Newsletter n. 1 - Gennaio 2017 - WordPress.com

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Vorrei non averti mai incontrata, non aver mai ascoltato le tue pa- role quando mi promettevi quello che più di tutto in quel momento avrei voluto avere. Vorrei non averti conosciuta, non averti assecondata quando mi di- cevi che mi avresti protetta, difesa da quello che mi faceva soffrire. Mi hai mentito, mi hai fatto star male, mi hai fatto perdere tante, troppe cose. Amici, affetti, oppor- tunità, momenti speciali che non torneranno più. Mi hai illusa di potermi aiutare. E’ vero, all’inizio l’hai fatto, hai nascosto il dolore che provavo, il peso che portavo, ma lo hai nascosto, non cancellato. Non mi hai aiutata a superarlo, lo hai invee fattO tacere un po’, fino a quando è tornato ... perché le cose non affrontate possono tornare. Dov’è finita la forza che mi hai promesso, quella che mi hai dato all’inizio? Dov’è finito il silenzio, quello profondo, dei sentimen- ti? Dov’è tutto quello che mi hai fatto credere poteva essere mio? Un mondo quasi perfetto, dove poter avere tutto sotto controllo, un mondo in cui non soffrire più … un mondo che non esiste ... E’ dovuto passare del tempo per- ché lo capissi, ma adesso sono qui, davanti a te, con una consa- pevolezza diversa, quella che mi permette di vederti non più come un’amica ma come un qualcosa di diverso, quello che sei veramente, una malattia. Si, sono arrabbiata, per tutte le cose che mi hai tolto, per tutti i giorni che mi hai fatto perdere, ma sono anche felice di aver ca- pito come quello che è successo può cambiare, piano piano, gior- no dopo giorno. Si, perché adesso quello che conta non è più quello che vuoi tu ma quello che voglio io … e io voglio vivere. Vorrei non averti mai incontrata Newsletter n. 1 - Gennaio 2017

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Vorrei non averti mai incontrata, non aver mai ascoltato le tue pa-role quando mi promettevi quello che più di tutto in quel momento avrei voluto avere.Vorrei non averti conosciuta, non averti assecondata quando mi di-cevi che mi avresti protetta, difesa da quello che mi faceva soffrire.Mi hai mentito, mi hai fatto star male, mi hai fatto perdere tante, troppe cose. Amici, affetti, oppor-tunità, momenti speciali che non torneranno più.

Mi hai illusa di potermi aiutare. E’ vero, all’inizio l’hai fatto, hai nascosto il dolore che provavo, il peso che portavo, ma lo hai nascosto, non cancellato. Non mi hai aiutata a superarlo, lo hai invee fattO tacere un po’, fino a quando è tornato ... perché le cosenon affrontate possono tornare.

Dov’è finita la forza che mi hai promesso, quella che mi hai dato all’inizio? Dov’è finito il silenzio, quello profondo, dei sentimen-ti? Dov’è tutto quello che mi hai fatto credere poteva essere mio? Un mondo quasi perfetto, dove poter avere tutto sotto controllo, un mondo in cui non soffrire più … un mondo che non esiste ...

E’ dovuto passare del tempo per-ché lo capissi, ma adesso sono qui, davanti a te, con una consa-pevolezza diversa, quella che mi permette di vederti non più come un’amica ma come un qualcosa di diverso, quello che sei veramente, una malattia.Si, sono arrabbiata, per tutte le cose che mi hai tolto, per tutti i giorni che mi hai fatto perdere, ma sono anche felice di aver ca-pito come quello che è successo può cambiare, piano piano, gior-no dopo giorno. Si, perché adesso quello che conta non è più quello che vuoi tu ma quello che voglio io … e io voglio vivere.

Vorrei non averti mai incontrata

Newsletter n. 1 - Gennaio 2017

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Vuoi provarci?

Se solo ti vedessi con i miei occhi!

Se solo mi vedessi come mi vedo io, anzi, se solo mi vedessi come sono veramente!

Se riuscissi a volerti un po’ più di bene, ad apprezzare tutte le qualità che hai e che purtroppo non riesci a vedere.

Se sentissi quello che sento io, i sentimenti di fallimento che provo, i sensi di colpa, la solitudine.

Se ti lasciassi aiutare ...

Se sapessi quanta paura fa anche solo l’idea di cambiare, di guarire, di vivere senza di lei, senza la malattia. E’ una paura che mi paralizza, impedendomi di fare quel passo che vorrei fare. Lo so, sembra una contraddizione, ma è così, vorrei stare meglio, lo vorrei davvero, ma fa talmente paura il pensiero di essere sola di fronte alla vita che alla fine resto immobile, qui, con lei, che ormai conosco.

Se ti fidassi di me, delle persone che ti vogliono bene e che farebbero di tutto per vederti star meglio, forse sarebbe un po’ più facile, forse ti sentiresti meno sola. Vorrei poterti dare la forza necessaria per chiedere aiuto, per liberarti dalla prigione in cui vivi, ma posso solo dirti che ci sono e che quando vorrai non sarai sola, ci sarò, sempre e comunque, sarò qui, al tuo fianco, per accompagnarti in quel viaggio che potrà farti rinascere.

Se potessi ...

Vuoi provarci?

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Autostima

Autostima, volersi bene, accet-tarsi … che bello se ogni persona potesse prendere queste parole e farle sue, vivendo la propria vita serenamente, convivendo con sé stessa senza conflitti …

… si, sarebbe bello …

Purtroppo però non succede sempre così, anzi, spesso si tende a sottovalutarsi, buttandosi giù di morale. A volte è la vita stessa che può portarci a credere di es-sere inadeguati, come se in noi cifosse qualcosa di sbagliato.A volte sono delle parole

che ci vengono dette, altre degli sguardi, altre ancora delle situazioni. Ma le più pesanti sono le volte in cui siamo noi stessi a sottovalutarci, anche se facciamo del nostro meglio, anche se mettiamo tutta la no-stra energia, il nostro impegno, la nostra persona, in quello che facciamo. E lo facciamo bene, ci riusciamo, i risultati ci sono … solo che non sono abba-stanza, non sono sufficienti …

E’ come se dovessimo dimostra-re qualcosa a qualcuno, come se fossimo sempre sotto esame. Un esame duro, rigido, dove o si prende il massimo dei voti o nien-te, bocciati.Però un esame si può superare anche senza un dieci, si può su-perare anche con un altro voto, anche con un sei e poi, se ci pen-

siamo bene, l’importante è l’im-pegno, lo sforzo fatto.Se dovessi scegliere tra un dieci ottenuto senza fatica e un cinque ottenuto con impegno, costanza e determinazione preferirei un cinque. Certo, non avrei supe-rato l’esame, ma avrei superato una prova molto più importante, la prova della vita, che ci chiede spesso grandi sforzi facendoci vivere esperienze difficili e dolo-rose.

Ognuno di noi sa quello che ha vissuto, le situazioni che ha do-vuto affrontare nella propria vita, ognuno di noi sa quello che ha dentro, per questo siamo noi i pri-mi che dovremmo volerci bene, riconoscendo anche le nostre qualità, le nostre doti … perché è giusto, perché nessuno lo può fare al posto nostro, perché ce lo dobbiamo ...

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Volare

Che peccato avere un paio di ali e non poter volare …Con delle ali si dovrebbero poter sorvolare mari e monti, si dovreb-bero poter abbreviare le distanze e perdersi ammirando i paesaggi che uno dopo l’altro appaiono sotto di noi.Con delle ali si dovrebbe avere una sensazione di libertà, di po-ter andare lontano, laggiù, dove si pensa di poter trovare un posto per riposarsi e ricaricarsi.Può accadere però che quelle ali, le stesse che dovrebbero permet-terci di perderci nell’immensità

del cielo, si f e r i s c a n o , arrivando a volte addirittura a spezzarsi sotto il peso degli avvenimenti. E allora volare non è più possibile e si rimane li, fermi, in attesa di guarire, di rimarginare quelle dolorose ferite.

Le ali che ognuno di noi ha, nella vita di tutti i giorni, sono le nostre speranze, le nostre energie. Sono anche la nostra forza, quella più profonda, che a volte sembra sva-nire sotto il peso delle difficoltà e dei pensieri. E’ una forza enorme, che a noi però può apparire pic-cola, soprattutto quando stiamo male e non crediamo di poter star meglio.In quei momenti, in cui niente sembra poterci aiutare siamo

proprio noi i primi a doverlo fare, credendo nelle nostre capacità e nella nostra vita. Si perché crede-re nella nostra vita è il primo pas-so per poterla ricostruire. Un pun-to di partenza nuovo, una nuova possibilità di spiccare il volo, un volo che può essere meraviglioso, anche se a volte non lo crediamo possibile.

Curare quelle ferite, farle smette-re di sanguinare, non sempre è fa-cile, anzi, il più delle volte è diffici-le e nello stesso tempo doloroso perché si tratta di ferite che bru-ciano, ma non farlo, non curarle, fa ancora più male perché non curare quelle ali significa non po-terle più usare … quelle ali, che ci dovrebbero permettere di vivere in libertà.

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Se vuoi condividere la tua espe-rienza, esprimere il tuo pensiero o se hai il desiderio o il bisogno di parlare o confrontarti con qualcuno oppurese sei un esperto del settore e vuoi contribuire con un tuo interventopuoi scrivermi all’indirizzo: [email protected]

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Sul molo di un piccolo villaggio messicano, un turista americano si ferma e si avvicina ad una pic-cola imbarcazione di un pesca-tore del posto. Si complimenta con il pescatore per la qualità del pesce e gli chiede quanto tempo avesse impiegato per pescarlo.

Il pescatore risponde: ‘Non ho im-piegato molto tempo’ e il turista: ‘Ma allora, perchè non è stato di più, per pescarne di più?’

Il messicano gli spiega che quella esigua quantità era esattamente ciò di cui aveva bisogno per sod-disfare le esigenze della sua fa-miglia. Il turista chiese: ‘Ma come impiega il resto del suo tempo?’

E il pescatore: ‘Dormo fino a tar-di, pesco un po’, gioco con i miei bimbi e faccio la siesta con mia moglie. La sera vado al villaggio, ritrovo gli amici, beviamo insieme qualcosa, suono la chitarra, canto qualche canzone, e via così, tra-scorro appieno la vita.’

Allorchè il turista fece: ‘La inter-rompo subito, sa sono laureato ad Harvard, e posso darle utili suggerimenti su come migliorare. Prima di tutto dovrebbe pescare più a lungo, ogni giorno di più. Così logicamente pescherebbe di più. Il pesce in più lo potrebbe vendere e comprarsi una barca più grossa. Barca più grossa signi-fica più pesce, più pesce significa più soldi, più soldi più barche… Potrà permettersi un’intera flotta! Quindi invece di vendere il pesce all’uomo medio, potrà negozia-re direttamente con le industrie della lavorazione del pesce, potrà a suo tempo aprirsene una sua. In seguito potrà lasciare il villag-gio e trasferirsi a Mexico City o a Los Angeles o magari addirittura

a New York! Da lì potrà dirigere un’enorme impresa!’

Il pescatore lo interruppe: ‘Ma per raggiungere questi obiettivi quanto tempo mi ci vorrebbe?’

E il turista: ’20, 25 anni forse’ quin-di il pescatore chiese: ‘….e dopo?’

Turista: ‘ Ah dopo, e qui viene il bello, quando i suoi affari avran-no raggiunto volumi grandiosi, potrà vendere le azioni e guada-gnare miliardi!’

E il pescatore:’miliardi? e poi?’

Turista: ‘Eppoi finalmente potrà ritirarsi dagli affari e andare in un piccolo villaggio vicino alla costa, dormire fino a tardi, giocare con i suoi bimbi, pescare un po’ di pe-sce, fare la siesta, passare le serate con gli amici bevendo qualcosa, suonando la chitarra e trascorrere appieno la vita’

(dal web)

Il pescatore