Nisimazine Torino #3

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FILM DEL GIORNO MOVIE OF THE DAY TORINO 3 23-11-08 Raul è un uomo di mezza età, silenzioso e im- passibile, ossessionato da La febbre del sabato sera e dal suo protagonista Tony Manero (John Travolta): guarda il film in connuazione, prova la coreografia con il suo gruppo, si procura un vesto bianco e si nge i capelli di nero. Perché parteciperà a un concorso televisivo per di- ventare il sosia cileno di Tony Manero. Nonostante le apparenze, questa non è una- storia di riscao proletario araverso la danza e nemmeno una commedia sugli imitatori su- damericani di Travolta. Più che il Sogno Americano, questo è l’Incubo Sud-Americano. Perché siamo nel Cile del 1978, uno degli anni più sanguinari del regime di Pinochet, e perché il nostro protagonista è spietato e brutale, pronto a tuo pur di avere un dance floor di vetro come quello del film. Con la sua faccia impassibile da Al Pacino de- presso, Raul è quasi ausco nel suo rapporto con la realtà, si emoziona solo davan a La feb- bre o quando ascolta canzoni romanche. E se lo sle naturalisco del racconto, con ca- mera a spalla sempre addosso al personaggio, ci spinge verso una strea inmità con Raul, la sua disumanità ci impedisce di simpazzare: resamo nella spiacevole condizione di ade- rire al suo punto di vista pur non amandolo. Qualcosa che ricorda la nostra relazione con la Rosea dei Dardenne o con il Travis di Taxi Dri- ver. Parcolarmente significavi sono gli in- contri sessuali di Raul: ovviamente non c’è amore né tenerezza, ma neppure passione. Niente baci e, soprauo, mai un ao ses- suale completo. Impotenza e insensibilità che si applicano perfeamente al paese in cui Raul vive, e qui sta forse la migliore conquista del film: si costruisce un perfeo discorso polico raccontando una piccola storia, seguendo un personaggio banale e straordinario al tempo stesso. Come in Taxi Driver, spesso il miglior cinema polico si fa senza parlare di polica. Tony Manero Raul is a middle-aged man, silent and unemo- onal, obsessed with Saturday Night Fever and its protagonist Tony Manero (John Travolta): he watches the film dozens of mes, rehear- ses the choreography with his group, gets a white suit and dyes his hair black. All because he wants to become Chile’s official Tony Ma- nero’s double in a tv contest. But despite appearances, this is not a posive tale of suburban redempon through dance, nor a sarical comedy about weird imitators of Travolta. Tony Manero is no American dream, more li- kely it’s a South American nightmare. Because we are in Chile’s 1978, one of the most bloody years in Pinochet’s regime, and also our protagonist is brutal and piless: he can do anything to get himself a glass dance floor just like the one he saw in the film. With that impassive face resembling a miserable Al Pacino, he’s almost ausc in his relaonship with reality and only gets emoonal while wat- ching Fever or listening to romanc songs. The naturalisc way of telling the story, with hand-held camera following Raul, brings us into close inmacy with him. Nonetheless, his inhuman behaviour prevent us from sympa- thizing: we are kept in that uncomfortable si- tuaon of adhering to his point of view even if we don’t like him. Something reminding us the relaonship we had with Dardenne’s Ro- sea or Travis in Taxi Driver. Especially significant are Raul’s sexual encoun- ters: of course there’s no love nor tenderness, but not even passion. No kisses and, remarka- bly, never a complete sexual act. His impo- tence and numbness perfectly apply to the country he lives in, and this brings us to the great achievement of the film: it sets up a bril- liant polical discourse by telling a lile story, scking to a character who is trivial and extra- ordinary at the same me. Like in Taxi Driver, you can make even greater polical cinema without strictly making it. INTERVIEW Perché fare un film su Semo Torinese? Il rapporto con la cià in cui siamo na è sem- pre difficile, come il rapporto con i genitori. Vorremmo staccarci dalle radici ma finiamo sempre con il tornarci. Se uno è nato in una bella cià è facile trovare le ragioni per tor- nare. Ma se uno è nato in una periferia indu- striale, le ragioni deve costruirsele. Volevo capire perchè torno sempre in questa piccola cià; capire parole come origine, apparte- nenza, identà. Quali sono le differenze tra la vita in una grande e in una piccola cià? Nelle piccole cià è più facile che ci siano re di relazioni tra le persone, c’è vita per le strade. Questo è importanssimo: non si resta chiusi in casa a guardare la TV. Ma anche a Torino esi- stono quareri in cui la gente si invita a cena, si aiuta. Alla fine una grande cià è un insieme di piccole cià. E il problema dell’immigrazione? Durante la lavorazione abbiamo cercato qual- cuno che ci confermasse la paura che denun- ciano i TG. Non esiste. Nelle case popolari vivono vecchi immigra dal Veneto e dal Sud accanto ad Africani e Cinesi. L’integrazione non è solo uno slogan: vuol proprio dire che vi- viamo mescola, è qualcosa di urbanisco piuosto che sociologico. C’erano tue le pre- messe perché la cià diventasse una banlieue degradata e violenta, invece ha saputo adat- tarsi e diventare vivibilissima. Come sente la sua cià? Come una persona malata da tanto tempo. Vent'anni fa le avevano diagnoscato pochi mesi di vita. Invece è ancora qui, tenacemente viva. Why to make a film about Semo Torinese? The relaonship with the city we have born is always complicated, like the relaonship with our parents. We want to detach from our roots, but in the end we always return to them. If one is born in a beauful city, it is easy to find reasons to return. If however, one is born in an industrial periphery, the reasons must make be stronger. I wanted to under- stand why I always return to this small city, un- derstand words like origin, affiliaon, and identy. What are the differences between life in a large and small city? In the small cies it is easier, there are net- works of relaonships between people; there is life in the streets. It is important not to stay at home, watching TV. In Turin there are di- stricts were people invite one another to the dinner, and help each other out. In the end one big city is in fact several small ones. And the problem of immigraon? During the work, we were searching for so- meone who would confirm the fear, which the TV news oen proclaims. It does not exist. In the communal houses the old immigrants from Veneto and from South live besides the Chinese and Africans. Integraon is not only a slogan: it means that we are really living mixed. It is something urban, rather than so- ciological. There were all the precondions for the city to decline and develop violent su- burbs, however it has been able to adapt and remain fit to be lived in. How does your city feel? Like a person being ill for a long me. 20 years ago they diagnosed her only a few months to live, however, she is sll here, tenaciously alive. Sebasano Pucciarelli Gazzea quodiana in collaborazione con NISI MASA, rete europea del cinema giovane A daily gazee in collaboraon with NISI MASA, European network of young cinema NISIMAZINE Ilona Nukševica More articles on www.nisimasa.com and www.frantinisimasa.it 23/11 nazionale 1 24/11 greenwich 3 h. 16.30 h. 14.45 Gabriele Vacis Uno scampolo di paradiso Italiana.Doc (special screening) 23/11 ambrosio 1 24/11 ambrosio 1 h. 20.15 h. 10.00

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Daily magazine published during the Torino Film Festival. Created by NISI MASA - the Network of Young European Cinema (www.nisimasa.com)

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FILM DEL GIORNO

MOVIE OF THE DAY

TORINO

323-11-08

Raul è un uomo di mezza età, silenzioso e im-passibile, ossessionato da La febbre del sabatosera e dal suo protagonista Tony Manero (JohnTravolta): guarda il film in con9nuazione, provala coreografia con il suo gruppo, si procura unves9to bianco e si 9nge i capelli di nero. Perchéparteciperà a un concorso televisivo per di-ventare il sosia cileno di Tony Manero.Nonostante le apparenze, questa non è una-storia di risca:o proletario a:raverso la danzae nemmeno una commedia sugli imitatori su-damericani di Travolta.Più che il Sogno Americano, questo è l’IncuboSud-Americano. Perché siamo nel Cile del1978, uno degli anni più sanguinari del regimedi Pinochet, e perché il nostro protagonista èspietato e brutale, pronto a tu:o pur di avereun dance floor di vetro come quello del film.Con la sua faccia impassibile da Al Pacino de-presso, Raul è quasi au9s9co nel suo rapportocon la realtà, si emoziona solo davan9 a La feb-bre o quando ascolta canzoni roman9che.E se lo s9le naturalis9co del racconto, con ca-mera a spalla sempre addosso al personaggio,ci spinge verso una stre:a in9mità con Raul, lasua disumanità ci impedisce di simpa9zzare:res9amo nella spiacevole condizione di ade-rire al suo punto di vista pur non amandolo.Qualcosa che ricorda la nostra relazione con laRose:a dei Dardenne o con il Travis di Taxi Dri-ver. Par9colarmente significa9vi sono gli in-contri sessuali di Raul: ovviamente non c’èamore né tenerezza, ma neppure passione.Niente baci e, sopra:u:o, mai un a:o ses-suale completo. Impotenza e insensibilità chesi applicano perfe:amente al paese in cui Raulvive, e qui sta forse la migliore conquista delfilm: si costruisce un perfe:o discorso poli9coraccontando una piccola storia, seguendo unpersonaggio banale e straordinario al tempostesso.Come in Taxi Driver, spesso il miglior cinemapoli9co si fa senza parlare di poli9ca.

Tony Manero

Raul is a middle-aged man, silent and unemo-9onal, obsessed with Saturday Night Fever andits protagonist Tony Manero (John Travolta):he watches the film dozens of 9mes, rehear-ses the choreography with his group, gets awhite suit and dyes his hair black. All becausehe wants to become Chile’s official Tony Ma-nero’s double in a tv contest.But despite appearances, this is not a posi9vetale of suburban redemp9on through dance,nor a sa9rical comedy about weird imitatorsof Travolta.Tony Manero is no American dream, more li-kely it’s a South American nightmare.Because we are in Chile’s 1978, one of themost bloody years in Pinochet’s regime, andalso our protagonist is brutal and pi9less: hecan do anything to get himself a glass dancefloor just like the one he saw in the film. Withthat impassive face resembling a miserable AlPacino, he’s almost au9s9c in his rela9onshipwith reality and only gets emo9onal while wat-ching Fever or listening to roman9c songs.The naturalis9c way of telling the story, withhand-held camera following Raul, brings usinto close in9macy with him. Nonetheless, hisinhuman behaviour prevent us from sympa-thizing: we are kept in that uncomfortable si-tua9on of adhering to his point of view evenif we don’t like him. Something reminding usthe rela9onship we had with Dardenne’s Ro-se:a or Travis in Taxi Driver.Especially significant are Raul’s sexual encoun-ters: of course there’s no love nor tenderness,but not even passion. No kisses and, remarka-bly, never a complete sexual act. His impo-tence and numbness perfectly apply to thecountry he lives in, and this brings us to thegreat achievement of the film: it sets up a bril-liant poli9cal discourse by telling a li:le story,s9cking to a character who is trivial and extra-ordinary at the same 9me.Like in Taxi Driver, you can make even greaterpoli9cal cinema without strictly making it.

INTERVIEW

Perché fare un film su Se0mo Torinese?Il rapporto con la ci:à in cui siamo na9 è sem-pre difficile, come il rapporto con i genitori.Vorremmo staccarci dalle radici ma finiamosempre con il tornarci. Se uno è nato in unabella ci:à è facile trovare le ragioni per tor-nare. Ma se uno è nato in una periferia indu-striale, le ragioni deve costruirsele. Volevocapire perchè torno sempre in questa piccolaci:à; capire parole come origine, apparte-nenza, iden9tà.Quali sono le differenze tra la vita in unagrande e in una piccola ci/à?Nelle piccole ci:à è più facile che ci siano re9di relazioni tra le persone, c’è vita per le strade.Questo è importan9ssimo: non si resta chiusiin casa a guardare la TV. Ma anche a Torino esi-stono quar9eri in cui la gente si invita a cena,si aiuta. Alla fine una grande ci:à è un insiemedi piccole ci:à.E il problema dell’immigrazione?Durante la lavorazione abbiamo cercato qual-cuno che ci confermasse la paura che denun-ciano i TG. Non esiste. Nelle case popolarivivono vecchi immigra9 dal Veneto e dal Sudaccanto ad Africani e Cinesi. L’integrazione nonè solo uno slogan: vuol proprio dire che vi-viamo mescola9, è qualcosa di urbanis9copiu:osto che sociologico. C’erano tu:e le pre-messe perché la ci:à diventasse una banlieuedegradata e violenta, invece ha saputo adat-tarsi e diventare vivibilissima.Come sente la sua ci/à?Come una persona malata da tanto tempo.Vent'anni fa le avevano diagnos9cato pochimesi di vita. Invece è ancora qui, tenacementeviva.

Why to make a film about Se0mo Torinese?The rela9onship with the city we have born isalways complicated, like the rela9onship withour parents. We want to detach from ourroots, but in the end we always return tothem. If one is born in a beau9ful city, it is easyto find reasons to return. If however, one isborn in an industrial periphery, the reasonsmust make be stronger. I wanted to under-stand why I always return to this small city, un-derstand words like origin, affilia9on, andiden9ty.What are the differences between life in alarge and small city?In the small ci9es it is easier, there are net-works of rela9onships between people; thereis life in the streets. It is important not to stayat home, watching TV. In Turin there are di-stricts were people invite one another to thedinner, and help each other out. In the endone big city is in fact several small ones.And the problem of immigra.on?During the work, we were searching for so-meone who would confirm the fear, which theTV news o'en proclaims. It does not exist. Inthe communal houses the old immigrantsfrom Veneto and from South live besides theChinese and Africans. Integra9on is not only aslogan: it means that we are really livingmixed. It is something urban, rather than so-ciological. There were all the precondi9ons forthe city to decline and develop violent su-burbs, however it has been able to adapt andremain fit to be lived in.How does your city feel?Like a person being ill for a long 9me. 20 yearsago they diagnosed her only a few months tolive, however, she is s9ll here, tenaciouslyalive.

Sebas�ano Pucciarelli

Gazze:a quo9diana in collaborazione con NISI MASA, rete europea del cinema giovaneA daily gaze:e in collabora9on with NISI MASA, European network of young cinema

NISIMAZINE

Ilona Nukševica

More articles on www.nisimasa.com and www.frantinisimasa.it

23/11 nazionale 124/11 greenwich 3

h. 16.30h. 14.45

Gabriele VacisUno scampolo di paradisoItaliana.Doc (special screening)

23/11 ambrosio 124/11 ambrosio 1

h. 20.15h. 10.00

Page 2: Nisimazine Torino #3

In un ‘77 di piombo e di lo:e, l’Italia reclama lasua fe:a di punk a:raverso il cinema. I tosca-nacci cinici e volgari che Giuseppe Bertoluccisceglie di raccontare nel suo debu:o sono vi-telloni so:oproletari da dopo-Pasolini, si muo-vono nel vuoto retorico lasciato dalmovimento del ‘68 e passano le giornate traun film che non riesce ad eccitarli e un dibat-9to culturale che non riescono a capire. Lasperanza di un risca:o ha ormai ben poco ache fare con la poli9ca: per spianta9 così,quella del leadercomunista Berlin-guer non è più diun’icona, è un mi-raggio o un prete-sto per l’ennesimamasturbazione in-telle:uale nell’at-tesa di unarivoluzione chenon arriverà mai.“La vita semprepallida sarà, do-mani come oggi sarà” canta l’orchestrina daballo. “Domani? Domani c’è anche il caso chenon ci si arrivi” riba:e il protagonista MarioCioni. Un vero No future all’italiana.Anche la regia si adegua al nichilismo di fondo:il grido “azione” chiaramente udibile ad iniziopellicola e la prima sequenza che si svolge inuna sale:a locale (“il cinema è una frega-tura!”) corrispondono alla rinuncia ad ogni vo-lontà este9ca o e9ca. E’ il cinema che rinunciaai suoi poteri di grande illusionista e depone learmi. La ribalta resta tu:a ad un giovane Beni-gni, scapigliato e ancora “malincomico”, quinei panni di un gro:esco Edipo di provincia: ilsogge:o del film è tra:o dal suo monologo del‘76 Cioni Mario di Gaspare Fu Giulia, del qualeè co-autore assieme a Bertolucci.

In 1977, among bullets and poli9cal fights,Italy claims its own piece of punk cinema. Thecynical and vernacular Tuscan men GiuseppeBertolucci tells us about in his debut film, arepost-pasolinian underdog fellows. They movein the rethorical emp9ness le' by ’68 move-ment, spend their days watching movies thatdon’t excite them, and take part in cultural de-bates they can’t understand. Their hope for re-demp9on has nothing to do with poli9csanymore. To people like them the communist

leader Berlingueris nothing morethan an icon, a mi-rage or just the ex-cuse for others tomasturbate men-tally, wai9ng for arevolu9on thatwill never come.An orchestra at aball sings: “Lifewill always bepale, tomorrow

will be like today”, and the protagonist MarioCioni responds “Tomorrow? Maybe therewon’t be no tomorrow”. It’s a step towards a‘say no’ future for Italy. The films direc9onalso tunes into this generical nihilis9c mood:the “ac9on” shout, clearly audible at the be-ginning, and at the first sequence at the pictu-res (“cinema is a swindle!”) represents therenuncia9on to any ambi9on, aestethic orethical. It is s Cinema giving up its own powersof great illusionism and laying down its arms.The en9re limelight goes to the young Benigni,s9ll ragged and “melancomic”, here playingthe role of a grotesque Edipo from the provin-ces. The films subject was taken from the mo-nologue Cioni mario di Gaspare fu Giulia,which he wrote in ‘76 with Bertolucci.

Il primo cortometraggio di Roman Polanski cheabbia mai visto è stato Omicidio. Tre inqua-drature, due minu9, un assassinio. Lo spet-tatore è immediatamente trascinatonell’azione. La semplicità della narrazione èevidente. Qui comincia il rapporto di Polanskicon i cor9. Non c’è nessuna richiesta di inter-pretare la storia a:raverso simboli o segni.E’ questo che rende Omicidio così terribile, Unsorriso dentale so;lmente maniacale e Rovi-neremo la festa molto divertente.A volte esplicita, a volte nascosta, è pre-sente unacostante ten-sione. Che in ef-fe; inizia sindal 9tolo delfilm. PrendeteLa lampada, adesempio, dovelo spe:atore siaspe:a chequalcosa ac-cada con unalampada. E de-c i s a m e n t e ,qualcosa accade. In Omicidio si sa che è la sto-ria di un assassinio, e si prova sempre la me-desima sensazione morbosa ad ogniproiezione. In Rovineremo la festa il fa:o cheil 9tolo riveli la fine non infas9disce; al contra-rio, si è così immersi nell’azione che si legi;-mano le azioni dei teppis9. La maestria diPolanski nel mostrare gli is9n9 umani basilarisi esalta nei personaggi, nelle musiche, negliambien9…senza bisogno di sofis9cazioni.L’essenza dei sui cor9 è la semplicità con cuidescrive la grezza natura umana, molto spessorivolgendosi dire:amente all’essenza pura esemplice degli spe:atori.

The first short film that I have ever seen byRoman Polanski was A Murderer. Three shots,two minutes, one murder. The spectator is im-mediately drawn into the ac9on. One can ea-sily feel the simplicity of the narra9on. This iswhere Polanski’s love-affair with shorts begins.There is no par9cular claim to interpret theplot through any symbols or signs. That is whatmakes A Murderer so monstrous, A ToothfulSmile subtly maniacal and Break up the Dancevery entertaining. The tension, at 9mes expli-cit and at 9mes hidden, nevertheless, is always

there. Actually,the tension be-gins already inthe film’s 9tle.Take the TheLamp, for in-stance, wherethe viewer ex-pects some-thing to happenwith a lamp.And it indeeddoes happen. InA Murderer,

one knows it is a story about a murder andkeeps having that morbid feeling every 9meone watches it. In Break up the Dance, one isnot bothered that the 9tle reveals the end ofthe film; on the contrary one gets so involvedin the story that in the end, one even legi9-mates the mo9ves of the youngsters. Polan-ski’s mastery of exposing the basic ins9ncts ofhuman beings is strongly emphasized throughcharacters, music, and the se;ng, without theneed for sophis9ca9on.The essence of Polanski’s shorts is in the sim-plicity of describing the rough nature of hu-mans, which very o'en appeals to the veryessence of the spectators.

CRITICA

REVIEWBerlinguer 9 voglio beneL’amore degli inizi

Polanski’ ShortsCRITICA

REVIEW

Giuseppe BertolucciItaly, 1997

Roman PolanskyPoland, 1956-62

Simone Do o Bistra Georgieva23/11 ambrosio 326/11 ambrosio 2

FOCUS ONQuando ascolto Daniele mi rendo conto che crede profondamente in quello di cui parla, lo ca-pisco dal suo sguardo, dal tono della voce, dalla cura e l’a:enzione con le quali dosa le parole:“[…] forse uno dei mo9vi per cui si è sempre alla ricerca di altro è che si è perso qualcosa prima”.Le sue opere sono infa; sempre pervase da un immanente senso di perdita, raccontano la diffi-cile, talvolta impossibile, convivenza di ognuno con il proprio passato. I personaggi dei suoi filmsembrano intrappola9 in un presente al quale sentono di non appartenere, con cui possonoscendere a pa;, cercando di sopravvivere, come il giovane Alessandro in Nemmeno il des9no,oppure comba:ere strenuamente, come i Par9giani de I Nostri Anni, des9na9 alla sconfi:a e co-stre; a guardare in faccia l’amara realtà: “lapidi, corone rinsecchite e bei discorsi”.Un cinema costruito intorno a luoghi che fanno parte di un altro mondo: i boschi della Val Chiu-sella e la loro aria così “diversa”, le case, un tempo cascine, in borgo San Paolo, un fiume allespalle dei grigi palazzoni periferici, dove scordarsi lo squallore di una vita ai margini. Luoghi im-possibili da dimen9care e tu:avia des9na9 ad essere abbandona9, lascia9 indietro per fare spa-zio ad un futuro inelu:abile.Mi parla del suo ul9mo documentario, Rata Neće Bi9, raccolta di vol9 e “paesaggi” Balcanici: “Misono avvicinato alle persone per ascoltarle […] non ho voluto raccontare il confli:o in modoesplicito, la stru:ura l’ha imposta quella realtà, ho cercato di registrare ciò che provavano quellepersone e come io ho vissuto quegli incontri […]. Ero lì per loro, perché hanno bisogno di essereascolta9”. Sempre alla ricerca della Storia a:raverso le storie di coloro che l’hanno vissuta e co-struita, con uno sguardo mai scontato e sinceramente empa9co. Cinema di cui oggi si sente dav-vero la necessità.

In speaking with Daniele I immediately understand that he truly believes in what he’s saying, Ican understand this fact from his eyes, from his voice and from the accuracy which he uses inchoosing words. He starts saying “[…] maybe we’re always searching for something else becausewe lost something in our past […] ”, in fact an immanent sense of loss always pervades his works,they always speak about the difficul9es that everybody has in cohabit with its past. Charactersin his movies are always trapped in a present they don’t feel to belong to, and that they can ei-ther accept, as young Alessandro in Nemmeno il Des9no, or fight against it, as Par9sans in I no-stri anni, men intended to loose, forced dolefully to face reality: “tombstone, overblown wreathand nice speech”. Cinema built on places that belong to another world: Val Chiusella’s woodswith their different air, houses in Borgo San Paolo which were farmstead some years ago, a riverbehind grey periphery ’s buildings where it’s possible to forget lives on the outskirts; these are“unforge:able” places that have to be abandoned, le' behind, to reach an inescapable future.He even speaks about his last documentary, Rata Neće Bi9, “landscapes” and faces from Balkans:“ I approach people to listen to them[…] I don’t want to narrate the conflict in an explicit way,structure was built by that type of reality, I try to tell what that persons feel and my experiencein mee9ng them[…] . I was there for them, because they need to make themselves heard”. Al-ways trying to find History, passing trough people’s stories who lived and built it, looking at themin an unexpected and sincerely empathic way. Cinema that we really need in these 9mes.

*l’intervista completa è disponibile su / full interview available on: www.fran9nisimasa.it

Daniele Gaglianone presenta al TFF Rata NećeBi9 (non ci sarà la guerra) del quale dice: “Nonho voluto essere equidistante[…] ognuno rac-conta la propria storia, i propri luoghi e la pro-pria esperienza, ogni capitolo può essere undocumentario a sé stante, ma l’insieme trac-cia un quadro generale”

Daniele Gaglianone presents during this TFFRata Neće Bi9 (There will be not the war), hesays about it: “ I don’t want to be equidi-stant[…] everyone tell its story, its places andits experience, each chapter can be a singulardocumentary, but all together they give a ge-neral sight”

Andrea Ma acheo

23/11 greenwich 124/11 nazionale 1

h. 11.00h. 14.45

23/11 massimo 124/11 nazionale 2

h. 17.00h. 14.30

h. 22.45h. 16.00

NISIMAZINE TORINO23-11-08 #3

allegato indipendente deLA RIVISTA DEL CINEMA

Reg. Trib. Torino n. 5560 del 17/12/2001DIR. RESPONSABILE

Alberto BarberaRESP. PROGETTO

Marta MussoCAPO REDATTORE E GRAFICA

Tommaso CaroniREDAZIONE

Cicek Coskun, Sahar Delijani, SimoneDo:o, Flavio Fulvio Bragoni, Bistra Geor-gieva, Hasmik Hovhannisian, Dorothy Kirk,Tania Laniel, Andrea Ma:acheo, IlonaNukševica, Sebas9ano Pucciarelli, Jenny-fer Rapisarda, Hamilton San9à, MirthaSozzi, Elżbieta M. Stachowiak

TRADUZIONISahar Delijani, Dorothy Kirk

CORREZIONE BOZZESebas9ano Pucciarelli

ORGANIZZAZIONEMaddalena Longhi(coordinamento perl’Associazione Fran9), Mirtha Sozzi (coor-dinamento Nisi Masa Europa), Luca Vi-gliani (Logis9ca)

TIPOGRAFIAMondostampe - Grafica & Stampa

Proge/o dida0co realizzatocon il contributo di EDISU Piemonte

dal Gruppo Studentesco“Professione: Reporter”

in coll. con Fran. e Nisi Masawww.fran.nisimasa.it

[email protected]