Norme nazionali sull'organizzazione dei Presidi residenziali di riabilitazione

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. 2000 Norme nazionali sull’organizzazione dei presidi residenziali di riabilitazione . Franco Pesaresi & Marina Simoncelli U NO STUDIO AGGIORNATO AL 2011 È STATO PUBBLICATO DAGLI AUTORI NEL N .4/2011 DE IL “G IORNALE ITALIANO DI M EDICINA R IABILITATIVA

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2000

Norme nazionali sull’organizzazione dei

presidi residenziali di riabilitazione

. Franco Pesaresi & Marina Simoncelli

U N O S T U D I O A G G I O R N A T O A L 2 0 1 1 È S T A T O P U B B L I C A T O D A G L I A U T O R I N E L

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Norme nazionali sull’organizzazione dei Presidi residenziali di riabilitazione. Franco Pesaresi Ancona Marina Simoncelli Medico - Specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione ASL -Fano INDICE

Pagina Premessa 3

1. Le norme nazionali di riferimento sui Presidi residenziali di riabilitazione 3

2. Le residenze extraospedaliere 8

3. Definizione e tipologia delle strutture residenziali di riabilitazione 8 4. Utenza dei Presidi di riabilitazione 12 5. Localizzazione dei Presidi di riabilitazione 12

6. Dimensione dei Presidi ed organizzazione in moduli 12 7. Standard strutturali 13

8. L’accreditamento dei Presidi 15 9. La durata della degenza 16

10. Modalità assistenziali 17

11. Il personale dei Presidi di riabilitazione 20

12. Costo di gestione e tariffe 20

13. Partecipazione alla spesa da parte dell’utente 22

14. Gestione e regolamenti organizzativi interni 23

15. Verifica e miglioramento della qualità 23

Conclusioni 25

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PREMESSA Questo articolo si propone di fare il punto sulle leggi e sugli atti ministeriali che regolano l’istituzione e l’organizzazione dei Presidi residenziali di riabilitazione, strutture residenziali aventi il compito di erogare prestazioni riabilitative in regime di degenza diurna e continuativa. Si è tentato pertanto di riordinare sistematicamente ed analizzare in maniera obiettiva, attraverso un breve excursus storico, le numerose norme nazionali (Cfr. Tab. 1) che in questi ultimi anni si sono occupate dell’argomento. I singoli argomenti sono stati quindi affrontati rispettando la gerarchia delle fonti normative ed evitando la riproposizione di norme o indicazioni superate dagli atti successivi.

1. LE NORME NAZIONALI DI RIFERIMENTO SUI PRESIDI RESIDENZIALI DI RIABILITAZIONE Negli anni 70, nascevano i cosiddetti Centri “convenzionati” strettamente connessi all’approvazione della legge n.118 del 30/3/1971, in favore dei mutilati ed invalidi civili. Questo dispositivo introduceva il concetto di recupero delle minorazioni alle quali il Ministero della Sanità, doveva provvedere attraverso le sue emanazioni periferiche costituite dagli uffici del Medico Provinciale, avvalendosi appunto anche dell’opera di Centri “convenzionati” (che il Ministero doveva autorizzare). Per tale motivo l’istituzione e lo sviluppo di tali Centri risultava completamente “sganciata” da tutta la rete dei servizi sanitari affidata ad Enti mutualistici, ai Comuni, alle amministrazioni Provinciali ed agli Enti Ospedalieri. E’ quindi facilmente comprensibile come i Centri ex legge 118, sviluppati ad opera di gruppi e Istituzioni spesso private, abbiano dato origine ad interventi molto eterogenei e difficilmente comparabili tra di loro, se pur spesso validi dal punto di vista riabilitativo. Un indiretto passo in avanti dei Centri è avvenuto successivamente con la legge n. 833 del 23/12/1978 (relativa alla istituzione del Servizio Sanitario nazionale) che, consolidando il ruolo programmatorio affidato alle Regioni, ha finalmente determinato l’inserimento delle prestazioni riabilitative nell’ambito degli interventi che ciascuna Regione doveva realizzare con le prime pianificazioni sanitarie. In particolare l’erogazione delle prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali veniva trasferita in capo alle Unità Sanitarie Locali (Art. 26 L. 833/1978). Val la pena di sottolineare che quando si parla di riabilitazione, la legge pone a carico delle Unità Sanitarie Locali sia le competenze relative al recupero funzionale che a quello sociale. Ancora, nel 1984 sono stati emanati addirittura due atti che riguardavano i Centri di riabilitazione. Il primo era il Decreto del 18 maggio 1984 con cui veniva formulato il nuovo schema-tipo di convenzione tra le Unità Sanitarie Locali e gli istituti che gestivano idonei centri destinati all'erogazione delle prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali. In realtà, lo schema-tipo dava attuazione a quanto previsto nell’ art. 26 della legge 833/78 laddove affermava che quando le USL non erano in grado di fornire il servizio direttamente, vi provvedevano mediante convenzioni con istituti esistenti nella Regione, stipulate in conformità ad uno schema-tipo approvato dal Ministero della Sanità. Lo schema-tipo impegnava i Centri a disporre dei requisiti strutturali ed organizzativi stabiliti dalle singole Regioni e li autorizzava ad erogare i trattamenti riabilitativi ambulatoriali, domiciliari, extramurali, con degenza diurna e con degenza a tempo pieno .

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Il secondo atto era invece rappresentato dalla Circolare del Ministero della Sanità del 7 giugno 1984, rivolta agli Assessori Regionali e Provinciali alla Sanità; tale documento fissava le tariffe e gli standard di personale di riferimento per l’attività dei centri di riabilitazione, prevedendo altresì la possibilità di modificare le tariffe in più o in meno del 30% laddove veniva rilevata una diversa presenza di operatori della riabilitazione rispetto agli standard. Questi indirizzi meritano di essere sottolineati soprattutto in quanto permettevano di rendere “omogeneo” un settore fino ad allora eccessivamente differenziato. In data 5 Febbraio 1992 veniva emanata la legge-quadro n. 104 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate che sottolineava in maniera chiara e completa l’importanza di interventi mirati al recupero, all’ inserimento ed alla integrazione sociale. La legge 104 disegnava i concetti fondamentali da porre a base della cura e della riabilitazione da realizzare con programmi che prevedevano prestazioni sanitarie e sociali integrate fra loro, capaci di valorizzare le abilità di ogni persona handicappata e agire sulla globalità della situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità. All’interno di tale decreto per la cura e la riabilitazione delle persone disabili venivano previste le seguenti strutture:

Centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, aventi lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che avessero assolto l’obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentissero idonee forme di integrazione lavorativa;

Centri socio-riablitativi residenziali per persone con handicap in situazione di gravità.

Queste strutture non sostituivano ma si aggiungevano ai centri di riabilitazione, anche se in qualche caso la loro attività, transitoriamente, poteva coincidere con le finalità perseguite da questi ultimi. Nello stesso anno, il Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (modificato dal successivo D. Lgs. 517/93) apportava consistenti variazioni al preesistente sistema sanitario nazionale; in particolare, ridisciplinava completamente i rapporti tra le Regioni e le USL , da una parte, ed i Presidi di riabilitazione privati dall’altra. Infatti, con esso venivano superate le convenzioni regolate dalle vecchie norme del 1984, attraverso l’innesto sostitutivo di rapporti di tipo privatistico fondati sull’accreditamento delle strutture, su tariffe predeterminate in sede regionale e sulla quantificazione delle prestazioni da erogare. Per arrivare ad una corretta e puntuale definizione delle prestazioni riabilitative è stato necessario attendere fino alla approvazione del “Piano sanitario nazionale per il triennio 1994-1996”. In tale documento veniva sottolineato (punto 4.C.) l’impegno della Riabilitazione Medica per la realizzazione di interventi riabilitativi efficaci specifici ai diversi livelli individuati (I°, II°, III°), da effettuare all’interno di una rete regionale integrata di servizi basata su criteri di unitarietà e continuità, nell’ambito di bacini territoriali ben definiti per quanto attiene in particolare al primo e secondo livello, quest’ ultimo comprensivo dei Centri residenziali di riabilitazione. A brevissima distanza di tempo con le Linee guida N.2/94 del Ministero della Sanità del 5/4/1994, venivano fornite precise indicazioni riguardanti gli Istituti e Centri per il recupero e la riabilitazione funzionale. Le suddette linee guida confermavano la specifica competenza delle Regioni nel provvedere alla riorganizzazione dei servizi di residenzialità extra-ospedaliera, ma anche in questo caso (così come è accaduto per le R.S.A.), il Ministero della Sanità si poneva l’obiettivo di definire indirizzi a cui le Regioni potevano far riferimento, in grado di garantire livelli di intervento qualitativamente elevati ed uniformi su tutto il territorio nazionale. Gli Istituti ed i Centri per il recupero e la riabilitazione funzionale venivano assegnati al sistema sanitario extraospedaliero e differenziati in base alla tipologia delle

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prestazioni erogate: gli Istituti erano definiti anche residenze sanitarie in quanto chiamati ad erogare assistenza con degenza a tempo pieno, mentre compito dei Centri era quello di fornire solo prestazioni semiresidenziali, ambulatoriali, extramurali e/o domiciliari. Ambedue erogavano prestazioni diagnostiche e terapeutico-riabilitative avvalendosi, di norma ed in maniera interdisciplinare, di apporti clinici, psicologici, pedagogici e sociali. Inoltre, tale documento conteneva una serie di indirizzi per quanto riguarda gli aspetti strutturali, tipologici e dimensionali, l’organizzazione degli spazi e del personale, i requisiti organizzativi e la determinazione dei costi di gestione degli Istituti e dei Centri di riabilitazione. Nel corso dello stesso mese, il Ministero della Sanità con il Decreto del 15/4/1994 determinava i criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera. Il decreto si occupava dei criteri per la determinazione delle tariffe relative alle prestazioni di assistenza residenziale extra-ospedaliera anche se, purtroppo, limitatamente alla sola componente sanitaria. Questo, ovviamente, rappresentava un limite dato che l’assistenza residenziale comprendeva anche oneri di tipo non sanitario. Le tariffe delle prestazioni stabilite dalla Regione sulla base del costo standard di produzione dovevano essere riferire a singole giornate di assistenza. Il nostro excursus storico prosegue con il D.P.R. del 14 /1/ 1997 con cui il Governo ha approvato l’ “atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private”, contenente anche i requisiti minimi dei “Presidi di riabilitazione extraospedaliera” . Questi requisiti minimi dovranno essere recepiti, anche con modificazioni, dalle singole Regioni che sono titolari della competenza nel disciplinare la materia delle autorizzazioni. Il possesso di questi requisiti minimi, per quel che riguarda le strutture private, dà il diritto ad ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività ma non ad ottenere l’accreditamento (che richiederà il rispetto di ulteriori requisiti) o il vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate. Anche questo decreto prevede una serie di integrazioni e modificazioni degli atti normativi precedenti provvedendo ad una nuova e migliore definizione degli Istituti e dei Centri e della loro rispettiva utenza, precisando in modo definitivo le dimensioni minime (20 p.l.) e massime (120 p.l.) dei Centri e dei suoi nuclei (10-20 p.l.) e prevedendo, fra l’altro, oltre ai requisiti minimi strutturali, in parte già noti, anche degli interessanti requisiti minimi organizzativi. Nell’anno successivo, viene approvato il Decreto Legislativo del 29 aprile 1998, n. 124 relativo alla “Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni” che stabilisce, a decorrere dal 1° gennaio 2001, le quote di partecipazione alla spesa dell’utente che fruisce delle prestazioni di assistenza residenziale riabilitativa in regime semi-residenziale e residenziale.

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Tab. 1 - LE NORME E LE INDICAZIONI NAZIONALI SUI PRESIDI DI RIABILITAZIONE EXTRAOSPEDALIERA 1. Legge 30 marzo 1971, n.118: “Nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”. 2. Legge 23 dicembre 1978, n .833 (art.26): “Istituzione del Servizio sanitario nazionale”. 3. Decreto Ministero della Sanità 18 maggio 1984: “Nuovo schema-tipo di convenzione

tra le unità sanitarie locali e gli istituti che gestiscono idonei centri destinati all’erogazione delle prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali dipendenti da qualunque causa”.

4. Circolare del Ministero della Sanità 7 giugno 1984: “Criteri per l’acquisizione dei dati

necessari per la determinazione del costo aggiuntivo per l’anno 1984 dell’assistenza riabilitativa da erogare ex art. 26 legge 833/78, tramite i Centri di riabilitazione convenzionati”.

5. Legge 5 febbraio 1992, n.104: “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i

diritti delle persone handicappate”. 6. Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502 e successive modificazioni: “Riordino

della disciplina in materia sanitaria”. 7. Decreto del Presidente della Repubblica 1° marzo 1994: “Approvazione del Piano

sanitario nazionale per il triennio 1994-1996”. 8. Ministero della Sanità:Linee guida n.2/1994 del 5 Aprile 1994: “Linee-guida sugli Istituti

e centri per il recupero e la riabilitazione funzionale”. 9. Decreto Ministero della Sanità 15 aprile 1994: “ Determinazione dei criteri generali per

la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera”.

10. Decreto Ministero della Sanità 15 ottobre 1996: “Approvazione degli indicatori per la

valutazione delle dimensioni qualitative del servizio riguardanti la personalizzazione l’umanizzazione dell’assistenza, il diritto all’informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché l’andamento delle attività di prevenzione delle malattie”.

11.Decreto Presidente della Repubblica 14 gennaio1997: “Approvazione dell’atto di

indirizzo e coordinamento alle Regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private”.

12.Decreto Legislativo 29 aprile 1998, n. 124: “Ridefinizione del sistema di partecipazione

al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell’art. 59, comma 50 della legge 27 dicembre 1997, n. 449”.

13.Provvedimento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni

e le Province autonome di Trento e Bolzano del 7 maggio 1998: “Linee-guida del Ministro della Sanità per le attività di riabilitazione”.

14.Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n. 229: “Norme per la razionalizzazione del

Servizio sanitario nazionale, a norma dell’art.1 della legge 30 novembre 1998, n.419”.

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Sempre nel 1998, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano con Provvedimento del 7 maggio 1998 approva le “Linee-guida del Ministro della sanità per le attività di riabilitazione”. Le linee-guida forniscono gli indirizzi per la organizzazione della rete dei servizi di riabilitazione e i criteri generali per gli interventi di assistenza riabilitativa attivabili, ferma restando l’autonomia delle Regioni nell’adottare le soluzioni organizzative più idonee in relazione alle esigenze della propria programmazione. In tali linee guida si leggono alcune significative definizioni della riabilitazione utili per comprendere gli sviluppi e l’organizzazione della stessa (Cfr. Tab. 2). Tab. 2 – DEFINIZIONI DELLA RIABILITAZIONE.

Concetti chiave

Definizioni Note aggiuntive

Riabilitazione È un processo di soluzione dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una persona a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale, con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative.

Riguarda aspetti clinici, psicologi e sociali.

Attività sanitarie di riabilitazione

Sono costituite da interventi valutativi, diagnostici, terapeutici e dalle altre procedure finalizzate a portare il soggetto affetto da menomazioni a contenere o minimizzare la sua disabilità, ed il soggetto disabile a muoversi, camminare, parlare, vestirsi, mangiare, comunicare e relazionarsi efficacemente con il proprio ambiente familiare, lavorativo, scolastico e sociale.

Richiedono obbligatoriamente la presa in carico clinica globale della persona mediante la predisposizione di un progetto riabilitativo individuale e la sua realizzazione mediante uno o più programmi riabilitativi, ad eccezione delle attività di semplice terapia fisica strumentale per disabilità minimali, segmentarie e/o transitorie.

Attività di riabilitazione sociale

Sono costituite da azioni ed interventi finalizzati a garantire al disabile la massima partecipazione possibile alla vita sociale con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative, indipendentemente dalla gravità delle menomazioni e delle disabilità irreversibili, al fine di contenere la condizione di handicap.

Si realizza, per esempio, nelle strutture residenziali o semi-residenziali di natura socio-assistenziale e nei centri socio-riabilitativi.

Fonte: Linee-guida del Ministro della sanità per le attività di riabilitazione, 1998.

In particolare, tali linee-guida provvedono a classificare i Presidi residenziali di riabilitazione extraospedaliera in un modo diverso dal passato diversificandoli in Presidi intensivi ed estensivi, in base alle caratteristiche della disabilità del paziente che vi afferisce, all’obiettivo terapeutico da perseguire, alla tipologia dell’intervento di riabilitazione effettuato, alla durata del trattamento riabilitativo giornaliero e alla durata massima della degenza (come vedremo nei capitoli successivi). Infine, nel 1999, infine, viene approvata con D. Lgs. 19 giugno 1999, n.229 la riforma “Bindi” del Servizio sanitario con una riscrittura quasi integrale del precedente D. Lgs. 502/1992. Ai nostri fini dobbiamo rilevare che il nuovo testo provvede a ridefinire, con degli aggiustamenti rispetto alla normativa precedente, il processo di accreditamento e degli accordi contrattuali delle strutture sanitarie pubbliche e private.

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Per semplicità di lettura le norme sui Presidi residenziali di riabilitazioni sono state selezionate e raccolte, con l’indicazione della rispettiva fonte, nei seguenti argomenti. 2. LE RESIDENZE EXTRAOSPEDALIERE Le strutture residenziali extraospedaliere forniscono le prestazioni residenziali e semiresidenziali come risposta ai bisogni sociali e sanitari dei portatori di handicap fisico e psichico, degli anziani e dei soggetti non autosufficienti, non assistibili a domicilio. Le residenze sanitarie possono essere sanitarie o assistenziali a seconda che afferiscano al settore sanitario o a quello socio-assistenziale. La “residenza assistenziale” si esprime attraverso diverse forme di residenzialità collettiva (case di riposo, case albergo, comunità alloggio ecc.) che si pongono al di fuori delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, per cui i costi dell’ospitalità non gravano su di esso. Nella residenza assistenziale le prestazioni di medicina generale e le attività infermieristiche e riabilitative sono assicurate dai servizi sanitari distrettuali (Linee guida n.2/1994 del Ministero della sanità). Invece, le residenze sanitarie sono Presidi che erogano prestazioni sanitarie specialistiche e sanitario assistenziali, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, non erogabili in ambito ambulatoriale o domiciliare, per la gestione di situazioni che non richiedono il ricovero ospedaliero (D.P.R. 14/1/1997). Esse si concretizzano in una gamma di residenze che offrono diversi gradi di assistenza sanitaria spesso accompagnate da prestazioni di tipo socio-assistenziale. Le caratteristiche delle residenze sanitarie sono correlate alla tipologia degli ospiti, al loro grado di dipendenza, alle potenzialità ed ai tempi per il loro recupero psico-fisico (Linee guida n. 2/1994 del Ministero della Sanità). In questo gruppo di strutture troviamo, fra le altre, le RSA, le strutture residenziali psichiatriche, i Presidi riabilitativi ed educativo-assistenziali per i tossicodipendenti ed i Presidi residenziali di riabilitazione, oggetto del presente studio. I Presidi residenziali di riabilitazione sono strutture che erogano prestazioni a ciclo diurno o continuativo che provvedono al recupero funzionale e sociale di soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche, sensoriali o miste dipendenti da qualunque causa (D.P.R. 14/1/1997). Tali strutture di riabilitazione chiamate ad intervenire nella fase immediatamente post-acuta (anche dopo la dimissione ospedaliera), offrono prestazioni diagnostiche e terapeutico-riabilitative, avvalendosi in maniera interdisciplinare di apporti clinici, psicologici, pedagogici e sociali. In genere proseguono e completano il ciclo dell’assistenza sanitaria iniziata, in fase acuta, in ospedale oppure attuano la fase della prevenzione dell’aggravamento (Linee guida n.2/1994 del Ministero della sanità). 3. DEFINIZIONE E TIPOLOGIA DELLE STRUTTURE RESIDENZIALI DI

RIABILITAZIONE Gli interventi extra-ospedalieri di riabilitazione sono erogati presso le seguenti strutture (Cfr. Fig.1): d) Ambulatoriali:

Presidi ambulatoriali di recupero e rieducazione funzionale territoriali e ospedalieri (che eseguono attività specialistiche ambulatoriali, di cui al D.M. 22/7/1996 e successive modificazioni, nei confronti di soggetti esterni o interni, anche al domicilio);

Centri ambulatoriali di riabilitazione (che svolgono attività di recupero e rieducazione funzionale con un trattamento globale della condizione di

Commento [PP1]:

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menomazione e/o disabilità, che richiede un contestuale apporto multidisciplinare medico, psicologico e pedagogico per l’età evolutiva);

d) Residenziali :

Presidi di riabilitazione intensiva extra-ospedalieri a ciclo diurno e/o continuativo;

Presidi di riabilitazione estensiva extra-ospedalieri a ciclo diurno e/o continuativo;

RSA disabili. A queste strutture sanitarie si aggiungono le strutture residenziali o semiresidenziali di natura socio-assistenziale ed i centri socio-riabilitativi, ex art.8 della L.104 del 5/2/1992 appartenenti al settore socio-assistenziale. Per garantire la continuità terapeutica può essere presente nella medesima struttura più di una tipologia indicata. I Presidi residenziali di riabilitazione intensiva a ciclo diurno e/o continuativo, in possesso dei requisiti di cui al DPR 14/1/1997, sono destinati alla presa in carico multicomprensiva di individui di tutte le età per il recupero funzionale di menomazioni e disabilità che richiedono interventi riabilitativi indifferibili, di tipo valutativo e terapeutico intensivo (almeno tre ore di trattamento riabilitativo specifico giornaliero), di tutela medica e di nursing dedicato, realizzabili in ambiente non ospedaliero articolati nell’arco delle ore diurne della giornata o delle 24 ore (continuativo), in base al grado di non autosufficienza e di necessità di interventi assistenziali di base degli utenti. Tali Presidi sono finalizzati:

al completamento del percorso riabilitativo avviato, in fase acuta, in sede ospedaliera;

all’inquadramento diagnostico e funzionale, nonché alla conseguente definizione del piano integrato di trattamento individuale per soggetti affetti da disabilità congenite e comunque non conseguenti ad eventi patologici acuti.

Tali Presidi possono svolgere anche funzioni di tipo estensivo per il completamento del processo di recupero; inoltre, possono specializzarsi anche solo per una tipologia di intensità di cura e/o una o più discipline (neurologia, ortopedia, neuropsichiatria infantile, psichiatria, geriatria, cardiologia e pneumologia) e/o per una fascia d’età (evolutiva, adulta, senile). I Presidi residenziali che erogano interventi di riabilitazione intensiva assolvono funzioni di supporto e consulenza alla attività dei servizi di riabilitazione estensiva. Inoltre possono costituire centri di riferimento regionale, per:

l’assistenza tecnica alle diverse strutture sociali che partecipano al progetto riabilitativo (centri di riqualificazione professionale, centri di formazione e perfezionamento degli operatori sanitari e sociali, strutture di accoglienza);

la formazione, il perfezionamento e l’aggiornamento professionale degli operatori;

l’offerta di consulenza tecnica per la costruzione e la sperimentazione di ausili, protesi ed ortesi;

la prescrizione, il collaudo e l’adattamento, nella fase del trattamento, degli ausili, delle protesi e delle ortesi previsti dal Nomenclatore tariffario delle protesi di cui al D.M. 28/12/1992 e successive modificazioni;

la promozione, l’informazione e il supporto ad associazioni di disabili e di volontariato.

I Presidi residenziali di riabilitazione estensiva dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali erogano prestazioni a ciclo diurno e/o continuativo per il recupero funzionale e sociale di soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche, sensoriali o miste dipendenti da qualunque causa. Intervengono nella fase immediatamente post-acuta (anche dopo la dimissione ospedaliera) attraverso l’offerta di tutela sanitaria finalizzata al recupero degli esiti derivanti da episodi acuti o

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di funzioni lese o menomate attraverso prestazioni residenziali a ciclo diurno o continuativo (Linee-guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni). Tali strutture possono essere identificate in base alle diverse menomazioni di afferenza in: riabilitazione delle minorazioni fisiche, psichiche e/o plurime; riabilitazione psichiatrica; riabilitazione geriatrica (Linee guida n.2/1994 del Ministero della sanità). Le residenze sanitarie assistenziali per disabili sono Presidi che offrono a soggetti non autosufficienti, anziani e non, con esiti stabilizzati di patologie fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non assistibili a domicilio, un medio livello di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, accompagnata da un livello “alto” di tutela assistenziale ed alberghiera generica sulla base dei modelli assistenziali adottati dalle Regioni e Province autonome. Le attività di riabilitazione estensiva rivolte agli ospiti di tali strutture riguardano in particolare:

soggetti disabili fisici, psichici, sensoriali, o a lento recupero, non assistibili a domicilio, richiedenti un progetto riabilitativo individuale caratterizzato da trattamenti sanitari riabilitativi estensivi;

soggetti non autosufficienti affetti da grave disabilità, non assistibili a domicilio o in forme alternative alla degenza piena, richiedenti un alto livello di supporto assistenziale ed infermieristico a fronte di un intervento riabilitativo a bassa complessità ed intensità e senza copertura medica continuativa nelle 24 ore.

In relazione alla tipologia dei soggetti assistiti nelle residenze sanitarie assistenziali la durata del trattamento può essere anche “permanente”(Linee-guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni). Le strutture residenziali o semiresidenziali di natura socio-assistenziale ed i centri socio-riabilitativi hanno il compito di garantire assistenza qualificata che soddisfi sia i bisogni primari che quelli psichici ed affettivi, di potenziare o mantenere il livello di autonomia acquisito per la miglior conservazione possibile del benessere psico-fisico, di perseguire l’integrazione sociale degli utenti favorendo costanti collegamenti con l’ambiente esterno (Linee-guida del 7/4/1998 della Conferenza Stato-Regioni). Il Centro socio-riabilitativo ed educativo diurno, a valenza educativa, persegue lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l’obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa. Mente i Centri socio-riabilitativi residenziali sono rivolte a persone con handicap in situazioni di gravità. Gli standard dei centri socio-riabilitativi sono definiti dal Ministero della sanità, di concerto con il Ministero degli Affari sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome (L. 104/1992). Le Regioni provvedono alla classificazione dei Presidi residenziali di riabilitazione secondo la tipologia dell’attività sulla base della presente classificazione (Linee-guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni).

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Fig. 1 – LE STRUTTURE DI RIABILITAZIONE EXTRAOSPEDALIERA, SECONDO LA NORMATIVA VIGENTE.

Fonte: DPR 14/1/1997, linee guida 7/5/1998 Conf. Stato-Regioni.

STRUTTURE DI

RIABILITAZIONE

EXTRAOSPEDALIERA

STRUTTURE AMBULATORIALI

STRUTTURE RESIDENZIALI

Presidi ambulatoriali di

Recupero e

Rieducazione

Funzionale territoriali

ed ospedalieri

Centri ambulatoriali di

riabilitazione

Presidi di riab.

Estensiva a ciclo diurno

e/o continuativo

Presidi di riab.

Intensiva a ciclo diurno

e/o continuativo

Strutture residenziali o

semires. di natura

socio-assistenziale e

Centri socio-riabilitativi

Rsa

Disabili

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4. UTENZA DEI PRESIDI DI RIABILITAZIONE I Presidi residenziali di riabilitazione provvedono al recupero funzionale e sociale di soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche, sensoriali o miste (D.P.R. 14/1/1997). Più precisamente sono destinati a:

soggetti affetti da patologie in fase post-acuta che, in diversa intensità e forma, interessano i settori motorio, sensoriale, psichico, psichiatrico, cardiovascolare e pneumologico;

soggetti adulti ed in età geriatrica, portatori anche di patologie di tipo psichiatrico (Linee guida n.2/1994 del Ministero della Sanità). Gli interventi di riabilitazione nei Presidi di riabilitazione intensiva sono rivolti al trattamento di :

patologie complesse che richiedono la permanenza in ambiente riabilitativo dedicato specialistico e l’interazione con altre discipline specialistiche;

menomazioni più gravi e disabilità più complesse, nonché di quelle connesse con forme di patologia rara per il cui trattamento si richiede l’acquisizione di una adeguata esperienza o l’utilizzo di attrezzature particolarmente complesse, di avanzata tecnologia e l’integrazione con altre branche altamente specialistiche.

Gli interventi di riabilitazione nei Presidi di riabilitazione estensiva sono rivolti al trattamento di disabilità importanti con possibili esiti permanenti, spesso multiple, che richiedono una presa in carico nel lungo termine richiedenti un “progetto riabilitativo” (Linee-guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni) (Cfr.Tab. 3). 5. LOCALIZZAZIONE DEI PRESIDI DI RIABILITAZIONE

Le strutture per il recupero e la riabilitazione funzionale vanno localizzate preferibilmente in zone già urbanizzate, integrate con il contesto preesistente, e/o ben collegate mediante mezzi pubblici di trasporto a centri urbani; tutto questo al fine di evitare ogni forma di isolamento, difficoltà di incontro con le famiglie e l’allontanamento dall’ambito sociale di appartenenza. Inoltre, andranno previsti gli accorgimenti atti a favorire l’accessibilità alla struttura dall’esterno (Linee guida n.2/1994 del Ministero della Sanità). 6. DIMENSIONE DEI PRESIDI ED ORGANIZZAZIONE IN MODULI L’indirizzo prevalente è quello di articolare i Presidi residenziali di riabilitazione in nuclei o moduli base (anche se di differente capacità ricettiva), diversamente aggregabili fra loro, in modo da adeguarsi alle diverse esigenze determinate dalla differente e/o mutata composizione degli assistiti, garantendo al tempo stesso una discreta flessibilità nell’aggregazione degli spazi e negli aspetti organizzativo-gestionali (Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità). Le dimensioni ottimali dei nuclei o moduli base può variare da un minimo di 10 ad un massimo di 20 posti letto per nucleo (D.P.R. 14 gennaio 1997), invece le dimensioni complessive della struttura residenziale possono variare da un minimo di 20 ad un massimo di 120 posti letto (Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità).

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7. STANDARD STRUTTURALI La struttura edilizia degli istituti per il ricovero e la riabilitazione funzionale deve avere caratteristiche (organizzativo-funzionali, spaziali, di configurazione morfologica) tendenzialmente assimilabili ad un’ unica matrice, di tipo residenziale; rimandando alla propria capacità ricettiva, alle diverse modalità di assistenza ed organizzazione interna ed alla stessa tipologia degli assistiti, la sua oggettiva e dovuta differenziazione (Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità). 7.1. Requisiti minimi strutturali e tecnologici generali. Tutti i Presidi devono essere in possesso dei requisiti previsti dalle vigenti leggi in materia di:

protezione antisismica

protezione antincendio

protezione acustica

sicurezza elettrica e continuità elettrica

sicurezza anti-infortunistica

igiene dei luoghi di lavoro

protezione delle radiazioni ionizzanti

eliminazione delle barrire architettoniche

smaltimento dei rifiuti

condizioni microclimatiche

impianti di distribuzione dei gas

materiali esplodenti (DPR 14/1/97). 7.2. Requisiti minimi strutturali e tecnologici ed organizzativi specifici. Sia per i Presidi a ciclo diurno che per quelli a ciclo continuativo devono essere previsti:

locali per accertamenti psicodiagnostici;

locali e palestre per le terapie riabilitative (chinesiterapia, idrochinesiterapia, psicomotricità, rieducazione logopedica, terapia occupazionale, rieducazione urologica o cardiorespiratoria);

locale soggiorno/pranzo;

cucinetta;

locale attività pedagogico-educativa, addestramento professionale, tempo libero;

locale spogliatoio/guardaroba. Inoltre, le strutture che erogano prestazioni a carattere residenziale (a ciclo continuativo) devono disporre di:

camere di degenza con wc (massimo 4 posti letto), con possibilità di accesso e rotazione completa delle carrozzine;

spazi di soggiorno;

dotazione dei servizi igienici annessi alle camere e non, conformi alla normativa sulle barriere architettoniche.

I locali di trattamento devono essere dotati di attrezzature e Presidi medico-chirurgici, diagnostico-terapeutici e riabilitativi in relazione alla specificità della riabilitazione svolta e della tipologia della struttura (DPR 14/1/97). 7.3. Standard strutturali, indicati nelle linee guida ministeriali. Oltre agli standard minimi previsti con il DPR 14/1/1997, il Ministero della Sanità con le linee guida n.2/1994 ha indicato anche gli seguenti standard dimensionali di

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riferimento, per le strutture che svolgono attività in regime residenziale, riportati di seguito. Per l’intera struttura sono previsti :

mq. 40-45 per assistito; Per le camere, valori minimi, bagno escluso, sono indicati:

mq. 12 (per una persona);

mq. 18 (per due persone);

mq. 26 (per 3 persone);

mq. 32 (per 4 persone). Se per esigenze assistenziali è opportuna la presenza di un accompagnatore, le camere devono essere adeguatamente predisposte. Nelle camere deve essere garantito l’accesso ed il movimento di barelle e sedie a ruote. Inoltre, per il servizio igienico lo standard dimensionale è fissato su :

mq.4 (ogni 2 camere e/o ogni 4 ospiti). I Presidi di riabilitazione extraospedaliera, devono possedere: a) Ambienti comuni a tutte le strutture:

Locali di attesa;

Ambulatori (visite specialistiche, valutazioni diagnostico-prognostiche e di verifica attinenti le patologie trattate);

Spazio registrazione, segreteria, archivio;

Servizi igienici pazienti;

Servizi igienici personale. d) Ambienti specifici, attrezzati a seconda del tipo di riabilitazione svolta, articolati in

locali e/o spazi per:

Cinesiterapia;

Psicomotricità;

Rieducazione logopedia, audiofonologia e neurolinguistica;

Rieducazione neurologica e neuropsicologica;

Terapia occupazionale ed ergoterapia;

Rieducazione neurovisiva ed ortottica;

Psicoterapia;

Rieducazione cardiorespiratoria;

Rieducazione urologica;

Orientamento psico-pedagogico;

Intervento sociale;

Prescrizione, collaudo e addestramento all’uso di ortesi, protesi ed ausili. c) Ambienti specifici per strutture che erogano prestazioni a carattere

semiresidenziale -in aggiunta a quelli indicati ai punti a) e b)-: Spazio per il tempo libero; Spazio attività didattica, quantificazione e riqualificazione professionale;

Locale infermeria;

Deposito sporco;

Deposito pulito;

Deposito attrezzature. d) Ambienti specifici per le strutture che erogano prestazioni a carattere residenziale

-in aggiunta a quelli indicati ai punti a), b) e c)-:

Locali per il servizio religioso;

Dispensa e locali accessori;

Lavanderia e stireria;

Mensa personale.

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Nel caso di gestione affidata all’esterno di alcuni servizi generali (cucina, lavanderia, mensa, pulizia) la dotazione degli specifici ambienti può essere ridimensionata. Devono comunque essere assicurati:

La funzione di disinfezione (effetti personali e letterecci), anche tramite gestione affidata all’esterno;

Il servizio farmaceutico (relativamente alla tipologia e alla dimensione complessiva della struttura), anche attraverso la dotazione minima di appositi armadi freddi (Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità).

8. L’ACCREDITAMENTO DEI PRESIDI La legge 833/78 affermava che l’Unità sanitaria locale, quando non fosse in grado di fornire le prestazioni riabilitative direttamente, vi poteva provvedere mediante convenzioni con istituti esistenti nella Regione in cui abitava l’utente o anche in altre Regioni, stipulate in conformità ad uno schema tipo approvato dal Ministero della Sanità. Successivamente, con il Decreto del Ministero della Sanità del 18/5/1984 veniva approvato in un primo tempo lo schema-tipo di convenzione fra le USL e gli Istituti di riabilitazione, che stabiliva le modalità di erogazione delle prestazioni riabilitative e, poi, con la circolare del Ministero della Sanità del 7/6/1984 venivano date le indicazioni alle Regioni sugli standard di personale e sulle tariffe delle prestazioni da applicare ai centri di riabilitazione convenzionati. Queste norme hanno regolamentato il diffondersi di una rete di istituzioni private convenzionate (che hanno assunto storicamente la definizione di “Istituti e Centri ex art.26”) in prevalenza senza scopo di lucro, chiamate a svolgere prestazioni riabilitative extraospedaliere sia in regime di degenza che ambulatoriali. La situazione è stata modificata radicalmente con l’art.8 del D. Lgs. 502/1992 e successivamente con l’art.8 del D. Lgs. 229/1999, che superando le convenzioni, hanno permesso di impostare su basi nuove il rapporto fra struttura privata fornitrice dei servizi ed azienda USL acquirente dei servizi medesimi. In alternativa alle vecchie convenzioni è subentrata una nuova disciplina dei fornitori dei servizi sanitari, basata su relazioni che, dal contesto puramente pubblicistico, transitano verso dei modelli più privatistici fondati sull’accreditamento delle strutture e sugli accordi contrattuali. Infatti, a partire da questo momento, l’esercizio di attività sanitarie per conto dello Stato e a carico del Servizio sanitario sono subordinate al rilascio alle strutture interessate delle autorizzazioni all’esercizio, dell’accreditamento istituzionale nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali. Inoltre, con il D.P.R. 14/1/1997 sono stati approvati i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private e cioè quei requisiti indispensabili per ottenere e conservare l’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Tali norme sui requisiti minimi devono essere recepite, anche con modificazioni, dalle singole Regioni che sono titolari della competenza nel disciplinare la materia delle autorizzazioni. Per quel che concerne le strutture private il possesso di questi requisiti minimi, dà diritto ad ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività, ma non ad ottenere l’accreditamento (che richiederà il rispetto di ulteriori requisiti stabiliti dalla Regione) o il vincolo per le Aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate. L’accreditamento istituzionale è rilasciato dalla Regione alle strutture autorizzate che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti. Il Governo emanerà in

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materia un apposito atto di indirizzo e coordinamento per omogeneizzare i requisiti per l’accreditamento delle strutture (D. Lgs. 229/1999). Le Regioni individuano le quantità e le tipologie di prestazioni sanitarie che possono essere erogate nelle strutture pubbliche ed in quelle private provvisoriamente accreditate nell’ambito della contrattazione dei piani annuali preventivi. Le Regioni, in sede di accreditamento definitivo, provvedono alla classificazione definitiva dei Presidi residenziali di riabilitazione in possesso dei prescritti requisiti, secondo la tipologia degli interventi di riabilitazione espletabili nell’ambito dei livelli di assistenza previsti dal Piano Sanitario Nazionale. Laddove poi non sussistano i requisiti per la permanenza nel sistema sanitario, l’inserimento nel sistema socio-sanitario anche attraverso fasi transitorie (Linee-guida 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni). La qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate al di fuori degli accordi contrattuali. Infatti, la Regione e le aziende sanitarie, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, stabiliscono accordi contrattuali con le strutture pubbliche e private accreditate, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale. Gli accordi indicano:

Gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi;

Il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell’ambito territoriale della medesima azienda sanitaria, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza;

I requisiti del servizio da rendere con particolare riguardo ad accessibilità, appropriatezza clinica ed organizzativa, tempi di attesa e continuità assistenziale;

Il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e dalla remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell’accordo, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte;

Il debito informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi pattuiti e le procedure che dovranno essere seguite per il controllo esterno della appropriatezza e della qualità della assistenza prestata e delle prestazioni rese (D. Lgs. 229/1999).

9. LA DURATA DELLA DEGENZA Il progetto riabilitativo ed i suoi programmi attuativi definiscono i tempi di completamento dei cicli riabilitativi. Nei Presidi residenziali di riabilitazione intensiva il ciclo riabilitativo, di norma, è contenuto entro i 120 giorni. Nei Presidi residenziali di riabilitazione estensiva il ciclo riabilitativo, di norma, è contenuto entro i 240 giorni (Cfr. Tab.3), fatta eccezione per:

i pazienti affetti da gravi patologie a carattere involutivo (Sclerosi multipla, Distrofia muscolare, Sclerosi laterale amiotrofica, malattia di Alzheimer, alcune patologie congenite su base genetica), con gravi danni cerebrali o disturbi psichici, i pluriminorati anche sensoriali, per i quali il progetto riabilitativo può estendersi anche oltre senza limitazioni;

i pazienti “stabilizzati” nella loro condizione di non perfetto recupero funzionale per i quali possono essere previsti cicli riabilitativi anche su base annua (Linee-guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni).

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10. MODALITA’ ASSISTENZIALI

I Presidi residenziali di riabilitazione intensiva sono diretti al recupero di disabilità importanti, modificabili, che richiedono un elevato impegno valutativo e terapeutico. Gli interventi di riabilitazione intensiva si caratterizzano nella necessità di garantire al paziente almeno tre ore giornaliere di terapia specifica, da parte del personale tecnico sanitario della riabilitazione, quale, il fisioterapista, il logopedista, il terapista occupazionale, l’educatore professionale e l’infermiere. Gli interventi di riabilitazione intensiva sono rivolti al trattamento:

di patologie complesse che richiedono la permanenza in ambiente riabilitativo dedicato specialistico e l’interazione con altre discipline specialistiche;

delle menomazioni più gravi e delle disabilità più complesse, nonché di quelli connesse con forme di patologia rara per il cui trattamento si richiede l’acquisizione di una adeguata esperienza o l’utilizzo di attrezzature particolarmente complesse, di avanzata tecnologia e l’integrazione con altre branche altamente specialistiche (Linee-guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni).

I Presidi residenziali di riabilitazione estensiva sono caratterizzati da un moderato impegno terapeutico a fronte di un forte intervento di supporto assistenziale verso i soggetti in trattamento. L’impegno terapeutico specifico è valutabile in meno di tre ore e comunque non meno di un’ora di trattamento giornaliero (da parte di personale tecnico sanitario della riabilitazione). Gli interventi di riabilitazione estensiva sono rivolti al trattamento di disabilità importanti con possibili esiti permanenti, spesso multiple, richiedenti una presa in carico nel lungo termine e la predisposizione di un “progetto riabilitativo individuale”. L’accesso alle prestazioni riabilitative è subordinato all’apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata sul modulario del Servizio sanitario nazionale (D.Lgs. 229/1999). Per l’accesso ai Presidi non è necessario il riconoscimento della invalidità civile (Linee-guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni) (Cfr. Tab. 3). I due livelli assistenziali appena menzionati devono rispondere ai seguenti requisiti minimi organizzativi specifici:

Esistenza di un’équipe pluridisciplinare composta da personale sanitario laureato, da personale dell’area psicologica e pedagogica, tecnici della riabilitazione, educatori, terapisti occupazionali, personale di assistenza sociale;

Redazione per ogni singolo paziente di un progetto Riabilitativo da parte dell’équipe multiprofessionale, comprendente uno o più programmi terapeutici con monitoraggio dell’evoluzione e delle modificazioni delle disabilità;

Garanzia di una adeguata informazione e dell’accesso del familiare alla struttura nonché specifico addestramento prima del rientro del paziente al proprio ambiente di vita;

Esistenza di un sistema di raccolta e registrazione di rilievi funzionali presentati dagli utenti;

Funzionamento dei Presidi a ciclo diurno per 6/7 ore giornaliere per almeno 5 giorni alla settimana (DPR 14/1/97).

Più in generale, i Presidi extraospedalieri provvedono ad eseguire le visite specialistiche finalizzate alla presa in carico del paziente e sono tenuti a garantire tutte le procedure necessarie a definire il profilo funzionale del soggetto ai fini della predisposizione del piano individualizzato d’intervento, comprensivo del progetto riabilitativo individuale, in stretta relazione con la diagnosi clinica e funzionale dello stesso, nonché ad erogare prestazioni finalizzate al massimo recupero delle disabilità rilevate e a verificarne i relativi esiti. Ove le prestazioni, a ciclo continuativo o diurno,

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siano rivolte a soggetti in età evolutiva e/o giovane adulta devono essere integrate da adeguati interventi pedagogico-didattici e di formazione o riqualificazione professionale. Tali interventi sono finanziariamente a carico degli enti preposti all’istruzione scolastica ed alla formazione professionale (Linee-guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni). L’intervento riabilitativo effettuabile in queste strutture consiste:

nella tempestiva individuazione delle menomazioni che necessitano di recupero e riabilitazione, nella formulazione del bilancio diagnostico-prognostico corrispondente e nella predisposizione del piano personalizzato di intervento;

nel recupero funzionale dei soggetti affetti da patologie in fase post-acuta che, in diversa intensità e forma, interessano i settori motorio, sensoriale, psichico, psichiatrico, cardiovascolare e pneumologico;

nella riabilitazione e recupero funzionale, attraverso interventi pluridisciplinari di natura medica, psicologica e sociale, per l’abilitazione o la reintegrazione globale dell’autonomia, dei soggetti in età evolutiva e giovane adulta, con minorazioni anche permanenti, di tipo neuromotorio, psichico, sensoriale o plurimo, derivanti da qualunque causa;

nella riabilitazione e recupero funzionale di soggetti adulti ed in età geriatria per limitare gli effetti invalidanti della patologia, anche di tipo psichiatrico, e contrastarne i processi ulteriormente involutivi (Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità).

I Presidi di riabilitazione extraospedalieri sono tenuti, per ogni modalità di trattamento, alla compilazione e conservazione della la cartella clinica su cui risultino:

le generalità dell’assistito;

la diagnosi clinica;

le disabilità rilevate (con riferimento alla ICD integrata dalla ICIDH);

il progetto riabilitativo individuale; la tipologia e la frequenza degli interventi riabilitativi e specialisti praticati nel corso del trattamento, ivi comprese le valutazioni psicologiche, pedagogiche e sociali;

le informazioni di carattere anamnestico e/o clinico ritenute rilevanti ai fini di una corretta impostazione del trattamento riabilitativo nonché la valutazioni finali relative agli esiti. (Linee-guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni).

I Presidi di riabilitazione extraospedalieri sono altresì tenuti a:

esibire a richiesta degli organi incaricati della vigilanza, le cartelle cliniche;

prevedere apposite procedure per la tutela del diritto alla riservatezza delle informazioni contenute nella cartella clinica;

trasmettere le informazioni epidemiologiche richieste dalla Regione o dalla USL competente (Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità).

Nel trattamento in regime residenziale la struttura deve funzionare 24 ore su 24 per 7 giorni settimanali, mentre nel caso di trattamento in regime semiresidenziale gli assistiti sono accolti per un tempo non inferiore a 6 ore giornaliere per almeno 5 giorni la settimana (ma l’ottimale è 6 giorni)(Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità). Agli ospiti deve essere assicurato :

l’accesso all’istituzione scolastica (art. 29 della legge n.118/71) ;

l’orientamento, la qualificazione e riqualificazione professionale (artt. 3m 4d, 8h della legge 845/78);

il trasporto dal domicilio alle strutture, a carico degli enti locali di competenza, secondo le normative regionali;

l’adozione delle provvidenze (legge 104/92).

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L’attività riabilitativa, ove necessario, deve essere integrata con forme di assistenza suppletiva, quali la fornitura di Presidi protesici, sostitutivi della funzione persa o compromessa e di adeguati ausili e/o ortesi che facilitano la funzione motoria e sensoriale e coadiuvano lo sviluppo cognitivo dei soggetti con handicap psichico (Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità). Tab. 3 - CARATTERISTICHE DISTINTIVE DEI PRESIDI RESIDENZIALI DI RIABILITAZIONE “INTENSIVA” ED “ESTENSIVA”

Voce Presidi di riabilitazione intensiva

Presidi di riabilitazione estensiva

Caratteristiche della disabilità dei pazienti afferenti

Disabilità indifferibili e recuperabili di varia natura

Disabilità più complesse, nonché di quelle connesse con forme di patologia rara per il cui trattamento si richiede l’acquisizione di una adeguata esperienza o l’utilizzo di attrezzature particolarmente complesse, di avanzata tecnologia e l’integrazione con altre branche altamente specialistiche.

Disabilità a lento recupero che non possono utilmente giovarsi o sopportare un trattamento intensivo

Disabilità importanti con possibili esiti permanenti, spesso multiple, richiedenti una presa in carico nel lungo termine e la predisposizione di un “progetto riabilitativo”.

Obiettivo terapeutico

Completamento del percorso riabilitativo avviato, in fase acuta, in sede ospedaliera.

Inquadramento diagnostico e diagnostico funzionale, nonché conseguente definizione del piano integrato di trattamento individuale per soggetti affetti da disabilità congenite e comunque non conseguenti ad eventi patologici acuti.

Completamento del processo di recupero.

Tipologia dell’intervento di riabilitazione

Elevato impegno valutativo e terapeutico.

Più moderato impegno valutativo e terapeutico a fronte di un forte intervento di supporto assistenziale.

Durata giornaliera del trattamento riabilitativo

Almeno 3 ore giornaliere di terapia specifica da parte di personale tecnico sanitario della riabilitazione ed infermieristico.

Meno di 3 ore e non meno di 1 ora giornaliera di terapia specifica da parte di personale tecnico sanitario della riabilitazione ed infermieristico.

Durata della degenza

Di norma contenuta entro 120 giorni

Di norma contenuta entro 240 giorni, con alcune eccezioni.

Fonte: Linee-guida del Ministro della sanità per le attività di riabilitazione, 1998.

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11. IL PERSONALE DEI PRESIDI DI RIABILITAZIONE Relativamente al personale dei Presidi residenziali di riabilitazione, le Linee guida n.2/1994 del Ministero della sanità e il DPR 14/1/1997 sui requisiti minimi per l’autorizzazione prevedono:

la presenza di un direttore medico responsabile per le funzioni cliniche ed igienico-organizzative e di un operatore professionale dirigente di area riabilitativa con compiti di coordinamento funzionale del servizio riabilitativo;

la presenza di medici, tecnici laureati, operatori della riabilitazione, figure di assistenza sanitaria e/o equivalenti, amministrativi ed addetti ai servizi generali, in rapporto ai volumi ed alle tipologie delle attività, secondo criteri specificati dalle normative regionali (Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità);

La copertura dei ruoli e delle posizioni funzionali con personale in possesso dei titoli previsti dalla normativa vigente;

La predisposizione di un piano di formazione-aggiornamento del personale, con indicazione del responsabile;

La precisa definizione delle modalità per favorire l’inserimento operativo del personale di nuova acquisizione (DPR 14/1/1997).

Infine, alcune funzioni amministrative e dei servizi generali possono essere affidate in gestione all’esterno. L’ente gestore di più strutture collegate tra loro, che si configurano come rete di servizi integrata a livello regionale, può riferirsi per la determinazione del fabbisogno complessivo di risorse umane ad un unico standard correlato con le differenti tipologie di trattamento praticato. Comunque, la dotazione di personale dovrà assicurare i minuti di assistenza settimanale definiti per ogni singolo trattamento (Linee guida n.2/1994 del Min. Sanità). 12. COSTO DI GESTIONE E TARIFFE Le Regioni determinano le tariffe delle prestazioni di assistenza residenziale extraospedaliera sulla base del costo standard di produzione e dei costi generali, in quota percentuale rispetto ai costi standard di produzione. Il costo standard di produzione per prestazione è calcolato in via preventiva dalle Regioni, sulla base dei costi rilevati presso un campione di soggetti erogatori, pubblici e privati operanti nell’ambito del Servizio sanitario nazionale del territorio regionale, preventivamente individuati secondo criteri di efficienza e di efficacia. Tale costo fa riferimento alla composizione e alla qualità dei fattori produttivi utilizzati per la produzione della prestazione, valorizzati sulla base dei prezzi unitari medi di acquisto riferiti all’ultimo anno e delle relative eventuali variazioni attese in ragione del tasso di inflazione programmato (D.M.S 15/4/1994). Le linee guida n. 2/1994 riportano gli elementi metodologici per una ipotesi di calcolo dei costi di gestione valida anche per la determinazione delle tariffe giornaliere. Tali elementi valgono sia nel caso di istituti a gestione diretta sia nel caso di istituti privati accreditati (e, compatibilmente, per i centri che erogano prestazioni a carattere semi-residenziale). Da un punto di vista funzionale si possono riconoscere i seguenti macrolivelli omogenei di costi :

1. costi edilizi (investimento e manutenzione edilizia, impiantistica e tecnologica); 2. costi alberghieri; 3. costi dell’assistenza sanitaria; 4. costi dell’assistenza sociale a rilievo sanitario.

Le voci da prendere in considerazione per ogni funzione sono le seguenti:

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1. Costi edilizi (investimento, manutenzione edilizia ecc.)

ammortamento dei costi di investimento (in caso di Presidi privati);

manutenzione ordinaria (edilizia o impiantistica);

manutenzione tecnologica;

manutenzione straordinaria (in caso di gestione diretta). 2. Costi alberghieri e generali

preparazione dei pasti e ristorazione (alberghieri);

lavanderia e guardaroba (alb.);

pulizia ambienti (alb.);

attività di coordinamento (generali);

attività di amministrazione/gestione (gen.);

valutazione qualità dell’assistenza (gen.);

spese generali (gen.). 3. Costi assistenza sanitaria

assistenza infermieristica;

assistenza medica;

assistenza riabilitativa;

assistenza e consulenza specialistica (fisiatrica, geriatrica, psichiatrica, ecc.);

assistenza psicologica. 4. Costi assistenza sociale a rilievo sanitario (Funzioni assistenziali)

igiene personale e necessità fisiologiche;

aiuto svolgimento attività quotidiane (compreso consumo dei cibi);

cura della persona e del suo aspetto, in relazione al grado di autonomia dei soggetti assistiti.

Cui si possono aggiungere: 5. Costi di assistenza sociale (funzioni di animazione e socializzazione)

attività ricreativa/culturale e creativa;

attività motoria;

funzioni di attività didattica/qualificazione e riqualificazione professionale (Linee guida n. 2 /1994 del Min Sanità).

Il fabbisogno di risorse umane scaturisce dal tipo di struttura considerata e dalle funzioni esplicate, in relazione alle diverse “condizioni” degli ospiti e dei relativi specifici fabbisogni assistenziali. Pertanto gli standard di personale dovranno essere determinati in relazione:

alla tipologia della struttura;

alla gamma delle prestazioni erogate;

alla tipologia delle minorazioni trattate e dei tempi necessari per l’efficacia dell’intervento di riabilitazione e recupero funzionale;

all’età e all’onerosità riabilitativa degli assistiti. Per le diverse tipologie di trattamento si dovrà:

descrivere con sufficiente dettaglio quali siano, nell’ambito di una giornata/tipo di lavoro, i momenti assistenziali ricorrenti e/o straordinari che scandiscono il rapporto tra operatore e paziente, nonché quali siano gli adempimenti non direttamente assistenziali (di natura individuale e/o collettiva) che gli operatori debbono garantire;

stimare la qualità di tempo/lavoro necessario per ogni figura professionale della struttura.

Questa impostazione consente di non fare una mera operazione contabile, finalizzata solo al contenimento dei costi, ma anche a garantire la quantità e qualità dell’assistenza necessaria. Per raggiungere questo risultato occorre dotarsi di un

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apposito strumento finalizzato a correlare le diverse variabili che debbono essere fatte interagire nel lavoro di descrizione/analisi/valutazione. Quindi è opportuno impostare uno schema “a matrice” per porre in evidenza le diverse attività delle figure professionali nel loro rapporto con il paziente. Una volta individuati i tempi di assistenza in relazione alla gravità delle patologie trattate, si possono ricavare i reali fabbisogni di personale in termini di unità di addetti, tenendo, peraltro, ben presente che nell’analisi vanno considerate attentamente le diverse variabili connesse a:

lay-out degli spazi;

qualità e tipo di strumenti operativi (tecnologici di supporto complessivamente a disposizione per l’esercizio delle varie funzioni);

dimensioni della struttura con riferimento al numero di pazienti assistiti;

caratteristiche strutturali ed organizzative;

mix di ospiti che si prevede di assistere;

organizzazione del lavoro;

tipo di gestione dei servizi (diretta, in appalto ecc.);

tipo di contratto per le diverse figure di personale;

rapporto percentuale tra orario lavorativo e tempo effettivo di contatto con il paziente per figura professionale.

Da questa impostazione è possibile ricavare sia le esigenze quali-quantitative del personale per soddisfare i bisogni di assistenza e non, sia le relative necessità di beni strumentali professionale (Linee guida n. 2 /1994 del Min Sanità). Le prestazioni, a ciclo continuativo o diurno, qualora siano rivolte a soggetti in età evolutiva e/o giovane adulta devono essere integrate da adeguati interventi pedagogico-didattici e di formazione o riqualificazione professionale. Tali interventi sono finanziariamente a carico degli enti preposti all’istruzione scolastica ed alla formazione professionale (Linee guida del 7/5/1998 della Conferenza Stato-Regioni). 13. PARTECIPAZIONE ALLA SPESA DA PARTE DELL’UTENTE Allo stato attuale non si ha alcuna forma di partecipazione alla spesa da parte dell’utente nei Presidi residenziali di riabilitazione. A partire dal 1° gennaio 2001 (o in data successiva se verranno stabilite ulteriori proroghe) in applicazione del nuovo sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie (D.Lgs. 124/1998) viene prevista, per la prima volta, una quota di partecipazione a carico del fruitore delle prestazioni sanitarie. In particolare, per le prestazioni di assistenza riabilitativa extraospedaliera erogate in regime semi-residenziale e residenziale, il paziente sarà chiamato ad una partecipazione forfetaria, differenziata in base al costo delle diverse modalità di erogazione, fissata dalle Regioni, fino ad un massimo di spesa di 80.000 lire a settimana. Per i cittadini che hanno diritto all’esenzione parziale tale limite massimo d spesa è pari a 40.000 lire. La partecipazione non può comunque essere inferiore a 20.000 lire a settimana. Per le prestazioni di assistenza riabilitativa extraospedaliera semi-residenziale e residenziale, erogate in favore di soggetti direttamente inviati da ospedali per acuti, la partecipazione è dovuta a decorrere dal sessantesimo giorno di assistenza (D.Lgs. 124/1998).

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14. GESTIONE E REGOLAMENTI ORGANIZZATIVI INTERNI Requisiti minimi organizzativi La direzione del Presidio definisce annualmente il piano di lavoro che comprende:

la tipologia ed il volume di attività previste;

il piano organizzativo;

le modalità con cui garantire la continuità dell’assistenza al paziente in caso di urgenze od eventi imprevisti (clinici, organizzativi, tecnologici).

La direzione adotta un inventario delle apparecchiature in dotazione. Deve esistere un piano per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle apparecchiature biomediche; tale piano deve essere documentato per ciascuna apparecchiatura e reso noto ai diversi livelli operativi. La direzione deve provvedere affinché in ogni Presidio sia garantito l’uso sicuro, appropriato ed economico delle apparecchiature biomediche. Devono essere predisposti documenti (regolamenti interni, linee-guida) per lo svolgimento delle principali attività di supporto tecnico-amministrativo, in particolare:

pulizia e sanificazione degli ambienti;

modalità di compilazione, conservazione, archiviazione dei documenti comprovanti una attività sanitaria.

Inoltre, la direzione predispone materiale informativo a disposizione dell’utenza, in cui viene specificata la tipologia delle prestazioni erogate, gli operatori responsabili delle prestazioni, orari e costi. Infine, deve essere individuato un referente del sistema informativo responsabile delle procedure di raccolta e verifica della qualità (riproducibilità, accuratezza, completezza) e diffusione dei dati (DPR14/1/97). 15. VERIFICA E MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’ Allo scopo di garantire la qualità dell’assistenza nei confronti della generalità dei cittadini, è adottato in via ordinaria, nei Presidi di riabilitazione come nelle altre strutture sanitarie, il metodo della verifica e revisione della qualità delle prestazioni, al cui sviluppo devono risultare funzionali sia i modelli organizzativi ed i flussi informativi dei soggetti erogatori, che gli istituti normativi regolanti i rapporti tra i soggetti erogatori, pubblici e privati ed il Servizio sanitario nazionale (D. Lgs. 502/1992). A questo proposito in tutti i Presidi devono essere attivati programmi di valutazione e miglioramento delle attività. Annualmente ogni struttura organizzativa effettua al proprio interno o partecipa ad almeno un progetto di valutazione e verifica di qualità favorendo il coinvolgimento di tutto il personale. Tale attività sarà utilizzata anche per lo studio dell’appropriatezza nell’utilizzo delle risorse (DPR14/1/97). Uno degli strumenti, pur parziale, per la verifica della qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie è costituito dalla definizione e raccolta di una serie di indicatori. A questo fine il Servizio sanitario nazionale ha adottato una serie di indicatori relativi alla personalizzazione ed umanizzazione dell’assistenza, al diritto all’informazione e alle prestazioni alberghiere (D. Lgs. 502/1992). Gli indicatori che coinvolgono direttamente i Presidi residenziali di riabilitazione sono i seguenti: Continuità dell’assistenza

numero di unità operative di degenza nelle quali viene sistematicamente comunicato un medico di riferimento.

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Umanizzazione delle prestazioni e tutela dei diritti

esistenza di zone del Presidio predisposte per il rispetto della privacy in occasione dei decessi;

possibilità, per i visitatori, dell’ingresso giornaliero al Presidio dopo le 18,00;

numero medio di ore di apertura giornaliera, ai visitatori, del Presidio durante i giorni feriali.

Diritto all’informazione

numero delle unità operative nelle quali è stata effettuata almeno un’inchiesta sulle opinioni dell’utente e dei familiari attraverso interviste o questionari durante il periodo di riferimento;

esistenza di procedure o di un piano per la sicurezza e la riservatezza delle informazioni sanitarie.

Prestazioni alberghiere

numero di posti letto in camere di degenza con servizi igienici riservati ai degenti della stanza (in rapporto al totale);

numero dei servizi igienici per i degenti (in rapporto al totale dei letti);

numero di posti letto con armadio guardaroba singolo o anta di armadio multiplo (in rapporto al totale dei letti);

numero dei posti letto con schienale regolabile (in rapporto al totale dei letti);

numero dei posti letto con luce individuale e dispositivo di chiamata funzionante (in rapporto al totale dei letti);

numero di camere di degenza con oltre 4 posti letto (in rapporto al totale dei letti);

numero medio di letti per camera di degenza;

superficie in mq. delle camere di degenza (in rapporto al totale dei letti);

numero di camere di degenza con non oltre 2 posti letto (in rapporto al numero delle camere di degenza);

numero dei telefoni mobili per uso dei ricoverati (in rapporto al totale dei letti);

fornitura sistematica ai degenti degli accessori completi per la consumazione dei pasti (posate, bicchieri, tovagliolo);

possibilità di scelta tra due o più opzioni per ogni componente del menù per i pazienti a dieta libera;

distribuzione del pranzo ai pazienti prima delle ore 12,00;

distribuzione della cena ai pazienti prima delle ore 19,00;

possibilità di usufruire di un parrucchiere e di un barbiere, gratuito o a pagamento, operante a tempo pieno o ad orario fisso nel Presidio;

passaggio nei reparti di degenza di un rivenditore di giornali e riviste. Le Regioni e le aziende sanitarie possono adottare ulteriori indicatori al fine di assistere efficacemente i processi decisionali regionali o locali (D.P.R. 15/10/1996). Le Regioni nell’esercizio dei poteri di vigilanza e avvalendosi dei propri servizi ispettivi, verificano il rispetto delle disposizioni in materia di requisiti minimi e classificazione delle strutture erogatrici, con particolare riguardo alla introduzione ed utilizzazione di sistemi di sorveglianza e di strumenti e metodologie per la verifica di qualità dei servizi e delle prestazioni (D. Lgs. 502/1992). A questo scopo le Regioni assicurano l’attivazione da parte di ciascuna unità sanitaria locale di specifici sistemi di controllo, nei quali integrare l’attività per la verifica e la revisione della qualità dei servizi e delle prestazioni, finalizzati a verificare presso tutti i soggetti erogatori la documentazione attestante la erogazione delle prestazioni.

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Ciascun soggetto erogatore del Servizio sanitario nazionale deve individuare, nell’ambito della propria organizzazione interna, un soggetto responsabile di questo controllo (D.M.S. 15/4/94). CONCLUSIONI Questi ultimi sei anni hanno registrato un radicale cambiamento delle normative afferenti alla organizzazione e al funzionamento delle strutture residenziali di riabilitazione, ora ricomprese entro l’ampia dizione di Presidi residenziali di riabilitazione. La legislazione nazionale, in questo settore, ha la caratteristica di norma quadro o di norma di indirizzo, avente lo scopo di garantire un uniforme livello di assistenza su tutto il territorio. Dalla selezione normativa appena proposta deriva un modello di riferimento sufficientemente credibile, da offrire alla potestà normativa delle singole Regioni (Cfr. Tab. 4). Le norme e gli atti ministeriali infatti per divenire attuativi necessitano del recepimento delle Regioni che esercitano la competenza relativa alla organizzazione e alla disciplina dei Presidi di riabilitazione tenendo conto delle compatibilità economiche e dei livelli locali di programmazione sanitaria. Alle singole Regioni spetta il compito di arricchire, completare, diversificare ed anche modificare il modello normativo nazionale di riferimento, allo scopo di realizzare una efficiente rete di strutture riabilitative extraospedaliere capace di garantire il soddisfacimento dei giusti bisogni riabilitativi della popolazione disabile.

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Tab. 4 –Organizzazione e Funzionamento dei Presidi di riabilitazione

Voce Presidi di riabilitazione

Definizione Strutture residenziali finalizzate alla cura ed al recupero funzionale e sociale del paziente, che forniscono adeguata tutela sanitaria e prestazioni riabilitative di tipo valutativo e terapeutico.

Utenza Soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche , sensoriali o miste.

Regime assistenziale

Degenza continuativa Degenza diurna

Articolazione Aggregazione di più moduli base, ciascuno contraddistinto da un massimo di 20 posti letto (La struttura complessivamente può raggiungere la dimensione massima di 120 posti letto)

Modalità di accesso

Prescrizione proposta o richiesta compilata sul modulario del SSN.

Obiettivo terapeutico

Acquisire il massimo recupero funzionale possibile. Raggiungere e mantenere la stabilizzazione funzionale della menomazione Rimuovere o limitare “gli ostacoli” verso l’integrazione sociale del soggetto.

Modalità di assistenza

Garantiscono l’esistenza di una équipe pluridisciplinare composta da personale sanitario laureato, da personale dell’area psicologica e pedagogica, tecnici della riabilitazione, educatori, terapisti occupazionali e personale di assistenza sociale. Definizione del Progetto riabilitativo individuale e dei relativi programmi attuativi

Durata della degenza

Durata del ciclo riabilitativo, di norma, non superiore a 120 giorni per il trattamento “intensivo” e 240 per quello “estensivo”.

Il personale La struttura è diretta da un direttore medico responsabile per le funzioni cliniche ed igienico-organizzative e da un operatore professionale dirigente di area riabilitativa con compiti di coordinamento funzionale del servizio riabilitativo.

Partecipazione alla spesa

Attualmente non è prevista dalle norme nazionali. Dall’1/1/2001 la quota di partecipazione per l’utente è compresa tra 20.000 e 80.000 lire per settimana.

Fonte: normativa nazionale