Note _Geometria e Algebra Lineare_ (VECCHIA VERSIONE)

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    Universit degli studi di Firenze

    Facolt di Ingegneria

    Luigi Verdiani

    Note per il corso di geometria.

    Corso di laurea in Ingegneria Informatica

    Note ad uso degli studenti del corso

    NON DISTRIBUIRE

    Dipartimento di Matematica e Informatica - Via S. Marta 3 - 50139 - Firenze

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    Il testo copre gli argomenti trattati a lezione, aggiungendo una serie

    di esempi e di esercizi che, per mancanza di tempo non possono es-

    sere svolti in aula. La quantit di esercizi proposti in ogni caso lim-

    itata e non pu costituire un insieme sufficiente per una preparazione

    dellesame finale. Per sopperire a questa mancanza disponibile anche

    un testo con esercizi svolti, scaricabile dalla mia home page. Si indica in-oltre una bibliografia piuttosto vasta nella quale si trovano sia testi che

    contengono un prevalente contenuto teorico, indicati con (T) (utili per

    completare e approfondire la comprensione dei meccanismi che stanno

    dietro alla soluzione degli esercizi) che testi dedicati alla soluzione di

    esercizi, contrassegnati con (E).

    Il testo suddiviso in capitoli che rispecchiano i punti salienti del

    programma. Questi sono a loro volta divisi in sezioni al termine delle

    quali si trovano gli esercizi proposti.

    Il testo organizzato come segue

    Capitolo 1 : capitolo introduttivo nel quale si ricapitolano alcune op-

    erazioni fondamentali sugli insiemi e si definiscono le relazioni di equiv-alenza. Questo argomento non viene approfondito, il suo scopo solo

    di facilitare la comprensione della definizione di vettore libero.

    Capitolo 2 : si introducono le matrici che saranno utilizzate come

    strumento nei capitoli successivi. Vengono definite solo le propriet pi

    elementari lasciando ad un capitolo successivo le definizioni pi elabo-

    rate.

    Capitolo 3 : definizione e propriet dei vettori liberi. Questi costi-

    tuiscono uno strumento che ci consentir di dare una modellizzazione

    matematica dello spazio Euclideo e, al tempo stesso, forniscono un primo

    esempio di spazio vettoriale.Capitolo 4: si applicano i risultati del capitolo precedente allo studio

    della geometria analitica dello spazio tridimensionale. Vengono analiz-

    zate rette e piani e relazioni metriche nello spazio.

    Capitolo 5: si studia il problema dellesistenza di soluzioni di un sis-

    tema lineare. Gli strumenti teorici necessari ad affrontare questo prob-

    lema sono solo accennati.

    Capitolo 6: si approfondiscono temi relativi agli spazi vettoriali, de-

    finendo i sottospazi vettoriali e generalizzando la definizione di base

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    data per i vettori liberi. Si studiano quindi le propriet elementari delle

    applicazioni lineari, trattando, in qualche caso particolare, il problema

    della diagonalizzazione.

    Capitolo 7: introduzione dei numeri complessi e studio delle loro pro-

    priet algebriche. Breve studio degli spazi vettoriali complessi e del

    problema della diagonalizzazione in tali spazi.

    Capitolo 8: breve capitolo di approfondimento, dedicato alle forme

    bilineari e alle loro applicazioni. Si fornisce una dimostrazione del teo-

    rema spettrale e si mostra come sia possibile utilizzarle per studiare

    alcune propriet delle coniche e delle quadriche

    Capitolo 9: in questo capitolo vengono riportati, senza lo svolgimento,i risultati di alcuni degli esercizi proposti nel testo.

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    1. Insiemistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1Insiemi, 1. Relazioni, 3. Strutture algebriche, 7.

    2. Matrici e determinanti . . . . . . . . . . . . . . . . 14Matrici, 14. Determinante di una matrice, 18.

    3. Calcolo Vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23Vettori liberi, 23. Operazioni elementari, 24. Parallelismo e com-

    planarit, 28. Basi dello spazio dei vettori liberi, 34. Prodotto scalare

    e ortogonalit, 37. Prodotto vettoriale e prodotto misto, 44. Equa-

    zioni vettoriali, 53. Il metodo delle coordinate, 56.

    4. Geometria Analitica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61Coordinate nello spazio Euclideo, 61. Rette nello spazio Euclideo, 62.

    Piani nello spazio Euclideo, 69. Posizione reciproca di rette e piani

    nello spazio, 74. Fasci di piani, 80. Relazioni metriche, 85.

    5. Sistemi Lineari. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91Rango di una matrice, 91. Sistemi lineari, 102.

    6. Algebra Lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112Spazi vettoriali, 112. Sottospazi vettoriali, 113. Basi di spazi vetto-

    riali, 119. Applicazioni lineari, 125. Matrice associata ad una appli-

    cazione lineare, 129. Nucleo e immagine, 133. Inversa di una matri-

    ce, 137. Cambiamento di base, 141. Diagonalizzazione di applica-

    zioni lineari, 144.

    7. Numeri e spazi vettoriali complessi . . . . . . 1 5 3I numeri complessi, 153. Forma polare ed esponenziale, 156. Radici

    di un numero complesso, 159. Spazi vettoriali complessi, 161.

    8. Forme bilineari e applicazioni . . . . . . . . . . . 164Forme bilineari e sesquilineari, 164. Il Teorema spettrale, 168. Coni-

    che, 172. Quadriche, 179.

    9. Soluzioni degli esercizi . . . . . . . . . . . . . . . 183Capitolo 1, 183. Capitolo 2, 183. Capitolo 3, 184. Capitolo 4, 186.

    Capitolo 5, 188. Capitolo 6, 189. Capitolo 7, 191. Capitolo 8, 191.

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    Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194

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    Insiemi

    Quello di insieme un concetto primitivo in matematica e affidiamola sua definizione allusuale senso attribuitogli dal linguaggio comune.

    Fra gli insiemi che verranno presi in considerazione nel corso si dis-

    tinguono quelli numerici alcuni dei quali verranno indicati con i seguenti

    simboli

    N - Linsieme dei numeri naturali

    Z- Linsieme dei numeri interi

    Q- Linsieme dei numeri razionali

    R - Linsieme dei numeri reali

    C - Linsieme dei numeri complessi

    Dove questo abbia senso, un segno utilizzato come apice indica la

    restrizione ai soli numeri positivi (e.g. Z+) o negativi (e.g. Z).Si utilizzer inoltre la seguente convenzione: si indicano con lettere

    maiuscole gli insiemi e con lettere minuscole i loro eventuali elementi.

    La condizione di appartenenza dellelemento a allinsiemeA si indica

    cona A mentre la non appartenenza verr indicata con a A. Se siverifica che ogni elemento di un insieme B appartiene anche allinsieme

    A si dice che B un sottoinsieme di A e si indica B A. Se B unsottoinsieme di A ma si certi che esista almeno un elemento di A non

    appartenente aB si indicaB Ae si dice cheB unsottoinsieme proprio

    diA.

    Si possono definire delle operazioni fra insiemi che definiscono nuoviinsiemi.

    Se, ad esempio, B Asi definisce il complementare diB inA comeCA(B) = {a A | a B}.

    In particolare il complementare di A in A

    A

    CA(B)

    B

    Fig. 1.1 Complementare di B in A

    un insieme privo di elementi detto insieme

    vuotoper il quale si usa il particolare sim-

    bolo .

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    2 Capitolo 1 Insiemistica

    Dati due insiemiA e B si definisce lintersezione diA e B come

    A B = {c| c A e c B}rappesentata in doppio tratteggio

    nella Fig. 1.2 e lunione di A e B

    come

    A B = {c | c Ao c B}.A A B

    B

    A A B

    B

    Fig. 1.2 Intersezione ed unione di insiemi

    Esempio 1.1Un insieme pu essere definito mediante lenumerazione deisuoi elementi, ad esempio

    A1= {1, 2, 3, 4}o mediante una caratterizzazione dei suoi elementi, ad esempio

    A1= {n N | n 4}.SeB= {1, 3} eC= {2} si ha cheB e Csono sottoinsiemi diA eCA(B) =

    {2, 4},CA(C) = {1, 3, 4},B C= ,B C= {1, 2, 3}.La definizione mediante caratterizzazione degli elementi si presta bene

    alla definizione di insiemi costituiti da un numero infinito di elementi o i

    cui elementi non siano facilmente rappresentabili, ad esempio

    A2= { 1n

    | n N}

    A3= {x R | sin(2x) > 0}.Se A e B sono due insiemi non vuoti possibile definire un terzo in-

    sieme, il prodotto cartesiano A

    B di A e B come linsieme costituito

    da tutte le coppie ordinate il cui primo elemento appartiene ad A ed il

    secondo aB , in altri termini

    A B= {(a, b) | a A, b B}.

    Esempio 1.2Se A = {1, 2, 3},B= {a, b} si ha

    A B= {(1,a),(2,a),(3,a),(1,b),(2,b),(3, b)}

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    Relazioni 1.2 3

    B A = {(a, 1), (a, 2), (a, 3),(b, 1),(b, 2),(b, 3)}

    Esercizio 1.1SianoA = {1/n | n N} eB= {x R | 12x3 4x2 3x +1 = 0}. DeterminareA B,CR(A),CA(A B).

    Esercizio 1.2SiaA = {( (1)nn , 1n ) RR | n N}. Rappresentare grafi-camente linsiemeA come sottoinsieme del piano cartesiano.

    Esercizio 1.3Sia2ala lunghezza dello spigolo di un cubo inscritto in una

    sfera di raggio unitario eA = {bn= ni=0 ai | n N}. Determinare il pipiccolo intervallo[x, y] R tale cheA [x,y].

    Relazioni

    Definizione 1.1Una relazione una terna ordinata(A, R, B) doveA e Bsono due insiemi eR un sottoinsieme del prodotto cartesiano diA e B .Se una coppia(a, b)appartiene aR si dice chea in relazione conb e siindicaaRb. Linsieme

    D

    R = {a

    A

    | b

    B tale chea

    Rb

    } detto dominio della relazione. Linsieme

    IR = {b B |a Atale cheaRb} detto codominio della relazione.R detto grafico della relazione. Unarelazione si dice suriettiva se IR = B, ovvero se ogni elemento diB inrelazione con almeno un elemento diA. E detta iniettiva se

    (a1, b) R, (a2, b) R a1= a2.ovvero se elementi distinti diA sono in relazione con elementi distinti di

    B. Una relazione che sia iniettiva e suriettiva si dice biettiva .

    La definizione data di relazione (A, R, B) costituisce una generaliz-zazione del noto concetto di funzione, dato come regola che associa ad

    ogni elemento di un sottoinsieme di A (il dominio della funzione) uno e

    un solo elemento diB. Si pu allora pensare, data una coppia (a, b) R,a bcome immagine, tramite la funzione, di a. Una relazione rappresenta

    quindi una funzione se e solo se (a,b1) R e (a,b2) R comportab1 = b2. Le definizioni date di iniettivit, suriettivit e biettivit si esten-dono quindi alle funzioni.

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    4 Capitolo 1 Insiemistica

    Esempio 1.3 Nel caso di insiemi finiti (e con pochi elementi) pu essere

    conveniente rappresentare graficamente la relazione. Se

    A = {a,b,c,d,e,f} B= {1, 2, 3, 4, 5, 6}

    ed data la relazione(A, R, B) dove

    R = {(a, 4),(b, 1),(b, 2),(c, 3), (d, 5), (e, 5), (e, 6),(f, 2)}

    riportiamo, a titolo di esempio, una rappresentazione insiemistica ed

    una rappresentazione tabulare di

    R.

    A B

    a

    b

    c

    d

    e

    f

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    Fig. 1.3 Rappresentazione insiemistica e tabulare di una relazione

    a

    b

    c

    d

    e

    f

    1 2 3 4 5 6

    x

    x x

    x

    x

    x x

    x

    Nel caso particolare B= Asi possono isolare altre particolari classi direlazioni. Una relazione si dice

    riflessivase a A, (a, a) R;simmetricase (a1, a2) R (a2, a1) R;transitivase (a1, a2) R, (a2, a3) R (a1, a3) R.Una relazione che sia al tempo stesso riflessiva, simmetrica e transitiva

    detta di equivalenza. Per una relazione di equivalenza (A,

    R, A), se

    a A, linsieme[a] = {o A | aRo}

    detto classe di equivalenzadi a. Linsieme delle classi di equivalenza

    di elementi di A detto quoziente di A rispetto alla relazione e si in-

    dica conA/R. Ogni elemento di [a] detto rappresentantedella classe[a]. Valendo la propriet riflessiva si ha a [a], valendo la proprietsimmetrica, seo [a]si ha[o] = [a].

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    Relazioni 1.2 5

    Esempio 1.4 Si consideri un quadrato Q di vertici abcd e le relazioni

    (Q, R, Q)dove(i) (p,q) R se p= q oppurep appartiene al latoab, q appartiene

    al lato oppostoc de la distanza dip daa uguale alla distanza di

    qdad.

    (ii) (p,q) R se p= q oppurep appartiene al latoab, q appartieneal lato oppostoc de la distanza dip daa uguale alla distanza di

    qdac .

    (iii) (p,q) R sep= q oppure si verifica una delle seguenti possibil-it: p appartiene al latoab, q appartiene al lato oppostocd e la

    distanza dip daa uguale alla distanza diq dad oppure p ap-partiene al latobc ,q appartiene al lato oppostoda e la distanza di

    p dab uguale alla distanza diq daa.

    Lo spazio quoziente rispettivamente, un cilindro, un nastro intrecciato

    e una ciambella. E possibile costruire questi modelli a partire da un

    foglio di carta.

    Data una relazione (A, R, B) possibile definire una relazione, dettarelazione inversa, questa data da (B, R1, A), dove

    R1 = {(b,a) B A | (a,b) R}.Se, data una relazione (A, R, B), definita una relazione (B, S, C),

    possibile definire una terza relazione, detta relazionecomposta, data da

    (A, S R, C)doveS R = {(a,c) A C| b B tale che(a,b) R e(b, c) S}.

    Esempio 1.5Indichiamo conA e B gli insiemi dei punti di due rette paral-

    lele nel piano euclideoE2. Siapun punto del piano che non appartiene ad

    AoB . Definiamo la relazione (A, R, B) dove(a, b) R se la distanza diadap uguale alla distanza dib dap. Sea Ai punti diB in relazionecona sono i punti di intersezione fra la rettaB e la circonferenza di cen-

    trop e raggio pari alla distanza fraa e p . A seconda della disposizionedelle rette e del punto e della scelta dia tale intersezione pu essere vuota

    o data da uno o due punti. Sicuramente possibile trovare un puntoa

    in modo che tale circonferenza intersechi la rettaB in due punti quindi la

    relazione non iniettiva. La relazione suriettiva se e solo se la distanza

    della rettaB dal puntop non inferiore a quella della rettaA dap.

    Esempio 1.6 Siap N. Consideriamo la relazione (Z, R,Z) dove (n, m) R se e solo se n m divisibile perp. Deve quindi esseren= m + kp

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    6 Capitolo 1 Insiemistica

    conk Z. Ne segue che la relazione non iniettiva. Daltro canto, datoun numerom sempre possibile trovare un interon tale che n m siamultiplo dip . Ne segue che la relazione suriettiva. Poich0 divisibile

    per ogni intero non nullo la relazione riflessiva. Se n m divisibileperp lo chiaramente anche m n, la relazione quindi simmetrica. Siverifica facilmente che la relazione anche transitiva. Si tratta quindi di

    una relazione di equivalenza. Linsieme quoziente Z/R si chiama insiemedelle classi di resto modulope si indica con Zp. Se, ad esempio, p = 2duenumeri interi sono in relazione se la loro differenza divisibile per2, cio

    se pari. Ne segue che[0]contiene tutti i numeri pari e [1]tutti i numeri

    dispari. Queste due classi esauriscono tutti i numeri interi ne segue cheZ2= {[0], [1]}. Ogni numero pari un rappresentante di[0] cos comeogni numero dispari lo per[1].

    Esempio 1.7 La relazione (Z, R,N) dove (m,n) R se e solo se n=m2 + 1 rappresenta ovviamente la funzione f : ZN, f(m)=m2 + 1.Tale funzione non iniettiva in quantof (m) = f(m). La funzione non suriettiva, infatti scelto n= 3 se f fosse suriettiva dovrebbe esisterem Z tale chem2 + 1 = 3.

    Esempio 1.8 Chiamiamo cardinalit di un insieme A il numero di ele-

    menti diA, che indichiamo con#A. SianoA e B insiemi finiti edf :A Buna funzione biunivoca. Poich f iniettiva due elementi distinti di A

    hanno immagini distinte, ne segue che#B#A. Essendofsuriettiva ognielemento diB ha almeno una retroimmagine in A, ne segue che #A #B.Quindi#A=#B. Nel caso di insiemi infiniti questo fatto rimane vero masi presentano fenomeni che sfuggono allintuizione. Si considerino gli in-

    siemiNe N \ {1} e la funzionef : N N \ {1}data daf(n)= n + 1. Esemplice verificare che questa una corrispondenza biunivoca. Ne segue

    che la cardinalit diN non cambia se si privaN di un elemento.

    Esercizio 1.4 Rappresentare nel piano cartesianoR2

    =R

    R linsieme

    delle coppie(x, y)con xRy, dove la relazione definita daa)(N, R,N), R = {(x,y) | x y};b)(R, R,R), R = {(x,y) | x= y oppurey= 5};c)(R, R,R+), R = {(x,y) | y= x2 + x 1}.

    Esercizio 1.5SiaA = {1, 2, 3, 4, 5} e sia data la relazione (A, R, A), dove(a1, a2) R se e solo sex +y= 6. Esplicitare gli elementi diR e stabilireil dominio e il codominio della relazione. Stabilire inoltre se la relazione

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    8 Capitolo 1 Insiemistica

    (iii) Esiste lelemento inverso,g G, g1 G tale che g g1 =g1 g = e.

    Definizione 1.3 Un gruppoG detto commutativo (o abeliano) se g1, g2 Gsi hag1 g2 = g2 g1.

    Esempio 1.9I numeri interiZ, i razionaliQed i realiR hanno una strut-

    tura di gruppo commutativo rispetto alloperazione di somma. Gli insiemi

    Q=Q\{0} e R= R\{0} hanno una struttura di gruppo commutativorispetto alloperazione di prodotto.

    Loperazione di gruppo , in generale, chiamata prodotto. Come

    si vede dallesempio precedente questa operazione pu coincidere con

    unoperazione gi nota sullinsieme considerato, come la somma tra nu-

    meri reali.

    Esempio 1.10 Riprendiamo gli insiemi Zp = {[0], [1] , . . . , [ p 1]} in-trodotti nellesempio 1.6. Definiamo unoperazione binaria tramite

    [m] + [n] = [m + n].

    In questa definizione abbiamo usato, al secondo membro, come rappre-

    sentanti di[m] e [n] i numerim e n rispettivamente. Per provare che

    la definizione ben posta occorre controllare che il risultato al secondo

    membro non varia se si scelgono altri rappresentanti di [m] e [n]. Se

    [m] = [m]e [n] = [n]si ha che esistonoh, k Z tali chem = m + hpen = n + kp quindi

    [m + n] = [m + hp + n + kp] = [m + n + (h + k)p] = [m + n]

    ovvero il risultato delloperazione di somma tra classi di equivalenza non

    dipende dai rappresentanti scelti. Questa operazione fornisce una strut-

    tura di gruppo su Zp infatti lelemento neutro [0], linverso di [m]

    [m]e si verifica immediatamente che vale la propriet associativa.

    Esempio 1.11 Consideriamo il casoG= Z6= {[0], [1], [2], [3], [4], [5]}.

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    10 Capitolo 1 Insiemistica

    simmetrici. Questi sono dati dallinsieme delle permutazioni degli ele-

    menti di un insieme fissato dove loperazione di prodotto data dalla

    composizione. Consideriamo ad esempio un un insieme composto da3 el-

    ementi{A,B,C}. Possiamo enumerare le possibili permutazioni in base almumero di elementi che queste tengono fermo. C una sola permutazione

    che fissa tutti gli elementi0: (A, B, C)) (A,B,C) (lelemento neutro delgruppo), una permutazione che fissa solo lelementoA e scambiaB e C:

    23 : (A, B,C) (A, C, B)e altre due 13 e 12 che tengono rispettiva-mente fissiB eC. Esistono infine due permutazioni che non fissano alcun

    elemento231 :(A, B,C) (B,C,A),312 :(A, B,C) (C,A,B). A titolodi esempio si ha la composizione

    12 312: (A, B,C) (C,A,B) (A,C,B) = 23.Il gruppo simmetrico di un insieme din oggetti composto dan!elementi.

    I primi esempi di gruppo che abbiamo dato sono gli interi, i razionali

    e i numeri reali, muniti delloperazione di somma. Abbiamo ovviamente

    linclusione Z Q R. Loperazione di gruppo in Z coincide con larestrizione a Z delloperazione di gruppo definita in Q e lo stesso avviene

    per Q visto come sottoinsieme di R. In pratica abbiamo che il gruppo R

    contiene dei sottoinsiemi che hanno, rispetto alloperazione di gruppo

    definita in R, una struttura di gruppo. Questo un fenomeno che sipresenta molto spesso

    Definizione 1.4Un sottogruppo di un gruppoG un sottoinsiemeS Gche sia chiuso rispetto alle operazioni di prodotto ed inversione definite in

    G.

    Si dimostra facilmente che un sottogruppo , a sua volta, un gruppo

    munito delle operazioni di prodotto ed inversione indotte da G .

    Esempio 1.15 Consideriamo il gruppo diedrale

    D6 di ordine 6. Gli ele-

    menti di questo gruppo si possono dividere in due classi: le rotazioni e iribaltamenti. Si verifica facilmente che linsieme dei ribaltamenti non

    chiuso rispetto al prodotto, mentre quello delle rotazioni{e , r , r 2} lo ed chiuso anche rispetto alloperazione di inversione. Ne segue che linsieme

    delle rotazioni costituisce un sottogruppo del gruppo diedrale, costituito

    da3 elementi.

    Capita spesso in matematica che a delle classi di insiemi si associno

    delle funzioni che li mettono in relazione. Vediamo qui un primo esem-

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    Strutture algebriche 1.3 11

    pio, nel caso dei gruppi. Pi avanti studieremo in modo approfondito il

    caso degli spazi vettoriali, in cui si verifica lo stesso fenomeno.

    Definizione 1.5 SianoG e G due gruppi. Un omomorfismo diG in G una funzionef :G G tale che

    g1, g2 G: f (g1 g2) = f (g1) f (g2).Sef sia iniettiva che suriettiva detta isomorfismo .

    Nella definizione di omomorfismo si richiede che lapplicazione f sia

    compatibile con la struttura dei due gruppi. Limmagine del prodotto

    di due elementi diG deve essere il prodotto in G delle singole immaginidei due elementi.

    Esempio 1.16 Lapplicazionef : Z2 Z6 definita daf([m]) = [m] unomomorfismo. Si ha infatti

    f ([0] + [0]) = f ([0 + 0]) = f ([0]) = [0] = [0] + [0] = f ([0]) + f ([0]),

    f ([1] + [0]) = f ([1 + 0]) = f ([1]) = [1] = [1] + [0] = f ([1]) + f ([0]),

    f ([1]

    +[1])

    =f ([1

    +1])

    =f ([0])

    =[0]

    =[1]

    +[1]

    =f ([1])

    +f ([1]).

    Esempio 1.17Lapplicazione Z3 D6 definita daf ([0]) = e, f ([1]) = r , f ([2]) = r2

    un omomorfismo. Lapplicazione iniettva ma non suriettiva, la sua

    immagine il sottogruppoR D6 delle rotazioni. Considerata comeapplicazioneZ3 R risulta quindi iniettiva e suriettiva e si tratta di unisomorfismo.

    Dimostriamo ora alcune propriet degli omomorfismi che pi avanti

    troveremo ancora riformulate per il caso degli spazi vettoriali.

    Definizione 1.6Siaf :G G un omomorfismo tra gruppi. Indicato cone lelemento neutro diG si definisce il nucleo dif come

    ker(f) = {g G: f (g) = e}linsieme degli elementi diG che hanno come immagine e. Si definiscelimmagine dif come

    im(f) = {g G: g G,f(g) = g}.

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    18/202

    12 Capitolo 1 Insiemistica

    Proposizione 1.1 Sia f : G G un omomorfismo tra gruppi alloraker(f) un sottogruppo diG eIm(f) un sottogruppo diG.

    Dim. Iniziamo col provare cheker(f) un sottogruppo. Siano g1, g2 ker(f) dobbiamo provare che il loro prodotto ancora inker(f), infatti

    f (g1 g2) = f (g1) f (g2) = e e= e.

    Siag

    ker(f), proviamo ora che g1

    ker(f):

    e= f(g) f(g)1 = e f (g1) = f (g1).

    Proviamo ora che limmagine di f un sottogruppo di G. Se g1, g2

    im(f)esistonog1, g2 G tali chef (g1) = g1 e f (g2) = g2, quindi

    g1 g2 = f (g1) f (g2) = f (g1 g2)

    quindig 1 g2 immagine di un elemento di G ed appartiene adim(f).Siag im(f)e siag G tale chef(g) = g allora

    g f (g1) = f(g) f (g1) = e

    quindi f (g1) linverso di g in G ed appartiene allimmagine di G.

    Esercizio 1.9Provare che Zp un gruppo commutativo mentre il gruppo

    diedrale di ordine6 non lo .

    Esercizio 1.10 Si consideri il gruppo diedrale di ordine 6 definito nellesempio

    1.13. Indicata con e lidentit, con r la rotazione di 120 gradi e con s

    una simmetria rispetto ad unaltezza si verifichi che i restanti elementi

    del gruppo sonor2, r s, r2 s e si costruisca la tavola moltiplicativa delgruppo.

    Esercizio 1.11Provare che, se p primo, loperazione di prodotto in Zp interna.

    Esercizio 1.12 Dire se uninsieme G = {a,b,c,d} munito di unoperazione

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    19/202

    Strutture algebriche 1.3 13

    prodotto definita dalla seguente tabella

    a b c da b a d c

    b a b c d

    c d c b b

    d c d a a

    ha una struttura di gruppo.

    Esercizio 1.13 Nel gruppo delle permutazioni dellinsieme

    {1, 2, 3, 4

    } si

    determinino tutti gli elementi che fissano la coppia{2, 4} e si verifichi cheformano un sottogruppo.

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    Matrici

    Le matrici sono uno strumento essenziale in geometria. Della vastateoria che le riguarda tratteremo solo alcune delle operazioni elementari,

    funzionali ad altre parti del corso.

    Definizione 2.1 Una matrice di tipomn (a coefficienti reali) un insiemeordinato dim nnumeri reali disposti su mrighe en colonne. Sem = nla matrice si dice quadrata e n detto ordine della matrice.

    Una matriceA quindi un oggetto rappresentabile nella forma

    A = a11 a12 a1na21 a22 a2n

    ... ...

    . . . ...

    am1 am2 amn

    dove si indica con aij il numero posto allintersezione della i-esima

    riga con la j-esima colonna. Utilizzeremo convenzionalmente lettere

    maiuscole per denotare le matrici e le corrispondenti minuscole per de-

    notarne gli elementi.

    Esempio 2.1Le matrici

    A = 1 20 1

    , B= 0 0 02 1 1

    , C= 1 0 00 1 10 0 2

    .Sono matrici di tipo2 2, 2 3, 3 3 rispettivamente. Lelementoa22della matrice A uguale a1, lelementob21 della matrice B uguale a

    2, lelemento c3,2 della matrice C uguale a 0. Le matrici A e C sono

    quadrate, di ordine2 e 3 rispettivamente.

    E possibile definire alcune operazioni tra matrici. Noi prenderemo in

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    21/202

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    16 Capitolo 2 Matrici e determinanti

    per la matrice A la matrice B= A i cui elementi sono definiti dabij= aij .

    Per calcolare il prodotto di una matrice per uno scalare si moltiplicano

    tutti gli elementi della matrice per quel numero.

    Esempio 2.4Sia = 2e A =

    1 22 0

    . Si ha

    2 A =

    2 4

    4 0

    .

    Lultima operazione tra matrici che definiamo il prodotto, ed di

    gran lunga la pi complessa.

    Definizione 2.5SiaA una matrice di tipom n e B una matrice di tipon k. Il prodotto diA perB la matrice C= A B, di tipom k, i cuielementi sono definiti da

    cij=n

    s=1ais bsj .

    Il prodotto si effettua mettendo al posto cij la somma dei prodotti

    degli elementi dellai-esima riga di A per i corrispondenti elementi della

    j-esima colonna di B. Tale prodotto anche detto prodotto righe per

    colonne. Si osservi che il numero di colonne di A deve essere uguale al

    numero di righe diB .

    Esempio 2.5Siano

    A =

    1 1 12 0 1

    , B=

    1 2 13 1 00 1 0

    .Si ha allora

    A B=

    4 4 12 5 2

    .

    Enunciamo alcune propriet del prodotto tra matrici.

    (i) Il prodotto gode della propriet distributiva rispetto alla somma,

    seA una matrice di tipom n,B eCsono di tipon k, si haA (B + C) = A B + A C.

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    23/202

    Matrici 2.1 17

    (ii) Il prodotto gode della propriet associativa. SeA di tipo m n,B e Csono di tipon ke k r, rispettivamente, si ha

    A (B C) = (A B) C.(iii) Sia A una matrice quadrata di ordine n. Esiste una matrice, che

    indichiamo conIn, tale che

    A In= In A = A.Tale matrice costituisce lelemento neutro rispetto al prodotto. E

    definita daiij= 1 sei = j eiij= 0 altrimenti, cio

    In=

    1 0 00 1 0...

    ... . . .

    ...

    0 0 1

    gli unici elementi diversi da zero sono quelli sulla diagonale,

    tutti uguali ad 1. Tale matrice detta matrice identitdi ordinen.

    (iv) Siano A e Bdue matrici quadrate di ordine n, in tal caso possibile

    effettuare i prodotti A B e B A. In generale questi sono diversi,cio il prodotto fra matrici non gode della propriet commutativa

    (Cfr. Esercizio 2.2).Consideriamo infine un caso particolare

    Definizione 2.6SiaA una matrice quadrata di ordine n. Se k un nu-

    mero naturale, si definisce la potenzak-sima diA come il prodotto dik

    copie diA

    Ak = A A A.

    Esercizio 2.1 Siano A=

    1 0 1 0

    1 0 2 00 0 1 1

    e B=

    0 1

    2 3

    1

    2

    3 4

    . Calcolare

    A B.

    Esercizio 2.2SianoA =

    1 1

    0 2

    ,B=

    2 1

    1 1

    . Calcolare i prodottiA B

    eB A.

    Esercizio 2.3SiaA =

    1 0

    2 1

    . CalcolareA2.

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    24/202

    18 Capitolo 2 Matrici e determinanti

    Esercizio 2.4 SiaA=1 1

    0 1

    . CalcolareAk, dove k un numero natu-

    rale.

    Esercizio 2.5SiaA=

    1 1 1

    . CalcolareA AT. Provare che se A una matrice di tipo1 n, si haA AT = 0se e solo seA la matrice nulla.

    Esercizio 2.6Risolvere la seguente equazione matriciale

    3 X1

    21 = 1 0 1 0

    13 .

    Esercizio 2.7SianoV1=

    1

    0

    e V2=

    0

    1

    . CalcolareA V1 e A V2 dove

    A la matrice

    1)

    2 0

    0 2

    , 2)

    22 22

    2

    2

    2

    2

    , 3) 0 11 0

    , 4)

    1 00 1

    .

    Associando ad una matrice X= xy

    lelemento di coordinate (x, y) del

    piano cartesianoR2, possibile pensare alla funzione X A X comead una funzione R2 R2. Considerare, per ogni scelta della matriceA,i punti del piano corrispondenti aV1 e V2 e le loro immagini. Cercare di

    dedurne il comportamento globale della funzione.

    Determinante di una matrice

    SiaA una matrice quadrata di ordine n. E possibile associare adA unnumero reale, detto determinante della matrice A, che indichiamo con

    det(A). La sua definizione piuttosto elaborata. Trattiamo dapprima i

    casi pi semplici

    Se n= 1 la matrice A della forma A=

    a

    . Si definisce in tal caso

    det(A) = a.Sen = 2 la matriceA della formaA =

    a11 a12a21 a22

    . Si definisce in tal

    caso det(A) = a11 a22 a12 a21.

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    20 Capitolo 2 Matrici e determinanti

    Si pu provare che il determinante di una matrice non dipende dalla

    scelta (arbitraria) della riga secondo la quale svilupparlo. Il risultato non

    cambia se, anzich scegliere una riga, si fosse fissata una colonna. Si

    pu provare che si ha

    det(A) =n

    i=1aij ij.

    Questa arbitrariet pu essere sfruttata per calcolare il determinante. In

    particolare conviene sempre scegliere la riga (o la colonna) contenente il

    maggior numero di elementi nulli.

    Esempio 2.8 Sia data la matrice A=2 0 02 1 1

    1 1 2

    . Calcoliamo il deter-minante diA sviluppandolo secondo la prima riga. Si ha

    det(A) = 2 det

    1 11 2

    0 det

    2 11 2

    + 0 det

    2 1

    1 1

    =

    e ovvio che non occorre calcolare dei determinanti che verranno molti-

    plicati per0,

    = 2 det 1 11 2 = 2 (2 + 1) = 6.

    Esempio 2.9Calcoliamo il determinante diA =

    1 0 1 1

    1 1 2 02 0 1 1

    1 1 1 1

    svilup-pandolo secondo la seconda colonna. Si ha

    det(A) = det

    1 1 1

    2 1 1

    1 1 1

    det

    1 1 1

    1 2 02 1 1

    = 0 (2) = 2

    Esempio 2.10SiaA =1 2 34 5 6

    8 8 9

    . Si hadet(A) = det

    5 6

    8 9

    2

    4 6

    8 9

    + 3

    4 5

    8 8

    =

    = 3 + 24 24 = 3.

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    Vettori liberi

    Indichiamo conE3 lo spazio Euclideo. Definiamo vettore applicatounacoppia ordinata di punti (p,q) E3 E3. Se i punti sono distinti in-dividuano una retta e, considerando la successione dei due punti, una

    orientamento sulla retta. Chiamiamop primoestremo(o punto di appli-

    cazione) del vettore eq secondo estremo del vettore. Fissata una unit

    di misura, la distanza dip da q dettamodulo(o lunghezza) del vettore.

    Sep = q il vettore detto vettore nullo.E comodo dare una rappresentazione grafica di un vettore con una

    freccia che congiunga i puntip e q.

    Nelluso pratico pu essere conveniente adottare la simbologia q pin sostituzione di(p,q).

    Dati due vettori applicati non nulli, si dice che questi hanno la stessa

    direzione se le rette su cui giac-

    ciono sono parallele o coincidenti.

    In tal caso diremo che hanno lo

    u

    t

    r

    s

    p

    q

    Fig. 3.1 Vettori con la stessa direzione

    stessoversose inducono la stessa

    orientazione sulle rette parallele

    (pi rigorosamente, se si trasla u-

    na delle due rette, muovendola pa-

    rallelamente a se stessa, fino a far

    coincidere i primi estremi, i punti

    finali si trovano sulla stessa semiretta con origine nel primo estremo).Con riferimento alla Fig. 3.1 i vettori (t,u) e (p,q) hanno lo stesso

    verso mentre (t,u) e (r, s) hanno verso opposto. Un vettore nullo ha,

    per convenzione, la stessa direzione e lo stesso verso di qualsiasi altro

    vettore applicato.

    Nellinsieme Vdei vettori applicati definiamo una relazione (V , R, V )dove (p,q)R(r,s) se i due vettori hanno la stessa direzione, lo stessoverso e lo stesso modulo. In pratica due vettori applicati sono in re-

    lazione se possibile sovrapporre le corrispondenti frecce con una

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    24 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    traslazione in modo che coincidano. Questa risulta essere una relazione

    di equivalenza e il corrispondente spazio quozienteV = V /R dettospazio deivettori liberii suoi elementi sono detti vettori liberio pi sem-

    plicemente vettori.

    Le notazioni, per quanto concerne i vettori liberi, non sono univoca-

    mente determinate. A seconda dello scopo si usa la notazione che rende

    pi semplice la comprensione.

    Un generico elemento di Vverr usualmente denotato con una sotto-lineatura, ad esempio v . Si user

    u

    t

    s

    r

    p

    q

    Fig. 3.2 Vettori equivalenti

    anche la notazione pq in sostitu-

    zione di [(p, q)] per indicare lin-sieme dei vettori equivalenti al vet-

    tore applicato (p,q). Quando sia

    chiaro il contesto si utilizzer, con

    abuso di notazione, la scritturaqp. Per il vettore nullo verr us-

    ata la notazione 0. Dato un vettore

    libero v, risultano ben definiti la

    sua direzione (che la direzione di una retta sulla quale giaccia un rapp-

    resentante div ), il suo verso ed il suo modulo |v| (calcolabili scegliendoun qualsiasi rappresentante). Fissato un punto p esiste ed unico il

    punto q tale che(p, q)sia un rappresentante di v . Per costruirlo si con-

    sidera la retta passante per p e parallela alla direzione di v . Il verso di

    v permette di scegliere una delle semirette di origine p. Su questa esiste

    un solo punto la cui distanza da p uguale al modulo di v .

    Operazioni elementari

    NellinsiemeV dei vettori liberi possibile definire delle operazioni.Consideriamo due operazioni elementari, la somma tra vettori ed il

    prodotto di un vettore per un numero (prodotto per uno scalare).

    Dati due vettori v, w di definisce la loro somma v+ w mediantela cosiddetta regola del parallelo-

    o p

    q

    v

    wv + w

    Fig. 3.3Somma tra vettori

    grammo. Si fissi un punto o e si

    determini il rappresentante (o,p)

    di v avente il primo estremo in o,

    quindi il rappresentante (p,q) di

    w avente il primo estremo in p . Il

    vettore applicato (o, q), per defi-

    nizione, il rappresentante di v+w .La costruzione effettuata per definire la somma di due vettori liberi

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    33/202

    Operazioni elementari 3.2 27

    In molti altri insiemi, oltre a quello

    dei vettori liberi, possibile definire le operazioni di somma e prodotto

    per uno scalare in modo che siano soddisfatte le propriet 3.1-3.4 e 3.5-

    3.8. Gli insiemi che godono di tali propriet si chiamano spazi vettori-

    alie costituiscono un argomento centrale nella geometria di base. Per

    analogia col caso dei vettori liberi gli elementi di uno spazio vettoriale si

    chiamano ancora vettori.

    Esempio 3.2Indichiamo con P3linsieme dei polinomi di grado non supe-riore a3 a coefficienti reali nellindeterminatax. Ogni elementop(x)P3 si potr scrivere nella forma

    p(x) = a x3 + b x2 + c x + d.La somma di due polinomip(x) + q(x) e il prodotto di un polinomio peruno scalare p(x) sono operazioni ben definite che soddisfano tutte le

    propriet richieste a uno spazio vettoriale. La dipendenza dal grado

    del tutto ininfluente, in modo del tutto analogo si pu definire linsieme

    Pn dei polinomi di grado non superiore ad un naturale n o, pi in gen-erale linsieme Pdei polinomi nellindeterminatax (qualunque sia il lorogrado). Tutti questi insiemi sono spazi vettoriali.

    Esempio 3.3 Si definisce Rn come linsieme delle n-uple ordinate di nu-

    meri reali. Un elemento diRn sar della forma(x1, . . . , xn). Si definis-

    cono in Rn le operazioni di somma e prodotto per uno scalare nel modo

    pi naturale

    (x1, . . . , xn) + (y1, . . . , y n) = (x1 + y1, . . . , xn + yn),

    (x1, . . . , xn) = ( x1, . . . , xn).Si verifica facilmente che, con queste definizioni, Rn uno spazio vettori-

    ale.

    Le notazioni del calcolo sui vettori liberi si possono applicare allasoluzioni di problemi nello spazio euclideo, considerando i vettori ap-

    plicati.

    Esempio 3.4 Sianoa, b, c i tre vertici di un triangolo e a, b, c rispetti-vamente i punti medi dei lati opposti a tali vertici. Si pu provare che si

    ha

    (a,a) + (b,b) + (c,c) = 32

    ((a,b) + (b,c) + (c,a)) .

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    28 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    Infatti(a,a) = (a,b)+ 12(b, c), (b,b) = (b,c)+ 12(c,a), (c,c) = (c,a)+12(a,b). Sommando i tre termini si ha la tesi

    Esercizio 3.1Provare che se a, b , c sono tre vettori liberi che verificano

    a + b = c + b alloraa = c.

    Esercizio 3.2Dimostrare, usando la definizione di somma tra vettori, che

    tale operazione gode della propriet associativa (3.4).

    Esercizio 3.3Provare che0 v= 0e (1) v= v qualunque sia il vettorev.

    Esercizio 3.4Provare che se v= 0si deve averev= 0o = 0.

    Esercizio 3.5Linsieme P03 dei polinomi di grado non superiore a3 e talichep(0) = 0per ognip(x) P03 uno spazio vettoriale?

    Esercizio 3.6Provare che linsiemeC1[0, 1] delle funzioni derivabili conderivata continua nellintervallo[0, 1] uno spazio vettoriale. Il suo sot-

    toinsieme costituito dalle funzionif (x)t.c. f (0) = 1 ancora uno spaziovettoriale?

    Esercizio 3.7Provare che se x il punto medio del segmentoab e o un

    punto qualsiasi, si ha

    (o,x) = 12

    ((o,a) + (o, b)) .

    Parallelismo e complanarit

    Ad ogni vettore non nullo v possiamo associare un altro vettore, detto

    versoredi v , definito da

    v e r s v= 1|v| v.

    Il versore div un vettore che ha la stessa direzione e lo stesso verso

    div (infatti si moltiplicav per un numero positivo) e modulo 1.

    Definiamo ora il parallelismo fra vettori liberi.

    Definizione 3.1 Due vettori liberi non nulliv e w si dicono paralleli se

    hanno la stessa direzione .

  • 7/25/2019 Note _Geometria e Algebra Lineare_ (VECCHIA VERSIONE)

    35/202

    Parallelismo e complanarit 3.3 29

    Il vettore nullo 0 parallelo, per definizione, a qualsiasi altro vettore.

    Sev ew sono non nulli possiamo considerare i corrispondenti versori,

    v e r s v ev er s w, segue immediatamente dalla definizione chev er s v=v e r s w oppure v er s v= v er s w a seconda che i due vettori abbianoo meno lo stesso verso. Quindi

    w= |w| v e r s w= |w| v e r s v= |w||v| v.

    Si pu quindi dare una condizione necessaria e sufficiente affinch due

    vettori siano paralleli, uno deve essere multiplo dellaltro:

    Proposizione 3.1 Due vettori v 0 e w sono paralleli se e solo se

    esiste un numero reale tale chew= v.

    Dim. Se i due vettori sono paralleli, da quanto osservato preceden-

    temente, segue che basta scegliere = |w||v| , dove la scelta del segnodipende dal fatto che i vettori abbiano o meno lo stesso verso (cfr. Eser-

    cizio 3.3).

    Se w= v si ha, dalla definizione, che v (quindi w) un vettoreparallelo av .

    Definizione 3.2Tre vettoriv ,w ,t si dicono complanari se, considerando

    tre loro rappresentanti(o,p), (o, q), (o, r), applicati in uno stesso punto

    o, i puntio,p,q,rgiacciono tutti su di uno stesso piano.

    La definizione data di complanarit sfrutta la scelta arbitraria di un

    punto o. Si verifica facilmente che la dipendenza dal punto o in re-

    alta ininfluente.

    Come nel caso del parallelismo possibile dare una semplice con-

    dizione necessaria e sufficiente per la complanarit di tre vettori. E per

    conveniente introdurre due nuove nozioni, pi generali, che ne faciliter-

    anno la definizione.

    Definizione 3.3 Siano dati dei vettori liberi v1, . . . , v n e degli scalari

    1, . . ., n. Si dice combinazione lineare di v1, . . . , v n con coefficienti

    1, . . . , n il vettore

    v= 1 v1 + . . . + n vn.Esaminiamo pi in dettaglio questa condizione.

    Sen = 1 la combinazione lineare di v 1 con coefficiente 1 il vettore

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    Parallelismo e complanarit 3.3 31

    Analogamente la condizione che t sia complanare a v e w pu essere

    scritta come

    t 1 v 2 w= 0. (3.10)Quindi esiste una combinazione lineare (i cui coefficienti sono non tutti

    nulli, in quanto quello di v nella (3.9) e quello di tnella (3.10) sono uguali

    ad 1) dei vettori in esame che ha come risultato il vettore nullo. Questo

    suggerisce la seguenti definizioni

    Definizione 3.4 Dei vettoriv1, . . . , v n si dicono linearmente dipendenti

    se esiste una loro combinazione lineare, i cui coefficienti non siano tuttinulli, che ha come risultato il vettore nullo. Se si ha invece che

    1 v1 + . . . + n vn= 0implica necessariamente1 = . . . = n = 0i vettori si dicono linearmenteindipendenti .

    Si osservi che se, nella precedente definizione, n= 1, il vettore v1 linearmente dipendente se e solo se il vettore nullo infatti si deve avere

    1 v1= 0 con v 0 (cfr. Esercizio 3.4). Se uno tra i vettori v1, . . . , vn,ad esempio v1, nullo, i vettori sono linearmente dipendenti infatti laloro combinazione lineare

    v1 + 0 v2 + . . . + 0 vn nulla ma il coefficiente div 1 diverso da 0.

    Esempio 3.5 I vettori v, w e 2 v w sono linearmente dipendenti inquanto il terzo combinazione lineare dei primi due.

    Esempio 3.6 Siano v e w due vettori linearmente indipendenti. Allora

    v ev

    +w sono linearmente indipendenti. Dal punto di vista geometrico

    questo ovvio, se fossero linearmente dipendenti dovrebbero essere par-

    alleli, mentre, fissando dei rappresentanti, v+ w la diagonale di unparallelogrammo di cuiv lato, quindi il parallelismo impossibile.

    Verifichiamo il risultato anche per via algebrica. Se, per assurdo, fos-

    sero linearmente dipendenti, esisterebbe una loro combinazione lineare

    nulla

    1 v + 2 (v + w) = 0

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    32 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    dove almeno uno tra1 e2 non nullo. Applicando le propriet della

    somma e del prodotto per scalari si ricava immediatamente

    (1 + 2) v + 2 w= 0.

    Poich i vettoriv e w sono supposti linearmente indipendenti, i coeffi-

    cienti della combinazione lineare scritta sopra devono essere nulli. Cio

    1+ 2= 0 e 2= 0. Questo implica1= 2= 0 contro lipotesi chealmeno uno dei coefficienti non fosse nullo.

    Esempio 3.7 Sianov 1, . . . , v n dei vettori linearmente indipendenti. Ognisottoinsieme di{v1, . . . , v n) composto da vettori linearmente indipen-denti. E possibile verificarlo ragionando per assurdo. Supponiamo che vi

    sia un sottoinsieme composto da vettori linearmente dipendenti, ad esem-

    piov 1, . . . , v r. Esiste allora una loro combinazione lineare nulla

    1 v1 + . . . + n vn = 0.A partire da questa possibile costruire una combinazione lineare nulla,

    ma con coefficienti non tutti nulli, div 1, . . . , v n, il che assurdo. Indicato

    infatti coni il coefficiente div i, si ponei= i se i r ei= 0sei > r.

    Esempio 3.8Sianoa,b,ctre punti distinti e allineati dello spazio euclideo

    edo un punto qualsiasi. Si pu provare che esistono3 scalari non tutti

    nulli tali che1 + 2 + 3= 0e1 (o,a) + 2 (o,b) + 3 (o,c) = (o,o).

    Infatti i vettori applicati corrispondenti a (a,b) e (a,c) sono paralleli

    quindi linearmente dipendenti, esistono quindi due numeri, , , entrambi

    non nulli, tali che

    (a,b) + (a,c) = (o,o).

    Dalla regola del parallelogrammo si ha che (a,b)= (o,b)(o, a) e(a,c) = (o,c) (o, a). Sostituendo si determinano1, 2, 3.

    La definizione di lineare dipendenza e lineare indipendenza identica

    quando si consideri, invece dello spazio dei vettori liberi, un qualsiasi

    spazio vettoriale.

    Esempio 3.9 Si consideri linsiemeP3 dei polinomi di grado non superi-ore a3 (cfr. Esempio 3.2). I vettori (cio i polinomi)1 + x, 2x 1 sono

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    34 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    Esercizio 3.11Sianoa, b, c,d dei punti complanari dello spazio euclideo

    edo un punto qualsiasi. Si provi che esistono degli scalarii, la cui somma

    sia nulla e sia verificata

    1 (o,a) + 2 (o,b) + 3 (o,c) + 4 (o,d) = (o,o).

    Esercizio 3.12Sianou,v ,t tre vettori linearmente indipendenti. Provare

    che i vettori u + t, v + t, 2 v t, 3 u

    sono linearmente dipendenti.

    Esercizio 3.13 Sianou e v due vettori linearmente indipendenti. Verifi-

    care che i vettorit1= v2 u e t2= 3 uv sono linearmente indipendenti.Scrivereu e v come combinazione lineare dit 1 e t 2.

    Esercizio 3.14Sianov 1, . . . , v n dei vettori complanari (n 3). Da quantielementi composto, al pi, un loro sottoinsieme di vettori linearmente

    indipendenti?

    Esercizio 3.15Si provi che i polinomi1, x , x2, x3 diP3 sono linearmente

    indipendenti.

    Esercizio 3.16 Si consideri lo spazio vettorialeP3 (cfr. Esempio 3.2) e iseguenti polinomi:p(x) = x2 x + 1,q(x) = 2x + 1,r(x) = x2 + x + 2,s(x) = x2 + x + 1. Provare che

    (i) p(x)e q(x)sono linearmente indipendenti;

    (ii) p(x), q(x)e r(x)sono linearmente dipendenti;

    (iii) p(x), q(x)e s(x)sono linearmente indipendenti.

    Si esprima quindiq(x)come combinazione lineare dip(x)e r(x).

    Esercizio 3.17 Si consideri lo spazio vettorialeR4

    (cfr. Esempio 3.3) ei seguenti vettori v1 = (1, 1, 0, 0) , v2 = (1, 0, 1, 0) , v3 = (0, 1, 1, 0) ,v4= (1, 0, 0, 1). Dire se sono linearmente indipendenti e, se possibile,esprimere v= (1, 0, 0, 1)come combinazione lineare div1, . . . , v4.

    Basi dello spazio dei vettori liberi

    Per introdurre il concetto di base premettiamo un Teorema, noto come

    Teorema della Base

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    36 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    Definizione 3.5 Si definisce base dello spazio dei vettori liberi una terna

    di vettori linearmente indipendenti.

    In particolare ogni base dello spazio dei vettori liberi composta da 3

    elementi. Dal Teorema della base segue che, data una base, qualsiasi al-

    tro vettore pu essere scritto come combinazione lineare degli elementi

    della base. Siav1, v2, v3 una base, se le si aggiunge un quarto vettore

    v4 questa propriet continua ad essere valida, cio ogni vettore v pu

    essere scritto come combinazione lineare di v1, v2, v3 e v4, solo che

    questa scrittura non pi univoca. Infatti essendo v 1,v 2,v 3 una base i

    vettore v ev4

    si potranno esprimere come combinazione lineare

    v= 1 v1 + 2 v2 + 3 v3v4= 1 v1 + 2 v2 + 3 v3.

    Si hanno quindi le seguenti due possibili espressioni di v come combi-

    nazione lineare div 1,v 2,v 3 e v 4

    v= 1 v1 + 2 v2 + 3 v3 + 0 v4e

    v= (1 1) v1 + (2 2) v2 + (3 3) v3 + v4.Le due espressioni sono distinte in quanto i coefficienti di v4sono rispet-tivamente uguali a 0 e 1.

    Alla luce di quanto visto possibile dare una definizione equivalente

    di base

    Definizione 3.6 Una base diV un insiemeB di vettori linearmenteindipendenti tali che ogni vettore diVpossa essere espresso come combi-nazione lineare di elementi diB.

    Questa definizione apparentemente ridondante ma ha il pregio di

    essere la giusta generalizzazione della definizione di base per gli spazi

    vettoriali.

    Esempio 3.11 Si consideri lo spazio vettorialeP3. DallEsercizio 3.15 siricava che i polinomi1, x , x2, x3 sono linearmente indipendenti. Daltro

    canto ogni polinomio diP3 si pu scrivere come p(x)= ax3 + bx2 +cx+ d ed quindi combinazione lineare, con coefficienti d,c,b,a deipolinomi considerati. Ne segue che B = {1, x , x2, x3} una base diP3. Inparticolare per uno spazio vettoriale generico non detto che una base

    sia composta da3 elementi.

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    Prodotto scalare e ortogonalit 3.5 37

    Esercizio 3.18 SiaB = {v1, v2, v3} una base diV. Provare cheB={v1+ v2, v3, v1+ v3} ancora una base diV. Si esprimav1 comecombinazione lineare degli elementi della nuova base.

    Esercizio 3.19SiaB = {v 1, v2, v3} una base diV. Per quali valori delparametroh, i seguenti insiemi

    B= {v1 + v2, h v1 + v2 v3, v1 v2 + 3 v3}

    B= {(h 2) v1 + v2 + v 3, h v1 + v2 + 2v3, h v1 + (h 1) v3}

    costituiscono ancora basi diV.

    Esercizio 3.20Si provi che B = {1 + x, 1 x, 1 x2, 1 x3} una basedello spazio vettoriale P3.

    Prodotto scalare e ortogonalit

    Si definiscono ora delle operazioni pi complesse sui vettori, che risul-

    tano utili quando si utilizzano i vettori come modello per una situazione

    geometrica o fisica.

    Preliminarmente occorre definire langolo tra due vettori liberi. Datidue vettori liberi non nulli consideriamo due loro rappresentanti appli-

    cati in uno stesso punto o. Questi individuano un piano. Le semirette

    contenenti i vettori, individuano due angoli.

    Definizione 3.7Si definisce angolo fra due vettori liberi non nulliu e v

    langolo convesso, indicato conuv , formato da due semirette contenentidue loro rappresentanti applicati in uno stesso punto.

    E evidente che la definizione di angolo ben posta, ovvero non dipende

    o p

    q

    uv

    Fig. 3.9 Angolo tra vettori

    dalla scelta del punto o. La definizione

    dipende invece dalla scelta di un verso

    di rotazione positivo sul piano conte-

    nente i due rappresentanti dei vettori (si

    definisce quindi positivo l angolouv sela rotazione che porta la semiretta con-

    tenente il rappresentante di u sulla sec-

    onda semiretta avviene nel verso posi-

    tivo). Ne segue chevu= uv. La con-dizione di convessit implica che uv .

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    42 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    Si tratta quindi dei polinomi della forma

    q(x) = a x3 + b x2 35

    a x + d.

    Esempio 3.16 Si consideri lo spazio vettoriale R3. E possibile definire un

    prodotto scalare mediante

    (x1, x2, x3) (y1, y2, y3) =3

    i=1xi yi. (3.13)

    Anche in questo caso le propriet1),.., 4) sono di facile verifica. Si puinterpretare la definizione di prodotto scalare in termini di prodotti fra

    matrici, si ha infatti

    x1 x2 x3

    y1 y2 y3T = x1 x2 x3

    y1y2y3

    == (x1, x2, x3) (y1, y2, y3).

    Determiniamo, ad esempio, langolo tra(0, 1, 1)e (2, 1, 2). Il prodottoscalare tra questi due vettori 1. Il modulo del primo vettore (cio laradice quadrata del prodotto scalare del vettore con se stesso) 2, quellodel secondo 3 ne segue3

    2cos() = 1da cui = arccos( 1

    3

    2).

    La definizione data di prodotto scalare si estende in modo naturale allo

    spazio vettoriale Rn, semplicemente associando allan-pla(x1, . . . , xn)la

    matrice

    x1 x2 xn

    .

    Esercizio 3.21Si provi la seguente propriet del prodotto scalare

    (u) v= u v.

    Esercizio 3.22Giustificare, nellesempio 3.14, la scelta del valore dellin-

    cognitay.

    Esercizio 3.23 Siano u, v , t tre vettori ortogonali di modulo 1,

    2, 1

    rispettivamente. Determinare i moduli dei seguenti vettori.

    1) u v, 2) u + v t,3) u + 2 t, 4) 2 u 2v + t.

    Esercizio 3.24Sianou e v due vettori di modulo1 e 2 tali cheuv= 4 .

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    44 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    Esercizio 3.30Determinare, nello spazio vettoriale P3munito del prodot-to scalare definito nellEsempio 3.15, i vettori ortogonali ap(x)= 1

    2 e

    q(x) =

    32

    x. Si verifichi inoltre chep(x)e q(x) sono versori ortogonali.

    Esercizio 3.31 Si consideri lo spazioR3 munito del prodotto scalare defini-

    to nellEsempio 3.16. Dati i vettori( 23 ,13 ,

    23 ) e (

    13 ,

    23 , 23 ), determinare un

    terzo versore in modo da ottenere una base ortogonale.

    Esercizio 3.32 Si consideri lo spazioR3 munito del consueto prodotto

    scalare. Determinare, nel piano contenente i vettori (1, 1, 0) e (1, 0, 1),

    un vettore ortogonale a(1, 1, 0).

    Prodotto vettoriale e prodotto misto

    Abbiamo visto che lortogonalit tra vettori pu essere valutata utiliz-

    zando il prodotto scalare. Introduciamo due nuove operazioni tra vettori

    che permettono di stabilire rispettivamente relazioni di parallelismo e di

    complanarit tra coppie e terne di vettori.

    Prima di dare le definizioni occorre precisare un criterio di scelta

    nellorientazione dello spazio. Problema al quale gi abbiamo accennato

    al momento di definire langolo tra due vettori.

    Siano dati, nellordine, tre vettori linearmente indipendenti (cio una

    base) v 1, v2, v3. Si considerino tre loro rappresentanti (o,p), (o, q),

    (o,r), applicati in uno stesso punto o. I vettori applicati(o,p) e (o, q)

    individuano un piano, il punto rstar in uno dei due semispazi definiti

    da tale piano. Un osservatore che si trovi nel semispazio contenente

    r, per sovrapporre la semiretta di origine o contenentep a quella conte-

    nente q, secondo un angolo convesso, deve farle effettuare una rotazione

    in senso orario oppure antiorario.

    Si noti che la scelta di rnel semispazio opposto ha leffetto di invertire

    tale verso, analogamente accade se si scambia il ruolo di v 1 con quello

    div 2.

    Definizione 3.10Una terna ordinata di vettori linearmente indipendenti

    si dice positivamente orientata se, applicati i tre vettori in uno stesso

    punto, un osservatore posto nel semispazio individuato dal rappresen-

    tante del terzo vettore pu sovrapporre la direzione del rappresentante

    del primo vettore su quella del secondo con una rotazione di un angolo

    convesso in senso antiorario. In caso contrario si dice Negativamente ori-

    entata

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    48 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    il prodotto vettoriale. Poich il prodotto vettoriale si annulla se due vettori

    sono paralleli si hau u= 0 e cos anche per gli altri due componentidella base. Ne segue, utilizzando le propriet distributive del prodotto

    vettoriale

    v1 v2= 1

    6(u t + v u v t + t u) =

    utilizzando la propriet antisimmetrica del prodotto vettoriale

    = 16

    (v u v t + 2 t u) =

    per semplificare ulteriormente questa espressione, valutiamo il prodotto

    u v. Questo deve essere un vettore ortogonale sia au che av . Siccomeu e v sono versori ortogonali, il suo modulo deve essere 1 (si tratta cio

    di un versore), inoltre la terna u, v, u v deve essere positivamenteorientata. Ne segue cheu v= t . Allo stesso modo (si pensi alla regoladella mano destra) si prova che v t= ue t u = v . Utilizzando ancoralantisimmetria del prodotto vettoriale ci si riduce a

    = 16

    (u + 2 v t).

    Si osservi che nei paragrafi precedenti avevamo mantenuto un par-allelismo fra le definizioni date per i vettori liberi e il caso pi gen-

    erale degli spazi vettoriali. Nel caso del prodotto vettoriale levidenza

    di questo parallelismo viene meno in quanto la definizione stretta-

    mente legata alla scelta di una orientazione, fatto ben visualizzabile solo

    nel caso dello spazio Euclideo tridimensionale. Consideriamo allora lo

    spazio vettorialeR3 che, come vedremo, in stretto legame con lo spazio

    dei vettori liberi.

    Esempio 3.21 Nello spazio vettoriale R3 definiamo il prodotto vettoriale

    con la seguente formula

    (x1, x2, x3) (y1, y2, y3) = (x2 y3 x3 y2, x3 y1 x1 y3, x1 y2 x2 y1).

    Questo prodotto gode di tutte le propriet del prodotto vettoriale definito

    per i vettori liberi. Pu ad esempio essere utilizzato per verificare il par-

    allelismo o per determinare un vettore ortogonale a due vettori dati.

    La formula che definisce il prodotto vettoriale in R3, pu apparire in-

    comprensibile e difficile da memorizzare. Come nel caso del prodotto

    scalare si ottiene una sua rappresentazione in termini di matrici che pu

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    Prodotto vettoriale e prodotto misto 3.6 49

    rendere pi semplice il suo calcolo

    (x1, x2, x3)(y1, y2, y3) = (det

    x2 x3y2 y3

    , det

    x3 x1y3 y1

    , det

    x1 x2y1 y2

    ).

    Questo approccio condurr ad un ulteriore miglioramento della formula,

    una volta introdotto il metodo delle coordinate.

    Definiamo ora unaltra operazione tra vettori liberi

    Definizione 3.12Sia data una terna ordinata di vettori liberiu,v et . Si

    definisce loro prodotto misto lo scalareu v t.

    Per calcolare il prodotto misto di tre vettori si calcola dapprima il

    prodotto vettoriale tra i primi due. Questo ha come risultato un vettore

    e se ne calcola il prodotto scalare col terzo vettore.

    Diamo una interpretazione geometrica del prodotto misto. Abbiamo

    gi visto (Cfr. le osservazioni relative alla formula (3.11)) che il prodotto

    scalare pu essere interpretato come il prodotto fra il modulo di u v ela componente orientata dit lungou v . Supponiamo che i tre vettorinon siano complanari. In tal caso il modulo di u

    v interpretabile come

    larea di un parallelogrammo che abbia come lati due rappresentanti di uev ,u v rappresentato da un vettore ortogonale al piano del parallel-ogrammo e la componente dit lungo tale vettore,a meno del segno, non

    altro che laltezza del prisma che ha per lati i rappresentanti di u,v ,t .

    Il prodotto misto quindi, se considerato in valore assoluto, il volume

    di tale prisma. Lannullarsi del prodotto misto equivale allannullarsi di

    tale volume. Questo avviene se il prisma degenera in una figura piana,

    ovvero se e solo se i tre vettori sono complanari. Ne segue

    Teorema 3.3 Tre vettoriu, v et sono complanari se e solo se il loro

    prodotto misto nullo.

    Il prodotto misto quindi lo strumento che utilizzeremo per verifi-

    care la complanarit di tre vettori. Dimostriamo due utili propriet del

    prodotto misto

    Proposizione 3.5 Una terna ordinata di vettori non complanariu, v,

    t positiva (negativa) se e solo se il loro prodotto misto positivo

    (negativo).

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    Prodotto vettoriale e prodotto misto 3.6 51

    Esempio 3.23 In R3 si definisce il prodotto misto fra tre vettori(x1, x2, x3),

    (y1, y2, y3),(z1, z2, z3)mediante il prodotto scalare ed il prodotto vetto-

    riale gi definiti. Si verifica che

    (x1, x2, x3) (y1, y2, y3) (z1, z2, z3) = detx1 x2 x3y1 y2 y3

    z1 z2 z3

    . (3.14)Ad esempio

    (1, 0, 1) (2, 1, 1) (1, 1, 0) = det 1 0 12 1 11 1 0

    = 0.Poich il prodotto misto inR3 gode delle stesse propriet di quello definito

    per i vettori liberi, si pu affermare che i vettori(1, 0, 1),(2, 1, 1),(1, 1, 0)

    sono complanari, cio linearmente dipendenti. Questo pu essere valutato

    nella direzione opposta. Se tre vettori diR3 sono linearmente dipendenti,

    la matrice che si pu costruire mettendo nelle righe le loro componenti,

    ha determinante nullo.

    Le conclusioni tratte da questultimo esempio sono particolarmente

    importanti e completano le fondamentali propriet del determinante gidefinite nel paragrafo 2 e sono valide non solo in R3 ma pi in generale

    si ha

    Proposizione 3.7 SiaA una matrice quadrata di ordinen. Il suo deter-

    minante nullo se e solo se le sue righe, interpretate come vettori di

    Rn sono linearmente dipendenti.

    Esempio 3.24 Riprendiamo la matrice esaminata nellesempio 3.22. In

    questo caso la terza riga ottenuta sottraendo alla prima riga la seconda.

    Equivalentemente(1, 1, 0) = (1, 0, 1) + (2, 1, 1).

    Cio il terzo vettore combinazione lineare dei primi due con coefficienti

    1e 1.

    Esercizio 3.33 Siau, v, t una base ortogonale positiva formata da ver-

    sori. Dati i vettoriw 1= 2 u 2 v, w 2= u + v t, determinare un terzovettore w 3 in modo chew 1,w 2,w 3 sia una base ortogonale.

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    Equazioni vettoriali 3.7 53

    Esiste qualche analogia fra la soluzione di questo esercizio e quella delle-

    sercizio 3.38?

    Equazioni vettoriali

    Consideriamo, in questo paragrafo, delle equazioni vettoriali. Queste

    sono equazioni nelle quali lincognita da determinare un vettore. Ne

    consideriamo due classi, relative a operazioni che abbiamo definito sui

    vettori liberi

    La prima equazione che consideriamo

    x v= .

    In questa equazione sono assegnati il vettore v e lo scalare . Comin-

    ciamo col considerare alcuni casi particolari.

    Sev= 0 lequazione diventa 0 = . Ha soluzione se e solo se il valoreassegnato a effettivamente 0. In tal caso lincognitax indetermi-

    nata, nel senso che qualsiasi vettore libero verifica lequazione.

    Supponiamo dora innanziv 0. Se = 0, lequazione diventax v=0. Per la caratterizzazione dellannullarsi del prodotto scalare data dal

    Teorema 3.4 si ha che linsieme delle soluzioni x coincide con linsiemedei vettori ortogonali av .

    Esempio 3.25Siau,v ,t una terna ortogonale composta da versori. Con-

    sideriamo lequazione

    x (u v) = 0.

    Descriviamo esplicitamente linsieme dei vettori ortogonali au v. Ognisoluzionex esprimibile come combinazione lineare di u, v e t. Sar

    x = a u + b v + c t. Lequazione diventa

    0 = (a u + b v + c t) (u v) = a b.Ne segue che le soluzioni possono essere descritte dax= a u + a v + c t,al variare dia e c in R. Pi in dettaglio si hax= a (u + v) + c t. Ciox combinazione lineare dei vettoriu + v et . Linsieme delle combinazionilineari di due vettori non paralleli descrive linsieme dei vettori compla-

    nari con tali vettori. Questo corrisponde al fatto che, applicando i vettori

    considerati in un punto o, linsieme dei vettori ortogonali ad un vettore

    dato dato dai vettori che giacciono su di un piano.

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    56 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    in R3 x (1, 0, 1) = 2x (1, 0, 0) = 1x x = 14

    Esercizio 3.44Siau,v ,t una terna positiva di versori ortogonali. Deter-

    minare la soluzione del sistema x v= ux u = t v

    Il metodo delle coordinateDallo svolgimento degli esempi e dagli esercizi proposti dovrebbe risal-

    tare la frequenza con la quale si cerca di lavorare con una terna com-

    posta da versori mutuamente ortogonali. La scelta di una tale base porta

    a grandi semplificazioni nei calcoli

    Definizione 3.13Una base ortonormale un base composta da versori a

    due a due ortogonali.

    Abbiamo visto che, data una qualsiasi base, sempre possibile costru-

    irne unaltra ortonormale. Supporremo quindi di fissarne una e, per co-

    modit, la scegliamo positivamente orientata. Indichiamo una tale basecon B = {i,j,k}. Riassumiamone brevemente le propriet

    i i = j j= k k = 1, i j= j k = k i = 0,

    i j= k, j k = i, k i = j.Luso pi frequente, che implicitamente abbiamo utilizzato in molti

    degli esercizi, realizzare, tramite la scelta della baseB, una corrispon-denza tra lo spazio dei vettori liberiV e R3. Tale corrispondenza inrealta pu essere realizzata a prescindere dal fatto che la base scelta

    sia ortonormale. Questa scelta permette per grandi semplificazioni neicalcoli. Vediamo come pu essere realizzata questa corrispondenza.

    Ogni vettore liberov pu essere espresso come combinazione lineare

    degli elementi della base B, in modo unico, si avrv= x i + y j + z k, sipone alloraf :V R3

    f(v) = (x,y,z) (3.15)tale corrispondenza biunivoca e permette quindi una sostanziale

    identificazione di V e R3. Sottolineiamo che tale identificazione dipende

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    Il metodo delle coordinate 3.8 57

    in modo stretto dalla scelta della base, sostituire la base cambia lespres-

    sione delle componenti del vettore v e, di conseguenza, f (v).

    Enunciamo due propriet basilari di questa identificazione

    (i) f (v + w) = f(v) + f(w)cio alla somma di vettori inVcorrisponde la somma dei cor-

    rispondenti vettori di R3. Questo si verifica semplicemente, se

    v= x1 i+y1 j+z1 k, w= x2 i+y2 j+z2 k si ha, per le propriet dis-tributive della somma, v+w= (x1+x2) i+(y1+y2) j+(z1+z2) k.Quindi

    f (v + w) = (x1 + x2, y1 + y2, z1 + z2) == (x1, y1, z1) + (x2, y2, z2) = f(v) + f(w).

    (ii) f ( v) = f(v).Cio al prodotto di un vettore libero per uno scalare corrisponde

    il prodotto del vettore corrispondente di R3 per lo stesso scalare.

    Queste propriet evidenziano che le strutture di spazio vettoriale di

    V e R3 sono sostanzialmente identiche.La corrispondenza che abbiamo definito permette soprattutto di sem-

    plificare il calcolo dei prodotti che abbiamo definito sui vettori liberi.

    In pratica, conoscendo lespressione di un vettore libero come combi-nazione lineare di elementi diB, vedremo come possiamo, di fatto, uti-lizzare le regole di calcolo di R3. Il vantaggio pratico e enorme (ad

    esempio per calcolare il prodotto vettoriale in R3 non occorre utilizzare

    la regola della mano destra). Tutte le difficolt insite nel calcolo dei

    prodotti vengono superate una volta che si faccia lipotesi di conoscere

    lespressione di un vettore in termini di combinazioni lineare di elementi

    di B.Siano u, v e w due vettori liberi. Possiamo esprimerli come combi-

    nazione lineare degli elementi della base

    u = x1 i +x2 j + x3 k, v= y1 i +y2 j + y3 k w= z1 i + z2 j + z3 k.(i) Per il prodotto scalare si ha

    u v= x1 y1 + x2 y2 + x3 y3= (x1, x2, x3) (y1, y2, y3).Quindi per calcolare il prodotto scalare frau e v sufficiente cal-

    colare quello fraf (u)e f(v).

    (ii) Per il prodotto vettoriale la cosa leggermente pi delicata, in

    quanto quello che vogliamo ottenere non un numero (che pu

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    60 Capitolo 3 Calcolo Vettoriale

    Esercizio 3.54Determinare, se esistono, dei valori di per i qualii j parallelo ai + j + k.

    Esercizio 3.55 Determinare, se esistono, dei valori di per i qualii+j+ k complanare coni j + ke i 2j + k.

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    Coordinate nello spazio Euclideo

    In questo capitolo applichiamo gli strumenti definiti nel capitolo prece-

    dente allo studio della geometria analitica dello spazio. In particolare

    questi verranno utilizzati per lavorare con rette e piani. Preliminarmente

    occorre definire un buon sistema di coordinate nello spazio. Per farlo

    utilizzeremo la corrispondenza f :V R3 definita nel capitolo prece-dente dalla formula (3.15). Ricordiamo che questa permette di identifi-

    care, una volta fissata una base (i,j,k), il vettore x i + y j+ z k Vcon il vettore(x,y, z) R3. Nel seguito useremo costantemente questaidentificazione, senza ulteriori segnalazioni.

    Nello spazio euclideo Efissiamo arbitrariamente un punto O che chi-

    ameremo origine del sistema di coordinate. Fissiamo anche una base

    ortonormale positivaB = {i, j , k} di V. Dato un qualsiasi punto Pdellospazio, il vettore applicato (O,P ) lunico rappresentante applicato in

    O di un vettore liberov . Esprimendov rispetto alla base ortonormale Bsi avrv= x i + y j + z k. Ne risulta definita la composizione

    E V R3

    P v (x,y,z).

    Definizione 4.1Le coordinate di un puntoPdello spazio euclideo, rispetto

    allorigine O e alla base ortonormaleB sono date dalla terna ordinata(x,y,z)diR3 secondo la procedura descritta sopra.

    In generale supporremo di aver fissato una volta per tutte lorigine O

    e la base B. Le coordinate di un punto dello spazio dipendono da questescelte anche se fissata una nuova origineO e unaltra base ortonormaleB non difficile descrivere il modo in cui variano le coordinate di P nelnuovo riferimento.

    Consideriamo due punti P0 e P, di coordinate (x0, y0, z0) e (x,y,z)

    rispettivamente. Il vettore applicato (P0, P ) il rappresentante di un

    vettore liberov applicato nel punto P0.

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    62 Capitolo 4 Geometria Analitica

    Vogliamo determinare le coordinate di un punto Pin modo che (O,P)sia il rappresentante di v applicato in

    0. Sianov1 e v2 i vettori liberi rappre-

    O

    P0

    P

    P

    v1v

    v2

    Fig. 4.1Coordinate nello spazio

    sentati da (O,P0) e (O,P). Si ha v=v2 v1 quindi, dalla definizione dellacorrispondenza f : V R3,

    f(v) = f (v1) f (v2) == (x,y,z) (x0, y0, z0) =

    = (x

    x0, y

    y0, z

    z0).

    Cio la differenza fra le coordinate di P e quelle di P0 rappresenta le

    coordinate del secondo estremo del rappresentante di v applicato in 0.

    Questo equivale inoltre al fatto chev= (xx0) i+(yy0) j +(zz0) k.

    Esempio 4.1 Consideriamo un esempio nel piano cartesiano (omettendo

    quindi la coordinata z). Dati i punti P= (1, 1), P0= (2, 0), il vettore(P0, P ) rappresenta un vettore che, applicato in 0, ha il secondo estremo

    nel punto di coordinate (1, 1).

    Esercizio 4.1Date le coppie di punti aventi coordinate

    (1, 2, 1), (3, 2, 2); (1, 1, 0), (2, 0, 5); (0, 0, 0), (2, 2, 2);Determinare le coordinate del punto medio del segmento individuato

    da ciascuna di esse (cfr. Esercizio 3.7).

    Esercizio 4.2Siano dati due vettori liberiv1e v2tali che i secondi estremi

    dei loro rappresentanti inO abbiano coordinate, rispettivamente,(1, 0, 2)

    e(2, 1, 1). Quali coordinate ha il secondo estremo del rappresentante div1 + 3 v2 applicato inO?

    Esercizio 4.3 Dato il punto P di coordinate (2, 1, 3) ed il punto Q dicoordinate(0, 1,

    2) determinare un puntoP tale che il rappresentante

    di(P, P), applicato inO , abbia secondo estremo in Q.

    Rette nello spazio Euclideo

    Quello di retta un concetto noto, definito nellambito della geometria

    euclidea. Vediamo un possibile approccio alla definizione della retta che

    utilizzi i vettori liberi. Supponiamo quindi di aver fissato una origine O

    ed una base ortonormale positiva B di V.

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    64 Capitolo 4 Geometria Analitica

    seguente equazione parametricax = 1 + ty= 1 2 tz = 2 3 t

    Un ulteriore grado di libert dato dal fatto che, se consideriamo un

    vettore parallelo ai 2 j 3 k, ad esempio2 i + 4 j + 6 k, la rettar puancora essere descritta come la retta passante per(1, 1, 2)e parallelaa2 i + 4 j + 6 ked ha quindi equazione parametrica

    x = 1 2 ty= 1 + 4 tz = 2 + 6 t

    Per stabilire se due equazioni parametriche rappresentano la stessa retta

    sufficiente controllare che i due vettori che ne forniscono la direzione

    siano paralleli e che un punto di una delle due rette appartenga anche

    alla rimanente.

    Esempio 4.3 Determiniamo lequazione parametrica di una retta pas-

    sante per i punti di coordinate(1, 0, 2)e (2, 1, 1). Dalla costruzione effet-

    tuata nella definizione, risulta che le componenti(l,m,n) di un vettore

    parallelo alla retta sono date dalla differenza tra le coordinate dei due

    punti, ovvero(1, 1, 1). La retta ha quindi equazione parametricax = 1 + ty= tz = 2 t

    Lequazione parametrica della retta , in un certo senso, costruttiva, la

    si utilizza quando si vogliono determinare dei punti sulla retta. Basta

    infatti assegnare dei valori al parametro t e siamo certi di ottenere terne

    (x,y,z) che rappresentano punti della retta, questo effettuando solo

    calcoli elementari. Supponiamo, data una retta (individuata da un puntodi coordinate (x0, y0, z0) e parallela al vettore di componenti (l,m,n))

    ed un punto di coordinate (x,y,z), di voler stabilire se il punto ap-

    partiene alla retta. In questo caso lequazione parametrica scomoda.

    Infatti bisogna stabilire se esiste un valore del parametro t tale che le

    tre equazioni siano soddisfatte. In questo caso occorre ricavare t da

    una delle equazioni e sostituirlo nelle rimanenti due. Se queste sono

    soddisfatte il punto appartiene alla retta. Per evitare di dover risolvere

    una equazione si preferisce usare unaltra equazione, detta equazione

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    Rette nello spazio Euclideo 4.2 65

    cartesiana della retta. Per determinarla supponiamo dapprima che le

    componenti di(l, m,n)siano tutte non nulle. In questo caso, ricavando

    t dalle tre equazioni si trova

    x x0l

    = y y0m

    = z z0n

    .

    Che equivalente ad un sistema di due equazioni. Se una delle compo-

    nenti (l, m,n) nulla, ad esempio l, lequazione si riduce a x= x0

    yy0m = zz0n

    Se due delle componenti sono nulle, ad esempio l e m, lequazione di-

    venta x = x0y= y0

    Questa ultima equazione pu essere interpretata come segue, la variabile

    znon compare nellequazione quindi non vincolata. I punti della retta

    sono quindi tutti e soli quelli della forma (x0, y0, z) e la retta risulta

    parallela allasse dellez, passante, ad esempio, per il punto(x0, y0, 0).

    Esempio 4.4 Determiniamo lequazione cartesiana della retta passante

    per il punto di coordinate (1, 2, 1) e parallela al vettorei + j 3 k. Lecomponenti del vettore sono tutte non nulle, quindi lequazione cartesiana

    1 x= y 2 = 1 z3

    .

    Questa pu anche essere scritta nella forma x + y 3 = 03 y+ z 7 = 0

    Il punto di coordinate (2, 1, 4) appartiene alla retta in quanto le equazioni

    risultano identicamente soddisfatte quando si sostituiscono le componentia(x,y, z). Il punto(0, 1, 2)invece non appartiene alla retta in quanto la

    prima delle due equazioni non soddisfatta.

    Lequazione cartesiana della retta sempre esprimibile nella forma ax + by + cz + d = 0ax + by+ cz + d= 0

    non per vero che ogni equazione di quella forma rappresenta una

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    66 Capitolo 4 Geometria Analitica

    retta. Per motivi che risulteranno chiari nel prossimo paragrafo, con-

    dizione necessaria e sufficiente affinch lequazione rappresenti una retta

    che(a,b,c)e (a, b, c)risultino non proporzionali.E possibile dare unaltra espressione dellequazione cartesiana della

    retta. Una volta che siano note le coordinate di due punti P= (x0, y0, z0)e Q= (x1, y1, z1) che stiano sulla retta, dalla costruzione che abbiamoeffettuato per definire la retta chiaro che l= x x0, m= y y0,z= z z0. Nel caso che le componenti(l,m,n) siano tutte non nullelequazione cartesiana prende quindi la forma

    x x0x1 x0 =

    y y0y1 y0 =

    z z0z1 z0 .

    Esempio 4.5 Determiniamo lequazione della retta passante per(1, 2, 0)

    e (3, 2, 1). La retta risulta parallela al vettore4 i k. In particolare laseconda componente di questo vettore nulla lequazione prende quindi

    la forma

    y= 2

    x+34 = 1 z

    E possibile risalire allequazione parametrica di una retta a partire

    dallequazione cartesiana della stessa.

    Esempio 4.6Si consideri la retta di equazione cartesiana x 2y+ z + 1 = 02x y+ 3 = 0

    Osserviamo che lincognitay appare in entrambe le equazioni. Ricavi-

    amox= 2y z 1dalla prima equazione, sostituendo nella seconda sitrova

    x= 2y z 1z = 32 y 12

    da cui x= 12 y 32z = 32 y 12

    Pensando alla variabile y, che non risulta determinata, come ad un para-

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    Piani nello spazio Euclideo 4.3 69

    e per il punto di intersezione delle rette x= z 1y= 3z + 4

    x = 2y 14z = y+ 8

    Piani nello spazio Euclideo

    Possiamo applicare le metodologie introdotte per lo studio delle rette

    allo studio dei piani nello spazio Euclideo. Supponiamo sempre di aver

    fissato una origine O ed una base ortonormale positivaB diV. Con-sideriamo due diversi modi di identificare un piano, che porteranno agli

    analoghi delle equazioni parametriche e cartesiane per il caso dei piani.Un piano risulta univocamente determinato una volta che vengano as-

    segnati tre punti non allineati

    che gli appartengano. Suppo-

    O v2

    v1PP0 P2

    PP1

    Fig. 4.3 Piano per 3 punti

    niamo quindi che il piano passi

    per i punti P0= (x0, y0, z0),P1= (x1, y1, z1) ed un terzopunto non allineato ai primi

    due P2= (x2, y2, z2). Un puntoP, di coordinate (x,y,z) ap-

    partiene al piano se e solo se

    i tre vettori applicati (P0, P ),

    (P0, P1) e (P0, P2) sono com-

    planari. Questi vettori rappresentano tre vettori liberi che, una volta

    applicati in 0 hanno il secondo estremo nei punti di coordinate (xx0, y y0, z z0),(l,m,n) = (x1 x0, y1 y0, z1 z0)e (l, m, n) =(x2 x0, y2 y0, z2 z0). La condizione di complanarit equivale a direche il primo vettore deve essere combinazione lineare dei due rimanenti,

    ovvero devono esistere t , s R tali che(x x0, y y0, z z0) = t (l, m, n) + s (l, m, n).

    Ovvero x= x0 + l t + l sy= y0 + m t + m sz = z0 + n t + n s

    Questa equazione detta equazione parametricadel piano.

    Esempio 4.9 Determiniamo lequazione parametrica del piano passante

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    70 Capitolo 4 Geometria Analitica

    per P0= (1, 1, 1), P1= (2, 0, 1) e P2= (3, 0, 3). Si ha, secondo le no-tazioni introdotte sopra, (x0, y0, z0)= (1, 1, 1), (l,m,n)= (1, 1, 0),(l, m, n) = (2, 1, 2). Lequazione risulta quindi

    x= 1 + t + 2 sy= 1 t sz = 1 + 2 s

    Come nel caso della retta, lequazione parametrica del piano non

    univocamente determinata. Nel modo in cui labbiamo definita, lordine

    nel quale si considerano i punti P0, P1, P2 determina lespressione for-

    male dellequazione. Ovviamente il piano lo stesso anche se consideroi punti in un ordine diverso. In particolare (l,m,n)e (l, m, n)rappre-sentano le componenti di due vettori che siano paralleli al piano. Questi

    possono essere sostituiti con una qualsiasi altra coppia di vettori, non

    paralleli tra loro, che siano paralleli al piano.

    Esempio 4.10Determiniamo lequazione parametrica del piano passante

    per il punto di coordinate (1, 0, 2) e parallelo ai vettorii+2 k e i+j2 k.Le componenti di questi vettori sono(l,m,n) = (1, 0, 2)e (l, m, n) =(1, 1, 2). Lequazione del piano risulta quindi

    x=

    1

    t+

    s

    y= sz = 2 + 2 t 2 s

    Possiamo arrivare allequazione dello stesso piano in pi modi. Abbi-

    amo visto che i punti Pdel piano sono tali che (P0, P )sia complanare ai

    rappresentanti div 1 ev 2 applicati inP0. Il vettorev 1 v2, applicato inP0 rappresenta un vettore che ortogonale al piano. In particolare deve

    essere ortogonale a(P0, P )e, viceversa, ogni punto Pcon questa propri-

    et appartiene al piano. Un modo per verificare la complanarit tra tre

    vettori , come abbiamo visto, dato dallannullarsi o meno del prodotto

    misto, dato che il vettore rappresentato da (P0, P ), applicato in 0, ha il

    secondo estremo nel punto di coordinate(x x0, y y0, z z0)questacondizione equivalente a

    det

    x x0 y y0 z z0l m nl m n

    = 0.Sviluppando questa espressione arriviamo ad una equazione della forma

    ax + by + cz + d = 0 (4.2)

  • 7/25/2019 Note _Geometria e Algebra Lineare_ (VECCHIA VERSIONE)

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    Piani nello spazio Euclideo 4.3 71

    dovea, b,c non sono tutti nulli. Questa si chiama equazione cartesiana

    del piano. Cerchiamo di capire meglio il significato dei coefficienti che

    compaiono in questa equazione. Il prodotto misto dal quale labbiamo

    ricavata

    (l,m,n) (l, m, n) (x x0, y y0, z z0).

    Se indichiamo (l,m,n) (l, m, n) = (a,b,c), il punto di coordinate(a,b,c) il secondo estremo del

    rappresentante di v1 v2 appli-

    (l,m,n)

    (l, m, n)

    (a,b,c)

    Fig. 4.4 Normale ad un piano

    cato in O, rappresenta quindi un

    vettore ortogonale al piano che vo-

    gliamo descrivere. Utilizzando la

    definizione di prodotto scalare si

    giunge a

    ax+by+cz(ax0+by0+cz0) = 0.

    ponendod= (ax0 + by0 + cz0) si ottiene lespressione (4.2). In par-ticolare si osservi che i coefficienti delle incognite x , y , z individuano

    un vettore(a,b, c)che ortogonale al piano, il termine noto d invece

    legato al passaggio del piano per il punto (x0, y0, z0).

    Esempio 4.11 Determiniamo lequazione del piano passante per il punto

    di(1, 0, 2)e parallelo a2 i j + ke i + k. Lequazione del piano dataquindi da

    det

    x 1 y z 22 1 11 0 1

    = 0ovvero

    x + 3y+ z 3 = 0.

    Si osservi che lequazione cartesiana del piano determinata a meno di

    un coefficiente non nullo di proporzionalit, ovvero i piani rappresentati

    dalle equazioni ax+ by+ cz+ d= 0 e ax+ by+ cz+ d= 0coincidono (questo corrisponde al fatto che se (a,b,c) perpendicolare

    al piano, anche (a, b,c)lo ).

    Esempio 4.12 Abbiamo ricavato lequazione parametrica del piano a par-

    tire dalla condizione di passaggio per tre punti non allineati P0, P1, P2.

  • 7/25/2019 Note _Geometria e Algebra Lineare_ (VECCHIA VERSIONE)

    78/202

    72 Capitolo 4 Geometria Analitica

    Questa equivaleva al fatto che(P0, P ), (P0, P1) e (P0, P2) fossero compla-

    nari. Gli ultimi due vettori rappresentano due vettori noti ai quali il pi-

    ano parallelo, quindi possiamo utilizzarli anche