Nido Progetto Pedagogico - Comune di Calderara di Reno · 1 educatore ogni 7 bambini se i bambini...

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Progetto pedagogico Nido d’infanzia Peter Pan Comune di Calderara di Reno INDICE PREMESSA……………………………………………………………………………… 2 1. FINALITA’…………………………………………………………………………………. 2 2. STRUTTURA ORGANIZZATIVA DEL SERVIZIO…………………………………… 3 3. PROGETTAZIONE E ORGANIZZAZIONE EDUCATIVA DEL SERVIZIO………….. 4 3.1 Criteri e modalità di organizzazione del contesto educativo …………………… 4 3.1a ) Spazi ………………………………………………………………………………….. 4 3.1b ) Tempi…………………………………………………………………………………… 10 3.1c) Relazioni ………………………………………………………………………………. 18 3.1 d) Proposte educative…………………………………………………………………… 22 3.2 Criteri e modalità di relazione e partecipazione delle famiglie e del rapporto con il territorio …………………………………………………………………………………… 26 3.2a) Relazioni e partecipazione delle famiglie…………………………………………. 26 3.2b) Servizio, famiglie e territorio………………………………………………………….28 3.3 Criteri e modalità di funzionamento del gruppo di lavoro ……………………… 29 3.3a) Coordinamento del gruppo di lavoro……………………………………………… 29 3.3b) Progettazione………………………………………………………………………… 31 3.3c) Documentazione……………………………………………………………………… 31 3.4 Valutazione ……………………………………………………………………………… 32 4 . Durata …………………………………………………………………………………… 32

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Progetto pedagogico Nido d’infanzia Peter Pan Comune di Calderara di Reno

INDICE PREMESSA……………………………………………………………………………… 2 1. FINALITA’…………………………………………………………………………………. 2 2. STRUTTURA ORGANIZZATIVA DEL SERVIZIO……………………………… …… 3 3. PROGETTAZIONE E ORGANIZZAZIONE EDUCATIVA DEL SER VIZIO………….. 4 3.1 Criteri e modalità di organizzazione del contesto educativo …………………… 4 3.1a ) Spazi ………………………………………………………………………………….. 4 3.1b ) Tempi…………………………………………………………………………………… 10 3.1c) Relazioni ………………………………………………………………………………. 18 3.1 d) Proposte educative…………………………………………………………………… 22 3.2 Criteri e modalità di relazione e partecipazion e delle famiglie e del rapporto con il territorio …………………………………………………………………………………… 26

3.2a) Relazioni e partecipazione delle famiglie………… ………………………………. 26 3.2b) Servizio, famiglie e territorio…………………………………… …………………….28 3.3 Criteri e modalità di funzionamento del gruppo di lavoro ……………………… 29 3.3a) Coordinamento del gruppo di lavoro…………………………… ………………… 29 3.3b) Progettazione………………………………………………………………………… 31 3.3c) Documentazione……………………………………………………………………… 31 3.4 Valutazione ……………………………………………………………………………… 32 4 . Durata …………………………………………………………………………………… 32

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PREMESSA Il nido d’infanzia è un servizio educativo e sociale che concorre con la famiglia alla crescita e formazione del bambino in un quadro di una politica per l’infanzia e nel rispetto dell’identità individuale, culturale e religiosa del singolo. Esso si rivolge ai bambini e alle loro famiglie con l’intento di affiancarsi nel delicato passaggio che porta alla progressiva e reciproca autonomia e collabora alla co-costruzione di una comunità educante che condivide e sviluppa cultura per l’infanzia.

1.FINALITA’ Il nido ha finalità di (art.3): a. formazione e socializzazione dei bambini nella p rospettiva del benessere psicofisico e dello sviluppo delle potenzialità cog nitive, affettive, relazionali e sociali; b. cura dei bambini che comporti affidamento contin uo a figure diverse da quelle familiari e in un contesto esterno; c. sostegno delle famiglie nella cura dei figli e nell e scelte educative. Ciò significa che deve saper accogliere i bisogni dei bimbi in quanto persone e soggetti di diritto, costruendo contemporaneamente una partnership forte con la famiglia. Il nido riconosce al bambino/a, infatti, fin da piccolissimo il suo essere un soggetto competente con caratteristiche specifiche e risorse peculiari per affrontare il mondo, non un semplice ricettore di stimoli. Il servizio, infatti, “non intende prepara a… “ , ma essere uno strumento significativo per far si che i bimbi “possano essere”, e possano attivare dei processi di costruzione dell’identità e di scoperta delle autonomie . Il nido si avvale di un approccio metodologico orientato alla relazione , intesa come elemento fondamentale per la costruzione dell’indispensabile rapporto di fiducia tra le famiglie e il personale educativo. A questo proposito la "coerenza educativa" gioca un ruolo molto importante; in altre parole è l’incontro e l’alleanza delle figure adulte di riferimento (genitori, parenti e educatori) che s’impegnano ad agevolare il benessere della bambina o del bambino a cui si rivolgono. Un impegno continuativo nel tempo che segue e sa adattarsi ai repentini cambiamenti e bisogni del singolo bambino. Il servizio, inoltre, ha come peculiarità una forte attenzione alla comunicazione delle emozioni, al dialogo e al sostegno reciproco tra tutti i suoi protagonisti. Un sistema educativo integrato (art.4), quindi, dove si promuove confronto e che ha come presupposto la trasparenza nella gestione dei servizi (art.8) attraverso modalità di compartecipazione informali o più formalizzate come l’istituzione di specifici organismi rappresentativi, ad esempio il comitato di gestione, i rappresentanti di sezione, la commissione mensa.

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Il nido è un luogo in cui si vive, si condivide e si costruisce una cultura dell’infanzia dove la diversità individuale è un valore da raccogliere osservare e trattare come indicatore per la programmazione delle attività.

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2. STUTTURA ORGANIZZATIVA DEI SERVIZI Il servizi nido Comunale “Peter Pan” . Il nido Peter Pan può arrivare fino a 5 sezioni in base alle iscrizioni. La dotazione organica si basa sul numero di bambini iscritti e rispetta i rapporti numerici della legge regionale 1/2000 e successive modifiche, ovvero: 1 educatore per ogni gruppo di 5 bambini se la sezione ha bambini al di sotto dell’anno di età, la sezione lattanti; 1 educatore ogni 7 bambini se i bambini vanno dai 12 ai 24 mesi o in caso di sezioni eterogenee 1 educatore ogni 10 bambini nel caso in cui la sezione ha bambini dai 24 ai 36 mesi e che compiono i 3 anni d’età entro l’anno in corso. L’orario dei due nidi va dalle 7.30 alle 16.30 con possibilità, se le caratteristiche lavorative di entrambi i genitori lo permettono, di uscire dalle 16.30 alle 18.00. E’ possibile fare richiesta di un servizio di prolungamento scolastico dalle 16.30 alle 18.00. Tale servizio è gestito dalla cooperativa vincitrice dell’appalto per il nido e prevede ulteriore personale il cui numero si modifica in base al numero d’iscritti a questo. Essendo un servizio ricreativo il rapporto tra educatore e bambini è di 1 su 15. Il numero dei bimbi in sezione varia dalle annate d’iscrizioni e dalle età di queste richieste. La sezione può avere una forma minima part time con 7 bambini fino a una forma massima di 21 bambini con 3 educatrici che si turnano. Gli orari di compresenza tra le educatrici della stessa sezione variano a seconda dell’età del bambino, del periodo dell’anno educativo (es. sono più frequenti e lunghi durante gli ambientamenti) e delle caratteristiche della sezione. In una sezione la cui equipe educativa è composta da 2 educatori l’orario di compresenza è il seguente: dalle 10/10.30 alle 13.30. Tale orario copre il periodo delle attività mattutine più strutturate, il pasto e l’addormentamento. Se la sezione ha 3 educatrici la compresenza almeno di due è maggiore e copre una fascia oraria che va delle 9.00 alle 16.30. Il calendario scolastico annuale è ritrattato anno dopo anno e cerca di coordinarsi con le chiusure della scuola statale.

3.PROGETTAZIONE ED ORGANIZZAZIONE EDUCATIVA DEL SERVIZIO

3. Organizzazione del contesto educativo La cura del contesto educativo richiede un lavoro di concertazione tra le esigenze di cura del bambino tipiche del servizio e quelle educative. Le due spesso si connettono e/o

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coesistono, richiedendo all’organizzazione del contesto caratteristiche di duttilità e flessibilità che permettano di rispondere al meglio alle esigenze della contingenza. Il benessere, la serenità ed il senso d’appartenenza si costruiscono poi sulla regolarità o routine di tempi e spazi della vita del nido.

3.1 Criteri e modalità di organizzazione del contesto educativo 3.1a) Spazi Gli spazi interni ed esterni sono supportati da un pensiero educativo che è la traduzione della visione di spazio vivibile ed accessibile del gruppo di lavoro, inteso come la collegialità tra personale educativo, ausiliario e coordinatori pedagogici. Lo spazio non è neutro. Lo spazio parla, è un linguaggio e come tale produce comunicazione, può attirare o respingere, accogliere o rifiutare, unire o allontanare. Lo spazio invia informazioni, sensazioni, suggerisce possibilità d’uso e di relazioni che consentono aggregazioni, scambi, attrazioni, autonomie e può, altresì, indurre le situazioni opposte. La progettazione dello spazio, da parte degli adulti coinvolti, è centrale nella formulazione del progetto pedagogico in quanto lo spazio fisico, l’allestimento degli ambienti, la qualità dei materiali, la gradevolezza estetica inducono le possibilità di movimento, le relazioni, le dinamiche emotive, il coinvolgimento e l’interesse dei bambini. Le caratteristiche a cui il gruppo di lavoro fa riferimento nella progettazione degli spazi sono:

• la flessibilità; • il libero accesso ai materiali; • la fruibilità ed agibilità; • la corrispondenza agli interressi delle rispettive età presenti; • la presenza di punti di riferimento individuali nei quali riconoscersi (foto della

famiglia, raccoglitore dei disegni ed attività con il proprio nome, la propria foto nel cartellone del gioco delle presenze.)

• la sicurezza, non ultimo per ordine di importanza. Lo spazio nido, quindi è cornice educativa di eventi comunicativi e denota un duplice concetto di apertura/chiusura, cioè: contiene, protegge, separa da un fuori e nel contempo stimola e prepara a conoscerlo ed esplorarlo. Questa visione parte dalla lettura dei bisogni del bambino stesso, ovvero la concezione di un bambino come soggetto dipendente e bisognoso di cure, ma altrettanto capace di essere sensibile, attivo, desideroso di comunicare con gli altri bambini e gli adulti e di agire nell’ambiente e con i materiali. Per entrare maggiormente nel merito, i bisogni del bambino a cui l’organizzazione dello spazio deve saper rispondere sono: - fisiologici (nutrimento, riposo, sicurezza, igiene); - affettivi (attaccamento, ascolto, coccole, calma, rassicurazione, autonomia); - di movimento (senza attrezzi, con attrezzi, danza, percorsi, esplorazione); - di socializzazione (giochi di piccolo e grande gruppo, imitazione, simbolici, scoperta di sé

e dell’altro); - cognitivi (sollecitazioni sensoriali, logiche, mnemoniche, linguistiche); - di autonomia (fare da solo, con l’adulto, con gli altri bambini);

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- espressivo-comunicativi (esprimersi col suono, la voce, il corpo, valorizzazione dei manufatti dei bambini, memoria della vita della sezione, bacheche per le comunicazioni tra operatori e tra questi e i genitori, incontri fra operatori e con le famiglie).

Lo spazio e le azioni che vi si svolgeranno devono pertanto essere pensati insieme così come i limiti e le potenzialità che offrono. L’adulto è al contempo regista e scenografo, deve saper progettare lo spazio e organizzare il tempo, in modo da creare un contesto che garantisca sicurezza, soddisfi il suo bisogno di dipendenza e al contempo stimoli l’autonomia, la scoperta, l’esplorazione. Gli spazi devono poter seguire i seguenti criteri di: accessibilità, leggibilità e riconoscibilità, differenzazione funzionale, personalizzazione. ∆ Accessibilità

Gli spazi nido sono pensati per dare la possibilità ai bambini di accedervi senza difficoltà .

Non tutti gli spazi però vengono utilizzati con la stessa frequenza, come non sempre il libero accesso è valutato dall’adulto come funzionale al messaggio e alla visione che il bambino si fa di quello spazio.

Lo spazio sezione è sicuramente il più accessibile e vissuto da parte dei bambini. Questo sia perché agevola e velocizza il processo di acquisizione del senso di appartenenza ad un gruppo, sia perché è pensato in modo tale da essere duttile e riadattabile a più tipologie di attività e più conformazioni del gruppo sezione stesso (grande o a piccoli gruppi).

La sala nanna, è di norma accessibile solo al momento della nanna. Le metrature e la presenza di spazi altri rispetto alla sezione, permettono comunque di lavorare a piccoli gruppi, così da concepirlo ad uso esclusivo e garantirgli le seguenti finalità :

• agevolare il vissuto d’intimità che il momento del sonno richiede;

• permettere al bambino di conservare sul proprio letto un oggetto portato da casa che fortifica la continuità con le sue relazioni familiari e agevola la disposizione del bambino ad affidarsi alle educatrici per il sonno;

• predisporre i bambini al sonno anche solo attraverso il gesto di entrata nel locale, grazie alla connotazione chiara della funzione del locale stesso.

Il livello di accessibilità è legato anche all’età dei bambini. Le zone adiacenti alle sezioni dove sono collocati armadietti o scaffali in cui vi sono gli oggetti personali degli utenti, sono di “libero “ acceso ai divezzi e ai semidivezzi, per riporre oggetti portati da casa o proprie produzioni fatte al nido, ma in presenza del permesso accordatogli dall’educatrice.

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La maggior parte del materiale è disposto in contenitori aperti e fruibili autonomamente dai bambini, anche se ci sono materiali e oggetti gestiti dagli adulti e riposti in armadi chiusi. Anche contenitori o oggetti non accessibili sono comunque visibili, perciò i bambini possono richiedere ciò con cui vorrebbero giocare anche se non è immediatamente a disposizione e alla loro altezza.

I materiali di non libero accesso sono legati ad attività più strutturate e perlopiù sporchevoli, o che richiedono un’attenzione e un momento di utilizzo specifici, come l’uso delle forbici, ad esempio.

Si sta lavorando sul tema relativo al rapporto tra importanza di mantenere un ambiente non caotico e l’indispensabilità di mettere il bambino in condizioni di maggior autonomia possibile.

Questo rapporto mette in discussione la disposizione di diversi fattori:

- i materiali negli spazi e la loro tipologia;

- la collocazione in termini di priorità che si vuole dare allo sviluppo delle autonomie dell’utenza;

- la capacità di tenuta del personale educativo rispetto la pianificazione della relativa “perdita della gestione diretta delle attività”.

Per citare un esempio molto pratico, ci si sta adoperando per poter mettere sempre a disposizione (in particolar per il gruppo di più grandi) colori, fogli. Ciò implica rispetto al bambino: un lavoro significativo sull’autonomia di scelta, ma anche sulla responsabilità dei materiali, la capacità di rispettare gli spazi e gli elaborati degli altri, il concetto d’inizio e di fine di un gioco/azione, quindi la chiusura dell’attività e il riordino in autonomia.

Rispetto, invece, all’adulto, l’equipe di sezione deve avere programmato una disposizione dell’ambiente favorevole (ad esempio circoscrivere chiaramente l’angolo in cui si possono usare e in cui sono riposti i materiali di scrittura, mettendo nelle immediate vicinanze tavolini e sedie) e deve avere ben presente l’obiettivo educativo, l’autonomia, affinché non insorga o non prevalga il timore che si crei troppa confusione in sezione o la perdita del controllo della situazione.

Lo spazio delle sezioni e degli spazi comuni è organizzato in modo adeguato rispetto all’età dei bambini. Viene organizzato e riorganizzato in itinere per seguire la crescita dei bambini e l’insorgere dei diversi interessi e bisogni.

∆ Leggibilità e riconoscibilità

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Gli spazi come le routine contribuiscono nell’utenza a creare sicurezza e sensazione di controllo situazionale. Ciò significa che la programmazione a riguardo deve riuscire a raggiungere un equilibrio tra: l’esigenza di un setting flessibile, plasmabile a misura del singolo e/o del gruppo e l’importanza della riconducibilità delle sue pluralità a una dimensione unica e riconoscibile dal bambino e dalle famiglie.

Le condizioni che agevolano la compresenza di questa dicotomia sono:

- la definizione dello spazio per prevalenza d’uso, dove negli angoli sono presenti materiali pertinenti con l’attività prevista;

- l’ordine dei materiali in raggruppamenti “tematici”;

- la cura dell’estetica;

- la cura delle condizioni climatiche e ambientali del servizio.

Tutto questo passa anche attraverso la scelta dei materiali, i loro raggruppamenti, le loro funzioni.

Anche i materiali, infatti, vanno organizzati:

- per aree d’interesse (lettura, ascolto, manipolazione, musica) al fine di stimolare diverse tipologie di apprendimenti;

- devono essere vari e accattivanti;

- sicuri e certificabili (tranne i materiali di riciclo e poveri);

- funzionali all’età dei bambini presenti ;

- disponibili, accessibili e riorganizzabili.

I bambini come gli adulti, in altre parole, hanno bisogno di percepire dallo spazio un messaggio coerente rispetto alle azioni che in esso si compiranno. Uno spazio cioè riconoscibile, funzionale, caratterizzato da un suo ordine e in cui ritrovare continuità nei momenti di accoglienza, gioco, riposo, nutrizione, pulizia, comunicazione, conoscenza e attività.

Il valore estetico poi della disposizione degli ambienti e dei suoi contenuti ha una ricaduta sull’aspetto motivazionale e di coinvolgimento dell’utenza sia infantile che adulta.

La cura della bacheca, ad esempio,e dello spazio “soglia”, o meglio lo spazio dove si consumano i momenti di commiato (entrata, ricongiungimento), rappresenta essa stessa uno strumento di lavoro per il personale educativo perché:

- predispone all’ascolto;

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- dispone a uno stato di benessere e piacevolezza percepito e percepibile alle al personale educativo tramite la disposizione da parte di famiglie e bambini di affidarsi.

Tale volontà viene rafforzata ulteriormente attraverso l’attenzione alle condizioni climatiche e ambientali del servizio. Una temperatura adeguata, infatti, un clima salutare e un ambiente tutelato, garantiscono a bambini e adulti di vivere serenamente e in condizioni di agio la propria giornata all’interno del servizio.

La suddivisione in sezioni e la conoscenza graduale degli spazi durante il periodo dell’inserimento (i bambini durante l’inserimento passano la maggior parte, se non tutto il tempo dei primi giorni, in sezione, soprattutto i gruppi dei piccoli) tutela il bambino dall’essere sopraffatto da un ambiente nuovo e da una struttura con un certo impatto visivo.

∆ Differenzazione funzionale L’organizzazione complessiva degli spazi e arredi è sensibile a modifiche in base alle esigenze e peculiarità dei bambini reali frequentanti quel dato anno educativo di nido e delle singole sezioni. Altro tipo di modifiche sono quelle finalizzate a ottimizzare l’effetto di un pensiero educativo rivolto alla valorizzazione il più possibile delle possibilità di apprendimento legate allo strumento spazio. Sia nella sezione che fuori da essa sono presenti una pluralità di zone ben definite che offrono stimolo allo sviluppo delle diverse competenze (zona per il gioco di movimento, zona del gioco del “far finta”, ecc …). Ciò che definisce la tipologia di stimolazione sono i materiali che in essi si posizionano e la possibilità di lavorare con strutture arredo in termini di “apertura e chiusura” degli spazi in base all’ampiezza dei gruppi, alla tipologia di attività proposta.

La flessibilità deve contraddistinguere sia gli spazi interni che quelli esterni per dare l’opportunità di scegliere tra giochi differenti da fare.

Il giardino, offre tante opportunità di gioco diversificate. Si passa dallo scivolo alle casine dove i bimbi giocano a “far finta” e dove si rintanano, dai tricicli e dalle macchinine da utilizzare lungo il marciapiede fino alla tettoia o tenda attrezzata con tavoli e panchine che permette di giocare a tavolino e di pranzare all’aperto. Lo spazio esterno viene utilizzato tutto l’anno, infatti, viene chiesto alle famiglie un “kit” di abbigliamento e accessori per vivere il giardino in tutte le stagioni.

Sia in sezione che fuori di essa è presente una varietà di materiali formali e informali (es. materiali di recupero e naturali). I materiali per eccellenza al nido sono i giocattoli.

I giocattoli a loro volta vengono scelti sulla base della loro dominanza d’uso (Svani), ovvero: giochi a dominanza cognitiva (domino, puzzle di legno, giochi di costruzione, assemblaggio, chiodini ecc.), giochi di duplicazione del mondo reale (macchinine, case, animali, persone), giochi che riproducono il fantastico (teatrino, marionette, burattini ecc.),

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oggetti che simulano le torri (torre cubica, anelli nel perno ecc.), giochi a dominanza affettiva (peluche, bambole, passeggini, animali ecc.), giochi a dominanza sociale (cassa, banco da falegname, oggetti che simulano i mestieri), giochi a dominanza motoria (forme morbide, gonfiabili, palle, cerchi trampoli, cicli ecc.)

Giochi percettivi-sensoriali e tattili (strumenti musicali, pannelli sensoriali, libri tattili, tubi di cartone, plastica, creta ecc.), giochi linguistici (libri e oggetti parlanti), giochi logico-matematici (incastri, cubi costruzioni, puzzle) e, non ultimi in ordine d’importanza, i giochi con materiali poveri e riciclabili.

La forza dei materiali è nella capacità di suggerire relazioni e nel dare la possibilità ai bambini di percepire sé stessi come individui perché in grado di spingere, afferrare, percepire e distribuire. La percezione di sé, inoltre, implica la rilevazione dell’altro da sé, ossia degli altri e del mondo, di cui il bimbo si accorge di essere circondato e ne scorge le peculiarità in modo spontaneo e concreto, venendone attratto.

La qualità e quantità dei materiali è in relazione al progetto di utilizzo dei vari spazi, così come le modalità di utilizzo degli stesso. Diventa un presupposto l’ intenzionalità di tenere in ordine il materiale: facendo in modo che la qualità degli oggetti sia funzionale e adeguata all’azione che si andrà a compiere, controllando frequentemente lo stato dei materiali utilizzati, tenendo conto che anche la quantità non è un dettaglio da considerare secondario.

∆ Personalizzazione

Ogni sezione e zona adiacente alla sezione è dotata di spazi personali del singolo bambino e di possibili oggetti che riconducono a casa. Partendo dalla zona limitrofa alla sezione, ogni nido è dotato di “buchette” o armadietti dove il bambino (in età) può riporre il proprio oggetto transazionale e i propri cambi. A scelta delle educatrici in quella zona si possono anche collocare i “diari storia” di ogni singolo bambino o documenti compartecipati con le famiglie del percorso che il bambino sta conducendo. All’interno della sezione si allestisce un angolo dedicato al gioco delle presenze dove il bambino ritrova la propria foto e il proprio posto simbolico all’interno del gruppo. Si possono ritrovare in sezione zone in cui vengono esposte le foto dei famigliari di ogni bambino al fine di: allargare la partecipazione al gruppo sezione anche alle famiglie, stimolare familiarità, approcciarsi al senso di appartenenza a una comunità, rinforzare la vicinanza con i punti di riferimento dei bambini. Solitamente le pareti adibite a tali foto sono quelle più vicine o ai tavoli dove i bimbi mangiano o all’angolo morbido per incrementare ancora dipiù l’intimità del momento di cura. Ogni sezione prevede un luogo adibito al raccoglimento, al nascondiglio o comunque alla possibilità per il bambino/a di appartarsi da solo o in piccolo gruppo per fornirgli una “via di fuga” da una possibile percezione di ambiente eccessivamente “ingombrante” in quel momento.

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Le sezioni sono sempre affiancate da un dormitorio per permettere, soprattutto durante il periodo di ambientamento e per i più piccoli, l’addormentamento del bimbo anche in orario mattutino, rispettando bisogni e abitudini del singolo che via via (appunto con la crescita o con l’ambientamento) andranno a modificarsi nel corso dell’anno con una tendenza al graduale avvicinamento ai tempi e proposte delle routine. L’ambiente diviso in angoli facilita l’aggregazione in piccolo gruppo così come la possibilità di appartarsi con un piccolo gruppo per attività più strutturate. L’organizzazione del setting risente delle esigenze sociali/relazionali del gruppo che lo contraddistingue, per questo è soggetto a modifiche ogni qualvolta questo lo richiede o lo manifesta.

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3.1b)Tempi L’attenzione ai tempi del nido è connessa all’ascolto dei bisogni e dei ritmi dei bambini che lo vivono. La struttura temporale deve essere riconoscibile e controllabile e flessibile. Questa attenzione deve rispettare i seguenti criteri: prevedibilità e riconoscibilità dei tempi quotidiani, personalizzazione,continuità e cambiamenti. ∆ Prevedibilità e riconoscibilità dei tempi quotidiani I tempi della giornata, come già sottolineato, sono anche i tempi di interscambio e concertazione tra momenti educativi e di cura. I momenti delle routine sono molto ricchi di attribuzioni di significato da parte sia degli adulti che dei bambini e d’implicazioni emotive, questi sono: accoglienza, cambio, pasto, sonno e ricongiungimento. L’accoglienza e il ricongiungimento sono frangenti carichi d’emozioni per i bimbi per questo richiedono un sostegno particolare dai parte dei genitori e delle educatrici. Il cambio presuppone un’esperienza di con-tatto corporeo che assume una notevole rilevanza perché oltre ad essere un’occasione di cura personale è anche un momento di gioco corporeo, scambio di coccole e manifestazione di fiducia reciproca. Il pasto permette di vivere e con-dividere un’esperienza affettivo-relazionale di convivialità, oltre che sperimentare l’autonomia, e autoconoscersi meglio tramite il piacere del cibo e della sua manipolazione. Il sonno è un momento in cui il bambino deve affidarsi totalmente all’ambiente e alle educatrici; E’ importante per i piccoli mantenere alcuni oggetti di casa propria o transizionali (il ciuccio, biberon, peliche) affinché possano viverlo serenamente. La caratteristica predominante è a ricorsività dei momenti proposti che permette al bimbo/a di:

• apprendere e potenziare il concetto di permanenza dell’oggetto e con esso

“consentirgli di fidarsi del mondo”, capisce che mamma e papà vanno via, ma poi tornano sempre a prenderlo/a.

• acquisire il concetto di tempo e sequenza; • avere la percezione di “controllare la situazione” che incrementa la sicurezza di sé

e stimola a cercare di sviluppare le proprie autonomie.

La ricorsività è data da uno schema ricorrente della scansione dei momenti nella giornata che prevede però flessibilità dei tempi e adattamento alle esigenze del gruppo e dell’attività proposta. Si riporta di seguito una giornata tipo: L’asilo nido accoglie i bambini dal lunedì al venerdì, dalle 7,30 alle 16,30, con possibilità di orario prolungato fino alle 18. 7,30-9,00 Entrata

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Dalle 7.30 alle 8.30 l’accettazione può essere condivisa con altre sezioni o nella sezione di appartenenza, in base all’organizzazione e le esigenze logistiche che annualmente si presentano. L’educatore si occupa dell’accoglienza e al contempo dei bambini presenti che possono disporre liberamente dei giocattoli e del materiale dei vari angoli della sezione. Prima di sedersi a tavola per la frutta, il personale educativo insieme ai bambini di norma riordina la sezione, un buon pretesto per iniziare il lavoro di gruppo. Mettere in ordine offre anche l’occasione per parlare: l’educatrice sottolinea la funzione dei vari angoli e accompagna verbalmente le azioni dei bambini. Ci sono anche bambini che s’identificano con l’adulto, controllano e guidano i compagni. L’entrata al nido va dalle 7.30 alle 9.00, viene, però, data la possibilità a quei genitori che ne abbiano necessità occasionali, previo avviso telefonico o personale, entro le 9,00 (per permettere l’organizzazione del pasto), di portare il proprio bambino oltre l’orario ufficiale di entrata. 9.00-9,30 Frutta La frutta viene servita verso le 9.00. Tutti i bambini si siedono a tavola insieme alle educatrici; insieme si prepara la frutta osservandone le caratteristiche: colore, profumo , ecc. Questo è anche un momento di socializzazione: si chiacchera e si cantano le canzoncine. Nella sezione dei più grandi si fa il gioco delle presenze attaccando al cartellone le foto di bimbi. Negli ultimi anni la maggioranza delle famiglie sembra aver compreso l'importanza del momento della colazione non solo dal punto di vista nutrizionale, ma soprattutto come momento rituale d’inizio giornata da condividere nell'ambito familiare. 9.30-10.30 Cambio e piccola igiene Nelle sezioni il cambio viene fatto in due turni. Un’educatrice accompagna in bagno i bambini del tavolo che ha seguito per la colazione, mentre l’altra educatrice, rimane a sedere a tavola con il restante gruppo. Va precisato che, oltre a momenti fissi, ogni bambino viene cambiato al bisogno e che, nel momento in cui comincia a rimanere senza il pannolino, il bambino viene accompagnato nel bagno più volte. 10,10-11 Attività Alle 10/10.30 arriva l’educatore del secondo turno e inizia la compresenza per le attività più strutturate. I turni variano al variare della composizione della sezione, quindi nelle sezioni da 21 potrebbe essere anche il turno di entrata del terzo operatore. In questo arco di tempo i bambini di ogni sezione sono impegnati in attività, secondo il piano settimanale previsto. Ai bambini che ne hanno la necessità viene data la possibilità di dormire durante la mattinata, nel rispetto dei tempi e delle modalità individuali. 11,15-11,30 Preparazione al pasto In questo momento i bimbi si siedono in una zona adiacente al lavandino, una educatrice accoglie i bambini per il lavaggio mani, una seconda mette il tovagliolo e li accompagna a sedere.

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Nel lavaggio delle mani l’adulto incentiva l’autonomia del bambino rispetto alle operazioni necessarie, rafforzando in questo modo la conoscenza di sé, la voglia di fare da soli e l’acquisizione della propria identità. E’ consuetudine delle educatrici accompagnare queste operazioni con gesti calmi e misurati, col contatto visivo e col dialogo, nella consapevolezza che il proprio comportamento deve comunicare al bambino sicurezza e disponibilità affettiva. 11,30-12,10 Pasto Il rituale dell’apparecchiatura, che si ripete ogni giorno e che viene compiuto di fronte ai bambini, li aiuta a prendere coscienza della scansione temporale e della prevedibilità degli eventi, alcuni bimbi grandi possono essere coinvolti attivamente. Quando la collaboratrice della sezione porta il carrello prepara i piatti, li distribuisce ai bimbi che, col tempo, imparano ad aspettare di essere serviti senza impazienza. Il menù, differenziato tra estivo ed invernale, è approntato dal competente organo dell’Azienda USL ed ha una cadenza ciclica rispettando i bisogni nutrizionali ed energetici dei bambini di questa età. Ai bambini non ancora svezzati o con particolari esigenze alimentari viene garantita la possibilità di pasti che rispettano la specificità individuale. In caso d’intolleranze alimentari o di diete momentanee vengono rigorosamente seguite le prescrizioni pediatriche. Vengono rispettate le diete per motivi religiosi. La qualità dei pasti è garantita da periodici controlli interni; inoltre ai genitori, durante l’inserimento,è data la possibilità di consumare il pasto con il proprio bambino. Durante l’anno, su prenotazione, il genitore, inoltre può chiedere di assaggiare i cibi serviti al nido, la sua presenza e il suo livello di gradimento verrà documentato tramite scheda strutturata ad hoc e in rete con Matilde, la ditta che ha in appalto il servizio mensa. Nel momento del pranzo ogni educatrice si occupa dei bimbi di un gruppo, anche se i tavoli non necessariamente rimangono fissi per tutto l’anno, ma sono soggetti alle richieste e ai cambiamenti del gruppo stesso. 12,15/13.30 Uscita bimbi che non si fermano a dormire I genitori che, per scelta o per motivi contingenti, non desiderano lasciare al nido il proprio bimbo possono venire a prenderlo. Le educatrici consigliano di avvisare prima in modo tale da tenere alzato il bambino. 12,10-12,45 Gioco libero Inizio dei cambi e del lavaggio mani per prepararsi al sonno. Le educatrici delimitano la zona pranzo con panchette o mobili in modo da permettere alle collaboratrici le operazioni di pulizia. I bambini utilizzano i giocattoli e i materiali che risultano a disposizione nello spazio agibile. Le educatrici si dividono nei vari angoli, disponibili ad accogliere richieste di gioco, di attenzione o di coccole da parte dei bambini. Quando si avvicina l’ora del riordino avvisano i bambini del cambiamento imminente e poi, insieme, si rimette a posto la sezione. 12,45-13,10 Terminati i cambi mano mano tutti i componenti del gruppo accedono alla zona nanna. Ogni bambino ritroverà il proprio lettino contrassegnato ed eventualmente l’oggetto transizionale portato da casa. 13,10-13,30 Addormentamento

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Le camere sono adiacenti alle rispettive sezioni. Ogni bimbo riconosce, fin dai primi tempi di permanenza al nido, il proprio letto; se ha raggiunto la deambulazione, entrato in camera vi si siede, si toglie le scarpe, se ancora non è autonomo in questa operazione, l’educatrice lo aiuta, lo sostiene nei suoi eventuali tentativi e gli mostra la modalità per riuscire a fare da solo. Spesso i bambini più capaci aiutano chi ha difficoltà. Il sonno è un momento particolarmente delicato, si tratta di passare dal mondo delle esperienze e degli oggetti tangibili e riconoscibili a quello misterioso del buio, delle ombre, dell’incoscienza. Per questo vengono rispettate le esigenze individuali (ciuccio, biberon, pupazzo o oggetto transizionale) e i diversi rituali che richiedono una relazione con l’adulto (ninna-nanna, carezze, abbracci, vicinanza…). 13,30-15.15/15.30 Sonno Di norma l’educatrice rimane in camera per l’assistenza al sonno. A volte resta nella sezione adiacente la camera per preparare materiale, leggere o relazionare su argomenti inerenti il proprio ruolo, mantenendo la porta aperta. E’ sua premura, comunque, entrare più volte in camera per accertarsi che tutto sia tranquillo e, se c’è la necessità, resta vicino ai bimbi svegli. Come l’addormentamento, anche il risveglio avviene con modalità individuali: ci sono bimbi che vogliono subito mettersi le scarpe, altri che hanno bisogno di una coccola, altri che richiamano l’attenzione dell’adulto con vocalizzi, parole o pianto, altri ancora che preferiscono rimanere per un po’ accoccolati nel letto. L’educatrice, consapevole dell’importanza di questi rituali, cerca di assecondare i bisogni dei bambini, compatibilmente con le esigenze del servizio. Nel rimettere le scarpe può lasciare per ultimi i bambini che desiderano attardarsi nel letto, ma, alle 15,35 deve comunque svegliare chi ancora sta dormendo. Anche in questo momento, nelle sezioni dei più grandi, l’educatrice incentiva l’autonomia dei bambini, invitandoli a mettersi le scarpe da soli. Durante l’alzata, in ogni sezione, c’è l’aiuto di una collaboratrice che resta anche nei momenti successivi del cambio e della merenda, almeno che la sezione, per il numero di cui è composta, non preveda la compresenza di 2 educatrici anche nel pomeriggio. 15,30-16,00 Merenda L’educatrice, affiancata da una collaboratrice, serve la merenda ai bambini nella sezione di riferimento. E’ questo un momento particolarmente gradito e atteso dai bambini perché sanno che dopo la merenda andranno a casa; infatti, molti lo verbalizzano apertamente, altri invece fissano la porta della sezione. Al termine della merenda i bimbi si alzano da tavola e vanno a giocare. 16,00-16,30 Commiato In questo periodo le educatrici intrattengono i bambini con giochi rilassanti e tranquilli che possano sia favorire il ricongiungimento del bambino col genitore, sia permettere agli adulti uno scambio d’informazioni rispetto all’andamento della giornata nell’ottica che l’educatrice deve comunque occuparsi del restante gruppo. Il ruolo dell’educatrice è impegnativo: deve facilitare eventuali ricongiungimenti difficoltosi, deve sostenere quei bambini che caricano d’ansia l’attesa, deve rendere questo momento interessante e significativo.

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16,30/18,00 Prolungamento orario E’ un servizio che viene attivato a richiesta dei genitori con un numero minimo di bambini per struttura. Schema del personale educativo Il numero delle educatrici, così come i turni si modificano in base al numero dei bambini iscritti per ogni sezione e all’esigenza del servizio. Gli orari in una sezione fino a 14 bambini sono : - Primo turno dalle 730 alle 13.30; - secondo turno dalle 10,30 alle 16.30.

La copertura dell’orario di posticipo dalle 16.30 alle 18.00 è gestito dalla Cooperativa in appalto. Per le sezioni i cui numeri è richiesta la terza educatrice i turni variano in base al contratto delle educatrici relativo sempre al numero dei bambini: - Primo turno dalle 7.30 alle 13.30; - Secondo turno dalle 8.30 alle 13.00 o dalle 9.00 alle 15.30; - Terzo turno dalle 10.30 alle 16.30.

∆ Criterio di personalizzazione

Per quanto concerne i tempi in relazione ai bambini, è cura delle educatrici cercare il più possibile di coniugare i bisogni individuali con le esigenze della famiglia e del servizio. Questo implica per il personale educativo lo sforzo di lavorare sempre con una disposizione di osservazione, ascolto e capacità di lettura del bisogno effettivo dei bambini, delle famiglie, delle peculiarità del servizio. Il periodo dell’ambientamento sono momenti di forte attenzione ai tempi di ogni singolo bambino, perché i tempi di conoscenza, come in tutti i contesti sociali variano da individuo a individuo, da relazione a relazione. Ci possono essere tempi dei bambini che dimostrano un andamento costante divenendo sempre più simili ai tempi proposti nelle ruotine, oppure passare fasi alterne, dove la percezione di un buon ambientamento del bambino aumenta e diminuisce in base ai periodi. Ci sono bambini che manifestano la loro indisponibilità verso i tempi del nido anche dopo magari un mese dall’inserimento, in cui non avevano dato nessun segno di disagio, semplicemente perché il loro tempo magari di prima esplorazione è finito e iniziano a realizzare la consistenza della quotidiana separazione dalla famiglia. Qui l’esperienza, la capacità di analisi delle educatrici e la loro disponibilità al dialogo e all’ascolto sono elementi fondamentali per operare scelte relative al diminuire o velocizzare i tempi di permanenza al nido o anche solo di contatto e di vicinanza con i riferimenti adulti. Diventa un requisito quello di saper distinguere un reale bisogno dalla fisiologica preoccupazione di separazione del bambino o della famiglia in questa fase. Parimenti le educatrici si rendono disponibili, dopo il primo periodo di conoscenza, ad accorciare il periodo di inserimento o a consentire al bambino di rimanere a dormire prima del momento previsto nell’ambientamento in caso di necessità serie ed improrogabili della famiglia. Un tempo minimo di inserimento è comunque stabilito a priori dal calendario di inserimento che viene consegnato ai genitori “nuovi” per lettera o durante la riunione di inizio anno educativo.

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La personalizzazione del tempo, in armonia con l’organizzazione delle routine, è un processo che non si chiude con il momento di ambientamento, ma guida l’operato dell’educatore fino alla fine del percorso di nido di ogni singolo e gruppo sezione. La si ritrova, infatti, in tutte le dimensioni in cui gli stessi vivono e si sperimentano, ovvero:

• il fare; • il movimento; • le autonomie e le risoluzioni autonome; • i momenti di routine, in particolare il pasto, il sonno, il cambio.

Le educatrici sono consapevoli dell’importanza che ha per il bambino il tempo del “fare”. Il “fare/toccare” con le mani e la bocca costituiscono, fin dalla nascita, le prime forme di contatto col mondo esterno finalizzata alla raccolta di elementi utili alla conoscenza. Il bambino amplia le proprie conoscenze attraverso l’integrazione dei contesti di esperienza. L’azione concreta induce la mente a pensare a ciò che sta facendo, “qui ed ora”, aiutando il bambino a prendere coscienza delle proprie potenzialità, a cercare soluzioni, a fare collegamenti; il fare assume così un ruolo cognitivo e il tempo una consistenza. L’adulto ha il compito di predisporre ambienti che sostengano l’apprendimento, di scegliere contenuti adatti all’età, di approntare strumenti che stimolino la creatività e la riflessività. La proposta delle attività è varia e rapportata all’età dei bambini: può verificarsi, infatti, che, anche all’interno della medesima sezione, non tutti i bambini partecipino alle stesse esperienze di gioco, oppure che lo stesso materiale venga proposto in spazi diversi o con diversa modalità da gruppo a gruppo. La figura educativa, che conosce ogni bambino e sa che ognuno ha tempi diversi, metterà in atto strategie individualizzate per rassicurarlo. C’è chi ha bisogno di una semplice rassicurazione verbale, chi richiede anche un contatto fisico, chi ha bisogno di avere spiegazioni più dettagliate sulle modalità di gioco, chi, ancora, accetta di partecipare solo se gli viene ripetuto che potrà semplicemente guardare i compagni ed inserirsi nel gioco in un secondo tempo, e c’è anche chi, nonostante tutte le attenzioni, non accetta l’attività. In questo caso si cerca di rispettare la scelta del bambino, consapevoli dell’importanza di proporre, invogliare mai forzare. Il rispetto del tempo di gioco individuale ovvero del gioco libero è una condizione indispensabile. Nel caso si debba interrompere il gioco per motivi istituzionali, ad esempio perché è ora di prepararsi al pranzo, diventa fondamentale da parte dell’adulto spiegarne la motivazione al bambino, riconoscendo, comunque, il suo diritto ad essere dispiaciuto. Il tempo del movimento è legato all’aspetto più fisiologico del bambino. Esso è una necessità innata che gli consente di sperimentare il gioco, il piacere dell’azione, l’equilibrio e il disequilibrio, lo spazio, il riconoscersi tra gli altri e diverso dagli altri ed acquisire il controllo del corpo e delle sue funzioni. Per questo all’interno dei nostri nidi l’attività di movimento ha uno spazio deputato in cui il bambino può porre il proprio corpo in relazione a una serie di materiali diversificati per tipologia e possibilità di utilizzo. La consapevolezza della centralità dell’esperienza corporea fa sì che si dia la possibilità ai bambini di muoversi anche all’interno della sezione stessa in spazi adeguatamente suddivisi. Lì si mescolano giochi collettivi, canzoni, filastrocche, girotondi che prevedono piegamenti, salti, movimenti di tutto il corpo o di una parte, dando loro la piacevole opportunità di condividere questa esperienza con i compagni. Inoltre, dato che tutti i nidi sono dotati di un ampio giardino, si vede come indispensabile per i bambini la possibilità di giocare all’aperto in tutte le stagioni.

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Vi è poi il tempo di risoluzione autonoma dei conflitti e delle esperienze di autonomia. L’educatore rimane in una posizione di ascolto, di osservazione, ma sa anche rilanciare la motivazione e sostenere con un contributo “fisico”(presenza) le nuove esperienze, di cura di sé, ad esempio, o d’acquisizione di una nuova competenza. Nelle cure quali il cambio, il pasto, il sonno l’adulto modula l’intervento educativo tenendo in considerazione l’età e le capacità individuali dei bambini per formulare richieste coerenti col loro livello di maturazione. Ciò significa che l’educatrice incentiva l’autonomia del bambino, ad esempio invitandolo a tenere fermo il body mentre gli mette il pannolino o a tirarsi su e giù i pantaloni o lasciandogli scegliere i vestiti puliti da indossare. I gesti dell’adulto sono calmi e il tono di voce rilassato al fine di favorire un clima sereno in cui c’è posto per le parole e per gli sguardi. Anche nel pasto è cura degli adulti presenti (personale educativo e collaboratori) mantenere tempi distesi. Nell’imboccare i più piccoli si tiene conto delle differenze individuali (c’è chi è lento nel deglutire, c’è chi richiede più volte di bere, c’è chi vuole tanti cucchiaini di pappa uno di seguito all’altro, c’è chi mangia tutto frullato mentre un altro bambino della stessa età mangia il cibo a piccoli pezzi.), e con il passare del tempo il pasto non verrà più percepito dal gruppo solo come un momento per soddisfare la fame, bensì come uno spazio/tempo di piacevolezza, scoperta e convivialità. Nelle sezioni dei bambini più grandi, l’educatrice, pur essendo sempre disponibile ad aiutare i bambini, li invita a fare da soli, utilizzando le posate, lasciando loro il tempo di provare e riprovare a raccogliere il cibo, senza avere fretta di togliere il piatto. A tavola i gruppi per il primo periodo dell’anno tendono a essere stabili, questo permette all’educatore di conoscere meglio i gusti e le attitudini dei singoli nel rapportarsi al cibo: comprenderne le richieste in base al carattere e al suo livello di autonomia; sollecitare chi si perde a osservare gli altri o ricordare al bambino troppo vorace di mangiare un boccone alla volta; lasciare il tempo di fare da solo (a un bambino impegnato a raccogliere un pisello o un pezzettino di carne rimasto nel piatto). Durante il pasto c’è il tempo per la relazione individuale tra adulto e bambino e tra bambini stessi ed è premura dell’educatore rivolgere a ognuno lo sguardo e la parola per frenare, rassicurare, incoraggiare, nominare e raccontare. Quando tutti hanno terminato di mangiare ci si alza da tavola e ogni sezione, come già avviene nel momento della preparazione al pranzo, ha la propria modalità per incentivare l’autonomia dei bambini (rituale del “cameriere”, di portare il tovagliolo e/o il bicchiere sul carrello, alzarsi per tavoli ecc.). Il sonno è un momento delicato e, nei primi tempi, non è facile per tutti addormentarsi serenamente. Nella sezione dei più piccoli, soprattutto nel primo periodo di frequenza al nido, in cui risentono del cambiamento dei loro ritmi, i bambini, oltre a fare un riposino durante la mattina, non si addormentano nel pomeriggio contemporaneamente ( c’è chi ha bisogno di dormire prima della frutta, chi in prossimità del pranzo, chi si addormenta subito dopo il pranzo) e questo comporta la disponibilità dell’educatrice a tenere conto dei ritmi individuali. Specie tra i più piccoli, ma si verifica anche per i più grandi durante l’inserimento, ognuno ha una propria modalità per addormentarsi (in braccio, nel passeggino, cullato nel letto…)

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Il mantenimento, nel limite del possibile, o anche solo il richiamo a queste modalità peculiari, velocizzano la costruzione del rapporto di fiducia con l’educatore e la disponibilità del piccolo a lasciarsi andare e affidarsi. Nelle sezioni dei più grandi si va in camera tutti allo stesso orario. Nei nostri nidi la presenza di un educatore per sezione non consente di alzare i bambini mano a mano che si svegliano, in tal caso l’educatore resta in camera con i bambini cercando di stimolare il riposo, ma anche, passato un certo orario, organizzando attività tranquille d’intrattenimento per poi aspettare il risveglio di tutti e occuparsi dell’alzata. Nella fase di addormentamento le educatrici tengono conto delle necessità individuali (vicinanza fisica, contatto verbale, ciuccio, peluche..), inoltre, propongono rituali collettivi che aiutano il bambino sia a riconoscere il momento del sonno(es. si beve l’acqua, si va in bagno, si lavano le mani ed il viso), sia a rilassarsi prima di dormire (musica, ninna-nanna, lettura di una storia). I tempi durante l’anno cambiano in maniera repentina: durante l’inserimento è il servizio che cerca di inseguire e conciliare i tempi di ogni singolo bambino, verso metà anno i loro tempi e le routine trovano una sorta di “confidenza”; verso la fine i bambini hanno talmente fatto propria la ricorsività delle giornate che riescono a velocizzare i processi, tanto da ricavarne un tempo per attività nuove o arricchimenti delle routine stesse. ∆ Criterio di continuità e cambiamenti

La verbalizzazione di quello che accade e quello che sta per accadere durante la giornata di nido è l’elemento facilitatore cardine per stimolare nel bambino la capacità di riconoscere, organizzare ed elaborare il senso delle sue esperienze. Le educatrici hanno l’accortezza di avvisare i bambini di quello che si apprestano a fare passo per passo, cosicché i momenti di passaggio non risultino bruschi e repentini ed abbiano il tempo di rendersi conto del cambiamento da una fase all’altra della giornata; al contempo la regolarità delle azioni offrono loro una sorta di “ravvisaglia” la cui importanza si evince perché: - se l’attività prevista per quel giorno è già conosciuta, permette ai piccoli coinvolti di

assaporare in anticipo il piacere del gioco proposto; - se, invece, è una novità fa entrare i bambini in una dimensione di attesa, di sorpresa tale

per cui pongono domande, fantasticano, sorridono emozionati, chiedono conferma alle promesse dell’adulto

- il lasso di tempo che intercorre tra la proposta verbale e l’inizio dell’attività permette all’adulto di dare risposte alle domande e, nello stesso tempo, permette di rassicurare i bambini che manifestano disagio.

- nel caso in cui solo un gruppo di bambini partecipi a un’attività che piace in modo particolare, ad es. il gioco con l’acqua, è premura dell’educatrice rendere accattivante e coinvolgente anche l’attività alternativa in modo che tutti si sentano protagonisti di una bella esperienza. In un contesto sociale, caratterizzato dal qui e subito e dalla conseguente difficoltà dei bambini ad attendere, è importante che le educatrici li aiutino ad imparare ad aspettare e a fare un uso più diluito e disteso del tempo;

- permette all’educatrice di tenere conto di eventuali richieste dei bambini diverse da quelle pensate per la mattina.

Verbalizzare perciò, garantisce rassicurazione emotiva e li abitua ad orientarsi nel tempo e nello spazio, oltre che imparare ad esprimersi e riconoscerne il valore funzionale.

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3.1 c)Relazioni Alla base di ogni azione, attività ed espressione del nido c’è la relazione. Vi sono all’interno diverse tipologie di relazioni: quelle educatore-bambino; famiglie –educatore; genitori-bambini; collaboratori-bambini; collaboratori-educatori; educatori tra loro; collaboratori tra loro; famiglie e famiglie; personale, famiglie, bambini e coordinatore pedagogico. Nonostante la varietà di esigenze e peculiarità di queste tipologie è indispensabile che vi sia tra gli adulti una comunanza di intenti: mettere al centro il benessere e le possibilità di sviluppo dei bambini; avere presente il proprio ruolo; essere disponibili al dialogo a aperti a rapporti di fiducia reciproca; mantenere un atteggiamento di ascolto e flessibilità nell’accoglienza delle caratteristiche e dei bisogni individuali. I criteri che sistematizzano tali intenti sono: benessere, personalizzazione, socialità e processi di apprendimento ∆ Benessere Il servizio vede il personale educativo come un facilitatore di processi e un realizzatore di contesti positivi, l’educatore fa propria una modalità di lavoro fondata su uno stile relazionale capace di entrare e uscire dalla relazione per “avviare a…”, ma non essere il “fautore di..”; modulare, quindi, la propria presenza in base all’interlocutore e alla situazione. Il mandato del personale educativo, che diventa punto di riferimento significativo per il bimbo, è, infatti, quello di saperlo osservare, ascoltare, accogliere e sostenere nell’evoluzione delle sue conquiste e capacità cognitive, emotive e relazionali, senza “invaderle” al fine di lavorare sul suo “ben-essere”. Con l’entrata al nido il bambino affronta il problema di vivere insieme coetanei e adulti che non conosce, il problema della socializzazione. Il bambino, deve imparare ad accettare gli altri e farsi accettare dagli altri, tenendo conto delle aspettative, degli interessi e delle motivazioni altrui. Deve partire dalla comunicazione e dal far comprendere i propri bisogni per approdare a una sorta d’iniziazione alla propria personalità. Il bambino sperimenterà i suoi primi conflitti poiché incontrare l’altro, è un esperienza particolarmente ricca e complessa che non è certo lineare e semplice. I rapporti interpersonali, infatti, implicano l’avvicinamento a modi, stili, sguardi diversi che spesso si contrappongono, in questo senso la presenza di opposizioni, disaccordi, conflitti tra coetanei dovrebbe essere acquisita come naturale e comune. I conflitti anche se spesso sono vissuti dagli adulti come comportamenti da reprimere, sono parte integrante della quotidianità e sono da considerarsi occasioni che i bambini hanno di conoscere e di conoscersi, attraverso il confronto e a volte lo scontro. Hanno, quindi, una forte valenza educativa nella costruzione dell’identità e nell’ esercizio della socialità. Nei primissimi tempi della vita infantile il conflitto tra pari, inoltre, rappresenta il momento di riconoscimento della presenza del coetaneo, ovvero il luogo in cui si pongono vincoli e limiti al proprio mondo egocentrico e autoreferenziale. E’ compito dell’adulto sostenere il bambino in questa sperimentazione ancora immatura, ponendosi soprattutto come osservatore imparziale dei comportamenti manifestati e interprete/facilitatore espressivo di significati. Essi devono essere letti e analizzati in

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un’ottica contestuale cercando di comprendere all’interno delle singole situazioni il loro significato meno evidente e superficiale, al fine di permettere al bambino di imparare a negoziare con l’altro, di provare, sbagliare e diventare autonomo e più competente nelle relazioni. L’adulto dovrà permettere l’evoluzione del conflitto attraverso la verbalizzazione della situazione che lo ha provocato, le sue ipotesi di lettura, i relativi significati, emozioni e conseguenze, sempre evitando i giudizi e gli eventuali apparenti favoritismi. In questo i toni di voce calmi e pacati esercitano un’azione importante di “stemperamento” della tensione, di presa di distanza e ripresa della disposizione alla comunicazione. Altro aspetto relazionale significativo è quello della cura estetica. L’aspetto fisico di ogni bambino è immagine di una volontà di attenzione particolareggiata così come un messaggio concreto dell’importanza di emulare per sé quest’attenzione e questa volontà di “stare bene” “sentirsi bene”, in una dimensione di affettività. Il buon esito delle relazioni sono una “cartina tornasole” di un buon livello di sinergia tra gli educatori che compongono l’equipe di sezione, oltre che un sistema di comunicazioni in grado di rendere il più possibile le informazioni in rete e in tempo reale con gli altri protagonisti. ∆ Criterio della personalizzazione La relazione tra educatore e bambino è caratterizzata da una dinamica dialogica, dove però è l’adulto a modulare il suo intervento in base alla richiesta e alle peculiarità del suo interlocutore. Ciò significa che lo stile relazionale utilizzato permette di personalizzare l’approccio con il singolo utente pur mantenendo delle regole sociali di convivenza condivise e valide per l’intero gruppo . Peculiare caratteristica dell’asilo nido, infatti, è la presenza di altri coetanei, con il quali essere molto a contatto e per molte ore. L’educatore accoglie i bisogni dei bambini a cui i pari non sono in grado di rispondere e svolge appunto una funzione di mediatore relazionale. Il suo compito, infatti, è quello di “esserci”, accompagnandoli e affiancandoli nel percorso e su loro richiesta. La relazione adulto-bambino è, come la relazione bambino-bambino, una risorsa per differenti acquisizioni sociali, cognitive e permette lo sviluppo della personalità. L’adulto deve saper offrire al bambino una relazione educativa che non solo rispetti la sua singolarità, ma promuova la sua autonomia. Il bambino va incoraggiato, aiutandolo ad orientarsi tramite la sperimentazione, non impedendogli di incontrare ostacoli, ma mantenendo un contatto di sicurezza con lui/lei in uno spazio protetto. L’educatore deve far percepire la sua presenza costante e rassicurante anche “a distanza”, tramite sguardi e sorrisi che gli comunichino sicurezza, sostegno e approvazione. L’adulto, oltre a rispettare i tempi del bambino, accoglie i suoi possibili sbagli quotidiani, affiancandolo, ma non sostituendosi a lui nei momenti di difficoltà. Il ruolo dell’adulto passa dall’organizzazione della quotidianità che garantisce al bambino la possibilità di svolgere esperienze significative per il suo sviluppo in ogni momento della giornata, al porsi come “zona franca” o punto di riferimento stabile nel tempo, mentre il bambino esplora, sperimenta e conosce.

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Uno degli strumento per fare ciò è la messa in atto di strategie capaci di cogliere il suo interesse e di coinvolgerlo in azioni “a basso rischio di fallimento”, ma in grado di potenziare le sue competenze. A questo riguardo entra in gioco il rispetto per i gusti dei singoli e l’individuale piacere al fare un’attività rispetto a un’altra. La verbalizzazione da parte dell’adulto delle sue azioni, inoltre, stimola la consapevolezza verso l’azione e velocizza i processi di acquisizione del linguaggio ∆ Criterio della socialità e processi di apprendimento

La metodologia privilegiata è quella di piccolo gruppo in quanto: - permette all’educatrice di rapportarsi individualmente con i bambini e ne agevola

l’osservazione; - favorisce l’interazione tra i bambini ampliandone la comunicazione gestuale,

mimica, di sguardi, di movimenti, di contatti corporei al fine di scoprire di essere un individuo separato dell’altro e al contempo capace di avere rapporti interpersonali;

- favorisce la comunicazione verbale tra i bambini e tra adulto-bambino; l’educatrice è mediatrice degli scambi fra coetanei, rilancia al gruppo le parole del singolo che possono essere riprese da altri bambini; in tal modo la relazione si allarga in una dimensione di circolarità;

- agevola l’assimilazione di regole quali rispettare il gioco dei compagni, attendere il proprio turno per l’utilizzo di uno strumento o materiale usato da un altro;

- favorisce l’acquisizione di strategie di mediazione/partecipazione quali il “fare scambio” ad esempio.

La suddivisione dei bambini in sottogruppi può, a seconda del materiale usato, avvenire con diverse modalità ed interessare uno o più spazi: - tutto il gruppo gioca con il medesimo materiale nei tavoli di riferimento; - tutto il gruppo gioca con materiale diverso nei tavoli di riferimento; - un gruppo gioca in sezione e gli altri gruppi utilizzano la camera e/o l’ingresso del nido

per attività diverse; - un gruppo è impegnato in un’attività programmata, a tavola o in un angolo della sezione

debitamente allestito, mentre gli altri bambini utilizzano liberamente il materiale a disposizione per il gioco libero;

Ogni educatore segue un gruppo di bambini che, a seconda del materiale proposto, è omogeneo o di età diversa. Lavorare a piccoli gruppi significa, inoltre, abituare i bambini ad aspettare il proprio turno. Questo è possibile attraverso le parole rassicuranti dell’adulto; solo se tra educatore e bambino si è instaurato una relazione di fiducia il bambino crederà all’adulto che gli dice che giocherà dopo. L’intervento dell’educatrice è diversificato a seconda dello scopo che si propone: - durante l’utilizzo di materiale non strutturato lascia che ogni bambino lo sperimenti

in modo autonomo e personale, offre, ma non obbliga; - se un bambino non vuole partecipare accetta il suo rifiuto, consapevole che ognuno

ha un proprio tempo e una propria modalità di affrontare le situazioni, soprattutto se sono nuove;

- permette al bambino di osservare ed eventualmente di inserirsi anche in un secondo momento, altrimenti il bambino può unirsi ad altri compagni per altri giochi.

L’educatore resta vicino ai bambini, agendo da “ancora” emotiva, è pronto a rassicurare, sostenere, incoraggiare, gratificare, dirimere eventuali conflitti, consolare, rispondere. I

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suoi gesti sono calmi, accompagna le azioni con le parole. Col proprio atteggiamento comunica il piacere di stare con loro. Durante la mattinata si verificano situazioni di gioco libero, di attività organizzate, di aggregazione di piccolo e grande gruppo che prevedono l’alternanza di momenti sedentari e di movimento. 3.1d) Proposte educative Le proposte educative si articolano in base alle età e alle caratteristiche del gruppo sezione, entrambi fattori che ne orientano attività, strumenti, materiali e metodologie. I criteri a cui si fa riferimento sono: intenzionalità, significatività e continuità, varietà e coerenza ∆ Intenzionalità Il nido, infatti, ha la peculiarità, come già esplicitato, di attribuisce a ogni singolo elemento del servizio (spazi, routine, relazioni) una valenza educativa, così come ai contenuti delle attività una primaria funzione strumentale di agevolatori di processo, più che di conoscenza dell’oggetto proposto. Un processo che mette la crescita del singolo bambino al centro, impegnandosi a stimolarlo a 360°. La giornata è organizzata in modo tale da creare un’alternanza tra momenti di grande e di piccolo gruppo. I turni delle educatrici e le attività proposte agevolano questo scambio continuo che garantisce variabilità e possibilità di attenzioni più individualizzate. Le attività sono quelle esperienze organizzate, intenzionali e non, di relazione e apprendimento, in cui sono coinvolti gli adulti e i bambini del servizio. E’ necessario calibrare le attività ludiche a secondo delle tappe di sviluppo del bambino e avere presente lo scopo per cui ognuna di esse viene proposta. L’effetto cambierà da bambino a bambino, ma qualunque esso possa essere rappresenterà un’occasione per osservare, conoscere e lavorare sulla competenza specifica programmata inizialmente. Le attività che si propongono nei nidi sono supportate da una traccia operativa, la programmazione educativa delle attività. Tale traccia accomuna tutte le sezioni di nido, ma ognuna poi la sviluppa in base alle caratteristiche del proprio gruppo sezione, dei singoli e dell’età dei bambini. La programmazione è semplicemente la sistematizzazione tramite un tema, appunto, delle attività che quotidianamente si propongono in sezione. Stimolazioni che si avvalgono di materiali, conformazione degli spazi e relazioni sociali per lavorare allo sviluppo armonico di tutte le dimensioni dell’individuo (affettivi, relazionali, cognitivi e motori). I principi metodologici che ne guidano la stesura e in seguito la messa in atto sono, appunto:

• l’osservazione dei bambini reali, come strumento; • l’ascolto come atteggiamento educativo; • la valorizzazione delle differenze individuali, quindi la flessibilità dell’azione

educativa in relazione al momento evolutivo del singolo e del gruppo;

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• la diversificazione delle proposte di gioco nel corso della settimana e dell’anno, per consolidare tutti gli ambiti esperienziali dello sviluppo infantile

• la relazione coerente tra predisposizione del contesto educativo (spazi, tempi e materiali) programmazione annuale.

• la valorizzazione e il rispetto delle routine; • la verifica in itinere dei diversi momenti dell’anno; • la documentazione costante delle esperienze.

Gli obiettivi generali , infatti, sono:

• stimolare alla costruzione dell’identità; • valorizzare e rafforzare la capacità del bambino/a di relazionarsi con adulti e pari; • costruire e consolidare le autonomie.

La principale attività del bambino sarà il gioco che rappresenta la modalità prima con cui sperimentarsi, conoscere il mondo ed entrare in relazione con sé stesso e gli altri. Tutte le attività sono sotto forma giocosa, poiché, per citare una frase di Brunner, “Il gioco è l’attività più seria che il bambino conosce” . Il bambino, inoltre, rispettando tempi di gioco libero e attività più strutturata, routine e spazi, acquisirà spontaneamente il concetto di regola, sperimentando il piacere della convenienza a rispettarla. Ogni attività è supportata da un adeguato setting e materiali, strutturati e non, e di norma di libero accesso ai bambini. Al gioco si alternano le routine dove l’aspetto della cura “ gioca” il suo ruolo; Questi momenti, possono essere caricati in itinere di valenze più strettamente educative e sempre maggiori con l’aumentare dell’età e delle autonomie del singolo, ad esempio: il cambio in piccolo gruppo può affrettare, grazie al processo di emulazione dei pari, il controllo degli sfinteri, così come il pasto può divenire occasione di acquisizione di competenze psicomotorie nell’utilizzo delle posate ecc.

A tutto ciò può essere aggiunto: - il valore dell’attività d’intersezione; - il valore della trasversalità relazionale. L’attività di intersezione coniuga la curiosità verso l’attività proposta con quella dell’ osservazione, emulazione e contatto con bambini di altre sezioni. La trasversalità relazionale , in altre parole il contatto dei bambini con altri bimbi di età diversa, così come con bambini disabili , è ritenuta un fattore di crescita arricchente per velocizzare processi di costruzione della propria autonomia, divenire più consapevoli della propria individualità tramite la scoperta della diversità, acquisire il senso di responsabilità verso gli altri.

All’interno delle proposte educative per i più grandi vi è il PROGETTO CONTINUITà Il servizio si avvale di un progetto distrettuale che collega il nido alla scuola d’infanzia con un intervento che mette in rete educatrici e insegnati al fine di rendere più agevole possibile il passaggio tra i due livelli di scuola. Questo progetto si basa sulla trasversalità relazionale e sul mantenimento il più possibile di punti di riferimento che permettano al bambino di ritrovarsi nel nuovo ambiente scolastico della scuola d’infanzia.

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Il progetto vede nella continuità verticale un aspetto educativo importante per rendere il percorso di crescita del bambino/a più continuo e coerente possibile. Come ogni anno un’attività comune tra i due ordini di scuola fungerà da elemento di passaggio per consentire ai bimbi del nido di ritrovare al momento del loro primo incontro con la scuola d’infanzia un po’del loro “spazio” familiare”. Il progetto continuità coinvolge solo i bambini che l’anno successivo passeranno alla scuola d’infanzia. ∆ Criterio della significatività e continuità

Le proposte educative vengono condivise con le famiglie già dal primo colloquio prima dell’inserimento e rese più esplicite e particolareggiate dopo il periodo di ambientamento con la presentazione del progetto educativo e della programmazione di sezione Il progetto educativo e le programmazioni di sezione comprendono modalità e criteri di organizzazione del contesto educativo, riflettendo i significati dell’esperienza proposta dal servizio ai bambini e alle loro famiglie e rappresentano una fondamentale fonte di condivisione e conoscenza reciproca. Le famiglie vengono concepite come parte integrante di tali processi sia nello svolgimento che nella verifica. Il progetto educativo è concertato da un’equipe di lavoro che comprende il personale educativo, ausiliario, il coordinatore pedagogico della cooperativa titolare d’appalto e il pedagogista comunale. Con la stessa collegialità viene elaborata annualmente anche la programmazione delle attività, che sono costruite partendo dall’osservazione dei bambini presenti nel servizio e condotte dal momento dell’inserimento al termine del periodo di ambientamento. L’equipe attraverso una serie d’incontri programmati durante l’anno ha possibilità di rivedere e condividere sia aspetti legati alla progettazione educativa che alla programmazione delle attività al fine di riadattarle, modificarle ed arricchirle, rendendole così il corrispondenti alle specifiche esigenze di contingenza. Rispetto all’utenza la significatività è data dalla capacità di cogliere e motivare il loro interresse, facendo sempre attenzione alla predisposizione della condizione ambientale più ottimale per farlo. Spesso le proposte nuove trovano poche risposte immediate. La ripetizione di essa, come per le routine, e la continuità nel tempo rappresentano i prerequisiti di efficacia per il coinvolgimento del gruppo ed efficienza nella realizzazione. L’adulto educante ha il compito di sostenere questa ricorsività con la propria azione intenzionale e programmazione di equipe di lavoro; a cui si aggiunge l’abilità nel consolare le paure che possono bloccare il bambino e rilanciare un’azione di accompagnamento, così come cogliere e valorizzare gli elementi che emergono durante lo sviluppo delle attività stesse. ∆ Criterio della varietà e coerenza Le attività si possono suddividere in: 1. Attività linguistiche : orientate a stimolare capacità verbali, il gusto per il racconto,

l’invenzione delle storie;

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2. Coordinazione oculo-manuale : manipolazione di piccoli oggetti per sviluppare la manualità (incastri, puzzle, perle);

3. Attività di movimento : uso di attrezzature e materiale per il gioco di movimento da variare in funzione dei progressi dei bambini;

4. Attività grafico-pittoriche : pittura con tempere, pennelli, spugne, rulli e dita, disegno con pastelli, pennarelli e matite, collage con carta di vario tipo, materiali naturali;

5. Attività manipolative : manipolazione di materiali naturali; 6. Attività musico-ritmica : riconoscimento dei suoni, uso di strumenti musicali, ascolto di

brani musicali; 7. Cubi e costruzioni : sviluppo di capacità costruttive attraverso materiali strutturati e no; 8. Gioco euristico : o gioco di scoperta che permette di sperimentare gli oggetti comuni

attraverso modalità diverse; 9. Gioco simbolico : “gioco del far finta” 10. Gioco della sabbia e dell’acqua : travasi.

La sezione , come dichiarato in precedenza dispone i materiali per centri d’interesse proprio per mantenere la variabilità di possibilità di esperienze e sperimentazioni, sono presenti, infatti, proposte educative riferibili alle diverse aree di sviluppo anche se è importante mantenere una visione di bimbo nel suo totale, ovvero il lavoro su una particolare area passa sempre attraverso l’attenzione al contatto e alla relazione con il bambino. Nei vari momenti della giornata i bambini possono scegliere, quindi, differenti possibilità di gioco e su richiesta possono usufruire di materiali non a disposizione immediata L’impegno del personale educativo deve essere quello di osservare l’approccio dell’utenza alle proposte educative per capire il momento giusto in cui inserire una variazione o modificare completamente il setting all’occorrenza. Uno dei setting di esperienza privilegiati è lo spazio esterno, ove possono essere sollecitati i 5 sensi e contemporaneamente essere sperimentate competenze che vanno da quelle motorie a quelle oculo-manuali, da quelle manipolative a quelle cognitive e linguistiche nella conoscenza di ciò che li circonda. Per questo è da prevedere una programmazione di attività in esterno che possa essere realizzabile in tutte le stagioni dell’anno. La programmazione delle proposte educative deve rispecchiare i bisogni primari dell’età cui si riferisce, in particolar modo, rispetto ai minori dai 0 ai 3 anni, non può permettersi di essere settoriale, non può prescindere da un’organizzazione organica in cui le attività si rivolgono a un focus, ma contemporaneamente aprono a stimolazioni di competenze trasversali e in continuità tra loro. Ad esempio un’attività in psicomotricità si focalizza sull’aspetto motorio, ma coinvolge anche quello manipolativo, visivo, di relazione di competenze sociali nella condivisione degli spazi individuali nell’ambiente.

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3.2 CRITERI E MODALITA’ DI RELAZIONE E PARTECIPAZIO NE DELLE FAMIGLIE E

DEL RAPPORTO CON IL TERRITORIO

3.2a) Relazioni e partecipazione delle famiglie

∆ La partecipazione I nidi in un’ottica di comunità educante concorrono con le famiglie all’educazione dei bimbi e alla loro crescita. L’educatore deve al contempo: - instaurare con la famiglia una dinamica dialogica di accoglienza, così come quella

adottata nell’approccio al bambino/a, che gli permetta di personalizzare l’approccio con la stessa, pur mantenendo delle regole sociali di convivenza condivise e valide per l’intero gruppo sezione;

- predisporre un’alleanza educativa forte dove la sinergia e la collaborazione tra le figure adulte di riferimento abbia come obiettivo ultimo uno stile educativo mirato e coerente.

Il nido rientra in un sistema educativo integrato (art.4) dove si promuove confronto tra i genitori: ci s’incontra, ci si confronta. Il servizio, inoltre ha come peculiarità una forte attenzione alla comunicazione d’emozioni, al dialogo e al sostegno reciproco. Per fare questo mette a disposizione spazi specifici di espressione come: la possibilità di chiedere in qualsiasi momento un colloquio con le educatrici e/o con la pedagogista, oltre che la possibilità di una consulenza educativa 0-6 anni da parte della pedagogista . Presupposto di tale relazione è la trasparenza nella gestione dei servizi (art.8) che passa attraverso modalità di compartecipazione anche più formali come l’istituzione di specifici organismi rappresentativi ad esempio il comitato di gestione, ma anche la condivisione del progetto educativo e della programmazione di sezione. Gli strumenti che i genitori possiedono per compartecipare alla vita educativa del nido oltre che il colloquio sono: - Il comitato di gestione e la voce dei rappresentanti che possono convocare una

riunione con la pedagogista e le rappresentati delle educatrici e del personale ausiliario per affrontare assieme questioni organizzative e strutturali;

- La commissione mensa; - Le riunioni tematiche che sono un’opportunità per confrontarsi con altri genitori su

argomenti pratici della gestione educativa e dello sviluppo evolutivo di bimbi. - Laboratori; - Le merende e riunioni di sezione; - La partecipazione agli eventi del nido (feste e iniziative culturali). - Le giornate di nido aperto per i genitori che non usuf ruiscono ancora del servizio; - Le giornate di “genitore o nonno al nido”; - La documentazione partecipata, ovvero la condivisio ne del diario/quadernone. - I colloqui individuali con le educatrici della sezi one; - I colloqui individuali con la pedagogista.

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Il contributo dei genitori deve superare la partecipazione per spostarsi a un livello di con-partecipazione, abbracciando un’ottica di partnership, dove le figure adulte di riferimento (educatori e genitori) del bambino riescano a co-costruire e condividere una coerenza educativa . Questo agevola e velocizza i processi di crescita poiché lavora sul rinforzo piuttosto che sul disorientamento nei rimandi educativi. Il prerequisito di una tale collaborazione è la costruzione e il consolidamento del rapporto non giudicante e di fiducia reciproca tra equipe di sezione e genitori . Il requisito per la realizzazione, è come accennato più sopra, la trasparenza comunicativa, la predisposizione di spazi di confronto sia individuali (possibilità di colloquio individuale su richiesta alle educatrici di sezione o alla coordinatrice pedagogica) che di gruppo (come la verifica degli inserimenti, la proposta di laboratori per la costruzione di materiali utili alla programmazione di sezione e per la conoscenza reciproca ecc.). All’interno della trasparenza comunicativa rientrano gli strumenti di comunicazione: la possibilità di comunicare in forma espositiva (bacheche), in forma diretta, via mail o al telefono, e come è stato detto, di programmare colloqui individuali, salvaguardando, invece, i momenti di contatto giornaliero tra le 2 figure di riferimento adulte, ovvero i momenti di commiato al nido così emotivamente intensi e delicati per il bambino/a. Ma comunicazione è anche informazione, quindi la possibilità per le famiglie di prendere visione del progetto pedagogico, della carta dei servizi e le progetto educativo con annessa la programmazione di sezione, la quale viene discussa condivisa e motivata hai genitori. Il livello di partecipazione per i genitori è un indicatore importante da conoscere per poter calibrare le iniziative di coinvolgimento e mettere in discussione l’efficacia e l’efficienza delle modalità di comunicazione programmate. La partecipazione è possibile rilevarla mantenendo aggiornata la lista delle presenze durante l’assemblea o nelle riunioni tematiche, ma anche osservando il livello di risposta alle iniziative di partecipazione attiva proposte o di coinvolgimento emotivo dei genitori alla vita del nido. Le famiglie durante la prima riunione vengono informate, inoltre, della disponibilità dell’ufficio scuola e dei responsabili di servizio a rispondere negli orari di apertura al pubblico a perplessità o chiarimenti che possono manifestarsi durante l’anno. ∆ Cultura alla genitorialità Il sostegno alla genitorialità è un prerequisito del servizio; la tranquillità, la fiducia nella relazione e la predisposizione alla conoscenza e allo scambio d’informazioni tra genitori ed educatori rappresentano “l’humus” della buona riuscita dell’intervento educativo. Scambio e conoscenza significa co-costruzione di una cultura alla genitorialità che passa dai colloqui con la pedagogista e con le educatrici allo scambio di opinioni, problematiche, dubbi tra genitori. Per questo gli incontri tematici proposti sono pensati sotto forma di conversazione, nella quale vengono utilizzate strategie di coinvolgimento attivo al fine di arrivare ai contenuti tramite lo scambio dei vissuti.

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3.2b) Servizio, famiglie e territorio ∆ Azioni di raccordo Il servizio funge da raccordo tra le famiglie e le risorse presenti sul territorio. Tali risorse toccano svariati ambiti: dall’associazionismo ai servizi comunali con competenze specifiche. Per le situazioni di handicap o disagio sociale, il coordinatore pedagogico costruisce e si occupa di curare la calendarizzazione degli incontri con il servizio di neuropsichiatria locale o il servizio di assistenza sociale in raccordo con il personale educativo. Tale contatto non si esaurisce con la presenza o meno di bambini certificati, ma rappresenta una prassi da parte del coordinatore pedagogico utile alla creazione di una rete di supporto con diverse competenze da richiamare all’occorrenza. Le associazioni, in base alla propria peculiarità sono, inoltre, una risorsa per arricchire le proposte laboratoriali, supportarle in alcune mansioni o presenziare agli eventi più ludici e conviviali come le feste. Il contatto con la scuola d’infanzia è uno dei raccordi territoriali più sentiti e condivisi con i genitori. Ogni anno, infatti, le insegnanti di scuola d’infanzia e le educatrici che seguono i bambini che passeranno a scuola, lavorano assieme alla progettazione e ideazione di un “progetto passaggio” o progetto di continuità, che fungerà da oggetto transazionale nei primi giorni di presenza. Il raccordo coinvolge direttamente i genitori che sono chiamati a lavorare per ideare un prodotto da portare o comunque convocati per una presenza che rappresenterà il primo contatto. Il raccordo tra insegnanti e educatrici non è solo finalizzato all’elaborazione del progetto operativo, ma anche teso alla condivisione di una visione educativa comune, di attività poi esportabili nel primo periodo di permanenza alla scuola d’infanzia e per il passaggio d’informazioni rispetto le caratteristiche peculiari di ogni singolo bambino che accederà alla scuola d’infanzia e che esce dal nido. ∆ Cultura della comunità educante

Non vi sono molte occasione di conoscenza del servizio alla cittadinanza se non per quella parte che direttamente ne usufruisce. Ogni anno viene organizzata una serata di nido “aperto” dove i genitori o parenti che avessero piacere di visitare il nido prima dell’inserimento del proprio bambino, hanno la possibilità di farlo. Non si esclude la possibilità di fare iniziative più pubbliche , come è stata la commemorazione della legge 1044 per l’apertura dei nidi, che possono coinvolgere o essere visibili anche dalla cittadinanza, ma sono condizionate dalla programmazione delle attività annuali.

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3.3 CRITERI E MODALITA’ DI FUNZIONAMENTO DEL GRUPPO 3.3a) Coordinamento del gruppo di lavoro Le relazioni tra adulti sono alimentate dalla consapevolezza del proprio agire educativo, dalla capacità di comunicare e dalla disponibilità a mettersi in discussione per condividere nuove scelte e nuovi assetti organizzativi e funzionali. Il gruppo riveste un ruolo centrale all’interno del servizio in quanto nello scambio, che si può attivare solo all’interno dei gruppi, è possibile rinnovarsi e rinnovare i propri saperi in modo da non cristallizzare la propria professionalità in schemi rigidi. Il lavoro d equipe garantisce una riflessione condivisa di pratiche e scelte rispondendo anche alla necessità di discutere insieme a partire dalle esperienze concrete vissute nel servizio. La riflessione è quindi fondamentale al fine di ripensare l’efficacia delle scelte effettuate. Il concetto di professionalità s’intreccia con quello di “professionalità estesa”.1. La caratteristica distintiva della professionalità estesa è quella di essere sempre disponibili a una verifica sistematica del proprio operato anche in relazione al mutare delle circostanze. Si tratta di mettere in atto un atteggiamento metariflessivo che permetta una crescita personale e professionale del gruppo di lavoro. Quest’ atteggiamento mentale viene sostenuto e rafforzato sia attraverso l' equipe di lavoro sia attraverso le formazioni. La formazione si attua, quindi, gradualmente ogni giorno nelle interazioni quotidiane con i bambini e gli adulti frequentanti il servizio e attraverso la riflessione sul lavoro quotidiano che si effettua all’interno del gruppo di lavoro con la supervisione della figura della coordinatrice pedagogica. ∆ Collegialità Il servizio nido si fonda su un lavoro collegiale tra tutti i protagonisti che lo compongono compresa l’utenza. Il personale educativo assieme alla coordinatrice pedagogica, coordinatori gestionali e al personale ausiliario devono avere ben chiara la loro funzione e i confini che separano essa dalle altre. La capacità del gruppo di lavoro è quella di lavorare in sinergia pur mantenendo il proprio mandato, ma senza rimarcare eccessivamente i confini operativi, per non minare la flessibilità implicita nella collaborazione. Strutturare e calendarizzare dall’inizio dell’anno gli incontri aiuta l’organizzazione del team a mantenere una presenza costante e dare continuità ai contenuti che vengono trattati durante l’anno. Ogni gruppo di lavoro inizia con l’esposizione dell’ordine del giorno e viene verbalizzato per essere consultabile in qualsiasi momento. Le decisioni in campo operativo vengono concertare da più punti di vista appunto per la presenza di tutte le figure che contribuiscono alla vita del servizio. Il ruolo del pedagogista è quello di creare le condizioni per svolgere queste concertazioni in un clima di ascolto e partecipazione attiva, così come mediare rispetto alle questioni problematiche che nel corso dell’anno si presentano in uno o più settori. Ciò con lo scopo di lavorare disponendo, comunque, al dialogo e alla concentrazione sugli obiettivi e le loro

1 M.Manini, V.Gherardi, L.Balduzzi, Gioco, bambini, genitori. Modelli educativi nei servizi per l’infanzia, Carocci, Roma, 2005.

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modalità di realizzazione, ovvero il benessere dell’utenza e delle loro famiglie e lo sviluppo delle loro competenze. ∆ Formazione contestualizzata Sono previsti annualmente incontri di formazioni a supporto delle pratiche appena citate. Formazioni differenziate in base alla competenza e mansione, ma anche formazioni con argomenti più condivisibili come “il gioco del bambino” ad esempio che coinvolge trasversalmente sia il ruolo di supporto alla sezione dei collaboratori che quello educativo. ∆ Coordinamento pedagogico Il coordinamento pedagogico deve sostenere il gruppo di lavoro, tramite la sua presenza nel servizio al fine di conoscerne l’applicazione pratica e quotidiana delle decisioni prese in riunione di collettivo, così come dare delle indicazioni nelle sedi opportune sulle modalità operative e le possibilità di miglioramento. E’ un facilitatore di processi comunicativi come un fautore di collaborazione tra le risorse e i servizi di un territorio che si devono mettere in rete per uno stesso fine, il sostegno dell’utenza. Si fa promotore di strategie educative, di contenuto pedagogici che condivide con il gruppo di lavoro. Ha il compito di sostenere la genitorialità e di essere promotore di momenti di confronto tra genitori. E’ un osservatore attento ai processi di svolgimento dei servizi, ma anche rispetto le caratteristiche e le tappe di sviluppo di ogni singolo bambino presente al nido. Lo strumento utilizzato è quello in prevalenza dell’osservazione partecipata.

∆ Riflessività Le sedi quotate alla cura e al controllo della coerenza dell’operato del servizio sono: - i collettivi del gruppo di lavoro allargato, con scadenza mensile; - i collettivi con le collaboratrici; - le riunioni di sezione (almeno 2 l’anno e con frequenza se in presenza di difficoltà), con e

senza la presenza del coordinatore pedagogico; - i gruppo di confronto, composti da educatrici di diverse sezioni e con l’intervento del

coordinatore pedagogico come facilitatore di processi dialogici, per condividere le pratiche di lavoro, le modalità di vivere e agire l’azione educativa, le problematiche relative i singoli casi,

- le riunioni informali di piccolo gruppo che si creano all’occorrenza. La riflessività sui processi e sulle azioni permette di attualizzare gli obiettivi generali e specifici che ogni anno il gruppo di lavoro si pone, sulla base delle esigenze in itinere, le quali si fanno spazio via via tra le priorità assunte a priori. Tale processo significa credere in un servizio flessibile che non traduce la progettazione in azione se non ricalibrandola e riadattandola alle effettive esigenze dell’utenza. Lo spazio di riflessività in questi termini non si esaurisce mai come la necessità di osservazione sistemica.

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3.3b) Progettazione ∆ Intenzionalità e coerenza

Progettare implica costruire e scegliere una linea metodologica e di contenuti. Questa linea deve essere condivisa e seguita dal gruppo di lavoro, ritrovabile nelle decisioni che emergono dai collettivi e nel progetto pedagogico che ne riporta intenti e modalità di applicazione. Ciò implica una coerenza di fondo e una continuità anche tra il progetto pedagogico, il progetto educativo e la programmazione delle sezioni. ∆ Contestualizzazione e flessibilità

Tutti i contenuti del progetto pedagogico steso fino ad ora riportavano la flessibilità come assunto di base, che non crea instabilità, ma anzi potenzia la stabilità avvalendosi della lettura del bisogno in itinere come strumento di creazione di benessere, ben-stare e di senso di appartenenza alla vita del servizio. Gli strumenti di lettura per conservare questo processo devono però essere rivisti e discussi periodicamente dal gruppo di lavoro al fine di mantenere la caratteristica di “presa di distanza” dalla quotidianità operativa.

3.3c) Documentazione ∆ Sistematicità e coerenza

Documentazione è possibilità di reperire i materiali di lavoro, le discussioni dei collettivi e delle riunioni con i genitori, ma soprattutto sistematizzazione del percorso di ogni singolo bimbo e gruppo sezione tramite un diario storia. Le modalità di documentazione devono essere oggetto di discussione come deve essere chiara l’organizzazione di essa per poter accerdervi e renderla effettivamente uno strumento di lavoro. La sperimentazione della documentazione partecipata con i genitori ha come caratteristica la possibilità di riconoscerne nell’immediato questa funzione strumentale. Essa rappresenta una modalità diversa di documentare il percorso di ogni singolo bambino, più aderente e puntuale alle sue piccole grandi conquiste e soprattutto condiviso in itinere con la famiglia. La documentazione partecipata ha tre funzioni fondamentali: - accompagnare le famiglie nella partecipazione attiva all’esperienza del bambino/a; - agevolare gli scambi per rinforzare l’incontro e l’alleanza delle figure adulte di

riferimento (genitori, parenti e educatori); - avere occasione di fissare le osservazioni che si fanno sui singoli bambini per

migliorare l’interazione personalizzata che le educatrici tutti i giorni hanno con loro. Gli strumenti strutturati di documentazione dell’operatività educativa sono: verbali dei collettivi, verbali delle riunioni con i genitori, verbali delle riunioni di sezioni, schede di osservazione, schede di inserimento, schede di valutazione del servizio mensa, questionario di verifica del servizio, questionario di inserimento, questionari di valutazione della formazione del personale, schede giornaliere cambi e pasti.

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∆ Leggibilità La documentazione è pensata in base ai destinatari a cui fa riferimento. Ogni sezione tiene un archivio in cui sono raccolti: disegni dei bambini, diari storia o quadernoni, la modulistica per la famiglia e le schede di ogni bambino con i contatti. Mettere in rete la documentazione di servizi, ad esempio, nei progetti di scambio tra nidi potrebbe essere un utile strumento di riflessione con una ricaduta di autovalutazione del proprio servizio nel confronto con l’altro. 3.4 Valutazione ∆ Sistematicità Ogni qualvolta il gruppo di lavoro si trova, i gruppi di confronto, le riunioni di sezione sono tutte occasioni per mettere in atto processi di valutazione in itinere dell’andamento del servizio. La valutazione della qualità percepita non è solamente il primo punto all’ordine del giorno di tutti i collettivi, ma anche viene richiesta alle famiglie alla fine dell’anno educativo. Le osservazioni del coordinatore pedagogico estese a tutti i momenti della giornata del servizio sono da considerarsi strumenti di valutazione sia delle procedure che dell’effettiva operatività. L’adozione dello strumento regionale di auto ed etero valutazione ha incentivato e strutturato alcuni processi di valutazione solitamente sostenuti solo in maniera dialogica all’interno delle equipe di lavoro. Avere una tracci scritta che riporta alla mente tutti gli aspetti organizzativi, operativi e comunicativi del servizio permette una programmazione da parte del coordinatore pedagogico di un “calendario di autovalutazione di essi, la possibilità di analizzarne uno per volta ed entrare nel merito delle rispettive sottodimensioni per arrivare alla fine dell’anno ad avere una visione di insieme unitaria e completa. ∆ Funzione formativa La funzione formativa sta proprio nello strutturare tale processo di visione e revisione del servizio, che necessariamente dà degli spunti per progettare proposte migliorative ogni qualvolta se ne riconoscono dei limiti.

4. DURATA

Il Progetto Pedagogico ha durata triennale. Occorre che alla fine di tale periodo il progetto sia rivisto all’interno del gruppo di lavoro, condiviso con le famiglie utenti del servizio ed eventualmente aggiornato. Le finalità e la struttura organizzativa del servizio devono essere coerenti con le linee metodologiche dichiarate ai punti 3.1, 3.2, 3.3, 3.4. Eventuali variazioni nella struttura organizzativa del servizio verranno tempestivamente comunicate.