newsletter di Consorzio il Biologico - febbraio 2016

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Riflessioni Soc. Coop La crescita del biologico italiano News Letter Destinato esclusivamente ai Soci del CONSORZIO il BIOLOGICO e alle aziende del sistema di controllo del CCPB Febbraio 2016 LINO NORI - Presidente Consorzio il Biologico, FILIPPO PIREDDA - Ufficio stampa CCPB C ome di consueto ci troviamo a chiac- chierare dello stato di salute del set- tore del bio con Lino Nori, presidente di Consorzio il Biologico. I numeri sono eloquenti: crescita dei consumi e delle esportazioni, degli operatori e delle superfici coltivate. L’Italia è sempre protago- nista quando si parla di biologico. Sì, il primato dell’Italia è soprattutto quello dell’export: 1,42 miliardi di euro, nessuno al mondo fa meglio. A parte questo suc- cesso del made in Italy, nell’ultimo anno si è consolidato il mercato interno, più 19,4% di vendite di prodotti bio nella grande distribuzione nei primi sei mesi del 2015. Parallelamente si rafforza anche la capacità produttiva: dal 2013 l’Italia conta un più 5,4% di operatori bio italiani e un più 12,8% di ettari di superficie coltivata bio. Questa crescita è una tendenza comu- ne in tutto il mondo, ovunque il biologico è sempre più apprezzato e diffuso, dalle nostre parti però va meglio che altrove. Insomma il 2015 è stata un’annata buona e altrettanto può esserlo il 2016, come possiamo tracciare il futuro del bio per i prossimi anni? Ora che il periodo è positivo non possia- mo rilassarci, anzi dobbiamo lavorare di In questo numero RIFLESSIONI LA CRESCITA DEL BIOLOGICO ITALIANO BIOLOGICO CONFRONTO FRA CIBO BIOLOGICO E CONVENZIONALE AL PARLAMENTO EUROPEO CONTROLLO VITIVINICOLTURA BIOLOGICA: LE RAGIONI DI UN SUCCESSO AREA TECNICA NUOVI STANDARD BIO PER IL CANADA PROGRAMMI ANNUALI DI PRODUZIONE ANNO 2016 PARTE IL NUOVO SISTEMA DI QUALITÀ NAZIONALE DI PRODUZIONE INTEGRATA ALTRE CERTIFICAZIONI BIODIVERITY ALLIANCE E LA QUALITÀ BIOLOGICA DEI SUOLI LE GARANZIE DELLA COSMESI BIOLOGICA E NATURALE CERTIFICATA FIERE E CONVEGNI CCPB E CONSORZIO il BIOLOGICO PRESENTANO IL CALENDARIO FIERE 2016 SOSTENIBILITÀ ALLA RICERCA DEL CIBO PERFETTO CLIMATE CHANGE: PROSPETTIVE PER I NOSTRI SUOLI VEGANO VEGAN: IL CLIMA È NEL PIATTO, MA NON ALLA COP21

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La newsletter di Consorzio il Biologico esce in occasione di BioFach – Vivaness, la grande fiera mondiale sul biologico di Norimberga, dal 10 al 13 febbraio 2016.

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La crescita del biologico italiano

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News Letter Destinato esclusivamente ai Soci del CONSORZIO il BIOLOGICO e alle aziende del sistema di controllo del CCPBNews Letter Destinato esclusivamente ai Soci del CONSORZIO il BIOLOGICO e alle aziende del sistema di controllo del CCPB Febbraio 2016

LINO NORI - Presidente Consorzio il Biologico, FILIPPO PIREDDA - Ufficio stampa CCPB

Come di consueto ci troviamo a chiac-chierare dello stato di salute del set-

tore del bio con Lino Nori, presidente di Consorzio il Biologico. I numeri sono eloquenti: crescita dei consumi e delle esportazioni, degli operatori e delle superfici coltivate. L’Italia è sempre protago-nista quando si parla di biologico. Sì, il primato dell’Italia è soprattutto quello dell’export: 1,42 miliardi di euro, nessuno al mondo fa meglio. A parte questo suc-cesso del made in Italy, nell’ultimo anno si è consolidato il mercato interno, più 19,4% di vendite di prodotti bio nella

grande distribuzione nei primi sei mesi del 2015. Parallelamente si rafforza anche la capacità produttiva: dal 2013 l’Italia conta un più 5,4% di operatori bio italiani e un più 12,8% di ettari di superficie coltivata bio. Questa crescita è una tendenza comu-ne in tutto il mondo, ovunque il biologico è sempre più apprezzato e diffuso, dalle nostre parti però va meglio che altrove.Insomma il 2015 è stata un’annata buona e altrettanto può esserlo il 2016, come possiamo tracciare il futuro del bio per i prossimi anni?Ora che il periodo è positivo non possia-mo rilassarci, anzi dobbiamo lavorare di

In questo numeroRIFLESSIONI• LA CRESCITA DEL BIOLOGICO ITALIANO

BIOLOGICO• CONFRONTO FRA CIBO BIOLOGICO E CONVENZIONALE AL PARLAMENTO EUROPEO

CONTROLLO• VITIVINICOLTURA BIOLOGICA: LE RAGIONI DI UN SUCCESSO

AREA TECNICA• NUOVI STANDARD BIO PER IL CANADA

• PROGRAMMI ANNUALI DI PRODUZIONE ANNO 2016

• PARTE IL NUOVO SISTEMA DI QUALITÀ NAZIONALE DI PRODUZIONE INTEGRATA

ALTRE CERTIFICAZIONI• BIODIVERITY ALLIANCE E LA QUALITÀ BIOLOGICA DEI SUOLI

• LE GARANZIE DELLA COSMESI BIOLOGICA E NATURALE CERTIFICATA

FIERE E CONVEGNI• CCPB E CONSORZIO il BIOLOGICO PRESENTANO IL CALENDARIO FIERE 2016

SOSTENIBILITÀ• ALLA RICERCA DEL CIBO PERFETTO• CLIMATE CHANGE: PROSPETTIVE PER I NOSTRI SUOLI

VEGANO• VEGAN: IL CLIMA È NEL PIATTO, MA NON ALLA COP21

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Lo scorso 18 novembre al Parlamento Europeo è stato presentato uno studio

sui benefici derivanti dal consumo dei prodotti biologici: benefici sulla salute dei consumatori e sulla salute del nostro ambiente.Lo studio ha messo in evidenza come dall’analisi di 52.471 ar-ticoli, a partire dal 2009, fra prodotti biologici e convenzionali non vi si-ano differenze statisti-camente significative in termini di vitamina C, Magnesio, Potassio, Zinco, Calcio e Rame. L’analisi di 240 studi, eseguita nel 2012, ha di-mostrato come i prodotti biologici non abbiano un potere nutrizionale mag-giore rispetto agli analo-ghi convenzionali, men-tre una valutazione di 343 studi, eseguita nel 2014, ha posto in evi-denza come il consumo di prodotti biologici con-senta di ridurre esponen-zialmente la quantità di fitofarmaci immessi con una normale dieta a base di prodotti non biologici. Da tutti gli studi è poi emerso come:• i prodotti biologici abbiano una mag-

giore quantità di antiossidanti rispetto agli analoghi convenzionali, da un 20 ad un 40% in più

• un consumatore biologico sia più pro-penso a consumare ortofrutta avvi-cinandosi alla quantità di assunzione giornaliera consigliata dall’OMS, pari a 400 g

Se questi sono gli effetti benefici sulla salute, il consumo di prodotti biologici si caratterizza anche per la salvaguardia del-le risorse ambientali. La maggior parte dei consumatori ormai ne sono consapevoli, soprattutto dopo la recente conferenza di Parigi COP 21 e i timori di un irreversibile peggioramento climatico. In un rapporto del 2012, in cui sono stati analizzati 71

studi scientifici, è emerso come l’agricol-tura biologica contribuisca a migliorare i parametri ambientali per unità di superfi-cie e non per unità di produzione a causa di una, ancora, ridotta resa per unità di superficie. In uno studio più recente, del 2014, derivante dall’analisi di 115 prove

si è potuto notare come una corretta rotazione colturale e l’applicazione di mo-derne tecniche colturali possano ridurre il gap produttivo all’8%, di fatto renden-do maggiormente sostenibile l’agricoltura biologica. Se poi combiniamo l’analisi produttiva con le abitudini alimentari dei consumatori biologici, possiamo dedurre che la pressione ambientale basata su una dieta “biologica” sia più sostenibile di una dieta “convenzionale”: basti pen-sare ad un consumo più razionale in pro-dotti animali che comportano un minor utilizzo di risorse ambientali e di “terra”.Finalmente un’analisi corretta che ha mes-so in evidenza le positività e le equivalen-ze dei prodotti biologici, non sottacendo i grandi spazi di miglioramento di cui il settore necessita per essere sempre più competitivo sia sul piano qualitativo, am-bientale ed economico.

La viticoltura biologica italiana è un fe-nomeno che, secondo il SINAB (Sistema

Informativo Nazionale Agricoltura Biologica) a fine 2014 contava:• 25.460 ettari certificati in conversione • 46.902 ettari certificati biologiciPer un totale di 72.361 ettari inseriti nel sistema di controllo e certificazione italiano.Rispetto al 2013, dove si contavano 67.937 ettari, nel corso di un anno si è realizzato un ulteriore notevole incremento in termini di superficie vitate. Se volgiamo lo sguardo ancora indietro al 2012, possiamo osservare un aumento sensazionale: 15.014 ettari in due anni. Rispetto al totale della superficie agricola italiana coltivata biologicamente, che è pari a 1.387.912 ettari, il vigneto biologico rappresenta il 5,2%. La superficie dedicata a vigneto biologico in percentuale sul totale della superficie dedicata a vigneto in Italia (fonte ISTAT: 795.027 ettari) è pari allo 9,10%. A livello mondiale si stima che i vigneti col-tivati biologicamente siano 275.000 ettari con una crescita dell’11% rispetto al 2013. Di questi ettari, il 73% è coltivato in Europa.A parte l’Italia, in Europa (Fonte Commissione EU dati 2011), gli Stati che coltivano più vi-gneto bio sono Francia (ha 61.056), Spagna (ha 79.016) e Grecia (ha 4.807). Merita la segnalazione il trend di sviluppo della Spagna che è passata da 16.000 ettari del 2002 ai 79.000 ettari del 2011, mentre l’in-cremento delle superfici vitate bio in Italia è stato leggermente meno impetuoso passan-do da 37.000 ettari del 2002 ai 52.000 et-tari del 2011 e fino ai 72.361 ettari del 2014.Tornando a casa nostra, le Regioni nelle quali si riscontra la superficie più ampia a vigneto biologico sono le seguenti;• Sicilia – 25.153 ettari• Puglia – 10.604 ettari• Toscana – 8.748 ettari• Marche – 3.787 ettari• Abruzzo – 3.385 ettari • Emilia Romagna – 2.574 ettari • Veneto – 2.405 ettari • Calabria – 2.355 ettari • Lazio – 1.519 ettari • Sardegna – 1.269 ettari • Piemonte – 1.254 ettari • Lombardia – 1.197 ettari

Dopo la pazza estate del 2014, il peggiore anno, climaticamente parlando, durante il quale nelle aziende bio la lotta fitosanitaria effettuata con metodo biologico contro la peronospora e la botrite è stata aspra, a causa di piogge continue, temperature favorevoli e ore di bagnatura prolungate per settimane, che hanno messo sotto pressione i viticoltori bio, l’estate del 2015 ha regalato ai viticoltori bio due mesi di sole e, conseguentemente, uve sanissime e - dicono gli esperti - forse una delle migliori annate per il vino. I segnali che il vino bio va forte ci sono tutti.Il marchio “Berlucchi” in Franciacorta è solo il più recente caso di conversione di un marchio TOP che dimostra di credere nel biologico. Se anche altri prestigiosi marchi, si affiancheranno ai già bio Barone Pizzini e Ca’ Del Bosco, il Consorzio del Franciacorta potrebbe diventare presto il primo territorio italiano dedito completamente alla coltiva-zione del vino bio per la produzione delle rinomate “bollicine italiane”.Occorre tenere in considerazione il fatto che per la conversione della vite la nor-mativa europea prevede un periodo di 36 mesi e quindi la possibilità di produrre vino biologico è rimandata di 3 anni rispetto al momento in cui l’imprenditore decide di convertire l’azienda. Se poi quel particolare tipo di vino è soggetto ad un processo di in-vecchiamento, ad esempio di altri 36 mesi, abbiamo che dal momento della decisione di convertire l’azienda, al momento in cui si può commercializzare il vino biologico, pas-sano fino a 72 mesi (6 anni). Non pochi!Questa potrebbe essere una chiave di let-tura che spiega “i passi di piombo” con cui le grandi aziende del vino approcciano il settore del vino biologico. Sanno che in questo settore non si può correre dietro al marketing che insegue la moda dell’anno, ma occorre un progetto di medio-lungo periodo.I dati di mercato spingono in una direzione chiara; lo conferma il Survey 2015 Wine Trend Italia di Wine Monitor– Nomisma che delinea i desideri del consumatore italiano nei confronti del vino bio. La presenza di un marchio bio è il primo criterio che guida le scelte di un vino per il 4% dei consumatori

VITIVINICOLTURA BIOLOGICA:

LE RAGIONI DI UN SUCCESSO

DAVIDE PIERLEONI - Responsabile Ufficio Commerciale, Marketing e Segreteria Italia

più perché il presente si trasformi in un futuro duraturo. Perciò dobbiamo im-pegnarci a pensare a come funziona il sistema del biologico nel suo complesso e agire per un miglioramento comples-sivo. Sicuramente le priorità sono la rintracciabilità di filiera: aumentando i consumi, aumenterà anche la circolazio-ne di prodotti e materie prime. Saranno indispensabili le piattaforme informati-che come DATA BIO, gestita da Accredia con la collaborazione di FederBio, che riunisce tutti i dati dei documenti di certificazione di tutti gli operatori bio-logici italiani certificati. Con CCPB lavo-riamo anche su "FIP (Federbio Integrity Platform)", un database che monitora provenienza, percorso e destinazione delle merci. Quando saranno implemen-tati definitivamente offriranno quelle garanzie che il mercato, sia interno che d’esportazione, chiede per una definiti-va affermazione del biologico italiano. Questo quadro così dinamico si traduce anche in una partecipa-zione massiccia del Consorzio e delle aziende associate al Biofach / Vivaness, la grande fiera mondiale sul biologico.A Norimberga, dal 10 al 13 febbraio 2016, nel nostro spazio espositivo sare-mo in tanti: 50 aziende, tra area food e cosmesi, 1000 metri quadri di padiglio-ne. Dalle nostre parti si incontreranno operatori e pubblico, si faranno affari, si impareranno cose nuove e ovviamente si assaggeranno prodotti bio italiani, con il ristorante Bio.it. Lo stand del Consorzio è una specie di microcosmo all’interno della fiera dove cerchiamo di mettere le aziende nelle condizioni migliori per presentarsi verso i mercati internazionali su cui, come detto, sono molto proiettate.

CONFRONTO FRA CIBO BIOLOGICO E

CONVENZIONALE AL PARLAMENTO EUROPEO

FABRIZIO PIVA - Amministratore Delegato CCPB

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La crescita del biologico

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italiani, dato che identifica in modo chiaro l’esistenza di un segmento di consumatori con forte interesse per il bio, di dimensioni ancora piccole ma in grande aumento (solo nel 2014 tale gruppo non superava l’1%).Nel 2015, infatti, il tasso di penetrazione del vino bio è in netta crescita: il 16,8% degli italiani (18-65 anni) ha consumato, in almeno una occasione, in casa o fuori, un vino a marchio bio. Balzo importante se si pensa che nel 2013 il consumo di vino bio coinvolgeva il 2% della popolazione e nel 2014 l’11,6%.Non solo bio. Recentemente CCPB srl ha lanciato sul mercato uno schema di cer-tificazione della Biodiversità, che è frutto di un lungo lavoro in collaborazione con i propri partner scientifici (Timesis srl di Torino – Studio SATA di Brescia) ed è stato realizzato proprio nel settore viticolo. I ri-sultati dello studio propedeutico dimostra-no che nella viticoltura biologica gli indici di biodiversità sono nettamente superiori rispetto a quelli riscontrabili in un vigneto condotto con metodo convenzionale. Lo schema di certificazione è ora utilizzabile da parte di tutte quelle cantine, anche quelle convenzionali, che intendono co-municare ai propri clienti il loro interesse a salvaguardare la biodiversità, adottando metodi produttivi che mirino a mantenere o aumentare il livello di biodiversità pre-sente nelle aziende viticole.

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Area tecnica Area tecnica

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I due documenti di cui trattasi, per il momento in inglese, sono disponibili sul nostro sito www.ccpb.it:• NSC CAN/CGSB 32.310-2015, Sistemi di produzione biologica – principi generali e

standard di gestione, che descrive i principi e gli standard di gestione che sono alla base dei sistemi di produzione e trasformazione biologica. In esso è richiesto che tutti gli stadi di produzione, preparazione, stoccaggio, trasporto e commercializzazione dei prodotti biologici sia soggetto all’attività di controllo e certificazione e siano conformi ai contenuti dello standard

• NSC CAN/CGSB 32.311-2015, Sistemi di produzione biologica – Elenchi delle sostanze permesse, riporta gli elenchi delle sostanze il cui utilizzo e ammes-so nei sistemi di produzione biologica. Stabilisce inoltre requisiti per inseri-re o aggiornare le sostanze che sono permesse nella produzione, nell’alle-vamento, nella trasformazione e nella sanitizzazione

Con il lavoro di revisione sono stati ap-portate oltre 400 modifiche, che vanno dall’introduzione di criteri aggiuntivi alla riscrittura di alcune sezioni, includendo molti chiarimenti rispetto alla versione precedente. In pratica ci sono modifiche in ogni pagina, pertanto i nuovi standard sono da leggere con attenzione, di seguito alcune delle modifiche principali.Sono state introdotte nuove misure per la prevenzione delle contaminazioni di sostanze non ammesse e di OGM per le colture; per esempio, la produzione paral-lela rimane proibita per le colture annuali. Se da un lato è stata confermata la necessità di zone cuscinetto di almeno 8 metri sui confini a rischio di contaminazione con sostanze proibite, per quanto riguarda il rischio di contaminazione OGM è prevista l’attuazione di strategie di mitigazione (quali, ma non limitate a, barriere fisiche, filari di confine, test specifici, semine ritardate) a meno che non siano presenti distanze di isolamento general-mente accettate per il tipo di coltura a rischio (es. 10 m. per la soia; 300 m. per il mais; 3 km per colza, medica da seme e mele).La produzione in micro-serre è stata aggiunta alla produzione di germogli; l’utilizzo di semi bio sarà obbligatorio. Un quantitativo minimo di terreno dovrà essere utilizzato nei contenitori delle serre, pari a 70 litri per metro quadrato.Per chiarire ulteriormente le pratiche accettabili nell’attività di allevamento, sono state aggiunte specifiche clausole nelle sezioni ruminanti, pollame, conigli e suini.Il contenuto delle tabelle ove sono elencate le sostanze ammesse è stato riorganizzato, in alcuni casi raggruppando sostanze simili.

Per la parte di produzione sono state aggiunte alcune sostanze (biochar; farina di carne; digestati anaerobici; formulanti). La pacciamatura derivante da polimeri OGM o dal petro-lio, ancorché biodegradabile, non può essere lasciata a decomporre sul terreno, ma deve essere asportata dopo l’utilizzo.Per l’attività di allevamento sono stati aggiunti acidi non sintetici per la correzione del pH, sodio idrossido per la decornazione, formulanti).

NUOVI STANDARD BIO PER IL CANADA

PROGRAMMI ANNUALI DI PRODUZIONE

ANNO 2016ROBERTO SETTI - Responsabile Ufficio Tecnico e Assicurazione Qualità CCPB

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MAURO PANZANI - Responsabile Ufficio Attività di Controllo e Certificazione Prodotti Biologici CCPB

Nel corso del 2015 ho affrontato più volte il tema della presentazione dei Programmi Annuali di Produzione sui sistemi informatici regionali e/o sul SIB del MiPAAF. Ora, con l’inizio del 2016, in considerazione degli obblighi di presentazione per tutti gli opera-tori, e non più solo dei produttori agricoli e zootecnici, dei dati riferiti alle previsioni di produzione per l’anno 2016, ritorno a parlarne per ricordare che con il D. M. 18321 del 09/08/2012, tutti gli operatori che hanno notificato l’inizio della propria attività nel settore biologico, devono comunicare, entro il 31 gennaio di ogni anno, o entro 30

giorni dalla presentazione della prima notifica o della notifica di variazione, a seconda delle tipologia di attività svolta, le informazioni previsionali sulle produzioni biologiche da loro effettuate. In particolare:a) il Programma Annuale delle Produzioni Vegetali (PAPV), contiene la descrizione qua-

litativa e quantitativa delle produzioni vegetali riferite ai singoli appezzamenti/particelle;

b) il Programma Annuale delle Produzioni Zootecniche (PAPZ), contiene la descrizione qualitativa e quantitativa delle produzioni animali espresse in numero di capi o lotti di animali vivi o apiari e tipologia di prodotto in unità di numero, peso o capacità;

c) il Programma Annuale delle Produzioni d’Acquacoltura (PAPA), contiene la descrizione qualitativa e quantitativa delle produzioni d’acquacoltura;

d) il Programma Annuale delle Preparazioni (PAP), contiene la descrizione qualitativa delle produzioni provenienti dalla preparazione come definita all’art. 2, lett. i) del Reg. (CE) n. 834/2007;

e) il Programma Annuale delle Importazioni (PAI), contiene la descrizione qualitativa e quantitativa dei prodotti importati da Paesi terzi.

Sono esentati dalla presentazione del programma di produzione i terzisti che lavorano esclusivamente per terzi. Per la verifica nel dettaglio degli obblighi di presentazione dei programmi di produzione di variazione vi invito a prendere visione sul nostro sito (www.ccpb.it) nell’area legislazione, del testo integrale del D.M. 18321 del 9/8/12. Ricordo che i programmi di produzione devono essere presentati utilizzando i sistemi

informatizzati regionali da parte di tutti coloro che hanno presentato notifi-ca in Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia Toscana, Umbria e Veneto; tutti gli altri operatori, che hanno presen-tato la notifica nelle altre Regioni (Emilia Romagna compresa, che pur avendo il proprio sistema informatizzato per la no-tifica non ha sviluppato un sistema per la presentazione dei programmi di produzio-ne), devono presentare la loro previsione di produzione, sul SIB.Per l’accesso ai sistemi informatizzati per la presentazione dei programmi è oppor-tuno che tutti gli operatori si avvalgano degli stessi strumenti o servizi che hanno già utilizzato per la presentazione della notifica. Il termine di presentazione per l’anno 2016 è fissato al 31 gennaio, po-trebbe subire variazioni in funzione di disposizioni nazionali o regionali.

Con un comunicato stampa del 25 novem-bre, il Standards Council of Canada (SCC) ed il Canadian General Standards Board (CGSB) hanno annunciato la pubblicazio-ne degli aggiornamenti dei due Standard Nazionali di riferimento per i prodotti bio-logici in Canada.Il lavoro di revisione ha richiesto più di due anni, con l’intento che questi Standard possano guidare la produzione e la pre-parazione bio in Canada fino al 2020. Agli operatori già certificati secondo la versione precedente degli Standard è concesso un anno di tempo dopo la pubblicazione per conformarsi alle nuove regole.

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province autonome. Il Mipaaf ha già autorizzato gli Organismi di Certificazione, tra cui ovviamente anche CCPB che già da tempo ha esperienza e competenza nell'offrire servizi di certificazione alle aziende agricole, di condizionamento e di trasformazione dei prodotti agricoli sia per la Norma UNI 11233 “Sistemi di produzione integrata nelle filiere agroalimentari”, sia nei Disciplinari Regionali quali Qualità Verificata Veneto, Qualità Controllata Emilia-Romagna, Agriqualità Toscana, Qualità Garantita dalle Marche.

Le aziende che vogliono essere inserite nel SQNPI, che ricordiamolo è un sistema rego-lamentato, possono scegliere parallelamente di aderire, ove presente, anche al sistema di qualità regionale con l'opportunità di valorizzare i propri prodotti sia con il marchio SQNPI che con quello regionale. È prevista inoltre la possibilità di certificare i prodotti integrati ottenuti sia dalle singole aziende agricole, sia nell'ambito delle filiere agroali-mentari, ovviamente attraverso una gestione dei controlli all'interno della stessa filiera.Altra novità importante è l’accesso attraverso la piattaforma informatica (SIPI), che gestisce tutte le procedure: dalla domanda di certificazione online fino alle liste di ri-scontro (check list) e all’emissione del certificato di conformità. Nelle intenzioni questo dovrà semplificare i passaggi, soprattutto burocratici, che le aziende e gli organismi di certificazione devono affrontare a partire dalla domanda di certificazione iniziale fino all'emissione del certificato. Di fondamentale importanza rimane il coordinamento tra le Linee Guida Nazionali di Produzione Integrata, che dettano l’articolarsi del SQNPI, e i PSR di ciascuna regione, varati alla fine del 2015. Le aziende che cercano finanziamenti devono porre attenzione in particolare alla misura 3 “Regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari”, in par-ticolare la sottomisura 3.1 “Sostegno alla nuova adesione a regimi di qualità” dei Piani di Sviluppo Regionale 2014-2020 delle Regioni. Sottomisura che prevede un sostegno concesso sotto forma di contributo in conto capitale, per un periodo massimo di 5 anni. La percentuale di contribuzione è fissata dal 70% al 100% della spesa ammissibile a se-conda delle Regioni, il massimale di contribuzione è pari a 3.000 euro annui per azienda.

PARTE IL NUOVO SISTEMA DI QUALITÀ NAZIONALE DI PRODUZIONE INTEGRATA

BIODIVERITY ALLIANCE E LA QUALITÀ BIOLOGICA

DEI SUOLIGIUSEPPE MAIO - Ufficio Controllo e Certificazione di Prodotto CCPB

Per far sì che gli acquisiti quotidiani dei consumatori siano compatibili con la

tutela della biodiversità, negli ultimi anni si sono sviluppati strumenti e metodologie in grado di controllare e valorizzare questi approcci sostenibili.In questa direzione anche CCPB offre

diversi servizi di certificazione, come Biodiversity Alliance “Valutazione della Biodiversità degli ecosistemi agricoli” (DTP17). La metodologia che sta alla base della valutazione della biodiversità è l’analisi attraverso l’indicatore QBS Qualità Biologica dei Suoli, associato alla valutazione delle pratiche produt-tive adottate.Biodiversity Alliance definisce i requisiti che le Organizzazioni devono soddisfare per valutare e comunicare il valore di bio-diversità all’interno dell’ecosistema agri-colo oggetto della certificazione: sono applicabili ai prodotti agroalimentari ve-getali di tutte le Organizzazioni, singole o associate. L’Organizzazione che vuole ot-tenere la certificazione, deve definire un Piano della Biodiversità Aziendale (PBA) che includa le modalità di adempimento di questi indicatori:

ALBERTO ALBERTINI - Responsabile Tecnico Ispezioni e Certificazioni di prodotto CCPB

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• Attività biologica del suolo• Tipologia del metodo di produzione

(Biologico, Integrato, ecc)• Controllo delle avversità, fertilizzazione

del suolo• Gestione delle risorse idriche e qualità

delle acque superficiali, gestione delle

aree verdi permanenti• Utilizzo insetti pronubi ed di insetti utili• Strategie per l’incremento della biodi-

versità• Utilizzo di energia da fonti rinnovabili,

utilizzo di pratiche conservativeL’attività di controllo di CCPB, effettuata sui siti e/o aziende formalmente ricono-sciuti dall’Organizzazione è finalizzata a valutare l’adeguatezza e l’attuazione del PBA, associata al prelievo di un campione di suolo, su cui si andrà a effettuare l’ana-lisi dell’indice di Biodiversità dei suoli QBS.L’Organizzazione licenziataria è autorizza-ta, al superamento di un punteggio soglia, a dichiarare la conformità del prodotto al presente documento attraverso l’utilizzo del logo di CCPB e della seguente dicitura:“Referenza Commerciale …. Ottenuta nel rispetto del DTP17 “Biodiversity Alliance”. La valutazione della biodiversità e la con-

Il 2016 è l’anno del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata (SQNPI), un avvio atteso da tempo che consente di unificare in un processo di certificazione regolamentato a livello nazionale, tutte le norme previste nei disciplinari di pro-duzione integrata delle singole regioni e

seguente valorizzazione attraverso approcci certificativi può rappresentare per il sistema agricolo e agroalimentare la possibilità di ottenere, in particolare, i seguenti benefici:• valutazione della qualità ambientale dei

prodotti e identificazione di colture al-ternative per massimizzare il beneficio ambientale

• ripensamento delle pratiche agricole e pianificazione del territorio

• possibilità di ridurre i costi di gestione e produzione

• definizione delle strategie di business in termini di progettazione del prodotto e/o processi alternativi e più sostenibili, potenziamento dell'uso di tecnologie e soluzioni eco-compatibili

• visibilità del marchio sul prodotto, come ad esempio uno strumento credibile di comunicazione e marketing.

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CCPB E CONSORZIO il BIOLOGICO PRESENTANO IL CALENDARIO FIERE 2016

GIULIA BIGUZZI - Assistente di direzione CCPB

LE GARANZIE DELLA COSMESI BIOLOGICA E NATURALE CERTIFICATA

CARLA PINTI - Ufficio Controllo e Certificazione di Prodotto CCPB

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egniPer garantire la naturalità e la sicurezza

degli ingredienti contenuti nei pro-dotti per la cosmesi e l’igiene del corpo, CCPB ha predisposto due marchi di certi-ficazione dedicati alla Cosmesi Biologica e Naturale. Un impegno, figlio della de-cennale esperienza nella certificazione

biologica agroalimentare, che ora aiuta i produttori ad ottenere cosmetici certificati con materie prime di altissima qualità. Pur avendo la denominazione di prodotto "biologico" inserita a marchio, nel nome o comunque nell’etichetta, molti cosmetici, se non certificati, nascondono ingredienti principali di solito realizzati con composti sintetici e petrolchimici. Quindi, se volete un prodotto che è veramente biologico, cercate il logo CCPB sulla confezione ed avrete la certezza di portare a casa un prodotto in grado di non arrecare danni alla propria salute. Se non ci fosse il logo, leggendo l'etichetta, si potrebbe scoprire che molti ingredienti sono sostanze chimi-che derivanti dal petrolio, dannose per il nostro organismo.I cosmetici certificati sono prodotti as-solutamente privi di siliconi, parabeni, e di sostanze chimiche con diversi livelli di

tossicità. Anche se non ce ne accorgiamo, gli elementi tossici vengono gradualmente assorbiti dalla pelle e questo può essere molto dannoso nel lungo periodo.Altro marchio di certificazione per i prodot-ti cosmetici, è NATRUE, un’Organizzazione no-profit formata da produttori di cosme-

tici naturali. NATRUE distingue tre livelli di certificazione: Cosmetici biologici, con un minimo del 95% di ingredienti biologici; Cosmetici naturali con componente biolo-gica, con un minimo del 70% di ingredienti biologici ed infine i cosmetici naturali. Lo standard NATRUE ha ottenuto largo se-guito, visto che ormai i prodotti certificati sono circa 4.500. Tutto il materiale informativo e la do-cumentazione necessaria relativa ai vari standard di certificazione è possibile scari-carla nel sito internet del CCPB alla sezione cosmesi del sito www.ccpb.it.

Da sempre il Consorzio il Biologico pun-ta per la promozione del mercato del

biologico, sulla presenza di stand collettivi alle maggiori fiere del settore agro alimen-tare e della cosmesi naturale e biologica, in Italia e all’ estero. Diamo insieme uno sguardo alle date da segnare in calendario:

Biofach/Vivaness: 10 - 13 febbraio 2016, NorimbergaQuesto appuntamento si riconferma es-sere il più importante dell’anno per il mercato del biologico, insieme a Vivaness, la fiera internazionale per la cosmesi na-turale. Un’occasione unica di networking, aggiornamento e negoziazione, vista la presenza di tutti gli attori del settore (po-litica, associazioni, ONG e opinion maker)Il Consorzio il Biologico per questa edizio-ne registra un record di aziende associate espositrici. Vivaness inoltre nel 2016 fe-steggerà la decima edizione. Vi aspettia-mo al pad. 4, insieme al ristorante Bio.It, e al pad.7A, stand 545.Cosmoprof: 18 - 21 marzo 2016, BolognaCosmoprof è l'evento internazionale più importante nel settore della bellezza pro-fessionale. Tanti gli espositori, i visitatori

e i buyer esteri che fanno di questa ma-nifestazione, anno dopo anno, un vero e proprio hub internazionale dove profes-sionisti e decision maker si incontrano per sviluppare il proprio business, creare nuove partnership ed essere aggiornati su tutto ciò che c’è di nuovo nel mondo beauty.

Si riconferma anche quest’anno la nostra presenza all’interno del Green Pavillion, un’area speciale dedicata alle aziende del Naturale e del Biologico.Vinitaly: 10 - 13 Aprile 2016La prima fiera al mondo per il settore del vino, vedrà ancora una volta la presenza del nostro stand istituzionale, quest’anno nel padiglione dedicato al Bio, che ospite-rà cantine biologiche certificate CCPB da tutta Italia. Cosmofarma Exhibition: 15 - 17 Aprile 2016, BolognaEvento di riferimento per tutti gli operatori del settore farmaceutico con migliaia di visitatori, Consorzio il Biologico partecipe-rà con uno stand istituzionale ospitando i prodotti certificati rivolti al settore.Cibus: 09-12 maggio 2016, ParmaLa piattaforma più importante per l’agro alimentare in Italia ritorna come sempre

ogni due anni per fare il punto sulle no-vità e prospettive del mercato. CCPB e Consorzio il Biologico saranno presenti con uno stand collettivo.Sana: 09 - 12 settembre 2016, BolognaSana, Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, è la manifestazione fieristica che si rivolge al mercato dei prodotti bio-logici certificati, dei prodotti naturali e di erboristeria. L’appuntamento tradizionale per riprendere la stagione al meglio.Macfrut: 14 – 16 settembre 2015, RiminiUna conferma e tante novità per Macfrut 2016. La conferma arriva dalla sede, la Fiera di Rimini, per il secondo anno loca-tion della kermesse dell’ortofrutta, sem-pre organizzata da Cesena Fiera. Le no-vità riguardano la data, 14-16 settembre 2016, anticipata di una settimana rispetto allo scorso anno e soprattutto tutta una serie di iniziative che qualificheranno an-cora di più l’evento come vetrina dell’or-tofrutta italiana con un respiro sempre più internazionale.

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VIVANESS 2015 - AREA COSMESIPAD. 7A STAND 545

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VIVANESS 2015 - COSMETICS AREAPAD. 7A STAND 545

BIOFACH 2015 - AREA FOODPAD. 4 STAND 507

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BIOFACH 2015 - FOOD AREAPAD. 4 STAND 507

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di sostenere il mercato equo e solidale, ad esempio, vanno bene le arance dell’Equa-dor ma è necessario sapere che comporta-no delle maggiori emissioni di CO2. Se si vuole mantenere un prodotto più a lungo per ridurne lo spreco, potrebbe essere ne-cessario rinunciare ad un packaging meno

impattante. E così via.Ma c’è una buona notizia. Quando un ali-mento viene prodotto “in filiera”, ovvero con accordi commerciali di medio-lungo periodo tra i vari attori della catena pro-duttiva per periodi medio-lunghi, è più facile puntare a un miglioramento dei parametri di sostenibilità. Se un produtto-re di carne bovina, ad esempio, mette in atto degli accordi di lungo periodo con gli allevatori, darà a questi ultimi un maggio-re incentivo a investire in tecnologia, ad esempio impianti di gestione del letame per produrre biogas, che essendo molto onerosi non sarebbero stati effettuati al-trimenti.Abbiamo provato ad approfondire tutti questi temi nel testo “Il cibo perfetto” edi-to da Edizioni Ambiente, che ha come logo una lattina vuota. Proprio a dimostrare che, ahimè, il cibo perfetto non esiste. Maggiori informazioni sono disponibili su www.ilciboperfetto.it

I l clima della terra sta cambiando e le conseguenze impatteranno sul futuro

dell'umanità. Queste le conclusioni della recente COP21 di Parigi che rileva come la diminuzione della sicurezza alimentare sia una tra le più grandi minacce che i cambiamenti climatici rappresentano: la

popolazione mondiale aumenterà di alcuni miliardi di persone nei prossimi decenni, e sarà indispensabile un forte aumento della produttività agricola per la crescente domanda di cibo. Il suolo quindi diventa ancora di più una risorsa fondamentale e la sua tutela una necessità, visto che nel tempo le attività umane hanno contribuito al suo degrado, minacciando le sue qualità e il suo corretto funzionamento.Fortunatamente esistono pratiche di con-servazione del suolo che hanno potenzia-lità anche per sostenere e aumentare la produttività agricola ai livelli necessari per l’umanità del 2050. Si tratta di politiche e tecniche di gestione agricola che, se attuate correttamente, oltre a contribuire alla conservazione del suolo assicurano anche importanti servizi ecosistemici quali il sequestro della anidride carbonica atmo-sferica, e la conseguente mitigazione dei cambiamenti climatici e crescente capacità

di adattamento dell’agroecosistema.Tra queste tecniche spiccano l’Agricoltura Conservativa, la Climate Smart Agriculture e l’agricoltura biologica, azioni conservati-ve che mirano tra l’altro al mantenimento e arricchimento del carbonio organico nel suolo, e contribuiscono quindi a migliora-

re significativamente la produttività del suolo. Ancora tra i risultati di Parigi: l’obiettivo di giungere ad un bilanciamento tra emissio-ni e accumulo di CO2 nella seconda metà del secolo consente di guardare ancora con maggior interesse all’arricchimento di carbonio nei suoli, ipotizzando percorsi di valorizzazione di questa pratica.Oggi esistono metodologie internazional-mente riconosciute, basate su standard certificabili, per calcolare l’incremento del contenuto in carbonio organico dei suoli. Queste metodologie utilizzano applicazio-ni modellistiche che registrano il cambia-mento del contenuto di carbonio organico dei suoli, testimoniando la corretta ado-zione delle pratiche di gestione agricola sostenibile. L’uso dei modelli di simula-zione, previsti da tali metodologie, rende economicamente sostenibile le operazioni di Carbon accounting in modo che la compensazione che ne può derivare sia un

Da quando, molti anni fa, abbiamo ini-ziato ad occuparci dello studio degli

impatti ambientali del cibo sono sempre di più i soggetti che ci chiedono quale sia il cibo “più sostenibile”. Nel cercare la risposta abbiamo capito due cose fonda-mentali.La prima è che per rispondere bisogna

ALLA RICERCA DEL CIBO PERFETTO

CLIMATE CHANGE: PROSPETTIVE PER I

NOSTRI SUOLIMAURO PIAZZI - Soil expert Timesis

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MASSIMO MARINO – Life Cycle Engineering

obiettivo alla portata delle organizzazioni. Proprio questa metodologia è attualmente testata in aziende biologiche certificate da CCPB per valutare quanto sia adatta alle realtà produttive della nostra economia agraria.Un ultimo punto di riflessione post COP21: non illudiamoci che la crisi climatica venga risolta solo con atti politici o imposizioni burocratiche. La lotta contro i cambiamen-ti climatici la combattiamo tutti noi, con le nostre azioni quotidiane: non aspettiamoci miracoli, ma almeno proviamoci. A questo proposito segnalo un bellissimo video che, con parole semplici ed una piacevole grafi-ca ci spiega quello che possiamo fare e che nel progetto suindicato stiamo tentando di realizzare in Italia e all’estero: https://goo.gl/HZyoD5. Per informazioni: [email protected]

analizzare i sistemi produttivi utilizzando un approccio di ciclo di vita: ovvero con-siderare tutta la filiera, dalla coltivazione delle materie prime, fino alla distribuzione ed alla cottura degli alimenti.La seconda è che non bisogna fermarsi ai soli temi ambientali, perché la “sosteni-bilità”, soprattutto nel caso del cibo, può essere declinata sotto differenti punti di vista o meglio “valori”. Oltre al tema am-bientale, infatti, si dovrebbero considerare gli aspetti economici, lo spreco, la sicurez-za alimentare, il benessere degli animali e, non per ultimo, il valore nutrizionale dell’alimento stesso. Probabilmente nessu-no sarebbe disposto a consumare un cibo che “impatta poco” se sapesse che questo minore impatto può comportare un rischio per la salute; pochi di noi definirebbero “sostenibile” un prodotto poco impattante ma la cui filiera si basa sullo sfruttamento economico dei lavoratori.Queste riflessioni introducono il concetto del “dilemma della sostenibilità” del cibo. Siamo sicuri che il cibo a km zero impatti meno di un cibo che arriva da lon-tano? È più sostenibile un uovo da galline allevate a terra o da galline in gabbia? È meglio un packaging “leggero” o uno un po’ più strutturato, che però permette di allungare la shelf life (la data di scaden-za)? E i surgelati, sono davvero dei nemici dell’ambiente?Se ci si confronta in modo oggettivo, scien-tifico e non ideologico su queste domande, si scopre che è praticamente impossibile trovare una soluzione che soddisfi contem-poraneamente tutti gli ambiti in cui si decli-na la sostenibilità. In linea generale per ri-durre gli impatti ambientali di un processo bisogna aumentarne l’efficienza, ovvero la quantità di prodotto ottenuta rispetto alle risorse impiegate: quando questa riflessio-ne viene fatta in ambito agroalimentare, però, può succedere di mettere in crisi altri valori. In poche parole, non esiste la so-stenibilità a 360°.Quello che quindi si dovrebbe fare, sia ve-stendo i panni del produttore sia del con-sumatore, è definire un ordine di priorità per i propri valori, e agire coerentemente con questa scelta. Se l’obiettivo è quello

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Climate Change’s Forgotten Sector], che rivela come le emissioni di agricoltura ed allevamento potranno diminuire solo con una riduzione del 50% dello spreco di cibo e con un cambiamento nella dieta. Dunque è improbabile che si possa rimanere sotto il tetto dell’aumento di tem-

peratura di 2° senza ridurre il consumo di carne e latte e loro prodotti derivati. Il “Protocollo di Kyoto”, insomma, inizia dalla nostra tavola, abbandonando i pro-dotti di origine animale. Alcuni pensano che mangiare vegano sia semplicemente una moda passeggera, invece è proprio grazie alla riduzione del consumo di carne e di altri alimenti di origine animale che si può dare un efficace e prezioso contri-buto alla mitigazione del cambiamento climatico.Un prodotto o un alimento vegano esclude in ogni fase della realizzazione l’impiego di qualsiasi sostanza di derivazione animale. Per questo è importante che chi decide di seguire uno stile di vita vegan abbia la certezza di quel che compra. La certi-ficazione Vegana di CCPB risponde proprio a questa richiesta, aiutando chi ha scelto abitudini alimentari consapevoli, rispettose e a basso impatto ambientale, ma anche le aziende che producono senza prodotti di origine animale.

lenza sulla questione dei combustibili fos-sili, ha lasciato aperta la questione, come hanno denunciato anche le principali asso-ciazioni di settore: Lav, Enpa, Compassion in World Farming (CIWF).Perché, invece, parlare di alimentazione sarebbe stato necessario? Basti pensare

che, secondo le stime di uno studio della Chalmers University of Technology, entro il 2050 le carni bovine e ovine rappre-senteranno la fonte della metà di tutte le emissioni di gas serra da alleva-mento, ma contribuiranno solo al 3 per cento dell’assunzione necessaria di calorie per l’uomo. Formaggio e altri latticini, in-vece, contribuiranno a circa a 1/4 dell’in-quinamento totale del settore* [*Climatic Change May 2014, Volume 124, Issue 1-2, pp 79-91, The importance of reduced meat and dairy consumption for meeting stringent climate change targets Fredrik Hedenus, Stefan Wirsenius, Daniel J. A. Johansson http://link.springer.com/arti-cle/10.1007/s10584-014-1104-5].Che fare? Oggi più che mai, è necessario cambiare i nostri menù, non solo per la nostra salute e per gli animali, ma anche per il benessere del Pianeta. La soluzione è optare per scelte consapevoli. La risposta arriva da un ulteriore studio della Chatham House [*Bailey R et al, 2014. Livestock –

VEGAN: IL CLIMA È NEL PIATTO, MA NON

ALLA COP21ROBERTA RAGNI – giornalista caporedattore greenMe.it, GreenBiz.it

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Il clima è (anche) nel nostro piat-to. Eppure, nei negoziati sui cambia-

menti climatici di Parigi i temi dell’al-levamento e delle abitudini alimentari sono stati grandi assenti, nonostante proprio l’allevamento contribuisca per ben il 14,5% alle emissioni totali di gas serra globali, secondo i dati della FAO.Con difficoltà, l’accordo è stato raggiun-to. C’è chi parla di un “risultato storico”, chi invece è rimasto deluso. Certo è che l’agenda di COP21 ha avuto il demerito di non aver sottolineato l’importanza di un aspetto che è non solo necessario, ma fondamentale per la riduzione delle emissioni di gas serra.Ma l'accordo di Parigi, centrato in preva-

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