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Normativa e prassi in sintesi 2
Giurisprudenza in sintesi 7
Focus
Limiti di ricavi per la contabilità semplificata e cambio di regime
di Carlo Bertacca 13
Reddito di impresa
Iper ammortamento: novità 2019 e disciplina 2018
di Sandro Cerato 28
Operazioni straordinarie
Fusione inversa: gli ultimi chiarimenti dell’Agenzia delle entrate
di Fabio Giommoni 37
Istituti deflattivi
Il saldo e stralcio ai nastri di partenza
di Gianfranco Antico 44
Iva
Nuove regole Iva per i voucher
di Marco Peirolo 54
Fatturazione elettronica
Fattura elettronica: faq, commenti e scenari – terza parte
di Fabrizio Fusconi 64
Il caso risolto
La partecipazione in una società semplice è ostativa all’accesso al regime forfettario
di Centro studi tributari 71
1 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Normativa e prassi in sintesi
2 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La circolare tributaria n. 3/2019
Adempimenti
Lo scontrino non risparmia dalla fattura elettronica
L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 7 ha precisato l’obbligo di fattura elettronica per quelle
emesse dagli esercenti attività di commercio al minuto, a seguito di richiesta di un cliente, anche se è
stata preceduta da uno scontrino.
Agenzia delle entrate, risposta, n. 7/2019
Accertato il cambio valute di dicembre 2018
Con provvedimento dell’11 gennaio 2019, l’Agenzia delle entrate ha accertato il cambio valute estere
per il mese di dicembre 2018, ai sensi dell’articolo 4, comma 6, D.L. 167/1990.
Agenzia delle entrate, provvedimento, 11/1/2019, prot. n. 429
Agevolazioni
Innalzate le deduzioni forfettarie per l’autotrasporto
Il Mef, con il comunicato stampa del 14 gennaio 2019, n. 7 ha ricordato che l’articolo 23, D.L. 119/2018,
ha incrementato la dotazione finanziaria relativamente alle misure agevolative a favore degli
autotrasportatori per il 2018. In ragione di ciò, le deduzioni forfetarie, per i trasporti effettuati
personalmente dall’imprenditore oltre il Comune in cui ha sede l’impresa (autotrasporto merci per conto
di terzi) la deduzione forfetaria di spese non documentate (articolo 66, comma 5, primo periodo, Tuir),
per il periodo d’imposta 2017, passa a 51,00 euro. La deduzione spetta anche per i trasporti effettuati
personalmente dall’imprenditore all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa, per un importo pari al
35% di quello riconosciuto per i medesimi trasporti oltre il territorio comunale.
Mef, comunicato stampa, 14/1/2019, n. 7
Dichiarazioni
Approvato il modello dichiarazione Iva 2019
L’Agenzia delle entrate, con provvedimento direttoriale del 15 gennaio 2019, protocollo n. 10659 ha
proceduto all’approvazione dei modelli di dichiarazione IVA/2019 concernenti l’anno 2018, con le
relative istruzioni, da presentare nell’anno 2019 ai fini Iva.
Agenzia delle entrate, provvedimento, 15/1/2019, prot. n. 10659
Approvato il modello Iva74 bis
L’Agenzia delle entrate, con provvedimento direttoriale del 15 gennaio 2019, protocollo n. 10665 ha
proceduto all’approvazione del modello di dichiarazione per il fallimento o per la liquidazione coatta
amministrativa, modello IVA 74 bis, con le relative istruzioni.
Agenzia delle entrate, provvedimento, 15/1/2019, prot. n. 10665
Normativa e prassi in sintesi
3 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Approvato il modello CU 2019
L’Agenzia delle entrate, con provvedimento direttoriale del 15 gennaio 2019, protocollo n. 10664 ha
proceduto all’approvazione della Certificazione Unica “CU 2019”, relativa all’anno 2018, unitamente alle
istruzioni di compilazione, nonché del frontespizio per la trasmissione telematica e del quadro CT con
le relative istruzioni. Inoltre, con il medesimo provvedimento sono state individuate le modalità per la
comunicazione dei dati contenuti nelle Certificazioni Uniche e approvazione delle relative specifiche
tecniche per la trasmissione telematica.
Agenzia delle entrate, provvedimento, 15/1/2019, prot. n. 10664
Approvato il modello 730 2019
L’Agenzia delle entrate, con provvedimento direttoriale del 15 gennaio 2019, protocollo n. 10652 ha
proceduto all’approvazione dei modelli 730, 730-1,730-2 per il sostituto d’imposta, 730-2 per il CAF e
per il professionista abilitato, 730-3, 730-4, 730-4 integrativo, con le relative istruzioni, nonché della
bolla per la consegna del modello 730-1, concernenti la dichiarazione semplificata agli effetti
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, da presentare nell’anno 2019 da parte dei soggetti che si
avvalgono dell’assistenza fiscale.
Agenzia delle entrate, provvedimento, 15/1/2019, prot. n. 10652
Approvato il modello 770 2019
L’Agenzia delle entrate, con il provvedimento direttoriale del 15 gennaio 2019, protocollo n. 10656 ha
proceduto all’approvazione del modello 770/2019, relativo all’anno di imposta 2018, con le istruzioni
per la compilazione, concernente i dati dei versamenti, dei crediti e delle compensazioni effettuati.
Agenzia delle entrate, provvedimento, 15/1/2019, prot. n. 10656
Approvato il CUPE 2019
L’Agenzia delle entrate, con provvedimento direttoriale del 15 gennaio 2019, protocollo n. 10663 ha
proceduto all’approvazione dello schema di certificazione degli utili corrisposti e dei proventi ad essi
equiparati, delle ritenute operate e delle imposte sostitutive applicate di cui all’articolo 4, commi 6-ter
e 6-quater, D.P.R. 322/1998.
Agenzia delle entrate, provvedimento, 15/1/219, prot. n. 10663
Fiscalità internazionale
Intermediari esteri con stabile organizzazione: condizioni per la nomina del rappresentante fiscale
L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 5/E del 16 gennaio 2019, ha fornito chiarimenti in merito
alla possibilità che un intermediario estero che intende aderire direttamente al sistema di gestione
accentrata e assumere, di conseguenza, la qualifica di banca di secondo livello con riferimento ai titoli
italiani e obbligazioni italiane soggette al D.Lgs. 239/1996, dotata altresì di stabile organizzazione
italiana ancorché non coinvolta nella custodia dei titoli di sua proprietà, possa nominare un
rappresentante fiscale ai sensi dell’articolo 9, D.Lgs. 239/1996, nonché ai fini dell’articolo 27-ter, D.P.R.
600/1973 e delle altre disposizioni normative interne che regolano l’imposizione dei redditi di capitale
e diversi di natura finanziaria. Tra i diversi chiarimenti forniti, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che
l’intermediario non residente, aderente al predetto sistema di deposito accentrato, può nominare un
rappresentante fiscale, ancorché dotato di una stabile organizzazione in Italia, qualora la stabile
Normativa e prassi in sintesi
4 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
organizzazione non svolga in Italia attività di custodia titoli per le quali la stessa assume il ruolo di
sostituto di imposta, circoscrivendo l’ambito del mandato alle specifiche fattispecie in oggetto.
Agenzia delle entrate, risoluzione, 16/1/2019, n. 5/E
Irpef
Domicilio fiscale ai fini della tassazione dei redditi
L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’istanza di interpello n. 4 dell’11 gennaio 2019, ha chiarito
che l’istante non può avvalersi delle disposizioni di cui all’articolo 188-bis, Tuir, ai fini della
determinazione dell’imposta dovuta, poiché sprovvisto del requisito, normativamente richiesto,
consistente nella residenza in Campione d’Italia antecedente all’iscrizione all’Aire. Pertanto, l’istante
dovrà far riferimento alle ordinarie regole di tassazione e il domicilio fiscale va individuato, secondo
l’articolo 58, D.P.R. 600/1973, nel Comune italiano dove è prodotto il reddito o il maggior reddito.
Agenzia delle entrate, risposta, n. 4/2019
Iva
La detrazione per i beni importati e sub noleggiati
L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’istanza di interpello n. 6 dell’11 gennaio 2019, ha riconosciuto
il diritto alla detrazione dell’Iva assolta in dogana all’importazione dei pallets, la cui proprietà rimane
in capo alla consociata estera, in quanto l’importazione si pone in nesso diretto e immediato all’attività
di sub-noleggio svolta dalla società importatrice nel territorio dello Stato. Richiamando alcuni principi
europei espressi dalla Corte di Giustizia UE, infatti, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che, nel
presupposto che le spese relative all’importazione influenzino il prezzo dei servizi resi dalla società sul
territorio dello stato che le conferiscono il diritto alla detrazione, il soggetto importatore abbia il diritto
di detrarre l’Iva assolta in relazione alle predette importazioni.
Agenzia delle entrate, risposta, n. 6/2019
Operazioni straordinarie
Disapplicazione delle norme antielusive in relazione alla riportabilità delle perdite nella fusione inversa
L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’istanza di interpello n. 3 del 10 gennaio 2019, ha fornito
chiarimenti in merito alla possibilità di disapplicare la disciplina antielusiva in materia di riporto delle
perdite fiscali, di cui all’articolo 172, comma 7, Tuir, nell’ambito di un’operazione di fusione inversa, con
riferimento alle perdite della società incorporante-controllata, causate dal mancato rinnovo di taluni
contratti in previsione della cessione del ramo d’azienda. Al riguardo, nonostante il mancato
superamento del test del patrimonio netto della società incorporante-controllata, le cui perdite viene
chiesto il riporto, in considerazione della sua conservata operatività, (la società ha realizzato ricavi e
sostenuto costi per l’acquisto di materie prime nonché oneri per il personale nell’esercizio di efficacia
della fusione) e tenuto conto del fatto che la perdita è stata ripianata mediante l’utilizzo delle riserve
disponibili e la diminuzione del capitale sociale, nonché tenuto conto che il socio unico ha
ricapitalizzato la società rinunciando ad un proprio credito, in modo da consentire il prosieguo
dell’attività di gestione, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto disapplicabile il comma 7 dell’articolo 172,
Tuir, non ravvisando alcuna possibile manovra elusiva finalizzata all’indebito utilizzo di perdite fiscali.
Agenzia delle entrate, risposta, n. 3/2019
Normativa e prassi in sintesi
5 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Reddito di impresa
Anche le differenze di cambio da cessione di azioni in valuta beneficiano della pex
L’Agenzia delle entrate, con la risposta all’istanza di interpello n. 5 dell’11 gennaio 2019, ha fornito
alcuni chiarimenti in ordine al trattamento fiscale delle differenze di cambi realizzate in sede di
cessione di azioni che beneficiano del regime della c.d. “participation exemption”, ai sensi dell’articolo
87, Tuir. Al riguardo, in applicazione del principio di derivazione rafforzata, che presuppone comunque
la corretta applicazione dei principi contabili di riferimento, tenuto altresì conto delle disposizioni
civilistiche e di quelle previste dai principi contabili nazionali (Oic 26 “Operazioni, attività e passività in
valuta estera”), l’Agenzia delle entrate ha chiarito che le differenze di cambio positive o negative, non
dando luogo ad una autonoma e separata rilevazione, concorrono a formare le relative plusvalenze e
minusvalenze da realizzo, pertanto, saranno imponibili nella misura del 5% (ex articolo 87, comma 1,
Tuir), ovvero indeducibili (ex articolo 101, comma 1, Tuir).
Agenzia delle entrate, risposta, n. 5/2019
Registro e ipocatastali
Imposizione dell’atto di fusione tra fondazioni bancarie non qualificabili Onlus
L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 2/E dell’11 gennaio 2019, ha chiarito il corretto regime
fiscale, ai fini dell’imposta di registro e dell’imposte ipotecaria e catastale, dell’atto di fusione tra due
fondazioni, enti non commerciali. In particolare, è stato precisato che l’operazione non è soggetta a Iva,
ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera f), D.P.R. 633/1972 e che, in virtù del principio di alternatività
Iva/Registro di cui all’articolo 40, Tur, essa è assoggettata a imposta di registro nella misura proporzionale
del 3%, ex articolo 9 della Tariffa, allegata al TUR. Le imposte ipotecaria e catastale sono dovute, invece,
nella misura fissa di 200 euro ai sensi degli articoli 4 della tariffa allegata al Tuic e 10, comma 2, Tuic.
Agenzia delle entrate, risoluzione, 11/1/2019 n. 2/E
Imposizione degli atti per il conferimento e redistribuzione di aree in un consorzio di urbanizzazione
L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 1/E dell’11 gennaio 2019, ha fornito alcuni chiarimenti in
ordine al corretto trattamento fiscale da riservare ad alcuni atti, finalizzati a dare esecuzione ad un
piano particolareggiato di iniziativa pubblica, aventi ad oggetto il conferimento delle aree dai soggetti
consorziati, sia persone fisiche che non operano in regime d’impresa sia persone giuridiche che operano
nell’esercizio dell’attività d’impresa, al Consorzio; la ridistribuzione delle aree dal Consorzio ai singoli
consorziati, nelle diverse ipotesi in cui il colottizzante sia una persona fisica che non opera in regime
di impresa, arte o professione e persona giuridica che opera nell’esercizio dell’attività d’impresa. Con
riferimento alla seconda tipologia di atti (di ridistribuzione), l’Agenzia delle entrate ha chiarito che
possono beneficiare del regime di favore di cui all’articolo 32, D.P.R. 601/1973 (imposta di registro in
misura fissa ed esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale), nonché ritenersi estranei al campo di
applicazione dell’Iva. Diversamente, in relazione alla prima tipologia di atti (di conferimento), è stato
precisato che solamente la parte delle aree conferite destinate alla realizzazione delle opere di
urbanizzazione potrà beneficiare del regime di favore di cui all’articolo 32, D.P.R. 601/1973, mentre,
con riferimento alle parti di aree conferite non destinate alla realizzazione di opere di urbanizzazione
sarà applicabile il trattamento ordinario previsto per gli atti traslativi di diritti reali immobiliari (imposta
proporzionale di registro nella misura del 9% e imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50
euro). In conclusione, l’Agenzia delle entrate ha specificato che l’operazione di conferimento posta in
essere da una persona giuridica nell’ambito dell’attività d’impresa costituisce operazione rilevante ai
Normativa e prassi in sintesi
6 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
fini dell’Iva, di conseguenza, in virtù del principio di alternatività Iva/registro di cui all’articolo 40, Tur,
l’imposta di registro e le imposte ipotecaria e catastale saranno dovute nella misura fissa di 200 euro.
Agenzia delle entrate, risposta, n. 1/2019
Versamenti
Pronto il codice per il recupero dell’APE volontaria
L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 4/E del 14 gennaio 2019, ha proceduto all’istituzione del
codice tributo per il recupero in compensazione, tramite modello “F24 Enti pubblici” (F24 EP), del credito
riconosciuto dall’Inps ai sensi dell’articolo 1, comma 177, L. 232/2016. Nello specifico, il codice tributo è:
- APVE, denominato “APE VOLONTARIA – recupero credito d’imposta riconosciuto dall’INPS ai sensi
dell’articolo 1, comma 177, della legge n. 232 del 2016”.
Agenzia delle entrate, risoluzione, 14/1/2019, n. 4/E
Istituito il codice per il credito concesso ai benzinai
L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 3/E del 14 gennaio 2019 ha proceduto all’istituzione del
codice tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite il modello F24, del credito d’imposta spettante
agli esercenti di impianti di distribuzione di carburante ai sensi dell’articolo 1, commi 924 e 925, L.
205/2017. Nello specifico, il codice tributo è:
- 6896 denominato “Credito d'imposta pari al 50 per cento delle commissioni addebitate agli esercenti di
impianti di distribuzione di carburante, ai sensi dell’articolo 1, commi 924 e 925, della legge 27 dicembre
2017, n. 205”.
Agenzia delle entrate, risoluzione, 14/1/2019, n. 3/E
Giurisprudenza in sintesi
7 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La circolare tributaria n. 3/2019
Accertamento
Il mutuo diluisce la capacità contributiva
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito
complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali e il contribuente deduca e
dimostri che tale spesa sia giustificata dall’accensione di un mutuo ultrannuale, il mutuo medesimo non
esclude ma diluisce la capacità contributiva (cfr. sentenza n. 4797/2017).
Cassazione – ordinanza n. 149 – 6 dicembre 2018 – 7 gennaio 2019
Catasto
La motivazione nell’accertamento da classamento DOCFA
In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito
della c.d. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera
indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal
contribuente non siano stati disattesi dall’ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita
attribuita deriva da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia
una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione deve essere
più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di
difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (cfr. sentenze n.
12777/2018, n. 12389/2018 e n. 12497/2016).
Cassazione – ordinanza n. 150 – 6 dicembre 2018 – 7 gennaio 2019
Contenzioso tributario
Valida la notifica nelle mani del convivente
Ove la consegna del plico raccomandato avvenga a mani di un familiare convivente con il destinatario,
ai sensi dell’articolo 7, L. 890/1982, deve presumersi che l’atto sia giunto a conoscenza dello stesso,
restando irrilevante (anche) ogni indagine sulla riconducibilità del luogo di detta consegna fra quelli
indicati dall’articolo 139, c.p.c., in quanto il problema della identificazione del luogo ove è stata eseguita
la notificazione rimane assorbito dalla dichiarazione di convivenza resa dal consegnatario dell’atto, con
la conseguente irrilevanza esclusiva della prova della non convivenza, che il destinatario ha l’onere di
fornire (cfr. sentenze n. 8472/2018 e n. 6345/2013).
Cassazione – ordinanza n. 583 – 24 ottobre 2018 – 11 gennaio 2019
La motivazione con rimando a massime giurisprudenziali
Quando la motivazione richiama un orientamento giurisprudenziale consolidato, riportando anche le
massime in cui esso si è espresso, la motivazione deve ritenersi correttamente esposta da tale richiamo,
che rinvia - in evidente ossequio al principio di economia processuale e di ragionevole durata del
processo, che giustifica ampiamente la mancata ripetizione delle argomentazioni di un orientamento
giurisprudenziale consolidato, ove condivise dal giudicante e non combattute dal litigante con
argomenti nuovi - appunto alla motivazione risultante dai provvedimenti richiamati, sicché il dovere
Giurisprudenza in sintesi
8 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
costituzionale di motivazione risulta adempiuto per relationem, per essere detta motivazione espressa
in provvedimenti il cui contenuto è conoscibile (cfr. sentenze n. 11508/2016 e n. 13708/2015).
Cassazione – sentenza n. 347 – 26 giugno 2018 – 9 gennaio 2019
Il perfezionamento in caso di mancato recapito
La notificazione a mezzo posta di un accertamento tributario, qualora l'agente postale non possa
recapitare l’atto, si perfeziona, per il destinatario, trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della
lettera raccomandata contenente l'avviso della tentata notifica e la comunicazione di avvenuto deposito
del piego presso l'ufficio postale, sicché, ai fini della sua ritualità, è richiesta, L. 890/1982, ex articolo 8,
la sola prova della spedizione della detta raccomandata (c.d. C.A.D.) e non anche della sua avvenuta
ricezione (cfr. sentenze n. 6242/2017 e n. 26088/2015).
Cassazione – ordinanza n. 327 – 6 dicembre 2018 – 9 gennaio 2019
Estinzione del giudizio in caso di definizione agevolata
In presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata con impegno a
rinunciare al giudizio ai sensi del D.L. 193/2016, articolo 6, convertito, con modificazioni, nella L.
225/2016, cui sia seguita la comunicazione dell'esattore ai sensi di tale norma, comma 3, il giudizio di
cassazione deve essere dichiarato estinto ai sensi dell'articolo 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia
del debitore, qualora egli sia ricorrente, e ricorrendo un caso di estinzione ex lege, se egli sia resistente
o intimato. Qualora risulti al momento della decisione che il debitore ha anche provveduto al
pagamento integrale del debito rateizzato, allora dovrà essere dichiarata la cessazione della materia
del contendere (cfr. sentenza n. 24083/2018).
Cassazione – ordinanza n. 55 – 6 dicembre 2018 – 3 gennaio 2019
Dogane
Quando sussiste lo stato di buona fede
In tema di diritti doganali, lo stato soggettivo di buona fede dell’importatore richiesto dall’articolo 220,
n. 2, lettera b), Regolamento CEE 2913/1992 (Codice doganale comunitario) ai fini dell’esenzione della
contabilizzazione “a posteriori” dei dazi, può essere invocato solo se l’errore dell’Autorità sia di natura
tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore di buona fede, il quale deve anche
aver rispettato tutte le prescrizioni della normativa in vigore in relazione alla sua dichiarazione in
dogana, sicché quando l’errore dell’Amministrazione sia consistito nella mera ricezione delle
dichiarazioni inesatte dell’esportatore – in particolare sull’origine della merce – tale buona fede non
sussiste e il debitore è tenuto a sopportare il rischio derivante da un documento commerciale che si
rilevi falso in occasione di un successivo controllo (cfr. sentenze n. 13770/2016 e n. 7702/2013).
Cassazione – ordinanza n. 218 – 21 novembre 2018 – 8 gennaio 2019
Irpef
Serve la volontà della retrodatazione per la non tassabilità
Il solo fatto della intervenuta risoluzione consensuale del contratto di locazione, unito alla circostanza
del mancato pagamento dei canoni relativi a mensilità anteriori alla risoluzione, non è idoneo di per sé a
escludere che tali canoni concorrano a formare la base imponibile Irpef, ai sensi del D.P.R. 917/1986,
Giurisprudenza in sintesi
9 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
articolo 23, salvo che non risulti la inequivoca volontà delle parti di attribuire alla risoluzione stessa
efficacia retroattiva; in tale ultimo caso resta impregiudicata, peraltro, ogni valutazione in ordine alla
opponibilità di tale eventuale retroattività all'Amministrazione finanziaria (cfr. sentenza n. 24444/2005).
Cassazione – sentenza n. 348 – 11 luglio 2018 – 9 gennaio 2019
Iva
Iscrizione a ruolo anche senza dichiarazione presentata
Anche in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale Iva, è consentita l'iscrizione a ruolo
dell'imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il Fisco operare,
con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte
contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero
raffronto con dati ed elementi dell'anagrafe tributaria, ai sensi del D.P.R. 633/1972, articoli 54-bis e 60,
fatta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l'eventuale dimostrazione, a cura del
contribuente, che la deduzione d'imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della
dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti
da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati a Iva e finalizzati ad operazioni imponibili (cfr. sentenza
SS.UU. n. 17758/2016).
Cassazione – ordinanza n. 373 – 11 dicembre 2018 – 9 gennaio 2019
Non c’è coincidenza tra abitazione e abitazione non di lusso
I 2 concetti di "fabbricati, o di porzioni di fabbricato, a destinazione abitativa" ai fini dell'esenzione Iva del
D.P.R. 633/1972, ex articolo 10, comma 8-bis, e di "casa di abitazione non di lusso" ai fini del regime
agevolativo ai sensi del D.P.R. 633/1972, n. 127-undecies, Tabella A, parte 2, allegata, non coincidono. E,
invero, mentre la nozione di "casa di abitazione non di lusso" si desume, a contrario, del D.M. 2 agosto 1969,
che elenca le abitazioni di lusso, il concetto di fabbricato - o porzione di esso - "a destinazione abitativa",
implica l'uso in concreto dello stesso a finalità abitative. Ciò corrisponde alla diversa ratio sottesa alle 2
discipline, l'una in tema di esenzione Iva preposta a fini sociali, correlata a favorire il godimento delle
case di abitazione, l'altra, in tema di agevolazione con riduzione dell'aliquota di imposta (al 10%),
finalizzata a promuovere lo sviluppo dell'edilizia abitativa ovvero delle costruzioni edilizie con
destinazione funzionale prevalente abitativa. Infatti, ai fini delle agevolazioni tributarie nel settore
dell'edilizia, della L. 408/1949, ex articolo 13 (c.d. Legge Tupini) rileva il concetto di "case di abitazione”,
anche se comprendono uffici e negozi, che non abbiano il carattere di abitazione di lusso. La Legge
1493/1962, articolo 1, stabilisce che "le agevolazioni fiscali previste per le case di abitazione non di lusso
dalle L. 408/1949, ... sono applicabili anche ai locali destinati ad uffici e negozi, quando, a questi ultimi, sia
destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei piani sopra terra". Successivamente, la L.
1212/1967, con un unico articolo, ha fornito l'interpretazione autentica del predetto articolo 1,
disponendo che, ai fini della concessione delle agevolazioni fiscali in esame, è necessario e sufficiente
che ricorrano, congiuntamente, le seguenti condizioni: a) almeno il 50% più uno della superficie totale dei
piani sopra terra sia destinata ad abitazioni; b) non più del 25% della superficie totale dei piani sopra terra
sia destinato a negozi. La ratio della previsione dell'aliquota Iva agevolata del 10% di cui al D.P.R.
633/1972, punto 127-undecies, tabella A, è dunque quella di favorire l'incremento delle costruzioni edilizie
con riguardo agli edifici che, complessivamente considerati, abbiano come destinazione funzionale
prevalente quella abitativa secondo il rapporto fissato dalle norme integratrici e interpretative di cui alla
L. 1493/1962, articolo 1, e della L. 1212/1967, articolo unico.
Cassazione – sentenza n. 352 – 12 dicembre 2018 – 9 gennaio 2019
Giurisprudenza in sintesi
10 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La regolarizzazione della mancata ricezione della fattura richiede solo un controllo formale
In tema di Iva, il D.Lgs. 471/1997, articolo 6, comma 8, in base al quale il cessionario di un bene o
il committente di un servizio è tenuto a regolarizzare l'operazione imponibile posta in essere dal
cedente o dal prestatore senza emissione di fattura o con fattura irregolare, implica il solo obbligo
di verificarne la regolarità formale, con riferimento al dato cronologico della ricezione della fattura
nei termini di legge e alla sussistenza dei suoi requisiti essenziali, individuati dal D.P.R. 633/1972,
articolo 21, e non esige invece il controllo sostanziale della corretta qualificazione fiscale
dell'operazione, come si desume dalla circostanza che l'esenzione del cessionario/committente
dall'irrogazione della sanzione pecuniaria è subordinata al pagamento della "maggiore imposta
eventualmente dovuta" proprio in base ai dati risultanti dallo stesso documento (aliquota ,
ammontare dell'imposta e dell'imponibile) e non a quello dell'intera imposta dovuta in base alla
corretta valutazione della qualificazione fiscale dell'operazione (cfr. sentenze n. 26183/2014 e n.
19624/2009).
Cassazione – sentenza n. 350 – 12 dicembre 2018 – 9 gennaio 2019
Redditi diversi
Plusvalente la cessione del terreno destinato a parcheggio
In tema di Irpef, l’inclusione di un’area in una zona destinata dal PRG a servizi pubblici o di interesse
pubblico, quale la destinazione a parcheggio, incide nella determinazione del valore venale
dell’immobile da valutare in base alla maggiore o minore potenzialità edificatoria, senza escluderne
l’oggettivo carattere edificabile, atteso che i vincoli di inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e
preventiva nel PRG, vanno tenuti distinti sdai vincoli di destinazione, sicché la relativa cessione a titolo
oneroso è idonea a determinare l’insorgenza di una plusvalenza imponibile ex articolo 81 (ora 67),
comma 1, lettera b), Tuir (cfr. sentenze n. 14503/2016 e n. 15320/2013).
Cassazione – ordinanza n. 584 – 24 ottobre 2018 – 11 gennaio 2019
Reddito di impresa
Non deducibile la minusvalenza sui trasferimento senza corrispettivo
Il diritto trasferito dal cedente al cessionario con la cessione del contratto avente ad oggetto le
prestazioni sportive di un calciatore è, dunque, da considerare un bene immateriale strumentale
all'esercizio dell'impresa (essendo nella natura delle società calcistiche mettere sotto contratto
atleti) idoneo ad essere trasferito ed a generare minusvalenze ai sensi dell'articolo 101, comma 1,
Tuir all’epoca vigente. Tuttavia, deve ritenersi che un atto posto in essere senza un corrispettivo
sia, in linea di principio, a titolo gratuito, accogliendosi, dunque, una nozione di causa gratuita in
termini di interesse al conferimento di beni o alla prestazione di servizi senza una corrispondente
prestazione principale a carico del beneficiario. Il fatto che da una cessione possa derivare un costo
per il cessionario non comporta assolutamente che l'atto divenga a titolo oneroso, rilevando non la
conseguenza indiretta del trasferimento, ma la sua giustificazione causale, intesa in concreto, vale
a dire l'interesse del cedente a privarsi del suo diritto esclusivo a godere delle prestazioni sportive
del calciatore senza ricevere nulla in cambio. La cessione da una società sportiva ad un'altra di un
contratto avente a oggetto la prestazione professionale di un calciatore senza il pagamento di un
corrispettivo sia atto a titolo gratuito, non rilevando la circostanza che la parte cessionaria dovrà
Giurisprudenza in sintesi
11 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
corrispondere al giocatore ceduto il compenso dovutogli. In ragione di ciò l’eventuale minusvalenza
che si genera non è deducibile.
Cassazione – sentenza n. 346 – 7 dicembre 2018 – 9 gennaio 2019
Cassazione – sentenza n. 345 – 7 dicembre 2018 – 9 gennaio 2019
Registro
Il calcolo deve essere fatto sulla superficie utile complessiva
In tema di imposta di registro, per stabilire se una abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa
dall'agevolazione per l'acquisto della prima casa, di cui al D.P.R. 131/1986, articolo 1, comma 3, parte
prima, Tariffa allegata, occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui al D.M.
2 agosto 1969, articolo 6, in forza del quale è irrilevante il requisito dell'abitabilità dell'immobile,
siccome da esso non richiamato, mentre quello dell'utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla
loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere "lussuoso" di una
abitazione (cfr. sentenze n. 18480/2016, n. 10191/2016 e n. 25674/2013).
Cassazione – ordinanza n. 355 – 10 ottobre 2018 – 9 gennaio 2019
Riscossione
La procedura per l’iscrizione di ipoteca su beni immobili
L'Amministrazione finanziaria, prima di iscrivere l'ipoteca su beni immobili ai sensi del D.P.R. 602/1973,
articolo 77 (nella formulazione vigente ratione temporis), deve comunicare al contribuente che
procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al medesimo un termine che può essere determinato, in
coerenza con analoghe previsioni normative (da ultimo, quello previsto dal medesimo D.P.R. 602/1973,
articolo 77, comma 2 bis, come introdotto dal D.L. 70/2011, convertito con modifiche dalla L. 106/2011),
in 30 giorni - per presentare osservazioni od effettuare il pagamento, dovendosi ritenere che l'omessa
attivazione di tale contraddittorio endoprocedimentale comporti la nullità dell'iscrizione ipotecaria per
violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito anche dagli articoli 41, 47 e 48
della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, fermo restando che, attesa la natura reale
dell'ipoteca, l'iscrizione mantiene la sua efficacia fino alla sua declaratoria giudiziale d'illegittimità (cfr.
sentenze n. 4587/2017, n. 23875/2015, SS.UU. n. 19668/2014 e n. 19667/2014).
Cassazione – ordinanza n. 326 – 6 dicembre 2018 – 9 gennaio 2019
Sanzioni
Mancata presentazione della dichiarazione e colpa del contribuente
In caos di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte di professionista incaricato
dal contribuente, quest’ultimo è tenuto a vigilare sulla corretta esecuzione dell’incarico, a meno che
on dimostri che l’intermediario abbia mascherato fraudolentamente il proprio inadempimento.
L’onere di provare la mancanza di colpa dalla quale deriva l’esonero dal pagamento di sanzioni grava
in ogni caso sul contribuente, il quale è parimenti tenuto a dimostrare di aver fornito al professionista
la provvista per il pagamento dei tributi (cfr. sentenze n. 24535/2017, n. 6930/2017, n. 6223/2017 e
n. 11832/2016).
Cassazione – ordinanza n. 581 – 24 ottobre 2018 – 11 gennaio 2019
Giurisprudenza in sintesi
12 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Successione
I requisiti per l’esclusione di un credito dall’attivo ereditario
In tema d'imposta di successione, il D.P.R. 637/1972, articolo 11, comma 1, ai fini dell'esclusione di un
credito del de cuius dall'attivo ereditario, fa riferimento ai crediti che il contribuente dichiari di dubbia
esigibilità qualora il contribuente stesso abbia notificato ai debitori l'invito ad assolvere, per suo conto,
l'imposta dovuta sui crediti stessi prima del loro pagamento, non attribuendo, quindi, rilevanza alcuna
al fatto che, al momento dell'apertura della successione, il credito risulti non ancora liquidato, o possa
risultare di difficile esazione, essendo sufficiente una situazione di dubbia esigibilità, cioè di difficile
realizzazione, alla stregua dell'attestazione dell'erede, sempre che questi abbia ottemperato all'onere
di sollecitare il debitore insolvente, invitandolo ad assolvere per conto di esso erede l'imposta gravante
sul credito stesso.
Cassazione – ordinanza n. 59 – 6 dicembre 2018 – 3 gennaio 2019
Focus
13 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La circolare tributaria n. 3/2019
Limiti di ricavi per la contabilità
semplificata e cambio di regime di Carlo Bertacca - dottore commercialista e revisore legale
Premessa
Oltre al regime ordinario di determinazione del reddito, il sistema tributario prevede regimi semplificati
per le imprese di ridotte dimensioni che si trovano al di sotto di certi limiti di ricavi. All’inizio dell’anno
è opportuno, quindi, verificare l’ammontare dei ricavi dell’anno precedente per determinare il possibile
regime contabile da adottare. La norma di riferimento è l’articolo 18, D.P.R. 600/1973 che permette
l’adozione del regime di contabilità semplificata a condizione che l’ammontare dei ricavi dell’anno
precedente non abbia superato determinati limiti.
Articolo 18, D.P.R. 600/1973
Il comma 1 dell’articolo 18, D.P.R. 600/1973 consente l’esonero per l’anno successivo della tenuta della
contabilità ordinaria agli imprenditori individuali, alle società di persone e agli enti non commerciali,
qualora i ricavi di cui agli articoli 57 e 85, Tuir, percepiti in un anno intero, ovvero conseguiti nell’ultimo
anno di applicazione dei criteri previsti dall’articolo 109, comma 2, Tuir, non abbiano superato
l’ammontare di 400.000 euro per le imprese aventi oggetto prestazioni di servizi, ovvero 700.000 euro
per le imprese aventi oggetto altre attività.
I ricavi di riferimento sono quindi quelli percepiti in un anno intero, mentre se l’attività è iniziata incorso
di anno si deve procedere al ragguaglio. Il richiamo normativo a quelli conseguiti nell’ultimo anno di
applicazione dell’articolo 109, comma 2, Tuir è dovuto alla modifica del regime di determinazione del
reddito per i semplificati introdotta dalla Legge Finanziaria 2017. A decorrere dal 1° gennaio 2017,
infatti, i soggetti in contabilità semplificata determinano il reddito mediante un criterio di cassa “misto”
che considera ricavi solo quelli incassati. Pertanto solo con riferimento al regime applicabile per il 2017
era necessario verificare l’ammontare dei ricavi conseguiti (criterio di competenza) nel 2016, mentre
dal 2018 in poi è necessario verificare il limite considerando i ricavi percepiti.
Come indicato dalla norma il limite di ricavi varia in funzione dell’attività esercitata.
Focus
14 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Attività Limite ricavi anno precedente
Prestazioni di servizi di cui al D.M. 17 gennaio 1992 Non superiori a 400.000 euro
Altre attività Non superiori a 700.000 euro
Per identificare le prestazioni di servizi l’articolo 18, D.P.R. 600/1973 rinviava all’emanazione di
apposito decreto avvenuta con il D.M. 17 gennaio 1992 il quale considera prestazioni di servizi:
1. i contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione agenzia mediazione deposito;
2. le obbligazioni di fare, non fare e di permettere quale ne sia la fonte;
3. le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili;
4. le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore, quelle a invenzioni industriali,
modelli, disegni, processi formule e simili e quelle relative a marchi insegne, nonché le cessioni,
concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti;
5. i prestiti di denaro e di titoli non rappresentativi di merci, comprese le operazioni finanziarie
mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro soluto, di crediti, cambiali o assegni. Non sono
considerati prestiti i depositi di denaro presso aziende o istituti di credito o presso amministrazioni
statali, anche se regolate in conto corrente;
6. le somministrazioni di alimenti e bevande;
7. le cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto;
8. le assegnazioni ai soci effettuate da società di ogni tipo, nonché le assegnazioni fatte da altri enti
privati o pubblici, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica,
quando hanno per oggetto cessioni, concessioni o licenze di cui ai numeri 3, 4 e 7;
9. prestazioni rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza, anche tra i rapporti tra mandante e
mandatario;
10. prestazioni dei mandanti nei rapporti di mandato senza rappresentanza;
11. cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti di autore effettuate dagli autori e loro
eredi o legatari, tranne quelle relative ai disegni e opere dell’architettura, opere dell’arte
cinematografica muta o sonora e alle opere di ogni genere utilizzate da imprese ai fini di pubblicità
commerciale;
12. prestiti obbligazionari, nonché le prestazioni di mandato e di mediazione relative a prestiti
obbligazionari;
13. le cessioni di contratti aventi a oggetto cessioni di denaro o crediti in denaro, cessioni di aziende e
cessioni di terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria;
Focus
15 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
14. prestazioni di mandato e mediazione relative ai diritti di autore, tranne quelli concernenti opere di
cui al n. 8) e le prestazioni relative alla protezione dei diritti d’autore di ogni genere, comprese quelle
di intermediazione nella riscossione dei proventi;
15. prestazioni dei commissari relative ai passaggi nei rapporti di commissione.
Per i ricavi l’articolo 18, D.P.R. 600/1973 fa riferimento agli articoli 57 e 85, D.P.R. 917/1986, ovvero:
− i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio
è diretta l'attività dell'impresa;
− i corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi
quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione;
− i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al
capitale di società, di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa che non costituiscono
immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività
dell'impresa;
− i corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni emessi da società ed enti che
non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta
l'attività dell'impresa;
− le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il
danneggiamento di beni di cui alle precedenti lettere;
− i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione
in base a contratto;
− i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge;
− le assegnazioni dei predetti beni ai soci o all’imprenditore individuale, nonché la loro destinazione a
finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
Il regime naturale dei contribuenti che rientrano nei predetti limiti è quello della contabilità
semplificata. È possibile comunque accedere al regime della contabilità ordinaria esercitando apposita
opzione come previsto dal D.P.R. 442/1997, ovvero mediante comportamento concludente
comunicando la scelta nel quadro VO del modello Iva relativo all’anno in cui è stata esercitata l’opzione.
Si ricorda comunque, che anche in assenza di comunicazione la scelta operata è valida per
comportamento concludente fatta salva l’applicazione della sanzione per omessa comunicazione.
L’opzione vincola il contribuente per un anno ed è valida fino a revoca.
Focus
16 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Si rammenta che le società di capitali sono obbligate a tenere la contabilità ordinaria e gli esercenti
attività di arti e professioni la contabilità semplificata a prescindere dai ricavi o compensi dell’anno
precedente. Questi ultimi possono comunque optare per la contabilità ordinaria.
Esercizio contemporaneo di più attività
Quando il contribuente esercita un solo tipo di attività (prestazioni di servizi o altre attività) la verifica
del limite di ricavi è molto semplice. Qualora, invece, il soggetto passivo svolga contemporaneamente
prestazioni di servizi e altre attività la verifica del regime di contabilità in cui si ricade diventa più
complessa.
In particolare l’articolo 18, D.P.R. 600/1973 dispone che “per i contribuenti che esercitano
contemporaneamente prestazioni di servizi e altre attività si fa riferimento all’ammontare dei ricavi relativi
all’attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi, si considerano prevalenti le attività
diverse dalle prestazioni di servizi”.
In sostanza, secondo il dettato letterale della norma, il limite di ricavi che determina la possibilità della
contabilità semplificata è dato:
− quando i ricavi delle attività esercitate non sono annotati distintamente da 700.000 euro;
− quando si procede all’annotazione separata dei ricavi, dai ricavi conseguiti con l’attività prevalente e
quindi 400.000 euro se si tratta di prestazioni di servizi e di 700.000 euro se si tratta di altre attività.
L’applicazione della regola non comporta particolari problemi da parte delle imprese che non hanno
tenuto distinta l’annotazione dei ricavi. In questa ipotesi, infatti, si considera prevalente l’attività diversa
dalle prestazioni di servizi e il limite è di 700.000 euro.
Chiarimenti, invece, sono stati forniti dalla prassi ministeriale, nell’ipotesi in cui si sia proceduto
all’annotazione separata dei ricavi. La risoluzione n. 293/E/2007 ha indicato le fasi da seguire per
determinare il limite dei ricavi in questa situazione.
In primo luogo è necessario individuare l’attività prevalente. La circolare n. 80/E/2001 ha stabilito a tal
fine il seguente criterio: “per attività prevalente deve intendersi quella con la quale sono stati conseguiti
maggiori ricavi nel periodo di imposta”.
Pertanto se l’attività prevalente è quella:
− relativa alle prestazioni di servizi il limite di ricavi è 400.000 euro;
− relativa alle altre attività il limite di ricavi è 700.000.
La citata risoluzione introduce un ulteriore verifica non prevista dalla norma, ovvero che l’ammontare
complessivo dei ricavi realizzati tramite tutte le attività svolte non superi il limite di 700.000 euro.
Focus
17 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Riepilogando il contribuente deve:
1. identificare l’attività prevalente con i criteri illustrati;
2. verificare il limite dei ricavi riferiti all’attività prevalente;
3. verificare che il limite complessivo dei ricavi derivanti da tutte le attività svolte risulti non superiore
a 700.000 euro.
L’introduzione del punto 3, come chiarito dalla risoluzione n. 293/E/2007, “discende dalla ratio sottesa
all’articolo 18, D.P.R. 600/1973, che è quella di consentire la tenuta della contabilità semplificata soltanto
alle imprese minori, ossia a quelle imprese che hanno un ammontare limitato di ricavi”.
ESEMPIO 1
Un contribuente esercita contemporaneamente le seguenti attività:
1. attività di escavazione e movimento terra con ricavi pari a 50.000 euro;
2. attività di costruzione e ristrutturazione immobili con ricavi pari a 340.000 euro;
3. attività di commercio di materiali edili con ricavi pari a 220.000 euro.
Le prime 2 attività devono essere considerate prestazioni di servizi ai sensi dell’articolo 3, comma 1,
D.P.R. 633/1972 rientrando nella generica indicazione di “prestazioni dipendenti … in generale da obblighi
di fare, non fare e permettere”.
La terza attività non rientra tra le prestazioni di servizi.
Attività Ricavi prestazione servizi Ricavi altre attività
Movimento terra 50.000
Costruzione e ristrutturazione 340.000
Commercio materiali edili 220.000
Totale ricavi attività 390.000 220.000
Seguendo le fasi indicate dall’agenzia delle entrate si giunge alle seguenti conclusioni:
1. attività prevalente è quella di prestazioni di servizi con ricavi complessivi di 390.000 euro contro
220.000 euro di ricavi delle altre attività;
2. il limite di ricavi riferito all’attività prevalente (400.000 euro) non risulta superato (390.000 euro);
3. il limite complessivo dei ricavi delle attività svolte (390.000 euro + 220.000 euro = 610.000 euro) non
è superiore a 700.000 euro;
pertanto il regime naturale del contribuente è quello di contabilità semplificata.
Contabilità semplificata – determinazione del reddito
Una volta verificata la possibilità di adottare il regime di contabilità semplificata, il contribuente dovrà
decidere la modalità di gestione contabile da adottare.
Focus
18 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
A tal proposito è opportuno fare un breve cenno sulle regole di determinazione del reddito dei soggetti
in contabilità semplificata e sulle modalità con cui può essere gestita.
Come è noto a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’articolo 1, commi da 17 a 23, Legge Finanziaria 2017,
ha modificato l’articolo 66, Tuir prevedendo per le imprese in contabilità semplificata la determinazione
del reddito secondo il principio di cassa e abbandonando, quindi, quello di competenza. In realtà come
evidenziato dall’Agenzia delle entrate con circolare n. 8/E/2017, non si tratta di un regime di cassa puro
ma “improntato” alla cassa. Determinati componenti di reddito sia negativi che positivi, infatti, seguono
sempre il principio di competenza. Si tratta allora di un regime “misto cassa-competenza”. Il comma 1
dell’articolo 66, Tuir dispone che il reddito è determinato dalla differenza tra ricavi percepiti e spese
sostenute. Fanno eccezione le plusvalenze, minusvalenze e sopravvenienze attive e passive. I commi
successivi prevedono la rilevanza per competenza di altri componenti di reddito quali:
− i ricavi da assegnazione dei beni ai soci o destinazione degli stessi a finalità estranee all’impresa;
− proventi da immobili che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla
cui produzione o scambio è diretta l’attività;
− redditi determinato forfetariamente ex articoli 56, comma 5, – 56-bis, Tuir;
− quote di ammortamento beni materiali, anche a uso promiscuo, i immateriali;
− canoni di leasing;
− perdite di beni strumentali e perdite su crediti (articolo 101, Tuir);
− accantonamenti di quiescenza e previdenza (articolo 105, Tuir);
− spese per prestazioni di lavoro (articolo 95, Tuir);
− oneri di utilità sociale (articolo 100, Tuir);
− spese relative a più esercizi (articolo 108, Tuir);
− oneri fiscali e contributivi (articolo 99, commi 1 e 3, Tuir);
− interessi di mora (articolo 109, comma 7, Tuir).
Non sono ammesse in deduzione per espressa previsione normativa:
− le spese e altri componenti negativi relativi agli immobili patrimonio (articolo 90, comma 2, Tuir);
− gli accantonamenti, diversi da quelli indicati nell’articolo 105, Tuir;
− la remunerazione relativa ai contratti di associazione in partecipazione e a quelli di cui all’articolo
2554, cod. civ. con apporto diverso dal lavoro. Restano, invece, deducibili secondo il criterio di
competenza le remunerazioni dovute a seguito dei citati contratti con apporto di opere e servizi.
Con l’attuale regime di cassa non rilevano più né le rimanenze iniziali né quelle finali.
Focus
19 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Tuttavia è sempre obbligatorio redigere l’inventario di magazzino. Infatti l’articolo 15, D.P.R. 600/1972
non ha subito modifiche. Inoltre la redazione risulta necessaria in quanto il valore delle rimanenze deve
essere indicato sia nel quadro G del modello di dichiarazione dei redditi, sia nel modello degli studi di
settore.
Gestione contabile cenni
Il “nuovo” articolo 18, D.P.R. 600/1973, riscritto al fine di adeguare gli adempimenti contabili delle
imprese minori al nuovo regime di determinazione del reddito secondo il criterio di cassa, prevede ai
commi da 2 a 5 tre modalità di tenuta dei registri contabili.
Prima modalità – tenuta registri Iva e registri incassi e pagamenti
Nello specifico il comma 2 dispone che oltre alla tenuta dei registri Iva siano istituiti altri due registri
in cui devono essere annotati cronologicamente i ricavi percepiti e le spese sostenute indicando per
ciascun incasso:
1. l’importo;
2. le generalità, l’indirizzo e il Comune di residenza anagrafica del soggetto che effettua il pagamento;
3. gli estremi della fattura o di altro documento emesso.
La circolare n. 11/E/2017 precisa che l’obbligo di annotazione previsto al punto 2, possa essere assolto
anche con la sola indicazione del codice fiscale del cliente, mentre l’obbligo previsto al punto 3 possa
essere assolto, quando non è obbligatoria ai fini Iva l’emissione della fattura, con l’annotazione del
documento contabile che certifica l’operazione effettuata (ad esempio, anche il documento che
comprovi l’effettuazione della prestazione per le operazioni non considerate ai fini Iva cessioni di beni
ovvero prestazioni di servizi).
Con riferimento alla registrazione dei costi, è previsto che per ciascuna spesa sostenuta nell’esercizio
devono essere fornite le seguenti indicazioni:
1. le generalità, l’indirizzo e il comune di residenza del soggetto che riceve il pagamento (anche in tal
caso, l’obbligo si ritiene assolto con l’indicazione del codice fiscale del soggetto che riceve il
pagamento);
2. gli estremi della fattura o di altro documento ricevuto, che comprovi l’avvenuto pagamento quando
non è obbligatoria ai fini Iva l’emissione della fattura.
Per quanto concerne i termini di registrazione la citata circolare n. 11/E/2017 ha precisato di ritenere
applicabile l’articolo 22, D.P.R. 600/1973, secondo cui “le registrazioni nelle scritture cronologiche e nelle
Focus
20 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
scritture ausiliarie di magazzino devono essere eseguite non oltre sessanta giorni” dal momento in cui
l’operazione assume rilevanza, ossia dall’incasso del ricavo o dal pagamento della spesa.
Gli altri componenti positivi e negativi non rilevanti ai fini Iva (ammortamenti plusvalenze perdite su
crediti…), che concorrono alla determinazione del reddito con il criterio di competenza, devono essere
annotati nei registri stessi, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi (comma 3,
articolo 18, D.P.R. 600/1973).
Seconda modalità tenuta registri Iva integrati
Il comma 4 dell’articolo 18, D.P.R. 600/1973 dispone che i registri iva possono sostituire i registri
cronologici degli incassi e dei pagamenti laddove siano annotate separatamente le operazioni non
soggette a Iva.
Al fine poi di raccordare i criteri di registrazione delle operazioni soggette a Iva con le regole di
determinazione del reddito per cassa viene consentito di annotare cronologicamente nei registri Iva gli
incassi e i pagamenti con l’indicazione delle fatture cui le operazioni si riferiscono.
In particolare, la circolare n. 11/E/2017 precisa che le operazioni rilevanti ai fini Iva devono essere
annotate nei registri di riferimento nel rispetto della relativa disciplina. È necessario, tuttavia, conciliare
dette disposizioni con le esigenze del regime di cassa, con la conseguenza che la registrazione di una
fattura di acquisto, dovrà essere, comunque, eseguita entro sessanta giorni dal suo pagamento, al fine
di poter dare rilevanza alla spesa nel corretto periodo di imputazione. Resta fermo che l’eventuale
mancata registrazione della fattura di acquisto entro detto termine non pregiudica, comunque,
l’esercizio del diritto della detrazione nel termine più ampio previsto dall’articolo 19, D.P.R. 633/1972.
La registrazione della fattura di acquisto oltre il termine dei sessanta giorni dall’avvenuto pagamento,
non determina, inoltre, l’indeducibilità del costo, laddove la registrazione sia, in ogni caso, eseguita
nell’esercizio in corso.
Pertanto:
− il diritto alla detrazione dell’Iva può comunque essere sempre esercitato al più tardi con la
dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto è sorto;
− la deducibilità dei costi è riconosciuta anche se l’annotazione avviene oltre 60 giorni purché sia
effettuata nell’esercizio.
Per quanto riguarda i termini di registrazione delle altre operazioni non rilevanti ai fini Iva la citata
circolare precisa che:
Focus
21 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
− i componenti positivi o negativi che concorrono alla determinazione del reddito di impresa secondo
il principio di cassa devono essere registrati entro 60 giorni dal momento in cui si considera rilevante
l’operazione, ossia dalla data dell’avvenuto incasso o pagamento;
− i componenti positivi e negativi che non concorrono alla determinazione del reddito secondo il criterio
di cassa (ad esempio gli ammortamenti, le spese per il personale dipendente) devono essere annotati
nei registri Iva entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, in coerenza con quanto
stabilito dal comma 2 con riferimento alle registrazioni negli appositi registri cronologici istituiti ai fini
delle imposte sul reddito.
Per motivi di semplificazione, il comma 4 dell’articolo 18, D.P.R. 600/1973, consente, in luogo delle
singole annotazioni di incassi e pagamenti, di riportare al termine di ciascun periodo di imposta ed
entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, l’importo complessivo dei mancati
incassi o pagamenti con l’indicazione delle fatture cui si riferiscono. In tal caso l’annotazione delle
fatture ai fini Iva nel corso dell’anno rileva anche ai fini dell’incasso/pagamento. Nel periodo di imposta
in cui avviene l’effettivo incasso o pagamento occorre annotare separatamente entro 60 giorni i ricavi
percepiti e i costi sostenuti indicando gli estremi dei documenti di riferimento.
In sostanza per quanto riguarda le operazioni documentate da fatture, ai fini di dar rilevanza agli incassi
e pagamenti relativi, in alternativa alla singola annotazione degli stessi si può procedere come segue:
− annotazione delle fatture in corso d’anno secondo la relativa disciplina;
− riporto, entro il termine della presentazione della dichiarazione dei redditi, dell’importo complessivo
non pagato o non incassato con l’indicazione delle fatture cui si riferiscono;
− nel periodo di imposta in cui avviene l’incasso o il pagamento annotare sui registri, entro 60 giorni, i
ricavi percepiti e i costi sostenuti indicando gli estremi dei documenti di riferimento.
Per i commercianti al minuto e assimilati che sono esonerati dall’emissione della fattura se non a
richiesta del cliente, la circolare n. 11/E/2017 detta specifiche regole al fine di conciliare le
semplificazioni concesse a detta categoria di contribuenti con le regole di annotazione degli incassi e
pagamenti.
Terza modalità – presunzione di incasso/pagamento
Il comma 5 dell’articolo 18, D.P.R. 600/1973, introduce un’ulteriore semplificazione. I soggetti che
hanno scelto la tenuta dei soli registri Iva, possono non effettuare a fine anno le annotazioni dei mancati
incassi e pagamenti esercitando una specifica opzione in base alla quale gli incassi e i pagamenti si
considerano effettuati alla data di registrazione del documento contabile. L’opzione è vincolante per
Focus
22 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
un triennio e viene esercitata per comportamento concludente e comunicata nella dichiarazione
annuale Iva relativa all’anno in cui è stata operata la scelta.
In questo modo una fattura di acquisto registrata nel periodo successivo alla data del documento si
considera pagata e quindi il costo deducibile in tale periodo. Ovviamente il contribuente dovrà tenere
conto anche del termine di registrazione per poter detrarre l’Iva.
Considerato che anche i ricavi si considerano percepiti al momento della registrazione, una fattura
emessa nel dicembre 2018, ma registrata nei termini entro il 15 gennaio 2019 concorrerà alla
formazione del reddito nel periodo di imposta in cui è annotata (2019) ancorché ai fini Iva produca
effetti per l’anno in cui è stata effettuata l’operazione (2018).
Resta ferma la necessità di annotare separatamente le operazioni non soggette a registrazione ai fini
Iva.
In riferimento ai commercianti al minuto e assimilati, la circolare n. 11/E/2017 precisa che l’ammontare
dei corrispettivi e degli acquisti registrati rispettivamente ai sensi degli articoli 24 e 25, D.P.R: 633/1972
si considera incassato e pagato.
Passaggio dal regime semplificato al regime ordinario e viceversa
Considerando i diversi criteri di determinazione del reddito tra i due regimi, la circolare n. 11/E/2017
ha fornito chiarimenti al fine di evitare duplicazioni o salti di imposta in conseguenza di passaggi di
regime. Il comma 19 dell’articolo 1 della Legge Finanziaria 2017 dispone in linea generale che “i ricavi,
i compensi e le spese che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di
determinazione del reddito d’impresa adottato, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito
degli anni successivi”. Pertanto, ove un componente reddituale – per il quale sia mutato il criterio di
imputazione temporale in occasione del cambio di regime – abbia già concorso alla determinazione del
reddito in applicazione delle regole previste dal regime di “provenienza”, lo stesso non concorrerà alla
formazione del reddito dei periodi di imposta successivi, ancorché si siano verificati i presupposti di
imponibilità/deducibilità previsti dal regime di “destinazione”.
Per esempio, nel caso di passaggio dal regime ordinario (di provenienza) al regime semplificato di cassa
(destinazione) i ricavi di vendita di beni consegnati o le prestazioni di servizi ultimate nel regime di
provenienza, il cui corrispettivo è stato incassato nell’esercizio in cui si applica il criterio di cassa, che
correttamente, a norma dell’articolo 109, comma 2, Tuir, hanno concorso alla determinazione del
reddito nel regime di provenienza, non costituiranno ricavi imponibili nell’esercizio “di cassa” anche se
si è verificato il presupposto per l’imponibilità, ovvero l’incasso. Analogamente, l’acquisto di beni di
Focus
23 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
consumo e le prestazioni di servizi ricevute e ultimate nel regime di provenienza (ordinario) e pagati
nell’esercizio in cui si applica il regime semplificato per cassa rileveranno come costi nel regime
ordinario e non saranno costo deducibile nell’esercizio in regime semplificato. Allo stesso modo se un
componente reddituale non ha concorso alla determinazione del reddito in applicazione delle regole
previste dal regime di “provenienza” concorrerà alla formazione del reddito dei periodi di imposta
successivi ancorché non si siano verificati i presupposti di imponibilità/deducibilità previsti dal regime
di “destinazione”. Per individuare, quindi, la corretta imputazione temporale dei componenti reddituali
è necessario far riferimento alle regole vigenti nel regime di “provenienza”. Pertanto, un ricavo relativo
a una cessione di beni o a un servizio ultimato nel regime di cassa ma incassato/pagato nell’esercizio
in regime di “competenza” rileverà in quest’ultimo.
In senso analogo nel caso in cui si sia ricevuto o si sia versato un acconto nel regime di cassa in relazione
alla consegna di beni o all’ultimazione del servizio avvenuta nel regime di competenza esso rileverà
nel periodo di imposta soggetto al regime di cassa.
Rilevanza dei componenti reddituali nel cambio di regime
Rileva nel regime di provenienza Non rileva nel regime di destinazione anche se si realizza il
presupposto per l’imponibilità/deducibilità
Non rileva nel regime di provenienza Rileva nel regime di destinazione anche se non si realizza il
presupposto di imponibilità/deducibilità
Gestione delle rimanenze nel passaggio dalla contabilità semplificata a quella ordinaria
Una puntualizzazione deve essere fatta per quanto riguarda le rimanenze finali. La circolare n.
11/E/2017 precisa, innanzitutto, che si devono intendere per tali:
− le rimanenze di merci e lavori in corso su ordinazione di durata infrannuale;
− le rimanenze di lavori in corso di durata ultrannuale;
− le rimanenze di titoli.
Come accennato, nel regime semplificato di cassa non rilevano le rimanenze iniziali e finali in quanto
la rilevanza reddituale dei relativi acquisti è correlata al pagamento. Può accadere, quindi, che le
rimanenze al termine dell’esercizio risultino:
1. completamente pagate;
2. parzialmente pagate;
3. non pagate.
Nel primo caso esse hanno già contribuito alla formazione del reddito del contribuente, nel secondo
caso vi hanno contribuito solo per la parte pagata e nel terzo caso non hanno influenzato il reddito.
Focus
24 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Coerentemente al principio generale di rilevanza delle componenti reddituali nel cambio di regime, la
circolare n. 11/E/2017, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposta, ha chiarito che le rimanenze di
merci il cui costo è stato sostenuto e, quindi, dedotto nel corso dell’applicazione delle regole del regime
di cassa non dovranno assumere rilevanza come esistenze iniziali al momento della fuoriuscita dal regime
semplificato in deroga alle ordinarie regole di competenza previste dal Tuir. Diversamente, qualora con
riferimento alle merci in rimanenza non sia stato effettuato il relativo pagamento, le stesse rileveranno
come esistenze iniziali e si applicheranno le ordinarie regole di competenza previste dal testo unico.
Come è noto per il passaggio dalla contabilità semplificata a quella ordinaria è necessario predisporre
un prospetto iniziale delle attività e passività esistenti all’inizio del periodo di imposta seguendo i criteri
di valutazione indicati dal D.P.R. 689/1974.
È possibile, quindi, che il valore delle rimanenze iniziali indicato nel prospetto di cui al D.P.R. 689/1974 non
corrisponda con quello rilevante fiscalmente (casi 1 e 2), pertanto la citata circolare precisa che con specifico
riferimento alla valorizzazione del magazzino, è necessario evidenziare l’eventuale disallineamento tra il
valore delle esistenze iniziali determinato a norma dell’articolo 6 del citato D.P.R. n. 689/1974 e il costo
fiscalmente riconosciuto delle stesse. In merito alla modalità di calcolo del costo medio il documento di
prassi specifica che è necessario far riferimento a tutti gli acquisti dell’ultimo anno (relativi alla singola
categoria omogenea) e non solo a quelli relativi ai beni non pagati e che il costo medio così individuato sarà
applicato solo alle merci in magazzino per le quali non è avvenuto il pagamento.
Gestione delle rimanenze nel passaggio dal regime di contabilità ordinaria a quello semplificato di cassa
L’articolo 1, comma 18, della Legge Finanziaria 2017, prevede che le rimanenze finali che hanno
concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza siano
portate interamente in deduzione del reddito del primo periodo di applicazione del regime semplificato.
Questa disposizione incide pesantemente sulla determinazione del reddito del primo esercizio di
passaggio alla contabilità semplificata, in quanto al termine del periodo di imposta non rilevano le
rimanenze finali. Ciò può essere penalizzante per le società a cui si applica la disciplina delle società
di comodo. A tal fine la circolare n. 11/E/2017 ha precisato che:
− il componente negativo derivante dalla deduzione integrale nel primo periodo di applicazione del
regime di cassa delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente
secondo il principio della competenza non rileva ai fini dell’applicazione della disciplina delle società
c.d. di comodo. In particolare il reddito minimo calcolato in base alla suddetta disciplina dovrà essere
decrementato di un importo pari al valore delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito
Focus
25 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza dedotto integralmente nel primo
periodo di applicazione del regime di cassa;
− ai soli fini dell’individuazione dei presupposti della disciplina sulle società in perdita sistematica,
laddove il primo periodo d’imposta di applicazione del regime di cassa costituisce uno di quelli compresi
nel c.d. periodo di osservazione, il relativo risultato fiscale deve essere considerato senza tener conto
del componente negativo derivante dalla deduzione integrale del valore delle rimanenze finali del
periodo precedente.
Riflessi del cambiamento di regime ai fini Irap
L’articolo 1, comma 20 della Legge Finanziaria 2017 ha disposto che la base imponibile per i soggetti in
contabilità semplificata è determinata secondo le norme previste dall’articolo 66, Tuir. Per effetto di tale
modifica, in sostanza, per le società di persone e le imprese individuali in regime di contabilità semplificata,
il valore della produzione netta è determinato applicando i medesimi criteri di imputazione temporale
“improntati alla cassa” previsti dall’articolo 66, Tuir ai fini dell’imposta sul reddito.
Al fine di evitare duplicazioni o salti di imposta la circolare n. 11/E/2017 ritiene applicabili i chiarimenti
forniti ai fini delle imposte sul reddito. Pertanto le rimanenze iniziali che hanno concorso al valore della
produzione dell’esercizio precedente riducono la base imponibile dell’esercizio successivo; i proventi e
le spese che hanno già concorso alla determinazione della base imponibile Irap non assumono rilevanza
negli esercizi successivi.
SCHEDA DI SINTESI
Il regime della contabilità semplificata è adottato dai contribuenti che nell’esercizio precedente
non hanno superato:
− 400.000 euro di ricavi per le imprese esercenti attività di servizi;
− 700.000 euro di ricavi per le imprese esercenti altre attività;
Se l’attività è iniziata in corso di anno si deve procedere al ragguaglio dei ricavi.
Quando vengono svolte contemporaneamente attività di servizi e altre attività per determinare
il limite dei ricavi si deve tener conto di quanto segue:
− nel caso di annotazione separata dei ricavi è necessario che l’attività prevalente (quella con
maggiori ricavi) non superi i limiti predetti e che la somma dei ricavi di tutte le attività non
superi 700.000 euro;
− nel caso in cui i ricavi non siano annotati separatamente è necessario che non superino il
limite di 700.000 euro.
Focus
26 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Nel regime di contabilità semplificata il reddito è determinato seguendo un criterio “misto
cassa-competenza”. Alcuni componenti reddituali seguono il criterio di cassa altri quello di
competenza (ammortamenti…).
Non rilevano ai fini della determinazione del reddito né le rimanenze iniziali né quelli finali.
Al fine di ottemperare al suddetto regime “misto” è consentito tenere le scritture contabili con
tre modalità:
− tenuta registri Iva e tenuta di due distinti registri degli incassi e pagamenti sui quali annotare
separatamente i ricavi percepiti e le spese sostenute entro 60 giorni dall’evento. Negli stessi
registri devono essere annotati entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi
gli alti componenti negativi e positivi rilevati per competenza (ammortamenti…);
− tenuta di registri Iva integrati, nei quali devono essere annotati oltre alle fatture con
l’indicazione dei rispettivi in cassi e pagamenti anche gli altri componenti positivi e negativi.
In luogo delle singole annotazioni degli incassi e pagamenti è consentito riportare al termine
di ciascun periodo di imposta l’importo dei mancati incassi e pagamenti indicando le fatture di
riferimento. L’avvenuto incasso o pagamento verrà annotato entro 60 giorni;
− i soggetti che tengono solo i registri Iva possono esercitare una specifica opzione in base alla
quale gli incassi e pagamenti si considerano effettuati alla data di registrazione.
Nel passaggio tra regimi si deve tener conto della regola generale secondo la quale se un
componente reddituale ha già concorso alla determinazione del reddito del regime di
provenienza non concorrerà alla formazione del reddito nel regime di destinazione anche
qualora si realizzasse il presupposto.
Le rimanenze di merci il cui costo è stato sostenuto e, quindi, dedotto nel corso
dell’applicazione delle regole del regime di cassa non dovranno assumere rilevanza come
esistenze iniziali al momento della fuoriuscita dal regime semplificato in deroga alle ordinarie
regole di competenza previste dal Tuir. Diversamente, qualora con riferimento alle merci in
rimanenza non sia stato effettuato il relativo pagamento, le stesse rileveranno come esistenze
iniziali e si applicheranno le ordinarie regole di competenza previste dal testo unico.
Nel passaggio dal regime ordinario a quello semplificato le rimanenze finali che hanno
concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza
sono portate interamente in deduzione del reddito del primo periodo di applicazione del regime
semplificato.
Focus
27 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Ai fini dell’applicazione della disciplina delle società di comodo e in perdita sistematica:
− il reddito minimo calcolato in base alla suddetta disciplina dovrà essere decrementato di un
importo pari al valore delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito
dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza dedotto integralmente nel
primo periodo di applicazione del regime di cassa;
− laddove il primo periodo d’imposta di applicazione del regime di cassa costituisce uno di
quelli compresi nel c.d. periodo di osservazione, il relativo risultato fiscale deve essere
considerato senza tener conto del componente negativo derivante dalla deduzione integrale
del valore delle rimanenze finali del periodo precedente.
La base imponibile Irap per i soggetti in contabilità semplificata è determinata secondo le
norme previste dall’articolo 66, Tuir.
Reddito di impresa
28 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La circolare tributaria n. 3/2019
Iper ammortamento: novità 2019 e
disciplina 2018 di Sandro Cerato – dottore commercialista e pubblicista
Premessa
La Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018) conferma la proroga dell'agevolazione dell'iper ammortamento
anche per gli investimenti effettuati nel periodo d'imposta 2019, nonché per quelli eseguiti nel 2020
(fino al 31 dicembre), a condizione per questi ultimi che entro il 31 dicembre 2019 sia stato pagato un
acconto del 20% e che vi sia l'accettazione dell'ordine da parte del venditore. Resta confermata anche
la maggiorazione del 40% per gli investimenti in beni immateriali (di cui all'allegato B, L. 232/2016)
per i soggetti che fruiscono dell'iper ammortamento, mentre non è riproposto il super ammortamento
del 30% per il quale è quindi possibile fruire dell'agevolazione a condizione che il bene sia consegnato
entro il prossimo 30 giugno 2019 in presenza del pagamento dell'acconto di almeno il 20% e della
conferma dell'ordine entro il 31 dicembre 2018.
La disciplina dell’iper ammortamento
Prima di entrare nel merito delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2019, è bene ricordare che
l’iper ammortamento è stato inserito nel nostro ordinamento con la Legge di Bilancio 2017 (L.
232/2016) per i soli titolari di reddito d’impresa (esclusi, quindi, gli esercenti arti e professioni)1,
prevedendo la possibilità di maggiorare il costo di acquisizione in via “rafforzata” (in misura pari al
150%) per gli investimenti effettuati (a titolo di proprietà, locazione finanziaria, ovvero tramite appalto
o in economia):
− in beni materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale in chiave
“Industria 4.0”;
1 Possono, quindi, beneficiare dell’agevolazione di cui trattasi i contribuenti titolari di reddito d’impresa a nulla rilevando, ai fini della fruibilità
della maggiorazione il regime contabile adottato (ordinario o semplificato), la natura giuridica, le dimensioni e il settore produttivo di
appartenenza. La maggiorazione può essere fruita sia dalle imprese residenti in Italia che dalle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato
di soggetti non residenti, nonché dagli enti non commerciali con riferimento all’attività commerciale eventualmente esercitata (circolare n.
23/E/2016).
Reddito di impresa
29 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
− dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2017, ovvero entro il maggior termine del 30 settembre 2018
purché, entro lo scorso 31 dicembre 2017, il relativo ordine sia stato accettato dal venditore e sia
avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 % del costo di acquisizione del cespite
ammortizzabile.
I beni agevolabili con la maggiorazione rafforzata del 150% sono elencati nell’allegato A annesso alla
L. 232/2016 (“Beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello
“Industria 4.0”) e sono raggruppabili in 3 categorie:
1. beni strumentali il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati o gestito tramite
opportuni sensori e azionamenti;
2. sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità;
3. dispositivi per l’interazione uomo macchina e per il miglioramento dell’ergonomia e della sicurezza
del posto di lavoro in logica “4.0”.
Proroga della disciplina dell’“iper-ammortamento” per il 2018
Successivamente, la Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017) ha disposto che la disciplina degli “iper-
ammortamenti” si applichi anche agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi (funzionali alla
trasformazione tecnologica e/o digitale in chiave “Industria 4.0”) effettuati entro 31 dicembre 2018, ivi
compresi quelli effettuati entro il 31 dicembre 2019, a condizione che entro il 31 dicembre 2018 sia stato
pagato un acconto almeno del 20% e che l’ordine sia stato confermato. In buona sostanza, si tratta di una
replica del meccanismo già previsto per gli investimenti eseguiti nel corso del 2017. Peraltro, nessuna
modifica alla misura dell’agevolazione è stata disposta dalla Legge di Bilancio 2018, con l’effetto che la
maggiorazione rimane confermata in misura pari al 150% del costo dell’investimento agevolabile.
In relazione agli investimenti che possono beneficiare dell’estensione temporale dell’“iper-ammortamento”
al nuovo termine del 31 dicembre 2019, la verifica della sussistenza delle due condizioni richiamate
(accettazione dell’ordine e pagamento di acconti per almeno il 20% del costo di acquisizione entro il 31
dicembre 2018) risulta essere relativamente semplice per i beni acquisiti in proprietà: per i beni acquisiti
tramite leasing, così come per quelli realizzati mediante contratto di appalto o in economia, la verifica delle
richiamate 2 condizioni risulta essere, invece, meno immediata.
Interconnessione al sistema aziendale
Oltre al rispetto delle condizioni descritte, la fruizione degli “iper-ammortamenti” richiede che venga
rispettato un ulteriore requisito per poter iniziare a fruire della maggiorazione del 150%, ovvero
l’“interconnessione” del bene al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
Reddito di impresa
30 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Ai fini dell’ottenimento del beneficio, l’Agenzia delle entrate (circolare n. 4/E/2017) ha chiarito che,
affinché un bene possa essere definito “interconnesso” è necessario e sufficiente che il bene agevolato:
− scambi informazioni con sistemi interni (ad esempio sistema gestionale, sistemi di pianificazione,
sistemi di progettazione e sviluppo del prodotto, monitoraggio, anche in remoto, e controllo, altre
macchine dello stabilimento, etc.) e/o esterni (ad esempio clienti, fornitori, partner nella progettazione
e sviluppo collaborativo, altri siti di produzione, supply chain, etc.) per mezzo di un collegamento basato
su specifiche documentate, disponibili pubblicamente e internazionalmente riconosciute (ad esempio
Tcpip, Http, Mqtt, etc.);
− sia identificato univocamente, al fine di riconoscere l’origine delle informazioni, mediante l’utilizzo di
standard di indirizzamento internazionalmente riconosciuti (ad esempio indirizzo IP).
Sostituzione del bene “iper ammortizzabile”
La Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017), innovando rispetto al passato, ha altresì introdotto una
speciale disciplina applicabile in caso di dismissione di un bene agevolato, consentendo la sostituzione
dello stesso con un altro bene teoricamente agevolabile, senza che ciò comporti la perdita della
maggiorazione per le quote non fruite2. In particolare, è stabilito che, in caso di dismissione di un bene
“iper ammortizzabile”, la maggiorazione non utilizzata non viene persa, ma potrà continuare a essere
fruita a condizione che, nello stesso periodo d’imposta in cui il bene viene dismesso, venga acquistato
un altro bene strumentale nuovo, avente caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle
contemplate dall’allegato A, L. 232/2016.
In altri termini, l’acquisto di un altro bene agevolabile consente all’impresa di continuare a fruire
dell’“iper ammortamento” in relazione al bene oggetto di cessione, per il quale è di conseguenza
deducibile (con variazione in diminuzione dal reddito d’impresa) il 150% dell’ammortamento calcolato
con le aliquote tabellari.
In merito alla misura dell’agevolazione, è previsto che si debba aver riguardo al minore tra il costo di
acquisto del bene originario e quello acquistato in sostituzione. In secondo luogo, il meccanismo in
questione si dovrebbe applicare agli acquisti di beni eseguiti successivamente allo spirare del periodo
agevolato (ad esempio nel 2020), poiché per i beni acquisiti durante il periodo agevolato, sia pure in
sostituzione di quelli già oggetto di “iper ammortamento”, l’agevolazione sarà computata sul costo di
acquisto del bene nuovo.
2 La nuova disciplina si applica, per espressa previsione normativa, anche ai beni che hanno beneficiato dell’iper ammortamento nel 2017 e
di quelli che beneficeranno dell’agevolazione nel 2018.
Reddito di impresa
31 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
È bene sottolineare che la prosecuzione dell’“iper ammortamento” richiede che, nel medesimo esercizio
in cui avviene la dismissione del cespite agevolato:
− avvenga l’acquisto del nuovo bene che andrà a sostituire quello ceduto e l’interconnessione dello
stesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura;
− l’impresa attesti3 l’effettuazione dell’investimento sostitutivo, le caratteristiche del nuovo bene,
nonché il requisito dell’interconnessione di cui al punto precedente.
Maggiorazione del 40% per determinati beni immateriali
La Legge di Bilancio 2017 (L. 232/2016) ha introdotto una ulteriore agevolazione che si concretizza
nell’applicazione di una maggiorazione del 40% da applicarsi al costo di acquisizione di determinati
beni immateriali4.
Il beneficio della maggiorazione del 40% per i beni immateriali elencati nell’allegato B, L. 232/2016, è
riconosciuto ai “soggetti” che già beneficiano della maggiorazione del 150% (titolari di reddito d’impresa):
la maggiorazione del 40% spetta, infatti, a condizione che l’impresa già usufruisca dell’“iper-
ammortamento” del 150%, indipendentemente dal fatto che il bene immateriale sia o meno specificamente
riferibile al bene materiale agevolato, per il quale si è beneficiato dell’ammortamento rafforzato.
La maggiorazione del 40% del costo di acquisizione dei beni immateriali è stata originariamente
prevista per gli investimenti effettuati sino allo scorso 31 dicembre 2017, ovvero al prossimo 30 giugno
2018 a condizione che, entro la data del 31 dicembre 2017, il relativo ordine sia stato accettato dal
venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.
Per poter iniziare a fruire della maggiorazione di cui trattasi, occorre sia rispettato l’ulteriore requisito
della “interconnessione” del bene al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di
fornitura, di cui si è detto per l’“iper ammortamento”.
Proroga della disciplina della maggiorazione del 40% per il 2018
La legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017) ha altresì prorogato la possibilità, per i soggetti che beneficiano
dell’“iper-ammortamento” 2018, di avvalersi della maggiorazione del 40% con riferimento agli investimenti
aventi a oggetto i citati beni immateriali effettuati dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018, ivi compresi
quelli effettuati entro il 31 dicembre 2019, a condizione che entro il 31 dicembre 2018 sia stato pagato un
acconto almeno pari al 20% del bene e che l’ordine sia stato confermato dal venditore.
3 L’attestazione in parola è rilasciata mediante la dichiarazione del legale rappresentante, ovvero per mezzo di una perizia tecnica giurata
redatta da un ingegnere o da un perito industriale (obbligatoria per i beni dal costo unitario di acquisizione superiore a 500.000 euro). 4 I beni immateriali agevolabili con la maggiorazione rafforzata del 40% sono elencati nell’allegato B annesso alla L. 232/2016 rubricato “beni
immateriali (software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni) connessi a investimenti in beni materiali “industria 4.0”.
Reddito di impresa
32 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Modifica elenco dei beni immateriali agevolabili
La Legge di Bilancio 2018 ha modificato, infine, l’allegato B alla L. 232/2016, contenente l’elenco dei
beni immateriali agevolabili, inserendo anche le seguenti tipologie di investimento:
− sistemi di gestione della supply chain finalizzata al drop shipping nell’e-commerce;
− software e servizi digitali per la fruizione immersiva, interattiva e partecipativa, ricostruzioni 3D, realtà
aumentata;
− software, piattaforme e applicazioni per la gestione e il coordinamento della logistica con elevate
caratteristiche di integrazione delle attività di servizio (comunicazione intra-fabbrica, fabbrica-campo
con integrazione telematica dei dispositivi on field e dei dispositivi mobili, rilevazione telematica di
prestazioni e guasti dei dispositivi on field).
Revoca dell’agevolazione e recupero dell’importo dedotto
L’articolo 7, D.L. 87/2018 definitivamente convertito in legge (L. 96/2018), ha introdotto delle
fattispecie al ricorrere delle quali l'impresa deve restituire le quote di iper ammortamento già dedotte
laddove il bene agevolato sia oggetto, durante il periodo di ammortamento, di:
− delocalizzazione al di fuori del territorio dello Stato presso strutture produttive appartenenti
all’impresa (ovvero ad altre imprese appartenenti allo stesso gruppo);
− cessione a titolo oneroso.
È bene precisare sin da subito 2 aspetti:
− se uno degli accadimenti indicati avviene successivamente al termine del periodo di ammortamento
del bene non si produce alcun recupero delle quote di iper ammortamento dedotte poiché la norma
richiede che la delocalizzazione o la cessione avvengano durante il periodo di ammortamento;
− le novità in questione riguardano solamente gli investimenti effettuati successivamente all’entrata in
vigore del decreto, e quindi per quelli eseguiti dopo il 14 luglio 2018, con la conseguenza che per gli
investimenti effettuati prima di tale data non si procede ad alcun recupero delle quote di iper
ammortamento già fruite in caso di delocalizzazione del bene in una struttura produttiva estera, ovvero
laddove il bene sia ceduto prima del termine del periodo di ammortamento (fatta salva ovviamente la
decadenza dall’agevolazione per le quote mancanti).
La ratio delle novità inserite con il D.L. 87/2018 è quella di garantire la fruizione dell’agevolazione
(consistente in una maggiorazione delle quote di ammortamento fiscale nella misura del 150%)
solamente agli investimenti in beni di cui all’allegato A alla Legge di Bilancio 2017 che vengono
Reddito di impresa
33 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
collocati in strutture situate nel territorio dello Stato e che non vengono ceduti prima del termine del
periodo di ammortamento.
Delocalizzazione del bene all’estero
Il primo caso riguarda la delocalizzazione del bene all’estero presso strutture produttive dell’impresa o
appartenenti ad altre entità del gruppo, nel qual caso è stato tuttavia previsto al comma 3 che “le
disposizioni del comma 2 non si applicano altresì nei casi in cui i beni agevolati siano per loro stessa natura
destinati all’utilizzo in più sedi produttive e, pertanto, possano essere oggetto di temporaneo utilizzo anche
fuori del territorio dello Stato”. La novità dovrebbe quindi salvare tutte quelle imprese che operano con
cantieri situati all’estero e che per la natura dell’attività svolta sono costrette a trasferire i beni da un
cantiere a un altro. Tuttavia, nulla è detto in merito all’individuazione dei beni che per loro natura si
prestino a un utilizzo temporaneo anche fuori dal territorio nazionale, così come non sono previsti limiti
temporali per la permanenza del bene all’estero, posto che ci si limita a prevedere un temporaneo
utilizzo all’estero. Si tratterà di comprendere il significato di “temporaneo”, ben potendo assumere
connotati differenti a seconda dell’attività svolta (si pensi ai cantieri delle imprese di costruzione che
possono avere durate diverse a seconda dell’opera da eseguire).
Cessione del bene a titolo oneroso
Il secondo caso, non oggetto di modifiche in sede di conversione, riguarda l’ipotesi della cessione a
titolo oneroso del bene durante il periodo di fruizione dell’agevolazione, e quindi durante il periodo di
ammortamento del bene stesso, nel qual caso si dovrà chiarire se tale periodo di durata debba
considerarsi quello fiscale ovvero quello di imputazione nel bilancio. Trattandosi di un’agevolazione
extra contabile determinata secondo le aliquote tabellari del D.M. 31 dicembre 1988 (come chiarito
nella circolare n. 4/E/2017), pare doversi concludere che il periodo di osservazione sia quello di durata
dell’ammortamento fiscale e non quello civilistico (se diverso). Dovrà inoltre essere chiarita la modalità
di applicazione del recupero dell’agevolazione già fruita per i beni detenuti in locazione finanziaria, e
in particolare per 2 aspetti: se la cessione del contratto equivalga alla cessione del bene, e se il recupero
operi anche successivamente nell’ipotesi in cui la cessione del bene avvenga dopo il riscatto del bene
stesso. Se per la prima ipotesi pare corretto ritenere che il recupero dell’agevolazione debba avvenire,
nel secondo caso si avrebbe una eccessiva penalizzazione in capo alle imprese che eseguono gli
investimenti agevolati con contratti di locazione finanziaria in capo alle quali di assisterebbe a un
allungamento del periodo di osservazione.
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34 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Si ricorda, infine, che l’articolo 7, D.L. 87/2018 fa salva l’applicazione dei commi 35 e 36 della Legge di
Bilancio 2018 in caso di cessione del bene e riacquisto nello stesso periodo d’imposta di un bene avente
analoghe caratteristiche. Anche dopo le modifiche apportate le imprese possono quindi continuare a
dedurre l’iper ammortamento del bene, senza nemmeno procedere al recupero delle quota già fruite
sul bene oggetto di sostituzione, se procedono alla sostituzione dello stesso con un bene compreso
nell’allegato A, Legge di Bilancio 2017.
Cessione del bene agevolato (investimenti successivi al 14 luglio 2018)
Investimento sostitutivo Senza investimento sostitutivo
Evita il recupero dell’importo dedotto e consente
di continuare la deduzione dell’importo residuo
Cessazione dell’agevolazione e recupero delle
quote dedotte fino al momento della cessione
Novità 2019
I commi da 60 a 65 dell’articolo 1, L. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) ripropongono ancora una volta
la possibilità alle imprese di fruire dell’agevolazione collegata agli investimenti in beni strumentali
nuovi (iper ammortamento) a condizione che gli stessi siano interconnessi e siano rispettati tutti gli
altri adempimenti previsti. Si precisa che non è mutato né l’ambito oggettivo dell’agevolazione, né
quello soggettivo, ma è stata tuttavia introdotta una misura variabile di maggiorazione del costo
dell'investimento che porta con sé alcuni aspetti critici che in precedenza non sussistevano, e in
particolare per quanto riguarda il calcolo dell'agevolazione in presenza di investimenti plurimi che
eccedono le soglie indicate.
Infatti, a differenza di quanto fino a ora previsto (maggiorazione fissa del 150%), a partire dagli
investimenti perfezionati nel 2019 la misura della maggiorazione è variabile:
− 170% per investimenti fino a un importo di 2,5 milioni di euro;
− 100% per investimenti oltre all'importo di 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
− 50% per investimenti oltre all'importo di 10 milioni di euro e fino a 20 milioni di euro;
− nessuna agevolazione per investimenti eccedenti la soglia di euro 20 milioni.
Mentre non si presenta nessun problema in presenza di investimenti di importo non eccedente la soglia
di 2,5 milioni euro, la questione si pone per investimenti che comportano il superamento della predetta
soglia (o delle altre indicate).
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35 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
ESEMPIO
Un'impresa nel 2019 esegue investimenti per 4 milioni di euro acquistando 3 beni strumentali il cui
costo è di 1 milione di euro per 2 beni strumentali (con aliquota di ammortamento del 10%) e di 2
milioni di euro per l'altro bene (con aliquota di ammortamento del 15%). Poiché le aliquote di
ammortamento possono essere differenti, è del tutto evidente che è interesse dell'impresa "attribuire"
la maggiorazione del 170% a quei cespiti con aliquota superiore, così da massimizzare l'agevolazione
(nel caso di specie all'investimento relativo al bene di costo pari a 2 milioni di euro). In assenza di
indicazioni normative, si ritiene che l'impresa sia libera di scegliere come "ordinare" gli investimenti al
fine di applicare l'agevolazione in modo tale da ottenere un miglior risultato fiscale in termini di
agevolazione. Nel caso di specie si porrebbe altresì l'ulteriore questione che, attribuendo la
maggiorazione del 170% all'investimento di 2 milioni di euro, l'impresa disporrebbe ancora di un
plafond residuo di 0,5 milioni con la stessa percentuale del 170%, a fronte tuttavia di 2 investimenti di
importo pari a 1 milione di euro cadauno. Si ritiene, anche se ciò comporta maggiori complicazioni nel
conteggio dell'agevolazione, che il terzo investimento (a scelta dell'impresa tra i 2 residui in relazione
alla percentuale di ammortamento) debba essere suddiviso in due parti: per 0,5 milioni di euro la
maggiorazione è pari al 170%, mentre per la parte residua (0,5 milioni) la maggiorazione scende al
100%. Per il terzo investimento, infine, la maggiorazione è pari al 100% per l'intero importo.
Per quanto riguarda invece la maggiorazione per investimenti in beni strumentali immateriali, la Legge
di Bilancio 2019 dispone di fatto una proroga del termine entro cui effettuare l’investimento,
confermando sia la misura dell’agevolazione (40%), sia l’ambito oggettivo dei beni agevolabili (quelli
di cui alla Tabella B, Legge Finanziaria 2017).
È bene ricordare che anche per gli investimenti effettuati nel 2019 si rendono applicabili le regole in
precedenza descritte relativamente agli investimenti sostitutivi e al recupero dell’agevolazione in caso
di cessione del bene durante il periodo di ammortamento
Si sottolinea, infine, che per le imprese che entro il 31 dicembre 2018 hanno corrisposto un acconto
almeno del 20% e hanno ottenuto la conferma dell'ordine da parte del venditore, e la cui consegna del
bene avvenga entro il 31 dicembre 2019, si rendono applicabile le precedenti regole con conseguente
maggiorazione del 150% a prescindere dall'importo dell'investimento stesso. In buona sostanza, per gli
investimenti effettuati nel periodo d'imposta 2019 potranno aversi quattro diverse misure
dell'agevolazione (150%, 170%, 100% e 50%), ovvero nessuna agevolazione laddove l'importo ecceda
la soglia di 20 milioni di euro (senza tener conto degli investimenti che fruiscono della maggiorazione
del 150% in base alle vecchie regole).
Reddito di impresa
36 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
SCHEDA DI SINTESI
La legge di Bilancio 2019 ripropone l’agevolazione dell’iper ammortamento per investimenti
in beni strumentali nuovi effettuati nel 2019, ovvero anche nel 2020 a condizione in tal caso
che entro il 31 dicembre 2019 sia stato corrisposto un acconto almeno pari al 20% e che vi
sia la conferma dell’ordine.
La misura dell’agevolazione non è più fissa come in passato, ma è variabile in relazione
all’importo degli investimenti (170% fino a 2,5 milioni di euro, 100% tra 2,5 milioni e 10
milioni di euro, 50% tra 10 milioni e 20 milioni, zero per investimenti eccedenti 20 milioni).
Non è mutato l’ambito soggettivo e oggettivo dell’agevolazione.
Per la verifica del momento in cui si effettua l’investimento si applicano le stesse regole già
vigenti nei precedenti periodi d’imposta.
Si rendono applicabili anche le regole previste in caso di investimento sostitutivo, nonché
quelle per il recupero dell’agevolazione in caso di cessione del bene durante il periodo di
ammortamento.
È confermata anche l’agevolazione (maggiorazione del 40%) per gli investimenti in beni
immateriali di cui alla Tabella B allegata alla Legge Finanziaria 2017.
Operazioni straordinarie
37 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La circolare tributaria n. 3/2019
Fusione inversa: gli ultimi chiarimenti
dell’Agenzia delle entrate di Fabio Giommoni - dottore commercialista e revisore legale
Premessa
In un precedente intervento su questa stessa rivista1 sono state illustrate le caratteristiche principali
della fusione inversa e il suo trattamento contabile, nonché sono stati approfonditi i chiarimenti forniti
dalla risoluzione n. 62/E/2017 in merito alla stratificazione fiscale delle riserve in questo tipo
particolare di fusione.
In quella occasione è stato evidenziato che, in merito alle modalità di rappresentazione contabile della
fusione inversa, l’Oic 4 – “Fusioni e scissioni”, in ossequio al principio della prevalenza della sostanza
sulla forma, afferma che, poiché la fusione diretta e la fusione inversa costituiscono due modalità
diverse della fusione per incorporazione e hanno un’identica disciplina giuridica, e poiché gli effetti
economici dell’operazione non possono essere diversi, il complesso economico unificato dopo la fusione
non può che presentare lo stesso valore contabile, sia che si effettui una incorporazione diretta che una
incorporazione “rovesciata”.
Ne discende che il patrimonio netto complessivo della società post fusione, tenendo anche conto
dell’imputazione di eventuali avanzi e disavanzi di fusione, deve risultare del medesimo importo di
quello che si sarebbe realizzato in caso di fusione diretta (ove è la controllante che incorpora la
controllata).
In merito alla stratificazione del patrimonio netto della società risultante dalla fusione inversa il
principio contabile Oic 4 non precisa, tuttavia, se questa deve rispecchiare la composizione del
patrimonio della incorporata/controllante o quello della incorporante/controllata.
Detto aspetto è stato sottolineato dalla citata risoluzione n. 62/E/2017 la quale ha osservato che l’Oic
4 si occupa solo di fissare la predetta regola in base alla quale il patrimonio netto (totale) post-fusione
inversa deve essere pari al patrimonio netto (totale) post fusione diretta, ma non tratta e non fornisce
alcuna indicazione sulla composizione e sulla natura delle singole voci del patrimonio netto.
1 Cfr. F. Giommoni, “La stratificazione delle riserve nella fusione inversa”, in La circolare tributaria n. 28/2017.
Operazioni straordinarie
38 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Invece, secondo la risoluzione n. 62/E/2017, il principio dell'equivalenza tra fusione inversa e fusione
diretta, enunciato dall'Oic 4, non può espandersi fino a coinvolgere la qualificazione delle voci di
patrimonio netto della società risultante dalla fusione poiché esso concerne gli effetti economici
complessivi dell'operazione stessa e, di conseguenza, non può portare a far prevalere la stratificazione
del patrimonio netto già presente presso l’incorporata/controllante, a dispetto del dato giuridico
formale che vede la controllata nella posizione di incorporante.
Quindi la risoluzione n. 62/E/2017 ha chiarito che, sotto il profilo giuridico formale, il patrimonio
netto che si conserva all'esito di un'operazione di fusione è sempre quello della società che
“sopravvive” legalmente alla fusione, ossia, quello della società incorporante, per cui, anche
all'esito di una fusione inversa il patrimonio netto che si conserva non può che essere quello della
incorporante/controllata.
Ne consegue, che eventuali riserve in sospensione di imposta presenti nel patrimonio netto della società
incorporante/controllata non dovranno essere annullate in quanto è il patrimonio di detta società che
sopravvive alla fusione; dovranno essere invece annullate (e poi eventualmente ricostituite ex comma
5, articolo 172, Tuir) le riserve in sospensione presenti nel patrimonio netto della
incorporata/controllante.
La risposta a interpello n. 27/2018
Nella risposta a interpello n. 27/2018 l’Agenzia delle entrate ha confermato le conclusioni della
risoluzione n. 62/E/2017, ribadendo i seguenti principi generali:
4. in una fusione inversa per incorporazione, a conservarsi è il patrimonio netto contabile della società
che sopravvive legalmente all’operazione (i.e. incorporante/controllata), il quale non muta in
conseguenza dell’operazione, conservando la composizione storica quali-quantitativa, in termini di
capitale sociale, riserve di utili e di capitale, che aveva prima della fusione inversa;
5. sotto il profilo contabile, in caso di partecipazione totalitaria, il patrimonio netto contabile post
fusione deve essere in termini quantitativi pari a quello complessivo che si sarebbe avuto con la fusione
diretta, poiché il valore totale delle società coinvolte è sempre lo stesso (c.d. principio di equivalenza
tra fusione diretta e inversa);
3. le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 dell’articolo 172, Tuir si applicano con riferimento all’eventuale
incremento del patrimonio netto contabile dell’incorporante/controllata avvenuto a seguito della
fusione; incremento che deriva dall’aggregazione del patrimonio netto della incorporata/controllante.
Operazioni straordinarie
39 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Illustrazione del caso affrontato dall’interpello n. 27/2018
Per quanto riguarda l’applicazione pratica dei principi enunciati dall’Agenzia delle entrate, risulta
particolarmente utile ripercorre il caso affrontato dalla citata risposta a interpello n. 27/2018 e le
soluzioni ivi individuate.
La fusione oggetto di interpello ha visto Alfa Srl incorporare la propria controllante totalitaria, Beta Spa,
con efficacia giuridica dal 1° novembre 2017 e retrodatazione contabile e fiscale al 1° gennaio 2017.
La partecipazione del 100% nella Alfa Srl (incorporante-controllata) risulta iscritta nel bilancio della
Beta Spa (incorporata-controllante) per 3.274.627 euro.
Il patrimonio netto di Alfa Srl è pari a 18.646.571 euro mentre quello di Beta Spa è pari a 15.206.442
euro, come evidenziato nella tabella che segue (dati in euro).
Patrimonio netto contabile Incorporante-controllata
Alfa Srl
Incorporata-controllante
Beta Spa
Capitale sociale
Riserva di rivalutazione (Tipo 2)
Riserva legale
Riserva straordinaria
Altre riserve di utili (Tipo 1)
Riserva versamenti in c/capitale
Utile dell’esercizio
2.000.000
1.722.611
405.305
13.916.352
16.773
585.530
2.400.000
6.650.000
228.278
4.298.714
1.000.000
629.450
Totale 18.646.571 15.206.442
Le riserve di “Tipo 1” sono quelle in sospensione di imposta da ricostruire ai sensi del comma 5, articolo
172, Tuir al fine di evitarne la tassazione, mentre le riserve di “Tipo 2” sono quelle tassabili solo in caso
di distribuzione, che vanno ricostituite presso la controllata/incorporante solo nei limiti dell’eventuale
avanzo di fusione.
In conseguenza della fusione inversa si realizza una aggregazione dei patrimoni netti delle 2 società
che assume il valore complessivo di 33.853.013 euro ma che comprende anche l’importo di 3.274.627
euro relativo alle partecipazioni proprie, in precedenza detenute da Beta Spa, che Alfa Srl viene ad
acquisire a seguito dell’incorporazione della stessa Beta Spa.
La modalità di realizzazione della fusione inversa in oggetto prevede che la società
incorporante/controllata Alfa Srl assegni direttamente le proprie quote ai soci della
controllante/incorporata Beta Spa, in concambio delle azioni da essi possedute nella stessa
controllante, che vengono annullate. Non viene pertanto effettuato alcun aumento di capitale, dato che
in ogni caso non è necessario assicurare un concambio, perché la partecipazione è totalitaria.
Operazioni straordinarie
40 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Ne consegue che l’importo di bilancio delle partecipazioni proprie, di 3.274.627 euro, deve essere
annullato in quanto le predette quote sono assegnate ai soci di Beta Spa in cambio delle azioni di
questa società che vengono annullate.
Detto annullamento contabile delle partecipazioni proprie deve avvenire, come confermato dalla
risposta a interpello n. 27/2018, in contropartita del patrimonio netto di 15.206.442 euro della
controllante Beta Spa che viene incorporata.
Operato questo annullamento emerge una “differenza da fusione” (una sorta di “avanzo”) di 11.931.815
euro, data dalla differenza tra il patrimonio netto contabile della incorporata-controllante di 15.206.442
euro e il costo delle partecipazioni proprie di Alfa Srl eliminato contabilmente per 3.274.627 euro.
Residua dunque un patrimonio netto contabile aggregato di 30.578.386 - quantitativamente uguale a
quello che si sarebbe generato in caso di fusione diretta - che deriva dalla sommatoria del patrimonio
netto contabile della incorporante Alfa Srl di 18.646.571 euro e della differenza di fusione di 11.931.815
euro (pari, quest’ultima, al patrimonio netto contabile della incorporata Beta Spa al netto del costo delle
partecipazioni in Alfa Srl annullate).
La risposta a interpello n. 27/2018 chiarisce che questa “differenza di fusione” di 11.931.815 euro
(derivante dal residuo patrimonio netto della incorporata/controllante) assume rilevanza ai fini della
ricostituzione delle riserve in sospensione di imposta prevista dall’articolo 172, comma 5, Tuir in base
al quale:
a) le riserve in sospensione di imposta, iscritte nell’ultimo bilancio delle società fuse o incorporate
concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante se e nella misura
in cui non siano state ricostituite nel suo bilancio prioritariamente utilizzando l’eventuale avanzo da
fusione (c.d. riserve di Tipo 1);
b) le riserve tassabili solo in caso di distribuzione, se e nel limite in cui vi sia avanzo di fusione o
aumento di capitale per un ammontare superiore al capitale complessivo delle società partecipanti alla
fusione al netto delle quote del capitale di ciascuna di esse già possedute dalla stessa o da altre,
concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante in caso di
distribuzione dell’avanzo o di distribuzione del capitale ai soci (c.d. riserve di Tipo 2).
Nel caso oggetto di interpello la incorporata-controllante non ha riserve in sospensione d’imposta di
Tipo 1 da ricostruire in capo alla incorporante/controllata al fine di evitarne la tassazione, ma ha
unicamente riserve di utili tassabili solo in caso di distribuzione (di Tipo 2) che vanno ricostruite presso
la incorporante-controllata nei limiti della predetta “differenza di fusione” che, essendo di 11.931.815
euro, risulta più che capiente.
Operazioni straordinarie
41 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Queste riserve di Tipo 2 della incorporata-controllante (rappresentate dalla riserva di rivalutazione)
possono essere quindi ricostruite in capo alla incorporante-controllata per l’intero importo di
6.650.000 euro, determinando una “differenza da fusione inversa” residua di 5.281.815 euro (=
11.931.815 - 6.650.000).
Detto avanzo residuo deve essere utilizzato, ai sensi del comma 6 dell’articolo 172 (di cui si dirà oltre),
per ricostruire proporzionalmente, ai fini della loro diversa natura fiscale, le riserve “libere”, ovvero
quelle di utili e di capitale, che costituivano il patrimonio della incorporata-controllante.
In particolare, l’avanzo è stato utilizzato per ricostituire le altre riserve di utili e di capitale di Beta Spa
(diverse dalla riserva di rivalutazione) secondo un criterio proporzionale, come da tabella seguente (dati in
euro).
Pertanto, il patrimonio netto post fusione della società incorporante-controllata assumerà, ai fini fiscali,
la configurazione di cui alla tabella seguente (dati in euro).
Patrimonio netto contabile Alfa Srl
ante fusione
Ricostituzione PN di
Beta Spa
Alfa Srl
post fusione
Riserve di capitale
Capitale sociale
Altre riserve di capitale
Riserva versamenti in c/capitale
Riserve in sospensione
Riserva di rivalutazione (Tipo 2)
Altre riserve di utili (Tipo 1)
Riserve di utili
Riserva legale
Riserva straordinaria
Utile dell’esercizio
2.000.000
1.722.611
16.773
405.305
13.916.352
585.530
1.481.498
617.291
6.650.000
140.914
2.653.558
388.554
2.000.000
1.481.498
617.291
8.372.611
16.773
546.219
16.569.910
974.084
Totale 18.646.571 11.931.815 30.578.386
Patrimonio netto
Beta Spa
Valori iniziali Ricostruzione
proporzionale
Capitale sociale
Riserva legale
Riserva straordinaria
Riserva versamenti c/capitale
Utile dell’esercizio
2.400.000
228.278
4.298.714
1.000.000
629.450
1.481.498
140.914
2.653.558
617.291
388.554
Totale 8.556.442 5.281.815
Operazioni straordinarie
42 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Ulteriori chiarimenti della risposta a interpello n. 27/2018
Il primo periodo del comma 6 dell’articolo 172, Tuir stabilisce che all’aumento di capitale e all’avanzo da
annullamento o da concambio, che eccedono la ricostituzione e l’attribuzione delle riserve in sospensione
di imposta e riserve tassabili in caso di distribuzione (disciplinate dal comma 5), si applica il regime fiscale
del capitale e delle riserve della società incorporata o fusa, diverse da quelle già attribuite o ricostituite ai
sensi del citato comma 5, che hanno proporzionalmente concorso alla sua formazione.
Il secondo periodo del comma 6 dell’articolo 172, Tuir precisa tuttavia che ai fini fiscali si considerano
non concorrenti alla formazione dell’avanzo da annullamento il capitale e le riserve di capitale fino a
concorrenza del valore della partecipazione annullata.
Tale ultima disposizione normativa fissa il principio secondo cui, ai fini dell'”eredità” delle riserve
dell’incorporata, si consumano prioritariamente il capitale e le riserve di capitale, nel senso che sino a
concorrenza del valore delle azioni annullate sono il capitale e tali riserve a dover scomparire. Ciò
equivale a statuire che nell’avanzo si conservano prioritariamente le riserve di utili, che esprimono
l'accrescimento del patrimonio dell’incorporata rispetto al capitale d'apporto.
Nella risposta a interpello in commento l’Agenzia delle entrate ha confermato che nella fusione inversa
con incorporazione della controllante totalitaria il citato secondo periodo del comma 6 non deve essere
applicato.
Infatti, tale operazione non è caratterizzata dall’emersione di un avanzo o di un disavanzo da
annullamento, i quali emergono in occasione di una fusione diretta quando le partecipazioni della
controllata sono annullate in contropartita del patrimonio netto contabile di quest’ultima.
Nel caso in esame, invece, a essere annullate sono le partecipazioni della incorporata/controllante
detenute dai suoi soci, le quali vengono sostituite in capo a questi dalle partecipazioni della
incorporante/controllata.
Ma contabilmente è il costo delle partecipazioni della incorporante/controllata che viene annullato, in
contropartita con il patrimonio netto della incorporata/controllante, proporzionalmente su tutte le
poste (di capitale e di utili) diverse dalle riserve in sospensione di imposta.
Non esiste quindi alcuna relazione tra il costo fiscale della partecipazione da annullare, che è riferita
alla incorporante/controllata, e l'ammontare delle riserve di capitale da ricostruire in capo a
quest’ultima che sono quelle del patrimonio netto contabile della incorporata/controllante.
Pertanto, anche il capitale e le riserve di capitale della incorporata/controllante devono essere oggetto
di ricostituzione proporzionale a fronte del patrimonio netto residuo di detta società (nel caso in oggetto
dopo che è stato annullato il costo delle partecipazioni proprie e dopo che è stata ricostituita la riserva
di rivalutazione).
Operazioni straordinarie
43 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
SCHEDA DI SINTESI
Nella fusione per incorporazione “diretta” è la società controllante che incorpora la
controllata, mentre nella fusione inversa avviene il contrario, ovvero è la società controllata
che incorpora la sua controllante.
In merito alle modalità di rappresentazione contabile della fusione inversa, l’Oic 4 – “Fusioni
e scissioni” afferma che, poiché la fusione diretta e la fusione inversa costituiscono due
modalità diverse della fusione per incorporazione e hanno un’identica disciplina giuridica, e
poiché gli effetti economici dell’operazione non possono essere diversi, il complesso
economico unificato dopo la fusione non può che presentare lo stesso valore contabile, sia
che si effettui una incorporazione “diretta” che una incorporazione “rovesciata”.
Pertanto il patrimonio netto complessivo della società post fusione inversa, tenendo anche
conto dell’imputazione di eventuali avanzi e disavanzi di fusione, deve risultare del
medesimo importo di quello che si sarebbe realizzato in caso di fusione diretta.
La risoluzione n. 62/E/2017 pur confermando che la fusione inversa deve condurre allo
stesso ammontare di patrimonio netto finale rispetto alla fusione diretta, ha precisato che,
diversamente dalla fusione diretta, il patrimonio che “sopravvive” è quello della controllata
(che incorpora) mentre il patrimonio da ricostituire, ai fini fiscali, è quello della controllante
(che viene incorporata).
Ne consegue che eventuali riserve in sospensione di imposta presenti nel patrimonio netto
della società incorporante/controllata non dovranno essere annullate in quanto è il
patrimonio di detta società che sopravvive alla fusione; dovranno essere invece annullate (e
poi eventualmente ricostituite ex comma 5, articolo 172, Tuir) le riserve in sospensione
presenti nel patrimonio netto della incorporata/controllante.
L’applicazione pratica di detti principi è stata illustrata dalla risposta a interpello n. 27/2018.
Istituti deflattivi
44 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La circolare tributaria n. 3/2019
Il saldo e stralcio ai nastri di partenza di Gianfranco Antico - pubblicista
Premessa
Ai nastri di partenza il c.d. “saldo e stralcio” dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio
2000 al 31 dicembre 2017 per le persone fisiche che versano in una situazione di grave e comprovata
difficoltà economica, per effetto di quanto introdotto dall’articolo 1, commi dal 184 al 198, L. 145/2018
(c.d. Legge di Bilancio 2019). La norma tanto attesa va comunque letta e declinata unitamente a quanto
già previsto per la c.d. “rottamazione ter”, dall’articolo 3, D.L. 119/2018, convertito con modificazioni in
L. 136/2018, per i richiami e le condivisioni presenti.
Il dettato normativo - Aspetti soggettivi e oggettivi
Ai sensi del comma n. 184, dell’articolo 1, L. 145/2018, i debiti delle persone fisiche, diversi da quelli
annullati automaticamente e inferiori a 1000 euro, di cui all’articolo 4, D.L. 119/2018, convertito con
modificazioni dalla L. 136/2018, e risultanti dai singoli carichi affidati all’agente della riscossione1 dal
1° gennaio 2000 alla data del 31 dicembre 2017, derivanti dall’omesso versamento di imposte risultanti
dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di cui all’articolo 36-bis, D.P.R. 600/1973 e all’articolo 54-bis,
D.P.R. 633/19722, a titolo di tributi e relativi interessi e sanzioni, possono essere estinti dai debitori che
versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica, versando una somma determinata
secondo specifiche modalità. Restano fuori i ruoli derivanti dai controlli formali ex articolo 36-ter, D.P.R.
600/1973.
Possono altresì essere estinti i debiti risultanti dai singoli carichi affidati all’agente della riscossione,
sempre dal 1° gennaio 2000 alla data del 31 dicembre 2017, derivanti dall’omesso versamento dei
contributi dovuti dagli iscritti alle casse previdenziali professionali o alle gestioni previdenziali dei
lavoratori autonomi dell’Inps, con esclusione di quelli richiesti a seguito di accertamento, che versano
in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica, versando anche in questo caso una somma
1 Per “affidamento in carico” deve intendersi - ex circolare n. 2/E/2017 - la data di effettiva trasmissione del flusso telematico dei ruoli, a
prescindere dalla presa in carico da parte dell’agente della riscossione. 2 Trattasi, quindi, del c.d. dichiarato e non versato.
Istituti deflattivi
45 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
determinata secondo le specifiche modalità previste, da utilizzare ai fini assicurativi secondo le norme
che regolano la gestione previdenziale interessata.
Debiti definibili
Omessi versamenti dovuti in autoliquidazione
in base alle dichiarazioni annuali
Contributi previdenziali dovuti dagli iscritti alle casse
professionali o alle gestioni previdenziali dei
lavoratori autonomi Inps
Articolo 36-bis, D.P.R. 600/1973
Articolo 54-bis, D.P.R. 633/1972
Importi dovuti dal titolare della posizione contributiva
I requisiti per beneficiare del saldo e stralcio
In forza di quanto disposto dal comma 186, ai fini dell’accesso alla agevolazione in esame, sussiste una
grave e comprovata situazione di difficoltà economica qualora l’indicatore della situazione economica
equivalente (Isee) del nucleo familiare, stabilito ai sensi del regolamento di cui al D.P.C.M. 159/2013,
non sia superiore a 20.000 euro.
Per tali soggetti, i debiti sopra indicati possono essere estinti, senza corrispondere le sanzioni comprese
in tali carichi, gli interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, D.P.R. 602/19733, ovvero le sanzioni
e le somme aggiuntive di cui all’articolo 27, comma 1, D.Lgs. 46/19994, versando le somme affidate
all’agente della riscossione a titolo di capitale e interessi, nel modo seguente:
Misura delle somme da versare
16% qualora l’Isee del nucleo familiare risulti non superiore a 8.500 euro
20% qualora l’Isee del nucleo familiare risulti superiore a 8.500 euro e non superiore a 12.500
euro
35% qualora l’Isee del nucleo familiare risulti superiore a 12.500 euro
A ciò vanno aggiunte le somme maturate a favore dell’agente della riscossione, ai sensi dell’articolo 17,
D.Lgs. 112/1999, a titolo di aggio e il rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della
cartella di pagamento.
I sovraindebitati
Il comma 188, dell’articolo 1, L.145/2018 detta una normativa specifica per i c.d. sovraindebitati.
3 Gli interessi di mora sono gli oneri aggiuntivi che si applicano alle somme da pagare una volta decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica
della cartella, fino alla data del pagamento 4 Anche in questo caso dovuti nei casi in cui il pagamento avviene oltre i termini di scadenza indicati nella cartella
Istituti deflattivi
46 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Infatti, indipendentemente da quanto stabilito dal comma di apertura n. 1865, versano comunque in una
grave e comprovata situazione di difficoltà economica i soggetti per cui è stata aperta, alla data di
presentazione della dichiarazione con cui si richiede l’accesso alla definizione agevolata, la procedura
di liquidazione dei beni per sovraindebitamento, ex articolo 14-ter, L. 3/2012.
In questa ipotesi, tali soggetti estinguono i predetti debiti versando le somme affidate all’agente della
riscossione in misura pari al 10%, nonché le somme maturate a titolo di aggio e rimborso.
A tal fine, alla dichiarazione con cui si richiede l’accesso alla definizione agevolata è allegata copia
conforme del decreto di apertura della predetta liquidazione, previsto dall’articolo 14-quinquies, L.
3/2012.
La manifestazione di volontà
Il debitore manifesta all’agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione in esame,
rendendo, entro il 30 aprile 2019, apposita dichiarazione, con le modalità e in conformità alla
modulistica che lo stesso agente ha già pubblicato nel proprio sito internet.
In tale dichiarazione il debitore attesta la presenza dei requisiti normativi (Isee non superiore a 20,000
euro ovvero sovraindebitato) e indica i debiti che intende definire e il numero di rate nel quale intende
effettuare il pagamento, entro il limite massimo previsto (5 rate, ovvero il numero di rate comprese tra
2 e 46).
Adesione al saldo e stralcio - Istanza entro il 30 aprile 2019
Via pec alla casella pec della Direzione Regionale di Agenzia delle entrate-Riscossione di
riferimento, inviando il modello SA-ST, debitamente compilato in ogni sua parte, con
particolare attenzione alla sezione relativa all’attestazione della situazione di grave e
comprovata difficoltà economica, unitamente alla copia del documento di identità. La
domanda deve essere trasmessa tramite posta elettronica certificata (pec)
Via ordinaria presso gli sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione presenti su tutto il territorio
nazionale, consegnando il modello SA-ST debitamente compilato e firmato
Modalità di versamento
Il versamento delle somme dovute può essere effettuato in unica soluzione entro il 30 novembre 2019.
Ovvero a rate, come da prospetto che segue, nell’ipotesi di rateizzazione massima.
5 Secondo cui sussiste una grave e comprovata situazione di difficoltà economica in presenza di un ISEEE non superiore a 20.000 euro 6 Nel caso in cui non venga barrata alcuna delle soluzioni rateali, il pagamento si intende richiesto nel numero massimo di rate previsto (5),
fermo restando la possibilità di eseguire il versamento in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2019. Qualora venga indicato un numero
di rate superiore a 5, il pagamento si intende richiesto per 5 rate.
Istituti deflattivi
47 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Modalità di pagamento rateale
35% Entro il 30 novembre 2019
20% Entro il 31 marzo 2020
15% Entro il 31 luglio 2020
15% Entro il 31 marzo 2021
15% Entro il 31 luglio 2021.
In caso di pagamento rateale, si applicano, a decorrere dal 1° dicembre 2019, gli interessi al tasso del
2% e non trovano applicazione le disposizioni dell’articolo 19 D.P.R. 602/1973, relative alle dilazioni di
pagamento.
L’accoglimento del saldo e stralcio
Entro il 31 ottobre 2019, l’agente della riscossione comunica ai debitori che hanno presentato la
dichiarazione agevolativa, l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini dell’estinzione, nonché
quello delle singole rate, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse.
Accoglimento saldo e stralcio
Entro il 31 ottobre 2019 Comunicazione da parte dell’Agenzia delle entrate-Riscossione con l’indicazione del
giorno e mese di scadenza delle rate e l’importo di ciascuna di esse, unitamente ai
bollettini per il pagamento
Il rigetto del saldo e stralcio
Sempre entro il 31 ottobre 2019, l’agente della riscossione comunica altresì, ove sussistenti, il difetto
dei requisiti prescritti (Isee non superiore a 20.000 euro ovvero sovraindebitato) o la presenza nella
predetta dichiarazione di debiti diversi da quelli stralciabili e la conseguente impossibilità di estinguere
il debito nelle modalità così previste.
Il passaggio automatico alla c.d. rottamazione ter
Il comma 193, dell’articolo 1, L. 145/2018 detta un passaggio significativo. Nei casi di difetto dei
requisiti prescritti ovvero in presenza di debiti diversi da quelli definibili, l’agente della riscossione
avverte il debitore che i debiti inseriti nella dichiarazione presentata, sono automaticamente inclusi
nella definizione disciplinata dall’articolo 3, D.L. 119/2018, convertito con modificazioni dalla L.
136/2018, ove così definibili, e indica l’ammontare complessivo delle somme dovute a tal fine, ripartito
in 17 rate, e la scadenza di ciascuna di esse.
La prima di tali rate, di ammontare pari al 30% delle predette somme, scade il 30 novembre 2019; il
restante 70% è ripartito nelle rate successive, ciascuna di pari importo, scadenti il 31 luglio e il 30
Istituti deflattivi
48 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
novembre di ciascun anno a decorrere dal 2020. Si applicano, a partire dal 1° dicembre 2019, gli
interessi al tasso del 2% annuo.
Le vecchie rottamazioni
Il comma 194, dell’articolo 1, della L. 145/2018 allarga il raggio d’azione del c.d. saldo e stralcio,
consentendo di estinguere anche i debiti in esame anche se già oggetto delle precedenti rottamazioni
17 e bis8, per le quali il debitore non ha perfezionato la relativa definizione con l’integrale e tempestivo
pagamento delle somme dovute, entro il 7 dicembre 2018.
I versamenti eventualmente effettuati a seguito delle predette dichiarazioni restano definitivamente
acquisiti e non ne è ammessa la restituzione; gli stessi versamenti sono comunque computati ai fini
della definizione del c.d. saldo e stralcio.
I controlli sulla veridicità dei dati dichiarati
I commi 195, 196 e 197, dell’articolo 1, L.145/2018 dettano le regole per i controlli sulla veridicità dei
dati dichiarati.
L’agente della riscossione, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate e con la GdF, procede al
controllo sulla veridicità dei dati dichiarati ai fini della certificazione che attesta la comprovata difficoltà
economica (Isee), nei soli casi in cui sorgano fondati dubbi sulla veridicità dei medesimi. Tale controllo
può essere effettuato fino alla trasmissione degli elenchi dei debitori che si sono avvalsi della c.d.
rottamazione ter9 ovvero fino al 31 dicembre 2024.
All’esito del controllo sopra previsto, in presenza di irregolarità o omissioni non costituenti falsità, il
debitore è tenuto a fornire, entro un termine di decadenza non inferiore a 20 giorni dalla relativa
comunicazione, la documentazione atta a dimostrare la completezza e veridicità dei dati indicati nella
dichiarazione.
Nell’ipotesi di mancata tempestiva produzione della documentazione a seguito della comunicazione
effettuata, ovvero nei casi di irregolarità o omissioni costituenti falsità, non si determinano gli effetti della
definizione agevolata e l’ente creditore, qualora sia già intervenuto il discarico automatico procede, a
seguito di segnalazione dell’agente della riscossione, nel termine di prescrizione decennale, a riaffidare
in riscossione il debito residuo. Restano fermi gli adempimenti conseguenti alle falsità rilevate.
7 Articolo 6, comma 2, D.L. 193/2016, convertito con modificazioni dalla L. 225/2016. 8 Articolo 1, comma 5, D.L. 148/2017, convertito con modificazioni dalla L. 172/2017. 9 Ex articolo 3, comma 19, D.L. 119/2018, convertito con modificazioni dalla L. 136/2018.
Istituti deflattivi
49 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
I primi dubbi risolti
L’Agenzia delle entrate-Riscossione ha risolto i primi dubbi che si sono presentati, che andiamo qui di
seguito a sintetizzare:
− in caso di Isee superiore a 20.000 euro, i contribuenti possono comunque aderire alla definizione
agevolata di cui al D.L. 119/2018, convertito con modificazioni in L. 136/2018 (rottamazione ter);
− se i debiti cartellizzati non rientrano nelle 2 casistiche previste (omessi versamenti dovuti in
autoliquidazione in base alle dichiarazioni annuali, contributi previdenziali dovuti dagli iscritti alle
casse professionali o alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi Inps), i contribuenti possono
comunque aderire alla definizione agevolata di cui al D.L. 119/2018, convertito con modificazioni in L.
136/2018;
− se alcuni debiti cartellizzati rientrano nel c.d. saldo e stralcio e altri no è possibile presentare 2
dichiarazioni di adesione separate, una per il saldo e stralcio e l’altra per la c.d. rottamazione ter;
− l’adesione al c.d. saldo e stralcio sarà considerata adesione alla c.d. rottamazione ter nel caso in cui
non sono stati compilati i campi previsti per l’attestazione del valore Isee oppure i medesimi facciano
riferimento a una Dsu con data fine validità precedente la data di presentazione della dichiarazione di
saldo e stralcio; ovvero per i sovraindebitati, nel caso in cui non venga allegato copia conforme del
decreto di apertura della liquidazione.
I rapporti con la c.d. rottamazione ter
Il comma 198, dell’articolo 1, L. 145/2018 – con una norma sostanzialmente di chiusura – ritiene
applicabile - per tutto quanto non previsto dalla normativa sul c.d. saldo e stralcio, in quanto
compatibili, i commi 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 14-bis, 18, 19 e 20 dell’articolo 3, D.L. 119/2018, convertito
con modificazioni dalla L. 136/2018, norma che ha previsto che i debiti - diversi da quelli a titolo di
risorse proprie dell’Unione Europea - risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1°
gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 possano essere estinti con il pagamento della sorte capitale e degli
interessi iscritti a ruolo (nonché dell’aggio, dei diritti di notifica della cartella di pagamento e delle
spese esecutive eventualmente maturate), con il beneficio dell’esclusione delle sanzioni incluse negli
stessi carichi, degli interessi di mora ex articolo 30, comma 1, D.P.R. 602/1973 e delle c.d. “sanzioni
civili”, accessorie ai crediti di natura previdenziale ex articolo 27, comma 1, D.Lgs. 46/1999. L’intenzione
di aderire deve essere manifestata entro il 30 aprile 2019, presentando formale dichiarazione all’agente
della riscossione, utilizzando l’apposita modulistica predisposta dallo stesso agente e resa disponibile
su internet.
Istituti deflattivi
50 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Vediamo, quindi, schematicamente, le norme condivise e applicabili al saldo e stralcio.
Norme della c.d. rottamazione ter applicabili
Comma 6 Il debitore deve indicare l'eventuale pendenza di giudizi aventi a oggetto i carichi in
essa ricompresi e assumere l'impegno a rinunciare agli stessi, che dietro
presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme
dovute, sono sospesi dal giudice. L'estinzione del giudizio è subordinata all'effettivo
perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della
documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca
la sospensione su istanza di una delle parti
Comma 7 La dichiarazione presentata può essere comunque integrata dai contribuenti entro il
30 aprile 2019
Comma 8 Ai fini della determinazione dell’ammontare delle somme da versare, si considerano
unicamente gli importi già pagati allo stesso titolo
Comma 9 Le somme relative ai debiti definibili, versate a qualsiasi titolo, anche anteriormente
alla definizione, restano definitivamente acquisite e non sono rimborsabili
Comma 10 È prevista la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza, e la sospensione,
fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute a titolo di definizione,
degli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere alla data di
presentazione. Inoltre:
- non possono essere iscritti nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi quelli
già iscritti alla data di presentazione;
- non possono essere avviate nuove procedure esecutive;
- non possono essere proseguite le procedure esecutive precedentemente avviate,
salvo che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo.
Per effetto della produzione dell’istanza il debitore non è considerato inadempiente
ai fini di cui agli articoli 28-ter, D.P.R. 602/1973 (e, perciò, “regolare” nell’ambito della
procedura di erogazione dei rimborsi d’imposta) e 48-bis, D.P.R. 602/73 (ai fini della
verifica della morosità da ruolo, per un importo superiore a 5.000 euro, all’atto del
pagamento, da parte delle pubbliche amministrazioni e delle società a totale
partecipazione pubblica, di somme di ammontare pari almeno allo stesso importo).
La richiesta di definizione agevolata permette di ottenere il Durc
Comma 12 Il contribuente potrà effettuare i versamenti: mediante domiciliazione sul conto
corrente; mediante bollettini precompilati, che l’agente della riscossione è tenuto ad
allegare alla comunicazione delle somme da pagare; presso gli sportelli dell’agente
della riscossione (in tal caso, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12, comma
7-bis, D.L. 145/2013, convertito con modificazioni dalla L. 9/2014, con le modalità
previste dal decreto del Mef 24 settembre 2014, pubblicato nella G.U. n. 236 del 10
ottobre 2014, con riferimento a tutti i carichi definiti10)
10 Nel Dossier di accompagnamento all’Atto del Senato n. 886 relativo al D.L. 119/2018 si evidenzia meglio che: “Con una novità rispetto alla
rottamazione degli anni precedenti, ove si scelga di pagare presso gli sportelli dell’agente della riscossione, il debitore può utilizzare in compensazione,
ai fini della definizione agevolata, i crediti non prescritti, certi liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e servizi, anche professionali,
maturati nei confronti della P.A. (articolo 12, comma 7-bis, D.L. 145/2013; l’efficacia di tale norma è stata estesa al 2018 dall’articolo 12-bis, D.L.
87/2018, c.d. decreto dignità)”. Il processo di certificazione per i crediti vantati da società e imprese individuali è gestito direttamente tramite
Istituti deflattivi
51 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Comma 13 Per i debiti definibili per i quali è stata presentata la dichiarazione di adesione alla
definizione:
- alla data del 31 luglio 2019 le dilazioni sospese ai sensi del comma 10, lettera b),
dello stesso articolo 3, D.L. 119/201811, sono automaticamente revocate e non
possono essere accordate nuove dilazioni ai sensi dell’articolo 19, D.P.R. 602/1973;
- il pagamento della prima o unica rata delle somme dovute a titolo di definizione
determina l’estinzione delle procedure esecutive precedentemente avviate, salvo che
non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo
Comma 14 In caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata
ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme, la
definizione non produrrà alcun effetto e riprenderanno a decorrere i termini di
prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto di dichiarazione. In tal
caso, relativamente ai debiti per i quali la definizione non ha prodotto effetti, i
versamenti effettuati dai contribuenti sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo
complessivamente dovuto a seguito dell’affidamento del carico e non determinano
l’estinzione del debito residuo. L’agente della riscossione, pertanto, proseguirà nella
sua attività di recupero; il pagamento non può essere più rateizzato ai sensi
dell’articolo 19, D.P.R. 602/1973
Comma 14-bis Nei casi di tardivo versamento delle relative rate non superiore a cinque giorni,
l'effetto di inefficacia della definizione non si produce e non sono dovuti interessi
Comma 18 La sanatoria dei ruoli, nell’ambito delle procedure concorsuali, rende prededucibile
il credito dell’Erario, che va quindi pagato con il ricavato della liquidazione
dell’attivo, prima del riparto tra gli ulteriori creditori, privilegiati o chirografari (si
sovverte, quindi, l’ordine di soddisfazione dei creditori)
Comma 19 A seguito del pagamento delle somme l'agente della riscossione è automaticamente
discaricato dell'importo residuo. Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare
dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo
stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente
interessato, entro il 31 dicembre 2024, l'elenco dei debitori che si sono avvalsi delle
disposizioni agevolative
Comma 20 Le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della
riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017, anche da soggetti creditori
che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia ovvero
dell'Agenzia delle entrate-Riscossione, sono presentate, per i ruoli consegnati negli
anni 2016 e 2017, entro il 31 dicembre 2026 e, per quelli consegnati fino al 31
dicembre 2015, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro
il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2026
la piattaforma dei crediti commerciali gestita dal Mef – Ragioneria generale dello Stato e accessibile al seguente indirizzo web:
http://crediticommerciali.mef.gov.it. 11 Sono sospesi, fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute a titolo di definizione, gli obblighi di pagamento derivanti da
precedenti dilazioni in essere alla data di presentazione.
Istituti deflattivi
52 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
SCHEDA DI SINTESI
Il c.d. “saldo e stralcio” - per effetto di quanto introdotto dall’articolo 1, commi dal 184 al 198
della L. 145/2018 - prevede la definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della
riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 per le persone fisiche che versano in una
situazione di grave e comprovata difficoltà economica.
I debiti delle persone fisiche, diversi da quelli annullati automaticamente e inferiori a 1000
euro, derivanti dall’omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle
attività di liquidazione, a titolo di tributi e relativi interessi e sanzioni, possono essere estinti
dai debitori che versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica. Possono
altresì essere estinti i debiti derivanti dall’omesso versamento dei contributi dovuti dagli iscritti
alle casse previdenziali professionali o alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi
dell’Inps, con esclusione di quelli richiesti a seguito di accertamento.
Sussiste una grave e comprovata situazione di difficoltà economica qualora l’indicatore della
situazione economica equivalente (Isee) del nucleo familiare, non sia superiore a 20.000 euro.
Per tali soggetti, i debiti possono essere estinti senza sanzioni e interessi di mora, nel modo
seguente: 16%, qualora l’Isee risulti non superiore a 8.500 euro; 20% qualora l’Isee sia superiore
a 8.500 euro e non superiore a 12.500 euro; 35% qualora l’Isee risulti superiore a 12.500 euro.
A ciò vanno aggiunte le somme maturate a titolo di aggio e il rimborso delle spese per le
procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento. I c.d. sovraindebitati, che versano
comunque in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica estinguono i predetti
debiti versando il 10%, nonché le somme maturate in favore dell’agente della riscossione a
titolo di aggio e rimborso.
Il debitore manifesta all’agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione in
esame, rendendo, entro il 30 aprile 2019, apposita dichiarazione, con le modalità e in
conformità alla modulistica che lo stesso agente ha già pubblicato nel proprio sito internet (via
pec o agli sportelli). Il versamento delle somme dovute può essere effettuato in unica soluzione
entro il 30 novembre 2019; ovvero in massimo 5 rate.
Nei casi di difetto dei requisiti prescritti ovvero in presenza di debiti diversi da quelli definibili, i
debiti inseriti nella dichiarazione presentata, sono automaticamente inclusi nella rottamazione
ter. È consentito estinguere anche i debiti in esame anche se già oggetto delle precedenti
rottamazioni 1 e bis, per le quali il debitore non ha perfezionato la relativa definizione con
l’integrale e tempestivo pagamento delle somme dovute, entro il 7 dicembre 2018.
Istituti deflattivi
53 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Sono applicabili - per tutto quanto non previsto dalla normativa sul saldo e stralcio, in quanto
compatibili, i commi 6, 7, 8, 9, 10, 12, 13, 14, 14-bis, 18, 19 e 20 dell’articolo 3, D.L. 119/2018,
convertito con modificazioni dalla L. 136/2018, norma che ha previsto la c.d. rottamazione ter.
Iva
54 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La circolare tributaria n. 3/2019
Nuove regole Iva per i voucher di Marco Peirolo - dottore commercialista e componente del Fiscal Committee della Confédération
Fiscale Européenne
In attuazione della Direttiva 2016/1065/UE del 27 giugno 2016, il D.Lgs. 141/2018,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2018, ha introdotto nel Titolo I,
D.P.R. 633/1972 le nuove disposizioni che disciplinano il trattamento Iva dei c.d. “buoni-
corrispettivo”, con effetto da quelli emessi successivamente al 31 dicembre 2018.
La L. 163/2017 (Legge di delegazione europea 2016-2017) ha, infatti, delegato il Governo
ad attuare la Direttiva 2016/1065/UE, che – a sua volta – modifica la Direttiva 2006/112/CE
al fine di disciplinare il regime Iva dei voucher. Il regime impositivo viene distinto a seconda
della tipologia di buono (monouso o multiuso), con una tassazione immediata, cioè al
momento dell’emissione, se è già nota la disciplina applicabile alla cessione del bene o alla
prestazione del servizio alla quale il buono dà diritto; la tassazione è, invece, differita se, in
tale momento, la disciplina Iva non è conosciuta, in quanto il bene o servizio cui il buono dà
diritto è noto solo al momento del suo riscatto.
Obiettivi delle nuove disposizioni
Gli obiettivi perseguiti dalla Direttiva 2016/1065/UE sono ben riassunti nel preambolo, da cui emerge
che l’introduzione di specifiche disposizioni riguardanti l’emissione, il trasferimento e il riscatto dei
buoni è finalizzata a garantire che non si verifichino disallineamenti tra Stati membri che possano dare
luogo a una doppia imposizione o non imposizione, nonché al fine di ridurre l’elusione fiscale.
Nello specifico, i “considerando” n. 1-3 alla Direttiva 2016/1065/UE affermano che:
− la Direttiva 2006/112/CE stabilisce le norme concernenti il momento e il luogo della cessione di beni
e della prestazione di servizi, la base imponibile, l’esigibilità dell’Iva e il diritto alla detrazione. Tali
norme non sono, tuttavia, sufficientemente chiare o esaustive da garantire un trattamento fiscale
coerente delle operazioni che comportano l’utilizzo di buoni, con conseguenze indesiderabili per il buon
funzionamento del mercato interno;
− al fine di garantire un trattamento uniforme e certo, assicurare la coerenza con i princìpi di un’imposta
generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi ed evitare incoerenze,
distorsioni della concorrenza, la doppia imposizione o la non imposizione e di ridurre il rischio
dell’elusione fiscale è necessario stabilire norme specifiche che si applichino al trattamento dei buoni
ai fini dell’Iva;
Iva
55 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
− alla luce delle nuove norme sul luogo delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, servizi di
teleradiodiffusione e servizi forniti per via elettronica applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2015, è
necessaria una soluzione comune per i buoni al fine di garantire che non si verifichino disallineamenti
in materia di buoni forniti tra Stati membri. A tal fine, è di fondamentale importanza introdurre norme
intese a chiarire il trattamento dei buoni ai fini dell’Iva.
Struttura del decreto attuativo
Le disposizioni della Direttiva 2016/1065/UE sono state recepite dall’articolo 1, D.Lgs. 141/2018,
inserendo nel D.P.R. 633/1972 i nuovi articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater e aggiungendo il comma 5-bis,
all’articolo 13, D.P.R. 633/1972.
L’articolo 2, D.Lgs. 141/2018 definisce il regime transitorio, individuando, sotto il profilo temporale, i
buoni ai quali si applicano le nuove disposizioni, mentre l’articolo 3, D.Lgs. 141/2018 contiene la
clausola di invarianza finanziaria. Le norme relative alla disciplina dei buoni sono inserite nel Titolo I,
D.P.R. 633/1972, relativo alle disposizioni generali, in quanto non comportano deroghe alla disciplina
applicabile alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi ai quali il buono dà diritto, ma sono
essenzialmente finalizzate a individuare il momento impositivo, vale a dire il momento rispetto al quale
tali operazioni si considerano effettuate agli effetti dell’Iva.
Decorrenza delle nuove disposizioni
In coerenza con il “considerando” n. 15 alla Direttiva 2016/1065/UE – secondo cui:
“le disposizioni relative al trattamento dei buoni ai fini dell’Iva dovrebbero applicarsi soltanto ai buoni
emessi successivamente al 31 dicembre 2018 e non compromettono la validità della legislazione e
dell’interpretazione precedentemente adottate dagli Stati membri”
l’articolo 410-bis, Direttiva 2006/112/CE prevede che le nuove disposizioni, contenute negli articoli 30-
bis, 30-ter e 73-bis, Direttiva 2006/112/CE – “si applicano solo ai buoni emessi successivamente al 31
dicembre 2018” e in tal senso dispone anche l’articolo 2, D.Lgs. 141/2018.
Definizione di buono
La Direttiva 2016/1065/UE disciplina soltanto i buoni che possono essere utilizzati per ottenere, in
cambio, un bene o un servizio, con esclusione dei buoni sconto, che danno diritto a una riduzione di
prezzo all’atto dell’acquisto di un bene o un servizio.
Iva
56 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Come indicato nel “considerando” n. 6 alla stessa Direttiva:
“per determinare chiaramente che cosa costituisce un buono ai fini dell’Iva e per distinguerlo dagli
strumenti di pagamento, è necessario definire i buoni, che possono presentarsi in forma fisica o
elettronica, riconoscendone le caratteristiche essenziali, in particolare la natura del diritto loro
connesso e l’obbligo di accettare tale buono come corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di
una prestazione di servizi”.
Il nuovo articolo 30-bis, punto 1), Direttiva 2006/112/CE definisce il “buono” come:
“uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a
fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi e nel quale i beni o i servizi da cedere o
prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori sono indicati sullo strumento medesimo o nella
relativa documentazione, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo a esso relative”.
Tale nozione è stata trasposta, nella corrispondente normativa italiana, nel novellato articolo 6-bis,
D.P.R. 633/1972, che fornisce la nozione di “buono-corrispettivo”, per tale intendendosi:
“uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a
fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o
nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti
o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo a esse relative”.
Distinzione tra buono monouso e buono multiuso
Come evidenziato nei “considerando” n. 7 e 8 alla Direttiva 2016/1065/UE, il trattamento ai fini dell’Iva
delle operazioni associate ai buoni dipende dalle caratteristiche specifiche del buono, per cui è
necessario operare una distinzione tra i diversi tipi di buono.
Qualora, in particolare, sia possibile determinare con certezza già al momento dell’emissione di un
buono il trattamento impositivo applicabile alla corrispondente cessione di beni o prestazione di servizi,
l’Iva dovrebbe essere esigibile per ogni trasferimento, compresa l’emissione del buono, con la
conseguenza che la consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi dietro presentazione
del buono non dovrebbero essere considerate operazioni indipendenti, cioè autonomamente soggette
a imposta.
Per i restanti buoni, diversi da quelli descritti, l’Iva dovrebbe essere esigibile quando i beni o i servizi
cui il buono si riferisce sono ceduti o prestati, cosicché qualsiasi trasferimento precedente dei buoni
non dovrebbe essere assoggettato a imposta.
Iva
57 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
In linea con il contenuto dei predetti “considerando”, l’articolo 30-bis, punti 2) e 3), Direttiva
2006/112/CE contengono le definizioni di “buono monouso” e di “buono multiuso”, laddove il primo
viene definito come:
“un buono in relazione al quale il luogo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi cui il
buono si riferisce e l’Iva dovuta su tali beni o servizi sono noti al momento dell’emissione del buono”.
Il “buono multiuso” viene, invece, definito, in via residuale, come “un buono diverso da un buono
monouso”.
Nel D.P.R. 633/1972, le nozioni di buono monouso e di buono multiuso sono fornite dal comma 1 dei
nuovi articoli 6-ter e 6-quater, D.P.R. 633/1972 secondo cui un buono-corrispettivo si considera:
− monouso, “se al momento della sua emissione è nota la disciplina applicabile ai fini dell’Iva alla cessione
dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono dà diritto”;
− multiuso, “se al momento della sua emissione non è nota la disciplina applicabile ai fini dell’Iva alla
cessione dei beni o della prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto”.
Esclusioni oggettive
In coerenza con il “considerando” n. 12 alla Direttiva 2016/1065/UE, la Relazione illustrativa allo
schema del D.Lgs. 141/2018 ha specificato che la disciplina in esame:
“non riguarda le ipotesi in cui il buono-corrispettivo multiuso non sia riscattato durante il periodo di
validità, con conseguente conservazione del corrispettivo da parte del venditore”.
Dai “considerando” n. 4, 5 e 6 si evince, inoltre, che sono esclusi dalle nuove regole:
− i buoni sconto, in quanto strumenti che danno diritto al titolare non già di ricevere beni o servizi, ma
di ottenere una riduzione di prezzo all’atto dell’acquisto di beni o servizi;
− i titoli di trasporto, i biglietti di ingresso a cinema e musei, i francobolli o altri titoli simili;
− gli strumenti di pagamento, che si distinguono dai buoni-corrispettivo, in quanto non includono il
diritto di ricevere beni o servizi, avendo come unica finalità quella di effettuare il pagamento di un bene
o servizio.
La Relazione illustrativa allo schema del D.Lgs. 141/2018 precisa, infine, che restano escluse dalle
novellate disposizioni:
− i buoni pasto, quali buoni-corrispettivo monouso, soggetti alla disciplina prevista per i servizi
sostitutivi delle mense aziendali;
Iva
58 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
− i mezzi tecnici, compresi i codici di accesso, per fruire dei servizi di telecomunicazione e di
teleradiodiffusione, soggetti al regime speciale di cui all’articolo 74, comma 1, lettera d), D.P.R.
633/1972.
Regime impositivo dei buoni
Come sopra esposto, le 2 tipologie di buono sono disciplinate diversamente, in recepimento del nuovo
articolo 30-ter, Direttiva 2006/112/CE, che:
− per i buoni monouso, dispone, al § 1, che:
ogni trasferimento del buono monouso effettuato da un soggetto passivo che agisce in nome
proprio è considerato come cessione dei beni o prestazione dei servizi cui il buono si riferisce. La
consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi dietro presentazione del buono
monouso accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo dal cedente o dal prestatore non sono
considerate operazioni indipendenti;
se il trasferimento del buono monouso è effettuato da un soggetto passivo che agisce in nome di
un altro soggetto passivo, tale trasferimento è considerato come cessione dei beni o prestazione dei
servizi cui il buono si riferisce, effettuate dall’altro soggetto passivo per conto del quale il soggetto
passivo agisce;
se il cedente dei beni o il prestatore dei servizi non è il soggetto passivo che, agendo in nome
proprio, ha emesso il buono monouso, si considera che detto cedente o prestatore abbia comunque
ceduto i beni o prestato i servizi cui il buono si riferisce a detto soggetto passivo;
− per i buoni multiuso, stabilisce, al § 2, che:
la consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi effettuate dietro presentazione di
un buono multiuso accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo dal cedente o dal prestatore
sono soggette a Iva integrando una cessione di beni o una prestazione di servizi, mentre ogni
trasferimento precedente del buono multiuso non è soggetto a Iva;
qualora il trasferimento del buono multiuso sia effettuato da un soggetto passivo diverso da quello
che esegue l’operazione soggetta a Iva, le prestazioni di servizi che possono essere individuate, quali
i servizi di distribuzione o di promozione, sono soggette a imposta.
Gli articoli 6-ter e 6-quater, D.P.R. 633/1972, in linea con l’articolo 30-ter, Direttiva 2006/112/CE,
prevedono, rispettivamente:
− per i buoni monouso, che – sotto il profilo temporale – “ogni trasferimento di un buono-corrispettivo
monouso precedente alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto
Iva
59 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
costituisce effettuazione di detta cessione o prestazione” (comma 2). Come, infatti, indicato nella Relazione
illustrativa allo schema del D.Lgs. 141/2018:
“ogni trasferimento del buono-corrispettivo monouso, compresa l’emissione, antecedente alla
effettuazione della operazione stessa, è considerata come cessione dei beni o prestazione dei servizi
essendo noti, già in tale momento, tutti gli elementi richiesti ai fini della documentazione
dell’operazione (natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione)”.
La norma aggiunge che:
“la cessione di beni o la prestazione di servizi a cui il buono-corrispettivo monouso dà diritto, se
effettuata da un soggetto diverso da quello che ha emesso detto buono-corrispettivo, è rilevante ai fini
dell’Iva e si considera resa nei confronti del soggetto che ha emesso il buono-corrispettivo” (comma
3).
La normativa di recepimento, invece, non prende in considerazione l’ipotesi contemplata dall’articolo
30-ter, § 1, comma 2, Direttiva 2006/112/CE, in cui il buono monouso sia trasferito da un soggetto che
agisce in nome di un altro soggetto, nel qual caso la Relazione illustrativa precisa – in linea con la
Direttiva – che “il trasferimento si considera effettuato da quest’ultimo”, sottolineando che:
“poiché nel nostro ordinamento il mandato con rappresentanza, vale a dire l’ipotesi in cui il mandatario
è deputato ad agire in nome e per conto dell’altra parte (“contemplatio domini”), produce direttamente
effetti nei confronti del rappresentato, non si è reso necessario introdurre una previsione in tal senso
con specifico riferimento alla disciplina dei buoni-corrispettivo”;
− per i buoni multiuso – sempre sotto l’aspetto temporale – “ogni trasferimento di un buono-corrispettivo
multiuso precedente alla accettazione dello stesso come corrispettivo o parziale corrispettivo della cessione
dei beni o della prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto non costituisce effettuazione di
detta cessione o prestazione” (comma 2), in quanto “la cessione di beni o la prestazione di servizi a cui il
buono-corrispettivo multiuso dà diritto si considera effettuata al verificarsi degli eventi di cui all’articolo 6
assumendo come pagamento l’accettazione del buono-corrispettivo come corrispettivo o parziale
corrispettivo di detti beni o servizi” (comma 3). Per completezza, è inoltre previsto che, “per i trasferimenti
di un buono-corrispettivo multiuso diversi da quelli che intercorrono tra il soggetto che effettua le operazioni
soggette a imposta ai sensi del comma 3 e i soggetti nei cui confronti tali operazioni sono effettuate, i servizi
di distribuzione e simili sono autonomamente rilevanti ai fini dell’imposta” (comma 4). In sostanza, precisa
la Relazione illustrativa allo schema del D.Lgs. 141/2018, “tale impostazione garantisce che la totalità
delle operazioni imponibili associate a un buono-corrispettivo multiuso – ossia la fornitura di un servizio di
Iva
60 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
intermediazione (e simili) e la cessione di beni o la prestazione di servizi corrispondente – sia tassata in
modo completo, neutrale e trasparente”.
Base imponibile dei buoni
I “considerando” n. 9 e 11 alla Direttiva 2016/1065/UE sono dedicati alla determinazione della base
imponibile, che per i buoni monouso:
“suscettibili di essere tassati al momento del trasferimento, compresa l’emissione del buono monouso
da parte di un soggetto passivo che agisce in nome proprio” – viene specificato come “tale soggetto
passivo dovrebbe … calcolare l’Iva sul corrispettivo ricevuto per il buono monouso a norma dell’articolo
73, Direttiva 2006/112/CE”.
Per i buoni multiuso, invece:
“il cedente dei beni o il prestatore dei servizi dovrebbe calcolare l’Iva sulla base del corrispettivo versato
per il buono multiuso. In assenza di tali informazioni, la base imponibile dovrebbe essere pari al valore
monetario indicato sul buono multiuso stesso o nella relativa documentazione diminuito dell’importo
dell’Iva relativo ai beni ceduti o ai servizi prestati. Qualora un buono multiuso sia usato parzialmente
rispetto alla cessione di beni o alla prestazione di servizi, la base imponibile dovrebbe essere pari alla
parte corrispondente del corrispettivo o del valore monetario, diminuita dell’importo dell’Iva relativo
ai beni ceduti o ai servizi prestati”.
Il contenuto del “considerando” n. 11 giustifica la previsione contenuta nel novellato articolo 73-bis,
Direttiva 2006/112/CE, secondo cui:
“fatto salvo l’articolo 73, la base imponibile della cessione di beni o della prestazione di servizi
effettuate a fronte di un buono multiuso è pari al corrispettivo versato per il buono o, in assenza di
informazioni su tale corrispettivo, al valore monetario indicato sul buono multiuso stesso o nella
relativa documentazione diminuito dell’importo dell’Iva relativo ai beni ceduti o ai servizi prestati”.
Nella normativa nazionale, la determinazione della base imponibile delle operazioni relative ai buoni-
corrispettivo è regolata dal nuovo comma 6, articolo 13, D.P.R. 633/1972, che – come indicato dalla
Relazione illustrativa allo schema di D.Lgs. 141/2018:
“non contiene specifiche previsioni per quanto concerne la base imponibile applicabile al buono-
corrispettivo monouso in quanto, come precisato dal considerando n. 9 della Direttiva 2016/1065, è
data dal corrispettivo dovuto per il buono-corrispettivo stesso”.
Per le operazioni relative ai buoni-corrispettivo multiuso sono, invece, disciplinati espressamente i
Iva
61 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
criteri di determinazione della base imponibile, in quanto tali operazioni si considerano effettuate, agli
effetti dell’Iva, al momento del riscatto del buono-corrispettivo.
Il nuovo comma 5-bis, articolo 13, D.P.R. 633/1972 stabilisce che la base imponibile dell’operazione “è
costituita dal corrispettivo dovuto per il buono-corrispettivo o, in assenza di informazioni su detto
corrispettivo, dal valore monetario del buono-corrispettivo multiuso al netto dell’Iva relativa ai beni ceduti o
ai servizi prestati”, con l’ulteriore previsione che, “se il buono-corrispettivo multiuso è usato solo
parzialmente, la base imponibile è pari alla corrispondente parte di corrispettivo o di valore monetario del
buono-corrispettivo”.
Infine, per quanto riguarda i servizi di distribuzione e simili di un buono-corrispettivo multiuso, viene
previsto che la base imponibile:
“qualora non sia stabilito uno specifico corrispettivo, è costituito dalla differenza tra il valore monetario
del buono-corrispettivo e l’importo dovuto per il trasferimento del buono-corrispettivo medesimo”.
Come osservato dalla Relazione illustrativa dello schema di D.Lgs. 141/2018, tale criterio, non previsto
dalla Direttiva 2016/1065/UE, era presente nella proposta di Direttiva COM(2012) 206, dalla quale
emerge che la finalità della disposizione in esame:
“risiede nella considerazione che la distribuzione commerciale di un buono-corrispettivo multiuso
rappresenta di per sé la fornitura di un servizio imponibile che è indipendente dalla cessione o
prestazione corrispondente; pertanto, quando il buono corrispettivo multiuso «cambia di mano» in una
catena di distribuzione, la base imponibile del servizio di distribuzione può essere misurata tramite
l’evoluzione del valore del buono-corrispettivo, salvo che sia stato fissato un diverso corrispettivo per
tale servizio”.
Esempio
Salvo pattuizioni diverse per il corrispettivo del servizio di distribuzione e simili, se Alfa vende un buono
corrispettivo-multiuso a Beta per un valore nominale di 100 euro e Beta paga 80 euro, la differenza di
20 euro è da considerarsi il corrispettivo del servizio di distribuzione reso da Beta ad Alfa, che emetterà
fattura per 20 euro (Iva inclusa).
A sua volta, Beta vende il buono-corrispettivo multiuso a Gamma per 90 euro, che fornisce un servizio
di distribuzione a Beta ed emetterà fattura per 10 euro (Iva inclusa).
Iva
62 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
SCHEDA DI SINTESI
In attuazione della Direttiva 2016/1065/UE del 27 giugno 2016, il D.Lgs. 141/2018,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2018, ha introdotto nel Titolo I,
D.P.R. 633/1972 le nuove disposizioni che disciplinano il trattamento Iva dei c.d. “buoni-
corrispettivo”, con effetto da quelli emessi successivamente al 31 dicembre 2018.
Per “buono-corrispettivo” s’intende lo strumento che contiene l’obbligo di essere accettato
come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una
prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa
documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o
prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esse relative.
Il buono si considera “monouso” se, al momento dell’emissione, è nota la disciplina
applicabile ai fini dell’Iva alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono
dà diritto. Il buono si considera, invece, “multiuso” se, al momento dell’emissione, non è nota
la disciplina applicabile ai fini dell’Iva alla cessione dei beni o della prestazione dei servizi a
cui il buono dà diritto.
Per i buoni monouso, ogni trasferimento, compresa l’emissione, antecedente all’effettuazione
della cessione o della prestazione incorporata, dà luogo all’applicazione dell’Iva, essendo
conosciuti, in tale momento, tutti gli elementi richiesti ai fini della documentazione
dell’operazione (natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto
dell’operazione). Se, però, chi cede il bene o presta il servizio incorporato nel buono è un
soggetto diverso da quello che lo ha emesso, si considera che la cessione o la prestazione è
compiuta nei confronti del soggetto che ha emesso il buono.
Riguardo ai buoni multiuso, il momento impositivo si verifica, in via differita, quando il buono
viene accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo della cessione del bene o della
prestazione del servizio cui esso dà diritto, restando irrilevanti ai fini dell’Iva ogni
trasferimento del buono che ne precede la spendita.
Anche se l’operazione non deve essere tassata prima della sua effettuazione, la distribuzione
commerciale del buono multiuso dà luogo a un servizio imponibile.
Iva
63 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Ai fini della determinazione della base imponibile, per i buoni monouso assume rilevanza il
corrispettivo dovuto per il buono, che rappresenta la base di commisurazione dell’imposta
anche per i buoni multiuso, a meno che manchino informazioni su detto corrispettivo, come
potrebbe accadere quando il buono è trasferito da un soggetto diverso da quello che effettua
la cessione o la prestazione; in tal caso, la base imponibile è pari al valore monetario del
buono al netto dell’Iva relativa ai beni ceduti o ai servizi prestati, con l’ulteriore previsione
che, se il buono è usato solo parzialmente, la base imponibile è pari alla corrispondente parte
di corrispettivo o di valore monetario del buono.
Fatturazione elettronica
64 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La circolare tributaria n. 3/2019
Fattura elettronica: faq, commenti e
scenari – terza parte di Fabrizio Fusconi - dottore commercialista e revisore legale
Augusto Gilioli - ragioniere commercialista e revisore legale
Introduzione
L’Agenzia delle entrate ha pubblicato una raccolta di domande e risposte in 3 tappe (il 28 novembre
2018, il 21 dicembre 2018 e l’11 gennaio 2019), anche in seguito a incontri avuti con la stampa
specializzata, finalizzate a fornire chiarimenti in merito agli adempimenti e comportamenti da adottare
con riferimento all’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica.
Il presente contributo prosegue nell’esame dei chiarimenti ritenuti più rilevanti, approfondendone i
contenuti, le connessioni alla normativa e le implicazioni pratico-operative per gli operatori.
Faq e commenti
1) È possibile trasmettere al SdI la fattura emessa entro il termine della scadenza della liquidazione
Iva periodica? Ad esempio, incasso il corrispettivo il 20 gennaio 2019, trasmetto la fattura entro il 15
febbraio 2019, con data documento (data emissione) 20 gennaio, registro la fattura nel registro Iva
acquisti con competenza gennaio, verso l’Iva pagata correttamente il 16 febbraio.
Sì, l’esempio riportato nel quesito è corretto limitatamente alle operazioni effettuate nel primo semestre
2019 per le quali non si applicano le sanzioni di cui all’articolo 1, comma 6, D.Lgs. 127/2015.
La domanda è inclusa nelle faq pubblicate a fine novembre, ovvero quando il D.L. 119/2018 si trovava
ancora nell’iter di conversione presso il Senato; il percorso si è concluso in data 18 dicembre 2018 con
la pubblicazione in G.U. della L. 136/2018 di conversione con modifiche. Fatta questa doverosa
premessa la domanda verte sull’estensione temporale della possibilità di differire la trasmissione della
fattura elettronica durante il primo periodo di introduzione dell’obbligo.
Com’è noto il Legislatore, nell’intento di agevolare i contribuenti nell’affrontare il nuovo obbligo, ha
previsto un periodo di moratoria in cui non si applicano le sanzioni per l’omissione della fatturazione,
a condizione che la trasmissione al SdI venga avviata entro il termine della liquidazione dell’Iva. Con la
Fatturazione elettronica
65 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
conversione in legge, del D.L. 119/2018, è stato previsto un periodo di moratoria differenziato sulla
base della periodicità di liquidazione dell’Iva applicata dal contribuente. In particolare, l’articolo 10, D.L
119/2018 recita:
Articolo 10 - Disposizioni di semplificazione per l'avvio della fatturazione elettronica
“1. All'articolo 1, comma 6, D.Lgs. 127/2015, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Per il
primo semestre del periodo d'imposta 2019 le sanzioni di cui ai periodi precedenti:
a) non si applicano se la fattura è emessa con le modalità di cui al comma 3 entro il termine di
effettuazione della liquidazione periodica dell'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 1,
comma 1, D.P.R. 100/1998;
b) si applicano con riduzione dell'80% a condizione che la fattura elettronica sia emessa entro il
termine di effettuazione della liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto del periodo successivo.
Per i contribuenti che effettuano la liquidazione periodica dell’imposta sul valore aggiunto con cadenza
mensile le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano fino al 30 settembre 2019”.
ll periodo di inapplicabilità delle sanzioni avrà pertanto le seguenti durate:
− contribuenti mensili: dal 1° gennaio al 30 settembre 2019;
− contribuenti trimestrali: dal 1° gennaio al 30 giugno 2019.
Durante tale periodo sarà quindi possibile:
− emettere fattura cartacea come in precedenza, senza tuttavia che la stessa possa avere valenza fiscale;
− trasmettere la fattura elettronica datata secondo l’effettuazione dell’operazione entro il proprio
termine di liquidazione dell’Iva o, con sanzioni ridotte dell’80%, entro il successivo termine di
liquidazione dell’Iva.
Si precisa che la moratoria vale per tutte le operazioni poste in essere in tale periodo: ad esempio, un
contribuente che liquida l’Iva mensilmente potrebbe trasmettere al SdI le fatture relative ad operazioni
effettuate a settembre entro il 16 ottobre 2019.
Tuttavia ci preme sottolineare ancora una volta quali saranno le regole da seguire a regime, per cui
dobbiamo fare riferimento all’articolo 21, D.P.R. 633/1972:
− fattura immediata: emissione (ovvero trasmissione) entro 10 giorni dall’effettuazione dell’operazione
determinata ai sensi dell’articolo 6, D.P.R. 633/1972 e indicazione in fattura della data di effettuazione;
− fattura differita: nulla è cambiato, ovvero entro il giorno 15 del mese successivo a quello di
all’effettuazione delle consegne (per le cessioni di beni) o dell’incasso del corrispettivo (per le
prestazioni di servizi opportunamente documentate).
Fatturazione elettronica
66 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Si ricorda che in ogni caso l’Iva derivante dalle fatture emesse deve essere ricompresa nel debito del
periodo in cui si è verificato il momento impositivo Iva.
Con riguardo all’indicazione in fattura della data di effettuazione possiamo anzitutto osservare che nella
fattura differita la data di effettuazione è da sempre presente poiché si devono indicare quantomeno
gli estremi delle DDT o dei documenti attestanti i servizi prestati. In secondo luogo è opportuno
richiamare la novità più dirompente rispetto alle abitudini consolidate, in tema di emissione della
fattura, ovvero l’obbligo di indicare in fattura la data di effettuazione dell’operazione qualora la
trasmissione avvenga in un giorno successivo a questa data.
Di seguito si riporta l’articolo 21, comma 2, lettere a) e g-bis), D.P.R. 633/1972, così come modificato
dal D.L. 119/2018:
“2. La fattura contiene le seguenti indicazioni:
a) data di emissione;
…omissis….
g-bis) data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero data in cui è
corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione
della fattura;
…omissis…”
La formulazione letterale della norma introduce nella sostanza una notevole complicazione poiché
impone di indicare in fattura 2 date, ovvero:
− la data di emissione della fattura che dovrebbe coincidere con quella di trasmissione al SdI;
− la data di effettuazione dell’operazione qualora sia diversa dalla precedente.
Come indicato nella relazione illustrativa la decorrenza della norma fissata al 1° luglio 2019 serve per
consentire i necessari adeguamenti dei sistemi gestionali, ovvero per consentire alle softwarehouse di
rilasciare gli aggiornamenti di software e piattaforme che recepiscano questa novità.
Nell’ambito del forum nazionale della fatturazione elettronica è emersa una proposta interpretativa
della norma che consentirebbe di evitare profondi interventi da un lato sugli strumenti gestionali e
dall’altro sul tracciato xml. La proposta si discosta dal contesto letterale della norma e suggerisce di
indicare unicamente la data di effettuazione dell’operazione in sostituzione della data emissione nella
testata della fattura (Body <DatiGenerali> nel tracciato xml) mentre la data di emissione sarà attestata
dal SdI all’atto della presa in carico del file.
Fatturazione elettronica
67 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Tale soluzione appare fortemente condivisibile e consentirebbe di focalizzare l’attenzione sulla data di
esigibilità dell’imposta la quale rappresenta, anche dal lato di chi riceve la fattura e detrae l’imposta, il
driver fondamentale di determinazione dell’Iva da versare o da riportare.
Vi è tuttavia un altro lato della medaglia da considerare, ovvero che la data indicata in fattura
tradizionalmente funge da parametro di riferimento delle scadenze di pagamento e tipicamente le
aziende emettono le fatture differite con data fine mese, pur inviandole nella realtà nei primi giorni del
mese successivo, in modo da anticipare le scadenze di incasso. Tale comportamento è ovviamente
incompatibile con la regola che prevede coincidenza tra data indicata in fattura e data trasmissione al
SdI, posto che il lasso di dieci giorni vale soltanto per la fatturazione immediata. A parere di chi scrive,
è auspicabile un tempestivo intervento da parte di Agenzia delle entrate che permetta alle aziende di
continuare ad adottare l’attuale comportamento, ovvero proseguire a trasmettere le fatture
retrodatandole alla fine del mese precedente, sempre nel rispetto dei 10 giorni previsti per la
fatturazione immediata.
Qualora prevalesse l’interpretazione suddetta, ovvero l’indicazione in fattura della sola data di
effettuazione, il comportamento citato verrebbe nella sostanza validato poiché verrebbe superato il
dogma della coincidenza tra data fattura e data trasmissione, semplicemente perché l’unica data
riportata sul documento sarebbe quella di effettuazione dell’operazione.
Si precisa infine che dal punto di vista operativo il Sistema di Interscambio accetta le fatture con data
antergata rispetto a quella di trasmissione mentre scarta le fatture con data postergata ed appare
improbabile che tale impostazione possa cambiare prevedendo lo scarto delle fatture con data
precedente alla trasmissione.
Un’altra implicazione di sicuro interesse riguarda le funzionalità dei gestionali contabili; in particolare
si rileva che molti di essi non prevedono la gestione della competenza Iva come elemento distinto
rispetto alla data del documento, in altre parole molto spesso il software gestionale non consente di
indicare il mese o la data di competenza Iva differente rispetto alla data di registrazione e/o alla data
del documento. Sarà pertanto necessario verificare l’evoluzione degli aggiornamenti in tal senso per
essere in grado non solo di sfruttare le possibilità offerte dalle norme ma anche di essere pienamente
conformi alle stesse.
2) Le autofatture (fatte in caso di reverse charge) vanno inviate al Sistema di interscambio? Se le
autofatture hanno la stessa numerazione delle fatture attive (che invio al SdI) posso conservare le
autofatture cartacee e le fatture B2B in modalità digitale?
Fatturazione elettronica
68 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
2 bis) Posto che le fatture elettroniche non sono modificabili, si chiede di sapere se, nei casi in cui il
debitore dell’imposta sia il cessionario/committente, sia indispensabile che questi, ai fini
dell’assolvimento del tributo, provveda a generare un documento informatico riportante l’integrazione
della fattura del fornitore, da associare alla fattura stessa, oppure possa ritenersi sufficiente che gli
elementi per il calcolo dell’imposta dovuta emergano direttamente ed esclusivamente dalla
registrazione della fattura ai sensi dell’articolo 23, D.P.R. 633/1972.
Per quanto riguarda le operazioni in reverse charge bisogna fare una distinzione di base. Per gli acquisti
intracomunitari e per gli acquisti di servizi extracomunitari, l’operatore Iva residente o stabilito in Italia
sarà tenuto ad effettuare l’adempimento della comunicazione dei dati delle fatture d’acquisto ai sensi
dell’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/15. Per gli acquisti interni per i quali l’operatore Iva italiano
riceve una fattura elettronica riportante la natura “N6” in quanto l’operazione è effettuata in regime di
inversione contabile, ai sensi dell’articolo 17, D.P.R. 633/1972, l’adempimento contabile previsto dalle
disposizioni normative in vigore prevede una “integrazione” della fattura ricevuta con l’aliquota e
l’imposta dovuta e la conseguente registrazione della stessa ai sensi degli articoli 23 e 25, D.P.R.
633/1972. Al fine di rispettare il dettato normativo, l’Agenzia delle entrate ha già chiarito con la
circolare n. 13/E/2018 che una modalità alternativa all’integrazione della fattura possa essere la
predisposizione di un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i
dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa. Al riguardo, si evidenzia che tale
documento – che per consuetudine viene chiamato “autofattura” poiché contiene i dati tipici di una
fattura e, in particolare, l’identificativo Iva dell’operatore che effettua l’integrazione sia nel campo del
cedente/prestatore che in quello del cessionario/committente – può essere inviato al Sistema di
Interscambio e, qualora l’operatore usufruisca del servizio gratuito di conservazione elettronica offerto
dall’Agenzia delle entrate, il documento verrà portato automaticamente in conservazione.
La risposta dell’Agenzia delle entrate, identica per 2 differenti quesiti, richiama la soluzione già fornita
con la circolare n. 13/E/2018 in cui viene proposta la redazione di un documento contenente le
integrazioni previste dalla norma. Tale documento deve essere allegato alla fattura elettronica e deve
essere portato in conservazione assieme alla fattura elettronica ricevuta. Tale impostazione tuttavia
complica certamente l’adempimento dell’integrazione e rende la conservazione dipendente dal sistema
contabile.
Detto documento di tipo “autofattura”, che contiene il medesimo identificativo Iva sia come cedente
che come cessionario e che lascia inalterata la fattura elettronica originale può essere inviato al SdI,
con l’eventuale conservazione dell’Agenzia delle entrate, se attivata. Si ritiene che tale documento, che
Fatturazione elettronica
69 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
potrà ad esempio essere in formato pdf, debba comunque essere portato in conservazione digitale a
norma, al pari della fattura a cui è associato.
La risposta tuttavia non appare del tutto soddisfacente poiché nulla cambierebbe se all’atto della
registrazione della fattura elettronica si provvedesse ad integrare soltanto la registrazione della fattura
di acquisto e si eseguisse annotazione analoga anche nel registro delle vendite (dedicato o meno), così
come suggerito da Assosoftware con comunicato stampa del 14 gennaio.
3) Il cedente emette il 21 aprile, in luogo della fattura elettronica, una fattura cartacea. Il cessionario
per distrazione pur non avendo la fattura elettronica, sulla base della fattura cartacea detrae l’imposta
nella liquidazione del 16 maggio. Nel caso in cui il cessionario riceva la fattura elettronica il 13 maggio
e provveda entro il 15 maggio a stornare la registrazione precedente ed annotare la fattura elettronica
nel registro dell’articolo 25 sarà sanzionabile?
Nel caso di specie si ritiene che, avendo ricevuto la fattura elettronica entro il termine della propria
liquidazione periodica, la sanzione non sarebbe applicabile. Al contrario, se non riceve la fattura
elettronica via SdI entro la liquidazione periodica in cui ha operato la detrazione, la sanzione risulterà
applicabile, in quanto ha detratto l’Iva in assenza di una fattura regolare (cioè, la fattura elettronica
via SdI). Quanto sopra vale solo per le operazioni effettuate nel primo semestre 2019.
Premesso quanto esposto con riguardo al primo quesito con riferimento alla durata della moratoria, la
risposta dell’Agenzia delle entrate è molto chiara nell’affermare che, anche nel corso del periodo di
moratoria, vale la regola che per detrarre l’Iva è necessario possedere una fattura elettronica
riconducibile al fornitore; tale fattura elettronica potrà essere emessa dal fornitore entro i termini
consentiti oppure può essere il frutto di autofattura emessa dal cessionario in nome e per conto del
cedente secondo la procedura di regolarizzazione definita dall’articolo 6, D.Lgs. 471/1997.
È evidente che procrastinare l’emissione della fattura elettronica crea doppi adempimenti e maggiori
controlli non solo alla propria amministrazione ma anche a quella dei propri clienti.
Va osservato che tra le righe del quesito si contempla anche la possibilità, in vigore dal 24 ottobre
scorso, di detrarre l’Iva con riferimento al mese di esigibilità delle fatture ricevute e annotate entro il
giorno 15 del mese successivo. Come abbiamo già avuto modo di osservare appare ingiustificata la
scelta di prevedere l’applicazione di tale norma soltanto nei primi 11 mesi dell’anno.
Alla luce delle argomentazioni fin qui esposte si può affermare che è necessario ripensare le procedure
aziendali e di studio nonché il layout del registro delle fatture di acquisto tenendo conto delle seguenti
considerazioni:
Fatturazione elettronica
70 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
− la data di registrazione delle fatture passive non può essere antergata rispetto alla ricezione del
documento certificata dal SdI;
− per ogni fattura registrata è opportuno che vengano evidenziati sia il mese di esigibilità dell’imposta
che il mese di detrazione, elementi innovativi a loro volta correlati alla data di registrazione;
− a fronte dell’abolizione dell’obbligo di numerazione, l’ordinamento delle annotazioni dipenderà
verosimilmente dalle tempistiche di ricezione delle fatture sui propri canali ed eventualmente da quelle
di consegna in caso di contabilità presso terzi;
− al fine di esplicitare la corrispondenza biunivoca con il SdI, ma anche per evitare la distrazione citata
nel quesito, è opportuno annotare il numero identificativo univoco attribuito dal sistema.
Alcune di queste indicazioni sono certamente implementabili in automatismi nei sistemi contabili
laddove siano efficaci il collegamento e il dialogo con il SdI. Per completezza si suggerisce anche di
avvalersi del portale Fatture e Corrispettivi come piattaforma di raffronto e match dei documenti
pervenuti.
SCHEDA DI SINTESI
L’Agenzia delle entrate fornisce periodicamente risposte ai quesiti ricevuti in materia di
fatturazione elettronica pubblicando le risposte in forma di faq sul proprio sito internet.
Le faq pubblicate dalla Agenzia delle entrate offrono lo spunto per maggiori e approfondite
riflessioni.
Il presente contributo riepiloga alcune delle faq pubblicate dalla Agenzia delle entrate
commentandone e approfondendone i contenuti, cercando di ricavarne indicazioni pratico-
operative.
Il caso risolto
71 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
La circolare tributaria n. 3/2019
La partecipazione in una società
semplice è ostativa all’accesso al
regime forfettario di Centro studi tributari
Il caso
Mario Rossi intende transitare al regime forfettario.
Egli detiene una partecipazione del 20% nella Alfa società semplice, società immobiliare di famiglia
nella quale sono presenti 5 immobili e che proviene dalla trasformazione agevolata di una Srl, avvenuta
nel corso del 2017.
È consentito applicare nel 2019 il regime forfettario oppure il possesso di tale partecipazione deve
considerarsi ostativo?
La soluzione
Le modifiche apportate dalla Legge di Bilancio per il 2019 alla disciplina del regime forfettario, hanno
allargato significativamente la platea dei soggetti che potenzialmente hanno diritto ad accedere
all’istituto.
Sono infatti stati semplificati i requisiti di accesso: ne è rimasto infatti uno solo, riguardante il limite di
ricavi/compensi percepiti nel periodo d’imposta precedente, non più differenziato per categorie di
soggetti, ma fissato per tutti a 65.000 euro.
I requisiti di accesso applicabili sino al 2018, da verificarsi sul periodo d’imposta precedente quello di
utilizzo del regime, previsti dal comma 54 dell’articolo 1, L. 190/2014, erano i seguenti:
− rispetto del limite di fatturato differenziato sulla base delle diverse attività;
− sostenimento di costi per personale dipendente e assimilato nel limite di 5.000 annui;
− l’impiego al termine del periodo d’imposta di un ammontare di beni strumentali non superiore a
20.000 euro.
Se il limite legato al personale dipendente non era una discriminante nelle considerazioni di
convenienza (i forfettari sono infatti soggetti di piccole dimensioni che nella maggior parte dei casi
Il caso risolto
72 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
lavorano in autonomia), al contrario quello relativo ai beni strumentali in molti casi costitutiva un
vincolo insormontabile, posto che la verifica doveva essere fatta sulla base del dato storico.
Nella circolare n. 10/E/2016 si affermava infatti che per i beni in proprietà occorre far riferimento al
prezzo di acquisto (anche se oggi il loro valore è irrisorio); inoltre, si deve tener conto dei beni in
locazione finanziaria, per i quali rileva il costo sostenuto dal concedente, nonché dei beni in locazione,
noleggio e comodato, per i quali rileva il valore normale determinato alla data del contratto di
locazione/noleggio o comodato.
Dal 2019, come detto, il limite da verificare è unicamente quello riguardante il volume dell’attività.
Il problema si pone però con riferimento alle cause di esclusione previste dal successivo comma 57
dell’articolo 1, L. 190/2014, che devono essere verificate nel corso dell’anno in cui il contribuente
intende applicare il regime (ad eccezione del requisito dello svolgimento di attività di lavoro dipendente
che va controllato sul pregresso, aspetto che comunque si è modificato con l’approvazione della legge
di bilancio).
In particolare, sarà confermata l’impossibilità di applicare il regime forfetario per:
c) chi si avvale di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
d) le persone fisiche non residenti, a eccezione di quelle che sono residenti in uno degli Stati UE o in
uno Stato aderente all’Accordo sullo spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di
informazioni e che producono in Italia redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito
complessivamente prodotto;
e) i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato,
di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi.
Relativamente a questi 3 requisiti non vi sono evoluzioni.
La preclusione (prevista alla lettera d-bis) riguardante coloro che nell’anno precedente hanno percepito
redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro è stata sostituita
dall’impossibilità di accedere al forfettario per i soggetti che erano assunti come dipendenti o
collaboratori e intendono svolgere l’attività d’impresa o professionale prevalentemente nei confronti di
quello che nel biennio precedente era loro datori di lavoro.
Ma l’intervento più delicato è quello previsto alla precedente lettera d): mentre sino al 2018 la causa di
esclusione si limitava a considerare il possesso di partecipazioni in soggetti trasparenti, la nuova
versione entrata in vigore nel 2019, con riferimento alle società a responsabilità limitata, non prevede
più specificazioni, con la conseguenza che anche la partecipazione in srl non trasparente comporterà la
fuoriuscita dal regime.
Il caso risolto
73 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
Quindi per rimanere nel regime, il contribuente avrebbe dovuto cedere la quota di partecipazione entro
il 31 dicembre 2018. In sede di conversione è stato qualificato il possesso delle partecipazioni: sono
infatti esclusi dal regime colo che “controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità
limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o
indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni;”
Da segnalare come nella circolare n. 10/E/2016 l’Agenzia delle entrate, richiamando considerazioni
incluse nella relazione illustrativa alla Legge di Stabilità 2015, aveva ammesso l’applicazione del
regime agevolato nel caso in cui non vi fosse “contemporaneità di possesso”, quindi nel caso in cui la
partecipazione dovesse essere ceduta nello stesso anno prima di assumere partita Iva, ovvero la
partecipazione fosse acquisita dopo la cessazione della posizione Iva personale.
Sin dalla sua introduzione, ci si è sempre interrogati se il possesso di una partecipazione in una società
semplice fosse ostativo o meno. Molti hanno osservato come il divieto di essere socio in un soggetto
trasparente mirava ad evitare che il contribuente potesse dividere il reddito tra attività d’impresa svolta
tramite società e quella tramite la partita Iva, per ottenere un illecito spostamento elusivo di reddito
sulla posizione individuale che avrebbe potuto beneficiare della tassazione sostitutiva. In tal senso
depone la risoluzione n. 146/E/2009 con riferimento al regime dei minimi, che sul punto presentava
una causa di esclusione analoga.
Quando il contribuente è socio in una società semplice immobiliare, il reddito prodotto dalla società e
imputato per trasparenza è fondiario, quindi non si può realizzare alcun intento elusivo di riallocazione
del reddito; per tale ragione da più parti si è osservato che, malgrado il tenore letterale della norma, si
sarebbe potuta sostenere la tesi della coesistenza del regime agevolato in capo alla persona fisica,
malgrado il possesso di una partecipazione in soggetto trasparente.
In effetti la posizione pare condivisibile, pur non assodata.
In tal senso depone la risoluzione n. 27/E/2011 in cui l’Agenzia, in relazione al precedente regime dei
contribuenti minimi, ammetteva la coesistenza del regime agevolato a fronte di una partecipazione in
una società semplice agricola.
Pare che la medesima considerazione possa essere estesa alla società semplice immobiliare, per me
medesime considerazioni.
74 La circolare tributaria n. 3 del 17 gennaio 2019
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