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NOTA A TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE

SEZIONE PRIMA CIVILE

SENTENZA 14 luglio 2016, n. 2673

Sugli obblighi dell'Ente Comunale in assenza di valido contratto

e relativo impegno spesa

A CURA DI FRANCESCO MELONE

1. Affinché il Comune resti vincolato per il pagamento del compenso per prestazioni

rese in suo favore è necessario che sussistano tutti questi elementi: la delibera che

autorizza il sindaco a concludere il relativo contratto; la conclusione di detto contratto

in forma rigorosamente scritta; l'esistenza di copertura finanziaria - attestata dal

responsabile del servizio finanziario; in mancanza di siffatti presupposti ed in presenza

dell'incolpevole affidamento del privato il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della

controprestazione e per ogni altro effetto di legge, tra il privato fornitore e

l'amministratore o il funzionario che abbiano consentito l'esecuzione degli stessi .

2. L'azione di arricchimento, per il suo carattere sussidiario (art. 2042 cod. civ. ), non

compete a chi possa recuperare la subita diminuzione patrimoniale con altra azione

contro lo stesso arricchito o contro un terzo, e, pertanto, deve essere negata per il caso

di prestazione effettuata in favore di un Comune con violazione delle disposizioni dell'

art. 191, comma 4, D.Lgs. n. 267 del 2000, dato che, come si è detto, il corrispettivo della

prestazione medesima è reclamabile nei confronti dell'amministratore o del

funzionario responsabili dell'acquisizione del bene o del servizio nonostante il difetto di

deliberazione e contabilizzazione dell'impegno di spesa.

La mera esecuzione di una prestazione in favore di una pubblica amministrazione, in

assenza quindi di un valido contratto sottoscritto tra le parti ed in assenza dello specifico

impegno di spesa non solo non fa sorgere alcun diritto in favore dell’appaltatore, ma non

configura neppure un obbligo in capo all’ente pubblico medesimo (tanto risulta confermato

anche dai Giudici del Trib. Novara con la sentenza del 06-10-2008 ove si legge

testualmente: “I contratti stipulati dalla pubblica amministrazione richiedono la forma

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scritta 'ab substantiam', conseguendo alla mancanza di tale requisito la inesistenza di

un'obbligazione contrattuale a carico della p.a., senza che rilevi la eventuale esistenza di

una delibera autorizzatoria dell'organo collegiale dell'ente pubblico non tradottasi in un

atto, sottoscritto da entrambi i contraenti, da cui possa desumersi la concreta sistemazione

del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alle prestazioni da eseguire ed al

compenso da corrispondere, onde consentire tanto l'esatta individuazione del contenuto

negoziale quanto i necessari controlli delle autorità tutorie, con conseguente inammissiblità

di qualsivoglia manifestazione di volontà delle parti implicita o desumibile da

comportamenti meramente attuativi”.

Né tanto meno il rapporto contrattuale tra l’Ente Comunale ed il Soggetto erogatore del

sevizio, così come il conseguente credito vantato da quest’ultimo, potrebbe farsi discendere

da alcun provvedimento prefettizio impositivo dell’obbligo di gestione sul territorio

comunale del sevizio, in tal caso dell’erogazione del servizio di smaltimento di rifiuti solidi

urbani da parte del Consorzio territorialmente competente e del conseguente obbligo da

parte dell’Ente Comunale di pagamento del corrispettivo per l’espletamento dei sevizi.

Ed infatti la L.R. della Campania n. 10/1993, poi abrogata e sostituita dalla L.R. Campania

n. 4/2007, dettava norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania prevedendo

all’art. 5 che ai fini della elaborazione del piano regionale dei rifiuti il territorio regionale è

suddiviso in bacini e che nella definizione di bacini il piano tiene conto della produzione di

rifiuti solidi urbani, industriali e speciali, anche in funzione delle articolazioni dei Comuni,

ai sensi della legge n. 142 del 1990, allorché costituite ed all’art. 6 che i soggetti attuatori

del Piano sono i Comuni, i Consorzi di Comuni e le Comunità montane, i quali potevano

costituire società miste con la partecipazione di imprese singole o associate per la

realizzazione degli impianti di smaltimento previsti dal Piano con la precisazione che i

Comuni stessi potevano affidare le varie attività di smaltimento dei rifiuti secondo le norme

stabilite dalla legge n. 142 del 1990 od enti e imprese specializzate, debitamente autorizzate

con provvedimento regionale.

E’ intervenuto di seguito il D.Lgs 22/1997 che all’art. 21 stabiliva che i comuni effettuano

la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di

privativa nelle forme di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 , mentre al successivo art. 23

prevedeva quanto di seguito: “Salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli

ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani sono le Province. In tali ambiti

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territoriali ottimali le Province assicurano una gestione unitaria dei rifiuti urbani e

predispongono piani di gestione dei rifiuti, sentiti i Comuni, in applicazione degli indirizzi e

delle prescrizioni del presente decreto.

2. Per esigenze tecniche o di efficienza nella gestione dei rifiuti urbani, le Province possono

autorizzare gestioni anche a livello subprovinciale purché, anche in tali ambiti territoriali

sia superata la frammentazione della gestione.

3. I comuni di ciascun àmbito territoriale ottimale di cui al comma 1, entro il termine

perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell'àmbito medesimo, organizzano la gestione dei

rifiuti urbani secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità.

4. I comuni provvedono alla gestione dei rifiuti urbani mediante le forme, anche

obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 , come integrata dall'articolo 12

della legge 23 dicembre 1992, n. 498 .

5. Per le finalità di cui ai commi 1, 2 e 3 le province, entro il termine di dodici mesi dalla

data di entrata in vigore del presente decreto, coordinano, sulla base della legge regionale

adottata ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142 , e successive modificazioni, le forme ed i

modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo àmbito ottimale. Nei casi

in cui la forma di cooperazione sia attuata per gli effetti dell'articolo 24 della legge 8

giugno 1990, n. 142 , le province individuano gli enti locali partecipanti, l'ente locale

responsabile del coordinamento, gli adempimenti ed i termini previsti per l'assicurazione

delle convenzioni di cui all'articolo 24, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142 . Dette

convenzioni determinano in particolare le procedure che dovranno essere adottate per

l'assegnazione del servizio di gestione dei rifiuti, le forme di vigilanza e di controllo, nonché

gli altri elementi indicati all'articolo 24, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142.

Decorso inutilmente il predetto termine le regioni e le province autonome provvedono in

sostituzione degli enti inadempienti.”

Entrambe le norme di cui al D.Lgs n. 22/1997 sono state abrogate, infine, dal nuovo T.U. in

materia ambientale D.Lgs. n. 152/2006 che nell’affidare il servizio di raccolta e

smaltimento rifiuti alle istituende Autorità d’ambito ha previsto espressamente all’art. 204

che “ I soggetti che esercitano il servizio, anche in economia, alla data di entrata in vigore

della parte quarta del presente decreto, continuano a gestirlo fino alla istituzione e

organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità d'ambito.

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In relazione alla scadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto

legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorità d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel

rispetto delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, entro nove mesi

dall'entrata in vigore della medesima parte quarta”.

Dal breve excursus normativo nazionale e regionale innanzi delineato, non emerge, in

definitiva, alcun obbligo di far gestire i servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti a detti

consorzi e, pertanto, il rapporto tra l’Amministrazione Comunale ed il Consorzio, così come

il conseguente credito vantato da quest’ultimo, non può in alcun modo ricondursi a

provvedimenti prefettizi - tra l’altro destinati semplicemente a determinare il prezzo unitario

al chilogrammo da applicare al conferimento dei rifiuti presso gli impianti ed allo

smaltimento di questi – in quanto il predetto rapporto ed il conseguente diritto al

corrispettivo può farsi discendere solo ed esclusivamente da un regolare contratto

sottoscritto tra le parti.

Ciò posto, è possibile affermare che l'azione di pagamento presuppone l'esistenza di una

convenzione stipulata per iscritto nonché la relativa copertura finanziaria attestata dal

responsabile del servizio finanziario : tale principio assume un rilievo particolare per i

contratti in cui è parte un ente pubblico e quindi laddove manchi un valido titolo

contrattuale ed addirittura una delibera di affidamento di un servizio non sorge alcun vincolo

per l'Ente pubblico (correttamente, quindi, il Giudice del Tribunale di S. Maria C.V., dott.ssa

Pupo, in una situazione analoga a quella in esame - avente ad oggetto il medesimo sevizio –

con la sentenza n. 2389/2012 del 20.05.2012 ha ritenuto “…..meritevole d'accoglimento la

tesi sostenuta da parte opponente con riguardo all'attività di raccolta e conferimento rifiuti

il cui compenso è indicato nella fattura ………manca la forma scritta, requisito essenziale

per gli atti degli enti pubblici, trattandosi di attività proseguita di fatto, ma non più coperta

di un valido titolo, quale l’atto di proroga del servizio effettuato con delibera o convenzione

del Comune. Ne segue che per tutta l'attività svolta per il periodo di dicembre 2004 e

successivamente non costituisce più l’adempimento di un obbligo contrattuale, ma con un

comportamento reso in favore del Comune…”).

°°° °°° °°°

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - Sezione I Civile

in persona del giudice unico Dott. Maurizio Spezzaferri

SENTENZA

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nella causa civile iscritta al n.8012/2006, avente ad oggetto “Appalto” e assunta in decisione

all’udienza del 29.03.2016 con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. (60 + 20

gg) per il deposito di comparse conclusionali e successive memorie di replica e vertente

TRA

COMUNE DI CAPUA, in persona del Sindaco p.t., rapp.to e difeso, giusto mandato come

in atti, dall’.avv. Francesco Melone, e domiciliato presso quest’ultimo in Caserta, via

Colombo n. 53, presso lo studio dell’Avv. Umberto Gentile;

Opponente

E

CONSORZIO INTERCOMUNALE CE1 – GESTIONE INTEGRATA DEL CICLO DEI

RIFIUTI -, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso come in atti, dagli avvocati

Luciana Martone e Teodolinda Stocchetti, domiciliato presso di loro in Piedimonte Matese,

Piazza Roma, n. 85 (ente sciolto ex d.l. n. 90/08 conv.in legge 123/2008 con accorpamento

nel Consorzio interventore);

Opposto

NONCHE’

CONSORZIO UNICO DI BACINO DELLE PROVINCE DI NAPOLI E CASERTA, in

persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso in virtù di mandato a margine dell’atto di

intervento volontario del 2-10-2010 dagli avvocati Luciana Martone e Teodolinda

Stocchetti, domiciliato presso di loro in Piedimonte Matese, Piazza Roma, n. 85 (ente

accorpante il Consorzio opposto);

Interventore volontario/Opposto

CONCLUSIONI RESE ALL’UDIENZA DEL 29.03.2016:

Per parte opponente: conclude riportandosi a tutto quanto dedotto, prodotto ed eccepito nei

propri atti e nei verbali di causa chiedendone l’integrale accoglimento. Il difensore chiede

che la causa venga trattenuta per la decisione con la concessione dei termini ex art. 190

c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

Per parte opposta: si riporta a tutti a tutti gli atti di causa chiedendone l’accoglimento.

Chiede assegnarsi la causa a sentenza con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa e

concessione dei termini di rito per il deposto di note conclusionali ed eventuali repliche.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Si premette in punto di fatto che, il Consorzio Intercomunale Ce1 ricorreva alla procedura

monitoria avverso il Comune di Capua per il versamento del corrispettivo pari ad euro

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112.942,72 per la fornitura di servizi di smaltimento di rifiuti solidi urbani per il periodo 1

febbraio 2004-30 aprile 2004.

Il Tribunale di SMCV, in accoglimento del ricorso, emetteva D.I. n. 367/2006 per la somma

richiesta, al quale, però, si opponeva ritualmente il Comune di Capua, che ne eccepiva

integralmente il contenuto.

In particolare, l’opponente nel proprio atto difensivo sosteneva che alcun contratto fosse

stato sottoscritto tra le parti al fine di ottenere la prestazione richiesta, nonché alcun impegno

di spesa assunto dall’ente comunale quale volontà di addivenire a tal contratto di prestazione

di servizio. Il tutto confortato, ad avviso dell’opponente, dell’impossibilità della fattura di

costituire prova valida per l’esistenza di un rapporto giuridico.

Per sua parte, l’opposto riteneva, invece, l’impegno assunto dal Comune di Capua come

determinato per effetto dell’applicazione della l. 24 febbraio 1992, n. 225, Istituzione del

Servizio nazionale della protezione civile, in relazione ad uno stato emergenziale (in

particolare emergenza rifiuti) che attraversava la regione Campania negli anni 2003-2006.

Talché, l’ordinanza commissariale del 30 settembre 2003 avrebbe così dato vita ad un

rapporto obbligatorio tra il Comune di Capua ed il Consorzio opposto.

In via riconvenzionale, il Consorzio chiedeva che fosse accertato l’indebito arricchimento

del Comune in seguito alla erogazione della prestazione di servizi.

Alla prima udienza di comparizione del 10 aprile 2007, l’opposto chiedeva che il D.I. fosse

reso esecutivo. Il giudice, riservatosi in merito, concedeva termini di 10 gg. per note.

Il 24 aprile 2007, sciolta la riserva, il G.U. accoglieva la richiesta di provvisoria esecuzione,

ritenendo le eccezioni del Comune di Capua non fossero supportate da elementi probatori

tali tale da poter integrare il fumus della sua opposizione.

Le udienze che seguivano vennero rinviate per bonario componimento, però, mai raggiunto

(dal 21-5-2009 al 29-6-2010).

All’udienza del 2-12-2010, interveniva in giudizio il Consorzio Unico di Bacino delle

Province di Napoli e Caserta (Articolazione Territoriale CE) a seguito dello scioglimento ex

DL n. 90/2008 convertito in legge n. 123/2008 del Consorzio attoreo e del suo accorpamento

nell’ente interventore, richiedendo il rigetto dell’opposizione e l’accoglimento delle

domande già esperite in giudizio.

Il G.U., preso atto di ciò, dinanzi le richieste istruttorie delle parti non ammetteva

l’interrogatorio formale e testimoniale, essendo la causa di origine documentale. Pertanto,

ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava la stessa per precisazione delle conclusioni

al 20-12-2011.

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Il giudizio, dopo alcuni rinvii interlocutori, approdava dinanzi lo scrivente all’udienza del 9-

10-2015 ed, in ragione del carico del ruolo e della necessità di riorganizzarlo secondo gli

obiettivi di definizione arretrati fissati dalla Presidenza del Tribunale, veniva assunto in

decisione il successivo 29 marzo 2016 con concessione dei termini ordinari (60+20 gg) ex

art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e successive memorie di replica.

2. Nel merito, l’opposizione deve essere accolta per le ragioni che di seguito meglio si

esporranno. Preme sin da ora determinare l’oggetto della controversia, ossia del mancato

pagamento di somme da parte del Comune di Capua rispetto all’erogazione del servizio di

smaltimento di rifiuti solidi urbani da parte del Consorzio Ce1.

L’attore (opponente) contesta l’esistenza del rapporto giuridico stesso, non ritenendo

provato in alcun modo l’esistenza di un contratto di fornitura dei servizio indicati in atti.

Tale doglianza è condivisibile.

E questo in quanto le ordinanze di necessità, emesse dal Commissario di Governo, c.d.

"extra - ordinem", che non costituiscono espressione del comune potere amministrativo e -

per ciò stesso - si diversificano dalla categoria concettuale degli atti amministrativi benché

emesse da organi della p.a., si connotano in ragione della funzione normativa assolta, con

carattere di generalità ed astrattezza, anche in deroga delle leggi ordinarie, si sottraggono

alla disciplina concernente le forme di esercizio dei poteri e ben possono risultare attributive

di diritti soggettivi (Cass. civ. Sez. Unite, 29/07/1999, n. 566).

Ciò tuttavia non toglie potere al Comune di poter disporre liberamente nell’ambito della

risoluzione di una emergenza. Infatti, il D.L. n. 263/2006, all'art. 5, quinto comma, affida

alcuni poteri al Commissario delegato all'emergenza rifiuti in tema di bonifica, messa in

sicurezza e apertura discariche, ma non priva i Comuni campani della competenza a ordinare

l'affidamento a una ditta privata del servizio di raccolta di Rsu in ambito cittadino (T.A.R.

Campania Napoli Sez. I Sent., 09/03/2009, n. 1319).

Inoltre, a mente dell’art. 191, comma 3, del testo unico degli enti locali, per i lavori pubblici

di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la

Giunta, qualora i fondi specificamente previsti in bilancio si dimostrino insufficienti, entro

venti giorni dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del procedimento,

sottopone al Consiglio il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità

previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), prevedendo la relativa copertura finanziaria

nei limiti delle accertate necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica

incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è adottato entro 30 giorni dalla data di

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deliberazione della proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31 dicembre

dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al

terzo interessato è data contestualmente all'adozione della deliberazione consiliare.

Come noto, l'azione di adempimento presuppone la sussistenza di un contratto valido ed

ineseguito. Nonostante il nostro ordinamento abbia adottato il principio di libertà della

forme nei contratti inter privates (tranne in alcune particolari eccezioni), nei rapporti con gli

enti pubblici la forma scritta è prevista a pena di nullità, rilevabile anche d'ufficio ( R.D. 18

novembre 1923, n. 2440, art. 17 in materia di contabilità generale dello Stato).

La ratio di tale scelta, secondo quanto chiarito dalla Suprema Corte di Cassazione, è

rappresentata "dall'esigenza di individuare con esattezza il contenuto negoziale dell'atto, di

rendere possibili i controlli delle autorità tutorie, di evitare elusioni al principio di copertura

finanziaria degli atti di spesa" (Cass., n. 59/2001).

Ebbene, nel caso di specie, il Comune di Capua ed il Consorzio non risultano aver stipulato

un contratto scritto, condicio sine qua non per avanzare domanda di adempimento

contrattuale, non costituendo un valido supporto probatorio, in tal senso, la fattura emessa

dallo stesso Consorzio.

Tale documentazione certamente presuppone la sussistenza di un rapporto negoziale; ma, si

ribadisce che in materia di contratti stipulati dalla pubblica amministrazione deve ritenersi

necessaria la stipulazione in forma scritta a pena di nullità, ed escludersi la conclusione

tacita per facta concludentia, posto che altrimenti si perverrebbe all'effetto di eludere il

requisito della forma scritta (Cons. Stato, Sez. VI, Dec. n. 03507del 03/06/2010).

Al riguardo, il richiamo fatto dal Consorzio opposto alla delibera commissariale del 30-9-

2003 non risolve il problema in tema di onere probatorio in quanto in detto provvedimento,

come correttamente evidenziato dalla difesa dell’ente civico nella comparsa conclusionale

telematica, è specificato unicamente il sistema tariffario da applicare per la gestione del ciclo

rifiuti da parte degli enti locali competenti (cfr. doc.in prod.parte opposta).

Tornando, quindi, al caso in esame appare chiaro che i Comuni dell’area Casertana

dovessero fruire del servizio erogato dal Consorzio individuato nella suddetta ordinanza,

divenendo parte del rapporto obbligatorio per cui era necessario “consacrare” il medesimo in

una convenzione scritta.

Inoltre, non vi è alcuna prova documentale delle prestazioni effettivamente erogate nell’anno

2004 se non il riferimento dell’atto di liquidazione n. 13 del 2-2-2005 emesso dal

Responsabile dell’Area del Comune di Capua come diretto al responsabile dell’Ufficio

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finanziario, che costituisce invece mero atto interno senza valenza esterna tanto da essere

indirizzato al Responsabile del Servizio Finanziario.

3. A questo punto deve essere scrutinata la domanda riconvenzionale proposta

dall’opponente.

Essa fa leva sull’indebito arricchimento da parte dell’ente locale per la prestazione di

servizio erogategli.

3.1. Preliminarmente, l'azione di ingiustificato arricchimento è una azione residuale,

accordata dall'ordinamento quando l'impoverito non disponga di alcun strumento giuridico a

tutela della propria pretesa.

Tale presupposto non sussiste nel caso di spese fuori bilancio dei Comuni (e, più in generale,

degli enti locali) e comunque non munite del competente visto di regolarità contabile

dell’Ufficio finanziario reso sulla scorta dei presupposti atti di bilancio approvati nelle

forme di legge.

3.2. Giova ricordare, a tal fine, come il legislatore, per porre limite ad una preoccupante

crescita delle spese degli enti locali, nel 1989 stabilì che "nel caso in cui vi sia stata

l'acquisizione da parte dell'ente locale di beni o servizi in violazione dell'obbligo indicato nel

comma 3 e cioè senza la deliberazione autorizzativa né l'impegno contabile registrato sul

competente capitolo del bilancio di previsione, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini

della controprestazione e per ogni altro effetto di legge tra il privato fornitore e

l'amministratore o il funzionano che abbiano consentita la fornitura. Detto effetto si estende

per le esecuzioni reiterate o continuative a tutti coloro che abbiano reso possibili le singole

prestazioni" (D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23, comma 4, convertito in legge, con

modificazioni, dalla L. 24 aprile 1989, n. 144, art. 1, comma 1).

Successivamente, tale norma venne abrogata dal D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, art. 123,

comma 1, lett. (n), (recante "Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali"), e

sostituita dall'art. 35, comma 4, dello stesso decreto, il quale ha introdotto in subiecta

materia una importante novità, vale a dire la possibilità per l'ente locale di riconoscere, con

deliberazione consiliare, la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da acquisizioni di

beni o servizi non autorizzate, "nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento

per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza".

La legge è passata quindi da un sistema di "irresponsabilità assoluta" della p.a., nel caso di

assunzione di beni o servizi non regolarmente deliberate, ad un sistema di "irresponsabilità

relativa", nel quale a determinate condizioni la p.a. poteva decidere di "riconoscere" il debito

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fuori bilancio.

L'ultima tappa dell'evoluzione normativa in subiecta materia è rappresentata

dall'approvazione del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), il cui art.

191 ha stabilito che "nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione

dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3 e cioè in assenza dell'impegno contabile registrato

sul competente capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria,

il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non

riconoscibile ai sensi dell'art. 194, comma 1, lett. e), tra il privato fornitore e

l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le

esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili

le singole prestazioni".

Il successivo art. 194, comma 1, lett. (e), stabilisce poi che gli enti locali, con apposita

deliberazione, possono riconoscere la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da

"acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art.

191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito

dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza".

Il credito di chi ha fornito la prestazione od il servizio nei confronti della p.a. sussiste

dunque direttamente nei confronti del funzionario. Questi, ove manchino i necessari

adempimenti formali per la validità dell'impegno di spesa assunto dalla p.a., ne risponderà in

proprio verso il privato fornitore.

L'insorgenza del rapporto obbligatorio direttamente tra il fornitore e l'amministratore o il

funzionario che abbia consentito la prestazione comporta l'impossibilità di esperire nei

confronti del Comune l'azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario

requisito della sussidiarietà.

Pertanto, dopo l'introduzione della normativa sopra riassunta, la questione del

riconoscimento dell'utilità della prestazione può porsi di regola solo allorché siano il

funzionario o l'amministratore responsabili verso il privato a proporre l'azione di cui all'art.

2041 cod. civ. nei confronti della P.A. (così, testualmente, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 1391 del

23/01/2014, Rv.; e vedi anche Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-12-2014, n. 26911).

Rilevante poi appare la documentazione prodotta dall’opposto (v, produzione Consorzio

Ce1), ossia il già richiamato atto di liquidazione n. 13 del 2 febbraio 2005 e la successiva

nota 16868 del 17 novembre 2005.

3.3. Sennonché, la citata normativa ha inciso in modo sensibile sulla disciplina del rapporto

tra gli enti locali indicati e i loro funzionari e amministratori, nonché tra costoro e i privati

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contraenti, delineando una sorta di frattura (o scissione) ope legis nel rapporto organico tra

detti soggetti e l'Amministrazione, e quindi escludendo la riferibilità a quest'ultima delle

iniziative adottate al di fuori dello schema procedimentale previsto, allo scopo di garantire il

rispetto dei principi di legalità, correttezza e trasparenza della gestione, di assicurare che la

volontà contrattuale sia espressa dagli organi istituzionalmente competenti, ed al tempo

stesso di contenere la spesa pubblica e prevenire il formarsi del disavanzo finanziario degli

enti mediante la previsione che ad ogni obbligazione assunta faccia riscontro l'impegno

contabile registrato sul competente capitolo di bilancio.

In tal modo al precedente regime - in cui, nelle ipotesi di nullità del negozio per effetto delle

norme regolatrici della sua formazione, era esperibile contro la P. A. l'azione di

arricchimento senza causa, oltre eventualmente a quella di responsabilità precontrattuale -

si è sostituita per gli enti locali suddetti una disciplina del rapporto tra gli enti medesimi e i

soggetti agenti, nonché tra questi ultimi e i privati contraenti, improntata a schemi

privatistici, che fa salva la validità del contratto ma configura il rapporto negoziale come

intercorrente tra il privato e l'amministratore o funzionario che abbia consentito la fornitura,

ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge .

Come evidenziato in base alla richiamata normativa, anche in ipotesi, come nella fattispecie,

di lavori e/o prestazione di servizi di somma urgenza disposti dalle amministrazioni

comunali, l'ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata improrogabilmente entro trenta

giorni - ed in mancanza di tempestiva regolarizzazione con copertura di spesa non può

ritenersi sussistente un valido rapporto obbligatorio tra l'Amministrazione ed il terzo (cfr

Cassazione civile, sez. I, 03/09/2010, n. 19037).

Il mancato rispetto del vincolo di copertura finanziaria, come la mancata consacrazione

dell'incarico nelle forme richieste dall'evidenza pubblica, rendono pertanto il rapporto

obbligatorio non riferibile all'ente - cui, a mente delle citate disposizioni, la effettuazione di

qualsiasi spesa è consentita solo in presenza della deliberazione autorizzata nelle forme

previste dalla legge e divenuta o dichiarata esecutiva - ma intercorrente, ai fini della

controprestazione, tra il privato e l'amministratore o funzionario che abbia assunto l'impegno

(cfr. per fattispecie analoghe a quella di causa, Cass. civ., sez. I, 08 febbraio 2006, n. 2814;

Cass. civ., sez. I, 01 febbraio 2005, n. 1985; Cass. civ., sez. II, 28 ottobre 2002, n. 15162).

In definitiva, affinché il Comune resti vincolato per il pagamento del compenso per

prestazioni rese in suo favore è necessario che sussistano tutti questi elementi: la delibera

che autorizza il sindaco a concludere il relativo contratto; la conclusione di detto contratto in

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forma rigorosamente scritta; l'esistenza di copertura finanziaria - attestata dal responsabile

del servizio finanziario - (cfr. Cass. civ., sez. I, 27 marzo 2008, n. 7966; Cass. civ. , sez. I,

11 maggio 2007, n. 10884; Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2004, n. 13082).

In mancanza di siffatti presupposti ed in presenza dell'incolpevole affidamento del privato il

rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di

legge, tra il privato fornitore e l'amministratore o il funzionario che abbiano consentito

l'esecuzione degli stessi (cfr. Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2009, n. 4020; Cass. civ., sez. I, 9

maggio 2007, n. 10640).

Da quanto sin qui esposto consegue altresì che, limitatamente ai suddetti enti e alle indicate

situazioni, il privato, disponendo di un'azione diretta, non possa esperire nei confronti della

p.a. nemmeno l'azione sussidiaria di arricchimento senza causa.

Infatti, l'azione di arricchimento, per il suo carattere sussidiario ( art. 2042 cod. civ. ), non

compete a chi possa recuperare la subita diminuzione patrimoniale con altra azione contro lo

stesso arricchito o contro un terzo, e, pertanto, deve essere negata per il caso di prestazione

effettuata in favore di un Comune con violazione delle disposizioni dell' art. 191, comma 4,

D.Lgs. n. 267 del 2000, dato che, come si è detto, il corrispettivo della prestazione medesima

è reclamabile nei confronti dell'amministratore o del funzionario responsabili

dell'acquisizione del bene o del servizio nonostante il difetto di deliberazione e

contabilizzazione dell'impegno di spesa (soggetti che subentrano ope legis nella posizione

debitoria) (si vedano sul punto Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2007, n. 13862; Cass. civ., sez.

I, 04 agosto 2004, n. 14928; Cass. civ., sez. III, 14 novembre 2003, n. 17257; Cass. civ., sez.

III, 26 febbraio 2002, n. 2832; Cass. civ., sez. II, 22 novembre 2000, n. 15096).

Vale, dunque, anche nel caso in esame la conclusione che l'azione di arricchimento, per il

suo carattere sussidiario, non competa nel caso di prestazione effettuata in favore di un

Comune, con violazione delle disposizioni dell' art. 191 D.Lgs. n. 267 del 2000, dato che il

corrispettivo della prestazione medesima sarebbe reclamabile nei confronti

dell'amministratore o del funzionario responsabili dell'acquisizione del bene o del servizio.

Il privato ha la possibilità di agire per indebito arricchimento nei confronti dell'ente locale

soltanto qualora sia stata eseguita la procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio di

cui all' art. 194 D.Lgs. n. 267 del 2000, che nel caso in analisi manca del tutto ovvero non

sono stati prodotti elementi probatori in merito in violazione dell’art. 2697 c.c.

Secondo la giurisprudenza, infatti, il riconoscimento del debito fuori bilancio non costituisce

fattispecie idonea a produrre i medesimi effetti negoziali della fattispecie legale, costituita

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dalla delibera di conferimento dell'incarico, dalla stipulazione del contratto in forma scritta

con il privato e dal relativo impegno contabile, portato a conoscenza del privato stesso (che

è atto vincolativo delle somme occorrenti per una data spesa, da non confondersi con il

concetto più ampio e generale dell'impegno di spesa), ma può solo fondare un'azione di

indebito arricchimento, in precedenza non consentita, nei limiti del riconoscimento

dell'utilità della prestazione e dell'arricchimento per l'ente che, quindi, non resta obbligato

per la parte di compenso non riconoscibile, dovendo di questa rispondere direttamente chi ha

consentito la fornitura (cfr. Cass. civ., sez. I, 27 marzo 2008, n. 7966; . civ., sez. I, 19

gennaio 2007, n. 1163; Cass. civ., sez. I, 25 maggio 2005, n. 11021).

In sintesi “il riconoscimento di un debito fuori bilancio, ai sensi dell' art. 37 del D.Lgs. 25

febbraio 1995, n. 77, costituisce un procedimento discrezionale che consente all'ente locale,

di far salvi nel proprio interesse, gli impegni di spesa in precedenza assunti tramite specifica

obbligazione, ancorché sprovvista di copertura contabile, ma non ha la funzione di

introdurre una sanatoria per i contratti nulli o, comunque, invalidi - come quelli conclusi

senza il rispetto della forma scritta "ad substantiam" - né apportare una deroga al regime di

inammissibilità dell'azione di indebito arricchimento di cui all' art. 23 del D.L. 2 marzo

1989, n. 66, convertito, con modificazioni, nella L. 24 aprile n. 144" (cfr Cassazione civile,

sez. 1,12/11/2013, n. 25373).

3.4. Applicandosi in definitiva questa conclusione alla presente fattispecie, l’utilizzazione

della prestazione effettuata dal Consorzio per la gestione di rifiuti - in assenza di un

contratto formale in seguito all'entrata in vigore dell' art. 191 D.Lgs. n. 267 del 2000-, non

può dare origine ad un'azione per indebito arricchimento contro il Comune stesso, azione

che, avendo carattere sussidiario ( art. 2042 c.c. ), non è ammissibile perché, da un lato,

secondo la disciplina del comma 4 dello stesso art. 191, parte opposta ha azione contro gli

amministratori o i funzionari del Comune convenuto che hanno incaricato la società delle

esecuzione dell'opera e, dall'altro, non è stata fornita prova dell'avvenuto riconoscimento del

debito fuori bilancio ai sensi del summenzionato art. 194 D.Lgs. n. 267 del 2000.

Pertanto, qualora detta azione, come nella fattispecie, sia stata formalmente proposta, se è

vero (sentenza della Corte cost. n. 295 del 1997), che il contraente privato è legittimato,

"utendo iuribus" del funzionario (o amministratore) suo debitore, ad agire contro la p.a. in

via surrogatoria ex art. 2900 c.c. , non è però consentito al Giudice sostituire d'ufficio (e

pronunciarsi su) questa azione, che è diversa da quella di arricchimento senza causa, in

quanto ha "petitum" e "causa petendi" autonomi e specifici, altrimenti incorrendosi nella

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violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all'art. 112

c.p.c (cfr Cassazione civile, sez. I, 06/07/2007, n. 15296).

Ne discende che l'azione di indebito arricchimento esperita dalla società opposta. nei

confronti del Comune di Capua, in persona del legale rappresentante p.t. va dichiarata

inammissibile per difetto di sussidiarietà.

4. Le spese di lite vanno integralmente compensate tra le parti costituite, sussistendo giusti

motivi, secondo quanto previsto dall’art.92, comma secondo, vigente al momento

dell’instaurazione del presente giudizio, stante la motivazione e natura tecnica della

decisione sulla scorta delle prove fornite e dal non chiaro comportamento delle stesse che ha

determinato l’instaurazione del presente giudizio.

Come ha affermato la giurisprudenza (Cass. civ., Sez. Un., 3 settembre 2008, n. 20598; Trib.

Lamezia Terme, ordinanza 12 luglio 2010, Pres. Fontanazza, est. G. Danise) la

compensazione ricorre, tra l’altro, in ipotesi di istruttoria particolarmente problematica

caratterizzata dalla sovrapposizione ed incompatibilità tra elementi fattuali in parte

favorevoli ad una parte ed in parte all'altra (cd. complessità in fatto).

Nel caso in analisi, si è riscontrata effettivamente la presenza di oggettive difficoltà di

accertamento in fatto sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti,

situazione che ha determinato l’effettuazione di un accertamento dei fatti processuali

complesso e caratterizzato, effettivamente, da elementi contraddittori tali da ingenerare,

nell'una e nell'altra parte (almeno quanto all'addebito), l'idea della ragione verso l'altrui torto.

In ogni caso, deve anche tenersi conto della posizione soggettiva di parte opposta che

legittimava ob origine una situazione di incertezza circa i crediti azionati in giudizio.

PQM

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione di I Civile -, in composizione

monocratica, definitivamente pronunciando, sulla causa in epigrafe indicata, ogni contraria

istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

1) Accoglie l’opposizione proposta dal Comune di Capua, nella persona del Sindaco l.r.p.t.

e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 367/2006 emesso il 25-7-2006 e depositato in

cancelleria il 28-7-2006 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere;

2) Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio;

Così deciso in Santa Maria Capua Vetere, addì 14-7-2016

Dott. Maurizio Spezzaferri