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Memorie di un Enigmista Non siamo agli antipodi di Guess/Alberto

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Memorie di un Enigmista

Non siamo agli antipodi

di

Guess/Alberto

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Introduzione

Questa breve nota andrebbe dedicata ai pensionati, ai lungodegenti, ai fancazzisti puri, ai pendolari, ai custodi con niente o poco da custodire, ai nozionisti aridi: in altre parole, a tutte le categorie cui appartengono gli enigmisti, secondo l’identikit elaborato, non senza supponenza, da Paola Zanuttini una giornalista de La Repubblica, e pubblicato sul “Venerdì” nell’agosto 2014. Non mi meraviglierei che la Zanuttini si diverta con cruciverba e rebus e che sia piuttosto brava a risolverli. Mettere alla berlina ciò che pure ti piace è un’attitudine tutt’altro che rara. Come la giornalista, la pensano in tanti, anche se, magari, a quei tanti appartengono molti che acquistano e leggono la Settimana Enigmistica, anche senza nasconderla nella mazzetta dei giornali. Così pure dall’altra parte, quella degli entusiasti, si è portati all’enfasi e agli eccessi... Penso alla glorificazione del cruciverba e degli altri giochi enigmistici, palesemente eccessiva. Si è detto con troppa convinzione che l’enigmistica è il gioco più bello del mondo: perché si può praticare per un periodo di tempo più lungo di qualsiasi altro gioco, dai sei anni in avanti...; perché è ecologica, dato che non richiede che matita e gomma, o, per chi ce l’ha, un personal computer o un iPad, potendo

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essere praticata in qualsiasi luogo: in città o in campagna, al mare o in montagna, in treno o in aereo, da soli o in compagnia; perché ha effetti positivi sulla salute, avendo la capacità di tener desti i neuroni... Ma il sentiero dell’obiettività è sempre stretto e pieno di insidie, a maggior ragione, quando il centro della storia non sono i giochi e le tecniche, ma lo svilupparsi, in una persona normale, di qualcosa che è più di un hobby e meno di una passione. A chi desiderasse un approccio quasi scientifico (ma potrei togliere il quasi), suggerirei i testi di Stefano Bartezzaghi, e su tutti “L’orizzonte verticale” (Einaudi), tanto brillante quanto documentato testo di uno dei più grandi esperti di enigmistica. In questo breve scritto, si racconta il rapporto con l’enigmistica di una persona come tante, attratta dai giochi che hanno come materia prima le parole. Che condividerebbe l’articolo della Zanuttini, ma in un contesto che riconoscesse anche il lato positivo dell’enigmistica. E che, d’altra parte, nell’ottica dell’obiettività stenta a ritenere l’enigmistica il miglior divertimento del mondo! Peraltro all’elenco delle categorie cui apparterrebbero gli enigmisti, elencate dalla giornalista de La Repubblica, egli aggiungerebbe altri gruppi: i secondini, i detenuti, i militari, i bagnanti, i bagnini e tanti ancora, che dispongono del tempo o sono in grado di procurarsi tempo per i giochi enigmistici. Ma troverebbe appropriato che l’ironia sulle categorie degli enigmisti, non sacrificasse il lato positivo del gioco che - lo si riconosca o no - diverte tante persone per così dire attive: bancari, giornalisti, radiologi, informatici, rappresentanti di commercio, chirurghi, conduttori televisivi, fiscalisti, doganieri, e, ancora, artisti, scrittori, politici... Insomma un giudizio equilibrato sull’enigmistica dovrebbe incorporare le dimensioni dell’ironia, ma anche della simpatia.

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Del resto il duplice atteggiamento di ironia e di simpatia non sembra contraddittorio, ma del tutto naturale: forse deriva dalla stessa duplicità dell’enigma. Ma se gli scout non se la prendono con chi li definisce bambini vestiti da cretini, guidati da cretini vestiti da bambini, perché gli enigmisti dovrebbero dar peso a chi li prende un po’ in giro? Questo testo non è un manualetto di enigmistica né un’autobiografia breve, anche se parla di enigmistica e cita esperienze personali. E’ il riferimento, sintetico e necessariamente incompleto, di un percorso che va da un mercato rionale di una cittadina del Sud alle sfide informatizzate di Parolecrociate.net. In sostanza, in questo scritto l’enigmistica è “incrociata” con la vita, giocosamente. Come dire, sic stantibus “rebus” vita ed enigmistica non sono agli “antipodi”.

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1. All’inizio - Ho cominciato a interessarmi di enigmistica a poco più di sette anni, quando i miei genitori e i parenti più vicini si accorsero che sapevo risolvere piccoli indovinelli di tipo logico matematico, certamente elementari. Più precisamente, a decretare la mia fama di piccolo enigmista fu la soluzione di questo indovinello. Come fai con una bilancia a due piatti a scoprire, con una sola pesata, quale di tre palline d’argento, apparentemente uguali, è la più pesante? Invero, almeno in quel caso, non fu proprio la mia abilità logica a suggerirmi la soluzione ma l’osservazione al mercato rionale di un venditore di cavoli che gridava che avrebbe regalato un cavolo a chi gli sapeva dire quale di tre cavoli pressoché uguali pesava di più. Ai potenziali concorrenti, allettati dall’offerta, mostrava i tre cavoli, poi con maestria da prestigiatore metteva sui due piatti due cavoli di uguale peso tra i quali, guarda caso, c’era sempre quello scelto dal concorrente e la bilancia andava in pari. Così il più pesante era il terzo. E nessuno mai vinceva, tranne a metà giornata, quando la folla dei clienti era massima - per evitare che si parlasse di trucco - un compare riusciva ad aggiudicarsi il cavolo più pesante. Al di là della manipolazione malandrina, che è una costante nei mercati, soprattutto nella versione delle tre carte, avevo capito il meccanismo e alla domanda sulle tre palline d’argento ero pronto a rispondere: mettine due, una su ciascuno dei due piatti, e se la bilancia va in pari la più pesante è la terza se si sbilancia la più pesante è quella che sta sul piatto che va giù. Insomma non è che fosse poi particolarmente difficile. Tuttavia sia che si trattasse di una mia attitudine logico-matematica sia che fosse frutto dell’osservazione casuale, o, come più spesso accade, una combinazione di intuito e fortuna, cioè pura serendipità, sta di fatto che le quotazioni delle mie doti intellettive raggiunsero livelli molto alti.

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A confermare, anzi a dilatare, il giudizio sulla mia intelligenza fu un vecchio prozio, appassionato di radioestesia. Manovrando in modo visibilmente scoperto un pendolo su un quadrante dell’intelligenza pronosticò con grande serietà : “Questo ragazzino rasenta il genio!” Ma a credergli furono solo i miei genitori e i parenti più anziani, mentre gli altri ripetevano quel giudizio con simulata convinzione, avendo poca, se non nessuna, fiducia nel pendolo, né tanto meno nel radioestesista, di cui era nota una certa tendenza a bere... Tuttavia nel corso degli anni i miei lusinghieri risultati scolastici insinuarono negli scettici il dubbio che lo zio, magari per caso, potesse essersi avvicinato al vero. Fatto sta che le mie doti di perspicacia erano le credenziali con le quali venivo presentato ad amici e conoscenti. Ma ciò non mi faceva un grande piacere, poiché mi metteva su un piedistallo scomodo, che, nel tempo: 1) mi espose, ad ogni prova, a esagerate aspettative di parenti e amici, che avrebbero dato per scontate le mie performance positive e avrebbero riso di nascosto per qualche mia brutta figura. Mi sembrava di sentirli dire, con una punta di sarcasmo: “a forza di rasentare il genio ci ha battuto il muso”; 2) poteva allontanarmi dalle ragazze alle quali i secchioni veri o presunti non sono mai piaciuti; 3) mi faceva circondare da un nugolo di compagni, pigri e sfacciati, che volevano copiare i miei compiti. In sostanza non mi piaceva né l’attributo dell’infallibilità, che tanta ansia procura a chi ci finisce dentro né la sindrome del noioso, che è una categoria alla quale non credo di appartenere, né l’assedio dei questuanti. Come disinnescare queste trappole? Nelle prove scolastiche quando mi capitava di sbagliare non cercavo scuse, mirando a ridimensionare le aspettative degli altri. Provai a essere brillante nelle feste da ballo. cercai di depistare i cercatori di compiti; ma, va detto a mio onore,

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mai seguendo il consiglio di chi mi suggeriva di passare compiti sbagliati. Sennonché ogni comportamento costruito ha un efficacia limitata, poiché l’artificio non nasconde mai completamente la realtà. L’enigmistica era il campo nel quale potevo esercitarmi senza stress. 2. Il cruciverba per primo – Come ho detto più o meno esplicitamente, la mia simpatia per l’enigmistica è cresciuta negli anni. Sin da ragazzino avevo avuto per le mani la Settimana Enigmistica di cui mio padre comprava ogni numero per poter completare - con le soluzioni riportate nel numero successivo - i cruciverba lasciati spesso incompleti, anche perché rifiutava qualsiasi supporto di enciclopedie o dizionari, non tanto per pigrizia, quanto per misurare le proprie effettive conoscenze e abilità. Faceva la verifica con ordine, rivedendo le definizioni cui non aveva saputo dare risposta, riempiendo i vuoti, e meravigliandosi della sua abilità... soprattutto se io - quando la domenica sera lui lasciava la rivista nel suo studio - mi divertivo ad aggiungere, imitando agevolmente il suo stampatello, e usando la sua matita, qualche risposta agli schemi che aveva lasciato incompleti, prima di dedicarmi ai miei favoriti incroci obbligati (all’epoca non avevo ancora scoperto il piacere delle cornici concentriche e, soprattutto, della ricerca di parole crociate). Risolto l’ “incrocio”, mi davo il voto, detraendo tanti punti per quante erano le definizioni per le quali avevo dovuto consultare il dizionario o l’enciclopedia. Non esisteva, a quei tempi, né il personal computer né tanto meno Google, anche perché probabilmente Larry Page e Sergey Brin non erano ancora nati.

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Nel tempo, provai a rilevare ciò che nei cruciverba mi disturbava. In particolare: - tutte le definizioni riferite a personaggi e a nomi geografici, a generi e specie di animali, vegetali, minerali non presenti nella mia vecchia enciclopedia o nei libri di testo dei diversi corsi scolastici; - tutte le definizioni, le cui risposte avevano molte lettere che non si incrociavano, perché “chiuse” da caselle nere; un vero colpo basso per il solutore; - l’obbligo del disegno simmetrico, che induce a forzature. E quando mi capitò di imbattermi per caso nelle norme, peraltro non ufficiali, emanate nel 1924 da una cosiddetta Amateur Cross word Puzzle League of America, vi trovai supporto a molte delle mie idiosincrasie. Poco male se esse mi spingono verso la categoria degli enigmisti eretici, una qualificazione che, in fondo, non mi dispiace. Per evitare tuttavia accuse di snobismo, non nascondo la mia attrazione per i giochi di pazienza e di precisione, come “Che cosa apparirà” e “La pista cifrata”. Questi semplici passatempi sono oggi la passione delle mie nipotine che, in Canada, stanno familiarizzando con la Settimana Enigmistica. E sono molto più brave di me, per occhio e precisione; mentre le mie soluzioni, anche quando avevo molto più di sette o otto anni, spesso lasciavano apparire figure vagamente mostruose, alle quali sarebbe stato difficile dare un nome. Ai tempi della scuola e dell’università, l’enigmistica era un divertimento e al tempo stesso una sfida, nella quale affrontare giochi di crescente difficoltà. 3. Poi entrano Rebus e Crittografie - Dopo i cruciverba entrarono nel mio campo di interesse i rebus, le crittografie, gli antipodi, le sciarade, gli anagrammi, in tutte le loro varianti. E benché il tempo che vi

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dedicavo fosse piuttosto limitato, feci progressi, nel mio percorso enigmistico. La mia attenzione si concentrò sui rebus e sulle crittografie, mentre, anche se non l’ho detto, gli indovinelli logico-matematici e le serie numeriche, non ne erano mai usciti. Il che non vuol dire che all’interesse corrispondesse la capacità di risolverli. Al rebus dedico brevi note che gli enigmisti salteranno a pie’ pari. Il rebus comincia con l’enigma del nome. L’origine corrisponderebbe all’ablativo plurale di res: quindi un enigma che riguarda cose. O se preferiamo che si risolve osservando l’immagine delle “cose”che appaiono nella vignetta. Il rebus, insomma, impegna a interpretare le immagini, integrate di regola da lettere (dette grafemi); la soluzione del rebus è una diversa scansione dei risultati di questo esercizio iniziale (cd. prima lettura), secondo le indicazioni del diagramma nel quale sono indicati il numero delle lettere di ogni parola e la loro sequenza (es. frase: 2, 4, 8, 5). Nel rebus classico i grafemi sono lettere che integrano l’ interpretazione delle immagini; esistono tuttavia molte varianti del rebus classico: rebus a cambio, a scarto; muti, a rovescio... Che non presentano particolari difficoltà, una volta che si sia familiarizzato con il rebus classico: nel rebus a cambio i grafemi indicano lettere che vanno a sostituire lettere dal testo derivante dall’interpretazione delle immagini; nel rebus a scarto i grafemi indicano le lettere da espungere dalle parole della frase. E così via... Per i rebus si possono estrarre dalla pratica alcuni canoni, che peraltro vedono gli enigmisti favorevoli o contrari. Un esempio è il cosiddetto divieto di equipollenza. Nella soluzione del rebus non possiamo individuare la parola “viale” come derivata da una cosa che

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nella prima lettura abbiamo interpretato come “via”: e neppure i termini “devia” o “seggiovia”; mentre non comporterebbe equipollenza il termine “ignavia”. L’equipollenza è un concetto molto generale, che deve essere valutato concretamente: per esempio si può ritenere che tra “arma” e “armadio” oggi non ci sia più equipollenza, avendo le due parole preso da tempo strade diverse. Nella mia graduatoria ideale, rebus e crittografia sono dunque il re e la regina dell’enigmistica, per parlare in linguaggio scacchistico. Pertanto da essi non ti aspetti sciatteria, incoerenze, volgarità, né tanto meno soluzioni offensive. Peraltro, mi ha sempre incuriosito la possibile occorrenza di soluzioni alternative, e mi sarebbe piaciuto costruire una raccolta di giochi che ammettono soluzioni multiple, a conferma della straordinaria potenza del linguaggio. Ma la mancanza di attitudine al collezionismo mi ha consigliato di non avviare possibili raccolte. Ho riflettuto anche sulle differenze tra cruciverba da un lato e rebus e crittografie dall’altro: le parole crociate possono richiedere tempi di ricerca lunghi, ma alla fine, se si è sufficientemente tenaci portano alla soluzione. Magari serve l’uso di un vocabolario o di un’ enciclopedia e, oggi, un po’ di navigazione sulla rete. Ricordiamoci sempre che Google comincia là dove finisce la nostra memoria... Rebus e crittografie hanno meccanismi di complessità variabile; i più complicati possono non essere mai risolti se, più ancora che nei cruciverba, malgrado lunghe e sofferte indagini non si riesce a trovare la chiave giusta, cioè il ragionamento dell’autore. Ho provato a smontare i meccanismi del rebus e della crittografia, come i bambini che ricevono in regalo un carro dei pompieri o una macchina della polizia e dopo aver giocato per qualche tempo,

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provano il gusto di vedere come è fatto dentro il giocattolo decretandone inevitabilmente la distruzione. Rebus e crittografie per fortuna non si rompono e così ho potuto divertirmi a radiografarli. La mia posizione di enigmista nel mondo del rebus si è così sviluppata, con diverso impegno, nelle figure del solutore, dell’autore e del revisore. Al celebre detto “impara chi fa” aggiungerei “...ma impara anche chi fa la revisione”. L’esperienza mi porta a distinguere tre tipi di rebus: a) i rebus “sbagliati”, quale che sia l’errore: nel diagramma (perché la frase non è 2, 5, 8, 4 ma 2, 4, 8, 5); nella soluzione, perché “letteralmente” scorretta (es. IN pero D Ella noTte), impero dovendo scriversi con la m e non con la n; nel disegno (perché le figure non sono ben individuate); b) i rebus “belli”, perché costruiti con una architettura ben elaborata, anche se complessa, composti da immagini eleganti, con una soluzione costituita da una frase sensata; c) i rebus “brutti” perché costruiti in modo cervellotico, composti da immagini sgradevoli o con soluzioni che lasciano quanto meno perplessi. Negli ultimi anni ho affrontato, nella sfida elettronica organizzata periodicamente da Parolecrociate.net, tantissimi giochi, con il gusto di risolverne anche di veramente difficili. Tuttavia non sono mai riuscito a diventare un ink solver 1. 4. Un po’ di teoria - Come tutti gli enigmisti ho iniziato da dilettante, senza manuali e senza maestri, imparando a giocare giocando, e

1 Ink solver è chi risolve i cruciverba non con matita e gomma ma direttamente con la penna

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leggendo le soluzioni dei giochi irrisolti. E ho sempre tenuto d’occhio le istruzioni di gioco, che non fossero mere definizioni. Come alcuni enigmisti a un certo punto ho cercato di studiare più seriamente le regole dei giochi e i meccanismi di soluzione, trovando molti scritti ma poche fonti normative. L’esperienza di studio dovrebbe essere un work in progress, poiché lo studio non finisce mai. Non a caso quando lavoravo avevo nella mia stanza un quadro pieno di libri, non particolarmente pregiato, decisamente stonato a fianco di un Fausto Pirandello, ma di chiaro valore simbolico e un processore, in rame e oro, (che occupava lo spazio di 30 per 30 centimetri ) estratto da un elaboratore IBM, dei primi anni settanta, consegnatomi da un mio capo carismatico, e che custodivo con scrupolosa cura. Libri e processore esprimevano ai miei occhi l’equipollenza dell’apprendimento (tradizionale o con utilizzo dell’ informatica), che non dovrebbe mai terminare. Ma in enigmistica lo studio poggia su una materia sfuggente: le dispute tra enigmisti, i blog specifici, un’aneddotica simpatica ma di incerta capacità formativa. Niente a che vedere con il classico assetto scientifico che prevede studenti e maestri, testi e regole: piuttosto un coacervo di storie, di monografie su uno o più giochi, vite e nomi d’arte di enigmisti del passato, casistica dei giochi pubblicati. Ma anche conversazioni e corrispondenza. Tirando le reti che pescano in questi fondali, non hai alcuna certezza di procurarti gli strumenti per la soluzione dei giochi, ma certamente

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hai una visione più profonda della materia, che ti consente di divertirti di più. Esiste una bibliografia ricca di testi e una lista di figure di riferimento: per tutti, ricordo, nuovamente, il volume “L’orizzonte verticale” e cito, come figura di riferimento, Antonio Minicelli, titolare del sito Parolecrociate.net. Un sito che offre gratuitamente numerose sfide annuali con un gioco fisso, ogni giorno di tipo diverso, due giochi di sabato e giochi specifici nelle ricorrenze. Chi vuole superare lo stadio di enigmista dilettante, deve ricercare i suoi testi e i suoi riferimenti, facendosi guidare dalle sue preferenze. Gli uni e gli altri vanno presi in considerazione con spirito critico, se non altro perché l’enigmistica non ha statuto di scienza, e quindi non può avere che conclusioni più o meno condivise. Peraltro le verità enigmistiche, come verità di gioco, non vanno prese troppo alla leggera, perché nel gioco l’uomo investe più o meno consapevolmente enormi energie. 5. Il tempo - Nella soluzione dei giochi, il tempo è una variabile che rileva in modi diversi. Può servire a misurare la capacità di sprint degli enigmisti, o la loro regolarità di passisti; ci sono sfide enigmistiche che durano anche diversi mesi, con un impegno quotidiano. Ovviamente sfruttano le capacità dell’informatica. Ma per chi vi partecipa sistematicamente, con un appuntamento fisso, che non dovrebbe essere eluso, nemmeno per un giorno, siamo vicini alla puzzle craze. D’altra parte anche trovarsi fuori di casa e trasmettere con dispositivi mobili la soluzione dei giochi rifletterebbe comunque una blanda follia. Il tempo è dunque una variabile chiave dell’enigmistica. Quanto tempo si può dedicare mediamente ogni giorno ai giochi enigmistici?

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La risposta non può essere univoca, in relazione a situazioni diverse, con riguardo agli impegni, alle condizioni di salute, alla tolleranza familiare. Qual è allora il discrimine tra un equilibrato tempo di otium per coltivare un simpatico divertimento e la condizione che rasenta la malattia? La risposta può esser questa: non si dovrebbe intaccare quello spazio di tempo che va riservato agli adempimenti richiesti dalla famiglia, dal lavoro, dalla cura del corpo e dal sonno. E’ bene non sottovalutare tutto questo e individuare quel confine subito, prima che cattive abitudini prendano il sopravvento. Così, per lunghi anni ho potuto riservare all’ enigmistica una porzione di tempo minima rispetto a quella dedicata al lavoro. A proposito del tempo, vale la pena di ricordare, che nella discussione sulla mania per i cross word puzzle, nell’America degli anni Venti, furono coinvolti sia medici ordinari sia psichiatri. Si possono anche richiamare certi toni allarmati del giornalismo urlato, con cui venivano raccontati aneddoti tragi-comici. Ciò non di meno, nessuno si è mai sognato di ritenere l’enigmistica una piaga sociale. 6. I nickname – E’ molto facile fare dell’ironia sull’uso che gli enigmisti fanno dei nickname rilevando che si tratta di nomi di fantasia, antiquati, ridicoli o oscuri. Non conosco nickname usati da qualche categoria di persone che si possano definire moderni, seri, pieni di senso. Allora, forse, può essere utile sapere perché i nickname sono stati usati e si sono tanto diffusi nel mondo dell’enigmistica.

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Ebbene, gli enigmisti sia per far valere la paternità dei giochi (autori) sia per partecipare a sfide che durano nel tempo (solutori), con tanto di graduatorie e di classifiche, hanno bisogno di essere riconoscibili. Poiché la dimensione enigmistica deve convivere con l’identità personale e professionale, che sono situate su piani diversi, nasce l’esigenza di trovare un altro nome che marchi la separatezza da quelle identità. Alla radice c’è la convinzione che la sfera della persona impegnata nel lavoro attivo non si concili con la dimensione ludica dell’enigmista. D’altra parte, dietro questa maschera verbale si possono nascondere desiderio di mistero e di potenza, sensibilità e seduzione, oscurità e arcano, comicità ed eccentricità... Fuori dell’enigmistica, si può rilevare un uso dei nickname per ragioni non sempre condivisibili, per esempio in Internet per celarsi dietro l’anonimato, mentre un caso a noi più vicino è quello del nome d’arte dei fantini nella corsa dei cavalli, e in modo paradigmatico nel Palio di Siena. Cito, tra gli altri, Aceto, Bacchino, Veleno, Fulminante, Canapetta, Ganasciola. Tuttavia, guardo con poca simpatia l’utilizzo dei nickname come soluzione di definizioni dei cruciverba... Ma è un’altra delle mie idiosincrasie. Il confronto tra mondo professionale ed enigmistica si porta dietro non di rado la convinzione che l’enigmistica sottrae tempo o energie, ovvero l’uno e le altre, al lavoro produttivo. Di questo assunto non c’è prova. Se fosse vero si dovrebbe credere che la Grecia ospiti proporzionalmente più enigmisti che la Germania. Ma questo non è dimostrabile. Anche se si può affermare che in Grecia l’enigmistica è nata con l’enigma della Sfinge, risolto da Edipo.

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Una recente indagine di mercato riferisce che in Italia il giro di affari dell’enigmistica si è attestato sui 130 milioni di euro, con oltre 7 milioni di utenti. Cifre di questa portata pare che in America fossero state già raggiunte, e per quanto riguarda gli utenti ampiamente superate, alla metà degli anni Venti, durante la cross word craze.

7. Arte ed enigmistica - Nel campo dell’arte, mi sono imbattuto, il più delle volte per caso, nelle relazioni non infrequenti con l’enigmistica. Forse alla base c’è il fatto che l’arte vera è profondamente enigmatica. Nasconde sempre qualcosa. Come dire, è vera arte quella che non finisce mai di dire quello che ha da dire. E’ impossibile seguire questa relazione nel corso del tempo, ma sarebbe sbagliato non accennare a questa contiguità, pur limitandosi a fornire solo alcuni elementi, certamente non sistematici. Sofocle, come abbiamo visto, pone un enigma al centro dell’ Edipo Re: qui a differenza del topos “enigma irrisolto” è la soluzione dell’enigma che scatena una serie imprevedibile di conseguenze. Legando indissolubilmente l’indovinello della Sfinge alle vicende della tragedia. Dante inserisce nella Divina Commedia degli enigmi, come per esempio nel passo della profezia del Veltro. In Oriente, celebri sono gli indovinelli delle “Mille e una Notte”. Non minore è la presenza enigmistica negli scrittori moderni e contemporanei (Gustave Flaubert, Lewis Carrol, Emilio Gadda, Samuel Beckett, Vladimir Nabokov, Umberto Eco, per citarne alcuni).

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Nella musica richiamo la canzone “Rebus” di Paolo Conte, nonché “L’estate enigmistica” di uno dei migliori gruppi presenti sulla scena musicale italiana i Baustelle, il cui il testo fra l’altro recita:

“i rebus dell'esistere/si disvelano per un attimo /ho risolto un anagramma / anzi per meglio dire è stato lui decifrandosi da sé...”

Ma è nella pittura, nella grafica, nel cinema, nella architettura che forse possiamo trovare gli esempi più evidenti di questo sodalizio. In Appendice sono riportati, senza alcun carattere di sistematicità, alcuni riferimenti che attestano dei rapporti dell’enigmistica con queste arti.

Di questo rapporto tra enigmistica e arte (pittura in particolare) si sono occupate anche talune mostre. Mi limito a citare: “Ah, che Rebus”- Cinque secoli di enigmi fra arte e gioco in Italia (Roma, 2010-2011) e “La vita enigmistica” (Roma, 2014), sull’opera di Sergio Ceccotti, che richiama la natura enigmatica della sua arte e l’utilizzo di immagini tipiche del rebus.

Conclusioni - Al termine di questo breve percorso personale nel mondo dell’enigmistica vorrei tornare nel mio angolo sereno, dove in questi ultimi anni mi sono divertito con i diversi giochi enigmistici in compagnia, silenziosa ma non solitaria, di una folla di cui avvertivo la presenza anche per fatti concreti, come il riempirsi progressivo delle graduatorie elettroniche, aggiornate in real time ad ogni risposta dei partecipanti alla sfida. Ho sentito questa folla come un insieme di amici particolari, i nickname prendendo corpo nella mia mente, non come fantasmi, ma come persone, come figure familiari impegnate, come me, a giocare in garbatissime gare.

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E ho imparato a conoscerli in momenti topici: la produzione di giochi, la corsa fianco a fianco nelle classifiche, con reciproci sorpassi; l’assiduità nella partecipazione alle sfide; la presenza nella graduatoria giornaliera dove appaiono subito i nomi noti e previsti dei più veloci - una trentina, con una manciata di fuoriclasse - e fa meraviglia quando qualcuno di questi campioni tarda a comparire. Enigmisti organizzati e dai riflessi rapidissimi, capaci di rispondere a un antipodo. a uno scarto o a una sciarada in pochissimi secondi, come testimoniano le statistiche disponibili. La sistematica combinazione di tempi di risposta rapidi e di soluzioni al primo tentativo, mantenuta per tutta la sfida, offre la possibilità di entrare nella classifica più impegnativa, quella del supercampionato. Finora i migliori risultati sono di Pinopinopi che si è aggiudicato quattro volte il primato in questa super classifica, seguito da SteFaRo con tre vittorie, dory con due, grandine, Jackbest e franco46 con una. Con tutti i partecipanti alle sfide ho intessuto un silenzioso dialogo, reso più familiare dalla comunanza di gusti e non disturbato da incomprensioni o sgarbi, che in altri ambienti sono frequenti.

Per tutti menziono, senza un ordine, i giocatori che per qualcuna delle ragioni dette, mi sono rimasti più impressi. Questo elenco aumenterà nel tempo, non la simpatia che già fin d’ora riguarda tutti. SteFaRo, dory, felicya, BERTOLDO, Pinopinopi, Pulcetta, laveneredimilo, ModestoVallerana, Jackbest, grandine, blunotte, Archimede, uomodeiboschi, cristel, acinorev, mavale, Reg°+, Capitan Miki, onky, Frama, Alessio1970, yeyegirl, nombrado88, blunotte, pirata_della_malesia, Tangram, 4sveglie, Marinella, GuySauvignon, Charliem, pulcinella52, Rotitiva, resy10, agnostico, Bradipus, albertina, rebecca, Normanno, Rugantino, frizzina, Remiglio, novembre1946, pigreco, Frama, Sicchio, BUGA, pitur,

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franco46, Beethoven, vivirad, latiblu, Ginxi, kalumet, sirenablu, aldose, papotta2006, epoche, depa e tanti altri che dovrei nominare... Con tutti mi scuso degli errori e omissioni, nonché delle banalità nelle quali sono certamente incorso nel testo... ma non delle intenzioni, che sono quelle di esprimere un sincero ringraziamento a questa garbata comunità. Ma primo in questa “famiglia” desidero mettere MiNiX, cui mi lega una lunga corrispondenza enigmistica che, in modo naturale, si è trasformata in amicizia. Apprezzo particolarmente il suo essere gentile, paziente, versatile, equilibrato, competente. Insomma la figura centrale, di riferimento del sito. Comprendo anche la sua attitudine a non fare polemiche, il suo modo di non affrontare di petto le lamentele degli utenti, la sua disposizione a rispondere sempre garbatamente. Un cordiale saluto, perché no, a Paola Zanuttini, che, ove non l’abbia già fatto, prima o poi entrerà a far parte della categoria degli enigmisti. Magari avendo scoperto che tra questi, e tra i più appassionati, si annoverano, per citarne solo alcuni, Judy Garland, Leonard Bernstein, Burt Lancaster, Frank Sinatra e, su tutti, Bill Clinton (accanito e abilissimo ink solver), difficilmente identificabili come fannulloni o sempliciotti! Le raccomanderei anche di vedere il film The Imitation Game sulla straordinaria impresa di Alan Turing di decrittare Enigma, la macchina nazista che si riteneva inviolabile.

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Appendice

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Pittura

“Nuit étoilée sur le Rhone” realisé par Vincent Van Gogh en 1888.

Détail du rébus : nuit / haie / toit / laisse / hure / leurre / eau / noeud

Cette peinture se trouve actuellement au Musée d’Orsay à Paris

Tano Festa: Rebus (1979)

Mostra

Manifesto della mostra: Sergio Ceccootti, Il ritorno del signor Y, 2006 (particolare)

Arte Astratta

Alighiero Boetti, divine astrazioni

Grafica

Fortunato Depero, copertina della rivista Emporium (1927)

Cinema

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Saw - L’enigmista (2004) Regia di James Wan

The Imitation Game (2014) Regia di Morten Tyldum

Architettura

Un cruciverba alto 30 metri. Lvov, in Ucraina