Newsletter ANRA n.24

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ari lettori, ben ritrovati. Ultimo appuntamento del 2012 con Risk Management News. Abbiamo dedicato questa newsletter ad approfondire il tema dei rischi sanitari, che sono fra quelli più stimolanti per il Risk Manager; ogni volta infatti che il mercato assicurativo inizia a rifiutare la copertura di specifici rischi, il valore aggiunto della nostra professione viene esaltato; l’analisi, la prevenzione e la gestione di tali rischi, non più trasferibili a condizioni economicamente accettabili, resta infatti l’unica soluzione. E’ il caso della cosiddetta “medical malpratice”, che in Italia ha causato forti perdite a tutti gli assicuratori che si sono cimentati nell’assicurare la responsabilità civile degli ospedali e dei medici; abbiamo assistito ad una precipitosa ritirata da questo settore assicurativo. La dinamica del rischio è prevalentemente dovuta all’evoluzione della sensibilità sociale sui temi della salute (che agisce sulla frequenza) e ad un inasprimento delle condanne in sede civile (che agisce sull’impatto); gli enti ospedalieri, siano essi pubblici, convenzionati o privati, sono spinti a rafforzare il processo di controllo di tutta la filiera della cura e dell’assistenza sanitaria, con lo scopo di ridurre per quanto possibile gli incidenti e di costituirsi quante più esimenti possibili nei procedimenti giudiziari. Il tema che resta aperto è il finanziamento del rischio residuo, data la caratteristica di “long tail” dei sinistri di RC professionale, la cui quantificazione, se per via giudiziale, può richiedere in Italia periodi molto lunghi. Un Fondo Rischi è probabilmente meno tutelante e fortemente penalizzante sul piano finanziario rispetto ad una polizza assicurativa, che per sua natura risponde anche nel lungo periodo grazie alla cultura della “riservazione” propria degli assicuratori: il nostro auspicio è quindi che una gestione virtuosa del rischio sanitario torni ad attrarre capitali in questo ramo assicurativo socialmente così rilevante. Dal prossimo numero la nostra newsletter cambierà impostazione e veste grafica. Non facciamo anticipazioni, ma desideriamo ringraziare la redazione di Ecomunicare che per tanti anni ha curato e fatto crescere questa pubblicazione; per questo abbiamo voluto dare spazio a Marco Ferrari per un bilancio ed un saluto, che ricambiamo di cuore. Buona lettura e tanti auguri di buon Natale. Periodico d’informazione a cura di Numero 24 – Dicembre 2012 Il punto di Rubini C

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Italian Risk Management Association's newsletter

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ari lettori, ben ritrovati.Ultimo appuntamento del 2012 con Risk Management News. Abbiamo

dedicato questa newsletter ad approfondire il tema dei rischi sanitari, che sono fra quelli più stimolanti per il Risk Manager; ogni volta infatti che il mercato assicurativo inizia a rifiutare la copertura di specifici rischi, il valore aggiunto della nostra professione viene esaltato; l’analisi, la prevenzione e la gestione di tali rischi, non più trasferibili a condizioni economicamente accettabili, resta infatti l’unica soluzione. E’ il caso della cosiddetta “medical malpratice”, che in Italia ha causato forti perdite a tutti gli assicuratori che si sono cimentati nell’assicurare la responsabilità civile degli ospedali e dei medici; abbiamo assistito ad una precipitosa ritirata da questo settore assicurativo.

La dinamica del rischio è prevalentemente dovuta all’evoluzione della sensibilità sociale sui temi della salute (che agisce sulla frequenza) e ad un inasprimento delle condanne in sede civile (che agisce sull’ impatto); gli enti ospedalieri, siano essi pubblici, convenzionati o privati, sono spinti a rafforzare il processo di controllo di tutta la filiera della cura e dell’assistenza sanitaria, con lo scopo di ridurre per quanto possibile gli incidenti e di costituirsi quante più esimenti possibili nei procedimenti giudiziari. Il tema che resta aperto è il finanziamento del rischio residuo, data la caratteristica di “ long tail” dei sinistri di RC professionale, la cui quantificazione, se per via giudiziale, può richiedere in Italia periodi molto lunghi. Un Fondo Rischi è probabilmente meno tutelante e fortemente penalizzante sul piano finanziario rispetto ad una polizza assicurativa, che per sua natura risponde anche nel lungo periodo grazie alla cultura della “riservazione” propria degli assicuratori: il nostro auspicio è quindi che una gestione virtuosa del rischio sanitario torni ad attrarre capitali in questo ramo assicurativo socialmente così rilevante.Dal prossimo numero la nostra newsletter cambierà impostazione e veste grafica. Non facciamo anticipazioni, ma desideriamo ringraziare la redazione di Ecomunicare che per tanti anni ha curato e fatto crescere questa pubblicazione; per questo abbiamo voluto dare spazio a Marco Ferrari per un bilancio ed un saluto, che ricambiamo di cuore.

Buona lettura e tanti auguri di buon Natale.

Periodico d’informazione a cura diNumero 24 – Dicembre 2012

Il punto di Rubini

C

CHI È ANRAANRA è l’associazione che dal 1972 raggruppa i Risk Manager e i Responsabili delle Assicurazioni Aziendali. Ad oggi l’associazione conta oltre 150 soci e svolge un importante ruolo per la creazione in Italia di una cultura della gestione dei rischi e delle forme più adeguate per assicurarli. In ANRA sono rappresentati i Risk Manager e i Responsabili Assicurativi Aziendali: i primi monitorano ed esaminano tutti i rischi, ordinari e straordinari, correlati all’attività aziendale, li condividono con il top management e formulano, con il loro accordo, un piano operativo per la gestione dei rischi; i secondi, invece, impostano, realizzano e gestiscono il piano assicurativo dell’azienda.

Redazione

Paolo Rubini - ANRA

Annita Pappagallo - [email protected]

Ecomunicare

Marco [email protected] [email protected]

link consigliati:

www.aiba.itwww.ania.itwww.andaf.itwww.cineas.itwww.ferma.euwww.rims.org/ifrima

IFRIMA

ANRA fa parte dell’IFRIMA (International Federation of Risk and Insurance Management Associations), l’organizzazione, la cui attività può essere fatta risalire al 1930, che raccoglie sotto di sé le associazioni internazionali di gestione del rischio, in rappresentanza di 23 organizzazioni e 30 Paesi di tutto il mondo. L’obiettivo primario di IFRIMA, è quello di fornire un forum per l’interazione e il confronto tra le varie associazioni di categoria e i membri che ne fanno parte.

FERMA

ANRA è iscritta a FERMA (Federation of European Risk Management Associations), l’organizzazione che attualmente riunisce le associazioni nazionali di risk management di 20 nazioni europee. Essa rappresenta oltre 4800 professionisti che operano nei più svariati campi, dall’industria alla finanza passando per la sanità, presso organismi statali, privati o enti benefici.Scopo del FERMA è promuovere la cultura della prevenzione rischio e favorire il networking tra i propri associati.

ANRA LINKPer maggiori informazioni:

Anra, Via del Gonfalone 3 - 20123 Milano T +39 02.58.10.33.00 F +39 02.58.10.32.33 - www.anra.it

www.isvap.itwww.generali.itwww.ugari.itwww.zurich.itwww.chartisinsurance.it

In questo numero1 Il punto

di Paolo Rubini - Presidente ANRA

4 I rischi in sanità e l’implementazione delle tecniche di risk management di Carlo Ortolani - Direttore di Cineas

6 Intervista al dottor Mauro Longoni Vice presidente ACOI e vice presidente Cineas per il settore Sanità

8 Quando il medico rischia più del suo paziente di Alberto Monti - Professore di Diritto privato comparato - Scuola Superiore IUSS Pavia - Studio Legale Monti

10 Mondo Assicurativo e Mondo Sanitario di Luca Franzi - Consigliere d’amministrazione AON, Responsabile Nazionale del segmento Enti pubblici e Sanità

12 L’approccio di ACE alla distribuzione retail nell’ambito delle polizze infortuni e malattia di Marco Capuzzo - Business Development Manager Italy – ACE Europe

15 Tutela dell’ambiente: assicuratore protagonista ma serve il “gioco di squadra”! di Aldo Bertelle - Manager Linea Rischi Inquinamento – AIG Europe Limited

16 Grazie ANRA di Marco Ferrari - Amministratore delegato Ecomunicare

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I rischiin sanità

Intervista al dottorMauro Longoni

Apotropaico

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18Quando il medico rischia più del paziente8

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Un ospedale sicuro è un miraggio? Allo stato attuale del-le cose sembrerebbe così visto l’esponenziale incremento dei contenziosi in ospedale spesso conseguenza dei cosiddetti ca-si di malasanità. Ma da dove viene questo aumento dei con-tenziosi? Sicuramente negli ultimi anni i casi di malasanità o, per usare una terminologia più corretta, gli “eventi avver-si” hanno guadagnato una grande visibilità per l’attenzione dedicata loro dai mass media. Un altro fattore che ha deci-samente contribuito è l’aumento del ricorso agli studi legali e, quindi, delle denunce e richieste di rimborso sulla falsari-ga del modello americano: un approccio totalmente colpe-volista che demonizza il presunto autore dell’errore medico in un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Cerchiamo di analizzare meglio la situazione. Certamente, rispetto ad al-tri settori di attività, anche rispetto all’industriale, la sanità presenta un livello di vulnerabilità ai rischi e agli eventi av-versi maggiore: ospedali e strutture sanitarie ospitano una molteplicità di sostanze di diverso tipo che, anche se appa-rentemente innocue, in particolari contesti possono rivelarsi pericolose o addirittura mortali, penso ad esempio all’azoto e all’ossigeno. Queste sostanze generalmente non sono cen-site, per cui non se ne conoscono le quantità né l’esatta ubi-cazione. Inoltre, l’assenza di metodi gestionali e di procedu-re codificate fanno sì che il settore della sanità sia agli ultimi posti non solo per la prevenzione dei rischi, ma anche per la risposta agli eventi avversi: paradossalmente, proprio il setto-re che avrebbe maggiore bisogno di un sistema organizzato

di controllo e gestione dei rischi ne è del tutto privo. Occor-re poi fare chiarezza, perché per la sovraesposizione data agli incidenti in corsia potrebbe crearsi un equivoco: gli inciden-ti di grave entità – e qui mi riferisco a eventi che provochino gravi danni materiali, feriti, morti - come il caso dell’incen-

I rischi in sanitàe l’implementazione delle tecniche di risk management

Il professor Carlo Ortolani è direttore e membro del Consiglio di Amministrazione di Cineas.

L’attività scientifica è documentata da oltre settanta pubblicazioni e da quattro volumi pubblicati. Inizia la

carriera accademica nel 1968 presso l’Università degli Studi di Pavia, per poi proseguire presso il Politecnico di Milano.

Il professor Ortolani è stato inoltre Fondatore e direttore responsabile (1988-1992) del “Politecnico”, rivista ufficiale

del Politecnico di Milano, e direttore responsabile di “Risknews”, rivista ufficiale del Consorzio universitario per l’ ingegneria nelle assicurazioni (Cineas) dal 2000 al 2004.

Prof. Ing. Carlo Ortolani Direttore di Cineas

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dio della camera iperbarica dell’Istituto Ortopedico Galeaz-zi di Milano del 1997, con il suo drammatico bilancio di 11 morti, non sono così frequenti: dal 1967 al 1996 ci sono sta-ti in tutto 60 morti a livello globale causate da questo tipo di incidente ospedaliero. A fronte di incidenti gravi piutto-sto rari, si riscontra un numero elevatissimo di eventi avver-si di minore entità: quello che sta mettendo in crisi il settore è il quotidiano stillicidio di piccoli incidenti – presunti erro-ri medici e altro – che si traducono in un altrettanto eleva-to numero di contenziosi legali e di rimborsi richiesti dai pa-zienti danneggiati. Questo stillicidio ha provocato negli anni una frattura sempre più netta tra assicurazioni e sanità e ha portato le compagnie assicuratrici a vedere ospedali e profes-sionisti del settore come soggetti troppo rischiosi e difficili da assicurare. Oggi le strutture e i medici – in particolare alcu-ne categorie professionali come chirurghi, ortopedici, gine-cologi – fanno fatica a trovare una società disposta a prender-si il rischio di assicurarli e rimangono quindi spesso scoperti ed esposti alla possibilità di dover risarcire personalmente in caso di errori e conseguenti richieste di risarcimento dan-ni: le assicurazioni arretrano di fronte a rischi che sembra-no imprevedibili, e si rifiutano di assicurare con conseguenze drammatiche per le parti in causa: pazienti, medici, ospeda-li, ma anche compagnie assicuratrici stesse che, rinunciando a questo settore, perdono un’importante opportunità di di-versificazione. In alcuni casi gli ospedali sono costretti a ri-correre a una sorta di autoassicurazione, escamotage che però costringe la struttura a fare un mestiere non suo e impiega-re fondi a questo scopo quando potrebbero essere impiega-ti ad altri servizi. Non dimentichiamo inoltre che il Decreto Legge 138 del 2011 ha introdotto l’obbligo per il medico di stipulare un’assicurazione sulla professione: vista la difficoltà di attuazione il 13 agosto 2012 è stata stabilita una proroga di un anno, tuttavia è difficile pensare che si facciano gran-

di progressi. Come uscire da questa impasse? Non si posso-no dare semplici risposte, non c’è una ricetta standard. Si-curamente il problema centrale delle assicurazioni in fuga deve servire a mettere in discussione il settore e farlo muo-vere verso l’imitazione delle best practice non solo interna-zionali, ma anche italiane. In occasione del convegno su as-sicurazioni e sanità promosso da Cineas a giugno, abbiamo messo intorno a un tavolo compagnie assicuratrici e broker, medici, legali, e istituzioni e abbiamo dato il via a un tavolo tecnico di confronto su questi temi che ci auspichiamo ripor-ti un adeguato livello di dialogo tra queste categorie e arrivi a studiare delle soluzioni. La nostra esperienza e quella di al-cune regioni all’avanguardia, ci mostra come in primo luogo sia necessario creare competenze reali nella gestione del ri-schio clinico: individuare, valutare e gestire tutti i rischi cli-nici sta diventando sempre più importante per tutte le strut-ture sanitarie sia in un’ottica preventiva, ma anche reattiva. La presenza della figura del Risk Manager in ospedale rende-rebbe migliore la patient safety, con diminuzione della medi-cina difensiva e dei costi per il Servizio Sanitario Nazionale. L’esperienza della regione Toscana che nel 2006 ha reso ob-bligatoria la presenza di un Risk Manager (o di un team de-dicato) nelle strutture sanitarie, mostra risultati incoraggian-ti: riduzione del 15% nel numero dei sinistri, dell’85% negli errori di trascrizione sulle cartelle cliniche e del 32% dei ca-si di mortalità post operatoria per complicanze, proprio gra-zie all’implementazione di procedure codificate da parte dei Risk Manager. Quella del Risk Manager è infatti un’attività che ha l’obiettivo di identificare le possibili fonti di rischio, monitorarle e attivare le procedure più efficaci per la loro pre-venzione, tenendo sotto controllo i costi. Il compito dell’Ho-spital Risk Manager in particolare è anche di convogliare le culture: quella degli operatori sanitari, quella del mondo as-sicurativo del trasferimento del rischio, quella ingegneristi-

ca ed economica, quella legale. Inoltre svi-luppa politiche, strumenti e metodologie di misurazione e gestione del rischio clinico e contribuisce a realizzare le infrastrutture tec-nologiche e organizzative necessarie all’in-dividuazione e all’eliminazione degli even-ti avversi. Si tratta di competenze specifiche che ancora oggi in Italia sono rare; noi come Consorzio Universitario siamo impegnati sul fronte della formazione e quest’anno siamo arrivati alla decima edizione del master in Hospital Risk Management, il primo in Italia ad affrontare questo settore specifico, e che trasmette agli studenti le competenze tecni-che, ma anche le life skills, indispensabili a ri-coprire un ruolo tanto cruciale nell’organi-gramma dell’ospedale.

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Dottor Longoni, quanto è rischiosa la professione del chirurgo, oggi in Italia?Il quadro purtroppo non è roseo: oggi il ruolo del chirur-go nel nostro Paese ha raggiunto il minimo storico di presti-gio sociale e di attrattiva: sono sempre meno i giovani medi-ci che si iscrivono alle scuole di specializzazione in chirurgia. Questo per una serie di fattori, innanzitutto per il giudizio dato dai cittadini all’evento avverso: oggi tutto quello che è imprevisto e complicanza viene interpretato come errore non accettabile. In secondo luogo, in chirurgia, il cittadino ripo-ne la propria fiducia essenzialmente nel singolo professioni-sta, per cui il coinvolgimento psicologico diretto del chirur-go è fortissimo. In sostanza, il rapporto stretto tra paziente e medico, la sistematica confusione tra errore e complicanza, e anni di sentenze risarcitorie, hanno creato un sistema che ri-fiuta qualsiasi imprevisto e che fa ricorrere alla querela o al-la richiesta di risarcimento fatta tanto per. In chirurgia, la denunce sono frequentissime, e anche se oltre i 2/3 dei con-tenziosi risulta infondato e decade, la conseguenza finale è la disaffezione da parte dei giovani medici a questa specializza-zione, e la convinzione per chi esercita la professione chirur-gica di avere un ruolo svilito, ma al tempo stesso molto im-pegnativo, mal pagato e rischioso per le implicazioni legali, spesso pretestuose.

I rischi riguardano solo i chirurghi o la professione me-dica in generale?La professione sanitaria è sicuramente più impegnativa per le specializzazioni che formano la cosiddetta “Area

Critica”, vale a dire pronto soccorso, chirurgia, anestesia e rianimazione, ortopedia, ginecologia e ostetricia: un va-sto numero di specializzazioni. In tale ambito si raccoglie la maggior parte dei contenziosi medico-legali con la con-seguente maggiore tensione psicologica dei professionisti che tendono, di necessità, alla medicina difensiva con il doppio scopo di tutelarsi e di non perdere quella coper-tura assicurativa che è oggi difficilissima da ottenere e da mantenere.

Intervistaal dottor Mauro Longoni

Il dottor Mauro Longoni è vice presidente dell’ACOI – Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani –

e vice presidente Cineas per il settore Sanità.Dal 2003 Longoni è Direttore dell’Unità Operativa

Complessa di Chirurgia Generale presso l’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici

di Perfezionamento (ICP) di Milano. Ad oggi è autore di 131 pubblicazioni scientifiche,

e fa parte delle principali società e associazioni chirurgiche italiane e internazionali.

Dott. Mauro Longoni

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Cosa rende difficile praticare la professione in questo contesto?L’aspetto umano della pratica chirurgica, con la grande sod-disfazione del forte rapporto che si crea tra medico e pazien-te, rischia di essere travolto dalla preoccupazione del sempre possibile risvolto medico-legale che ogni atto operatorio por-ta potenzialmente con sé. Se il paziente tende a vedere il chi-rurgo come una possibile causa di errori e di danni, il chi-rurgo vede il paziente come un potenziale nemico, diffidente e prevenuto. A questo si aggiunga la difficile situazione di as-sicurabilità dei medici e delle strutture sanitarie, creatasi ne-gli ultimi anni proprio a causa degli elevati costi che le com-pagnie di assicurazione hanno dovuto affrontare per il gran numero di contenziosi penali e civili in sanità, e che, di fat-to, ha determinato la loro uscita dal mercato sanitario. Molte aziende ospedaliere non riescono più a sottoscrivere una po-lizza assicurativa e passano alla tutela autonoma del costo dei risarcimenti, con un tesoretto che però non prevede la tutela legale e l’attivazione di polizze di secondo rischio. Inoltre, le polizze personali non esistono più o sono costosissime e ven-gono immediatamente rescisse al primo sinistro. Sarebbe op-portuno porsi una serie di domande: saliremmo su un taxi il cui conducente ci informi di non essere assicurato? Ci affi-deremmo a un chirurgo non coperto da un’idonea assicura-zione? E il chirurgo stesso, se non assicurato, con quale stato d’animo affronta l’intervento chirurgico?

Sembra che gli errori in corsia siano aumento…Certamente non è così. L’osservatorio per i sinistri sanitari della Regione Lombardia conferma come il nume-ro assoluto degli eventi ef-fettivamente riscontrati e confermati sia rimasto sta-bile negli ultimi dieci an-ni. È aumentato, invece, il valore dei risarcimenti che, per varie ragioni, il giudi-ce decide al termine del dibattimento, e il numero delle denunce che spesso poi non vengono confer-mate, ma che fanno male a tutti, ai pazienti, ai pro-fessionisti e al sistema sa-nitario. Certamente, negli ultimi anni è cambiata la cura con la quale si ana-lizzano e si indagano gli eventi avversi in sanità: dalla paura della notizia si

è passati alla ricerca delle cause di errore e di complicanza per ridurre la loro incidenza e la loro gravità. Nelle aziende ospedaliere pubbliche è obbligatoria la figura del risk mana-ger, cui è affidata la prevenzione dei fattori di rischio riguar-danti il singolo professionista e l’intera struttura. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità e la sicurezza della cura dei pazienti facendo in modo che si evitino i rischi anche impa-rando dagli errori del passato.

È possibile invertire la tendenza?Certamente sì! Ribadisco la fondamentale importanza del-la cultura in tema di studio e prevenzione del rischio in sa-nità. Dimostrare come chi opera in sanità metta una par-ticolare attenzione nell’evitare tutti i possibili e prevedibili fattori di rischio nell’attività quotidiana permetterà ai pa-zienti una maggiore serenità e riaprirà il dialogo con le compagnie di assicurazione perché fornirà loro un elemen-to di confronto e di controllo. Un altro aiuto viene dal-la consapevolezza che non è sufficiente essere un buon chi-rurgo se non si dispone di una struttura sanitaria efficiente e di un team di pari competenze, in grado di interveni-re in qualsiasi momento per affrontare e risolvere i proble-mi del paziente. Ancora, in ambito chirurgico è ancora più importante che nelle specialità mediche la formazione co-stante, inoltre è importante avere una determinata casistica per eseguire con competenza quel preciso atto terapeutico. Infine, anche nel nostro Paese si deve realizzare il processo dell’accreditamento professionale dei chirurghi, con la cer-tificazione delle loro capacità e delle loro professionalità.

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D ir i tto a l la quest i one

L’esercizio della professione costringe il medico a fronteggia-re quotidianamente il rischio. Quando la vita e la salute dei pazienti sono a rischio, si tratta di scegliere in tempi rapidi le terapie più indicate e gli interventi più efficaci. Ma queste scelte, a loro volta, comportano l’assunzione di rischi, atteso che la scienza medica è in continua evoluzione e non a tutte le domande vi è univoca risposta.Lasciando d’un canto gli incresciosi episodi di malasanità, dei quali pure è tristemente costellata la storia recente, si trat-ta dunque di comprendere, da un punto di vista strettamen-te giuridico, a quali condizioni ed in quali termini sia leci-to addossare al medico o alla struttura sanitaria in cui opera una qualche forma di responsabilità, nel caso in cui l’esito delle decisioni assunte e delle azioni compiute non sia quel-lo desiderato.In argomento, va osservato che nell’ultimo decennio il te-ma della responsabilità civile in campo sanitario è stato inte-ressato da una vera e propria rivoluzione innescata da diversi fattori, quali i notevoli progressi tecnico-scientifici, l’aumen-to della consapevolezza dei diritti, l’influenza di sistemi giu-ridici stranieri e le evoluzioni in ambito europeo. È un dato di fatto che, in questo arco di tempo, le azioni civili risarci-torie intentate in Italia nei confronti dei medici e delle azien-de sanitarie si sono triplicate. La situazione appare, dunque, meritevole di monitoraggio, pur non essendo ancora giunta al punto di mettere in crisi il sistema, come invece accadu-to a più riprese negli Stati Uniti dove le coperture assicurati-ve per medical malpractice hanno subito forti contrazioni in funzione del crescere dei risarcimenti.Il fenomeno è complesso e merita di essere affrontato anzi-tutto, da una prospettiva terminologica: per individuare cor-rettamente il tema in discorso, infatti, non si può più far ri-ferimento alla “responsabilità del medico”, quanto piuttosto alla “responsabilità medica” o “medico-sanitaria”. Questa lo-cuzione consente di meglio esprimere la complessità del con-testo istituzionale nel quale il medico si trova oggi ad eserci-tare la professione, sottolineando il ruolo di supporto svolto dal personale tecnico ed infermieristico, nonché quello di ca-rattere organizzativo della struttura sanitaria, pubblica o pri-vata che sia.La complessità si riverbera anche sul piano risarcitorio, do-ve intorno alla questione della responsabilità medica si ad-densano fattispecie altre e diverse rispetto al “mero” errore di diagnosi o di terapia, quali il c.d. “consenso informato” ai trattamenti sanitari e le modalità in cui lo stesso viene presta-

to dal paziente o dagli aventi diritto, la tutela costituzionale della persona e dei dati personali e sensibili, il diritto alla sa-lute, sino ai profili di diritto amministrativo riguardanti l’or-ganizzazione interna delle strutture sanitarie.Secondo i più recenti orientamenti della giurisprudenza in materia, la responsabilità del medico nei confronti del pa-ziente ha natura contrattuale. Il che, tradotto operativa-mente in termini di distribuzione dell’onere della prova, fa sì che in un giudizio civile risarcitorio il paziente debba sol-tanto provare l’esistenza del contratto e l’aggravamento della sua situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie, gravando sul medico l’onere di provare la dovuta diligen-za nell’esecuzione, ovvero l’evento imprevisto. In particola-re, secondo la Cassazione la presunzione di colpa dalla quale, ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile, è gravato il medi-co nei confronti del paziente che ne invochi la responsabili-tà professionale può essere superata dal sanitario soltanto di-mostrando che l’insuccesso dell’intervento o della terapia sia dipeso da un evento imprevedibile e non prevenibile con l’u-so dell’ordinaria diligenza da lui esigibile.Da un punto di vista casistico, invero, si può distingue-re tra diverse tipologie di prestazione medica: la prestazio-ne del medico libero professionista; la prestazione del medi-co dipendente dall’amministrazione sanitaria; la prestazione del medico universitario; la prestazione del medico operan-te presso cliniche private; la prestazione del medico conven-zionato con l’amministrazione sanitaria. Ai fini del loro in-quadramento giuridico, tuttavia, tali ipotesi possono essere ricondotte sostanzialmente a due: o il medico esegue la pre-stazione sulla base di un rapporto contrattuale diretto con il paziente, secondo lo schema del contratto d’opera intellet-tuale, oppure la esegue in adempimento della relazione di servizio con la struttura sanitaria la quale, a sua volta, è di-retto contraente del paziente. In entrambi i casi, la giurispru-denza è ormai giunta – attraverso percorsi logico-interpreta-tivi più o meno tortuosi – a confermare che la responsabilità

Quando il medico rischia più del suo paziente

Alberto MontiProfessore di Diritto

privato comparatoScuola Superiore IUSS Pavia

Studio Legale Monti

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del professionista ha fonte contrattua-le, con la conseguenza sopra delineata sul piano probatorio, la quale si tradu-ce in una sorta di presunzione di colpa del medico in caso di esito negativo dei trattamenti.Quanto alla responsabilità della strut-tura sanitaria quale ente, le corti han-no poi elaborato il concetto di «colpa di apparato», mutuato dalla responsabilità delle persone giuridiche, esteso all’am-bito della responsabilità della pubbli-ca amministrazione in generale e, da ultimo, a quella dell’azienda sanitaria. Da ciò consegue l’apertura ad autono-me forme di responsabilità dell’ente, le quali prescindono dall’accertamento di una condotta negligente, imprudente o imperita dei singoli operatori medici, trovando la stessa fonte nell’inadempimento delle obbligazioni direttamente assunte dall’azienda sanitaria nei confronti del paziente.A ciò di aggiunga che ai fini dell’accertamento del nesso cau-sale tra condotta illecita ed evento di danno non è richiesta la dimostrazione in giudizio di un rapporto di consequenziali-tà necessaria tra la prima ed il secondo, risultando per contro sufficiente la sussistenza di un rapporto di mera probabilità scientifica. Ciò significa che, ai fini dell’accertamento della responsabilità, il nesso causale può essere ritenuto sussisten-te non solo quando il danno possa ritenersi conseguenza ine-vitabile della condotta, ma anche quando ne sia conseguenza altamente probabile e verosimile.Appare, dunque, legittimo chiedersi se in questo contesto non sia il medico a rischiare più del suo paziente.Proprio nel tentativo di ridurre l’esposizione al rischio quan-to meno sul fronte penalistico, è stata di recente promulga-ta la disposizione di cui all’articolo 3, comma primo della legge 8 novembre 2012, n.189 di conversione del Decreto n. 158/2012 (c.d. Decreto Sanità), la quale ha stabilito che: “ l’e-sercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della pro-pria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accredita-te dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’arti-colo 2043 del codice civile.” Tralasciando in questa sede ogni commento di carattere sistematico ed attinente alla tecnica legislativa, invero non propriamente ineccepibile, va osserva-to che la norma reca alcune importanti criticità, le quali me-ritano di essere poste subito in luce.Anzitutto, non è chiaro come la colpa - sia pur “lieve” e sia pure ai soli fini risarcitori civilistici - possa coesistere con il rispetto delle linee guida, le quali sono riconosciute dal-la giurisprudenza quale collaudato standard di perizia. Ve-

ro è che, in ambito penale, il rispetto delle linee guida non può essere invocato per escludere la responsabilità del medi-co se il paziente presenta un quadro clinico tale da imporre una condotta diversa da quella raccomandata da tali orien-tamenti. Nel nuovo quadro normativo, dunque, sarà solo in presenza di colpa grave nella valutazione del quadro clinico specifico e, per conseguenza, dell’opportunità di attenersi al-le linee guida, che il medico potrà essere tenuto penalmen-te responsabile.Quanto alle conseguenze civilistiche, la novella legislativa pare poi dimenticarsi che nell’insegnamento della Cassazio-ne l’articolo 2043 del codice civile è fonte di responsabili-tà civile per danno patrimoniale, mentre il risarcimento del danno non patrimoniale trova ancoraggio normativo nell’ar-ticolo 2059 del medesimo codice, sicché vi è da chiedersi quale sia in concreto la portata effettiva della novella legisla-tiva in discorso quanto alle conseguenze civilistiche di con-dotte professionali allineate alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, ma comunque caratterizzate da imperizia nella specie della c.d. “colpa lieve”.Insomma, da un primo esame a caldo non pare proprio che l’intervento del legislatore garantisca alcun effettivo sollie-vo alla scomoda posizione in cui si trovano oggi ad opera-re i medici.Tutto sommato, in questa cornice non pare più così marcata-mente assurdo il monito del Signor Smith – personaggio del-la prima commedia di Eugène Ionesco (La cantatrice chauve, 1950) –, il quale solenne affermava: “un medico coscienzio-so dovrebbe morire insieme con il malato, se non possono guarire assieme. Il comandante di una nave perisce con la nave, nei flutti. Non sopravvive mica.” E chissà che, di questi tempi, i medici non abbiamo qualcosa da insegnare ai comandanti…

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Lo sviluppo del rapporto tra mercato assicurativo e mondo della Sanità è certamente influenzato da una serie di fattori endogeni ed esogeni al sistema.Il rischio non connaturato da aleatorietà, e in quanto ta-le, controllabile, trova quale naturale strategia di mitigazio-ne il trasferimento al mercato assicurativo. È anche vero che nonostante i processi adottati per la mitigazione, esiste una componente del rischio che non può essere in alcun modo controllata: quella che si riferisce alla valutazione giurispru-denziale del danno.Prima di entrare nel merito dell’analisi delle conseguenti im-plicazioni, è importante ripercorrere per sommi capi, quella che è stata l’evoluzione del rapporto tra il mondo della Sanità e il mercato assicurativo nell’ultimo ventennio.Come è noto, fino alla prima metà degli anni Novanta, il mondo della Sanità, caratterizzato da andamenti tecnici po-sitivi sia sotto il profilo della frequenza dei sinistri che sotto quello della severità degli importi, era visto dal mondo assi-curativo come un’area di interesse strategico.A partire dalla seconda metà, la situazione si è ribaltata. La frequenza e la magnitudo dei sinistri ha registrato una co-stante e impetuosa crescita e la reazione delle Compagnie di Assicurazione non si è fatta attendere, sia per l’incremento dei premi che per la qualità delle condizioni prestate.

È importante osservare che si è registrata una rincorsa al con-tenimento dell’incremento dei costi anche attraverso una, forse inconsapevole, riduzione delle garanzie.La valutazione fatta nel tempo, dal mondo della Sani-tà e dai Media, si è principalmente con-centrata sull’aspet-to “premi” trascuran-do gli effetti negativi nell’ambito del rap-porto costi/benefici dell’importante con-trazione della por-tata delle coperture. Questo ha compor-tato inevitabilmente effetti distortivi sulla comparazione dei li-velli di spesa assicu-rativa tra le diverse strutture.L’effetto distorsivo più insidioso è, però, quello relativo alla va-lutazione dell’efficien-za della spesa assicu-rativa. La valutazione

Mondo Assicurativoe Mondo Sanitario

Luca FranziResponsabile Nazionale

del Segmento Enti Pubblicie Sanità

Consigliere d’Amministrazione di Aon S.p.A.

Presidente di Aon Hewitt Risk & Consulting S.r.l.

NOTE SU AON

Aon Italia è il gruppo leader italiano nel brokeraggio assicurativo e riassicurativo, nella consulenza nei servizi di Risk Management e nella consulenza aziendale per la gestione delle risorse umane.Il Gruppo è presente in Italia con 30 uffici in 27 città italiane e si avvale di oltre 1100 dipendenti per fornire alle PMI, ai grandi Gruppiindustriali e finanziari e agli Enti Pubblici soluzioni su misura per una adeguata gestione dei rischi.Aon Italia è la branch italiana di Aon Plc, capogruppo quotata al NYSE che ha il suo quartiere generale a Londra ed è presente in 120 paesi con più di 61.000 dipendenti.Aon da sempre attenta all’ innovazione nel dinamico mercato assicurativo, fornisce supporto e competenze specifiche nella definizione delle strategie che consentono di gestire e controllare i diversi rischi aziendali.Nel 2011 il Gruppo ha realizzato in Italia ricavi totali per oltre 159 milioni di euro e ha intermediato premi per oltre 1.8 miliardi di euro.

Dopo aver conseguito la maturità scientifica, approdanel 1985 alla RVA S.p.A., dove nel 2000 assume la carica

di Direttore Generale, nel 2007 quella di Consigliere Delegato nonché nel 2010 – a seguito della repentina

scomparsa del Presidente Giorgio Viganò – quella di Amministratore Delegato.

A seguito dell’acquisizione di RVA da parte di Aon S.p.A. il 30 giugno 2010, gli viene conferita la carica di Consigliere

d’Amministrazione e successivamente anche quella di Presidente di Aon Hewitt Risk & Consulting S.r.l.

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non è riferita al costo per garantire la tenuta del conto eco-nomico dalle di conseguenze negative di eventi avversi im-prevedibili, ma bensì alla spesa corrente, ovvero al rap-porto premi/sinistri, considerando peraltro troppo spesso attendibile unicamente la misura degli importi riferiti ai si-nistri liquidati.Il progressivo deterioramento del rapporto tra il mercato as-sicurativo e il mondo della Sanità è stato il naturale rifles-so dell’assenza di condivisione sul concetto di efficienza del-la spesa assicurativa.Ne emerge l’inevitabile scostamento tra la richiesta al mer-cato assicurativo di farsi carico delle inefficienze sistemiche e la disponibilità dello stesso di assumere unicamente i rischi effettivamente assicurabili (la cui frequenza e magnitudo, proprio per effetto dell’evoluzione giurisprudenziale sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti; basti pen-sare che il valore medio del danno si raddoppia nell’arco di quattro anni e che i danni di punta si aggirano oggi su di un valore di circa 5 milioni di euro).Questa situazione ha portato, quale estrema conseguen-za, ad individuare, da parte di taluni sistemi, il mancato pagamento dei premi – vale dire l’autoritenzione dei rischi - come lo strumento più efficace per finanziare i rischi stes-si. Appare evidente il controsenso, anche se, in uno scenario di breve periodo, la scelta può sembrare forse coerente con le esigenze di bilancio di contenimento dei costi.Questa scelta, comunque, richiede l’esigenza di attuare po-

litiche di Risk Management ancora più strutturate e incisi-ve e, elemento ancor più di rilievo, la necessità di costituire Fondi Rischi.I Fondi Rischi, poi debbono non solo essere finanziati ma anche rivalutati nel tempo - non trascurando gli effetti dell’e-voluzione del giudizio - per evitare che gli stessi non risultino in futuro inadeguati, ben sapendo che pur parlando da anni del costo del contenzioso in Sanità, ad oggi, non risulta di-sponibile una valutazione attendibile di quello che possa es-sere il reale costo.A questo proposito è preoccupante rilevare che il decre-to Balduzzi prevedeva l’obbligatorietà della creazione di uni-tà di gestione del rischio clinico all’interno delle strutture, mentre nella conversione in legge del decreto di questa obbli-gatorietà non vi è traccia.Se è confermato che circa il 50% degli eventi avversi in Sa-nità derivi da errori di processo e in quanto tali prevedibili (e quindi eliminabili) come si concilia questa situazione con la contrazione delle risorse disponibili per il sistema sanita-rio? Non è ipotizzabile che gli effetti della spending review impattino negativamente sulla qualità del rischio? Come vie-ne valutato il costo prospettico del rischio e protetto il bilan-cio in assenza di politiche di mitigazione assicurativa? Altresì considerando i tempi della giustizia che in taluni casi posso-no essere superiori ai 20 anni, siamo certi che quando i si-nistri dovranno essere pagati esisteranno i fondi disponibili?Ai posteri l’ardua sentenza.

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Secondo il 46° rapporto Censis sulla situazione sociale del paese, presentato come ogni anno ad inizio dicembre, ciò che preoccupa maggiormente gli italiani con riguardo al loro fu-turo risulta essere, nell’ordine: la malattia, la non autosuffi-cienza, il futuro dei figli, la situazione economica generale, la disoccupazione/perdita del lavoro.

“L’importante è la salute”. “La cosa che mi terrorizza di più è il fatto di stare male”. “Per me, lavoratore autonomo, e per la mia famiglia, se dovessi stare fermo e non poter lavorare a causa di un infortunio o di una malattia seria, sarebbe un dramma”.

Meno certezze, minore protezione, mondo del lavoro in forte cambiamento, riduzione del ruolo dello Stato, tagli al Siste-ma Sanitario, crescenti difficoltà delle famiglie nel suppor-tare i propri cari. In questo scenario evolutivo emerge però che gli italiani continuano ad essere poco assicurati contro infortuni e malattie. Come sappiamo, il nostro è un merca-to ancora sottoassicurato se comparato ad altri mercati raf-frontabili per dimensione e struttura, e che sinora ha stenta-to a svilupparsi.

Noi crediamo che le cause siano molteplici e risiedano sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta (tra le altre: fo-calizzazione sulla RC Auto, offerta molto frammentata, mo-

dalità di proposizione e vendita troppo comples-se, ecc.).

In effetti ACE ha da di-versi anni maturato un’e-sperienza positiva in Eu-ropa e nello specifico sul mercato italiano proprio nei rami infortuni e ma-lattia attraverso la distri-buzione di coperture as-sicurative a individui e

famiglie con modalità diverse dalle tradizionali reti agenzia-li: affinity e direct marketing, attraverso partnership di me-dio-lungo termine con alcune medio-grandi aziende operan-ti in settori diversi (secondo modelli B2B2C).

Secondo la nostra visione, ogni prodotto o servizio, in quanto “sistema di prestazioni”, può essere potenzialmente arricchi-to di una o più prestazioni di natura assicurativa. Le compo-nenti assicurative possono essere proposte al cliente in mo-dalità inclusiva al prodotto/servizio stesso (embedded), o in modalità abbinata (bundled), o anche separata (stand-alone).

Banche, Utilities, Telco, Media, Grande distribuzione e Di-stribuzione specializzata sono alcuni esempi di settori dove tali modalità distributive possono funzionare efficacemente. Ma anche aziende manifatturiere o altre organizzazioni, co-me ad esempio associazioni o università. Per l’azienda o l’organizzazione, quella dell’offerta di coper-

L’approccio di ACE alladistribuzione retail nell’ambito delle polizze infortuni e malattia

Marco CapuzzoBusiness Development Manager

Italy – ACE Europe

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ture assicurative è spesso una scelta che impatta sul posizio-namento dello specifico prodotto/servizio, del brand, a volte persino dell’azienda intera. È una decisione che coinvolge le direzioni commerciali e marketing, le direzioni prodotto e a volte anche le direzioni generali. Ma è una scelta che può da-re rilevanti ritorni in termini di rafforzamento della relazio-ne con i propri clienti e anche in termini reddituali (ricavi in-crementali e indipendenti dal core business).

Nell’ambito infortuni e malattia alcuni esempi di prodotti che ACE offre sono:• Diaria da ricovero e post-ricovero a seguito di infortunio

(Hospital Protection Plan), • Indennizzo mensile per un determinato periodo di tempo

in caso di perdita di impiego (lavoratori dipendenti), di in-validità totale permanente o di inabilità temporanea tota-le al lavoro (lavoratori autonomi) – Bill/Expense protector

• Indennizzo in caso di frattura (Broken Bones)• Indennizzo in caso di grave malattia - cancro, ictus, infar-

to- (Critical illness) • Indennizzo in caso di intervento chirurgico (Surgical Cash)

Tali coperture sono personalizzate per ogni azienda e tipo-logia di cliente e sono abbinabili ad esempio a servizi di assi-stenza alla persona (o alla casa), a servizi di “second opinion” medica, e altro ancora.

ACE è oggi in Italia uno dei “big spender” nel direct marke-ting, con al suo interno una business unit specializzata. Par-tendo dalla sua storica partnership globale con American Ex-press, tuttora in essere, ha capitalizzato l’esperienza maturata e si è aperta negli anni ad altre partnership distributive. ACE offre ai propri business partner non solo prodotti assicurativi ma soluzioni com-plete “chiavi in mano” (prodotti, com-petenze di marketing e comunicazione, piattaforma tecnologica per la gestione dei processi di vendita e post-vendita).

Abbiamo testato e stiamo tuttora testan-do modalità innovative di proposizione e distribuzione dei prodotti assicurativi. Nel tempo abbiamo innovato sia il pro-dotto che il processo: scomposizione dei prodotti complessi in micro-coperture, con un premio di importo relativamente contenuto; adesione semplice, anche con una telefonata; premio pagabile mensil-mente; durata indeterminata; libertà per il cliente di cancellare la polizza in qual-siasi momento altrettanto facilmente.

Operiamo come “white label”, lasciando in assoluto primo piano il brand del partner. Siamo inoltre molto attenti alla qualità del servizio e alla customer experience degli assicura-ti, consapevoli che per una compagnia come la nostra que-sto sia il vero fattore competitivo nel medio-lungo termine.

In conclusione: • dal punto di vista della persona, quello della protezione è

spesso un bisogno latente da percepire correttamente, met-tere a fuoco, e soddisfare nel modo più efficace possibile;

• dal punto di vista delle compagnie, la protezione rappre-senta un mercato in larga parte ancora da sviluppare, che probabilmente necessita un approccio e forme distributi-ve differenti, anche totalmente nuove, in affiancamento a quelle tradizionali;

• dal punto di vista di aziende e organizzazioni, la protezio-ne e le relative soluzioni assicurative possono essere conce-piti come un arricchimento del loro prodotto/servizio co-re, a beneficio del valore percepito da parte del loro cliente o associato.

Da parte nostra intendiamo continuare anche nel 2013 a sensibilizzare aziende e altre organizzazioni a questo tipo di approccio, convinti che possa essere una chiave efficace per la creazione di valore e per sviluppare un mercato che presenta un enorme potenziale.

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In Italia il mondo delle aziende (ma non solo) ha sempre vissuto lo strumento dell’obbligatorietà della copertura assicurativa come una “imposizione” e non, come avviene invece in altri mercati, co-me il possesso di un requisito economico funzionale alla tutela del proprio patrimonio e di quello dei terzi. In proposito è sufficiente ricordare le reazioni prodotte (ancorché amplificate dal coinvolgi-mento dei privati) dalla recente proposta del Ministro Clini di ren-dere obbligatoria la copertura per le calamità naturali. La propo-sta, presentata sotto la spinta emotiva dell’ultimo evento sismico in Emilia, come nelle precedenti analoghe occasioni, con tutta pro-babilità verrà accantonata per le polemiche che additano l’assicura-tore come unico soggetto che ne beneficia.La posizione proattiva dell’assicuratore, che caratterizza ormai da alcuni anni la gestione del rischio inquinamento, rappresenta di contro un efficace esempio di come il comparto assicurativo si ca-ratterizzi per innovazione e contribuisca alla definizione di pro-poste operative “attraenti” indipendentemente dalla loro obbliga-torietà. In proposito si evidenziano solo alcuni significativi punti.• L’assicuratore inquinamento, da oltre venti anni, considera es-

senziale l’analisi dello stato del sottosuolo. A seguito di alcune “clamorose disavventure”, questa analisi è divenuta oggi impre-scindibile in una qualsiasi operazione di merger&aquisition ma, soprattutto con la Direttiva 2010/75 (che deve essere recepita da-gli stati dell’UE entro il prossimo 7.1.13), verrà introdotto l’obbli-go di legge di dichiarare lo stato del sottosuolo.

• La liquidazione dei danni da inquinamento ha evidenziato da subito due criticità: il know-how dell’operatore e la congruità dei costi di intervento. Nella totale assenza di strumenti per tene-re sotto controllo queste due criticità la risposta è arrivata pro-prio del mondo assicurativo. A partire dal 2003 viene pubblicato annualmente (da Ambiente&Sicurezza rivista del gruppo IlSo-le24Ore) il “Prontuario delle bonifiche” che raggruppa una se-rie di elementi attraverso i quali effettuare la scelta del “migliore operatore possibile”. Nel 2009 è stato poi pubblicato, primo ed unico lavoro di questo tipo in Italia, il “Prezzario delle bonifiche” (IlSole24Ore-Libri) che rappresenta uno strumento di riferimen-to per la verifica appunto dei costi di intervento.

• Nel 2004, per cercare di dare organicità e sviluppo alle iniziati-ve di cui al punto precedente è stato costituito presso l’Universi-tà degli Studi di Parma l’Osservatorio Nazionale delle Bonifiche,

iniziativa che è stata replicata da altri soggetti, in altre sedi, con fi-nalità similari ma tutte con l’identico risultato di non essere mai effettivamente decollate.

• Ultimo, ma non certo per importanza, il legame sempre più stretto che si è realizzato fra mondo dell’assicurazione e mondo degli operatori del settore delle bonifiche a salvaguardia di una operatività immediata, qualificata e con l’obiettivo di una garan-zia di risultato per aumentare la certezza del risarcimento.

I punti appena elencati rappresentano parti di un progetto orga-nico; con quale autorevolezza infatti si può dibattere di know-how degli operatori se non si conoscono i fattori attraverso i quali valu-tarlo? E ancora: come fare ad individuare i fattori se non si studia-no settori che non sono quello di elezione originaria?Sulla base di quanto precede si può quindi affermare innanzitut-to che la disponibilità di un servizio in grado di fornire la soluzio-ne operativa del problema rappresenti, per il mondo delle aziende, elemento di grande novità ma soprattutto un vantaggio “tangibi-le” rispetto al precedente, “classico” schema di servizio assicurativo.Iniziative quali il Prontuario ed il Prezzario rappresentano di per se un risultato tangibile dell’attività svolta dall’assicuratore; risultato fruibile da chiunque indipendentemente dalla stipula della polizza.L’obiettivo di alimentare e sviluppare l’attività dell’Osservatorio, con le finalità sopra descritte, richiede un “gioco di squadra” nel quale, fino ad oggi, gli altri soggetti coinvolti nel processo di boni-fica hanno latitato o compiuto percorsi indipendenti quanto sterili.L’aver promosso e sostenuto questa iniziativa si ritiene possa ben rappresentare l’impegno che l’assicuratore sta portando avanti per un’attrattività del servizio offerto che renda inutile il ricorso alla sua imposizione per legge.

Per saperne di più visita il nostro sito: www.aig.com

Tutela dell’ambiente:assicuratore protagonistama serve il “gioco di squadra”!

Aldo BertelleAIG Europe Limited - Manager Linea Rischi Inquinamento

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Marco FerrariAmministratore delegato Ecomunicare

Grazie ANRAT ermina con questo numero di Risk Management News la nostra collaborazione con ANRA.

Era iniziata nel 2005 quando Roberto Bosco ci aveva voluto al fianco dell’Associazione per cercare di dare maggior peso e visibilità ai temi del Risk Management e al ruolo dei Risk Manager all’ interno delle aziende. Insieme avevamo deciso di lavorare su due aspetti. Da una parte cercare di far percepire i Risk Manager sempre più come delle figure strategiche per competenze e ruolo nell’organigramma delle imprese. Dall’altra dotarsi di strumenti di comunicazione che consentissero un contatto qualificato con i propri stakeholder, offrendo visibilità qualificata ai propri partner

e sponsor. Le risposte sono state da una parte Risk Management News che abbiamo progettato e realizzato e che giunge oggi al suo 24° numero arricchita e rafforzata rispetto agli inizi passando dalle 8 pagine iniziali alle 18/20 attuali. Dall’altra gli interventi nell’organizzazione dei Convegni Nazionali con l’obiettivo di aumentarne lo standing e di allargarne l’ interesse. Per questo si è passati da una scadenza biennale a una annuale, si sono individuati dei temi in grado di colpire l’attenzione di un pubblico non di soli specialisti e che dimostrassero la piena titolarità dei Risk Manager ad affrontarli. Così sono nati “Rischi d’Italia, l’Italia s’ è persa”, poi “I figli del cigno nero”, quindi “Governance: rischio compreso” fino a “Back to insurance” dello scorso anno. Sia nei convegni, sia sulla newsletter abbiamo cercato di portare voci e testimonianze autorevoli e riconosciute, provenienti anche da mondi non assicurativi. La Protezione Civile, l’Ocse, il Codacons, il Fondo Monetario Internazionale, Federacciai, Boston Consulting Group, McKinsey, Fiera di Milano, la Banca Europea d’Investimento, Confcommercio, il Comune

di Milano e la Regione Lombardia, sono alcune delle voci che abbiamo coinvolto e che hanno partecipato ai nostri confronti scritti o verbali. In questi anni crediamo di aver lavorato bene e di aver portato un contributo positivo all’Associazione. Crediamo anche di aver ricevuto molto in termini professionali oltre che umani. Grazie ad ANRA noi di Ecomunicare abbiamo potuto comprendere molto meglio problemi e dinamiche del Risk Management. Abbiamo lavorato con compagnie, broker, agenti, periti, consulenti, protagonisti insieme ai Risk Manager di un mercato fondamentale e spesso poco conosciuto e valorizzato. Aver collaborato con attori così diversi credo ci abbia procurato un’esperienza professionale preziosa e probabilmente rara.

Ascoltare il mercato, cercare di capire e anticipare tendenze (e rischi) fa parte del nostro Dna professionale e per questo utilizziamo spesso lo strumento delle ricerche e dei sondaggi.Crediamo che il tema di questa newsletter sia particolarmente importante e uso quest’ultima occasione per proporre un quesito sicuramente attuale e critico per molte imprese: - Quanto i social media possono essere importanti per la gestione delle tematiche relative alla sanità o generare rischi/imprecisioni di comunicazione?Se ritenete la domanda stimolante e tale da meritare una risposta o un approfondimento noi di Ecomunicare saremo felici di confrontarci con quanti vorranno coinvolgerci scrivendo al mio indirizzo di posta elettronica: [email protected]

Non posso chiudere senza aver ringraziato ancora Roberto Bosco e Paolo Rubini e con loro la dottoressa Pappagallo per i suoi puntuali suggerimenti e le sue preziose indicazioni.

Buon lavoro a tutti e spero ci saranno nuove occasioni.

Marco Ferrari Amministratore delegato Ecomunicarewww.ecomunicare.com

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MASTER IN RISK MANAGEMENT IFAF

Padova, 2 marzo - 29 giugno 2013

È in programma la prima edizione del MASTER in Risk Management IFAF, sviluppato in collaborazione con ANRA. Tra i docenti molti Risk Manager soci ANRA; ANRA provvederà anche alla certificazione finale.Il Master mira a diffondere le tecniche di Enterprise Risk Management idonee a fornire risposte agli interrogativi di imprenditori e/o manager con riferimento alle soluzioni adeguate per proteggersi dai rischi, sapendo valutare in quali ca-si e in che misura ricorrere alla copertura assicurativa e quando, invece, convie-ne seguire percorsi alternativi. Il Master, di complessive 120 ore, si terrà a Padova, con formula week end, con inizio 2 marzo e termine 29 giugno

Per maggiori informazioni e iscrizioni: www.ifaf.it/pages/master-risk-management

Corsi Anra

Milano, Politecnico • Risk Management I° livello 16-17 aprile 2013• Risk Management II° livello 7-9 maggio 2013 • Gestione sinistri in azienda 4-5 giugno 2013

Da anni ANRA realizza corsi sui temi legati al Risk Management ed assicurazio-ni, destinati alle aziende, privilegiando gli aspetti di gestione dei rischi nell’am-bito di una corretta gestione aziendale e del ruolo del responsabile assicurativo o del risk manager all’interno e all’esterno dell’organizzazione aziendale.

Risk Management 1° livelloSede e organizzazione del corso: il corso si svolgerà presso il Politecni-co di Milano il 16 e 17 aprile 2013, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 al-le 18.00.

Risk Management 2° livelloSede e organizzazione del corso: il corso si svolgerà presso il Politecni-co di Milano dal 7 al 9 maggio 2013, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00.

Gestione sinistri in aziendaSede e organizzazione del corso: il corso si svolgerà presso il Politecni-co di Milano il 4 e 5 giugno 2013, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 al-le 18.00.

Perché iscriversi ad Anra? Hai a Disposizione l’esperienza e la Competenza Dei soCi c’è sempre un socio che si è trovato a gestire un tuo problema simile prima di te e può parlartene con competenza

riCevi notizie e informazioni Utili per lo svolgimento Del tUo lavoro tramite la newsletter trimestrale Risk Management News e segnalazioni via mail

pUoi parteCipare gratUitamente a seminari e Convegni ANRA organizza nel corso dell’anno almeno due eventi dedicati ai soci, per approfondire gli argomenti tra i più scottanti dello scenario dei rischi e delle assicurazioni

pUoi segUire Corsi Di formazione UsUfrUenDo Di sConti i corsi sono impostati da ANRA e prevedono soci come docenti con un approccio pratico al Risk Management e all’assicurazione

pUoi essere informato sU riCerCHe Di insUranCe o risk manager sul sito www.anra.it, nell’area riservata ai soci, vengono esposti gli annunci provenienti dalle società di ricerca di personale o dalle società dei soci

troverete tUtte le informazioni per l’isCrizione sUl sito anra www.anra.it

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Per tutti gli aggiornamenti sulle iniziative ANRA vi rimandiamo al sito dell’Associazione www.anra.it

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(dal Greco “apotrépein”=“allontanare”) è un aggettivo che viene attribuito ad una persona o oggetto atto a scongiurare o annullare gli influssi maligni. Letteralmente ha il significato di una azione di allontanamento, ma nel mondo letterario ha assunto il carattere di rito che allontana il male, dunque esorcizzante.E l’Italia, come ben noto, è la terra degli scongiuri e delle scaramanzie. In questa pagina andiamo quindi a scoprire le diverse storie di scaramanzie, riti e scongiuri atti a evitare ogni tipo di malasorte.

L’aquila

In molte località montane si sostiene ancora oggi che l’aquila abbia l’abitudine di procurarsi, trasportare e deporre un gros-so ciottolo nel fondo del suo nido per renderlo più stabile: chiunque riesca ad impossessarsi di questo sasso avrà assicura-to il coraggio e la fierezza per tutta la vita. Dato che un’altra credenza molto diffusa sostiene che l’aquila sia in grado di fis-sare il sole senza restarne abbagliata, si ritiene che il portare in-dosso una piccola aquila in metallo prezioso faccia bene alla vista e la preservi. Una piccola aquila d’oro tenuta in tasca sembra aiuti anche a spuntarla nelle piccole e grandi sfide del-la vita quotidiana.

L’elefante Riprodotto in qualsiasi modo e su qualsiasi supporto, è uno dei simboli di fortuna più diffusi di oggi. Il pachiderma pos-siede tutto ciò che un essere umano possa desiderare: una for-za fisica eccezionale, una salute di ferro ed una notevole longe-vità. Regalare un oggetto a forma di elefante significa trasferire tutte queste buone qualità sulla persona a cui è destinato.In particolare, un piccolo elefante di giada verde o di altra pie-tra semipreziosa, sempre di colore verde, è considerato in India un validissimo amuleto per favorire la buona salute. Preziosi anche come portafortuna, ma quasi introvabili per gli Euro-pei, sono gli elefantini d’argento, che a inizio ‘900 erano pro-dotti come piccoli fermacarte per scrivania, con le zanne in ve-

ro avorio. Secondo la tradizione le statuine che riproducono l’elefante devono essere rivolte con la proboscide verso la fine-stra, così da impedire agli spiriti malvagi di poter entrare nel-la propria casa.

Il gatto I gatti hanno sempre vissuto alterne fortune: spesso animali di culto presso molti popoli mediterranei, nel Medioevo vennero considerati animali demoniaci, incarnazioni di Satana e con-seguentemente oggetto di persecuzioni. Nel 1233 papa Grego-rio IX emanò la bolla Vox in rama con la quale dava inizio al-lo sterminio nel nome di Dio di tutti i gatti, specialmente quelli neri . Innumerevoli furono i gatti bruciati vivi, scortica-ti, bastonati, crocefissi oppure gettati dai campanili delle chie-se durante le feste consacrate. In seguito queste credenze furo-no abbandonate, ma è rimasta la convinzione che i gatti neri portino sfortuna.Viceversa in marina i gatti di bordo erano e sono tuttora ben-venuti. Nella marineria inglese la figura del gatto di bordo era istituzionalizzata ed ogni nave aveva a bordo almeno un gatto come mascotte, utile a tener lontani i topi.

apotropaicoStorie di Scaramanzie e di Scongiuri