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Pis, tutti i progetti selezionati. Così crescono le buone prassi. Premiata l’originalità dei metodi e la loro efficacia scientificamente fondata. Scuola, lavoro e società, clinica: le tre grandi aree tematiche degli interventi. Quando la pratica sostiene la ricerca e la ricerca sostiene la pratica. Gli psicologi nelle case di cura psichiatriche. Come è nata e come evolve una significativa presenza professionale. Un’analisi evidenzia difficoltà e palesi contraddizioni. Una proposta all’amministrazione finanziaria. Notiziario dell’Ordine degli Psicologi del Lazio anno XVIII, numero 1/2013 Autorizzazione del Tribunale 186/95 - Roma 7/4/95 Direttore Responsabile Marialori Zaccaria Comitato di redazione Gisella Gasparini, Mario D’Aguanno Consulente redazionale e editoriale Alberto Cortese Segretaria di redazione Stefania De Marco Progetto grafico Alberto Hohenegger Impaginazione e stampa Cooperativa sociale “Informare” Tiratura 18.700 copie, chiuso in tipografia il 22 ottobre 2013 In copertina e nelle pagine interne Maria Letizia Giuliani, “Villa Borghese” (paesaggio di Villa Borghese), olio su tavola, 1946 Sede della redazione Via del Conservatorio, 90 - 00186 Roma Tel. 06 36002758 - Fax 06 36002770 E-mail: [email protected] c.f. 96251290589 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - art. 1 comma 2 - DCB - ROMA 2013 1

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• Innovazione e Sviluppo. Pis, tutti i

progetti selezionati. Così crescono le

buone prassi. Premiata l’originalità dei

metodi e la loro efficacia

scientificamente fondata. Scuola, lavoro

e società, clinica: le tre grandi aree

tematiche degli interventi. Quando la

pratica sostiene la ricerca e la ricerca

sostiene la pratica.

• Noi e... Gli psicologi nelle case di cura

psichiatriche. Come è nata e come

evolve una significativa presenza

professionale.

• Lo studio di settore. Un’analisi

evidenzia difficoltà e palesi

contraddizioni. Una proposta

all’amministrazione finanziaria.

Notiziario dell’Ordine degli Psicologi del Lazio

anno XVIII, numero 1/2013

Autorizzazione del Tribunale 186/95 - Roma 7/4/95

Direttore Responsabile

Marialori Zaccaria

Comitato di redazione

Gisella Gasparini, Mario D’Aguanno

Consulente redazionale e editoriale

Alberto Cortese

Segretaria di redazione

Stefania De Marco

Progetto grafico

Alberto Hohenegger

Impaginazione e stampa

Cooperativa sociale “Informare”

Tiratura

18.700 copie, chiuso in tipografia il 22 ottobre 2013

In copertina e nelle pagine interne

Maria Letizia Giuliani, “Villa Borghese” (paesaggio di Villa Borghese),

olio su tavola, 1946

Sede della redazione

Via del Conservatorio, 90 - 00186 Roma

Tel. 06 36002758 - Fax 06 36002770

E-mail: [email protected]

c.f. 96251290589

Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale

D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - art. 1 comma 2 - DCB - ROMA

2013

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PresidenteMarialori Zaccaria

VicepresidentePaolo Cruciani

SegretarioAndrea Gragnani

TesoriereMario D’Aguanno

ConsiglieriLuisa BarbatoLelio Bizzarri Annalucia Borrelli Andrea De DominicisSara Del LungoGisella GasperiniMassimo GubinelliClaudia MontanariNicola Piccinini Barbara TibaldiAntonino Urso

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sommarioN. 1/2013

Innovazione e sviluppo

• Pis, buone prassi crescono

• Quando la pratica sostiene laricerca e la ricerca sostiene la pratica

• I progetti selezionati

• L’unione fa la forza: insieme controil bullismo

• Contrasto alla dispersionescolastica: da drop out a drop in

• Progetto ORA Sì: bambini einsegnanti per Osservare RicercareApprendere con Successo Insieme

• La danza delle api

• Ricerca-Studio sulla situazione dellaSalute Mentale dei minori delleScuole Secondarie di primo grado delV Municipio di Roma Capitale

• Percorso di formazione perinsegnanti, studenti e genitori su“educazione e comunicazioneaffettivo/emozionale” per costruirel’ascolto e la collaborazione con lefamiglie

• Sportello Psicologico Aziendale

• Scuola Aquilana Continua A Volare:Sostegno all’infanzia e all’adolescenzain seguito al terremoto del 6 aprile2009

• Casetta R.i.t.a. (RitroviamociInsieme Tra famiglie Amiche)

• Sostegno alla Genitorialità. Centriper bambini e famiglie 0-3 anni

• Fluenza: il gruppo doppia diagnosi

pag 4

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• Strumenti di valutazione per lapsicoterapia: risultati terapia a breve,medio e lungo termine

• Progetto di ricerca ed interventopsicologico sulla Sterilità,Procreazione Medicalmente Assistitae Sostegno alla Genitorialità

• Attività psicologiche in gruppo perpersone con demenza

Focus su

• Gli psicologi nelle case di curapsichiatriche

• Il Progetto

• Alcune tristi considerazioni iniziali

• Il Questionario

• Conclusioni

• Aspetti etici nel lavoro dellopsicologo/psicoterapeuta nei contestidelle case di cura psichiatriche

• ... dal punto di vista degli utenti

• Cinque vite, cinque storie

Studio di settore

• Gli psicologi nel Lazio e lo Studio diSettore

• Premessa

• L’analisi socio-economica

• Lo studio di settore degli Psicologiin sintesi

• Considerazioni complessive

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INNOVAZIONE E SVILUPPO

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Nei progettiselezionati

premiata l’originalità dei metodi e

la loro efficaciascientificamente

fondata

PISBUONE PRASSICRESCONO

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l Progetto Innovazione eSviluppo (PIS) ha mirato a

raccogliere gli interventiprofessionali realizzati negliultimi anni dagli iscrittiall’Ordine degli Psicologi delLazio, al fine di divulgarlipresso organismi pubblici eprivati (Asl, scuole,amministrazioni locali,ministeri, enti pubblici, aziendeetc.), facendo così conoscere illavoro dello Psicologo aipotenziali committenti, in modoche abbiano più chiaro l’apportospecifico e qualificante che ognisettore della Psicologia puòoffrire nei diversi ambiti.

I lavori arrivati al PIS sonoprova di quanto l’approccioscientifico sia insito nellaprofessione dello psicologo. Nellafase di valutazione e selezionedei progetti pervenuti, è statapremiata l’originalità delmetodo utilizzato e l’efficaciascientificamente fondata degliinterventi psicologici. I progettiselezionati sono stati suddivisiin tre diverse aree tematiche,relative ad utenza e ambiti diintervento diversi.

La prima di queste areetematiche concerne gli interventiin ambito scolastico, dove lafigura dello psicologo è centraleper sviluppare e sostenere nuovestrategie d’intervento, sia perquanto riguarda l’ambitoaffettivo-relazionale, sia l’ambitoapprenditivo-didattico. Moltospesso lo psicologo assume ilruolo di mediatore e facilitatore

tra insegnanti, studenti e le loro

famiglie mettendo a disposizione

gli strumenti propri della

professione per superare le

difficoltà educative,

comunicative e

affettivo/emozionali. Dai lavori

arrivati al PIS si è visto come lo

psicologo rivesta diverse

funzioni in ambito scolastico: la

prevenzione e la promozione

della salute, l’intervento sui

sistemi organizzativi e di

comunità, il lavoro

interdisciplinare e di rete.

L’importanza di una figura

trasversale ha permesso di

evidenziare le difficoltà che si

possono incontrare durante il

percorso scolastico, sia per chi

deve apprendere, sia per chi

deve educare. Si evince come

l’osservazione, l’ascolto e

l’intervento siano stati utili per

affrontare con metodo le varie

problematiche, conseguendo

risultati positivi riproducibili

nel tempo. Ne sono un esempio

gli interventi che mirano a

prevenire i comportamenti a

rischio, contribuendo ad

arginare il fenomeno della

dispersione scolastica o del

bullismo.

Il secondo ambito d’intervento

comprende i progetti che mirano

ad intervenire nel settore

lavorativo e sociale. Importanti

iniziative sono state intraprese

nel comune di Roma, dove

l’intervento dello psicologo ha

avuto come obiettivo quello di

far fronte al problema della

carenza di infrastrutture per la

prima infanzia. In quest’ottica

sono stati realizzati dei centri

dove i bambini con i loro

genitori potessero trascorrere

alcune ore insieme, affiancati da

operatori qualificati con lo scopo

di aiutare le coppie di genitori

nelle loro funzioni educative. Il

forte impatto sociale di questo

intervento è stato quello di voler

favorire una crescita armonica

del nucleo familiare in modo da

promuovere il benessere della

comunità dove è stata realizzata

l’iniziativa. Un’altra proposta,

inerente al tema della famiglia, è

stata avanzata nel comune di

Ostia. In particolare è stato

ideato un luogo d’incontro per le

famiglie migranti e per le

famiglie radicate da tempo nel

territorio. L’intenzione è stata

quella di creare un punto di

riferimento per le famiglie,

favorendone l’integrazione

socio-culturale. L’incontro tra

persone di diversa provenienza

geografica ha permesso la

reciproca conoscenza di

abitudini, comportamenti,

linguaggi, premessa

fondamentale per una reale

integrazione. Molto interessante

risulta essere l’effetto che ha

l’intervento psicologico

sull’assenteismo lavorativo nel

settore pubblico. L’attivazione di

uno sportello di consulenza

psicologica a cui i dipendenti

possono far riferimento sia per

le loro problematiche lavorative,

ivi compresa la gestione

dell’emergenza, sia per le

problematiche di natura

personale, ha comportato un

innovazione e sviluppo

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QUANDO LA PRATICA SOSTIENE LA RICERCA E LA RICERCA SOSTIENE LA PRATICA

Scuola, lavoro e società,clinica: le tre grandi aree

tematiche dei progettiselezionati

di Andra Gragnani e Gisella Gasperini

I

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innovazione e sviluppo

miglioramento dell’approccio allavoro routinario e pocoappagante diminuendo inquesto modo i giorni d’assenza.Di forte supporto e impattosociale è risultata essere lafigura dello psicologo in seguitoalle emergenze, e ai conseguentitraumi, dopo la calamitànaturale del terremoto delL’Aquila. In questo settorel’aspetto professionale è stato digrande aiuto per superare ledifficoltà psico-affettive e offrirevalidi strumenti, come adesempio riuscire a far vivereagli alunni terremotatisituazioni positive quotidiane eaffrontare i loro disagiall’interno della scuola.

L’ultimo ambito d’intervento èquello clinico. Uno dei temitrattati con originalità è stata lacreazione di strumenti divalutazione delle terapie, chesiano in grado di dare all’utenza

un quadro più chiaro e definitodel percorso e dei risultaticonseguiti e conseguibili inpsicoterapia. Interessante èrisultato essere il supportoofferto a coppie che hannointrapreso un percorso diprocreazione medicalmenteassistita sia per problemiinerenti alla fertilità, sia per lapotenziale trasmissione dianomalie genetiche, mostrandocome sia utile ed efficaceaffrontare queste problematichedal punto di vista terapeutico.Sempre nell’ambito clinico, èrisultato originale il lavoro effet-tuato sui pazienti con demenzaistituzionalizzati. In questo casoè stato utilizzato un setting digruppo, basato sull’ascolto attivo,che ha aiutato i pazientinell’attivazione del ciclo delbenessere, attraverso il recuperodella capacità diindividuazione, del senso di sécome persona con una propria

identità e della capacità di starein relazione con l’altro in modireciprocamente soddisfacenti.Nei gruppi si è fatto leva“sull’accettazione nongiudicante”: di fronte ad unaincapacità, si adattano lerichieste al livello della personae si enfatizzano le risorsepresenti, piuttosto che lemancanze.

Il progetto PIS, oltre a darevisibilità a quanti si stannomuovendo esplorando nuoviambiti e innovative modalità diintervento, ha come obiettivoquello di incoraggiare i colleghipsicologi a conoscere, riprodurree quindi condividerenuovamente con la comunitàscientifica quanto sperimentato.Ciò in modo da avviare uncircolo virtuoso dove la pratica èsostenuta dalla ricercascientifica e la ricerca scientificadalla pratica!g

Ambito scolastico

1. Adriana Saraceni, Silvia Munno e Silvia Bottaro - L’u-

nione fa la forza, insieme contro il bullismo.

2. Anna Graziani e Alessandra Lanari - Contrasto alla di-

spersione scolastica: da drop out a drop in.

3. Federico Bianchi di Castelbianco e Paola Vichi – Pro-

getto ORA Sì: Bambini e insegnanti per Osservare Ri-

cercare Apprendere con Successo Insieme.

4. Iacopo Bertacchi, Consuelo Giuli, Lavinia Lombardi e

Silvia Bonetti - La danza delle Api.

5. Ana Guerrero Gomez e Michela Vespa - Ricerca-Stu-

dio sulla situazione della Salute Mentale dei minori del-

le Scuole Secondarie di Primo Grado del V Municipio

di Roma Capitale.

6. Giuseppe Armezzani - Percorso di formazione per in-

segnanti, studenti e genitori su “educazione e comu-

nicazione affettivo/emozionale” per costruire l’ascolto

e la collaborazione con le famiglie.

Ambito lavorativo e sociale

7. Antonino Conti - Sportello Psicologico Aziendale.

8. Federico Bianchi di Castelbianco, Magda Di Renzo, Di

Quirico Anna e Renata Biserni - Scuola Aquilana Con-

tinua A Volare: Sostegno all’infanzia e all’adolescenza

in seguito al terremoto del 6 aprile 2009.

9. Sabrina Persichini, Valeria Papa, Isabella Minerva e

Massimo Mancini - Casetta di R.i.t.a. (Ritroviamoci In-

sieme Tra famiglie Amiche).

10. Stefania Carbone, Cristina Pezzali, Fabio Carbonari,

Francesca Zoppi e Annamaria Fiorentini - Sostegno

alla Genitorialità. Centri per bambini e famiglie 0-3

anni.

Ambito clinico

11. Edoardo Vivard - Fluenza: il gruppo doppia diagnosi.

12. Riccardo Capozzi - Strumenti di valutazione per la

psicoterapia: risultati a breve, medio e lungo termi-

ne.

13. Annalisa Scanu, Daniela Bruno, Enrica Fondi, Nico-

letta Lana, Silva Oliva, Laura Calzolaretti, Giuseppi-

na Parisi - Progetto di ricerca ed intervento psicolo-

gico sulla Sterilità, Procreazione Medicalmente Assi-

stita e sostegno alla genitorialità.

14. Daniela Fiorentino, Salvo Traina e Rachele Ruggiero

- Attività psicologiche in gruppo per persone con de-menza.

TUTTI I PROGETTI SELEZIONATI

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Adriana Saraceni, Silvia Munno e Silvia Bottaro - Sfera Coop. Soc. ONLUS

Il primo passo verso l’attivazione del nostro programma di intervento è stato l’acquisizione di consapevolezza da parte del-la comunità scolastica circa la presenza effettiva del problema e la sua incidenza in termini quantitativi.Al fine diesplorare la diffusione delle prepotenze e delle sopraffazioni nella scuola, così come vengono descritte dagli adolescenti stes-si, abbiamo messo a punto un questionario anonimo teso ad indagare le seguenti aree:

• rappresentazione della violenza e la presenza di episodi di bullismo/cyberbullismo nella scuola

• i contesti (scuola, gruppi socioeducativi, famiglia) nei quali questi comportamenti vengono messi in atto o sono subi-ti,

• i vissuti emotivi di coloro che subiscono, assistono o compiono prepotenze.

Nella seconda fase del progetto abbiamo proposto una serie di attività:

4 Punto d’Ascolto: si è posto come un luogo dove gli studenti, i docenti, i non docenti e i genitori, in momenti diver-si, sono stati ascoltati e supportati per le problematiche relative al bullismo, al cyberbullismo e ai fenomeni di disagiosociale. Uno spazio per l’ascolto attivo e per agevolare la capacità di definire ed elaborare un problema nel qui ed ora,attraverso colloqui individuali o in piccoli gruppi. Nel caso in cui è stato necessario si è proposto agli utenti un percorsodi counseling strutturato in 4/5 incontri. Il counseling è la forma di intervento mirato più specificatamente al sostegnopsicologico ed è una pratica che aiuta a capire, a scegliere, a decidere che cosa, come e quando fare.

4 Percorso emozionale e di sensibilizzazione alla cultura della legalità: la difficoltà ad autoregolare le emozio-ni negative e quindi il proprio comportamento sta determinando sempre più frequentemente nelle nuove generazioniun’incapacità generalizzata a rispettare le regole scolastiche e relazionali, arrivando così in molte situazioni ad una scar-sa convivenza civile. La riflessione sugli stati d’animo propri e altrui ha permesso di incrementare la capacità empaticadei ragazzi. Il potenziamento della consapevolezza emotiva degli alunni può avere effetti benefici sui soggetti diretta-mente coinvolti nel fenomeno: i bulli e le vittime.Al gruppo classe si è offerto:

1. Incontri formativi a tema attraverso l’apertura di finestre teoriche, affiancate da un’attivazione cooperativa e par-tecipata dei ragazzi (Problem solving, role playing, brainstorming)

2. Training di assertività e di pro socialità

3. Somministrazione di schede stimolo sulle emozioni, sullo spazio interiore, sull’empatia, sulla condivisione di unproblema

4. Simulate e giochi di ruolo (affrontando il tema del pregiudizio,dei comportamenti prevaricatori ed offensivi del-l’altrui personalità)

4 Laboratorio di musica “Drum circle”: si è offerto ai ragazzi la possibilità di elaborare i propri vissuti e le proprieemozioni attraverso la conoscenza e l’uso di strumenti appartenenti alla musica afro-brasiliana con particolare riferi-mento alle percussioni. Un Drum Circle è un coinvolgente evento ritmico in cui un gruppo di persone si trova insiemea suonare sperimentando ed espandendo il senso di unità e coesione tramite il sostegno di un facilitatore. Mentre si di-vertono nello scoprire la propria ritmicità, i partecipanti nutrono l’empowerment personale e la capacità di teambuilding.Attraverso gli aspetti del movimento sia espressivo che ritmico (body percussion) è possibile arrivare aduna coscienza funzionale, sensoriale ed emotiva del proprio corpo che diventa un vero e proprio strumento capace diprodurre “ritmo” e “movimento”. La musica rappresenta un importante veicolo di comunicazione sociale, tra i piùconosciuti e amati dai giovani, e permette di facilitare le dinamiche di aggregazione promuovendo un maggior senso diappartenenza al gruppo. Punto di forza risulta essere il gioco, la conoscenza e l’uso del proprio corpo e degli oggettisonori così come l’apprendimento delle regole.

4 Laboratorio di “video-making” per la realizzazione di spot sul bullismo e cyberbullismo: ai ragazzi è stataofferta l’opportunità di un percorso in cui i loro stessi si sono sentiti efficaci protagonisti: osservatori, creatori edesecutori della materia del proprio conoscere, aumentando la propria autostima, creatività ed autodisciplina. I ragazzihanno lavorato in prima persona a tutte le fasi della produzione dello spot: dall’ideazione del soggetto alla stesura del-la sceneggiatura, alla scelta degli attori e delle location, alle riprese.Affrontando le varie modalità di espressione del bul-lismo e del cyberbullismo, i ragazzi hanno individuato, tramite l’utilizzo della tecnica del brainstorming, le idee che in qual-che modo potevano dare forma all’opera e mediante la negoziazione hanno dato vita alla trama degli spot prodotti. Ilgruppo è stato coinvolto anche nella realizzazione della colonna sonora, attraverso la composizione e registrazione dibrani da loro ideati in collaborazione con il Laboratorio di musica.

1. L’UNIONE FA LA FORZA: INSIEME CONTRO IL BULLISMO

pis ambito scolastico, progetto 1

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pis ambito scolastico, progetto 1

4 L’Operatore Amico: ha previsto l’attivazione nella classe di un piccolo gruppo di ragazzi coinvolti attivamente nel da-re supporto e sostegno agli altri, con compiti differenziati che spaziano da attività pratiche di tipo organizzativo a in-terventi quali il sostegno emotivo e l’ascollto attivo. Il training formativo ha previsto un periodo iniziale di orientamen-to sotto forma di seminario in cui i soggetti hanno iniziato il processo di formazione (tecniche di ascolto, di comunica-zione empatica e di socializzazione) e appreso il significato, i valori e lo scopo dell’approccio centrato sull’aiuto. Si è poilavorato molto utilizzando le simulate su temi specifici.

Abbiamo offerto, inoltre, dei percorsi formativi/informativi:

Per i docenti e non docenti: il percorso di formazione si è incentrato sulla prevenzione e la gestione degli episodi dibullismo e cyberbullismo, attraverso l’acquisizione di strategie specifiche sulla gestione dei conflitti in classe e nella scuola,per meglio affrontare le difficoltà relazionali dei giovani e trasformare le dinamiche conflittuali in una risorsa.Alcuni dei te-mi trattati:

1.“Bullismo: strategie didattiche e sfide possibili”

2.“Insegnanti soli o solo insegnanti? Modalità di gestione delle relazioni a scuola”

3.“Bullismo e cyberbullismo: percezione della legalità”

4.“Proposte operative e didattiche di prevenzione ed intervento del disagio a scuola”

Per i genitori: la sensibilizzazione al fenomeno non può avvenire solo al momento in cui il genitore si trova a vivere inprima persona il problema: rischia di essere emotivamente troppo coinvolto e poco obiettivo nel leggere una realtà diffici-le da accettare. In un’ottica di prevenzione e non di emergenza diventa necessario ed inevitabile coinvolgere i genitori.Al-cuni temi trattati:

1. “SOS genitori: domande e risposte sull’adolescenza”

2. “Bullismo e Cyberbullismo: scherzi o violenza?”

3.“Adolescenti in crisi: genitori in difficoltà. Impariamo ad ascoltare ciò che i ragazzi non dicono”

4.“La gestione delle regole e della disciplina in famiglia”

Al termine del progetto si è organizzata una giornata di studio sul bullismo e cyberbullismo e di condivisione

dei risultati ottenuti.

La restituzione è un momento imprescindibile di un progetto, avente un significato informativo e formativo. La restituzio-ne è soprattutto la trasmissione, ai soggetti coinvolti, dei risultati della propria attività e va intesa come “momento fondan-te” e centrale di processi di valutazione della qualità dell’“attività” realizzata.

In questa occasione i professionisti dell’equipe hanno illustato in modo dettagliato i risultati raggiunti nelle varie azioni,hanno raccontato la loro esperienza e le loro emozioni,coinvolgendo anche i ragazzi (lettura musicata della poesia “La ma-schera” di Trilussa e realizzazione con l’esperto musicale di un piccolo “drum circle” con i docenti).

Si è distribuito ai docenti un opuscolo all’interno del quale è riportata la nostra esperienza nelle scuole in cui il proget-to è stato attuato, l’analisi dei dati raccolti e dei risultati raggiunti. Nell’opusculo è inoltre allegato il DVD che riporta tuttigli spot realizzati dai ragazzi.Tale DVD è da considerarsi uno strumento didattico utile come stimolo al dibattito sulleprepotenze a scuola, la cui visione è stata suggerita ai docenti come possibilità di approfondimento e di intervento in clas-se. Il DVD prevede una struttura tematica per favorire la messa a fuoco del fenomeno, l’approfondimento dei ruoli e per im-maginare le soluzioni possibili.

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L’unione fa la forza: insieme contro il bullismo

Dott.ssa Adriana Saraceni

Adriana Saraceni, Paola Munno, Silvia Bottaro, Marta Pasquinelli, in qualità di socie de“La Sfera” Coop. sociale onlus per la prevenzione del disagio

Consulenti psicologhe, Formatrici.

Roma Capitale

“ITIS G.Giorgi” in Viale P.Togliatti n.1161 e “IIS Enzo Ferrari” in Via Grottaferrata n.76

Il telefono della Cooperativa è 3663422858

[email protected]

Finanziamento diretto del progetto, vincitore del bando, da parte di Roma Capitale

La Sfera Coop. sociale onlus per la prevenzione del disagio

Roma Capitale - Dipartimento Servizi Educativi e Scolastici

Ufficio Legge 285/97

€ 43.860,00

No

No

03/02/2011 - 01/12/2012

Municipio IX e Municipio VII

TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione com-pleta)

ufficio referente

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (SE PRI-VATO/TERZO SETTORE)

IL PROGETTO è STATO NUOVAMENTE FI-NANZIATO?

IL PROGETTO ÈTUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PRO-GETTO

DATI INFORMATIVI

pis ambito scolastico, progetto 1

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Nelle scuole dove è stato attuato l’intervento gli episodi di bullismo e cyberbullismoerano piuttosto frequenti,testimoniati anche da denunce tra ragazzi ancora in cor-so.Bullismo: prese in giro, esclusioni dal gruppo, scherzi umilianti, minacce, furti, bot-te: sono atti ascrivibili al bullismo se attuati in modo continuativo e con frequenzaverso la vittima predestinata. È necessaria anche l’asimmetria nella relazione, la vit-tima è più debole rispetto al bullo ed è incapace a difendersi. Dinamiche che si af-fermano all’interno del gruppo dove sono presenti anche gli spettatori che sannoquello che succede e ma non prendono posizione. Cyberbullismo: prevaricazioneperpetrata tramite mezzi di comunicazione (telefonate, SMS/MMS con testi/immagi-ni volgari, offensivi, minacciosi; diffusione di informazioni private, pubblicazione di fil-mati e foto su Internet; calunnie diffuse tramite mail, chat, blog). Implica assenza direlazione e di contatto diretto vittima-bullo (Olweus 1996, Smith 2004, Fonzi 1999).

Breve termine1. Offrire sostegno psicologico in caso di atti di bullismo2. Fornire risposte adeguate per una prevenzione primaria delle situazioni di rischioMedio termine 1. Promuovere nei ragazzi l’empowerment, il rispetto reciproco e la partecipazione

di gruppo, stimolare la strutturazione di una positiva immagine di sé, contribuirea migliorare il clima relazionale all’interno delle classi

2. Informare docenti e famiglie sulle caratteristiche socio-psicologiche del fenome-no e sugli aspetti giuridico legali della violenza tra minori

Lungo termine1. Prevenire e contrastare gli episodi di bullismo attraverso la diffusione della cultu-

ra del rispetto, della non violenza e della legalità2. Favorire, nei docenti, l’acquisizione di strumenti in grado di sviluppare modalità di-

dattiche, teoriche/pratiche, volte ad affrontare le difficoltà legate ai comportamentiaggressivi

270 alunni (per anno) delle classi prime e seconde delle scuole coinvolte;docenti e non docenti per far conoscere le strategie da porre in atto per preve-nire o ridurre il fenomeno;genitori per far sapere cos’è il bullismo in modo da individuare i sintomi manife-stati da chi è vittima di comportamenti prepotenti o gli atteggiamenti nei figli chemostrano un’inclinazione verso la prevaricazione

Punto Ascolto: spazio di accoglienza/counseling per ragazzi, docenti, genitori chehanno avuto bisogno del sostegno di un esperto per trovare un ascolto finalizzatoalla relazione d’aiuto e alla segnalazione di casi di bullismo. Percorso emoziona-le/sensibilizzazione alla cultura della legalità: simulate e giochi psicologici perfavorire un cambiamento positivo del clima della classe. Laboratorio di musica“Drum circle”: possibilità di elaborare vissuti ed emozioni attraverso la conoscenzae l’uso di strumenti tipici della musica afro-brasiliana (tamburi/percussioni). Labo-ratorio “video-making” per realizzare spot, con messaggi di prevenzione sulbullismo e cyberbullismo: i ragazzi hanno lavorato attivamente a tutte le fasi, dall’i-deazione alla stesura del testo, dalla musica alle riprese e all’interpretazione dellescene. Operatore Amico: coinvolgimento attivo dei ragazzi nel dare supporto aglialtri, con attività di tipo organizzativo e interventi quali sostegno emotivo e ascoltoattivo. Percorsi formativi sul bullismo/cyberbullismo per docenti/genitori:

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 1.000 ca-ratteri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 1.000 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.500 caratteri)

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DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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incontri teorico-pratici con momenti di scambio e confronto di gruppo attraversoil “brainstormig” (per valorizzare gli interventi dei partecipanti sui temi trattati), il“circle time” (libera espressione dei vissuti soggettivi/emotivi dei partecipanti) e l’u-so di giochi psicologici. Sono state proposte tecniche e strategie psicologiche per fa-vorire occasioni per parlare in classe delle prepotenze, del loro significato e delleconseguenze.”

Le azioni sono state condotte da un’équipe socio-psico-pedagogica compostada esperti di diversa professionalità che hanno garantito l’unitarietà del progetto eun impegno continuativo nel tempo.Gli Psicologi e la Psicopedagogista si sono occupati dell’attività formativa,delle con-sulenze e degli interventi di supporto in classe, l’Educatore professionale ha lavora-to con i ragazzi sull’elaborazione delle emozioni, l’Avvocato si è dedicato all’aspet-to legale degli atti di bullismo, la Sociologa ha lavorato alla realizzazione degli spot el’Esperto musicale ha condotto il laboratorio di musica.

Lo start up del progetto non è coinciso con l’inizio dell’anno scolastico concentrandotutte le attività in tempi ristetti e sovrapponendosi talvolta alle attività didattichefondamentali provocando una certa resistenza iniziale da parte di alcuni docenti a“cedere” le ore per le nostre attività.

La composizione interdisciplinare del nostro gruppo di lavoro ha rappresentato unpunto di forza perché, uniti nella stessa concezione di intervento preventivo, ha as-sicurato la possibilità di un attento lavoro di analisi della domanda e di una rispostaefficace e corretta al bisogno di volta in volta rilevato.Abbiamo tutti impiegato di-verse strategie (incontri informativi di sensibilizzazione, messa in atto di tecniche re-lazionali) per far capire ai docenti l’importanza del nostro intervento e che le orededicate alle nostre attività non erano “ore perse”.

Il progetto ha offerto un supporto ai docenti e ai genitori che ne hanno fatto do-manda e alle classi per le quali è stato opportuno darlo su richiesta del Dirigentescolastico e dei docenti stessi. È stato somministrato ai ragazzi un questionarioex-post di gradimento sulle azioni proposte (ripreso da “Bullismo, bullismi” diBuccoliero, Maggi, 2005) prendendo in esame le seguenti variabili: i vissuti emotividurante le attività, le relazioni con i compagni e con gli adulti di riferimento, la co-noscenza di sé e i cambiamenti del comportamento percepiti. I risultati: il 18% ri-tiene il progetto efficace per poter esprimere liberamente le proprie emozioni ve-nendo a contatto con parti del Sé non sempre conosciute, il 29% ritiene il progettomolto utile soprattutto per migliorare il rapporto con i compagni di classe, il 25%dei ragazzi afferma di conoscersi meglio e di essere riuscito ad affinare aspetti delproprio comportamento (dichiarano di essere meno aggressivi). Il 13% dei ragazziafferma di avere più fiducia in se stesso, mentre il 10% dichiara migliorato il propriorapporto con i docenti. Solo il 5% asserisce che il progetto non ha procurato nes-sun effetto su se stesso.

Il progetto ha sensibilizzato sul bullismo e cyberbullismo un target elevato di popo-lazione scolastica: studenti, famiglie, docenti che hanno potuto riflettere e confron-tarsi su un fenomeno sociale molto complesso. I docenti hanno notato una maggio-re coesione del gruppo classe e una partecipazione attiva da parte dei ragazzi allavita scolastica (maggiore interesse per le attività proposte). Il dato significativo è averfatto capire ai docenti (attraverso il lavoro di rete e i focus group) di possedere ri-sorse per progettare e realizzare dei cambiamenti avendo fiducia non solo nelle pro-prie forze.

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.200 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 1.200caratteri)

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pis ambito scolastico, progetto 1

Questionario di gradimento: i ragazzi hanno considerato l’esperienza assoluta-mente positiva (33%), da continuare (48%) e di grande aiuto (15%). Il 4% valuta il pro-getto non positivo. L’entusiasmo manifestato dai ragazzi, la stima e l’apprezzamentoper il lavoro svolto dimostrata da Dirigenti e docenti nell’incontro conclusivo tenu-to alla fine del percorso ha confermato l’esito positivo del progetto

Si è fornita ai docenti una formazione per affrontare le situazioni a rischio e unostrumento didattico (DVD con spot sul bullismo realizzato dai ragazzi) come sti-molo al dibattito sulle prepotenze,la cui visione è suggerita come possibilità di in-tervento in classe.Gli operatori amici sono stati formati per dare aiuto ai compagnie formare a loro volta altri operatori prima di lasciare la scuola

Punti di forza: Professionalità, entusiasmo e affiatamento dell’équipe. Raggiungi-mento degli obiettivi prefissati nei tempi stabiliti (2 anni scolastici).Affrontare l’ar-gomento dal punto di vista psico-socio-educativo, legale e musicale, inserendo figu-re professionali innovative, ha permesso a tutti i destinatari di conoscere da più an-golazioni il fenomeno e sfatare false convinzioni. L’utlilizzo di metodologie interatti-ve (giochi relazionali, role-playing, gruppi di discussione, simulate, drum circle, spot)ha permesso ai ragazzi di essere protagonisti attivi in tutte le azioni proposte. Otti-me capacità di adattamento del progetto e dell’équipe alle richieste specifiche dellescuole. Punto di debolezza del progetto è stato quello di non essere stato di nuo-vo finanziato. La non continuità rischia di disperdere il patrimonio faticosamente co-struito dalle risorse professionali, di deludere le aspettative inevitabilmente solleci-tate e di interrompere alcuni processi di cambiamento in atto.

Il progetto è riproducibile su tutto il territorio di Roma Capitale e Provincia e puòessere indirizzato, con alcune piccole modifiche nelle azioni, anche ad alunni di etàdiversa. La metodologia e le strategie utilizzate sono infatti facilmente applicabili asituazioni e target diversi (territori di diversa estrazione economica e sociale,stu-denti delle scuole primarie, centri giovani), fermo restando l’alta professionalità ecompetenza dell’équipe di lavoro.

L’aver coinvolto tutto il sistema scuola. L’impiego delle tecniche psicologiche per mi-gliorare la coesione del gruppo classe, creando un forte spirito di squadra. L’utilizzodi metodologie innovative e sperimentali (drum cirle e body-percussion sono utiliz-zate molto poco nelle scuole) ha permesso ai ragazzi di condividere le emozioni, di-vertendosi, alimentando l’empowerment personale e la capacità di team building. L’a-ver creato un prodotto didattico (un dvd con spot sul bullismo realizzati dai ragaz-zi) facilmente utilizzabile da tutti i docenti,anche da coloro che non hanno parteci-pato al progetto

Le dinamiche sottostanti la relazione bullo-vittima-spettatore sono legate da un filosottile che solo lo psicologo può interpretare e contrastare (giochi psicologici, coun-selig,role-playing, ascolto attivo). Gli psicologi si sono occupati: somministrazione/in-terpretazione questionari, gestione relazione équipe-scuola, supervisione operatori,formazione (prevenzione del disagio, strategie didattiche per affrontare il bullismo),realizzazione di un opuscolo in cui è riportata l’esperienza del progetto dallo startup alla conclusione, l’analisi dei dati e dove è allegato il DVD con gli spot realizzati.

ADRIANA PAOLA SILVIA

SARACENI* MUNNO** BOTTARO***

*RESPONSABILE EQUIPE E CONSULENTE PSICOLOGO** SUPERVISORE E CONSULENTE PSICOLOGO (eventuale 2° psicologo)*** FORMATRICE E CONSULENTE PSICOLOGO (eventuale 3° psicologo)

Eventuale valutazione della soddisfazione de-gli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

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Anna Graziani e Alessandra Lanari - Crisp a.r.l.

Nell’ambito dell’istituzione scolastica si assiste ad una progressiva percentuale di abbandoni insieme ad una inaccettabiledispersione nel passaggio dalla scuola dell’obbligo al biennio della scuola superiore.

I giovani che presentano difficoltà hanno spesso subito inizialmente un impatto negativo con l’istituzione scolastica ed han-no continuato ad accumulare insuccessi, entrando in un circolo vizioso caratterizzato da senso di fallimento, perdita di au-tostima, caduta della motivazione, vero e proprio rifiuto di questa e di qualsiasi altra possibilità formativa.

Naturalmente, anche se questo aspetto è più preoccupante e incisivo sul piano sociale, la dispersione non si identificaesclusivamente con bocciature ed abbandoni, ma questi segnali devono essere considerati come un fenomeno ben più com-plesso di perdita di efficacia e di continuità dell’impresa formativa diffuso non solo all’interno del presente presidio educa-tivo, ma sull’intero territorio nazionale.

In Italia, la dispersione scolastica è un fenomeno che nelle scuole secondarie di II grado a volte raggiunge il 30% dei casi.La Conferenza di Lisbona ha fissato degli obiettivi in tal senso: ridurre la percentuale dei giovani che abbandonano prema-turamente l’istruzione e la formazione al di sotto del 10% entro il 2020.

Dalle ricerche internazionali i principali fattori di rischio del disagio e della dispersione scolastica possono essere racchiusiin tre principali categorie:

• rischio accademico

• rischio socio-culturale

• rischio comportamentale

Attorno ai temi indispensabili della efficienza, ma anche della solidarietà e della valorizzazione dei talenti, la società cerca,nell’attuale contesto, il proprio volto più moderno e umano. Ridurre il tasso dei ragazzi “dispersi” significa non sprecare oc-casioni, conservare i fattori di ricchezza e impedire che divengano fattori di povertà e di disagio sociale. Non si tratta solodi assicurare migliori prestazioni degli alunni attraverso un innalzamento della qualità dell’istruzione e dell’insegnamento, maanche di garantire che aumentino drasticamente i giovani che hanno un titolo di studio; ciò da una parte per elevare il tas-so medio di istruzione dei cittadini europei e dall’altra per offrire ad ogni cittadino le conoscenze necessarie a svolgere at-tivamente la sua parte nella vita democratica del proprio paese e dell’intera Europa. In questo modo si promuove l’equità,la coesione sociale e la cittadinanza attiva, nonché l’incoraggiamento alla creatività e all’innovazione, vera specificità, insiemealla qualità della conoscenza scientifica e tecnologica, del modello europeo nella compagine competitiva internazionale.

Obiettivi

Il progetto si è proposto come una ricerca-azione con lo scopo di:

• individuare i casi a rischio di dispersione e di abbandono

• analizzare gli elementi che determinano il disagio

• attuare interventi formativi per identificare e sostenere le strategie poste in atto per evitare l’abbandono e la disper-sione da parte degli studenti a “rischio”

• favorire una migliore conoscenza di sé sul piano individuale e sociale, per lo sviluppo delle capacità auto decisionali

• individuare e stimolare abilità e competenze nello studente, affichè possa elaborare percorsi di vita fondati sulla cono-scenza di sé, dei propri bisogni individuali e delle opportunità del mondo esterno

• definire delle modalità di approccio innovativo didattico-esperenziale per rinforzare il livello motivazionale scolastico

• sostenere gli studenti agendo sul potenziamento dei fattori protettivi

Destinatari

Docenti e alunni del I biennio della Scuola Secondaria di II dell’Istituto paritario “Renzo Levi” di Roma.

Metodologia

Ricerca-azioneIl primo passo è stato analizzare il contesto di intervento, includendo le fasi di individuazione dei soggetti a rischio ed ana-

lisi dei fattori di rischio degli stessi, per potenziare i fattori protettivi.

È stato quindi necessario, per agire sulla prevenzione, inserire nella fase iniziale la somministrazione agli alunni del Que-stionario Focus 13 che raccoglie informazioni sugli interessi, motivazioni ed atteggiamenti degli studenti e restituisce reportindividuali e report per gli operatori indicando le strategie di intervento. Nello specifico, l’utilizzo del questionario ha avutocome obiettivo quello di fornire all’alunno la capacità di contestualizzare la situazione e percepire il problema, raccogliereulteriori informazioni e generare opzioni, valutare gli interessi e le motivazioni, formare gli atteggiamenti rispetto alla pro-

2. CONTRASTO ALLA DISPERSIONE SCOLASTICA: DA DROP-OUT A DROP-IN

pis ambito scolastico, progetto 2

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pria scelta futura, valutare criticamente le diverse possibili opzioni, risolvere il problema, ovvero assumersi la responsabilitàdella decisione, impegnarsi nella decisione presa.

La restituzione dei risultati è avvenuta attraverso colloqui individuali con gli studenti e la restituzione di report per gli ope-ratori agli insegnanti e agli psicologi scolastici.

Attraverso i report sono state fornite indicazioni sulle aree di disagio dello studente. Nei colloqui di restituzione è statofornito sostegno agli studenti agendo sul potenziamento dei fattori protettivi, individuati i casi a rischio di dispersione e diabbandono e analizzati gli elementi di disagio scolastico.

Sono stati inoltre effettuati interventi mirati di recupero, attraverso la formazione e l’azione degli insegnanti e fornendoloro strumenti di informazione e azione.

È stato creato un gruppo di lavoro rispetto alle specifiche necessità della Scuola stessa.

Oltre alla realizzazione di un intervento di orientamento che ha sostenuto gli alunni nel processo di scelta, attraverso losviluppo di specifiche competenze in grado di sostenere la qualità e l’efficacia delle scelte formative, sono stati realizzati per-corsi di formazione degli insegnanti e percorsi di formazione genitoriale.

È stato inoltre possibile integrare le attività di orientamento svolte con le attività previste dallo sportello psicopedagogico.

La modalità di intervento è stata quella relativa alla ricerca-azione, integrata nel curriculum scolastico.

Fasi di intervento

1.Valutazione iniziale dei soggetti, ricavata dalla somministrazione di FOCUS 13

2. Formazione docenti

3. Interventi didattici sulla motivazione allo studio

4.Valutazione in itinere e finale dell’intervento

5. Monitoraggio del progetto, che prevede: recupero dei soggetti a rischio di disagio e dispersione, messa a puntodi schemi di intervento presentabili come modelli di “buone pratiche”, promozione di un atteggiamento di mag-gior fiducia nei confronti dell’istituzione scolastica

Strumenti

Per il rischio accademico: voti scolastici (eterovalutazione), questionario FOCUS 13 di L. Boncori (autovalutazione).

Per il rischio socioculturale: FOCUS 13 (famiglia, compagni, ambiente e resilienza).

Per il rischio comportamentale: note disciplinari, voto condotta e FOCUS 13.

Risorse umane, risorse tecniche e risorse strumentali

Figure coinvolte:

Équipe di psicologi Crisp, psicologi dello sportello scolastico, docenti.

I responsabili dell’esecuzione del progetto sono stati gli psicologi Crisp: si sono occupati della formazione docenti, dellasomministrazione ed elaborazione questionari FOCUS 13, dei colloqui di restituzione individuale del report generato dalSW FOCUS 13 e dell’invio dei soggetti a rischio allo sportello scolastico.

Criteri di verifica e indicatori di efficacia

In riferimento alle linee guida in tema di Contrasto alla dispersione scolastica pubblicate nel 2011 da parte dell’Assesso-rato alle Politiche della Scuola della Provincia di Roma, il criterio utilizzato per quantificare il successo scolastico è stato l’am-missione all’anno successivo, in quanto criterio complementare positivo a quello utilizzato per definire la dispersione. È sta-

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to considerato, come indice di confronto, il criterio di successo dato dalla proporzione di valutazioni insufficienti che varia-vano nel periodo compreso fra l’inizio (valutazioni del primo quadrimestre comunicate a Febbraio) e la conclusione del-l’anno scolastico. Il numero degli studenti “recuperati” è la differenza fra numero di studenti ammessi al II anno e numero distudenti che, all’interno dell’insieme degli ammessi, al 1 trimestre avevano una o più insufficienze in un insieme di quattromaterie ritenute indicative di rischio (Matematica, Inglese, e due discipline caratterizzanti l’indirizzo).

Nello specifico, nell’a.s. 2011/2012, in cui è stato realizzato il progetto, il numero totale di alunni a rischio è stato pari a 28;il numero degli alunni recuperati è stato pari a 19 e quelli non recuperati 9, così suddivisi per i tre indirizzi scolastici:

- indirizzo A:ammessi 38,50%, non ammessi 4,25%, rimandanti 57,25%, abbandoni 0

- indirizzo B:ammessi 61,54%, non ammessi 0, rimandanti 38,46%, abbandoni 0

- indirizzo C:ammessi 30,77%, non ammessi 26,92%, rimandati 42,31%, abbandoni 1

Considerazioni finali

Gli studenti hanno mostrato un atteggiamento collaborativo e disponibile e hanno compreso e apprezzato l’utilità dell’o-rientamento. È stato attuato un lavoro di equipe molto proficuo, attraverso la collaborazione di tutti gli operatori coinvoltinel progetto, che ha permesso di identificare strategie e realizzare iniziative utili a sostenere i ragazzi nel loro percorso discelta del loro futuro scolastico.

Gli psicologi del progetto, essendo specialisti in valutazione, utilizzano il questionario FOCUS da molti anni e contribui-scono da tempo alla sua standardizzazione. L’intervento, essendo di stampo umanistico, pone al centro del progetto l’alun-no come unico agente dell’orientamento e prevede che tutto ciò che gli orientatori possono e devono fare consiste nel for-mare atteggiamenti corretti nei confronti delle carriere e far maturare la capacità di decidere razionalmente (L. Boncori).

L’impiego nel progetto del questionario FOCUS13, entrato a far parte delle linee guida contro la dispersione scolastica, ègaranzia di riproducibilità (Pubblicazione: Gli ultimi per primi. Progetto pilota di contrasto alla dispersione scoalstica. LineeGuida Roma,Anicia, 2011).

È auspicabile la promozione di questo intervento per il raggiungimento degli obiettvi fissati dalla conferenza di Lisbona.Ta-le progetto tornerà utile per le amministrazioni pubbliche per monitorare e prevenire il disagio scolastico in ogni sua mani-festazione (dispersione, bullismo...).

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Contrasto alla dispersione scolastica: da drop -out a drop -in

Anna Graziani Legale Rappresentante Crisp a.r.l

Scuola Secondaria di Secondo grado Liceo “Renzo Levi”

Domanda di partecipazione del bando del MIUR

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Scuola (Via del Portico d’Ottavia 73, Roma cap. 00186);sede Crisp a.r.l (via Adda 111, Roma Cap 00198)

066833884 (Scuola ) - 3492383660 (Crisp a.r.l )

[email protected]; [email protected]

www.crisparl.com

Rapporto di collaborazione per la realizzazione del progetto

Scuola Secondaria di Secondo grado Liceo “Renzo Levi” Via del Portico d’Ottavia 73, Roma cap. 00186

[email protected]; [email protected]

6.500 euro (lordi)

no

no

Anno scolastico 2011/2012

Roma

TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

EMAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione com-pleta)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DEL PERIODO CONSIDERATO PER LA VALUTAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

DATI INFORMATIVI

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In Italia, la dispersione scolastica è un fenomeno che nelle scuole secondarie di IIgrado a volte raggiunge il 30% dei casi. La Conferenza di Lisbona ha fissato degli obiet-tivi in tal senso: ridurre la percentuale dei giovani che abbandonano prematuramen-te l’istruzione e la formazione, al di sotto del 10% entro il 2020. Dalle ricerche in-ternazionali i principali fattori di rischio del disagio e della dispersione scolastica pos-sono essere racchiusi in tre principali categorie:1) rischio accademico 2) rischio socio-culturale;3) rischio comportamentale.

Il progetto si propone come una ricerca-azione con lo scopo di: individuare i casi arischio di dispersione e di abbandono; analizzare gli elementi che determinano il di-sagio scolastico; effettuare interventi mirati di recupero attraverso la formazione el’azione degli insegnanti,fornendo loro strumenti di informazione e azione; forniresostegno agli studenti, agendo sul potenziamento dei fattori protettivi; costituire ungruppo di lavoro rispetto alle specifiche necessità della scuola stessa; evidenziare mo-tivazioni che hanno determinato il successo o meno delle attività di recupero e discu-terne.

Docenti e alunni del I biennio della Scuola Secondaria di II°dell’Istituto paritario “Ren-zo Levi” di Roma

Fasi: 1) valutazione iniziale dei soggetti, ricavata dalla somministrazione di FOCUS13;2) formazione docenti; 3) interventi didattici sulla motivazione allo studio ;4) valu-tazione in itinere e finale dell’intervento; 5) monitoraggio del progetto, che prevede:recupero dei soggetti a rischio di disagio e dispersione, messa a punto di schemi diintervento presentabili come modelli di “buone pratiche”, promozione di un atteg-giamento di maggior fiducia nei confronti dell’istituzione scolastica. Metodo: ricer-ca-azione. Si parte dall’analisi del contesto di intervento, includendo le fasi di indivi-duazione dei soggetti a rischio ed analisi dei fattori di rischio degli stessi, per po-tenziare i fattori protettivi. Strumenti: per il rischio accademico: voti scolastici (ete-rovalutazione),questionario FOCUS 13 di L. Boncori (autovalutazione); per il rischiosocioculturale: FOCUS 13 (famiglia, compagni, ambiente e resilienza); per il rischiocomportamentale: note disciplinari, voto condotta e FOCUS 13.

Figure: équipe psicologi Crisp, psicologi sportello scuola, docenti. Responsabili del-l’esecuzione del progetto sono gli psicologi Crisp: si occupano della formazione do-centi, somministrazione ed elaborazione questionari FOCUS 13, colloqui di restitu-zioni individuali del report generato dal SW FOCUS 13 e invio dei soggetti a rischioallo sportello scolastico.

Si sono riscontrate alcune difficoltà di corrispondenza tra il modello scolastico sta-tale e le osservanze religiose di alcuni appartenenti alla comunità ebraica (osservanzadi Shabbat, necessità di menù Kosher alla mensa)

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 600 carat-teri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 600 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.000 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.000 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 600 ca-ratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione de-gli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400 caratteri)

La soluzione si è concretizzata con la ricerca di scuole pubbliche che concordasse-ro con le esigenze religiose della scuola in oggetto

Criteri di verifica: autovalutazione. Indicatori di efficacia: il numero di soggetti recu-perati e non. Nell’a.s. 2011/2012, in cui è stato realizzato il progetto, il numero to-tale di alunni a rischio è stato pari a 28; il numero degli alunni recuperati è stato pa-ri a 19 e quelli non recuperati 9, così suddivisi per i tre indirizzi scolastici: - indiriz-zo A, ammessi 38,50%, non ammessi 4,25%, rimandanti 57,25%, abbandoni 0; - indi-rizzo B, ammessi 61,54%, non ammessi 0, rimandanti 38,46%, abbandoni 0; - indirzzoC, ammessi 30,77%, non ammessi 26,92%, rimandati 42,31%, abbandoni 1.

Obiettivi raggiunti: indagata la situazione relativa alla dispersione scolastica e al di-sagio; attuazione di interventi formativi per identificare e sostenere le strategie po-ste in atto per evitare l’abbandono e la dispersione da parte degli studenti a “rischio”;definizione delle modalità di approccio innovativo didattico-esperenziale per rinfor-zare il livello motivazionale scolastico; sostegno agli studenti agendo sul potenzia-mento dei fattori protettivi; creazione di un gruppo di lavoro rispetto alle specifichenecessità della scuola.

Alta soddisfazione docenti e alunni, che hanno mostrato un atteggiamento collabo-rativo e disponibile e hanno compreso e apprezzato l’utilità dell’orientamento. È sta-to attuato un lavoro di équipe molto proficuo, attraverso la collaborazione di tuttigli operatori coinvolti nel progetto, che ha permesso di identificare strategie e rea-lizzare iniziative utili a sostenere i ragazzi nel loro percorso

Contenimento della dispersione scolastica: su un totale di 6 classi coinvolte il tota-le del numero degli alunni partecipanti è stato di 89. Di questi, 28 erano gli alunni arischio e al termine della realizzazione dell’intervento il 67,85% degli stessi è statorecuperato.Risultati dell’attività di recupero (casitica di successo/insuccesso). In ri-ferimento alle linee guida in tema di Contrasto alla dispersione scolastica pubblica-te nel 2011 da parte dell’Assessorato alle Politiche della Scuola della Provincia di Ro-ma, il criterio utilizzato per quantificare il successo scolastico è stata l’ammissioneall’anno successivo, in quanto criterio complementare positivo a quello utilizzato perdefinire la dispersione. È stato considerato, come indice di confronto, il criterio disuccesso dato dalla proporzione di valutazioni insufficienti che variavano nel perio-do compreso fra l’inizio (valutazioni del primo quadrimestre comunicate a Febbraio)e la conclusione dell’anno scolastico. Il numero degli studenti “recuperati” è la diffe-renza fra numero di studenti ammessi al II anno e numero di studenti che, all’inter-no dell’insieme degli ammessi, al 1 trimestre avevano una o più insufficienze in un in-sieme di quattro materie ritenute indicative di rischio (Matematica, Inglese, e due di-scipline caratterizzanti l’indirizzo).Attorno ai temi indispensabili dell’efficienza, maanche della solidarietà e della valorizzazione dei talenti, la società cerca, nell’attualecontesto, il proprio volto più moderno e umano. Ridurre il tasso dei ragazzi “dispersi”significa non sprecare occasioni, conservare i fattori di ricchezza e impedire che di-vengano fattori di povertà e di disagio sociale. Non si tratta solo di assicurare mi-gliori prestazioni degli alunni attraverso un innalzamento della qualità dell’istruzio-ne e dell’insegnamento, ma anche di garantire che aumentino drasticamente i giova-ni che hanno un titolo di studio; ciò da una parte per elevare il tasso medio di istru-zione dei cittadini europei e dall’altra per offrire ad ogni cittadino le conoscenze ne-cessarie a svolgere attivamente la sua parte nella vita democratica del proprio pae-

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RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

se e dell’intera Europa. In questo modo si promuove l’equità, la coesione sociale ela cittadinanza attiva, nonché l’incoraggiamento alla creatività e all’innovazione, veraspecificità, insieme alla qualità della conoscenza scientifica e tecnologica, del model-lo europeo nella compagine competitiva internazionale.

Promuovere un atteggiamento di maggior fiducia nei confronti dell’istituzione sco-lastica, portare l’alunno da uno stato del devo allo stato psicologico del voglio studia-re, attraverso l’applicazione di metodologie utili al miglioramento della capacità dimemorizzare e comprendere, di apprendere la lezione attraverso le regole del pren-dere appunti, l’uso degli schemi e delle mappe concettuali.

L’attuazione dell’intervento è stata realizzata grazie all’impiego di consulenti esper-ti tutti specialisti in valutazione psicologica, garantendo così l’attendibilità del lavoroe l’attesa di risultati positivi. Il mancato rinnovo del finanziamento non ha permessola prosecuzione del lavoro.

L’impiego nel progetto del questionario FOCUS 13, entrato a far parte delle lineeguida contro la dispersione scolastica, è garanzia di riproducibilità (Pubblicazione: Gliultimi per primi. Progetto pilota di contrasto alla dispersione scoalstica. Linee Gui-da Roma, Anicia, 2011). È auspicabile la promozione di questo intervento per il rag-giungimento degli obiettvi fissati dalla conferenza di Lisbona.Tale progetto torneràutile per le amministrazioni pubbliche per monitorare e prevenire il disagio scola-stico in ogni sua manifestazione (dispersione, bullismo...).

Vengono forniti agli insegnanti e agli alunni strumenti, procedure e metodologie di-dattiche innovative al fine di: definire le modalità di approccio innovativo didattico,esperenziale per rinforzare il livello motivazionale scolastico;istituire dei laboratorididattici per migliorare le capacità di apprendimento dei giovani a “rischio”; costrui-re attorno al referente un gruppo di lavoro rispetto alle specifiche necessità dellascuola.

Gli psicologi del progetto, essendo specialisti in valutazione, utilizzano il questiona-rio FOCUS da molti anni e contribuiscono da tempo alla sua standardizzazione. L’in-tervento, essendo di stampo umanistico, pone al centro del progetto l’alunno comeunico agente dell’orientamento e che tutto ciò che gli orientatori possono e devo-no fare consiste nel formare atteggiamenti corretti nei confronti delle carriere e farmaturare la capacità di decidere razionalmente (L. Boncori)

ANNA ALESSANDRA

GRAZIANI* LANARI**

*LEGALE RAPPRESENTANTE CRISP ARL

**eventuale secondo psicologo

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pis ambito scolastico, progetto 3

Federico Bianchi Di Castelbianco e Paola Vichi - Istituto di Ortofonologia, Roma

Il progetto si propone di costruire e realizzare un modello di segnalazione precoce dei possibili problemi di apprendi-mento scolastico fornendo alle insegnanti strumenti e modalità operative semplici e facilmente fruibili nella scuola raffor-zando le competenze pedagogiche presenti.

Nella realtà la problematica relativa ai disturbi specifici di apprendimento ha una incidenza limitata e spesso la preoccu-pazione riguarda bambini con problematiche organizzative o emotive che non possono essere inquadrati come DSA e unasegnalazione eccessiva incide in termini di costi sociali ed educativi.

Il progetto rivolto ad insegnanti della scuola materna ed elementare ha fornito strumenti pratici e teorici utili alla indivi-duazione precoce e corretta di eventuali difficoltà di apprendimento scolastico rendendole autonome nella individuazione,valutazione e segnalazione di reali problematiche di apprendimento e rafforzando il livello di consapevolezza rispetto alleproblematiche presentate dai bambini.

Il progetto è stato proposto in 12 scuole e si è svolto in diverse fasi:

1. formazione degli insegnanti sulle aree di indagine e sulle correlazioni con le difficoltà di apprendimento;

2. formazione operativa su specifici strumenti di valutazione per le diverse aree: linguaggio, organizzazione visuopercetti-va e spaziotemporale, cognitiva, psicoaffettiva, psicomotoria, logica;

3. somministrazione delle prove ai bambini da parte delle insegnanti e del sociogramma per lo studio delle relazioni e del-le dinamiche nella classe;

4. siglatura ed elaborazione dei risultati;

5. illustrazione dei risultati;

6. individuazione e condivisione delle strategie operative didattiche e psicopedagogiche per i bambini con difficoltà indi-viduati attraverso l’indagine;

7. supervisione e formazione operativa.

La realizzazione del progetto ha coinvolto i direttori didattici, i coordinatori delle scuole materne, gli insegnanti e gli in-segnanti specializzati.

Attraverso una formazione specifica e operativa sul campo è stato possibile individuare precocemente tutti i bambini condifficoltà e formulare nell’ambito scolastico percorsi idonei al superamento delle loro criticità, riducendo drasticamente ilnumero dei falsi positivi.

La formazione e il sostegno agli insegnanti inoltre consentirebbe la diminuzione di richieste di aiuti scolastici e speciali-stici:A.E.C. insegnanti di sostegno, visite e riabilitazione con riduzione dello stress psico-fisico e delle ansie e miglioramen-to della comunicazione scuola-famiglia.

La collaborazione tra specialisti ed insegnanti ha permesso di costruire una équipe psicopedagogica nella scuola con pos-sibilità di confronto e sostegno in itinere. Lo psicologo nella scuola ha permesso di affrontare situazioni difficili con bambi-ni problematici e supportare le insegnanti nel percorso scolastico, nella formazione e nella collaborazione con le famiglie.

3. PROGETTO ORA SÌ: BAMBINI E INSEGNANTI OSSERVARE RICERCARE APPRENDERE CON SUCCESSO INSIEME

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TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

Bambini e insegnanti per Osservare Ricercare Apprendere con Successo Insieme -ORA SÌ

Dott. Federico Bianchi di Castelbianco

Regione Lazio,“Piano Annuale degli interventi per il Diritto allo Studio e per L’Educazione Permanente- Anno scolastico 2009/2010”

Committente

Istituto di Ortofonologia

Rete di 12 scuole materne e elementari del XVI Municipio

06 8542038 - 06 8840384 - 335.6321712

[email protected]

www.ortofonologia.it

Affidamento su bando di gara alla Rete di 12 scuole di cui IdO è stato il partner peril sostegno clinico

Regione Lazio - Direzione Regionale Istruzione

Programmazione dell’Offerta Scolastica e Formativa e Diritto alla Studi- Area 42/14Interventi Integrativi per il Diritto all’Istruzione

Cofinanziamento

no

no

Settembre 2010 - Giugno 2011

Roma - Municipio XVI

DATI INFORMATIVI

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pis ambito scolastico, progetto 3

Negli ultimi anni, anche a seguito di diverse revisioni normative relative alle risorsesul sostegno scolastico e sulle problematiche relative i bambini con DSA, è enor-memente aumentata la richiesta di aiuto e la segnalazione di alunni dislessici. Nellarealtà la problematica relativa ai disturbi specifici di apprendimento ha una inciden-za inferiore e spesso la segnalazione riguarda bambini con problematiche organiz-zative o emotive che incidono sull’apprendimento in termini di basso rendimento,ma che non possono essere inquadrati come DSA. Inoltre una segnalazione ecces-siva incide in termini di costi sociali ed educativi.

Rafforzamento del livello di consapevolezza degli insegnanti rispetto alle problema-tiche presentate dai bambini; acquisizione di strumenti pratici e teorici utili alla indi-viduazione precoce e corretta di eventuali difficoltà di apprendimento scolastico;comprensione dell’importanza di un aggiornamento continuo sulle problematichecon approccio teorico-pratico; rendere autonome le insegnanti nella valutazione esegnalazione di reali problematiche di apprendimento riducendo la segnalazione

Il progetto è stato realizzato in 12 SCUOLE per le classi di 3° anno di scuola ma-terna e 1 e II elementare. I destinatari diretti sono gli educatori e gli insegnanti de-stinatari dell'intervento formativo, i destinatari indiretti (o finali) sono i bambini e lefamiglie.

Il progetto si è svolto in diverse fasi: 1) formazione degli insegnanti sulle aree di in-dagine e sulle correlazioni con le difficoltà di apprendimento; 2) formazione opera-tiva su specifici strumenti di valutazione per le diverse aree: linguaggio, organizza-zione visuopercettiva e spaziotemporale, cognitiva, psicoaffettiva, psicomotoria, lo-gica; 3) somministrazione delle prove ai bambini da parte delle insegnanti e del so-ciogramma per lo studio delle relazioni e delle dinamiche nella classe; 4) siglatura edelaborazione dei risultati; 5) illustrazione dei risultati; 6) individuazione e condivisio-ne delle strategie operative didattiche e psicopedagogiche per i bambini con diffi-coltà individuati attraverso l’indagine; 7) supervisione e formazione operativa.

La realizzazione del progetto ha coinvolto i direttori didattici, i coordinatori dellescuole materne, gli insegnanti e gli insegnanti specializzati, mentre la formazione, l’e-laborazione dei dati e la supervisione è stata affidata ad una équipe di psicologi, lo-gopedisti e psicomotricisti che operano nel campo della diagnosi e valutazione e nel-la formazione.

Le principali difficoltà hanno riguardato la preoccupazione da parte degli insegnantiriguardo alla compilazione dei profili e delle schede di segnalazione dei propri alun-ni, una sorta di “inibizione” riguardo alle proprie competenze in tal senso che inve-ce sono state rafforzate man mano che si procedeva con la formazione e con l’ac-quisizione di competenze autonome.

Sono stati realizzati incontri focus group per individuare le principali difficoltà e lestrategie per focalizzare l’attenzione sui bambini, riducendo le segnalazioni inade-guate. Le perplessità iniziali sono rientrate grazie all’approccio non invadente, gra-duale e accogliente verso le docenti da parte degli esperti esterni non vissuti comevalutatori. Necessaria anche la ridefinizione di ciò che può considerarsi patologico.Dopo un’iniziale sconcerto anche i bambini hanno risposto con curiosità e interes-se grazie alle modalità instaurate dagli psicologi per coinvolgerli.

In 6 scuole materne sono stati valutati 150 bambini del terzo anno: le insegnanti han-no segnalato 33 bambini di cui 8 già seguiti in terapia per difficoltà diverse, 6 stranie-ri con difficltà linguistiche e 19 individuati per difficoltà organizzative su base linguisti-ca, visuospaziale ed emotivo relazionale. In 12 scuole elementari su 27 classi di pri-ma sono stati valutati 535 bambini e 490 bambini su 27 classi di seconda elementa-re; in tutto su 1025 bambini sono stati segnalati dagli insegnanti 252 alunni attraver-so gli strumenti somministrati e le schede profilo. Di questi 36 erano già seguiti interapia e 34 stranieri; dei restanti 182, 81 bambini presentavano difficoltà linguisti-che percettive o emotive risolte durante l’anno scolastico grazie all’attivazione dipercorsi idonei supervisionati e dei restanti 101, 41 presentavano problemi emoti-

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 600 carat-teri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 600 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.000 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.000 caratteri)

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 600 ca-ratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione de-gli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

vo comportamentali e soltanto 60 vere e proprie difficoltà di apprendimento di di-versa matrice e con difficoltà emotive associate.

Nonostante l’iniziale insicurezza dei docenti, si è raggiunta una adeguata competen-za da parte degli insegnanti nel valutare e segnalare bambini con possibili difficoltà.Inoltre, attraverso una formazione specifica, è possibile individuare tutti i bb con dif-ficoltà e formulare in ambito scolastico percorsi idonei al superamento delle lorocriticità, riducendo di molto il numero dei falsi positivi.

Circa il 90% delle insegnanti ha chiesto di poter approfondire gli argomenti trattatie lo studio dei DSAritenendo molto utile il lavoro sul campo; i bambini hanno manifestato cambiamen-ti significativi in ambito pedagogico e didattico e i direttori hanno manifestato vivointeresse a proseguire con altri progetti formativi sul campo.

La formazione e il sostegno agli insegnanti consente la diminuzione di richieste diaiuti scolastici e specialistici: A.E.C. insegnanti di sostegno, visite e riabilitazione conriduzione dello stress psico-fisico e delle ansie (minori assenze) e miglioramento del-la comunicazione scuola-famiglia.

Migliore percezione da parte degli insegnanti delle proprie competenze nella indivi-duazione delle difficoltà, potenzialità e risorse degli alunni; possibilità di essere forma-tori per altri colleghi.

Aspetto positivo prevalente è la collaborazione con gli insegnanti che si sono senti-ti parte di una equipe psicopedagogica con possibilità di confronto e sostegno in iti-nere; individuazione precoce dei disturbi e possibilità di intervento immediato al-l’interno della scuola.Tra i punti di debolezza il tempo ridotto per gli incontri e leresistenze di alcune insegnanti verso un lavoro di osservazione-valutazione.

Il progetto richiede un finanziamento minimo e il coinvolgimento di un numero li-mitato di operatori per più scuole. Inoltre gli incontri di formazione avvengono allapresenza di più insegnanti contemporaneamente.Tutti questi aspetti rendono il pro-getto facilmente riproducibile e inquadrabile in un percorso di formazione e aggior-namento. L’efficacia dell’intervento proposto è strettamente legato alla sua preco-cità: l’individuazione di DSA dovrebbe avvenire il prima possibile per intervenire conil massimo dell’efficacia (entro i primi due anni della scuola primaria).

L’intervento precoce sulle difficoltà di comportamento ai fini della prevenzione pergli anni seguenti è di per sé aspetto innovativo del progetto, ma il fatto che non sia-no esperti esterni a valutare i bambini ma le insegnanti stesse rappresenta una rea-le innovazione a sostegno delle competenze pedagogiche nella scuola.

Un apporto importante è dato dalla esigenza delle insegnanti di essere ascoltateemotivamente e di condividere e sentirsi sostenute rispetto ad esperienze difficiliricercando nel gruppo e individualmente le soluzioni più valide e funzionali. La pre-senza dello psicologo permette di affrontare situazioni difficili con bambini proble-matici e supportare le insegnanti per comprendere meglio come procedere nel per-corso scolastico in atto.

FEDERICO PAOLA

BIANCHI DI CASTELBIANCO* VICHI**

*DIRETTORE ISTITUTO DI ORTOFONOLOGIA DI ROMA

**PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA ISTITUTO DI ORTOFONOLOGIA DI ROMA

pis ambito scolastico, progetto 3

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pis ambito scolastico, progetto 4

Jacopo Bertacchi, Consuelo Giuli, Lavinia Lombardi e Silvia Bonetti - Associazione Mente Cognitiva, Lucca

La Danza delle Api è un progetto che nasce nel 2006 e prevede al suo interno la maggior parte degli interventi che rien-trano nell’area della psicologia scolastica, così come previsto dalle vigenti normative. I fondatori e responsabili del progettosono Iacopo Bertacchi e Consuelo Giuli, psicologi psicoterapeuti, i collaboratori Lavinia Lombardi e Silvia Bonetti, psicolo-ghe specializzande rispettivamente in psicoterapia e neuropsicologia. Dal 2009 è stato attivato all’interno del progetto unintervento per le classi caratterizzate da forti problematiche comportamentali (condotte aggressive, oppositivo-provocato-rie, difficoltà di autocontrollo) basato sul modello del Coping Power Program di Lochman (Lochman e Wells, 2002).

La richiesta sempre più frequente da parte delle scuole di intervento su classi con gravi problematiche di tipo comporta-mentale, ci ha convinto della necessità per tale classi di un intervento maggiormente strutturato e che agisse in modo spe-cifico sulle problematiche suddette.Tra i protocolli sui disturbi esternalizzanti la letteratura indica il CPP come uno tra i piùefficaci e studiati. In Italia Il CPP è in via di sperimentazione in contesto clinico presso il Servizio per il trattamento dei di-sturbi del comportamento in età evolutiva “Al di là delle Nuvole” - IRCCS Fondazione Stella Maris Pisa (Polidori et al., 2010;Ruglioni et al., 2009).

Grazie alla collaborazione tra i responsabili del progetto e gli operatori di tale servizio in termini di formazione (tutto lostaff del progetto si è formato con un training sul CPP condotto dal Prof. Lochman) supervisione, e progettazione dell’in-tervento, è stato possibile elaborare un adattamento del protocollo per le scuole italiane. Sono state apportate delle modi-fiche al protocollo per essere applicato in ambito preventivo e su tutti gli alunni della classe.

Tale modello è stato applicato in via sperimentale come studio pilota su 4 classi di scuola primaria (a.s. 2009-2010), fa-cendo registrare una riduzione significativa delle condotte inadeguate, nello specifico i comportamenti aggressivi e il non ri-spetto delle regole. Lo studio prevedeva una misurazione pre-post test attraverso la somministrazione ai docenti del que-stionario “Teacher’s Report Form for Ages 6-18” (TRF) (Achenbach, 2001), oltre a un intervista post sperimentale ed un que-stionario di valutazione, ma non era presente il gruppo di controllo.

Il progetto di ricerca nei successivi 2 anni (a.s 2010-2011 e 2011-2012) è stato applicato su altre classi di scuola primaria,ampliando il campione ed introducendo il gruppo di controllo: classi caratterizzate dalle medesime problematiche (non dif-ferenze significative in ciascuna delle sub scale del test utilizzato) sulle quali non è stato applicato alcun intervento. Comequestionario da somministrare ai docenti è stato scelto non più il TRF ma il test “Strength and Difficulties Questionnaire” (SDQ)(Goodman, 1997), più adatto ad una somministrazione su più ampia scala (tutti gi alunni delle classi) ed altrettanto efficacein tale contesto di ricerca.

Lo scopo di questo studio, quindi, è stato quello di determinare la misura in cui un approccio di tipo preventivo, quale ilCPP, precedentemente trovato efficace per prevenire comportamenti problematici ed antisociali nei bambini aggressivi adalto rischio, è in grado di diminuire i comportamenti aggressivi e migliorare le competenze sociali ed emotive se applicatocome intervento di prevenzione universale nel contesto scolastico. L’intervento è stato applicato su 5 classi di scuola pri-maria (113 alunni, 8-10 anni), mentre erano presenti 4 classi di controllo (71 alunni, 8-10 anni); le 9 classi sono state asse-gnate in modo randomizzato al gruppo sperimentale o di controllo. Nel campione totale, il 9,23% degli alunni si colloca so-pra il 90° percentile (Area clinica) il 6,52% tra l’80° e il 90° percentile, il 32,6 % tra il 50° e l’80° percentile sulla scala Tota-le Difficoltà (SDQ).

I risultati indicano una riduzione significativa nel gruppo sperimentale rispetto al controllo dei problemi di condotta e del-l’iperattività (nello specifico una riduzione significativa nella scala “Totale Difficoltà”,“Problemi Comportamentali”,“Disat-tenzione/Iperattività”, ed un aumento significativo nella scala “Comportamenti Prosociali”). Dalle interviste post sperimen-tali e dai Questionari di valutazione somministrati ai docenti emerge come i docenti stessi reputino “molto efficace” la me-todologia utilizzata,“pienamente raggiunti i risultati prefissati”, dichiarando di aver arricchito “molto” il proprio bagaglio pro-fessionale.Affermano inoltre di aver acquisito strumenti più efficaci per gestire le situazioni critiche all’interno della classe.

I risultati sono stati via via pubblicati come articoli su riviste o contributi in volumi e presentati in diversi convegni e cor-si di formazione (vedi alla fine del testo). Il progetto da novembre 2012 è supervisionato dallo stesso prof Lochman (Uni-versità dell’Alabama), il quale ha collaborato anche alla stesura di un articolo che verrà sottoposto a riviste che si occupa-no di Psicologia preventiva. Inoltre i membri del progetto stanno ultimando la manualizzazione del modello di interventosperimentale per poi proporlo agli editori.

Il progetto è stato finanziato inizialmente da un ente municipalizzato del Comune di Lucca, in seguito dal Servizio Politi-che Culturali (Uff.Attività educative) del Comune di Capannori (Lu) e poi dalla Conferenza Zonale per l’Istruzione della pro-vincia di Lucca attraverso il finanziamento del Progetto Integrato d’Area (“Attività per la diffusione della cultura della lega-lità e cittadinanza democratica”). Partner del Progetto sono la Scuola di Psicoterapia Cognitiva s.r.l, il Centro di Psicotera-pia Cognitiva Pandora (Lu), l’IRCCS Fondazione Stella Maris Pisa, oltre al Comune di Capannori (Lu) e ai suoi quattro Isti-tuti scolastici pubblici.

4. LA DANZA DELLE API

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L’intervento da noi proposto è costituito da un training di 24 sessioni con la classe a cadenza settimanale della durata diun’ora e 12 incontri di supervisione ai docenti a cadenza bisettimanale della durata di un’ora. Il training suddiviso in 10 mo-duli:

Sessione 1: presentazione struttura del gruppo e sistema dei traguardi. Sessione 2-3: definizione degli obiet-tivi a breve e a lungo termine. Sessione 4-6: consapevolezza delle emozioni e dell’attivazione fisiologica rela-tiva alla rabbia. Sessione 7: fronteggiare la rabbia e acquisire l’autocontrollo. Sessione 8-10: esercitarsi nell’u-so delle autoistruzioni per il controllo della rabbia. Sessione 11: come rilassarsi e affrontare gli ostacoli al rag-giungimento dell’autocontrollo. Sessione 12-14: cambiare punto di vista. Sessione 15: cambiare punto di vistae problem solving. Sessione 16-19: Risolvere i problemi relazionali (social problem solving). Sessione 20-23:video sul problem solving. Sessione 24: conclusione del programma.

Per implementare le abilità degli alunni a perseguire obiettivi a breve e lungo termine si utilizza il “Foglio dei traguardi”, unsemplice contratto comportamentale la cui novità è che è il bambino stesso, nel contesto del gruppo, a proporre il tema sulquale vuole impegnarsi.

Questo tema, con l’aiuto dello psicologo, viene tradotto in obiettivi comportamentali che vengono definiti settimanal-mente.

Il raggiungimento di queste piccole mete, che riguardano sempre il contesto scolastico, permetterà al bambino di accede-re ad un sistema a premi.

Il punto di forza del traguardo personale consiste nel fatto che non provoca una competizione tra gli alunni, proprio per-ché mette in evidenza come ciascuno di loro abbia un aspetto del proprio comportamento in cui può migliorarsi che nonnecessariamente coincide con quello di altri compagni.

Questo costituisce un aspetto fondamentale per l’applicazione dell’intervento su tutta la classe.Attraverso i moduli sulleabilità sociali ed emotive i bambini possono apprendere o rafforzare una serie di abilità, come la gestione della rabbia, il per-spective taking, il problem solving, che contribuiscono alla riduzione sia dei singoli comportamenti inadeguati in classe sia de-gli episodi conflittuali.

Alcuni strumenti sperimentati durante le sessioni con gli alunni, come il “termometro delle emozioni”, il “cartellone sullarabbia innocua” o quello sulle “modalità di espressione della rabbia”, possono essere utilizzati dagli insegnanti quotidiana-mente, sia come ausili nella gestione di momenti particolarmente difficili, sia inserendoli all’interno delle normali attività di-dattiche (lettura di storie, schede da compilare, temi scritti riferiti alle tematiche oggetto del percorso).

Pubblicazioni

I. Bertacchi, C. Giuli, L. Polidori, L. Ruglioni, P. Muratori (in corso di stampa). I problemi di comportamento nella scuola primaria:un modello di intervento sulla classe. Psicologia e Scuola.

I. Bertacchi, C. Giuli, P. Muratori L. Ruglioni L. Polidori. L’intervento sulle problematiche comportamentali in ambito scolastico: pre-sentazione di un’esperienza. Psicologia Toscana, anno XVIII n. 2-3 Dicembre 2012, pp 68-73.

I. Bertacchi, C. Giuli, P. Muratori (2012). Il progetto ‘La Danza delle Api’: un esperienza di applicazione del Coping Power Programnella scuola italiana. In J. E. Lochman, K.Wells, L.A. Lenhart (Eds), Coping Power (Ed. Italiana a cura di P. Muratori, L. Poli-dori, L. Ruglioni,A. Manfredi,A. Milone), pp. 335-350.Trento: Erickson.

Presentazioni a convegni

Bertacchi, C. Giuli, L. Lombardi,“Il Coping Power Program nel contesto scolastico italiano: presentazione di un’esperienza”. XVI Con-gresso nazionale SITCC - Società Italiana Terapia Comportamentale e Cognitiva, Roma, 4/7 ottobre 2012. Pubblicato on-line sulla rivista State of Mind.

C. Giuli, I. Bertacchi, L. Lombardi,“Le problematiche di aggressività e condotta nella scuola dell’Infanzia: un modello di intervento”.XVI Congresso nazionale SITCC - Società Italiana Terapia Comportamentale e Cognitiva, Roma, 4/7 ottobre 2012. Pub-blicato online sulla rivista State of Mind.

Bertacchi, C. Giuli, P. Muratori,“I comportamenti ‘dirompenti’ in classe: un modello di intervento per la scuola primaria e dell’infan-zia” VIII Convegno Internazionale “La qualità dell’integrazione scolastica e sociale”, Rimini 18-20 novembre 2011.

Bertacchi, C. Giuli, P. Muratori,“Un modello di intervento sui comportamenti problematici in ambito scolastico: applicazione del Co-ping Power Program su classi della scuola primaria e dell’infanzia” IV forum sulla Formazione in Psicoterapia,Assisi 14-16 ot-tobre 2011.

Bertacchi, C.Giuli “Applicazione del Coping Power Program su classi della scuola primaria”. XV Congresso nazionale Società Ita-liana Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC), Milano 4/7 novembre 2010.

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TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

La Danza delle Api

Dott. Iacopo Bertacchi, Dott.ssa Consuelo Giuli

Lavinia Lombardi

Psicologo collaboratore-operatore del Progetto

Progetto promosso dall'Associazione Mente Cognitiva, Lucca

Via Candia 23 Pietrasanta (Lucca)

3493402818, 3408818454

[email protected]

www.areacognitivalucca.it

Contratto di colaborazione occasionale stipulato con l’ente finanziatore

Istituti scolastici del Comune di Capannori e di altri comuni della provincia di Lucca

Comune di Capannori - Servizio Politiche culturali - Ufficio attività educative (2009-2012). Progetto Integrato d’Area - Conferenza Zonale per l'Istruzione (capofila Isti-tuto Comprensivo Manzoni di Lammari (Lu) (2010-2011).Azienda compartecipatacomunale di Lucca (2009-2010)

Ufficio Attività educative Comune Capannori (Lu);Istituto Comprensivo “Manzoni” di Lammari (Lu)

27.000 Euro

No

Si

Da novembre 2012 a maggio 2013

Provincia di Lucca

DATI INFORMATIVI

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Problematiche di aggressività e condotta (comportamenti di non rispetto delle re-gole, di tipo oppositivo provocatiorio, aggressività, difficoltà nell’autocontrollo) pre-senti in misura elevata (alta frequenza ed intensità) all’interno di classi di scuola pri-maria.

Riduzione significativa di tali comportamenti all’interno della classe al termine del-l’intervento ed in follow up successivi, rilevati attraverso somministrazione di que-stionari da parte dei docenti che rilevano indici comportamentali di tutti gli alunnidellla classe.

Studenti frequentanti la scuola primaria e i relativi docenti di classe. L’intervento hacoinvolto tutti gli alunni delle classi sperimentali.Alcuni incontri informativi sono sta-ti rivolti ai genitori dei bambini delle classi coinvolte.

Il progetto prevede l’applicazione del protocollo Coping Power Program (CPP) (Lo-chman e Wells, 2002) riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come ef-ficace nella prevenzione in bambini e adolescenti che presentano uno scarso rispet-to delle regole sociali, comportamenti violenti e abuso di sostanze (Lochman et al.,2007; Lochman e Wells, 2003b; Zonnevylle-Bender et al., 2007;Van de Wiel et al.,2007). Il protocollo è stato adattato dagli psicologi del progetto come intervento diprevenzione (primaria/secondaria: classi con bambini a rischio di sviluppo di distur-bi di tipo esternalizzante) su tutti gli alunni di una classe. L’intervento consiste in untraining settimanale con il gruppo classe (alunni e docenti) per un totale di 24 ses-sioni di un’ora in cui vengono svolti i vari moduli del programma per l’educazionerazionale emotiva e tecniche di gestione della rabbia. Inoltre sono previsti 12 incontridi un’ora con i docenti di supervisione dell’intervento e formazione docenti suglistumenti da utilizzare in classe. Infine 6 incontri di sensibilizzazione con i genitorisugli strumenti e il percorso effettuato nel progetto.

Gli psicologi che operano nel progetto conducono l’intero intervento sulle classi,ovvero il training settimanale con il gruppo classe e le supervisioni quindicinali coni docenti. Gli psicologi coinvolti nel progetto inoltre effettuano incontri di supervi-sione tra di loro per monitorare l’andamento dell’intervento sulle varie classi e con-ducono le fasi iniziali di pianificazione e progettazione effettuati insieme a docenti edirigenti della scuola .

Poche ore di training sui docenti rendevano difficile l’apprendimento delle procedu-re da applicare nell’intervento.

Capacità di coinvolgere tutte le figure all’interno della classe (i vari docenti, educa-tori, referenti dei progetti sul disagio scolastico e dirigenti scolastici), coordinarle tradi loro, motivarle e sostenerle nel raggiungimento degli obiettivi proposti. Capacitàdi mediare e risolvere i conflitti emersi tra le varie figure coinvolte

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 600 carat-teri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 600 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.000 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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pis ambito scolastico, progetto 4

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.000 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 600 ca-ratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione degli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

Per misurare l’efficacia dell’intervento è stato somministrato ai docenti sia prima cheal termine dell’intervento un questionario per rilevare indici comportamentali deglialunni della classe. Il questionario è lo “Strength and Difficulties Questionnaire” (SDQ)(Goodman, 1997). I dati raccolti sono stati analizzati mediante Analisi della Varianzaper misure ripetute (2 tempi: pre-post intervento; 2 gruppi: sperimentale e control-lo). I risultati indicano una riduzione significativa nella scala “Totale Difficoltà” (7,29;6,15) nelle classi sperimentali rispetto alle classi di controllo (6,93; 7,21), ovvero unmiglioramento significativo nei comportamenti inadeguati oggetto dell’intervento.

Nel confronto tra la situazione pre e post intervento, le classi sperimentali, rispettoa quelle di controllo, migliorano in modo significativo su tutte le subscale che for-mano la scala “Totale Difficoltà” del questionario SDQ, in modo particolare nellesubscale “Sintomi Emozionali” “Rapporti problematici con i pari”. Questi i valori del-le varie scale nei due gruppi nel confronto pre-post intervento.Gruppo sperimentale:Totale Difficoltà (7,29; 6,15) Sintomi Emozionali (1,92; 1,76)Problemi di comportamento (1,31; 1,07) Iperattività (3,04; 2,48) Rapporti proble-matici con i pari (1,00; 0,83), Comportamento pro sociale (7,00; 7,98).Gruppo di controllo:Totale Difficoltà (6,92; 7,21) Sintomi Emozionali (1,56; 1,67)Problemi di comportamento (1,28; 1,38) Iperattività (2,67; 2,84) Rapporti proble-matici con i pari (1,40; 1,30), Comportamento pro sociale (7,66; 7,63).Dalle interviste post-sperimentali emerge come i docenti stessi abbiano percepitoun miglioramento di tali condotte all’interno della classe.

È stato somministrato ai docenti un questionario di valutazione del progetto ed un’in-tervista post sperimentale per valutare il grado di soddisfazione dei docenti stessirispetto all’intervento effettuato. Da ciò emerge un elevato livello di soddisfazioneper l’intervento effettuato.

Il progetto migliora il clima collaborativo degli studenti con un incremento delle at-tività didattiche. Riduce le esplosioni rabbiose da parte dei bambini. Riduce i com-portamenti disfunzionali di casi clinici. Riduce la stigmetizzazione dei casi clinici in-tervenendo sull’intera classe. Permette ad una sola figura di intervenire su proble-matiche che coinvolgono diverse figure e strutture.

Riduzione della dispersione scolastica, aumento delle strategie di coping nei bambi-ni con problemi di gestione della rabbia, incremento delle capacità di problem sol-ving interpersonale, riduzione del bullismo.

Aspetti positivi sono stati i risultati stessi dell’intervento ma soprattutto la perce-zione dei docenti di una riduzione significativa dei comportamenti problematici al-l’interno dellla classe e di una maggiore gestibilità delle classi stesse. Inoltre i do-centi affermano di aver arricchito il proprio bagaglio professionale, di aver appre-so tecniche e strategie per gestire le situazioni problematiche all’interno della clas-se, essendo in grado di implementare loro stessi alcuni moduli del programma, trai quali il contratto educativo con gli alunni.Tra gli aspetti negativi è il poco tempoper l’applicazione del progetto ricade su un numero ridotto di ore per la forma-

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RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

zione degli insegnanti, creando in alcuni casi problemi motivazionali e scarsa ade-renza al protocollo.

Il progetto può essere riprodotto in ambiente scolastico, nella scuola primaria e se-condaria di primo grado, poiché prevede l’applicazione di un protocollo manualizza-to (presente anche in lingua italiana) a cui sono state apportate modifiche da partedegli psicologi del progetto per poter essere applicato come intervento di tipo pre-ventivo (prev primaria e secondaria) su tutti gli alunni di una classe. Il protocollo co-sì riadattato è stato dagli autori stessi registrato e manualizzato per essere pubbli-cato.

Le innovazioni consistono nell’intervenire sulle problematiche comportamentali pre-senti nelle classi con un intervento protocollato di comprovata efficacia e specificosu tali tematiche in grado di ridurre significativamente le condotte disfunzionali pre-senti nelle classi.

Il valore aggiunto degli psicologi al progetto è consistito nella possibilità di applica-re un protocollo utlizzato in clinica per i disturbi della condotta in forma di inter-vento di tipo preventivo in ambito scolastico. Gli interventi solitamente messi in at-to nelle scuole per intervenire su classi problematiche sono inteventi di educazioneemotivo-relazionale, condotti da educatori, che non riescono a ridurre in modo si-gnificativo le condotte problematiche all’interno della classe.

IACOPO CONSUELO LAVINIA SILVIA

BERTACCHI* GIULI** LOMBARDI*** BONELLI****

*RESPONSABILE PROGETTO

**RESPONSABILE PROGETTO (eventuale 2° psicologo)

***COLLABORATORE - OPERATORE PROGETTO (eventuale 3° psicologo)

****COLLABORATORE - OPERATORE PROGETTO (eventuale 4° psicologo)

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Ana Guerrero Gomez e Michela Vespa - Coop. Soc.ABC SOS, Roma

Negli ultimi tempi, il mutamento delle condizioni socio-economiche in Italia ha modificato anche il profilo epidemiologicoin tema di Salute Mentale (riduzione della componente di disabilità fisica, in funzione del miglioramento delle condizioni divita e di cura, rispetto ad una accresciuta epidemiologia dei disturbi dello sviluppo1), rendendo sempre più necessaria unacollaborazione tra piano sociale e sanitario.

In particolare, i servizi e le istituzioni scolastiche rilevano il diffuso disagio giovanile e la cospicua psicopatologia dell’ado-lescenza, che evolve spesso in disturbi della personalità o dipendenze patologiche. Pertanto, si rendono ad oggi necessariemisure preventive ed interventi tempestivi e coordinati fra i vari servizi di cura e prevenzione.

La nostra ricerca, inserita in un panorama carente dal punto di vista delle indagini sui servizi territoriali di Salute Mentaledei minori, presuppone che la maggior parte dei disturbi mentali insorgano nel periodo dell’adolescenza o dell’età giovanilee che spesso, non trovando sufficienti risorse di cura, rischiano di aggravarsi e/o cronicizzarsi.

Dunque, si evince che un intervento efficace e precoce possa prevenire o ridurre interventi a lungo termine, limitando inquesto modo l’onere della persona, della famiglia e di tutto il Sistema Sanitario Nazionale.

L’indagine presentata nasce dalle osservazioni riscontrate dagli operatori sociali del V Municipio di Roma Capitale, che evi-denziano: un elevato livello di disagio psicosociale, numerose e rilevanti problematiche riguardanti la salute mentale dei ra-gazzi (dentro e fuori l’ambiente scolastico) e la difficoltà da parte dei servizi nel rispondere in maniera tempestiva a questetipologie di bisogni. Perciò, il Dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della Salute del Comune di Roma Capitale hapredisposto un finanziamento per lo svolgimento del presente progetto, realizzato interamente da operatori psicologi psi-coterapeuti attraverso la cooperativa sociale ABC SOS.

La presente ricerca, di tipo descrittivo, ha previsto il monitoraggio di un bacino di utenza circoscritto (V Municipio di Ro-ma). Focalizzare l’attenzione su una fascia di popolazione (11-17 anni) e di tempo (2011-2012) ristrette ci ha permesso diestendere l’osservazione della tipologia di utenza e dei servizi non soltanto a numeri, ma anche ad osservazioni, confronti epercezioni dei professionisti che quotidianamente esercitano il lavoro di cura, riabilitazione, mediazione, giustizia ed inse-gnamento con i minori.

Questo nella speranza che la comprensione possa accrescere un coinvolgimento consapevole ed una fluida conoscenzatra le figure professionali impegnate nell’ambito della salute mentale, per unire gli sforzi lavorativi dell’attività accademica edi quella territoriale in funzione del benessere degli utenti e della cittadinanza in generale.

Sono state indagate: le risorse disponibili, l’organizzazione dei servizi e il modo in cui riescono a lavorare in rete.

La ricerca, quindi, è stata affiancata da una ricognizione di strutture e risorse delle diverse realtà che intervengono in que-sto contesto. Il TSRMEE I Distretto Asl RM B ha collaborato con la compilazione da parte di tutti gli operatori di una grigliadi rilevazione contenente i dati relativi al totale dei soggetti (di età compresa tra gli 11 e i 17 anni), valutati o trattati dal ser-vizio. Le Scuole Medie del V Municipio sono state coinvolte attraverso le certificazioni per l’integrazione scolastica di tuttigli studenti oltre che con la compilazione da parte degli insegnanti di due scuole di un questionario sulla percezione del di-sagio psicologico tra gli alunni. L’Ufficio minori e famiglia del V Municipio, per i dati relativi ai servizi sociali dell’Autorità Giu-diziaria.

5. RICERCA SULLA SALUTE MENTALE DEI RAGAZZI DELLE SCUOLE SECONDARIE DI I GRADO DEL V MUNICIPIO DI ROMA CAPITALE

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pis ambito scolastico, progetto 5

Le problematiche generali emerse si possono sintetizzare nei seguenti punti:

- Il fondamentale peso delle problematiche di tipo psicologico nel target della ricerca (disturbi emozionali e com-portamentali).

- L’elevato carico di lavoro dei servizi. Le scarse risorse in termini di personale sanitario (servizi di Neuropsichia-tria Infantile) e dei servizi sociali; si osserva una riduzione del personale del servizio in concomitanza con l’au-mento della popolazione.

- Il risultato di assenza di un reale diritto alla cura di tutti i preadolescenti e adolescenti del territorio (meno dellametà dei ragazzi con diagnosi di disturbi di tipo emozionale o comportamentale eseguono un intervento di tipopsicologico o psicoterapeutico).

- La difficoltà nel reperimento dati e comunicazioni tra i diversi livelli e strutture che intervengono sui casi, evi-denziando una profonda carenza di una prassi efficace relativa alla trasmissione dell’informazione.

- L’assenza di un sistema informatizzato (un database on line) di comune accesso a tutti i servizi coinvolti.

- Carenza di risorse informatiche in termini di materiale e di personale.

- L’assenza di dati relativi alle criticità dei servizi territoriali di salute mentale (es. tempi di attesa per i diversi tipi diintervento).

Pur considerando l’elevata professionalità degli operatori dei servizi pubblici, che spesso oltrepassa i compiti istituzionalia loro assegnati e il cospicuo carico di lavoro delle strutture che si occupano in maniera diretta o indiretta della salute men-tale dei minori, i dati emersi dalla presente ricerca indicano infatti una serie di carenze e bisogni relativi alla salute mentaledei ragazzi del territorio.

Sebbene, quindi, una parte della popolazione indagata con problematiche legate alla salute mentale riceva un qualche in-tervento dal Servizio Sanitario, dall’Istituzione Scolastica, da professionisti privati, da strutture convenzionate o nell’ambitodi settori non-sanitari, è ragionevole supporre che un gran numero non fruisca di interventi psicoterapeutici specialistici.

La ricerca offre una panoramica settoriale innovativa, particolarmente apprezzata dagli operatori sanitari ed istituzionalicoinvolti e anche dal pubblico variegato che ha partecipato al convegno di presentazione svoltosi presso il Campidoglio ilprimo febbraio 2013. Questa occasione ha facilitato ulteriori confronti tra e con gli operatori dei servizi.

In base ai dati emersi, sono state sviluppate proposte operative finalizzate alla riduzione dei costi e all’ottimizzazione del-le risorse.

Per garantire un reale “diritto alla salute” occorrerebbe impegnarsi per sostenere un sistema che regoli il piano sanitario,ponendo anche la malattia mentale al pari delle altre patologie fisiche. I dati confermano una rilevanza tale nella popolazio-ne italiana da richiedere un intervento repentino che riequilibri le risorse economiche del SSN sulla base dell’evidenza rea-le di gravità riscontrata. In particolare, l’età pre-adolescenziale ed adolescenziale dovrebbe essere ancor più preservata, nel-l’ottica sia della cura che della prevenzione.

1 Ministero della Salute,“Linee di indirizzo nazionali per la Salute Mentale”

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TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

Ricerca-Studio sulla situazione della Salute Mentale dei minori delle Scuole Secondarie di Primo Grado del V Municipio di Roma Capitale

Dott.ssa Ana Guerrero Gomez, Psicologa Psicoterapeuta

Dott.ssa Ana Guerrero Gomez, Psicologa Psicoterapeuta

Responsabile della Ricerca

Cooperativa sociale ABC SOS

COOP.ABC SOS Via Mozart, 43 00159 Roma

06 40501058

[email protected]

http://www.coopabcsos.it/

Contratto di Collaborazione a Progetto

V Municipio Roma Capitale,TSMREE I Distretto ASL RMB, Scuole Secondarie di I grado del V Municipio

Comune di Roma Capitale – Coop. Soc.ABC Sos

Assessorato Promozione dei Servizi Sociale e della Salute

10.000 euro

No

No

2012

V Municipio del Comune di Roma Capitale

DATI INFORMATIVI

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RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 600 carat-teri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 600 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.000 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

Attraverso i progetti rivolti a minori, giovani e famiglie che la Coop.ABC SOS svol-ge da anni nel territorio del V Municipio in collaborazione con i servizi, gli operato-ri hanno osservato: un elevato livello di disagio psicosociale, numerose e rilevantiproblematiche riguardanti la salute mentale dei ragazzi (dentro e fuori l’ambientescolastico) e la difficoltà da parte dei servizi nel rispondere in maniera tempestiva aqueste tipologie di bisogni territoriali. Inoltre erano scarsi i dati aggiornati relativi al-la situazione dei servizi territoriali di salute mentale rivolti ai minori. L’esigenza è sta-ta quella di avere una visione concreta delle problematiche sopra elencate.

Inquadrare la situazione del bisogno del territorio inerente la problematica in con-siderazione (Salute Mentale dei ragazzi del V Municipio di Roma). Facilitare attra-verso l’analisi l’ottimizzazione delle risorse in modo da garantire un reale diritto al-la cura. Sviluppare un’ottica di ricerca legata al lavoro quotidiano nei servizi. Favori-re il confronto interno ed esterno degli operatori sulle problematiche oggetto dianalisi. Facilitare una pubblica conoscenza della condizione dei servizi. Rispondereall’assenza di materiale aggiornato pubblicato riguardante la situazione dei serviziterritoriali di salute mentale rivolti ai minori.

Scuole,ASL, Professionisti della Salute Mentale (del Pubblico e Privato), Privato Sociale, Popolazione interessata.

Sono stati esaminati sia i dati emersi dai rapporti delle Strutture Pubbliche, che i ri-scontri diretti con gli operatori del settore attraverso interviste semistrutturate. Inentrambi i casi sono stati elaborati e somministrati dei questionari, uno rivolto aglioperatori del TSRMEE I Dist.Asl RMB, l’altro per gli insegnanti delle Scuole S. del Vmunicipio. In quest’ultimo caso, seppure non valido scientificamente, il questionariorisultava utile per avere un’idea generale delle problematiche di disagio giovanile ri-levate dagli insegnanti nelle loro classi.Abbiamo analizzato i casi relativi al servizio sociale dell’AA.GG. e le certificazioni diIntegrazione scolastica. I dati raccolti sono stati elaborati con SPSS e in seguito di-scussi con gli operatori dei servizi.

La responsabile del progetto, dott.ssa Ana Guerrero Gomez, in collaborazione conla dott.ssa Michela Vespa (entrambe psicologhe e psicoterapeute), hanno coinvoltodirettamente il personale di riferimento utile ai fini della ricerca (Ass. Sociali, neu-ropsichiatri, psicologi, insegnanti...) occupandosi successivamente di tutte le altre fa-si di ricerca: coinvolgimento delle figure professionali, costruzione e somministra-zione questionari, analisi dei risultati, organizzazione del convegno di presentazionedella ricerca presso il Campidoglio nel giorno 01 febbraio 2013.

La difficoltà principale incontrata è stata nel reperimento di alcuni dati, quindi a tut-ti i livelli indicati.Al di là di una comprensibile diffidenza iniziale, tutto il personalecontattato ha contribuito con motivazione allo svolgimento della ricerca. L’altra dif-ficoltà importante è stata relativa alle inessattezze nei dati somministrati dal servi-zio sociale dell’autorità giudiziaria (dovute ad errori nella compilazione del propriodatabase) con la conseguente riduzione significativa del campione.

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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pis ambito scolastico, progetto 5

Si è trattato di specificare quanto più possibile che la ricerca non mirava ad eviden-ziare le ipotetiche falle del servizio specifico, quanto le carenze dovute a problema-tiche di gestione del SSN.Aggiungendo che, vista la condizione politico sanitaria inItalia (con evidente carenza di risorse), è apprezzabile lo sforzo e tutto il lavoro re-so dagli operatori del servizio pubblico, malgrado le evidenti difficoltà.

Peso delle problematiche di tipo psicologico nel target della ricerca (disturbi emo-zionali e disturbi comportamentali).L’elevato carico di lavoro dei servizi; le scarse risorse in termini di personale sanita-rio e dei servizi sociali; si osserva una riduzione del personale del servizio in con-comitanza con l’aumento della popolazione.Il risultato di assenza di un reale diritto alla cura di tutti i preadolescenti e adole-scenti del territorio: meno della metà dei ragazzi con diagnosi di disturbi di tipo emo-zionale o comportamentale eseguono un intervento di tipo psicologico o psicote-rapeutico. Carenza di risorse informatiche in termini di materiale e di personale. L’as-senza di un sistema informatizzato di comune accesso a tutti i servizi coinvolti, diffi-coltà nella reperibilità dei dati relativi agli utenti e necessità di stabilire un’agile tra-smissione dell’informazione tra i diversi enti sui casi.La carenza di dati relativi alle criticità dei servizi territoriali di salute mentale.

Attuale possibilitità di confronto e sviluppo in funzione dei risultati emersi. Eranopresenti numerosi dati pubblicati relativi alle criticità del sistema sanitario di salutementale (es. posti letto...), si osservava però una carenza di dati relativi alle criticitàdei servizi territoriali di salute mentale rivolti ai minori (l’ultima indagine, regionale,risaliva al 2002). Si osservava un certo isolamento dei servizi territoriali di salutementale rispetto alle criticità dei propri servizi, attualmente ci richiedono una pos-sibilità concreta di confronto su quanto emerso attraverso un incontro con tutti glioperatori del servizio TSRMEE I Distretto e i responsabili interdistrettuali. Riscon-tro di interesse da parte di numerose persone esterne ai servizi e al territorio nel-la conoscenza di un sistema sul quale erano ignari.

La soddisfazione è stata riscontrata attraverso la richiesta di ulteriori momenti diconfronto da parte degli operatori dei servizi su quanto emerso dal presente stu-dio e dalla partecipazione al convegno di presentazione di tutti gli enti coinvolti (Scuo-la, Municipio,Asl a livello distrettuale e interdistrettuale) oltre che di persone ester-ne e non direttamente coinvolte.

Sono state proposte delle strategie finalizzate alla riduzione dei costi in termini diun più efficace metodo di comunicazione interistituzionale tra i servizi per quantoriguarda il reperimento dati relativi agli utenti nella fase di presa in carico. La finalitàè quella di ottimizzare tempi e risorse facilitando gli interventi diretti degli opera-tori sui casi.

Aumento della consapevolezza a livello cittadino e dei servizi della precarietà del si-stema e dell’importanza del lavoro di prevenzione. L’imprescindibile erogazione dirisorse finalizzata a garantire il diritto alla cura dei minori. La facilitazione di un’im-postazione di ricerca all’interno dei servizi.

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.000 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 600 ca-ratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione degli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

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AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

pis ambito scolastico, progetto 5

Probabilmente si rende necessaria una verifica maggiormente articolata su alcunipunti e un’analisi più dettagliata sulle diagnosi ed altri dati.Tuttavia, considerate le di-sponibilità in termini di dati reperibili consideriamo l’esito dell’indagine estrema-mente positivo.

Con molta probabilità, dopo che la prima ricerca è stata presentata con discreto suc-cesso a, con e tra gli operatori dei vari servizi, crediamo che l’indagine possa essereriproducibile in altri Municipi di Roma. Con gli opportuni miglioramenti.

La ricerca non aveva la pretesa, né la forza, di offrire dei dati generalizzabili.Tutta-via offre una panoramica settoriale e circoscritta innovativa, particolarmente ap-prezzata anche dal pubblico variegato presente al convegno di presentazione.

Il fatto che la ricerca sia stata promossa, progettata ed eseguita da psicologi psico-terapeuti ha certamente apportato un valore competente rispetto all’analisi, al con-tenuto e ai rapporti interpersonali implicati nel progetto.

ANA MICHELA

GUERRERO GOMEZ* VESPA**

*PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA - RESPONSABILE RICERCA

**eventuale 2° psicologo

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pis ambito scolastico, progetto 6

Giuseppe Armezzani

Gli studi sullo sviluppo psico-affettivo infantile hanno introdotto nuove consapevolezze sulla vita emozionale del bambino mo-strandoci come durante la sua crescita, possa incontrare ostacoli superabili grazie ad una presenza adulta che faccia da puntodi riferimento affettivo-cognitivo. Riteniamo che uno dei presupposti indispensabili per un loro adeguato sviluppo ed una vali-da guida nei passaggi evolutivi, siano costituiti da adulti (genitori, insegnanti, psicologi, operatori socio/culturali e del settore sportivo)che si riconoscano nella loro funzione e li riconoscano come un individui “interi” ed in grado di esprimere emozioni, stati d’a-nimo e sentimenti.

Questo bisogno di presenza consapevole si avverte in modo particolarmente forte nell’adolescenza cioè in uno dei passaggipiù marcatamente complessi del percorso evolutivo individuale che pur essendo una fase di crescita positiva e vitale, rappre-senta per molti giovani un periodo di cambiamenti tumultuosi, di disagi emozionali, di difficoltà comunicativa, di separazione edi approdo ad un nuovo stato d’identità. Questo profondo cambiamento è spesso accompagnato da situazioni di conflitto conil proprio mondo interiore, con la famiglia, con la scuola, con una società contraddittoria nei suoi cambiamenti epocali.

Anche se è evidente che questo lungo periodo non presenta le stesse modalità per tutti ma che ci sono tante “adolescenze”quanti sono gli adolescenti, si può affermare con sicurezza che esso appare caratterizzato da una serie di difficoltà specificheproprio perché sospeso tra un’infanzia spesso priva di elementi rassicuranti ed una condizione adulta anch’essa segnata da in-sicurezza, competizione, da miti e riti di consumo tra i quali è sempre più difficile costruire una propria identità. È proprio inquesto difficile passaggio che il giovane ha più bisogno di sentire al suo fianco una presenza che sia in grado di ascoltarlo, di “ca-nalizzare” le sue potenti e caotiche energie, di aiutarlo a perseguire la propria “individuazione”.

La scuola e le altre istituzioni possono fare qualcosa in questa fase essenziale della crescita?

Noi siamo convinti che questo sia possibile ammesso che chi insegna o è a contatto con i giovani in ruoli diversi, riconoscal’importanza degli aspetti affettivo/emozionali nello scambio comunicativo e si doti di strumenti che uniscano una conoscenzateorico/pratica ad una concreta esperienza di se stessi. È essenziale che gli insegnanti e gli altri educatori, oltre alla padronanzadella materia insegnata, alla conoscenza delle tecniche di comunicazione più efficaci, all’entusiasmo con cui si comunica, siano ingrado di costruire un buon rapporto affettivo con i loro studenti.

Gli aspetti affettivo/emozionali sono una gran parte della nostra vita, la condizionano, spesso la guidano e se vogliamo trasfor-mare la scuola in un luogo dove si sta bene e si cresce insieme, è essenziale dare più attenzione a questi temi trovando lorouno spazio trasversale a tutti gli insegnamenti e coinvolgendo attivamente i genitori in questo lavoro di prevenzione per ren-derlo più continuo ed efficace. Prevenire infatti, equivale ad agire per tempo e con continuità sullo stato di salute/benessere inmodo tale che ogni passaggio evolutivo, ogni eventuale difficoltà che può verificarsi nell’interazione con il sociale, non diventiterreno di disagio personale e insuccesso negli studi e nella vita. Questa azione preventiva può rappresentare una risposta va-lida alle manifestazioni di “bullismo” e alle varie forme di dispersione nella ricerca della propria identità, all’uso dell’alcool, didroga, e dovrebbe essere considerata a pieno titolo nella più ampia Educazione alla Salute. Può inoltre favorire lo sviluppo del-l’integrazione culturale e dell’identità dei giovani immigrati attraverso un intervento gestito anche da mediatori culturali, per laconoscenza della cultura di “accoglienza” e per il riconoscimento delle tradizioni e dei valori della loro cultura.

Chi è ben identificato a livello culturale e caratteriale, non avrà paura d’incontrare “l’altro”; si confronterà con lui senza te-mere di “perdersi”, di “confondersi” o di “essere invaso” (paure che possono generare pericolosi fenomeni di esclusione) ma accet-terà la diversità come una ricchezza comune: chi ha costruito un Sé consapevole può avere un contatto sano e costruttivo congli altri.

6. PERCORSO DI FORMAZIONE PER INSEGNANTI, STUDENTI E GENITORI SU “EDUCAZIONE E COMUNICAZIONE AFFETTIVO/EMOZIONALE”

PER COSTRUIRE L’ASCOLTO E LA COLLABORAZIONE CON LE FAMIGLIE

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I FASE

ATTIVAZIONE DEL SERVIZIO DI CONSULENZA/SUPERVISIONE

Il servizio di consulenza/supervisione (in presenza e a distanza), attivo per 4 ore settimanali (due nell’Istituto Comprensivo di Tol-fa, due in quello di Allumiere), è stato frequentato previo appuntamento. Nell’ambito delle attività, è stato proposto un “Questio-nario sulla comunicazione affettivo/emozionale” che è stato tabulato ed analizzato negli incontri teorico/operativi.

Dopo i contatti preliminari con insegnanti e genitori, sono state messi in atto, direttamente nelle classi, gli interventi di suppor-to per gli studenti e gli operatori.

II FASE

A - SEMINARIO ESPERENZIALE CORPOREO

Non è stato possibile attuare l’ipotesi ottimale di aprire due seminari paralleli ed autonomi rivolti rispettivamente ad inse-gnanti e genitori.

Quello rivolto alle insegnanti, ha avuto cadenza settimanale e si è tenuto nell’Istituto comprensivo di Tolfa in orario pomeri-diano.

I cinque incontri di esperienza corporea nel dettaglio:dal “toccare” all’ “entrare in contatto”…………per il tatto;dall’ “inalare” al “percepire”…………………… per l’olfatto;dal “masticare” all’”assaporare”………….…… per il gusto;dall’ “ascoltare” al “sentire”…………………… per l’udito;dal “guardare” al “vedere”……………….…… per la vista;

Ogni incontro si è articolato in tre fasi:1) teorica2) esperenziale3) di elaborazione di temi e situazioni eventualmente emersi nel corso degli incontri.

Negli intervalli di tempo tra un incontro ed il successivo, le insegnanti hanno proposto ai loro studenti, la serie di “esercizi”corporei sperimentati e “vissuti” nel Seminario.

L’analisi e la riflessione su questo lavoro è avvenuta all’interno del gruppo e nell’ambito degli Incontri teorico/operativi anchein base alla relativa scheda di valutazione.

B - INCONTRI TEORICO/OPERATIVI

In relazione alle tabulazioni raccolte con il “Questionario sulla comunicazione affettivo/emozionale” ed alle schede di valuta-zione relative agli Esercizi Corporei, gli incontri sono stati finalizzati:

a) ad un approfondimento teorico dei fondamenti dell’“Educazione emozionale” e delle tematiche emerse nelle fasiprecedenti.

b) all’individuazione dei punti di forza e di debolezza del progetto.c) all’elaborazione di comuni strategie operative per intensificare e rafforzare la comunicazione tra gli operatori e le

famiglie.

Le tematiche trattate:- potenzialità e difficoltà affettivo/emozionali nell’insegnamento e nell’apprendimento;- cenni di lettura e interpretazione dei segnali corporei;- quali spazi, tempi, strumenti per una comunicazione più efficace;- dall’autorità all’autorevolezza;

pis ambito scolastico, progetto 6

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pis ambito scolastico, progetto 6

TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

Percorso di formazione per insegnanti, studenti e genitori su “Educazione e comu-nicazione affettivo/emozionale” per costruire l’ascolto e la collaborazione con le fa-miglie

Prof. David Meghnagi

Dott. Gieseppe Armezzani

Ideatore e conduttore del percorso

Libero professionista – Contratto a progetto

Dipartimento di Scienze dell’Educazione Università di Roma 3

Fondazione CARICIV (Cassa di Risparmio di Civitavecchia)

No

No

28 Febbraio 2011 - 23 Maggio 2011

Comuni di Tolfa e Allumiere (RM)

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DATI INFORMATIVI

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Chi insegna o è a contatto con i giovani in ruoli diversi, sa bene che è la mancanzadi consapevolezza e considerazione degli aspetti affettivo/emozionali nello scambiocomunicativo a rappresentare un ostacolo notevole al passaggio delle conoscenze.È proprio in questo difficile passaggio che il giovane ha più bisogno di sentire al suofianco una presenza che sia in grado di ascoltarlo, di “canalizzare” le sue potenti ecaotiche energie, di aiutarlo a perseguire la propria “individuazione”.La scuola e le altre istituzioni possono fare qualcosa in questa fase essenziale dellacrescita? Non si dà apprendimento senza gratificazione emotiva e sviluppo della capacità mo-tivazionale. Educare significa prendersi cura della crescita complessiva dei giovani,farsi carico delle loro difficoltà, favorire lo sviluppo dell’individuazione, sviluppare lacapacità di mediazione del docente, l’intenzionalità e la reciprocità dei percorsi diformazione.

Lo scopo del percorso di formazione è quello di trovare dei “protocolli” validi, spe-rimentati a lungo sul “campo” e che producano effetti positivi sull’efficacia della co-municazione e sulla qualità della relazione tra insegnanti, studenti e le loro famiglie.A breve termine: sensibilizzare gli insegnanti, gli studenti ed i loro genitori ai temidell’ “Educazione e della comunicazione affettivo/emozionale” intesa come cono-scenza /coscienza delle proprie emozioni, stati d’animo, sentimenti;A medio termine: facilitare processi di attenzione e di prevenzione verso le even-tuali barriere emozionali, spaziali e temporali che sono d'impedimento alla comuni-cazione, alla svolgimento della propria funzione, alla trasmissione del sapere. Realiz-zare percorsi formativi di sostegno alla funzione educativa di insegnanti, genitori edi tutti gli altri operatori, per prevenire situazioni di disagio e fenomeni di emargi-nazione.A lungo termine: creare un “Laboratorio permanente”.

Insegnanti, studenti e loro genitori. Utenza proveniente esclusivamente dal territo-rio.Tessuto sociale con tradizioni culturali radicate ed un notevole senso di appar-tenenza alla comunità. Corpo insegnante stabile ed una buona partecipazione dellefamiglie alla vita scolastica.

I.ATTIVAZIONE DEL SERVIZIO DI CONSULENZA/SUPERVISIONE. Riflessione eproposte su situazioni di disagio (4 ore settimanali). Somministrazione “Questiona-rio sulla comunicazione affettivo/emozionale” rivolto agli operatori, agli studenti edai loro genitori.II A. SEMINARIO ESPERENZIALE CORPOREO: 5 incontri di 3 ore ciascuno, a ca-denza settimanale, attività di respirazione.Negli intervalli di tempo tra un incontro ed il successivo, le insegnanti hanno pro-posto ai loro studenti una serie “esercizi” corporei sperimentati e “vissuti” nel Se-minario: INCONTRI TEORICO/OPERATIVI Sono stati tenuti 4 incontri di 1 ora e trenta minuti.L’incontro iniziale è stato dedicato ad una prima conoscenza reciproca ed alla pre-sentazione delle modalità, tempi e finalità dell’intero percorso di formazione. Neidue incontri successivi sono stati analizzati i dati raccolti. Sulla base di ciò è statopossibile attuare, in stretto rapporto con i genitori, una pianificazione degli interventi

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 600 carat-teri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 600 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.000 caratteri)

pis ambito scolastico, progetto 6

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DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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pis ambito scolastico, progetto 6

volti all’accoglienza del disagio, al potenziamento della motivazione all’impegno sco-lastico, al sostegno per le problematiche emotivo-cognitive, all’integrazione nei grup-pi e nelle famiglie. L’incontro conclusivo è stato dedicato ad una riflessione sull’e-sperienza complessiva ed alla elaborazione di ulteriori strategie comuni per raffor-zare la comunicazione tra gli operatori e le famiglie.

Il Prof. David Meghnagi, Docente di psicologia dinamica, di psicologia della salute edi dinamiche di gruppo nell’Università Roma Tre, ha tenuto un Seminario sulla teo-ria della mediazione come fondamento dei percorsi di formazione, socializzazione eapprendimento. I temi centrali del Seminario sono stati gli aspetti cognitivi ed emo-zionali dello sviluppo dell’intenzionalità, della reciprocità e della trascendenza, dellosviluppo del sentimento della competenza e di quello della responsabilità e della ca-pacità di rapportarsi al gruppo.

Forte ritardo nel finanziamento e difficoltà a inserirsi nel fitto calendario scolasticohanno comportato una riduzione delle attività. C’è stata qualche difficoltà inizialenell’organizzazione e nelle comunicazioni interne ed una certa diffidenza verso lo“psicologo”, avvertito come colui che si occupa di disturbi, malattie mentali o co-munque di qualcosa che non va in chi lo frequenta e che mette in imbarazzo nei con-fronti degli altri membri della comunità.

La pazienza. Le difficoltà organizzative e comunicative sono state risolte parzialmentecon la creazione di una mailing list per cui lo scambio d’informazioni sul lavoro svol-to, le tabulazioni dei dati e la loro analisi, si è svolta per via telematica. La iniziale dif-fidenza è stata ridotta con il contatto, col convincere pian piano che in quell’ambitolo psicologo non svolgeva un ruolo clinico, ma quello di facilitatore emozionale, diesperto in comunicazione affettivo/emozionale ed anche coi piccoli ma significativirisultati raggiunti in alcune situazioni.

I partecipanti al percorso sono passati da una situazione iniziale di bisogno/disa-gio/curiosità, alla consapevolezza di come la conoscenza/coscienza/capacità di co-municazione della propria vita affettivo/emozionale sia, da una parte, un essenzialeaspetto di costruzione dell’agio, dello “star bene insieme a scuola”; dall’altra, un va-lido strumento di prevenzione alle varie forme di dispersione nella ricerca della pro-pria identità sia per gli educatori, sia per i giovani e che per questi motivi vada con-siderata ed inserita, a pieno titolo, nella più ampia Educazione alla Salute. È difficile“misurare” in modo oggettivo i risultati ottenuti con questa metodologia di inter-vento. Chi partecipa a questa esperienza, soprattutto se c’è continuità nel tempo,acquisisce una maggiore capacità di “sentirsi” e di “sentire” sia la ricchezza sia la dif-ficoltà degli scambi interpersonali; ad avere una diversa consapevolezza delle propriedinamiche rispetto al rapporto col singolo e col gruppo, una maggiore attenzione al-la “lettura” del corpo, nuovi strumenti di analisi e d'intervento nel proprio lavoro.

Dalla tabulazione ed analisi delle risposte al Questionario sulla comunicazione af-fettivo/emozionale, da quelle relative ad un questionario di gradimento del percor-so (per gli obiettivi, i contenuti, l’organizzazione, la qualità della docenza, la validitàed efficacia degli strumenti forniti) e dai risultati osservati nel lavoro sul campo, si èpotuto dedurre che sia le insegnanti che i genitori (nel rispetto reciproco dei lorodiversi ruoli) hanno acquisito una maggiore coscienza e strumenti per aiutare gli stu-denti/figli a riconoscere e saper dare un nome alle loro emozioni, a non averne pau-ra, a non subirle, a saperle gestire. È stato inoltre rafforzato il senso dell’apparte-nenza al gruppo/classe ed al gruppo/famiglia con lo sviluppo di una maggiore capa-cità di rispetto, collaborazione ed aiuto reciproco.

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori e

relativi valori (max 1.000 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 600 caratteri)

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Eventuale valutazione della soddisfazione degli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

I partecipanti hanno appreso e “sentito” che il loro intervento non può limitarsi so-lo ad “insegnare” ma deve essere esteso all’“educare” e che questa nuova forma dicontatto, stimola e rafforza la loro voglia e capacità di conoscere.

Punti di forza - Aver posto in primo piano la centralità del corpo, come “luogo” delle emozioni,

degli stati d’animo, dei sentimenti;- Aver coniugato gli aspetti cognitivo/informativi dei temi proposti, ad una concreta

esperienza corporea delle proprie potenzialità e dei propri limiti nella realizzazio-ne del Sé e nel rapporto con gli altri;

Punti di debolezza- La difficoltà di coinvolgere un numero maggiore di partecipanti per le modalità di

svolgimento, l’impegno ed il forte coinvolgimento personale che richiede il per-corso.

- La difficoltà di renderlo continuo nel tempo.- La difficoltà di quantificare, di “misurare”m in modo oggettivo i risultati ottenuti.

La riproducibilità è in relazione alla capacità acquisita dopo una lunga preparazionesia teorica, che sul “campo”. È possibile trasferirlo in altri settori (p.e. quello pro-duttivo) con i necessari aggiustamenti relativi ai ruoli ed alle competenze specifichee sempre con l'obiettivo prioritario di migliorare la conoscenza/coscienza di se stes-si e dei rapporti interpersonali.

In una scuola che presta molta attenzione agli aspetti cognitivi, vengono posti nellagiusta evidenza anche quelli relativi alla comunicazione affettivo/emozionale di inse-gnanti, studenti e genitori. Questi aspetti, prima considerati marginali e poco presiin considerazione, sono ora avvertiti come essenziali dell’apprendimento che non sirealizza, o è fortemente rallentato, senza un gratificante contatto affettivo/emozio-nale.

Questo lavoro, sia nella fase del Servizio di consulenza/supervisione ma soprattuttoin quella del Seminario Esperenziale Corporeo e degli Incontri teorico/operativi, nonpoteva che essere condotto da uno psicologo/psicoterapeuta di provata prepara-zione ed esperienza sia teorica che di lavoro sul “campo”.

GIUSEPPE

ARMEZZANI

IDEATORE E CONDUTTORE DEL PERCORSO DI FORMAZIONE

pis ambito scolastico, progetto 6

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Antonino Conti - Cotral Spa

Con il nuovo D. Lgs. n. 81 del 9/4/2008 pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 108/L della Gazzetta Ufficiale n. 101 del30/4/2008, è stato varato il Testo Unico 2008 in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Il Decreto pone l’accento dell’obbligo formativo sui concetti di rischio e danno derivanti dall’attività lavorativa e di orga-nizzazione della prevenzione aziendale, indicando i diritti e i doveri dei soggetti coinvolti: datore di lavoro, dirigenti, prepo-sti, lavoratori, RSPP, organi di vigilanza, controllo e assistenza.

Entro il 29/07/2008 devono essere aggiornati tutti i documenti di Sicurezza.Tra le principali novità introdotte DLg 81/08, viene accentuato e meglio definita la prevenzione dei danni riguardanti l’am-

bito psicologico e psicofisico. In particolare:

1. Modifiche riguardanti la disciplina della delega di funzioni e l’idoneità alla mansione

2. L’introduzione di nuove fonti di rischio tra cui: stress, burnout e il così detto "mobbing".

Dette novità entrano in vigore il 15 maggio 2008 ad esclusione della predisposizione del documento di valutazione dei ri-schi.

A carico della Direzione del Personale sono previsti diversi profili di responsabilità: civili, penali, ed amministrativi.

È previsto l’arresto da 4 a 8 mesi o l’ammenda da 5.000 a 15.000 euro nei casi di mancata redazione del documento di va-lutazione dei rischi o di mancata nomina del responsabile del servizio di prevenzione.

La Direzione del Personale, in sinergia e collaborazione con il Servizio Prevenzione e Protezione ambiente, vuole dare unaadeguata e tempestiva risposta a quanto previsto dal Decreto per ciò che riguarda specificatamente la valutazione e l’inter-vento sui rischi di natura “trasversale” psicosociale (stress-bourn out-disturbi affettivi-mobbing-aggressività).A riguardo siistituisce lo “Sportello dello Psicologo” per dare l’opportunità a tutti i lavoratori dell’ azienda, specie quelli operanti infront-line, di avere un referente interno, sempre disponibile che conosce il disagio e le patologie reattive ai fenomeni di stresse di relazione che agiscono ed intervengono nel posto di lavoro e che, influiscono sulla loro efficienza, sicurezza e produt-tività.

Poiché la qualità della formazione è determinante per una efficace prevenzione, lo Psicologo aziendale, in sinergia con il Ser-vizio Prevenzione e Protezione, inoltre progetta, organizza e gestisce, insieme alle figure professionali previste, le attività diformazione e informazione dei lavoratori. (art. 31 del Testo Unico sulla Sicurezza sul lavoro);

Abbiamo il piacere di informarti che la nostra azienda, coerente con una politica di continua attenzione al benessere psicofisico deisuoi dipendenti, istituirà presso la Direzione FURU, uno “Sportello psicologico” gestito e diretto da uno psicologo interno, iscritto al-l’Ordine degli Psicologi, a cui in modo gratuito e facoltativo, potranno accedere tutti i lavoratori che ne faranno richiesta.

La finalità dello “Sportello” è quello di creare un’opportunità per tutti i lavoratori (specie quelli operanti in front-line), di avere un re-ferente interno, specializzato in psicologia clinica e del lavoro, a cui fare riferimento in caso di insorgenza di problemi dovuti ad even-ti stressanti sul posto di lavoro o conseguenti a particolari eventi traumatici reattivi a comportamenti impropri diretti alla offesa del-la persona, da parte di individui “difficili” e/o violenti, o a causa di incidenti gravi che impediscono la normale ripresa del servizio.

Tra l’altro, l’Azienda vuole rispondere a quanto previsto dalle nuove normative in tema di sicurezza e protezione dei rischi di natu-ra trasversale dovuti ad “affaticamento mentale lavoro correllato”: stress, mobbing, ecc.., (D.Lgs., n. 81 del 9/4/2008,Art. 28).

Tali interventi espletabili all’interno dello Sportello, nel rispetto di quanto previsto nella legge sulla privacy (DLgl. 196/03), sarannocomunque di tre tipi:

1. Ascolto e Consulenza: si prevede l’accoglienza, l’ascolto attento, la valutazione della problematica esposta e l’even-tuale presa in carico della situazione per tutti i problemi che generano preoccupazioni o ansia nei dipendenti.

2. In caso di incidente grave all’interno o all’esterno della vettura o quando il personale front line, nellosvolgimento del suo lavoro, è stato oggetto di offese fisiche: in questi casi il lavoratore, entro 48 ore dall’inci-dente, sarà contattato al fine di attivare, previa sua manifesta approvazione, un primo colloquio mirante a fornire untempestivo sostegno psicologico di contenimento e, nel caso, un intervento seguente di assistenza e monitoraggio.

3. Analisi,Valutazione e Orientamento: in questo terzo caso, ascoltata e individuata la problematica, se essa risultiessere di una complessità tale da richiedere un approfondimento psicopatologico e/o psicoterapeutico, il professioni-sta psicologo potrà consigliare la persona a rivolgersi presso una adeguata struttura sanitaria pubblica.

Gli interventi potranno essere attivati anche nei casi in cui le problematiche hanno cause extralavorative (personali, fami-liari o sociali, ecc.).

7. SPORTELLO PSICOLOGICO AZIENDALE

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TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

Sportello Psicologico Aziendale

Dr.Antonino Conti

Dr.Antonino Conti

Quadro aziendale - Responsabile Formazione e dello Sportello Psicologico

Cotral Spa

Bvia B.Alimena, 105

335.7684218

[email protected]

Dipendente - Contratto a tempo indeterminato

Cotral Spa

Cotral Spa

In house

Lazio - Roma

43

pis ambito lavorativo e sociale, progetto 7

DATI INFORMATIVI

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pis ambito lavorativo e sociale, progetto 7

SPORTELLO PSICOLOGICO AZIENDALE - anno 2008Lo Sport. Psy. è stato pensato per poter “rappresentare” una “scarica” e una pre-venzione degli stati stressogeni a cui è giornalmente sottoposto il personale speciequello in front-line (autisti e verificatori) e, inoltre, riempire il gap comunicativo trail vertice aziendale e il personale di base, sopratutto operativo e periferico territo-rialmente.

Creare un servizio gratuito interno, a disposizione di tutti i dipendenti, di consulen-za psicologica per alleviare il disagio psicologico personale e lo stress lavorativo, non-ché per affiancare la ripresa psicologica e personale del dipendente a cui è accadu-to un incidente grave. Ciò, attraverso l’ascolto e l’orientamento, oltreché dal mio uf-ficio, direttamente negli impianti periferici ed operativi.

Personale aziendale, (3400), in particolare gli operatori in front-line.

Entro le 48 ore, in cui accade un incidente grave e/o mortale, lo psicologo contatta ildipendente e lo invita a recarsi presso lo Sportello o, nel caso, si reca direttamentesul luogo di lavoro o a casa del dipendente per un sostegno psicologico e aziendale,immediato. In taluni casi, si adopera per assegnare allo stesso dipendente, un’attivitàtemporanea, fuori della guida. Lo psicologo, interviene ulteriormente con l’utente in-terno, attraverso incontri periodici per 5 o 6 sedute max, presso il suo ufficio.

Collaborazione con i diversi Servizi, specie quello del Personale Viaggiante.

Ostacoli relativi ad una scarsa conoscenza del Servizio offerto e del pregiudizio so-ciale verso la figura dello psicologo e timore di essere controllato dall’Azienda.

Una comunicazione efficace in cui si spiegava il reale ruolo del Servizio e una pre-senza fisica diretta e continua sul posto di lavoro (depositi ed impianti nel Lazio).

REPORT Riepilogativo: dal 01/01/2012 al 31/12/2012; Maschi 25; Femmine 13 - Ascol-to e consulenza 20 - Analisi e orientamento 12 - Intervento di emergenza 4 - Altro2:Totale 38

Miglioramento del senso di appartenenza, miglioramento del Clima aziendale, mag-giore fiducia nell’Azienda, diminuzione dell’assenteismo, delle giornate di malattia edegli infortuni. La partecipazione al servizio in termini di richieste di aiuto e ascoltoda parte dello Sportello psicologico ed inoltre, una condivisione delle finalità da par-te del Management aziendale.

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 600 carat-teri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 600 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.000 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 600 ca-ratteri)

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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Non valutata.

Attraverso una verifica differenziale e comparativa annuale, da parte dell’Ufficio Pre-senze, viene valutata la percentuale di presenze/assenze, gli incidenti ed i giorni dimalattia, rispetto all’anno precedente, dei dipendenti “trattati” con il Servizio delloSportello Psicologico.

I corsi effettuati sui capi gerarchici degli autisti sul comportamento e sulla comuni-cazione, sul bon ton e sullo stress da lavoro-correlato, ha prodotto positivi effettiindiretti sul personale viaggiante.

Soddisfazione degli obiettivi raggiuti e della finalità sociale dell’Azienda.

Positivi: valore per l’innovazione del servizio, attenzione ai dipendenti, punto di ri-ferimento specialistico-professionale per le diverse problematiche dei dipendenti.Negativi: pregiudizio e scettiscismo iniziale; paura dei sindacati per un eventualecontrollo sull’attività dei lavoratori; scettiscismo del Management.

Il progetto è a regime, per tutti i settori aziendali: amministrativi, operai, personaleispettivo e viaggiante.

Novità assoluta nella storia aziendale: un servizio specialistico gratuito che opera inmodo trasversale alle direzioni e servizi aziendali, a totale disposizione di tutti i di-pendenti, sia per le problematiche lavorative, sia per quelle personali/familiari.

Gli psicologi, anche dipedenti di aziende hanno l’obbligo morale, deontologico e pro-fessionale di proporre, come valore aggiunto alle attività ordinarie che svolge, la pro-pria competenza e conoscenza, tutelando la dignità personale del lavoratore, agevo-landone quanto possibile, l’ambiente di lavoro e lo sviluppo professionale.

ANTONINO

CONTI

QUADRO - RESPONSABILE FORMAZIONE E SPORTELLO PSICOLOGICO

Eventuale valutazione della soddisfazione degli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

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pis ambito lavorativo e sociale, progetto 8

Federico Bianchi di Castelbianco, Magda Di Renzo, Di Quirico Anna e Renata Biserni - Istituto di Ortofonologia, Roma

Il progetto ha permesso di realizzare, con l’ausilio dell’equipe di psicoterapeuti, azioni di sostengo per 2.500 bambini e1.500 adolescenti in seguito al trauma del terremoto verificatosi all’Aquila nel 2009. L’intervento è partito dal sostegno edalla formazione degli insegnanti con l’obiettivo di sostenere i ragazzi.

In un simile contesto il problema rilevato era l’emergere di frequenti sintomi di malessere tra i bambini e i ragazzi delterritorio aquilano nel post terremoto, tra i quali: ipersensibilità, fragilità emotiva, angoscia, tristezza, nostalgia, paura, rab-bia, solitudine, disturbi dell’alimentazione, del sonno, incubi, difficoltà di concentrazione. Sono stati coinvolti 24 psicologi epsicoterapeuti dell'età evolutiva dell’IdO - Istituto di Ortofonologia già esperti nel sostegno a bambini, adolescenti e fami-glie con disturbo post-traumatico da stress (anche se non come conseguenza di disastro naturale) e oltre 400 insegnantisu base volontaria.

Il progetto, grazie all’intervento nelle scuole e le attività di gruppo, ha permesso di ridurre considerevolmente i costi so-ciali che il sostegno a oltre 4.000 persone in situazione di disagio avrebbe altrimenti richiesto sul medio termine.

Soprattutto in un contesto post-traumatico come quello aquilano, la presenza dello psicologo è stata di primaria im-portanza per favorire l’emergere e l’elaborazione del vissuto emotivo rimosso. Senza l’intervento dello psicologo tale ela-borazione non avrebbe avuto luogo e i giovani avrebbero continuato a convivere con un disagio e il rischio di mettere inatto stili di vita e comportamenti a rischio.

Il trauma, infatti, non cessa con il cessare della violenza esterna, ma continua a persistere nel mondo interiore della vit-tima, che può continuare a vivere come traumatizzanti situazioni che oggettivamente non lo sono più. Molti giovani, im-mediatamente a ridosso del terremoto vissuto all’Aquila, non mostravano segni o comportamenti indicatori del trauma edè accaduto che, dopo pochi giorni, anche quei pochi sintomi comparsi non fossero più presenti. Ciò ha portato talvolta adattribuire ai ragazzi la capacità di superare situazioni gravi grazie alle caratteristiche tipiche della giovane età. Ma anche intal caso, il problema non si poteva considerare superato perché gli effetti del trauma permanevano, pur senza segni appa-renti. Per questo motivo i giovani sono stati aiutati ad affrontarli, tramite le figure dell’adulto presente (l’insegnante, a suavolta sostenuto dagli psicologi) che ha saputo controllare la propria angoscia senza trasmetterla.

I percorsi pratici da proporre ai giovani devono partire dall’informazione corretta perché negare la realtà è assoluta-mente negativo. È necessario far sì che i ragazzi acquisiscano sicurezza per permettere loro di essere “interpreti” delle si-tuazioni di difficoltà e di non vivere i posti abituali della vita quotidiana come spazi minacciosi; e far sì che abbiano una fi-gura di adulto come punto di riferimento che li sappia accogliere e al quale rivolgersi nei momenti di sconforto.

Il trauma genera nell’adolescente una forma di difesa che lo porta a “sopravvivere” nel presente senza alcune elabora-zione o progettualità per il futuro. L’adulto deve saper ascoltare, farsi capire, non stupirsi di cambiamenti d’umore, di mo-difiche a comportamenti o schemi d’azione abituali. La paura deve trovare uno spazio di accettazione e comprensione.

L’intervento ha l’obiettivo di far riemergere i vissuti del mondo interiore dell’adolescente al fine di elaborare, tramite iracconti e le esperienze, gli incubi, le angosce e tutto ciò che di negativo il ragazzo ha cercato di negare per non essere co-stretto a sperimentarlo nuovamente su un piano emotivo. L’esperienza traumatica deve poter essere affrontata, rivissuta eri-catalogata affinché l’immaginazione non rimanga imbrigliata nelle trame della negazione.Anche quando apparentementela fantasia sembra scollegata dalla realtà, si deve utilizzare ogni spunto creativo per poter ricostruire ed elaborare quantosi è frammentato.

È grazie al contenimento e alla guida dell’adulto che i giovani riconquistano sicurezza e fiducia in loro stessi e si di-spongono ad una nuova progettualità.A questo proposito è importante sottolineare che se i genitori rappresentano le pri-me figure di riferimento, gli insegnanti sono le seconde, perché è con loro che i ragazzi passano gran parte del loro tem-po (oltre che con il gruppo dei coetanei, altrettanto fondamentali per un recupero soddisfacente).

Gli adulti deputati alla crescita dei ragazzi devono essere dunque supportati, perché un loro cedimento compromettereb-be il recupero effettuato o da effettuare sui giovani e non è plausibile che l’adulto superi da solo le proprie angosce consi-derato che, per quanto reattivo, è stato a sua volta vittima di un trauma il cui superamento non può essere differito neltempo.

8. SCUOLA AQUILANA CONTINUA A VOLARE SOSTEGNO ALL’INFANZIA E ALL’ADOLESCENZA IN SEGUITO AL TERREMOTO DEL 6 APRILE 2009

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TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

Scuola Aquilana Continua a Volare - Sostegno all’infanzia e all’adolescenza in seguitoal terremoto del 6 aprile 2009.

Dr. Federico Bianchi di Castelbianco

Dr. Federico Bianchi di Castelbianco

Direttore Istituto di Ortofonologia - Coordinatore del progetto

Istituto di Ortofonologia srl

Il progetto si è svolto presso le scuole dell’Aquila. Sede operativa ente erogatore:Istituto di Ortofonologia - Via Salaria, 30 - Roma

06.8542038 - 335.6321712

[email protected]

www.ortofonologia.it

Contributo al progetto

n. 2 Istituti Superiori e n. 5 Circoli Didattici dell’Aquila

MIUR - Ministero Istruzione Università Ricerca - Direzione Generale per lo Studente

Ufficio Scolastico Regionale Abruzzo

Contributo al progetto

No

Giugno 2009 - Ottobre 2010

Comune dell’Aquila

pis ambito lavorativo e sociale, progetto 8

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DATI INFORMATIVI

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Il progetto ha avuto l’obiettivo, con l’ausilio dell’équipe di psicoterapeuti, di soste-nere 2.500 bambini e 1.500 adolescenti in seguito al trauma del terremoto. Il pro-blema rilevato riguardava frequenti sintomi di malessere presentati da bambini e ra-gazzi nel territorio aquilano in seguito al terremoto, quali ipersensibilità, fragilità emo-tiva, angoscia, tristezza, nostalgia, paura, rabbia, solitudine, disturbi dell’alimentazio-ne, del sonno, incubi, difficoltà di concentrazione.

L’obiettivo era riuscire a far vivere agli alunni situazioni positive quotidiane e affron-tare i loro disagi all’interno della scuola. Con il laboratorio psico-affettivo, basato sulgioco simbolico e condotto dallo psicologo, più di 2.500 bambini sono stati aiutatiad elaborare con la classe le tematiche emozionali con particolare attenzione al trau-ma subito (lutto, perdite, incubi, paure).

Insegnanti, bambini e adolescenti. Il progetto ha puntato sulla scuola come luogo dacui ripartire, pertanto gli insegnanti hanno svolto una funzione centrale nel proget-to di sostegno a bambini e adolescenti. Circa 400 insegnanti hanno volontariamen-te partecipato ai laboratori di sostegno per essere formati nell’affrontare le ansie ele angosce dei bambini e dei ragazzi.

Nei Circoli Didattici sono stati organizzati:- formazione insegnanti;- laboratori espressivi nelle classi;- laboratori espressivi con gli insegnanti;- sportello d’ascolto per i genitori.Negli Istituti Superiori sono stati organizzati:- formazione insegnanti;- sportello di ascolto per gli studenti;- incontri nelle classi con psicologo e docente;- gruppi di ragazzi/e: elaborazione verbale, sostegno e drammatizzazione;- gruppi di insegnanti: focus group su argomenti mirati.La scelta di svolgere il progetto nelle scuole è conseguenza dell’elevato numero disoggetti da seguire (4.000 alunni), che non permetteva di svolgere un progetto indi-viduale esterno alla scuola. Si è scelto di basarsi sugli insegnanti e sulla condivisionedel problema internamente al gruppo classe per ottenere un periodo continuativodi situazioni di aiuto riconosciuto nella scuola, luogo frequentato quotidianamente.Sono stati coinvolti 24 psicologi psicoterapeuti dell’età evolutiva dell’IdO - Istitutodi Ortofonologia già esperti in sostegno a bambini, adolescenti e famiglie con stresspost-traumatico (anche se non come conseguenza di disastro naturale).

Sono stati coinvolti 24 psicologi psicoterapeuti dell’età evolutiva dell’IdO - Istitutodi Ortofonologia già esperti in sostegno a bambini, adolescenti e famiglie con stresspost-traumatico (anche se non come conseguenza di disastro naturale).

Il rapporto di collaborazione con le scuole è stato complicato, nella fase di avvio delprogetto, dal fatto che molte sedi scolastiche non erano agibili e quindi parte delprogetto si è svolto in luoghi di fortuna. Inoltre, vista l’enormità della tragedia succes-

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 600 carat-teri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 600 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.000 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali

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DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.000 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 600 ca-ratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione degli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400 caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-

sa all’Aquila, all’inizio si è verificato un clima di diffidenza dettato dalla confusione ge-nerata all’inizio dai soccorsi e dagli aiuti.

Superati i problemi burocratici di trovare i luoghi adatti all’intervento presso le po-che scuole agibili o presso luoghi diversi, sono state affrontate anche le problemati-che legate alla fiducia da parte del corpo docente. L’intervento nelle scuole è statoprima di tutto tempestivo, e ciò ha aiutato a creare un clima di fiducia verso il pro-getto. Il sostegno dato agli insegnanti nei mesi estivi del 2009 (laboratori di aiuto) haconsentito un riconoscimento personale della validità dell’intervento e un passa pa-rola che ha permesso il coinvolgimento di oltre 400 insegnanti su base volontaria.

Si segnala che, nel corso dell’A.S. 2009-2010, altre scuole si sono aggiunte per arri-vare a coinvolgere n. 2 Istituti Superiori e n. 5 Circoli Didattici dell’Aquila, per un to-tale di circa 1.500 adolescenti e 2.500 bambini. Inoltre, il progetto ha coinvolto cir-ca 400 insegnanti delle elementari e 50 delle superiori in incontri di gruppo (lavorodi elaborazione verbale, di sostegno e di drammatizzazione) come attività di soste-gno e formativa al docente per metterlo nelle condizioni di sostenere gli alunni. Ilprimo risultato è stato aiutare i docenti a ritrovare tolleranza con gli alunni dopo lostress subito. Ciò è stato trainante per i bambini e gli adolescenti: nessuno ha avutobisogno di sostegno al di fuori della scuola, si è riattivata la partecipazione attiva aglistudi, non si è verificato alcun caso di abbandono scolastico o di cambio di scuola.

Sono state svolte attività di monitoraggio e sostegno sia agli insegnanti che ai giova-ni nella scuola e a distanza, via internet, con l’équipe di competenza durante tuttol’anno scolastico. Si sono ridotte le manifestazioni di ansia dei bambini e dei ragazzi(come vomito, pianto, disturbi del sonno e alimentari, ecc..) con operazioni di con-tenimento.

Le scuole hanno richiesto tramite una lettera all’USR Abruzzo di poter usufruire del-la continuazione degli interventi di sostegno psicologico. Questo perché i dirigentiscolastici hanno avuto feedback positivi da insegnanti, genitori e alunni sui risultatidel progetto.Tutta la comunità scolastica ha apprezzato il sostegno fornito e richie-sto una continuazione dell’intervento.

Il progetto, agendo nelle scuole con attività di gruppo, ha contribuito a ridurre i co-sti di sostenere più di 4.000 persone che si trovavano in situazione di disagio e che,invece, senza sostegno avrebbero generato, sul medio termine, il verificarsi di costisociali elevati. Ciò permetterà di ridurre il ricorso in futuro a prestazioni medico-psicologiche in capo al SSN.

Le ricadute positive sugli insegnanti, i bambini e i ragazzi hanno riguardato: recupe-ro di un clima positivo nella scuola, riduzione del malessere, contenimento dei com-portamenti a rischio, consapevolezza dei genitori nel riconoscere i buoni risultati ot-tenuti.Tutto ciò è stato verificato con colloqui e incontri di gruppo.

Il punto di forza che è al contempo anche un punto di debolezza è che questo pro-tocollo di intervento è stato sperimentato per la prima volta con L’Aquila. Per la pri-

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pis ambito lavorativo e sociale, progetto 8

vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

ma volta si è proposto, in seguito a una catastrofe naturale e umana, un interventopsicologico su una parte rilevante della popolazione partendo dalla formazione de-gli insegnanti. Ciò si è rivelato un punto di forza, ma non era scontato all’inizio delprogetto che potesse rappresentare un buon punto di partenza per l’azione di so-stengo, come poi si è effettivamente dimostrato. Punto di forza, a livello economico,i costi contenuti rispetto alla quantità di soggetti coinvolti e sostenuti.

Tale progetto è stato pensato per rispondere all’emergenza collettiva in seguito alterremoto dell’Aquila del 2009. In ogni contesto in cui si verifica un trauma collet-tivo dettato da disastri naturali o altro, un intervento di questo tipo è replicabile.Questo protocollo di intervento (descritto nel libro “Le 400 meravigliose maestredell’Aquila” ed. Magi, 2011) ha consentito, con costi contenuti, di affrontare gli effet-ti del trauma sulla collettività per una popolazione di 4.000 individui.

L’innovazione principale è la centralità data alla figura dell’insegnante e del docente,con il sostengo dello psicoterapeuta, anche per stimolare il lavoro di elaborazionecondotto dai giovani e i bambini. Sostenere gli adulti e gli alunni dentro alla scuolaha permesso dilavorare con efficienza e restituire un punto di riferimento quotidia-no nel luogo scuola su cui appoggiarsi per costruire il futuro.

Soprattutto in un contesto post-traumatico come quello aquilano, la presenza dellopsicologo è di primaria importanza per favorire l’emergere e l’elaborazione del vis-suto emotivo rimosso, altrimenti se non vi fosse stata la possibilità dell’interventopsicologico tale elaborazione non avrebbe avuto luogo e le persone convivrebberocon un disagio e il rischio di mettere in atto stili di vita alterati.

FEDERICO MAGDA ANNA RENATA

BIANCHI* DI RENZO** DI QUIRICO*** BISERNI****DI CASTELBIANCO

*DIRETTORE ISTITUTO DI ORTOFONOLOGIA

**DIRETTRICE SERVIZIO DI TERAPIA ISTITUTO DI ORTOFONOLOGIA ** eventuale secondo psicologo

*** eventuale terzo psicologo

****eventuale quarto psicologo

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Sabrina Persichini,Valeria Papa, Isabella Minerva e Massimo Mancini - Ass. Centro per la vita di Ostia, Roma

La “Casetta di R.I.T.A.” nasce dall’esperienza ventennale del Centro per la Vita di Ostia nell’ambito del sostegno alle famiglie e inparticolar modo alla genitorialità.

L’esperienza maturata nel corso degli anni e l’analisi della domanda proveniente dal territorio, ci ha suggerito la necessità di unintervento multidisciplinare a sostegno delle famiglie, in un’ottica di prevenzione del disagio psicosociale. La presenza crescente difamiglie monoparentali, ricostituite, di fatto, straniere, ci ha posto di fronte a problematiche nuove e alla necessità di risposte mira-te che considerino i reali bisogni dei cittadini.

Al di là delle differenze strutturali un denominatore comune che abbiamo potuto osservare, è costituito dall’isolamento socialedi molte famiglie all’interno del proprio nucleo, e per quelle straniere, anche all’interno della propria cultura d’appartenenza.

La Casetta di R.I.T.A. ha voluto rappresentare un luogo nel quale incontrarsi, uno spazio dove confrontarsi e condividere temi diinteresse comune a chi ha figli da crescere.

Nella vita e nel percorso di crescita dei figli infatti, tutti possiamo attraversare momenti di difficoltà e sperimentare uno stato dimalessere, che, se non prontamente colto o se vissuto in solitudine può sfociare in un disagio più profondo e in problematiche piùcomplesse.

Ed è pensando alla necessità di intercettare questo malessere che si è sviluppata l’idea della Casetta di R.I.T.A.

L’auspicio per il futuro è che possa diventare il fulcro di una rete di famiglie solidali che si scambino disponibilità, risorse, compe-tenze, in un’ottica di mutuo-aiuto. Pensiamo infatti che ogni famiglia, pur con i suoi limiti, possa rappresentare una risorsa per un’al-tra famiglia.

Non ultimo la Casetta, ponendosi come punto di riferimento per le famiglie del nostro territorio, vuole favorirne l’integrazionesocio-culturale. L’incontro tra persone di diversa provenienza geografica permette la reciproca conoscenza di abitudini, comporta-menti, linguaggi, premessa fondamentale per una reale integrazione.

Il nostro progetto è stato certamente motivato da uno spirito solidale, ma ancora di più ha forse dato voce al bisogno profondodi affidamento, nella sua concezione più ampia, come mezzo per contrastare l’isolamento psico-sociale.

La “Casetta di R.I.T.A.” vuole essere infatti uno spazio nel quale potersi affidare:

- Affidare i propri figli attraverso l’aiuto fornito dai volontari nella gestione degli impegni quotidiani.

- Affidare le speranze di miglioramento della nostra società, attraverso la conoscenza dello “straniero”, della sua lingua, del-la sua cultura, della sua religione; passo indispensabile per l’integrazione di popoli e persone che vivono sullo stesso ter-ritorio.

- Affidare il sogno di una comunità in cui i limiti di uno siano colmati dalle risorse di tutti. Dove venga perseguito il successocome risultato di sforzi comuni, il risultato di un atteggiamento cooperativo dove l’insuccesso di qualcuno non è falli-mento personale, ma motivo per tutti di riflessione e confronto.

- Affidare l’idea di una società in cui le famiglie funzionino come una grande rete di risorse, di competenze, di potenzialità, nellaquale le fisiologiche difficoltà siano neutralizzate in un’ottica di mutuo-aiuto.

Una società nella quale l’educazione dei giovani sia interesse di tutti, poiché la loro crescita sana è garanzia di un futuro migliore.

Le azioni previste nel progetto sono state differenziate e articolate in tre aree di intervento: Centro di Ascolto, Solidarietà fa-miliare, Sensibilizzazione all’affido familiare.

La prima area denominata Centro di Ascolto ha svolto attività di:

- Accoglienza, ascolto e analisi dei problemi

- Consulenze psicologiche individuali, di coppia e familiari

- Orientamento alle famiglie circa i servizi territoriali

- Informazioni sull’affido

La seconda area relativa alla Sensibilizzazione all’affido familiare ha realizzato:

- Incontri di sensibilizzazione all’affido istituzionale e al sostegno familiare (aperti al territorio con testimonianze di fami-glie affidatarie e presenza dei servizi soc. Municipio)

- Pubblicazione di materiale divulgativo sul tema (fumetto, depliant informativi)

- Realizzazione materiale audio-visivo su supporto digitale (DVD spot in cui si narra la storia di un affido)

La terza area denominata Solidarietà Familiare ha svolto azioni di:

- Affiancamento in alcune attività quotidiane (prelievi da scuola, accudimento bimbi 0-3)

- Socializzazione madri/bambini (doposcuola, intrattenimento mamme)

- Incontri a tema per gruppi di genitori (sulla relazione genitori/ figli)

- Integrazione socio-culturale (cineforum: proiezione film, dibattito, degustazione)

9. CASETTA DI R.I.T.A. - RITROVIAMOCI INSIEME TRA FAMIGLIE AMICHE

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Casetta di R.i.t.a. (Ritroviamoci Insieme Tra famiglie Amiche)

Dott.ssa Sabrina Persichini

Sabrina Persichini

Coordinatrice progetto

Centro per la vita di Ostia,Associazione di volontariato, R.R. 2062/98 del Lazio

Via Carlo del Greco, 81 - 00122 Roma

0698872527

[email protected]

www.centroperlavita.it

Libero professionista

Centro per la vita di Ostia,Associazione di volontariato, R.R. 2062/98 del Lazio

“Provincia di Roma - Bando Prevenzione Mille R.U.5045/13.07.2010”

Assessorato alle politiche sociali

Euro 16.000,00

No

24/11/2010-23/11/2011

Roma, Municipio XIII Ostia

TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (DENOMINAZIONECOMPLETA)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (SE PRI-VATO/TERZO SETTORE)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FI-NANZIATO?

IL PROGETTO È’ TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PRO-GETTO

DATI INFORMATIVI

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l progetto Casetta di Rita è stato pensato per rispondere alla crescente domandada parte dei cittadini di una maggiore attenzione alle tematiche della famiglia. Fami-glia la cui struttura si è modificata nel corso degli anni, le cui forme sono varie e com-plesse, come complesse appaiono le esigenze che si trova ad affrontare. Le donne,in particolare, sono impegnate a svolgere funzioni molteplici, sia in casa, avendo man-tenuto un ruolo chiave all’interno del sistema familiare in termini di educazione eaccudimento dei figli, sia fuori casa, essendo molto spesso delle lavoratrici. La com-plessità degli impegni, la carenza di sostegni sociali, la labilità dei legami affettivi, ren-dono difficile la gestione della quotidianità a molte famiglie. Le famiglie troppo spes-so si trovano sole ad affrontare le delicate fasi di crescita dei figli e a gestire una quo-tidianità complessa spesso in assenza di reti familiari e sociali sufficienti e adeguate.

Il progetto, partendo da queste osservazioni, ha avuto come principale finalità il so-stegno alle famiglie con figli minori, sostegno sia pratico sia psicologico. Con l’obiet-tivo di stimolare un clima di solidarietà tra le famiglie, potendo costituire ognuna unarisorsa per l’altra. Realizzando così una rete che non faccia sentire nessuno com-pletamente solo di fronte al delicato compito di crescere i figli. Il progetto della Ca-setta di Rita si fonda sull’assunto che ogni individuo, così come ogni famiglia dispo-ne di limiti e di risorse, talvolta le risorse sembrano congelate e i limiti appaiono de-gli handicap insormontabili, è l’interazione con gli altri a renderne possibile il supe-ramento.

Famiglie, sia quelle bisognose di aiuto sia quelle solidali; minori; volontari e comunitàterritoriale.

Le azioni previste nel progetto sono state differenziate e articolate in tre aree di in-tervento:la prima area, denominata Centro di Ascolto, ha orientato i suoi interven-ti verso: - Accoglienza,Ascolto e Analisi dei problemi - Orientamento alle famigliecirca i servizi territoriali- Informazioni sull'affido. La seconda area, relativa alla Sen-sibilizzazione all’affido familiare, ha svolto le seguenti attività: - Incontri di sensibiliz-zazione all'affido istituzionale e al sostegno familiare - Pubblicazione di materiale di-vulgativo sul tema - Realizzazione materiale audio-visivo su supporto digitale (DVDspot). La terza area denominata Solidarietà Familiare, ha svolto azioni di: - Affianca-mento alle mamme/papà - Socializzazione madri/bambini - Incontri a tema per grup-pi- Integrazione socio-culturale. Il Centro di Ascolto ha offerto: consulenze psicolo-giche, psicoterapie individuali e familiari, informazioni sui servizi presenti sul terri-torio, orientamento all’affido familiare. Nel corso di svolgimento del progetto, si èresa necessaria una maggior integrazione con il Centro d’ascolto attivo nella sedelegale del Centro per la Vita di Ostia, rivolto alle famiglie con minori da 0 a 3 annie con problemi socio-economici rilevanti, al fine di effettuare e realizzare una pro-gettazione congiunta nei casi di maggior difficoltà, laddove una difficoltà psico-socia-le si è intrecciata con una particolare carenza di risorse individuali, familiari e grup-pali a cui attingere nel percorso di individuazione, di recupero di una dignità perso-nale e di riattivazione delle risorse individuali. L’area della Sensibilizzazione all’affidoha realizzato campagne di informazione per diffondere la conoscenza di un tema tan-to pregnante quanto poco conosciuto, con l’intento di promuovere una cultura del-l’accoglienza. Partendo dalla premessa che il benessere di un bambino non è un fat-

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 1.000 ca-ratteri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 1.000 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.500 caratteri)

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DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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to privato ma riguarda l’intera collettività; e che il disagio temporaneo di una fami-glia può essere superato grazie all’affiancamento di un’altra famiglia con maggiori ri-sorse disponibili in quel momento.In linea con il principale obiettivo del progetto Casetta di Rita, ovvero il sostegno al-le famiglie in difficoltà rispetto alla funzione genitoriale, abbiamo promosso iniziati-ve volte a diffondere sul nostro territorio una vera e propria cultura dell’affido fa-miliare, inteso come aiuto non solo verso un bambino ma verso la sua intera fami-glia. Così tra le varie attività svolte sul territorio abbiamo realizzato: un breve spotaudio-visivo (in formato digitale) che evoca in pochi secondi cosa è l’affido, da diffon-dere mediante il circuito cinematografico della nostra provincia; la pubblicazione diun fumetto su carta stampata che narra la storia di un affidamento familiare.Altrainiziativa, organizzata durante la “Giornata per la Vita” tenutasi il 6 febbraio 2011, èstata la distribuzione di un volantino informativo su alcune domande relative all’af-fido, come ad esempio “cosa è l’affido”,“chi può accogliere un minore” e “a chi ci sipuò rivolgere”. Infine è stata organizzata una serata, liberamente aperta al territorio,dedicata al tema dell’affido presso il cinema della parrocchia di S.Timoteo il 18 no-vembre 2011, dove è stato proiettato il film “Salvatore - Questa è la vita”, ispiratoad una storia vera.In questa occasione è stato distribuito il fumetto e proiettato lo spot.La Solidarietà familiare in linea con l’obiettivo di affiancare le famiglie e di favorirnela socializzazione e l’integrazione socio-culturale, ha intrapreso iniziative mirate acreare momenti di incontro e offrendo supporto in alcune attività quotidiane. I vo-lontari, su segnalazione del Centro di Ascolto o dello stesso Servizio Sociale del Mu-nicipio, hanno affiancato alcune mamme nella cura quotidiana dei figli; a volte si ètrattato semplicemente di prendersi cura dei bambini in attesa che la mamma tor-nasse dal lavoro. È stato attivato un servizio di doposcuola rivolto agli alunni dellescuole elementari, indirizzati a noi dalle stesse scuole, le cui famiglie non possonopermettersi di offrire un aiuto scolastico ai propri figli. Durante il doposcuola, lemamme possono intrattenersi tra loro e per conoscersi e socializzare. Sono statiinoltre realizzati incontri a tema sulla genitorialità, in un'ottica circolare che facilitala partecipazione, condotti utilizzando tecniche pratico-esperienziali, con esercizi dirole playing e discussioni guidate.L’attività di Cineforum è stata un’altra delle iniziative intraprese nella Casetta di Ri-ta nell’ambito della Solidarietà familiare, per favorire l’incontro tra cittadini apparte-nenti a diverse culture che abitano il nostro territorio. In un’ottica di curiosità perl’altro e per la sua cultura di provenienza nonché di apertura verso ciò che non siconosce e che è apparentemente tanto distante da noi. Sono state scelte pellicoleche raccontassero ogni volta una cultura diversa (indiana, polacca, araba); alla proie-zione seguiva un dibattito e infine la degustazione di pietanze tipiche; tutto per fa-vorire la conoscenza dell'altro, premessa fondamentale per superare i pregiudizi.

Servizi Sociali del Municipio XIII,TSMREE ASL RMD Distretto 2, Caritas parrocchialidella Prefettura XXVI della Diocesi di Roma, Parrocchia S.Monica.

Le maggiori difficoltà sono state rappresentate dalla ricerca di fondi, il progetto èstato realizzato nella sua interezza soprattutto grazie alla partecipazione dei volon-tari. Le risorse a disposizione hanno consentito di realizzare non tutte le attività au-spicate.

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

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La composizione del nostro gruppo di lavoro, per quanto molto eterogeneo percompetenze, età, vissuti, ha rappresentato un punto di forza perché uniti nella stes-sa concezione di intervento psico-sociale. L’associazione laica alla quale appartenia-mo persegue obiettivi di sostegno alla genitorialità e più in generale alle famiglie danoi tutti condivisi.

Non è facile quantificare i risultati, non avendo alcun riferimento di esperienza simi-li. La realtà della Casetta di Rita è estremamente complessa e articolata. I servizi at-tivati sono molteplici e diversi tra di loro. La risposta del territorio è stata differen-te per ogni servizio. Una buona affluenza è stata riscontrata per quanto riguarda larichiesta di consulenze psicologiche, considerando anche la difficoltà dei servizi isti-tuzionali a rispondere a una domanda sempre crescente di interventi specialistici. Larichiesta pure da parte delle famiglie di essere affiancati in alcune attività quotidiane(accompagnamento a scuola) è stata considerevole. Più difficile si è rivelato il coinvol-gimento delle persone nel porsi come possibile risorsa per altre famiglie, manifestan-do resistenze a partecipare attivamente e non limitarsi a usufruire in modo passivodei servizi offerti.

Certamente l’esperienza di un anno sul territorio non è sufficiente per valutare i be-nefici o i cambiamenti realizzati. La presenza della Casetta di Rita è nota soprattut-to ai Servizi sociali del Municipio con i quali il lavoro di rete è consolidato, agli Istitu-ti scolastici con i quali abbiamo realizzato progetti comuni, ai Consultori di zona eai Servizi che si occupano d'infanzia e adolescenza.

Non abbiamo utilizzato strumenti per rilevare il grado di soddisfazione degli utenti.Dunque non disponiamo di dati oggettivi. Possiamo però dedurre dal riscontro dipartecipazione e di diffusione delle nostre iniziative tra gli utenti, la loro percezionepositiva del nostro progetto.

Il carattere di prevenzione del disagio psico-sociale del nostro progetto, espressonon solo con l’intervento diretto degli operatori, psicologi, ma anche con la parte-cipazione di realtà come i servizi sociali del Municipio, ha permesso di attivare unarete di importanti risorse del nostro territorio, che ci pare elemento fondamentaleper tentare un contenimento del danno.

A breve e medio termine possiamo ipotizzare che il nostro progetto possa ave-re avuto una valenza positiva per i singoli partecipanti e la loro crescita individuale;che sia stato utile aggiungere alla propria esperienza una metodologia comunicativadi tipo circolare. A lungo termine ci aspettiamo che il lavoro di rete diventi sem-pre più strumento maggiormente utilizzato, poiché pensiamo che l’attivazione di ri-sorse e competenze tra loro differenti possano rivelarsi una chiave di volta per affron-tare e cercare di risolvere situazioni e problematiche complesse.

La valutazione del progetto rispetto alle azioni svolte, ma soprattutto rispetto agliobiettivi che si era posto, ha messo in luce la difficoltà di coinvolgere un numero suf-ficiente di volontari per garantire tutti i servizi e la resistenza delle famiglie a parte-

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.200 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 1.200caratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione de-gli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-

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cipare alle attività in un’ottica di mutuo aiuto. Un aspetto che invece ha rappresen-tato un punto di forza del progetto è stato il forte radicamento sul territorio dellanostra associazione, la conoscenza che i cittadini hanno del nostro operato e la re-te salda di rapporti con le realtà istituzionali e associative del nostro Municipio conle quali abbiamo, come di consueto, attivamente collaborato.

La peculiarità del progetto è il sostegno alle famiglie con figli in un’ottica globale edi mutuo-aiuto. La reciprocità delle dinamiche relazionali in una prospettiva che ten-ta di superare la logica di contrapposizione tra i bisognosi di aiuto e quelli lo forni-scono. Il grande obiettivo che anima la Casetta di Rita è quello di offrire uno spaziodove chi ha figli da crescere possa sentirsi accolto sia nei bisogni concreti (babysit-ting, doposcuola, accompagnamento) sia in quelli emotivi e psicologici (consulenze,integrazione). Quindi la riproducibilità del progetto è possibile, partendo da questepremesse ed il target di utenza potrebbe anche essere differente (vedi popolazioneanziana).

La resistenza delle famiglie a proiettarsi in un’ottica di mutuo aiuto, appare legata al-l’aspetto innovativo del progetto che ha superato la logica del mero assistenzialismo,che solitamente caratterizza le attività del volontariato, stimolando una richiesta direciprocità favorendo l’attivazione di risorse e potenzialità presenti in tutte le fami-glie comprese in quelle che non sospettano di averne.

Il contributo degli psicologi è stato necessario per istituire il Centro d’ascolto psi-cologico. Ma si è rivelato fondamentale anche per facilitare l’interazione tra le fami-glie afferenti agli altri servizi e gli operatori (babysitting, doposcuola, integrazione so-cio-culturale).

SABRINA VALERIA ISABELLA MASSIMO

PERSICHINI* PAPA** MINERVA*** MANCINI****

*COORDINATORE PROGETTO

**COORDINATORE CENTRO D’ASCOLTO

***COORDINATORE SENSIBILIZZAZIONE ALL'AFFIDO

****COORDINATORE SOLIDARIETÀ FAMILIARE

getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

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Stefania Carbone, Cristina Pezzali, Fabio Carbonari, Francesca Zoppi e Annamaria Fiorentini SARC Coop. Soc. ONLUS, Zagarolo (RM)

A seguito dell’emanazione della legge 285/97 “Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infan-zia e l’adolescenza” la Provincia di Roma si attivò per promuovere lo sviluppo e la realizzazione di progetti a favoredelle politiche della famiglia.

Il Progetto “Sostegno alla Genitorialità” nacque a seguito del Protocollo d’Intesa stipulato tra la Provincia di Roma,la ASL RM/G5, ed i comuni di Castel San Pietro Romano, Cave, Gallicano nel Lazio, Genazzano, Palestrina, San Cesa-reo, San Vito Romano, Zagarolo.

Il gruppo dei tecnici, costituito dalle assistenti sociali comunali, dalle psicologhe dei consultori e dalle assistenti so-ciali della provincia effettuò una rilevazione iniziale, tramite questionario, per verificare l’esistenza nelle famiglie di unbisogno consapevole di interventi in favore dei bambini da 0 a 3 anni in mancanza di nidi nel territorio e l’esigenza daparte delle coppie di essere aiutate nelle loro funzioni genitoriali.

Il questionario fu distribuito ai genitori dei bambini frequentanti le scuole materne nei comuni del Distretto RM/G5,per un totale di 1.790 questionari su una popolazione-bersaglio di circa 4500 unità.

I dati emersi indicarono l’esistenza di bisogni relativi ai servizi per la prima infanzia quali, in particolare, gli asili nido;si evidenziò anche un’apertura verso nuove forme di esperienze educative e socializzanti e soprattutto la richiesta diservizi di aiuto e alle famiglie impegnate nel percorso/processo genitoriale.

Alla luce di ciò venne proposto un progetto di promozione della salute rivolto a tutte le famiglie del Distretto So-cio Sanitario RM G5 con bambini di età compresa tra 0 e 3 anni, con l’obiettivo principale di favorire una crescita ar-monica del nucleo familiare in modo da promuovere il benessere della comunità.

Gli obiettivi di tale progetto hanno fatto riferimento a tre elementi fondamentali:1. la crescita psicologica, affettiva, relazionale dei genitori;2. la crescita psicologica, affettiva, relazionale dei bambini;3. sostegno alla relazione genitori/bambini.

Per raggiungere tali obiettivi sono stati prima immaginati e poi realizzati dei Centri dove i bambini con i loro geni-tori potessero trascorrere alcune ore insieme, affiancati da operatori qualificati.

Le attività proposte per il raggiungimento degli obiettivi sopra descritti possono essere così suddivise:

a. Per i genitori

- seminari informativi relativi allo sviluppo psicofisico ed emotivo del bambino, alla comunicazione verbale enon verbale, alle fasi dell’apprendimento, allo sviluppo dell’autonomia e della fiducia, al processo di separa-zione-individuazione;

- seminari esperienziali volti a promuovere un percorso di conoscenza di sé e degli altri;- gruppi di self-help, gestiti dai genitori stessi, con l’obiettivo di stimolare il confronto sulle diverse esperien-

ze, promuovendo una strategia di supporto e di ricerca di risorse;- consulenza psico-pedagogica.

Rispetto ai genitori l’obiettivo è stato quello di sviluppare e consolidare la fiducia nelle proprie competenze genito-riali, la consapevolezza che le situazioni ansiogene sono normali e condivise, la capacità di trovare soluzioni educativeproprie, personali, adatte ai valori ed allo stile di vita della propria famiglia, anziché consumare passivamente i consiglidegli “esperti”. Lo scopo non è stato quello di comunicare linee educative più o meno specifiche, bensì di attivare laloro sensibilità e le loro risorse educative.

b. Per i bambini

- gioco libero;- attività strutturate che favoriscono, attraverso l’esplorazione e la manipolazione, lo sviluppo percettivo, co-

gnitivo e dello schema corporeo, l’acquisizione e lo sviluppo del linguaggio e della comunicazione.- Rispetto ai bambini il Centro ha avuto l’obiettivo di promuovere l’esercizio di competenze cognitive e so-

ciali garantendogli anche un “tempo condiviso” con l’adulto di riferimento che, lontano dalle incombenze edai doveri del quotidiano, è più disponibile ad interagire con lui ed a dedicargli attenzione ed interesse inmodo nuovo.

10. SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÀ. CENTRI PER BAMBINI E FAMIGLIE 0-3 ANNI

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Composizione dell’équipe

Il progetto “Sostegno alla Genitorialità” si è avvale delle seguenti figure professionali:

- 1 Assistente Sociale, con funzione di coordinatore del progetto e del lavoro d’équipe, svolge attività di rac-cordo tra la Cooperativa che gestisce il servizio, il comune capofila del progetto, l’ufficio di piano del distrettoRM/G5, i Servizi Territoriali;

- 1 Psicologo, responsabile d’équipe, responsabile tecnico del progetto, supervisiona la programmazione pe-dagogica delle attività in considerazione di quanto emerso dalle osservazioni svolte nei diversi Centri; lavo-ra con i genitori, favorendo riflessioni sulla relazione genitore-bambino, organizza e gestisce i seminari infor-mativi ed esperienziali rivolti ai genitori;

- 3 Educatori Professionali, con il compito di gestire il gruppo dei bambini e l’interazione genitore-bambino.promotori delle attività ludico-pedagogiche rivolte ai bambini.

Il lavoro è stato caratterizzato dagli incontri settimanali di riunioni d’équipe alternati a quelli di programmazione ol-tre ad un incontro mensile di supervisione fatta da uno psicoterapeuta con specifica formazione di dinamiche di grup-po e da un incontro mensile di approfondimento teorico.Tali spazi hanno consentito una migliore elaborazione dei vis-suti e delle dinamiche d’équipe, l’approfondimento delle tematiche di volta in volta incontrate nell’ambito lavorativocon relativo innalzamento dello standard delle prestazioni del servizio stesso.

L’innovatività del progetto sta nell’approccio utilizzato, basato sul concetto di empowerment della comunità che ciha consentito di proporre percorsi educativi partecipati, in considerazione delle peculiarità, dei fabbisogni, delle op-portunità territoriali, delle necessità e delle criticità rilevate durante lo svolgimento delle attività.

Di notevole importanza il cambiamento degli atteggiamenti da parte della cittadinanza nei confronti di questo ser-vizio.

Prima dell’avvio del progetto (1999) nel territorio si rilevava diffidenza nei confronti dei servizi territoriali, diffiden-za e disagio manifesto nei confronti della figura dello psicologo e dell’assistente sociale percepiti come figure invadentie pericolose (spesso si sentiva dire “ci portano via i bambini….”); dopo 10 anni di realizzazione di questo progetto sievidenzia fiducia nei confronti dei servizi, apertura e fiducia nei confronti della figura dello psicologo, percepito comeuna persona amica e alleata con cui confidarsi.

In particolare la presenza della figura dello psicologo ha garantito negli anni un servizio di qualità, adeguato ai biso-gni dell’infanzia e alle aspettative delle famiglie e dei servizi territoriali. Fondamentale in questo senso la collaborazio-ne con i servizi sociali comunali e con i consultori territoriali.

In particolare, il valore aggiunto legato alla presenza della figura dello psicologo, può essere narrato in una serie dicompetenze di seguito elencate:

- capacità di accoglienza, di analisi della domanda, di individuazione di strategie non invasive in grado di sup-portare le relazioni critiche;

- sostegno e supervisione alle educatrici;

- messa in campo di specifiche competenze legate a percorsi di alta formazione a supporto delle relazioni pri-marie.

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“Sostegno alla Genitorialità. Centri per bambini e famiglie 0-3 anni”; ex lege 285/'97.

Stefania Carbone

Stefania Carbone

Rappresentante Legale dell’Ente Gestore

SARC SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE ONLUS

Vicolo Lungo 2 - 00039 Zagarolo (Rm)

0695200033

[email protected]

www.coopsarc.org

Lettera d’incarico, rapporto di lavoro di natura libero professionale

Istituto Reich di Roma per la prevenzione primaria e la psicoterapia corporea

Ufficio di Piano Distretto Socio-Sanitario RM G5, Comune Capofila Genazzano (Rm)

Ufficio di Piano Distretto Socio-Sanitario RM G5, Servizi Sociali del Comune di Genazzano (Rm)

160.000,00 Euro per 2 anni

Marzo 2010 - Giugno 2012 (con le interruzioni del periodo estivo)

Distretto Socio Sanitario RM G5, Comuni di San Vito Romano, Genazzano,Palestrina, Zagarolo, Gallicano nel Lazio

TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (DENOMINAZIONECOMPLETA)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (SE PRIVATO/TERZO SETTORE)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È’ TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

pis ambito lavorativo e sociale, progetto 10

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DATI INFORMATIVI

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pis ambito lavorativo e sociale, progetto 10

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 1.000 ca-ratteri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 1.000 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.500 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.200 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 1.200caratteri)

Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adole-scenza, legge 28 agosto 1997, n. 285

Problematiche relative della relazione di attaccamento tra padre, madre e neonato,si esaminano inoltre eventuali segni di stress emozionale nel bambino e nei genito-ri. Progetto di prevenzione primaria.

Sostegno della relazione genitori-bambini, supporto nel processo di separazione,buona socializzazione tra le famiglie e i bambini, creazione di reti informali, fiducianelle figure professionali impegnate nel progetto e nei servizi territoriali, percezio-ne dei centri come “Luoghi Buoni”.

Rivolto a neo genitori o famiglie con bambini nella fascia d’età 0-3 anni, italiani e im-migrati.

Attività di educazione e promozione della salute rivolte ai neogenitori quali: spor-tello di ascolto per accogliere e ridefinire le domande; incontri informativi in picco-li gruppi sulle seguenti tematiche: Finalmente sono mamma... e allora perché piangoe sono triste? È nato: cambiamenti, stanchezza e notti insonni; Sono cambiata… lemodificazioni della psiche e del corpo tra gravidanza e puerperio; Dubbi e informa-zioni sulla capacità materna Sono… dovrei essere… Aspettative, desideri e vissutidelle neo-mamme; Mamma e papà: affinità e peculiarità del ruolo materno e del ruo-lo paterno; La sessualità dopo il parto; Mio figlio sente, vive, percepisce… Impararea osservare attraverso la relazione madre-figlio… ….e altri argomenti ancora.Per i bambini: organizzazione di spazi per il gioco libero e la socializzazione; orga-nizzazione di attività e laboratori didattici strutturati per la stimolazione delle areedi sviluppo. Per neogenitori: corso di Massaggio Bioenergetico Dolce Neonatale,per genitori di neonati aventi un’età compresa tra 0 e 9 mesi, nonché a donne nel-l’ultimo trimestre di gravidanza. Il massaggio bioenergetico è uno strumento di pre-venzione primaria dei disturbi psichici, dei blocchi emotivi, affettivi e comportamen-tali, ovvero delle cosiddette “biopatie”.Attraverso di esso è possibile prevenire, findalle prime fasi di vita, i disturbi nella relazione madre-padre-figlio.

Psicologo lavora con i genitori e supervisiona l’équipe; educatrici lavorano con i bam-bini, assistente sociale coordina il progetto. Istituto Reich ha condotto il corso diMassaggio Bioenergetico dolce neonatale.

Difficoltà logistiche (a volte luoghi non adeguati e freddi; e amministrative (pagamentodel progetto a 1 anno dalla realizzazione); dinamiche di équipe.

Richiesti interventi alle amministrazioni competenti, utilizzo di fidi bancari, riunionid’équipe e supervisione.

Gli indicatori individuati e osservati sono:- qualità della relazione genitori-bambini (capacità di accudimento e sintonizzazione,

modalità dell’interazione, clima emotivo);- individuazione di fattori di rischio (dinamiche familiari disturbate, carenza di com-

petenze genitoriali, indicatori della presenza di uno stato depressivo nella madre);- presenza di relazioni familiari e di reti di solidarietà formali e informali;- conoscenza e fruizione dei servizi socio-sanitari presenti sul territorio;- frequenza ai centri.

Prima dell’avvio del progetto si rilevava diffidenza nei confronti dei servizi territo-riali, isolamento da parte delle famiglie immigrate o italiane trasferitesi dalle città,prive di reti familiari e sociali, diffidenza e disagio manifesto nei confronti della figu-ra dello psicologo. Dopo 10 anni di realizzazione di questo progetto si evidenzia fidu-cia nei confronti dei servizi territoriali, la presenza di reti informali tra le famiglie nonautoctone e quelle natie della Provincia, apertura e fiducia nei confronti della figuradello psicologo.

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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Eventuale valutazione della soddisfazione de-gli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

Dal questionario di soddisfazione somministrato si evidenzia il successo del proget-to; unica lamentela la richiesta di più aperture settimanali.

I Centri sono stati frequentati da una media di 300 nuclei familiari l’anno, a partiredall’anno 2000. Nelle situazioni di criticità sono state individuate risorse interne edesterne alle famiglie oppure sono stati attivati percorsi di sostegno specifico in col-laborazione con i servizi territoriali. La riduzione dei costi sociali trova sostegno dallavoro di Heckman (premio Nobel 2000).

Chi ha frequentato torna con il secondo figlio o manda un’amica o una parente conun messaggio di affetto e riconoscenza. Si sta costruendo un data base per monito-rare le ricadute del progetto a lungo termine.

Creazione di lughi percepiti come “buoni e accoglienti”, genera un clima di apertu-ra e fiducia; ci vorrebbe un maggior finanziamento per garantire più aperture settima-nali.

Sono state fatte 2 pubblicazioni su questo progetto che ne garantiscono la riproduci-bilità, fermo restando l’impegno e la professionalità dell’équipe.

Ha sviluppato nel territorio la consapevolezza dell’importanza della funzione genito-riale; le famiglie hanno capito l’importanza della qualità del tempo trascorso con ipropri figli.

Capacità di accoglienza, di analisi della domanda, di individuazione di strategie noninvasive in grado di supportare le relazioni critiche; sostegno e supervisione alle edu-catrici; messa in campo di specifiche competenze legate a percorsi di alta formazio-ne a supporto delle relazioni primarie. Un servizio simile senza la figura dello psico-logo è uno spazio esclusivamente ludico senza sostegno alla relazione genitori-figlie senza stimolo alla riflessione e alla messa in discussione per l’équipe.

CRISTINA FABIO FRANCESCA ANNAMARIA STEFANIA

PEZZALI* CARBONARI ** ZOPPI*** FIORENTINI**** CARBONE****

* PSICOLOGA NEL PROGETTO

** PSICOLOGO, DIRETTORE ISTITUTO REICH,CONDUTTORE CORSO BABY MASSAGE PER NEOGENITORI

*** PSICOLOGA, RESPONSABILE SPAZIO SALUTE DELL’ISTITUO REICH,CONDUTTORE CORSO BABY MASSAGE PER NEOGENITORI

**** PSICOLOGA SOCIO ISTITUTO REICH,CONDUTTORE CORSO BABY MASSAGE PER NEOGENITORI

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Edoardo Vivard - U.O. Dipendenze ASL Salerno

Il progetto nasce da una necessità pratica e da una finalità sperimentale.

In primo luogo, si è dovuto affrontare lo spinoso problema della doppia diagnosi: le modificazioni indotte dalle nuove abi-tudini nel consumo di sostanze psicoattive hanno stravolto la pratica clinica dei servizi per le dipendenze, che si erano strut-turati negli anni sull'abituale presa in carico dell’eroinismo e sulla centralità del ruolo del tossicologo. L’accesso sempre piùimportante di pazienti problematici, con dipendenza da alcol, da cocaina, con politossicodipendenze complicate, hanno co-stretto gli operatori a confrontarsi con dimensioni psicopatologiche più ardue, primarie o secondarie, non contenute dallastabilizzazione oppiacea.Tutto questo con la storica carenza, nella maggior parte dei servizi, della figura dello psicoterapeu-ta, e con notevoli difficoltà a stipulare forme di collaborazione con gli operatori della salute mentale.

Tuttavia, e siamo al secondo aspetto, la condivisione di percorsi formativi e clinici comuni tra operatori delle dipendenze,della salute mentale e psicoterapeuti-ricercatori esterni, ci ha indotto a trasferire al tema in oggetto quanto era stato spe-rimentato per altre condizioni cliniche. Concretamente si è attivata una collaborazione e una co-partecipazione di psicolo-gi e psicoterapeuti, di docenti e ricercatori della Scuola Sperimentale per la formazione alla Psicoterapia e alla Ricerca nel cam-po delle Scienze Umane applicate di Napoli con l’U.O. Dipendenze di Salerno e L’UOSM di Pontecagnano F. (Sa). Grazie a que-sta sinergia si è studiata e poi attuata la possibilità di utilizzare un dispositivo terapeutico messo a punto e praticato nei per-corsi di cura gestiti dal Laboratorio della Cura della scuola di formazione di cui sopra. Detto dispositivo si avvale di due diffe-renti sessioni praticate nel lavoro terapeutico gruppale, definite Fluenza ed Esercitazione, che qui abbiamo condensato in unasessione unica che si è progressivamente strutturata in senso esercitativo dopo una fase più libera, meno vincolata ad unaarticolazione predeterminata. Per un approfondimento sulle modalità operazionali di tali sessioni si rinvia necessariamentealla bibliografia annessa.

Inizialmente il nostro obiettivo era quello di affrontare la componente psicopatologica e quella di dipendenza di pazientigravi, già seguiti individualmente dai due servizi citati prima, in un setting comune che ci consentisse anche di poter trattarediversi pazienti contemporaneamente, pur nel mantenimento di spazi individuali.

Abbiamo innanzitutto stabilito degli obiettivi graduali: all’inizio eravamo attenti alla costituzione del gruppo, puntando al-la ritenzione in trattamento e alla costituzione di un contenitore solido che permettesse di arginare angosce ed emozioninegative e che facilitasse l’esplorazione di dinamiche personali. In questo senso i due conduttori hanno costituito le condi-zioni indispensabili a tale necessità attraverso un atteggiamento empatico e accettante, stimolando il gruppo e facendo sìche, nel giro di poche sedute, ognuno si sentisse parte di un’esperienza condivisa. Noi riteniamo che ogni terapia psicologi-ca non possa esimersi dal valorizzare i cosiddetti fattori comuni della psicoterapia, in quanto corpus metateorico di atteggiamentiunanimemente riconosciuti validi ed efficaci. Nel nostro caso questo livello iniziale dell’esperienza ha attinto pienamenteproprio a questo sapere: il risultato è stato che il gruppo ha costruito le condizioni per essere considerato una base sicurada cui partire per esplorare nuove modalità esistenziali e comportamentali.

La fase successiva, verificata la tenuta di tutto l’insieme e registrata con nostra soddisfazione una maggiore aderenza an-che ai percorsi individuali (compreso lo stesso trattamento farmacologico), ha preso di mira la questione delle emozioni. Ècognizione acquisita e riconosciuta che nelle dipendenze, oltre che nel disagio psichico grave, è decisamente presente unasorta di analfabetismo emotivo; questo stato alessitimico risulta essere molto problematico, soprattutto in quanto ostaco-la il lavoro terapeutico. Così la conduzione ha assunto caratteristiche più differenziate nello stimolare i partecipanti a rico-noscere, nominare e condividere i propri stati d’animo, i propri vissuti, cercando quindi di focalizzare su questi aspetti le in-terazioni interpersonali e i discorsi di ognuno, le espressioni offerte e partecipate. Questa alfabetizzazione emozionale ha fi-nito per impregnare la stessa atmosfera gruppale, di modo che essa ha dato luogo ad un codice condiviso, quale modo di ri-conoscersi nella specificità del gruppo, in uno stile di partecipazione collettiva.

11. FLUENZA: IL GRUPPO DOPPIA DIAGNOSI

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L’avanzamento del processo di cura ha disinnescato molte difficoltà affettivo-relazionali che in precedenza determinavanoagiti aggressivi e discontrollo degli impulsi: risultati certamente non eclatanti, a questo punto dell’esperimento, ma indubbia-mente riscontrabili con evidenza.

Dopo questa fase, si è aperta la possibilità di strutturare ulteriormente il gruppo con forme esercitative peculiari, basatesull’utilizzo dello strumento narrativo.

Innanzitutto, prima che iniziasse l’intervento di gruppo ad ogni paziente, durante la sessione individuale, è stata sommini-strata la SVaM; quindi si è chiesto di produrre un breve testo scritto che fornisse una succinta descrizione autobiografica euna sommaria ricognizione della storia di vita. Questo testo, in una prima fase, ha rappresentato la base per la discussionedi gruppo.A turno, la presentazione di sé ottenuta tramite la lettura dello scritto ha consentito di attivare una interazionepartecipata che ha generato una elaborazione di quanto dichiarato dall’autore, un’intensificazione del significato del suo per-corso esistenziale e un’amplificazione dei temi in gioco. I conduttori si sono posti come ispiratori di questi processi interat-tivi, canalizzando i discorsi attraverso una sorta di sintassi basata sulle funzioni metacognitive. In particolare abbiamo utiliz-zato contributi di scuola cognitivista (ad es. autori come Semerari) e ci siamo attestati sull’identificazione di cinque funzio-ni: integrazione, differenziazione, distanziamento, monitoraggio e mastery.

In una seconda fase abbiamo chiesto ai pazienti di fornirci la caratterizzazione di un personaggio di fantasia che in qualchemodo li rappresentasse; quindi i vari personaggi sono stati fatti interagire in una storia comune nel gruppo. Le vicende chesi sono dipanate con la partecipazione di tutti sono state la base degli interventi dei conduttori, i quali chiosavano le storiecon domande e riflessioni tese a provocare le funzioni psichiche citate.

A mo’ di esempio piuttosto semplice, citiamo il caso di alcuni interventi basati sul distanziamento (cioè la capacità di met-tersi nei “panni degli altri”, di proiettarsi all’interno della mente altrui al fine di riviverne sentimenti e pensieri, di differen-ziare il proprio punto di vista da quello degli altri). Si chiedeva ad ogni utente di cercare di immaginare cosa provasse in uncerto momento un determinato personaggio, di esplicitarne, nei limiti del possibile, i vissuti in riferimento ad un evento incorso, stimolando un’attenzione più marcata agli stati interni degli altri personaggi come fossero i propri, anche comparando-li con i vissuti del proprio avatar.

Alla fine tutto il materiale ha dato vita ad una storia collettiva tramite una produzione scritta.

La risomministrazione della SVaM, alla fine del periodo di attività del gruppo, ha mostrato mediamente un miglioramentodella metacognizione, soprattutto in alcuni parametri, che noi giudichiamo incoraggiante. Naturalmente non possiamo de-durre conclusioni certe, in considerazione del periodo limitato dell’esperimento, ma ci sostiene nella nostra valutazione po-sitiva, oltre all’utilizzo di uno strumento oggettivo, anche il fatto che questa esperienza è l’applicazione a particolari pazien-ti, per quanto piuttosto problematici, di un protocollo di intervento utilizzato da anni in svariate condizioni cliniche, con esi-ti certamente positivi.

Infine indichiamo questa pratica come un primo e utile esempio di fattiva collaborazione nel campo della salute mentaletra pubblico e privato, ognuno col suo campo elettivo di applicazione, di finalità e di esperienze e col proprio bagaglio di co-noscenze e competenze. Ci pare che da tale collaborazione non possa che guadagnarci la qualità delle prestazioni erogateai nostri pazienti.

Bibliografia minima di riferimento

Dimaggio G., Semerari A.: I disturbi di personalità. Modelli e trattamento, Laterza, Bari, 2003.

Grieco F.,Vivard E.,: Nuova clinica.Appunti per una cura sperimentale delle dipendenze, Ed. Kappa, Roma, 2009.

Id.: Percorsi contemporanei della cura. Estetica,Terapeutica, Fenomenologia, Ed. Kappa, Roma, 2011.

Gruppo Zero: Esercitazioni connessionali, Ed. 10/17, Salerno, 1990.

Mele A.: Fluenza d’espressione, Ed. 10/17, Salerno, 1995.

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PROGETTO FLUENZA: il Gruppo Doppia Diagnosi

Edoardo Vivard

Francesco Grieco U.O. Dipendenze Salerno

Richiesta di progettazione di un gruppo terapeutico con pazienti in doppia diagnosi

ASL Salerno

Via Raffaello Sanzio, Pontecagnano (Sa)

0893855201

L’intero intervento ha visto il coinvolgimento di operatori dell’ASL Salerno e delDott.Vivard, in qualità di consulente esterno. Le sedute di terapia si sono svoltenelle strutture della ASL e il Dott.Vivard non ha percepito compensi, essendo in-teressato alla sperimentazione del modello terapeutico.

In allestimento un nuovo gruppo

Gennaio 2011 - Giugno 2012

Salerno e provincia

TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE(denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

DATI INFORMATIVI

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RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 1.000 ca-ratteri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 1.000 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.500 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

La commistione di psicopatologia grave e di polidipendenze richiede cure lunghe,costose e impegnative, spesso erogate da strutture diverse e poco comunicanti traloro e impegna i terapeuti a sperimentare prassi di cura valide rivolte a situazioni si-curamente complesse. I problemi clinici che si presentano in genere nel trattamen-to della doppia diagnosi sono: l’alta frequenza di drop out, la gestione dell’aggressi-vità auto ed eterodiretta, il discontrollo degli impulsi, l’alessitimia, le difficoltà affet-tivo-relazionali con attivazione di pattern di attaccamento disorganizzato.

A breve termine: ritenzione in trattamento dei pazienti, compliance al trattamen-to integrato e contenimento di angosce distruttive. A medio termine: lavoro sul-le emozioni congelate che ha consentito di attivare un circuito emotivo interno nelsingolo partecipante, in funzione anti-alessitimica, e una circolazione e condivisionedi affetti più integrati nelle relazioni gruppali. A lungo termine: ci si è proposti unintervento mirante ad agire sulle funzioni metacognitive.

Il gruppo era formato inizialmente da 12 persone. La psicopatologia presentata erasia di asse I che II (DSM IV - TR): Disturbo bipolare, Depressione maggiore, Distur-bo Borderline di personalità e Disturbo schizoaffettivo. Le dipendenze riguardavanoalcol, cocaina, eroina e cannabinoidi, a volte come polidipendenze.

All’inizio i conduttori cercano di creare un clima empatico ed accettante, in mododa costituire il gruppo e formare un argine che contenga i partecipanti; quindi in-tervengono in occasioni critiche facilitando l’espressione dei vissuti e la comunica-zione intergruppale. L’obiettivo primario è la permanenza in terapia e l’aderenza altrattamento, offrendo contenimento e possibilità di esplorazione delle emozioni.Nella fase più fase strutturata si lavora con strumenti narrativi nella correzione dideficit metacognitivi, piuttosto frequenti in questi pazienti. Metodologicamente si èlavorato con storie di vita o con narrazioni di fantasia, e la conduzione è intervenu-ta proponendo sollecitazioni delle funzioni metacognitive.

Il progetto nasce dalla collaborazione tra operatori pubblici delle “Dipendenze pa-tologiche” e della “Salute mentale” e dal dott.Vivard insieme ad altri psicologi ri-cercatori della “Scuola sperimentale di psicoterapia” dell’ASL Napoli 1, coinvolti viavia a secondo delle competenze necessarie al progetto.

Gli ostacoli previsti in partenza erano soprattutto: la collaborazione pubblico-priva-to (e tra servizi diversi) all’interno dell’ambiente ASL e la complessità dei vissuti edella formazione clinica degli operatori rispetto alle problematiche della doppia dia-gnosi.

L’avvio del gruppo è stato preceduto da 6 incontri preparatori, in cui attraverso lostesso strumento della “fluenza”, sono state monitorate ed elaborate le ansie emo-tive e relazionali dei terapeuti. Inoltre durante lo svolgimento del gruppo si è calen-darizzato un numero di incontri finalizzati all’osservazione dell’attività in itinere e al-la gestione delle difficoltà. In due momenti complessi si è fatto ricorso ad un ulte-riore lavoro di intervisione. La condivisione di un percorso formativo comune e lalunga esperienza psicoterapeutica ha impedito l’emergere di difficoltà

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.200 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 1.200caratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione de-gli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

I risultati immediati sono consistiti nella permanenza in trattamento e nella miglio-re compliance rispetto alla terapia integrata. Il lavoro sulle funzioni metacognitive,valutato con la somministrazione della SVaM a inizio e fine percorso, per misurarevariazioni delle funzioni rispetto a stati problematici e a specifici temi, ha evidenzia-to i seguenti miglioramenti: nella funzione Autoreflessività, valutata con la MAS-R2009 come tutte le funzioni, i requisiti basici sono passati mediamente da un valore“scarso-minimo” a “moderato-buono”, e la relazione tra variabili da una valutazione“scarsa” a “moderata”. Miglioramenti significativi nel Decentramento dove si è pas-sato da “scarso-minimo” a “buono”. Infine nella Mastery, dalla pressochè assenza distrategie, si è registrato un utilizzo di strategie di secondo livello, con miglioramen-to dei requisiti basici, approdati a “buono”. Gli esami tossicologici, tranne in due ca-si, sono risultati negativi per tutto il periodo del gruppo.

All’inizio i pazienti rappresentavano una galassia dispersa tra i due servizi di riferimen-to. Essi esibivano difficoltà complesse sia sul versante psicopatologico che tossico-logico, scarsa aderenza al trattamento nella maggioranza dei casi e frequenti ricadu-te nei comportamenti d’abuso. Dopo l’esperienza si è creata un netto calo di diffi-denza tra i partecipanti che ha consentito di sperimentare relazioni meno distrutti-ve, un’adesione ai trattamenti convenzionali già in atto e un migliore insight sulla pro-pria condizione. I tossicologici erano negativi nell’82% dei pazienti a 3 mesi.

L’utenza ha risposto con convinta partecipazione e la soddisfazione è rilevabile dal-la richiesta di ripetere il gruppo. Dei 12 pazienti iniziali, 7 sono stati assidui e 4 han-no partecipato a più di due terzi delle sedute. Un solo abbandono: un paziente “nar-cisista” che, attivo protagonista nel gruppo, non ha in seguito tollerato il necessarioridimensionamento della sua partecipazione.

Il senso di appartenenza che gli utenti hanno sperimentato ha costituito la “base si-cura” con cui poter affrontare una relazione con il mondo meno conflittuale, comeè stato confermato dai congiunti. La stessa relazione con i servizi è migliorata, conminore ricorso a situazioni di emergenza sia mediche che sociali.

È difficile prevedere la stabilità dei risultati ottenuti nel tempo, anche perché non ri-teniamo che la nostra esperienza possa da sola essere sufficiente. La condizione cro-nico-recidivante delle dipendenze spiazza le previsioni a lungo tempo.Abbiamo pre-visto ulteriori follow up.Tuttavia presumiamo che alcuni miglioramenti emozionali,relazionali e metacognitivi possano durare nel lungo periodo.

Il primo punto di forza è stato accettare la sfida della doppia diagnosi, area clinicacontroversa e con poche esperienze condivise.Altro punto di forza: la formazionedi base in comune dei curanti, che ha consentito un progetto coerente, e ha utiliz-zato la “Fluenza”, una sessione gruppale già oggetto di esperienze precedenti e di ri-flessioni teoriche descritte in varie pubblicazioni, come dispositivo sperimentale del-la cura. La sfida è stata l’applicazione di tale metodo al campo della doppia diagnosi,con terapia contemporanea di più pazienti. Il bilancio appare positivo, per quanto li-

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mitato nel tempo. Naturalmente, la valutazione ha disposto di pochi strumenti ogget-tivi (SVaM, referti tossicologici) e un giudizio definitivo è ancora lontano.All’iniziodel 2013 è prevista una ripresa dell’esperienza, dove verrano inserite innovazioniemerse dalla precedente analisi e utilizzati ulteriori strumenti valutativi (testistica,questionari, etc.).

Il progetto è certamente riproducibile e trasferibile ad altre utenze e settori (in ef-fetti c’è stato qui un trasferimento proprio da altre applicazioni verso la doppia dia-gnosi). Richiede una formazione adeguata rispetto alle basi teoriche e alla prassi te-rapeutica precedente. Può essere riprodotto nelle pratiche effettive di lavoro a con-dizione che tutti gli operatori siano fortemente motivati e condividano profondamen-te il progetto.

Il progetto utilizza la “Fluenza”, che si basa sui cosiddetti “fattori comuni” della psi-coterapia che formano l’ossatura di ogni intervento terapeutico efficace e prepara-no l’humus ad azioni più specifiche. Nel nostro caso il lavoro sulla metacognizioneviene esplicitato in una prospettiva abbastanza originale, essendo realizzato in grup-po con strumenti narrativi. Le singole funzioni metacognitive rappresentano così l’or-ganizzazione sintattica delle narrative, personali o di fiction, e l’azione su questo li-vello contribuisce a “riparare” distorsioni formali delle rappresentazioni interne.

Oltre al responsabile del progetto, alcuni giovani psicologi hanno partecipato allarealizzazione dell’esperienza. Consideriamo questo fatto un valore aggiunto, in quan-to la doppia diagnosi è tradizionalmente il campo di psichiatri e tossicologi, i qualispesso egemonizzano la clinica con le rispettive premesse. La presenza dello psico-logo innerva la prassi terapeutica di una cultura “altra”, di una freschezza innovativaed empatica ulteriore. Soprattutto, come nel nostro caso, quando l’intervento ri-chiama prospettive assolutamente “psicologiche” negli assunti.

EDOARDO

VIVARD

LIBERO PROFESSIONISTA

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

pis ambito clinico, progetto 11

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Riccardo Capozzi - Studio professionale Capozzi, Roma

Spesso l’intervento psicoterapeutico, ed in particolare quello ad indirizzo psicoanalitico, oggetto della presente ricerca, viene percepitodalle persone come qualcosa difficile da definire: i cui tempi, obiettivi e risultati non sono prevedibili, né facilmente descrivibili. Il problemaa cui si è inteso rispondere è quindi fornire al terapeuta degli strumenti di valutazione delle terapie, che siano, però, anche in grado di da-re all’utenza un quadro più chiaro e definito del percorso e dei risultati conseguiti e conseguibili in psicoterapia.

Il fine principale del presente lavoro è quello di diffondere una metodologia “evidence based” in psicoterapia che sia valida anche in am-bito psicoanalitico. Ovvero una metodologia che sia il più possibile “ecologica” e rispettosa dello specifico setting di ogni orientamento, fa-cilitandone così la comparazione dei risultati anche a livello interdisciplinare. Da un esame della letteratura non sono emerse ricerche ita-liane ed internazionali che abbiano valutato insieme i processi e gli effetti di psicoterapie a lungo termine (fino a 8 anni). In genere i perio-di considerati sono, nella gran parte dei casi, limitati entro l’arco di un anno e poi sono largamente assenti studi empirici in ambito psi-coanalitico. Si può quindi ritenere il presente progetto come un lavoro innovativo e tuttora in corso con lo sviluppo di nuovi strumenti divalutazione. In particolare il primo obiettivo è stato costituire un campione di soggetti che hanno effettuato terapie di diversa durata adorientamento psicoanalitico presso lo studio professionale; il secondo costruire degli indici per la valutazione degli effetti sui sintomi e sulcambiamento terapeutico; il terzo procedere ad una comparazione statistica dei risultati in rapporto alla durata della terapia. Si sono quin-di effettuate, nel corso di vari anni, un certo numero di psicoterapie ad indirizzo psicoanalitico relazionale condotte dallo stesso terapeu-ta, senza apprezzabili interruzioni e con soggetti aventi problematiche di media gravità nell’ambito dei disturbi dell’umore. Fra queste, è sta-to scelto in modo casuale un campione di 48 terapie, suddiviso in tre gruppi da 16 terapie ciascuno, con diverse durate medie: per il bre-ve termine 2 anni; per il medio termine 4 anni e per il lungo termine fino a 8 anni. Un elemento distintivo di questi pazienti è che appar-tengono tutti ad un’utenza privata generica che non ha avuto né precedenti esperienze di psicoterapia, né alcun interesse riferibile all’am-bito della formazione in psicologia. Possiamo perciò ritenere i risultati raggiunti come abbastanza indicativi di quelli ottenibili con l’utenzache più frequentemente afferisce ad uno studio professionale.

Sono stati poi messi a punto ed utilizzati i seguenti strumenti di valutazione: l’Indice di Integrazione della Personalità (IIP), l’In-

dice di Espansione della Personalità (IEP), l’Indice di Cambiamento Terapeutico (ICP), l’Indice di Percezione dei Sintomi

(IPS). Questi indici sono costruiti, attraverso l’uso di una Griglia di raccolta dati (Tab. 5), rilevando, seduta dopo seduta, il tipo di risposteche vengono date dal paziente agli interventi del terapeuta, in modo da evidenziare per tutta la durata della psicoterapia, le trasformazio-ni del rapporto terapeutico ed i suoi effetti sulla riduzione dei sintomi e sulle altre dimensioni del cambiamento. L’idea è quella che il cam-biamento sia descrivibile in funzione della modalità relazionale manifestata dal paziente verso il terapeuta. Possiamo pertanto enucleare treprincipali modalità: Oppositiva, Collaborativa e Creativa. Nella modalità Oppositiva vi sono le risposte che esprimono contrasto orifiuto delle interpretazioni del terapeuta; nella Collaborativa si collocano le risposte di consenso e di condivisione; infine, nella Creativaabbiamo le risposte che nascono dalla capacità di pensiero autonomo e “libero dal conflitto” del paziente. Perciò, partendo dal conteggiocomplessivo delle risposte date in terapia dal paziente al terapeuta, e classificate come Oppositive o Collaborative o Creative, sono staticostruiti quattro indici che ora mostriamo in estrema sintesi.

Il primo è l’Indice di Integrazione della Personalità (IIP) (Tab. 1), costituito dal rapporto fra le risposte Collaborative e quelle Op-positive. Esprime una capacità integrativa della personalità sia sul piano dei contenuti interni che su quello della relazione.Al numeratoreva inserito il numero delle risposte Collaborative mentre al denominatore il numero di quelle Oppositive e poi il risultato ottenuto va mol-tiplicato per 10 onde evitare valori decimali troppo bassi.

12. STRUMENTI DI VALUTAZIONE PER LA PSICOTERAPIA

RISULTATI TERAPIA A BREVE, MEDIO E LUNGO TERMINE

Tab. 1. Indice di Integrazione della Personalità (IIP)

CollaborativeIIP = _____________________ x 10

Oppositive

pis ambito clinico, progetto 12

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Il secondo è l’Indice di Espansione della Personalità (IEP) (Tab. 2), costituito dal rapporto fra le risposte Creative e quelle Op-positive. Esprime una capacità inventiva della personalità sia sul piano dei contenuti interni che su quello della relazione.Al numeratore vainserito il numero delle risposte Creative mentre al denominatore il numero di quelle Oppositive e poi il risultato ottenuto va sempremoltiplicato per 10.

Il terzo è l’Indice di Cambiamento Terapeutico (ICT) (Tab. 3), costituito dal rapporto fra la somma delle risposte Collaborativee Creative su quelle Oppositive e poi il risultato ottenuto va moltiplicato per 10. Esprime il grado complessivo di cambiamento sia relazio-nale che cognitivo maturato in terapia.

Il quarto è l’Indice di Percezione dei Sintomi (IPS) (Tab. 4), costituito dal rapporto fra la percentuale dei sintomi residui a fine te-rapia ed il valore dell’Indice di Cambiamento Terapeutico e poi il risultato ottenuto va moltiplicato per 10. Esprime quanto i sintomi pos-sano essere ridotti nella loro percezione soggettiva dal grado di Cambiamento Terapeutico raggiunto in terapia.

Questi indici hanno consentito, ponendo a confronto i risultati dei tre diversi periodi di terapia, di ottenere delle misure quantitativesia dei sintomi residuali a fine terapia e della loro percezione soggettiva; sia della entità del cambiamento terapeutico ottenuto. I risultatidella ricerca hanno mostrato per la terapia breve (2 anni) una valutazione qualitativa che indica come il cambiamento cognitivo non siaancora maturato poiché dominano la modalità relazionale oppositiva ed il pensiero distruttivo che limitano, sul piano quantitativo, la ri-duzione dei sintomi ad un 24% i quali sono anche percepiti in modo amplificato. Per la terapia media (4 anni), la valutazione qualitativa evi-denzia un aumento della capacità collaborativa e del pensiero costruttivo con una riduzione dei sintomi del 35%, percepiti ancora comeabbastanza disturbanti. Per la terapia lunga (8 anni) la valutazione qualitativa pone in luce il più forte cambiamento in senso cognitivo ecollaborativo, con un particolare aumento delle capacità di pensiero creative che determinano una riduzione del 45% dei sintomi psico-patologici, i quali, tuttavia, sono percepiti poco presenti come se fossero ridotti ben del 76%. Questi risultati evidenziano come il cambia-mento terapeutico, misurato con gli indici prima descritti, sia un fattore fondamentale non solo nella ridotta percezione dei sintomi, masoprattutto nello sviluppo di maggiori e più evolute risorse integrative e di espansione creativa della personalità, sia in termini cognitiviche relazionali.

Tab. 2. Indice di Espansione della Personalità (IEP)

CreativeIEP = _____________________ x 10

Oppositive

Tab. 3. Indice di Cambiamento Terapeutico (ICT)

Collaborative +CreativeICT = _________________________ x 10

Oppositive

Tab. 4. Indice di Percezione dei Sintomi (IPS)

% Sintomi residuiIPS = _________________________ x 10

Oppositive

pis ambito clinico, progetto 12

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pis ambito clinico, progetto 12

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Per quanto riguarda i limiti intrinseci al progetto, si comprende bene che la ricerca è stata condotta sulla base di un campione di pa-zienti relativo ad un singolo psicoterapeuta, e questo riduce inevitabilmente la generalizzabilità dei risultati conseguiti.Tuttavia più che larappresentatività statistica si è cercata la evidenziabilità clinica dei risultati. Un altro aspetto riguarda l’efficacia degli indici nel rappresen-tare il cambiamento in terapia essendo degli strumenti che vengono utilizzati solo sui resoconti del terapeuta e non direttamente sul pa-ziente. Questa scelta è stata compiuta per non turbare in nessun modo il percorso clinico del paziente con il quale potrebbe certamen-te interferire la presenza di un interesse di ricerca o di valutazione dei suoi risultati condotta con strumenti estranei al rapporto tera-peutico.Ad esempio, come spesso accade nella ricerca clinica, attraverso l’utilizzo di test psicologici o di questionari multidimensionali chevengono somministrati anche durante la terapia.

In conclusione i risultati, solo se osservati in tempi medio-lunghi, possono consentire una maggiore evidenza della efficacia della psico-terapia, ed in particolare di quella ad indirizzo psicoanalitico. Utilizzando poi gli strumenti qui proposti al singolo terapeuta si favorisce,inoltre, la realizzazione di una metodologia condivisa di valutazione della psicoterapia che sia potenzialmente interdisciplinare al fine di su-perare gli steccati concettuali ed epistemologici oggi esistenti fra i vari orientamenti psicoterapeutici.

Riferimenti:

CAPOZZI R., Strumenti di valutazione in psicoterapia: l’Indice di Cambiamento Terapeutico e l’Indice di Percezione dei Sintomi, in “InterCono-scenza - Rivista di Psicologia, Psicoterapia e Scienze Cognitive” Volume 3 - Numero 2 - Maggio-Agosto, pp. 10-18, 2005.

CAPOZZI R., La dimensione relazionale del cambiamento terapeutico. Una ricerca empirica sulla validità interna in psicoanalisi, in “InterCo-noscenza - Rivista di Psicologia, Psicoterapia e Scienze Cognitive” Volume 3 - Numero 3 - Settembre-Dicembre, pp. 19-90, 2005.

CAPOZZI R., Strumenti di valutazione in psicoterapia: l’Indice di Integrazione e l’Indice di Espansione della Personalità, in “InterConoscenza -Rivista di Psicologia, Psicoterapia e Scienze Cognitive” Volume 10 - Numero 1-3 - Gennaio-Dicembre, 2012.

Tab. 5. Griglia di raccolta dati

VALUTAZIONE QUANTITATIVA DEGLI INDICI: IIP - IEP - ICT - IPS: IIP - IEP - ICT - IPS

Risposte del paziente agli interventi del terapeuta

Sedute Oppositive Collaborative Creative

1

2

3...

VALUTAZIONE DELLA FREQUENZA DEI SINTOMI PRIMA-DOPO

SINTOMI BASSA….….….. MEDIA.….…….. ALTA..……..….

PRIMA 33% 1-3 VOLTE A SETTIMANA 66% 4-6 VOLTE A SETTIMANA 99% 1 O PIÙ VOLTE AL GIORNO

SINTOMI BASSA….….….. MEDIA.….…….. ALTA..……..….

DOPO 33% 1-3 VOLTE A SETTIMANA 66% 4-6 VOLTE A SETTIMANA 99% 1 O PIÙ VOLTE AL GIORNO

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Strumenti di valutazione per la Psicoterapia Risultati terapia a breve, medio e lungo termine

Dr. Riccardo Capozzi

Dr. Riccardo Capozzi

Titolare studio professionale

Studio professionale Capozzi

Studio professionale Capozzi - Via Satrico, 53 – 00183 Roma

Tel. 067005703 - Fax 0645426629 - Cell 3356631472

[email protected]

www.riccardocapozzi.it

Libero professionista

Studio professionale Capozzi

Sì, autofinanziato.

Sì. È in corso lo sviluppo del progetto.

2005-2013

Roma – Municipio IX

TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

DATI INFORMATIVI

pis ambito clinico, progetto 12

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pis ambito clinico, progetto 12

Spesso l’intervento psicoterapeutico, ed in particolare quello ad indirizzo psicoana-litico, oggetto della presente ricerca, viene percepito dalle persone come qualcosadifficile da definire: i cui tempi, obiettivi e risultati non sono prevedibili, né facilmen-te descrivibili. Il problema a cui si è inteso rispondere è quindi fornire al terapeutadegli strumenti di valutazione delle terapie, che siano, però, anche in grado di dareall’utenza un quadro più chiaro e definito del percorso e dei risultati conseguiti econseguibili in psicoterapia.

L’obiettivo generale è quello di diffondere una metodologia “evidence based” in psi-coterapia che sia valida anche in ambito analitico. Ovvero una metodologia che siail più possibile rispettosa dello specifico setting di ogni orientamento, facilitandonecosì la comparazione dei risultati anche a livello interdisciplinare. Il primo obiettivoè stato costituire un campione di soggetti che hanno effettuato una terapia ad orien-tamento psicoanalitico; il secondo costruire degli indici per la valutazione dei risul-tati in psicoterapia; il terzo procedere ad una valutazione statistica dei risutati.

Il progetto si è rivolto prima di tutto ai pazienti in psicoterapia presso lo studio pro-fessionale. In secondo luogo il progetto si rivolge a tutti i colleghi psicoterapeuti chesiano interessati a migliorare la propria prassi professionale, sia nella verifica dei risul-tati, che nella comunicazione degli stessi.

È un progetto di ricerca pluriennale che si è articolato in varie fasi. Sono state ef-fettuate innazitutto un certo numero di psicoterapie ad indirizzo psicoanalitico re-lazionale, fra queste è stato scelto un campione di quelle che hanno avuto tre di-verse durate, senza interruzione e con soggetti aventi problematiche simili nell’am-bito dei disturbi dell’umore. I tempi medi delle terapie sono stati: per il breve ter-mine 2 anni; per il medio termine 4 anni e per il lungo termine fino a 8 anni. Intan-to sono stati messi a punto i seguenti strumenti di valutazione: l’Indice di Percezio-ne dei Sintomi e l’Indice di Cambiamento Terapeutico e la relativa Griglia di raccol-ta dati (vedi link qui sotto). Questi indici hanno consentito, ponendo a confronto irisultati dei tre diversi periodi di terapia, di ottenere delle misure quantitative sia deisintomi residuali a fine terapia e della loro percezione soggettiva; sia della entità delcambiamento terapeutico ottenuto.

Si è scelto di non coinvolgere altri colleghi o altre figure professionali poiché il proget-to essendo stato sviluppato in ambito psicoterapeutico ha necessitato del massimorispetto della privacy dei pazienti. Inoltre si è inteso mostrare come il singolo psi-coterapeuta, se fornito degli strumenti necessari e di una corretta metodologia, puòeffettuare in prima persona una valutazione “evidence based” delle proprie terapie.

Le difficoltà incontrate nella realizzazione del progetto di ricerca sono state le seguen-ti: 1. Difficoltà nel progettare il piano di ricerca in quanto si è trattato di trovare unametodologia il più possibile standardizzata e ripetibile in un contesto psicoterapeu-tico; 2. Difficicoltà nella progettazione degli strumenti di valutazione - Indici; 3. Dif-ficoltà nella divulgazione dei risultati alla comunità.

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 1.000 ca-ratteri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 1.000 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.500 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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La strategia di soluzione per superare gli ostacoli è stata quella di avere molta pa-zienza e di procedere lentamente sia nella formazione del gruppo di soggetti, chenella definizione degli indici e della metodologia. Per quanto attiene alla diffusionedel progetto si è cercato di pubblicare parti dello stesso in “InterConoscenza -Rivi-sta di Psicologia, Psicoterapia e Scienze Cognitive” - rivista autogestita in “open ac-cess”. In modo da rendere completamente disponibile e ripetibile quanto realizza-to. Il link della rivista è quello qui sotto.

Per la terapia breve (2 anni) la valutazione qualitativa mostra come il cambiamen-to cognitivo non sia ancora maturato poiché dominano la modalità relazionale op-positiva ed il pensiero decostruttivo che limitano, sul piano quantitativo, la riduzio-ne dei sintomi ad un 24% i quali sono anche percepiti in modo amplificato. Per la te-rapia media (4 anni), la valutazione qualitativa evidenzia un aumento della capacitàcollaborativa e del pensiero co-costruttivo con una riduzione dei sintomi del 35%,percepiti ancora come abbastanza disturbanti. Per la terapia lunga (8 anni) la va-lutazione qualitativa pone in luce il più forte cambiamento in senso cognitivo e col-laborativo, con un aumento delle capacità di pensiero creative/ri-costruttive che de-terminano una riduzione del 45% % dei sintomi psicopatologici, però percepiti po-co presenti come ridotti del 76%. I risultati sono riportati nel link in basso dove con-frontando le tre terapie si promuove una validazione interna della psicoanalisi.

È difficile effettuare un parallelo tra la situazione precedente al progetto e quella suc-cessiva, poiché, dopo un esame della letteratura scientifica, non sono emerse ricer-che italiane/internazionali che abbiano valutato insieme i processi e gli effetti di psi-coterapie a lungo termine (fino a 8 anni). In genere i periodi considerati sono, nellagran parte dei casi, entro l’arco di un anno. Inoltre sono largamente assenti studi inambito psicoanalitico. Si può quindi ritenere il presente progetto come un lavoro in-novativo e tuttora in corso con lo sviluppo di due nuovi indici.

I pazienti a fine terapia hanno mostrato un particolare interesse a questo progetto.Inoltre, molti colleghi hanno espresso una notevole soddisfazione pensando che ilproprio lavoro, spesso invisibile all’esterno, con la metodologia qui proposta, pote-va essere meglio obiettivato e valorizzato, rendendo più comunicabili le personaliesperienze cliniche ed il bagaglio di psicoterapie effettuate.

Il progetto è stato autofinaziato e potrebbe essere più facilmente gestibile e rap-presentativo se vi fosse un certo numero di colleghi disponibili a condividerlo ed asvilupparlo. I costi poi si riducono notevolmente se delle istituzioni o degli enti fos-sero interessati a dare un contributo scientifico e professionale.

I risultati nel tempo possono consentire una maggiore evidenza della ef-ficacia della psicoterapia, anche ad indirizzo psicoanalitico. Favorendo, inol-tre, la realizzazione di una metodologia condivisa di valutazione della psicoterapiache sia potenzialmente interdisciplinare al fine di superare gli steccati concettuali edepistemologici oggi esistenti fra i vari orientamenti psicoterapeutici.

pis ambito clinico, progetto 12

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SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.200 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 1.200caratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione de-gli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

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pis ambito clinico, progetto 12

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

Il progetto ha vari aspetti positivi che vanno dalla progettazione degli strumenti divalutazione, alla metodologia della ricerca sino alla riproducibilità dei risultati in diver-si ambiti psicoterapeutici. Ma ora è meglio soffermarsi sui limiti ascrivibili al proget-to stesso. La prima cosa da dire è che la ricerca è stata condotta sulla base di uncampione di pazienti relativo ad un singolo psicoterapeuta, questo riduce la generaliz-zabilità dei risultati conseguiti.Tuttavia più che la rappresentatività statistica si è cerca-ta la evidenziabilità clinica dei risultati. Un altro aspetto riguarda la efficacia degli indi-ci nel rappresentare il cambiamento in terapia essendo degli strumenti che vengo-no utilizzati sui resoconti del terapeuta e non direttamente sul paziente. Questa scel-ta è stata compiuta per non turbare in nessun modo il percorso clinico del pazien-te con il quale potrebbe certamente interferire la presenza di un interesse di ricer-ca o di valutazione dei suoi risultati.

Il progetto è stato pensato e realizzato proprio per essere riproducibile attraversol’utilizzo di strumenti quali gli Indici di: Cambiamento Terapeutico e di Perce-zioni dei Sintomi. È stata inoltre realizzata un’apposita Griglia per la raccolta deidati utili alla costruzione degli indici. Infine la metodologia del progetto utilizzatacon una psicoterapia ad orientamento psicoanalitico relazionale, può essere facilmen-te trasferita ed applicata in ogni setting di qualsivoglia orientamento psicoterapeuti-co.

Le innovazioni apportate dal progetto riguardano: 1 - Prima novità la costruzione distrumenti per la valutazione sia del processo che degli esiti di una psicote-rapia, utilizzabili in ogni setting ed orientamento terapeutico. 2 - Seconda novitàriguarda l’applicazione di questi strumenti ad un ambito psiconalitico con tera-pie di lunga durata. 3 - Terza novità è l’elaborazione e sperimentazione tutt’o-ra in corso di due nuovi indici per una migliore valutazione e dimostrazione dicome il cambiamento terapeutico agisca sulla personalità: Indice di Espansioneed Indice di Integrazione.

L’ambito psicoterapeutico oggi è in larga parte rappresentato da psicologi. Si ritieneche il valore aggiunto apportato dagli psicologi sia quello di avere una conoscenzapiù ampia della disciplina psicologica che non si esaurisce nell’orientamento dellaspecializzazione ma è capace di costruire percorsi di conoscenza ed innovazione chepossono avvalersi dei più diversi contributi che vanno dalla psicologia sperimentale,alla psicologia sociale ed alle scienze cognitive in generale.

RICCARDO

CAPOZZI

TITOLARE STUDIO PROFESSIONALE

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Annalisa Scanu, Daniela Bruno, Enrica Fondi, Nicoletta Lana, Silva Oliva, Laura Calzolaretti e Giuseppina ParisiA.I.P.P.I.Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica dell'infanzia, dell'adolescenza e della famiglia, Roma

L’Associazione psicoanalitica A.I.P.P.I. (Associazione di Psicoterapia dell’Infanzia, dell’Adolescenza e della Famiglia) riu-nisce psicoterapeuti qualificati presso la Scuola di Specializzazione dell’AIPPI e presso la Tavistock Clinic di Londra. Èmembro dell’European Federation of Psychoanalytic Psychotherapy (E.F.P.P.) e dell’Associazione dei Gruppi Italiani di Psicotera-pia Psicoanalitica dell’Adolescente (A.G.I.P.Ps.A.).

L’Associazione che ha sede a Roma, Milano e Napoli, organizza e gestisce la Scuola di Specializzazione di PsicoterapiaPsicoanalitica per bambini, adolescenti e genitori.

Scopo dell’Associazione è promuovere studi, ricerche e convegni nel campo della psicoterapia psicoanalitica rivoltaall’età evolutiva (bambini, adolescenti, giovani adulti) e alla famiglia, curando la formazione di psicoterapeuti e operato-ri che si occupano dell’infanzia, dell’adolescenza e della genitorialità. Ulteriori informazioni sull’attività dell’A.I.P.P.I. sonoreperibili sul sito: www.aippiweb.it.

Nell’ambito degli studi e ricerche che persegue, l’Associazione ha organizzato a Roma, il 5 febbraio 2011, un conve-gno dal titolo:“Nuovi problemi della psicoanalisi: triangolazione edipica e fecondazione in vitro”.

Esito di quel convegno è stata la formazione di un gruppo di studio sulla nostra esperienza clinica con “aspiranti ge-nitori” e genitori che hanno utilizzato la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). La spinta motivazionale è stata laconsapevolezza di quanto siano importanti i cambiamenti delle procedure mediche e del costume sociale, cambiamen-ti che necessitano di un’analisi per comprendere le ricadute nei processi psichici.

I membri del gruppo hanno avviato uno studio delle tecniche della PMA per meglio valutare le motivazioni alla scel-ta, l’impatto psicologico sulla donna, l’uomo e la coppia, nonché le ricadute sui bambini, esaminando la letteratura psi-cologica e psicoanalitica sul tema.

Tale riflessione sul desiderio di essere genitore (maternità e paternità) si articola nell’attenzione alla coppia cheintraprende la PMA di tipo omologo, come pure a quella che intraprende la PMA di tipo eterologo (presso centri al-l’estero), prendendo in considerazione anche la donna single.

Allo stato attuale del lavoro, si osserva come il ricorso alla PMA a volte s’intrecci con processi mentali che faticanoad essere elaborati, là dove l’intervento medico può sostenere una negazione della mentalizzazione.

In molti casi sembra ridursi lo spazio di elaborazione interna delle componenti affettive ed emotive collegate alla fan-tasia di maternità e paternità in favore di modalità concrete e “razionali” che appaiono un tentativo difensivo contro an-gosce molto forti, laddove può comunque esistere, da parte dei potenziali genitori, l’intuizione dell’esperienza della ma-ternità e paternità come spinta evolutiva, occasione di crescita che chiama a sostenere un progetto di speranza.

Di fronte a quella che appare come una divaricazione tra assetto psichico interiore e interventi medici, il compito cheil gruppo di lavoro si è dato è stato quello di aprirsi a domande che possano colmare questo divario. Data la specificitàdella nostra formazione, abbiamo cercato di mettere a fuoco le dinamiche relative al desiderio di maternità e paternitàall’interno della coppia e le ricadute di queste nel figlio, soprattutto nelle situazioni dove sia messo al conoscenza dellemodalità di concepimento tramite PMA, che nei casi in cui sia tenuto all’oscuro, dunque nei termini di esperienze tra-smesse non elaborate.

Dunque, oggetto del nostro intervento sono le condizioni reali, ma soprattutto interne a cui fa riferimento la coppia,i vissuti dell’aspirante genitore e quanti di questi siano condivisi dal partner. Molte sono le domande aperte là dove ildesiderio di avere un figlio presenti una palese asimmetria nella coppia, come quando, ad esempio, sia la donna a voler-lo a tutti i costi e ci sia una accondiscendenza da parte dell’uomo.

L’inseminazione omologa e quella eterologa comportano differenze relative all’assetto della coppia. In alcune situazionil’inseminazione eterologa può implicitamente spingere verso l’esclusione del ruolo di uno dei due genitori, in particola-re del padre.

In generale la PMA sembra densa di implicazioni per i fantasmi che tende ad attivare nella coppia rispetto al figlio co-me altro da sé/estraneo. Nel bambino questo si collega direttamente al tema fondante delle origini, costituendo il nu-cleo problematico del segreto.

Abbiamo anche preso in considerazione, nel caso di fecondazione omologa, la possibilità che le donne ricorrano aquesta procedura per cementare l’unione con un nuovo compagno, o donne mature con partner molto più giovani. Spes-so le donne arrivano al desiderio di maternità a ridosso della fine del loro periodo fertile, desiderio che a volte vienevissuto come improcrastinabile o irrinunciabile.

pis ambito clinico, progetto 13

13. PROGETTO DI RICERCA ED INTERVENTO PSICOLOGICO SULLA STERILITÀ,PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA E SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÀ

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pis ambito clinico, progetto 13

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Nei casi avuti in trattamento si presentava il doloroso tema dell’identità femminile incompiuta, esito di una conflit-tuale identificazione con la madre e di una precaria relazione con il padre, a volte idealizzata.

A livelli più profondi, a mancare era frequentemente una buona relazione primaria quale condizione preliminare peraccedere all’Edipo, con conseguente assenza di identificazione con una coppia interna creativa.

Talune di queste donne arrivano a cercare la maternità da sole, con un senso di straziante solitudine quando si impe-gnano nelle pratiche mediche di fecondazione.

Altre donne cercano la maternità all’interno di una coppia omosessuale: in questo caso il fatto che il padre sia cono-sciuto o sia un donatore anonimo, comporta una differenza nell’assetto interno della donna.

Non basta l’impianto nell’utero dell’embrione per istaurare una maternità “interiore”, in quanto deve mettersi in mo-to l’elaborazione del desiderio soggettivo di essere madre con la relazione oggettiva madre-bambino-padre.

Le difficoltà non elaborate rispetto ai temi della separazione e della tolleranza alla frustrazione, ovvero, il non acces-so alla Posizione Depressiva, compromettono il rapporto con la realtà, con l’alterità, rendendo difficile la costruzionedella coppia, sia essa con il partner che con il bambino reale.

Una notazione particolare merita il caso delle donne che si sono sottoposte a numerose pratiche di fecondazione conesito infausto, perché, oltre al già detto, il loro processo di maternità psichica può essere particolarmente ambivalentea causa delle molte delusioni e per questo si possono osservare difficoltà nell’ investire emotivamente su nuovi tenta-tivi di PMA e ad eventuali gravidanze.Tutto ciò apre a domande relative a come e quando si costituisce il legame con ilfiglio.

Quanto quindi la PMA può facilitare o ostacolare la paternità o la maternità psichica: l’impianto in utero dell’embrio-ne rende possibile una maternità/paternità biologica, ma è necessario che si costituisca un utero mentale in cui conte-nere il bambino, un luogo originario in cui ha un ruolo fondamentale la capacità del genitore di prendersi cura dell’altro.

La tecnica può colludere con una scissione tra corpo e mente che tende a bypassare l’importanza del mondo inter-no dei soggetti coinvolti, la presenza di lutti e ferite narcisistiche non elaborati.

Questi temi preludono all’importante questione della filiazione, cioè la capacità di costruire un legame simbolico conil figlio, questione centrale della genitorialità intesa anche come confronto con un “altro da sé”, soprattutto nel caso del-l’inseminazione eterologa, qualora si mantenga il segreto su come sia avvenuto il concepimento del bambino.Anche nel-l’inseminazione omologa può presentarsi il tema del segreto sulla pratica della fecondazione, per questo è necessariointerrogarsi sul peso che esso può assumere nella costruzione dell’identità. Questo perché il problema non sembra ri-guardare tanto il contenuto del segreto, quanto il fatto che il segreto ci sia e che cresca nella famiglia insieme al figlio.

Nella valutazione di tutto questo vogliamo integrare l’assetto mentale del terapeuta, ovvero il controtransfert del te-rapeuta che si confronta con la maternità, la paternità e la genitorialità nelle sue più complesse forme che vanno dallasterilità alla fecondazione.

In questi casi all’analista è richiesto di saper cogliere i propri vissuti profondi e di sforzarsi di non prendere posizio-ne, mantenendo una necessaria neutralità che permetta l’accoglimento totale del paziente.

Riassumendo quanto qui esposto, obiettivo del nostro lavoro è quello di offrire alle donne, agli uomini e alle coppieuno spazio di consultazione in cui riflettere sul loro bisogno ineludibile di gravidanza dando spazio alle domande inte-riori. Ci sembra infatti fondamentale lavorare per attenuare il più possibile la divaricazione tra l’assetto psicologico in-terno e le pratiche mediche, che i futuri genitori si accingono ad intraprendere o che sono già in atto, in modo da so-stenere, insieme alla gravidanza fisica, anche una gravidanza mentale, fondamentale ad accogliere il nascituro.

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pis ambito clinico, progetto 13

Progetto di ricerca ed intervento psicologico sulla Sterilità,Procreazione Medicalmente Assistita e sostegno alla genitorialità.

Dott.ssa Annalisa Scanu

Dott.ssa Giovanna Mazzoncini, presidente A.I.P.P.I.

Presidente A.I.P.P.I.Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica dell’infanzia,dell’adolescenza e della famiglia

A.I.P.P.I.Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica dell’infanzia, dell’adole-scenza e della famiglia, sede locale di Roma.

Via Alessandria 130 - 00198 Roma

0644207919 064404001

[email protected]

www.aippiweb.it

La sede locale dell’AIPPI di Roma promuove interventi e studi sullo sviluppo e la sa-lute mentale in età evolutiva e sulla genitorialità, attraverso la costituzione di grup-pi di lavoro di psicoterapeuti appartenenti all’associazione

A.I.P.P.I. Sede locale di Roma

Il progetto è finanziato esclusivamente dall’Associazione proponente

14 ottobre 2011 - 30 novembre 2012

Roma e Provincia

TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

DATI INFORMATIVI

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pis ambito clinico, progetto 13

Problematiche relative all'infertilità e alla sterilità: dinamiche sottostanti al desideriodi maternità e paternità all’interno della coppia; l’impatto psicologico delle tecnichedi Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) sulla donna e sulla coppia, con parti-colare riferimento ai casi di crioconservazione, tentativi e insuccessi ripetuti, vissu-ti che si attivano nella fasi del concepimento in vitro, impianto in utero e avvio del-la gravidanza; problematiche relative alla genitorialità e le loro ricadute sul bambinoconcepito attraverso queste tecniche, con particolare riferimento alle modalità at-traverso le quali il bambino sia messo a conoscenza del concepimento tramite PMA,che ai casi in cui ne sia tenuto all’oscuro.Un’altra criticità riguarda i casi in cui il desiderio di avere un figlio presenti una si-gnificativa asimmetria nella coppia, quando ad esempio è la donna a volere a tutti icosti un figlio e l’uomo accondiscenda passivamente a tale desiderio o viceversa.

Obiettivi degli interventi sulla popolazione bersaglio. A breve termine: accoglien-za della domanda, del disagio espresso dalle donne o dalle coppie che intraprendo-no il percorso della PMA. A medio termine: contenimento dell’ansia relativa al-l’infertilità; sostegno alla coppia e alla donna singola nel corso dei procedimenti diPMA; elaborazione della frustrazione e dei vissuti luttuosi connessi alla presa di co-scienza della sterilità e ai ripetuti tentativi ed insuccessi. A lungo termine: soste-gno alla genitorialità e alla gestione della comunicazione delle modalità del concepi-mento. Consulenze con genitori e/o bambini ed eventuale avvio di psicoterapie abreve o lungo termine. Obiettivi del progetto di ricerca: Formulazione di un que-stionario da somministrare agli operatori del settore al fine di individuare eventua-li criticità e problematiche per qualificare ulteriormente l’intervento di consulenzae sostegno.

Donne, uomini e coppie con problemi di infertilità e sterilità. Coppie che hanno in-trapreso un percorso di procreazione medicalmente assistita sia per problemi ine-renti alla fertilità che in quanto portatrici di anomalie genetiche. Genitori che han-no procreato ricorrendo a queste tecniche e bambini, adolescenti e giovani adultinati a seguito di esse.

La letteratura scientifica evidenzia che i vissuti dei genitori che ricorrono alla PMAtendono a riflettersi sui figli con effetti osservabili nella clinica.Abbiamo inoltre os-servato come tali vissuti, spesso di natura inconscia, se non adeguatamente elabo-rati, influiscano sulla compliance rispetto alle procedure mediche che in taluni casivengono disattese tanto da compromettere il buon esito del processo. Riteniamoche essi possano essere indagati ed esplorati attraverso lo strumento di indagineproprio della psicoanalisi, dal momento che le tecniche mediche rischiano di ante-porre la realizzazione concreta della gravidanza biologica alla realizzazione di unagravidanza psichica. La consultazione prevede da 3 a 8 incontri e vede una fase di ac-coglienza, analisi della domanda e restituzione, con eventuale proposta del proget-to terapeutico a breve, medio o lungo termine.Gli strumenti ed i metodi sono quel-li propri del modello psicoanalitico, quali colloqui, raccolta anamnestica, analisi del-l’ambivalenza e dei conflitti, interpretazione e analisi del trasfert e del controtrasfert,interpretazione dei sogni. La tecnica nella psicoanalisi infantile prevede inoltre l’uti-lizzo di strumenti specifici, quali l’analisi del gioco e del disegno. È stato elaborato un

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 1.000 ca-ratteri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 1.000 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.500 caratteri)

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

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pis ambito clinico, progetto 13

questionario come strumento di raccolta dati con l’obiettivo di integrare il lavoro diricerca e intervento con le richieste degli operatori del settore al fine di individua-re le realtà e le domande dei centri territoriali pubblici e privati.

Costituzione ed avvio di un gruppo di lavoro clinico e di ricerca costituito da 7 psi-cologi-psicoterapeuti, soci ordinari dell’Aippi, associazione italiana di psicoterapiapsicoanalitica dell’infanzia, dell’adolescenza e della famiglia. Il gruppo si è occupato esi occupa di analizzare la letteratura nazionale e internazionale sull’argomento, di-scutere i casi clinici, individuare le criticità, elaborare un modello di intervento ri-volto a singoli, coppie, genitori, bambini e adolescenti.

Una delle difficoltà dell’intervento ha riguardato la possibilità di passare dal pianoconcreto dell’intervento medico, talvolta di natura invasiva (somministrazione di far-maci tramite iniezioni, ripetute ecografie interne, prelievo di ovociti, ecc.) e della re-lativa sofferenza, ad un piano di elaborazione dell’esperienza, di riflessione intro-spettiva. Nel lavoro di gruppo le difficoltà hanno riguardato il mantenimento del-l’assetto neutrale e privo di giudizio nel terapeuta nelle diverse fasi e articolazionidell’intervento.

Il lavoro di gruppo ha permesso di aiutare i singoli operatori a contenere ed elabo-rare i vissuti personali che avrebbero potuto interferire nell’ascolto, nella compren-sione delle vicende legate alla sterilità, alla fecondazione assistita e alla genitorialità.

Il gruppo di lavoro ha effettuato preliminarmente un’accurata valutazione del profi-lo psicologico dei pazienti, individuando la domanda esplicita e la motivazione in-conscia. In un primo momento il lavoro di sostegno ha evidenziato una diminuzionedella sintomatologia in termini di ansia, angoscia e stati depressivi. In un secondo mo-mento, la più profonda elaborazione dell’esperienza ha permesso ai pazienti di pas-sare dal piano più concreto della cura dell’infertilità all’esplorazione del significato edell’impatto psichico legato alla difficoltà e/o impossibilità di avere un figlio. Per quan-to riguarda il lavoro con i bambini nati attraverso queste tecniche, si è evidenziataun diminuzione della sintomatologia in termini di ansia e in particolare di disturbidel comportamento come rilevato dai genitori e dagli insegnanti.

In seguito all’intervento si è evidenziato un netto miglioramento nella compliancerispetto agli interventi medici ed una maggiore capacità di coping nell’affrontare ta-li procedure. Le coppie hanno beneficiato dell’intervento riuscendo ad elaborare unapropria modalità comunicativa al proprio interno e nella relazione con i bambini na-ti attraverso queste procedure. Le consulenze e gli interventi sui bambini e sugli ado-lescenti hanno prodotto un miglioramento nella capacità di processare l’esperienzaemotiva legata alle dinamiche familiari.

La maggior parte degli interventi è stata portata avanti fino al compimento del pro-cesso; gli utenti hanno riportato soddisfazione e giovamento relativi al loro livello dipreoccupazione e sofferenza; l’elaborazione dell’esperienza ha loro permesso di di-venire parte attiva del processo e del rapporto medico paziente.

La riduzione dell’ambivalenza ha portato ad una maggior compliance, permettendo

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.200 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 1.200caratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione de-gli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali

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pis ambito clinico, progetto 13

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME e COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

ai pazienti di attenersi alle prescrizioni mediche senza mettere a rischio la procedu-ra. Questo nuovo assetto ha probabilmente permesso di ridurre il numero degli in-terventi medici. Nei bambini e negli adolescenti c’è stata una riduzione dei fattori dirischio relativi allo sviluppo.

La capacità di elaborazione derivante dall’intervento ha portato ad una maggiore sta-bilità emotiva all’interno delle coppie e dei nuclei familiari. L’intervento, effettuatoanche nel corso della gravidanza, ha avuto una valenza preventiva, rispetto alle com-plicanze psicologiche perinatali e postnatali.

Tra i punti di forza evidenziamo la creazione di un gruppo di psicoterapeuti che daanni si occupa di genitorialità, relazioni precoci e prevenzione delle situazioni di ri-schio; la specificità dell’intervento che si occupa di una popolazione di soggetti increscita, con una forte domanda di aiuto e a cui finora è stato dato poco spazio euna ridotta risposta competente.Tra i punti di debolezza segnaliamo l’ancora carenteconnessione con i servizi pubblici, sovraccarichi di richieste e che per primi benefi-cerebbero di una risposta specializzata alle problematiche legate ai correlati psico-logici di questi interventi.

La crescente richiesta di interventi nell’ambito dei problemi di fertilità, della PMA edella genitorialità, rende il progetto riproducibile con le stesse modalità, sia relativa-mente all’approccio clinico che a quello di ricerca, verso una committenza di sog-getti privati. Sarebbe auspicabile una connessione con i centri pubblici e un amplia-mento della committenza al fine di estendere l’intervento e l’offerta di uno spaziodi mentalizzazione, sostegno e contenimento dell’ansia ad una fascia più ampia disoggetti.

La carenza di risorse economiche e la ridotta presenza di psicologi nei centri pub-blici conduce spesso ad una mancata risposta alle richieste di consulenza e sostegnopsicologico degli utenti. In tali contesti l’intervento psicologico non è una routine,ma è riservato a situazioni di estrema urgenza e disagio. Riteniamo che gli aspetti in-novativi siano rappresentati dall’intervento e dalla ricerca su una tematica nuova esu una popolazione di soggetti in crescita, dalla possibilità di offrire sostegno dalleprime fasi del desiderio di maternità/paternità fino alla gestione delle complesse pro-blematiche della genitorialità.

Riteniamo che l’esperienza dell’infertilità, del dover ricorrere alla PMA, dei frequen-ti insuccessi, dei tentativi ripetuti, nonché l’esperienza della genitorialità e della co-municazione all’interno della famiglia, richiedano oltre agli interventi medici, inter-venti psicologici competenti ed estesi alla più ampia popolazione dei soggetti che ac-cedono ai servizi di PMA e non solo ai casi più severi. In base alla nostra esperien-za, crediamo che una simile collaborazione tra operatori medici e sanitari e psico-logi apporterebbe notevoli benefici, in termini di benessere psicofisico degli utenti efaciliterebbe il lavoro degli operatori dei centri specializzati.

ANNALISA SCANU1 - DANIELA BRUNO2 - ENRICA FONDI3- NICOLETTA LANA4

SILVA OLIVA5 - LAURA CALZOLARETTI6 - GIUSEPPINA PARISI7

1 PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA 2 PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA3 PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA 4 PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA5 PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA6 PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA 7 PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA

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pis ambito clinico, progetto 14

Daniela Fiorentino, Salvo Traina e Rachele Ruggiero - Ass. Oasi

Tale progetto descrive un intervento di promozione del benessere destinato a soggetti anziani con vario grado di dete-rioramento cognitivo. L’utenza tipica è quella dei soggetti che frequentano i centri diurni per anziani fragili o che vivono incase di riposo o strutture sanitarie assistenziali.

Il trattamento tradizionale delle demenze ha sempre dato la precedenza alle finalità di tipo riabilitativo, puntando al recu-pero dell’autonomia o al mantenimento delle abilità residue della persona. In questo intento di cura si rischia di perdere divista la persona, ponendosi obiettivi che appartengono più al care-giver e non tengono conto di quello che è la persona.Cambiando tale prospettiva, autori come Tom Kitwood (1992, 1997) hanno applicato i principi dell’approccio centrato sul-la persona alla persona con demenza.

Il concetto di accettazione non giudicante (Rogers, 1961) ben si applica alla condizione delle persone con demenza, le qua-li sono spesso sottoposte a richieste da parte dell’ambiente, che non possono soddisfare a causa delle proprie disabilità: nonricordano, non capiscono, non riescono ad esprimersi chiaramente. Sembra che non vadano mai bene così come sono, chedovrebbero essere diverse, perché questo gli chiede l’ambiente. Essere accettati dagli altri diventa ancora più importante nelmomento in cui la persona presenta una serie di deficit, poiché contribuisce al mantenimento di un’immagine positiva di sé,nonostante la progressiva perdita di capacità.Accettazione positiva incondizionata della persona con demenza significa dun-que che la persona va bene così come è, che l’accettiamo e apprezziamo, senza chiederle di cambiare o di essere diversa.Osservando le interazioni tra operatori e ospiti di strutture residenziali per anziani con demenza, capita a volte di assisterea dialoghi in cui l’ospite pone la stessa domanda, a distanza di pochi minuti. Pensiamo a quanto sia poco accettante e anchefrustrante e confondente per la persona ricevere una risposta che sottolinei la mancanza di memoria, come per esempio“Ma come, te l’ho appena detto…”

Anche il concetto di empatia si applica molto bene all’atteggiamento di chi interagisce con una persona con demenza. L’e-sperienza emotiva di queste persone è spesso amplificata, a volte apparentemente senza nessuna o con poca relazione conl’esistenza di stimoli oggettivamente presenti nella realtà e per questo è difficile condividerla o comprenderla. Chi interagi-sce con una persona con demenza può allora solo fidarsi dell’esperienza emotiva di chi ha di fronte e immedesimarvisi, pursenza capire bene qual è il motivo che l’ha suscitata, oppure sapendo che lo stimolo che l’ha provocata non esiste nella realtàattuale. Immaginiamo, in un mondo fatto di stimoli confusi e poche certezze, quanto possa essere rassicurante avere vicinouna persona che capisce cosa stiamo provando e ce lo dimostra attraverso una verbalizzazione dei sentimenti che coglie innoi o tramite segnali non verbali, ai quali spesso la persona con demenza particolarmente deteriorata è più sensibile. Unadonna che si muove agitata perché non trova più i suoi bambini, per esempio, non si tranquillizza se l’operatore cerca di ri-portarla alla realtà dicendole che i suoi figli sono grandi e che stanno a casa, ma se le si rimanda, invece, che si è colto il suostato di preoccupazione, si apre la strada per un’interazione tra l’operatore e la persona, che è in sé tranquillizzante. La ca-pacità di cogliere le esperienze emotive della persona con demenza, per quanto bizzarre e slegate dalla realtà, diventa inol-tre fondamentale al fine di umanizzare il tipo di assistenza che gli forniamo. L’intensità delle reazioni emotive della personaconfusa può essere sconvolgente, ma non è svalutandone l’autenticità e allontanandosi asetticamente dalla realtà emotivadella persona, che riusciamo a difenderci.Al contrario, comprendendo quello che la persona sente, preserviamo sia il nostroche il loro essere Persona1. Sia accordare questo status che negarlo hanno conseguenze che sono verificabili empiricamen-te perché provocano benessere, rispettivamente, o malessere.

1 Ci si riferisce qui al concetto di Personhood: lo status di essere persona.“Posizione o status che viene riconosciuto ad un essere umano dagli altri nelcontesto di una relazione e dell’essere sociale. Implica l’accordo all'altro di riconoscimento, rispetto e fiducia”. (T. Kitwood, 1997)

14. ATTIVITÀ PSICOLOGICHE IN GRUPPO PER PERSONE CON DEMENZA

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L’intervento qui descritto mira a favorire nelle persone il mantenimento di un senso soggettivo di benessere, anche in pre-senza di deterioramento cognitivo. Si tratta di una metodologia di intervento in gruppo che ha l’obiettivo di creare dei mo-menti in cui svolgere in gruppo attività che stimolino il recupero di identità, permettano l’espressione di sé ed il contattocon le proprie emozioni e favoriscano la relazione.

L’attenzione è focalizzata sull’accettazione incondizionata di quanto portato dalla persona e sulla convalida di quanto daessa riferito o agito, dell’unicità della sua realtà, della sua esperienza, del suo mondo emotivo. Lo stile relazionale che vieneutilizzato e sollecitato nei partecipanti è orientato in generale al concetto di OKness dell’Analisi Transazionale (Stewart & Joi-nes, 2000) come atteggiamento di fondo verso se stessi e gli altri: se penso di essere ok e penso che anche gli altri lo sia-no, vedrò sia me stesso sia l’altro in un modo positivo ed accettante.

I vantaggi principali di attività in gruppo così strutturate sono due:

1. attraverso gli incontri in gruppo è possibile svolgere una funzione di sostegno anche verso chi non può beneficiare dicolloqui strutturati. E il sostegno percepito è rafforzato, poiché non proviene solo dall’attività svolta ma anche dal ruo-lo svolto dal gruppo.

2. la condivisione delle esperienze con il gruppo migliora il clima e le relazioni tra i suoi membri.

Pur trattandosi di attività molto semplici, vengono vissute con eguale soddisfazione dai partecipanti, a prescindere dal lo-ro livello cognitivo.

Quello che sorprende durante questi incontri è come per alcune persone sia ormai impossibile ricordare quanti anni han-no o il nome dei figli, o cosa hanno detto due minuti prima, ma hanno immediatamente chiaro quand’è che si sentono feli-ci, quando tristi, quando hanno paura: stanno male, non camminano, apparentemente non colgono più nulla di quello che ac-cade intorno a loro e sono ancora Persone, come tutti noi.

Bibliografia di riferimento

Kitwood T. & Bredin (1992) Person to Person: a guide to the care of those with failing mental powers, Loughton, Gale Centre Publications.

Kitwood T. (1997) Dementia reconsidered: the person comes first. Berkshire, UK, Open University Press.

Rogers C. (1961) On Becoming a Person, Houghton Mifflin.

Stewart, I., & Joines,V. (2000) L’analisi Transazionale, Garzanti

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pis ambito clinico, progetto 14

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pis ambito clinico, progetto 14

Attività psicologiche in gruppo per persone con demenza

Daniela Fiorentino

Daniela Fiorentino

Psicologo all’interno di una Residenza Sanitaria Assistenziale e di una Casa di Riposo

Associazione Oasi

[email protected]

Contratto di consulenza libero-professionale

Novembre 2012-febbraio 2013 (periodo di riferimento per la redazione di tale sche-da). L’intervento viene erogato in forma di servizio, quindi è tuttora in corso.

ASL RM D

TITOLO DEL PROGETTO

RESPONSABILE DEL PROGETTO

NOME E COGNOME DEL PROPONENTE

RUOLO SVOLTO DAL PROPONENTE

ENTE EROGATORE

INDIRIZZO SEDE OPERATIVA DEL PROGETTO

TELEFONO

E-MAIL

SITO WEB

TIPOLOGIA DI CONTRATTO IN ESSERECON IL PROPONENTE

DENOMINAZIONE DELL’ORGANISMO/IEVENTUALMENTE COINVOLTO NELLAREALIZZAZIONE DEL PROGETTO

ENTE FINANZIATORE (denominazione completa)

UFFICIO REFERENTE

PORTATA DEL FINANZIAMENTO (se privato/terzo settore)

IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE FINANZIATO?

IL PROGETTO È TUTTORA ATTIVO?

DATA DI INIZIO E DI CONCLUSIONE DELPERIODO CONSIDERATO PER LA VALU-TAZIONE DEL PROGETTO PRESENTATO

TERRITORIO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO

DATI INFORMATIVI

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Il problema al quale l’intervento cerca di rispondere è relativo alle conseguenze ne-gative dell’istituzionalizzazione in soggetti anziani con deterioramento cognitivo operdita di autosufficienza fisica. Dal momento dell’inserimento del soggetto in strut-ture residenziali-assistenziali si assiste frequentemente ad una progressiva ulterioreperdita di autonomia, all’accentuazione dei processi di disgregamento cognitivo, al-l’insorgenza di problemi comportamentali. Si accentua nella persona la sensazionedi spersonalizzazione e diminuiscono le abilità relazionali. I soggetti ricoverati all’in-terno di servizi residenziali non vivono più in un ambiente conosciuto, hanno pocapossibilità di influenzare gli accadimenti della loro vita quotidiana, devono delegaread altri la cura della propria persona. I processi di individuazione ed il senso di sé ri-schiano di perdersi e di trasformarsi in passività e rassegnazione.

Il principale obiettivo a lungo e medio termine è quello di permettere il manteni-mento e l’attivazione del ciclo del benessere, attraverso il recupero della capacità diindividuazione, del senso di sé come persona con una propria identità, volontà, de-sideri e della capacità di stare in relazione con l’altro in modi reciprocamente sod-disfacenti. Il senso di identità, dopo l’ingresso nelle strutture residenziali, o comun-que in seguito alla condizione di confusione e disorientamento mentale, rischia diessere messo in secondo piano, minando proprio la sensazione di essere una per-sona. Queste persone non hanno più una casa, o cose loro, devono delegare ad al-tri la cura di loro stessi, spesso hanno pochissime o nulle relazioni con parenti o co-noscenti, non parlano molto tra loro e hanno poche occasioni di esprimersi o, sem-plicemente, dire la loro. Gli obiettivi specifici di ogni incontro, nel breve periodo, pun-tano a stimolare il recupero di identità, a permettere l’espressione di sé ed il con-tatto con le proprie emozioni, a favorire relazioni positive.

L’utenza è rappresentata da anziani fragili ospitati in una casa di riposo e da sogget-ti ricoverati in una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA). Destinatari di questo in-tervento sono soggetti con decadimento cognitivo da lieve a moderato a grave, va-lutato attraverso il test Mini Mental State Examination (MMSE). Il campione è costi-tuito da 22 anziani, di cui il 50% con deterioramento cognitivo di grado medio, il 27%lieve e il 23% grave.

La metodologia di intervento in gruppo qui descritta può essere considerata il lineacon i principi dell’approccio centrato sulla persona, applicato alla persona con de-menza. L’attenzione è focalizzata sull’accettazione incondizionata di quanto portatodalla persona. I gruppi si riuniscono una volta a settimana, con due conduttori: il prin-cipale pone gli stimoli, mentre l’altro è incaricato di mantenere il setting (prepara lastanza, riunisce le persone, etc). Entrambi utilizzano l’ascolto attivo cercando di ri-durre al minimo le esperienze di frustrazione. Le attività vengono svolte con l’ausi-lio di schede e altro materiale costruito ad hoc e favoriscono la centratura su di sé,l’aumento dell’autostima, il contatto con le proprie emozioni, la relazione con l’al-tro. È importante seguire un ordine cronologico nella proposizione delle attività, poi-ché è necessario che le persone si concentrino su loro stesse, prima di essere di-sponibili alla relazione. Si parte dunque da attività in cui ognuno si definisce per co-me si percepisce, enfatizzando le proprie risorse e si continua con attività che mi-rano sia a facilitare il ricordo di chi si è stati e chi si è ancora; in fasi più avanzate sipassa ad attività per stimolare l’espressione di emozioni ed il contatto interperso-nale, fino ad arrivare a quelle che facilitano l’analisi e risoluzione di situazioni di con-flitto interpersonale. Le attività proposte sono semplici, per ridurre al minimo la pos-sibilità di stimolare nei partecipanti il senso di frustrazione dovuto al rendersi con-to di non riuscire a rispondere a quanto richiesto. In ogni caso, di fronte ad una inca-pacità, si adattano le richieste al livello della persona e si enfatizzano le risorse, sem-pre presenti, piuttosto che le mancanze.

Lo psicologo responsabile di tale attività è il referente dell’iniziativa, che viene svol-ta all’interno della RSA e in una casa di riposo con la quale intrattiene un rapportodi consulenza libero-professionale, per un totale di 12 ore a settimana. L’interventoin oggetto viene svolto con la collaborazione, ed in compresenza, con l’educatoreprofessionale o animatore presente nella struttura. Nel progetto sono stati coinvoltialtri due colleghi, che lavorano in altre strutture per anziani.

La principale difficoltà, legata al setting, è stata la mancanza di uno spazio protetto(una stanza con una porta invece di un salone accessibile a tutti, anche agli ospiti non

RIFERIMENTI

PROBLEMA. Descrivere il problema al quale l’in-tervento ha inteso rispondere (max 1.000 ca-ratteri)

OBIETTIVI. Sulla base del problema rilevato, de-scrivere gli obiettivi conseguiti a breve, medio elungo termine (max 1.000 caratteri)

DESTINATARI. Descrivere il tipo di utenza a cuil’intervento è stato rivolto (max 400 caratteri)

PROCESSO. Esporre sinteticamente le attività rea-lizzate esplicitandone le fasi, i metodi e gli stru-menti utilizzati. Motivare la scelta del piano ope-rativo adottato (max 1.500 caratteri)

COLLABORAZIONI. Esporre le modalità e leprocedure di coinvolgimento degli psicologi edelle altre eventuali figure professionali nelle di-verse fasi (max 600 caratteri)

OSTACOLI. Ripercorrere le difficoltà incontrate:burocratiche, amministrative, istituzionali, logi-

DESCRIZIONE NARRATIVA DEL PROGETTO

84

pis ambito clinico, progetto 14

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pis ambito clinico, progetto 14

inseriti nelle attività e ai parenti) senza rumori di sottofondo e interferenze ester-ne, che a volte provenivano anche da operatori che, non cogliendo la differenza trauna semplice chiacchierata e un’attività strutturata, intervenivano inopportunamen-te.

Per superare il problema logistico della mancanza di uno spazio protetto si è pen-sato di utilizzare un angolo della sala comune delimitando lo spazio con tavoli e se-die. Il problema delle interferenze degli operatori è stato superato spiegando il sen-so dell’attività svolta e l’importanza del setting. Si è cercato di coordinare gli orariin modo che l’intervento non si sovrapponesse alle altre attività. Le interferenze daparte di altri ospiti e parenti sono state affrontate attraverso una strategia di inclusio-ne, invitando a partecipare quanti si avvicinavano ed intervenivano in qualche modo.

La valutazione dei risultati dell’intervento viene effettuata attraverso metodi qualita-tivi strutturati, utilizzando due griglie di osservazione che attribuiscono un punteg-gio finale al soggetto. La prima valuta il grado di raggiungimento dei seguenti obiet-tivi: centratura su di sé, contatto con i propri sentimenti, disponibilità e coinvolgi-mento nelle relazioni; viene anche registrata la qualità della partecipazione alle atti-vità. La seconda rileva la presenza dei segni di benessere descritti da T. Kitwood, in-dicatori che ci dicono se la persona sperimenta stati di benessere.Tali indicatori so-no: l’affermazione della propria volontà, la capacità di esprimere emozioni, l’inizia-zione del contatto sociale, il calore affettivo, la sensibilità sociale, il rispetto di sé, l’ac-cettazione delle altre persone confuse, l’umorismo, la creatività ed espressione di sé,la manifestazione di piacere, la capacità di rilassarsi, la disponibilità ad aiutare.Anchela diminuzione dei comportamenti problematici, al di fuori dei momenti dedicati al-l’attività, può essere considerato come ulteriore indicatore dell’efficacia dell’inter-vento sul senso di benessere esperito o recuperato dai partecipanti.

Al momento, la misurazione quantitativa degli indicatori è ancora in corso, ma a 4mesi dall’inizio del progetto il 50% dei soggetti è migliorato nel raggiungimento de-gli obiettivi delle attività, mentre il 41% è rimasto stabile. I segni di benessere sonoaumentati nel 50% dei soggetti, mentre nel 17% dei soggetti non si sono osservatevariazioni. L’osservazione del comportamento dei soggetti mostra come siano miglio-rate la capacità di esprimere un range di emozioni, l’iniziazione del contatto sociale,l’umorismo. Risulta inoltre migliorato l’orientamento dei soggetti, come testimonia-to dal fatto che anche soggetti con deterioramento cognitivo medio-grave, ricono-scono l’operatore e lo collegano al tipo di attività svolta (espresso con domande co-me “quando ci mettiamo tutti lì?” indicando il luogo dove si svolgono le attività;“quan-do facciamo scuola?” e simili).

Alla fine di ogni incontro, viene chiesto ai soggetti come è stato partecipare all’in-contro. Le risposte a tale quesito possono essere rappresentative della soddisfazio-ne esperita dagli utenti.Alcuni esempi di queste risposte sono:“Sono stato bene per-ché siamo stati insieme”,“Ho potuto dire la mia”,“Ho ripensato a cose a cui nonpensavo da tanto tempo”.

Il miglioramento dello stato di benessere delle persone ricoverate produce una di-minuzione nello stress dei care-givers. Si ha un effetto positivo sui familiari, che per-cepiscono lo stato di benessere del proprio caro. Il miglioramento del clima gene-rale del reparto, inoltre, rende più agevole l’assistenza da parte degli operatori e inquesto senso può contribuire a prevenire il burn-out dovuto alla pesantezza del cari-co assistenziale.

Le ulteriori ricadute dell’intervento riguardano il miglioramento generale del climadel reparto in cui i soggetti sono inseriti, poiché tendono a diminuire i comportamen-ti problematici, spesso esibiti dalle persone con demenza, in seguito a situazioni diansia e stress (girovagare afinalistico, aggressività verbale o fisica e simili) mentre au-mentano i comportamenti prosociali.

Il punto di forza dell’intervento è rappresentato dalla possibilità di agire sui biso-gni psicologici della persona, in gruppo, con un moderato investimento di risorse,creando un’esperienza di benessere, nel riconoscere l’Essere Persona di ognuno, cheinveste sia l’utente, sia l’operatore. La capacità di individuazione, la consapevolezzadelle proprie emozioni e lo stabilire relazioni positive, costituiscono fattori protetti-

stiche, personali e relazionali (max 600 carat-teri)

SOLUZIONI.Esplicitare le strategie - affettive, emo-tive, razionali, etc - usate per superare gli osta-coli (max 600 caratteri)

RISULTATI

MISURA DEI RISULTATI. Descrivere i risultatiottenuti utilizzando possibilmente indicatori erelativi valori (max 1.200 caratteri)

VALUTAZIONE DEI RISULTATI. Effettuare unparallelo tra la situazione precedente al progettoe quella successiva, in modo da evidenziare i mi-glioramenti/cambiamenti ottenuti (max 1.200caratteri)

Eventuale valutazione della soddisfazione de-gli utenti (max 400 caratteri)

Eventuale riduzione dei costi sociali (max 400caratteri)

RICADUTE. Effettuare una previsione di eventua-li ricadute dei risultati nel tempo (max 400 ca-ratteri)

AUTOVALUTAZIONE DELL’INTERVENTO

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA. Espri-mere le proprie valutazioni sugli aspetti positi-vi e/o negativi che hanno caratterizzato il pro-getto (max 1.000 caratteri)

85

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vi per la salute psicologica della persona, che in quanto tali difendono la persona dal-la disgregazione e dalla sofferenza psichica, anche in presenza di un danno fisico edel deterioramento cognitivo. Il principale punto debole dell’intervento è caratte-rizzato dalla difficoltà nel valutare l’efficacia dell’intervento.Tale difficoltà è legata adelementi del contesto, come la mancanza del tempo necessario da dedicare all’ini-ziativa, all’interno del proprio incarico professionale, nella struttura.

L’intervento è sicuramente riproducibile, poiché utilizza tecniche quali l’ascolto at-tivo ed uno stile relazionale guidato dalla conoscenza delle dimensioni facilitanti nel-la relazione d’aiuto, conosciute dagli psicologi e comunque trasferibili dopo oppor-tuno addestramento. L’utenza di tale intervento è quella dei soggetti con deteriora-mento cognitivo, ma la metodologia può essere utilizzata in tutti i contesti in cui siaopportuno favorire lo sviluppo di fattori protettivi, quali quelli oggetto di queste at-tività (si pensi per esempio ad attività di promozione del benessere psicosociale de-stinate a bambini o adolescenti).

Prendendo le mosse dalla teoria rogersiana centrata sulla persona, autori come TomKitwood hanno voluto applicare i tre concetti di base di accettazione non giudican-te, congruità ed empatia, alla relazione con le persone con demenza e li hanno svilup-pati ed adattati all’ambito dell’assistenza alla demenza. Un tale approccio permettedi superare la tradizionale visione medica della demenza, come fenomeno essen-zialmente neurologico, da riabilitare e curare farmacologicamente e ci consente diandare oltre la malattia, elicitando le risorse piuttosto che gli aspetti patologici, perpuntare sempre e comunque allo sviluppo della persona, anche quando le funzionicognitive stanno decadendo. Cionostante, la maggior parte delle strutture deputateall’assistenza di queste persone continua ad utilizzare i tradizionali approcci riabili-tativi, dimenticando la dimensione del benessere psicologico. In questo senso, l’in-tervento descritto, può dirsi innovativo, poichè introduce il concetto di accettazio-ne e sospensione della critica, in un contesto molto diverso da quello psicoterapeu-tico classico.

Le persone con demenza sono tradizionalmente destinatarie di interventi di mante-nimento delle funzionalità residue, o anche di recupero delle perdute autonomie, at-traverso interventi che spaziano dalla terapia occupazionale, alle tecniche di riabili-tazione cognitiva, all’animazione. Il focus di questi interventi è sul miglioramento del-la prestazione, lasciando da parte sia il senso di benessere soggettivo della persona,sia l’aspetto affettivo-emotivo, pur molto presente, se non addirittura predominante,nella demenza.A questi aspetti si rivolge invece l’attenzione dello psicologo.

DANIELA SALVO ***RACHELE

*FIORENTINO* TRAINA** ***RUGGIERO

*PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA - LIBERA PROFESSIONISTA

**PSICOLOGO - LIBERO PROFESSIONISTA

***PSICOLOGA - LIBERA PROFESSIONISTA

RIPRODUCIBILITÀ. Effettuare una riflessione sul-le possibilità di riproducibilità del progetto e diun suo trasferimento ad altri settori e utenze(max, 600 caratteri)

INNOVAZIONE REALIZZATA. Esporre alcuneconsiderazioni sulle innovazioni apportate dalprogetto (max 600 caratteri)

INDICAZIONE DEL VALORE AGGIUNTOAPPORTATO DAGLI PSICOLOGI. Esporre al-

cune considerazioni sul valore aggiunto appor-tato dagli psicologi al progetto. Effettuare, ovepossibile, una valutazione comparativa tra il ser-vizio realizzato e servizi analoghi che utilizzanomeno la professionalità psicologica (max 600caratteri)

PSICOLOGO/I DI RIFERIMENTO PER IL PROGETTO

NOME

COGNOME

POSIZIONE LAVORATIVA RICOPERTA

86

pis ambito clinico, progetto 14

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87

Gruppo di Studio

Coordinatore:

Dott. Pietro RomanelliPsicologo, Psicoterapeuta,

Coordinatore Servizio di Psicologia Clinica, Casa di Cura SAMADI

Componenti:

Dott.ssa Antonella GiulianiPsicologa, Psicoterapeuta

Casa di Cura Villa Von Siebenthal

Dott.ssa Antonella MarianecciPsicologa, Psicoterapeuta

Casa di Cura SAMADI

Dott.ssa Sara SavocaPsicologa, Specializzanda

in Psicoterapia

GLI PSICOLOGI

NELLE CASE

DI CURA

PSICHIATRICHE

1 - Introduzione al Progetto

2 - Aree di Indagine

3 - Case di Cura Psichiatriche Accreditatedel Lazio

3.1. Distribuzione “posti letto psichia-trici”

4 - Alcune “tristi” considerazioni iniziali

5 - Questionario

5.1. Questionario - Struttura

5.2. Questionario - Cartella Clinica

5.3. Questionario - Persona

5.4. Questionario - Rapporti profes-sionali

6 - Conclusioni

Supplemento 1“Aspetti Etici nel Lavoro dello Psicolo-go/Psicoterapeuta nei contesti delleCase di Cura Psichiatriche”

Supplemento 2“…dal punto di vista degli Utenti rico-verati…”

Supplemento 3“Cinque Voci ad una Storia”

L’INCONTRO

Era il 1996.

Per una serie di circostanze mi

ritrovai a varcare il cancello della

Clinica - dopo qualche anno

imparai che non si doveva

chiamarla Clinica, nome riservato

solo alle strutture universitarie,

bensì “Casa di Cura”, nome più

appropriato alle strutture sanitarie

accreditate - per iniziare il mio

tirocinio come psicoterapeuta.

Nonostante fossi già Terapista della

Riabilitazione della Neuro e

Psicomotricità, già Psicologo e

nonostante già lavorassi da diversi

anni, era la prima volta che

entravo in contatto con il mondo

della sofferenza psichica,

psicologica o psichiatrica che dir si

voglia.

Fu un ingresso emozionante!

Già al centralino, in attesa che il

collega medico che mi aveva

introdotto mi venisse incontro, mi

si avvicinarono persone ricoverate,

chi chiedendomi se avevo una

sigaretta da offrire, chi se ero un

ospite, o un dottore, chi come mi

FOCUS SU

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chiamavo, se ero sposato, da dove

venissi…

…È esperienza credo condivisa

che il comune senso del pudore, o

della riservatezza, o della

distanza e della vicinanza siano

così differenti nelle persone che

soffrono psicologicamente.

Troppo vicini…, troppo distanti…

Così vicini…, così distanti…

Fui spaventato ed entusiasta quel

giorno che iniziai il mio tirocinio

presso quella struttura - dove

grazie anche alla stima ed al

rispetto del collega medico che mi

introdusse ebbi da subito e sempre

un ampio margine di autonomia

di intervento clinico - e sono

rimasto spaventato ed entusiasta

tutti i giorni successivi per tutti

gli anni nei quali, ancora e sino

ad oggi, ho continuato a lavorare

lì, prima come tirocinante, poi

come psicologo, poi come

psicoterapeuta, infine come

Coordinatore del Servizio di

Psicologia Clinica.

Entusiasta per la possibilità di

essere profondamente di aiuto alle

persone che tanto soffrono a livello

psicologico e della convinzione

profonda della bellezza e

dell’importanza dell’incontro.

Spaventato dalla responsabilità di

tale ruolo, dal timore di non

essere all’altezza di un compito

tanto delicato, tanto importante

per gli attori in gioco. Spaventato

di come tante storie, tante

persone, entrano a far parte della

propria esperienza. Come tante

cose “ti entrano dentro…”

Ringrazio il Dott. Strusi, a suo

tempo amico e collega in un

piccolo Centro di Riabilitazione

Neuromotoria, oggi Direttore

Sanitario della Casa di Cura

Samadi, per avermi prima

presentato, introdotto e permesso

di svolgere il mio tirocinio presso

questa struttura, poi in questi

anni ed ancor oggi per il rispetto,

l’autonomia e la stima che

continua a dimostrarmi, anche

incaricandomi di coordinarne il

Servizio di Psicologia Clinica al

suo interno.

Iniziai, unico e primo psicologo

ad aver messo piede nella Casa diCura - prima di me c’era uncollega medico psichiatra che sioccupava della psicologia clinica -a lavorare essendo “ospite” dellasua stanza, o a volte chiedendoalla gentile centralinista lapossibilità di poggiare la borsa ela giacca. Iniziai incontrando lepersone nelle loro stanze, sedutoaccanto ai letti.

Iniziai così, quasi per gioco…

Di tempo ne è passato…

Attualmente siamo riconosciutisia all’interno che all’esterno dellastruttura come “Servizio diPsicologia Clinica”.

Un Servizio composto di quattropsicologi, due Terapisti dellaRiabilitazione Psichiatrica, unAssistente Sociale. Un Serviziocollocato in un intero piano adesso dedicato, con locali e spaziper questo appositamente pensati.Uno studio per ognuno. Un salagruppi, una sala attività…

Un Servizio che ospita al suointerno colleghi tirocinanti.

Un Servizio del quale vienecostantemente richiestol’intervento.

Questa espansione così massiccia,stiamo parlando di unaquindicina di anni, che haportato dal “nulla” alla presenzadi un intero “servizio”, di unpiano e di stanze dedicate, a cosaè stata dovuta?

È stata la bravura mia e deicolleghi che nel tempo si sonoaffiancati a convincere ladirezione e la proprietà adinvestire “anche” nella psicologia?

O è stata piuttosto una tendenzagenerale avvenuta anche in altrestrutture simili?

E come mai si è arrivati allasituazione attuale nella quale è lastessa legge a prevedere “ore dipsicologia” in relazione al numerodi posti letto nelle strutturepsichiatriche?

E se la legge prevede questo è statoa seguito di quali esigenze? Diquali pressioni? Chi ha detto allegislatore che la psicologia“serve” in questi contesti?

E se la psicologia serve, come mainon viene indicato il “cosa serve”

di psicologico in questi contesti?

Per una condivisibile scelta di

libertà di azione, di autonomia

professionale, o per mancanza di

informazioni su ciò che realmente

facciamo o sappiamo fare?

O perché, in realtà, non esiste una

psicologia ma tante psicologie?

O perché ciò che serve non è tanto

la psicologia, ma la psicologia

clinica? O la psicoterapia?

Da queste e da altre riflessioni, nel

tempo, è nata l’esigenza di

incontrarsi con gli altri colleghi

psicologi che lavoravano nelle

altre strutture simili, per

conoscere il loro modo di lavorare

e confrontarlo con il mio e con il

nostro modo di operare.

Modo di operare nato per molti a-

spetti in maniera naif, spontanea,

frutto di accumulo di esperienza

quotidiana, del proprio

background o del proprio modello

teorico di riferimento1.

È nata l’esigenza di incontrare i

referenti della Regione e delle ASL,

dei CSM, per sapere, anche in

qualità di “committenti”, se e cosa

si aspettassero dagli psicologi e

dalla psicologia all’interno delle

Case di Cura Psichiatriche. Se

quello che facevo e/o che facevamo

era quello di cui loro pensavano ci

fosse stato bisogno, o se era altro.

Contattai allora il nostro Ordine

degli Psicologi del Lazio inviando

un’email alla Dott.ssa Zaccaria, in

qualità di Presidente, per

chiederLe un incontro, per

presentarLe l’idea; per chiedere il

sostegno dell’Ordine ed

organizzare un convegno, una

tavola rotonda, una giornata di

studio. Insomma, un supporto ad

intraprendere una

ricerca/riflessione su questi

argomenti.

Ringrazio il Presidente e tutto il

Consiglio dell’Ordine degli

Psicologi del Lazio per aver

strutturato, concretizzato e

ufficializzato l’idea.

1 Modello che, probabilmente, si riferisce piùagli indirizzi delle differenti Scuole di Psico-terapia frequentate piuttosto che ad un im-pronta condivisa e propria della Psicologia ingenerale. O invece abbiamo, o ci riconoscia-mo, o ci riconoscono, anche un “impronta con-divisa” in qualità di psicologi?

88

psicologi nelle case di cura psichiatriche, l’incontro

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1 - INTRODUZIONE AL PROGETTO

Nella Regione Lazio, attraverso un processo di riconversione, si sta passando da una situazione di 12 Case di Cura Psi-

chiatriche con 800 posti letto ad una organizzazione in Residenze Psichiatriche con differenti tipi di regimi assistenzia-

li.

Nonostante tali profondi cambiamenti in relazione alla tipologia ed alle caratteristiche di queste strutture risulta ab-

bastanza evidente che la presenza della figura dello psicologo appare lentamente ma costantemente in aumento.

Questo contribuisce al formarsi di domande sulla presenza e sul ruolo dello psicologo nelle strutture citate:

• Come si è arrivati alla situazione attuale nella quale è la stessa legge a prevedere “ore di psicologia” in re-

lazione al numero di posti letto nelle strutture psichiatriche?

• In base a quali esigenze la legge prevede questo?

• Chi ha detto al legislatore che la psicologia “serve” in questi contesti?

• E se la psicologia serve, come mai non viene indicato il “cosa serve” di psicologico?

• Ciò che serve è la psicologia, la psicologia clinica o la psicoterapia?

• Chi ha definito le nuove suddivisioni nelle strutture psichiatriche lo ha fatto utilizzando anche criteri di ti-

po psicologico?

• Come mai gli psicologi che da anni operano in tali strutture non sono stati interpellati né in relazione a

questi cambiamenti né in relazione al loro operato?

Dunque il progetto, con delibera n. 366 del 17/06/2013 dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, si è proposto di osservare

e studiare lo specifico di tale “presenza” psicologica, ovvero di rispondere alla domanda: qual è la situazione attuale del-la Psicologia all’interno delle Case di Cura Psichiatriche?

2 - AREE DI INDAGINE

Le aree sulle quali si è deciso di indagare sono le seguenti:

- il numero e la dislocazione delle strutture psichiatriche accreditate nella Regione Lazio;

- l’organizzazione generale degli psicologi all’interno delle differenti strutture;

- la presenza o meno di una “cartella clinica” specifica dell’area psicologica;

- le informazioni inerenti le singole persone, i singoli psicologi, operanti nelle strutture;

- le informazioni circa il tipo di relazioni instaurate dai colleghi all’interno di queste strutture;

- i valori e le difficoltà emergenti nell’area dell’etica nello svolgimento del ruolo psicologico;

- il punto di vista degli utenti in contatto con la psicologia nelle Case di Cura psichiatriche;

- la storia, soggettivamente percepita, della psicologia nelle Case di Cura psichiatriche.

Per far questo si è ritenuto necessario prevedere differenti modalità di osservazione: incontri con i colleghi su temi

specifici, questionari, interviste semi strutturate.

3 - LE CASE DI CURA PSICHIATRICHE ACCREDITATE DEL LAZIO

Nel Lazio vi sono 12 Case di Cura Psichiatriche - la maggior parte distribuite nella zona della Capitale - per un totale

di circa 800 posti letto (Decreto n.uo101 del 09 Dic. 2010).

Nel momento in cui scriviamo stiamo assistendo ad un profondo cambiamento organizzativo a livello regionale, con un

progetto di completa ridistribuzione/ristrutturazione organizzativa.

Da una suddivisione “storica” nella quale gli utenti erano distribuiti secondo una classificazione basata sul tipo di acu-

zie del disturbo - fase acuta, fase post acuta e poi di lungo degenza, in cui genericamente la fase acuta era gestita nelle

strutture pubbliche (SPDC), quella post acuta nelle strutture accreditate (Case di Cura Psichiatriche) e che nella fase

post acuta prevedeva o il reinserimento nel tessuto sociale di provenienza o l’inserimento in strutture riabilitative (Co-

munità Terapeutiche) o di lunga degenza - si sta infatti passando ad una suddivisione basata su una tipologia assisten-

ziale così definita:

à RPO (t-r) - Reparto Psichiatrico Ospedaliero Terapeutico e Riabilitativo;

à SRTR i/e - Strutture Residenziali Psichiatriche Terapeutico-Riabilitative, a loro volta suddivise in intensive ed esten-

sive;

à SRSR 24h - Strutture Residenziali Psichiatriche Socio-Riabilitative sia assistite 24 ore su 24 che assistite 12 ore.

Nel periodo di realizzazione del progetto e nel momento in cui scriviamo tale passaggio è ancora in fase di realizzazio-

ne, risentendo sia dei tempi strutturali e culturali di cambiamento sia di quelli legati alle vicende politiche locali. Lo stu-

dio è stato fatto quindi considerando le attuali e differenti realtà locali.

89

psicologi nelle case di cura psichiatriche, il progetto

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3.1 - Distribuzione “posti letto psichiatrici” prima della riconversione

“Distribuzioni dei posti letto psichiatrici nelle attuali Casi di Cura Neuropsichiatriche per Tipologia Assistenziale”(Decreto n. U0101 del 09 Dic. 2010)

Casa di Cura

Castello Quiete

Mendicini

S.Valentino

Villa dei Fiori

Samadi

Villa Maria Pia

Villa Giuseppina

Villa Armonia Nuova

Colle Cesarano

Von Siebenthal

Sorriso sul Mare

Villa Rosa

ASL

RM B

RM B

RM E

RM E

RM E

RM E

RM D

RM D

RM G

RM H

LT

VT

Totale

RPO t-r

30

30

30

30

30

30

30

30

240

SRTR i

20

20

10

10

20

10

20

30

10

150

SRTR e

10

10

10

10

10

10

20

40

10

130

SRSR

24 h.

18

10

18

10

58

27

70

19

20

10

260

SRSR

12 h.

20

20

Totaleposti letto

30

30

48

60

68

40

88

77

160

49

90

60

800

Psicologi

Num

1

1

2

3

4

2

3

2

5

4

6

6

Ore

72

84

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

NB. Il numero degli psicologi operanti nelle suddette Case di Cura èpuramente indicativo ed è stato rilevato unicamente attraverso il“passaparola” tra colleghi. Non può essere quindi considerato undato ufficiale.

4 - ALCUNE “TRISTI” CONSIDERAZIONI INIZIALI

Come piccola nota forse polemica, personalmente sentita invece con tristezza, ma certo informativa sullo stato della

psicologia nei contesti psichiatrici o nelle riflessioni politiche, è necessario ricordare l’incredibile difficoltà anche a re-

perire le sole informazioni legislative qui sopra riportate.

Quanto scritto è sancito infatti dal Decreto n. U0101 del 09 Dicembre 2010, ma è possibile che nel frattempo vi siano

stati aggiornamenti e/o modifiche di cui chi scrive non è potuto/riuscito a venire a conoscenza.

È curioso, o forse paradossale, che ove la presenza della psicologia è sempre più richiesta nei contesti psichiatrici - il

rapporto posti letto/ore di psicologia definito dalla legge è notevolmente aumentato in questi anni, sempre di più l’uten-

za riconosce l’importanza e la necessità di un intervento “psico” nel proprio percorso di diagnosi e di cura - mai in que-

sti stessi anni siamo stati interpellati per avere informazioni, richieste, suggerimenti che potessero guidare o infor-

mare il legislatore.

Chi ha definito queste nuove suddivisioni?

In base a quali parametri?

E in ultimo, ma forse ancora più importante, come mai - a quanto ci risulta - gli psicologi che da anni operano in tali

strutture non sono stati neppure interpellati in relazione a cambiamenti così importanti?

5 - IL QUESTIONARIO

Il Questionario somministrato è composto di quattro parti denominate:

Struttura Cartella Clinica Persona Rapporti Professionali

Le prime due parti, Struttura e Cartella Clinica, hanno esplorato la situazione generale della Psicologia e degli Psico-

logi nelle Case di Cura Psichiatriche Accreditate del Lazio, sia in termini organizzativi che clinici. Per questo sono state

inviate in una sola copia per Struttura, con l’indicazione di compilarlo insieme tra i colleghi (ove presente è stato invia-

to allo psicologo responsabile o referente, negli altri casi al collega che si è offerto di fare da tramite con gli altri).

Le seconde due parti, Persona e Rapporti Professionali, hanno riguardato invece ogni singolo collega, e sono state in-

viate quindi individualmente ad ognuno.

psicologi nelle case di cura psichiatriche, il progetto

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Tutte e quattro le parti, sia quelle riguardanti le strutture che quelle riguardanti i singoli colleghi, sono state trattatein forma anonima.

Sono stati in tutto inviati 112

questionari inerenti le strutture (Struttura e Cartella Clinica), e 36 questionari indivi-duali inerenti i colleghi (Persona e Rapporti Professionali).

Di questi sono tornati indietro compilati 8 questionari relativamente alle Strutture e 23 relativi a singoli colleghi.

5.1 - Questionario - Struttura

Questa parte del Questionario, come per la successiva “Cartella Clinica”, è stata compilata a cura dello Psicologo Re-ferente (responsabile, coordinatore) o di un suo delegato, o comunque da uno psicologo operante nella Casa di Cura. Èstato indicato che nel caso di Strutture con un numero elevato di psicologi potesse essere auspicabile una condivisionedelle risposte.

In questa parte sono state poste domande con avevano l’intento di valutare l’organizzazione dell’attività lavorativa del-lo psicologo all’interno delle Case di Cura, oltre a quantificare il numero di ore lavorative degli stessi in base ai posti let-to o la presenza di personale volontario, e tirocinante.

È stato altresì preso in considerazione il tempo speso per la supervisione e la formazione degli stessi.

Rispetto all’organizzazione dell’attività dello psicologo è rilevante osservare un primo dato organizzativo/strutturale:

- in una Casa di Cura (1 su 8) esiste un “Reparto di Psicologia” (denominato Servizio di Psicologia Clinica). In questastessa struttura il Servizio viene considerato come composto non solo da Psicologi/Psicoterapeuti, ma vi fanno parteanche altre figure non mediche, come Terapisti della Riabilitazione Psichiatrica e Assistenti Sociali;

- in una Casa di Cura (1 su 8) vi sono singoli professionisti che effettuano consulenze su richiesta;

- in sei Case di Cura (6 su 8) è previsto che singoli professionisti effettuino stabilmente consulenze nei reparti di de-genza.

Indipendentemente da queste differenze, in cinque Case di Cura (5 su 8) è prevista la figura di un coordinatore/re-sponsabile. Ovvero non viene riconosciuta ufficialmente la presenza di un “servizio”, di un “reparto”, ma viene percepi-ta e riconosciuta la presenza di “un gruppo”, ed in base a questo viene assegnato un referente. È anche rilevante che intutti i casi questo referente/responsabile/coordinatore non è altro che il collega più anziano, o quello che da più tempovi lavora.

Sorge naturale la domanda: l’incarico (o semplicemente il ruolo) ha una relazione diretta con l’accumulo di esperien-za professionale o invece non è altro che una sorta di titolo per anzianità? Ha a che fare con delle competenze o solo esemplicemente con delle consuetudini?

Molte strutture (7 su 8) prevedono uno spazio ben definito per lo svolgimento del lavoro psicologico, per esempio spe-cifiche stanze per colloqui individuali. In quattro strutture esistono stanze apposite per le terapie di gruppo, ed in unastruttura esiste un’area specifica, un reparto, dedicato alla psicologia clinica, con annesse una sala gruppi, una sale mu-sica ed una cinema.

Cinque strutture (5 su 8) prevedono la presenza di tirocinanti al loro interno, che generalmente partecipano a tutte leattività del reparto assistendo all’operare dei colleghi psicologi ed in alcuni casi anche avendo degli spazi di lavoro auto-nomo supervisionato.

In alcune (2 su 8) lavorano solo con i tutor, nelle altre strutture collaborano sia con gli altri psicologi che con il restantepersonale dell’equipe (medici, terapisti della riabilitazione, assistenti sociali, infermieri).

Soltanto in una Casa di Cura (1 su 8) è presente la figura dello psicologo volontario, che partecipa ad attività clinica,di psicodiagnostica e ricerca. In nessuna struttura è presente la figura dello psicologo del servizio civile.

Un dato clinico importante è che in nessuna struttura è prevista la figura del supervisore esterno (sul tema della su-pervisione torneremo più avanti, considerandolo un aspetto particolarmente significativo - e carente - del lavoro cliniconei contesti indagati).

In sei strutture gli psicologi sono tenuti ad indossare una “divisa” (camice bianco) o ad avere un segno di riconosci-mento (cartellino). Nelle altre due non viene fatta alcuna richiesta in tal senso.

Altro spazio del questionario nella sezione Struttura è stato dedicato alle modalità ed alle prassi della “presa in carico”dei pazienti.

La presa in carico da parte degli psicologi o dei servizi di psicologia avviene in diversi modi, talvolta tra loro sovrap-ponibili: su richiesta del medico interno (6 su 8), su richiesta diretta dei pazienti (3 su 8), su richiesta del consulenteesterno (2 su 8). In alcune strutture un primo contatto avviene anche su richiesta dei familiari.

2 Il numero qui riportato non coincide con quello del progetto inquanto alcune strutture non hanno risposto al nostro invito e/oal momento non avevano psicologi in servizio.

psicologi nelle case di cura psichiatriche, il questionario

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In alcune Case di Cura vi è una “suddivisione” dei pazienti nella presa in carico tra i colleghi al momento dell’ingressoin Casa di Cura, mentre in altre la scelta del professionista a cui “assegnare” il paziente è legata al momento del ricove-ro o alla scelta del medico.

Nella maggior parte delle Case di Cura intervistate (6 su 8) la presa in carico del paziente avviene come modalità diroutine; in altre (3 su 8) sulla base dell’urgenza .

Si nota come in tre strutture vengono effettuati test psicodiagnostici sia in entrata che in uscita a tutti i pazienti chesi ricoverano, se pur in una di queste i test sono di “impronta” più psichiatrica o richiesti dalle normative vigenti o dalle“prassi” e non sempre legati ad una necessità di tipo clinico.

Un dato interessante riguarda alcune “decisioni” cliniche. Per esempio i “tempi” del ricovero - che inizialmente av-vengono su indicazione della ASL di appartenenza con possibilità di proroghe successive fino a un max di 90 giorni - ven-gono stabiliti dal medico in 7 strutture su 8, dall’équipe in 3 su 8, dal consulente esterno in un caso o altrimenti sulla va-lutazione del paziente stesso. Si nota come in nessuna struttura il tempo del ricovero sia deciso dallo psicologo in auto-nomia.

Per quanto riguarda la valutazione del livello di soddisfazione degli utenti rispetto al lavoro dello psicologo, in quattroCase di Cura (4 su 8) sono previsti questionari per valutare la soddisfazione dell’intervento psicologico: in due di esse(2 su 4) sono previsti dei questionari strutturati, in una in modo non strutturato e in un’altra con un test e visita di con-trollo con questionario.

Altro dato indagato è stato la possibilità e la presenza di stimoli formativi all’interno dell’attività professionale: in quat-tro strutture (4 su 8) sono previste occasioni di formazione con modalità saltuaria. In due strutture (2 su 8) sono stateriportate occasioni di formazione specifiche per lo psicologo, comprensivi anche di crediti ECM (obbligatori per gli ope-ratori di strutture sanitarie).

5.2 - Questionario - Cartella Clinica

Anche questa parte del Questionario, come la precedente “Struttura”, è stata compilata a cura dello Psicologo Refe-rente (responsabile, coordinatore) o di un suo delegato, o comunque da uno psicologo operante nella Casa di Cura.

È stato chiesto, nel caso di Strutture con un numero elevato di psicologi, un confronto e una condivisione delle rispo-ste date, essendo stato dato un solo questionario per struttura.

Le domande poste avevano l’intento di indagare la modalità di raccolta delle informazioni e del lavoro svolto, il tipo distrumenti utilizzati, la presenza di una cartella clinica e il modo nel quale le informazioni psicologiche, all’interno dellaCasa di Cura, vengono trattate registrate e condivise.

I dati raccolti ci mostrano che la maggior parte delle strutture (6 su 8) hanno una cartella clinica specifica per l’atti-vità psicologica, con spazi relativi alla raccolta dati quali: generalità, assestment psicodiagnostico, definizione e valuta-zione degli obiettivi terapeutici, diaria, area osservazioni, anamnesi e diario clinico.

Alcune cartelle prevedono una parte dedicata al “piano terapeutico” con elenco argomenti trattati, diario delle attivitàsvolte e sintesi delle osservazioni emerse nelle varie attività.

All’interno della cartella clinica la tipologia di dati raccolti e le modalità sono diversificate: da una cartella clinica piùstrutturata per alcune ad un unico foglio di notazione delle attività di psicoterapia o ad un foglio di rilevazione degli in-terventi con un report finale in uno stampato unico per altre.

Rispetto alla modalità di raccolta delle informazioni, in alcune strutture - circa il 50 % - lo spazio lasciato alla raccoltadi dati è “aperto”, mentre nel restante 50% coesistono entrambe le modalità, dove vengono descritte le parti essenzialidel colloquio, o per esteso la discussione psicologica ed il tipo di intervento nell’area apposita del “piano terapeutico”,secondo i criteri valutati dal team. In nessun caso la modalità di raccolta delle informazioni è completamente a rispostachiusa.

92

psicologi nelle case di cura psichiatriche, il questionario

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Le modalità di trascrizione delle informazioni variano dalla classica modalità del carta e penna all’uso del pc.

Gran parte delle strutture prevedono la somministrazione di test psicologici (7 su 8); in queste la somministrazioneavviene per il 25% prevalentemente di routine, per il 50% prevalentemente su richiesta dei medici. Il restante 25% haaffermato che coesistono entrambi le modalità.

I test che vengono somministrati di routine, così come sono stati suddivisi dai colleghi che hanno compilato il que-stionario, sono:

• MMPI2 EDI 2 SCL90 VGF

• MMSE, HAMILTON TEMPS_A LDQ CDSS

• AGITATION CALMES EVALUTATION SCALE GAF PANSS

• MMSE HAMILTON _D WAIS

• CGI HAMILTON BPRS

In tre strutture (3 su 8) alcuni dei testi di routine sono effettuati sia in entrata che in uscita a tutti i pazienti che si ri-coverano, probabilmente allo scopo di prevedere esiti o valutare il cambiamento; in altri casi questi test hanno un’ “im-pronta” più psichiatrica e sono richiesti dalla ASL sulla base delle normative vigenti e non sempre legati a una necessitàclinica.

A richiesta le strutture somministrano altri test:

• Warteg Minimental plus BPRS

• BENTON-VRT WAIS MMPI-2 test di Rorschach test della figura umana

• REATTIVI DI DISEGNO WAIS_R RORSCHACH

• WAIS TEST PROIETTIVI

• MMPI SCID, MILLON SWAIS TEST DI VALUTAZIONE NEUROPSICOLOGICA

Solo in 2 strutture su 8 è previsto un date base informatizzato.Un dato molto importante riguarda il follow up dei pazienti ricoverati che avviene soltanto in 1 struttura su 8.

5.3 - Questionario - Persona

Nell’indagine sulla persona dello psicologo le prime domande sono state rivolte in particolare alla formazione profes-sionale; è risultato che tutti gli intervistati sono iscritti all’Albo (22 del Lazio e 1 della Campania) e che tutti hanno unaformazione psicoterapeutica. In particolare 20 persone l’hanno già completata e 3 hanno una formazione ancora in cor-so.

Il fatto che tutti gli psicologi siano specializzati appare un dato molto interessante e potrebbe aprire diverse riflessio-ni. Una di queste è che probabilmente le Case di Cura psichiatriche assumano solo psicoterapeuti già formati o in via diformazione; un’altra potrebbe essere che lo psicologo che lavora in tali strutture o comunque in tali contesti senta la ne-cessità di specializzarsi per affrontare il proprio lavoro clinico in un ambiente difficile, variegato e complesso come quel-lo delle strutture psichiatriche. Una riflessione, quest’ultima, che ne rimanda ad una più ampia sulla stessa formazioneuniversitaria.

Rispetto all’approccio psicoterapeutico e alla scuola di formazione/appartenenza, in base alle risposte pervenute ab-biamo suddiviso i vari approcci rappresentati in quattro categorie:

- psicodinamica (psicoanalisi, psicoterapia dinamica, gruppo analisi);

93

psicologi nelle case di cura psichiatriche, il questionario

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- cognitivo-comportamentale (cognitivista, costruttivista);

- umanistico-esistenziale (rogersiana, gestalt analitica, analisi transazionale, psicologia del sé);

- familiare-sistemica (sistemico relazionale, familiare, terapia relazionale).

Come si può notare, l’approccio psicodinamico e cognitivo-comportamentale sono quelli leggermente più rappresen-

tati, essendo anche il sistemico-relazionale e l’umanistico esistenziale comunque molto presenti e ben distribuiti. Tale

dato suggerisce che non sembra esserci un orientamento psicoterapeutico prevalente nel lavoro in psichiatria.

Rispetto al lavoro clinico quasi tutti gli psicoterapeuti intervistati, l’87% (20 su 23), svolgono una attività professiona-

le al di fuori della Casa di Cura. Le attività specificate sono prevalentemente la libera professione (78% ovvero 18 su 23)

e le attività di insegnamento (13% ovvero 3 colleghi); altre risposte comprendono attività di tirocinio, attività di ricerca

e la collaborazione con le società scientifiche di appartenenza.

È possibile osservare che la maggior parte di loro lavora anche attraverso la libera professione in uno studio privato.

Un confronto interessante (che non ci è dato sapere) è se il restante 13% che non svolge attività privata è rappresenta-

to dai colleghi ancora in formazione; questo potrebbe alzare il dato iniziale e portarci a pensare che praticamente tutti

gli psicologi che lavorano nelle Case d Cura si specializzano e sentono inoltre la necessità di esercitare la professione psi-

coterapeutica anche al di fuori della struttura.

Non sappiamo se questa sia una necessità di tipo professionale o invece di tipo economica, ma dal grado di soddisfa-

zione (cfr. più avanti) del livello economico questa appare probabilmente la motivazione più congrua.

La maggior parte degli intervistati (78%, 20 colleghi su 23) ha effettuato una psicoterapia o un’analisi personale. Per

il 35% (8 su 23) la propria psicoterapia è ancora in corso.

Anche per quel che riguarda la supervisione clinica individuale il 69.5% (16 su 23) hanno intrapreso una supervisione

e 5 di loro (21.7%) hanno ancora una supervisione in corso.

Pur consapevoli che analisi personale e supervisione sono due tipi di attività formativa profondamente differenti, e che

la prima difficilmente è delegabile di per sé alle Strutture, è comunque da rilevare che di queste attività nessuna è a ca-

rico aziendale, né in termini economici né in termini di ore lavorative.

Ovvero, di tutte le strutture accreditate del Lazio, nessuna organizza ad esempio supervisioni cliniche (individuali o di

gruppo) per il lavoro svolto dai professionisti con i pazienti della struttura stessa.

Questi dati, presi singolarmente ma anche nell’insieme, potrebbero far riflettere sul fatto che non sembra esserci da

parte delle Strutture un accordo contrattuale (o una sensibilità clinica) che preveda la supervisione clinica del profes-

sionista, pur se quest’ultimo - il professionista - sembra però in gran parte sentire il bisogno di svolgerla comunque, a ca-

rico personale, per affrontare quotidianamente il lavoro clinico nella Casa di Cura.

Che sia legato al basso investimento aziendale o ad altro motivo, questi dati sembrano stimolare una riflessione su co-

me in quest’area vi sia un basso livello di protezione e di tutela dei professionisti, ed a cascata quindi anche un bas-

so livello di protezione dei pazienti da parte delle Strutture.

L’analisi personale e la supervisione clinica (indipendentemente dall’approccio teorico con cui possono essere esegui-

te) sono considerate da gran parte del mondo psicologico e psicoterapeutico come indispensabili, e tra le attività più

protettive per il professionista e per il paziente stesso, e nel lavoro nelle Case di Cura non sembrano essere considera-

te.

psicologi nelle case di cura psichiatriche, il questionario

94

Approccio Psicoterautico

Psico

dinam

ico

Cognit

ivo-co

mporta

mental

e

Umanisi

tico-

esist

enzia

le

Siste

mico.re

lazion

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876543210

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psicologi nelle case di cura psichiatriche, il questionario

Rispetto al lavoro svolto nella Casa di Cura, tutti i professionisti affermano di rivestire il ruolo di “psicologo clinico” odi “psicoterapeuta” nella propria struttura.

Le competenze e le attività svolte coprono un’area molto ampia. Per semplificare abbiamo deciso di raggrupparle co-me segue:

q Colloqui di sostegno e di psicoterapia (individuali, familiari e di coppia);

q Gruppi si sostegno e di psicoterapia, gruppi psicoeducazionali e gruppi di auto-aiuto;

q Valutazioni psicodiagnostiche, anche con la somministrazione di test;

q Valutazioni neuropsicologiche, anche con la somministrazione di test;

q Progettazione di interventi terapeutici o riabilitativi esterni e post-dimissione (sert, csm, comunità terapeutiche,strutturazione interventi con l’autorità giudiziaria, progetti per borse lavoro e inserimento lavorativo);

q Gestione situazioni di emergenza;

q Attività riabilitative individuali e di gruppo (musicoterapia, cineforum, arte terapia, orto terapia, cura del sé, trai-ning autogeno).

Le risposte al questionario sono state più o meno omogenee e distribuite in tutte le attività sopra elencate.

Da questi dati sembra emergere che i colloqui, i gruppi e le valutazioni cliniche sono svolte da tutti i colleghi in tuttele strutture. Alcuni hanno più rapporti con attività esterne e strutturano progetti terapeutici post dimissione, altri inve-stono molte risorse nei lavori riabilitativi all’interno della clinica.

Le attività riabilitative sembrano essere infatti ben diversificate: che siano svolte dallo psicologo o in collaborazionecon i terapisti della riabilitazione (di cui parleremo più avanti) è comunque interessante il fatto che il lavoro dello psi-cologo non si fermi solo alle valutazioni diagnostiche ed al colloquio clinico.

Una risposta diversa dalle altre ci ha colpiti particolarmente: “psicologo animatore e controllore”. Cosa voglia dire nonlo sappiamo con certezza: chi scrive ha probabilmente immaginato una “provocazione” rispetto alla svalutazione del ruo-lo rivestito nella Casa di Cura, ma essendo i questionari anonimi, non ci è dato saperlo.

In ogni caso, globalmente, si osserva che rispetto alle descrizioni delle attività svolte e al ruolo assunto, i livelli di sod-disfazione sembrano essere buoni. Infatti la maggior parte degli intervistati ha risposto di essere soddisfatto del lavo-ro svolto nella Casa di Cura.

Relativamente alla soddisfazione sul lavoro, gli aspetti indicati possono essere raggruppati in aspetti più personali edin aspetti più legati al lavoro ed al rapporto con la struttura. Tra gli aspetti di tipo personale emergono principalmenteil buon rapporto con i colleghi e il buon clima lavorativo in generale, mentre tra quelli più di tipo professionale molto ri-salto ha avuto l’autonomia decisionale nel lavoro clinico. In particolare questo dato sembra ricorrere e pesare più deglialtri sulla soddisfazione nel lavoro nelle Casa di Cura in quanto è quello più evidenziato nelle risposte spontanee dei pro-fessionisti intervistati.

Invece, tra gli aspetti che incidono negativamente sulla soddisfazione lavorativa, vengono descritti l’assenza di lavoroin équipe (tra i più riportati) e lo scarso riconoscimento del proprio ruolo professionale, oltre alla insoddisfazioni sullaretribuzione, di cui parleremo più avanti.

La maggior parte delle attività svolte si effettuano in collaborazione con altri operatori (78%) e solo il 22 % ha rispo-sto di lavorare da solo.

Tra gli operatori interni i maggiori scambi clinici sembrano esserci con i Terapisti della Riabilitazione Psichiatrica, congli Psichiatri e con gli Assistenti Sociali; in secondo piano, ma comunque presenti, le collaborazioni con Educatori e coni Tirocinanti e/o i Volontari.

Tra gli operatori esterni si hanno prevalentemente rapporti con i CSM, con i SERT e con le Comunità Terapeutiche.

Complessivamente il lavoro clinico prestato dagli psicologi risulta essere di 601 ore settimanali. Questo dato non puòperò essere riferito alla totalità dei 800 pazienti circa ricoverati nelle strutture in quanto sono riferibili solo ad 8 strut-ture su 12.

La cosa che può essere considerata è il monte ore rappresentato, che va da un minimo di 12 ore settimanali ad un mas-simo di 38 ore settimanali.

95

Soddisfazione sul lavoro

scarso

sufficiente

buono

eccellente

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Il grafico seguente riporta una distribuzione per ore a settimana:

Come possiamo osservare dal grafico il 39% dei colleghi intervistati lavora a tempo pieno nella Casa di Cura, mentre ilrestante 61% lavora nelle cliniche per un orario variabile tra le 18 e le 29 ore a settimana.

In particolare, il 17.4% lavora part time, per meno di 18 ore settimanali. Questo dato potrebbe essere confrontato e in-crociato con il precedente sullo svolgimento della libera professione fuori dalle strutture e con la soddisfazione contrat-tuale (e di compenso economico percepito, di cui parleremo più avanti).

Probabilmente la maggior parte dei colleghi sembra ricercare un lavoro al di fuori della struttura non solo per una sod-disfazione personale, ma anche per incrementare lo stipendio di cui non è pienamente soddisfatto.

Ritornando al tempo di lavoro, se confrontiamo questi dati (601 ore settimanali totali di lavoro degli psicologi) con icirca 620 posti letto delle 8 strutture psichiatriche che hanno risposto alla nostra indagine3 osserviamo che lo psicologoha a disposizione per ogni paziente meno di un’ora a settimana.

Se poi consideriamo che per fare un test o un colloquio di accoglienza o di dimissione occorrono almeno 40 minuti, iltempo dedicato alle attività cliniche si riduce notevolmente. A questo calcolo andrebbero aggiunte le altre attività quo-tidiane che esulano dal lavoro prettamente clinico (riunioni, confronti con operatori interni, esterni, ecc).

Quanto la qualità del lavoro fatto in così poco tempo venga compromessa sarebbe una riflessione interessante da con-dividere con i colleghi, con le strutture e con chi (ancora più in alto) stanzia i budget economici per la sanità.

Una seconda parte del questionario dedicato alla persona dello psicologo ha indagato le attività professionali al di fuo-ri del lavoro clinico, quali gli approfondimenti scientifici, e le attività di ricerca personali e/o svolte all’interno della strut-tura:

• L’attività di ricerca è svolta dal 49% dei colleghi intervistati; gran parte di questo dato è legato ad attività diricerca svolta fuori dalle Case di Cura; solo in due strutture (2 su 8), infatti, si svolge attività di ricerca inter-na strutturata. Nei restati casi l’attività è di tipo esterno ed in più riferita come occasionale.

• Il 74% (17 persone) degli psicologi intervistati partecipa ad incontri scientifici e di approfondimento. In par-ticolare il 39% (9 su 23) hanno confermato che questi eventi sono organizzati dalla struttura (meno della metà).Di contro, i dati provenienti dai questionari struttura ci dicono, invece, che 4 Case di Cura su 8 organizzanoeventi (la metà); i dati discordanti potrebbero essere attribuiti al fatto che la raccolta dati è stata suddivisa inquestionari diversi per la struttura e per le singole figure professionali; ma anche al fatto che questi eventi an-che se organizzati dalla metà delle strutture, potrebbero essere diversi rispetto alla frequenza e alla soddisfa-zione/necessità di aggiornamento.

Infatti gli aggiornamenti ECM sono d’obbligo se si vuole lavorare in questi contesti. Un dato certo è che il 61% (14) deicolleghi deve ricercare aggiornamenti professionali al di fuori della Casa di Cura.

Questi dati ci portano a riflettere sul fatto che lo psicologo sente probabilmente la necessità di ricercare incontri scien-tifici comunque, un po’ per obbligo della certificazione ECM ed un po’ probabilmente per necessità personale. Inoltre, inquesti dati, andrebbero considerati comunque anche i colleghi (8 persone) che sono ancora in formazione e non hannoquindi l’obbligo della certificazione ECM.

96

ore settimanali

12 - 17 ore 17,4%

18 - 23 ore 21,7%

24 - 29 ore 21,7%

30 - 35 ore 13%

36 - 41 ore 26%

Ore settimanali

ore settimanali

30

25

20

15

10

5

0

12-17 ore 18-23 ore 24-29 ore 30-35 ore 36-41 ore

3 Dato che si riferisce all’adeguamento futuro delle strutture psichiatriche;non abbiamo una stima precisa dei posti letto attualmente disponibili pertali strutture, visti i notevoli cambiamenti a cui la psichiatria è sottoposta,ma possiamo dire che i posti letto attualmente dovrebbero essere di più diquelli elencati e quindi questo potrebbe essere un dato sottostimato deiposti letto attualmente presenti.

psicologi nelle case di cura psichiatriche, il questionario

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Rispetto ai tempi di lavoro nella Casa di Cura, il tempo va da uno minimo di un anno a un massimo di 34 anni; que-sto dato, a prima vista, risulta molto ampio e potrebbe disorientare il lettore. Osserviamolo meglio:

La distribuzione maggiore si trova tra 0-5 anni e 5-10 anni (il 60.86%) che ci mostra un lavoro relativamente giovanenelle Case di Cura, con assunzioni più o meno recenti e probabilmente con tipologie di contratto diverse rispetto alleprecedenti. Solo 13% degli psicologi lavora in queste strutture da più di 25 anni (3 persone). In parte, ciò è probabil-mente legato al fatto che la figura e il ruolo dello psicologo ha preso sempre più importanza nella società stessa ed an-che all’interno delle strutture psichiatriche solo negli ultimi anni; questo ha portato ad una maggiore richiesta da partedelle Case di Cura.

Nel lavoro che seguirà questi professionisti ci racconteranno la loro esperienza rispetto al lungo lavoro come psicolo-go nelle Case di Cura e a come il ruolo, le aspettative, gli obiettivi, ma anche il panorama culturale e sociale siano cam-biati e si siano evoluti nel tempo (cfr. “5 voci ad una storia”).

Per quanto riguarda gli aspetti contrattuali di tutti gli psicologi che hanno collaborato all’indagine, solo il 26% (6) la-vora con un contratto di assunzione e uno con un contratto da consulente. I restanti 69,5% (16) prestano servizio nelleCase di Cura con un contratto libero professionale. I colleghi che hanno un contratto da dipendente sono quelli che la-vorano in clinica da più tempo (tempo medio di oltre 19 anni); questo ci suggerisce come negli anni la tipologia con-trattuale sia cambiata, in linea probabilmente con il cambiamento lavorativo ed economico del paese e forse alla mag-giore richiesta della figura dello psicologo nelle strutture psichiatriche.

Rispetto agli aspetti retributivi, il compenso orario per i liberi professionisti va da 11,00 a 17,00 euro lordi orari; dif-ficile riportare una media, in quanto non tutti i colleghi hanno risposto a questa domanda e alcuni non hanno specifica-to se il compenso riportato fosse al lordo o al netto delle ritenute. Possiamo però affermare che la maggior parte deglipsicologi riporta compensi intorno ai 12/13 euro l’ora lordi e solo una persona ha risposto 17 euro lordi l’ora.

97

0 - 5 anni 30,43%

6 - 10 anni 30,43%

11 - 15 anni 4,34%

16 - 20 anni 21,73%

21 - 25 anni 0%

26 - 30 anni 8,69%

31 - 35 anni 4,34%

Soddisfazione

contrattuale

scarso 56,5

sufficiente 21,7

buono 21,7

eccellente 0

Soddisfazione contrattuale

scarso

sufficiente

buono

eccellente

psicologi nelle case di cura psichiatriche, il questionario

Anni di lavoro nella Casa di Cura

35

30

25

20

15

10

5

0

0 - 5 anni 6 - 10 anni 11 - 15 anni 16 - 20 anni 21 - 25 anni 26 - 30 anni

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Come è facile intuire, le persone che hanno riposto di essere soddisfatte della retribuzione lavorativa (risposte “suf-ficiente” e “buono”) sono quelle che percepiscono un compenso più alto, seguite dalle persone che hanno un contrat-to a tempo pieno. Il 56.5% degli psicologi ha risposto di non essere soddisfatto nel compenso economico percepito.

Da una osservazione più generale e riassuntiva di questa fotografia possono sorgere diverse riflessioni:

- sembra esserci un basso investimento delle strutture sulla formazione e tutela dei professionisti (rispetto alla su-pervisione clinica), e uno spreco di risorse: i professionisti si specializzano, supervisionano, svolgono attività di ag-giornamento e di ricerca a scopo personale, individualmente ed al di fuori della Casa di Cura.

- Probabilmente (e per fortuna) lo psicologo/psicoterapeuta, sente la necessità di formarsi e aggiornarsi rispetto alproprio lavoro anche quando la Struttura non lo chiede e non lo organizza.

- Il basso investimento delle Strutture (o delle ASL sopra di loro) si riflette su compensi economici relativamente bas-si per professionisti specializzati e in continua formazione e/o aggiornamento; questo si rispecchia sulla bassa sod-disfazione contrattuale degli psicologi.

5.4 - Questionario - Rapporti Professionali

Un secondo questionario rivolto alla persona dello psicologo ha indagato i rapporti professionali all’interno della Casadi Cura.

In particolare i questionari somministrati hanno indagato la quantità e qualità delle relazioni con gli altri operatori, chesono state suddivise in Organizzative, Cliniche/professionali, Amicali. Di seguito la suddivisione:

Come possiamo notare dal grafico la maggior parte delle relazioni sono quelle di tipo clinico. Le relazioni organizzati-ve e amicali sono ugualmente distribuite. Sembra interessante che le relazioni amicali tra colleghi siano relativamentepresenti; un buon clima lavorativo può incoraggiare il lavoro anche quando altri fattori (lavoro difficile e talvolta pesan-te, insoddisfazioni contrattuali, ecc) tendono ad appesantirlo.

Come si può osservare le modalità più frequenti di comunicazione riportate sono gli scambi di persona informali (18)la cartella clinica (17) e le riunioni di équi-pe (16), seguite da comunicazioni telefoni-che con altri operatori (13) e da relazioniscritte (9). Questo ci porta a pensare chela maggior parte degli scambi avvenga inmodo informale (scambi di persona e al te-lefono), forse più pratici e veloci, anche inconsiderazione del poco tempo a disposi-zione (di cui abbiamo parlato sopra).

Un dato da considerare è che la maggiorparte degli intervistati ha riportato che au-menterebbe e strutturerebbe gli scambi coni colleghi e le riunioni d’equipe, di cui sen-te la necessità.

98

Organizzative 9

Cliniche/Professionali 21

Amicali 8

Nessuna Relazione 0

psicologi nelle case di cura psichiatriche, il questionario

Modalità di relazioni

scambi di persona informali

riunioni d’équipe

al telefono

relazioni scritte

cartella clinica

Relazioni professionali

25

20

15

10

5

0

Org

anizz

ative

Clinich

e/Pro

fessio

nali

Amicali

Relazioni professionali

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dossier

Alla fine del questionario abbiamo lasciato una domanda aperta, relativa a possibili curiosità o approfondimenti non

considerati; abbiamo chiesto di comunicarci “Cosa cambierebbe nelle relazioni in termini di qualità, quantità e or-

ganizzazione”: emerge la necessità di maggiori riunioni di équipe e di confronto clinico in generale, un’organizzazione

più strutturata degli incontri tra professionisti e un coordinamento delle attività del servizio di psicologia. Inoltre, si evi-

denzia il bisogno di più frequenti relazioni con la direzione, con il personale infermieristico e gli operatori sul territorio

(CSM, SERT, ecc.).

Alla fine dei due questionari abbiamo chiesto agli intervistati se ci fossero altre domande che non sono state poste nel

questionario e che avrebbero voluto leggere; riportiamo gli argomenti presentati:

- Indagare il rischio di burn out;

- Indagare la necessità di svolgere maggiori incontri scientifici, di approfondimento, ECM;

- Indagare se e come sono organizzati gli scambi con i colleghi e con gli altri operatori della struttura;

- Condividere i principi etici nel lavoro nella Casa di Cura (su questo, abbiamo aggiunto un incontro con i colleghi che

hanno partecipato al lavoro, di cui parleremo più avanti).

6 - CONCLUSIONI

Nel progetto (cfr. punto 3) ci eravamo posti due obiettivi principali: il primo di “scattare una fotografia dello stato

attuale della presenza della psicologia e degli psicologi nelle Case di Cura Psichiatriche Private Accreditate del

Lazio” ed il secondo di “creare una rete di relazioni tra tutti gli psicologi che attualmente operano in suddette

strutture”, che al momento non avevano avuto nessun tipo di relazione tra di loro.

Per quanto riguarda il primo punto riteniamo che tale fotografia sia stata scattata e che siano abbastanza chiare le

immagini emerse, ovvero:

- La psicologia e gli psicologi sono effettivamente presenti nelle Case di Cura Psichiatriche del Lazio, sia rispetto alle

altre figure professionali storiche (medici, infermieri), sia rispetto alle nuove figure professionali (terapisti della ria-

bilitazione), sia rispetto al numero di posti letto.

- Tale presenza, iniziata una ventina di anni fa senza una partenza “ufficiale”, è costantemente ed in maniera espo-

nenziale cresciuta.

- Tale presenza è iniziata sempre, specialmente nelle fasi di avvio e storiche, per “meriti individuali” dei singoli colle-

ghi piuttosto che per una ricerca specifica di competenze in quel ruolo.

- Questa crescita non è stata in qualche modo progettata, “guidata”, definita nei suoi intenti, ma solo di fatto avvenu-

ta.

- Sebbene con formazioni differenti e sebbene non vi sia stata una “guida” ufficiale in tale presenza, nelle diverse strut-

ture è abbastanza simile il lavoro che viene svolto dagli psicologi.

- Tale lavoro è spesso un lavoro specialistico (psicoterapia o altri tipi di intervento clinico) e non di psicologia di base.

- Nelle differenti strutture non sembra esserci una organizzazione interna degli psicologi che risponda a criteri defini-

ti, in alcune conformandosi come “servizio di psicologia”, in altre come la somma di singoli professionisti.

- Gli psicologi che lavorano nelle Case di Cura Psichiatriche Accreditate del Lazio sono mediamente soddisfatti del lo-

ro lavoro sia a livello professionale che personale.

- La suddetta soddisfazione è invece minore per quanto riguarda gli aspetti economici/contrattuali e per quanto ri-

guarda l’aspetto delle relazioni professionali strutturate (ovvero con le altre figure professionali e con le rispettive di-

rezioni).

- La psicologia e gli psicologi hanno voglia di diventare sempre più visibili, di essere sempre più ascoltati, quasi allo

stesso modo di come lo vogliono gli utenti, i veri fruitori.

- Vi è una bassa attenzione, da parte delle strutture, nel monitorare, garantire e proteggere alcuni aspetti del lavoro

degli psicologi con i propri pazienti. In particolare è emerso questo per quanto riguarda la formazione e gli aggiorna-

menti, lasciati quasi completamente all’iniziativa individuale, e per quanto riguarda la supervisione, anch’essa consi-

derata non parte integrante ed interna del lavoro clinico con i pazienti.

- Non vi sono punti di vista esplicitamente condivisi eticamente, ma vi è la condivisione sostanziale di diverse aree di

criticità o di problematicità dal punto di vista delle relazioni.

- Emerge la necessità, da parte di molti, di ricercare un linguaggio di base condiviso e condivisibile, pur nella consa-

pevolezza di essere portatori di formazioni e saperi differenti.

Per quanto riguarda il secondo punto (“creare una rete di relazioni tra tutti gli psicologi che attualmente operano in

suddette strutture”) riteniamo che siano stati molto importanti i seguenti aspetti:

- La proposta del progetto in se stessa come momento aggregante, per sottolineare la nostra esistenza in tali contesti

e per incontrarci dando vita a diverse riflessioni condivise.

99

psicologi nelle case di cura psichiatriche, conclusioni

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SUPPLEMENTO 1

Aspetti Etici nel lavoro dello Psicologo/Psicoterapeuta nei contesti delle Case di Cura Psichiatriche

(a cura di Pietro Romanelli)

Introduzione

Un aspetto molto rilevante del nostro lavoro come psicologi e psicoterapeuti all’interno delle Case di Cura Psichiatri-che è relativo ai temi di tipo etico.

Questo per diverse ragioni.

La prima, di più semplice ed intuitiva rilevanza, riguarda il fatto che la nostra è una professione d’aiuto, ed è una pro-fessione d’aiuto nella quale l’incontro con l’altro, la relazione, è condizione e per molti aspetti anche strumento fonda-mentale di tale attività.

Di qui la necessità di riflettere, ed avere chiari, quali principi e quali valori fondano il nostro incontro con l’altro, il no-stro stare con l’altro.

La correlazione tra “Professionalità ed Etica, nel nostro campo, è sostenuta da studiosi differenti con differenti slo-gans:

“Occorre molta Tecnica (Professionalità, si potrebbe aggiungere) per essere sufficientemente Etici, occorre molta Eti-ca per Essere sufficientemente Tecnici (Professionali, si potrebbe aggiungere)” (Madonna, 1997). Tale frase potrebbeanche essere parafrasata sostenendo che occorre molta Professionalità per essere sufficientemente etici ed occorre mol-ta etica per essere sufficientemente professionisti.

Lo stesso concetto è ribadito da Allaire quando afferma che nelle Scienze Umane “…il prezzo da pagare per l’Etica èla Competenza” (Allaire, 2001 cit in Palmentola).

Bisogna Essere Buoni Professionisti per Essere Etici

Bisogna Essere Etici per Essere Buoni Professionisti

- L’organizzazione di incontri per la presentazione e la condivisione del progetto e per la progettazione delle aree di in-

dagine.

- L’incontro sugli aspetti etici del nostro lavoro, che pur non offrendoci un comune sentire e pensare rispetto ai nostri

valori di base, ci ha fornito un panorama comune di aree problematiche all’interno del nostro lavoro.

Una difficoltà evidente si è riscontrata nell’area della partecipazione, talvolta numericamente scarsa, durante alcuni

incontri. Ciò potrebbe dipendere da una non abitudine in tal senso, da difficoltà oggettive (per esempio nell’assentarsi

dai propri luoghi di lavoro ove tali assenze non fossero state retribuite o talvolta neppure concesse), oppure da altro an-

cora.

Nel corso degli incontri, pur se in maniera informale e non del tutto strutturata, sono emerse anche alcune propo-

ste/esigenze/iniziative, in particolare riguardanti:

- La creazione di una mailing list per tutti gli psicologi operanti in tali strutture, in modo da avere a disposizione uno

strumento veloce, efficace ed immediato di scambio.

- La progettazione di una Cartella Clinica condivisa da tutti gli psicologi operanti nelle differenti Case di Cura Psichia-

triche Accreditate del Lazio, da proporre a tutti i colleghi e da poter utilizzare in modo da armonizzare il percorso cli-

nico/terapeutico dei nostri utenti.

- La proposta di giornate formative specifiche ed a tema, anche con crediti ecm, in modo da creare una base di saperi

comuni e non dissipare gli investimenti economici.

Per ultimo immaginiamo importante condividere queste riflessioni e questi nostri studi con i colleghi psicologi fuori

dalla nostra regione, ovvero ipotizzando percorsi comuni (sia di formazione che di riflessione) simili per tutti gli psico-

logi che ad oggi, in Italia, operano come noi.

100

psicologi nelle case di cura psichiatriche, supplemento 1

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Il secondo motivo di rilevanza dei temi etici nella nostra professione all’interno delle Case di Cura Psichiatriche è chequesta relazione si svolge all’interno di strutture complesse e a fianco di professionisti portatori di altri saperi, di altre“culture” di aiuto, di altre prassi probabilmente anche di altri principi, o valori. Comunque con modalità di utilizzarli dif-ferenti proprio per la natura stessa, differente, del loro operare.

Il terzo, è che lo psicologo e psicoterapeuta si trova ad operare in strutture che hanno per definizione un mandato “psi-chiatrico” sia da parte della committenza sia da parte dell’utenza. E ciò può influire notevolmente sulla natura stessa del-l’intervento.

Per tutti questi motivi è stato organizzato un apposito incontro, il 27 novembre 2012, presso la Sede dell’Ordine, contutti i colleghi operanti nelle Strutture Psichiatriche. Questa è stata la sede per porci e riflettere su alcune domande. Peresempio: Quali sono i principi etici che ci guidano? Quali consideriamo prioritari e quali secondari? Nel “rapporto trian-golare” che abbiamo con utenti/colleghi medici/strutture quali sono le situazioni “tranquille” e quali invece le situazioni“più complesse o difficili” che ci troviamo ad affrontare? In quali risposte ci riconosciamo ed in quali invece non abbia-mo un comune sentire?

Chi siamo…

Un primo aspetto emerso è la difficoltà di inquadrare il nostro intervento in tali strut-ture in un’unica modalità. Ovvero la consapevolezza che lo psicologo, e ancora di più lopsicoterapeuta a causa di formazioni molto differenti tra loro, non è portatore di un uni-co sapere, di una modalità condivisa di percepirsi e di relazionarsi con i propri utenti econ i propri colleghi.

Ecco allora psicologi e psicoterapeutici intendere il proprio operare in una modalità molto simile a quelladi tipo medico psichiatrico, qualcuno che sta male e qualcuno che viene curato, altri intenderlacome un contributo di punti di osservazione differenti, per esempio con aspetti legati alla psico-metria, altri sentire di avere le chiavi di lettura mancanti agli interlocutori, ed al-tri ancora che ritengono che la capacità di incontro, e di confronto - ovvero la re-lazione - sia il vero punto di forza dell’intervento “psico”.

L’importanza della relazione

Pur essendo opinione condivisa che la relazione sia una delle caratteristiche principali del lavoro psicologico, diversesono le opinioni sull’origine e sull’importanza che tale relazione riveste.

Ad un estremo per alcuni la relazione è da intendersi unicamente come dato di fatto, come un aspetto indispensabilema quasi ininfluente per quanto concerne il proprio operare. Per esempio per chi di noi opera nelle Case di Cura unica-mente su aspetti legati alla psicometria utilizzando strumenti con un’alta componente di oggettività ed un basso livelloproiettivo.

All’altro estremo i colleghi (chi scrive si colloca in questa posizione) che ritengono che le relazioni siano il punto dipartenza di quasi tutte le sofferenze psicologiche e che comunque sia la relazione il principale strumento di intervento,e di cura, del lavoro psicologico.

In tal senso gli aspetti etici portano a considerare quali e quanti siano i fattori che possano influenzare tali relazioni ea far si che tali influenze siano oggetto primario di attenzione da parte del professionista “psico”.

101

Frustazioni

Giudizi

Preoccupazioni

Paure

Pregiudizi

Bisogni(di Approvazione,di essere amati,

di essere stimati, ecc.)

Ansie

StanchezzeRancori

Rabbie

psicologi nelle case di cura psichiatriche, supplemento 1

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I contratti triangolari e multipli

Lo psicologo/psicoterapeuta che lavora in una Casa di Cura psichiatrica opera in un contesto complesso e che preve-de la presenza - talvolta vissuta come collaborazione e talvolta come contrapposizione - di più attori. Comunque vi è l’e-sigenza di essere consapevoli delle componenti in gioco e di rispettarne i mandati, in particolar modo nei frequenti mo-menti in cui tali istanze siano differenti tra loro, rimandino a bisogni, esigenze o direzioni diverse. Per questo si riman-da agli studi di English (1975) ed ai lavori che da questi studi si sono sviluppati.

L’Etica ed i suoi “legami”

Ma ha senso parlare di “etica” disgiuntamente da altri aspetti, per esempio da quelli deontologici, da quelli legali sinoa quelli teorici? Ed è così evidente la loro intrinseca differenza, il loro situarsi su piani concettuali differenti?

Forse potrebbe essere utile una riflessione sui termini ed una riflessione su come, anche per molti colleghi, vi sia spes-so una loro sostanziale sovrapposizione ed un uso indifferenziato.

Si tende a trattare un problema etico sovrapponendolo ad uno di tipo deontologico, si tende ancor più pericolosamentea confondere piani etici con piani, per esempio, di tipo legale. O a non accorgersi che spesso, sempre più “colpiti” da pau-re di tipo legale, rischiamo di non essere consapevoli delle conseguenze etiche di questo, e di come questo incida poi,profondamente, sulle relazioni stesse. Di come le stesse “relazioni che curano” siano influenzate dalle nostre paure e dainostri bisogni di protezione. Talvolta a discapito della protezione dell’altro…

Si tende a non riflettere su come, uno stesso problema di tipo etico, possa essere affrontato in maniera profondamen-te differente in base al proprio sistema teorico di riferimento.

In ultimo, quanto le stesse tematiche etiche, con gli stessi assunti deontologici, legali o teorici, possano essere in-fluenzati da quei parametri soggettivi, individuali, unici, che potremo definire come un “pathos”.

102

P a t h o s

Aspetti ETICI

Aspetti Deontologici

Aspetti Legali

Aspetti Teorici

Struttura

Terapeuta Paziente/i

Accordi

Contrattuali e

Professionali

Accordi

Amministrativi e

Organizzativi

Accordi

Terapeutici

Familiari

Ambiente

Medici

Infermieri

Assistente Soci ale

Terapiste della

Riabilitazione

ASL

Ministero

della Salute

Ordine degli

Psicologi

Ministero delle

Finanze

psicologi nelle case di cura psichiatriche, supplemento 1

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103

Etica attiva ed etica passiva

“Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuo-vere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità”.

È chiaro l’articolo 3 del nostro Codice Deontologico, e chiari sono i rimandi ad una visione attiva di tale articolo. Le pa-role “accrescere” e la frase “utilizzarle per promuovere”, che noi abbiamo evidenziato, non possono essere lette in ter-mini di passività.

L’etica, in questo caso la deontologia, come mera attenzione alla non violazione delle norme, è di per sé una visionenon deontologicamente corretta del nostro operare.

E ciò appare ancora più complicato quando ci troviamo ad operare in situazioni complesse, con molteplici interlocu-tori, talvolta “stretti” da direttive e prassi non sempre da noi condivise e non sempre condivisibili.

Etica: punto di partenza, strumento, obiettivo

Se quanto sin qui detto può far pensare all’etica come ad un punto di partenza o ad una “base sicura” sulla quale pog-giare i cardini del proprio operare professionale nel nostro lavoro clinico, è interessante sottolineare che l’etica stessapuò - chi scrive pensa “deve” - essere considerata anche come “strumento” della relazione che cura, ed ancor di più co-me obiettivo (in termini anche di modellamento) della cura stessa.

Un intervento clinico è infatti guidato dai principi etici, che divengono strumento stesso di tale relazione e che porta-no spesso, si potrebbe dire sempre, intrinsecamente ad un cambiamento anche nella struttura etica di riferimento deinostri clienti. Il modo nel quale modelliamo le relazioni modella a sua volta la relazione delle persone con il loro mondo.

Etica Passiva

Attenzione alla

“Non Violazione delle

Norme Deontologiche

Etica Attiva= Attivarsi per Promuovere e Conse-

guire il Benessere Psicologico Indivi-

duale e Collettivo

ç è

Definizioni

La parola “Morale” (dal latino “mos”, “costume”) riguarda l’agire, il comportamento umano, considerati in rapporto all’idea che

agendo si ha del bene e del male. Appare evidente il legame di questo con i costumi e gli stili di vita, e come questi cambino in ba-

se ai tempi ed ai luoghi. Quindi la morale non può essere unica e immutabile, ma cambia da gruppo a gruppo e negli stessi si tra-

sforma nel corso del tempo probabilmente, da un punto di vista evoluzionistico, per soddisfare le esigenze di sopravvivenza, an-

ch’esse mutevoli nel tempo e nello spazio.

L’ “Etica” è quella parte della filosofia che studia la morale dell’uomo ed i criteri per valutarla. Si occupa perciò di comprendere

e definire i criteri in base ai quali è possibile o meno valutare le scelte ed i comportamenti dei singoli o dei gruppi. L’estensione

del termine avvicina quindi già al concetto di “gruppi”, quali per esempio quelli professionali, laddove utilizzato insieme (Etica

Professionale), studia infatti i doveri inerenti all’esercizio di una determinata professione, rimandando direttamente al concetto

di deontologia.

Questa, la “Deontologia”, è infatti l’insieme dei valori, dei principi, delle regole e delle consuetudini di comportamento che di-

sciplinano l’esercizio di una specifica professione.

Il “Codice Deontologico” non è altro che lo strumento scritto, esplicitato, reso di pubblico dominio, che definisce e stabilisce le

“norme deontologiche”: un insieme di concrete indicazioni di comportamento che “devono” essere rispettate da un determinato

gruppo nella sua attività professionale.

La Norma è 1a regola di condotta che prescrive a una società o a singoli individui il comportamento da osservare nel consegui-

mento di determinati fini e nello svolgimento di determinate attività.

La Legge è quel complesso di norme che costituiscono l’ordinamento giuridico di uno stato, ed è in parte raccolta in Codici, nel

nostro ordinamento ad esempio nel Codice Civile, in quello Penale, di Procedura, ecc.

Per le definizioni dei termini sono stati utilizzati i siti web di Garzanti Linguistica (www.garzantilinguistica.it) e del Dizionario del-

la Lingua Italiana De Mauro (www.demauroparavia.it), a cui si rimanda per approfondimenti.

del Professionista AT

Punto di Partenza

nella Relazione

Strumento

per il Cliente

Obiettivo

psicologi nelle case di cura psichiatriche, supplemento 1

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104

Etica: valori e principi

Come già specificato (Cfr. nota 2) è stato riproposto molto materiale proveniente dalle riflessioni della Comunità Eu-ropea di Analisi Transazionale (EATA, European Association of Transactional Analysis) ed in particolare dal nuovo co-dice etico che la comunità stessa si è data ed ha approvato, consultabile presso il sito dell’associazione (www.eata-news.org).

In tal senso sono stati riportati i valori che devono guidare l’intervento “con l’altro” e che sono direttamente discen-denti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Da tali valori, come ben spiegato nel suddetto codice che invitiamo il lettore a consultare in maniera approfondita, di-scendono direttamente alcuni principi, che ad essi si legano.

Etica: referenti ed aree di applicazione

Un altro punto rilevante è la riflessione sui referenti e sulle aree di applicazione del nostro agire in base a valori e prin-cipi. In questo probabilmente il nostro Codice Deontologico non è del tutto esplicito e potrebbe a ben vedere lasciarearee di indeterminatezza.

Il Codice Etico dell’EATA ha il merito di esplicitare in maniera inconfutabile che valori e principi hanno rilevanza inqualsiasi contesto in cui noi ci troviamo come professionisti e che i referenti del nostro agire non sono e non possono es-sere unicamente i nostri clienti/pazienti, al chiuso nelle nostre stanze di terapia, ma sono e devono essere tutti gli atto-ri direttamente e/o indirettamente interessati: i nostri clienti, i nostri colleghi, i nostri allievi o i nostri tirocinanti, noistessi come persone e come professionisti, la società tutta all’interno della quale operiamo, compreso il nostro ambien-te.

Le gerarchie decisionali

Risulta evidente come sia sostanzialmente impossibile, in alcuni momenti, conciliare valori, principi, referenti, conte-sti ed individuare sempre risposte congruenti, omogenee, lineari.

Come in sostanza sia necessario operare con livelli decisionali gerarchici.

Se quest’operazione è implicita ed in parte inconsapevole in quasi tutte le nostre azioni professionali è utile la rifles-sione che la Clarkson (1992) ci propone, sino a stilare una tabella di Gerarchie Decisionali per le questioni etiche, chenoi qui abbiamo liberamente tradotto e adattato.

ð La Dignità degli esseri umani(Art.1, 2, 3 della Dich. Univ.dei Diritti Umani)

ð Auto-determinazione(Art.18, 19 della Dich. Univ.dei Diritti Umani)

ð Salute(Art.24 and 25 della Dich. Univ. dei DirittiUmani)

ð Sicurezza(Art. 22 and 23 della Dich. Univ. dei DirittiUmani)

ð Reciprocità(Art. 29 della Dich. Univ. dei Diritti Umani)

ð La Dignità degli esseri umani

ðAuto-determinazione

ð Salute

ð Sicurezza

ð Reciprocità

ð Rispetto

ð Empowerment

ð Protezione

ð Responsabilità

ð Impegno nelle relazioni

Valori

Princîpi

Norme

Comportamenti

Se Stessi

La Società I Clienti

I Colleghi Gli Allievi

psicologi nelle case di cura psichiatriche, supplemento 1

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Riflessioni finali

Nel corso del già citato incontro del novembre 2012 tutto quanto detto è stato oggetto di numerose riflessioni e di unconfronto sia tra le diverse sensibilità sia tra i diversi contesti in cui ci troviamo ad operare.

Per terminare alcune domande, alcune riflessioni, alcuni spunti, rimasti lì, in sospeso, in attesa, nelle menti e nei cuo-ri di ognuno di noi, che ci ha seguito dopo il nostro incontro…

à Qual è la nostra responsabilità etica? …e quale quella legale?

à Quale etica è possibile ed in quali contesti…?

à L’angoscia, la sua presenza a volte esplicita, altre volte invisibile, nei nostri contesti. E la sua spesso difficile gestio-ne…, personale, e nel contesto…

à …ed il fare, spesso risposta inconsapevole a sentimenti non consapevoli…

à Noi siamo abituati ad osservare la relazione, operando in contesti nei quali la relazione spesso è un parametro nep-pure preso in considerazione…

à Se la psichiatria è “macho”, è maschio, quale psicologia? Noi chi siamo in questi contesti…?

à Siamo abituati a contesti nei quali sentiamo spesso un notevole livello di autonomia… …ma è autonomia o svalu-tazione? Autonomia o non considerazione?

à Quali rapporti abbiamo, e come possiamo influire, con e sui professionisti e con e sulle professioni con le quali noioperiamo a stretto contatto (medici, infermieri, terapisti, assistenti sociali, personale amministrativo)?

à Quanto è importante, e quando è presente, un “dialogo” con la nostra proprietà?

à Chi sono i nostri committenti? I medici? I pazienti? Le ASL? La regione?

à Cosa scrivere, o cosa non scrivere, nelle cartelle cliniche? Dove finisce il dovere di relazionare e dove inizia il dirit-to alla riservatezza dei nostri clienti? E la nostra?

à Quali le differenze, di contenuto e di mandato, tra l’uso indiscriminato di termini specifici, quali ad esempio psico-terapia, colloquio motivazionale, o colloquio di sostegno, o educativo? Quanto accettando indiscriminatamente laconfusione di tali terminologie accettiamo e favoriamo, anche una confusione, ed una svalutazione, del nostro ope-rare?

“Parlaci un po’… “…è la richiesta che così tante volte ci viene fatta, ci è stata fatta, così paradossale se con-frontata all’importanza dell’incontro, della relazione, del parlarsi…

105

PRIORITÀ IN TERMINI DI

IMPORTANZA E URGENZA

PericoloPresenza di minacce

ConfusioneDiminuzione o mancanza di chiarezza diobiettivi

ConflittoPresenza di Scissioni (Divisioni) Polarizzazioni,Conflitti

DeficitSituazioni di bisogno (o mancanza) di Informa-zioni

SviluppoSviluppare la profondità, l’ampiezza o la com-plessità delle cose

DOMANDE FONDAMENTALI

Chi? Dove? Cosa? Di cosa? Quando? Come si valuta?Come prevenirlo?

Quali le questioni in gioco?Cosa potrebbe essere stato evitato o trascurato?

Quali sono i Conflitti?Tra chi?Tra quali Valori o criteri?

Cosa rimane da fare? (da capire? da pensare? da supervisionare?)

Come riempire i deficit?È possibile trasformare l’esperienza in occa-sione di sviluppo?

INTERVENTI MIGLIORI

Es: Chiamare un AmbulanzaContratto di non suicidioChiamare Polizia?

Fare un diagramma della situazione.Far emergere Idee.Cercare la complessità

Identificare i Valori Etici in Conflitto, o i Con-flitti tra aspetti Etici e Legali, o le Gerarchie

Dare informazioni o fornire accesso alleinformazioni o alle risorse

Ampliare le questioni, cercare regole più am-pie, far lavorare l’intuizione, la creatività

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11 dedicato interamente al tema dell’Etica

Mordini, E., Psichiatria, Deontologia ed Etica Medica, in Lo Psichiatra Italiano, Hippocrates Edizioni Medico-Scienti-

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Parmentola, C., Il Soggetto Psicologo e l’Oggetto della Psicologia nel Codice Deontologico degli Psicologi Italiani,

Milano, Giuffrè, 2001

Romanelli, P., 2006 “Aspetti Etici, Deontologici e di Responsabilità Professionale nella Psicoterapia e nel Coun-

selling”, Rivista Italiana di Metodologie Psicoterapeutiche e Analisi Transazionale, Anno XXVI, N. 13-14, pag. 19/33

Documenti Consultabili in Rete

• Dichiarazione universale dei diritti umani - http://www.amnesty.it/educazione/dichiarazione/index.html

• Costiuzione Italiana - http://www.camera.it/index.asp / Norme

• Codice Deontologico degli Psicologi italiani - http://www.psy.it/normativa_italiana/codice_deontologico.htm

• Codice Deontologico dei Medici - http://portale.fnomceo.it/Jcmsfnomceo/Jsezione.jsp?lingua=It&idsezione=11

• Linee Guida per la Pratica Professionale - EATA - http://www.eatanews.org /Resources / Handbook Section 03 -

Ethics & Professional Practice

• Codice Civile - http://www.jus.unitn.it/Cardozo/Obiter_Dictum/codciv/Codciv.htm

• Codice Penale - http://www.studiocelentano.it/codici/cp/index.htm

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psicologi nelle case di cura psichiatriche, supplemento 1

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SUPPLEMEMTO 2

... dal punto di vista degli utenti(a cura di Antonella Giuliani)

L’Incontro possibile: pazienti - psicologi

Pensare ai “matti” mi fa pensare a Pirandello ed alla sua straordinaria capacità di leggere “dentro”: dentro la testa, den-tro ai mille volti, dentro alle mille facce, che le teste producono.

Qualcosa che mi è sempre tornata in mente, frequentando la psichiatria…

Mille facce e mille situazioni diverse, mille comportamenti diversi, mille vissuti in mille stati d’animo, mille giudizi daparte di altri, oltre ai mille nostri, mille fughe per reggere il confronto, mille motivi per inventarsi, costruirsi un’altra fac-cia, un’altra realtà.

Un bisogno, una necessità, una incapacità, sì forse un’incapacità di affrontare il momento, la situazione con la facciagiusta.

Il bisogno di crearsi un’altra faccia, per reggere il momento o per non soffrire il momento o per dimenticare il momento.

La malattia mentale, anzi l’altra faccia della malattia mentale, è quella non ufficiale, quella non solo psichiatrica, quel-la che lascia vedere ancora cosa c’è dietro quella faccia.

C’è la faccia da “matto” con quello sguardo, quello sguardo assente, impaurito, quella posizione della bocca, aperta oserrata, quella posizione delle spalle, le spalle che diventano ricurve, la camminata bloccata, la camminata veloce o im-pazzita, le braccia che si muovono sconfinate e scoordinate, aperte, che chiedono… aiuto forse o braccia serrate che di-cono basta…

Poi... c’è quella faccia che non si vede, quella dell’inconscio, quella che parla senza voce, quella che vede senza lo sguar-do, quella che sente senza l’orecchio, quelle che ti fa sentire senza che tu abbia il tempo di pensare.

Pensare, ecco una parola importante.

Pensare, pensare, pensare.

È una cosa che il “matto” sa sicuramente fare.

Pensare ieri, un ieri che non sa dimenticare.

Pensare ad un domani, che non sa aspettare.

Un domani che non osa arrivare, impedito da quel ieri che non ti permette di andare, però sa pensare, e il tempo lo la-scia passare, non lo sa fermare.

Il matto corre contro il tempo, un tempo strano, particolare, che quando lo provi a fermare, lo riesci ad utilizzare, untempo che allora si fa sentire, ed a volte ti fa pentire di averlo sentito, ascoltato.

Un tempo che se ascolti con qualcuno vicino, riesce a dirti cose spettacolari, riesce a parlarti ed a portarti emozioni,sensazioni, ricordi, vissuti, che a volte riesci a tracciare sul foglio bianco.

Un foglio bianco che si riempie di linee, colori, parole che ci si ferma a raccogliere, le sensazioni dei “matti” le sentiimportanti, provi il desiderio di ricostruire le loro storie folli.

Una follia che si incrocia dai vissuti reali, alla realtà inventata dei mostri folli.

È buffo vedere come la storia di ognuno, tornando un passo indietro, si scopre come tutto ciò comincia dal lontanopassato dove si intrecciano gli eventi, le vicissitudini, le malattie, i ricoveri, i medici, gli ospedali, le diagnosi, e si arrivacosì all’ “etichetta”.

Beh! C’è un’altra faccia dell’etichetta, come il dritto ed il rovescio, come il double face, ogni tanto torna di moda, il dou-ble face, come l’altra faccia, si usa ciò che serve al momento, all’occorrenza o come scorta.

La malattia mentale può essere una scorta, una scorta o una riserva di energia quando si vuole prendere tempo, c’èperò un rischio: che è quello di perdersi nel tempo.

È un perdersi nel tempo, un vagare nel tempo, dove il tempo assume un’altra dimensione, spesso irreale, dove passa-to, presente e futuro si confondono, si mescolano, ti fanno stare sul chi va là.

Si diventa attenti o super attenti ad ogni cosa, ad ogni momento che passa, ad ogni sensazione, ad ogni pensiero, do-ve a volte è difficile distinguere il reale dall’irreale, un pensiero che spesso diventa sempre uguale, fino a diventare os-sessivo o persecutorio, comunque un pensiero doloroso.

È tempo di fusione e integrazione di vari livelli, con vari materiali, con varie discipline, con varie persone, qualifiche,patologie, con vari tempi.

La psichiatria oggi offre mille sfaccettature di intervento, di aiuto, di integrazione con la società… ovvio lì dove fun-ziona… lì dove si trova spazio… per il “matto”… lì ci si accorge che si possono integrare vari interventi, discipline … lìsi può applicare l’ascolto attivo del paziente e scoprire il suo pensiero sulla psicologia e la differenza dalla psichiatria dalloro punto di vista… si può scoprire come sono diverse le due discipline, ma come entrambe servano alla cura, alla cu-ra della loro persona e della loro mente.

psicologi nelle case di cura psichiatriche, supplemento 2

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Soltanto loro, i diretti interessati, possono dirci i loro bisogni e farci capire dove si attiveranno, in quale area ed in qua-

le momento… e noi possiamo solo ascoltarli …e poi usare tecniche, strategie per il raggiungimento dell’obiettivo, di-

ventato comune.

Da questo momento si può collaborare… iniziare a lavorare… ed anche chiedere a loro, direttamente a loro, il pen-

siero che hanno sulla psicologia, sulla psichiatria, sulle figure che vi operano all’interno.

Questo è un piccolo scorcio di pensieri sul significato della parola “Psicologia”. Pensieri dati direttamente dai pazien-

ti che frequentano la Casa di Cura Psichiatrica, che hanno avuto tutti un passato ampio di frequentazioni degli ambien-

ti di cura psichiatrica, sia pubblici che privati, che hanno svolto anche percorsi in strutture di riabilitazione, SPDC, cen-

tri diurni oltre ad essere seguiti dai vari CSM., aver svolto psicoterapie, visite e colloqui psichiatrici, aver preso farmaci

e scoperto la loro importanza per la cura, oltre alla difficoltà ad accettarli e ad accettare l’etichetta di “malato psichia-

trico” a volte ancor detto “matto”…

“La psicologia è la scienza che studia il pensiero umano”

“La psicologia permette di osservare i pazienti”

“È la terapia che cura le psicosi nascoste”

“È la scienza che studia il pensiero delle persone sotto analisi”

“È la scienza che studia gli aspetti della psiche umana”

“Studia gli aspetti teorici e pratici della vita dei pazienti.”

“È la scienza che studia il carattere ed il modo di comportarsi nel proprio mondo”

“È il pensiero della mente umana”

“È la scienza che affronta lo studio della mente, con la malattia, e serve a far capire se uno sta sbagliando… ed a fer-

marsi e cambiare comportamento”

“Scava nei ricordi più profondi dell’essere”

“è la scienza che cerca di capire il paziente attraverso un discorso, attraverso le parole”

“È la scienza che cura attraverso l’ascolto e tanta pazienza”

“La psicologia è una scienza importante perché aiuta le persone a capire e capirsi ed a farsi aiutare”

Chi è lo psicologo? È colui che…

“Serve a far riflettere su quello che facciamo e diciamo”

“Serve attraverso il colloquio a far capire la malattia che hai, in tutti i suoi aspetti”

“Fa colloqui con i pazienti e li aiuta a farli sfogare dei problemi che hanno”

“È il pensiero della mente umana”

“È la persona che comprende ciò che dici e prova ad aiutarti nella vita che è stata difficoltosa”

“Ti aiuta a capirti e ad aprirti di più”

“Non cura solo con i farmaci ma cerca di capirti ed aiutarti con le parole”

“Studia il carattere e l’origine del malessere interno, e ti aiuta a trovare ciò che non va”

“Ti aiuta a capire il comportamento attraverso gli errori”

“È una persona che ti ascolta e non giudica quello che gli racconti”

“Lo psicologo cura attraverso le parole e lo psichiatra con i farmaci”

“È una persona che ti ridà la carica e ti fa affrontare la giornata”

“È una persona con la quale devi trovare un feeling, e poi aprirti con lei e farti aiutare a risolvere i problemi”

“La psicologia e lo psicologo insieme servono a curare i nostri problemi”

“È la persona che ti aiuta a trovare un adeguamento alla giornata, a dare un senso a quello che fai”

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Un pensiero sulla Malattia Mentale…

“La malattia mentale è qualcosa che inceppa la mente durante il percorso di orientamento verso la vita.”

“Un disturbo della personalità, un decadimento psichico”

“È essere molto diversi dagli altri, aver paura della vita”

“È entrare in un labirinto”

“È malattia dei nostri pensieri, un disturbo del pensiero”

“È un blocco della mente”

“È non avere un pensiero libero... non averlo più... libero”

“È non accorgersi di essere malato”

“Avere deliri... non essere lucidi... non esserne coscienti”

“Complicazioni nella gestione della mente”

“Bloccarsi ad ogni ostacolo semplice o difficile”

“Incomunicabilità, disagio nel parlare agli altri”

“Sensazione di sconforto”

“Sensazione di morte nel cervello” “Sentirsi un rifiuto della società”

“Paura di essere rifiutato”

“Paura di non essere compreso”

“È essere perdente… fallito. non accettarsi”

“Uno sdoppiamento della personalità”

“È paura di addormentarsi… paura di svegliarsi”

Quali sono i personaggi che concorrono alla cura?...

“Psichiatri” “Psicologi” “Educatori” “Equipe in toto” “Arte terapeuta” “A.S.L.” “C.S.M.”

“S.P.D.C.” “Comunità” “Casa famiglia” “Gruppo appartamento” “Centro diurno”

Quali sono gli strumenti per la cura? …

“Farmaci” “Colloqui individuali” “Psicoterapia” “Psicoterapia individuale”

“Psicoterapia di gruppo” “Psicoterapia familiare” “Elettrochoc” “Autocontrollo”

“Training Autogeno” “Tai Chi” “Ginnastica” “Movimento”

“Amore per la vita” “Seguire un filo logico....” “Voglia di guarire”

“Capire il proprio pensiero” “Creare un ambiente familiare tranquillo”

“Farsi aiutare dei dottori, dagli specialisti” Seguire le indicazioni della cura”

Attività artistiche” “Laboratori espressivi” “Reintegrazione sul territorio”

“La Psicoterapia cos’è?”

“La psicoterapia è una terapia fatta con l’uso delle parole”

“Un colloquio che permette di conoscere le difficoltà ed i problemi delle persone”

“Una terapia che permette di capire il funzionamento della mente”

“La psicoterapia serve a stimolare un input cerebrale...”

“A parlare apertamente di se stessi”

“Serve a capire il funzionamento della mente”

“Con qualcuno che capisce… a qualcuno a cui si può chiedere aiuto… a qualcuno che può ascoltare uno sfogo... ca-

pendo”

“Ad entrare nelle menti della gente”

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“La Psichiatria cos’è?”…

“La psichiatria è quella branca della medicina che cura la psiche, la mente, utilizzando i farmaci”

“È la cura del corpo umano e della mente in toto”

“La psichiatria è quella che fa pulizia della mente, togliendo i deliri, le paure, le ossessioni, le angosce”

“è igiene del nostro corpo”

“È lavorare sulla sospensione del futuro”

“È lavorare sullo smarrimento mentale”

“È cura farmacologica senza tempo, senza fine”

“La Casa di Cura Psichiatrica cos’è?” …Un luogo dove si può:

“Rivivere il passato, il presente, il futuro”

“È un posto dove rilassare la mente il corpo”

“È un’esperienza di vita, dove si può vivere il disagio per l’allontanamento da casa.”

“È un luogo dove si può ritrovare la propria identità”

“È un luogo dove si può cancellare la malattia”

“E’ un luogo dove si può ricostruire la propria vita”

“È un luogo dove si può riappacificarsi con i parenti, i familiari, i genitori, i fratelli le sorelle”

“È un luogo dove si può non aver paura di ritrovare la propria identità, la propria personalità”

“È un luogo dove si può crescere e far rinascere il meglio di sé”

“È un luogo dove si può cominciare a cambiare”

“È un luogo per cambiare”

“È un luogo dove mettere la testa a posto”

“È un luogo dove si può ricominciare ad amare se stessi gli altri”

“E’ un luogo dove ci si può non vergognare della propria malattia”

“È un luogo…espressione di amicizia”

“È un luogo dove c’è la possibilità di incontro”

“È un luogo dove si accorciano le distanze... con gli altri con i familiari...”

“È un luogo dove si vive con la speranza che qualcuno venga a trovarci”

“E’ un luogo dove si può ritrovare contatto emotivo, un riequilibrio”

“È un luogo dove si può non aver timore degli altri e ritrovare la gioia con se stessi”

“È un luogo dove si possono vivere attimi di sintonia, in pace con se stessi”

All’unanimità concordano che :

“SPESSO DOPO TANTI RICOVERI SI DIVENTA QUASI ESPERTI, E SI PUò DIRE CHE LA CASA DI CURA

PSICHIATRICA COME TUTTE LE STRUTTURE CHE AIUTANO A RIPRENDERSI DA QUEI MOMENTI SONO…

Un luogo dove non si butta la spugna, ma dove si tenta, si tenta, si tenta… non si molla

psicologi nelle case di cura psichiatriche, supplemento 2

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SUPPLEMENTO 3

Cinque vite, cinque storie che si incontrano dopo aver fatto sbocciare i fiori dei giardini che oggi chiamiamo Case di Cura Psichiatriche.

(a cura di Sara Savoca)

Nell’attesa di entrare dalla mia Dottoressa omeopata per una visita ho sfogliato, qualche mese fa, una rivista, “Linus”.

Tra le sue vignette e riflessioni mi ha colpito una frase “chi getta semi al vento farà fiorire il cielo”… e questa mi sembra

una buona occasione per riportarla alla mia memoria ed alla vostra attenzione… ...il resto alla vostra curiosità e voglia

di entrare ed approfondire un mondo tanto complesso e ricco!

Iniziamo dal 1978, anno dell’approvazione della legge “180”, detta anche “legge Basaglia” che prevedeva la chiusura

dei manicomi e la creazione su tutto il territorio italiano di strutture alternative che fossero più umane, terapeutiche ed

accoglienti per i pazienti.

In quel periodo un giovane ragazzo, laureato in lettere e poi in psicologia, assumeva l’incarico di psicologo lasciatogli

da un amico che lavorava come tale in una Casa di Cura Psichiatrica.

Cinque reparti numerosi in cui i primi approcci psicologici erano con “…gruppi liberi, aperti, non strutturati”. Gli in-

contri si svolgevano nel salone della clinica, con 5-6 persone e con l’aggregazione di altri pazienti fino ad arrivar a 25;

“…si parlava di argomenti assolutamente non psichiatrici, non si poteva parlare di depressione, ansia, “di cose strane”,

ma di cose allegre, di dieta, di moda, di città di provenienza”. I ritrovi avevano la durata di un’ora circa ed erano “…sen-

za confini, chi voleva poteva alzarsi, andare via, tornare”.

La richiesta era “fai parlare le persone”.

Un anno dopo lo psicologo iniziava a somministrare test d’intelligenza e test proiettivi e successivamente iniziava l’at-

tività di psicodiagnosi strutturata.

In quegli anni numerosi erano i tirocinanti inviati dall’ospedale, molti dei quali rimasero come volontari per essere as-

sunti. In due, come strutturati nella clinica.

L’ambiente viene definito accogliente, bello e funzionale allora e sempre più accogliente con il passare degli anni.

Si è trasformata invece molto la visione della psicologia.

Quest’ultima, inizialmente percepita come un’intrusa, è divenuta un arricchimento, utile per il servizio. Tale passaggio

è avvenuto grazie alla stima riversata dagli psichiatri e dalla struttura sul giovane psicologo della nostra storia, il quale

ha messo in buona luce il suo lavoro e il servizio di psicologia, “…con la stima delle persone, entra anche la stima della

disciplina”.

“…Ciò che è stata considerata utile e funzionale da parte dei medici è stata in modo particolare la psicodiagnosi, la

quale ha permesso di stendere profili di personalità con la possibilità di “conoscere meglio le persone”.

Negli anni ‘80 un altro tirocinante volontario si affacciava nel mondo delle cliniche psichiatriche lasciando le sue im-

pronte.

Anche in quest’altra Casa di Cura vi era una collega con contratto libero professionale, questa volta prossima al pen-

sionamento. Già era attivo un “Servizio di Psicologia” con un Direttore Sanitario che “…aveva proprio voluto la figura

dello psicologo”.

Un Direttore Sanitario che si dilettava con i libri di Mario Tobino e che “…amava confrontarsi e riflettere con lo psi-

cologo sugli esperimenti narrati dall’autore dell’opera nella sua vecchia clinica”.

Tutto ruotava sul desiderio e la passione, nonché sull’apprensione e l’ansia, di rendere gli ospiti della Casa di Cura più

autonomi e sereni in quell’ambiente: un’attenzione non strutturata, la voglia di introdurre novità, “più dinamismo” nel

rapporto terapeutico paziente-psichiatra che aprisse le porte alla psicologia.

Verso la fine del decennio il nostro collega-tirocinante-volontario veniva assunto come psicologo strutturato, sosti-

tuendo un’altra professionista, ed iniziava ad effettuare psicodiagnosi, colloqui supportivi e gruppi di training autogeno

condividendo con i medici più giovani “…l’interesse, la gioia e la passione di fare qualcosa di più dinamico, oltre alla psi-

chiatria organicistica”. La Clinica all’epoca ospitava pazienti acuti, ma anche una decina di pazienti cronici e proprio con

questi ultimi nacque un’esperienza rimasta “nella memoria della vita clinica” e a cui tutt’oggi pazienti, medici e psicolo-

gi sono affezionati. Gruppi di lavoro in cui si alternava la presenza dei medici e che aveva generato altre iniziative “sopra

le righe”, come uscite autogestite in piccoli gruppi per conoscere ed esplorare l’ambiente circostante, precedute da stu-

di storici sulla città.

In un primo momento lo spazio dedicato alla psicologia era minimo, ma si trassero molti benefici dall’apertura menta-

le e personale del Direttore Sanitario. Il rapporto con i medici era di minoranza, ma anche in tal caso le piccole tensioni

si alleviavano “…condividendo, lavorando pazientemente sui rapporti, confrontandosi, lasciando una porta aperta al dia-

logo e al ragionamento” che portava frutti preziosi: la crescita da ambo le parti.

“La differenza tra ieri e oggi è abissale”: si è trasformato lo spazio della psicologia, oggi vi sono stanze destinate alle at-

psicologi nelle case di cura psichiatriche, supplemento 3

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tività terapeutiche con i pazienti; il tempo, vi sono quattro psicologi nel reparto con un numero più alto di ore settima-nali; la qualità formativa, i medici sono ormai per lo più specializzati in psicoterapia.

Un importante ponte tra medici e psicologi si è costruito con la faticosa creazione di un nuovo registro dialettico co-mune, un nuovo linguaggio.

Il nostro collega di questa storia ci lascia con una vivida immagine “prima e dopo” della sua Clinica Psichiatrica: neglianni ‘80 entriamo in una struttura semplice, estremamente rigorosa, con ambienti in cui regnava il silenzio e dove ognicrisi dei pazienti veniva sedata; “…le piante si specchiavano nel pavimento lucido, immobile, anche lo spostamento diun oggetto o di un vaso si notava”; i pazienti “…colludevano con il loro desiderio psicologico di riconoscersi in una ma-lattia e delegarne la gestione a dei professionisti”.

Oggi il clima è differente, la psichiatria è cambiata, “si propone una costruzione al paziente e lui, se vi ci si riconosce epuò abbracciala, si sente restituita la capacità di dare un senso alla sua vita e a ciò che gli è capitato. L’ambiente è nel2013 più caotico, dinamico; a volte la crisi dei pazienti si protrae di più divenendo oggetto di piccole discussioni tra glioperatori”; il dinamismo esterno come espressione del possibile dinamismo interno… il mostro che prima si voleva in-gabbiare, oggi “fa capolino” e si cerca di mostrarlo meno tale.

Siamo di nuovo nei primi anni ‘80. Un’altra storia di vita professionale, un’altra clinica psichiatrica; un percorso che co-mincia con dei corsi di psicologia per infermieri in ospedale e nella Casa di Cura e che si condisce di passione e cono-scenza per questo nuovo mondo.

È così che il nostro nuovo protagonista iniziava a lavorare come psicologo, libero professionista, responsabile del cen-tro sociale della Clinica su richiesta della ASL che esigeva interventi riabilitativi. Esisteva dunque una struttura autono-ma in cui con gruppi di pazienti si svolgevano attività riabilitative e ludico-ricreative (come il teatro, lo sport all’aria aper-ta, il disegno etc.), sia psicologiche che sociali. L’assunzione da parte della clinica avveniva qualche anno dopo e già sistrutturava un’equipe che consentiva di effettuare colloqui individuali e di gruppo con i pazienti.

Lo spazio “aperto”, grazie alla posizione strategica ed immersa nella natura della Clinica favoriva la condivisione di unambiente definito familiare.

Lo psicologo, elemento di novità ed inizialmente positivo, ha dovuto conquistare la sua posizione di rilievo per usciredal ruolo subalterno a quello degli psichiatri.

Ciò ha coinciso con il profondo bisogno delle Cliniche di uscire dalla fase manicomiale, con l’esigenza di un’imposta-zione prevalentemente riabilitativa prevista dalla Regione e con i conseguenti accordi tra primari e psicologi per svilup-pare un servizio orientato al benessere del paziente.

Due foto? Negli anni ‘80 una struttura “…esteticamente bella, spaziosa, verde, con una sofferenza psichica significati-va, oscura. Un ambiente manicomiale che cerca di fare dei passi per ridare al malato mentale una speranza e migliorarela qualità della sua vita”.

Oggi “…si vede un percorso che ha migliorato la qualità della vita dei suoi ospiti e continua nei suoi sforzi per miglio-rarla ancora di più”. Molti progetti sono in atto, vi sono numerosi corsi professionali e nuove figure professionali come itecnici della riabilitazione psichiatrica.

Altri due colori dell’arcobaleno che in questi trentatré anni è sorto in un cielo caratterizzato da un continuo movimentodi nuvole, temporali e sole.

Siamo nella seconda meta degli anni ‘80 e una giovane donna, anche lei tirocinante per la scuola di specializzazione inpsicoterapia familiare, entra in Clinica.

Non c’erano psicologi e lei chiede al primario di poter frequentare la Casa di Cura per poter discutere in supervisionedi alcuni pazienti. Accolta la sua domanda inizia a seguire un gruppo con lo psichiatra ed a somministrare i test. Pian pia-no “seguono le sue competenze” e lavora con le famiglie dei pazienti.

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Per un decennio circa la sua presenza ed i suoi interventi sono costanti. Dopo un periodo di interruzione per la gravi-

danza, la nostra psicologa-psicoterapeuta ritorna in Clinica ed accetta la proposta di contratto libero professionale con

un minimo di ore settimanale stabilite (12 ore). Subentra un altro collega volontario a cui, dopo un anno, viene propo-

sto lo stesso accordo contrattuale. Da lì a poco il primo contratto a tempo indeterminato.

Così le richieste da parte degli psichiatri sfociano in attività di psicodiagnosi, psicoterapia con i gruppi, colloqui di so-

stegno individuali e familiari. La Casa di Cura nel frattempo si ristruttura suddividendosi in una parte clinica ed una di

comunità per cui la nostra collega lavora in entrambe potenziando l’aspetto riabilitativo.

L’ambiente che ci viene presentato è in continua trasformazione: è cambiato il personale, il Direttore sanitario, l’ordi-

namento, il modo di lavorare. L’unico rimasto fino al pensionamento è il primario psichiatra; da una clinica farmacologi-

ca-psichiatrica si è passati ad una visione di riabilitazione anche in clinica. Sono aumentati interventi quali la musicote-

rapia, l’arteterapia, la ginnastica; una concezione più ampia ed un’attenzione maggiore per la persona che prevedeva as-

sistenza e aiuto in fase di ricovero, ma anche e soprattutto progetti dopo l’uscita del paziente.

Una foto del passato “…in bianco e nero, statica, ferma, una foto appunto! Oggi una moviola che non riesce a stare die-

tro a tutti i cambiamenti! “. Per merito anche dell’interesse rivolto dai nostri legislatori sull’ambiente psichiatrico, del-

l’attenzione sociale, si è giunti da una situazione di isolamento ad una “casa” aperta a nuove occasioni di crescita e fo-

calizzata sulla salute del paziente.

Siamo giunti ad ascoltare la voce dell’ultimo “psicologo-anziano” intervistato per questo articolo. Anni ‘90. Vediamo un

giovane “…volenteroso, entusiasta, timido, che cercava la sua collocazione in un mondo molto medico e medicalizzato;

non esisteva la psicologia, se non un anziano medico che si presentava come psicologo clinico ma che di fatto era uno

psichiatra”. Così, attraverso il tirocinio per la scuola di specializzazione, il nostro “psicologo vero” inizia a seguire il me-

dico nelle sue visite e da lì, l’invito: “Questo seguilo te, fai dei colloqui!”.

Un lavoro psicologico “…un po’ inventato, senza un terapeuta come guida, senza uno spazio. Non vi era infatti una

stanza per i colloqui, ma incontri letto per letto” tra cui lo psicologo girava portando con sè la borsa, la giacca e l’om-

brello! Finchè non si conquistò il ben volere della centralinista e potè “girare libero, sentendosi grande”.

Era un luogo medico, “le facce facevano un po’ paura, facce molto provate… una clinica psichiatrica!”. Con la bravu-

ra, le competenze psicologiche presentate, la disponibilità a soddisfare ogni richiesta, non solo con la somministrazione

di test e colloqui, ma anche con la presentazione di cartelle cliniche che mostravano la loro impronta psicologica dise-

gnata dal punto di vista psicoterapeutico, la bella e funzionale presenza era assicurata!

Infatti, dopo anni di “gavetta”, giungeva la richiesta di rimanere anche per l’esigenza di avere la psicologia nelle clini-

che; qualche ora a settimana e con retribuzione.

Da uno psicologo “letto a letto” ed un ambiente prettamente medico, oggi si vede sulla pellicola un “Servizio di Psico-

logia” all’interno del quale lavora un “…professionista maturo e adulto, che dentro è o si sente un bimbetto, che entra in

clinica ed è amato e stimato da molti pazienti e da qualche collega”.

Siamo giunti al termine di una strada che in realtà è ancora molto lunga, ma che è stata costruita fin oggi e dalla qua-

le sono state abbattute già molte barriere.

Ho sottolineato alcune parole che mi hanno “fatto figura” nell’ascoltare personalmente le voci dei nostri protagonisti,

tra mille sfumature e fashback; ciò che più mi rimane addosso è l’entusiasmo, la speranza e la voglia di costruire anche

laddove potrebbe sembrare ci sia un terreno poco fertile.

D’altronde il fiore di loto, in India simbolo di ascensione spirituale, comincia a crescere dal fango, attraversa la massa

d’acqua e sboccia a splendore del sole.

Ben accolto ogni spunto di riflessione e condivisione per psicologi e psicoterapeuti saggiamente anziani e neo-nati.g

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115

L’analisi socio-economica della professione

svolta dagli psicologinella nostra regione

evidenziacontraddizioni

e difficoltà nel trovarela giusta

remunerazione del lavoro e degli altri

fattori produttivi

GLI PSICOLOGINEL LAZIO

E LO STUDIO

DI SETTORE

L’INDAGINE

del Dott. Fabrizio Del Franco

Premessa

Obiettivi della RicercaRingraziamenti

1. L’analisi socio-economica

1.1. Gli iscritti nel Lazio: quanti sono, dove vi-vono e dove lavorano

1.2 Gli approfondimenti operati tramite il que-stionario su variabili qualitative

1.3 La soddisfazione lavorativa

2. Lo Studio di Settore degli psicologi insintesi

2.1 Percezione dello Studio di Settore 2.2 Psicologi del Lazio che compilano gli Studi

di Settore2.3 Campione per l’analisi dello Studio di Set-

tore nel Lazio 2.4 Il rapporto degli Psicologi con gli Studi di

Settore

3. Considerazioni complessive

3.1 Considerazioni complessive sullo studioVK20U

3.2 Superare le difficoltà di compilazione-re-visione delle informazioni richieste

3.3 La Territorialità nel Lazio – dati regionalidell’Agenzia delle Entrate

3.4 L’ultimo aggiornamento dello Studio diSettore e la crisi economica

3.5 La rilevanza dell’anzianità professionale3.6 La resa media oraria utilizzata dallo Stu-

dio di Settore3.7 Altre discrasie tra lo Studio e le evidenze

empiriche riscontrate

Un documento di proposta per migliorarela percezione dell’Amministrazionefinanziaria della professione nel suo complesso e in particolare la formulazione dello Studio di Settore VK20Uapplicabile alle attività svoltedagli psicologi

Elementi per riflettere sulle modalità di esercizio della professione

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studio di settore, premessa

La tematica degli Studi di Settore risale agli anni del-

la riforma tributaria del 1973 allorquando furono eli-

minati gli Studi degli Ispettori compartimentali del-

l’Amministrazione Finanziaria che, non noti al contri-

buente, ricalcolavano induttivamente il reddito di que-

sti.

L’idea che un reddito possa essere determinato in via

presuntiva su basi statistiche, un’idea di reddito “nor-

male”, non ha mai affascinato né i contribuenti né gli

esperti in materia tributaria che prediligono la deter-

minazione analitica del reddito.

L’avversione verso tali strumenti risale nella storia e

si fonda essenzialmente sul fatto che i valori medi, no-

toriamente, premiano i contribuenti più performanti al

di sopra della media di settore e mettono spesso in dif-

ficoltà quei contribuenti che si trovano al di sotto dei

valori medi medesimi.

Tale aspetto emerge anche dai risultati della presen-

te analisi e dai commenti degli utenti che non promuo-

vono l’utilizzo di questo strumento.

Tuttavia, il contesto di crescente automazione delle

procedure e dei controlli in tutti i campi economici e fi-

scali rafforza questa via ed impone un suo migliora-

mento ed una integrazione quanto più rapida possibi-

le, con le altre informazioni a disposizione dell’Ammi-

nistrazione Finanziaria, come peraltro già ipotizzato con

il cosiddetto “redditometro”.

Lo Studio di Settore, in questa direzione, non do-

vrebbe essere interpretato né dalla Amministrazione

Finanziaria né dagli utenti come uno strumento isola-

to, rigido ed asettico al quale ricorrere ed adeguare for-

zatamente le realtà.

Sarebbe quindi auspicabile, da un lato, che l’Agenzia

delle Entrate procedesse ad aggiornare ed affinare lo

Studio di Settore con metodologie rapide, come abbia-

mo visto essere rapidi i cambiamenti economici, e mi-

gliorasse le procedure di gestione del contraddittorio e

del contenzioso, dall’altro, che i contribuenti utilizzas-

sero al meglio le opzioni concesse dallo Studio medesi-

mo. Infine, una semplificazione dello strumento con una

riduzione delle variabili richieste aiuterebbe l’attiva-

zione di un processo virtuoso di semplificazione nel rap-

porto contribuenti-fisco.

Il lavoro che viene qui di seguito sinteticamente espo-

sto nasce dall’idea di approfondire dal punto di vista so-

cio-economico la realtà della professione degli Psicolo-

gi rilevabile oggi nel Lazio, confrontandola con quella

rilevata dallo Studio di Settore VK20U, attualmente

in vigore ed utilizzato dall’Amministrazione Finanziaria

per il controllo fiscale delle attività svolte dagli Psico-

logi.

L’esigenza è stata rilevata in numerosi incontri con i

professionisti che si sono rivolti allo sportello di ascol-to fiscale gratuito, attivato presso l’Ordine degli Psi-cologi del Lazio, dove sono state raccolte diverse se-

gnalazioni riguardanti lo Studio di Settore, più o meno

tecnicamente supportate, che tuttavia manifestano nel

loro complesso un certo disagio degli Psicologi nel rap-

portarsi con questo strumento di controllo utilizzato

dall’Agenzia delle Entrate.

L’Ordine degli Psicologi del Lazio ha quindi, con de-

libera n. 310-11 del 18-07-2011, approvato l’esecuzio-

ne della presente ricerca, affidata con determinazione

dirigenziale n. 68 del 03-10-2012, e volta ad approfon-

dire sistematicamente la correttezza dello Studio di Set-

tore VK20U, applicabile agli Psicologi, con specifico ri-

ferimento alla realtà economica nella Regione Lazio.

Il lavoro è inteso a rispondere anche alle ripetute sol-

lecitazioni ricevute dall’Osservatorio Regionale delLazio per l’adeguamento degli Studi di Settore al-le realtà economiche locali, istituito presso la Dire-

zione Regionale del Lazio dell’Agenzia delle Entrate, a

formulare proposte e suggerimenti statisticamente sup-

portati e valutabili anche dalla Società per gli Studi di

Settore (So.S.E.), in sede di aggiornamento dello stru-

mento stesso, scadenzato per il prossimo anno.

Quanto riportato nel presente documento, è frutto

della condivisione di un’idea da parte dell’Ordine degli

Psicologi del Lazio, della collaborazione di un team di

lavoro con competenze integrate e della partecipazio-

ne di molti Psicologi che hanno dato riscontro all’am-

pio questionario loro sottoposto.

PREMESSA

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studio di settore, premessa

117

OBIETTIVI DELLA RICERCA

La ricerca è stata focalizzata a rilevare sia il contesto

economico sociale che interessa la professione oggi, sia

l’analisi dello Studio di Settore VK20U applicato alle atti-

vità svolte dagli Psicologi, al fine di fornire degli spunti di

riflessione per gli organi deputati e competenti alla riela-

borazione, validazione ed aggiornamento dello stesso.

Gli Studi di Settore, spesso, non accolgono il favore dei

contribuenti in quanto considerati troppo lontani dalla

percezione reale della redditività dei fattori produttivi e,

in una logica di determinazione del reddito normale, pre-

mianti per i leader e penalizzanti per i contribuenti me-

no performanti del settore medesimo.

Sarebbe necessario un costante aggiornamento di que-

sto strumento, che recepisca prontamente i mutamenti

economici dei numerosissimi settori considerati.

A tal fine, il dialogo con gli Ordini professionali e le as-

sociazioni di categoria, promotrici di segnalazioni miglio-

rative degli Studi di Settore, può costituire il principale

strumento di avvicinamento tra istituzioni e contribuen-

ti.

La ricerca è stata eseguita mediante la somministra-

zione a 1.000 Psicologi di un questionario anonimo,

mirato a verificare le correlazioni delle variabili extra-

contabili con la variabile ricavi, al fine di identificare pos-

sibili carenze nelle funzioni di regressione poste a fonda-

mento dello Studio di Settore, applicabile agli Psicologi.

Con riferimento alla complessità degli Studi di Settore,

occorre preliminarmente richiamare l’attenzione sui li-miti della presente indagine, connessi alla quantità ed

alla qualità delle rilevazioni operate, sicuramente non

comparabile con la mole di dati conosciuti ed in posses-

so dell’Amministrazione Finanziaria, che riceve da tutti i

contribuenti, ogni anno, in via telematica, sia le dichiara-

zioni dei redditi sia i modelli degli Studi di Settore com-

pilati.

Con tale consapevolezza si è cercato di ricostruire più

le correlazioni di tendenza dei fattori produttivi con i

ricavi e le logiche sottese all’elaborazione degli Studi di

Settore che la quantificazione matematico-statisticadegli stessi.

Il presente documento quindi, non intende quantifica-

re le modifiche direttamente applicabili allo Studio di Set-

tore VK20U, compito quasi impossibile per chi non ha

proceduto all’elaborazione tecnica degli stessi, ma forni-

sce una serie di correlazioni di tendenza e considerazio-

ni che si auspica vengano raccolte dall’Amministrazione

Finanziaria e risultino utili ai fini della rideterminazione

del reddito fiscale, tramite lo Studio di Settore, e della

sua successiva comparazione con quello dichiarato dagli

Psicologi.

In altri termini, il documento desidera aiutare il pro-

cesso di affinamento dell’attuale Studio di Settore appli-

cato agli Psicologi, nel modo più realistico possibile, in-nescando un processo virtuoso di sintonia nel rap-porto tra la professione degli Psicologi e l’Agenziadelle Entrate, con l’obiettivo comune di ridurre al mini-

mo la probabilità di errori valutativi negli accertamenti.

A tal fine, si è cercato di far emergere alcune peculia-

rità collegate allo svolgimento della professione di Psico-

logo, in particolare nella Regione Lazio, apparentemente

non colte dalle funzioni di regressione e dai cluster utiliz-

zati dallo Studio di Settore.

La ricerca ha tentato inoltre, di individuare le modalità

ricorrenti di svolgimento della professione oggi, nonché

i settori della professione che evidenziano criticità mag-

giori e a più alto rischio di marginalità rispetto alla media

dei settori.

RINGRAZIAMENTI

La realizzazione della presente ricerca è stata resa pos-

sibile grazie alla sensibilità, il sostegno e le iniziative intra-

prese dall’Ordine degli Psicologi del Lazio a tutela della

professione, al quale va attribuito il principale ringrazia-

mento per questo risultato.

Non di meno si ringraziano tutti gli Psicologi che han-

no fornito la propria disponibilità a dare riscontro al que-

stionario loro sottoposto, ma anche a quanti per altri mo-

tivi non vi siano riusciti.

Un particolare ringraziamento agli Organi direttivi ed a

tutto il personmale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio

che hanno fornito ogni collaborazione richiesta alla rea-

lizzazione della ricerca.

Last but not least un particolare ringraziamento al team

di lavoro che ha portato avanti la ricerca con estrema de-

dizione ed interazione.

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studio di settore, analisi socio-economica

1.1. Gli iscritti nel Lazio: quanti sono, dove vivono e do-ve lavorano

Dall’analisi dei dati forniti dall’Ordine degli Psicologi delLazio è stato possibile rilevare alcune caratteristiche deiprofessionisti presenti sul territorio regionale che, di se-guito, vengono sinteticamente esposte e commentate, alfine di fornire una istantanea della professione di riferi-mento.

Gli Psicologi iscritti presso l’Ordine del Lazio sono in to-tale poco più di 16.600. Circa l’81% è costituito da Psico-logi di sesso femminile, mentre quelli di sesso maschilerappresentano solo il 19%, a conferma di una storica pre-senza, anche a livello nazionale, fortemente sbilanciata infavore delle donne.

Per quanto concerne la distribuzione territoriale nelgrafico che segue è possibile vedere come ben il 76% deicolleghi risiede in Provincia di Roma. Stiamo parlando di12.565 Psicologi, di cui 10.360 nel solo Comune di Roma.È curioso constatare che questi ultimi, nell’82% dei casi,sono anche nati nel Comune di Roma, a conferma di unatendenza ad una scarsa mobilità territoriale. Nella pro-vincia di Latina, i colleghi sono 769 e rappresentano cir-ca il 5% degli Psicologi laziali. Di essi 228 risiedono nelComune di Latina, i restanti in altri comuni della provin-cia. Diversa è la situazione nella Provincia di Frosinonenella quale ci sono 534 Psicologi (3% degli iscritti), di cui91 risiedono nel capoluogo. Nel viterbese sono presenti373 Psicologi (2%), di cui 107 risiedono nel Comune di

Viterbo. Nella Provincia di Rieti sono presenti 213 pro-fessionisti (1%), di cui 94 nel Comune di Rieti. Il restan-te 13% degli iscritti all’Ordine degli Psicologi del Lazio di-chiara di trovarsi temporaneamente in altre province aldi fuori del territorio laziale.

L’età anagrafica media degli iscritti all'Ordine del Lazio èdi circa 45 anni, mentre l’anzianità media professionale èdi circa 11,3 anni. Il dato evidenzia che la prima iscrizio-ne all’Ordine del Lazio avviene, in media, abbastanza avan-ti negli anni. Gli psicologi nella nostra Regione tendono,dunque, a inserirsi piuttosto tardi, dal punto di vista ana-grafico, nella professione. Tra il conseguimento della lau-rea e l’iscrizione all’Ordine intercorrono, infatti, in media,tra i 7 e gli 8 anni. I tempi del tirocinio post-lauream (unanno) e dell’Esame di Stato (4-6 mesi) spiegano solo inparte questo periodo di latenza tra il conseguimento del-la laurea e l’inizio della professione. Più probabilmente imotivi vanno ricercati in un’oggettiva difficoltà a inserir-si nella professione, come evidenziano i dati descritti piùavanti in questo documento.

Il dato medio regionale risulta di circa 381 persone re-sidenti per ogni Psicologo nel Lazio.

Il dato ponderato per la popolazione residente nelle di-verse Provincie, fonte Istat all’01-01-2013, genera il se-guente rapporto di potenziale utenza per ogni Psicologopresente sul territorio:

Roma 4.039.413/12.565 = 321

Latina 552.090/769 = 717

Frosinone 493.229/534 = 923

Viterbo 315.623/373 = 846

Rieti 156.521/213 = 734

Composizione per sesso sulla popolazione del Lazio

314719%

1346681%

134663147

Distribuzione territoriale psicologi per Provincia

13%

1%

2%3%

5%76%

RMLTFRVTRIA/PR

1. L’ANALISI SOCIO-ECONOMICA

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studio di settore, analisi socio-economica

119

Questo evidenzia, anche alla luce della modestissimaosmosi professionale tra le Province, commentata nel pro-sieguo che, dove la territorialità generale assegna unamaggiore redditività connessa al maggiore sviluppo del-l’area, di Roma per esempio, in realtà la potenziale clien-tela per Psicologo è notevolmente inferiore.

Dalle evidenze del questionario utilizzato per il presentelavoro ciò è riscontrato per la Provincia di Latina che hadei ricavi medi annui nel 2012 inferiori rispetto alle Pro-vincie di Frosinone, Viterbo e Rieti, mentre Roma rima-ne di poco superiore alle altre Provincie, nonostante ilbasso rapporto utenza-Psicologi, molto probabilmente perl’incidenza di fenomeni di disoccupazione (sopra non con-siderati) e del maggiore sviluppo economico della Pro-vincia.

Infine, se si considera che la media del nostro paese èdi circa uno psicologo ogni 710 abitanti, potrà essere me-glio compreso il fatto che i ricavi medi dichiarati nel La-zio sono di circa il 14,5% inferiori alla media nazionale.

La ripartizione per età evidenzia un incremento note-vole delle iscrizioni a partire dai nati dopo il 1970, che hasignificativamente incrementato l’offerta di professioni-sti sul territorio. I dati in nostro possesso sembrano indi-care che, a partire dalla metà degli anni ’80 le materie ditipo psicologico e il corso di laurea in psicologia abbianocominciato a attrarre un numero sempre maggiore di sog-getti desiderosi di intraprendere questo tipo di carrieraprofessionale. La lieve flessione nel numero degli iscrittinati nel periodo 1980-1984 che il grafico evidenzia puòspiegarsi con la già evidenziata difficoltà dei giovani a in-serirsi nel mercato del lavoro, che sposta ben oltre i 30anni l’età media al momento dell’iscrizione.

La situazione occupazionale degli psicologi iscritti pres-so l’Ordine del Lazio (al netto di un 21% degli iscritti chenon lo dichiara), delinea un quadro critico che merita unapprofondimento e una riflessione. Solo il 37% dei colle-ghi afferma di lavorare come psicologo. Vi è un 30% dicolleghi che svolge attività professionali diverse da quel-la di psicologo e, infine, un 33% di non occupati.

Tra gli occupati, vi è poi una significativa presenza diprofessionisti presso Pubbliche Amministrazioni, pari acirca 1.500 soggetti, autorizzati all’esercizio della liberaprofessione. Tra gli Psicologi del Lazio, dipendenti pub-blici autorizzati alla libera professione, più di un terzo la-vora presso il Servizio Sanitario Nazionale.

25.00

20.00

15.00

10.00

5.00

-Frosinone Latina Rieti Roma Viterbo Altre

regioni

Ricavi medi per provincia 2012

ante 19451945 - 19491950 - 19541955 - 19591960 - 19641965 - 19691970 - 19741975 - 19791980 - 19841985 - 1988

0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500

Ripartizione Psicologi del Lazio per anno di nascita

5469,93;33%

6185,77;37%

4959,93; 33% occupati come psicologooccupati come non psicologonon occupati

Status di occupazione psicologi del Lazio rimodulato

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120

studio di settore, analisi socio-economica

1.2 Gli approfondimenti operati tramite il questiona-rio su variabili qualitative

Sul campione di Psicologi del Lazio, selezionato preva-lentemente tra la popolazione soggetta agli Studi di Set-tore, più marcatamente presente nelle Provincie, si è ope-rato inoltre l’approfondimento di alcune variabili qualita-tive della Professione, che completano il quadro di insie-me descritto, sulla base dei dati di iscrizione all’Ordinedegli Psicologi del Lazio.

Nel corso dell’indagine infatti, si è anche voluto racco-gliere informazioni capaci di restituire una fotografia euno spaccato del lavoro dello Psicologo nel Lazio.

La tipologia contrattuale prevalente utilizzata è la par-tita IVA individuale, seguita da forme di lavoro dipendente,

con possibilità di esercitare l’attività privata. Del tuttomarginali in termini numerici sono le forme contrattualidi tipo associativo, a testimonianza di una realtà profes-sionale in cui stentano a decollare forme strutturate e or-ganizzate di collaborazione tra colleghi o con altri pro-fessionisti.

Con riferimento alle modalità di esercizio della profes-sione si rileva che ben il 58% dei colleghi intervistati, la-vora da solo, solo il 6% lavora in forma associata, il 4%con altri psicologi, il 2% con professionisti non psicologi.

Sono invece relativamente diffuse forme di collabora-zione non strutturata: il 13% collabora con altri profes-sionisti con differenti specializzazioni, il 23% con altri psi-cologi. Infine solo un’esigua minoranza di psicologi, pre-cisamente il 7%, si avvale di collaboratori diretti.

Quella dello psicologo sembra dunque essere, nella granparte dei casi, una realtà debolmente organizzata e a bas-sa propensione imprenditoriale, in cui continua a preva-lere la figura del soggetto singolo professionista che la-vora in modo prevalentemente individuale, salvo occa-sionali e informali collaborazioni con altri colleghi.

Un altro dato significativo riguarda il fatto che una buo-na percentuale di Psicologi, il 36%, affianca alla profes-sione un’altra attività lavorativa.

Le risposte alle domande relative al numero di ore set-timanali lavorate come Psicologo ed al numero di ore ef-fettivamente retribuite, confermano poi una seria diffi-coltà per gli Psicologi del Lazio a conseguire una pienaoccupazione.

L’acquisizione dell’utenza avviene prevalentemente at-

Attualmente svolge contemporaneamente più di un lavoro?

25%

7%4%

64%

no, solo 1

sì, 2

sì, 3

sì, 4 e oltre

250

200

150

100

50

0

Part

ita Iv

asi

ngol

a

Part

ita Iv

aas

soci

azio

ne

Con

trat

to a

prog

etto

Con

trat

toin

term

itten

te

Dip

ende

nte

con

poss

ibili

Quali tipologie contrattuali utilizza nell’ambito delle sue attività

attività come Psicologoaltre attività

Dipendenti pubblici autorizzati alla libera professione

431

39

1065

ALTROINTRAMOENIAEXTRAMOENIA

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traverso strategie tradizionali: passaparola di clienti e ami-

ci, invio da parte di altri professionisti, contatti con strut-

ture pubbliche e private.

Una rilevanza e un impatto relativamente modesto han-

no altre forme di pubblicità come la presenza su internet,

l’uso di volantini o locandine, le pubblicazioni o la pre-

senza a convegni. Anche in questo caso si conferma un

assetto professionale piuttosto tradizionale degli Psico-

logi del Lazio con la scarsa propensione a porre in esse-

re strategie evolute di contatto con la clientela potenzia-

le o di forme strutturate di marketing.

1.3 La soddisfazione lavorativa

Per quanto concerne il livello di soddisfazione per la

professione svolta, il quadro che emerge dall’indagine è

di luci ed ombre. Vi è tra gli intervistati una percentuale

elevata di quanti si dichiarano soddisfatti per la crescita

professionale esperita nel corso del proprio percorso pro-

fessionale (risposte ottimo + buono pari al 71%), per le

relazioni con gli altri colleghi (69%), per i livelli di auto-

nomia nel proprio lavoro (62%).

La stabilità lavorativa e il ritorno economico rappre-

sentano, invece, aree di forte criticità rispetto alle quali

oltre la metà dei colleghi intervistati si dichiara insoddi-

sfatto o molto insoddisfatto.

La tabella in fondo pagina riepiloga graficamente le ri-

sposte ricevute per i livelli di soddisfazione connessi ai

diversi aspetti della professione.

Le forti criticità connesse alla stabilità lavorativa ed al

ritorno economico sembrano essere ascrivibili principal-

mente all’elevata concentrazione di Psicologi nella Pro-

vincia di Roma, evidenziando un potenziale eccesso di of-

ferta di servizi psicologici. Come già detto in precedenza

infatti, il rapporto tra psicologi e abitanti è nel Lazio di

circa uno psicologo ogni 381 abitanti, mentre è di 1 ogni

710 abitanti nella media d’Italia, di 1 ogni 1.800 abitanti

in Francia e negli Stati Uniti, di 1 ogni 2.000 abitanti in

Germania e di 1 ogni 3.000 abitanti in Gran Bretagna.

121

studio di settore, analisi socio-economica

Tempo libero

Ritorno economico

Relazioni tra colleghi

Autonomia

Stabilità lavorativa

Crescita professionale

Soddisfazione complessiva

0% 20% 40% 60% 80% 100%

Livelli di soddisfazione per diversi aspetti della professione

ottimo

buono

sufficiente

mediocre

insufficiente

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studio di settore in sintesi

122

La disciplina degli Studi di Settore è stata introdotta nelnostro ordinamento dall’art. 62 bis del D.L. 30 agosto 1993,n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993 n. 427. GliStudi di Settore sono il frutto di un accordo di reciprocacollaborazione tra Amministrazione finanziaria, associazio-ni di categoria e ordini professionali.

Tale metodologia di accertamento che sottende la logicadella determinazione del reddito come reddito normale, hariscontrato molte critiche nella sua applicazione pratica,pur avendo costituito uno strumento di forte ausilio nel-l’individuazione dei controlli da porre in essere per l’Am-ministrazione Finanziaria.

Lo Studio di Settore applicabile alle attività svolte dagliPsicologi, codificato come VK20U, è in vigore dall’anno diimposta 2011, ed è stato approvato con decreto ministe-riale del 28 dicembre 2011, quale evoluzione delle sue ver-sioni precedenti, UK20U e TK20U.

Lo Studio di Settore attribuisce agli Psicologi un “ricavopuntuale” calcolato su base statistica, tenendo conto sia divariabili contabili sia di variabili strutturali, che l’ammini-strazione finanziaria presume essere pari al risultato eco-nomico del soggetto esercente attività professionale, an-che con riferimento al contesto territoriale in cui opera.

Gli Studi di Settore sono strumenti statistici di accerta-mento che vengono continuamente aggiornati su base ro-tativa al fine di riflettere i cambiamenti che intervengononei vari settori economici nel tempo. Ogni anno ne vengo-no revisionati circa un terzo del totale e, per tutti, annual-mente, tramite appositi decreti, vengono validati dei cor-rettivi che riflettono l’andamento congiunturale dell’eco-nomia o gli andamenti di specifici settori o aree territoria-li.

Inoltre, viene costantemente revisionata la loro proce-dura di comunicazione, la loro valenza probatoria in sededi contenzioso tributario e le connesse sanzioni per il con-tribuente in caso di inadempimenti compilativi.

Lo Studio di Settore degli Psicologi differenzia a livellostatistico 12 diversi profili di Psicologi denominati anche“cluster” ad ognuno dei quali attribuisce, tramite diversefunzioni di regressione, una diversa redditività dell’attivitàprofessionale medesima.

Nel suo complesso, quindi, la clusterizzazione operata al-l’interno dello Studio di Settore VK20U non appare parti-

colarmente efficace nella misura in cui genera, da un lato,classi troppo numerose e troppo simili dal punto di vistareddituale-organizzativo, dall’altra, individua classi residualitroppo piccole, che rischiano di non avere sufficiente va-lenza statistica.

2.1 Percezione dello Studio di Settore

La maggioranza dei colleghi dichiara di conoscere il si-gnificato dei concetti di congruità e coerenza anche se, unabuona percentuale, afferma di non padroneggiare piena-mente questi concetti con cui il fisco valuta le dichiarazio-ni dei redditi presentate.

Alla richiesta di indicare se, nel corso degli ultimi quat-tro anni, le dichiarazioni reddituali presentate siano statedichiarate o meno congrue e/o coerenti, il campione inter-vistato si divide a metà tra quanti danno una risposta posi-tiva e quanti non sanno rispondere.

Questa disinformazione, unitamente ai criteri eccessiva-mente stringenti utilizzati negli Studi stessi, rischia di espor-re molti professionisti a procedure di accertamento e dimoltiplicare la conflittualità con il fisco.

2.2 Psicologi del Lazio che compilano gli Studi di Set-tore

Chiaramente, non tutti gli Psicologi iscritti all’Ordine delLazio sono lavoratori autonomi soggetti a Studi di Settore,per via dei requisiti normativi.

Infatti, a livello regionale, per l’anno d’imposta 2010 (UNI-CO 2011), l’Agenzia delle Entrate del Lazio ha ricevuto nelLazio n. 2.402 Studi di Settore inviati da Psicologi, rappre-sentanti il 16% di quelli presentati a livello nazionale, cor-

Numero di studi presentati all’Agenzia delle Entrate a livello nazionale per l’anno 2010

12.683 2.402

LazioAltre Regioni

2. LO STUDIO DI SETTORE DEGLI PSICOLOGI IN SINTESI

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rispondenti a 15.085 studi. La differenza, pari a 12.683 stu-di di settore presentati, proviene quindi dalle altre Regio-ni italiane.

Un altro dato molto interessante, come si evince dal gra-fico seguente, riguarda la media dei ricavi e compensi di-chiarati a livello laziale che è pari a 25.181 euro, e si disco-sta significa-tivamente dalla media nazionale, per un valo-re percentuale di circa il 14,5% in meno.

Il fenomeno rilevato dall’Agenzia delle Entrate corrispondeperfettamente con le risultanze delle statistiche di rispostaal questionario, per l’anno 2012, che ha confermato questodato.

A conferma di un fenomeno stabile nel tempo per il La-zio, anche i risultati dell’indagine a campione evidenzianoche i ricavi medi dichiarati, per l’anno 2012, pari a circa eu-ro 18.667, inferiori alla media nazionale e coerenti con lamarcata linea di tendenza recessiva tracciata per il perio-do 2008-2012.

2.3 Campione per l’analisi dello Studio di Settore nelLazio

Come si è visto dall’analisi dei 16.613 professionisti iscrit-ti all’Ordine degli Psicologi Lazio, non tutti sono soggettiagli Studi di Settore, che sono stati presentati nel 2010 so-lo da n. 2.402 Psicologi.

Partendo da tale dato, ai fini dell’indagine campionaria,si è quindi cercato di identificare un sottoinsieme di pro-fessionisti, interessato dall’obbligo di compilazione degli

Studi, quanto più possibile omogeneo per altre variabili aquello totale del Lazio.

A fronte dei mille questionari inviati, complessivamente,sono state ricevute 294 risposte, comunque, al di sopra dellivello di significatività prefissato per l’intera popolazionedel Lazio e rideterminato rispetto ai 2.404 Psicologi del La-zio interessati dagli Studi di Settore nel 2010.

2.4 Il rapporto degli Psicologi con gli Studi di Settore

Alcune domande del sondaggio hanno cercato di analiz-zare il grado di conoscenza ed il modo in cui gli Psicologi sirapportano con gli Studi di Settore. In questo paragrafo, siriportano le principali evidenze riscontrate.

La prima domanda, riferita alla conoscenza o meno del-lo strumento degli Studi di Settore, ha riscontrato un’infor-mativa molto diffusa dello strumento, probabilmente ascri-vibile anche all’attenzione a questi rivolta dall’ Ordine de-gli Psicologi del Lazio negli ultimi anni.

Nell’ambito del campione si è poi rilevato quanti Psico-logi siano in grado di compilarlo autonomamente e si è vi-sto che solo il 6% degli intervistati è in grado di occuparsidi questo adempimento in via autonoma mentre la gran par-te di essi affida il compito al commercialista o al consulen-te fiscale, con chiari aggravi economici.

La lettura complessiva delle altre domande qualitativerivolte agli intervistati fornisce uno stato generale di mal-contento rispetto allo Studio di Settore VK20U, conside-rato da molti uno strumento non capace di cogliere l’e-voluzione dei ricavi puntuali di ogni singolo Psicologo so-prattutto negli ultimi anni.

studio di settore in sintesi

123

Confronto Studi di Settore presentati a livello regionale/nazionale per l’anno 2010

euro 40.000

euro 30.000

euro 20.000

euro 10.000

0Ricavi

euro 25.181

euro 29.500

Reddito medio

euro 18.546

euro 21.700

Costi medi

euro 6.636

euro 7.800

Lazio

Italia

Lazio Italia Sa che cosa sono gli Studi utilizzati per la determinazione dei Ricavi?

SìNoNon so

10%

11%

79%

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124

studio di settore, considerazioni complessive

3.1 Considerazioni complessive sullo studio VK20U

A conclusione del lavoro esposto di seguito, vengono

quindi riepilogati i diversi aspetti emersi nello studio con-

dotto che saranno sottoposti all’attenzione dell’Osserva-

torio Regionale del Lazio e che, auspicabilmente, potranno

rapidamente trovare riscontro da parte dell’Amministra-

zione Finanziaria al fine di operare gli urgenti correttivi

allo Studio VK20U per gli Psicologi.

3.2 Superare le difficoltà di compilazione - revisionedelle informazioni richieste

Attraverso le analisi sin qui esposte, ci si è resi conto

che, proprio in sede di dichiarazione dei redditi, nel mo-

mento in cui si compila lo Studio di Settore, emergono di-

verse difficoltà, principalmente legate alla non immedia-

ta conoscibilità di alcune variabili richieste dallo Studio

di Settore e dall’eccessivo numero di domande.

Le variabili che generano maggiori difficoltà di compi-

lazione sono quelle che normalmente, durante l’anno, non

vengono monitorate né dallo Psicologo né dal suo consu-

lente fiscale e riguardano principalmente le domande cir-

ca la composizione percentuale della tipologia delle pre-

stazioni svolte nonché la ripartizione percentuale delle

modalità di calcolo dei compensi, che in larga parte si è

visto non incidere significativamente sul calcolo dei rica-

vi dello Studio di Settore.

Infatti si è riscontrato che più della metà delle variabi-

li richieste nello Studio di Settore sembrano non modifi-

care affatto i risultati dello stesso, né in termini di attri-

buzione ad un determinato cluster né tantomeno in ter-

mini di stima dei ricavi puntuali.

A fronte di tante domande che, salvo precisazioni del-

l’Agenzia delle Entrate, non sembrano essere utilizzate

concretamente nell’esecuzione dello Studio di Settore, si

ritiene che possa essere operata una drastica riduzione

delle informazioni richieste, che porrebbe gli utilizzatori

in migliore confidenza con lo strumento ed eviterebbe

inesattezze dannose per il contribuente e per l’Ammini-

strazione, con chiari alleggerimenti nella compilazione.

L’elenco di tutte le variabili richieste dallo Studio di Set-

tore VK20U e della loro incidenza, a parità di altre con-

dizioni, sulla clusterizzazione e sulla stima dei ricavi pun-

tuali è riportato in Allegato n. 3.

Ad oggi, i sistemi contabili amministrativi utilizzati da-

gli Psicologi (e dagli altri professionisti in generale) non

riescono a raccogliere i dati richiesti dallo Studio di Set-

tore e non consentono di compilare agevolmente con pre-

cisione tutti i campi richiesti dallo Studio, con la conse-

guenza che l’intero Studio di Settore presentato possa es-

sere disconosciuto dall’Amministrazione Finanziaria.

Lo Studio di Settore dovrebbe quindi indicare anche i

sistemi amministrativi da adottare per validare la trac-

ciabilità dei dati extracontabili forniti, dando la possibi-

lità di inserire le variabili principali con la massima accu-

ratezza, senza che queste siano frutto di stime dello Psi-

cologo o del suo consulente fiscale.

3.3 La Territorialità nel Lazio - dati regionali dell’A-genzia delle Entrate

La territorialità è la componente che si applica a tutti

gli Studi di Settore per ponderare la redditività di setto-

re con la localizzazione dell’attività in aree più o meno

economicamente e socialmente sviluppate del nostro pae-

se.

Come si è visto, allo Studio VK20U si applica la territo-

rialità generale comune ad un gran numero di altri setto-

ri, vale a dire quella calcolata sulla base di indicatori di

sviluppo territoriale nazionale, di fatto fondati su carat-

teristiche essenzialmente socio-economiche. L’area del

Lazio ed, in particolare, l’area di Roma, essendo conno-

tata da indicatori economici superiori alla media nazio-

nale assegna in media agli Psicologi del Lazio, ceteris pa-

ribus, una presunta maggiore capacità di produrre rica-

vi rispetto ai colleghi delle altre Regioni.

Dall’analisi condotta, anche su dati direttamente forni-

ti dall’Agenzia delle Entrate, è emersa con grande evi-

denza la circostanza che, nel Lazio vi sia in realtà una mi-

nore redditività per gli Psicologi, ascrivibile ad un rap-

porto tra numero di potenziali utenti e numero di pro-

fessionisti molto inferiore alla media nazionale, ed in pre-

senza di una professione che opera essenzialmente a li-

vello locale.

3. CONSIDERAZIONI COMPLESSIVE

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studio di settore, considerazioni complessive

125

Vi è, infatti, un’elevata concentrazione di Psicologi nel-

la provincia di Roma, che genera un eccesso di offerta

pro-capite di servizi psicologici.

Inoltre, una forte localizzazione del servizio si rivolge

ad un’utenza che nel 97% dei casi è ubicata nella stessa

provincia in cui il professionista ha la sede della propria

attività.

Lo Studio di Settore rileva quanto sopra con la territo-

rialità generale che ha un’incidenza molto modesta sul

complesso calcolo dei ricavi che peraltro applica a livello

provinciale. Alla luce di quanto sopra sarebbe opportuno

rideterminare per gli Psicologi i coefficienti della territo-

rialità generale rivisti ed applicarli non a livello provin-

ciale ma a livello comunale, in quanto, sul territorio la-

ziale, a parità di dati strutturali e contabili, possono va-

riare significativamente le condizioni dell’utenza di rife-

rimento.

Considerata anche la forte localizzazione del servizio,

nella determinazione dei coefficienti territoriali, andreb-

be calcolata una variabile discriminante che individui non

tanto il Comune, come entità amministrativa, ma un in-

dicatore di rapporto tra i potenziali utenti dell’area con-

siderata e gli Psicologi esercenti nell’area medesima, uti-

lizzando dati tutti già in possesso dell’Amministrazione

Finanziaria.

Infatti, ad esempio, lo Psicologo che opera in Roma cen-

tro, per effetto di un elevato numero di professionisti eser-

centi nello stesso territorio, potrebbe avere minori po-

tenziali clienti, rispetto allo Psicologo che opera in Alba-

no Laziale, piuttosto che in Palombara Sabina.

D’altra parte si è verificato che la collocazione territo-

riale dell’attività dello Psicologo, in molti casi posta pres-

so la propria abitazione in uso promiscuo, non sembra

dettata frequentemente da ragioni di analisi economica

del mercato.

I dati dell’Agenzia delle Entrate per il 2010, riportati nel

seguente grafico, evidenziano immediatamente il proble-

ma riscontrato anche in tutto il periodo 2009-2012.

Come si evince dal grafico che segue, la media dei ri-cavi e dei redditi dichiarati a livello laziale si discosta si-

gnificativamente dalla media nazionale, per un valore per-

centuale di circa il 14,5% in meno.

I professionisti del Lazio rappresentano circa il 16% diquelli presentati a livello nazionale, un numero decisa-mente troppo elevato di laureati in psicologia per le pos-sibilità occupazionali di questa professione nella nostraRegione.

Per dare un’idea, il rapporto tra psicologi e abitanti ènel Lazio di circa uno psicologo ogni 380 abitanti (con unapunta di 1 ogni 321 nella Provincia di Roma), mentre è di1 a 710 nel resto d’Italia, di circa 1 a 1.800 in Francia enegli Stati Uniti, di 1 a 2.000 in Germania, di 1 a 3.000 inGran Bretagna.

Questo aspetto è emerso in modo molto chiaro anchedall’indagine condotta, che ha confermato ricavi medi, di-chiarati dal campione di Psicologi del Lazio intervistato,notevolmente al di sotto della media nazionale ed in for-te diminuzione negli anni 2011 e 2012.

Infatti, l’analisi delle risposte riscontrate su questa te-matica nel questionario, per l’anno 2012, ha confermatoin 18.667 euro il valore medio dichiarato dei ricavi.

In tal senso, è possibile affermare senza dubbio alcunoche nel Lazio si riscontrano ricavi, costi, e conseguentiredditi imponibili medi inferiori rispetto alla media na-zionale.

Il fenomeno può essere dovuto all’elevato numero di Psi-cologi presenti nella Regione Lazio, che ricordiamo esse-re pari a circa 16.600 degli 84.000 circa operanti a livellonazionale, varrebbe a dire su base nazionale circa il 20%del totale professionisti, a fronte di una clientela che astento raggiunge il 10% di quella nazionale, costituita es-senzialmente dalla popolazione residente nella RegioneLazio.

Confronto Studi di Settore presentati a livello regionale/nazionale per l’anno 2010

euro 40.000

euro 30.000

euro 20.000

euro 10.000

0Ricavi

euro 25.181

euro 29.500

Reddito medio

euro 18.546

euro 21.700

Costi medi

euro 6.636

euro 7.800

Lazio

Italia

Lazio Italia

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studio di settore, considerazioni complessive

126

Fenomeno che comporta indubbiamente un aumento deilivelli territoriali di concorrenza, che deprimono la mar-ginalità, superiori rispetto alle altre Regioni.

Una territorialità specifica per il Lazio sarebbe quin-di auspicabile se non necessaria al fine di riequilibra-re un fenomeno, peraltro evidente dagli stessi dati ri-levati dall’Agenzia delle Entrate.

3.4 L’ultimo aggiornamento dello Studio di Settore ela crisi economica

L’analisi dell’ultima evoluzione dello Studio di SettoreUK20U, che ha generato l’attuale VK20U ha evidenzia-to diverse criticità, in parte connesse alla metodologia uti-lizzata dall’Amministrazione Finanziaria per gli aggiorna-menti degli Studi, in parte connesse conil manifestarsi concreto e duro della cri-si economica nel settore della doman-da di servizi psicologici.

Infatti la media dei ricavi puntuali cal-colati dallo Studio di Settore per tutti icluster è passata da euro 39.181 delloStudio UK20U, applicabile fino all’e-sercizio fiscale 2010, ad euro 43.592dello studio VK20U, applicabile dall’e-sercizio 2011 in poi, con un incre-mento medio di ricavi stimati pari acirca l’11,2%.

Tale valore appare rilevante e, an-corché non ponderato per la numero-sità dei contribuenti ricadenti in ognicluster, non sembra essere riscontra-bile, come più avanti evidenziato, neirisultati della analisi campionaria svolta che per il 2012ha evidenziato un decremento dei ricavi di circa l’8%.

Il fenomeno paradossale sembra ascrivibile, in larga par-te, alla metodologia seguita per l’aggiornamento dello Stu-dio di Settore, basata principalmente sulle evidenze deidati dichiarati dai contribuenti nei 2-3 anni precedenti ladata di revisione dello Studio medesimo.

La revisione dello studio VK20U infatti sembrerebbeaver preso a base di aggiornamento i ricavi dichiarati da-gli Psicologi negli anni 2008-2009 e 2010, peraltro, anni

in cui l’attuale crisi economica non aveva ancora fatto sen-tire in pieno i suoi effetti. Il procedimento ha generato unaggiornamento incrementativo medio, a parità di altrecondizioni, di circa l’11,2% nei ricavi stimati, per l’interosettore dei servizi forniti dagli Psicologi, a fronte di unaevoluzione reale del mercato in netta recessione, che loStudio, costruito basandosi su un triennio precedente, dimoderata crescita, non ha colto in toto.

L’indagine ha rilevato il risultato che è riportato nel gra-fico sottostante e che evidenzia come, negli ultimi cinqueanni, la variazione percentuale dei ricavi, riscontrata daiprofessionisti intervistati, è stata positiva per il 2008(+2,3%), minimamente positiva per il 2009 (+0,1%), perpoi passare a tassi di variazione decisamente negativi econ trend costante nel 2010 (-2,1%), nel 2011(-4,8%) enel 2012 (-8%).

Il 2013 non è stato oggetto di domanda ma gli indica-tori macroeconomici e la linea di tendenza tracciata nelgrafico evidenziano una situazione che, con massima pro-babilità, porterà ad un ulteriore riduzione nella misura del10%.

A fronte di tale situazione, la rielaborazione dello Stu-dio di Settore ha generato un incremento dei coefficien-ti di redditività del settore, in media, di circa l’11,2%.

Incremento che è stato successivamente solo in mini-ma parte bilanciato dai correttivi introdotti, per fronteg-

Vari

azio

ni p

erc

en

tuali r

icavi

4,00%

2,00%

0,00%

-2,00%

-4,00%

-6,00%

-8,00%

-10,00%2008 2009 2010 2011 2012

Anni

Variazioni annue percentuali dei Ricavi dal 2008 al 2012

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studio di settore, considerazioni complessive

127

giare la crisi, stimati nell’ordine del -1%.

L’errata direzione in cui si è portato l’aggiornamentodello Studio di Settore VK20U è riscontrabile anche daun altro effetto, riscontrato nell’analisi condotta, riferitoalla congruità.

Il campione intervistato ha infatti evidenziato un saltoverso il basso della percentuale di Psicologi risultati con-grui, proprio nell’anno in cui è stato aggiornato lo Studiodi Settore.

Questo fenomeno è rilevato, nel grafico seguente, dal-la linea azzurra che è notevolmente traslata verso il bas-so, soprattutto per le categorie reddituali più basse, a ri-conferma di un generale decremento, in quell’anno, del-la percentuale degli Psicologi congrui.

Dal grafico emerge anche come, al crescere dei ricavidichiarati, la percentuale di professionisti risultati con-grui è risultata mediamente maggiore. Dunque coloro cheriscontrano nella propria attività ricavi maggiori risulta-no, statisticamente, essere più facilmente congrui.

Sebbene questo sia un effetto difficilmente elimina-bile in una concezione di reddito normale, sarebbeauspicabile che lo Studio di Settore, ben ricalibrato,riuscisse, quanto meno, a mitigare questo aspetto.

Quanto sopra rende lo Studio di Settore aggiornatopiù lontano rispetto alla realtà economica vissuta da-gli Psicologi e richiede una verifica, che riporti i livel-li di congruità almeno a quelli riscontrati nel triennio2008-2010, rettificando i parametri utilizzati per l’e-voluzione approvata dello Studio VK20U.

3.5 La rilevanza dell’anzianità professionale

Nello studio condotto la variabile anzianità professio-nale manifesta una chiara ed inequivocabile correlazionepositiva con la variabile ricavi, che dovrebbe essere rap-presentata nello Studio di Settore.

Nel grafico seguente è esposto il risultato di tale corre-lazione.

Ricavi annui per classi di anzianità professionale

Ric

avi an

nu

i 2012

60.000

50.000

40.000

30.000

20.000

10.000

-da 1 a 5

da 6a 10

da 11a 15

da 16a 20

da 21a 25

da 26a 30

da 31a 35

da 36a 40

da 41a 50

Classi di anzianità professionale

Analisi della congruità dal 2008 al 2011

65%

60%

55%

50%

45%

40%

35%

30%

25%

% c

on

gru

ità p

er

cla

ssi d

i ri

cavi

2008 2009 2010 2011 __ lineare (2008) __ lineare (2010) __ lineare (2009) __ lineare (2011)

euro 3.000 13.000 23.000 33.000 43.000

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studio di settore, considerazioni complessive

128

Dal grafico si nota una netta correlazione positiva tra

ricavi e anzianità professionale, per l’anno 2012. I ricavi

annui dichiarati nel sondaggio, in media, risultano di po-

co superiori ai 10.000 euro, per gli Psicologi con anzianità

professionale ricompresa tra 1 e 5 anni, mentre via via

crescono all’aumentare dell’anzianità professionale.

I ricavi restano al di sotto dei 30.000 euro fino ai 30 an-

ni di anzianità professionale, per poi superarli di poco tra

i 31 ed i 35 anni di esperienza, mentre, dai 36 anni ai 45

anni si rileva un incremento, sino ad oltre 50.000 euro, di

ricavi medi dichiarati.

Il costante aumento degli iscritti negli ultimi anni ha ge-

nerato un aumento di concorrenza ed un eccesso di of-

ferta tra i giovani professionisti che, con domanda so-

stanzialmente invariata (se non decrescente), non ha po-

tuto che riflettersi in modo depressivo sulla remunera-

zione e la resa oraria media professionale.

Lo Studio di Settore VK20U rileva tale informazionenella domanda n. 6 dei dati generali, che tuttavia, dal-l’analisi svolta sull’ influenza delle variabili richiestenella determinazione dei ricavi, non sembra avere in-cidenza effettiva sui ricavi puntuali forniti dallo Stu-dio medesimo.

Sarebbe auspicabile che tale informazione venga uti-lizzata determinandone i coefficienti di correlazionein modo puntuale all’interno delle funzioni di re-gressione sottostanti i 12 cluster individuati dallo Stu-dio VK20U.

Andrebbe riconsiderata, infine, l’anzianità professiona-

le, anche in virtù del fatto che, negli ultimi anni, si è rile-

vato un notevole incremento delle iscrizioni all’albo di

nuovi Psicologi, che ha portato sicuramente ad un eccesso

di offerta in rapporto alla popolazione, specialmente tra

i profili professionali più giovani.

3.6 La resa media oraria utilizzata dallo Studio di Set-tore

È stato chiesto agli intervistati quante settimane aves-

sero lavorato nel 2012, quante ore a settimana avessero

dedicato alle prestazioni psicologiche, e di quantificare

all’interno delle ore settimanali lavorate, quante ore fos-

sero riusciti effettivamente poi a farsi pagare dai propri

clienti.

Grazie alle risposte forniteci ed alla correlazione delle

stesse con le risposte alla domanda sui ricavi conseguiti

nel 2012, si è ottenuta una stima puntuale della resa ora-

ria media degli Psicologi, consentendo il confronto con la

resa media calcolata dallo Studio di Settore VK20U.

La resa media oraria rilevata anche dagli indicatori di

normalità economica (INE) utilizzata nello Studio di Set-

tore applicato agli Psicologi (VK20U) è risultata pari a cir-

ca euro 57.75, evidenziata dalla linea blu del grafico.

Dall’analisi dei risultati del sondaggio condotto, invece,

si è visto che, tralasciando alcune punte anomale regi-

strate per le classi di ricavo di 26.250 euro e di 41.250 eu-

ro, tutte le classi di ricavo evidenziano rendite orarie me-

die molto inferiori a quelle dello Studio di Settore.

La prossima revisione dello Studio dovrebbe consi-derare delle rese orarie medie inferiori del 20%-25%circa, rispetto a quelle attualmente utilizzate, che ri-flettano anche le ore lavorate e definitivamente per-se per effetto del mancato pagamento dei clienti.

3.7 Altre discrasie tra lo Studio e le evidenze empiri-che riscontrate

Nell’indagine sviluppata, ed a seguito dell’incrocio con

la variabile ricavi delle domande poste, sono emerse del-

le differenze empiriche nell’effettiva ponderazione dei

coefficienti di regressione applicati ad alcune variabili. Le

principali discrasie tra le assunzioni dello Studio di Set-

tore e le evidenze statistiche rilevate sono di seguito ri-

portate.

L’elasticità della domanda di servizi psicologici.

L’Analisi svolta sembrerebbe confermare che l’organiz-

zazione prevalente nel settore dei servizi della Psicologia

genera, sia per caratteristiche innate del servizio, sia per

una certa ritrosia all’innovazione, un servizio caratteriz-

zato da bassa mobilità, in cui la scelta della sede in molti

casi non è determinata dall’analisi della localizzazione del-

la domanda effettiva.

Il risultato è l’assenza pressoché totale di un mercato

internazionale di riferimento e una dimensione essenzial-

mente locale del servizio. Il dato, collegato alla difficile

territorialità per il Lazio ed alla crisi economica naziona-

le nel suo complesso, completa un quadro economica-

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mente molto difficile per la categoria che si somma adun’elevata elasticità della domanda.

Ancorché non sia possibile dare una dimensione del fe-nomeno, la sensazione è che gli Psicologi risentano dei ci-cli economici in modo più che proporzionale rispetto adaltri settori tradizionali legati ai beni primari di consumo.

Infatti, dall’indagine le variazioni dei ricavi e dei reddi-ti riscontrate nel 2011 e nel 2012 (-4% registrato nel 2011e -8% per il 2012) risultano notevolmente superiori ri-spetto a quelle dei dati macroeconomici nazionali, circo-stanza che evidenzia come i servizi nel campo della psi-cologia costituiscano un settore cosiddetto “di benidi lusso” che subisce oscillazioni della domanda più cheproporzionali alle variazioni dei dati economici nazionali.

I correttivi per la crisi hanno cercato di bilanciare talefenomeno con coefficienti molto bassi, inferiori all’1%,che per il settore degli Psicologi non risultano sufficien-ti, considerata la notevole variabilità della domanda diservizi psicologici.

Clusterizzazione da migliorare

A livello nazionale, gli Psicologi considerati dallo Stu-dio VK20U per più della metà sono classificati, o come sidice in gergo tecnico, clusterizzati in soli 3 particolari clu-ster, di cui due molto simili riferiti a studi specializzati inpsicoterapia individuale, che costituiscono in somma il41% del totale.

La presenza in soli 3 su 12 cluster, di oltre il 50% dellapopolazione analizzata, non appare un risultato parti-colar-mente significativo dal punto di vista statistico.

Al contrario, altri Cluster sono risultati a livello nazio-nale di bassissima numerosità, come gli Psicologi della fa-miglia, di coppia e di gruppo, con solo 362 professionistie gli Psicologi che operano nello sport, con solo 91 con-tribuenti, le cui evidenze statistiche sembrano limitatedalla esigua popolazione di riferimento e potrebbero for-nire dati poco significativi.

Nel suo complesso quindi la clusterizzazione operataall’interno dello Studio di Settore VK20U non appare par-ticolarmente efficace e rischia di non avere sufficientevalenza statistica.

Rilevanza dell’Organizzazione del lavoro e della sede

Dall’analisi svolta vi è una certa correlazione tra l’orga-

nizzazione del lavoro adottata dai professionisti e la loro

redditività. Il dato riflette la circostanza che la forma di

apertura dello studio presso la propria abitazione è la for-

mula adottata dai professionisti che evidenziano ricavi

mediamente bassi e che, in tale modo, riducono i costi

professionali, mentre l’utilizzo di strutture di terzi o as-

sociate si riscontra per professionisti con redditività mag-

giore.

Lo Studio di Settore VK20U rileva tale informazione,

sulla tipologia di sede utilizzata, nelle domande D44, D45,

D46 e D47. Tuttavia, dalla analisi svolta sull’influenza rea-

le delle variabili nella determinazione dei ricavi, detta va-

riabile non sembra avere alcuna incidenza effettiva sui ri-

cavi puntuali forniti dallo Studio medesimo.

Sarebbe auspicabile che tale informazione venga utiliz-

zata determinandone i coefficienti di correlazione in mo-

do puntuale all’interno delle funzioni di regressione sot-

tostanti i 12 cluster individuati dallo Studio VK20U.

Marginalità della professione – estensione del regime

agevolato oltre i 5 anni

Una caratteristica del settore degli Psicologi emersa

chiaramente da analisi effettuata è che la redditività dei

professionisti è al minimo delle categorie professionali nel

loro complesso e pone seri problemi di congruità, a fron-

te di costi difficilmente comprimibili.

Dall’analisi delle risposte emerge che, nel 2012, l’80%

degli Psicologi non ha raggiunto ricavi superiori ai

30.000 euro annui.

Tuttavia, molti Psicologi, in considerazione dell’anzia-

nità media professionale abbastanza elevata della popo-

lazione complessiva del Lazio, non rientrano nel regime

quinquennale agevolato dei contribuenti minimi, che per-

metterebbe loro di essere esonerati dall’obbligo di alle-

gare alla propria dichiarazione il modello compilato del-

lo Studio di Settore.

Occorrerebbe introdurre un livello di esonero o di

semplificazione della compilazione dello Studio di

Settore per coloro che, ancorché fuoriusciti dal quin-

quennio agevolato, abbiano continuato ad evidenzia-

re ricavi inferiori ai 30 mila euro.

studio di settore, considerazioni complessive

129

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130

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Page 131: Noi e Innovazione e Sviluppo. › wp-content › uploads › ... · 2017-01-30 · Innovazione e Sviluppo. Pis, tutti i progetti selezionati. Così crescono le buone prassi. Premiata

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