Negative Seo, concorrenza sleale su Google: cos'è e soluzioni

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NEGATIVE SEO IL REPORT COMPLETO COS’È E SOLUZIONE Per info e contatti [email protected] L’INFILTRATO

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NEGATIVE SEO

IL REPORT COMPLETO

COS’È E SOLUZIONE

Per info e contatti

[email protected]

L’INFILTRATO

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Veniamo subito al dunque e chiariamo cos’è un attacco di Negative Seo, perché di vero e

proprio attacco si tratta, come si fronteggia e cosa dovrebbe fare Google per debellarla,

una volta per tutte.

NEGATIVE SEO, LA CONCORRENZA SLEALE DEL

WEB

Per Negative Seo si intende un attacco di concorrenza sleale portato da un’entità web X (il

carnefice) a un’entità web Y (la vittima).

L’obiettivo dell’attacco è impedire che Y abbia un rank superiore a X sui motori di ricerca,

influenzando negativamente i risultati di Google per una determinata keyword.

Gli effetti negativi di una tale azione di disturbo, detta Negative Seo, vengono arrecati in

modo molto semplice e sostenendo un costo irrisorio.

Su Fiverr sono disponibili servizi di Negative Seo per soli 5 dollari, con oltre 300 recensioni di chi lo ha già

acquistato

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Per 5$, su un sito come Fiverr, si può acquistare un pacchetto di Negative Seo, con cui X

paga un sicarioche spara sulla vittima Y migliaia di bad backlinks.

I bad backlinks sono, in sostanza, link di spam da un sito con cattiva reputazione a un sito

con buona reputazione, per infettare quest’ultimo e fargli perdere credibilità e rank su

Google.

L’azienda di Mountain View, che sarà anche super intelligente ma ancora non è riuscita a

risolvere questo problema, casca nella trappola e giudica quei bad backlinks come

spontanei e non – invece – come frutto di un attacco di concorrenza sleale.

Risultato dell’attacco di Negative Seo: Google punisce Y.

Come?

Facendogli perdere posizioni nei risultati di ricerca.

“Se chi parla di te non è autorevole, allora non sei autorevole nemmeno tu”, pensa Google

di Y.

“E se non sei autorevole non puoi stare in alto sui motori di ricerca”. Se Google vuol

fornire agli utentiun’esperienza sempre migliore di navigazione allora è chiaro che,

quando un utente cerca qualcosa, deve poter trovare la miglior fonte disponibile nel minor

tempo possibile.

E le fonti migliori sono sempre, o quasi, siti autorevoli.

A meno che un attacco di Negative Seo non penalizzi un sito autorevole a favore di un sito

meno autorevole che, sgomitando in modo scorretto, vuole salire nei risultati e conquistare

maggiore visibilità.

Ognuno di noi, nella vita, ha effettuato almeno UNA ricerca su Google per avere

informazioni su sesso, calcio, meteo, lavoro, scuola, formazione, intrattenimento e chi più

ne ha più ne metta.

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Su Google si cerca la qualunque.

Prova a digitare, anche in questo momento, la prima cosa che ti viene in mente sulla barra

di ricerca di Google.

Google avrà la risposta.

E se non ce l’ha Google – su cui passa il 90% delle ricerche mondiali – è un bel problema.

NEGATIVE SEO, RETROSCENA DI UN ATTACCO

Facciamo un esempio concreto: nel mese di maggio 2015 la ricerca della keyword “festa

della mamma 2015” è stata digitata 3.5 milioni di volte.

Il sito che per primo si posiziona su Google riceve una media, secondo le statistiche attuali,

del 30% delle visite, circa 1 milione.

% CTR organico di Google, l’andamento dei click in base alla posizione

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In termini economici, a seconda della capacità di monetizzazione e del valore del

mercato, parliamo di tanti soldi.

Proviamo a calcolarne una stima.

Ogni sito che si regga su sé stesso e non su aiuti politici o di Stato vive grazie alla

pubblicità, che si caratterizza nei banner, nei video e in tutti quei popup che

infastidiscono l’utente.

Il mercato della pubblicità online è monopolizzato da Google, sia in fase di acquisto che di

vendita: se vuoi comprare o vendere pubblicità devi (quasi) per forza passare da Google,

dominatore assoluto del mercato.

Top 10 delle aziende che dominano il mercato della pubblicità online negli Stati Uniti

L’inserzionista che vuole vendere un prodotto/servizio a chi digita la ricerca “festa della

mamma 2015” si rivolge a Google per diffondere il messaggio pubblicitario sul web.

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Google posizionerà il banner dell’inserzionista nei siti che risulteranno dalla ricerca “festa

della mamma 2015” ad un prezzo suggerito di € 2,63 per ogni clic.

CPC consigliato all’inserzionista per la keyword selezionata

Gli annunci vengono inseriti nei siti editori, i publishers, che vivono di pubblicità e che,

in cambio della pubblicazione di annunci con AdSense ricevono il 68% delle entrate

riconosciute da Google in relazione al servizio.

Siamo di fronte ad una classica operazione di compravendita pubblicitaria, dove Google

è l’intermediario.

Ipotizziamo che sia l’azienda Ikea a comprare la pubblicità da Google, che gliela vende a €

2,63 per ogni clic.

L’editore, accettando di pubblicare il banner sul proprio sito, dice a Google: ok, per il 68%

di quei € 2,63 io mostro il banner di Ikea al mio lettore che, se troverà quella pubblicità

inerente alla sua ricerca (festa della mamma 2015) potrebbe essere invogliato a cliccare sul

banner.

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In Italia il CTR medio (click through rate, indica la percentuale di utenti che clicca sul

banner) si aggira sull’1-3%.

Ora il calcolo stimato di quanto vale il mercato del “primo posto”, a cui facciamo

riferimento, è presto fatto.

Calcolando 2% come CTR medio di un milione di utenti, viene fuori 20.000, il numero

approssimativo di clic sul banner.

20.000 clic per € 2,62 è il costo che l’inserzionista Ikea paga a Google: 52.400 euro.

Il 68% di questa somma spetta all’editore, cui Google dà 35.362 €.

Il resto se lo intasca Google, 17.038 €.

Ricordando che si tratta di una stima approssimativa, possiamo ipotizzare che stare al

primo posto nei risultati di ricerca di Google per la keyword “festa della Mamma 2015”

valga circa 35mila euro.

Non male per un solo mese di lavoro, considerando la stagionalità della parola chiave.

Ergo: tanti soldi, che attirano sciacalli, avvoltoi e iene disposti a tutto pur di mangiare.

Anche a barare, anche a danneggiare la concorrenza, calpestando il concetto di

MERITOCRAZIA cui si ispira, dalla sua nascita, il World Wide Web.

E questo è un grosso problema. Per tutti.

NEGATIVE SEO, LA MALATTIA DEL WEB

È un problema per Google, ancora incapace di fiutare un attacco di Negative Seo.

È un problema per l’inserzionista, che rischia di ritrovarsi nei primi risultati siti poco

autorevoli su cui l’utente potrebbe avere una cattiva esperienza di navigazione: se l’utente

non clicca, l’inserzionista non vende o vende male. Per una ricerca stagionale come “festa

della Mamma 2015”, limitata nei pochi giorni di maggio in cui si festeggia, vendere con

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immediatezza è tutto. E quando un banner finisce su un sito poco autorevole, che però ha

barato per mostrarsi agli utenti, il banner diventa automaticamente poco autorevole e

l’inserzionista rischia anche un danno di immagine.

Ma un attacco di Negative Seo penalizza anche l’utente, che per trovare ciò che cerca

impiegherà più tempo, e l’editore vittima, che si ritrova suo malgrado fuori dal mercato.

L’unico che ci guadagna è lo sciacallo, quel famoso carnefice X che per 5$ ha acquistato da

unsicario un’operazione di killeraggio mediatico volta a oscurare la presenza su

Google del competitor Y.

Considerando che il 90% degli utenti che effettuano ricerche su Google non va oltre la

prima pagina di ricerca e che il 30% si ferma al primo risultato, si comprenderà bene che

sparire dalla top ten di Google, o perdere posizioni, può rappresentare una grossa perdita.

NEGATIVE SEO, COME RICONOSCERE UN

ATTACCO

La principale vittima di un attacco di Negative Seo, come abbiamo detto, è un sito editore

concorrente che si vuole buttare fuori dal mercato. Ed è anche l’unico che può

riconoscere, se usa gli strumenti giusti, un attacco di questo tipo.

Hai un sito web e: sei stato penalizzato da Google? Il tuo sito è diventato lentissimo? Hai

notato un forte calo negli accessi dai motori di ricerca?

I segnali sono chiari: sei stato vittima di Negative Seo.

NEGATIVE SEO, COME RIMUOVERE L’INFEZIONE

L’infezione che ti porta giù nei risultati di ricerca – facendoti perdere visibilità, clienti,

opportunità e autorevolezza – ha una cura. Non ancora il vaccino, però, che Google non è

stata capace di creare.

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Compresi i sintomi, devi individuare i bad backlinks infetti.

Per far questo si possono utilizzare diversi strumenti:

1) Monitorbacklink

2) Ahrefs

3) Semrush

4) Seozoom

5) Open Site Explorer

Sono tutti a pagamento ma le versioni free ti basteranno a comprendere tanti aspetti

dell’infezione.

Se hai un sito avrai anche fatto l’iscrizione a Google Webmaster, grazie a cui potrai sapere

quali sono i siti che ti hanno linkato, compresi gli ultimi.

Scarica ultimi link da Google Webmaster per individuare possibili attacchi di Negative Seo

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Scarica gli ultimi link e analizza chi sono i buoni e chi sono i cattivi.

NEGATIVE SEO, COME ANALIZZARE I BAD

BACKLINKS

Per riconoscere i cattivi, una volta individuato il sospetto, non dovrai far altro che

controllare se il tuo sospetto è valido: clicca su Open Site Explorer e verifica lo spam

score.

Se le bandiere sono verdi tutto ok, se iniziano ad essere arancioni tocca preoccuparsi,

quando diventano rosse è allarme. Allarme rosso.

Spam Score Checker Tool di Moz, se la bandiera è rossa l’inbound link è un bad backlink

NEGATIVE SEO, COME RIMUOVERE L’ATTACCO

Ora: come debellare l’infezione?

Puoi contattare direttamente il sito da cui proviene la minaccia – tramite Whois

si risale al nome del proprietario – chiedendo di rimuovere il link che punta al tuo sito.

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Nonostante sia, questa, una procedura consigliata dai maggiori esperti Seo del mondo, io ci

credo poco: rischi di farti ancora più nemici, di far sapere che sei sotto attacco e di

scatenare altri squali, che quando sentono l’odore del sangue arrivano in branco.

Oppure puoi utilizzare il Disavow Tool di Google.

Prepara un file di testo in cui inserisci tutti i siti che ritieni sospetti e da cui chiedi che

venga eliminato il backlink che punta al tuo sito.

Questo è un esempio di disavow.txt :

Modello di file disavow.txt

Una volta preparato il file lo invii a Google, che impiegherà circa 20 giorni di tempo per

ripulire l’infezione, eliminando i backlinks da te segnalati.

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Disavow Tool di Google con cui rifiutare i backlinks

Dopo 20 giorni sarai come nuovo.

Peccato che, nel frattempo, la stagionalità della ricerca “festa della Mamma 2015” è

passata e tu, editore vittima di Negative Seo, hai perso l’occasione.

Certo, ora stai bene, ma ti toccherà aspettare un altro anno prima di provare a intercettare

l’utenza che digiterà “festa della Mamma 2016”.

NEGATIVE SEO, ZERO PREVENZIONE

La prevenzione, il vaccino, non esiste.

Ad oggi Google non dispone ancora di un sistema per far sì che siti a basso rank, siti poveri

di autorevolezza, non possano più puntare bad backlinks contro il tuo sito e farlo cadere.

Matt Cutts ha spiegato che l’intelligenza artificiale del motore di ricerca – un giorno –

sarà in grado di capire se quei cattivi links ricevuti li hai presi perché non sei bravo a fare il

tuo mestiere oppure perché sei troppo bravo e qualcuno vuole oscurarti.

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Ma l’unico modo per risolvere una volta per tutte questa faccenda, ripulendo il web dalla

concorrenza sleale e riportandolo ai fasti della Meritocrazia, è lasciar decidere

all’editore da chi ricevere o meno backlinks.

NEGATIVE SEO, NOI LANCIAMO UN’IDEA: IL

SUPER HTACCESS

Concretamente, come potrebbe Google offrire agli editori la possibilità di non essere

attaccati?

Tramite l’htaccess, un semplice file di testo che permette di raffinare, a livello di directory,

le direttive per la configurazione di Apache HTTP Server, la piattaforma web server più

diffusa al mondo.

Praticamente l’htaccess dice al server, la macchina che ospita il tuo sito, come deve

comportarsi.

Il server è come un’autostrada su cui passano i dati: se su quell’autostrada metti un

blocco, quei dati non passano più.

Uno dei blocchi che si può mettere, ad esempio, è quello che stabilisce di non volere

ricevere visite poco gradite e spam da un determinato elenco di siti.

Il codice da utilizzare è questo:

## SITE REFERRER BANNING

RewriteCond %{HTTP_REFERER} example.com [NC,OR]

RewriteCond %{HTTP_REFERER} example1.com [NC,OR]

RewriteCond %{HTTP_REFERER} example2.com [NC]

RewriteRule .* – [F]

Purtroppo, però, questo codice non basta.

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Non è sufficiente: ne fermi uno, ne arrivano altri cento.

Allora bisognerebbe bloccare l’accesso – impedendo quindi un eventuale attacco di

Negative Seo – solo a quelli che hanno una cattiva reputazione, un rank al di sotto di

una certa soglia.

Ci sono diversi strumenti per valutare il rank di un sito: il migliore e più affidabile, al

momento, sembra essere il Moz Rank.

Google potrebbe lavorare di concerto con SEOmoz e creare un codice con cui nessun sito

al di sotto di un dato Moz Rank e con uno spam score a rischio possa inviare backlink al

tuo sito.

Il codice potrebbe essere una cosa simile:

## BACKLINKS BANNING

RewriteCond %{HTTP_BACKLINK} <mozrank 10 [NC,OR]

RewriteCond %{HTTP_ BACKLINK } >spamscore 5 [NC]

RewriteRule .* – [F]

In questo modo l’editore avrebbe la possibilità di bloccare automaticamente tutti quei siti

utilizzati per un attacco di Negative Seo.

E il problema sarebbe risolto, una volta per tutte.

Per info e contatti

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