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1 Noah: il bambino nato senza cervello Questo mese abbiamo deciso di aprire il nostro giornale con una storia di amore e di perseveranza, che ci insegna a confidare anche nell’insperato. Plauto scriveva “le cose in cui non speri accadono più spesso delle cose in cui speri .” Dunque l’augurio è quello di guardare le avversità con occhi differenti, viverle come sfide e non come ostacoli, perché ciò che non sembra possibile a volte può diventarlo grazie alla costanza e alla dedizione. Questo bel bambino a prima vista sembra perfettamente normale. Lo è, o meglio, ora lo è. Vedendolo per la prima volta non si saprebbe dire perché molti ormai gridano al miracolo. Si chiama Noah Wall e al momento della sua nascita i medici avevano previsto che non sarebbe sopravvissuto o che sarebbe comunque rimasto gravemente disabile. Nell’utero materno Noah aveva sviluppato la spina bifida e l’idrocefalia: il liquido nel suo cranio aveva schiacciato il cervello verso la parete ossea riducendolo ad un “sottile frammento di tessuto” pari al 2% di un cervello normale. Per cinque volte i suoi genitori hanno rifiutato l’aborto. Una volta nato gli è stata chiusa un’apertura alla schiena e gli è stato installato uno shunt per drenare il liquido dal suo cervello. Portatolo a casa, la famiglia, circondandolo d’amore, ha continuato a sottoporlo ad innumerevoli stimoli quotidiani, sacrificando la propria libertà per assistere e supportare quello che tutti loro hanno sempre ritenuto un dono del cielo. Incredibilmente all’età di tre anni una scansione cerebrale ha mostrato come il suo cervello fosse cresciuto fino all’80% di un normale organo di quell’età. Se al momento della nascita Noah possedeva solo quelle aree del cervello che presiedono alle funzioni vitali, dopo tre anni di vita il suo cervello è riuscito ad accrescersi e a recuperare miracolosamente molte di quelle capacità che i medici avevano dato per completamente perdute. La sua storia è in effetti un miracolo d’amore: le attenzioni che gli indefessi genitori gli hanno rivolto e la loro ferma convinzione di poter far nascere e far vivere al meglio il figlio hanno reso possibile questa meraviglia. Il cervello di Noah continua a crescere e nonostante abbia un lieve ritardo mentale IL BURATTINO SENZA FILI NUMERO 3 A. S. 2017/2018

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Noah: il bambino nato senza cervello

Questo mese abbiamo deciso di aprire il nostro giornale con una storia di amore e di

perseveranza, che ci insegna a confidare anche nell’insperato. Plauto scriveva “le cose in cui non

speri accadono più spesso delle cose in cui speri.” Dunque l’augurio è quello di guardare le

avversità con occhi differenti, viverle come sfide e non come ostacoli, perché ciò che non sembra

possibile a volte può diventarlo grazie alla costanza e alla dedizione.

Questo bel bambino a prima vista sembra

perfettamente normale. Lo è, o meglio, ora lo è.

Vedendolo per la prima volta non si saprebbe dire

perché molti ormai gridano al miracolo. Si chiama

Noah Wall e al momento della sua nascita i medici

avevano previsto che non sarebbe sopravvissuto o

che sarebbe comunque rimasto gravemente disabile.

Nell’utero materno Noah aveva sviluppato la spina

bifida e l’idrocefalia: il liquido nel suo cranio aveva

schiacciato il cervello verso la parete ossea

riducendolo ad un “sottile frammento di

tessuto” pari al 2% di un cervello normale. Per

cinque volte i suoi genitori hanno rifiutato

l’aborto. Una volta nato gli è stata chiusa

un’apertura alla schiena e gli è stato installato

uno shunt per drenare il liquido dal suo cervello.

Portatolo a casa, la famiglia, circondandolo

d’amore, ha continuato a sottoporlo ad

innumerevoli stimoli quotidiani, sacrificando la

propria libertà per assistere e supportare quello

che tutti loro hanno sempre ritenuto un dono

del cielo. Incredibilmente all’età di tre anni una scansione cerebrale ha mostrato come il suo

cervello fosse cresciuto fino all’80% di un normale organo di quell’età. Se al momento della

nascita Noah possedeva solo quelle aree del cervello che presiedono alle funzioni vitali, dopo

tre anni di vita il suo cervello è riuscito ad accrescersi e a recuperare miracolosamente molte di

quelle capacità che i medici avevano dato per completamente perdute. La sua storia è in effetti

un miracolo d’amore: le attenzioni che gli indefessi genitori gli hanno rivolto e la loro ferma

convinzione di poter far nascere e far vivere al meglio il figlio hanno reso possibile questa

meraviglia. Il cervello di Noah continua a crescere e nonostante abbia un lieve ritardo mentale

IL BURATTINO SENZA FILI

NUMERO 3 A. S. 2017/2018

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oggi a cinque anni è un bambino curioso, vitale ed educato e in futuro sarà in grado di badare a

se stesso. Il suo caso non ha precedenti documentati.

E allora questo piccolo essere umano, che non sarebbe neppure dovuto nascere, insegna ai

grandi neurologi e ricercatori come il nostro corpo e il cervello in particolare siano universi

ancora da esplorare. Con molte probabilità grazie a lui le frontiere della medicina avanzeranno

sensibilmente e ciò lo dovremo a questo piccolo combattente e alla forza dei suoi genitori

eccezionali.

Maria Elena Carlomagno, IV C Classico

L’8 marzo non è la “festa” della donna.

“Sara” è una bambina qualunque, gioca con le bambole e veste di rosa, anche se a volte

vorrebbe giocare con la macchinina del fratello.

“Sara” va alle elementari e deve giocare per forza con altre bambine, i maschi la escludono.

“Sara” comincia le medie e le viene detto che la matematica e la scienza sono roba da ragazzi.

Alle scuole superiori infatti le dicono di fare la maestra o l’infermiera.

Non esce mai di casa la sera da sola, ha paura di qualcosa che neanche lei sa, ma è sempre stata

abituata così.

Riceve il suo primo incarico ed è felice, poi scopre che il suo collega viene pagato di più

nonostante il lavoro sia lo stesso.

A “Sara” viene detto di trovare marito, così può metter su famiglia e lasciare il lavoro, tanto

verrebbe mantenuta da lui.

Nel 2018 si ritiene, secondo il pensiero comune, che la Giornata internazionale della Donna non

serva più, poiché le protagoniste di questa ricorrenza hanno ormai raggiunto la parità sociale ed

economica degli uomini. Ma tale affermazione non corrisponde alla verità.

Storicamente parlando questa Giornata ricorre proprio l’8 marzo per ricordare la marcia

tenutasi a San Pietroburgo guidata dalle madri, dalle mogli, dalle sorelle e dalle figlie degli

uomini al fronte durante la Rivoluzione russa del 1917. Successivamente, nel 1977 l’ONU ha

deciso di fissare ufficialmente questa data.

Ma cos’è effettivamente l’8 marzo?

L’8 marzo celebra tutti sacrifici e le vittorie volute e conquistate dalle donne durante gli anni

della lotta per l’emancipazione. Proprio durante i primi del Novecento le donne hanno deciso di

dar voce alla disparità disarmante che le invalidava anche nella vita di tutti i giorni,

intervenendo attivamente in questioni come l’industrializzazione, i moti operai e il diritto al

voto.

Nonostante si utilizzi questo giorno per festeggiare, non si può parlare di “festa” della donna.

Certo, si può e si deve celebrare la donna in tutte le sue sfaccettature, ma non si deve

dimenticare che la parità non è stata del tutto raggiunta.

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Difatti, nel mondo occidentale la donna riceve un’istruzione pari a quella di un uomo, lavora,

può avere una famiglia, può decidere ciò che vuole fare nella vita, liberamente.

Ma quotidianamente i disagi non sono pochi: a cominciare dall’adolescenza si raccomanda alle

ragazze di non uscire di casa da sole la sera, si consiglia loro di intraprendere un lavoro a

contatto con i bambini o i ragazzi per assecondare lo “spirito materno”. Una volta ottenuto il

lavoro però sono vittime del Gender Pay Gap, ovvero sono pagate molto spesso meno degli

uomini, e arrivate all’età matura si ricorda loro di metter su famiglia perché altrimenti non sono

“vere” donne.

E per tutto questo, nel 2018, la Giornata della Donna serve a ricordare che una ragazza può fare

e ottenere ciò che vuole al pari degli uomini, e a celebrare tutte le suffragette che hanno alzato

la propria voce in piazza, perché è grazie a loro che diamo per scontati diritti che in realtà non

lo sono sempre stati.

Giovanna D'Arco, Frida Kahlo, Caterina II di Russia, Grazia Deledda, Margaret Thatcher, Maria

Teresa d'Asburgo, Elsa Morante, Matilde di Canossa, Ipazia, Tamara de Lempicka, Indira

Gandhi, Isabella di Castiglia, Maria Callas, Vittoria Colonna, Rita Levi Montalcini, Beatrice

d'Este, Rosa Luxemburg, Artemisia Gentileschi, Tina Modotti, Mafalda di Savoia, Anita

Garibaldi, Chiara d'Assisi, Cleopatra, Coco Chanel, Cristina Trivulzio di Belgioioso, Lady Diana

Spencer, Amelia Earhart, Natalia Ginzburg.

Michela Travaglini, IV A Classico

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XXIII Giornata della Memoria delle vittime di mafia

La manifestazione del 21 marzo è un modo per rompere in modo definitivo con questa logica

muta, per riscattarsi dal fallimento culturale che non assolve nessuno, ma che coinvolge

tutti.

Dal 1996 il 21 marzo si celebra la 'Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle

vittime innocenti delle mafie'. La giornata del 21 marzo, nasce dal dolore di una mamma.

Una giornata estiva. Il sole splende sulla autostrada tra Punta Raisi e Palermo. Magistrati,

rappresentanti delle istituzioni e delle forze di polizia, cittadini e studenti commemorano il

primo anniversario della strage di Capaci. C’è anche don Luigi Ciotti sul luogo del dolore. Prega,

in silenzio. Quando, all’improvviso, si avvicina una donna minuta: si chiama Carmela, è vestita di

nero e piange. La donna prende le mani di don Luigi e gli dice: «Sono la mamma di

Antonino Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone. Perché il nome di mio figlio non lo

dicono mai? È morto come gli altri». Soffre, Carmela: in quel primo anniversario della strage la

memoria di suo figlio Antonio, e dei suoi colleghi Rocco e Vito, veniva liquidata attraverso

l’espressione “i ragazzi della scorta”. Da questo grido di identità negata nasce, il 21

marzo, primo giorno di primavera, la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle

vittime innocenti delle mafie. Nasce dal dolore di una mamma che ha perso il figlio nella strage

di Capaci e non sente pronunciare da nessuno il suo nome. Un dolore che diventa

insopportabile se alla vittima viene negato anche il diritto di essere ricordata con il proprio

nome. Il 21 marzo, quando la natura si risveglia e si colora della bellezza dei fiori che

ricominciano a sbocciare, sboccia simbolicamente anche la bellezza della verità e della

giustizia sociale. Non solo “ricordo” è la parola chiave del 21 marzo della memoria, ma

anche “comunità”, che si crea stringendosi intorno al dolore dei familiari delle vittime delle

mafie, vittime anch’essi, condividendone le pene e diventando gli uni il sostegno degli altri;

ed “impegno”, un impegno civico che vede l’importanza di coinvolgere soprattutto le scuole in

una giornata di sensibilizzazione sul tema, ma anche di conoscenza di una pagina nera che è,

volenti o nolenti, una pagina della nostra storia. Ogni anno la Giornata si svolge in una città

diversa. Ogni anno un lungo elenco di nomi scandisce la memoria che si fa impegno

quotidiano. Recitare i nomi e i cognomi come un interminabile rosario civile, per farli vivere

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ancora, per non farli morire mai. Per farli esistere nella loro dignità. Il 21 marzo 1996 a Roma,

piazza del Campidoglio, la prima edizione. E poi Niscemi (Cl), Reggio Calabria, Corleone (Pa),

Casarano (Le), Torre Annunziata (Na), Nuoro, Modena, Gela (Cl), Roma, Torino, Polistena (Rc),

Bari, Napoli, Milano, Potenza, Genova, Firenze, Latina, Bologna e Messina come piazza

principale in contemporanea con 2000 altri luoghi. Quest'anno, per la XXII edizione, è

stata Locri a ospitare l'avvenimento centrale della giornata. Alla città calabra si uniranno ben

4.000 luoghi in tutta Italia. Come ogni anno, la rete dell'associazione 'Libera', gli enti locali, le

realtà del terzo settore, le scuole e tanti cittadini si sono stretti al dolore dei familiari delle

vittime delle mafie, per ricordare il loro sacrificio della vita e per creare in tutto il Paese una

memoria responsabile e condivisa, che dal ricordo può generare impegno e giustizia quotidiana.

Il titolo di quest'edizione è stato “Luoghi di speranza e testimoni di bellezza”, per sottolineare

in particolare l’importanza di saldare la cura dell’ambiente e dei territori con l’impegno per la

dignità e la libertà delle persone.

Ilario Pasculini, IV A Classico

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Reddito di cittadinanza

Le elezioni svoltesi Domenica 4 Marzo hanno visto il Movimento 5 Stelle affermarsi quale primo

partito italiano.

Nel programma presentato, il punto che ha suscitato senza dubbio più interesse fra i cittadini e,

a detta di molti osservatori, la carta vincente del Movimento è il cosiddetto “reddito di

cittadinanza”, vera e propria novità per la nostra nazione. E' un argine contro la povertà

secondo i suoi sostenitori, mentre i detrattori lo considerano non destinato a risolvere il

problema legato alla disoccupazione. Il tutto accompagnato dall'incognita delle coperture, visto

che, per finanziare il provvedimento, sarebbero necessari circa 20 miliardi l'anno.

Cosa è il reddito di cittadinanza?

Si tratta dell'aiuto economico che il M5S intenderebbe destinare a circa 9 milioni di italiani che

si trovano privi di reddito o che hanno redditi troppo bassi.

In cosa consiste il reddito di cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza prevedrebbe un'integrazione/erogazione economica mirata a far in

modo che chiunque possa raggiungere la soglia dei 780 euro mensili, dato che, secondo l'ISTAT

(Istituto Nazionale di Statistica), qualunque cittadino viva da solo con meno di 780 euro al mese

si trova in uno stato di povertà.

Però il sostegno economico è variabile a seconda della composizione del nucleo familiare,

passando dai 780 del cittadino single sino ai 1638 di una coppia con due figli di età inferiore ai

14 anni. Nel dettaglio:

2 componenti: 1014 euro

3 componenti: 1404 euro

4 componenti: 1638 euro

5 componenti: 1872 euro

Chi è beneficiario del reddito di cittadinanza?

Non solo gli italiani, ma anche gli stranieri che risiedono sul territorio da almeno 2 anni e che

nell'ultimo biennio hanno lavorato per almeno 1000 ore in Italia.

Il beneficiario è chi possiede un reddito lavorativo inferiore alla soglia di povertà, oppure è

disoccupato o inoccupato. Inoltre deve essere maggiorenne, possedere almeno una qualifica

professionale, un diploma di istruzione secondaria o la frequenza di un corso di formazione per

accedere a questi titoli.

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Cosa fare per mantenere il reddito di cittadinanza?

“Il reddito di cittadinanza non darà soldi a chi vuol stare seduto sul divano: (chi lo riceve)

dovrà, per il breve periodo in cui avrà il contributo, formarsi e dare 8 ore di lavoro gratuito

allo Stato. Dal secondo anno il reddito di cittadinanza inizia a scalare, perché la persona viene

reinserita nel mondo del lavoro”.

Queste le parole dette dal leader del Movimento, Di Maio, volte a far capire che non basta

avere i requisiti necessari per mantenere il reddito di cittadinanza.

Ai possibili beneficiari verrà infatti richiesto di iscriversi ai centri per l'impiego, dimostrando di

dedicare almeno due ore al giorno alla ricerca del lavoro. Allo stesso tempo dovranno dare

disponibilità a partecipare a progetti gestiti dai comuni per un massimo di otto ore settimanali.

I beneficiari possono anche perdere il sostegno qualora rifiutassero per tre volte offerte

professionali sottoposte loro dai centri stessi.

E' economicamente realizzabile?

Secondo i 5 stelle, dallo stop alle pensioni d'oro, ai vitalizi,ai privilegi, alle opere inutili e alla

“spending review” si potrebbero trovare circa 50 miliardi l'anno.

Ammesso che ciò sia possibile, e anche se la cifra dopo il primo anno è destinata a calare

sensibilmente, sarebbe difficile armonizzarla con le altre proposte economiche che prevedono

la riduzione dell'Irpef, ventimila assunzioni nel pubblico impiego e l'abolizione della Legge

Fornero.

Christian Forti, IV A Classico

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La sanità in Italia

L’articolo 32 della Costituzione sancisce la tutela della salute come diritto fondamentale

dell’individuo e interesse della collettività. Nell’accezione del diritto sociale, prevede la

responsabilità dello Stato di garantire la salute del cittadino e della collettività in condizioni di

eguaglianza. Per assolvere a questo compito la Legge 833 del 23/12/78 ha istituito il Servizio

Sanitario Nazionale (SSN) , una delle più grandi conquiste sociali del nostro tempo, che ha

introdotto valori e princìpi fortemente innovativi:

generalità dei destinatari: tutti i cittadini indistintamente;

globalità delle prestazioni: prevenzione, cura e riabilitazione;

uguaglianza di trattamento: equità d’accesso.

Ha delegato alle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano l’organizzazione e la gestione

dei servizi sanitari – puntando ad un federalismo solidale, ha finito invece per generare una

deriva regionalista, con 21 differenti sistemi sanitari dove l’accesso a servizi e prestazioni

sanitarie è profondamente diversificato e iniquo. La regione Lazio ad oggi e suddivisa in 10 ASL

Aziende Sanitarie Locali ROMA1, ROMA2, ROMA3, ROMA4, ROMA5 ,ROMA6, ASL VITERBO, ASL

LATINA, ASL FROSINONE E ASL RIETI.

La Regione Lazio, come tutte le Regioni italiane, “ha la responsabilità di garantire la tutela della

salute e della sicurezza dei lavoratori attraverso la realizzazione degli interventi programmati e

la effettuazione di specifiche azioni locali, anche di natura normativa.

La ASL è il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi organizzati in una certa area

geografica, eroga ai cittadini l’assistenza sanitaria in conformità ai principi e agli obiettivi del

servizio sanitario nazionale.

Nel territorio di competenza, la ASL è chiamata a svolgere globalmente i vari compiti di

prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e medicina legale.

Dopo dieci anni il Lazio esce dal commissariamento della sanità. Ma lo farà solo a partire dal

primo gennaio 2019. Il Commissariamento di una Regione significa che la stessa non è in grado

di garantire i Livelli essenziali di assistenza stabiliti dal Ministero della salute, a causa del forte

debito contratto per erogare a livello di ASL le prestazioni Sanitarie: esami diagnostici (Tac,

radiografie, ecc), prestazioni ambulatoriali (visita cardiologica, oculistica, diabetologia ecc). I

livelli essenziali di assistenza (abbreviato in LEA) indicano, in Italia, l'insieme di tutte le

prestazioni, servizi e attività che i cittadini hanno diritto a ottenere dal Servizio sanitario

nazionale (SSN), allo scopo di garantite in condizioni di uniformità, a tutti e su tutto il territorio

nazionale.

Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o comportamenti con i quali si nega o si

limita l’erogazione delle prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni,

opposizioni, denunce o reclami in via amministrativa, redatti in carta semplice, da presentarsi al

Direttore generale della ASL o dell’Azienda ospedaliera entro 15 giorni.

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Il commissariamento della Regione Lazio ha previsto il contenimento della spesa, i tagli, il

blocco del turn over del personale, nessuna nuova assunzioni, provocando di fatto in modo

indiretto un impoverimento dell’offerta di servizi sanitari e creando le condizioni della fuga

verso il privato o della mancanza di accesso alle prestazioni sanitarie, allungando le liste di

attesa per alcuni importanti esami diagnostici un esempio: per poter eseguire una ecografia i

cittadini devono aspettare un anno.

Dall’uscita dal piano di rientro dei debiti accumulati dai precedenti governi regionali, sono

iniziate le prime assunzioni del personale sanitario è stato realizzato un piano per combattere le

liste di attesa delle prestazioni sanitarie. Ci auguriamo che il nuovo governo Zingaretti prosegua

affinché tutti i cittadini del Lazio possano tutelare e promuovere la propria salute.

Enrico Alessandro Gasbarri e Andrea Pampana, III A Classico

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Davide Astori È domenica. Sono le 12. Appena sveglio accendo la tv, metto su Sky sport per vedere il solito anticipo delle 12:30. All’improvviso la notizia dell’ultima ora mi lascia senza respiro: “è morto Davide Astori”. È morto Davide Astori? Il 31enne calciatore capitano della Fiorentina? Mi sento smarrito per 5 minuti, sperando di essere in un incubo. Il pianto dei calciatori in diretta mi conferma di essere nella realtà; l’iniziale shock lascia piano piano spazio al dolore. Come può accadere che un calciatore di 31 anni, che effettua controlli mensili, si addormenti e muoia nel sonno? Mi confronto coi miei amici: anche loro sono increduli per quello che è successo. Passano le ore e il tempo inesorabile converte il dolore in ricordo, iniziano le prime commemorazioni e le prime celebrazioni in memoria di Davide Astori. Alle 17 in Barcellona-Atletico Madrid c’è il minuto di silenzio di un’incredibile intensità drammatica del “Camp nou” e appena terminato penso a quanto il calcio sia uno sport meraviglioso ma allo stesso tempo insensato; mi sembra infatti assurdo che per andare oltre alle futili rivalità campanilistiche ci sia bisogno di eventi tragici come la morte, che unisce tutti nel ricordo del grande Davide Astori. Ma chi era Davide Astori? Davide è stato un calciatore speciale, ricordato anche per le eccelse qualità tecniche ma soprattutto per le straordinarie qualità morali, da tutti riconosciute. Oltre a vantare molte presenze in nazionale, ha giocato con Milan, Roma, Cagliari e Fiorentina, lasciando un buon ricordo ovunque; lo testimoniano le numerose dimostrazioni di affetto e i molteplici attestati di stima da parte di chiunque abbia avuto l’onore di lavorare con lui. A luglio il mister della Fiorentina Pioli gli aveva assegnato la fascia di capitano, a dimostrazione della sua eccezionale personalità e del suo atteggiamento positivo che si rifletteva sui compagni; non a caso sul cancello del centro sportivo della Fiorentina campeggia la foto del suo splendido sorriso, in modo che possa rimanere lì per sempre a scaldare cuori di tutti noi. Sono stati moltissimi i messaggi toccanti in ricordo di Davide Astori: uno dei più carichi di pathos è stato quello di Giorgio Chiellini, nell’intervista fatta dopo la vittoria a Londra. Il calciatore bianconero, che ha condiviso con Astori molti momenti con la maglia della Nazionale a Coverciano, lo ricorda come una persona che trasmetteva positività e come un esempio da seguire in futuro per la ricostruzione della nazionale italiana dopo la disfatta mondiale. Arriviamo quindi al climax: giovedì 8 marzo, il funerale di Davide, nella basilica di Santa Croce. Ugo Foscolo infatti nei “Sepolcri” definisce questa basilica “il tempio degli italiani”, e certamente non può essere un caso che la cerimonia funebre per la morte di Davide avvenga lì, dove converranno per salutarlo oltre diecimila persone; una cornice degna di una persona e di un calciatore come lui. Ma non è ancora finita, c’è un ultimo atto: domenica 11 marzo, al minuto 13 di Fiorentina-Benevento la partita si ferma, calciatori e spettatori si uniscono in un meraviglioso minuto di applauso per Davide. Inizia a piovere sull’Artemio Franchi: probabilmente Davide lassù si è commosso

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Leonardo Santini, IV A Classico

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Buoni motivi per non lasciarci intimorire dalla fisica quantistica

Una disciplina scolastica spesso sottovalutata e relegata a un ruolo marginale in molte scuole

superiori è probabilmente fisica: nonostante questo, questa materia è anche una delle più

temute, considerata da molti alla stregua di una “bestia nera” o come un vero e proprio incubo.

Per molte persone, in particolare per gli studenti che ricevono una formazione umanistica, non

c’è nulla di più matematico, determinato, quasi “freddo” e sterile di questa scienza. La fisica

appare come una materia oscura, fatta di formule arbitrarie, calcoli complicatissimi e definizioni

incomprensibili: insomma, quanto di meno suggestivo esista al mondo.

Eppure, c’è una teoria fisica che va contro tutto ciò che è immediato, calcolato e presumibile: la

teoria dei quanti, o fisica quantistica. Una teoria che spiega il comportamento apparentemente

casuale delle particelle atomiche e subatomiche.

La fisica quantistica nasce agli inizi del XX secolo, in risposta ai progressi compiuti in campo

scientifico in questo periodo, tra cui la formulazione della teoria della relatività e gli studi della

struttura atomica. Questi avevano portato a un progressivo smantellamento dei concetti

cardine della fisica classica, che faceva riferimento agli studi di Newton e Galileo, incapace di

dare una spiegazione a tutti i fenomeni della realtà; per questo, la precedente linea di pensiero

venne sostituita perfino da un nuovo linguaggio in grado di descrivere la realtà tramite i

concetti di “incertezza” e “indeterminazione”.

Attraverso diversi esperimenti, si arrivò all’identificazione del dualismo onda-particella e

all’enunciazione del principio di indeterminazione di Heisenberg. La materia e la radiazione

vengono quindi ritenute fenomeni sia ondulatori che particellari: questa scoperta costituisce

una visione opposta rispetto a quella della fisica classica, che vedeva, ad esempio, la luce

esclusivamente come onda e l’elettrone solo come particella. Per Heisenberg, la luce utilizzata

per illuminare e quindi individuare un elettrone fornisce allo stesso una quantità di moto non

determinabile: per questo, è impossibile conoscere con precisione e contemporaneamente la

posizione e la velocità dell’elettrone. Queste rivelazioni fecero in modo che il concetto di

"misura" in senso assoluto divenisse sempre più inadatto a descrivere gli esperimenti che

venivano effettuati a livello microscopico e venisse introdotto il concetto di "incertezza”.

La fisica quantistica è in realtà molto più articolata di quanto si possa scrivere in poche righe;

tuttavia, non perde mai un certo alone di fascino e mistero dovuto alla sua eccezionale

imprevedibilità e al suo essere quasi ai limiti dello scientifico. Se è vero che, usando le parole

dello scrittore Coelho, “le piccole cose sono responsabili dei grandi cambiamenti”, forse

potremmo prepararci a delle metamorfosi inimmaginabili semplicemente meravigliandoci del

bizzarro comportamento di miliardi di minuscole particelle invisibili a occhio nudo.

È di pochi giorni fa la notizia della scomparsa del cosmologo e fisico Stephen Hawking; proprio il

famoso scienziato, in un suo celebre discorso, aveva esortato i suoi studenti a non sottovalutare

la bellezza e la poesia che si possono trovare nella scienza:

«Remember to look up at the stars and not down «Ricordatevi di guardare le stelle e non i vostri

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at your feet. Try to make sense of what you see

and wonder about what makes the universe exist.

Be curious. And however difficult life may seem,

there is always something you can do, and succeed

at»

piedi. Cercate di dare un senso a ciò che vedete e

chiedetevi cosa ha dato origine all’universo. Siate

curiosi. Per quanto difficile possa sembrare la vita,

c'è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si

può riuscire»

Lettura consigliata Leon M. Lederman, Christopher T. Hill, “Fisica quantistica per poeti”

Flavia Fabrizi, V A Classico

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La casa del centurione Gli scavi per la metro C a Roma non smettono mai di sorprenderci, regalandoci nuove scoperte

archeologiche risalenti alla Roma Imperiale. Recentemente è stata rinvenuta una domus del II

secolo d. C. appartenente ad un centurione romano. Molto probabilmente questa struttura era

collegata agli edifici di una caserma venuti alla luce due anni fa che, come suggerisce

l’archeologa Rossella Rea, potevano ospitare i servizi segreti dell’imperatore. Fin da subito gli

archeologi, guidati da Francesco Prosperetti, hanno capito che i nuovi ritrovamenti erano parte

integrante della struttura militare, ma noi ci soffermeremo sulla domus del Centurione. L’

edificio era a pianta rettangolare, aveva una superficie di 300 metri quadrati ed era composto

da quattordici stanze che affacciavano su un cortile centrale nel quale si trovava una fontana di

cui ci rimangono solamente i resti. La parte più sorprendente dell’abitazione sono i pavimenti,

prevalentemente decorati a mosaico, in marmo bianco e ardesia grigia che gli archeologi

chiamano “opus sectile”. Sono presenti mosaici che rappresentano amorini e satiri, ma anche

alcuni a forma geometrica, circondati da pareti decorate con intonaci colorati o bianchi. Inoltre

si suppone che una delle stanze fosse riscaldata poiché sotto il pavimento sono state ritrovate

le “suspensurae”, ovvero pile di mattoni che formavano un’intercapedine per il passaggio

dell’aria calda. È presente anche un’area di servizio adibita alla conservazione delle merci,

anch’essa ornata con mosaici, vasche e pavimenti in mattoncini. Gli studiosi sono arrivati alla

conclusione che la casa ha subito diverse ristrutturazioni grazie alla sovrapposizione di

pavimenti di diverse epoche (adrianea, antoniniana, severiana). Continuando gli scavi, gli

archeologi hanno rinvenuto nella terra anche alcuni elementi in legno ben conservati tra cui i

resti di tavole utilizzate per le fondazioni, travi e travetti dei carpentieri di allora e coperture di

piccoli canali. Per la datazione del complesso gli esperti si sono basati su oggetti di uso comune

trovati all’interno di esso, come anelli d’oro, il manico d’avorio intarsiato di un pugnale, amuleti

e alcuni bolli laterizi. I due edifici però furono abbandonati nella seconda metà del III secolo d.C.

quando ebbero inizio i lavori di costruzione delle Mura Aureliane. L’importanza di questa

scoperta si deve alla complessità e allo stato di conservazione dei castra collegati agli edifici

militari che facevano parte di un vero e proprio quartiere militare, edificato sotto l’imperatore

Traiano, agli inizi del II secolo d.C.

Il soprintendente Prosperetti ha dichiarato che, come fatto in precedenza, i nuovi resti saranno

smontati per permettere la continuazione dei

lavori della metropolitana, per poi essere

rimontati all’interno della stazione museo

disegnata dall’architetto Paolo Desideri.

Fino ad ora Roma ci ha regalato tantissimi

tesori e continuerà a farlo per i prossimi secoli

così che noi potremo continuare ad ammirarla

in tutto il suo splendore.

Flavia Fortuna e Martina Falci, IV A Classico

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Artisti emergenti o emergenza artisti?

Situazione della nuova scena emergente della musica italiana

Al giorno d’oggi, in un 2018 così tanto avanzato nelle tecniche e nelle scienze, ci si aspetta un

generale progresso e perfezionamento di tutte le arti in generale rispetto al passato. C’è da

considerare anche però il fatto che nel corso del tempo ogni campo culturale ha subito, oltre

che i suoi naturali sviluppi tecnici, delle vere e proprie mutazioni, dovute ad un contesto sociale

e politico-ideologico particolare: i vari artisti infatti hanno sempre eseguito le proprie

rappresentazioni includendo in esse i concetti di una certa corrente di idee. Riassumendo

quindi, possiamo dire che l’arte è sia la rappresentazione di determinati valori ed emozioni, sia

l’espressione della propria idea, o di un concetto che riporta all’interno della rappresentazione

stessa precise caratteristiche, e che essa è in continua evoluzione. Tutto ciò è fortemente

evidente ad esempio nella letteratura e nel cinema, ma soprattutto nella musica. Essa infatti

incarna il caso più eclatante di queste trasformazioni semplicemente perché è il modo più

utilizzato dall’uomo per esprimere il proprio pensiero soprattutto nella nostra moderna

e(fortunatamente) democratica epoca: ognuno quindi può attraverso uno strumento o un

microfono dare letteralmente voce a ciò che vuole comunicare. Dobbiamo partire dal

presupposto che la musica, come l’arte in generale, sia composta principalmente da due

elementi, due interlocutori: l’artista, che rende una rappresentazione, e il pubblico, a cui è

destinato il prodotto del primo. Ciò comporta due condizioni affinché una qualsiasi forma di

espressione possa essere considerata musica, e quindi arte: la capacità dell’artista di portare

nel complesso un buon prodotto ricco di contenuto, e la competenza del pubblico per poterlo

ritenere tale. Quando viene a mancare uno di questi fattori o vi è mancanza di valore artistico in

una rappresentazione oppure, peggio ancora, non lo si riconosce. In questo momento ad

esempio in Italia la scena musicale sta subendo un grande momento di crisi artistica, sebbene ci

siano moltissimi giovani emergenti non se ne trovano molti capaci di portare qualcosa di nuovo,

originale e ricco di contenuto che possa essere gradito dalla massa, soprattutto dalla parte

composta dai giovani, i quali rappresentano il pubblico più numeroso. E qui sorge il dubbio: è

colpa di una nuova generazione di musicisti incapaci di rendere un buon prodotto artistico o di

un pubblico sempre più attaccato alle mode, senza educazione musicale e incapace di

apprezzare l’arte? Ormai la buona musica, quella con un significato, è spesso underground,

letteralmente “sotto terra”, cioè poco conosciuta, oscurata da quella superficiale e di tendenza.

Gli artisti veri in Italia non esistono tra gli emergenti, fatta eccezione per alcuni casi isolati, che

come già detto sono molto spesso sconosciuti. Ci sono solo tanti fantocci, spesso manovrati

dalle case discografiche, che producono musica di plastica apprezzabile dalle masse, senza

contenuti, per soddisfare un mercato sempre più preda delle mode. Guardiamo ad esempio la

nuova corrente della trap, genere musicale derivato dal classico hip hop che ha avuto enorme

successo tra i giovani in Italia da due anni a questa parte: si parla in questo genere di sesso, di

soldi, di droga, insomma di tematiche molto superficiali, che però sono di moda. Pochissimi

esponenti della trap sono riusciti a portare i propri originali(e sensati)contenuti sotto ai

riflettori, come ad esempio Giaime ed Ernia, milanesi, o Tedua, genovese, solisti che si stanno

prendendo i palchi di tutta Italia con uno stile proprio, non curandosi delle tendenze ma

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portando un qualcosa che soddisfa loro stessi, non che piace agli altri: i rimanenti “trapper” si

sono omologati ai vacui argomenti citati prima. L’altro problema della nostra musica è

rappresentato dal nuovo cantautorato italiano: genere che è sempre stato un caposaldo della

sonorità del nostro paese adesso è divenuto un’emulazione di quello del passato, manca di stile

e di personalità. Non c’è più tratto distintivo tra artista e artista: la musica della nostra nazione

sta subendo, nei suoi rispettivi generi, una grande omologazione di stile. Del resto, i cantanti e i

compositori più originali non riescono ad essere messi in luce, il mercato delle case

discografiche dettato dalla moda li schiaccia. Una cosa però è certa: il nuovo pubblico composto

dai più giovani non ha una corretta educazione musicale, a partire dall’ambiente scolastico. La

musica, così come la storia della musica, ormai sono considerate materie secondarie alle scuole

elementari e medie, mentre alle superiori non sono nemmeno comprese nel programma

didattico: Stefano Accardo, uno dei più grandi violinisti e maestri italiani, in un’ intervista

rilasciata il 30 ottobre 2017 aveva sentenziato proprio questo. Secondo il famoso musicista

infatti i ragazzi non conoscono i valori di quest’arte, tantomeno conoscono le radici e le cause

dei suoi vari sviluppi nel tempo. Non è quindi possibile a volte per un musicista far apprezzare

un buon prodotto dato che questo non viene riconosciuto tale, ed ecco perché molti si

adattano alle mode del momento che piacciono alle masse. Fortunatamente però nel buio più

totale brillano dei raggi di sole. Basti pensare alla recente vittoria di Ultimo a Sanremo giovani:

un ragazzo romano classe ’96, amante dei grandi padri della musica italiana come Califano e De

Gregori, che combina una sonorità a tratti rap con il classico cantautorato. Soprattutto i più

giovani lo hanno apprezzato moltissimo e così è stato capace finalmente di portare in alto un

prodotto musicale veramente valido, sbaragliando i suoi concorrenti sul palco dell’Ariston e

riuscendo a vendere decine di migliaia di dischi. Ultimo però fortunatamente non è l’unico a

cercare di riportare la musica italiana ad un livello alto. Infatti negli ultimi anni è andata

sviluppandosi oltre alla trap, anche se in minor modo rispetto a quest’ultima, una corrente

musicale nata nel Regno Unito e negli USA negli anni ’80. Parliamo dell’Indie, o Indie Rock.

Sonorità melodiche, ritornelli orecchiabili, testi ricchi di contenuto e musica sonata con

strumenti classici (chitarre, pianoforti, violini ecc.) sono gli ingredienti principali di un genere

sempre più apprezzato dai giovani. Moltissimi artisti Indie infatti stanno riscuotendo successo a

livello nazionale: pensiamo ad esempio, oltre alla recente apparizione della band “Lo Stato

Sociale” a Sanremo culminata con il secondo posto ottenuto nella classifica del festival, i solisti

Galeffi e Frah Quintale, impegnati odiernamente in lunghissimi tour in tutta Italia, o al romano

Gazzelle, il quale sta collezionando sold out su sold out sui maggiori palchi indoor del nostro

paese. Una possibilità di far tornare la nostra musica al suo originale splendore dunque esiste, è

reale. Anche se la situazione resta preoccupante, questi emergenti stanno dimostrando che

coinvolgere il grande pubblico, soprattutto i giovani, è possibile senza doversi piegare alle

tendenze del momento, facendo musica con un proprio stile e portando un contenuto

concreto. A tutti gli amanti della buona musica dunque resta solo da sperare che la nuova scena

segua gli esempi di questi giovani emergenti, che dimostrano a differenza di tutti gli altri di

essere dei veri artisti. La musica infatti può evolversi in qualsiasi sfaccettatura: l’importante è

che rimanga arte.

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Ultimo, dopo la vittoria a Sanremo Giovani

Sold out di Gazzelle all’Atlantico di Roma,

17 Marzo 2018

Michele Masotti, III A Classico

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Cinema e star-system

Il 4 marzo scorso si è tenuta al “Dolby Theatre” di Los Angeles la novantesima edizione della

cerimonia degli Oscar. Questa è una serata che raccoglie il pubblico di tutto il mondo da ormai

quasi un secolo e tiene incollati allo schermo gli occhi dei più fedeli che non si perdono neanche

un minuto di questa lunga premiazione. Quest’anno è stata presentata da Jimmy Kimmel già

conduttore dell’edizione precedente. Il protagonista degli Oscar 2018 è stato il film “La forma

dell’acqua “ (The Shape of Water), di Guillermo del Toro, sulla storia d’amore tra una donna

delle pulizie muta e una creatura acquatica, che ha ricevuto tredici nominations e si è

aggiudicato quattro statuette tra cui quella di miglior film. Una vittoria non scontata visti i

nominati nella stessa categoria, anche perché è una storia lontana da quelle che sono le

preferenze dell’Academy. Allo stesso Guillermo Del toro è stato assegnato un meritatissimo

oscar come miglior regista, d'altronde in passato ha dimostrato di saper raccontare storie

attraverso il cinema in modo sublime, come ne "Il labirinto Del Fauno" (considerato il suo

capolavoro, fin'ora). È stata anche premiata la colonna sonora de "La Forma Dell'Acqua",

firmata Alexandre Desplat, illustre compositore di altrettanto illustri colonne sonore, che ha

dovuto competere con alcuni tra i più importanti nomi della musica come John Williams o Hans

Zimmer riuscendo ad accompagnare il film con una fluida armonia di note.Altro protagonista è

stato il film “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” (Three billboards outside Ebbing, Missouri) che

ha ottenuto due statuette su sette candidature, una a Sam Rockwell come miglior attore non

protagonista nel ruolo di un poliziotto, Jason Dixon, che si trova alle prese con una donna che

vuole vendicare la chiusura del caso sulla morte della figlia. Il secondo Oscar è andato a Frances

McDormand come migliore attrice protagonista, nel ruolo della madre vendicatrice; anche in

questo caso l'oscar è stra-meritato. La stessa attrice ha tenuto il discorso di ringraziamento più

commovente della serata rivendicando i diritti delle donne. Una vittoria importante anche se

abbastanza prevedibile (ma soprattutto molto attesa), è stata quella di Gary Oldman come

migliore attore protagonista, per il film “L’ora più buia” (The darkest hour) dove ha vestito i

panni di Winston Churchill, sottoponendosi a una grande trasformazione con ore e ore di trucco

per interpretare questo ruolo. Questo modo di recitare non è assolutamente una novità per

Gary Oldman, conosciuto per essere uno dei migliori attori "trasformisti". Per la categoria di

migliore attrice non protagonista è risultata la migliore Allison Janney nel ruolo della madre

della pattinatrice Tonya Harding, interpretata da Margot Robbie. Quest’anno ha visto per la

ventunesima volta Meryl Streep candidata come migliore attrice protagonista che la fa volare al

titolo di star più quotata della storia. Un ulteriore presenza importante è stata quella di

Christopher Plummer, candidato come attore non protagonista, che all’età di 89 anni e con il

film già in corsa ha dovuto sostituire in “Tutti i soldi del mondo” (All the money in the world)

l’attore Kevin Spacey per il suo allontanamento da Hollywood viste le vicende che lo vedono

coinvolto tristemente venute a galla. La cerimonia ha goduto della presenza del film

interamente ambientato in Italia, “Chiamami col tuo nome” (Call me by your name) diretto da

Luca Guadagnino, il quale film si è aggiudicato l’oscar alla miglior sceneggiatura non originale a

James Ivory, che ha trattato il tema attualissimo dell LGBT. Anche l'oscar alla sceneggiatura

originale ha una forte connotazione politica: è stato infatti consegnato al film "Scappa-Get

Out", un horror atipico incentrato sulla tematica del razzismo. La cerimonia ha fatto da sfondo

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anche a un duello verbale tra il presentatore e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il

quale ha imputato il basso indice di gradimento dell’evento alla mancanza di star. A sua volta

Jimmy Kimmel ha risposto dicendo che Trump è il presidente con il più basso indice di

gradimento della storia. Probabilmente non è stata la cerimonia più seguita perché mancava di

brio, forse per l’eccessiva attenzione al corretto svolgimento della premiazione, vista la grande

gaffe dell’anno precedente dove il premio come miglior film era stato erroneamente

consegnato a “La la land” da Warren Beatty e Faye Dunaway, che quest’anno hanno riavuto

l’onore di premiare il miglior lungometraggio senza errori. Come ogni anno quindi si arriva alla

fine sella "stagione" degli Oscar, che è diventato un evento ormai di portata mondiale, al quale

spesso manca l'ingrediente principale, ovvero l'essenza del cinema. La cerimonia infatti diventa

sempre più una sfilata di firme importanti, accompagnata da una pioggia di lustrini e diamanti.

Sarebbe bello se in questa occasione si tornasse a celebrare un altro tipo di bellezza,

sicuramente più autentico anche se apparentemente semplice: il cinema.

Edoardo Piacentini e Gianluca Aquilani, IV A Classico

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Milano fashion-week

Sette giorni all’insegna del glamour,

21- 27 Febbraio.

64 le sfilate, 18 gli eventi e 92 le

presentazioni in calendario durante la

settimana della moda milanese con il coming

out della collezione autunno-inverno 2018-

2019.

I riflettori sono puntati, oltre che sui capi in passerella, al parterre in prima fila: star del cinema, cantanti, it girl, influencers catalizzano i flash dei fotografi.

Il comune di Milano, la Camera Nazionale della Moda e i più grandi i designer celebrano lo stile, la creatività e la filiera tessile del made in Italy.

I grandi nomi ci sono tutti: Gucci, Miuccia Prada, Dolce & Gabbana, Moschino, Versace, Fendi, Alberta Ferretti, Moncler, Tommy Hilfiger, con la quarta tappa del suo #TOMMYNOW, o Giorgio Armani, che porta un po’ di calore sulla passerella con la sua nuova collezione Acquerello, della quale sono protagoniste tinte forti di una palette vivace, quali geranio, rosa intenso, lampone, erba e conchiglia. Un’apertura a dir poco spettacolare è senza dubbio quella della sfilata di Dolce & Gabbana, dato che i due designer hanno deciso di far volare le borse in passerella grazie all’aiuto di una squadra di droni lasciando il pubblico stupefatto.

Non da meno la collezione di Gucci allontana lo spettatore dalla realtà con modelli che, al posto della borsa, indossano le loro stesse teste, mozzate e duplicate.

Un casting d’eccezione è invece quello scelto da Tod’s, che ha portato in passerella diversi cuccioli di cane, tra cui un delizioso Cavalier King. Moschino infine ironizza su miti e star americane, partendo da una contemporanea Jackie Kennedy aliena e terminando con una sensuale Marylin Monroe. Quali sorprese ci attendono per la collezione prmavera-estate?

Alessandra Moscaroli, III A Classico

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Walt Disney: un ponte tra realtà e fantasia

Al Colony Theater di New York, viene proiettato Steamboat Willie, il primo cartone animato con il sonoro sincronizzato, prodotto da Walt Disney. Immaginiamoci le luci che si abbassano lentamente, le poltrone di velluto rosso su cui sedevano quanti uscirono di casa per dirigersi a teatro, e i loro occhi fissi su uno schermo che velocemente si tinge a chiazze, di nero. Il 18 Novembre del 1928, la pellicola corre e svela

l’incredibile magia, la stessa magia che noi, generazione digitale del nuovo millennio, proviamo trovandoci di fronte a un prodotto Disney. Immedesimiamoci in quelle persone che sentirono il suono diffondersi all’interno della sala, immaginiamo quanto furono colte alla sprovvista e come reagirono all’enorme emozione suscitatagli. Un uomo che veniva dal Kansas fece delle proprie idee la sua vita, le vide prendere forma, riuscendo ad arrivare all’immaginario e alla fantasia di milioni di spettatori. Quella stessa mente era lo strumento da cui proveniva la melodia che riempiva la sala. Quanto potenti dovevano allora essere le sue idee? Questa è la storia di un giovane talentuoso che, credendo nelle sue idee, volle sempre tentare di superare se stesso, con l’aiuto delle sua famiglia, puntando sulla formazione, di sé e dei suoi collaboratori e avendo del mondo una visione armoniosa e colorata. Walter Elias Disney Junior nacque quarto di cinque figli a Chicago. Nel 1906 la sua famiglia si trasferì nel Missouri, dove acquistò una fattoria di duecento ettari per tremila dollari che, causa della malattia del padre, dovette presto essere venduta. Walt, con suo fratello Roy, lavorò nel tempo libero, alla distribuzione di giornali e, durante un'estate, anche come venditore di dolciumi, frutta e bibite a bordo di treni. Sarebbe stata questa esperienza a fargli nascere la passione per i treni a vapore e a permettergli di viaggiare molto. Forse, furono proprio quelle ore sui treni, luoghi incontaminati dal tempo, che permisero alla sua fantasia di concepire mondi e personaggi dalle linee curve e armoniose di cui il mondo ancora per molto avrà memoria. Al liceo Mc Kinlel si occupa delle illustrazioni del giornalino scolastico “The Voices”. Era solo il 1918 quando Walt, appena sedicenne, lascia però la scuola e si impegna volontariamente come autista di ambulanze durante la Prima guerra mondiale, modificando la data di nascita sul passaporto, per poter essere reclutato. Tornato negli U.S.A. cerca lavoro e, volendo realizzare dei film, si candida anche per lavorare per Charlie Chaplin. In questo periodo fonda la sua prima società, per animazioni pubblicitarie. Nel tempo libero inizia a fare esperimenti in un garage e a creare dei brevissimi filmati apprezzati dal pubblico per la critica ai politici locali. Nel 1922, con la Laugh-O-Gram Films produce i primi cortometraggi animati ispirati alle storie popolari per bambini. Successivamente, con il fratello Roy Oliver, fonda in California i Disney Brothers Studio che diverranno Walt Disney Studio e infine, Walt Disney Productions. Secondo la leggenda, è proprio in viaggio su un treno da New York a Los Angeles, chenasce l’idea di Topolino. Walt disegna un personaggio ispirato a Oswald il coniglio, cui aggiungerà, poi a matita, orecchie tonde e una semplice coda: “Mortimer Mouse”, ribattezzato da Lillian, la moglie, “Mickey Mouse” (perché suonava più carino). Eccoci quindi al nostro Topolino! Il personaggio debutta nel cortometraggio muto “L'aereo impazzito”. Disney, grande innovatore, capisce che a questo opera manca qualcosa e così realizza un’animazione sonora di Topolino, interpretandone

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lui stesso la voce inglese. Nel 1932 introduce il procedimento in Technicolor usando tutto lo spettro dell'arcobaleno e trasformando le immagini del tempo in un mondo a colori. Gli studi producono cortometraggi ad un ritmo forsennato: Silly Symphony (primo cartone a colori) e Topolino sono due delle serie più famose del cinema. Walt decide allora di passare a un lungometraggio: è il momento di Biancaneve e i sette nani. Una sera del 1934, con i suoi animatori, guarda un film muto, Biancaneve da cui trae ispirazione. I membri degli studios saranno quindi formati da un professore per ottenere la prima animazione realistica sugli esseri umani distinti e sugli effetti speciali. L’idea venne definita dai vari concorrenti e dagli stessi intimi amici, la «pazzia di Disney». Biancaneve e i sette nani debutta a Hollywood il 21 dicembre 1937 ottenendo una standing ovation: è il primo lungometraggio animato in inglese e in Technicolor. Dopo il successo di Biancaneve arrivò quello di Topolino, Paperino, Pippo e Pluto e, nel 1940, Pinocchio e Fantasia, ricevendo un'ottima accoglienza di pubblico nonostante l'Europa in guerra e le forti pressioni finanziarie sul mercato statunitense. Fantasia, proiettato a Broadway, conferisce il riconoscimento artistico agli studios di Disney. Seguono gli anni della Seconda Guerra Mondiale e la Disney entra inaspettatamente nel mondo buio della guerra. Disney è contattato dal dipartimento di Stato per «lottare contro il nazismo» e pur non apprezzando l'idea della propaganda politica, Walt accetta di collaborare per occupare i propri artisti e trovare nuove fonti d'ispirazione. Molti reggimenti statunitensi addirittura chiederanno agli studios di produrre distintivi con i personaggi Disney e l'esercito statunitense chiede di creare film d'intrattenimento e d'istruzione per i militari, nonché film irriverenti, di propaganda, come Der Fuehrer's Face o il lungometraggio Victory Through Air Power, datati 1943. Alla fine degli anni quaranta, gli studios trovano così denaro sufficienza per Alice nel Paese delle Meraviglie, Le avventure di Peter Pan e Cenerentola. Prenderanno poi forma anche Lilli e il vagabondo, La carica dei cento e uno , La bella

addormentata nel bosco oltre a La spada nella roccia. Ma le idee di Disney travalicheranno la carta e la grafica. Durante un viaggio d'affari a Chicago infatti, alla fine degli anni quaranta, Disney disegna nuova lungimirante visione: un parco divertimenti per i dipendenti e i loro figli. E’ il germe degli attuali fantastici parchi Disneyland, concepiti come luogo di

divertimento ma anche di ricerca. Il primo, Disneyland, è del 1955 ad Anaheim, vicino Los Angeles: «Voglio che Disneyland sia il luogo più meraviglioso della terra e che un treno faccia il giro del parco». Nel 1964 Walt Disney Productions mira alla Florida centrale, per la realizzazione del «Walt Disney World». E’ questa una versione più grande ed elaborata di Disneyland, dovrà essere una Città prototipo sperimentale dove gli abitanti possano vivere usando tecnologie sperimentali o avanzate mentre degli scienziati sviluppano e testano altre nuove tecnologie per migliorare la vita e la salute dell'uomo. Molto più, quindi che un parco divertimenti. Il futuro prende forma. Disney realizza però anche film non animati e, ispirandosi al libro della Travers, mette in scena Mary Poppins, il film Disney degli anni sessanta ad aver riscosso il maggior successo. All'inizio degli anni sessanta, l'impero Disney è così un enorme successo e Walt Disney Productions è il primo produttore mondiale di intrattenimento per la famiglia. L'impegno di Walt in Disney World finisce nell'autunno 1966, quando, a seguito di una diagnosi di tumore al polmone , la sua salute peggiora fino a che, il 15 dicembre del 1966, dieci giorni dopo il suo sessantacinquesimo compleanno, Walt Disney lascia questo mondo. Dirà il futuro Presidente degli U.S.A. Ronald Reagan: «Da oggi il mondo è più povero». Noi aggiungiamo ricco di un’eredità che tra passato e futuro colora fantasie e visioni.

Benedetta Morucci, IV A Classico