in eccesso. Gli ho anche chiesto di piantarmi una rosa. Il tecnicodella televisione dice che gli piacciono. Io gli ho fatto trovare la torta con la crema. Non miricordo quanto tempo è che non la cucinavo. Ero brava a cucinare. Mi piaceva. Il postino mi hadetto che cercano qualcuno due ore la mattina alla biblioteca comunale. Non hanno trovatonessuno perché la paga è piuttosto simbolica, ma tanto io non dovrei sbarcarci il lunario, forsepotrebbe interessarmi.

Mercoledì 14 Giugno.

La paga in effetti è simbolica, ma posso leggere tutti i libri che voglio, sia lì che a casa mia. Poila gente quando va in biblioteca sorride, è simpatica; mi chiama signora bibliotecaria. Al mattinoaspetto il postino, ci facciamo il caffè insieme, poi lui si finisce il suo giro e io vengo ad aprire labiblioteca. È simpatico il postino. Vive solo: sua moglie è morta, molto tempo fa, e i suoi figlisono cresciuti e se ne sono andati, poco tempo fa. Tra due anni andrà in pensione anche lui. Finoa allora possiamo dividerci il caffè al mattino. A nessuno dei due piace prenderlo solo.

Venerdì 30 Giugno.

Ora che esco tutti i giorni è meglio che ordini qualche altra cosa al catalogo di roba percorrispondenza. Magari una taglia di meno; ho dovuto stringerla tutta la roba dell'altra volta.

Lunedì 10 Luglio.

Oggi c'è una pioggia torrenziale. Il tecnico della televisione è tornato. Mi ha detto che per il miotelevisore non c'è niente da fare, non lo può riparare. Le ho detto che non importava. Le hochiesto se voleva sedersi, prendere un caffè, una fetta di torta. Ha detto di no. Continuava aripetere:

"È tardi, devo andare via, devo andare via".

È corsa via sotto la pioggia; non sono riuscita a fermarla. Volevo almeno darle un ombrello.Mentre correva il berretto le è volato via. Lei lo tiene calcato sugli occhi, così che non si vedonoi capelli. Oggi si sono visti, mentre il cappello le volava via. Sono rossi, rosso fiammante, come

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quelli della mia bambina. Anche quel giorno c'era la pioggia, per questo il camion non è riuscitoa frenare.

Il rumore della pioggia e poi quello della frenata del camion. Mi metto a piangere. Eranoventicinque anni che non piangevo. Mi metto a piangere e non smetto fino al mattino. Miaddormento alle prime luci dell'alba con il gatto che mi dorme contro e il profumo dell'erbabagnata che entra dalle finestre aperte. Il temporale è finito.

Lunedì 17 Luglio.

Sono andata al negozio dove ho comprato il televisore. Mi hanno detto che deve esserci stato unerrore: il loro un unico tecnico è inequivocabilmente di sesso maschile e non fa riparazioni adomicilio.

L'ULTIMO ESAME.

Il liceo è ancora chiuso.

Non sono il primo. Ci sono ragazzi e ragazze seduti davanti che aspettano l’apertura. Sonogiovani uomini e giovani donne che aspettano di sapere con che voto andranno affrontare la vitae l’esame di ammissione alla facoltà. Mi siedo nascosto tra le colonne del porticato. Non voglioincontrarli. Non voglio le loro condoglianze. Non tollero il mi dispiace tanto di chi ha la vitadavanti.

Il liceo si apre. Loro entrano, leggono, ridono, non ridono, escono di nuovo nel sole: la luceproietta le loro ombre sul selciato. Si risiedono sulle scale. Uno è incazzato come una iena, madomani sarà vivo e dopodomani pure, la luce continuerà a proiettare la sua ombra sul selciato,come osa essere furioso, miserabile cretino.

Arriva anche lei. Lei piange. Gli altri si alzano. Gli altri le stanno attorno, le dicono che glidispiace tanto, che non è mica detto che non sia vero, è senz’altro vero, mica sono mostri, masmetterà di essere vero tra otto minuti; tra otto minuti torneranno a ridere, a scambiarsi sigarette,a incazzarsi, lei smetterà tra più tempo, forse tra otto mesi forse tra otto anni, forse mai, forse loricorderà sempre, forse chiamerà Stefano il primo figlio o il secondo o il quinto, ma lei avrà unprimo figlio, un secondo, un quinto, il sole proietterà anche la loro ombra. Non sopporto neanchelei a dirmi che le dispiace tanto.

Loro vanno via, ne arrivano altri. Ci sono altre risa, altre incazzature, altre sigarette scambiate.Ogni tanto il tono si abbassa, le risa si interrompono, qualcuno dice che gli dispiace tanto, che èsenz’altro vero, mica sono mostri, ma c’è anche il compiacimento di essere, loro, la classe quinta

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B, quelli sfiorati dalle ali della morte , interessati dall’ombra della tragedia, sui quadri, in mezzoai loro nomi c’è anche lui, Stefano Indaco, nato il 18 11 1980, maturo con 60/60 e morto ieri,andato a scuola giorno dopo giorno, terapia, dopo terapia, operazione dopo operazione, annodopo anno: loro gli hanno tenuto la testa al gabinetto quando vomitava, hanno picchiato quelliche lo sfottevano perché era calvo, sono venuti a casa la domenica pomeriggio invece di andare agiocare a pallone a fargli fare i compiti che non aveva fatto perché invece di stare a scuola erastato in ospedale a farsi operare. O a fare maledette flebo che gli facevano vomitare l’anima, malui diceva che non era vero. O a farsi irradiare. O a fare esami che dicevano che, be’, sa guarito,no, migliorato nemmeno, ma stazionario, ecco stazionario, stazionario è la parola giusta, corretta,c’è un equilibrio tra lui e la malattia, tra lui e il mostro, tra lui e il drago.

Il drago è arrivato quando non c’ero. Ero nell’Oceano Indiano Ero andato a prendere un cargo aSydney: era stata la prima nave di un mafioso pieno di quattrini come la bunderbank, la rivolevaper motivi affettivi o forse ci aveva stivato mezzo quintale di cocaina da qualche parte e iomanco lo sapevo. Bho. Era una bagnarola del cavolo, si trascinava lungo le coste dell’India: lebarche a remi dei pescatori ci doppiavano. Il mare era blu e verde chiaro. Gli orizzonti eranopieni di gabbiani. Io avevo ventiquattro anni, la testa pieni di sogni, gli occhi pieni di orizzonti.Mi avevano appiccicato una moglie e un ragazzino, lei era stata troppo scema per non restarci eio mi ero sposato più che altro perché altrimenti mio padre mi avrebbe ammazzato di botte.L’unica cosa che volevo era il mare. Aspettavo l’occasione per andarmene, in un mondo pieno diporti e pieno di gabbiani. Non me ne ero ancora andato solo perché l’occasione non era ancoraarrivata.

Mi arrivò invece un cablo dalla scema, pardon la mia signora, diceva che il bambino era malato.Del bambino non me ne era mai strafottuto un fico, tutto quello che facevo nei pochi giorni in cuici convivevo, era stare il meno vicino possibile alle sue manine sbavose a ai suoi pannolinicaccolosi, ma ora c’era il cablo, quella parola sinistra: leucemia, scritta con due m, la mia signoranon è mai andata oltre la terza elementare, d’altra parte non avevo trovato nessun’altra disposta adarmela, quando si hanno venti anni e si vive nel fondo di un paesino sulle coste calabre bisognaaccontentarsi.

Non c’era altro da fare se non portare avanti la bagnarola, porto dopo porto, gabbiano dopogabbiano. Dei gabbiani non me ne importava più un fico, dei porti neanche. C’era il cablo,l’ammasso di pannolini sporchi e bavaglini sbavati era diventato un bambino con la leucemia, ilmio bambino con la leucemia, affidato a una minorata mentale semianalfabeta, che aveva l’unicomerito di avermela data quando nessun’altra voleva sentirne parlare.

Sono arrivato dopo interminabili ventisei giorni. Tutto quello che mi interessava era arrivare. Luiera alla clinica pediatrica. Mi sono messo a cercarlo per le corsie. Finalmente ho trovato quelladell’oncologia. C’era un ragazzino con la testa fasciata, una bambina con le mani fasciate, e unoscacazzino che sembrava vomitato da un campo di sterminio, che se ne stava attaccato alle sbarre

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del lettino e urlava: -Papà-, un urlo acuto, che mi perforava i timpani, fin dentro al cranio. Eroarrivato fino alla fine del corridoio prima di riconoscere la voce. Mi ero girato. Avevo guardatolo scacazzino: avevo riconosciuto il pigiamino con le papere, glielo aveva regalato mia madre.Avevo riconosciuto gli occhi, quel colore grigio-azzurro del mare in inverno. Il nome sul graficosopra il lettino era il suo. Non riuscivo a riconoscere lui. Lo guardavo e non lo riconoscevo. Loavevo preso in braccio e mi ero messo a cercare i medici. Lui mi abbracciava e mi chiamavapapà. Papà bello. Voleva che lo portassi via. Della scema aveva già imparato a non fidarsi, ma dime si fidava ancora. Cercai i medici, gli chiesi urlando come avevano osato ridurlo così. I medicimi chiesero urlando come osavo pensare che ridurlo così fosse stata una scelta. Mi ero messo apiangere. Stefano diceva: -Papà bello...casa- sempre più piano. Anche di me imparava a nonfidarsi. Come la scema, non lo avrei portato via di lì. Sarebbe rimasto a pigolare -...Casa...- comeun piccolo ET dimenticato dall’astronave su un pianeta alieno, pieno di fleboclisi che fannovomitare.

Almeno non lo avrei più lasciato solo.

Mi sono trasferito a terra. Un posto nel porto. Sto a undici minuti netti dalla clinica pediatrica.Otto di notte. Tredici con i semafori rossi. Cinque alle quattro del mattino, quando non c’èproprio nessuno.

Otto ore di scartoffie e polvere, ma poi alla sera ritornavo da lui, dai suoi occhi grigio-azzurrocolore del mare di inverno, dove volavano i gabbiani. Il drago stazionava. Prima o poi qualcunoavrebbe inventato l’Anticancrin Forte, il Leucemlison Deposito e Stefano sarebbe guarito,sarebbe diventato un bambino normale, di quelli che giocano a calcio e vanno allo stadio. Nelfrattempo era un bambino speciale. Gli dei visitano nella malattia. Lui aveva lo sguardo fermo ela saggezza profonda di coloro che sono già stati nel mondo dei morti e non ne hanno avutopaura. Passavo le mie otto ore di scartoffie a contare i minuti. Poi alla sera tornavo da lui, daisuoi occhi grigio-azzurro come il mare d’inverno. Gli piaceva sentire storie. Io non avevo mailetto un fico in vita mia, solo il minimo indispensabile del Passero solitario e deiPromessi sposiper il sei di italiano. Perché lui avesse qualcosa da ascoltare la sera mi sono fatto, sera dopo sera,Pinocchio, Robin Hood, I tre Moschettieri e il Signore degli Anelli. Poi lui è diventatoabbastanza grande da leggerseli da sé, abbiamo continuato a leggere vicini, in silenzio, ognunoper conto suo. Quando era a letto perché stava troppo male guardava fuori dalla finestra. Hoimparato a conoscere le nuvole, perché gli piaceva saperne il nome, prevederne i movimenti. Hostudiato le costellazioni. Ho passato notti a fare calcoli perché lui potesse costruirsi unameridiana. Ho accolto in casa mia un immondo botolo che lo aveva seguito per strada e che erapiù pulci che cane, ora è qui, vicino a me, non so se riuscirei a sopravvivere senza la sua linguatiepida sul freddo delle mie mani.

La scema era sempre scema, passava le giornate a fare novene e dire rosari, io dicevo che se ilpadreterno si interessasse agli umani destini, avrebbe fermato i treni che andavano ad Auswitz,

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caricato a salve le mitragliatrici della Prima guerra mondiale. Lei si disperava, chiamava i suoisanti a raccolta, gridava al sacrilegio. Poi ho smesso di dirglielo. Ognuno deve avere i suoi. Leisognava Santa Rosalia che fa il miracolo, io sognavo la medicina che fabbrica l’Anticancrinforte: qualcuno che arrivasse a fottere il drago, che nel frattempo stazionava. Santa Rosalia deveessere un santo di scarto, buona al massimo per guarire i geloni. La scienza ufficiale ha perso lastrada tra l’immunologia e l’antiangiogenesi: non si è capito bene chi ha trovato il bandologiusto: nessuno lo ha ancora srotolato. Forse il bandolo si è un po’ sfioccato in giro. Se avesseropregato di più Santa Rosalia mentre guardavano dentro i loro fottuti microscopi, magari ce lafacevano. Ormai è tardi. Il drago ha improvvisamente smesso di stazionare e un’emorragia se loè portato via.

All’improvviso.

In quattro minuti netti. Sei di meno di quelli che ci volevano per la clinica universitaria.

È finita in quattro minuti.

Se esiste un dio spero che si strafotta.

Spero che schiatti. Spero che si anneghi nella sua acqua santa. Spero che si impicchi con uno deisuoi rosari.

Spero per lui che non esista.

Se c’è, preferisco bruciare all’inferno per l’eternità che stare con chi ha torturato il mio bambinoper anni e poi lo ha fatto morire. Non ci credo non ci voglio credere.

Preferisco schiattare all’inferno.

Starò fino alla fine dei miei giorni con la scema che dice il rosario.

E non dirò niente.

Non si lascia la madre di uno che è morto il giorno dopo la maturità.

E non glielo dirò che sono tutte stronzate.

Forse ha ragione lei. Averlo avuto è pur sempre meglio che non averlo avuto. Anche malato.Anche condannato.

Anche malato, anche condannato è stato felice. Rideva. Era felice che lei gli voleva bene, anchese era calvo e doveva fare le flebo. Era contento che la maturità era andata.

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Bisogna che torni dalla scema.

È stata la sua mamma. Non è che sia poi così scema. È solo che ha la terza elementare, e poi c’èquesta faccenda di Santa Rosalia, ma non è vero che è poi così scema. E poi me l’ha data. Se leinon me la dava Stefano non ci sarebbe stato.

Devo tornare dalla scema.

Devo scrivere a loro.

Devo scrivergli a tutti, uno per uno, devo ringraziarli di avergli tenuto la testa al gabinettoquando vomitava, di aver picchiato quelli che lo sfottevano perché era calvo, di essere venuti acasa la domenica pomeriggio invece di andare a giocare a pallone.

E poi devo scrivere a lei.

Per augurarle tutto il bene possibile. Di sposarsi, laurearsi, di avere dei figli, tutto il benepossibile.

Forse ha ragione la scema. Averlo avuto, sia pure condannato, è pur sempre stata unabenedizione. Prima o poi guarderò le nuvole o le stelle e ringrazierò il padreterno di avermi datoStefano.

Ma questo domani.

Oggi sto qui.

Me ne resto qui a passare la mia mano sulla sua riga, a cercare di sentire con la pelle deipolpastrelli, il suo nome, quella scritta 60 su60, che lo avrebbe fatto incazzare, perché lui nonvoleva regali e quel 60/60 forse non ce l’aveva. E’ stato scritto quando già si era sicuri che luinon c’era più a incazzarsi. Passo le dita sulla scritta: “ Stefano Indaco nato il 18 11 1980 maturocon 60/60” e non riesco a smettere, perché è tutto quello che mi resta di lui. Tra qualche giornoleveranno questo foglio e non resterà più niente.

Scriviamo di nuovo i nostri desideri. Ma attenzione a come scriviamo.

Voglio trovare un lavoro. Sono disperato perché sono disoccupato.

Questo diventa:

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Sono certo che troverò un lavoro.

Sono certo che troverò un lavoro, sono certo che troverò un lavoro e sarà il lavoro che stocercando, mi piacerà.

Non ci credete? Non importa scrivetelo lo stesso. E convincetevene. E sentite già la contentezza,deve essere una vibrazione. E allora funziona.

È stato scritto anche nel Vangelo e nel Buddismo : chiedete e vi sarà dato. Bussate e vi saràaperto, ma dovete chiedere nella gioia di avere già ricevuto. E allora funziona. E solo allorafunziona.

Questo è anche lo schema del costruttivismo. Il costruttivismo ha due branche: il costruttivismocosiddetto spirituale o ingenuo a seconda che ne parlino estimatori o detrattori, secondo il qualequando siamo felici possiamo influenzare la realtà fuori da noi. Questa è anche la base delmentalismo, che più o meno circola da un paio di secoli, rappresentata anche nel dvd the secret.Queste cose sono vere o no? Ognuno risponda per conto suo e noi qui per il momento noiparliamo del costruttivismo razionale, è un corso per dilettanti non dotati. Oltretutto ilcostruttivismo razionale è dimostrabile con facilità al di là di ogni ragionevole dubbio.

Torniamo al lavoro.

Se mi convinco che sono destinata ad avere un buon lavoro, se do per scontato che questo ècerto, non mi scoraggio. Continuo a cercare. Continuo a cercare con gioia, con attenzione. Ilpensiero “non ci sono riuscito fino ad ora” “ c’è la crisi” scarico cortisolo, mi viene l’ulcera,ingrasso, ma soprattutto condiziono il mio inconscio alla sconfitta. Quando finalmente avrò uncolloquio mi saboterò presentando un curriculum e al colloquio il mio io inconscio sarà certo delfallimento che lo realizzerà: farò schifo. Se sono certo di farcela, certo e ne sento già la gioia, ioprogrammo la mia intelligenza emozionale, che si muove a mio favore. Inoltre io irradierò la miacertezza di avere il lavoro con il linguaggio non verbale, con le microespressioni e il mio futurodatore di lavoro lo percepirà con il suo io inconscio e sarà molto propenso a darmi il lavoro. E’come addestrare un cagnolino: si addestra con i biscotti. Gli asinelli si spostano se c’è la carotina.Il nostro io inconscio è arcaico. Ha bisogno di essere addestrato: come? Come un cagnetto. Devofare vedere quello che voglio, il lavoro, io che lavoro e dare il biscotto, far sentire al mio ioemotivo tutta la serotonina e le endorfine, e il cagnolino, l’io inconscio, capisce, e farà lui tutto ilnecessario per raggiungere il mio scopo. Il mio io intuitivo agirà per me, e questa è l’unicamaniera che ho di azionare il mio io intuitivo a farmi dare una mano, l’unica. Se cerco il lavoroda sfiduciato tutto il mio io intuitivo mi farà lo sgambetto e io vivrò malissimo. Se sono felicenon mi scoraggerò, andrò avanti, mi accontentò all’inizio di risultati temporanei e parziali, nelfrattempo vivrò meglio, mi farò degli amici e vivrò più a lungo (dimostrato, gli ottimisti vivonoin media 10 anni in più dei pessimisti e soprattutto vivono meglio).

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Se sono già contento subito mi risparmio il cortisolo, programmo l’io inconscio e moltiplico lemie capacità di farcela. Fino a che non ce la faccio campo sereno, non rompo l’anima ai mieifamiliari e non li meno e mi godo quello che mi resta, sono vivo, ogni tanto trasmettono qualcosadi buono alla televisione e per quanto mi sembri poco quello che ho, sono sempre più ricco di unpastore somalo. Che magari è più contento. Quindi se sono furioso, frustrato non solo nonaumento le mie possibilità di trovare lavoro, ma le diminuisco. L’assetto emozionale chefunziona meglio di tutti è la gratitudine. Se siete credenti siate grati a Dio, altrimenti alla natura oall’universo. La gratitudine, che otteniamo concentrando l’attenzione su quello che abbiamo, èl’assetto di neurotrasmetitori che aumenta la nostra potenza. Siamo grati di qualche cosa, orasubito: io sto scrivendo, ho le dita, le mani, gli occhi, il computer. Voi state leggendo, aveteanche voi queste quattro cose.

Evvai.

Scrivete sull’agenda: sono profondamente grato di avere me stesso, la mia intelligenza, l’agenda,la mia famiglia, il gatto, cane assistenti pennuti, e sono certo che troverò il lavoro. Aggiungetequalcosa, un disegno o una foto che vi metta gioia e che c’entri con il alvoro che state cercando.Tutto qui. Funziona, non è una bacchetta magica, ma un addestramento di forza di volontà. Primao poi funziona. Peraltro il contrario, essere arrabbiati, dare per scontato che il lavoro non ci saràci porterà al fallimento. Peraltro: il lavoro non c’è. Allora inventatelo. Siate voi l’imprenditore divoi stessi. Inventate un lavoro, abbiate successo e tra un anno assumente qualcuno così che sia unaltro con un lavoro. Credeteci, provateci. Avete un’idea di tutta la gente che ha cominciato dasottozero ed ha avuto tutto quello che voleva. Chi vi ha detto che non sarete voi? Avete parlatocon il genio cattivo della lampada scassata?

Allora, c’è un libro magico, il grande libro della magia, che dice che siamo fatti a immagine esomiglianza di Dio, e se questo libro dice il vero vuol dire che siamo fatti a sua immagine esomiglianza allora vuol dire che anche noi siamo creatori, anche noi siamo magnifici e anche noisiamo creatori. Noi creiamo la realtà. Non ci credete? Allora fate finta di crederci ed agite diconseguenza: vivrete meglio. Per anni sono stata disperata perché non riuscivo ad avere un figlio.La disperazione bloccava l'ovulazione. Appena mi sono calmata il bimbo è arrivato. e se proprionon fosse stato destinato a venire senza quella disperazione sarei vissuta meglio. E' tutto qui.Diceva la buonanima del dottor Einstain è molto meglio essere ottimisti ed essere delusi cheessere pessimisti ed averla azzeccata. Aggiungo io: perché da ottimisti siamo più forti, più sani,più potenti e viviamo meglio. Perché a furia di cercare di tenere l'attenzione su tutto quello chesuccede di bello, sempre più spesso, comincerete a sentire la gioia, come una vibrazione, e poi lasentirete tutti i giorni, e poi sempre di più.

Vorrei non sentire più mia figlia che piange dall’altra parte della porta chiusa. È sempresola, sempre triste, ho paura che stia giocando con l’idea del suicidio.

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Sono felice che mia figlia sia viva, sono così felice che lei esista e che sia viva, perché esserevivi è bellissimo. Se noi non siamo convinti di questo, perché nostra figlia non dovrebbesuicidarsi o essere disperata? Quanto siamo responsabili di quello che sta succedendo: quanto cisiamo lamentati? Quante volte per via diretta o indiretta, lamentandoci dei prezzi, del traffico,della cellulite abbiamo trasmesso per via trasversale il messaggio: la vita non vale nulla?Cominciamo a vedere nostra figlia come vorremmo, mentre ci dice sono felice, e teniamol’attenzione concentrata su questa immagine senza spostarla mai. Irradierete serenità Possiamoirradiarla solo se ce l’abbiamo dentro, ma non ce l’abbiamo non possiamo trasmetterla, quindi ilnostro compito, il nostro unico e fondamentale e irrinunciabile compito, è la nostra serenità.

Noi rendiamo più sereni noi e nostra figlia si rasserenerà, non avrà più la nostra negativitàaddosso, la nostra fiducia nella sua capacità di ritrovare la strada della serenità aumenteràenormemente la probabilità che nostra figlia trovi la serenità. Più ci preoccupiamo, più buttiamonegatività addosso a nostra figlia, più lei peggiora. Come possiamo non preoccuparci: dobbiamovederla già felice, come se potessimo vedere in una sfera di cristallo. Per rendere serena leisaremo costretti a essere felici noi, a concentrare l’attenzione sull’aurora, stamattina è statastraordinaria, saremo noi costretti a concentrarci su quanto è maledettamente bello essere vivi.

Peso duecento chili, ho il culo basso e i brufoli, dove trovo l’aspirante suicida che potrebbeamare me?

Sono felice di essere vivo, e comincia a vedermi già adesso mentre ho il peso che voglio equalcuno mi ama. In questa maniera il cortisolo si abbassa, la gioia mi dà la voglia di muovermi.Solo così posso prendere la decisione di camminare tutti i giorni fino a quando comincerò asentire la forza aumentare, la leggerezza nascere. Le diete fanno ingrassare: nel timore di moriredi fame, quando l’apporto calorico diminuisce, il nostro corpo abbatte il metabolismo e aumentail numero di cellule adipose, così da poter ingrassare più facilmente. Quello che mi fa perderepeso è camminare. Ma ci vuole energia. Da dove la prendo? Dalla visualizzazione, devo giàvedermi forte e con il fisico che voglio. Camminerò e camminerò e sentirò il peso che voglioentrare nella mia vita un passo dopo l’altro. La decisione di camminare posso prenderla emantenerla solo se ho già un po’ di neurotrasmettitori buoni che circolano, se sono disperato e misento abbandonato avrò una fame insopportabile e invece di bruciare quello che mangio lometterò da parte. Serotonina e endorfine sono molecole anoressogene, fanno scomparire la fame:solo chi si ama è snello. I brufoli sono una malattia da stress (cortisolo) e il sedere bassoun’opinione dovuta al fatto che i popolo cacciatori ( barbari, sedere alto) hanno invaso eschiavizzato i popoli agricoltori ( romani, sedere basso) imponendo la loro estetica. Che avere ilsedere basso sia meno bello che averlo alto è un gesto di razzismo come essere convinti che lapelle scura valga meno di quella chiara. Imparate a essere fieri di voi e della vostra genetica.Mettete immagini di forza, di passeggiate, paesaggi, scalate, discese con gli sci. Non dimagriteper l’aspetto ( sistema competitivo, cortisolo a palla, fallimento) ma per la forza: grazie perché so

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che potrò fare 20 chilometri a piedi, correre) Dovete condizionare il cagnetto, l’io inconscio.Siate felici per ogni persona forte, sana e del peso giusto che incontrate. Il contrario di quello cheabbiamo sempre fatto: l’unica cosa che per anni ci ha reso più felice di aver perso due chili è chela nostra migliore amica ne abbia presi tre. Solo se uscite dallo schema competitivo potete avereil peso giusto. Non è un’affermazione etica, ma biochimica. I sogni necessitano di azione peravverarsi: la visualizzazione nella gioia, mi vedo già con quello che voglio, mi vedo già comevoglio, mi dà l’energia per l’azione.

Sono stufo di contare i centesimi, voglio avere anche io un po’ di soldi in tasca.

Sono profondamente grato di tutto quello che ho, fate la lista di tutto quello che avete, e diquanto un contadino del medio evo o un contadino del Sahel abbia meno di voi, e sono felice ditutto quello che sono destinato a guadagnare. Mettete immagini di ricchezza, di abbondanza.

Sono stufo di soffrire di insonnia.

Sono profondamente grato di essere vivo. Di avere un letto, una stanza da letto bella e comoda,sono certissimo che il sonno, un fenomeno fisiologico, lasciato in pace ricomincerà a funzionare.Mi visualizzo mentre il mio letto è al’interno di una bolla, dove sono banditi i pensieri, mivisualizzo mentre mi sveglio al mattino e mi dico: come ho dormito ben, e do per scontato chesuccederà.

Alla stessa maniera si curano anche gli altri problemi fisici.

Qualsiasi malattia abbiate parlatene il meno possibile, aiutate il vostro io inconscio a fare ilmiracolo della guarigione. La preghiera e la meditazione e possono portare le endorfine a picchiverticali e sono loro, le endorfine, che permettono le guarigioni e sono la base biochimica deimiracoli.

Se siamo destinati a morire, impariamo a preparare la nostra morte, impariamo a morire senzarancori, senza rimorsi e senza rimpianti e ricordiamoci che se siamo vicini al morire tutto quelloche diciamo diventa più importante. Prepariamo il testamento: quello materiale, certo, masoprattutto quello spirituale, sono stato fiero di essere il tuo papà, è stato bellissimo vivere con te.

Per me è facile parlarne perché ho avuto l’onore di ascoltare il ricordo di chi è stato dall’altrapare e nessuno potrà mai convincermi che sono solo riflessi nervosi.

Quindi è il mio corpo che sta morendo, non io.

La stessa cosa vale per quelli che amo: è il loro corpo che muore. E se non sono credente ed èmorto qualcuno che amiamo?

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Teniamo l’attenzione sulla felicità di averlo avuto. E su quanto la vita sia sempre un dono.

Ho il cancro. Cosa scrivo sull’agenda?

Sono felice perché il mio sistema immunitario ha la forza di guarirlo.

Sono grata perché ho la forza di affrontarlo.

Sono colto contenta per tutti gli studi fatti sulla terapia, per tutti gli oncologi, i chirurghi, iradiologi coniugi Curie inclusi, i radioterapisti, i laboratoristi, gli infermieri e quelli che lavano lescale negli ospedali perché senza di loro sarei in braghe di tela.

UN POSTO DOVE CI SONO LE LUCCIOLE

Mammografia.

Ieri ho fatto la mammografia. Forse c’è una lesione. Forse.

Torni domani, per l’agobiopsia, signora.

Domani sarebbe oggi. La signora sarei io.

Il ticket devo pagarlo anche per l’agobiopsia? Se ho il cancro non dovrebbe essere gratis? Se hoil cancro non mi dovrebbero anche dare indietro i quattrini di ieri per la mammografia?

Forse è benigno.

Fino a ieri avevo una vita magnifica.

Io neanche lo sapevo quanto era magnifica.

Mi sembrava nei suoi momenti migliori una broda insulsa.

Sui momenti peggiori stendiamo un velo.

Però anche quelli, i momenti peggiori, adesso mi sembrano migliori di quello che ho adesso,questa sala d’aspetto color verdolino e la sempre più esile attesa che qualcuno arrivi a dirmi cheè benigno.

Rivoglio indietro la mia vita di ieri.

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Ditemi che è benigno così me ne torno ai miei scazzi, alle multe per parcheggio vietato, quelliche ti mettono le ganasce perché ti va un pezzo delle ruote davanti sulle strisce pedonali, miasuocera che viene a prendere il bambino e mi spiega che le donne per bene non si separano mai,e mia madre che non me lo spiega perché, visto che le donne per bene non si separano mai, nonviene più neanche a prendere il bambino.

Però anche mia madre e il bastardo che non mi paga gli alimenti, sono meglio di qualcuno cheentri da quella porta e non mi dica che è benigno.

Il bastardo non mi paga gli alimenti. E mi aspetta sotto le scale.

E se voglio i soldi dell’affitto devo farlo salire.

E mi riempie di lividi. E’ la sola maniera di non concludere. Però mi dà i soldi. Pensandoci bene,la mia, è una vita avventurosa. Rischio, coraggio e avventura. Sopravvivenza. Rafting. Una via dimezzo tra Tarzan, Cita e Indiana Jones.

Nei miei momenti migliori la mia vita è una broda insulsa, dove tutto quello che eccelle è la noiae la rottura di coglioni, poi improvvisamente si vivacizza, e cambiamo genere.

Più documentario sociale che rafting.

Ma comunque non film dell’orrore. Non ancora almeno. Però un paio di volte che il bastardo miha preso un po’ deciso per il collo, ci siamo arrivati vicino. Adesso è uno dei giorni che porto ilfoulard di Hermes intorno al collo. Il foulard me lo ha regalato la mamma quando ancora ciparlavamo. Comprato in una boutique seconda mano, ma di Hermes. Nasconde i livide deimancati strangolamenti e dà un tocco di classe ai jeans catalogo Postal Market.

Forse è benigno.

Ce la potevo fare a arrivare alla fine del mese; ce l’avrei fatta se non mi avessero messo leganasce. Ce l’avrei fatta, non avrei dovuto telefonare al bastardo, adesso non avrei i lividi.

Uno deve essere una bella carogna per mettere le ganasce a una Panda dell’86. Ce l’avrei fatta afare il rafting fino alla fine del mese. Ce l’avevo praticamente fatta. Adesso sono fuori per tremesi, questo e i due dopo.

Altre due volte dovrò telefonare al bastardo.

Che mi aspetterà sotto le scale. Non perché senza di me non possa vivere, ma per la rabbia di unacosa che prima era sua e poi ha smesso senza autorizzazione di far parte delle proprietà.

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Il divieto di parcheggio è rimasto l’ultimo baluardo di uno stato che per il resto ha calato lebrache su tutto, dalla mafia a quelli che non pagano gli alimenti, passando per quelli che ti fannolavorare in nero.

Vedrai che è benigno.

Aspetto le parole magiche. Adesso qualcuno aprirà la porta e dice:

- Ci scusi signora, che l’abbiamo fatta tornare per niente. Ci dispiace tanto che lei è dovutatornare, siamo mortificati che lei stanotte non ha dormito, siamo desolati per l’inutile buchettodell’inutile agobiopsia; oggi ha parcheggiato male? Non si preoccupi, ci porti la multa; glielafacciamo pagare dal Sistema Sanitario Nazionale. Anche stanotte che non ha dormito il SistemaSanitario Nazionale gliela risarcisce: si chiama sindrome post traumatica. Ci farà tanti di queiquattrini che rafterà fino alla fine del mese senza lividi per i prossimi duemila fine di mese.Anche queste due ore di attesa in questa sala d’aspetto color verdolino vomito, con le sedie diformica e le cicche schiacciate per terra, il Sistema Sanitario Nazionale gliele ripagherà: il tempodegli utenti è sacro, va ripagato, lei cosa fa signora? Il disoccupato con saltuari lavori in nero? Iltempo dei disoccupati con saltuari lavori in nero è puro oro: con quello che le risarcirà il SistemaSanitario Nazionale sarà come avere vinto al lotto.

Adesso entra qualcuno e dice che, veramente, forse, guardando bene, c’è unalesione, sì è lesionela parola che si usa, una lesione piccola, piccola, è stata una fortuna accorgersi di una lesioneancora così piccola. Che fortuna fare la mammografia! Che fortuna venire qui, che loro sonotanto bravi, i più bravi della nazione (regione provincia, città, quartiere, condominio, scala; cisarà qualcosa di cui loro sono i più bravi; hanno le sedie di formica nelle stanze color vomito conle cicche per terra, ma sono i più bravi di qualche cosa.). È stata una tale botta di culo che èinutile che si disturbi ancora a giocare al lotto signora, la fortuna che le toccava nella vita se l’ègià sperperata oggi, ad avere il cancro qui in questa sala d’aspetto color merdolina.

Mi faranno anche la multa.

Non è parcheggiata bene. È un parcheggio un po’ creativo; ero di corsa, dovevo venire qui aaspettare su questa sedia. E su questa sedia, lo giuro, non me ne strafotte un fico che forse dovròessere operata, forse dovrò fare la radioterapia come mia nonna che vomitava anche l’anima,forse perderò i capelli, forse schiatterò e allora dovranno lasciarmi in pace.

La vera tragedia è domani, dopodomani, lunedì.

Chi farà la spesa, chi consegnerà le traduzioni già fatte, chi porterà in banca i soldi di quelle giàpagate, chi andrà i giro a mendicare traduzioni da fare?

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Chi porterà la bambina a scuola?

Chi potrà portare la bambina alla sua strafottuta scuola, che è dall’altra parte della città, è unascuola bene, e la scuola dove il bastardo, lui, ha fatto le scuole, e ora ci manda sua figlia. Glialimenti non li paga, se lei campa o schiatta mangiata viva dalle piattole va bene lo stesso, ma èsua figlia e deve fare la sua scuola. Che è dall’altra parte della città. Io traverso la città,parcheggio la mia Panda dell’86 in mezzo ai fuoristrada e ci resto dentro, nella Panda dell’86,fino a quando Ilaria non arriva, perché tanto se scendessi nessuno mi cagherebbe. Le madri deifuoristrada resterebbero tutte di schiena, sui loro tacchi a spillo, sotto le loro chiome diparrucchiere (coiffeur), dentro i loro tailleur firmati, con in mostra le loro ossa, i loro gioielli, lerughe che stagioni e stagioni di neve e Caraibi gli hanno scavato sulla faccia. Sono magrissime,abbronzatissime, piene di rughe e gioielli enormi. Oltre che le più stronze, sono le donne piùbrutte che abbia mai visto. Sembrano un assembramento di prugne secche ingioiellate. Ma non siera detto che il sole fa venire il cancro? E perché me lo sono beccato io, che l’ultima volta chesono stata andata al mare era il ’92 e pioveva?

E poi fanno il regalo alla maestra. Bisogna fare il regalo alla maestra.

Chiedono a me trentamila lire per fare il regalo alla maestra.

Trentamila lire: è un pomeriggio di traduzioni in nero. Mentre il parcheggio vietato e le ganascesono sette giorni di traduzioni in nero.

Avevo due ruote sulle strisce. Non è giusto. Lui non paga gli alimenti; sono cazzi miei quando luinon paga gli alimenti, dove sono gli avvocati i giudici, le assistenti sociali quando lui non pagagli alimenti? Dove sono i vigili urbani? Dove sono le prugne secche? Ce l’avrei fatta questomese, ce l’avevo fatta; mi hanno mandato fuori di tre fine del mese. Mi metto a piangere. Lelacrime cominciano a colare. Cominciano a cadere sul pavimento di linoleum su cui le cicchespente hanno scavato innumerevoli piccoli immondi crateri, cadono sulle mie scarpe, sui jeansdel catalogo Postal Market ( saldo 30%), sul maglione dell’Oviesse ( saldo al 40%). Cadono suimiei ottantatré chili. Adesso che ho il cancro magari dimagrisco.

Mentre piango sento che qualcuno mi guarda. Percepisco lo sguardo di qualcuno. Alzo gli occhi.C’è una vecchissima dottoressa che mi guarda. Ha l’aria di una che dovrebbe essere in pensioneda almeno cinque anni; forse semplicemente si porta male l’età, visto che è ancora in servizio. E’piccola piccola, sembra uno gnomo. Ha delle carte in mano con il mio nome sopra. Mi dice cheho il cancro. Cacchio, non si diceva lesione? Una lesione piccola piccina, piccina, piccola comeil mignolo di Pollicina, i lacci della scarpa di Cenerentola, i baffi del Gatto con gli stivali.

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La dottoressa, qui, dice che ho il cancro. Come l’oroscopo? Sì, come l’oroscopo. Cancro vienedal latino: vuol dire granchio. Perché ha le chele, che distruggono, si espandono. Scavano. Peròsi curano, guariscono. Lei mi dice che, se voglio, mi accompagna lei al reparto di chirurgia, perprendere gli accordi. Il ricovero prima lo faccio meglio è. I granchi si possono schiacciaremidice con un sorriso timido, si possono estirpare per sempre, ma bisogna fare in fretta.

Ci avviamo insieme. Ci sono i suoi passi e i miei sul corridoio. È un ospedale senza parcheggi,ma c’è qualcuno che prende il suo tempo per accompagnarti a schiacciare i granchi. Ripenso aquesta parola, cancro, decentemente atroce, decorosamente spaventosa: contro le cosespaventose e atroci ci si arma e si combatte. Sono le lesioni piccole piccole, la trappola mortale;questo linguaggio da Grande Fratello, il non buono al posto del cattivo, non sano al posto dimalato, lesione al posto di cancro, non corretto al posto di stronzo maledetto che non ti paga glialimenti e ti aspetta sotto le scale.

Era tanto tempo che camminavo ovunque sola, che non provavo più la sensazione di avere i passidi qualcun altro vicino ai miei.

I granchi si possono schiacciare. Bella metafora.

Suona senz’altro meglio di una lesione piccina piccina. Cancro, come granchio: si puòschiacciare.

Oppure no, c’è il rischio che vinca lui.

Col cancro si può anche telefonare alla mamma, dire Mamma ho il cancro, va a prendere Ilariaa scuola. Sì, si può fare. E si fa in fretta, direttamente stasera, perché anche quando si possonoschiacciare i granchi ti ricordano che di vita ce n’è una sola e che ogni giorno sprecato è sprecatoper sempre. Sia che vinca il granchio, sia che vinca io non devo dimenticarmi mai più che i mieigiorni non sono infiniti, engo unici, preziosi e irripetibili. Giuro che li passerò tutti, finoall’ultimo, meglio che posso.

Il corridoio è finito. Traversiamo insieme un cortile interno, che ha il tradizionale aspetto didiscarica dei cortili interni degli ospedali nazionali. Ci sono scatoloni vuotati, vecchi lettiarrugginiti, un pezzo di tavolo operatorio, con la sua sinistra aria di strumento di tortura. Lavecchia dottoressa ha un’aria di gnomo triste; fa un sorriso imbarazzato accennando alladiscarica. - Però qui ci sono le lucciole - mi dice indicando due cespugli di gelsomino.

Sì, è un posto con i cortili discarica e i cespugli di gelsomino dove vivono le lucciole, le saled’aspetto color merdolina, e qualcuno che mi accompagna perché i miei passi fino al reparto dichirurgia non siano soli.

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Andiamo a schiacciare i granchi. Granchi. Scorpioni. Scarafaggi. Vermi.

Non so se sia l’urgenza del granchio, che può essere schiacciato oppure no, o la consolazione deimiei passi che per la prima volta da tempo immemore non sono soli, ma per la prima volta, logiuro, per la prima volta, mi viene in mente che, se passo al pronto soccorso a far vedere i mieilividi a qualcuno, poi si può fare denuncia.

Dico alla dottoressa gnomo che prima di andare in chirurgia, già che sono qui, vorrei passare inpronto soccorso. Lei mi guarda. Il suo sguardo si sposta dai lividi del collo dove Il foulardHermes si è scompisciato alla faccia dove si è scompisciato il rimmel.

Continua a guardarmi.

Poi dice:- Ma certo. L’accompagno.

Sì, accompagnami. Se qualcuno mi accompagna e mette i suoi passi vicino ai miei potrei farcela.

Potrei riuscire a arrivare fino al Pronto Soccorso. Fino alla Chirurgia.

Potrei riuscire a schiacciare i granchi, gli scorpioni, gli scarafaggi e i vermi.

Potrei traversare i deserti. Vedere le lucciole.

Forse la multa non me l’hanno fatta.

Ho avuto una famiglia atroce. Cosa scrivo sull’agenda?

Sono felice di essere viva, sono grata che il mio passato sia finito: sono sopravvissuta al miopassato, sono un supereroe, il futuro mi appartiene. Sono grata perché il futuro mi appartiene.

FIORI

Sono le diciannove e zero sette. Questo significa che mancano undici minuti alle diciannove ediciotto che è l’ora a cui parte il treno e che quindi lei, la signora Martina, ce la potrebbe anchefare. Lei ce la potrebbe anche fare se solo la signora prima di lei si spicciasse.

La signora prima di lei ha il carrello pieno e non si spiccerà.

Lei perderà il treno. Un’ora e ventun minuti fino a quello successivo.

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Lei ha solo cinque cose: il pane, il latte, il caffè e la scatolina di tonno, che sono la colazione e ilpranzo di domani e il flacone grande di Piastrella plus, ché è rimasta senza. Il Piastrella Plusserve a pulire le scale, e quello glielo dovrebbe passare la ditta, perché uno che pulisce le scale,almeno il prodotto bisogna darglielo. Ma quello che le passa la ditta è una schifezza: uno puliscele scale e poi sono sporche come prima e allora il prodotto se lo compra lei, a spese sue, ilPiastrella Plus appunto, che, in quel supermercato lì, costa un po’ meno.

Lei ha solo cinque cose: forse la signora davanti guarda dalla sua parte e poi dice : Ma passi,prego!- Una signora con tutta quella roba lì ha la macchina, mica deve prendere il treno o il tramo la metropolitana. La signora dirà.- Ma prego passi pure!-, la signora Martina dirà – Grazie, macom’è gentile!- e alle diciannove e diciotto sarà in stazione, alle venti i cinquanta sarà nella suastanza e alle ventuno e venti sarà nel suo letto, con i piedi su due cuscini a sgonfiarsi un po’perché, dal mattino, ha sessantadue scale pulite, su quei piedi e ora sono così gonfi che lecinghiette delle scarpe ci affondano dentro come quando uno mette il dito nella maionese. In piùalle ventuno e venti su rete quattro comincia La terra del nostro Brasile e questa è la puntatadove Suor Bastiana incontra donna Teresita.

La signora davanti lancia una mezza occhiata alla signora Martina e alle sue cinque cose e poi sirimette a guardare nel suo carrello.

Un’ora e ventun minuti di giornata di più.

Ci sarebbe la possibilità di chiedere alla signora di farla passare. Potrebbe dire:- Mi scusi,signora ho solo cinque cose, mi parte il treno…- Potrebbe almeno provare. La signora Martinagiocherella qualche istante con l’idea, poi lo stomaco le si chiude, le pulsazioni accelerano edentro la testa le rimbomba la voce di suo padre: Non si chiede mai. Non si deve chiedere mai.Nulla a nessuno. Noi siamo gente che non chiede mai. MAI. Straccioni sì, straccivendoli sì, mamendicanti noi no. Mia figlia, almeno mendicante no.

Anche ora, che suo padre è morto da anni e lei non è più bambina da anni, a ripensarci, per unistante trema.: - Non si chiede mai. Mai. Che almeno non faccia la mendicante.

E anche ora, che suo padre è morto da anni e lei non è più bambina da anni, a ripensare a quell’almeno le si chiude la gola.

La signora Martina ricorda le lettere a babbo Natale che non ha mai scritto. Ricorda le zie che,loro, qualche soldo ce l’ avevano, che le domandavano :- Ma che cosa vuoi? Una bambola? Ungolf? - E lei, sotto lo sguardo truce del padre: - Niente, non voglio niente.

Ricorda la lettera del patronato: le avrebbero dato i libri gratis e avrebbe potuto finire le medie,bastava firmare, ma il padre non ha firmato, anzi si è arrabbiato e ha di nuovo spaccato tutto,

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urlando che loro non erano straccioni e non chiedevano la carità a nessuno. Che almeno suafiglia imparasse a non chiedere. Mai. Almeno quello. Perché tanto lei le scuole cosa le avrebbedovute fare a fare?

Quell’ almeno e quel tanto le risuonano nella testa come le trombe del giudizio universale. Lasignora davanti comincia a passare. La signora Martina guarda con astio la collinetta dimercanzia che si è fatta sulla cassa: almeno fosse roba da mangiare, cose utili, detersivi! Sonostupidaggini: cose da giardinaggio, forbici per potare, vasi, fertilizzante, sacchetti di terra, bustedi semi. Ci sono decine e decine di buste di semi, con sopra la fotografia del prodotto finito:mentre la cassa fa un clink per ognuna delle bustine, perché hanno un prezzo diverso a secondadel contenuto e, quindi, bisogna passarle tutte una per una, migliaia di fiori multicoloristazionano sulla cassa.

- Ha un balcone grande?- dice la commessa

- Ho un giardino- risponde l’altra serenamente.

La signora Martina la odia. Non ha mai odiato nessuno così tanto in vita sua. Sono le diciannovee ventisei. Il suo treno è partito da almeno due minuti. Dovrà tenersi i cinghietti che si piantanonella pelle delle caviglie come la spatola nel burro per un’ora e ventuno in più. Si perderà anchela puntata La Terra del Nostro Brasile e non saprà se Suor Bastiana ha capito che Donna Teresitaaltri non è che la sua bambina perduta da neonata durante l’epidemia oppure resta ancora nelladisperazione. Per un attimo gli occhi della signora Martina si riempiono di lacrime perché diguardarsi La Terra del Nostro Brasile guardata dal letto con due cuscini sotto i piedi, per quellasera lì, non se ne parla.

Sono le sette e trenta quando la signora Martina arriva alla cassa. Adesso è la commessa che hafretta, perché tra trenta secondi può chiudere il supermercato e andarsene e, se abita vicino, leiLa terra del Nostro Brasile se lo potrà vedere, mentre la signora Martina, che il treno ormai lo haperso, tende a tirare in lungo, perché il supermercato è riscaldato e la stazione no.

Purché si spicci, è la commessa stessa che le caccia rapidamente le sue cinque robe in unsacchetto, le preleva i suoi otto euro e quarantatre centesimi, rilascia regolare scontrino e,finalmente, la mette fuori dal supermercato e le chiude la saracinesca dietro.

Alle ventidue e quarantatre, quando la signora Martina sbarca nel suo monolocale La terra delnostro Brasile è finito da venti minuti e i cinghietti affondano nel gonfio dei piedi come uncoltello nel prosciutto. La signora Martina mette su la pentola di acqua per la minestrina e poi simette sul tavolo del cucinotto a svuotarsi il sacchetto: Piastrella Plus, latte (in frigo), tonno,pane…La signora Martina sbianca e si deve sedere. Nel sacchetto, come un folletto malefico, si èinfilata anche una piccola busta di semi da giardino, con sopra la fotografia di una trionfale

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distesa di viole del pensiero gialle e viola. La stupidissima signora con il suo stupidissimocarrello carico del necessario per infiorare la pianura Padana e per far perdere a lei il treno,un’ora e ventun minuti di vita e l’incontro di donna Teresita con la madre perduta, ha dimenticatouna delle sue stupidissime bustine di stupidissimo fiori gialli.

Con un ultimo sussulto di speranza la signora Martina ricupera lo scontrino: forse non è successoniente di grave. Forse la commessa ha pensato che una delle bustine di semi fosse sua e l’hamessa in conto a lei. Può succedere. E invece no. La commessa non gliel’ha fatta pagare.Altrimenti detto: la signora Martina ha rubato.

RUBATO.

È una ladra.

LADRA.

Le pulsazioni sono alle stelle, la pressione pure, il respiro manca, un sudore gelido ricopre lasignora Martina.

Non è la prima volta che la signora Martina indulge in un furto. Ne ha già commesso uno a seianni e mezzo, al mercato. Era con suo padre perché mamma era di nuovo a letto con il male allaschiena e toccava al padre, con tutto quello che aveva già lavorato, di fare la spesa. Era maggio esulle bancarelle c’erano le ciliege: collinette di ciliegie, metri cubi di ciliegie, milioni di ciliege,trilioni di fantaslioni, come i dollari di Paperon de Paperoni. Loro però le ciliegie non leavrebbero comprate, neanche un etto, neanche una, perché le ciliegie erano stolidamente care esolo gli stupidi e quelli che gli regalano i soldi le avrebbero comprate, mentre il papà, che èsaggio e i suoi soldi se li guadagna duro con il suo carretto di straccivendolo, mica li butta viacosì. Però, a un certo punto, una delle ciliegie gli era andata in mano, alla signora Martinaseienne, quasi da sola: forse un qualche maligno folletto. Era una ciliegia, grande, quasi nera,lucida, con tutta la luce di quella mattina di maggio che le si rifletteva sopra, una di quellecontemporaneamente morbide e sode, dolcissime e aspre, una di quelle ciliegie che ha dentrotutti i sapori della primavera e del mondo. La signora Martina aveva guardato la ciliegia, la avevacontemplata come si contempla un oggetto d’arte, e in quel momento una micidiale manata sullanuca l’aveva fatta cadere in ginocchio: la ciliegia le era rotolata via, poi un altro colpo, questavolta sulla faccia e un altro ancora e la voce di suo padre che urlava che lui non era il padre diuna ladra. UNA LADRA. Straccione e straccivendolo sì, ma non il PADRE DI UNA LADRA.

Poi le aveva fatto raccogliere la ciliegia e le aveva fatto dire, davanti a tutti, tra le lacrime, con ilnaso che le sanguinava per i ceffoni, sono una ladra, sono una ladra, sono una ladra. Poi la genteaveva detto che no, basta, basta così, per carità, e il padre si era ancora arrabbiato perché, per

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colpa sua, di nuovo lo avevano trattato da pazzo e lo avevano cacciato e le aveva fatto fare acalci la strada fino a casa, facendole ancora dire, a ogni calcio, che era una ladra.

Bisogna dire che la lezione è servita, perché in tutta la sua vita la signora Martina non ha mai piùpreso nulla che non fosse rigidamente suo, non raccoglie nemmeno le more sui rovi, fino a quellamaledetta sera con la bustina di semi. La parte di lei che ha ancora sei anni e mezzo annaspanell’orrore e nel panico, e già progetta di rimettersi le scarpe con i cinghietti, riprendere il treno eandare a depositare la bustina nelle inferriate del supermercato.

Finalmente la parte di cervello che di anni ne ha trentasei ricomincia a funzionare. Non èsuccesso niente. E’ stato un incidente, non un furto. Andrà domani a restituire la bustina.

Niente di grave.

Restituire a chi? La bustina evidentemente era già stata pagata: quindi tecnicamente restituirla alsupermercato non annulla il furto, visto che la legittima proprietaria è la signora con giardino.Oltretutto se la signora Martina si presenta al supermercato con la bustina non la guarderannocome l’onesta, ma, nella migliore delle ipotesi, come la stramba o quella che sta cercando didistrarre l’attenzione perché ha qualcosa da nascondere. Potrebbe andare fino al banco dellebustine e rimetterla nel mucchio. E se la vedono armeggiare e la scambiano per una ladra?Questo mai, piuttosto si butta giù dal quarto piano.

La parte del cervello che di anni ne ha trentasei non riesce ad evitare il tremito e la nausea che,sempre, le piombano addosso quando ripensa a quella mattina di maggio, ma, comunque, riesce aristabilire la calma. Non è successo niente. Non è un furto, Basta così. Non conoscendol’indirizzo della signora con giardino, la signora Martina non restituirà la bustina e basta così.

Si passa la problema due: che fare con la bustina? L’ipotesi più semplice è scaraventare i seminella spazzatura e andare finalmente a mangiarsi la minestrina, ma questo sarebbe uno spreco,perché della roba nuova, non pagata e non voluta d’accordo, ma nuova finirebbe nellaspazzatura. E lo spreco non è praticabile, perché lo spreco è un altro divieto assoluto nell’eticadel padre, confinato alle abitudini di gente balzana e sciupona, della cui categoria loro non fannoparte. MAI. La signora Martina mica si è dimenticata quando lei aveva cercato di buttare viaquello che era avanzato dei fagioli tre giorni prima e che lei doveva finire anche se lei i fagioli liodia e ormai sulla parte dei fagioli che usciva dal brodo c’era una pellicina tipo muffa che eracolor verde muffa che in effetti era muffa. Era un ricordo che stava vicino alle ciliegie.

Regalare la bustina a qualcuno. Chi? E con che scusa? Farebbe di nuovo la figura di quellastramba e questo MAI. La signora Martina si ricorda anche quando in un tema a scuola avevascritto di quanto mamma doveva stare a letto con il mal di schiena ed era venuta l’assistentesociale a fare domande, e papà ci aveva fatto di nuovo la figura di quello strambo. La signora

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Martina , però, sa che anche procurarsi un vaso e della terra e piantare i fiori presuppone unaviolazione, perché il tempo e l’acqua necessari alla loro crescita rientrano sempre nella categoriaspreco, senza contare il vaso e la terra iniziali: la signora Martina , che ovviamente non ha maiposseduto né un cane, né un gatto, né un canarino, ha ben piantato nella memoria, di fianco albanco di ciliegie, quando la madre aveva stupidamente piantato due gerani in due vecchie latte dipomodori. Suo padre si era così arrabbiato, perché lei gli sprecava i soldi che lui guadagnava pernutrire le piante, che la mamma aveva dovuto restare a letto con il mal di schiena per almeno duesettimane. A questo punto la signora Martina si ricorda di aver visto in basso, sul cassonetto dellaspazzatura davanti all’ingresso un vaso con dentro un pianta seccata. Lo va a prendere, butta lapianta morta, scuote un po’ la terra, apre la busta, contempla i piccoli semi, li conta ( quindici) facon uno stuzzicadenti altrettanti buchetti, li sistema, li guarda e poi li ricopre. Bagna il tutto e poifinalmente se ne va a dormire. Trema ancora, ma ha una sensazione strana dentro. Per la primavolta in tutta la sua vita la signora Martina invece di addormentarsi subito pensa. Il pensierocorre come una lepre impazzita tra le ciliegie e i gerani nelle latte di conserva riempite di terra.

Per fortuna la routine si ristabilirà il giorno dopo. Suor Sebastiana non ha riconosciuto la figlia,ma, al contrario, è donna Teresita che ha dei dubbi. Il fatto è che don Antonio ha fatto spariretutte le prove, e quindi il riconoscimento è diventato impossibile. Il dubbio si trascinerà per duemesi. Poi alla fine di febbraio una vecchia cieca all’ospizio dichiara che lei era la levatrice allanascita di Donna Teresita, ma don Antonio la fa deportare in manicomio.

La mattina dopo la Signora Martina è ancora scombussolata per l’infamia. Di tutta la giornatadella signora Martina, la parte più dura è il mattino, perché c’è ancora tutta la fatica da fare emancano ancora quattordici ore alle ventuno e venti che sono l’evidente clou di tutta l’esistenza.Mentre armeggia con il caffè chiedendosi perché l’Altissimo non stermini i malvagi e per qualemotivo a don Antonio gli vada sempre tutto bene, la signora Martina resta folgorata: dalla terradel vecchio vaso spuntano una dozzina di bottoncini verdi. Qualcuno è un po’ più alto, qualcunopiù piccoletto. Sono piantine. Diventeranno fiori. La signora Martina li fissa incantata eincredula. Si rende conto che non si era mai fermata a pensare che qualcosa sarebbe nato. Hafatto solo la cosa, tra tutte le opzioni possibili, che dava un’angoscia un po’ più bassa delle altre,ma non è che veramente si era mai posta il problema di cosa sarebbe venuto fuori. Ma qualcosa èuscito; dodici minuscoli bottoncini verdi: le dita ruvide passano sul fresco morbido degli dodiciminuscoli miracoli che ieri non c’erano e oggi sì. La signora Martina guarda le piantine come sefossero figli suoi. Se avesse scaraventato tutto nella spazzatura ora i miracolini nonesisterebbero. La signora Martina ripensa ai gerani della mamma, aggiunge un po’ d’acqua allapianta e se ne va a lavorare con una curiosa sensazione: come il sasso che da sempre si porta tralo stomaco e l’anima abbia cominciato ad alleggerirsi un po’. La sera finalmente arriva. DonAntonio comincia ad avere i guai suoi. Tempo una settimana e tutto il suo castello di menzognacomincia a fare acqua. I bottoncini sono già abbastanza grandi da riconoscere cosa diventeràfiore e cosa foglia. Ci vogliono due giorni perché donna Teresita e Suor Sebastiana siriconoscano ( Dio c’è) e perché spuntino i fiori, dodici miracoli gialli screziati di blu scuro. La

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signora Martina non riesce a ricordare di avere mai visto nulla di più bello: le sue dita grosse eruvide con le unghia sudice passano e ripassano sulle corolle lisce mentre donna Teresitacomincia e ricuperare la memoria. -Il destino non è mai scritto: siamo noi che ce lo facciamo.-dice suor Sebastiana, che in realtà altri non è che donna Matilda, la vera donna Matilda. Il giornodopo la signora Martina va a lavorare e si sente, be’, come non si è mai sentita. Al ritorno, tra lediciannove e le diciannove e sedici, mentre aspetta il treno, la signora Martina si ferma aguardare l’edicola della stazione. Questo, per la verità, lo aveva già fatto in passato. GuardaTopolino. Da bambina leggeva quelli delle compagne di scuola. Le piaceva. Ma questa voltaguarda anche i manuali. Le edicole delle stazioni pullulano sempre di manuali. Evidentementeuna discreta percentuale di viaggiatori medita, durante gli spostamenti, di cambiare mestiere el’editoria si adegua. Come allevare cincillà nel giardino di casa. Internet spiegato ai semplici.Come allevare coccodrilli in garage. Internet spiegato ai minorati mentali. Come fabbricare borsedi coccodrillo. Internet spiegato agli scimpanzé. Come convertire i coccodrilli allevati in garagein borsellini porta euro. Internet spiegato alle amebe.

Eccolo, finalmente: Piante e fiori di casa tua. Cinque euro e cinquanta centesimi.

(diecimilaseicentoquarantotto lire). La signora Martina lo compra. Ha un attimo di smarrimentoperché un’esplosione il padre le rimbomba dentro il cranio per tutto quello spreco, tutta quellastramberia, perché tanto lei non leggerà mai niente, non è neanche il caso che finisca le medie,tanto tutto quello che avrebbe potuto diventare è una che almeno non chiede, non ruba e non èstramba. Ma lei riesce a ricacciarlo nel silenzio. Il destino non è mai scritto: siamo noi che ce lofacciamo.- dice suor Sebastiana. La signora Martina tira fuori i cinque euro e mezzo e compra ilmanuale. Poi aggiunge un euro e venti e compra Topolino. Sul treno la signora Martina ci saletenendo il libro ben in vista. Si siede, apre il suo manuale e comincia a leggere, con unasensazione non altrimenti definibile che come cambiamento di stato. Fa parte anche lei delgruppo di quelli che leggono. Ogni tanto lancia piccole occhiate in giro per assicurarsi chequalcuno ci sia ad assistere. La fucsia viene dalle brume inglesi: poca luce e molta acqua. Ilfilodendro invece arriva dall’Amazzonia: acqua a volontà, sia nel vaso che sulle foglie. Sonopiante che la signora Martina conosce, anzi riconosce, perché stazionano sui pianerottoli dellescale che lei lava. Memorizzarne i nomi, all’inizio è una fatica che pare insormontabile, poiinvece ce la fa. Dimenticato dall’età di undici anni, ritorna il piacere di memorizzare: prima lecose non si hanno nella testa e poi sì.

A casa la signora Martina mangia con le viole sulla tavola. La tele la guarda con le viole inbraccio e a letto, con le viole sul comodino, prima di addormentarsi legge Topolino. Sì, perché,ora, lei è una che legge prima di addormentarsi, anche se non ha finito le medie perché tanto …

La mattina dopo la signora Martina si mette il libro in borsa così ha qualcosa da legger e intreno. Uscendo dà l’ultima occhiata alle viole. Forse la sua cucina è un po’ buia: il libro si èraccomandato sull’esposizione alla luce, che non deve essere diretta, ma nemmeno quella di un

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finestrino che si apre su un muro. La signora Martina prende le viole e la sposta sul pianerottolo,come i monumentali ficus delle scale che pulisce lei. E per tutta la giornata ogni tanto ripensa atutti quelli che passeranno e vedranno lo splendore delle viole che sono sue, vale a dire unaccidenti di nessuno, perché, dato che c’è l’ascensore le scale sono deserte, ma comunque unbarlume di gongolamento le svolazza nella testa come una farfalla. Al ritorno sul treno la signoraMartina impara a distinguere le viole: la sua si chiama tricolor per il giallo, il blu scuro e ilbordino di arancio che borda i tre petali centrali. All’arrivo una laminata di buio si abbatte sututto il rosa della giornata. Le viole non ci sono più. Non è che siano state rubate, perché il vasoc’è ancora, anche se è stato evidentemente preso a calci, visto dove si trova e quanta terra hasparso in giro. Le viole sono semplicemente strappate, sparse in giro, a pezzi e a bocconi, con illoro giallo già rinsecchito. Forse l’ascensore si è rotto e qualcuno molto arrabbiato ha fatto lescale a piedi… Forse un animale? (caimano da borsetta scappato dal garage? Cincillà evaso dallavasca da bagno? )

Forse…

La signora Martina ha esaurito i forse.

Il padre le è riesploso dentro alla testa.

Dopo aver pulito il pianerottolo e buttato quello che resta del vaso se ne va a letto e lì se ne restaguardando il soffitto con gli occhi spalancati. Trema e ha voglia di vomitare. Alle ventuno e ventila signora Martina accende il televisore, ascolta Donna Matilda, già suor Sebastiana, che spiegache il destino non è scritto e spegne immediatamente, perché il destino è scritto e quando tidicono che non lo è, è una bugia. Suo padre almeno le bugie non le diceva. Sua madre sì. Aveva igerani nelle latte e diceva le bugie. Le aveva detto che le voleva bene e che non la avrebbe mailasciata e, invece, il suo ultimo giorno di scuola la signora Martina era tornata a casa e la avevatrovata appesa al soffitto con un lenzuolo a strisce stretto attorno al collo e la faccia viola. E leiera rimasta sola con il padre. E ora aveva avuto le viole ed era rimasta sola, senza viole. Tantovale non avere mai niente, così quando non ce l’hai più sei già abituato a non averlo. Mai piùniente. Tanto…Almeno… Il giorno dopo la signora Martina va a lavorare come al solito. Comeal solito scende dal treno, passa davanti al supermercato e, come al solito, si ferma a guardare gliannunci, perché non si sa mai. Cercasi Colf. Cercasi abile colf. Cercasi colf abile e sperimentata.Per fare la colf tanto vale continuare con le scale. Almeno non ci sono mutande in giro. Cercasigiardiniere. Cercasi Colf.

Cercasi colf seria e onesta…

Chissà se qualcuno telefona e dice:- Scusi sono una colf disonesta, va bene lo stesso?…

Cercasi giardiniere. I suoi occhi continuano a tornare sul cercasi giardiniere.

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I giardinieri sono maschi.

Le scale le puliscono le femmine e i giardinieri sono maschi.

Così è.

Cercasi giardiniere, non giardiniera.

Non è richiesta esperienza. Perlomeno non c’è scritto.

E’ una stupidaggine.

Lei è una che pulisce le scale.

Mica fa il giardiniere.

Non lo vogliono sperimentato d’accordo, ma lo vogliono giardiniere, mica una che pulisce lescale e sta cercando di riciclarsi in qualche maniera.

La signora Martina resta a lungo davanti ai piccoli annunci del supermercato, ma veramente alungo, poi, passo dopo passo, finalmente si muove. Raggiunge il bar Da Katia, dove c’è unodegli ultimi telefoni pubblici del quartiere, perché ormai tutti hanno il cellulare. Di lì telefona inditta e dice che ha dei problemi…non proprio malata ( non si mente MAI)…dei problemi: puòfare il pomeriggio…e ricupera sabato.

Il giardiniere lo cercano da TUTTO PER IL VERDE che è un ciclopico magazzino due stradepiù in là. Dentro c’è un tizio lungo e sbilenco che è quello che ha messo l’annunzio. E’ in mezzoa centinaia di vasi con dentro piante di tutti i verdi possibili. Non fa commenti sul fatto che lei siafemmina e si informa sull’ esperienza. La signora Martina resta un attimo perplessa conl’ingiunzione a non mentire mai che le risuona dentro come le campane del giudizio universale.Alla fine risponde che ha sempre curato i fiori di casa sua.

Poi si gira e indica in giro: fucsia, poca luce, appenderla in alto, da dove si veda la cascata difiori. Ficus beniamina: molta acqua e nebulizzare sulle foglie.

Il tizio sbilenco sembra favorevolmente impressionato. Sa potare? La signora Martina resta alungo nel dubbio ( non si mente MAI), poi però china la testa e dice no. Pare sia la rispostagiusta: il tizio sbilenco è tutto contento. È molto più facile insegnare bene a uno che non saniente che a uno che già fa e fa sbagliato.

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La signora Martina annuisce e scuote la testa con convinta compartecipazione. Perché, dice iltizio, lei non si preoccupi, di lì a febbraio per la potatura lui ci insegna, perché lì di roba dapotare ce n’è tanta…

La signora Martina resta senza fiato. La prende. La assume. Non solo sono duecento euro in piùdi quelli che prende ora per cinque ore in meno la settimana, ma vuol dire che lei, proprio lei,vivrà tutti i giorni in mezzo a tutti quei verdi, li farà germogliare, li farà fiorire…

Il tizio sbilenco la porta nel retro del capannone e di lì si esce in un enorme vivaio che sicontinua ininterrotto sulla collina. Sono file e file di minuscoli alberi da frutto: ognuno ricopertoda migliaia di fiori, rosa per i peschi, bianchi per i ciliegi e i meli. La signora Martina li guardaincantata. I suoi occhi continuano a spostarsi da fiori ad altri fiori, migliaia di fiori, milioni difiori, fantaslioni di fantaslioni, come i dollari di Paperon de Paperoni.

La signora Martina pensa che il destino non è scritto e siamo noi che ce lo facciamo.

Scriviamo di nuovo i nostri desideri. Ma attenzione a come scriviamo.

Voglio trovare un lavoro. Sono disperato perché sono disoccupato.

Questo diventa:

Sono certo che troverò un lavoro.

Sono certo che troverò un lavoro., sono certo che troverò un lavoro e sarà il lavoro che stocercando, mi piacerà.

Non ci credete? Non importa scrivetelo lo stesso. E convincetevene. E sentite già la contentezza,deve essere una vibrazione. E allora funziona.

È stato scritto anche nel Vangelo e nel Buddismo: chiedete e vi sarà dato. Bussate e vi saràaperto, ma dovete chiedere nella gioia di avere già ricevuto. E allora funziona. E solo allorafunziona.

Questo è anche lo schema del costruttivismo. Il costruttivismo ha due branche: il costruttivismocosiddetto spirituale o ingenuo a seconda che ne parlino estimatori o detrattori, secondo il qualequando siamo felici possiamo influenzare la realtà fuori da noi. Questa è anche la base delmentalismo, che più o meno circola da un paio di secoli, rappresentata anche nel dvd the secret.Queste cose sono vere o no? Ognuno risponda per conto suo e noi qui per il momento noiparliamo del costruttivismo razionale, è un corso per dilettanti non dotati. Oltretutto ilcostruttivismo razionale è dimostrabile con facilità al di là di ogni ragionevole dubbio.

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Torniamo al lavoro.

Se mi convinco che sono destinata ad avere un buon lavoro, se do per scontato che questo ècerto, non mi scoraggio. Continuo a cercare. Continuo a cercare con gioia, con attenzione. Ilpensiero “non ci sono riuscito fino ad ora” “ c’è la crisi” scarico cortisolo, mi viene l’ulcera,ingrasso, ma soprattutto condiziono il mio inconscio alla sconfitta. Quando finalmente avrò uncolloquio mi saboterò presentando un curriculum e al colloquio il mio io inconscio sarà certo delfallimento che lo realizzerà: farò schifo. Se sono certo di farcela, certo e ne sento già la gioia, ioprogrammo la mia intelligenza emozionale, che si muove a mio favore. Inoltre io irradierò la miacertezza di avere il lavoro con il linguaggio non verbale, con le microespressioni e il mio futurodatore di lavoro lo percepirà con il suo io inconscio e sarà molto propenso a darmi il lavoro. E’come addestrare un cagnolino: si addestra con i biscotti. Gli asinelli si spostano se c’è la carotina.Il nostro io inconscio è arcaico. Ha bisogno di essere addestrato: come? Come un cagnetto. Devofare vedere quello che voglio, il lavoro, io che lavoro e dare il biscotto, far sentire al mio ioemotivo tutta la serotonina e le endorfine, e il cagnolino, l’io inconscio, capisce, e farà lui tutto ilnecessario per raggiungere il mio scopo. Il mio io intuitivo agirà per me, e questa è l’unicamaniera che ho di azionare il mio io intuitivo a farmi dare una mano, l’unica. Se cerco il lavoroda sfiduciato tutto il mio io intuitivo mi farà lo sgambetto e io vivrò malissimo. Se sono felicenon mi scoraggerò, andrò avanti, mi accontentò all’inizio di risultati temporanei e parziali, nelfrattempo vivrò meglio, mi farò degli amici e vivrò più a lungo (dimostrato, gli ottimisti vivonoin media 10 anni in più dei pessimisti e soprattutto vivono meglio).

Se sono già contento subito mi risparmio il cortisolo, programmo l’io inconscio e moltiplico lemie capacità di farcela. Fino a che non ce la faccio campo sereno, non rompo l’anima ai mieifamiliari e non li meno e mi godo quello che mi resta, sono vivo, ogni tanto trasmettono qualcosadi buono alla televisione e per quanto mi sembri poco quello che ho, sono sempre più ricco di unpastore somalo. Che magari è più contento. Quindi se sono furioso, frustrato non solo nonaumento le mie possibilità di trovare lavoro, ma le diminuisco. L’assetto emozionale chefunziona meglio di tutti è la gratitudine. Se siete credenti siate grati a Dio, altrimenti alla natura oall’universo. La gratitudine, che otteniamo concentrando l’attenzione su quello che abbiamo, èl’assetto di neurotrasmettitori che aumenta la nostra potenza. Siamo grati di qualche cosa, orasubito: io sto scrivendo, ho le dita, le mani, gli occhi, il computer. Voi state leggendo, aveteanche voi queste quattro cose.

Evvai.

Scrivete sull’agenda: sono profondamente grato di avere me stesso, la mia intelligenza, l’agenda,la mia famiglia, il gatto, cane assistenti pennuti, e sono certo che troverò il lavoro. Aggiungetequalcosa, un disegno o una foto che vi metta gioia e che c’entri con il lavoro che state cercando.Tutto qui. Funziona, non è una bacchetta magica, ma un addestramento di forza di volontà. Primao poi funziona. Peraltro il contrario, essere arrabbiati, dare per scontato che il lavoro non ci sarà

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ci porterà al fallimento. Peraltro: il lavoro non c’è. Allora inventatelo. Siate voi l’imprenditore divoi stessi. Inventate un lavoro, abbiate successo e tra un anno assumente qualcuno così che sia unaltro con un lavoro. Credeteci, provateci. Avete un’idea di tutta la gente che ha cominciato dasottozero ed ha avuto tutto quello che voleva. Chi vi ha detto che non sarete voi? Avete parlatocon il genio cattivo della lampada scassata?

Allora, c’è un libro magico, il grande libro della magia, che dice che siamo fatti a immagine esomiglianza di Dio, e se questo libro dice il vero vuol dire che siamo fatti a sua immagine esomiglianza allora vuol dire che anche noi siamo creatori, anche noi siamo magnifici e anche noisiamo creatori. Noi creiamo la realtà. Non ci credete? Allora fate finta di crederci ed agite diconseguenza: vivrete meglio. Per anni sono stata disperata perché non riuscivo ad avere un figlio.La disperazione bloccava l'ovulazione. Appena mi sono calmata il bimbo è arrivato. e se proprionon fosse stato destinato a venire senza quella disperazione sarei vissuta meglio. È tutto qui.Diceva la buonanima del dottor Einstain, è molto meglio essere ottimisti ed essere delusi cheessere pessimisti ed averla azzeccata. Aggiungo io: perché da ottimisti siamo più forti, più sani,più potenti e viviamo meglio. Perché a furia di cercare di tenere l'attenzione su tutto quello chesuccede di bello, sempre più spesso, comincerete a sentire la gioia, come una vibrazione, e poi lasentirete tutti i giorni, e poi sempre di più.

Vorrei non sentire più mia figlia che piange dall’altra parte della porta chiusa. È sempresola, sempre triste, ho paura che stia giocando con l’idea del suicidio.

Sono felice che mia figlia sia viva, sono così felice che lei esista e che sia viva, perché esserevivi è bellissimo. Se noi non siamo convinti di questo, perché nostra figlia non dovrebbesuicidarsi o essere disperata? Quanto siamo responsabili di quello che sta succedendo: quanto cisiamo lamentati? Quante volte per via diretta o indiretta, lamentandoci dei prezzi, del traffico,della cellulite abbiamo trasmesso per via trasversale il messaggio: la vita non vale nulla?Cominciamo a vedere nostra figlia come vorremmo, mentre ci dice sono felice, e teniamol’attenzione concentrata su questa immagine senza spostarla mai. Irradierete serenità Possiamoirradiarla solo se ce l’abbiamo dentro, ma non ce l’abbiamo non possiamo trasmetterla, quindi ilnostro compito, il nostro unico e fondamentale e irrinunciabile compito, è la nostra serenità.

Noi rendiamo più sereni noi e nostra figlia si rasserenerà, non avrà più la nostra negativitàaddosso, la nostra fiducia nella sua capacità di ritrovare la strada della serenità aumenteràenormemente la probabilità che nostra figlia trovi la serenità. Più ci preoccupiamo, più buttiamonegatività addosso a nostra figlia, più lei peggiora. Come possiamo non preoccuparci: dobbiamovederla già felice, come se potessimo vedere in una sfera di cristallo. Per rendere serena leisaremo costretti a essere felici noi, a concentrare l’attenzione sull’aurora, stamattina è statastraordinaria, saremo noi costretti a concentrarci su quanto è maledettamente bello essere vivi.

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Peso duecento chili, ho il culo basso e i brufoli, dove trovo l’aspirante suicida che potrebbeamare me?

Sono felice di essere vivo, e comincia a vedermi già adesso mentre ho il peso che voglio equalcuno mi ama. In questa maniera il cortisolo si abbassa, la gioia mi dà la voglia di muovermi.Solo così posso prendere la decisione di camminare tutti i giorni fino a quando comincerò asentire la forza aumentare, la leggerezza nascere. Le diete fanno ingrassare: nel timore di moriredi fame, quando l’apporto calorico diminuisce, il nostro corpo abbatte il metabolismo e aumentail numero di cellule adipose, così da poter ingrassare più facilmente. Quello che mi fa perderepeso è camminare. Ma ci vuole energia. Da dove la prendo? Dalla visualizzazione, devo giàvedermi forte e con il fisico che voglio. Camminerò e camminerò e sentirò il peso che voglioentrare nella mia vita un passo dopo l’altro. La decisione di camminare posso prenderla emantenerla solo se ho già un po’ di neurotrasmettitori buoni che circolano, se sono disperato e misento abbandonato avrò una fame insopportabile e invece di bruciare quello che mangio lometterò da parte. Serotonina e endorfine sono molecole anoressogene, fanno scomparire la fame:solo chi si ama è snello. I brufoli sono una malattia da stress (cortisolo) e il sedere bassoun’opinione dovuta al fatto che i popolo cacciatori ( barbari, sedere alto) hanno invaso eschiavizzato i popoli agricoltori ( romani, sedere basso) imponendo la loro estetica. Che avere ilsedere basso sia meno bello che averlo alto è un gesto di razzismo come essere convinti che lapelle scura valga meno di quella chiara. Imparate a essere fieri di voi e della vostra genetica.Mettete immagini di forza, di passeggiate, paesaggi, scalate, discese con gli sci. Non dimagriteper l’aspetto ( sistema competitivo, cortisolo a palla, fallimento) ma per la forza: grazie perché soche potrò fare 20 chilometri a piedi, correre) Dovete condizionare il cagnetto, l’io inconscio.Siate felici per ogni persona forte, sana e del peso giusto che incontrate. Il contrario di quello cheabbiamo sempre fatto: l’unica cosa che per anni ci ha reso più felice di aver perso due chili è chela nostra migliore amica ne abbia presi tre. Solo se uscite dallo schema competitivo potete avereil peso giusto. Non è un’affermazione etica, ma biochimica. I sogni necessitano di azione peravverarsi: la visualizzazione nella gioia, mi vedo già con quello che che voglio, mi vedo giàcome voglio, mi dà l’energia per l’azione.

Sono stufo di contare i centesimi, voglio avere anche io un po’ di soldi in tasca.

Sono profondamente grato di tutto quello che ho, fate la lista di tutto quello che avete, e diquanto un contadino del medio evo o un contadino del Sahel abbia meno di voi, e sono felice ditutto quello che sono destinato a guadagnare. Mettete immagini di ricchezza, di abbondanza.

Sono stufo di soffrire di insonnia.

Sono profondamente grato di essere vivo. Di avere un letto, una stanza da letto bella e comoda,sono certissimo che il sonno, un fenomeno fisiologico, lasciato in pace ricomincerà a funzionare.Mi visualizzo mentre il mio letto è al’interno di una bolla, dove sono banditi i pensieri, mi

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visualizzo mentre mi sveglio al mattino e mi dico: come ho dormito bene, e do per scontato chesuccederà.

Alla stessa maniera si curano anche gli altri problemi fisici.

Qualsiasi malattia abbiate parlatene il meno possibile, aiutate il vostro io inconscio a fare ilmiracolo della guarigione. La preghiera e la meditazione e possono portare le endorfine a picchiverticali e sono loro , le endorfine, che permettono le guarigioni e sono la base biochimica deimiracoli.

Se siamo destinati a morire, impariamo a preparare la nostra morte, impariamo a morire senzarancori, senza rimorsi e senza rimpianti e ricordiamoci che se siamo vicini al morire tutto quelloche diciamo diventa più importante. Prepariamo il testamento: quello materiale, certo, masoprattutto quello spirituale, sono stato fiero di essere il tuo papà, è stato bellissimo vivere con te.

Per me è facile parlarne perché ho avuto l’onore di ascoltare il ricordo di chi è stato dall’altrapare e nessuno potrà mai convincermi che sono solo riflessi nervosi.

Quindi è il mio corpo che sta morendo, non io.

La stessa cosa vale per quelli che amo: è il loro corpo che muore. E se non sono credente ed èmorto qualcuno che amiamo?

Teniamo l’attenzione sulla felicità di averlo avuto. E su quanto la vita sia sempre un dono.

Gli ultimi item?

Ormai siete più bravi di me.

Istruzioni per rendersi felici finisce qui.