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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 92 (48.416) Città del Vaticano giovedì 23 aprile 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"![!$!@! La pandemia acuisce le disuguaglianze sociali ed economiche Il momento di vedere i poveri di JOACHIM VON BRAUN STEFANO ZAMAGNI MARCELO SÁNCHEZ SOROND O L a pandemia della infezione da coronavirus 2019 (covid- 19) ha rivelato le profonde ineguaglianze che hanno messo i poveri, sia nelle nazioni a basso reddito sia nei paesi ricchi, a mag- gior rischio di sofferenza. In un’in- tervista di qualche giorno fa, Papa Francesco ha sottolineato che «Questo è il momento di vedere i poveri». Fino a quando la scienza non troverà farmaci adeguati e un vacci- no per il trattamento e la prevenzio- ne del covid-19, il paradosso odier- no è che tutti devono cooperare con gli altri e al tempo stesso auto-iso- larsi come misura protettiva. Tutta- via, mentre il distanziamento sociale è abbastanza fattibile per i ricchi, i poveri affollati nelle baraccopoli ur- bane o nei campi profughi non hanno questa opzione e mancano di mascherine per il viso e di strutture per il lavaggio delle mani. Per af- frontare i rischi nelle grandi città af- follate dei paesi in via di sviluppo, dobbiamo sostenere la prevenzione mediante test, fornendo accesso a dispositivi di protezione e impe- gnandoci seriamente a costruire ospedali provvisori al fine di isolare le persone infette. Il divario digitale tra ricchi e po- veri potrebbe inoltre costare molte vite. La distribuzione iniqua delle nuove tecnologie e delle risorse online implica che le informazioni cruciali sul covid-19, in particolare gli avvertimenti preventivi e gli in- terventi raccomandati per la fase iniziale, non arrivano in tempo, o non arrivano affatto, nelle comuni- tà a basso reddito. Senza accesso a informazioni responsabili, traspa- renti e aggiornate, una cacofonia di ipotesi non dimostrate può diffon- dersi pericolosamente in queste co- munità povere. Il divario nell’ac- cesso alla tecnologia si traduce an- che in una seria mancanza di op- portunità di apprendimento a di- stanza, fintanto che università e scuole sono chiuse. D’altro canto, il telelavoro durante il lockdown socia- le risulta impossibile per milioni di lavoratori a basso reddito a causa della natura del loro lavoro e della mancanza di accesso alle infrastrut- ture di comunicazione. Ciò che il covid-19 ci insegna è che l’accesso universale a Internet e alle tecnolo- gie della comunicazione deve di- ventare un diritto umano. Sfortunatamente, nelle comunità povere, queste disuguaglianze sono all’origine di altri devastanti effetti. Il covid-19 sta influenzando negati- vamente le economie nazionali, di- struggendo le piccole imprese e gli agricoltori. Le conseguenze dirom- penti sui sistemi alimentari, in par- ticolare, danneggiano i poveri, che spendono la maggior parte del loro potere d’acquisto in cibo. Aumenta così la fame e si aggrava la minac- cia delle pandemie alla salute pub- blica. Anche il programma globale per raggiungere gli obiettivi di so- stenibilità delle Nazioni Unite (Onu), in particolare quelli legati alla povertà, alla fame, alla salute, al lavoro dignitoso e alla crescita economica, sarà compromesso dal covid-19, a meno che il mondo non cooperi e includa il salvataggio delle piccole imprese e degli agri- coltori nel tentativo di evitare una crisi economica globale. Il covid-19 ha messo in luce an- che la fragilità dell’interconnessione. Le crescenti interazioni economiche intercontinentali hanno aperto il mondo a massicci flussi transfronta- lieri di beni, servizi, denaro, idee e persone. Ciò ha permesso a molti di uscire dalla povertà. Tuttavia, fre- nare la rapida diffusione della sin- drome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (sars-cov-2) — richie- de la chiusura dei confini intorno ai focolai dell’infezione. Queste chiu- sure però devono essere solo tem- poranee e non devono ostacolare la cooperazione tra nazioni per gestire la pandemia. Le risorse umane, le attrezzature, le competenze sui trat- tamenti, e gli approvvigionamenti, nonché i beni non commerciali e spirituali, devono essere condivisi, anche con i paesi poveri. Inizial- mente, la pandemia ha spinto le na- zioni a pensare a se stesse. Ma cer- care una soluzione al covid-19 attra- verso l’isolamento nazionale sarebbe controproducente. Sars-cov-2 non riconosce i confini. Le nazioni ric- che devono sostenere le organizza- zioni transnazionali e quelle delle Nazioni Unite nel loro impegno mondiale per controllare la diffusio- ne di questo contagio. Le capacità scientifiche in gene- rale e, nello specifico, quelle corre- late alle malattie infettive, sono for- temente disuguali nel mondo. Ciò contribuisce a un maggior rischio di sofferenza nelle nazioni povere. Le cause che sono alla radice delle malattie infettive causate da batteri, virus o parassiti che si diffondono dagli animali all’uomo, ad esempio, richiedono una ricerca di tipo coo- perativo vicina alle potenziali aree a rischio, anche nelle nazioni pove- re. È giunto il momento che il mondo sviluppato si impegni per raggiungere questo obiettivo. Se il divario nelle competenze scientifi- che continuerà a crescere, pure l’in- teresse delle nazioni ricche ne ri- sentirà pesantemente, lasciando ai poveri l’onere della malattia. Altre importanti crisi mondiali, come i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, richiedono risposte altrettanto mondiali e coo- perative che non trascurino i poveri. Una volta che il covid-19 sarà sotto controllo, il mondo non potrà tor- nare alla routine precedente. Vanno profondamente riviste le nostre con- cezioni del mondo, gli stili di vita e i problemi della valutazione econo- mica a breve termine. Se vogliamo sopravvivere all’Antropocene, è ne- cessaria una società più responsabi- le, più premurosa, più inclusiva e più equa. In occasione della memoria liturgica di san Giorgio onomastico del Pontefice il nostro giornale non uscirà. La pubblicazione riprenderà con la data 24-25 aprile. Nella Giornata mondiale della Terra il Papa chiede alla comunità internazionale un piano condiviso contro le minacce alla casa comune Non c’è futuro per l’uomo se si distrugge l’ambiente E a Santa Marta prega perché l’Europa ritrovi l’unità fraterna sognata dai padri fondatori «Non c’è futuro per noi se distrug- giamo l’ambiente»: nella Giornata mondiale della Terra — e in coinci- denza con il quinto anniversario dell’enciclica Laudato si’ — il Papa ha usato parole forti per richiamare l’urgenza di «un piano condiviso» dalla comunità internazionale volto a «scongiurare le minacce contro la nostra casa comune». All’udienza generale di mercoledì 22 aprile, in occasione della cin- quantesima edizione dell’Earth Day, il Pontefice ha voluto unirsi all’ini- ziativa promossa dall’Onu, vedendo- vi «un’opportunità per rinnovare l’impegno ad amare» il creato ed esortando a prendersi cura di esso e «dei membri più deboli della fami- glia umana». «Come la tragica pandemia di co- ronavirus ci sta dimostrando», ha esordito Francesco, «soltanto insie- me e facendoci carico dei più fragili possiamo vincere le sfide globali». Ecco perché, ha aggiunto, «dobbia- mo crescere nella coscienza» che «a causa dell’egoismo siamo venuti me- no alla nostra responsabilità di cu- stodi e amministratori della terra». In proposito ha espresso apprezza- mento all’opera dei «movimenti in- ternazionali e locali» impegnati a «risvegliare le coscienze» e per que- sto — ha aggiunto riferendosi all’atti- vismo dei più giovani — «sarà anco- ra necessario che i nostri figli scen- dano in strada per insegnarci ciò che è ovvio». Allo stesso modo il Papa ha elogiato «i popoli originari» e la loro «saggezza del “buon vivere”», cioè «del vivere in armonia con la terra», raccomandando di seguirne l’esempio per «ritrovare il senso del sacro rispetto» per il pianeta. Ma pur incoraggiando a «conver- gere insieme da ogni condizione so- ciale e dare vita anche a un movi- mento popolare “dal basso”» — per- ché «ciascuno di noi può dare il proprio piccolo contributo» — Fran- cesco è ben consapevole dell’impor- tanza primaria di «quanti hanno au- torità». Da qui l’appello «a guidare il processo che condurrà» alla COP15 sulla biodiversità e alla COP26 sui cambiamenti climatici. «Questi due incontri sono importantissimi», ha concluso. In precedenza durante la quoti- diana celebrazione del mattino a Ca- sa Santa Marta, il Papa aveva prega- to per l’Europa, affinché ritrovi l’unità fraterna sognata dai padri fondatori. PAGINE 7 E 8 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Riohacha (Co- lombia), presentata da Sua Ec- cellenza Monsignor Héctor Sa- lah Zuleta. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Riohacha (Colom- bia) Sua Eccellenza Monsignor Francisco Antonio Ceballos Escobar, C.SS.R., finora Vescovo titolare di Zarna e Vicario Apo- stolico di Puerto Carreño. Fe s t a di San Giorgio Prende sempre più quota l’ipotesi di un fondo per finanziare la ripresa Verso il vertice sul futuro dell’Ue Il Rapporto sulle crisi alimentari Coraggio e solidarietà FERNANDO CHICA ARELLANO A PAGINA 2 La poesia di Margherita Guidacci Intelligenza d’amore ELENA BUIA RUTT A PAGINA 4 In italiano il volume del teologo argentino Rafael Tello Popolo e cultura ARMAND O MATTEO A PAGINA 6 La diocesi di Roma e il catechismo Leggere questo periodo con occhi cristiani ROSARIO CAPOMASI A PAGINA 6 ALLINTERNO racconto LA PAROLA DELLANNO Costruire il futuro con un velo di (sana) ignoranza PAOLO BENANTI A PAGINA 3 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Johann Baptist Metz e Papa Francesco Perché tu possa raccontare JEAN-PIERRE SONNET A PAGINA 5 BRUXELLES, 22. Cresce l’attesa per il vertice dell’Ue di domani sul rilan- cio dell’economia devastata dal co- vid-19. In gioco c’è il futuro econo- mico del continente e il benessere di oltre mezzo miliardo di persone. Per molti analisti il vertice non sa- rà del tutto risolutivo, ma potrebbe comunque fare dei passi avanti mol- to concreti sulla nascita del recovery fund, il fondo per finanziare la ri- presa dell’economia europea messa in ginocchio dal coronavirus. Le proposte — inclusa quella che l’Italia ha già messo sul tavolo — co- minciano a convergere almeno sul ruolo centrale del bilancio dell’Ue che farà da garanzia al fondo. Resta da vedere quanto sarà ampio, se da- rà solo prestiti o anche sovvenzioni a fondo perduto, quando sarà operati- vo e per quanto tempo. Questioni non semplici, dunque, su cui i leader avranno un primo confronto domani, ma poi aspette- ranno che la Commissione europea presenti la sua proposta il 29 aprile prossimo, per avviare una discussio- ne più puntuale. Il rischio è che i tempi del confronto si allunghino a dismisura, lasciando ancora una vol- ta i paesi a rimettere in moto le loro economie con le proprie forze. Dal vertice, il presidente del con- siglio dei ministri italiano, Giuseppe Conte, si aspetta almeno «un indi- rizzo chiaro» sugli strumenti per combattere «lo shock». Non è di- sposto ad accettare compromessi «al ribasso», perché è un negoziato do- ve «o vinceremo tutti o perderemo tutti». Per questo, ha fatto sapere, non si metterà di traverso sul Mec- canismo europeo di stabilità (Mes, detto anche Fondo salva-Stati). Il fatto è che se giovedì si avesse il via libera definitivo al Mes, si bloccherebbero anche gli altri due strumenti che l’Eurogruppo ha ap- provato, cioè il meccanismo anti-di- soccupazione Sure e i nuovi prestiti Bei. Che tutti, Italia compresa, vor- rebbero in vigore il prima possibile. Se giovedì avranno l’ok servirà solo qualche settimana di ratifica parla- mentare in alcuni paesi europei e poi i tempi tecnici per avviarli. Il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, spiega che anche il Mes sarebbe operativo in due setti- mane, e ribadisce che non avrebbe condizionalità né troika. Per il recovery fund, invece, l’obiettivo del fronte dei paesi del sud è fare in fretta, cioè avere per giugno un accordo definitivo anche sul bilancio dell’Ue. E il fondo ope- rativo da luglio. L’Italia suggerisce un fondo di solidarietà gestito dalla Commissione Ue, con l’implicita ga- ranzia del budget europeo, ma in- cludendo inizialmente garanzie co- muni degli Stati membri. Questo perché le garanzie del bi- lancio pluriennale ci saranno solo a partire dal 2021. Se il fondo deve es- sere operativo prima, gli Stati devo- no anticiparle. Ma poi, progressiva- mente, saranno sostituite da quelle comuni che si troveranno alla voce “risorse proprie” del bilancio, ovvero nuove tasse europee, come quella sulle emissioni. Grazie a quelle ga- ranzie la Commissione Ue raccoglie- rà nuove risorse sui mercati finanzia- ri, per dare prestiti “back to back” agli Stati membri, con «scadenze il più possibile a lungo termine». Sul tavolo, oltre a quella italiana, restano anche la proposta francese e quella spagnola. L’auspicio è che la proposta che la Commissione pre- senterà il 29 aprile somigli il più possibile alle tre, e non accolga inve- ce le resistenze che certamente avranno i paesi del nord nel dibatti- to sul bilancio Ue. Qualunque pro- posta passi, precisano gli esperti, è destinata almeno a raddoppiare la capacità del bilancio dell’Unione eu- ropea, che è di circa 1000 miliardi. Nella memoria liturgica di San Giorgio martire, l’Osservatore Romano si unisce alla voce della Chiesa e di tanti uomini di buona volontà nel rivolgere al Papa gli auguri più affettuosi per il suo ono- mastico. Auguri attraverso i quali si esprime anche la riconoscenza per co- me, in questi giorni difficili e faticosi, ci sostiene con la sua parola, fonte di speranza e richiamo alla responsabilità. (Nell’illustrazione: particolare del ritratto di san Giorgio dipinto da Andrea Mante- gna nel 1460) Alleato contro il drago invisibile PAGINA 7

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 92 (48.416) Città del Vaticano giovedì 23 aprile 2020

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La pandemia acuisce le disuguaglianze sociali ed economiche

Il momentodi vedere i poveri

di JOACHIM VON BR AU NST E FA N O ZAMAGNIMARCELO SÁNCHEZ SOROND O

La pandemia della infezioneda coronavirus 2019 (covid-19) ha rivelato le profonde

ineguaglianze che hanno messo ipoveri, sia nelle nazioni a bassoreddito sia nei paesi ricchi, a mag-gior rischio di sofferenza. In un’in-tervista di qualche giorno fa, PapaFrancesco ha sottolineato che«Questo è il momento di vedere ip overi».

Fino a quando la scienza nontroverà farmaci adeguati e un vacci-no per il trattamento e la prevenzio-ne del covid-19, il paradosso odier-no è che tutti devono cooperare congli altri e al tempo stesso auto-iso-larsi come misura protettiva. Tutta-via, mentre il distanziamento socialeè abbastanza fattibile per i ricchi, ipoveri affollati nelle baraccopoli ur-bane o nei campi profughi nonhanno questa opzione e mancano dimascherine per il viso e di struttureper il lavaggio delle mani. Per af-frontare i rischi nelle grandi città af-follate dei paesi in via di sviluppo,dobbiamo sostenere la prevenzionemediante test, fornendo accesso adispositivi di protezione e impe-gnandoci seriamente a costruireospedali provvisori al fine di isolarele persone infette.

Il divario digitale tra ricchi e po-veri potrebbe inoltre costare moltevite. La distribuzione iniqua dellenuove tecnologie e delle risorseonline implica che le informazionicruciali sul covid-19, in particolaregli avvertimenti preventivi e gli in-terventi raccomandati per la faseiniziale, non arrivano in tempo, onon arrivano affatto, nelle comuni-tà a basso reddito. Senza accesso ainformazioni responsabili, traspa-renti e aggiornate, una cacofonia diipotesi non dimostrate può diffon-dersi pericolosamente in queste co-munità povere. Il divario nell’ac-cesso alla tecnologia si traduce an-che in una seria mancanza di op-portunità di apprendimento a di-stanza, fintanto che università escuole sono chiuse. D’altro canto, iltelelavoro durante il lockdown so cia-le risulta impossibile per milioni dilavoratori a basso reddito a causadella natura del loro lavoro e dellamancanza di accesso alle infrastrut-ture di comunicazione. Ciò che ilcovid-19 ci insegna è che l’accessouniversale a Internet e alle tecnolo-gie della comunicazione deve di-ventare un diritto umano.

Sfortunatamente, nelle comunitàpovere, queste disuguaglianze sonoall’origine di altri devastanti effetti.Il covid-19 sta influenzando negati-vamente le economie nazionali, di-struggendo le piccole imprese e gliagricoltori. Le conseguenze dirom-penti sui sistemi alimentari, in par-ticolare, danneggiano i poveri, chespendono la maggior parte del loropotere d’acquisto in cibo. Aumentacosì la fame e si aggrava la minac-cia delle pandemie alla salute pub-blica. Anche il programma globale

per raggiungere gli obiettivi di so-stenibilità delle Nazioni Unite(Onu), in particolare quelli legatialla povertà, alla fame, alla salute,al lavoro dignitoso e alla crescitaeconomica, sarà compromesso dalcovid-19, a meno che il mondo noncooperi e includa il salvataggiodelle piccole imprese e degli agri-coltori nel tentativo di evitare unacrisi economica globale.

Il covid-19 ha messo in luce an-che la fragilità dell’i n t e rc o n n e s s i o n e .Le crescenti interazioni economicheintercontinentali hanno aperto ilmondo a massicci flussi transfronta-lieri di beni, servizi, denaro, idee epersone. Ciò ha permesso a moltidi uscire dalla povertà. Tuttavia, fre-nare la rapida diffusione della sin-drome respiratoria acuta grave —coronavirus 2 (sars-cov-2) — richie -de la chiusura dei confini intorno aifocolai dell’infezione. Queste chiu-sure però devono essere solo tem-poranee e non devono ostacolare lacooperazione tra nazioni per gestirela pandemia. Le risorse umane, leattrezzature, le competenze sui trat-tamenti, e gli approvvigionamenti,nonché i beni non commerciali espirituali, devono essere condivisi,anche con i paesi poveri. Inizial-mente, la pandemia ha spinto le na-zioni a pensare a se stesse. Ma cer-care una soluzione al covid-19 attra-verso l’isolamento nazionale sarebbecontroproducente. Sars-cov-2 nonriconosce i confini. Le nazioni ric-che devono sostenere le organizza-zioni transnazionali e quelle delleNazioni Unite nel loro impegnomondiale per controllare la diffusio-ne di questo contagio.

Le capacità scientifiche in gene-rale e, nello specifico, quelle corre-late alle malattie infettive, sono for-temente disuguali nel mondo. Ciòcontribuisce a un maggior rischiodi sofferenza nelle nazioni povere.Le cause che sono alla radice dellemalattie infettive causate da batteri,virus o parassiti che si diffondonodagli animali all’uomo, ad esempio,richiedono una ricerca di tipo coo-perativo vicina alle potenziali areea rischio, anche nelle nazioni pove-re. È giunto il momento che ilmondo sviluppato si impegni perraggiungere questo obiettivo. Se ildivario nelle competenze scientifi-che continuerà a crescere, pure l’in-teresse delle nazioni ricche ne ri-sentirà pesantemente, lasciando aipoveri l’onere della malattia.

Altre importanti crisi mondiali,come i cambiamenti climatici e laperdita di biodiversità, richiedonorisposte altrettanto mondiali e coo-perative che non trascurino i poveri.Una volta che il covid-19 sarà sottocontrollo, il mondo non potrà tor-nare alla routine precedente. Vannoprofondamente riviste le nostre con-cezioni del mondo, gli stili di vita ei problemi della valutazione econo-mica a breve termine. Se vogliamosopravvivere all’Antropocene, è ne-cessaria una società più responsabi-le, più premurosa, più inclusiva epiù equa.

In occasione della memoria liturgicadi san Giorgio

onomastico del Ponteficeil nostro giornale non uscirà.La pubblicazione riprenderàcon la data 24-25 aprile.

Nella Giornata mondiale della Terra il Papa chiede alla comunità internazionale un piano condiviso contro le minacce alla casa comune

Non c’è futuro per l’uomose si distrugge l’ambiente

E a Santa Marta prega perché l’Europa ritrovi l’unità fraterna sognata dai padri fondatori

«Non c’è futuro per noi se distrug-giamo l’ambiente»: nella Giornatamondiale della Terra — e in coinci-denza con il quinto anniversariodell’enciclica Laudato si’ — il Papaha usato parole forti per richiamarel’urgenza di «un piano condiviso»dalla comunità internazionale voltoa «scongiurare le minacce contro lanostra casa comune».

All’udienza generale di mercoledì22 aprile, in occasione della cin-quantesima edizione dell’Earth Day,il Pontefice ha voluto unirsi all’ini-ziativa promossa dall’Onu, vedendo-vi «un’opportunità per rinnovarel’impegno ad amare» il creato edesortando a prendersi cura di esso e«dei membri più deboli della fami-glia umana».

«Come la tragica pandemia di co-ronavirus ci sta dimostrando», haesordito Francesco, «soltanto insie-me e facendoci carico dei più fragilipossiamo vincere le sfide globali».Ecco perché, ha aggiunto, «dobbia-mo crescere nella coscienza» che «acausa dell’egoismo siamo venuti me-no alla nostra responsabilità di cu-stodi e amministratori della terra».In proposito ha espresso apprezza-mento all’opera dei «movimenti in-ternazionali e locali» impegnati a«risvegliare le coscienze» e per que-sto — ha aggiunto riferendosi all’atti-vismo dei più giovani — «sarà anco-ra necessario che i nostri figli scen-

dano in strada per insegnarci ciò cheè ovvio». Allo stesso modo il Papaha elogiato «i popoli originari» e laloro «saggezza del “buon vivere”»,cioè «del vivere in armonia con laterra», raccomandando di seguirnel’esempio per «ritrovare il senso delsacro rispetto» per il pianeta.

Ma pur incoraggiando a «conver-gere insieme da ogni condizione so-

ciale e dare vita anche a un movi-mento popolare “dal basso”» — p er-ché «ciascuno di noi può dare ilproprio piccolo contributo» — Fr a n -cesco è ben consapevole dell’imp or-tanza primaria di «quanti hanno au-torità». Da qui l’appello «a guidareil processo che condurrà» alla COP15sulla biodiversità e alla COP26 suicambiamenti climatici. «Questi due

incontri sono importantissimi», haconcluso.

In precedenza durante la quoti-diana celebrazione del mattino a Ca-sa Santa Marta, il Papa aveva prega-to per l’Europa, affinché ritrovil’unità fraterna sognata dai padrifondatori.

PAGINE 7 E 8

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledella Diocesi di Riohacha (Co-lombia), presentata da Sua Ec-cellenza Monsignor Héctor Sa-lah Zuleta.

P ro v v i s t adi Chiesa

Il Santo Padre ha nominatoVescovo di Riohacha (Colom-bia) Sua Eccellenza MonsignorFrancisco Antonio CeballosEscobar, C.S S.R., finora Vescovotitolare di Zarna e Vicario Apo-stolico di Puerto Carreño.

Fe s t adi San Giorgio

Prende sempre più quota l’ipotesi di un fondo per finanziare la ripresa

Verso il vertice sul futuro dell’UeIl Rapporto sulle crisi alimentari

Coraggioe solidarietà

FERNAND O CHICA ARELLANO A PA G I N A 2

La poesia di Margherita Guidacci

Intelligenza d’a m o re

ELENA BUIA RUTT A PA G I N A 4

In italiano il volumedel teologo argentino Rafael Tello

Popolo e cultura

ARMAND O MAT T E O A PA G I N A 6

La diocesi di Roma e il catechismo

Leggere questo periodocon occhi cristiani

ROSARIO CAPOMASI A PA G I N A 6

ALL’INTERNO

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

Costruire il futurocon un velodi (sana) ignoranza

PAOLO BENANTI A PA G I N A 3

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Johann Baptist Metze Papa Francesco

Pe rc h étu possa raccontare

JEAN-PIERRE SONNET A PA G I N A 5

BRUXELLES, 22. Cresce l’attesa per ilvertice dell’Ue di domani sul rilan-cio dell’economia devastata dal co-vid-19. In gioco c’è il futuro econo-mico del continente e il benessere dioltre mezzo miliardo di persone.

Per molti analisti il vertice non sa-rà del tutto risolutivo, ma potrebbecomunque fare dei passi avanti mol-to concreti sulla nascita del recoveryfund, il fondo per finanziare la ri-presa dell’economia europea messain ginocchio dal coronavirus.

Le proposte — inclusa quella chel’Italia ha già messo sul tavolo — co-minciano a convergere almeno sulruolo centrale del bilancio dell’Ueche farà da garanzia al fondo. Restada vedere quanto sarà ampio, se da-rà solo prestiti o anche sovvenzioni afondo perduto, quando sarà operati-vo e per quanto tempo.

Questioni non semplici, dunque,su cui i leader avranno un primoconfronto domani, ma poi aspette-ranno che la Commissione europeapresenti la sua proposta il 29 aprileprossimo, per avviare una discussio-ne più puntuale. Il rischio è che itempi del confronto si allunghino adismisura, lasciando ancora una vol-ta i paesi a rimettere in moto le loroeconomie con le proprie forze.

Dal vertice, il presidente del con-siglio dei ministri italiano, GiuseppeConte, si aspetta almeno «un indi-rizzo chiaro» sugli strumenti percombattere «lo shock». Non è di-sposto ad accettare compromessi «alribasso», perché è un negoziato do-ve «o vinceremo tutti o perderemotutti». Per questo, ha fatto sapere,non si metterà di traverso sul Mec-canismo europeo di stabilità (Mes,detto anche Fondo salva-Stati).

Il fatto è che se giovedì si avesseil via libera definitivo al Mes, sibloccherebbero anche gli altri due

strumenti che l’Eurogruppo ha ap-provato, cioè il meccanismo anti-di-soccupazione Sure e i nuovi prestitiBei. Che tutti, Italia compresa, vor-rebbero in vigore il prima possibile.Se giovedì avranno l’ok servirà soloqualche settimana di ratifica parla-mentare in alcuni paesi europei epoi i tempi tecnici per avviarli.

Il presidente dell’Eurogrupp o,Mario Centeno, spiega che anche ilMes sarebbe operativo in due setti-mane, e ribadisce che non avrebbecondizionalità né troika.

Per il recovery fund, invece,l’obiettivo del fronte dei paesi delsud è fare in fretta, cioè avere pergiugno un accordo definitivo anchesul bilancio dell’Ue. E il fondo ope-rativo da luglio. L’Italia suggerisceun fondo di solidarietà gestito dallaCommissione Ue, con l’implicita ga-ranzia del budget europeo, ma in-cludendo inizialmente garanzie co-muni degli Stati membri.

Questo perché le garanzie del bi-lancio pluriennale ci saranno solo a

partire dal 2021. Se il fondo deve es-sere operativo prima, gli Stati devo-no anticiparle. Ma poi, progressiva-mente, saranno sostituite da quellecomuni che si troveranno alla voce“risorse proprie” del bilancio, ovveronuove tasse europee, come quellasulle emissioni. Grazie a quelle ga-ranzie la Commissione Ue raccoglie-rà nuove risorse sui mercati finanzia-ri, per dare prestiti “back to back”agli Stati membri, con «scadenze ilpiù possibile a lungo termine».

Sul tavolo, oltre a quella italiana,restano anche la proposta francese equella spagnola. L’auspicio è che laproposta che la Commissione pre-senterà il 29 aprile somigli il piùpossibile alle tre, e non accolga inve-ce le resistenze che certamenteavranno i paesi del nord nel dibatti-to sul bilancio Ue. Qualunque pro-posta passi, precisano gli esperti, èdestinata almeno a raddoppiare lacapacità del bilancio dell’Unione eu-ropea, che è di circa 1000 miliardi.

Nella memoria liturgica di San Giorgiomartire, l’Osservatore Romano si uniscealla voce della Chiesa e di tanti uominidi buona volontà nel rivolgere al Papagli auguri più affettuosi per il suo ono-mastico. Auguri attraverso i quali siesprime anche la riconoscenza per co-me, in questi giorni difficili e faticosi,ci sostiene con la sua parola, fonte disperanza e richiamo alla responsabilità.(Nell’illustrazione: particolare del ritrattodi san Giorgio dipinto da Andrea Mante-gna nel 1460)

Alleato controil drago invisibile

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì 23 aprile 2020

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s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

Presentato il Rapporto globale sulle crisi alimentari

Una chiamata a rispondere alla pandemiacon coraggio e solidarietà

Caos dei mercati

Il timore della recessionespinge giù i listini

Persone davanti alla chiesa di S. Anna a Barcellona in attesa di pacchetti alimentari (Reuters)

BRUXELLES, 22. Non si ferma il“momento nero” dell’economiamondiale nel pieno della pandemiadi coronavirus. Il petrolio Wti risa-le questa mattina sui mercati asiati-ci a circa 16 dollari al barile. Scen-de sotto i 18 invece il Brent, ilgreggio europeo. La crisi dell’o ronero e lo spettro di una grande de-pressione ieri hanno affossato leborse. Oggi si registra un lieve mi-glioramento in Asia: Shanghai hachiuso a +0,60 per cento, Shenzhena +1,05 per cento.

Nel Vecchio Continente ieri èstata una giornata di caos: Franco-forte ha perso il 3,99 per cento,mentre Parigi il 3,77. Piazza Affariha chiuso in forte calo arretrandodel 3,59 per cento complice unospread (differenziale con i titoli te-deschi) volato quasi fino a 270punti per poi chiudere a 263.

In forte calo Wall Street. Appe-santiti da trimestrali non convin-centi, i listini hanno chiuso in pro-fondo rosso, ai minimi delle ultimetre settimane, nonostante l’a c c o rd oal Congresso per nuovi fondi allepiccole e medie imprese. Il DowJones ha perso il 2,67 per cento. IlNasdaq ha ceduto il 3,48 mentre loS&P 500 il 3,07. Sul piano dei tito-

li, Ibm ha perso il 3,03 dopo averannunciato ricavi in calo del 3,4nel primo trimestre e ritirato le pre-visioni per il 2020 a causa dell’in-certezza innescata dal coronavirus.

Come detto, lo scenario e le pro-spettive future non sono affattobuoni. Le stime del Fondo moneta-rio internazionale (Fmi) — che pre-vede la peggiore recessione globaledalla crisi del ‘29 — stima che lacrescita in Asia nel 2020 sarà dellozero per cento, «la peggiore per-formance di crescita in quasi 60anni». Detto questo — scrive ilFondo nella sua analisi più recente— l’Asia sembra «far meglio» di al-tre regioni del pianeta. «Le revisio-ni al ribasso — sostiene l’Fmi — so-no sostanziali e vanno dal 3,5 percento nel caso della Corea a oltre 9punti percentuali nel caso di Au-stralia, Thailandia e Nuova Zelan-da», colpiti dal rallentamento delturismo globale e — nel casodell’Australia — da prezzi delle ma-terie prime più bassi. Quanto allaCina, secondo gli esperti del Fon-do, la crescita dovrebbe diminuiredal 6,1 del 2019 all’1,2 per cento nel2020, un elemento che non consen-tirà al Paese di «aiutare la crescitadell’Asia» come in passato.

Oltre diecimila casiin quattro paesilatinoamericani

Amnistia in Messico

CITTÀ DEL ME S S I C O, 22. In Ame-rica Latina sono oltre 5600 le per-sone morte per cause riconducibilial covid-19. In almeno quattropaesi dell’intera regione sono stateregistrate più di diecimila personerisultate positive al coronavirus. Sitratta di Brasile, sempre epicentrodella regione con 166 morti nelleultime 24 ore per un totale di ol-tre 2740 vittime; Perú, dove preoc-cupa l’aumento dei ricoveri in te-rapia intensiva; Ecuador dove levittime ufficiali sono sotto il mi-gliaio, anche se il registro civile haregistrato in due mesi un totale di17.000 certificati di morte di cui11.000 nel Guayas, provincia mag-giormente colpita dal virus; e Ciledove il numero di decessi è conte-nuto, 147.

Poco sotto i diecimila casi, 9500per l’esattezza, rimane al momen-to il Messico dove il governo ieriha annunciato di essere entratonella fase 3, quella più duradell’emergenza sanitaria in cui èprevisto il picco dei contagi e perla quale ci sarà l’estensione dellemisure di distanziamento socialefino al 30 maggio. Intanto il Se-nato messicano ha approvato unalegge di amnistia, in rispostaall’appello “u rg e n t e ” fatto dalleorganizzazioni per i diritti umanidelle Nazioni Unite, alleggerendocosì la pressione sugli istituti dipena determinata dall’e m e rg e n z asanitaria creata dal nuovo corona-v i ru s .

Allerta su una probabile nuova ondata del virus in inverno

Usa, immigrazione sospesa

Dipendente dell’Oms uccisoin un attacco in Myanmar

di FERNAND O CHICA ARELLANO

L’edizione 2020 del RapportoGlobale sulle Crisi Alimentari,presentato martedì 21 aprile

scorso dalla Rete Globale contro leCrisi Alimentari, cui partecipanoquindici Organismi della Comunitàinternazionale impegnati ad affron-tare in modo sostenibile le causeprofonde delle crisi alimentari, tracui l’Organizzazione delle NazioniUnite per l’agricoltura e l’alimenta-zione (Fao), il Programma alimenta-re mondiale (Pam) e l’Unione euro-pea, ha rilevato come il numero dicoloro che soffrono di fame acuta siaaumentato ulteriormente nel 2019,arrivando tale sciagura a riguardarecirca 135 milioni di persone in 55Paesi nel mondo, rispetto ai prece-denti 113 milioni presenti in 53 Paesiche erano stati registrati nel 2018.

Una situazione che, purtroppo,come sottolinea lo stesso Rapporto,è destinata a peggiorare notevolmen-te nell’anno in corso, se si pensa chealle già allarmanti cause dell’e s t re m amancanza di cibo — conflitti, cam-biamenti climatici e shock economici— si aggiunge la tragica ondata pan-demica del coronavirus. Essa ha, in-fatti, appianato le differenze tra Pae-si ricchi e Paesi poveri e ha fatto ca-lare la sera sul mondo intero.

Come ricordava il Santo Padre nelMomento straordinario di preghieradel 27 marzo scorso: «Fitte tenebresi sono addensate sulle nostre piaz-ze, strade e città; si sono impadroni-te delle nostre vite riempiendo tuttodi un silenzio assordante e di unvuoto desolante, che paralizza ognicosa al suo passaggio: si sentenell’aria, si avverte nei gesti, lo dico-no gli sguardi». L’oscurità in cuiquesta pandemia ci ha confinati haacuito la nostra fragilità e il nostrosenso di smarrimento. Riprendendole parole di quel giorno del RomanoPontefice, essa «lascia scoperte quel-le false e superflue sicurezze con cuiabbiamo costruito le nostre agende, inostri progetti, le nostre abitudini epriorità» e ci ricorda quali siano, in-vece, i nostri bisogni primari.

Tra essi vi è la necessità di assicu-rarsi il pane quotidiano, che permolti nel terzo millennio sembravauna questione superata, confinatasemmai in Paesi distanti, ancheidealmente, dall’immaginario co-mune.

La fame, invece, ha oggi bussato,seppur con forza diversa, alle portedi tutti e ha risvegliato un drammache in molte aree del pianeta era ri-masto sopito dalla Seconda GuerraMondiale. È per questa intenzioneche, più volte, il Vescovo di Romaha offerto la quotidiana Messa mat-tutina a Santa Marta. «Preghiamooggi per le persone che per la pan-demia stanno incominciando a senti-re problemi economici, perché nonpossono lavorare e tutto questo rica-de sulla famiglia», diceva il 23 mar-zo scorso; «preghiamo il Signoreperché ci aiuti ad avere fiducia e atollerare e vincere le paure» tra cui

«la paura dei lavoratori senza lavorofisso che pensano come dare damangiare ai loro figli e vedono veni-re la fame», incalzava il 26 marzo;«preghiamo per le famiglie che inco-minciano a sentire il bisogno a causadella pandemia», perché «si inco-mincia a vedere gente che ha fame»,affermava il 28 marzo.

Diviene necessario pregare perchél’improvviso cataclisma che si è ab-battuto addosso a tutti sta costrin-gendo il mondo a fermarsi, portan-do con sé un’ondata nuova di denu-trizione e povertà, che nel mondooccidentale e nelle economie avanza-te si traduce in persone confinate incasa in quarantena, fabbriche chiuse,servizi sospesi, sistemi sanitari inde-boliti dall’emergenza e consistenticrisi economiche, ma nel resto delpianeta, già gravemente provato, si-gnifica il dilagare della miseria e del-la morte.

È proprio questo il problema: ilFondo monetario internazionale, nelrecente aggiornamento del Wo rl dEconomic Outlook, ha quantificato ildisastro generato dalla pandemia inuna contrazione del Pil globale chenel 2020 si aggirerà intorno al 3 percento, con perdite complessive pari aquasi 9 mila miliardi di dollari fra il2020 e il 2021 e con fenomeni di re-cessione tanto nelle economie avan-zate quanto in quelle in via di svi-lupp o.

Questo significa che nei Paesi eco-nomicamente più avanzati aumente-rà la disoccupazione e molte più fa-miglie soffriranno la fame, ma sta adindicare anche che in Paesi già seria-

mente martoriati dalle preesistenti epersistenti crisi umanitarie, come adesempio lo Yemen, l’Afghanistan, laRepubblica Democratica del Congo,la Siria, il Sud Sudan, il Venezuela,Haiti e il Nord della Nigeria, in cuila maggioranza della popolazione vi-veva già in condizioni di povertàestrema o dove l’accesso ai servizisanitari era da tempo fortemente di-seguale e totalmente insufficiente,focolai di covid-19 potrebbero porta-re a effetti catastrofici e il tributo divite umane potrebbe raggiungere unordine di grandezza superiore aquello di qualsiasi Paese sviluppato.

In tale contesto, tutti ci sentiamosmarriti e cerchiamo di correre ai ri-

pari per proteggere noi e i nostri caridalle conseguenze nefaste provocatedal virus. Ciò nonostante, è proprioin quest’ora che viene richiesto a cia-scuno di noi, in primis ai governan-ti, ai politici e alle istituzioni ma an-che alle imprese, alle associazioni eai cittadini, di unirci in un audacesforzo di pensiero a lungo termine,perché non è questo il tempo degliegoismi: la sfida che stiamo affron-tando ci accomuna tutti e non fadifferenza di persone.

Papa Francesco ci ha messo inguardia, il 19 aprile, nella SantaMessa in occasione della Festa dellaDivina Misericordia, dal rischio divenire sopraffatti da un virus ancorapeggiore del covid-19, che è quellodell’egoismo indifferente: «Si trasmettea partire dall’idea che la vita miglio-ra se va meglio a me, che tutto an-drà bene se andrà bene per me. Siparte da qui e si arriva a selezionarele persone, a scartare i poveri, a im-molare chi sta indietro sull’altare delprogresso». Questa crisi ci invita, in-vece, a essere valorosi, a uscire danoi stessi per mettere a disposizionedi tutti i cinque pani e i due pesciche possediamo e che riusciranno,grazie al miracolo della condivisione,ad alimentare le folle. Come ha esor-tato il Successore di Pietro durantela Veglia Pasquale dello scorso 11aprile: «Mettiamo a tacere le gridadi morte, basta guerre! Si fermino laproduzione e il commercio delle ar-mi, perché di pane e non di fuciliabbiamo bisogno».

Possa il Rapporto che è statopubblicato dalla Rete Globale con-tro le Crisi Alimentari ricordare aciascuno di noi e agli attori dellaComunità internazionale che, nono-stante il periodo di incertezza chetutti stiamo vivendo, l’unico modoper sconfiggere la pandemia saràquello di agire tempestivamente in-sieme e in uno spirito di solidarietà,nella consapevolezza di un impegnonon solo morale, ma anche concreto,alimentato da una visione saggia elungimirante che tenda alla realizza-zione dei nostri bisogni in connes-sione con quelli altrui, nel reale per-seguimento del bene comune.

NAY P Y I D AW, 22. Un dipendentedell’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms) è stato ucciso lunedì inun attacco avvenuto nello Stato diRakhine, in Myanmar, in circostanzeancora poche chiare.

L’autista dell’Oms stava traspor-tando campioni per il test del coro-navirus da Sittwe a Yangon. A de-nunciare l’accaduto è il Segretariogenerale dell’Onu, António Guter-res, definendo l’episodio «un inci-dente di sicurezza».

In Cina — in vista di un alto ri-schio di incremento di casi importatidi covid-19 attraverso il confine ter-restre — l’autorità sanitaria ha decisodi incrementare i test e i trattamentinelle zone di confine. La disponibili-tà di servizi medici in alcune regioni

di confine è insufficiente, ha dichia-rato la Commissione sanitaria nazio-nale, spiegando che il controllodell’epidemia in queste zone «è unapriorità nella fase attuale».

Le autorità cinesi segnalano, in-tanto, 7 nuovi casi di trasmissionelocale nella provincia di Heilon-gjiang e 23 importati, per un totaledi 1610.

Singapore, invece, ha deciso diestendere il lockdown parziale finoal primo giugno.

Lo ha annunciato il premier, LeeHsien Loong, dopo l’aumento di ca-si, che oggi registra 1111 contagi. Intotale sono 9125 le persone infettate,circa il 76 per cento dei quali sonolavoratori stranieri che vivono neidormitori.

WASHINGTON, 22. Il presidente de-gli Stati Uniti, Donald Trump,mentre il Centers for Disease Con-trol and Prevention ha messo inguardia contro una seconda ondatadi coronavirus il prossimo invernoche rischia di essere devastante, habloccato per i prossimi sessantagiorni l’accoglienza delle domandepresentate da cittadini stranieri pervivere e lavorare nel paese. Il prov-vedimento continua a permetterel’ingresso nel paese di lavoratori atempo che hanno un visto da nonimmigrati. La decisione del presi-dente è motivata dal voler favorirel’impiego e l’occupazione dei citta-dini statunitensi, fortemente colpitida questo punto di vista dalla crisieconomica portata dalla pandemiadi covid-19. Oltre 22 milioni di cit-tadini Usa infatti, nelle quattro set-timane comprese tra la seconda me-tà di marzo e la prima metà diaprile, hanno perso il lavoro e han-no richiesto i sussidi previsti.

«Sarebbe sbagliato sostituirli conimmigrati che arrivano dall’e s t e ro » ,ha dichiarato dalla Casa Bianca ilpresidente, avvertendo che eventua-li modifiche al provvedimento di-penderanno «dalle condizioni eco-nomiche del paese» fra 60 giorni.«Vogliamo proteggere i lavoratoriamericani» e la sospensione «ciaiuterà anche a preservare risorsemediche vitali», ha aggiuntoTrump spiegando come il divietonon si applicherà ai lavoratori agri-coli stagionali. La stretta dell’ammi-nistrazione Usa sull’immigrazionearriva mentre nel paese i contagihanno superato quota 824.000 e i

morti sono più di 45.000, di cui2700 nelle ultime 24 ore. Il presi-dente ieri, durante il briefing quoti-diano, nonostante i dati non pro-prio confortanti sui decessi e suicontagi, ha affermato che molti sta-ti americani, almeno venti, si appre-stano a riaprire in «sicurezza». «Ve-do una luce in fondo al tunnel. Ve-do molta luce in fondo al tunnel»ha esclamato l’inquilino della CasaBianca.

Il presidente ha poi promessomisure per sostenere l’industria pe-trolifera nazionale: «Non la lascere-

mo cadere mai» ha dichiarato ieri,garantendo di aver incaricato il Se-gretario dell’Energia e quello delTesoro di formulare un piano cherenda disponibili fondi affinchéqueste importanti aziende e postidi lavoro siano garantiti nel futuro.«Non abbandoneremo mai la gran-de industria petrolifera e del gasstatunitense», aveva scritto Trumpsu Twitter.

La situazione legata al crollo delprezzo del greggio secondo gli ana-listi è estremamente negativa per lafiducia nel mercato.

Page 3: Non c’è futuro per l’uomo se si distrugge l’ambiente di vedere i ... - … · 2020-04-22 · Fe s t a di San Giorgio Prende sempre più quota l’ipotesi di un fondo per finanziare

L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 23 aprile 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

In un nuovo mondo unito dagli oceani informatici la società va ripensata a partire dall’equità

Costruire il futuro con un velodi (sana) ignoranza

di PAOLO BENANTI

Nella spasmodica ricerca dicontenere il dilagare dellapandemia, sempre più nazio-

ni, inclusa l’Italia, stanno approvan-do decreti emergenziali volti a ridur-re il più possibile i contatti socialidei loro cittadini. Si stima che almondo ci siano 7,79 miliardi di per-sone. Secondo una stima dell’agen-zia France-Presse (l’Afp è un’agen-zia di stampa francese fondata nel1835, tra le più importanti e autore-voli al mondo), al 30 marzo 2020più di 3,38 miliardi di persone nelmondo erano chiuse in casa o sotto-poste comunque a limitazioni dimovimento o a misure di isolamentosociale. Si tratta in pratica di quat-tro persone su 10, il 43 per centodella popolazione della terra.

Se la speranza, per molti, è quelladi un rapido ritorno alla normalità,è lecito chiedersi cosa aspettarsi peril futuro. Come sarà il “dop o”?Questo “domani” è da virgolettare,perché non si tratta solo di indivi-duare un orizzonte temporale chesegnerà la fine dell’emergenza, bensìdi capire se quello che ci aspettadebba invece racchiudersi nell’equi-valente del termine “p ost-”, inclu-dendone tutte le ambiguità. Il Sars-Cov-2 può aprirci a un futuro in cuil’uomo vivrà una fase di benessere,pace e serenità che si configuri comepost-bellica, post-patologica o post-povertà, oppure può condurre a unasoglia in cui il “p ost-“ collassa nelsignificato di “dis-“, creando uncontesto dis-umano che nega ogniforma di valore condiviso e di co-munione sociale.

Fare i conti con questa ambiguitàrivela la necessità urgente di pensareil “dop o”.

In un seminario del 2006, a Gine-vra, i membri fondatori del progettoBridging the Gap presentarono unoscenario che postulava una crisi fi-nanziaria originata negli Stati Unitiche avrebbe provocato una recessio-ne globale con conseguenze econo-miche dolorose per l’Europa. Moltipartecipanti al seminario — studiosie responsabili delle politiche — re a -girono increduli: «È semplicementeimpossibile»... «Non potrebbe maiaccadere»... «È una perdita di tem-po parlarne»... Quello che è accadu-to dopo, come sappiamo, li hasmentiti. La grande recessione è lacrisi economica mondiale verificatasitra il 2007 e il 2013, scoppiata negliStati Uniti d’America nel 2006 inseguito alla crisi dei subprime e delmercato immobiliare, innescata dalloscoppio di una bolla immobiliareche ha prodotto a catena una gravecrisi finanziaria nell’economia ameri-cana.

La recessione ha poi gradualmen-te assunto un carattere globale, spin-ta da meccanismi finanziari di con-tagio, e perdurante con una spiralerecessiva che si è ulteriormente ag-gravata in diversi Paesi europei.Quali sono state le conseguenze? Lacrisi ha prodotto profondi risvoltisociali sulle famiglie, provocando unincremento delle condizioni di po-vertà delle persone, aggravate dauna lenta ma costante diminuzionedi potere d’acquisto reale dei red-diti.

La crisi ha avuto anche delle ri-percussioni mondiali che hanno fat-to tremare Stati, equilibri geopoliticie grandi gruppi industriali e finan-ziari. Le analogie con la situazioneattuale sono evidenti. Per non pro-cedere in maniera analoga, è neces-sario fare tesoro di quanto accaduto,e comprendere che la sfida attuale èdare valore all’analisi dello scenario.Il valore del delineare scenari, vasottolineato, è vero e utile se noncommettiamo l’errore di scambiaregli scenari stessi per previsioni, pro-fezie o simulazioni.

Compito degli scenari possibili èaltro: essi servono come strumentipreziosi per illustrare possibili statifuturi del mondo combinando teoria(scienze sociali, empiriche, ecc.) enarrazione (immaginazione, fantasiae storytelling...) in modi rigorosi erisonanti per nutrire e promuovere ilpensiero creativo. La definizione diuno scenario serve per permetterealle persone coinvolte di utilizzare almassimo le proprie competenze e lapropria immaginazione per svilup-

pare un pensiero creativo in gradodi affrontare le incertezze, le sfide eil cambiamento, e di formulare pos-sibili risposte. Inoltre, uno scenariopermette di comunicare a un grup-po di persone idee, valori e modali-tà di risposta che diventino “cultu-ra” del gruppo stesso.

Al di là di quale scenario potràdescrivere con maggiore accuratezzaquello che ci attende penso che pos-siamo già evidenziare alcune do-mande che ci permettono di com-piere un discernimento sul presenteche viviamo e interrogarci sul dopoche vogliamo realizzare senza aspet-tare che sia qualcun altro a decideree impostare per noi quello cheaccadrà.

In primo luogo, sempre di più siassiste a tentativi autarchici delle di-verse nazioni. Ci si deve chiedere al-lora cosà rimarrà globale? Cosà saràsolo locale? Nascerà un nuovo glo-cal? Avrà ancora senso parlare dimercato comune? I modelli econo-mici basati sulla delocalizzazione ela produzione nei paesi meno svi-luppati di alcuni prodotti sono allabase delle carenze di alcuni prodottie beni essenziali per affrontare l’at-tuale emergenza. Come ripensareuna nuova distribuzione globale del-la produzione e nuovi modelli indu-striali? Il mondo che abbiamo crea-to negli ultimi anni si basa su unalogistica che garantisce un movi-mento di merci globale e altamentecontrollato e monitorato. Come que-sto evento farà cambiare tutto que-sto? Come interconnettere il mondoin modo che siano criteri etici e diequità e non nuovi modelli di domi-nio a generare le nuove autostrade ovie della seta? Fino a tre anni fa, laproduzione di device elettronici inCina era scontata. Questo è cambia-to radicalmente ora in un’era diguerre commerciali e di coronavirus.In base alla nuova realtà, i produt-tori di elettronica di tutto il mondosono attivamente alla ricerca di mo-di per diversificare le loro catene diapprovvigionamento e ridurre la lo-ro dipendenza da ogni singolo pae-se, non importa quanto sia attraente.Non c’è mai stata tanta angoscia trai fornitori. E non c’è da meravigliar-si, perché secondo la maggior partedegli analisti, il mondo sta affron-tando alcuni dei più grandi shockalla produzione da quando i produt-tori di Taiwan — responsabili dell’as-semblaggio della maggior parte deidevice elettronici del mondo — han-no iniziato a levare le tende in mas-sa andando verso la Cina 30 anni fa.

Questa ultima tendenza è iniziatacon la battaglia tariffaria Usa-Cina,che l’anno scorso ha raggiunto unpunto di ebollizione. Ora l’iniziodella pandemia di covid-19 ha rapi-damente accelerato quei piani e in-coraggiato i manager a parlare aper-tamente dei loro sforzi per un eso-do. Indipendentemente dal fatto chescelgano l’India, il Vietnam o qual-siasi altro paese, è chiaro che i pro-duttori di elettronica hanno supera-to il punto di non ritorno nella lorograduale migrazione dalla Cina. Inuovi trasporti forse non sarannobasati più sui flussi di turismo masulla necessità di materie prime. Sipensi a un paese come la Svizzerache non ha grano: saranno necessità

come questa a determinare i flussi dimobilità e gli scambi economici?Nasceranno nuove forme di alimen-tazione? Nuove tradizioni culinariee nuovi piatti? Se la produzione dibeni primari e le materie prime sonoora in paesi meno sviluppati, questovorrà dire che questi paesi avrannoun nuovo peso nello scenario glo-bale?

Con la pandemia abbiamo assisti-to al fatto che tutti i servizi che ab-biamo privatizzato e/o liberalizzatonella maggior parte dei casi sonocome “evap orati” (si pensi a Ryanairche improvvisamente ha interrottotutti i viaggi da e per l’Italia, oFlixbus che ha sospeso tutti i servizilasciando disconnesse intere regioninon toccate dalle ferrovie regionali).Che cosa dobbiamo liberalizzare ecosa dobbiamo garantire come pub-blico in futuro per evitare di avereimplosioni nel vivere sociale?

Cosa vuol dire costruire un doma-ni giusto? Che cosa significherà im-plementare una giustizia sociale?Forse qui conviene ricordare l’a rg o -mento intuitivo che Rawls adducenella sua teoria della giustizia. L’ar-gomento intuitivo a favore della teo-ria della giustizia come equità vienepresentato da Rawls nel secondo ca-pitolo di “Una teoria della Giusti-zia”; l’argomento intuitivo riguardasostanzialmente il secondo principiodella teoria, quello di differenza, chemira a modellare una distribuzionegiusta di risorse, una volta garantita,con il primo principio, l’ascrizionedelle eguali libertà fondamentali aciascuno.

Libertà ed eguaglianza non sonovalori confliggenti, l’equità distribu-tiva mira anzi a rendere eguale il di-seguale valore delle eguali libertà.Per Rawls il principio di efficienza(che risale a Vilfredo Pareto) è darimpiazzare con il principio di diffe-renza, specificando l’i n t e r p re t a z i o n edell’eguaglianza democratica: lapriorità è data al punto di vista dichi è più svantaggiato nella distribu-zione delle dotazioni iniziali, natura-li e sociali.

Si esprime così una “fraternità de-mo cratica”, basata su un’idea di re-ciprocità o solidarietà di cittadinan-za. Solo sullo sfondo di istituzionimodellate dal principio di libertà edal principio di differenza è possibi-le che una società superi il test dellagiustificazione etica per chi vi hauna vita, con gli altri, da vivere.Con l’idea di accettabilità unanimeRawls tiene presente la procedurache dà la precedenza a coloro per iquali lo schema di cooperazione èmeno accettabile: solo se l’accetta-zione è ottenuta da chi è più svan-taggiato è possibile proseguire con iltest sino a pervenire a chi è più av-vantaggiato. Se vogliamo pensare eimmaginare il “dop o” non possiamoallora escludere dal nostro pensieroe dalla nostra immaginazione il con-cetto dell’accettabilità unanime. Ciòsignifica che ora, a differenza che inpassato, la giustizia come equità «sipresenta non come una concezionedella giustizia che è vera, ma comeuna concezione che può fare da baseper un accordo politico informato evolontario tra cittadini concepiti co-me liberi ed eguali».

Rawls propone di utilizzare “il ve-lo d’ignoranza”, una metafora filoso-fica che si rifà al pensiero politicodei filosofi contrattualisti ThomasHobbes, John Locke e ImmanuelKant, per rappresentare un’ip oteticasituazione in cui l’esperienza di pen-siero fa astrazione di ogni interessedi tipo particolare, individuale o pri-vato per giungere al fondamento diuna futura società giusta. Abbiamobisogno di immaginare il “dop o”con un velo d’ignoranza. La teoriadi Rawls consiste nel compiere unesperimento mentale di questo tipo:immaginiamo che un gruppo di in-dividui, privati di qualsiasi cono-scenza circa il proprio ruolo nellasocietà, i propri talenti, il proprio li-vello intellettuale e culturale, le pro-prie caratteristiche psicologiche e ipropri valori, viva in un velo d’igno-ranza, ma sapendo comunque da in-dividui razionali che sanno comefunzionano le società e i fatti che legovernano e quali sistemi economiciesistono — situazione di fondo que-sta che egli chiama original position(“posizione originaria”) — può sce-gliere secondo quali principi deveessere gestita la società in cui vivo-no. Ebbene, in condizioni simili, so-stiene Rawls, anche se fossero total-mente disinteressate le une rispettoalla sorte propria e delle altre, leparti sarebbero costrette dalla situa-zione a scegliere due determinatiprincipi di giustizia. Il primo: ognipersona ha un uguale diritto allapiù estesa libertà fondamentale,compatibilmente con una simile li-bertà per gli altri. Il secondo: le ine-guaglianze economiche e sociali so-no ammissibili soltanto se sono peril beneficio dei meno avvantaggiati.

Una società giusta nel “dop o” de-ve essere quindi uno schema di coo-perazione stabile nel tempo e mo-dellato da un principio base di reci-procità di cittadinanza. Allora qualesocietà potremmo unanimementecostruire come giusta e quindi stabi-le e in grado di garantire al nostro“dop o” un futuro? Un grande ruolopotrebbe averlo l’automazione. I ro-bot e i dispositivi software intelli-genti potranno permetterci di viveremaggiori distanze sociali. Ma qualieffetti sul lavoro? Forse la prima au-tomatizzazione e i primi veicoli au-tonomi non li vedremo nelle cittàma nei campi, per coltivare e racco-gliere quei prodotti di cui avremobisogno.

Il mondo della digitalizzazione edell’informazione avrà un ruolochiave. Come i mari una volta. Il di-gitale sarà un nuovo mare da con-quistare e contendersi o luogo dirotte e scambi pacifici?

Bisognerà anche capire chi vieneascoltato. Il mondo ha bisogno diguide spirituali. L’attualità della fra-gilità e della morte chiedono media-zioni spirituali ma queste dovrannomediare con la scienza e mediare lascienza nelle indicazioni che daran-no per orientare le coscienze e aiuta-re gli animi. La speranza è «il pre-sente del nostro futuro» parafrasan-do Tommaso d’Aquino. Già, vivechi spera! Allora per il “dop o” vive-re e sperare sono gli elementi fonda-mentali per non subire un domanima costruirlo come frutto di un di-scernimento nell’oggi.

Attacco di gruppi armati in Mozambico

Cinquantadue giovaniuccisi a Cabo Delgado

MA P U T O, 22. Ancora violenza nellaprovincia di Cabo Delgado,nell’estremo nord del Mozambico.Lo scorso 7 aprile almeno 52 civilisono stati uccisi in un attacco sfer-rato da parte di gruppi jihadisticontro il villaggio di Xitaxi, nel di-stretto settentrionale di Muidumbe.Lo hanno riferito ieri i media locali,citando fonti della polizia. I giova-ni sarebbero stati giustiziati, dopoaver rifiutato di unirsi alle fila deimiliziani.

Nel confermare sia l’attacco sia ilbilancio delle vittime, il portavocedella polizia mozambicana, Orlan-do Modumane, ha spiegato che imiliziani hanno issato barricate alleentrate principali della cittadina. Ilrifiuto dei giovani di farsi reclutare«ha provocato la rabbia dei crimi-nali, che hanno ucciso indiscrimina-tamente e in modo crudele». Mo-dumane ha aggiunto che i civili so-no stati «massacrati», uccisi a colpidi arma da fuoco o decapitati.

L’intervento delle forze di sicu-rezza ha permesso poi di respingerele milizie islamiste, mentre sonostate rafforzate le operazioni neipunti più critici della provincia.L’attacco è stato rivendicato dalgruppo al Shabaab, formazionejihadista, affiliata al sedicente Statoislamico.

Secondo alcuni media locali ilgruppo di uomini armati ha attac-cato in successione quattro villaggidel distretto di Muidumbe, chie-dendo agli abitanti di unirsi alla lo-ro lotta, volta a creare nella zonaun governo islamista. A seguito

dell’incursione centinaia di personeallo stremo sono state costrette adabbandonare le loro case, dirigen-dosi verso il capoluogo provinciale,Pemba, a circa 350 chilometri a suddi Mocimboa da Praia, la quale giàa fine marzo era stata presa di miradai miliziani. Nell’omonima locali-tà, situata a circa 90 chilometri asud di Palma, vengono portatiavanti grandi progetti internazionaliper l’esplorazione del gas naturale.

La provincia settentrionale mo-zambicana di Cabo Delgado, inparticolare, è soggetta da oltre dueanni a incessanti attacchi delle mili-zie jihadiste, espressione di una evi-dente destabilizzazione da parte diattori non statali d’ispirazione isla-mista. Dall’ottobre del 2017 sonostate massacrate centinaia di perso-ne nel corso di attacchi avvenutiprincipalmente nelle aree rurali.

Si osserva negli ultimi tempi unincremento degli attacchi, che haportato al sequestro di edifici go-vernativi, a numerosi blocchi stra-dali e al dispiegamento delle carat-teristiche bandiere nere dalle scrittebianche, issate tra le città e i villag-gi occupati. Molti degli attentatiavvenuti nell’ultimo anno sono statirivendicati dallo Stato islamico del-la provincia dell’Africa Centrale(Iscap), affiliato all’Is.

A oggi le violenze nella provinciadi Cabo Delgado hanno causato lamorte di oltre 700 persone, secondoMedici senza frontiere. Stando allestime fornite dal vescovo di Pemba,Luiz Fernando Lisboa, sono alme-no 200.000 gli sfollati.

Il paese non si è ancora ripreso dal terremoto di 5 anni fa

Nepalallo stremo

KAT H M A N D U, 22. A cinque anni daldevastante terremoto, la popolazio-ne del Nepal è sempre più allo stre-mo delle forze. E il covid-19 ha ul-teriormente peggiorato la già gravesituazione, perché il virus ha colpi-to un paese che ancora non si è ri-sollevato dal sisma, che provocò lamorte di oltre 9000 persone, decinedi migliaia di feriti e oltre 600.000sfollati.

L’allarme è stato lanciato dalleorganizzazioni umanitarie che traenormi difficoltà operano nel paeseasiatico. Secondo gli esperti, nellearee rurali un malato è costretto acamminare oltre 3 ore per raggiun-gere il centro sanitario più vicino.

E nelle aree urbane sia l’assisten-za sanitaria che le condizioni igieni-che delle strutture sono carenti emolte famiglie di migranti dallearee rurali — i cosiddetti “poveri ur-bani” — non riescono ad accederead adeguate cure.

Le misure di sicurezza nei negozialimentari non sono osservate. Lepersone che vivono nelle aree urba-ne e periurbane non possiedononemmeno un frigorifero per conser-vare gli alimenti e sono costrette auscire quotidianamente per acqui-stare cibo. Inoltre, la maggior partedelle persone vive di lavori giorna-lieri e oltre 8 milioni di loro sonoesposte a rischio povertà e malnu-trizione. A tutto ciò si aggiunge ilrischio sanitario per il coronavirus,che ha sorpreso una popolazionegià impoverita dalle conseguenzedel terremoto e non attrezzata afronteggiarlo, giacché completa-mente sprovvista degli strumenti diprotezione come guanti e mascheri-ne e disinformata circa le regole dicontenimento.

Il terremoto di cinque anni fa,avvertito distintamente anche nellezone himalayane di India, Cina,Bangladesh e Pakistan, è stato dimagnitudo 7,8 sulla scala Richter,con epicentro a circa 34 chilometriest-sud-est di Lamjung.

Si è trattato del sisma più violen-to che abbia colpito quest’area do-po il 1934, quando un terremoto dimagnitudo 8.0 provocò la morte dicirca 10.600 persone.

Si estendonogli incendi

a Chernobyl

KI E V, 22. I vigili del fuoco invia-ti sempre più numerosi nella zo-na di esclusione della centralenucleare di Chernobyl, in Ucrai-na, non sono ancora riusciti aspegnere gli incendi boschivi at-tivi da oltre due settimane. Piùdi 1300 pompieri sono impegnatiper cercare di contenere i roghiintorno alla centrale nucleare ealtri mille sono stati dislocatinella vicina regione di Zhytomyrdove, a causa dei forti venti deigiorni scorsi e delle condizionidi particolare siccità, si è svilup-pato un altro incendio. Il densofumo è arrivato fino a Kiev. Il li-vello di radioattività misuratonella capitale, che si trova a uncentinaio di chilometri dagli in-cendi, «è nella norma», precisala protezione civile.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 giovedì 23 aprile 2020

La poesia di Margherita Guidacci

Intelligenza d’a m o re

Per ragioni biografiche molti dei suoi testisono segnati dal tema della rinuncia«Poiché non mi veniva nessuna parola(la parola era “addio”,ma non riuscivo a dirla)»

Un ritrattodi Margherita Guidacci

Vita, dolori e diritti negati nell’ultimo romanzo di Carola Susani ambientato in una baraccopoli

Storia di un ragazzo capace di tornare

Protagonista del raccontoè quel mondo degli ultimi e degli oppressiche la scrittriceè così brava a tratteggiare

L’amicizia tra William Wordsworth, nato 250 anni fa, e Samuel Taylor Coleridge

Versi, rime, ballateE faccende domestiche

di SAV E R I O SIMONELLI

Ma riuscireste a immaginarvi due poetiche armeggiano davanti a un pozzo,si passano i secchi e poi pian pianinosi incamminano verso un cottage perun sentiero anche piuttosto acciden-

tato tra saliscendi impegnativi che a ogni curva peròsvelano paesaggi di rustica ma incantevole bellezza?Se alla fine del Settecento aveste abitato nel distrettodei laghi nel nord dell’Inghilterra, a pochi chilometridalla Scozia, questa scena vi sarebbe sembrata cosìusuale da non notarla affatto.

William Wordsworth, di cui oggi ricordiamo il 250anniversario della nascita e Samuel Taylor Coleridgesono proprio quei due poeti lì, impegnati nelle inevi-tabili mansioni pratiche del quotidiano mentre magaridiscutono i contenuti della prefazione alla loro primaraccolta di poesie, le Lyrical Ballads. Ancora non pos-sono saperlo, ma quello che stanno progettando di-verrà uno dei più chiari, esaurienti e citati manifestidel romanticismo europeo.

I due artisti abitavano vicini in quell’angolodell’Inghilterra centrosettentrionale, una specie dicantuccio geografico così difforme dalla morfologiadell’isola. Un dedalo di liquide meraviglie, incanto dilaghi ma anche di sorgenti intervallate da piccoli fior-di, collinette aspre e spesso avvolte nella nebbia, maanche un luogo impervio per abitarci. E al netto diromantici e inevitabili trascendimenti, bisognava met-tere assieme il pranzo con la cena, usare l’acqua diquel pozzo lontano più volte, lavarsi, riscaldare lestanze delle dimore spesso affollate da augusti ospiti.Per di lì passò nientemeno che sir Walter Scott, l’au-tore di Ivanohe, ma anche John Ruskin, forse il piùvisionario e poetico storico dell’arte di tutti i tempi,era di casa da quelle parti. Insomma era una vita chenulla aveva a che fare col tòpos del poeta nella suatorre d’avorio separato dalle incombenze della quoti-dianità.

Wordsworth e Coleridge sono talmente complemen-tari che anche nel loro fare poesia si integrano allaperfezione: mentre il secondo deve infondere tra i ver-si ed evocare il soprannaturale, Wordsworth invece hail compito di sublimare il quotidiano, di far ascoltarela musica della natura e intarsiarla di senso e di pro-fondità. Un compito che il poeta assolve con unastraordinaria limpidezza di sguardo e di stile, con unaprecisione degna di una tela di Vermeer e che proprioin virtù di questa esattezza rimanda a una essenza me-tafisica, nitida e fissata per sempre, come di un pae-saggio appena lustrato con una laccatura di smalto.

La notiamo non solo nella sua opera più ambizio-sa, il P re l u d i o , ma soprattutto nelle liriche più brevi,come la celebre Daffodils o ne Il rovescio della meda-glia, dove invita il lettore ad abbandonare gli studiper immergersi tra le seduzioni più istruttive della na-tura. Lo aveva poi scritto a chiare lettere nella citataprefazione alla raccolta delle Lyrical Ballads. La poe-sia nasce da un’emozione rivissuta in tranquillità e ilcompito del poeta è quello di rimanere “in compa-gnia della carne e del sangue” condividendo la nasco-sta musica dell’umanità. Una visione estetica talmenteconnaturata alla vita da trasparire immediatamente

nei versi, come nella lirica che chiude la raccoltaTintern Abbey. Lì il poeta si immagina anziano ma an-cora ammaliato dalla bellezza della natura e per rivi-vere appieno questa profondità di esperienza si affidaagli occhi più giovani della sorella, come a dirci cheanche l’esperienza più singolare — che è quelladell’emozione poetica — ha bisogno di un tu, deve es-sere porta, condivisa, vissuta nel rapporto con l’a l t ro ,perché lo sguardo che vivifica il mondo è un dono eun dono per sua natura deve essere offerto.

E poi quella di Wordsworth è una delle prime poe-sie “camminate” della storia della letteratura. Sonoversi che assumono vigore da uno sguardo erranteche si posa come un’ape sui fiori e trasmette il suonettare alla visione successiva, così che ogni paesag-gio deve qualcosa al precedente e nello stesso tempodona un’ulteriore qualità al successivo. Il poeta così èin grado di sommare stupore a stupore ma semprecon una sobrietà pudica e consapevole che quella bel-lezza non ha bisogno di troppi aggettivi. Il poeta de-ve solo comunicarne il fascino.

Proprio nel suo capolavoro Il Preludio Wo rd s w o r t hci dice dove può condurci questo sguardo. «I luoghisegreti della mia forza / sembrano aperti, mi avvicinoe subito si chiudono; / ora vedo a barlumi, e con l’età/ forse non vedrò più; ma vorrei dare / finché è pos-sibile, per quanto possono le parole / una sostanza euna vita a quel che sento: / chiudere in un tabernaco-lo lo spirito del passato / per trarne salute in futuro.Salute e salvezza che dal suo futuro illuminano anco-ra il nostro presente».

la posizione conta. Eccome se conta.Da lontano infatti la baraccopoli è solo un luogo

senz’acqua, ma da vicino è microcosmo vibrante di vita,dolori, diritti negati e ghetti, riprodotti al di là del tem-po e della geografia. Perché se dopo il terremoto im-piegati e commercianti si sono ritrovati con minatori,braccianti e delinquenti nella stessa baraccopoli, «l’ecodella catastrofe che livella» è stata presto «soffocata dalritorno alla vita». E così, perché non è proprio dettoche dalle disgrazie si esca migliori, l’ordine si ricompo-ne lasciando minatori e braccianti a est, e delinquentigiù per la discesa, con le famiglie bene che riescono afarsi mettere vicine nella parte «alta e ventosa del vil-

William Wordsworth interpretato dall’attore John Sackville

Giorgio de Chirico, «Ettore e Andromaca» (1966)

di GIULIA GALEOTTI

«P er la maggior parte della mia vita,davo allegramente le spalle alla di-scesa e guardavo di là. Di me pensa-vo: sono quello che guarda di là, equesto mi bastava per inorgoglire».

Ha dodici anni Ciccio nella Sicilia dei primi anni Set-tanta, vive con la madre e la sorellina in una baraccopolicostruita dopo il terremoto. Ciccio, come specifica luistesso, vive «nella fila al di qua della comunale», perché

laggio. La più salubre». Ciccio sente tutte le distanzecon le altre parti della baraccopoli, specie con quella incui si è stabilita «un’intera colonia di malacarne di ognietà, identici l’uno all’altro, teste rasate e corpi muscolo-si», se ne tiene a distanza perché intimamente teme chegli possano «attaccare il malaffare».

Questo correre, fuggire, inseguire e zompettare sof-frendo (molto) e gioendo (un poco) è un aspetto affasci-nante di Te r ra p i e n a (Roma, minimun fax, 2020, pagine123, euro 15), l’ultimo, acclamato romanzo di Carola Su-sani. Un libro visionario, cupo, ma mai disperato. È ve-ro che le speranze di un’epoca sono destinate a fallire,ancora e nuovamente; è vero che parte solo chi ha glistrumenti per farlo perché dal mondo di Te r ra p i e n a qual-cuno può andarsene (salutando addirittura), qualcunopuò scomparire, ma i più possono solo restarvi inchioda-ti; è vero che la catastrofe è lì, e la mafia non può cheuscire vincitrice con i suoi tentacoli di dolori e morti.

Tutto vero, però Ciccio in perenne ricerca di amore(«Andavo come un cane randagio che si struscia per es-sere adottato, o come la spia di un paese nemico chevuole vendersi la fedeltà») non è mai veramente perdu-to. Verrà travolto, ma avrà sperimentato cosa significaallontanarsi e per quel mondo degli ultimi e degli op-pressi che Carola Susani è così brava a tratteggiare, si-gnifica già moltissimo.

Perché Ciccio — figlio di una donna «senza chiaroscu-ri, senza spirito, senza ombre» (una donna su cui super-stizione e religione non attecchiscono, interessata com’èa soddisfare solo i suoi bisogni) — spera. Perché lui, ilbambino a cui fanno domande a cui non sa rispondere(non perché sia ignorante: perché a lui tante cose pro-prio non vengono nemmeno in mente, raffigurazionepotentissima dell’assenza di mezzi e opportunità), diven-ta un ragazzo capace non solo di partire, ma anche ditornare. Dal bambino «che guarda di là», Ciccio diventaun ragazzo che guarda anche qui. Con tutto ciò chequesto comporta.

All’ipotetico lettoreHo messo la mia anima fra le tue mani.Curvale a nido. Essa non vuole altroche riposare in te.Ma schiudile se un giornola sentirai fuggire. Fa’ che sianoallora come foglie e come vento,assecondando il suo volo.E sappi che l’affetto nell’addionon è minore che nell’incontro. Rimaneuguale e sarà eterno. Ma diversesono talvolta le vie da percorrerein obbedienza al destino.

di ELENA BUIA RUTT

La poesia di MargheritaGuidacci (Firenze 1921– Roma 1992), rimane atutt’oggi ingiustamentedimenticata: troppo alta

la sua fede, non chiusa nei confiniristretti di una religiosità pura-mente confessionale e devoziona-le; troppo profonda la parola, chenella sua limpidità evangelica rac-chiude innumerevoli potenzialitàdi significato. Eppure, «sotto l'a-spetto della sua attività di cattoli-ca impegnata possiamo tranquilla-mente associarla a quelle luminosefigure dell’umanesimo cristianoche nel Novecento ha fatto incro-ciare personalità come Giorgio LaPira, padre Ernesto Balducci, donLorenzo Milani, Mario Luzi»,scrive Anna Maria Tamburini nelsuo recente Margherita Guidacci.La poesia nella vita (Roma, Arac-ne, 2019, pagine 300, euro 18), do-ve ricostruisce, in modo scrupolo-so e partecipato, il profilo biogra-fico e letterario della scrittrice fio-rentina, sul fondamento di testi-monianze di prima mano, carteggiediti e inediti, materiale d’a rc h i -vio.

Poeta, traduttrice, saggista,giornalista, docente di letteraturaangloamericana Margherita Gui-dacci rimane una figura che si sta-glia solitaria nella poesia del No-vecento, poiché libera da ogniscuola, poiché fedele a un versoche nasce dal confronto serratocon l’esperienza del vivere: l’op eraprima La sabbia e l’angelo ( Va l l e c -chi 1946), scritta in un tempo bre-vissimo all’età di ventiquattro anni— continua Tamburini — nascesotto l’urgenza dell’amore allaprova del lutto, per il bisogno as-soluto di stabilire un ponte tra vi-vi e morti: «Chi grida sull’altospartiacque è udito da entrambele valli / Perciò la voce dei poetiintendono i viventi ed i morti. Lapoesia può dunque unire le duesp onde».

La morte, per lei che a soli die-ci anni vede spegnersi il padre permalattia, che vive la guerra, che sitrova ad attraversare una dolorosacrisi esistenziale nella maturità, eancora la morte dei propri cari, ilmarito, la madre, rimane sempreun termine di confronto ineludibi-le anche nei momenti di maggioreluminosità: «Avevo conosciutoprima lo sfiorire che il fiorire —scrive di sé, Margherita Guidacci—, avevo veduto prima come simuore che come si vive, e nella vi-ta ero entrata, per così dire, a ri-troso, senza poter staccare losguardo dal termine che ci attendesulla terra, il disfacimento dellacarne».

Ma la convivenza con il misterodella morte non le preclude unafranca apertura alla vita, una fidu-cia aperta nella possibilità di ama-re. La guerra, come per una sortadi strana compensazione, le portal’amore per Francisco Canepa, un

bandono, come i versi di Nessunap a ro l a : «Poiché non mi venivanessuna parola / (la parola era«addio», ma non riuscivo a dir-la)».

Pare sia stato quel giovane amo-re a regalarle le poesie di EmilyDickinson che Margherita inizia atradurre e a pubblicare, sino allacollaborazione al prestigioso volu-me contenente l’opera omnia dellapoetessa di Amherst, Tutte le poesiea cura di Marisa Bulgheroni(Mondadori 1997), uscito dopo lasua morte. Margherita, per moltis-simo tempo perde di vista l’intel-lettuale cileno, sino a quando, ve-dova già da cinque anni, la rag-giunge inaspettatamente una tele-fonata serale: è Francisco che èriuscito a trovare il suo numero at-traverso una serie di incredibiliperipezie e ricerche. Ora, com-menta Tamburini «avere ritrovatotra i vivi dopo tanti anni, e dopotutta la consumata esperienza di

una relazione affettiva con qual-che sbocco, essendo lui già legato,e quindi si dicono addio: «Franci-sco — precisa Tamburini — si trovòad attraversare tutta l'esperienzadella guerra, compreso il fronterusso — “la pianura nevosa doverischiasti / in guerra la tua vita” —e forse anche una partenza repen-tina in quella direzione, ma ci fuil tempo di salutarsi quando nelgiugno 1946 lui lasciò l’Italia persalpare sul primo mercantile utilediretto a Panama, alla volta delCile». Molti dei testi di Guidaccisono dunque segnati dal temadell’addio, della rinuncia, dell’ab-

morte, questo volto amato e offer-to, ha risignificato tutta la propriaumana vicenda: Margherita hapregustato la risurrezione, ha do-vuto rileggere la propria storia, hacompreso d’essere stata chiamatain quanto poeta a cantare nellaverità questo mistero d’amore chesempre ci sospinge. La sabbia el’angelo è poesia profetica».

Questo amore ritrovato divieneil grimaldello adatto a scardinareuna profonda fase di buio testi-moniata dalla raccolta N e u ro s u i t e(1970), con cui Guidacci si inseri-sce nel dibattito di quel periodosulla cura delle malattie mentali,raccontando una esperienza di ri-covero in clinica che si è sempreattribuita a lei, narrante in primapersona, ma di cui in famiglia nonsi seppe mai e che potrebbe avereriguardato invece altre persone,come un’amica cui era solita farevisita in Santa Maria della Pietà,per cui si dava molta pena. Im-portante la testimonianza della fi-glia, Elisa Pinna, dalla quale Tam-burini ha ottenuto informazioni diprima mano: «N e u ro s u i t e r a p p re -senta il mio Nadir — scrive Gui-dacci stessa —, il punto di desola-zione. Anche se poi quando presia scrivere il libro, mi sentii felice:felice perché in quel modo mi li-b eravo».

Il processo di liberazione culmi-na negli anni Ottanta, acceleratoda quell’amore inaspettato, centra-le nella raccolta Inno alla gioia(Nardini 1983), svolta luminosadell’ultimo decennio. Chiosa Tam-burini; «Se volessimo esprimerecon una formula icastica il sensodi tutta la poesia di MargheritaGuidacci sintetizzandone intera-mente il percorso, potremmo pen-sare semplicemente a “intelligenzad’a m o re ” senza timore di tradire,né sminuire intuizioni esperienzee memorie. Senza timore di riper-correre in quanto interpreti solchigià tracciati, poiché lei stessa in-duce a tanto i suoi lettori, e con lastessa necessaria libertà con cuinon avrebbe potuto da parte suanon “i n v e n t a re ” il “suo proprio”inno alla gioia».

giovane soldato prove-niente dal Cile cono-sciuto nel segno dellapoesia, essendo lui incerca di qualcuno chepotesse tradurre in undignitoso italiano al-cuni testi di GabrielaMistral. Ma il recipro-co sentimento nonpuò sfociare, per unacoscienza cristiana, in

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 23 aprile 2020 pagina 5

di JEAN-PIERRE SONNET

Nel 1973 il teologo JohannBaptist Metz (1928-2019) hafirmato una Breve apologiadel narrare; il testo è divenu-to, da parte cattolica, il ma-

nifesto di ciò che si è convenuto di chia-mare teologia narrativa. In questa arringail teologo tedesco chiama in causa BlaisePascal, che nel suo Mémorial (1654) escla-ma: «Dio di Abramo, Dio di Isacco, Diodi Giacobbe, non dei filosofi e dei sapien-ti». Di fronte al «Dio della ragione pura-mente argomentativa, il Dio dei filosofi»,Johann Baptist Metz intende, come Pa-scal, rendere giustizia al «Dio di Abramo,di Isacco e di Giacobbe, il Dio narrato».Da parte protestante, Karl Barth ha a suavolta sostenuto l’idea della narrazione co-me luogo obbligato della teologia, dichia-rando in particolare: Chi è e che cos’è Ge-sù Cristo, può essere solo raccontato enon colto e definito come sistema». Nelsuo intervento del 24 gennaio scorso, inoccasione della giornata mondiale dellecomunicazioni sociali, Papa Francesco si èinscritto in questa tradizione e l’ha portatapiù avanti. Fin dalle sue origini, afferma ilPapa, la fede cristiana è legata alla narra-zione. È un dato simbolico che dobbiamonuovamente esplorare, sia nell’intelligenzadella fede sia nella sua comunicazione.

La vita si fa storia

Il titolo dell’intervento papale, La vitasi fa storia, annuncia la dimensione esi-stenziale, vitale, del rapporto con il rac-conto. Un sottotitolo dà a questa prospet-tiva degli orizzonti biblici: «Perché tupossa raccontare e fissare nella memoria»(Esodo 10, 2). Così dice Dio a Mosè quan-do lo invia a compiere segni prodigiosidavanti al Faraone. Quei segni sono desti-nati, certo, a convincere il re d’Egitto, dalcuore indurito, ma sono anche votati, findall’inizio, alla memoria narrativa del po-polo: «Perché tu possa raccontare e fissarenella memoria di tuo figlio e del figlio di

vifico delle storie per mezzo di una storiachassidica: «A un rabbino il cui nonno erastato un discepolo di Baal-Shem, fu chie-sto di raccontare una storia. “Una storia —raccontò il rabbino — va raccontata in mo-do che sia essa stessa un aiuto”. E raccon-tò: “Mio nonno era storpio. Una volta glichiesero di raccontare una storia del suomaestro. Allora raccontò come il santoBaal-Shem solesse saltellare e danzare

vento di Papa Francesco lo è. Partendodall’etimologia del termine “testo”, il Papaenuncia in molteplici modi la pertinenzadel verbo “t e s s e re ” quando si riferisce astorie raccontate. L’uomo è l’essere tessutodi storie: «L’uomo non è solo l’unico esse-re che ha bisogno di abiti per coprire lapropria vulnerabilità (vedi Genesi 3, 21),ma è anche l’unico che ha bisogno di rac-contarsi, di “rivestirsi” di storie per custo-dire la propria vita. Non tessiamo soloabiti, ma anche racconti». Basandosi sulleparole del Salmo 139, «mi hai tessuto nelseno di mia madre», il Papa aggiunge chequesta tessitura si prolunga nel corso dellavita: «Non siamo nati compiuti, ma abbia-mo bisogno di essere costantemente “tes-suti” e “ricamati”». E noi lo siamo graziealle storie che ci attraversano e che rites-siamo incessantemente, «quando tessiamodi misericordia le trame dei nostri giorni».Quando questa tessitura si fa attraverso lestorie della Bibbia e del Vangelo, il divinos’intesse con l’umano: «Dio si è personal-mente intessuto nella nostra umanità, dan-doci così un nuovo modo di tessere le no-stre storie».

La metafora della tessitura è preziosa;ci conduce al senso biblico della parola.Nelle Scritture la parola non è la tradu-zione di un concetto; essa si dispiegacome un tessuto, un mantello o una ten-da. Tessuto, la parola è estensibile, capacedi accogliere in sé situazioni sempre nuo-ve e destinatari sempre nuovi. Essa è, inun certo modo, una “p a ro l a - t e n d a ”, evo-cata dall’imperativo del profeta in Isaia54, 2: «Allarga lo spazio della tua tenda,stendi i teli della tua dimora senza rispar-mio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoipaletti».

Nei panni dei discepoli

L’estensibilità della parola biblica è par-ticolarmente impressionante nel contestonarrativo. Il finale del vangelo di Matteoè eloquente in materia. Al termine del rac-conto, il Risorto dà ai discepoli (mathētai)un ordine significativo: «Fate discepoli

tripeta, nel modo in cui il racconto ricon-duce sempre alla «porta stretta», quelladella sequela di Gesù come B i l d u n g s ro m a ndel discepolo e dell’essere discepoli insie-me. Centrifuga, nel modo in cui il raccon-to si proietta «in periferia», su tutti i con-fini geografici e temporali della storia, «fi-no alla fine del mondo» (Ma t t e o 28, 20).

si sente scartato o escluso perché l’uomopossa vivere in questa vita felice, integrale,piena, una “vita in abbondanza”». Il teo-logo peruviano Gustavo Gutiérrez hachiosato l’espressione: la simpatia “samari-tana” è quella di una Chiesa che, in unimpegno di servizio, «si è fatta “p ro s s i m a ”dell’altro, ferito, spogliato, senza aiuto».La metafora riproposta da Papa Francescoacquisisce così una dinamica totalmentenarrativa. Augurare una «Chiesa samarita-na» significa far scattare una sequenzanarrativa: «Un uomo scendeva da Gerusa-lemme a Gerico…» (Luca 10, 25-37). Equesto fino alla domanda finale di Gesù:«“Chi di questi tre ti sembra sia statoprossimo di colui che è caduto nelle manidei briganti?” Quello rispose: “Chi haavuto compassione di lui”. Gesù gli disse:“Va ’ e anche tu fa’ così”» (vv. 36-37).

Memoria passionis

Le due voci di Johann Baptist Metz edi Papa Francesco ci preparano al tempopiù narrativo dell’anno liturgico, il tempopasquale. A partire dal Giovedì santo ilpassato remoto, il tempo per eccellenzadella storia raccontata, darà il tono: «Io,infatti — scrive Paolo ai Corinzi — ho rice-vuto dal Signore quello che a mia volta viho trasmesso: il Signore Gesù, nella nottein cui veniva tradito, prese del pane e, do-po aver reso grazie, lo spezzò e disse…»(1 Corinzi 11, 23-24). Lo stesso vale per ilracconto della passione che segue: «Dopoaver cantato l’inno, uscirono verso il mon-te degli Ulivi» (Marco 14, 26). Il passatoremoto da una parte canonizza l’eventodella salvezza, in quanto «una volta pertutte», ma l’offre anche a «tutte le volte»del nostro ritorno alla fede.

Pe rc h étu possa raccontare

Apologia della narrazione a due voci: Johann Baptist Metz e Papa Francesco

tuo figlio i segni che ho compiuti: così sa-prete che io sono il Signore!». Papa Fran-cesco ha così commentato: «L’esp erienzadell’Esodo ci insegna che la conoscenza diDio si trasmette soprattutto raccontando,di generazione in generazione, come Eglicontinua a farsi presente. Il Dio della vitasi comunica raccontando la vita».

I segni che si compirono nei giorni del-la fuga dall’Egitto continuano ad agirenella vita del popolo che li racconta. Ilrapporto tra vita e racconto si verifica nelNuovo Testamento, sia nella macro-narra-zione dei Vangeli, sia in ognuna delle loromicro-narrazioni: «Gesù stesso parlava diDio non con discorsi astratti, ma con leparabole, brevi narrazioni, tratte dalla vitadi tutti i giorni. Qui la vita si fa storia epoi, per l’ascoltatore, la storia si fa vita:quella narrazione entra nella vita di chil’ascolta e la trasforma».

Storie che ci aiutino

Il riflesso narrativo dell’uomo, spiegaPapa Francesco, ha radici antropologicheprofonde. «L’uomo è un essere narrante(…) I racconti ci segnano, plasmano lenostre convinzioni e i nostri comporta-menti, possono aiutarci a capire e a direchi siamo». Ci sono però racconti e rac-conti: non tutte le storie raccontate contri-buiscono all’edificazione dell’umanità innoi. Anche su questo punto, afferma PapaFrancesco, occorre compiere un’opera didiscernimento. Il medium della narrazionepuò essere utilizzato a fini perversi. Se-condo la Bibbia, così è accaduto in Genesi3 nell’intervento del serpente, che fa bale-nare un scenario ingannevole: «Se mange-rai, diventerai come Dio»; «se possederai,diventerai, raggiungerai…» sussurra anco-ra oggi chi si serve del cosiddetto storytel-ling per scopi strumentali». Di fronte aqueste «storie distruttive e provocatorie,che logorano e spezzano i fili fragili dellaconvivenza», dobbiamo raddoppiare lasaggezza: «Abbiamo bisogno di pazienzae discernimento per riscoprire storie che ciaiutino a non perdere il filo tra le tante la-cerazioni dell’oggi; storie che riportino al-la luce la verità di quel che siamo, anchenell’eroicità ignorata del quotidiano». Sto-rie che ci aiutino. Nella sua apologia,Johann Baptist Metz illustra il potere sal-

mentre pregava. Mio nonno si alzò e rac-contò, e il racconto lo trasportò tanto cheebbe bisogno di mostrare saltellando edanzando come facesse il maestro. Daquel momento guarì. Così vanno raccon-tate le storie».

Lo stesso si verifica, in modo del tuttosingolare, nei racconti evangelici. «Mentreci informano su Gesù — scrive il Papa — ci“p erformano” a Gesù, ci conformano aLui: il Vangelo chiede al lettore di parteci-pare alla stessa fede per condividere lastessa vita». Qui è citato Benedetto XVIche nella sua enciclica Spe salvi al numero2, scrive: «Il messaggio cristiano non erasolo informativo, ma performativo. Ciò si-gnifica: il Vangelo non è soltanto una co-municazione di cose che si possono sape-re, ma è una comunicazione che producefatti e cambia la vita».

Intessuti di storie

Le storie ben raccontate — e prima ditutto quelle della Bibbia — sono spessoscandite da parole-chiavi. Anche l’inter-

si, ogni racconto di contagio, di malattia,di morte e di guarigione è un raccontoche conta — a livello più personale, a livel-lo delle comunità nazionali, a livellodell’intera umanità.

Nel corso del tempo pasquale, ognunodi questi racconti incontrerà la memorianarrativa dei cristiani e della Chiesa. «Ge-sù, portando la croce, si avviò…» (Gio-vanni 19, 17); «Eppure egli si è caricatodelle nostre sofferenze, si è addossato inostri dolori» (Isaia 53, 4-5).

(mathēteusate) tutte lenazioni» (Ma t t e o 28,19). Questo imperativofa scattare una dinamicasottile e potente nellarecezione del racconto.L’ordine di Gesù infattiporta a ripartire da ca-po nella lettura, rin-viando i destinatari fu-turi del vangelo all’ini-zio del racconto. I de-stinatari in questionesono così chiamati aimmedesimarsi ai ma-thētai (i “discep oli”) delracconto, percorrendocon loro tutte le tappedell’iniziazione evange-lica. Il lettore è spinto aingranare la figura delmathētēs, del discepolo,nella sua “m a rc i a ”, cheè quella della sequela diGesù. In questo il rac-conto evangelico rivelala sua dinamica nuclea-re, al contempo centri-peta e centrifuga. Cen-

Il racconto non smette di allargare il suotelaio, integrando nuovi destinatari nelsuo dramma salvifico.

Metafore narrativeDietro il recente testo di Papa France-

sco si riconosce il narratore che lui è. Ilsuo insegnamento adotta regolarmente ilritmo delle storie bibliche, che sia la storiadi Giona o quella del vangelo di Marco(nelle omelie pronunciate a Casa SantaMarta).

In altri casi, il magistero di Papa Fran-cesco è quello delle metafore. Molte di es-se hanno una forza propriamente narrati-va. Dire del pastore che ha l’odore dellesue pecore significa quindi richiamare allamemoria la storia raccontata da Gesù inLuca 15, 3-7, a proposito della pecora ritro-vata dal pastore: «Quando l’ha trovata,pieno di gioia se la carica sulle spalle».

Lo stesso vale per la metafora dellaChiesa samaritana. In diverse occasioni,Papa Francesco ha augurato che la Chiesasia una Chiesa samaritana. Questo augu-rio è infatti il punto di arrivo di una tradi-zione significativa. La matrice ne è, evi-dentemente, il testo lucano, la parabolacon la quale Gesù risponde al levita chegli chiedeva «Chi è il mio prossimo?»(Luca 10, 25-37). La storia ha trovatoun’attualità nuova nel concilio Vaticano II,nell’ultima allocuzione di Paolo VI ai pa-dri conciliari (7 dicembre 1965): «L’anticastoria del Samaritano è stata il paradigmadella spiritualità del concilio. Una simpa-tia immensa lo ha tutto pervaso». Il Docu-mento di Aparecida (2007) ha poi forgiatol’espressione «Chiesa samaritana»: «Lamisericordia della “Chiesa samaritana”dunque tende a curare le ferite di chi è o

Per Johann Baptist Metz il racconto hauna virtù incomparabile all’interno dei di-scorsi della fede, quella di prendere sul se-rio la storia della sofferenza. Una teologiadella salvezza che intende rispettare la sto-ria della sofferenza non può essere sempli-cemente speculativa, scrive; è sostanzial-mente «commemorativa e narrativa».

Essa è costruita narrativamente intornoalla memoria della sofferenza e della ma-niera in cui Dio la accompagna e la attra-versa; è memoria passionis. Nella prova chela famiglia umana attraversa in questi me-

Nelle Scritture la parolanon è la traduzione di un concettoSi dispiega come un tessutoun mantello o una tendaLa parola è estensibileE capace di accogliere in sésituazioni sempre nuovee destinatari sempre nuovi

Marc Chagall, «Io e il mio villaggio»(1911, particolare)

Robert McBee, «King David dancing» (1998, particolare)

David Derr, «Tesselation Dance» (2017)

Johann Baptist Metz illustra il potere salvifico del narrareper mezzo di una storia chassidica«A un rabbino il cui nonno era stato un discepolo di Baal-Shemfu chiesto di raccontare una storia“Una storia — disse il rabbino — va raccontatain modo che sia essa stessa un aiuto”»

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

«Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazioneperché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone:storie che edifichino, non che distruggano;storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme»

(Papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali 2020)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì 23 aprile 2020

Popolo e culturaIn italiano il volume del teologo argentino Rafael Tello con prefazione di Papa Francesco

di ARMAND O MAT T E O

Nel suo documento di indiriz-zo magisteriale, l’esortazioneapostolica Evangelii gaudium,

Papa Francesco, al numero 115, svi-luppa un’argomentazione tanto illu-minante quanto sufficientementeinedita rispetto al contesto teologi-co-pastorale occidentale. Egli scrive:«Questo Popolo di Dio si incarnanei popoli della Terra, ciascuno deiquali ha la propria cultura. La no-zione di cultura è uno strumentoprezioso per comprendere le diverseespressioni della vita cristiana pre-senti nel Popolo di Dio. Si trattadello stile di vita di una determinatasocietà, del modo peculiare che han-no i suoi membri di relazionarsi traloro, con le altre creature e con Dio.Intesa così, la cultura comprende latotalità della vita di un popolo (Do-cumento di Puebla, 386-387). Ognipopolo, nel suo divenire storico, svi-luppa la propria cultura con legitti-ma autonomia (Gaudium et spes, 36).Ciò si deve al fatto che la personaumana, “di natura sua ha assoluta-mente bisogno d’una vita sociale”(ibidem, 25) ed è sempre riferita allasocietà, dove vive un modo concretodi rapportarsi alla realtà. L’e s s e reumano è sempre culturalmente situa-

to: “natura e cultura sono quantomai strettamente connesse” (ibidem,53). La grazia suppone la cultura, eil dono di Dio si incarna nella cultu-ra di chi lo riceve».

Sotto il profilo dell’evangelizza-zione che oggi serve, l’indicazioneche qui emerge è netta: la graziasuppone la cultura e per questo èpiù che necessario lavorare per unamaggiore messa a fuoco del contestoal quale l’annuncio del Vangelo èdestinato. E ciò che meglio e piùd’altro può aiutare l’azione missiona-ria della comunità ecclesiale è esatta-mente il riferimento al tema dellacultura e a quello del popolo, i qualiperò si illuminano a vicenda. “Cul-tura” infatti — e Papa Francesco lochiarisce in modo esemplare — indi-ca precisamente stile di vita, mentre“p op olo” richiama la concretezzacon cui gli uomini e le donne, crean-do specifiche e particolari comunità,abitano la Terra. Senza una rinnova-ta attenzione a queste due fonda-mentali dimensioni della presenzaumana nella storia e al modo in cuiesse interagiscono dinamicamente, ilrischio è che l’annuncio del Vangeloresti senza un reale punto d’app og-gio nell’esistenza degli uomini e del-le donne.

Ciò che qui positivamente colpi-sce è proprio questo invito alla “sin-golarizzazione” richiesta all’opera dievangelizzazione, come poi confer-ma il numero 117 di Evangelii gau-dium: «Non renderebbe giustizia allalogica dell’incarnazione pensare a uncristianesimo monoculturale e mono-corde. Sebbene sia vero che alcuneculture sono state strettamente legatealla predicazione del Vangelo e allosviluppo di un pensiero cristiano, ilmessaggio rivelato non si identificacon nessuna di esse e possiede uncontenuto transculturale. Perciò,nell’evangelizzazione di nuove cultu-re o di culture che non hanno accol-to la predicazione cristiana, non èindispensabile imporre una determi-nata forma culturale, per quanto bel-la e antica, insieme con la propostaevangelica. Il messaggio che annun-ciamo presenta sempre un qualcherivestimento culturale, però a voltenella Chiesa cadiamo nella vanitosasacralizzazione della propria cultura,e con ciò possiamo mostrare più fa-natismo che autentico fervore evan-g e l i z z a t o re » .

Abbiamo preso l’avvio di questanostra recensione della prima operadisponibile in lingua italiana del teo-logo argentino Rafael Tello e appe-na edita dalla casa editrice Messag-gero di Padova (pagine 248, euro18), proprio perché i temi appena ri-chiamati sono centrali in essa e vi ri-suonano sin dal titolo: Popolo e cul-t u ra . In questo testo, infatti, vengo-no raccolti una serie di scritti dedi-cati, nella prima sezione, al tema delpopolo e, nella seconda, a quellodella cultura. Si tratta di scritti natiessenzialmente per l’insegnamentoorale o come raccolta di idee perprogetti editoriali più vasti. Questoimpone, pertanto, una piccola fatica

al lettore, il quale tuttavia verrà am-piamente ricompensato dalla possi-bilità di accedere a un universo teo-logico-pastorale, con il quale PapaFrancesco ha fecondamente interagi-to prima della sua elezione al sogliopetrino e che continua a echeggiarenel suo magistero. Non è un caso,poi, che questa primizia teologicavenga accompagnata proprio da unafelice prefazione del Santo Padre,cui fa da pendant una bella postfa-zione a firma di Gilberto Depeder.

Proprio da ciò che scrive il Ponte-fice è possibile ricavare qualche in-formazione in più circa la vita e l’in-segnamento dell’autore di Popolo ec u l t u ra : «Rafael Tello (1917-2002), unteologo argentino, nella sua operateologico-pastorale, volle fare traspa-rente la dinamica della comunicazio-ne di Dio verso la sua creazione, ladinamica stessa della Storia dellasalvezza: il Dio che continuamentesi esternalizza per arrivare al mondo,rivelare in esso il suo Amore, e dar-gli vita. Per questo motivo egli con-cepì la sua teologia non separatadall’azione pastorale, anzi, manife-stata principalmente in essa. Egli èstato un classico e ortodosso teologodella Chiesa, ma forse azzardato nel-le sue conclusioni teologico-pastora-li, nelle quali sottolinea la magnani-mità dell’Amore di Dio che si rivol-ge con priorità alle sue creature piùdeboli, alle persone semplici e disa-giate. Non solo arriva prima di tuttoai piccoli di questo mondo, ma la-scia in loro la sua impronta: letteral-mente si rivela, esprime se stessonella loro “cultura” in modo sponta-neo, ma non meno autentico. Telloha fatto una particolare opzione peri poveri, che egli lega (relaziona)specialmente al concetto (categoria)di pueblo (popolo) e quindi di “cul-

tura popolare”. Per Tello, il pueblo èun luogo teologico dove il messag-gio di Cristo viene comunicato conuna particolare trasparenza pur nellasua semplicità».

Queste indicazioni sono sufficientiper sottolineare che la ricerca teolo-gica di Tello è stata una ricerca conun grande investimento personale.Dopo aver a lungo insegnato nellaFacoltà di teologia di Buenos Aires eaver svolto il ruolo di esperto pressola Commissione episcopale per lapastorale, nel 1979, a seguito di unconflitto con il proprio arcivescovo,si ritira dalla vita pubblica dellaChiesa, continuando un’opera di ri-flessione con alcuni amici sacerdotiall’interno di uno spazio chiamato“piccola scuola”, da cui proviene ilmateriale ora pubblicato, e portandoattivamente avanti il suo ministeros a c e rd o t a l e .

Proprio da una tale circolarità fravita e pensiero, si lascia comprende-

re il continuo rinvio di Tello, in vistadi un’efficace e autentica evangeliz-zazione e azione pastorale, alla ne-cessità di riconoscere e di favorire lostretto legame esistente tra popolo,poveri e cultura popolare.

Pur in mezzo a uno stile piuttostosobrio e asciutto, infine, non manca-no passaggi poetici e provocatori,che danno a pensare, come quelloche segue: «Il popolo, con la pro-pria cultura, tende a considerare tut-ti gli uomini — anche i più poverie infelici — come uguali davanti aDio e meritevoli di amore. D’altraparte, il popolo tende ad amare pri-ma l’uomo e poi Dio, in modo teo-logicamente corretto, perché sebbenel’amore di Dio sia sempre il primoin base a un ordine di dignità,l’amore per l’uomo può essere il pri-mo in base a un ordine genetico, etale ordine viene espressamente sol-lecitato dai santi Padri» (212).

La diocesi di Roma e il catechismo durante la pandemia

Leggere questo periodocon occhi cristiani

Raccolta di poesie e di testimonianze di fede nel libro di don Raffaele Aprile

Fratelli di Cielo

di ROSARIO CAPOMASI

«I n questo periodo dovetutto, o quasi tutto, è fer-mo abbiamo voluto mette-

re una pulce nell’orecchio a quantisvolgono attività catechistiche ve-nendo incontro ai loro interrogativie ai giusti dubbi». Don AndreaCavallini, direttore dell’Ufficio ca-

dalla frenesia delle attività, propo-nendo in continuazione spunti,preghiere, video, pagine da leggereo riempire, con il rischio di intrat-tenere più che educare».

La catechesi infatti — sottolineala lettera — non è un’attività o unasomma di attività, «ma una “re l a -zione educativa nella fede”, una re-lazione di guida e fraternità con le

tutto sospeso”, o impegnarsi trop-po in un iperattivismo che nonporta frutti. Le prime comunioni,così come le cresime, sono bloccatea tempo indeterminato e i corsi dicatechismo saranno gli ultimi a ri-cominciare, quando saranno ripreseanche le celebrazioni liturgiche».Per ora gli incontri si svolgono online o tramite telefono, come è ac-caduto a marzo per gli scrutini ri-volti ai catecumeni e ai loro cate-chisti che avrebbero dovuto svol-gersi nella basilica di San Giovanniin Laterano alla presenza del cardi-nale vicario Angelo De Donatis:sulla pagina YouTube dell’ufficiocatechistico sono stati caricati deivideo, poi commentati telefonica-mente e arricchiti da riflessioni, ap-profondimenti e preghiere per me-ditare parti del Vangelo.

Ma un possibile spiraglio, unadata indicativa in cui far ripartiregli incontri di preparazione ai sa-cramenti? «Si pensa a settembre —afferma il sacerdote — o più presu-mibilmente ottobre, che è anchel’obiettivo individuato dalle varieparrocchie. Questa, però, è unaprevisione essenzialmente “ansioli-tica”, fatta più per avere un termi-ne di riferimento, soprattutto difronte alle manifeste preoccupazio-ni delle famiglie, e non basata sudati certi». Il rischio derivante daquesta situazione, osserva il diretto-re dell’Ufficio catechistico diocesa-no, è che essa possa essere da unaparte considerata come una “vacan-za” e dall’altra, al contrario, sfrut-tata per «cercare di trasferire total-mente in forma digitale quello cheè un normale periodo di catechesiin parrocchia, lasciandosi prendere

persone che vi sono affidate». Per-tanto, aggiunge don Andrea, «iltempo di isolamento imposto dallapandemia deve essere interpretatocome la chiave per avviare un pro-cesso di conversione ed evangeliz-zazione che duri negli anni. A pre-scindere dalle calamità e dalle epi-demie, ogni due-tre anni tutti noidel mondo catechistico dovremmofermarci per fare il punto della si-tuazione e magari ripensare certeattività e strategie educative. Que-sta è un’occasione unica — ribadi-sce — per aiutare le persone a leg-gere con occhi cristiani questo tem-po particolare: aiutarli ad ascoltarese stessi, il cuore, lo Spirito, rileg-gendo l’esperienza che vivono re-stando a casa; o aiutare qualcuno aimparare a pregare, a leggere laScrittura o a fare gesti di semplicecarità. Nel venir meno dell’o rd i n a -rio abbiamo tutti tanto da scopriredel nostro rapporto con Dio», an-cora più rinsaldato nei giorni cheseguono a questa Pasqua, poveradi liturgia e di segni della festa.«Ma è una Pasqua voluta per noidal Signore», osserva don Andrea,in cui tutto il Paese, credenti e noncredenti, hanno vissuto e stanno vi-vendo una lunga quaresima, untempo austero fatto di privazione eangosce. «Siamo di fronte aun’esperienza collettiva mai vistaprima, che coinvolge tutti indistin-tamente e da qui dobbiamo riparti-re. Sarebbe davvero un peccato,come cristiani e come uomini, vive-re questo tempo aspettando sem-plicemente che passi, nell’attesa diriprendere a vivere esattamente co-me facevamo prima».

techistico della diocesidi Roma, spiega così a«L’Osservatore Roma-no» il significato dellalettera inviata a tutti icatechisti in occasionedella Pasqua. Letterain cui vengono sugge-rite indicazioni prati-che e «su cosa punta-re». «In relazione aquanto ci hanno riferi-to coloro che sono im-pegnati nell’educazio-ne cristiana dei ragaz-zi — spiega don An-drea — abbiamo invi-tato i formatori a evi-tare atteggiamentiestremi: impegnarsipoco, perché “tanto è

di GIUSEPPE GRECO

«F ratelli di Cielo». Cielonon nel senso cosmologi-co ma nel senso teologi-

co. Il Cielo rappresenta il mistero diDio. Fratelli perché nati dallo stessogrembo del mistero, dal grembo diun mistero di amore. Un mistero diamore infinito. Un mistero di amoreeterno.

Con questi Fratelli di Cielo - inversi si raccontano in cammino conMa r i a (Enna, Bonfirraro Editore,2019, pagine 286, euro 16,90) donRaffaele Aprile, sacerdote del san-tuario della Madonna delle lacrimedi Siracusa, intesse un dialogo poeti-co e forma un libro di poesia corale.Non è soltanto lui che esprime intui-zioni poetiche e illuminazioni spiri-tuali, ma è lui insieme ad altri poetie ad altri uomini e donne di vita spi-rituale che compongono questa ar-monia di pensieri. E di armonia sitratta, non soltanto di melodia. Ècome un canto polifonico. Viene dapensare al grande teologo Hans Ursvon Balthasar, il quale diceva: «Laverità è sinfonica». E noi constatia-mo che la verità più alta è la poesia,la poesia è veritatis splendor, splendo-re della verità. La poesia corale ac-quista una maggiore forza di pene-trazione nel cuore di chi ascolta.

Affinché si realizzi un’armonia ènecessario che le varie note sianoconsonanti, non dissonanti. E inrealtà ogni poesia e ogni riflessionespirituale in questo libro costituisco-no un insieme armonioso. Ogni au-tore presentato in questo libro ha lasua peculiarità, ha la sua storia spiri-tuale, ha la sua specifica sensibilità,ma in questa diversità di voci c’è unfilo conduttore, un’unica visione difede, un unico desiderio di comuni-care il profondo messaggio spiritualeche è la connotazione di tutti.

«Fratelli di Cielo»: è un’e s p re s s i o -ne che denota una comune aspira-zione al Cielo. San Paolo ci dice:«Se siete risorti con Cristo, cercatele cose di lassù, dove è Cristo, sedu-to alla destra di Dio, rivolgete ilpensiero alle cose di lassù, non aquelle della terra» (Colossesi, 3, 1).

La vita sulla terra serve per co-struire un tesoro in Cielo. PadreRaffaele lo dice in maniera convinta,nella sua poesia, con queste parole:«Facciamo la tua volontà, Signore…E così, giorno dopo giorno, costrui-sco / il mio tesoro in Cielo» (pagina102).

Egli esprime alcuni versi struggentiche raccontano il suo anelito al Cie-lo. Così è detto: «Fuoco che brucial’anima, passione e dono totale / aTe e ai fratelli. / Vita che vibra infondo alle mie viscere, Cielo che rac-conta l’infinito di Dio» (pagina 103).

Nessuno pensi che don Raffaeleesprima una religiosità di evasione,una spiritualità disincarnata, una vi-sione religiosa che concentrando l’at-tenzione al Cielo, dimentichi la ter-ra, dimentichi la serietà dell’imp e-gno di amore verso i fratelli. Anziegli in maniera chiarissima parladell’esigenza dell’amore evangelicosulla terra. Così afferma: «La portadel Cielo è ogni tuo fratello». Non

monianze che don Raffaele ha rac-colto e che ha incastonato in questolibro? Le spiega lui stesso quandoscrive: «Ci sono riflessi di Cielo nel-le storie, / nelle vicende e nei voltidegli altri, / e questo dovrebbe apri-re all’incontro con l’altro, / a fareesperienza della loro vita» (pagina26). Vi sono riflessi di Cielo che ilnostro poeta sa cogliere nella vitadegli altri. Vi sono riflessi di Cielonelle storie di tante persone. Scopri-re questi riflessi di Cielo, lasciarsi il-luminare, condividerne la gioia, can-tare la bellezza del Cielo che toccala terra, questa è la missione del sa-cerdote, questo è il ministero del no-stro poeta. Anche nelle persone piùterrestri si intravvede il Cielo. Anchenelle pozzanghere della strada si ri-flette il Cielo.

Il ministero del sacerdote compor-ta l’impegno di far prendere coscien-za ai cristiani della realtà sublimeche dice l’apostolo Paolo: «Voi nonsiete più stranieri né ospiti, ma sieteconcittadini dei santi e familiari diDio, edificati sopra il fondamentodegli apostoli e dei profeti, avendocome pietra d’angolo lo stesso CristoGesù» (Efesini, 2, 19-20). Tutti siamoinvitati a scoprire, guardando il Cie-lo, una comune cittadinanza e unacomune fraternità.

C’è un passaggio importante nellibro di don Raffaele: è quello chedescrive il momento della prova. An-che Gesù è stato tentato nel deserto.Il nostro poeta ha attraversato ilbuio della tentazione, si è trovato difronte alle suggestioni di satana. An-zitutto sono state suggestioni demo-niache del pensiero. Con una espres-sione molto eloquente il nostro auto-re dice che «satana sa essere teolo-go» (pagina 86).

La connotazione importante del-l’uomo è quella di avere la facoltà dipensare, e in modo particolare dipensare Dio, per intessere con Luiun rapporto di amore. Satana sa chiè Dio, in questo senso è un teologo,cioè riflette su Dio, ma lo presentaall’uomo in maniera distorta, comefece con Adamo ed Eva, a cui pre-sentò un Dio geloso della sua gran-dezza e invidioso della realizzazionedell’uomo. Gesù dice di satana che è“padre della menzogna”. Satana saragionare su Dio, sa essere teologo,ma presenta una teologia perversache tende ad allontanare l’uomo daD io.

Don Raffaele ha sperimentato ladura «lotta contro il male, si sentemancare le forze» (pagina 89), ma

riesce a superare la prova, fortedell’aiuto del Signore, ripetendo piùvolte «Gesù, Gesù», e «recitandoun’Ave Maria» (pagina 87). Nel-l’oscurità e nella solitudine, nellasensazione di avere smarrito il Si-gnore, egli grida: «Dio, dove sei? /Perché non ti trovo?» (pagina 91).Ma poi scopre che Dio è vicino, loaspetta «seduto alla tavola / imban-dita nel suo cuore» (pagina 91).

Tutto questo fa capire a noi cheraggiungere il cielo ha un costo.Non esiste un cielo a buon mercato.È necessario affrontare la prova perguadagnare la meta. Gesù dice di sestesso ai due discepoli di Emmaus:«Non bisognava che il Cristo patissequeste sofferenze per entrare nellasua gloria?» (Luca, 24, 26).

Nella dimensione del cielo di cuiè pervaso questo libro, molto inten-so è il pensiero sulla Madonna dellelacrime. Dice don Raffaele: «Le la-crime della Madonna esprimono lu-ce — ci indicano che dobbiamo guar-dare in alto … aprono un varco nelCielo … per volare all’infinito diDio» (pagina 63).

Padre Raffaele canta con gioia lasua vocazione “mariana”: egli è im-pegnato in una missione che svolgesotto lo sguardo di Maria e delle suelacrime. Testimonia a noi che non sipuò essere cristiani senza essere “ma-riani”. In Maria egli trova la luceperché Lei è donna di luce, trova ilvarco verso il Cielo perché Lei èdonna di Cielo. In Maria trova la le-va per costruire un nuovo mondo se-condo il progetto di Dio. In Mariatrova la chiave per entrare nel Cielopur rimanendo sulla terra. Così eglisi esprime: con il “sì” di Maria «ini-ziano i cieli nuovi e la terra nuova»(pagina 27). È dal sì di Maria che èdipesa la salvezza dell’uomo operatada Cristo. Ella ci insegna a dire di sìal Signore, ad accogliere con gioia ea realizzare con fervore il sublimeprogetto di amore che il Signore so-gna per ognuno di noi.

si può dimenticare la terra pensandoal Cielo. Proprio se vogliamo anelareal Cielo, dobbiamo passare per laporta che ci conduce al Cielo, e laporta è l’amore del fratello, soprat-tutto del fratello più bisognoso e piùs o f f e re n t e .

L’esperienza ci insegna che pro-prio coloro i quali, anziché volgerelo sguardo verso il Cielo, hannoavuto lo sguardo chino verso i pro-pri interessi, hanno violentato la ter-ra creando il drammatico sconvolgi-mento ecologico e la devastazionedella terra. Chi non ha saputo guar-dare il Cielo, ha devastato la terra.

Noi cristiani, quindi, abbiamo ildovere della duplice fedeltà: fedeltàal Cielo e fedeltà alla terra, fedeltà alVangelo e fedeltà alla storia, fedeltàalla meta e fedeltà alla strada. IlCielo è la meta, ma per arrivarcidobbiamo percorrere la strada che ciconduce al Cielo.

Qual è il senso di tutte le poesie,di tutte le riflessioni, di tutte le testi-

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 23 aprile 2020 pagina 7

San Giorgio martire

Alleato controil drago invisibile

La Federazione mondiale luterana su pandemia ed emergenza climatica

Crisi da affrontare con la stessa energia

A Santa Marta il Papa invita a «guardare il crocifisso» e non fare la fine di corrotti che si muovono nelle tenebre come «pipistrelli»

Per un’E u ro p aunita e fraterna

«In questo tempo nel quale è neces-saria tanta unità tra noi, tra le na-zioni, preghiamo oggi per l’E u ro p a :perché l’Europa riesca ad avere que-sta unità, questa unità fraterna chehanno sognato i padri fondatoridell’Unione europea». Con questapreghiera il vescovo di Roma hainiziato mercoledì mattina, 22 apri-le, la celebrazione della messa —trasmessa in diretta streaming —nella cappella di Casa Santa Marta.Per poi invitare, nell’omelia, a«guardare il crocifisso in silenzio»,consapevoli che «lì c’è tutto», e anon aver paura della luce per nonfare la fine dei corrotti che si muo-vono soltanto nelle tenebre come«pipistrelli umani».

«Questo passo del Vangelo diGiovanni, capitolo 3 — il dialogo traGesù e Nicodemo — è un vero trat-tato di teologia: qui c’è tutto», hasubito fatto presente Francesconell’omelia, facendo riferimento ap-punto al brano evangelico (cfr. Gio-vanni 3, 16-21) proposto dalla litur-gia. «Il kerygma, la catechesi, la ri-flessione teologica, la parenesi: c’ètutto in questo capitolo», ha rilan-ciato il Papa, confidando: «Ognivolta che noi lo leggiamo incontria-mo più ricchezza, più spiegazioni,più cose che ci fanno capire la rive-lazione di Dio».

Per questa ragione, ha suggerito,«sarebbe bello leggerlo tante volte,per avvicinarci al mistero della re-denzione: oggi prenderò soltantodue punti di tutto questo, due puntiche sono nel passo di oggi».

Il primo, ha spiegato il Pontefice,«è la rivelazione dell’amore di Dio»,perché «Dio ci ama e ci ama — co-me dice un santo — come una “paz-zia”: l’amore di Dio sembra una“pazzia”». Il Padre, ha insistitoFrancesco, «ci ama: “Ha tanto ama-to il mondo da dare il Figlio unige-nito”» (cfr. Giovanni 3, 16). Dio «hadato suo Figlio, ha inviato suo Fi-glio e lo ha inviato per morire incroce». Perciò «ogni volta che noiguardiamo il crocifisso troviamoquesto amore».

«Il crocifisso è proprio il grandelibro dell’amore di Dio» ha afferma-to il Papa. Non è «un oggetto damettere qui o da mettere là, più bel-lo, non tanto bello, più antico, piùmoderno». Il crocifisso «è propriol’espressione dell’amore di Dio». E«Dio ci ha amato così: ha inviatosuo Figlio, che si è annientato finoalla morte di croce per amore: “Ta n -to ha amato il mondo, Dio, da dareil suo Figlio”» (cfr. Giovanni 3, 16).

«Quanta gente, quanti cristiani —ha affermato il Pontefice — passanoil tempo guardando il crocifisso e lìtrovano tutto, perché hanno capito,lo Spirito Santo ha fatto capire loroche lì c’è tutta la scienza, tutto

l’amore di Dio, tutta la saggezza cri-stiana».

«Paolo parla di questo — ha ricor-dato Francesco — spiegando che tut-ti i ragionamenti umani che lui faservono fino a un certo punto, ma ilvero ragionamento, il modo di pen-sare più bello, ma anche che piùspiega tutto, è la croce di Cristo, è“Cristo crocifisso che è scandalo” epazzia, ma è la via» (cfr. Prima lette-ra ai Corinzi 1, 23).

Proprio «questo — ha ripetuto ilPapa — è l’amore di Dio: “Dio hatanto amato il mondo da dare il Fi-glio unigenito, perché chiunque cre-da in Lui non vada perduto, ma ab-bia la vita eterna”» (cfr. Giovanni 3,16). È «l’amore del Padre che vuole isuoi figli con sé».

Il Pontefice ha invitato a «guarda-re il crocifisso in silenzio guardare lepiaghe, guardare il cuore di Gesù,guardare l’insieme: Cristo crocifisso,il Figlio di Dio, annientato, umiliatoper amore». E «questo è il primopunto che oggi ci fa vedere questotrattato di teologia che è il dialogodi Gesù con Nicodemo».

«Il secondo punto — ha spiegatoFrancesco — è un punto che ci aiute-rà pure: “La luce è venuta al mondo,ma gli uomini hanno amato più letenebre che la luce, perché le loroopere erano malvagie” (cfr. Giovanni3, 19). Gesù riprende anche questodella luce». In realtà, ha detto il Pa-pa, «c’è gente — anche noi, tantevolte — che non può vivere nella lu-ce perché è abituata alle tenebre».Sono persone che restano abbagliate

dalla luce, «incapaci di vedere: sonodei “pipistrelli umani”, sanno muo-versi soltanto nella notte».

«Anche noi, quando siamo nelpeccato, siamo in questo stato: nontolleriamo la luce» ha spiegato ilPontefice. «È più comodo per noi —ha spiegato — vivere nelle tenebre: laluce ci schiaffeggia, ci fa vederequello che noi non vogliamo vedere.Ma il peggio è che gli occhi, gli oc-chi dell’anima, dal tanto vivere nelletenebre si abituano a tal punto chefiniscono per ignorare cosa sia la lu-ce». Si rischia, insomma, di «perde-re il senso della luce, perché mi abi-tuo più alle tenebre».

Proprio i «tanti scandali umani,tante corruzioni ci segnalano questo:i corrotti non sanno cosa sia la luce,non conoscono». Ma «anche noi,quando siamo in stato di peccato, instato di allontanamento dal Signore— ha messo in guardia Francesco —diventiamo ciechi e ci sentiamo me-glio nelle tenebre e andiamo così,senza vedere, come i ciechi, muoven-doci come possiamo».

Con questa consapevolezza, hasuggerito il Papa, «lasciamo chel’amore di Dio, che ha inviato Gesùper salvarci, entri in noi e “la luceche porta Gesù” (cfr. v. 19), la lucedello Spirito, entri in noi e ci aiuti avedere le cose con la luce di Dio,con la luce vera e non con le tenebreche ci dà il signore delle tenebre».

Concludendo l’omelia, il Ponteficeha consegnato alla meditazione ipunti che ha voluto condividere nel-la sua riflessione: «L’amore di Dionel Cristo, nel crocifisso, nel quoti-diano». E così ecco «la domandaquotidiana che noi possiamo farci: iocammino nella luce o cammino nelletenebre? Sono figlio di Dio o sonofinito per essere un “povero pipi-s t re l l o ”?».

Successivamente, con la preghieradi sant’Alfonso Maria de’ Liguori,Francesco ha invitato «le personeche non possono comunicarsi» a fa-re «adesso» la comunione spirituale.Concludendo la celebrazione conl’adorazione e la benedizione eucari-stica. Per poi affidare — accompa-gnato dal canto dell’antifona ReginaCaeli — la sua preghiera alla Madredi Dio, sostando davanti all’immagi-ne mariana della cappella di SantaMarta.

E le intenzioni del vescovo di Ro-ma sono state rilanciate a mezzo-giorno, nella basilica Vaticana, dalcardinale arciprete Angelo Comastriche ha guidato la recita del ReginaCaeli e del rosario. Questo momentodi preghiera quotidiano si svolge difronte all’altare della Cattedra, da-vanti al quale sono state collocateuna statua della Madre di Dio el’immagine di Gesù Misericordiosodipinta secondo la spiritualità disanta Faustina Kowalska.

Nel IV secolo tutti i sudditi del-l’Impero romano dovevano offriresacrifici agli dei. Erano tenuti a far-lo in modo particolare i militari,che dovevano dimostrare così la lo-ro fedeltà all’imperatore Dioclezia-no. A Lydda, in Palestina (attualeLod in Israele), un giovane ufficia-le originario della Cappadocia dinome Giorgio si rifiutò di adoraregli idoli perché cristiano. Vennegiustiziato. In che modo? Le fontistoriche non sono concordi, perchégli elementi leggendari si sommanoalla verità storica. C’è qualche fon-te che lo indica come morto per fa-me dopo che era stato gettato inun pozzo. Altri testi affermano cheera stato obbligato a bere delpiombo fuso, altri ancora che erastato imprigionato per sette anni esottoposto a continue torture. Ildato certo è che dall’Oriente — do-ve è venerato come “megalomarti-re ” — all’Occidente, il culto neisuoi confronti è comune a tutte leChiese.

La tradizione vuole che suo pa-dre, di nome Geronzio, adoratoredegli idoli, si trasferì in Cappado-cia, dove nacque Giorgio, intornoal 280. Sua madre si chiamava Po-licronia ed era cristiana all’insaputadi suo marito. Istruì il figlio allafede e lo fece battezzare. Passato inPalestina, Giorgio entrò nell’e s e rc i -to imperiale come tribuno, doveservì l’imperatore fino alla sua uc-cisione.

La devozione del popolo a que-sto martire ha attraversato i secoli ei confini di ogni nazione. Un datosicuro è che agli inizi del IV secolo,l’imperatore Costantino fece erigerea Lydda una basilica in onore delmartire. La sua venerazione si este-se dalla Palestina al resto dell’Im-pero romano di Oriente. Nel seco-lo successivo, la sua popolarità

giunse anche nella parte occidenta-le dell’Impero. Verso gli anni 518-530, l’arcidiacono e bibliotecarioTeodosio riferisce che Diospolis,l’antica Lydda, era il centro delculto a Giorgio. Un pellegrinoanonimo di Piacenza attesta la stes-sa cosa nel 570 circa.

Sembra che il culto al santogiunse a Roma sotto Leone II(682), il quale fece costruire unachiesa in onore dei santi Sebastia-no e Giorgio, nella quale, duranteil pontificato di Zaccaria, vennetrasferito il cranio di Giorgio.

Anche Jacopo da Varagine, nelXIII secolo, nella sua Leggenda au-rea si occupò di lui. Raccontò chenel lago della città di Silene, inLibia, vi era un drago, il quale uc-cideva chiunque incontrasse. Percalmare la sua fame, gli abitantiogni giorno gli offrivano due pe-core. Venendo a scarseggiare il be-stiame, iniziarono a offrirgli unapecora e un giovane tirato a sorte.Un giorno la scelta cadde sulla fi-glia del re, il quale offrì metà delsuo regno per salvarla, ma inutil-mente, perché il popolo non accet-tò la proposta. Intervenne allora ilgiovane cavaliere Giorgio, il qualeaiutò la principessa a salvarsi eriuscì a catturare il drago, ferendo-lo con la lancia. Portatolo in città,invitò la popolazione a convertirsia Cristo e, una volta che il re con isuoi abitanti ebbero chiesto il bat-tesimo, Giorgio uccise la bestia.Questa storia al tempo delle cro-ciate ebbe grande diffusione, so-prattutto tra i cavalieri inglesi efrancesi, in quanto san Giorgio di-venne un simbolo della lotta con-tro il male e il demonio.

Il culto al santo, dalla città diLydda — dove la chiesa in suoonore fu distrutta nel 1010 e poi ri-costruita dai crociati, per venirenuovamente ridotta in macerie nel1191 da Saladino — ben presto siestese e si moltiplicarono le chiesea lui dedicate, soprattutto inOriente. Poi la devozione si diffu-se anche in Europa, dove moltelocalità portano il suo nome e in-tere città e nazioni lo hanno sceltocome patrono. Basti ricordare l’I n-ghilterra, il Portogallo, l’Aragona,la Lituania, il Montenegro. Addi-rittura una nazione intera è a luidedicata, la Georgia. Figura anchenello stemma di Mosca, dove èraffigurato un cavaliere con unalancia in mano mentre uccide unbasilisco: l’immagine viene identi-ficata quella di san San Giorgio eil drago. In Italia molte città lohanno scelto come patrono: traqueste, Genova, Ferrara, ReggioCalabria. Una sottolineatura parti-colare merita la diffusione del cul-to nel capoluogo calabrese. La de-vozione al santo risale agli inizidell’XI secolo, quando nel 1086 ilsaraceno Bonavert di Siracusasbarcò a Reggio e distrusse il mo-nastero di San Nicolò, sulla PuntaCalamizzi, e la chiesa di San Gior-gio, danneggiando le immagini deisanti. Il duca Ruggero Borsa sfer-rò il contrattaccò e inseguì Bona-vert, uccidendolo e riuscendo aconquistare Siracusa. La tradizio-ne vuole che Ruggero sia statoaiutato dalla protezione di sanGiorgio. Da allora i reggini hannotributato grande onore al santo,eleggendolo a patrono. È veneratoinoltre come patrono degli arcieri,cavalieri, soldati, alabardieri, ar-maioli, lebbrosi, martiri inglesi,come anche del movimento scout,degli esploratori e delle guide. (n i-cola gori)

GINEVRA, 22. Di fronte all’enorme epesantissimo impatto che la pande-mia da coronavirus sta avendo inogni angolo del pianeta, la LutheranWorld Federation «invita i governi,la società civile e le Chiese a starecon le persone più vulnerabili e lepersone colpite in così alta misurada questa crisi». Allo stesso tempo,«è fondamentale tenere il passo epersino accrescere la nostra ambizio-ne di affrontare la crisi climatica»: ilmonito viene da Elena Cedillo, re-sponsabile del programma per lagiustizia climatica della federazionemondiale luterana, la quale osservacome in molte regioni la pandemiasia stata preceduta da lunghi periodidi siccità. «Allora non avevano ab-bastanza acqua, come faranno a su-perare questa nuova crisi?», si inter-ro g a .

«La pandemia sta colpendo tutti,indipendentemente dallo stato socia-le, dall’età o dal sesso», ribadiscePranita Biswasi, del programma del-la Lutheran World Federation per igiovani, convinta che «la crisi clima-tica dovrebbe essere affrontata nellostesso modo collettivo». «Dipendia-mo dalla scienza per contenere il vi-rus — afferma — non dimentichiamoallora la relazione del Gruppo inter-governativo sui cambiamenti clima-

tici (Ipcc), che si basa su risultatiscientifici». «Quando i paesi si pre-parano alla ripresa economica, esisteun’eccellente opportunità per inclu-dere un’azione per il clima, e perprocurare i fondi per i rispettivi pia-ni a favore del clima», osserva anco-ra Biswasi. Pochi giorni fa, come ènoto, le Nazioni Unite hanno an-

nunciato che a causa della pandemiadi coronavirus la ventiseiesima Con-ferenza sul clima (Cop26) è statarinviata a tempo indeterminato. Laconferenza era prevista a Glasgow,nel Regno Unito, nel novembre diquest’anno. Inoltre, le riunioni degliorgani sussidiari dell’Onu sui cam-biamenti climatici — i cosiddetti col-

loqui di Bonn — sono state rinviateal 4-12 ottobre. Le riunioni pre-ses-sione si terranno dal 28 settembre al3 ottobre. Sul tavolo degli espertidue temi principali: esame delle so-luzioni energetiche “off-grid”, cioèquei sistemi capaci di erogare ener-gia elettrica pulita in assenza di retedi approvvigionamento, e l’uso

dell’acqua nella catena agro-alimen-tare. In Italia, anche l’evento Giova-ni per il clima promosso dalle Na-zioni Unite verrà riprogrammato

Il rinvio della ventiseiesima Con-ferenza sul clima delle Nazioni Uni-te, ritiene Cedillo, «non dovrebbeessere un motivo per ridurre gli im-pegni o gli sforzi per mitigare gliimpatti negativi dei cambiamenti cli-matici». Dopo l’esito della Cop25 aMadrid, le aspettative per la Cop26sono elevate, indica la LutheranWorld Federation, ricordando che igoverni di tutto il mondo dovrebbe-ro aumentare i loro obiettivi di ridu-zione delle emissioni per limitare ilriscaldamento globale a 1,5° centi-gradi e fermare l’impatto senza pre-cedenti che grava in modo spropor-zionato sui più poveri e vulnerabili.

La riprogrammazione delle confe-renze «mira a garantire la piena in-clusione e partecipazione a tutti ilivelli, comprese le giovani genera-zioni, e che nessun problema vengalasciato in sospeso», sottolinea laLwf, ricordando di aver partecipatoad eventi sul clima organizzati dalleNazioni Unite con delegazionidi giovani dal 2011, quando la Cop17si era svolta a Durban, in Sud Afri-ca.

Emanuele Luzzati, «San Giorgio e il drago» (2000)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 giovedì 23 aprile 2020

Nella Giornata mondiale della Terra il Papa chiede alla comunità internazionale un piano condiviso contro le minacce alla casa comune

Non c’è futuro per l’uomose si distrugge l’ambiente

«Non c’è futuro per noi sedistruggiamo l’ambiente che cisostiene»: è il severo monito lanciatodal Papa all’udienza generale dimercoledì 22 aprile, in occasione dellacinquantesima Giornata mondialedella Terra (Earth Day) e del quintoanniversario della sua lettera enciclicaLaudato si’ sulla cura della casacomune. Proseguendo le catechesisettimanali dalla Biblioteca privata delPalazzo apostolico vaticano — a causadelle misure antiassembramento impostedalla pandemia di covid-19 — ilPontefice ha pronunciato una specialeriflessione dedicata all’iniziativadell’Onu per sensibilizzare sullanecessità di salvaguardare il pianeta.Ecco le parole da lui pronunciate dopola lettura del brano biblico tratto dalLibro della Genesi (2, 8-9.15)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Oggi celebriamo la 50ª GiornataMondiale della Terra. È un’opp ortu-nità per rinnovare il nostro impegnoad amare la nostra casa comune eprenderci cura di essa e dei membripiù deboli della nostra famiglia. Co-me la tragica pandemia di coronavi-rus ci sta dimostrando, soltanto in-sieme e facendoci carico dei più fra-gili possiamo vincere le sfide globa-li. La Lettera Enciclica Laudato si’ha proprio questo sottotitolo: “sullacura della casa comune”. Oggi ri-fletteremo un po’ insieme su questaresponsabilità che caratterizza il«nostro passaggio su questa terra»(LS, 160). Dobbiamo crescere nellacoscienza della cura della casa co-mune.

Siamo fatti di materia terrestre, e ifrutti della terra sostengono la no-stra vita. Ma, come ci ricorda il li-bro della Genesi, non siamo sempli-cemente “t e r re s t r i ”: portiamo in noianche il soffio vitale che viene daDio (cfr Gen 2,4-7). Viviamo quindinella casa comune come un’unica fa-miglia umana e nella biodiversitàcon le altre creature di Dio. Comeimago Dei, immagine di Dio, siamochiamati ad avere cura e rispetto pertutte le creature e a nutrire amore ecompassione per i nostri fratelli esorelle, specialmente i più deboli, aimitazione dell’amore di Dio pernoi, manifestato nel suo Figlio Ge-sù, che si è fatto uomo per condivi-dere con noi questa situazione e sal-v a rc i .

A causa dell’egoismo siamo venutimeno alla nostra responsabilità dicustodi e amministratori della terra.«Basta guardare la realtà con since-rità per vedere che c’è un grandedeterioramento della nostra casa co-mune» (ibid., 61). L’abbiamo inqui-nata, e l’abbiamo depredata, metten-do in pericolo la nostra stessa vita.Per questo, si sono formati vari mo-vimenti internazionali e locali per ri-svegliare le coscienze. Apprezzo sin-ceramente queste iniziative, e saràancora necessario che i nostri figliscendano in strada per insegnarciciò che è ovvio, vale a dire che nonc’è futuro per noi se distruggiamol’ambiente che ci sostiene.

Abbiamo mancato nel custodire laterra, nostra casa-giardino, e nel cu-stodire i nostri fratelli. Abbiamopeccato contro la terra, contro il no-

stro prossimo e, in definitiva, controil Creatore, il Padre buono cheprovvede a ciascuno e vuole che vi-viamo insieme in comunione e pro-sperità. E come reagisce la terra?C’è un detto spagnolo che è moltochiaro, in questo, e dice così: “D ioperdona sempre; noi uomini perdo-niamo alcune volte sì alcune volteno; la terra non perdona mai”. Laterra non perdona: se noi abbiamodeteriorato la terra, la risposta saràmolto brutta.

Come possiamo ripristinare unrapporto armonioso con la terra e ilresto dell’umanità? Un rapporto ar-monioso... Tante volte perdiamo lavisione della armonia: l’armonia èopera dello Spirito Santo. Anchenella casa comune, nella terra, anchenel nostro rapporto con la gente,con il prossimo, con i più poveri,come possiamo ripristinare questaarmonia? Abbiamo bisogno di unmodo nuovo di guardare la nostracasa comune. Intendiamoci: essanon è un deposito di risorse dasfruttare. Per noi credenti il mondonaturale è il “Vangelo della Creazio-ne”, che esprime la potenza creatricedi Dio nel plasmare la vita umana enel far esistere il mondo insieme aquanto contiene per sostenere l’uma-nità. Il racconto biblico della crea-zione si conclude così: «Dio videquanto aveva fatto, ed ecco, era cosamolto buona» (Gen 1,31). Quandovediamo queste tragedie naturali chesono la risposta della terra al nostromaltrattamento, io penso: “Se iochiedo adesso al Signore cosa nepensa, non credo che mi dica che è

una cosa molto buona”. Siamo statinoi a rovinare l’opera del Signore!

Nel celebrare oggi la GiornataMondiale della Terra, siamo chiamatia ritrovare il senso del sacro rispettoper la terra, perché essa non è sol-tanto casa nostra, ma anche casa diDio. Da ciò scaturisce in noi laconsapevolezza di stare su una terras a c ra !

Cari fratelli e sorelle, «risvegliamoil senso estetico e contemplativo cheDio ha posto in noi» (Esort. ap. po-stsin. Querida Amazonia, 56). La pro-fezia della contemplazione è qualco-sa che apprendiamo soprattutto daipopoli originari, i quali ci insegnanoche non possiamo curare la terra senon l’amiamo e non la rispettiamo.Loro hanno quella saggezza del“buon vivere”, non nel senso di pas-sarsela bene, no: ma del vivere in ar-monia con la terra. Loro chiamano“il buon vivere” questa armonia.

Nello stesso tempo, abbiamo bi-sogno di una conversione ecologicache si esprima in azioni concrete.Come famiglia unica e interdipen-dente, necessitiamo di un piano con-diviso per scongiurare le minaccecontro la nostra casa comune. «L’in-terdipendenza ci obbliga a pensare aun solo mondo, ad un progetto co-mune» (LS, 164). Siamo consapevolidell’importanza di collaborare comecomunità internazionale per la pro-tezione della nostra casa comune.Esorto quanti hanno autorità a gui-dare il processo che condurrà a dueimportanti Conferenze internaziona-li: la COP15 sulla Biodiversità a Kun-

ming (Cina) e la COP26 sui Cambia-menti Climatici a Glasgow (RegnoUnito). Questi due incontri sonoimp ortantissimi.

Vorrei incoraggiare a organizzareinterventi concertati anche a livellonazionale e locale. È bene converge-re insieme da ogni condizione socia-le e dare vita anche a un movimentopopolare “dal basso”. La stessaGiornata Mondiale della Terra, checelebriamo oggi, è nata proprio così.Ciascuno di noi può dare il propriopiccolo contributo: «Non bisognapensare che questi sforzi non cam-bieranno il mondo. Tali azioni dif-fondono un bene nella società chesempre produce frutti al di là diquanto si possa constatare, perchéprovocano in seno a questa terra unbene che tende sempre a diffondersi,a volte invisibilmente» (LS, 212).

In questo tempo pasquale di rin-novamento, impegniamoci ad amaree apprezzare il magnifico dono dellat e r ra , nostra casa comune, e a pren-derci cura di tutti i membri della fa-miglia umana. Come fratelli e sorel-le quali siamo, supplichiamo insiemeil nostro Padre celeste: “Manda iltuo Spirito e rinnova la faccia dellaterra” (cfr Sal 104,30).

Nel messaggio del patriarca Bartolomeo

Il grido di dolore della natura ferita

Nominaepiscopale

in Colombia

Francisco AntonioCeballos Escobar

vescovo di Riohacha

Nato il 4 marzo 1958 a Génova,diocesi di Armenia e dipartimen-to di Quindío, dopo le scuoleprimarie ha completato il liceo aManizales nel seminario minoredei padri redentoristi “San Cle-mente María Hofbauer”. Ha fat-to il noviziato a Piedecuesta, inSantander, e ha emesso la profes-sione perpetua nella congrega-zione del Santissimo redentore il5 agosto 1984. Ha svolto gli studifilosofici al Centro pastoral de fi-losofia di Bogotá e quelli teolo-gici al Teologado interprovincialredentorista di Tlalpizáhuac inMessico e presso la Pontificiauniversità Javeriana della capitalecolombiana, dove ha anche otte-nuto la licenza in scienzedell’educazione all’università diSan Tomaso. Ordinato sacerdoteil 29 giugno 1985, è stato missio-nario itinerante a Manizales, vi-cario parrocchiale di Sant’Alfon-so a Bogotá, direttore e professo-re del seminario minore dei re-dentoristi a Manizales, direttoredel seminario minore del vicaria-to apostolico di Sibundoy, retto-re del seminario dei redentoristia Manizales, superiore della casadei teologi a Bogotá, consigliereprovinciale ordinario e presidentedel segretariato per la formazio-ne e provinciale della sua congre-gazione per due mandati conse-cutivi. Il 3 settembre 2008 è statonominato pro-vicario del vicaria-to apostolico di Puerto Carreñoe il 10 giugno 2010 vicario apo-stolico, ricevendo l’o rd i n a z i o n eepiscopale il 30 luglio successivo.

I saluti del Pontefice ai diversi gruppi linguistici che hanno seguito l’udienza generale attraverso i media

Nel segno dell’amore fraterno e solidale

Pubblichiamo il testo del messaggio delpatriarca ecumenico Bartolomeo in oc-casione del cinquantesimo anniversariodella Giornata mondiale della terra.

Ricordare il Cinquantesimo dellaGiornata Mondiale della Terra, inquesti giorni della pandemia mon-diale, che ha messo l’intero pianeta“a riposo”, deve farci riflettere suquanto abbiamo promesso e nonmantenuto durante questo mezzosecolo. Nel grido che — da oltret re n t ’anni — il Patriarcato Ecumeni-co eleva per la salvaguardia delCreato, con le sue infinite iniziative,si è unito cinque anni orsono ancheil nostro Fratello Francesco, Papa diRoma con la Enciclica Laudato si’,con il quale, in sintonia, mano permano come fratelli, gridiamo allaintera umanità di fermarsi, di acco-gliere il grido di dolore che sorgedalla natura ferita, da questa nostracasa comune, dentro la quale siamodivenuti tiranni e non operatori dipace e suoi buoni economi.

Questo pianeta azzurro, che è ca-sa di ogni essere vivente e non solodell’uomo, ha visto l’arrogante am-bizione di quest’ultimo di operarenon per il benessere di tutti, ma persoddisfare solamente gli egoismipropri, dimenticando la giustizia,l’amore vicendevole, l’aiuto verso ipiù poveri e sfortunati, il rispettoreciproco, la sete della presenza diD io.

E ora, un piccolissimo e scono-sciuto virus, il coronavirus, ci hafermati, con tanto dolore per coloroche soffrono o prematuramente cihanno lasciato. L’intera umanità siè accorta della sua fragilità, dellaimportanza dei rapporti interperso-nali. Per i Cristiani questo è untempo di attesa, l’ora più buianell’attesa di un mondo nuovo, co-me Cristo Risorto solamente ci po-trà portare dal buio alla Luce chenon ha mai tramonto.

L’umanità, ancora una volta sitrova ad un bivio dopo questa espe-rienza. Saprà trarne buon frutto?Saremo capace di coltivare le nostre

relazioni sociali in modo rinnovato,sapremo essere pacifici e rispettosied amare questa casa che Dio ci hadato per custodirla? Il tempo delleparole è finito, ora possono solo ini-ziare le opere. La natura, animali evegetali, sono in un “gioioso ripo-so” in questo periodo. Solo l’uomoè scosso e turbato. Trovando l’ar-monia dentro di noi, riscoprendocie ridonandoci l’uno all’altro, avre-mo la possibilità di riappropriarcidella nostra vita e di superare que-sto momento e rientrare in un rap-porto nuovo con la Terra e con tut-to il cosmo, perché ogni cosa ci èdata da Dio per il bene. La scelta èdi tutti noi assieme.

Riflettere su una seconda fasedell’emergenza da covid-19, che avràinizio dal prossimo 4 maggio: conquesto obiettivo si è svolta mercole-dì mattina, 22 aprile, nell’Aula vec-chia del Sinodo, una riunionestraordinaria presieduta dal cardina-le segretario di Stato Pietro Parolin,alla presenza dei vertici dei dicasterie degli enti della Santa Sede.

Nel corso dell’incontro — comeinforma un comunicato della Salastampa — è stato sottolineato losforzo impiegato dalla Santa Sedeper far fronte alla crisi in modo so-stenibile. Inoltre è stata decisa lagraduale riattivazione dei servizi or-dinari, pur salvaguardando le pre-cauzioni sanitarie atte a limitare ilcontagio, in modo da continuare adassicurare il servizio al Santo Padree alla Chiesa universale.

Le conseguenze di incendi e deforestazione nello stato australiano del Queensland (Ap)

Ve r s ouna seconda fasedell’e m e rg e n z a

da covid-19

Al termine della catechesi, primadi guidare la recita del Padre nostroe di impartire la benedizione,Papa Francescoha così salutatoi diversi gruppi linguisticidi fedeli che seguivano l’udienzaattraverso la radio, la televisionee la rete.

Saluto cordialmente i fedeli di lin-gua francofona.

In questo periodo pasquale di ri-nascita, impegniamoci ad amare eapprezzare il magnifico dono dellaterra, la nostra casa comune, e aprenderci cura di tutti i membri del-la famiglia umana. In questo mo-mento di incertezza, chiedo a Diodi sostenervi nella speranza,nell’amore e nella solidarietà reci-proca. Dio vi benedica!

Saluto i fedeli di lingua inglesecollegati attraverso i mezzi di comu-nicazione sociale. Nella gioia delCristo Risorto, invoco su di voi esulle vostre famiglie l’amore miseri-cordioso di Dio nostro Padre. Il Si-gnore vi benedica!

Rivolgo un cordiale saluto ai fra-telli e alle sorelle di lingua tedesca.Questa primavera ci invita ad unircialla lode che la natura, i fiori e glianimali rivolgono al Creatore. Possail Creato trovare in questo announ’occasione particolare per riani-

marsi e rinvigorire. A tutti voi augu-ro un buon tempo pasquale.

Saludo cordialmente a los fielesde lengua española que siguen estacatequesis a través de los medios decomunicación social. En estos díasiluminados por la Resurrección delSeñor Jesús, pidámosle que con suEspíritu vivificante renueve todaslas cosas, nos conceda encontrar elsentido del santo respeto por la tie-rra y estar más atentos a las necesi-dades de todos los hermanos. QueDios los bendiga.

Saluto di cuore i fedeli di linguaportoghese, augurando che questotempo di Pasqua, nel quale si ricor-da che la Risurrezione di Cristo èl’inizio della nuova Creazione, vispinga a impegnarvi ancor di piùnella cura della casa comune. Siateanimati dalla certezza che, come ciinsegna san Paolo, «la creazioneaspetta con impazienza la manife-stazione dei figli di Dio» (Rm 8,19). Dio vi benedica!

Saluto i fedeli di lingua araba cheseguono questo incontro attraverso imezzi di comunicazione sociale.Quando Dio creò Adamo ed Eva,diede loro il comandamento di cu-stodire la terra. È il comandamentodi Dio per ogni uomo, al fine di co-struire la nostra casa comune che

oggi è minacciata dall’egoismo uma-no. Pertanto, ognuno di noi è chia-mato a rispettare il creato attraversola cooperazione e l’amore. Il Signo-re vi benedica!

Saluto cordialmente i polacchi.Cari fratelli e sorelle, uniti dall’amo-re fraterno con tutti gli abitanti del-la terra, creati a immagine e somi-glianza di Dio e chiamati ad averecura e rispetto per tutte le creature,rinnoviamo il nostro impegno per lasalvaguardia della nostra casa comu-ne. Chiediamo al Padre celeste dirinnovare sempre, con la potenza e

l’amore dello Spirito Santo, la facciadella nostra terra. Vi benedico dic u o re !

Saluto cordialmente i fedeli dilingua italiana. Il messaggio chescaturisce dall’evento di Cristo risor-to sia per tutti un impegno di testi-monianza nel segno dell’amore fra-terno e solidale.

Saluto infine i giovani, i malati,gli anziani e gli sposi novelli. Caris-simi, nella luce della Resurrezioneriscoprite la gioia e la bellezza dellavita, che è dono di Dio. A tutti, lamia benedizione.