Newsletter n. 8 - Agosto 2017 filerende difficile vedere con obietti-vità quello che sta...

5
Il viaggio della vita Ho guardato fuori dalla finestra di questo treno che è la vita ed ho visto un mondo in movimento, un mondo con tanti paesaggi di- versi tra loro. E’ bello osservare ciò che mi circonda, posti, case, persone, ognuna impegnata nelle proprie vicissitudini, freneticamente oc- cupata a fare qualcosa o a correre in qualche posto a me sconosciu- to. E penso che tra quelle persone potrei esserci anch’io! Poi distolgo lo sguardo e la mia realtà prede il sopravvento … no, non potrei essere li, tra quel- le persone, perché sono costretta a vivere qui, da sola, con l’unica compagnia di una malattia che non avrei voluto incontrare. Cerco di farmi forza e di immagi- nare una vita diversa. Mi penso fuori da qui, nel mondo “vero”, quello dove le cose si sentono, dove le emozioni si vivono, ed è una strana, bella sensazione. Po- ter tornare a sorridere, a divertirsi, a stare con gli altri. La malattia però mi ha tolto an- che questa possibilità, ha aneste- tizzato i miei sentimenti e ora non sento più niente. Lo so, io per prima non volevo più sentire quei sentimenti doloro- si che non riuscivo a gestire. Ora però, che ho conosciuto il silenzio delle emozioni e la solitudine di una vita vissuta solo con lei, vor- rei tanto avere un’altra possibilità. Chissà, forse un giorno capiterà che potrò tornare la fuori, chissà La paura di tornare a sentire, a provare certi sentimenti però è tanta, forse è meglio rimanere qui. Poi ci penso bene e mi dico che, in realtà, anche il pensare di voler tornare a sorridere alla vita è un sentimento, è un desiderio che alimenta in me emozioni che pos- so usare per fare quel passo così difficile ma così importante. Si, posso usare il desiderio, la voglia di vivere per alimentare la speranza, e posso usare tutte queste cose assieme per provare a uscire da qui. Non sarà facile, lo so, ma questo treno corre troppo veloce perché io possa continuare ad aspet- tare. E poi se nel cammino avrò bisogno di fermarmi un attimo ci sono sempre le stazioni, in cui potrò riposarmi per poi ripartire più determinata di prima, con un bagaglio in più, quello in cui avrò messo tutte le cose raccolte fino a quel momento: speranze, amici- zie, sogni e, soprattutto, il deside- rio di andare avanti, sempre. Cercherò di togliere da quel ba- gaglio le cose più ingombranti, le paure, i sensi di colpa, le delusioni per le cadute che potrei aver avu- to … perché tutti possiamo cade- re, ma possiamo anche rialzarci e andare avanti, su questo meravi- glioso viaggio che è la vita. Newsletter n. 8 - Agosto 2017

Transcript of Newsletter n. 8 - Agosto 2017 filerende difficile vedere con obietti-vità quello che sta...

Il viaggio della vita

Ho guardato fuori dalla finestra di questo treno che è la vita ed ho visto un mondo in movimento, un mondo con tanti paesaggi di-versi tra loro.E’ bello osservare ciò che mi circonda, posti, case, persone, ognuna impegnata nelle proprie vicissitudini, freneticamente oc-cupata a fare qualcosa o a correre in qualche posto a me sconosciu-to.

E penso che tra quelle persone potrei esserci anch’io!

Poi distolgo lo sguardo e la mia realtà prede il sopravvento … no, non potrei essere li, tra quel-le persone, perché sono costretta a vivere qui, da sola, con l’unica compagnia di una malattia che non avrei voluto incontrare.

Cerco di farmi forza e di immagi-nare una vita diversa. Mi penso

fuori da qui, nel mondo “vero”, quello dove le cose si sentono, dove le emozioni si vivono, ed è una strana, bella sensazione. Po-ter tornare a sorridere, a divertirsi, a stare con gli altri.La malattia però mi ha tolto an-che questa possibilità, ha aneste-tizzato i miei sentimenti e ora non sento più niente.

Lo so, io per prima non volevo più sentire quei sentimenti doloro-si che non riuscivo a gestire. Ora però, che ho conosciuto il silenzio delle emozioni e la solitudine di una vita vissuta solo con lei, vor-rei tanto avere un’altra possibilità.

Chissà, forse un giorno capiterà che potrò tornare la fuori, chissà …

La paura di tornare a sentire, a provare certi sentimenti però è tanta, forse è meglio rimanere qui.

Poi ci penso bene e mi dico che, in realtà, anche il pensare di voler tornare a sorridere alla vita è un sentimento, è un desiderio che alimenta in me emozioni che pos-so usare per fare quel passo così difficile ma così importante.

Si, posso usare il desiderio, la voglia di vivere per alimentare la speranza, e posso usare tutte queste cose assieme per provare a uscire da qui.

Non sarà facile, lo so, ma questo treno corre troppo veloce perché io possa continuare ad aspet-tare. E poi se nel cammino avrò bisogno di fermarmi un attimo ci sono sempre le stazioni, in cui potrò riposarmi per poi ripartire più determinata di prima, con un bagaglio in più, quello in cui avrò messo tutte le cose raccolte fino a quel momento: speranze, amici-zie, sogni e, soprattutto, il deside-rio di andare avanti, sempre.Cercherò di togliere da quel ba-gaglio le cose più ingombranti, le paure, i sensi di colpa, le delusioni per le cadute che potrei aver avu-to … perché tutti possiamo cade-re, ma possiamo anche rialzarci e andare avanti, su questo meravi-glioso viaggio che è la vita.

Newsletter n. 8 - Agosto 2017

Litigi

Perché non riesco a controllarmi?Perché non riesco a trattenermi ed esplodo invece in una discus-sione che non dà alcun frutto?Eppure sono un genitore e dovrei essere in grado di gestire queste situazioni, questi screzi con lei!Ogni pasto diventa invece quasi una prova, una dura prova per la mia pazienza e il mio autocon-trollo e non so mai se ce la farò, se riuscirò a mantenere la calma o se invece cederò, dando vita ad uno scontro che non vorrei.

Essere genitori non è facile, si vor-rebbe sempre il meglio per i pro-pri figli, in ogni circostanza.Ci sono però delle volte in cui i figli sono chiamati a combattere dure lotte, battaglie, le loro bat-taglie, che a volte possono essere dolorose e che si vorrebbe com-battere al loro posto.Questo però non è possibile e al-lora non resta che stargli vicino,

dando loro il sostegno di cui han-no bisogno.

Ma cosa succede se questo soste-gno, questo aiuto, non lo voglio-no?Cosa succede se le parole dette per amore vengono percepite come parole nemiche?Cosa succede se quello che si vor-rebbe per loro è esattamente il contrario di quello che vogliono loro o, meglio, di quello che la malattia vuole per loro?

Succede che, purtroppo, trovare un punto di contatto, di unione, diventa difficile, molto difficile e si crea così un terreno fertile per discussioni e litigi.Sono litigi dettati dall’amore, dal bene provato per i propri cari, dal grande desiderio di poterli pro-teggere da quella malattia che sfortunatamente loro non riesco-no a vedere come tale. Però sono pur sempre discussioni, scontri, anche quotidiani, che minano i rapporti e che possono allonta-nare i propri figli, a cui la malattia rende difficile vedere con obietti-vità quello che sta succedendo.

Proprio per questo, perché il clima che si può creare in casa è un cli-ma che può essere estremamente

pesante e difficile da gestire, fino a diventare quasi insostenibile, sarebbe importante che tutti, an-che i genitori, chiedessero aiuto, per sé, per attrezzarsi nel modo giusto per poter poi affrontare nel modo migliore le giornate, le ore, i momenti che possono dav-vero metterli a dura prova.

Arrabbiarsi, perdere la calma, di-scutere, è normale, sfido chiun-que riuscire a restare calmo e distaccato nel vedere un proprio figlio consumarsi per colpa di una malattia come sono i disturbi del comportamento alimentare. Sfi-do chiunque ad assistere, giorno dopo giorno, al dolore di chi si ama di più senza poter fare nien-te, senza poter intervenire. Sfido chiunque a guardare in faccia la possibilità di perdere un proprio figlio … la rabbia, la frustrazione, la tristezza, la paura sono senti-menti normali, sono sentimenti che è inevitabile provare, come inevitabile è voler fare qualcosa perché le cose cambino, per ria-vere tra le proprie braccia il pro-prio figlio ...

Nessuno può capire

Nessuno può capire quello che mi passa dentro quando quella voce, che non riesco più a far tacere, mi dice che così non va, che non sono stata abbastanza forte, che ancora non ho raggiunto l’obiet-tivo. No, nessuno può capire.Nemmeno quando mi dico che tutto va bene, perché, si, insom-ma, se sono riuscita a non man-giare allora si, tutto va bene, lei si placa per un po’ e per un po’ mi lascia respirare.Poi però torna, più forte di prima, come se il non aver mangiato non fosse sufficiente, come se, ancora una volta, dovessi dimostrarle di essere forte, più forte di prima, più forte di tutto e di tutti.

No, nessuno può capire, nemme-

no quella stanchezza che, anche se mi toglie tutte le energie, mi fa sentire comunque in pace, perché se sono stanca alla fine dei conti è perché ci sono riuscita, sono riu-scita a resistere, ho vinto, almeno per questa volta, per oggi, ce l’ho fatta, e posso, almeno per un po’, stare tranquilla.

E non possono capire neanche quel dolore che mi brucia den-tro quando invece non ci riesco, quando cedo alla tentazione, quando mi obbligano a mangia-re, quando tutto va a rotoli. E’ il di-sastro, la sconfitta che fa più male e che non smette di farmi sentire in colpa, sbagliata, incapace.

No, non possono capire tutto questo, come non possono capi-re che sono costretta a inventare mille scuse per evitare i pasti e per non uscire con gli amici che cercherebbero di convincermi a mangiare.

Come possono capire? Io vorrei vedere i miei amici, vorrei po-termi divertire ancora assieme

a loro, ma il loro mondo è ormai così distante dal mio da rendere così difficile, faticoso, l’andarci. Un mondo a cui sento di non ap-partenere più, un mondo del pas-sato. Certo, sarebbe bello poterli rivedere, poter stare ancora assie-me a loro, ma come si fa? Come posso riuscirci?

Chissà, forse, se sapessero, se ca-pissero …... forse se provassi a spiegarglielo … forse ...… certo, non è facile spiegare e non è facile capire ma è anche vero che non provarci è peggio perché vuol dire togliere ogni possibilità di essere ascoltata e compresa, ogni possibilità di ria-vere qualcuno vicino a me, ogni possibilità di sentirmi un po’ meno sola …

Ho capito

Avrei voluto essere più forte e ri-uscire ad affrontare le difficoltà della vita in modo diverso, senza l’aiuto di una malattia. Se solo non fossi stata così fragile, così vulnerabile rispetto alle cose che mi stavano accadendo. Se avessi potuto avere una vita normale, come quella di tante altre ragazze di sedici anni, una vita da trascor-rere divertendomi con gli amici, ridendo con loro per le cose che a sedici anni normalmente si fanno.

Le cose però sono andate diver-samente, non ho potuto essere come gli altri, non ne sono stata capace. Già, non ne sono stata capace perché nel momento in cui stavo male e avevo bisogno di aiuto lo ho trovato in qualcosa di sbagliato. Non lo ho trovato in un’amica, in un insegnante o in qualche altra cosa, no, lo ho tro-vato in una malattia che poi mi ha tolto tutto, lasciandomi l’amarez-za di tutte le cose perse, cose che non potranno tornare e che nes-suno potrà ridarmi.

Se fossi riuscita a riconoscerla su-bito per quello che era, riuscendo a vedere in lei quello che davve-ro si celava dietro una maschera portata alla perfezione su di un viso apparentemente sorridente. Però non sono riuscita a farlo, a vedere quello che si nascondeva dietro quella maschera, dietro

quel sorriso amichevole che tutto era tranne che un sorriso amico.Certo, lei mi ha aiutata dandomi la forza di cui avevo bisogno per affrontare il dolore delle esperien-ze che stavo vivendo e azzittendo quei sentimenti così forti che al-trimenti avrebbero fatto scoppia-re il mio cuore … tristezza, rabbia, solitudine, impotenza, frustrazio-ne, sofferenza … sentimenti dav-vero troppo forti per essere vissu-ti contemporaneamente da una ragazzina che si stava affacciando al mondo vita solo con la voglia di vivere, di essere.

Così è entrata in me, dalla porta che ho lasciato aperta nella spe-ranza che potesse servire per far entrare qualcosa di buono, di po-sitivo, qualcosa che mi permet-tesse di ritrovare la serenità che più non sentivo.Quello che è entrato invece è stato tutt’altro, un qualcosa che lentamente, giorno dopo giorno, si è fatto sempre più strada in me lasciandomi unicamente l’idea, sbagliata, di avere tutto sotto controllo, tutto in ordine … quan-do l’ordine era già lontano mille miglia dalla mia vita.Purtroppo però io non riuscivo a vederlo, vedevo solo quello che sentivo e quello che sentivo era quello che lei, l’anoressia, vole-va farmi sentire, una sensazione di poter andar bene così, senza niente di più, anzi, senza tutto quello che normalmente serve per vivere. Infatti quello che serve per vivere, il cibo, io non lo meri-tavo, non lo potevo avere, no, sa-rebbe stato troppo, sarebbe stato sbagliato perché solo senza, solo dimostrando di essere capace di rinunciare, di resistere, potevo avere, anche se per poco, la sua

approvazione e credere final-mente di essere nel giusto, di aver fatto qualcosa di buono, di essere stata capace di …

Come mi sbagliavo ... come mi illudevo di poter vivere così, per sempre, quando la mia non era più vita ma una gara, una sfida costante che, se ci penso bene, avrei comunque sempre perso.

Quanti giorni, mesi, anni passati nel dolore e nella solitudine, con l’unica compagnia dei sensi di colpa e della vergogna per l’altra inquilina che era venuta a vivere con me, la bulimia.Anni difficili, con periodi più o meno duri ma, sempre, con loro al mio fianco, quasi fossimo di-ventate delle inseparabili amiche. E come care amiche non mi la-sciavano mai, nemmeno un mo-mento, come a volermi dire: non preoccuparti, ci siamo noi qui, con te, comunque vadano le cose non sei sola, noi siamo qui per proteggerti da tutto e da tutti.Ma se davvero fossero state mie amiche non avrebbero dovu-to vedere la mia tristezza? Non avrebbero dovuto accorgersi che qualcosa non andava e che non ero più io? Non avrebbero dovu-to vedere come la mia vita si stava svuotando?

Già, se fossero state davvero delle amiche avrebbero dovuto vedere tutto questo e avrebbero dovuto aiutarmi a staccarmi da loro, a di-ventare la donna che avrei voluto diventare.Se fossero state mie amiche non mi avrebbero tenuta ferma, a se-dici anni, impedendomi di vivere

Se vuoi condividere la tua espe-rienza, esprimere il tuo pensiero o se hai il desiderio o il bisogno di parlare o confrontarti con qualcuno oppurese sei un esperto del settore e vuoi contribuire con un tuo interventopuoi scrivermi all’indirizzo: [email protected]

www.goccecolorate.wordpress.com

quello che ogni persona ha dirit-to di vivere, le proprie esperienze. Si, è vero, le esperienze possono anche essere dolorose ma solo affrontandole ognuno di noi può rafforzarsi e acquistare la capaci-tà di superare le difficoltà. Non è impedendomi di provare dei sen-timenti che mi hanno permesso di crescere, al contrario, mi hanno obbligata a crescere nel modo che mai avrei voluto, con l’idea di essere sbagliata, di avere, in me, qualcosa che non andava, con una colpa più grande di me.

Con il tempo però ho capito tante cose.Ho capito che i disturbi del com-portamento alimentare non sono una colpa o una debolezza, sono malattie che vanno riconosciute, accettate e curate.Ho capito che non si è sbagliati perché si è più sensibili di altri, solo si sentono le cose più inten-

samente e questo può far male. Allo stesso modo ho capito che la sensibilità può anche permetterci di sentire e vedere cose positive, cose che altrimenti ci sfuggireb-bero come le sfaccettature dei sentimenti, le emozioni più pro-fonde, quello che si nasconde dietro uno sguardo.Ho capito che nessuno è perfet-to ma che ognuno di noi ha dei pregi, delle caratteristiche così particolari e uniche da renderci speciali, ognuno a modo nostro.Ho capito che non sempre chi ci vuole bene ci dice quello che vo-gliamo sentire perché, per fortu-na, chi ci vuole davvero bene ci tiene a noi e fa di tutto per farci capire come stanno davvero le cose. Chi ci vuole davvero bene litiga con noi per farci ragionare, urla per farsi sentire, perché per lui la cosa più importante non è assecondarci ma il nostro bene.Ho capito che un amore può resi-

stere a tutto, anche alle sfide più grandi.Ho capito che ognuno di noi ha la possibilità di cambiare le cose, anche quando sembra ormai tut-to scritto e definito, perché ognu-no di noi può, con la propria forza, stravolgere il corso di quel fiume che altrimenti rischia di straripa-re. E ho capito che per farlo è giu-sto e importante chiedere aiuto, l’aiuto di chi ha a disposizione gli attrezzi giusti per costruire l’argi-ne di quel fiume.Ho capito che la vita è meraviglio-sa, anche se a volte fa paura e ci mette a dura prova.

Si, mi è costato tanto, percorsi di cura, lavori su me stessa, terapie ... ma ne è valsa la pena.