Niente matrimonio tra persone dello stesso sesso neanche ... · annullare l’eventuale...

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Lessico di diritto di famiglia Gianfranco Dosi 1 Niente matrimonio tra persone dello stesso sesso neanche quando è contratto regolarmente all’estero Cons. Stato Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 4899 annulla TAR Lazio, Sez. I, ter, 23 aprile 2015, n. 5924 TAR Lombardia, Milano, Sez, III,29 settembre 2015, n.- 2037 TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 21 maggio 2015, n. 228 TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 21 maggio 2015, n. 228 TAR Lazio, Sez. I, ter, 11 marzo 2015, n. 4028 TAR Lazio, Sez. I, ter, 9 marzo 2015, n. 3900 I Cons. Stato Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 4899 Non è trascrivibile in Italia il matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero e il prefetto può annullare l’eventuale trascrizione disposta dal Sindaco quale ufficiale di stato civile annulla II TAR Lazio, Sez. I, ter, 23 aprile 2015, n. 5924 (che pur affermando la non trascrivibilità del matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, dichiara nullo per difetto di attribuzioni il provvedimento del Prefetto che aveva annullato la trascrizione del matrimonio effettuata dal Sindaco del Comune di Roma) * * * III TAR Lombardia, Milano, Sez, III,29 settembre 2015, n.- 2037 (come il Tar Lazio 5924/2015, pur affermando la non trascrivibilità del matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, dichiara nullo per difetto di attribuzioni il provvedimento del Prefetto che aveva annullato la trascrizione del matrimonio effettuata dal Sindaco del Comune di Milano) (in senso conforme anche T.A.R. Toscana Sez. I, 25 settembre 2015, n. 1291) IV TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 21 maggio 2015, n. 228 (dichiara valido il decreto con cui il Prefetto ha annullato la trascrizione del matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso disposta dal Sindaco del Comune di Udine) V TAR Lazio, Sez. I, ter, 11 marzo 2015, n. 4028 (accoglie il ricorso del Sindaco di Roma contro la Circolare con cui il 7 ottobre 2014 il Ministro degli Interni aveva dato disposizioni ai Prefetti di non trascrivere in Italia i matrimoni tra persone dello stresso sesso contratti all’estero) VI TAR Lazio, Sez. I, ter, 9 marzo 2015, n. 3900 (dichiara inammissibile il ricorso del Sindaco di Napoli contro una direttiva del Prefetto adottata sulla base della Circolare con cui il 7 ottobre 2014 il Ministro degli Interni aveva dato disposizioni ai Prefetti di non trascrivere in Italia i matrimoni tra persone dello stresso sesso contratti all’estero)

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Lessico di diritto di famigliaGianfranco Dosi 1

Niente matrimonio tra persone dello stesso sesso neanche quando è contratto regolarmente all’estero

Cons. Stato Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 4899

annulla TAR Lazio, Sez. I, ter, 23 aprile 2015, n. 5924

TAR Lombardia, Milano, Sez, III,29 settembre 2015, n.- 2037TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 21 maggio 2015, n. 228

TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 21 maggio 2015, n. 228

TAR Lazio, Sez. I, ter, 11 marzo 2015, n. 4028

TAR Lazio, Sez. I, ter, 9 marzo 2015, n. 3900

ICons. Stato Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 4899

Non è trascrivibile in Italia il matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero e il prefetto può annullare l’eventuale trascrizione disposta dal Sindaco quale ufficiale di stato civile

annullaII

TAR Lazio, Sez. I, ter, 23 aprile 2015, n. 5924(che pur affermando la non trascrivibilità del matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, dichiara nullo per difetto di attribuzioni il provvedimento del Prefetto che aveva annullato la trascrizione del matrimonio effettuata dal Sindaco del Comune di Roma)

* * *

IIITAR Lombardia, Milano, Sez, III,29 settembre 2015, n.- 2037 (come il Tar Lazio 5924/2015, pur affermando la non trascrivibilità del matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, dichiara nullo per difetto di attribuzioni il provvedimento del Prefetto che aveva annullato la trascrizione del matrimonio effettuata dal Sindaco del Comune di Milano)(in senso conforme anche T.A.R. Toscana Sez. I, 25 settembre 2015, n. 1291)

IV TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 21 maggio 2015, n. 228

(dichiara valido il decreto con cui il Prefetto ha annullato la trascrizione del matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso disposta dal Sindaco del Comune di Udine)

V TAR Lazio, Sez. I, ter, 11 marzo 2015, n. 4028

(accoglie il ricorso del Sindaco di Roma contro la Circolare con cui il 7 ottobre 2014 il Ministro degli Interni aveva dato disposizioni ai Prefetti di non trascrivere in Italia i matrimoni tra persone dello stresso sesso contratti all’estero)

VI TAR Lazio, Sez. I, ter, 9 marzo 2015, n. 3900

(dichiara inammissibile il ricorso del Sindaco di Napoli contro una direttiva del Prefetto adottata sulla base della Circolare con cui il 7 ottobre 2014 il Ministro degli Interni aveva dato disposizioni ai Prefetti di non trascrivere in Italia i matrimoni tra persone dello stresso sesso contratti all’estero)

2 Lessico di diritto di famigliaGianfranco Dosi

Nel corso degli ultimi tempi alcuni Sindaci italiani (Milano, Udine, Roma, Napoli e al-tri) hanno posto direttamente e platealmente, anche procedendovi talvolta diretta-mente, il problema della trascrizione nei nostri registri di stato civile dei matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso. Chiunque risiede in un Comune italiano, cittadino o straniero, può trascrivervi gli atti dello stato civile. Così, poiché molti Stati nel mondo anche in Europa riconoscono anche a persone dello stesso sesso il diritto di sposarsi è sempre più frequente la richiesta di trascrizione in Italia di matrimoni tra persone dello stesso cesso contratti all’estero. Al contenzioso amministrativo che si è creato intorno a questo tema ha posto fine – con una decisione che molti speravano diversa - la terza sezione del Consiglio di Stato che con la sentenza 26 ottobre 2015, n. 4899 ha confermato la tesi della non trascrivibilità nei registri di stato civile italiani del matrimonio contratto regolar-mente all’estero tra persone dello stesso sesso sulla base di norme e che ha anche dichiarato la piena potestà dei Prefetti nell’annullare i provvedimenti di trascrizione eventualmente effettuati dal Sindaco, ritenendo che in tale funzione il Sindaco agi-sca quale ufficiale del Governo e quindi in posizione subordinata al Prefetto.Le sentenze che seguono costituiscono una documentazione di grande interesse per la completezza dei riferimenti e delle argomentazioni utilizzate che sintetizzano lo stato attuale del dibattito su questo tema nella giurisprudenza amministrativa. Numerosi sono anche i riferimenti, nelle decisioni che si riportano, alla posizione della Corte costituzionale (Corte Cost., sent. 11 giugno 2014, n.170; sent. 15 aprile 2010, n.138; ordinanze n. 4 del 2011 e n.276 del 2010) che – nella lettura che ne ha dato il Consiglio di Stato – con le proprie sentenze “ha confermato che il ma-trimonio omosessuale deve intendersi incapace, nel vigente sistema di regole, di costituire tra le parti lo status giuridico proprio delle persone coniugate (con i diritti e gli obblighi connessi) in quanto privo dell’indefettibile condizione della diversità di sesso dei nubendi, che il nostro ordinamento configura quale connotazione ontologi-ca essenziale dell’atto di matrimonio” e che per questi motivi afferma “ la coerenza dell’omessa omologazione del matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, alla stregua dei parametri ivi esaminati e, in particolare, a quello previsto all’art.29, che, nella lettura della Corte Costituzionale si risolve in una costituzionalizzazione del matrimonio tra persone di sesso diverso, sicché non possono ravvisarsi margini per uno scrutinio diverso ed ulteriore della compatibilità della regolazione in questione con la Carta fondamentale della Repubblica”.Su questi aspetti come è noto il dibattito tra i giuristi non è così lineare e scontato come il Consiglio di Stato sembra voler ritenere. Lo conferma il dibattito in corso sul disegno di legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso.

Niente matrimonio tra persone dello stesso sesso neanche quando contratto regolarmente all 'estero

ICons. Stato Sez. III, 26 ottobre 2015, n. 4899

(omissis)

Svolgimento del processoCon la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, dopo aver riconosciuto l’insussi-stenza di qualsivoglia diritto alla trascrizione negli atti dello stato civile di matrimoni tra coppie omosessuali celebrati all’estero (e, di conseguenza, la legittimità della circolare in data 7 ottobre 2014 con cui il Ministro dell’interno ne aveva stabilito l’intrascrivibilità in Italia), ha, nondimeno, giudicato illegittimi (annullandoli, in parziale accoglimento del ricorso di primo grado) l’impugnato provvedimento con cui il Prefetto di Roma aveva decretato l’annullamento delle trascrizioni dei matrimoni celebrati all’estero dai ricorrenti e la presup-posta, menzionata circolare (nella parte in cui invitava i Prefetti ad annullare dette trascrizioni), sulla base dell’assorbente rilievo per cui la rettifica o la cancellazione degli atti dello stato civile resta riservata in via esclusiva all’autorità giudiziaria ordinaria.Avverso la predetta decisione proponeva appello il Ministero dell’interno, contestando la correttezza del gravato giudizio di illegittimità, sulla base delle argomentazioni difensive di seguito illustrate ed esaminate, e domandandone la riforma, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado.

3Gianfranco Dosi Lessico di diritto di famiglia

Resistevano gli originari ricorrenti, contestando la fondatezza dell’appello, difendendo la correttezza del giudizio di illegittimità formulato dai giudici di prima istanza, impugnando, in via incidentale, la statuizione relativa alla illegittimità della trascrizione in Italia di matrimoni tra coppie omosessuali contratti all’estero (ed insistendo nel rivendicare il relativo diritto) e concludendo per la reiezione dell’appello principale del Ministero e per la parziale riforma della decisione impugnata, in accoglimento del proprio appello incidentale.Resisteva anche Roma Capitale, contestando la fondatezza dell’appello del Ministero e concludendo per la sua reiezione.Il ricorso veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2015.

Motivi della decisione1. - Come già rilevato in fatto, il Tribunale capitolino ha affermato la intrascrivibilità dei matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso, ma ha riconosciuto la illegittimità del provvedimento prefettizio di annullamento delle relative trascrizioni (e della presupposta circolare, nei limiti sopra precisati).La decisione appellata si compone, quindi, di due distinti accertamenti: uno favorevole al Ministero dell’in-terno e uno favorevole ai ricorrenti (e al Sindaco di Roma).Entrambe tali statuizioni sono state appellate: in via principale quella demolitoria del decreto prefettizio di annullamento della trascrizione ; in via incidentale quella di accertamento dell’insussistenza di un diritto delle coppie omosessuali alla trascrizione nei registri dello stato civile dei loro matrimoni celebrati all’estero.Il rispetto dell’ordine logico nella disamina delle censure ritualmente introdotte nel giudizio di appello impo-ne di principiare dall’esame dell’appello incidentale, siccome afferente ad una questione (la trascrivibilità in Italia di matrimoni omosessuali contratti all’estero) logicamente antecedente rispetto a quella (il potere del Prefetto di annullare le loro trascrizioni in Italia) oggetto dell’appello principale.2. - Mediante le censure articolate nell’appello incidentale gli originari ricorrenti reclamano, a ben vedere, il (o, meglio, l’affermazione del) diritto alla trascrizione in Italia di matrimoni omosessuali celebrati all’estero, insistendo, perciò, nel dedurre l’illegittimità della gravata circolare del Ministro dell’interno (là dove aveva impartito istruzioni impeditive di esse).Così decifrata la domanda, occorre procedere a una preliminare (e sintetica) ricognizione dei principi e delle regole che governano la trascrizione degli atti di matrimonio formati in un altro Paese (e alla cui stregua dev’essere giudicata la fondatezza della pretesa sostanzialmente azionata dagli originari ricorrenti).2.1 - Gli artt.27 e 28 della L. 31 maggio 1995, n.218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) stabiliscono i presupposti di legalità del matrimonio (nei casi in cui alcuni elementi della fattispecie si riferiscano ad ordinamenti giuridici di diversi Stati), prevedendo, in particolare (e per quanto qui rileva) che le condizioni (soggettive) di validità “sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo...” (art.27) e che “il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi...” (art.28).L’art.115 del codice civile assoggetta, inoltre, espressamente i cittadini italiani all’applicazione delle di-sposizioni codicistiche che stabiliscono le condizioni necessarie per contrarre matrimonio (tale dovendosi intendere il rinvio alla sezione prima del terzo capo, del titolo sesto, del libro primo del codice civile), anche quando l’atto viene celebrato in un paese straniero.La lettura combinata delle disposizioni citate, che disegnano un sistema regolatorio univoco circa l’identifica-zione degli elementi che condizionano la validità e l’efficacia del matrimonio tra cittadini italiani celebrato all’estero, esige l’enucleazione degli indefettibili requisiti sostanziali (quanto, segnatamente, allo stato ed alla capacità dei nubendi) che consentono al predetto atto di produrre, nell’ordinamento nazionale, i suoi effetti giuridici naturali.E risulta agevole individuare la diversità di sesso dei nubendi quale la prima condizione di validità e di ef-ficacia del matrimonio , secondo le regole codificate negli artt.107, 108, 143, 143 bis e 156 bis c.c. ed in coerenza con la concezione del matrimonio afferente alla millenaria tradizione giuridica e culturale dell’i-stituto, oltre che all’ordine naturale costantemente inteso e tradotto nel diritto positivo come legittimante la sola unione coniugale tra un uomo e una donna.A prescindere, quindi, dalla catalogazione squisitamente dogmatica del vizio che affligge il matrimonio celebrato (all’estero) tra persone dello stesso sesso (che si rivela, ai fini della soluzione della questione controversa, del tutto ininfluente), deve concludersi che, secondo il sistema regolatorio di riferimento (per come dianzi riassunto), un atto siffatto risulta sprovvisto di un elemento essenziale (nella specie la diversità di sesso dei nubendi) ai fini della sua idoneità a produrre effetti giuridici nel nostro ordinamento (Cass. Civ., sez. I, 9 febbraio 2015, n.2400; sez. I, 15 marzo 2012, n.4184).Che si tratti di atto radicalmente invalido (cioè nullo) o inesistente (che appare, tuttavia, la classificazione più appropriata, vertendosi in una situazione di un atto mancante di un elemento essenziale della sua stessa giuridica esistenza), il matrimonio omosessuale deve, infatti, intendersi incapace, nel vigente sistema di regole, di costituire tra le parti lo status giuridico proprio delle persone coniugate (con i diritti e gli obblighi connessi) proprio in quanto privo dell’indefettibile condizione della diversità di sesso dei nubendi, che il no-stro ordinamento configura quale connotazione ontologica essenziale dell’atto di matrimonio .

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2.2 - Così riscontrata l’inattitudine del matrimonio omosessuale contratto all’estero da cittadini italiani di produrre qualsivoglia effetto giuridico in Italia, occorre esaminare il regime positivo della sua trascrivibilità negli atti dello stato civile.Risulta, al riguardo, decisiva la previsione dell’art.64 del D.P.R. 3 novembre 2000, n.396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile) che, là dove cataloga (con un’elencazione tassativa) gli elementi e i contenuti (formali e sostanziali) prescritti per la trascrivibilità dell’atto di matri-monio , impone evidentemente (ancorchè implicitamente) all’ufficiale dello stato civile il potere (rectius: il dovere) di controllarne la presenza, prima di procedere alla trascrizione dell’atto (da valersi quale atto dovuto, pur a fronte della sua natura dichiarativa, e non costitutiva, solo se ricorrono tutte le condizioni elencate nella predetta disposizione).Ne consegue che il corretto esercizio della predetta potestà impedisce all’ufficiale dello stato civile la tra-scrizione di matrimoni omosessuali celebrati all’estero, per il difetto della condizione relativa alla “dichiara-zione degli sposi di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie”, prevista dall’art.64, comma 1, lett. e), D.P.R. 3 novembre 2000, n.396 cit., quale condizione dell’atto di matrimonio trascrivibile (così come dall’art.16, D.P.R. 3 novembre 2000, n.396 cit., rubricato “ Matrimonio celebrato all’estero”, che utilizza, evi-dentemente, la dizione “sposi” nell’unica accezione codicistica, codificata all’art.107 c.c., di marito e moglie).Anche escludendo, quindi, l’applicabilità alla fattispecie considerata del fattore ostativo previsto all’art.18 D.P.R. 3 novembre 2000, n.396 cit. (non potendosi qualificare come contrario all’ordine pubblico il matrimo-nio tra persone dello stesso sesso), la trascrizione dell’atto in questione deve intendersi preclusa proprio dal difetto di uno degli indispensabili contenuti dell’atto di matrimonio trascrivibile (e la cui verifica prelimi-nare deve ritenersi compresa nei doverosi adempimenti affidati all’ufficiale dello stato civile).2.3 - Una volta accertata l’inesistenza, alla stregua dell’ordinamento positivo, di un diritto alla trascrizione dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero (e, quindi, la legittimità della circolare del Ministro dell’interno che la vieta), occorre verificare se il titolo rivendicato dagli originari ricorrenti possa essere affermato in esito ad un’o-perazione ermeneutica imposta dal rispetto di principi costituzionali o enunciati in convenzioni internazionali.Gli appellanti incidentali sostengono, infatti, che il rispetto dei diritti e delle libertà sanciti in atti Europei o in trattati internazionali ovvero riconosciuti da decisioni di organi di giustizia sovranazionali vincolino i giudici nazionali, ai sensi dell’art.117, primo comma, Cost., a una lettura dell’apparato regolatorio ut supra riassun-to, nel senso di ammettere la trascrizione in Italia di matrimoni tra coppie omosessuali celebrati all’estero.2.4. - La compatibilità del divieto, in Italia, di matrimoni tra persone dello stesso sesso (e, quindi, si aggiun-ga, come logico corollario, della trascrizione di quelli celebrati all’estero) è già stata scrutinata ed affermata dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., sent. 11 giugno 2014, n.170; sent. 15 aprile 2010, n.138; ordinanze n. 4 del 2011 e n.276 del 2010), che ha chiarito come la regolazione normativa censurata risulti, per un ver-so, compatibile con l’art.29 della Costituzione (contestualmente interpretato come riferito alla nozione civili-stica di matrimonio tra persone di sesso diverso) e, per un altro, conforme alle norme interposte contenute negli artt.12 della CEDU e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (d’ora innanzi Carta di Nizza), nella misura in cui le stesse rinviano espressamente alle legislazioni nazionali, senza vincolarne i con-tenuti, la disciplina dell’istituto del matrimonio , riservandosi l’eventuale delibazione dell’incostituzionalità di disposizioni legislative che introducono irragionevoli disparità di trattamento delle coppie omosessuali in relazioni ad ipotesi particolari (per le quali si impone il trattamento omogeneo tra le due tipologie di unioni).Come si vede, dunque, il Giudice delle leggi ha già affermato la coerenza dell’omessa omologazione del matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, alla stregua dei parametri ivi esaminati e, in particolare, a quello previsto all’art.29, che, nella lettura della Corte Costituzionale si risolve in una costituzionalizzazione del matrimonio tra persone di sesso diverso, sicchè non possono ravvisarsi margini per uno scrutinio diver-so ed ulteriore della compatibilità della regolazione in questione con la Carta fondamentale della Repubblica.2.5 - Non solo, ma le medesime conclusioni si impongono anche all’esito dell’interpretazione della normativa di riferimento alla stregua degli artt.8 e 12 della CEDU, per come interpretati dalla Corte di Strasburgo (in particolare nella recente sentenza in data 21 luglio 2015, Oliari e altri contro Repubblica Italiana, indicata dagli appellanti incidentali a sostegno della prospettazione ermeneutica proposta).La tesi sostenuta dagli appellanti incidentali, secondo la quale il rispetto del dictum del recente pronuncia-mento della Corte di Strasburgo imporrebbe all’interprete una lettura della normativa nazionale permissiva delle trascrizioni in questione (secondo i canoni consacrati nelle sentenze della Corte Costituzionale nn.348 e 349 del 2007, n.80 del 2011 e n.15 del 2012), per quanto brillantemente formulata ed argomentata, non persuade e non vale, in ogni caso, a superare l’infrangibile ostacolo dell’art.29 Cost. (per come inteso e va-lorizzato dalla Corte Costituzionale).Una lettura attenta della sentenza c.d. Oliari, infatti, non solo non avalla l’assunto degli originari ricorrenti, ma ne costituisce, al contrario, la più efficace smentita.La Corte di Strasburgo, infatti, con la predetta sentenza, ha, da un lato, riconosciuto la violazione da parte dello Stato italiano, con un significativo esempio di overruling, dell’art.8 della CEDU, che tutela la vita fami-liare, nella misura in cui non assicura alcuna protezione giuridica alle unioni omosessuali, ma ha, da un altro lato, confermato la precedente giurisprudenza (sentenza 24 giugno 2010, Schalk e Kopf contro Austria) che negava la configurabilità dell’inosservanza dell’art.12 (diritto al matrimonio ), e, quindi, del corrispondente art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (d’ora innanzi Carta di Nizza), ribadendo, al

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riguardo, che la regolazione legislativa del matrimonio e, quindi, l’eventuale ammissione di quello omoses-suale (che la Corte non ritiene, in astratto, vietato) rientra nel perimetro del margine di apprezzamento e, quindi, della discrezionalità riservata agli Stati contraenti.Lungi, quindi, dall’affermare l’obbligo della Repubblica italiana di riconoscere il diritto al matrimonio omo-sessuale, la Corte di Strasburgo ha espressamente e chiaramente negato la sussistenza e, quindi, a fortiori, la violazione di tale (presunto) diritto, limitandosi ad imporre allo Stato di assicurare una tutela giuridica alle unioni omosessuali (ma, anche qui, riconoscendo un margine di apprezzamento, seppur più limitato, nella declinazione delle sue forme e della sua intensità).2.6 - Ma, anche esaminando la questione sotto il dedotto profilo del necessario rispetto delle libertà di circo-lazione e di soggiorno (per come enunciate dagli artt.20, 21, comma 1, e 18 TFUE e 21 della Carta di Nizza), si perviene alle stesse conclusioni.Perché possano giudicarsi violate le predette libertà, infatti, con conseguente obbligo dei giudici nazionali di disapplicare la normativa nazionale che ne costituisce limitazione o impedimento, è necessario che la fattispe-cie giudicata rientri entro i confini del diritto Europeo, in quanto direttamente regolata da atti dell’Unione o in quanto espressamente attribuita dai Trattati alle sue competenze istituzionali, dovendo, altrimenti, negarsi ogni rilievo alle predette libertà, là dove interferiscano con disposizioni nazionali del tutto estranee al perimetro della regolazione Europea e non siano funzionali alla garanzia della sua piena attuazione (Corte di Giustizia dell’U-nione Europea, sentenza 15 novembre 2011, causa C-2561/11; sentenza 5 ottobre 2010, causa C-400/10).Nel caso di specie, tuttavia, come già visto, la regolazione legislativa del matrimonio , e, di conseguenza, anche i presupposti del riconoscimento giuridico dei matrimoni celebrati in un Paese straniero (ivi compresi quelli appartenenti all’Unione Europea) esula dai confini del diritto Europeo (non essendo dato di rinvenire alcuna previsione Europea che vincoli gli Stati membri ad un’opzione regolatoria, che, anzi, resta espressa-mente riservata alla discrezionalità dei singoli Stati proprio dall’art.9 della Carta di Nizza) ed attiene, in via esclusiva, alla sovranità nazionale, di talché resta inconfigurabile, nella fattispecie considerata, qualsivoglia violazione delle libertà di circolazione e di soggiorno.2.7 - Non appare, in definitiva, configurabile, allo stato del diritto convenzionale Europeo e sovranazionale, nonché della sua esegesi ad opera delle Corti istituzionalmente incaricate della loro interpretazione, un di-ritto fondamentale della persona al matrimonio omosessuale, sicchè il divieto dell’ordinamento nazionale di equiparazione di quest’ultimo a quello eterosessuale non può giudicarsi confliggente con i vincoli contratti dall’Italia a livello Europeo o internazionale.Ne consegue che, a fronte della pacifica inconfigurabilità di un diritto (di genesi nazionale o sovranazionale) al matrimonio omosessuale, resta preclusa all’interprete ogni opzione ermeneutica creativa che conduca, all’esito di un’operazione interpretativa non imposta da vincoli costituzionali o (latu sensu) internazionali, all’equiparazione (anche ai meri fini dell’affermazione della trascrivibilità di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso) dei matrimoni omosessuali a quelli eterosessuali.2.8 - Non solo, ma il dibattito politico e culturale in corso in Italia sulle forme e sulle modalità del riconosci-mento giuridico delle unioni omosessuali sconsiglia all’interprete qualsiasi forzatura (sempre indebita, ma in questo contesto ancor meno opportuna) nella lettura della normativa di riferimento che, allo stato, esclude, con formulazioni chiare e univoche, qualsivoglia omologazione tra le unioni eterosessuali e quelle omosessuali.2.9 - Si aggiunga, quale argomento conclusivo, che, aderendo alla tesi prospettata dagli originari ricorrenti, si finirebbe per ammettere, di fatto, surrettiziamente ed elusivamente il matrimonio omosessuale anche in Italia, tale essendo l’effetto dell’affermazione della trascrivibilità di quello celebrato all’estero tra cittadini italiani, nonostante l’assenza di una previsione legislativa che lo consenta e lo regoli (e, anzi, in un contesto normativo che lo esclude chiaramente, ancorchè tacitamente) e, quindi, della relativa scelta (libera e po-litica) del Parlamento nazionale (che, si ripete, resta l’unica autorità titolare della relativa decisione, come chiarito anche dalla Corte di Strasburgo).2.10 - Alle considerazioni che precedono consegue, quindi, la reiezione dell’appello incidentale.3.- Occorre, a questo punto, procedere all’esame dell’appello principale, con il quale il Ministero dell’interno critica il giudizio di illegittimità del decreto prefettizio di annullamento delle trascrizioni, disposte dal Sinda-co di Roma Capitale, di matrimoni tra coppie omosessuali celebrati all’estero e della presupposta circolare.3.1 - Come già rilevato in fatto, i giudici di prima istanza, pur avendo riconosciuto l’illegittimità delle predette trascrizioni, hanno negato al Prefetto il potere di annullarle d’ufficio, reputando la relativa potestà riservata in via esclusiva al giudice ordinario (per effetto del combinato disposto degli artt.95 D.P.R. 3 novembre 2000, n.396 cit. e 453 c.c.).Il Ministero appellante critica tale statuizione, sulla base dell’assunto (in sintesi) che il potere gerarchico di sovraordinazione del Prefetto al Sindaco, quale ufficiale di governo delegato alla tenuta dei registri di stato civile, comprende, in sé, anche quello (generale) di autotutela sugli atti adottati contra legem dall’organo subordinato.3.2 - Lo scrutino della fondatezza della predetta tesi esige una preliminare ricognizione dei caratteri della relazione interorganica tra Prefetto e Sindaco, nell’espletamento delle competenze considerate.Nel nostro ordinamento l’esercizio di alcune funzioni di competenza statale è stato affidato al Sindaco, che le esercita non come vertice dell’ente locale, ma nella diversa qualità di ufficiale di governo.

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Tale peculiare modalità organizzatoria è stata, in particolare, decisa con riferimento alle funzioni che esigono un rapporto di prossimità con i cittadini e il cui esercizio è parso al legislatore più efficacemente esercitabile dall’organo di vertice dell’ente locale più vicino ai cittadini (il Comune).Tra le materie affidate alla cura del Sindaco quale ufficiale di governo è compresa anche la tenuta dei registri di stato civile, ad esso attribuita dall’art.54, comma 3, D.Lgs. 18 ottobre 2000, n.267.Il particolare modello organizzativo in esame implica che la titolarità della funzione resta intestata all’am-ministrazione centrale (e, segnatamente, al Ministero dell’interno) e che il Sindaco la esercita solo quale organo delegato dalla legge.Un ulteriore corollario della titolarità statale della funzione attinente alla tenuta dei registri di stato civile è che il Sindaco resta soggetto, nell’esercizio delle pertinenti funzioni, alle istruzioni impartite dal Ministero dell’interno, alle quali è tenuto a conformarsi (art.54, comma 12, D.Lgs. 3 novembre 2000, n.396 cit. e art.9, comma 1, D.P.R. cit.).La potestà di sovraordinazione dell’Amministrazione centrale sull’organo per legge delegato all’esercizio di una sua funzione si esplica, poi, per mezzo dell’assegnazione al Prefetto, che esercita istituzionalmente l’autorità del Ministero dell’interno sul territorio, dei poteri di vigilanza sulla tenuta degli atti dello stato civile (art.9, comma 2, D.P.R. cit.) e di sostituzione al Sindaco, in caso di sua inerzia nell’esercizio di taluni compiti (art.54, comma 11, D.Lgs. cit.).Si tratta, come si vede, di un sistema coerente e coordinato di disposizioni che configurano la relazione inte-rorganica in questione come di subordinazione del Sindaco al Ministero dell’interno, e, per esso, al Prefetto, e che assoggettano, quindi, il primo ai poteri di direttiva e di vigilanza del secondo (Cass. SS. UU., 13 ottobre 2009, n.21658; Cass. Civ., sez. I, 14 febbraio 2000, n.1599).Tale soggezione risulta, in particolare, il più logico corollario della titolarità della funzione in capo al Ministe-ro dell’interno e della mera assegnazione al Sindaco, quale ufficiale di governo, dei compiti attinenti al suo esercizio.Il vincolo di subordinazione del Sindaco al Ministero dell’interno obbedisce, inoltre, all’esigenza di assicurare l’uniformità di indirizzo nella tenuta dei registri dello stato civile su tutto il territorio nazionale e che reste-rebbe vanificata se ogni Sindaco potesse decidere autonomamente sulle regole generali di amministrazione della funzione o, peggio, se potesse disattendere, senza meccanismi correttivi interni all’apparato ammini-strativo, le istruzioni ministeriali impartite al riguardo.3.3 - Così ricostruita la natura del rapporto interorganico in questione, occorre accertare se, tra i poteri assegnati al Prefetto, resti o meno incluso quello di annullare gli atti dello stato civile di cui il Sindaco ha ordinato contra legem la trascrizione .Reputa il Collegio che la potestà in questione debba intendersi implicitamente implicata dalle funzioni di direzione (art.54, comma 12, D.Lgs. cit.), sostituzione (art.54, comma 11, D.Lgs. cit.) e vigilanza (art.9, comma 2, D.P.R. cit.).In ossequio ai criteri ermeneutici sistematico e teleologico, infatti, le predette disposizioni devono necessa-riamente intendersi come comprensive anche del potere di annullamento gerarchico d’ufficio da parte del Prefetto degli atti illegittimi adottati dal Sindaco, nella qualità di ufficiale di governo, senza il quale, peraltro, il loro scopo evidente, agevolmente identificabile nell’attribuzione al Prefetto di tutti i poteri idonei ad assi-curare la corretta gestione della funzione in questione, resterebbe vanificato.A ben vedere, infatti, se si negasse al Prefetto la potestà in questione, la sua posizione di sovraordinazione rispetto al Sindaco (allorchè agisce come ufficiale di governo), in quanto chiaramente funzionale a garantire l’osservanza delle direttive impartite dal Ministro dell’interno ai Sindaci e, in definitiva, ad impedire disfun-zioni o irregolarità nell’amministrazione dei registri di stato civile, rimarrebbe inammissibilmente sprovvista di contenuti adeguati al raggiungimento di quel fine.Tale conclusione è stata già raggiunta dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sez. V, 19 giugno 2008, n. 3076), se pur nell’esame dell’esercizio di una diversa funzione amministrata dal Sindaco quale uf-ficiale di governo (la sicurezza pubblica), proprio in esito ad una coerente ricostruzione della natura e delle finalità della relazione interorganica in questione ed alla conseguente valorizzazione dell’esigenza di assi-curare la correttezza e l’uniformità dell’amministrazione dei compiti statali delegati dalla legge al Sindaco.E non vale enfatizzare le differenze tra le due situazioni, trattandosi, in entrambi i casi, della correzione, da parte del Prefetto, di disfunzioni amministrative imputabili al Sindaco (ed apparendo, anzi, nel caso di spe-cie, ancora più pregnante l’esigenza di autotutela, a fronte di un atto non solo illegittimo, ma inesistente o, comunque, abnorme, nel senso etimologico latino di “fuori dalla norma”).Dev’essere, quindi, affermata la sussistenza, in capo al Prefetto, della potestà di annullare le trascrizioni in questione, quale potere compreso certamente, ancorchè implicitamente, nelle funzioni di direzione, sostitu-zione e vigilanza attribuitegli dall’ordinamento nella materia in discussione.3.5 - Non è, quindi, necessario invocare l’art.21-nonies L. 7 agosto 1990, n.241 a fondamento del potere di autotutela controverso, potendosi risolvere favorevolmente il problema della sua esistenza in esito all’analisi interpretativa che precede.

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Non può, tuttavia, non osservarsi, al riguardo, che non si ravvisano ostacoli all’applicazione della predetta, generale disposizione alla fattispecie in esame, là dove attribuisce il potere di annullare d’ufficio un atto ille-gittimo non solo all’organo che lo ha emanato, ma anche “ad altro organo previsto dalla legge”.Non può, in particolare, ritenersi preclusiva, a tal fine, l’osservazione del difetto di una disposizione legislativa che preveda il potere del Prefetto di annullare d’ufficio gli atti dello stato civile illegittimamente adottati dal Sindaco, posto che, se si accedesse all’opzione ermeneutica per cui la norma citata esige, per la sua applica-zione, l’esplicita attribuzione legislativa del potere di annullare in autotutela gli atti adottati da un altro organo, la stessa risulterebbe priva di qualunque senso in quanto inutilmente ripetitiva di una potestà già assegnata da un’altra norma (con la conseguenza che la stessa prospettazione interpretativa dev’essere disattesa).La disposizione in esame dev’essere, viceversa, letta ed applicata nel senso che è ammesso l’annullamento d’ufficio di un atto illegittimo da parte di un organo diverso da quello che lo ha emanato in tutte le ipotesi in cui una disposizione legislativa attribuisce al primo una potestà di controllo e, in generale, di sovraordina-zione gerarchica che implica univocamente anche l’esercizio di poteri di autotutela.E non vale neanche a negare l’applicabilità al caso controverso dell’art.21 nonies L. L. 7 agosto 1990, n.241 cit. il rilievo, a dire il vero poco comprensibile, che la trascrizione di un atto dello stato civile non può essere qualificata come un provvedimento amministrativo, ma come un “atto pubblico formale” (e come tale, pare di capire, estraneo all’ambito applicativo della predetta disposizione).E’ sufficiente, al riguardo, osservare che la suddetta distinzione non trova alcun fondamento positivo e che vanno qualificati come provvedimenti amministrativi tutti gli atti, con rilevanza esterna, emanati da una pubblica amministrazione, ancorchè privi di efficacia autoritativa o costituiva e dotati di soli effetti accertativi o dichiarativi, con la conseguenza che anche gli atti dello stato civile devono essere compresi nel perimetro dell’ambito applicativo della disposizione in commento (e che, per la sua valenza generale, non tollera ecce-zioni o deroghe desunte in esito a incerti percorsi ermeneutici).3.6. - Così riconosciuto, in capo al Prefetto, il potere di autotutela in questione, occorre verificare se il siste-ma di regole che assegna al giudice civile i poteri di controllo, rettificazione e cancellazione degli atti dello stato civile (e integrato dal combinato disposto degli artt.95 D.P.R. 3 novembre 2000, n.396 cit. e 453 c.c.) costituisca o meno un limite o, addirittura, una preclusione al suo esercizio (come ritenuto dai giudici di primo grado).Le disposizioni citate, in effetti, paiono (a una prima lettura) devolvere in via esclusiva al giudice ordinario i poteri di cognizione e di correzione degli atti dello stato civile.Sennonché, a ben vedere, il relativo apparato regolatorio postula, per la sua applicazione, l’esistenza di atti astrattamente idonei a costituire o a modificare lo stato delle persone, tanto da imporre un controllo giuri-sdizionale sulla loro corretta formazione, con la conseguenza dell’estraneità al suo ambito applicativo di atti radicalmente inefficaci, quali le trascrizioni in parola, e, quindi, del tutto incapaci (per quanto qui rileva) di assegnare alle persone menzionate nell’atto lo stato giuridico di coniugato.L’esigenza del controllo giurisdizionale, infatti, si rivela del tutto recessiva (se non inesistente), a fronte di atti inidonei a costituire lo stato delle persone ivi contemplate, dovendosi, quindi, ricercare, per la loro cor-rezione, soluzioni e meccanismi anche diversi dalla verifica giudiziaria.Non solo, ma il sistema di regole in esame risulta costruito come funzionale (unicamente) alla tutela dei di-ritti e degli interessi delle persone fisiche contemplate (o pretermesse) nell’atto, e non anche alla protezione di interessi pubblici, tanto che l’art.95, comma 2, D.P.R. 3 novembre 2000, n.396 cit., assegna al Procuratore della Repubblica una iniziativa meramente facoltativa (usando appositamente il verbo potere: “Il Procuratore della Repubblica può...promuovere”).Se la norma fosse stata concepita anche a tutela di un interesse pubblico, infatti, la disposizione sarebbe stata formulata con l’uso del verbo promuovere all’indicativo presente, e, cioè, con la previsione della dove-rosità dell’istanza, quando risulta necessaria a ripristinare la legalità violata (sarebbe stata cioè formulata con l’espressione: “Il Procuratore della Repubblica promuove il procedimento...”).L’art.453 c.c., peraltro, per la sua univoca formulazione testuale, deve intendersi limitato all’affidamento al giudice ordinario dei soli poteri di annotazione e non può, di conseguenza, ritenersi ostativo all’esercizio dei (diversi) poteri di eliminazione dell’atto da parte dell’autorità amministrativa titolare della funzione di tenuta dei registri dello stato civile.3.7 - Né la già rilevata inefficacia degli atti in questione priva di significato l’intervento di autotutela in questione, posto che, al contrario, proprio la permanenza di un’apparenza di atto, che, ancorchè inefficace, potrebbe legittimare (finchè materialmente esistente) richieste ed istanze alla pubblica amministrazione di prestazioni connesse allo stato civile di coniugato (con conseguenti complicazioni burocratiche e, probabil-mente, ulteriori contenziosi), impone la sua eliminazione dal mondo del diritto.E tale esigenza risulta soddisfatta solo dall’identificazione di uno strumento (anche) amministrativo (e non necessariamente giurisdizionale) di correzione di atti dello stato civile abnormi (nel senso etimologico già ricordato) ed eseguiti in difformità dalle istruzioni impartite dall’autorità statale titolare della funzione.Solo gli interventi dei Prefetti in autotutela gerarchica valgono, in effetti, a rimuovere, con garanzie di unifor-mità su tutto il territorio nazionale, un’apparenza di atto (che, finchè resta in vita, appare idoneo a generare

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8 Lessico di diritto di famigliaGianfranco Dosi

incertezze e difficoltà amministrative) e, quindi, in definitiva, ad assicurare la certezza del diritto connessa a questioni relative allo stato delle persone.L’esigenza appena segnalata non risulta, infatti, garantita dalla riserva in via esclusiva del potere di can-cellazione delle trascrizioni al giudice ordinario che, proprio per il carattere diffuso e indipendente della sua attività, rischia di vanificare, con interpretazioni diverse e contrastanti, l’esigenza di uniformità di indirizzo su una questione così delicata (come dimostra il decreto in data 13 marzo 2015, con cui la Corte d’Appello di Napoli ha ordinato la trascrizione di un matrimonio omosessuale celebrato all’estero).3.8 - Alle considerazioni che precedono consegue, in definitiva, l’accoglimento dell’appello del Ministero e, in riforma del capo di decisione impugnato, l’integrale reiezione del ricorso di primo grado contro il provvedi-mento con cui il Prefetto di Roma ha annullato le trascrizioni dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero dagli originari ricorrenti.4.- La novità della questione trattata e la natura degli interessi controversi giustificano la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello incidentale, accoglie quello principale e, per l’effetto, in parziale ri-forma della decisione appellata, respinge il ricorso di primo grado e compensa tra tutte le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.Si riporta la sentenza annullata

IIT.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, 23 aprile 2015, n. 5924

(omissis)

Svolgimento del processo - Motivi della decisioneCon il ricorso introduttivo del giudizio è stato rappresentato che in data 18 ottobre 2014 il Sindaco del Co-mune di Roma ha provveduto alla trascrizione nel registro dei matrimoni presso l’ufficio di stato civile del Comune di Roma del matrimonio contratto dai ricorrenti all’estero.Con decreto del 31 ottobre 2014, prot. n. (...), non notificato ma conosciuto per le vie brevi, il Prefetto della Provincia di Roma ha “disposto” che: “sono annullate e seguenti trascrizioni nel registro dello stato civile di Roma Capitale, Parte II, serie C10, anno 2014, atti dal n. 1 al n. 16, dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero meglio indicate nell’epigrafe del ricorso.Il Prefetto, inoltre, ha ordinato “All’Ufficiale di stato civile di Roma Capitale, Sindaco o altro funzionario da questi delegato, di provvedere a tutti i conseguenti adempimenti materiali, compresa l’annotazione del pre-sente provvedimento nei registri dello stato civile”.Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione resistente, le ricorrenti le hanno impugnate dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe e deducendo le se-guenti censure:1. - Nullità del decreto prefettizio per difetto assoluto di attribuzione ed incompetenza assoluta, rilevante ai sensi dell’art. 21 septies della L. n. 241 del 1990 e dell’art. 31, comma 4, D.Lgs. n. 104 del 2010; violazio-ne dell’art. 453 c.c., dell’art. 95 D.P.R. n. 396 del 2000 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile); violazione del D.P.R. n. 396 del 2000 negli artt. 12, comma 6; 11, com-ma 3; 5, comma 1, lettera a); 12, comma 1; 69, comma 1, lettera i); 100; violazione del D.M. 5 aprile 2002 (Approvazione delle formule per la redazione degli atti dello stato civile).2. Violazione e falsa interpretazione degli artt. 9 D.P.R. n. 396 del 2000, e 54, commi 3 e 11, D.Lgs. n. 267 del 2000. Violazione dell’art. 114 Cost.3. Illegittimità dell’ordine di annotare; violazione dell’art. 453 c.c.; violazione degli artt. 69, 11, comma 3, 12, comma 1, del D.P.R. n. 396 del 2000; violazione del D.M. 5 aprile 2002.4. Violazione del procedimento ed, in particolare, degli artt. 7 e 10 L. n. 241 del 1990; violazione del diritto di difesa e dell’art. 24 Cost.L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito preliminarmente la tardività dell’impugna-zione ed ha sostenuto l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto.Alla Camera di Consiglio del 9 aprile 2015 la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi degli artt. 60 c.p.a.Preliminarmente deve essere dato atto che l’Avvocatura erariale ha rinunciato all’eccezione di tardività del ricorso avendo accertato la tempestività dell’impugnazione.

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9Gianfranco Dosi Lessico di diritto di famiglia

Identica questione è stata già esaminata dalla Sezione nelle sentenze n. 3907 e n. 3912 del 9 marzo 2015.Il Collegio ritiene pertanto di dover richiamare la propria precedente giurisprudenza riportata testualmente.“1. Il Collegio, prima di procedere all’esame delle censure proposte dalla parte ricorrente, ritiene opportuno prendere in considerazione il quadro normativo e giurisprudenziale relativo alla celebrazione ed alla trascri-zione dei matrimoni celebrati in Italia e all’estero.L’art. 27, comma 1, della L. n. 218 del 1995 (recante la riforma del diritto internazionale privato), stabilisce che “la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazio-nale di ciascun nubendo al momento del matrimonio”.Tale disposizione va letta in combinato disposto con l’art. 115 del codice civile, secondo cui “il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite”.Da tali disposizioni deriva che - a prescindere della validità formale del matrimonio celebrato applicando una legge straniera -, all’ufficiale di stato civile italiano spetta, ai fini della trascrizione, il potere/dovere di verifi-care la sussistenza dei requisiti sostanziali necessari (avuto riguardo alla normativa nazionale) per celebrare un matrimonio che possa avere effetti giuridicamente rilevanti.Sotto questo profilo, ai sensi del codice civile, la diversità di sesso dei nubendi costituisce un requisito so-stanziale necessario affinché il matrimonio produca effetti giuridici nell’ordinamento interno, posto che, allo stato, l’istituto del matrimonio si fonda sulla diversità di sesso dei coniugi, come si evince dall’art. 107 c.c., il quale stabilisce che l’ufficiale dello stato civile “riceve da ciascuna delle parti personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio”.In linea con tale assunto si pongono gli articoli 108, 143 e 143 bis del codice civile, e l’art. 64, comma 1, lett. e) del D.P.R. n. 396 del 2000.La normativa nazionale che non consente la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e la sua trascrizione nei registri dello stato civile, è stata ritenuta costituzionalmente legittima.Con sentenza n. 138 del 2010 la Corte Costituzionale ha, infatti, affermato che l’art. 29 Cost. si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso e questo signifi-cato del precetto costituzionale non può essere superato con un’interpretazione creativa né, peraltro, con specifico riferimento all’art. 3, comma 1, Cost., le unioni omosessuali possono essere ritenute tout court omogenee al matrimonio.Con sentenza n. 170 dell’11 giugno 2014, la Consulta è intervenuta sulla normativa che prevede l’automa-tica cessazione degli effetti civili del matrimonio in caso di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei due coniugi, affermando che “la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente (cui conferisce tutela l’art. 29 Cost.) è quella stessa definita dal codice civile del 1942 che stabiliva e tuttora stabilisce che i co-niugi dovessero essere persone di sesso diverso (sentenza n. 138 del 2010”, (punto 5.2. del Considerato in diritto), e segnalando il requisito dell’eterosessualità del matrimonio (punto 5.1. del Considerato in diritto).La Consulta ha stabilito che tra le formazioni sociali di cui all’art. 2 Cost., in grado di favorire il pieno sviluppo della persona umana nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico, rien-tra anche l’unione omosessuale ma, ha evidenziato che spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità politica, individuare con atto di rango legislativo le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, scegliendo, in particolare, se equiparare tout court il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, ovvero introdurre forme diverse di riconoscimento giuridico della stabile convivenza della coppia omosessuale.In tale contesto, la Corte costituzionale ha ritenuto di poter intervenire solo per tutelare specifiche situazioni, come avvenuto con le sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988, in materia di locazioni e di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale per le convivenze more uxorio.In sostanza, allo stato dell’attuale normativa nazionale italiana, il matrimonio celebrato all’estero tra persone dello stesso sesso risulta privo dei requisiti sostanziali necessari per procedere alla sua trascrizione, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 396 del 2000, come confermato dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che “l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro inesistenza e neppure dalla invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano” (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 4184 del 2012, richiamata da entrambe le parti in causa, la quale ha ad oggetto una vicenda analoga a quella oggetto del presente giudizio, relativa ad una richiesta di trascrizione di un matrimonio contratto all’estero da due cittadini italiani dello stesso sesso, rifiutata dall’uf-ficiale di stato civile del Comune di Latina. Sul punto, cfr. anche Corte di Cassazione, sentenze n. 1808 del 1976, n. 1304 del 1990, n. 1739 del 1999, n. 7877 del 2000).A tale riguardo, come correttamente rilevato dall’Amministrazione resistente, non assume particolare rilievo, in senso contrario, l’art. 65 della L. n. 218 del 1995, considerato che l’atto di matrimonio celebrato all’estero, sebbene soggetto a determinate forme solenni che prevedono la ricezione della volontà dei nubendi da parte dei soggetti investiti di un pubblico ufficio, non risulta assimilabile ad un provvedimento proveniente dall’au-torità amministrativa o giurisdizionale, costituendo un atto negoziale che non incide sull’individuazione della normativa che disciplina gli effetti del matrimonio nell’ordinamento interno (cfr. la richiamata sentenza della

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Corte di Cassazione n. 4184 del 2012, che va condivisa a prescindere dall’isolato precedente contrario del Tribunale di Grosseto del 3-9 aprile 2014, annullato in sede di reclamo della Corte d’appello di Firenze con decreto del 19 settembre 2014).La disciplina nazionale non risulta in aperto contrasto con la normativa Europea, se si considera quanto stabilito dagli articoli 12 della CEDU e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (cd. “Carta di Nizza”).L’articolo 12 della CEDU, infatti, stabilisce che “uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto”, e, quindi, fa riferimento alla nozione tradizionale di matrimonio fondato sulla diversità di sesso dei nubendi, rinviando alla legislazio-ne dei singoli Stati per la disciplina delle condizioni che regolano l’esercizio del diritto.L’articolo 9 della Carta di Nizza, invece, prevede che “il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”, omettendo il riferimento alla diver-sità di sesso dei nubendi e lasciando, così, al legislatore nazionale la possibilità di riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso.In tale contesto normativo Europeo, la Corte Europea dei diritti dell’uomo, con pronuncia del 24 giugno 2010 (Prima Sezione, caso Schalk e Kopf contro Austria: in un caso analogo a quello oggetto del presente giudizio), ha affermato che il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di adempiere le formalità richieste per la celebrazione di un matrimoniotra persone dello stesso sesso non contrasta con la CEDU, osservando che il matrimonio ha connotazioni sociali e culturali radicate che possono differire molto da una società all’altra sicché, va rimessa ai legislatori nazionali di ciascuno Stato aderente la decisione di permettere o meno il matrimonio omosessuale e la conseguente decisione in merito alla trascrivibilità o meno dello stesso (cfr. Corte di giustizia UE nella sentenza 31.5.2001, cause riunite C-122/99 P e C-125/99 P, circa la nozione di matrimonio come “unione di due persone di sesso diverso”).Concludendo sul punto, va detto che, allo stato dell’attuale normativa e fatto salvo un intervento legislativo al riguardo, che ponga la legislazione del nostro Paese in linea con quella di altri Stati, Europei e non -, le coppie omosessuali non vantano in Italia né un diritto a contrarre matrimonio, né la pretesa alla trascrizione di unioni celebrate all’estero, anche se le unioni tra persone dello stesso sesso non possono essere conside-rate contrarie all’ordine pubblico (cfr. la richiamata sentenza della Corte di Cassazione n. 4184 del 2012).2. In tale contesto, la circolare del 7 ottobre 2014 del Ministro dell’Interno non risulta illegittima nella parte in cui si afferma l’intrascrivibilità dei matrimoni tra persone dello stesso sesso derivante “dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano”, in considerazione del difetto di un requisito sostanziale richiesto dalla normativa vigente in materia di stato e capacità delle persone (la diversità di sesso dei nubendi) che non può essere superato dalla mera circostanza dell’esistenza di una celebrazione valida secondo la lex loci ma priva dei requisiti sostanziali prescritti dalla legge italiana relativamente allo stato e alla capacità delle persone.Tuttavia, va esaminata la legittimità dell’ultima parte della medesima circolare, avente ad oggetto il potere di intervento diretto del Prefetto sui registri dello stato civile, sulla base del quale sono stati adottati i decreti prefettizi impugnati.3. Al riguardo, va rilevato che - come correttamente osservato dall’Amministrazione resistente -, l’attività di tenuta dei registri dello stato civile rientra nell’ambito delle competenze statali, svolte in via delegata, secondo le previsioni dell’art. 1 comma 2 del D.P.R. n. 396 del 2000, dal sindaco quale ufficiale del Governo o da chi lo sostituisce a norma di legge, ai sensi dell’art. 54 del TUEL (attinente alle “attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale”) il cui comma 3 prevede che il sindaco sovrintende alla tenuta dei registri dello stato civile in qualità di ufficiale di Governo.A parere della parte resistente, in tale ambito rientra un potere di sovraordinazione dell’amministrazione dello Stato rispetto all’attività svolta dal sindaco, posto che in questa veste il sindaco non rappresenta la comunità locale ma attua la legge nazionale ed è, perciò, tenuto, ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. 396/2000, “... ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’interno”.Da ciò, il Ministero dell’Interno desume una relazione gerarchica intercorrente con il potere esecutivo rispet-to ai servizi di competenza statale, posto che il citato articolo 9 del D.P.R. n. 396 del 2000 prevede anche che “la vigilanza sugli uffici dello stato civile spetta al Prefetto”.In sostanza, al Prefetto, quale organo territoriale del Governo (e, quindi, titolare della funzione di stato ci-vile in ambito provinciale) spetterebbe il potere di annullare atti non conformi al quadro normativo vigente, adottati dal sindaco (o da un suo delegato) nell’esercizio di una funzione statale.Il potere di annullamento d’ufficio in via gerarchica costituirebbe espressione del medesimo interesse pubbli-co alla regolare ed uniforme tenuta dei registri dello stato civile garantito con il riconoscimento del potere di indirizzo e di vigilanza sugli uffici dello stato civile (citato art. 9) e di intervento sostitutivo in caso di inerzia da parte degli ufficiali di stato civile (citato art. 54, comma 11).Sul punto, l’Amministrazione resistente ha osservato che anche la giurisprudenza ha affermato che nelle materie di competenza statale nelle quali il Sindaco agisce nella veste di ufficiale del Governo, spetta al Prefetto promuovere ogni misura idonea a garantire l’unità di indirizzo e di coordinamento, promuovendo le misure occorrenti e svolgendo, così, una fondamentale funzione di garante dell’unità dell’ordinamento in

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materia, anche esercitando “il potere di annullamento d’ufficio degli atti adottati dal sindaco quale ufficiale di governo, che risultano essere illegittimi o che comunque minano la menzionata unità di indirizzo” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 giugno 2008, n. 3076).Per completezza, va rilevato che la parte resistente ha anche negato la violazione dell’art. 95 del D.P.R. n. 396 del 2000 (“Delle procedure giudiziali di rettificazione relative agli atti dello stato civile e delle correzio-ni”), osservando che detta norma sarebbe applicabile al singolo che intenda ottenere la rettificazione di un atto dello stato civile che lo riguarda e non al Ministro dell’interno (e, per esso, al Prefetto) che, in quanto titolare della funzione di stato civile, si proponga di rimuovere gli effetti di atti illegittimamente posti in essere, in contrasto con una sua precisa direttiva, da parte del sindaco in veste di ufficiale del Governo, in spregio alla propria posizione di subordinazione rispetto ad esso.Quanto all’annotazione a margine dei registri dello stato civile del decreto prefettizio, è stato precisato che si tratta di una operazione materiale, conseguente al provvedimento di annullamento, resa necessaria dalla particolare natura della trascrizione e dalla necessità di rimuovere gli effetti di un atto illegittimamente posto in essere e non consentito dall’attuale ordinamento dello stato civile: quindi, tale adempimento non sarebbe in contrasto con l’art. 453 c.c., che riguarda le ipotesi di ulteriori annotazioni in calce a quelle correttamente eseguite e non (come nel caso di specie) una mera operazione esecutiva del decreto prefettizio, conseguen-te all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio di un atto illegittimamente trascritto, che si fonda sulla sovraordinazione del Prefetto rispetto all’Ufficiale di stato civile.Riguardo, infine, alla correttezza della procedura seguita per l’annullamento d’ufficio, l’Amministrazione resistente ha affermato di aver correttamente applicato la L. n. 241 del 1990, omettendo (per le ragioni espressamente evidenziate nel provvedimento impugnato: gravi ragioni di urgenza consistenti nell’esigen-za di evitare il grave vulnus per la certezza del diritto e l’unitarietà dell’ordinamento) di comunicare agli interessati l’avvio del procedimento, ed applicando il principio del contrarius actus il quale impone che, in sede di ritiro di un precedente provvedimento, vengano rispettate le medesime formalità previste per l’atto annullato, ponendo in essere tutte le conseguenti attività necessarie, tra le quali rientra l’annotazione del decreto prefettizio di annullamento delle trascrizioni matrimoniali, sicché l’annotazione non viola l’art. 453 del codice civile.Sempre sotto il profilo della disciplina del potere di annullamento d’ufficio, l’Amministrazione resistente ha affermato l’applicabilità dell’art. 21 nonies della L. n. 241 del 1990, in quanto - contrariamente a quanto so-stenuto dalla parte ricorrente -, la trascrizione nel registro dell’atto di matrimonio integra un provvedimento amministrativo e, quindi, è soggetto alla disciplina della L. n. 241 del 1990.4. Il Collegio ritiene che le censure di parte ricorrente aventi ad oggetto i poteri dell’Amministrazione centra-le in materia di stato civile siano fondate e debbano essere accolte, nei limiti di seguito indicati.4.1. La disciplina dello stato civile prevede che “Nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non è ordinata dall’autorità giudiziaria” (art. 453 c.c.).Il D.P.R. n. 396 del 2000 (recante il Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), prevede che “Gli atti dello stato civile sono redatti secondo le formule e le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno” (art. 12, comma 1); “L’ufficiale dello stato civile non può enunciare, negli atti di cui è richiesto, dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle che sono stabilite o permesse per ciascun atto” (art. 11, comma 3); ‘Le anno-tazioni disposte per legge od ordinate dall’autorità giudiziaria si eseguono per l’atto al quale si riferiscono, registrato negli archivi di cui all’articolo 10, direttamente e senza altra formalità dall’ufficiale dello stato civile di ufficio o su istanza di parte” (art. 102, comma 1); “Gli atti dello stato civile sono chiusi con la firma dell’ufficiale dello stato civile competente. Successivamente alla chiusura gli atti non possono subire varia-zioni” (art. 12, comma 6).Dal tenore dell’insieme di tali disposizioni si evince che il sistema dello stato civile prevede puntuali possi-bilità di intervento sui registri dello stato civile, tra cui non è compresa quella posta in essere dal Prefetto di Roma.In sostanza, dalle norme richiamate si evince che un intervento quale quello posto in essere nel caso di specie dall’Amministrazione centrale, compete solo all’Autorità giudiziaria.Conferme in tal senso si traggono anche dalle ulteriori norme di seguito indicate.L’art. 5, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 396 del 2000, prevede che “L’ufficiale dello stato civile, nel dare at-tuazione ai principi generali sul servizio dello stato civile di cui agli articoli da 449 a 453 del codice civile e nel rispetto della L. 31 dicembre 1996, n. 675, espleta i seguenti compiti: a) forma, archivia, conserva e aggiorna tutti gli atti concernenti lo stato civile” mentre, l’art. 98, del D.P.R. n. 396 del 2000, prevede che “L’ufficiale dello stato civile, d’ufficio o su istanza di chiunque ne abbia interesse, corregge gli errori materiali di scrit-tura in cui egli sia incorso nella redazione degli atti mediante annotazione dandone contestualmente avviso al prefetto, al procuratore della Repubblica del luogo dove è stato registrato l’atto nonché agli interessati.”.In sostanza, l’ufficiale di stato civile ha solo il potere di aggiornare i Registri e di correggere gli eventuali errori materiali.L’art. 95, comma 1, del D.P.R. n. 396 del 2000, stabilisce che “Chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione di un atto omesso

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12 Lessico di diritto di famigliaGianfranco Dosi

o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l’ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l’atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l’adempimento”, mentre l’art. 109, del D.P.R. n. 396 del 2000, specifica che “I tribunali della Repubblica sono competenti a disporre le rettificazioni e le correzioni di cui ai precedenti articoli anche per gli atti dello stato civile ricevuti da autorità straniere, trascritti in Italia, ed a provvedere per la cancellazione di quelli indebitamente trascritti”.In definitiva, tali disposizioni non prevedono competenze o poteri di annullamento o di autotutela aventi ad oggetto la trascrizione di matrimoni, ma solo la possibilità di disporre l’annotazione di rettificazioni operate dall’Autorità giudiziaria (ex art. 69, comma 1, lett. i, del D.P.R. n. 396 del 2000), come si evince dal D.M. 5 aprile 2002, il quale nel prescrivere le formule tassative di annotazione (cfr. artt. 11, comma 3, e 102, com-ma 1, del D.P.R. n. 396 del 2000), all’Allegato A) formula n. 190, stabilisce quanto segue: “Annotazione di provvedimento di rettificazione (artt. 49, 69 e 81 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396). Con provvedimento del Tribunale di ... n. ... in data ... l’atto di cui sopra è stato cosi rettificato (inserire specificamente le retti-ficazioni così come sono state disposte) ...”. Non si rinvengono altre previsioni contenute nel citato articolo 69 che dispongano l’annotazione di qualche diverso provvedimento del genere, ovvero formule di cui al DM 5 aprile 2002 che si riferiscano ad atti del genere adottati dall’Autorità amministrativa.Quindi, una trascrizione nel Registro degli atti di matrimonio può essere espunta e/o rettificata solo in forza di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria e non anche adottando un provvedimento amministrativo da parte dell’Amministrazione centrale, neanche esercitando il potere di sovraordinazione che, effettivamente, il Ministro dell’Interno vanta sul Sindaco in tema di stato civile.L’art. 9 del D.P.R. n. 396 del 2000, infatti, conferisce al Ministro dell’Interno il potere di “indirizzo” ed al Pre-fetto il potere di “vigilanza” sugli Uffici. Tale potere trova specificazione nel medesimo decreto presidenziale ove si indicano quali sono gli atti dei quali si deve dare comunicazione al Prefetto prevedendo, all’articolo 104, le verificazioni che egli deve compiere presso gli uffici di stato civile che (ex articolo 105) si concludono con la redazione di un verbale e non con la modifica delle risultanze dei registri di stato civile o con l’adozione di provvedimenti destinati a tal fine.In sostanza, anche sotto questo profilo, la normativa di riferimento non prevede un potere di annullamento o di intervento diretto dell’Amministrazione centrale sugli atti dello stato civile.Ad una diversa conclusione il Collegio, a fronte della normativa sopra descritta, ritiene che non si possa giun-gere neanche seguendo il precedente giurisprudenziale segnalato dalla difesa erariale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 giugno 2008, n. 3076), peraltro attinente ad una fattispecie e ad un caso non omogenei all’oggetto del presente giudizio.La decisione invocata dall’Amministrazione ha esaminato i rapporti esistenti tra Prefetto e Sindaco in materia di pubblica sicurezza, così come disciplinati dalla L. 1 aprile 1981, n. 121, individuando fra le due autorità la sussistenza di un rapporto di dipendenza funzionale, configurato dalla normativa primaria e, in particolare, dall’art. 15 della legge n. 121 cit., che attribuisce al Prefetto (e al Questore su delega del primo) il potere di assumere temporaneamente la direzione dei servizi di pubblica sicurezza nei Comuni, con la conseguenza che rimane sospesa la competenza dell’autorità locale in materia.Ciò porta a concludere per l’esercizio congiunto delle competenze amministrative in materia di pubblica si-curezza, frutto di un assetto che, come condivisibilmente rileva la sentenza, su di un rapporto di gerarchia, sia pure “funzionale”, fra i due organi.Tale situazione non è dato di riscontrare nella fattispecie in esame, nella quale non vi è alcuna cogestione della materia. In particolare, la normativa:- da un lato, esclude qualsivoglia intervento sostitutivo del Prefetto (se non quello, espressamente previsto, per il caso di inerzia del Sindaco);- dall’altro, attribuisce ad un organo terzo, in via esclusiva, il potere di incidere sui registri dello stato civile, così come risultano gestiti dal Sindaco.È forse solo il caso di ribadire che la particolarità dell’intervento dell’autorità giudiziaria trova fondamento nel diverso rilievo che l’ordinamento attribuisce alla materia dello stato civile rispetto alla gestione della pubblica sicurezza, che si caratterizza più per l’aspetto tecnico-operativo, che ben giustifica l’esistenza di un rapporto di dipendenza gerarchic-funzionale fra Prefetto e Sindaco.Né un potere del genere può evincersi dall’art. 54, commi 3 ed 11, del TUEL (richiamato nel decreto prefet-tizio), posto che tali disposizioni prevedono il potere del Prefetto di sostituirsi al Sindaco in caso di inerzia di quest’ultimo nel sovrintendere agli uffici di stato civile.Al riguardo, va rilevato, da una parte, che il potere sostitutivo può essere esercitato solo “nel caso di inerzia del Sindaco” (e non, come nel caso di specie, nell’ipotesi in cui il Sindaco abbia esercitato le funzioni) e, dall’altro, che il Prefetto ¬sostituendosi al Sindaco (come detto, solo in caso di inerzia) non potrebbe eser-citare poteri maggiori di quelli vantati da questo ultimo il quale non può annullare le trascrizioni sicché, atti del genere non può assumerli neanche il Prefetto. Tale facoltà risulta inibita dovendo il Sindaco (e, quindi, anche l’Amministrazione centrale) ricorrere al giudice in casi del genere, fatta salva l’ipotesi della rettifica di

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meri errori materiali (ex art. 98, del D.P.R. n. 396 del 2000). Solo questo (e non altri) costituisce oggetto di un potere di intervento successivo permesso all’Ufficiale dello stato civile.Questo conferma che spetta solo all’Autorità giudiziaria disporre la cancellazione di un atto indebitamente registrato nel Registro degli atti di matrimonio, posto che: le registrazioni dello stato civile non possono subire variazioni se non nei limitati casi descritti e normativamente previsti in modo espresso; l’ufficiale di stato civile ha solo il potere di aggiornare i registri e di correggere gli errori materiali; ogni rettificazione o cancellazione è attribuita alla competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria; fra le annotazioni possibili nel registro dei matrimoni non è previsto alcun atto di annullamento o di autotutela ma, solo l’annotazione della rettificazione giudiziaria.Come detto, una volta eseguita la trascrizione di un atto nel registro degli atti di matrimonio (ai sensi dell’art. 63 del Regolamento), la stessa possa subire modificazioni o cancellazioni solo forza di un provvedi-mento dell’autorità giudiziaria e non anche a causa dell’adozione di un provvedimento amministrativo.Del resto, se fosse configurabile un potere di sovraordinazione del Prefetto rispetto al Sindaco (quale quello descritto dall’Amministrazione resistente), esercitabile attraverso un potere di annullamento da parte dell’au-torità amministrativa centrale (omettendo di applicare il citato articolo 95 del D.P.R. n. 396 del 2000), tale potere non sarebbe configurabile solo in capo al Ministero dell’Interno ma anche in capo all’Ufficiale di stato civile. Il Sindaco non vanterebbe solo il potere di aggiornamento (ex art. 5 del Regolamento) e correzione di errori materiali (ex art. 98 del Regolamento) ma, un vero e proprio potere di revisione degli atti di stato civile.Tuttavia, l’esistenza di tale potere e la possibilità di adottare i relativi provvedimenti conseguenti dovrebbe trovare espressione e previsione nella disciplina dello stato civile ed, invece, non si fa menzione di tutto ciò né all’art. 69 del D.P.R. n. 396 del 2000, che disciplina le annotazioni, né nel D.M. 5 aprile 2002, che (come detto) contiene le formule tassative delle annotazioni stesse.Inoltre, se tale potere esistesse non ci sarebbe bisogno di prevedere espressamente ed in maniera puntuale, all’art. 98, il potere per l’Ufficiale di stato civile di procedere alle correzioni di errore materiale.Infine, se (come sostiene l’Amministrazione resistente) il Titolo XI del D.P.R. n. 396 del 2000 non fosse destinato a disciplinare anche le iniziative dell’autorità amministrativa, ma solo quelle dei terzi, non si spie-gherebbe perché nel medesimo titolo sono disciplinate le ipotesi di “rettificazione” e “cancellazione” all’art. 95 e le ipotesi di “correzione di errore materiale” all’art. 98, rimettendosi le prime alla decisione dell’autorità giudiziaria e solo le seconde all’autorità amministrativa.Tali conclusioni non mutano neanche prendendo in considerazione ed applicando la disciplina generale sul procedimento amministrativo contenuta nella L. n. 241 del 1990, la quale, all’articolo 21-nonies stabilisce che “Il provvedimento amministrativo illegittimo ... può essere annullato d’ufficio, ..., dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.”.In sostanza, in base al principio della riserva di legge dettato in materia (cfr. art. 97. co. 3, Cost.), affinché ad un organo amministrativo possa annullare d’ufficio un provvedimento adottato da un altro organo, occor-re una espressa previsione di legge.Nel caso di specie, come detto, manca una norma di rango primario che, espressamente, conferisca all’Am-ministrazione centrale il potere di adottare, in casi del genere, un atto di annullamento d’ufficio.Quindi, i provvedimenti impugnati, sotto questo profilo, risultano illegittimi e vanno annullati.4.2. Quanto sopra induce a disattendere le censure aventi ad oggetto l’asserita violazione delle norme pro-cedimentali di cui agli artt. 7 e 8 della L. n. 241 del 1990.Per completezza, però, va rilevato che è condivisibile l’orientamento secondo il quale la trascrizione nel registro dell’atto di matrimonio deve intendersi quale atto avente natura amministrativa, e non (come so-stenuto dalla parte ricorrente) un mero “un atto pubblico formale” con effetto dichiarativo e di certificazione, sottratto alla disciplina pubblicistica.Come correttamente osservato dall’Amministrazione resistente, infatti, costituiscono atti amministrativi gli atti giuridici di diritto pubblico compiuti dai soggetti attivi della pubblica amministrazione nell’esercizio di una potestà amministrativa.Tra tali atti, che possono concretizzarsi in atti di accertamento consistenti nella constatazione obiettiva di fatti o situazioni, rientrano i certificati che integrano dichiarazioni di conoscenza di qualità personali di un soggetto o della titolarità di status, capacità o diritti o dell’esistenza di rapporti giuridici.I certificati sono rilasciati in base a constatazioni dirette della pubblica amministrazione o alle risultanze di atti in suo possesso e, ai fini che interessano in questa sede, il fatto che gli atti in questione abbiano natura certificativa non induce a negare che la trascrizione del matrimonio debba essere considerata un provvedi-mento amministrativo e non “un atto pubblico formale” con effetto meramente dichiarativo e di certificazio-ne, perché anche atti del genere vanno considerati atti amministrativi.5. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto.6. Sussistono gravi ed eccezionali motivi - legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate - per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.

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14 Lessico di diritto di famigliaGianfranco Dosi

P.Q.M.Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,- accoglie il ricorso, nei limiti indicati in motivazione, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati;- dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

IIIT.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 29 settembre 2015, n. 2037

(omissis)

Svolgimento del processo1. Con ricorso introduttivo, notificato in data 6 novembre 2014 e depositato il 10 novembre successivo, i ricorrenti hanno impugnato il decreto 4 novembre 2014, prot. n. (...), con il quale il Prefetto della Provincia di Milano ha disposto l’annullamento della trascrizione del loro matrimonio nei registri dello stato civile del Comune di Milano, unitamente alla nota prot. n. (...) del 7 ottobre 2014 del Ministero dell’Interno.Va premesso che i ricorrenti, appartenenti allo stesso sesso, hanno contratto matrimonio in Francia il 28 dicembre 2013 e successivamente ne hanno chiesto la trascrizione nel registro dello stato civile del Comune di Milano; in data 9 ottobre 2014, il Sindaco del Comune di Milano, quale ufficiale di stato civile, ha provve-duto a trascrivere il predetto matrimonio. Con il decreto 4 novembre 2014, impugnato nella presente sede, il Prefetto della Provincia di Milano ha disposto l’annullamento della trascrizione, in quanto il matrimonio contratto all’estero da persone dello stesso sesso non sarebbe trascrivibile in Italia, giacché difetterebbe il requisito sostanziale e necessario della diversità di sesso dei nubendi.A giudizio dei ricorrenti, il decreto prefettizio di annullamento della trascrizione e la presupposta nota mi-nisteriale sarebbero nulli per difetto assoluto di attribuzione o, in subordine, annullabili per violazione di plurime norme di legge.Si è costituita in giudizio l’Amministrazione dell’Interno, che ha chiesto il rigetto del ricorso.Sono intervenuti in giudizio, ad adiuvandum nei confronti dei ricorrenti, il Sindaco e il Comune di Milano, che hanno chiesto l’annullamento degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo, unitamente all’ordine di annotazione del disposto annullamento a margine della trascrizione; tale intervento è stato qualificato, eventualmente, anche quale ricorso autonomo (pag. 4, ultimo periodo del Fatto).2. In data 10 aprile 2015, il Sindaco e il Comune di Milano hanno depositato in giudizio un ricorso per motivi aggiunti, previamente notificato alle controparti, con cui è stato chiesto l’annullamento del provvedimento prefettizio dell’11 febbraio 2015, n. 0011886/2015, di delega al Vice Prefetto e finalizzato all’annotazione del decreto prefettizio n. 84149/2014 di annullamento delle trascrizioni, unitamente alle 13 annotazioni effet-tuate in pari data, riguardanti gli atti di matrimonio ritenuti non trascrivibili. Tali atti si assumono illegittimi sia per vizi propri che per invalidità derivata rispetto agli atti già oggetto di originaria impugnazione.3. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 13 aprile 2015 e depositato il 21 aprile successivo, anche gli originari ricorrenti hanno impugnato il provvedimento prefettizio dell’11 febbraio 2015, n. 0011886/2015, di delega al Vice Prefetto e finalizzato alla procedura di annotazione del decreto n. (...), congiuntamente al verbale delle operazioni eventualmente formulato. Avverso i predetti atti sono state formulate censure di illegittimità derivata rispetto a quelle già contenute nel ricorso introduttivo.4. In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, le parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni; in particolare, l’Avvocatura erariale ha eccepito l’i-nammissibilità dei ricorsi per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la carenza di legittimazione ad agire sia del Sindaco che del Comune di Milano; ha replicato la difesa del Sindaco e del Comune di Mila-no, ribadendo sia la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo che la propria legittimazione processuale e insistendo per la richiesta di annullamento degli atti impugnati.Alla pubblica udienza del 9 luglio 2015, su conforme richiesta dei difensori delle parti, la controversia è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione1. In via preliminare va verificata la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia; tuttavia tale verifica va condotta separatamente con riguardo ai ricorrenti persone fisiche, da una parte, e in ordine all’intervento del Sindaco e del Comune di Milano, dall’altra.

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2. I ricorrenti -OMISSIS-, in via principale, assumono la nullità dell’atto prefettizio impugnato - ossia il de-creto di annullamento della trascrizione nei registri dello stato civile del Comune di Milano del loro matrimo-niocontratto in Francia - in quanto adottato da autorità amministrativa incompetente, in maniera assoluta, a modificare le risultanze dei registri dello stato civile.In effetti dall’esame dell’ordinamento dello stato civile - da considerare quale ordinamento settoriale, in sé completo (cfr. art. 2, commi 12 e 14, della legge n. 127 del 1997) - emerge che non è possibile effettuare annotazioni sugli atti già registrati se non per disposto legislativo o per ordine dell’autorità giudiziaria (art. 453 c.c.) e che, in seguito alla chiusura della registrazione, tramite la firma dell’ufficiale dello stato civile, non è possibile effettuare alcuna variazione di quanto registrato (art. 12, comma 6, del D.P.R. n. 396 del 2000); a conferma di ciò si può richiamare quanto previsto dall’art. 95, comma 1, del D.P.R. n. 396 del 2000, laddove si prevede che “chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ri-costituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l’ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l’atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l’adempimento”.Dalle disposizioni normative sopra menzionate si ricava con evidenza che, una volta effettuata la trascrizio-nenei registri dello stato civile - peraltro riservata soltanto all’ufficiale dello stato civile (cfr. art. 95, comma 1, D.P.R. n. 396 del 2000 cit.) -, non è possibile procedere a modifiche o rettifiche, se non per ordine dell’au-torità giudiziaria ordinaria, tranne nel caso di correzione di errori materiali o di aggiornamento dei dati, per cui è previsto l’intervento dell’ufficiale dello stato civile (cfr. artt. 5 e 98 del D.P.R. n. 396 del 2000 cit.). Inoltre, a sottolineare la specialità della materia anche da un punto di vista procedurale, la normativa impo-ne l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero nelle controversie relative alla rettificazione o correzione degli atti dello stato civile (art. 96, comma 2, del D.P.R. n. 396 del 2000 cit.).A ciò consegue che la verifica in ordine alla legittimità della trascrizione degli atti nel registro dello stato ci-vile o con riguardo alla rettifica e cancellazione di quanto già annotato dall’ufficiale di stato civile, come pure il potere di sostituirsi a quest’ultimo in caso di rifiuto di trascrizione di un atto, spetta all’autorità giudiziaria ordinaria. Quindi anche la valutazione in ordine all’intervento prefettizio e alla posizione giuridica eventual-mente incisa non può che essere affidata alla cognizione del medesimo giudice ordinario (cfr. T.A.R. Toscana, I, 25 settembre 2015, n. 1291).2.1. Alla declinatoria della giurisdizione amministrativa si perviene anche in base ad un ulteriore argomento.Preliminarmente va evidenziato che, secondo una consolidata giurisprudenza, la giurisdizione “si determina sulla base domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la pro-spettazione delle parti, quanto piuttosto il c.d. petitum sostanziale, il quale deve essere identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della c.d. causa petendi, cioè dell’intrinseca natura della posizione giuridica dedotta in giudizio ed individuata dal giudice sulla base dei fatti (e degli atti) posti a sostegno della pretesa giudiziale” (Consiglio di Stato, V, 7 settembre 2015, n. 4138; altresì Cass. SS.UU., 11 ottobre 2011, n. 20902; 16 novembre 2010, n. 23108).Nel caso de quo la richiesta di annullamento degli atti prefettizi (petitum formale) è finalizzata alla conser-vazione della trascrizione nei registri dello stato civile dell’atto attestante il matrimonio contratto all’estero dai ricorrenti persone fisiche (petitum sostanziale).Nello specifico, dalla prospettazione contenuta nei ricorsi e dal contestuale esame del dato normativo emer-gerebbe l’insussistenza, con riferimento ai soggetti titolari di uno specifico status giuridico, di un potere in capo all’autorità prefettizia in ordine alla registrazione e trascrizione di atti riguardanti tali status nei registri dello stato civile, da cui discenderebbe la nullità degli atti impugnati nelle presente sede per carenza di po-tere in astratto in capo all’autorità amministrativa: ciò determina la devoluzione della presente controversia in materia di atti dello stato civile alla giurisdizione del giudice ordinario.Del resto, la ritenuta assenza di potere in capo all’autorità amministrativa (in tal senso, T.A.R. Toscana, I, 25 settembre 2015, n. 1291; in senso contrario, T.A.R. Veneto, I, 29 luglio 2015, n. 878; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 21 maggio 2015, n. 228; implicitamente anche T.A.R. Lazio, Roma, I ter, 9 marzo 2015, n. 3912) determinerebbe l’incomprimibilità della posizione giuridica del destinatario dell’atto e quindi l’intangibilità della stessa, che si qualificherebbe come diritto soggettivo perfetto: spetterà all’autorità giudiziaria ordina-ria, investita della controversia, accertare, incidenter tantum, la nullità del provvedimento amministrativo emanato in carenza assoluta di potere, laddove dovesse emergere la sussistenza di una posizione giuridica soggettiva tutelata in capo ai ricorrenti (ossia il diritto o la possibilità di procedere alla trascrizione in Italia di un matrimonio contratto all’estero tra persone delle stesso sesso).A supporto di quanto evidenziato in precedenza può essere richiamato il disposto di cui all’art. 21-septies della L. n. 241 del 1990 che definisce nullo l’atto emanato in carenza assoluta di potere, con conseguente devoluzione delle relative controversie al giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, VI, 27 gennaio 2012, n. 372; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 11 febbraio 2015, n. 142). Tale conclusione appare coerente con l’insegnamento della Corte costituzionale che ha precluso al legislatore la facoltà di attribuzione al giudice amministrativo di controversie riguardanti blocchi di materie anche per gli aspetti in cui l’Amministrazione agisce senza la spendita, nemmeno mediata, di pubblici poteri (Corte costituzionale, sentt. n. 204 del 2004,

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n. 191 del 2006, n. 35 del 2010, ecc.); pertanto, se il legislatore non può derogare all’ordinario regime di riparto giurisdizionale in presenza di meri comportamenti materiali dell’Amministrazione, a fortiori, quest’ul-tima non può intestarsi un potere laddove manchi una esplicita o implicita norma attributiva dello stesso (T.A.R. Toscana, I, 25 settembre 2015, n. 1291; per un differente orientamento, T.A.R. Veneto, I, 29 luglio 2015, n. 878; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 21 maggio 2015, n. 228).3. In senso contrario, ossia per affermare la giurisdizione del giudice amministrativo, non può essere valo-rizzata la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 104 del D.P.R. n. 396 del 2000 cit. che prevede che “il pre-fetto, o chi da lui delegato, si deve recare almeno una volta ogni anno negli uffici dello stato civile compresi nella propria provincia per verificare se gli archivi sono tenuti con regolarità e con precisione”, oppure la pre-visione di un potere sostitutivo dello stesso Prefetto previsto dal comma 11 dell’art. 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (T.U.E.L.). L’ampiezza del potere di controllo prefettizio e la sua estensione, anche relativamente alla possibilità di modificare o rettificare direttamente il contenuto delle trascrizioni, laddove si vada ad incidere direttamente sullo status di soggetti privati, non possono che essere affidate sempre al vaglio del giudice ordinario, attesa la possibile configurabilità di una posizione giuridica di diritto soggettivo perfetto che, se accertata come sussistente, non potrebbe essere compressa o degradata per il tramite di un provvedimento amministrativo, in assenza di una esplicita o implicita norma attributiva dello stesso (cfr. T.A.R. Toscana, I, 25 settembre 2015, n. 1291).Identico ragionamento va effettuato con riguardo alla previsione di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 396 del 2000 cit. (“1. L’ufficiale dello stato civile è tenuto ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministe-ro dell’interno. 2. La vigilanza sugli uffici dello stato civile spetta al prefetto”), per stabilire l’esatta portata della stessa.4. Pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti pro-posti da -OMISSIS- devono essere dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice ammini-strativo.5. Ciò consente di passare all’esame della posizione processuale sia del Sindaco che del Comune di Milano.5.1. In primo luogo, va evidenziato come l’intervento in giudizio delle predette parti possa essere qualificato anche quale controversia autonoma, sussistendone sia i requisiti formali che sostanziali. L’atto di intervento e i successivi motivi aggiunti, difatti, sono stati notificati alle controparti e depositati nei termini previsti dagli artt. 41 e 45 cod. proc. amm. (più nello specifico, l’atto introduttivo è stato notificato il 10 dicembre 2014 e depositato il 18 dicembre successivo); gli stessi contengono, poi, sia l’indicazione degli atti impugnati che lo svolgimento delle relative censure. Di conseguenza appare irrilevante la mancata instaurazione di un giudi-zio autonomo, tenuto conto che la posizione del Comune e del Sindaco è assolutamente coerente con quella dei ricorrenti persone fisiche ed è finalizzata al raggiungimento dello stesso risultato, ossia la pronuncia di illegittimità degli atti prefettizi impugnati.6. Ciò premesso, si impone la verifica della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo su questa parte della controversia, evidenziando che non possono essere estese a tale ambito le considerazioni già svolte a proposito dei ricorsi proposti dai ricorrenti persone fisiche.6.1. La giurisdizione appartiene al giudice amministrativo.Il Comune e il Sindaco di Milano non risultano titolari di un diritto soggettivo alla corretta tenuta dei registri dello stato civile, in quanto non si tratta di persone fisiche che vedono alterato il proprio status personale, ma si è al cospetto di soggetti pubblici che hanno un interesse qualificato alla corretta gestione di un servi-zio tipicamente statale, loro delegato. Trattandosi di un rapporto di diritto pubblico - ossia intercorrente tra soggetti pubblici (Comune e Ministero/Prefettura) ed avente ad oggetto potestà di tipo pubblicistico (tenuta dei registri dello stato civile) - non può che sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo, in assenza della quale potrebbe configurarsi un vuoto di tutela contrastante con il disposto di cui all’art. 113 Cost. (in tal senso, in una fattispecie similare, cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, I, 3 dicembre 2014, n. 860).Ciò trova conferma anche nella normativa di settore, allorquando si riconosce al Ministero dell’Interno la possibilità di impartire istruzioni all’ufficiale dello stato civile e si affida al Prefetto un potere sostitutivo (art. 54, comma 11, del D. Lgs. n. 267 cit.) e di vigilanza sugli uffici dello stato civile (cfr. art. 9 del D.P.R. n. 396 del 2000 cit.); la sussistenza di siffatte prerogative attribuisce un potere alle autorità governative sopra richiamate che può essere sindacato soltanto dal giudice amministrativo. Pertanto, in un’ottica di tipo pub-blicistico, l’esistenza di un ambito di legittimo intervento potrà dar luogo a censure di cattivo uso del potere, giammai ad un rilievo di carenza in astratto dello stesso. Del resto, a fronte della sussistenza del potere del Prefetto di intervenire sull’attività e sugli atti posti in essere dall’ufficiale dello stato civile è necessario, in altri termini, valutare la concreta estensione del predetto potere in relazione ai limiti posti dalle norme attributive dello stesso.6.2. Una volta affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, occorre verificare la sussistenza della legittimazione ad agire del Sindaco e del Comune di Milano.L’art. 1 del D.P.R. n. 396 del 2000 cit. stabilisce che: “1. Ogni comune ha un ufficio dello stato civile.2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, o chi lo sostituisce a norma di legge, è ufficiale dello stato civile.3. Le funzioni di ufficiale dello stato civile possono essere delegate ai dipendenti a tempo indeterminato e, in caso di esigenze straordinarie e temporalmente limitate, a tempo determinato del comune, previo supera-

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mento di apposito corso, o al presidente della circoscrizione ovvero ad un consigliere comunale che esercita le funzioni nei quartieri o nelle frazioni, o al segretario comunale. Per il ricevimento del giuramento di cui all’articolo 10 della L. 5 febbraio 1992, n. 91, e per la celebrazione del matrimonio, le funzioni di ufficiale dello stato civile possono essere delegate anche a uno o più consiglieri o assessori comunali o a cittadini italiani che hanno i requisiti per la elezione a consigliere comunale”.La predetta norma attribuisce al Sindaco la qualifica di ufficiale dello stato civile e consente l’affidamento delle relative funzioni anche ad altri organi comunali. A ciò consegue che sia il Sindaco che il Comune sono per esplicito disposto normativo titolari di una funzione in materia di stato civile, sul cui esercizio vigila il Prefetto. La corretta e regolare tenuta dei registri dello stato civile è uno specifico dovere degli organi comu-nali che potrebbero essere chiamati a rispondere della loro attività in diverse sedi (civile, penale, contabile, ecc.); inoltre, lo svolgimento di tale funzione ha un impatto non indifferente sull’attività svolta sia dal Sin-daco che dal Comune in generale, sia in termini organizzativi che di costi da sostenere (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, I, 3 dicembre 2014, n. 860).La titolarità di una posizione sostanziale dà luogo a sua volta ad una posizione di legittimazione ad agire a tutela delle funzioni attribuite direttamente dalla legge (si veda, tuttavia, per una opposta soluzione, T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 21 maggio 2015, n. 228). In senso contrario non assume rilievo determinante la qua-lifica di ufficiale del Governo del Sindaco e quindi la sottoposizione della sua attività al potere gerarchico del Prefetto o del Ministero, giacché non si è al cospetto di una gerarchia propria - che consentirebbe al superio-re di annullare l’atto del sottoposto in via diretta, inibendo l’intervento del giudice - ma si è in presenza di un rapporto di vigilanza generico, che non sottrae la titolarità della funzione all’organo vigilato, unico soggetto individuato dalla legge a svolgere quel compito (in tal senso, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, I, 3 dicembre 2014, n. 860; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 8 febbraio 2011, n. 384).6.3. Una volta affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo e la legittimazione ad agire sia del Sindaco che del Comune di Milano, si può passare all’esame del merito sia del ricorso introdut-tivo - denominato atto di intervento ad adiuvandum - che di quello per motivi aggiunti, proposti dagli stessi.7. I ricorsi, che possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.8. Va trattato in via preliminare il terzo motivo del ricorso introduttivo, che ha carattere prioritario e risulta altresì di natura assorbente.8.1. Con la predetta censura si assume l’illegittimità del decreto prefettizio n. 84149/2014, in quanto adotta-to in carenza di potere, attesa l’impossibilità di annullare gli atti di trascrizione nei registri dello stato civile, sussistendo soltanto in capo all’autorità giudiziaria ordinaria il potere di disporne la rettifica.8.2. La doglianza è fondata.Va ribadito che il Prefetto, nell’esplicazione del suo potere di vigilanza e sostituivo sugli uffici dello stato civile (cfr. art. 9 del D.P.R. n. 396 del 2000 cit. e art. 54, comma 11, del D.Lgs. n. 267 del 2000), ha certamente il potere di impartire direttive e indirizzi nell’ambito del funzionamento dei predetti uffici; quindi in astratto, come già evidenziato in precedenza, sussiste un potere dello stesso nella predetta materia.Tuttavia nel caso di specie, ossia con riguardo alla trascrizione di un matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, non risulta avere alcuna potestà di intervento o rettifica, considerato che la normativa - già richiamata in precedenza al punto 2 del diritto (cfr. T.A.R. Toscana, I, 25 settembre 2015, n. 1291) - affida soltanto all’autorità giudiziaria ordinaria il potere di rettificare o annullare gli atti indebita-mente trascritti. Difatti, la posizione dei soggetti interessati dall’atto di trascrizione assume la consistenza di diritto soggettivo perfetto che - laddove ritenuto sussistente dal giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti - non può essere compresso o degradato per il tramite di un provvedimento amministrativo, atteso che in materia di stato delle persone non può ammettersi un intervento atipico dell’autorità amministrativa, ma si deve affidare ad un organo indipendente la sua definitiva conformazione (cfr. art. 101 Cost., che afferma la sottoposizione del giudice soltanto alla legge).Il Comune e il Sindaco quindi non possono essere obbligati a modificare il contenuto degli atti già trascritti, pena la violazione della normativa di settore - ossia dell’ordinamento dello stato civile - e la concreta pos-sibilità di produrre delle lesioni dello status giuridico di soggetti dell’ordinamento, unitamente al concreto rischio di essere esposti a profili di responsabilità nei diversi ambiti.8.3. Ciò determina l’accoglimento della censura.9. La fondatezza della predetta doglianza, previo assorbimento delle restanti censure, determina l’accogli-mento del ricorso introduttivo proposto dal Sindaco e dal Comune di Milano e l’annullamento del decreto 4 novembre 2014, prot. n. (...), con il quale il Prefetto della Provincia di Milano ha disposto l’annullamento della trascrizione nei registri dello stato civile del Comune di Milano dei matrimoni nello stesso indicati.L’annullamento del decreto n. (...) determina, di conseguenza, anche l’annullamento del provvedimento prefettizio dell’11 febbraio 2015, n. 0011886/2015, di delega al Vice Prefetto al fine di procedere all’anno-tazione del decreto n. (...) e del verbale delle operazioni successivamente poste in essere, impugnati con il ricorso per motivi aggiunti.10. In conclusione, il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti, proposti da -OMISSIS-, devono essere dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, individuando quale giudice munito di giurisdizione quello ordinario. La dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice amministrati-

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vo in favore di quello ordinario determina gli effetti, in ordine alla prosecuzione del giudizio presso il giudice munito di giurisdizione, di cui all’art. 11, comma 2, cod. proc. amm.11. I ricorsi proposti dal Sindaco e dal Comune di Milano vanno accolti e, per l’effetto, devono essere annul-lati il decreto prefettizio del 4 novembre 2014, n. (...) e il successivo provvedimento dell’11 febbraio 2015, n. 0011886/2015, con tutte le conseguenze che da ciò derivano.12. In relazione alla complessità delle controversie, le spese di giudizio possono essere compensate tra le tutte le parti.

P.Q.M.Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando:- dichiara inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti proposti da -OMISSIS- e individua quale giudice munito di giurisdizione quello ordinario, avanti al quale il processo potrà proseguire;- accoglie il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti proposti dal Sindaco e dal Comune di Milano e, per l’effetto, annulla il decreto prefettizio del 4 novembre 2014, n. (...) e il successivo provvedimento dell’11 febbraio 2015, n. 0011886/2015.

IVT.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, 21 maggio 2015, n. 228

(omissis)

Svolgimento del processoI. La ricorrente, cittadina italiana residente in Belgio e iscritta all’anagrafe del comune di Udine, chiede con il presente ricorso la declaratoria di nullità ovvero in subordine l’annullamento:- del decreto del Prefetto della Provincia di Udine dd. 27 ottobre 2014, prot. n. (...) con il quale il Prefetto ha decretato l’annullamento della trascrizione del matrimonio della ricorrente nei registri dello stato civile del Comune di Udine;- dell’atto di delega del Prefetto di Udine prot. (...) dd. 29 ottobre 2014;- del processo verbale del vice Prefetto aggiunto del 29 ottobre 2014;- della pregressa nota prefettizia n. (...) dd. 9 ottobre 2014;- infine dell’acclusa nota - circolare prot. n. (...) dd. 7 ottobre 2014 del Ministero dell’Interno.

II. Fa presente che in data 30 settembre del 2014 il sindaco di Udine aveva iscritto nel registro dei matri-moni presso l’ufficio di stato civile il matrimonio contratto all’estero dalla ricorrente con una persona del medesimo sesso.Con nota del 7 ottobre 2014, il Ministro dell’interno, ritenendo che tali trascrizioni non siano consentite dal D.P.R. n. 396 del 2000, ha disposto che i prefetti invitino i sindaci ad annullare tali trascrizioni.Con una nota del 9 ottobre 2014 non notificata alla ricorrente il prefetto ha invitato il sindaco a procedere a tale cancellazione; il sindaco ha risposto sostenendo l’impossibilità di procedere all’annullamento di una trascrizionein assenza di una pronuncia giurisdizionale.Infine, con il decreto in questa sede impugnato datato 27 ottobre 2014, il prefetto ha ordinato l’annullamen-to d’ufficio della trascrizione del matrimonio; successivamente ha nominato un delegato che ha provveduto ad annullare detta trascrizione apponendo nel registro apposita annotazione.

III. A sostegno del ricorso la ricorrente deduce i seguenti motivi:1. Nullità del decreto prefettizio per difetto assoluto di attribuzione, incompetenza assoluta, ex articolo 21 septies della L. n. 241 del 1990 ed ex articolo 31 del D.Lgs. n. 104 del 2010. Violazione dell’articolo 453 del codice civile e dell’articolo 95 del D.P.R. n. 396 del 2000. Violazione del D.P.R. n. 396 del 2000, articoli 12, 11, 5, 69 e 100. Violazione del decreto ministeriale 5 aprile 2002.Premette la ricorrente che non è questa la sede per discutere il tema della correttezza della trascrizioneeffet-tuata dal sindaco di Udine, anche alla luce del limite della giurisdizione del giudice amministrativo; oggetto del presente giudizio è unicamente la legittimità dell’atto prefettizio.Sostiene la ricorrente che non vi sarebbe alcun potere in capo al prefetto di annullare la trascrizione.

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Quanto al merito, si tratta di uno status personale della ricorrente che è un diritto personale e intangibile e che l’avvenuta trascrizione crea in capo alla ricorrente il diritto a vedere la trascrizione assoggettata al regi-me giuridico di cui agli articoli 449 e seguenti del codice civile e al D.P.R. n. 396 del 2000.Appare poi infondata la pretesa del prefetto di applicare l’articolo 21 nonies della L. n. 241 del 1990, perché la trascrizione dell’atto di matrimonio non sarebbe un provvedimento amministrativo, ma un atto pubblico formale con effetto dichiarativo e di certificazione, laddove il decreto prefettizio invece non sarebbe un atto pubblico formale, ma un vero provvedimento amministrativo, come tale sostanzialmente diverso dall’atto che vorrebbe annullare.Precisa poi la ricorrente come l’ordinamento dello stato civile costituisce un sistema chiuso e tassativo, per cui le registrazioni dello stato civile non possono subire variazioni; ne consegue che l’ufficiale di stato civile ha solo il potere di aggiornare i registri o di correggere gli errori materiali, mentre la rettificazione e la can-cellazione è rimessa all’autorità giudiziaria ordinaria.Infatti, tra le annotazioni possibili nel registro dei matrimoni non è previsto alcun atto di annullamento o di autotutela, ma solo l’annotazione della rettifica giudiziaria.2. Violazione e falsa interpretazione degli articoli 9 del D.P.R. n. 396 del 2000 e 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000: non sussiste in capo al prefetto una posizione di sovraordinazione rispetto al sindaco quale ufficiale di stato civile; il ministro ha il potere d’indirizzo e il prefetto un potere di vigilanza, ma il prefetto non può sostituirsi al sindaco e non può esercitare poteri superiori a quelli del sindaco, che non può annullare le tra-scrizioni. Il potere sostitutivo del prefetto è previsto solo in caso d’inerzia del sindaco.3. Illegittimità dell’ordine di annotazione per violazione dell’articolo 453 del codice civile, degli articoli 69, 11 e 12 del D.P.R. n. 396 del 2000; violazione del decreto ministeriale 5 aprile 2002.L’ordine del prefetto di annotare il decreto impugnato è viziato in via derivata dalla nullità del decreto stesso. L’annotazione quale atto tipico e tassativo è da qualificare come atto pubblico formale e non si può ordinare in alcun modo. L’ordinamento, infatti, non contempla la possibilità di annotare un decreto dell’autorità am-ministrativa, ma solo un provvedimento dell’autorità giurisdizionale.Nel D.M. del 5 aprile 2002 non esiste, infatti, alcuna formula che consenta l’annotazione effettuata dal prefetto.4. Violazione del procedimento e degli articoli 7 e 10 della L. n. 241 del 1990, violazione del diritto di difesa e dell’articolo 24 della Costituzione.Il decreto dà atto che non è intervenuta alcuna comunicazione di avvio del procedimento, e anzi la nota è stata indirizzata al sindaco e non all’interessata; il procedimento quindi ha violato il diritto alla partecipa-zione e alla difesa.

IV. Si è costituito in giudizio ad adiuvandum il Comune di Udine, giusta deliberazione della Giunta comunale n. 10 del 26 gennaio 2015.

V. L’Avvocatura dello Stato resiste in giudizio premettendo che a suo avviso il Sindaco di Udine ha agito al di fuori dei limiti della sua competenza, eseguendo una trascrizione che la legge non prevede e che le indica-zioni governative pochi giorni dopo avrebbero escluso esplicitamente. Il Prefetto di Udine ha posto rimedio a tale atto extra ordinem annullando la trascrizione.Eccepisce poi che la ricorrente avrebbe dovuto instaurare correttamente il ricorso di fronte al giudice ordina-rio, per ottenere l’accertamento sul suo diritto ad ottenere la trascrizione del proprio matrimonio.Inoltre, nemmeno ricorrendo innanzi al tribunale ordinario l’interessata potrebbe ottenere alcun accertamento del suo diritto a trascrivere il matrimonio contratto all’estero, in quanto sulla materia l’unico soggetto compe-tente a pronunciarsi è il legislatore nazionale, secondo la sentenza della Corte Costituzionale n. 138 del 2010 e conformemente all’art. 9 della Carta di Nizza e all’art. 12 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo - CEDU.Eccepisce poi l’inammissibilità nel rito per difetto assoluto d’interesse ad agire in capo alla ricorrente ex art. 100 c.p.c. e per il contenuto contra legem della domanda.L’inammissibilità del ricorso si evidenzierebbe - nella tesi della resistente - nella considerazione che l’ordina-mento non riconosce al privato cittadino la possibilità di adire il Tribunale Amministrativo per ottenere una decisione teorica sulla legittimità in astratto di un atto, bensì ogni domanda giudiziale deve essere suppor-tata da idoneo e concreto interesse alla tutela di un preciso bene della vita del privato, laddove il ricorso in esame non poggerebbe su alcun interesse giuridicamente tutelato.Secondo la resistente amministrazione, l’unico interesse che può rinvenirsi è l’interesse a veder confermata la trascrizione, nei registri di stato civile del Comune di Udine, del matrimonio con persona dello stesso sesso contratto all’estero, che appare, oltre che di mero fatto, anche contra legem.In ogni caso, secondo la resistente, non sarebbe comunque corretto incardinare la presente controversia di fronte al T.A.R., per almeno quattro ordini di motivi.a. Innanzitutto, di fronte ad ogni atto che incida sullo status delle persone così come risultante dai registri di stato civile (trascrizione, rettificazione, cancellazione, correzione e così via), l’unico percorso obbligato e prescritto per dolersene sarebbe il ricorso al tribunale ordinario.

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b. La giurisdizione del T.A.R. sarebbe carente anche secondo la normativa codicistica.In particolare, infatti, l’art. 9, comma 2, c.p.c. sancisce che: “il tribunale è altresì esclusivamente compe-tente per le cause in materia di imposte e tasse, per quelle relative allo stato e alla capacità delle persona e ai diritti onorifici, per la querela di falso, per l’esecuzione forzata e, in generale, per ogni causa di valore indeterminabile”.L’art. 8, comma 2, c.p.a. ribadisce che: “restano riservate all’autorità giudiziaria ordinaria le questioni pre-giudiziali concernenti lo stato e la capacità delle persone, salvo che si tratti di capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell’incidente di falso”.Allo stesso modo, l’art. 70, comma 1, c.p.c. annovera tra i procedimenti civili - e non amministrativi - assi-stiti dalle forme camerali con presenza obbligatoria del Pubblico Ministero anche quelli “riguardanti lo stato e la capacità delle persone”.Infine, l’art. 7 c.p.a. prevede che: “sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi” , ed il successivo art. 133 c.p.a., elencando le materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ove egli può conoscere dei diritti soggettivi, non indica affatto la materia degli status delle persone.c. Del resto - aggiunge l’Avvocatura dello Stato - l’attribuzione in via esclusiva al Tribunale ordinario della cognizione sugli stati delle persone trova la sua ratio nel garantire, attraverso un particolare procedimento - che impone, tra l’altro, la partecipazione del Pubblico Ministero al giudizio (ex art. 70 c.p.c. cit.) - che i diritti personalissimi di ogni cittadino, a cominciare dallo status, siano conosciuti e vagliati di per loro stessi, e non in rapporto con un’Autorità amministrativa - il che accadrebbe, invece, di fronte al T.A.R.d. Infine, l’actio finium regundorum non sarebbe di spettanza del Giudice Amministrativo adito in questa sede, il quale si verrebbe “innaturalmente” a decidere se debba essere il Prefetto o il Giudice ordinario ad attribuire un bene personalissimo della vita al privato cittadino.In merito, l’Avvocatura dello Stato afferma la piena legittimità dell’atto di annullamento da parte del Prefet-to di Udine, espressione definitiva della volontà dell’Amministrazione dello stato civile sulla trascrizione del matrimonio.Il Sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende, altresì, alla tenuta dei registri di stato civile.La circolare - direttiva del Ministro dell’Interno datata 7 ottobre 2014 - non manifestamente criminosa, non illegittima e dunque, vincolante per Sindaci e Prefetti - attribuisce al Prefetto tale specifico potere di vigilan-za, intervento e annullamento degli atti di trascrizione ad opera dei sindaci di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso.Viceversa, l’atto del Sindaco era ed è annullabile proprio perché contrastante con l’ordine contenuto nella circolare.La resistente amministrazione rammenta poi la natura vincolata del provvedimento, che è stato adottato nell’esercizio del potere-dovere di agire al fine di garantire l’esercizio uniforme a livello nazionale della fon-damentale funzione di stato civile, presidiando, per questa via, anche l’esigenza di garanzia della certezza del diritto e dei rapporti giuridici.Considerata tale natura vincolata, dunque, soccorre l’art. 21 octies della L. n. 241 del 1990, in quanto la partecipazione dei privati interessati al procedimento non avrebbe potuto incidere sul contenuto dispositivo del provvedimento.Eccepisce poi l’inammissibilità dell’intervento del Comune di Udine, che non ha alcuna autonoma legitti-mazione ad agire, essendo un ente locale esponenziale di una comunità di cittadini del tutto estraneo alle funzioni di stato civile.L’intervento del Comune di Udine andrebbe considerato inammissibile per un duplice profilo:- in quanto, semmai, sarebbe dovuto intervenire il Sindaco e non il Comune;- in quanto, comunque, anche il Sindaco sarebbe stato privo della legittimazione ad agire perché organo diretto dello Stato, non potendosi configurare un ricorso proposto da un organo dello Stato contro un altro organo dello Stato davanti ad autorità giudiziaria amministrativa (e non davanti alla Corte costituzionale).L’amministrazione conclude per l’inammissibilità ovvero il rigetto del ricorso, essendo il provvedimento im-pugnato pienamente legittimo.

VI. Il Comune di Udine, costituitosi in giudizio ad adiuvandum, con un’apposita memoria depositata il 10 aprile 2015, sostiene il suo interesse a contraddire nel presente giudizio, al fine di accertare la piena legitti-mità della trascrizione e correlativamente l’illegittimità del decreto del prefetto di Udine impugnato.

VII. Con memoria di replica depositata il 21 aprile 2015 l’Avvocatura dello Stato, ribadita l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del Comune di Udine, rileva come la questione principale sia la possibilità giuridica di trascrivere i matrimoni contratti all’estero da persone dello stesso sesso. La Corte di cassazione con la sentenza n 2400 del 9 febbraio 2015 ha escluso che sussista tale possibilità giuridica.

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VIII. La ricorrente con memoria di replica depositata il 22 aprile 2015 contesta le eccezioni avversarie rela-tive al difetto di giurisdizione e alla carenza di interesse.In particolare, rileva come l’atto impugnato sia un provvedimento prefettizio, e come al giudice amministra-tivo non sia chiesto di pronunciarsi sullo stato matrimoniale ma solo sull’incompetenza del prefetto.Nemmeno l’azione ex art 95 del dPR 396 del 2000 sarebbe un’azione di stato ma una tipica azione di ac-certamento; infatti, non è dalla trascrizione del matrimonio che sorge lo status ma dalla celebrazione del matrimonio stesso. L’accertamento dell’illegittimità del decreto prefettizio non ha quindi alcuna incidenza sullo status della ricorrente.Osserva poi la ricorrente come l’art 31 comma 4 del c.p.a. prevede l’azione di accertamento della nullità ed è proprio questo il petitum principale del ricorso, prima ancora dell’annullamento del decreto prefettizio.Ribadisce infine le proprie restanti argomentazioni concludendo in conformità.

IX. In data 22 aprile 2015 l’avvocatura comunale con apposita memoria replica all’eccezione proposta dall’Avvocatura dello stato d’inammissibilità dell’intervento in causa del Comune di Udine.L’interesse comunale è “indiretto e mediato” e volto ad accertare l’illegittimità dell’atto prefettizio e ad accer-tare la “piena legittimità dell’azione posta in essere dal Sindaco ancorché nella veste di Ufficiale di Governo”.

X. Nel corso della pubblica udienza del 13 maggio 2015, parte ricorrente ha osservato che a suo avviso la trascrizione del matrimonio non può essere considerata un atto amministrativo ma sarebbe equiparabile a un atto notarile, dovendo solo accertare e prendere atto di un fatto esterno, non sindacabile se non davanti al giudice civile.L’Avvocatura dello Stato ha ribadito che, in assenza di una legge che regolamenti la materia, non si può con-sentire che i sindaci, che agiscono come ufficiali di governo, operino contra legem provocando in tal modo una disparità di trattamento tra cittadini.Il rappresentante del Comune di Udine spiega che l’interesse ad adiuvandum deriva dalla domanda di accer-tamento della legittimità dell’operato dell’apparato comunale.Infine la causa è stata introitata per la decisione.

Motivi della decisione1.0. Oggetto del presente ricorso è in via principale il decreto del prefetto di Udine del 27 ottobre 2014 che ha disposto l’annullamento della trascrizione del matrimonio della ricorrente nei registri di stato civile del Comune di Udine, nonché gli atti connessi, tra cui l’atto di delega del 29 ottobre 2014, il processo verbale del viceprefetto aggiunto del 29 ottobre 2014, la nota prefettizia del 9 ottobre 2014 e la direttiva - circolare del Ministero dell’interno del 7 ottobre del 2014.1.1. La ricorrente, a pagina cinque del ricorso introduttivo, afferma chiaramente che non è suo intendimento discutere della correttezza o meno della trascrizione effettuata dal sindaco di Udine, anche alla luce dell’ar-ticolo 8 comma secondo del codice del processo amministrativo. L’oggetto del ricorso quindi viene delimitato dalla parte ricorrente al citato provvedimento di annullamento emanato dal prefetto e agli atti connessi, di cui si chiede in primis l’accertamento della nullità e in subordine l’annullamento.2.0. Ciò premesso in relazione all’oggetto del ricorso, è necessario esaminare le numerose e articolate ec-cezioni sollevate dall’avvocatura dello Stato, sia di difetto di giurisdizione, sia di carenza d’interesse in capo alla ricorrente.Ritiene questo collegio che sussista la giurisdizione del tribunale amministrativo, conformemente a quanto deciso in analoghi ricorsi dal Tar Lazio - Roma - Sezione Prima Ter - nelle sentenze n. 3900, 3907, 3911, 3912 e 5924 del 2015.Innanzitutto, la giurisdizione deriva proprio dall’oggetto del ricorso, un provvedimento amministrativo po-sto in essere dal Prefetto di Udine. Invero l’articolo 7 del Codice del processo amministrativo fa espresso riferimento al primo comma a controversie ove si faccia questione di interessi legittimi nell’esercizio di un potere amministrativo, riguardante atti riconducibili all’esercizio di tale potere posti in essere da pubbliche amministrazioni.2.1. Il fatto che il contenuto del provvedimento prefettizio gravato sia l’ordine di annullamento di una trascri-zione effettuata dal sindaco nel registro degli atti di matrimonio non sposta la giurisdizione, sia in quanto l’or-dine è pacificamente un atto amministrativo, sia in quanto la legittimità o meno della trascrizione viene esami-nata unicamente in via incidentale, al solo fine di valutare la legittimità o meno dell’ordine prefettizio gravato.2.2. La questione di giurisdizione viene sollevata anche sotto altro aspetto da parte della resistente ammini-strazione, la quale rileva che la trascrizione nel registro di stato civile di un matrimonio intervenuto all’estero costituirebbe una questione di status, e come tale, ai sensi del citato articolo 8, comma secondo, del c.p.a., di spettanza in via esclusiva all’autorità giudiziaria ordinaria.

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Su questo punto osserva il collegio da un lato come oggetto del presente ricorso non sia lo status della ricorrente, ma un atto amministrativo prefettizio, e d’altro lato come l’esistenza o meno di uno status ma-trimoniale e la sua trascrivibilità costituisce appunto l’oggetto del provvedimento prefettizio o meglio il suo presupposto, e quindi non si può dare per definito a priori quanto costituisce oggetto di esame diretto o indiretto nella presente controversia.In altri termini, l’avvocatura dello Stato nella sua eccezione dà per accertato quanto invece deve essere valutato in corso di giudizio, cioè nella disanima di merito della causa.2.3. Infatti, quanto allo status matrimoniale, esso, come si vedrà meglio in prosieguo, attualmente non può essere riconosciuto nel nostro ordinamento tra persone del medesimo sesso, e questo non solo nella fattispecie in esame ma in linea generale. Ne consegue che, non sussistendo alcuno status riconosciuto o riconoscibile, nel caso non si applica l’articolo 8, comma secondo, del codice.2.4. Il collegio deve poi esaminare l’ulteriore eccezione di carenza d’interesse, sollevata sempre dall’avvo-catura dello Stato, in quanto nessun beneficio verrebbe alla ricorrente dall’eventuale accoglimento del suo ricorso se non un riconoscimento di uno status matrimoniale esulante dalla giurisdizione del giudice ammi-nistrativo. Invero, la resistente amministrazione osserva come il bene della vita cui aspira la ricorrente sia la trascrizione nei registri di stato civile italiani del suo matrimonio contratto all’estero, bene della vita che si sostanzierebbe in uno status matrimoniale che esula dalla giurisdizione di questo tribunale. In sostanza, l’impugnazione del provvedimento prefettizio sarebbe un modo surrettizio per vedersi riconoscere uno sta-tus nel nostro ordinamento.Anche tale prospettazione - ad avviso questo collegio - non può essere condivisa, sia per le motivazioni sopra illustrate relative alla natura dell’atto gravato, sia per la ragione che una trascrizione esistente nei registri del Comune di Udine, comunque presenta un apprezzabile interesse per una cittadina italiana che si vedrebbe in qualche modo certificato e registrato un matrimonio contratto all’estero, dando allo stesso una qualche stabilità e pubblicità, indipendentemente dagli effetti strettamente giuridici di tale trascrizione (allo stato della legislazione italiana inesistenti).In altri termini, sussiste un evidente interesse dell’instante a vedersi mantenuta la trascrizione nel registro comunale dei matrimoni, se non altro per le palesi implicazioni etiche soggettive, evidenziate a pagina 6 del ricorso introduttivo e nella nota a pagina 4 della memoria di replica.2.5. L’interessata sottolinea poi in ricorso il suo interesse a vedere la trascrizione assoggettata al regime giuridico previsto dagli articoli 449 e seguenti del codice civile e dal D.P.R. n. 396 del 2000, e anche tale interesse merita una qualche tutela, considerata la particolare pregnanza del menzionato regime giuridico, pur non risultando sufficiente da solo a sorreggere la legittimazione e l’interesse a ricorrere.2.6. Va infine aggiunto che è idoneo a fondare l’interesse e la legittimazione a ricorrere non solo l’interesse materiale ma anche l’interesse puramente morale (C d S, n. 386, n. 1626 e n. 2043 del 2015), che nella peculiare controversia in esame si deve ritenere sussistente in capo alla ricorrente, coinvolta in una vicenda personale di evidente rilievo relazionale e affettivo.2.7. Sempre nell’ambito delle eccezioni preliminari, la resistente amministrazione, eccependo sotto altro profilo il difetto di giurisdizione, osserva che l’actio finium regundorum, non sarebbe di spettanza del Giudice Amministrativo adito, il quale si verrebbe “innaturalmente” a trovare nella situazione di decidere se debba essere il Prefetto o il Giudice ordinario ad attribuire un bene personalissimo della vita al privato cittadino.L’eccezione non risulta fondata.Invero, in questa sede, spetta al Giudice amministrativo non già una sorta di actio finium regundorum, che compete alla Corte costituzionale ovvero sotto altri profili alla Corte di Cassazione, ma più semplicemente un giudizio sulla legittimità di un atto amministrativo prefettizio, da verificare alla luce della norma attributiva del potere esercitato. Anzi, come si esaminerà in seguito, la presente pronuncia si basa in parte proprio sulle sentenze della Corte costituzionale in materia e sul riparto costituzionale dei poteri.3.0. Sempre in via preliminare, va esaminata la questione dell’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum del Comune di Udine, eccepita dall’Avvocatura dello Stato.Innanzitutto va osservato come intervenga il Comune in quanto tale e non il sindaco come ufficiale di governo.3.1. In generale, l’intervento consentito nel processo amministrativo è quello di tipo adesivo dipendente, fatto valere dai soggetti titolari di un interesse giuridicamente rilevante, ma riflesso rispetto a quello aziona-to in via di principalità dal ricorrente, e non direttamente coinvolto dall’atto da quest’ultimo impugnato. In particolare, l’intervento ad adiuvandum è ammissibile solo se finalizzato alla difesa di un interesse derivato o dipendente da quello della parte principale, atteso che il fine che persegue colui che lo propone è soste-nere le ragioni del ricorrente, in quanto titolare di un interesse di fatto dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio ovvero di quello sotteso al mantenimento dei provvedimenti impugnati, che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dall’accoglimento o dal rigetto del ricorso (Consiglio di Stato sez V n 1687 del 2015; TAR Puglia Lecce n 677 del 2015; TAR Molise, n 49 del 2014).3.2. Nel caso in esame, non si vede come il Comune, ente locale esponenziale di una comunità di cittadini, possa avere un interesse rilevante e differenziato dal punto di vista giuridico alla presente controversia, che riguarda un atto prefettizio che dispone la cancellazione di una trascrizione effettuata dal sindaco quale ufficiale di stato civile e non quale esponente della comunità.

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L’interesse del Comune in quanto tale può essere di tipo ideologico, politico o di altro genere, ma non certo giuridicamente apprezzabile in sede di giudizio amministrativo di legittimità e tale da giustificare un inter-vento ad adiuvandum (e nemmeno in ipotesi un intervento ad opponendum).3.3. La difesa comunale, nella memoria di replica depositata il 22 aprile 2015, afferma che l’interesse co-munale è “indiretto e mediato” e volto ad accertare l’illegittimità dell’atto prefettizio e ad accertare altresì la “piena legittimità dell’azione posta in essere dal Sindaco ancorché nella veste di Ufficiale di Governo”.Nel corso della discussione in pubblica udienza, il rappresentante del Comune ha poi evidenziato che vi sa-rebbe un interesse dell’”apparato” comunale a vedersi confermata la legittimità del proprio operato.3.4. Le argomentazioni comunali risultano giuridicamente deboli, perché si limitano a richiamare la definizio-ne manualistica di intervento e ad enunciare un mero interesse ad accertare l’illegittimità dell’atto prefettizio e correlativamente la legittimità dell’azione del Sindaco, interesse che non si comprende come si rapporti con il Comune inteso come collettività.3.5. Ancor meno rilevante risulta l’ipotizzato interesse dell’apparato comunale, sia per la ragione che tale appa-rato è costituito dal sindaco quale ufficiale di governo e dai dipendenti dallo stesso delegati, sia perché operando in materia di stato civile tale apparato agisce come organo delegato e decentrato del Ministero dell’interno, sia perché si tratterebbe pur sempre di un mero interesse all’accertamento della legalità, sia perché tale presunto interesse è emerso unicamente in pubblica udienza e non nelle memorie comunali, sia infine perché quello che comunque rileva è la mancanza di un interesse del Comune quale ente esponenziale di una comunità.Infatti, il mero accertamento dell’illegittimità o della legittimità di atti o comportamenti non basta a sostan-ziare un interesse ad adiuvandum o ad opponendum di un ente esponenziale.3.6. In sostanza, il Comune di Udine non è riuscito minimamente a spiegare e ancor meno a dimostrare un reale interesse al ricorso tale da giustificare un suo intervento in causa.3.7. Ovviamente l’esito del presente ricorso, conforme a quello auspicato dal Comune, non muta i termini della questione, in quanto l’interesse a intervenire va valutato a priori e non può dipendere dal contenuto della decisione.Ne consegue la necessaria estromissione del Comune di Udine dal presente giudizio.3.8. Questo collegio peraltro, in relazione alla somma stanziata dal Comune per il suo intervento in giudizio (pari ad Euro 1.459,12) e posta a carico del bilancio comunale e quindi del contribuente, come risultante dalla deliberazione della Giunta comunale n. 10 del 26 gennaio 2015, depositata in atti, ritiene suo dovere disporre la trasmissione degli atti della presente causa alla Procura regionale della Corte dei Conti, per un suo eventuale intervento.4.0. Risolte le questioni preliminari, il presente giudizio va esaminato nel merito.Come già sopra enunciato, la questione della trascrizione di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso, pur non essendo oggetto diretto del presente ricorso, va esaminata in via incidentale.Infatti, è necessario, ai fini di verificare la legittimità o meno del provvedimento del prefetto che ha disposto, sulla base delle disposizioni ministeriali, la cancellazione della trascrizione, provvedimento motivato proprio con l’illegittimità di detta trascrizione, esaminare incidenter tantum la possibilità giuridica della trascrizione di un matrimonio contratto all’estero da un cittadino italiano con una persona del medesimo sesso.4.1. In altri termini, nella presente controversia, se risulta decisivo l’esame della censura d’incompetenza del prefetto, comunque non si può prescindere dalla valutazione della legittimità o meno della trascrizione di cui detto prefetto ha disposto la cancellazione, innanzi tutto per la ragione che la competenza prefettizia si atteggia diversamente a seconda della legittimità o meno di detta trascrizione.Inoltre, diversa è evidentemente la situazione giuridica di un atto viziato solo perché emesso da un’autorità incompetente ovvero viziato altresì per un suo contenuto contra legem. Tale disamina del resto ha formato oggetto anche di approfondimenti da parte del Tar Lazio - Roma, Sezione Prima Ter, nella sentenza n. 3912 del 2015, invocata a sostegno da parte ricorrente.4.2. Sul punto si rileva come la stessa ricorrente a pagina 3 della memoria di replica depositata il 22 aprile 2015 sottolinea che la trascrizione operata dal Sindaco di Udine è stata effettuata “correttamente”. Aggiun-ge poi, nella nota a pagina 4, che l’ordinamento consente la trascrizione di matrimoni contratti all’estero indipendentemente dalla loro capacità di spiegare effetti in Italia, rendendo l’atto trascritto conoscibile con certezza; in tal modo è la stessa instante a configurare un suo interesse alla trascrizione prescindendo dai suoi effetti, interesse che va esaminato sia pure incidentalmente nella presente controversia.5.0. La questione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso è stata risolta dalla Corte costituzionale con la fondamentale sentenza n. 138 del 2010, la quale afferma che nell’attuale quadro normativo e costituzio-nale in Italia non è consentita la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e nemmeno la trascrizione di un analogo matrimonio contratto all’estero.La pronuncia prende le mosse dall’art. 2 Cost. il quale dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i di-ritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità: in tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone - nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri.

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5.1. La Consulta esclude, tuttavia, che l’aspirazione a tale riconoscimento - che necessariamente postula una disciplina di carattere generale - possa essere realizzata soltanto attraverso un’equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio, per cui spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, indivi-duare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzio-nale la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni da garantire con il controllo di ragionevolezza.5.2. La citata sentenza, infatti, afferma che l’articolo 29 della Costituzione fa riferimento alla nozione di matrimonio definita dal codice civile quale comunione di persone di sesso diverso e questo significato del precetto costituzionale non può allo stato essere superato con un’operazione ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un’interpretazione creativa.In sostanza, secondo la Consulta, spetta al legislatore e solo al legislatore regolamentare la questione delle unioni tra soggetti dello stesso sesso, anche perché tale regolamentazione può risultare omogenea ma an-che differenziata rispetto a quella dei matrimoni tra persone di sesso diverso.5.3. Le successive pronunce della Consulta hanno ribadito le argomentazioni testé enunciate; in particolare, nella sentenza n 170 dell’11 giugno 2014 la Corte costituzionale ha riaffermato che la nozione costituzionale attuale del matrimonio va intesa come unione di persone di sesso diverso (punti 5.1 e 5.2 del Considerato in diritto).5.4. Sul punto rileva poi la sentenza della Corte di Cassazione n 4184 del 2012 che ha affermato la non trascrivibilità delle unioni omosessuali, che dipende non già dalla loro inesistenza o invalidità ma dalla loro “inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano”.5.5. Sempre la Corte di Cassazione con la pronuncia n 2400 del 9 febbraio 2015 ha sostanzialmente ribadito sia la non trascrivibilità dei matrimoni tra omosessuali contratti all’estero sia l’impossibilità giuridica delle pubblicazioni in Italia di un matrimonio omosessuale, richiamando a sostegno la precedente giurispruden-za civile, costituzionale ed Europea. In tale sentenza poi si evidenzia, con un rilievo condiviso da questo Collegio, che dopo la sentenza della Corte costituzionale n 138 del 2010 non vi sono stati mutamenti nella giurisprudenza Europea e costituzionale tali da portare a diverse conclusioni.5.6. Per onestà intellettuale vanno citate alcune pronunce favorevoli alla possibilità di trascrivere atti di ma-trimonio tra persone dello stesso sesso, tra cui il decreto del Tribunale di Reggio Emilia n. 1302 del 2 febbraio 2011 nonché la pronuncia del Tribunale di Grosseto del 3 - 9 aprile 2014, poi annullata in sede di reclamo dalla Corte d’Appello di Firenze in data 19 settembre 2014.5.7. Oltre alla citata sentenza n. 138 della Corte costituzionale rilevano anche le normative e la giurispru-denza Europee.Invero, l’articolo 12 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo stabilisce che uomini e donne hanno di-ritto di sposarsi e fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto, facendo quindi riferimento alla nozione tradizionale di matrimonio fondato sulla diversità di sesso e rinviando alla legislazione dei singoli Stati la disciplina per l’esercizio del diritto.L’articolo 9 della Carta di Nizza, che riguarda i diritti fondamentali dei cittadini dell’unione Europea, stabilisce che il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali, omet-tendo quindi ogni riferimento alla diversità di sesso.5.8. La Corte Europea dei diritti dell’uomo con una pronuncia del 24 giugno 2010 (caso Schalk e Kopf contro Austria), in una vicenda analoga a quella oggetto della presente controversia, ha affermato che il rifiuto di un ufficiale di stato civile di celebrare un matrimonio tra persone dello stesso sesso non contrasta con la CEDU, osservando che è rimessa ai legislatori nazionali di ciascuno Stato la decisione di consentire o meno il matrimonio omosessuale e quindi la decisione conseguente sulla trascrivibilità dello stesso.Del tutto analoghe le considerazioni della medesima corte Europea nel procedimento “Gas e Dubois contro Francia” e in quello “H. contro Finlandia” del 13 novembre 2012.5.9. In conclusione sul punto, allo stato la normativa Europea non pone alcun vincolo agli Stati membri di consentire o meno il matrimonio omosessuale.In concreto, nell’ambito dell’Europa, le discipline normative dei vari Stati differiscono alquanto tra di loro e sono in continua evoluzione, risultando alquanto variegate e cangianti. In alcuni Paesi, come Olanda, Belgio e Spagna è stato rimosso tout court il divieto di sposare una persona dello stesso sesso; altri Paesi preve-dono un istituto riservato alle unioni omosessuali (ci si riferisce a titolo di esempio alle Lebenspartnerschaft tedesche e alle registered partnership inglesi) con disciplina analoga a quella del matrimonio, o al quale è stata semplicemente estesa la disciplina matrimoniale, con l’esclusione, talvolta, delle disposizioni inerenti la potestà sui figli e l’adozione.Fra i Paesi che ancora non hanno introdotto il matrimonio o forme di tutela paramatrimoniali, molti comun-que prevedono forme di registrazione pubblica delle famiglie comprese quelle omosessuali.Altri Stati Europei, come l’Italia, ad oggi non consentono o riconoscono dal punto di vista giuridico il matri-monioo altra tipologia di unione tra persone dello stesso sesso.6.0. Conviene prendere in esame la disciplina normativa che riguarda la celebrazione e la trascrizione dei matrimoni celebrati in Italia e all’estero.

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Viene in rilievo l’articolo 27, comma primo, della L. n. 218 del 1995, riguardante la riforma del diritto inter-nazionale privato, che stabilisce che la capacità matrimoniale e le condizioni per contrarre matrimoni sono regolati dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio.A sua volta l’articolo 115 del codice civile afferma che il cittadino resta soggetto alle disposizioni contenute nel codice stesso anche quando contrae matrimonio in paese straniero.6.1. Emerge quindi che l’ufficiale di stato civile italiano ai fini della trascrizione di un matrimoniocontratto all’estero ha il potere e il dovere di verificare se sussistono i requisiti necessari per celebrare il matrimonio che possa avere effetti rilevanti, requisiti previsti dalla normativa italiana.6.2. Non si tratta quindi, come affermato da parte ricorrente nel corso della discussione in pubblica udienza, di una mera attività notarile (tra l’altro, nemmeno un notaio può registrare un atto radicalmente nullo), ma di un atto pubblico amministrativo che deve necessariamente verificare la sussistenza dei requisiti per poter procedere alla trascrizione di un matrimonio contratto all’estero. Altrimenti opinando, sarebbe in ipotesi possibile la trascrizione di un matrimonio poligamo o contratto in regime di poliandria, consentiti in alcuni ordinamenti stranieri.6.3. Orbene, come affermato dalla sopra citata sentenza n. 138 del 2010 della Corte costituzionale, la di-versità di sesso costituisce un requisito sostanziale affinché il matrimonio possa produrre effetti giuridici nell’ordinamento italiano, come risulta anche dagli articoli numero 107, 108, 143 e 143 bis del codice civile nonché dall’articolo 64 del D.P.R. n. 396 del 2000.6.4. In sostanza, allo stato dell’attuale normativa italiana, un matrimonio celebrato all’estero tra persone dello stesso sesso risulta privo dei requisiti sostanziali necessari per poter procedere alla sua trascrizione.6.5. Ne discende che la trascrizione disposta dal sindaco di Udine e poi annullata con il provvedimento pre-fettizio in questa sede impugnato era contraria alla legge.7.0. A questo punto va richiamato il fondamentale principio di legalità, secondo cui tutti gli atti formati dalla pubblica amministrazione, ivi compresa la trascrizione di un matrimonio celebrato all’estero, devono risultare conformi alla legge. Ove non lo siano essi, sulla base dei noti principi, tra cui rileva l’articolo 97 della Costituzione, devono essere rimossi dall’ordinamento o su istanza del privato ovvero su iniziativa della stessa amministrazione in via di autotutela.7.1. La L. n. 241 del 1990, normativa di principio in materia di procedimento amministrativo, pone dei limiti all’esercizio di autotutela della pubblica amministrazione nella rimozione di un atto amministrativo illegitti-mo, ma si tratta a ben vedere di un’eccezione alla regola generale, e, infatti, essa viene limitata ad alcune ipotesi in cui l’annullamento di un atto illegittimo violerebbe le consolidate aspettative dei cittadini ovvero non sarebbe più conforme all’interesse pubblico, anche in considerazione del lasso di tempo trascorso dall’e-manazione dell’atto illegittimo stesso.7.2. Ne consegue che, ad avviso di questo collegio, la normativa specifica sull’annullamento in autotutela prevista dalla citata L. n. 241 del 1990 conferma la regola generale e il principio dell’ordinamento che ogni atto amministrativo deve risultare conforme alla legge e ove non lo sia deve essere rimosso dal mondo giuridico.Tale principio peraltro deve ritenersi sussistente anche a livello Europeo, in quanto discende direttamente dal principio di legalità.7.3. Di conseguenza, la questione giuridica cardine all’esame di questo collegio si può riformulare, nel senso che risulta necessario verificare se il provvedimento prefettizio in questa sede impugnato è idoneo o meno a eliminare dall’ordinamento un atto non consentito e quindi illegittimo, quale la trascrizione di un matrimo-niocontratto all’estero da due soggetti del medesimo sesso.8.0. Va osservato come la trascrizione nel registro dell’atto di matrimonio va intesa quale atto avente natura amministrativa, avente effetti dichiarativi e di certificazione, sia pure - come si esaminerà meglio in seguito - soggetto a una disciplina del tutto peculiare.Infatti, contrariamente a quanto si assume in ricorso e sostenuto in pubblica udienza, si possono considerare quali atti amministrativi gli atti giuridici di diritto pubblico compiuti da soggetti incardinati nella pubblica amministrazione nell’esercizio di una potestà amministrativa. Tra tali atti, che si possono concretizzare in accertamenti derivanti dalla constatazione obiettiva di fatti o situazioni, rientrano anche i certificati che inte-grano dichiarazioni di conoscenza di qualità personali o della titolarità di status, capacità o diritti.In sostanza, il fatto che la trascrizione abbia natura certificativa non implica che essa non possa essere considerata quale provvedimento amministrativo (in senso conforme, TAR Lazio Roma n 3912 del 2015).8.1. Tuttavia, quanto testé evidenziato in relazione agli atti di trascrizione non comporta che agli stessi sia applicabile la disciplina generale prevista per gli atti amministrativi, e in particolare quella di cui alla L. n. 241 del 1990, in quanto, come si dimostrerà in seguito, la materia è compiutamente disciplinata dalla nor-mativa speciale e in particolare dal D.P.R. n. 396 del 2000, che riguarda l’ordinamento dello stato civile. In tale senso le sentenze del TAR Lazio Roma n. 3900, 3907, 3911, 3912 e 5924 del 2015, le quali tra l’altro hanno ritenuto la giurisdizione del TAR.8.2. Vale quindi anche in tale materia la nota regola secondo cui la legge speciale deroga alla legge generale, anche se successiva.

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9.0. A questo punto, necessita effettuare un breve excursus della normativa relativa alla tenuta dei registri di stato civile, per verificarne sia la specialità sia la completezza.La disciplina dello stato civile e in specie l’art. 453 cc prevede che:“Nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non è ordinata dall’autorità giudiziaria”.9.1. Risulta opportuno riprodurre poi, per la sua decisiva rilevanza nella presente controversia, l’articolo 95 del d.p.r. 396 del 3 novembre 2000, recante il Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordina-mento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127, che prevede, per la modifica degli atti di stato civile, compresa la cancellazione di un atto indebitamente registrato, il ricorso al tribunale ordinario.Esso così recita:1. Chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l’ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l’atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l’adempimento.2. Il procuratore della Repubblica può in ogni tempo promuovere il procedimento di cui al comma 1.3. omissis9.2. L’articolo 100, in maniera conforme, prevede poi che siano i tribunali a disporre eventuali correzioni di atti ricevuti da autorità straniere e trascritti in Italia oltre che a provvedere alla cancellazione di quelli indebitamente trascritti.9.3. Altri articoli del D.P.R. n. 396 del 2000 rilevano nella presente materia.L’art. 5, comma 1, lettera a), prevede che:“L’ufficiale dello stato civile, nel dare attuazione ai principi generali sul servizio dello stato civile di cui agli articoli da 449 a 453 del codice civile e nel rispetto della L. 31 dicembre 1996, n. 675, espleta i seguenti compiti:a) forma, archivia, conserva e aggiorna tutti gli atti concernenti lo stato civile”.L’articolo 11 comma terzo afferma che:“L’ufficiale dello stato civile non può enunciare, negli atti di cui è richiesto, dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle che sono stabilite o permesse per ciascun atto”.Rileva poi l’art 12, comma primo, secondo cui:“Gli atti dello stato civile sono redatti secondo le formule e le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno”.Importante infine il dettato dell’articolo 12, comma sesto, che afferma che:“Gli atti dello stato civile sono chiusi con la firma dell’ufficiale dello stato civile competente. Successivamente alla chiusura gli atti non possono subire variazioni”.L’art. 69 lettera i) disciplina le annotazioni negli atti di matrimonio, tra cui i provvedimenti di rettificazione.L’art. 98 del D.P.R. n. 396 del 2000 prevede che:“L’ufficiale dello stato civile, d’ufficio o su istanza di chiunque ne abbia interesse, corregge gli errori materiali di scrittura in cui egli sia incorso nella redazione degli atti mediante annotazione dandone contestualmente avviso al prefetto, al procuratore della Repubblica del luogo dove è stato registrato l’atto nonché agli inte-ressati.”.Il successivo art. 102 comma primo precisa poi che:“Le annotazioni disposte per legge od ordinate dall’autorità giudiziaria si eseguono per l’atto al quale si rife-riscono, registrato negli archivi di cui all’articolo 10, direttamente e senza altra formalità dall’ufficiale dello stato civile di ufficio o su istanza di parte”.L’art. 109, del D.P.R. n. 396 del 2000, specifica che:“I tribunali della Repubblica sono competenti a disporre le rettificazioni e le correzioni di cui ai precedenti articoli anche per gli atti dello stato civile ricevuti da autorità straniere, trascritti in Italia, ed a provvedere per la cancellazione di quelli indebitamente trascritti”.9.4. Rileva poi D.M. 5 aprile 2002, il quale, nel prescrivere le formule tassative di annotazione all’Allegato A) formula n. 190, stabilisce quanto segue:“Annotazione di provvedimento di rettificazione (artt. 49, 69 e 81 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396). Con provvedimento del Tribunale di ... n. ...in data ... l’atto di cui sopra è stato cosi rettificato (inserire specifi-camente le rettificazioni così come sono state disposte) ...”.9.5. In sostanza, l’ufficiale di stato civile ha solo il potere di aggiornare i registri e di correggere gli eventuali errori materiali.

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Come visto, l’articolo 98 poi prevede che l’ufficiale di stato civile possa correggere solo gli errori materiali, implicando in tal modo che gli altri tipi di errori, quelli cioè sostanziali possono essere corretti solo con l’in-tervento dell’autorità giudiziaria ordinaria.In definitiva, le disposizioni citate non prevedono competenze o poteri di annullamento o di autotutela aventi ad oggetto la trascrizione di matrimoni, ma solo la possibilità di disporre l’annotazione di rettificazioni ope-rate dall’Autorità giudiziaria.9.6. Non si rinvengono altre previsioni contenute nel citato articolo 69 che dispongano l’annotazione di qualche diverso provvedimento del genere di quello prefettizio qui impugnato, ovvero formule di cui al DM 5 aprile 2002 che si riferiscano ad atti adottati dall’Autorità amministrativa.Quindi, una trascrizione nel Registro degli atti di matrimonio può essere espunta e/o rettificata solo in forza di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria e non anche adottando un provvedimento amministrativo da parte dell’Amministrazione centrale, neanche esercitando il potere di sovraordinazione che, effettivamente, il Ministro dell’Interno vanta sul Sindaco in tema di stato civile.9.7. Dal tenore dell’insieme delle disposizioni menzionate si ricava con certezza che il sistema dello stato civile prevede puntuali possibilità d’intervento sui registri dello stato civile, tra cui non è compresa quella posta in essere dal Prefetto di Udine.In sostanza, dalle norme richiamate si evince che un intervento, quale quello posto in essere nel caso di specie, compete solo all’Autorità giudiziaria ordinaria.10.0. La soluzione della principale questione giuridica non muta ove si ponga attenzione alla posizione del Sindaco quale ufficiale di governo.Invero, per quanto riguarda le trascrizioni dei matrimoni formati all’estero, il sindaco agisce quale ufficiale di stato civile, su delega del governo e sulla base dell’articolo 14 del Testo unico sugli enti locali - D.Lgs. n. 267 del 2000; invero l’articolo 54 del medesimo testo unico elenca tra le attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale la tenuta dei registri di Stato civile.In queste attribuzioni il sindaco è tenuto a sottostare alla vigilanza del ministro dell’interno e quindi all’orga-no periferico di tale ministero, id est la prefettura, che pertanto esercitano un potere di sovraordinazione nei suoi confronti (si veda sul punto Corte d’Appello di Firenze sez. I CIV del 19 settembre 2014).10.1. L’inserimento peraltro del sindaco quale ufficiale di governo nell’ambito di una struttura gerarchica, se implica il suo dovere di sottostare alle indicazioni del ministro (ivi comprese quelle contenute in circolari che non siano palesemente contra legem), non attribuisce a quest’ultimo alcun potere di sostituzione del sindaco qualora questi ponga in essere un atto illegittimo.L’art. 9 del D.P.R. n. 396 del 2000, infatti, conferisce al Ministro dell’Interno il potere di “indirizzo” ed al pre-fetto il potere di “vigilanza” sugli uffici di stato civile. Tale potere trova specificazione nel medesimo decreto presidenziale ove si indicano quali sono gli atti dei quali si deve dare comunicazione al prefetto prevedendo, all’articolo 104, le verificazioni che egli deve compiere presso gli uffici di stato civile che, ex articolo 105, si concludono con la redazione di un verbale e non con la modifica delle risultanze dei registri di stato civile o con l’adozione di provvedimenti destinati a tal fine.In sostanza, anche esaminata sotto questo profilo, la normativa di riferimento non prevede un potere di annullamento o d’intervento diretto dell’Amministrazione dell’interno sugli atti dello stato civile.10.2. Né un potere del genere può evincersi dall’art. 54, commi 3 ed 11, del TUEL, posto che tali disposizioni prevedono il potere del Prefetto di sostituirsi al Sindaco in caso d’inerzia di quest’ultimo nel sovrintendere agli uffici di stato civile.Al riguardo, va rilevato, da una parte, che il potere sostitutivo può essere esercitato solo “nel caso di inerzia del Sindaco” (e non, come nel caso di specie, nell’ipotesi in cui il Sindaco abbia esercitato - ancorché ille-gittimamente - le funzioni) e, dall’altro, che il Prefetto sostituendosi al Sindaco (come detto, solo in caso di inerzia) non potrebbe esercitare poteri maggiori di quelli vantati da questo ultimo, il quale non può annullare le trascrizioni, sicché atti del genere non può assumerli neanche il Prefetto.Tale facoltà risulta inibita, dovendo il Sindaco (e, quindi, anche l’Amministrazione centrale) ricorrere al giudi-ce in casi del genere, fatta salva l’ipotesi della rettifica di meri errori materiali ex art. 98, del ripetuto D.P.R. n. 396 del 2000. Solo questo (e non altri) costituisce oggetto di un potere d’intervento successivo permesso all’Ufficiale dello stato civile.10.3. Ciò conferma che spetta solo all’Autorità giudiziaria ordinaria disporre la cancellazione di un atto in-debitamente registrato nel Registro degli atti di matrimonio, posto che le registrazioni dello stato civile non possono subire variazioni se non nei limitati casi descritti e normativamente previsti in modo espresso. L’uf-ficiale di stato civile ha solo il potere di aggiornare i registri e di correggere gli errori materiali, laddove ogni rettificazione o cancellazione è attribuita alla competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria.Fra le annotazioni possibili nel registro dei matrimoni non è previsto alcun atto di annullamento o di autotu-tela ma, solo, l’annotazione della rettificazione giudiziaria.10.4. Del resto, se fosse configurabile un potere di sovraordinazione del Prefetto rispetto al Sindaco (quale quello descritto dall’Amministrazione resistente), esercitabile attraverso un potere di annullamento da parte dell’autorità amministrativa centrale (omettendo di applicare il citato articolo 95 del D.P.R. n. 396 del 2000),

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tale potere non sarebbe configurabile solo in capo al Ministero dell’Interno ma anche in capo all’Ufficiale di stato civile. Il Sindaco non vanterebbe solo il potere di aggiornamento ex art. 5 e correzione di errori mate-riali ex art. 98, ma un vero e proprio potere di revisione degli atti di stato civile.Tuttavia, l’esistenza di tale potere e la possibilità di adottare i relativi provvedimenti conseguenti dovrebbe trovare espressione e previsione nella disciplina dello stato civile ed, invece, non si fa menzione di tutto ciò né all’art. 69 del D.P.R. n. 396 del 2000, che disciplina le annotazioni, né nel D.M. 5 aprile 2002, che contiene le formule tassative delle annotazioni stesse.Inoltre, se tale potere esistesse non ci sarebbe bisogno di prevedere espressamente ed in maniera puntuale, all’art. 98, il potere per l’Ufficiale di stato civile di procedere alle correzioni di errore materiale.10.5. Infine, se il Titolo XI del D.P.R. n. 396 del 2000 non fosse destinato a disciplinare anche le iniziative dell’autorità amministrativa, ma solo quelle dei terzi, non si spiegherebbe perché nel medesimo titolo sono disciplinate le ipotesi di “rettificazione” e “cancellazione” all’art. 95 e le ipotesi di “correzione di errore ma-teriale” all’art. 98, rimettendosi le prime alla decisione dell’autorità giudiziaria e solo le seconde all’autorità amministrativa.11.0. Tali conclusioni non mutano neanche prendendo in considerazione ed applicando la disciplina generale sul procedimento amministrativo contenuta nella L. n. 241 del 1990, la quale, all’articolo 21-nonies stabili-sce che “Il provvedimento amministrativo illegittimo ... può essere annullato d’ufficio, ..., dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.”.In sostanza, in base al principio della riserva di legge dettato in materia (cfr. art. 97. co. 3, Cost.), affinché un organo amministrativo possa annullare d’ufficio un provvedimento adottato da un altro organo, occorre una espressa previsione di legge.Nel caso di specie, come detto, manca una norma di rango primario che, espressamente, conferisca all’Am-ministrazione centrale il potere di adottare, in casi del genere, un atto di annullamento d’ufficio.11.1. Da quanto fin qui enunciato sulla disciplina speciale prevista per gli atti di stato civile, emerge come agli stessi non possa trovare applicazione la disciplina generale di cui alla L. n. 241 del 1990, in particolare quella relativa all’annullamento in autotutela degli atti illegittimi, in quanto l’eliminazione degli atti di stato civile illegittimi può avvenire solo con la particolare procedura sopra indicata che prevede l’intervento del giudice ordinario.In altri termini, l’ordinamento prevede per questi particolari atti la possibilità e il dovere di ricondurre gli atti illegittimi al dettato della legge, ma ciò non può avvenire ad opera del medesimo soggetto che ha formato l’atto ovvero di un suo superiore gerarchico, ma deve avvenire con l’intervento del giudice ordinario.11.2. Se risulta quindi corretta l’affermazione dell’amministrazione che la trascrizione di un matrimoniodi una coppia omosessuale avvenuto all’estero si pone contro la legge, tuttavia per porre rimedio a tale illegit-timità non è consentito l’intervento della stessa autorità che ha posto in essere l’atto illegittimo né dell’au-torità gerarchicamente sovraordinata.11.3. Va infine aggiunto come il sistema non contempla lacune, in quanto il riportato articolo 95 del D.P.R. n. 396 del 2000 prevede la possibilità di intervento e modifica degli atti di stato civile non solo su impulso del privato ma anche espressamente - al secondo comma - su impulso del procuratore della Repubblica, soggetto preposto alla tutela del pubblico interesse, il quale pertanto quindi può e deve agire anche per la tutela della legalità violata e quindi per espungere un atto non conforme a legge.12.0. In conclusione, questo collegio ribadisce che la normativa speciale prevista per la tenuta dei registri di Stato civile prevede un unico mezzo per modificare e correggere un atto di stato civile illegittimo, il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria ex articolo 95 del D.P.R. n. 396 del 2000.Non può quindi applicarsi la regola generale prevista dalla L. n. 241 del 1990 e nemmeno il principio gerar-chico secondo cui il superiore può avocare a sé ovvero sostituirsi all’inferiore nel compimento di un deter-minato atto.12.1. In sostanza, la normativa speciale in materia di trascrizione di matrimoni contratti all’estero risulta esaustiva e compiuta al suo interno, per cui non vi è alcuna necessità né di ricorrere alle norme generali sul provvedimento amministrativo né ad alcun tipo di applicazione analogica o estensiva.12.2. In questo quadro, la circolare del ministro dell’interno del 7 ottobre 2014 risulta legittima nella parte in cui ribadisce la non trascrivibilità dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, in quanto non prevista dall’ordinamento italiano (si vedano sul punto le sentenze del TAR per il Lazio, Roma, sezione Prima Ter, n. 3912 e n. 5924 del 2015).12.3. La stessa circolare risulta invece illegittima nella parte in cui prevede un intervento sostitutivo diretto del prefetto sui registri di Stato civile, in quanto tale intervento è escluso dalla specifica normativa sopra indicata; detta circolare peraltro risulta già annullata in parte qua dalla sentenza del TAR per il Lazio - Roma n. 3912 del 2015.12.4. In altri termini, nel caso in esame, non era nel potere del ministro e quindi nemmeno del prefetto inter-venire in annullamento di un atto illegittimo di stato civile posto in essere dal sindaco quale ufficiale di gover-no, proprio perché l’ordinamento speciale prevede un’altra modalità d’intervento per espungere detto atto.12.5. Su tale specifica questione, l’avvocatura dello Stato a pagina 10 della sua memoria depositata il 1 aprile

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2015, afferma che le norme del D.P.R. n. 396 del 2000 nonché l’articolo 453 del codice civile si riferiscono agli atti di stato civile adottati in una situazione di “normalità e regolarità”, ma non qualora il sindaco si discosti dalle indicazioni governative ponendo in essere un “atto di disobbedienza civile”, in sostanza un atto “abnorme”.Tale eccezionale situazione consentirebbe - sempre ad avviso della resistente amministrazione - un interven-to straordinario da parte del prefetto nell’esercizio dei poteri di vigilanza; tale intervento peraltro risultereb-be conforme alla circolare emanata dal ministro.12.6. Il suggestivo ragionamento della resistente amministrazione non può essere condiviso.Infatti, al di là della colorita qualificazione dell’atto di trascrizione emanato dal sindaco quale ufficiale di go-verno, si tratta semplicemente di un atto contrario alla legge. Orbene, per rimuovere tale atto l’ordinamento ha previsto una speciale procedura, particolarmente garantista in quanto adottata dall’autorità giudiziaria ordinaria ai sensi dell’articolo 95 del citato D.P.R. n. 396 del 2000 con l’intervento del pubblico ministero.In questo quadro, non solo non era necessario ma nemmeno consentito dalla norma ricorrere a una proce-dura straordinaria, in quanto la rimozione dell’atto illegittimo si può ottenere attivando, da parte del ministro ovvero del prefetto, l’intervento del tribunale e del Procuratore della Repubblica.12.7. Le apprezzabili esigenze di certezza del diritto e di uniformità nella tenuta dei registri dello stato civile sull’intero territorio nazionale, cui fa riferimento la difesa erariale e ribadite nella discussione in pubblica udienza, si possono ottenere da un lato ove gli ufficiali di stato civile, sindaci inclusi, si attengano rigoro-samente alla legge e d’altro lato - ove ciò non avvenga - tramite il tempestivo e doveroso intervento dei tribunali civili attivati dalla Procura della Repubblica, eventualmente su sollecitazione dei Prefetti.12.8. Per completezza si osserva che quanto sopra evidenziato induce a disattendere e a considerare supe-rata la censura sub. 4 in ricorso, avente ad oggetto l’asserita violazione delle norme procedimentali di cui agli artt. 7 e 8 della L. n. 241 del 1990.13.0. In uno Stato di diritto, se è doveroso rimuovere gli atti pubblici illegittimi, bisogna utilizzare esclusiva-mente le procedure previste, che nel caso risultano compiutamente disciplinate in ogni aspetto, ivi compresa la tutela del pubblico interesse.In sostanza, lo strumento adottato nel caso in esame, cioè l’intervento sostitutivo prefettizio, non appare legittimo.13.1. Spetta invero al Procuratore della Repubblica o di sua iniziativa ovvero su segnalazione del ministro o del prefetto, attivare il Tribunale a intervenire a norma di legge per rimuovere un atto di trascrizione palese-mente illegittimo, cioè, come recita il citato art. 95, per disporre “la cancellazione di un atto indebitamente registrato”.14.0. L’illegittimità dell’atto prefettizio gravato comporta il suo annullamento in questa sede.Non si può invece accogliere la richiesta di accertamento della nullità formulata in ricorso.Invero, in riferimento agli atti amministrativi, l’essenza del vizio della nullità risiede nell’inconfigurabilità della fattispecie concreta rispetto a quella astratta, accertabile con pronuncia giudiziale meramente dichiara-tiva. Consistendo la nullità in una patologia di maggiore gravità rispetto a quella che dà luogo ad un vizio di legittimità annullabile, essa richiede una sua agevole conoscibilità in concreto, attraverso un mero riscontro estrinseco del deficit dell’atto rispetto al suo paradigma legale. Tale agevole conoscibilità non si riscontra nel caso in esame, come dimostra altresì lo svolgimento della presente controversia.14.1. Inoltre, la nullità del provvedimento amministrativo per difetto assoluto di attribuzione, prevista dall’art. 21-septies, L. 7 agosto 1990, n. 241, va circoscritta ai soli casi d’incompetenza assoluta o di c.d. ca-renza di potere in astratto, ossia al caso in cui manchi del tutto una norma che attribuisca all’Amministrazio-ne il potere in fatto esercitato (C d S, sez. IV, 13 gennaio 2015 n 52; C d S, sez, V, 27 maggio 2014 n 2713).14.2. Nel caso in esame, a fronte di un atto prefettizio assunto su disposizione del Ministro dell’interno e re-cante l’annullamento di un atto del Sindaco quale ufficiale di Governo, organo gerarchicamente sottoordinato rispetto al Ministro stesso, non si può affermare che ci si trova in presenza di un’eclatante incompetenza assoluta, e quindi di un atto nullo, ma di un atto illegittimo e quindi annullabile.14.3. A tale proposito, non va dimenticato, ai fini di valutare la possibilità di dichiarare la nullità invece che l’annullamento, che l’art. 9 del D.P.R. n. 396 del 2000, conferisce al Ministro dell’Interno il potere di “indiriz-zo” ed al prefetto il potere di “vigilanza” sugli uffici di stato civile. Inoltre l’art. 54, commi 3 ed 11, del TUEL, prevede il potere del Prefetto di sostituirsi al Sindaco in caso d’inerzia di quest’ultimo nel sovrintendere agli uffici di stato civile.14.4. In sostanza, la normativa esistente, anche se come sopra evidenziato applicata non correttamente da parte del Ministro dell’interno e del Prefetto, è tale da configurare un uso errato del potere e non già un’as-senza di tale potere.Sulla stessa linea, sia pure implicitamente, anche il Tar Lazio - Roma Sezione Prima Ter nella citata sentenza n. 3912 del 2015.15.0. Per completezza si osserva come, nella richiesta di archiviazione n. 8614/14 datata 25 novembre 2014, emessa a seguito di una denuncia riguardante la medesima vicenda oggi in discussione, e depositata in causa dalla parte ricorrente il 10 aprile 2015, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Udine, a pagina quattro, ultimo paragrafo, afferma di sentire “il dovere di esaminare, proprio ai sensi dell’art. 75

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ord. Giudiziario e dell’art 95 comma 2 sopra citato, l’intera materia, per cui l’intero incarto merita adesso di trovare adeguata e più consona delibazione in sede di cd “volontaria giurisdizione”.”.15.1. In tale condivisibile ottica giuridica, questo Tribunale amministrativo considera suo dovere disporre l’invio degli atti della presente controversia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Udine competente, per-ché valuti l’eventuale esercizio dei suoi poteri abrogativi di un atto di trascrizione chiaramente contrario a legge.16.0. A questo punto, va ad avviso di questo collegio sottolineato un elemento cardine nella presente causa: nel quadro costituzionale della divisione dei poteri, spetta unicamente al Parlamento sovrano decidere con legge il riconoscimento nel nostro ordinamento dei matrimoni tra persone dello stesso sesso nonché il livello di tale riconoscimento.16.1. Non spetta invece né al sindaco, né all’autorità giudiziaria ordinaria o amministrativa e - allo stato - nemmeno alla Corte costituzionale, alla Corte di giustizia Europea o alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, procedere in via surrettizia o suppletiva a tale riconoscimento, perché ciò costituirebbe un evidente vulnus al sistema democratico nel suo insieme.17.0. Riassumendo i passaggi giuridici salienti della presente controversia, questo collegio evidenzia che in discussione è direttamente la legittimità di un atto amministrativo prefettizio che ha rimosso una trascrizione di un matrimonio contratto all’estero; solo indirettamente viene in esame la legittimità di tale trascrizione, conosciuta da questo tribunale in via incidentale.17.1. La trascrizione di un matrimonio contratto all’estero tra due persone dello stesso sesso non è consen-tita allo stato dalla legislazione italiana, come indicato chiaramente dalla Corte costituzionale nella pronuncia n 138 del 2010.17.2. La trascrizione effettuata dal sindaco di Udine quale ufficiale di governo risulta quindi illegittima perché esulante dai suoi poteri e doveri, contraria alla legge e contrastante con le direttive del suo superiore gerar-chico, il Ministro dell’Interno, e in ultima analisi poco rispettosa - ancorché inconsapevolmente - del riparto tra i poteri dello Stato definito dalla Costituzione repubblicana.17.3. La doverosa rimozione peraltro di tale illegittima trascrizione non può avvenire con l’intervento del Prefetto, che non ha alcun potere a riguardo, ma solamente ad opera dell’autorità giudiziaria ordinaria ex articolo 95 del D.P.R. n. 396 del 2000, in sede di volontaria giurisdizione, con l’intervento del pubblico mini-stero, cui spetta la tutela dell’interesse pubblico al rispetto della legalità in materia di stato civile.17.4. Spetta invece al Ministro dell’interno e al Prefetto il potere - dovere di sollecitare l’intervento della competente Procura della Repubblica.17.5. Il provvedimento prefettizio in questa sede impugnato va quindi annullato in quanto adottato al di fuori dei poteri previsti dalla legge, fermo restando che la trascrizione di un matrimonio contratto all’estero da due soggetti del medesimo sesso non è conforme al nostro attuale ordinamento e quindi che essa deve essere rimossa con l’intervento del giudice ordinario.17.6. Per quanto fin qui evidenziato, il ricorso merita accoglimento nei limiti su indicati, con conseguente annullamento dell’atto prefettizio del 27 ottobre 2014 con cui è stato decretato l’annullamento della trascri-zione del matrimonio della ricorrente nonché degli atti connessi e collegati citati in premessa.17.7. In particolare, vanno annullati gli atti conseguenti e collegati a detto atto prefettizio, cioè l’atto di de-lega del prefetto del 29 ottobre 2014 e il processo verbale del 29 ottobre 2014, mentre gli atti precedenti, la nota prefettizia del 9 ottobre 2014 e la direttiva ministeriale del 7 ottobre 2014, vanno annullati nelle sole parti in cui prevedono un intervento prefettizio sostitutivo di annullamento.17.8. Considerati la peculiarità, la novità e l’eccezionalità delle questioni trattate, l’accoglimento solo parzia-le del ricorso nella parte in cui si chiede l’annullamento e non per l’accertamento della nullità, e considerata altresì l’inammissibilità dell’intervento comunale ad adiuvandum, le spese di giudizio si possono compensare tra tutte le parti in causa.

P.Q.M.Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione e per l’effetto:annulla in toto:- il decreto del Prefetto della Provincia di Udine dd. 27 ottobre 2014, prot. n. (...);- l’atto di delega del Prefetto di Udine prot. (...) dd. 29 ottobre 2014;- il processo verbale del vice Prefetto aggiunto del 29 ottobre 2014;annulla in parte, come da motivazione:- la nota prefettizia n. (...) dd. 9 ottobre 2014;- la nota - circolare prot. n. (...) dd. 7 ottobre 2014 del Ministero dell’Interno.Estromette dal giudizio il Comune di Udine.

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VT.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, 11 marzo 2015, n. 4028

(omissis)

Svolgimento del processo - Motivi della decisioneCon il presente ricorso il C. ed i ricorrenti indicati in epigrafe hanno impugnato la circolare ministeriale n. 40/ba.030/011/DAIT del 7 ottobre 2014, con la quale sono state impartite direttive alle Prefetture italiane affinchè rivolgano a loro volta ai sindaci formale invito a non trascrivere più, nei registri dello stato civile, gli atti dei matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso, nonché a ritirare e cancellare le trascrizioni già eseguite, con avvertimento che “in caso di inerzia, si procederà al successivo annullamento d’ufficio degli atti illegittimamente adottati, ai sensi del combinato disposto degli articoli 21 nonies della L. n. 241 del 1990 e 54, commi 3 e 11 del D.Lgs. n. 267 del 2001.Hanno impugnato anche i provvedimenti dei Prefetti di Roma, Milano, Pesaro-Urbino e Udine di formale in-vito ai Sindaci, a provvedere alla cancellazione, ove effettuate, delle trascrizioni nei registri dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, in puntuale esecuzione della circolare ministeriale impugnata, nonché i provvedimenti del Prefetto di Roma del 31 ottobre 2014 e del Prefetto di Udine del 27 ottobre 2014 di annullamento di ufficio delle trascrizioni nei registri dello stato civile dei matrimoni contratti all’estero tra due persone dello stesso sesso.Si sono costituiti in giudizio sia il Comune di Napoli che Roma Capitale.Nel costituirsi in giudizio, l’Amministrazione resistente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva e per carenza di interesse ad agire.Con riferimento al C., ha rilevato che il suo statuto fa riferimento a finalità del tutto inconferenti rispetto all’oggetto del presente giudizio, in quanto il riferimento contenuto nello statuto alla “tutela della dignità della persona umana” è strettamente collegato al rispetto dell’equilibrio tra uso delle risorse ambientali e sviluppo della società al fine di garantire il diritto alla salute. Ha quindi precisato che tra le finalità del C. non è ricompresa la tutela di diritti civili diversi dal diritto al rispetto dell’ambiente e della salute. Dai prov-vedimenti impugnati non deriverebbe alcuna lesione agli interessi della categoria dei consumatori di cui l’associazione costituisce ente esponenziale.Con riferimento ai ricorrenti persone fisiche, non sarebbe allegato il titolo che li legittimerebbe al ricorso avverso la circolare ed i provvedimenti prefettizi, in quanto nessuno di loro rientra nell’elenco delle perso-ne la cui trascrizione del matrimonio è stata annullata. Con riferimento ai soli due ricorrenti -OMISSIS- e -OMISSIS- viene allegato che avrebbero contratto matrimonio all’estero, ma non viene documentato che la trascrizione del loro matrimonio sia stata annullata, che il loro matrimonio sia stato trascritto, o che essi abbiano richiesto la trascrizione del loro matrimonio.L’eccezione è solo parzialmente fondata.Come ricordato in precedenza, il presente ricorso investe sia la circolare ministeriale che impartisce direttive alle Prefetture italiane in merito alla problematica relativa alla trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni celebrati all’estero da persone appartenenti allo stesso sesso, sia gli atti applicativi della circolare stessa, ed in particolare i provvedimenti prefettizi di annullamento delle trascrizioni eseguiti dai sindaci del Comune di Roma e di Udine.Nei confronti di questi ultimi atti, ritiene il Collegio che non sia stata fornita la prova della legittimazione al ricorso e dell’interesse ad agire, in quanto si tratta di atti che incidono su specifiche posizioni giuridiche, con la conseguenza che sono legittimati alla loro impugnativa i soli soggetti direttamente lesi dai provvedimenti prefettizi, e cioè i soggetti che hanno trascritto gli atti (nella fattispecie il Sindaco di Roma e quello di Udi-ne nella qualità di ufficiale dello stato civile) ed i destinatari delle trascrizioni: ne consegue che non sono legittimati al ricorso, né sono titolari del relativo interesse, né il C. che agisce a tutela di interessi collettivi, risolvendosi altrimenti l’azione in una non consentita sostituzione processuale, né i ricorrenti persone fisiche che non rientrano nell’elenco dei soggetti ai quali è stata annullata la trascrizione dell’atto di matrimonio.Del resto, nella memoria costoro fondano la loro legittimazione ed interesse al ricorso sostenendo che sa-rebbe “pregiudicato il loro diritto a vedere trascritto nei registri dello stato civile l’atto di matrimonio even-tualmente contratto all’estero con persone dello stesso sesso” facendo riferimento alla circolare ministeriale e non certamente agli specifici atti di annullamento delle trascrizioni di matrimoni relative a soggetti terzi.Con riferimento alla circolare ministeriale, il Collegio ritiene invece infondata l’eccezione dell’Avvocatura erariale.Nei confronti di questo atto, infatti, i ricorrenti persone fisiche sono titolari sia della legittimazione che dell’interesse al ricorso in quanto la circolare ministeriale, dettando direttive comuni su tutto il territorio nazionale per la trascrizione dei matrimoni omosessuali, si presenta come immediatamente lesiva degli in-teressi non soltanto di chi ha chiesto la trascrizione dell’atto di matrimonio celebrato all’estero e gli è stata negata, ma anche di chi è interessato a richiederla, e trova nella circolare stessa un limite invalicabile, del quale il successivo rifiuto da parte dell’ufficiale dello stato civile si appalesa come atto meramente conse-quenziale, applicativo delle disposizioni recate dalla circolare stessa.

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È dunque sufficiente a fondare la legittimazione al ricorso la precedente celebrazione del matrimonio all’e-stero, che costituisce il presupposto in base al quale poter richiedere la trascrizione del matrimonio, circo-stanza che risulta provata per i ricorrenti -OMISSIS-e -OMISSIS-, che a dimostrazione della loro posizione differenziata hanno prodotto in giudizio il certificato di matrimonio.Resta da esaminare la questione della legittimazione e dell’interesse al ricorso nei confronti della circolare ministeriale con riferimento al C..Ritiene il Collegio che l’eccezione sia infondata.Correttamente il C. ha rilevato nella propria memoria che la controversia riguarda la gestione da parte della Pubblica Amministrazione dei registri dello stato civile, in relazione alla quale il cittadino si pone nella veste di utente, al quale debbono essere garantiti i servizi pubblici comprendenti l’iscrizione o la trascrizione, il rilascio di copia, di certificati e così via.La circolare impugnata, dettando direttive in ordine alla tenuta dei registri dello stato civile, con particolare riferimento alla trascrizione dei matrimoni omosessuali, è idonea ad incidere sulla fruizione da parte dei cittadini del relativo servizio.Ebbene il C. è legittimato - per statuto - ad agire in giudizio in difesa a tutela del diritto dei cittadini alla cor-retta gestione da parte della P.A. del suddetto servizio pubblico, in quanto ente esponenziale dei diritti degli utenti dei servizi pubblici, tra i quali rientra anche quello relativo alla corretta amministrazione dei registri relativi allo stato civile.L’eccezione deve essere quindi respintaPassando all’esame del merito della controversia, il Collegio ritiene opportuno, anzitutto, prendere in consi-derazione il quadro normativo e giurisprudenziale relativo alla celebrazione ed alla trascrizione dei matrimoni celebrati in Italia e all’estero.L’art. 27, comma 1, della L. n. 218 del 1995 (recante la riforma del diritto internazionale privato), stabilisce che “la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazio-nale di ciascun nubendo al momento del matrimonio”.Tale disposizione va letta in combinato disposto con l’art. 115 del codice civile, secondo cui “il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite”.Da tali disposizioni deriva che - a prescindere della validità formale del matrimonio celebrato applicando una legge straniera -, all’ufficiale di stato civile italiano spetta, ai fini della trascrizione, il potere/dovere di verifi-care la sussistenza dei requisiti sostanziali necessari (avuto riguardo alla normativa nazionale) per celebrare un matrimonio che possa avere effetti giuridicamente rilevanti.Sotto questo profilo, ai sensi del codice civile, la diversità di sesso dei nubendi costituisce un requisito so-stanziale necessario affinché il matrimonio produca effetti giuridici nell’ordinamento interno, posto che, allo stato, l’istituto del matrimonio si fonda sulla diversità di sesso dei coniugi, come si evince dall’art. 107 c.c., il quale stabilisce che l’ufficiale dello stato civile “riceve da ciascuna delle parti personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio”.In linea con tale assunto si pongono gli articoli 108, 143 e 143 bis del codice civile, e l’art. 64, comma 1, lett. e) del D.P.R. n. 396 del 2000.La normativa nazionale che non consente la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e la sua trascrizione nei registri dello stato civile, è stata ritenuta costituzionalmente legittima.Con sentenza n. 138 del 2010 la Corte Costituzionale ha, infatti, affermato che l’art. 29 Cost. si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso e questo signifi-cato del precetto costituzionale non può essere superato con un’interpretazione creativa né, peraltro, con specifico riferimento all’art. 3, comma 1, Cost., le unioni omosessuali possono essere ritenute tout court omogenee al matrimonio.Con sentenza n. 170 dell’11 giugno 2014, la Consulta è intervenuta sulla normativa che prevede l’automa-tica cessazione degli effetti civili del matrimonio in caso di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei due coniugi, affermando che “la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente (cui conferisce tutela l’art. 29 Cost.) è quella stessa definita dal codice civile del 1942 che stabiliva e tuttora stabilisce che i co-niugi dovessero essere persone di sesso diverso (sentenza n. 138 del 2010”, (punto 5.2. del Considerato in diritto), e segnalando il requisito dell’eterosessualità del matrimonio (punto 5.1. del Considerato in diritto).La Consulta ha stabilito che tra le formazioni sociali di cui all’art. 2 Cost., in grado di favorire il pieno sviluppo della persona umana nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico, rien-tra anche l’unione omosessuale ma, ha evidenziato che spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità politica, individuare con atto di rango legislativo le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, scegliendo, in particolare, se equiparare tout court il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, ovvero introdurre forme diverse di riconoscimento giuridico della stabile convivenza della coppia omosessuale.

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In tale contesto, la Corte costituzionale ha ritenuto di poter intervenire solo per tutelare specifiche situazioni, come avvenuto con le sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988, in materia di locazioni e di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale per le convivenze more uxorio.In sostanza, allo stato dell’attuale normativa nazionale italiana, il matrimonio celebrato all’estero tra persone dello stesso sesso risulta privo dei requisiti sostanziali necessari per procedere alla sua trascrizione, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 396 del 2000, come confermato dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che “l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro inesistenza e neppure dalla invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano” (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 4184 del 2012, la quale ha ad oggetto una vicenda analoga a quella oggetto del presente giudizio, relativa ad una richiesta di trascrizione di un matrimonio contratto all’estero da due cittadini italiani dello stesso sesso, rifiutata dall’ufficiale di stato civile del Comune di Latina. Sul punto, cfr. anche Corte di Cassazione, sentenze n. 1808 del 1976, n. 1304 del 1990, n. 1739 del 1999, n. 7877 del 2000).A tale riguardo, come correttamente rilevato dall’Amministrazione resistente, non assume particolare rilievo, in senso contrario, l’art. 65 della L. n. 218 del 1995, considerato che l’atto di matrimonio celebrato all’estero, sebbene soggetto a determinate forme solenni che prevedono la ricezione della volontà dei nubendi da parte dei soggetti investiti di un pubblico ufficio, non risulta assimilabile ad un provvedimento proveniente dall’au-torità amministrativa o giurisdizionale, costituendo un atto negoziale che non incide sull’individuazione della normativa che disciplina gli effetti del matrimonio nell’ordinamento interno (cfr. la richiamata sentenza della Corte di Cassazione n. 4184 del 2012, che va condivisa a prescindere dall’isolato precedente contrario del Tribunale di Grosseto del 3-9 aprile 2014, annullato in sede di reclamo della Corte d’appello di Firenze con decreto del 19 settembre 2014).La disciplina nazionale non risulta in aperto contrasto con la normativa Europea, se si considera quanto stabilito dagli articoli 12 della CEDU e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (cd. “Carta di Nizza”).L’articolo 12 della CEDU, infatti, stabilisce che “uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto”, e, quindi, fa riferimento alla nozione tradizionale di matrimonio fondato sulla diversità di sesso dei nubendi, rinviando alla legislazio-ne dei singoli Stati per la disciplina delle condizioni che regolano l’esercizio del diritto.L’articolo 9 della Carta di Nizza, invece, prevede che “il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”, omettendo il riferimento alla diver-sità di sesso dei nubendi e lasciando, così, al legislatore nazionale la possibilità di riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso.In tale contesto normativo Europeo, la Corte Europea dei diritti dell’uomo, con pronuncia del 24 giugno 2010 (Prima Sezione, caso S. e K. contro A.: in un caso analogo a quello oggetto del presente giudizio), ha affermato che il rifiuto dell’ufficiale di stato civile di adempiere le formalità richieste per la celebrazione di un matrimonio tra persone dello stesso sesso non contrasta con la CEDU, osservando che il matrimonio ha con-notazioni sociali e culturali radicate che possono differire molto da una società all’altra sicché, va rimessa ai legislatori nazionali di ciascuno Stato aderente la decisione di permettere o meno il matrimonio omosessuale e la conseguente decisione in merito alla trascrivibilità o meno dello stesso (cfr. Corte di giustizia UE nella sentenza 31.5.2001, cause riunite C-122/99 P e C-125/99 P, circa la nozione di matrimonio come “unione di due persone di sesso diverso”).Concludendo sul punto, va detto che, allo stato dell’attuale normativa e fatto salvo un intervento legislativo al riguardo, che ponga la legislazione del nostro Paese in linea con quella di altri Stati, Europei e non -, le coppie omosessuali non vantano in Italia né un diritto a contrarre matrimonio, né la pretesa alla trascrizione di unioni celebrate all’estero, anche se le unioni tra persone dello stesso sesso non possono essere conside-rate contrarie all’ordine pubblico (cfr. la richiamata sentenza della Corte di Cassazione n. 4184 del 2012).In tale contesto, la circolare del 7 ottobre 2014 del Ministro dell’Interno non risulta illegittima nella parte in cui si afferma l’intrascrivibilità dei matrimoni tra persone dello stesso sesso derivante “dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano”, in considerazione del difetto di un requisito sostanziale richiesto dalla normativa vigente in materia di stato e capacità delle persone (la diversità di sesso dei nubendi) che non può essere superato dalla mera circostanza dell’esistenza di una celebrazione valida secondo la lex loci ma priva dei requisiti sostanziali prescritti dalla legge italiana relativamente allo stato e alla capacità delle persone.Tuttavia, va esaminata la legittimità dell’ultima parte della medesima circolare, avente ad oggetto il potere di intervento diretto del Prefetto sui registri dello stato civile.Al riguardo, va rilevato che - come correttamente osservato dall’Amministrazione resistente -, l’attività di tenuta dei registri dello stato civile rientra nell’ambito delle competenze statali, svolte in via delegata, se-condo le previsioni dell’art. 1 comma 2 del D.P.R. n. 396 del 2000, dal sindaco quale ufficiale del Governo o da chi lo sostituisce a norma di legge, ai sensi dell’art. 54 del TUEL (attinente alle “attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale”) il cui comma 3 prevede che il sindaco sovrintende alla tenuta dei registri dello stato civile in qualità di ufficiale di Governo.

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A parere della parte resistente, in tale ambito rientra un potere di sovraordinazione dell’amministrazione dello Stato rispetto all’attività svolta dal sindaco, posto che in questa veste il sindaco non rappresenta la comunità locale ma attua la legge nazionale ed è, perciò, tenuto, ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. n. 396 del 2000, “... ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’Interno”.Da ciò, il Ministero dell’Interno desume una relazione gerarchica intercorrente con il potere esecutivo rispet-to ai servizi di competenza statale, posto che il citato articolo 9 del D.P.R. n. 396 del 2000 prevede anche che “la vigilanza sugli uffici dello stato civile spetta al Prefetto”.In sostanza, al Prefetto, quale organo territoriale del Governo (e, quindi, titolare della funzione di stato ci-vile in ambito provinciale) spetterebbe il potere di annullare atti non conformi al quadro normativo vigente, adottati dal sindaco (o da un suo delegato) nell’esercizio di una funzione statale.Il potere di annullamento d’ufficio in via gerarchica costituirebbe espressione del medesimo interesse pubbli-co alla regolare ed uniforme tenuta dei registri dello stato civile garantito con il riconoscimento del potere di indirizzo e di vigilanza sugli uffici dello stato civile (citato art. 9) e di intervento sostitutivo in caso di inerzia da parte degli ufficiali di stato civile (citato art. 54, comma 11).Sul punto, l’Amministrazione resistente ha osservato che anche la giurisprudenza ha affermato che nelle materie di competenza statale nelle quali il Sindaco agisce nella veste di ufficiale del Governo, spetta al Prefetto promuovere ogni misura idonea a garantire l’unità di indirizzo e di coordinamento, promuovendo le misure occorrenti e svolgendo, così, una fondamentale funzione di garante dell’unità dell’ordinamento in materia, anche esercitando “il potere di annullamento d’ufficio degli atti adottati dal sindaco quale ufficiale di governo, che risultano essere illegittimi o che comunque minano la menzionata unità di indirizzo” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 giugno 2008, n. 3076).Per completezza, va rilevato che la parte resistente ha anche negato la violazione dell’art. 95 del D.P.R. n. 396 del 2000 (“Delle procedure giudiziali di rettificazione relative agli atti dello stato civile e delle correzio-ni”), osservando che detta norma sarebbe applicabile al singolo che intenda ottenere la rettificazione di un atto dello stato civile che lo riguarda e non al Ministro dell’interno (e, per esso, al Prefetto) che, in quanto titolare della funzione di stato civile, si proponga di rimuovere gli effetti di atti illegittimamente posti in essere, in contrasto con una sua precisa direttiva, da parte del sindaco in veste di ufficiale del Governo, in spregio alla propria posizione di subordinazione rispetto ad esso.Quanto all’annotazione a margine dei registri dello stato civile del decreto prefettizio, è stato precisato che si tratta di una operazione materiale, conseguente al provvedimento di annullamento, resa necessaria dalla particolare natura della trascrizione e dalla necessità di rimuovere gli effetti di un atto illegittimamente posto in essere e non consentito dall’attuale ordinamento dello stato civile: quindi, tale adempimento non sarebbe in contrasto con l’art. 453 c.c., che riguarda le ipotesi di ulteriori annotazioni in calce a quelle correttamente eseguite e non (come nel caso di specie) una mera operazione esecutiva del decreto prefettizio, conseguen-te all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio di un atto illegittimamente trascritto, che si fonda sulla sovraordinazione del Prefetto rispetto all’Ufficiale di stato civile.Sempre sotto il profilo della disciplina del potere di annullamento d’ufficio, l’Amministrazione resistente ha affermato l’applicabilità dell’art. 21 nonies della L. n. 241 del 1990, in quanto la trascrizione nel registro dell’atto di matrimonio integra un provvedimento amministrativo e, quindi, è soggetto alla disciplina della L. n. 241 del 1990.Il Collegio ritiene che le censure di parte ricorrente aventi ad oggetto i poteri dell’Amministrazione centrale in materia di stato civile siano fondate e debbano essere accolte, nei limiti di seguito indicati.La disciplina dello stato civile prevede che “Nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non è ordinata dall’autorità giudiziaria” (art. 453 c.c.).Il D.P.R. n. 396 del 2000 (recante il Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127), prevede che “Gli atti dello stato civile sono redatti secondo le formule e le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno” (art. 12, comma 1); “L’ufficiale dello stato civile non può enunciare, negli atti di cui è richiesto, dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle che sono stabilite o permesse per ciascun atto” (art. 11, comma 3); “Le anno-tazioni disposte per legge od ordinate dall’autorità giudiziaria si eseguono per l’atto al quale si riferiscono, registrato negli archivi di cui all’articolo 10, direttamente e senza altra formalità dall’ufficiale dello stato civile di ufficio o su istanza di parte” (art. 102, comma 1); “Gli atti dello stato civile sono chiusi con la firma dell’ufficiale dello stato civile competente. Successivamente alla chiusura gli atti non possono subire varia-zioni” (art. 12, comma 6).Dal tenore dell’insieme di tali disposizioni si evince che il sistema dello stato civile prevede puntuali possi-bilità di intervento sui registri dello stato civile, tra cui non è compresa quella posta in essere dal Prefetto di Roma.In sostanza, dalle norme richiamate si evince che un intervento quale quello posto in essere nel caso di specie dall’Amministrazione centrale, compete solo all’Autorità giudiziaria.Conferme in tal senso si traggono anche dalle ulteriori norme di seguito indicate.L’art. 5, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 396 del 2000, prevede che “L’ufficiale dello stato civile, nel dare at-tuazione ai principi generali sul servizio dello stato civile di cui agli articoli da 449 a 453 del codice civile e nel

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rispetto della L. 31 dicembre 1996, n. 675, espleta i seguenti compiti: a) forma, archivia, conserva e aggiorna tutti gli atti concernenti lo stato civile” mentre, l’art. 98, del D.P.R. n. 396 del 2000, prevede che “L’ufficiale dello stato civile, d’ufficio o su istanza di chiunque ne abbia interesse, corregge gli errori materiali di scrit-tura in cui egli sia incorso nella redazione degli atti mediante annotazione dandone contestualmente avviso al prefetto, al procuratore della Repubblica del luogo dove è stato registrato l’atto nonché agli interessati.”.In sostanza, l’ufficiale di stato civile ha solo il potere di aggiornare i Registri e di correggere gli eventuali errori materiali.L’art. 95, comma 1, del D.P.R. n. 396 del 2000, stabilisce che “Chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l’ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l’atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l’adempimento”, mentre l’art. 109, del D.P.R. n. 396 del 2000, specifica che “I tribunali della Repubblica sono competenti a disporre le rettificazioni e le correzioni di cui ai precedenti articoli anche per gli atti dello stato civile ricevuti da autorità straniere, trascritti in Italia, ed a provvedere per la cancellazione di quelli indebitamente trascritti”.In definitiva, tali disposizioni non prevedono competenze o poteri di annullamento o di autotutela aventi ad oggetto la trascrizione di matrimoni, ma solo la possibilità di disporre l’annotazione di rettificazioni operate dall’Autorità giudiziaria (ex art. 69, comma 1, lett. i, del D.P.R. n. 396 del 2000), come si evince dal D.M. 5 aprile 2002, il quale nel prescrivere le formule tassative di annotazione (cfr. artt. 11, comma 3, e 102, com-ma 1, del D.P.R. n. 396 del 2000), all’Allegato A) formula n. 190, stabilisce quanto segue: “Annotazione di provvedimento di rettificazione (artt. 49, 69 e 81 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396). Con provvedimento del Tribunale di ... n. ... in data ... l’atto di cui sopra è stato cosi rettificato (inserire specificamente le retti-ficazioni così come sono state disposte) ...”. Non si rinvengono altre previsioni contenute nel citato articolo 69 che dispongano l’annotazione di qualche diverso provvedimento del genere, ovvero formule di cui al DM 5 aprile 2002 che si riferiscano ad atti del genere adottati dall’Autorità amministrativa.Quindi, una trascrizione nel Registro degli atti di matrimonio può essere espunta e/o rettificata solo in forza di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria e non anche adottando un provvedimento amministrativo da parte dell’Amministrazione centrale, neanche esercitando il potere di sovraordinazione che, effettivamente, il Ministro dell’Interno vanta sul Sindaco in tema di stato civile.L’art. 9 del D.P.R. n. 396 del 2000, infatti, conferisce al Ministro dell’Interno il potere di “indirizzo” ed al Pre-fetto il potere di “vigilanza” sugli Uffici. Tale potere trova specificazione nel medesimo decreto presidenziale ove si indicano quali sono gli atti dei quali si deve dare comunicazione al Prefetto prevedendo, all’articolo 104, le verificazioni che egli deve compiere presso gli uffici di stato civile che (ex articolo 105) si concludono con la redazione di un verbale e non con la modifica delle risultanze dei registri di stato civile o con l’adozione di provvedimenti destinati a tal fine.In sostanza, anche sotto questo profilo, la normativa di riferimento non prevede un potere di annullamento o di intervento diretto dell’Amministrazione centrale sugli atti dello stato civile.Né un potere del genere può evincersi dall’art. 54, commi 3 ed 11, del TUEL (richiamato nel decreto prefet-tizio), posto che tali disposizioni prevedono il potere del Prefetto di sostituirsi al Sindaco in caso di inerzia di quest’ultimo nel sovrintendere agli uffici di stato civile.Al riguardo, va rilevato, da una parte, che il potere sostitutivo può essere esercitato solo “nel caso di inerzia del Sindaco” (e non, come nel caso di specie, nell’ipotesi in cui il Sindaco abbia esercitato le funzioni) e, dall’altro, che il Prefetto sostituendosi al Sindaco (come detto, solo in caso di inerzia) non potrebbe eserci-tare poteri maggiori di quelli vantati da questo ultimo il quale non può annullare le trascrizioni sicché, atti del genere non può assumerli neanche il Prefetto. Tale facoltà risulta inibita dovendo il Sindaco (e, quindi, anche l’Amministrazione centrale) ricorrere al giudice in casi del genere, fatta salva l’ipotesi della rettifica di meri errori materiali (ex art. 98, del D.P.R. n. 396 del 2000). Solo questo (e non altri) costituisce oggetto di un potere di intervento successivo permesso all’Ufficiale dello stato civile.Questo conferma che spetta solo all’Autorità giudiziaria disporre la cancellazione di un atto indebitamente registrato nel Registro degli atti di matrimonio, posto che: le registrazioni dello stato civile non possono subire variazioni se non nei limitati casi descritti e normativamente previsti in modo espresso; l’ufficiale di stato civile ha solo il potere di aggiornare i registri e di correggere gli errori materiali; ogni rettificazione o cancellazione è attribuita alla competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria; fra le annotazioni possibili nel registro dei matrimoni non è previsto alcun atto di annullamento o di autotutela ma, solo l’annotazione della rettificazione giudiziaria.Come detto, una volta eseguita la trascrizione di un atto nel registro degli atti di matrimonio (ai sensi dell’art. 63 del Regolamento), la stessa possa subire modificazioni o cancellazioni solo forza di un provvedi-mento dell’autorità giudiziaria e non anche a causa dell’adozione di un provvedimento amministrativo.Del resto, se fosse configurabile un potere di sovraordinazione del Prefetto rispetto al Sindaco (quale quel-lo descritto dall’Amministrazione resistente), esercitabile attraverso un potere di annullamento da parte dell’autorità amministrativa centrale (omettendo di applicare il citato articolo 95 del D.P.R. n. 396 del 2000), tale potere non sarebbe configurabile solo in capo al Ministero dell’Interno ma anche in capo all’Ufficiale di

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stato civile. Il Sindaco non vanterebbe solo il potere di aggiornamento (ex art. 5 del Regolamento) e corre-zione di errori materiali (ex art. 98 del Regolamento) ma, un vero e proprio potere di revisione degli atti di stato civile.Tuttavia, l’esistenza di tale potere e la possibilità di adottare i relativi provvedimenti conseguenti dovrebbe trovare espressione e previsione nella disciplina dello stato civile ed, invece, non si fa menzione di tutto ciò né all’art. 69 del D.P.R. n. 396 del 2000, che disciplina le annotazioni, né nel D.M. 5 aprile 2002, che (come detto) contiene le formule tassative delle annotazioni stesse.Inoltre, se tale potere esistesse non ci sarebbe bisogno di prevedere espressamente ed in maniera puntuale, all’art. 98, il potere per l’Ufficiale di stato civile di procedere alle correzioni di errore materiale.Infine, se (come sostiene l’Amministrazione resistente) il Titolo XI del D.P.R. n. 396 del 2000 non fosse destinato a disciplinare anche le iniziative dell’autorità amministrativa, ma solo quelle dei terzi, non si spie-gherebbe perché nel medesimo titolo sono disciplinate le ipotesi di “rettificazione” e “cancellazione” all’art. 95 e le ipotesi di “correzione di errore materiale” all’art. 98, rimettendosi le prime alla decisione dell’autorità giudiziaria e solo le seconde all’autorità amministrativa.Tali conclusioni non mutano neanche prendendo in considerazione ed applicando la disciplina generale sul procedimento amministrativo contenuta nella L. n. 241 del 1990, la quale, all’articolo 21-nonies stabilisce che “Il provvedimento amministrativo illegittimo ... può essere annullato d’ufficio, ..., dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.”.In sostanza, in base al principio della riserva di legge dettato in materia (cfr. art. 97. co. 3, Cost.), affinché ad un organo amministrativo possa annullare d’ufficio un provvedimento adottato da un altro organo, occor-re una espressa previsione di legge.Nel caso di specie, come detto, manca una norma di rango primario che, espressamente, conferisca all’Am-ministrazione centrale il potere di adottare, in casi del genere, un atto di annullamento d’ufficio.E’ pertanto inconferente il precedente giurisprudenziale richiamato dalla difesa erariale (Cons. Stato, Sez. V, 19 giugno 2008, n. 3076) che si riferisce a tutt’altra vicenda attinente alla materia della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nella quale è rinvenibile nell’ordinamento la norma attributiva del potere in capo al Prefetto (cfr. artt. 2 T.U.L.P.S. e 13 c. 3 L. n. 121 del 1981).Per completezza, però, va rilevato che è condivisibile l’orientamento secondo il quale la trascrizione nel regi-stro dell’atto di matrimonio deve intendersi quale atto avente natura amministrativa, e non un mero “un atto pubblico formale” con effetto dichiarativo e di certificazione, sottratto alla disciplina pubblicistica.Come correttamente osservato dall’Amministrazione resistente, infatti, costituiscono atti amministrativi gli atti giuridici di diritto pubblico compiuti dai soggetti attivi della pubblica amministrazione nell’esercizio di una potestà amministrativa.Tra tali atti, che possono concretizzarsi in atti di accertamento consistenti nella constatazione obiettiva di fatti o situazioni, rientrano i certificati che integrano dichiarazioni di conoscenza di qualità personali di un soggetto o della titolarità di status, capacità o diritti o dell’esistenza di rapporti giuridici.I certificati sono rilasciati in base a constatazioni dirette della pubblica amministrazione o alle risultanze di atti in suo possesso e, ai fini che interessano in questa sede, il fatto che gli atti in questione abbiano natura certificativa non induce a negare che la trascrizione del matrimonio debba essere considerata un provvedi-mento amministrativo e non “un atto pubblico formale” con effetto meramente dichiarativo e di certificazio-ne, perché anche atti del genere vanno considerati atti amministrativi.Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso avverso la circolare ministeriale sia fondato nei soli limiti indicati in motivazione, mentre deve essere dichiarato inammissibile il ricorso av-verso gli atti applicativi della circolare, meglio indicati nell’epigrafe del ricorso.Sussistono gravi ed eccezionali motivi - legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate - per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,in parte lo accoglie, nei limiti indicati in motivazione, ed in parte lo dichiara inammissibile.

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VIT.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, 9 marzo 2015, n. 3900

(omissis)

Svolgimento del processo - Motivi della decisioneCon il ricorso introduttivo del giudizio, il Comune di Napoli ha rappresentato che il Sindaco, il 23 giugno 2014, ha adottato una direttiva avente ad oggetto “la trascrizione dei matrimoni contratti all’estero da per-sone dello stesso sesso”, con la quale ha stabilito che il servizio anagrafe del Comune di Napoli, e per esso i delegati alle funzioni di Ufficiale di Stato Civile, avrebbero dovuto provvedere a trascrivere nell’archivio di cui all’art.10 del D.P.R. n. 396 del 2000, su richiesta degli interessati, e previo scrutinio della documentazione prodotta ai sensi degli articoli 21 e 22 del medesimo decreto presidenziale, gli atti attestanti la celebrazione di matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso, residenti nel Comune di Napoli, una volta accertate le condizioni di cui all’art. 28 della L. n. 218 del 1995, quanto alla loro validità secondo la legge del luogo di celebrazione. Con la medesima direttiva è stato, altresì, stabilito che di tali atti, una volta trascritti, sarebbe stata rilasciata copia integrale, a richiesta degli interessati e non si sarebbe proceduto all’annota-zione dei matrimoni cosi trascritti negli atti di nascita degli interessati, ex art.49, comma 1, lett.f), del D.P.R. n. 396 del 2000.In base a tale direttiva, in date 14/7/2014 e 06/08/2014, sono stati trascritti nel registro di stato civile due matrimoni contratti all’estero da cittadini dello stesso sesso residenti in Italia.Il successivo 20/10/2014, il Prefetto di Napoli con nota n.(...), ha comunicato ai Sindaci della Provincia, me-diante integrale trascrizione, la circolare del Ministero dell’Interno n.40^/ba-030/011/DAIT del 7/10/2014 con la quale l’Amministrazione centrale ha affermato che le “direttive” emanate dai Sindaci non sono confor-mi al quadro normativo vigente, che l’ufficiale dello stato civile non può esimersi dal verificare la susssisten-za dei requisiti di carattere sostanziale in materia di stato e capacità delle persone affinché la celebrazione possa produrre effetti giuridicamente rilevanti e che di conseguenza, essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore nazionale l’individuazione di forme di garanzia e riconoscimento di tali unioni, i Prefetti, cui spetta ex art.9 D.P.R. n. 396 del 2000 la vigilanza sugli uffici dello stato civile, avrebbero dovuto rivolgere ai Sindaci (laddove fossero state adottate direttive in materia di trascrizione dei matrimoni succitati) formale invito al ritiro di tali disposizioni ed alla cancellazione delle eventuali trascrizioni effettuate, avvertendo che, in mancanza, si sarebbe proceduto all’annullamento d’ufficio degli atti illegittimamente adottati ex artt.21 nonies L. n. 241 del 1990 e 54, commi 3 e 11 D.Lgs. n. 267 del 2000.Il 27/10/2014 è giunta al Vice Sindaco, facente funzioni del Sindaco, quale ufficiale di stato civile, un’altra nota del Prefetto (n.(...)) con la quale, rinviando alla precedente nota citata, lo si invitava al ritiro della di-rettiva del 23/6/2014 e all’annullamento delle trascrizioni effettuate, avvertendo che, in caso di inerzia, si sarebbe proceduto all’annullamento d’ufficio.Da ultimo, in data 13/11/2014, è stato trasmesso il decreto prefettizio n.104397 datato 11/11/2014 con il quale, sulla base della circolare del Ministero dell’Interno del 7/10/2014 e delle note precedenti, vista l’i-nerzia del Comune, il Prefetto, in via sostitutiva, ha disposto l’annullamento della direttiva del 23/6/2014 e delle trascrizioni eseguite nel registro dello stato civile del Comune di Napoli di matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero; ordinando al contempo al Sindaco, nella qualità di ufficiale dello stato civile, di dare esecuzione al provvedimento procedendo alle conseguenti operazioni materiali, annotando gli estre-mi del decreto stesso a margine delle trascrizioni effettuate; sempre con l’avvertenza che, in mancanza, si sarebbe provveduto a mezzo di funzionario delegato al compimento delle operazioni necessarie.Ritenendo erronee ed illegittime le descritte determinazioni, la parte ricorrente le ha impugnate dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe e deducendo i seguenti motivi di ricorso.

I) - Carenza assoluta di potere; nullità e/o inesistenza del decreto del Prefetto; violazione dell’art. 95 del D.P.R. n. 396 del 2000.Il Prefetto di Napoli ha ritenuto, sulla base della circolare ministeriale impugnata, di poter annullare in via gerarchica la direttiva del Sindaco sopra descritta e le conseguenti trascrizioni dei matrimoni celebrati all’e-stero tra persone dello stesso sesso, in base al combinato disposto di cui all’art.9 D.P.R. n. 396 del 2000, art.54 commi 3 e 11 D.P.R. n. 267 del 2000 e artt.7, 21-octies e 21-nonies L. n. 241 del 1990.A parere dell’Amministrazione comunale ricorrente, il provvedimento di annullamento è da considerare nullo per carenza assoluta di potere del Prefetto, il quale, in base alla normativa vigente, non avrebbe potuto adottare un atto del genere, che non rientra tra i casi tassativi di intervento previsto dall’ordinamento dello stato civile.

II) - Incompetenza, violazione dell’art. 54 del D.P.R. n. 267 del 2000, violazione della L. n. 241 del 1990, carenza dei presupposti, sviamento; nullità del provvedimento per mancanza di una norma attributiva del potere.

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Il decreto prefettizio è da considerare viziato, inoltre, per violazione dell’art.54 del D.P.R. n. 267 del 2000 e degli artt.7, 21-octies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, posto che i poteri sostitutivi che possono es-sere esercitati dall’organo sovraordinato, nel caso in cui vi sia l’inerzia dell’organo sottordinato, previsti dal richiamato articolo 54, non comprendono la possibilità da parte del Prefetto di ordinare l’annullamento di una trascrizione effettuata dall’ufficiale di stato civile, quale delegato del Sindaco, nei registri di stato civile.Un intervento del genere, infatti, compete solo all’Autorità giudiziaria.Ciò che la norma prevede è l’intervento sostitutivo del prefetto nel caso di inerzia del Sindaco nel “sovrain-tendere alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione”, e, quindi, solo a tale limitato fine.Ne consegue che il Prefetto non può andare oltre tale limite e adottare un atto, quale quello impugnato, che non spetta neanche al Sindaco.

III) - Violazione dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990; erroneità ed illogicità della motivazione.L’atto prefettizio e la circolare ministeriale impugnati, sono, altresì, viziati per motivazione errata ed illogica, considerato che il Prefetto ha disposto l’annullamento della direttiva del Sindaco e delle trascrizioni effettua-te, in quanto “dal complesso quadro ordinamentale richiamato nella citata circolare ministeriale del 7 ottobre u.s., emerge l’obbligo di non procedere alle trascrizioni in questione in quanto, anche alla luce del più recente orientamento giurisprudenziale ivi richiamato, spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità politica, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per tali unioni”.Considerata la funzione della trascrizione del matrimonio celebrato all’estero, emerge l’erroneità e l’illogicità della motivazione resa per giustificare la necessità dell’annullamento delle trascrizioni già effettuate dal Sindaco.La circostanza che l’effettiva garanzia del diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso sia rimessa alla discrezionalità dei singoli legislatori nazionali non contrasta, infatti, e non è di ostacolo alla possibilità di trascrivere tale tipo di matrimonio celebrato all’estero.

IV) - Violazione dell’art. 3 Cost., dell’art.21 CEDU, e dell’art.6 del Trattato dell’Unione Europea.Gli atti impugnati, infine, si pongono in contrasto con le norme richiamate laddove costituiscono atti di di-scriminazione nei confronti di determinate categorie di soggetti.L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso ed ha affermato l’infondatezza delle censure proposte dal Comune di Napoli.A sostegno delle proprie ragioni, l’Amministrazione ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato ed ottenere il rigetto del ricorso.Il Collegio, preliminarmente, rileva che l’attività di tenuta dei registri dello stato civile rientra nell’ambito delle competenze statali, svolte in via delegata, secondo le previsioni dell’art. 1 comma 2 del D.P.R. n. 396 del 2000, dal sindaco quale ufficiale del Governo o da chi lo sostituisce a norma di legge, ai sensi dell’art. 54 del TUEL (attinente alle “attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale”) il cui comma 3 prevede che il sindaco sovrintende alla tenuta dei registri dello stato civile in qualità di ufficiale di Governo.A conferma di ciò, nel caso di specie, è stato il Sindaco (e non il ‘Comune di Napoli’) ad adottare la direttiva del 23 giugno 2014 (avente ad oggetto “la trascrizione dei matrimoni contratti all’estero da persone dello stesso sesso”) e a provvedere, in date 14/7/2014 e 06/08/2014, alla trascrizione nel registro di stato civile di due matrimoni contratti all’estero da cittadini dello stesso sesso residenti in Italia.Per la stessa ragione, gli atti prefettizi impugnati hanno avuto quale diretto e specifico destinatario il Sindaco e non il Comune di Napoli.Tutto ciò induce a ritenere fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto dal Comune di Napoli per carenza di interesse ad agire dell’Amministrazione resistente.Nel caso di specie, infatti, l’interesse ad agire lo avrebbe avuto il Sindaco del Comune di Napoli, posto che questi, quale Ufficiale di stato civile, aveva interesse a contrapporsi ad atti prefettizi ritenuti errati, aventi ad oggetto i registri di stato civile, sui quali egli ha una specifica competenza (esercitata nella fattispecie), seppure delegata.L’Amministrazione comunale, invece, risulta priva di interesse a proporre e coltivare il ricorso introduttivo del giudizio, perché dagli atti impugnati non può derivare alcuna lesione diretta agli interessi dalla stessa rappresentati in qualità di Ente locale più prossimo ai cittadini dei cui interessi è l’organismo esponenzia-le, posto che l’oggetto della controversia non attiene a funzioni o attività di sua competenza, discutendosi dell’esercizio di funzioni statali delegate al Sindaco.In sostanza, il Comune di Napoli non vanta un interesse giuridicamente rilevante e differenziato a contestare il provvedimento impugnato.Nel caso di specie, il Sindaco risulta aver proposto ricorso in qualità di legale rappresentante del Comune di Napoli e non in proprio, quale Ufficiale di stato civile e, quindi, il ricorso va dichiarato inammissibile.Sussistono gravi ed eccezionali motivi - legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate - per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.

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P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:- lo dichiara inammissibile;- dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

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