Nazario Sauro Onofri - Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese...

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Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese (1919-1945) Edizione elettronica dellʼintera opera a cura del Comune di Bologna - Progetto Nuove Istituzioni Museali e Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea nella Provincia di Bologna “Luciano Bergonzini” Progetto Nuove Istituzioni Museali Direttore: Mauro Felicori Coordinatore del progetto: Claudio Borgatti Supervisione editoriale: Nazario Sauro Onofri, Antonio Sciolino Controllo testi: Claudio Crupi, Domenico Bruno Staff tecnico: Enrico Liso, Patrizio Tonelli Con la collaborazione di Istituto Storico Ferruccio Parri Emilia Romagna

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ISREBO, Comune di Bologna, 2005. Questa edizione riproduce – sia pure in forma leggermente diversa da quella cartacea e tipografica – il contenuto dei sei volumi dal titolo “Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese (1919-1945). Sono stati finanziati dal Comune di Bologna e editi – tra il 1985 e il 2004 – da due importanti istituti di storia bolognese. I volumi II, III, IV e V sono stati editi dallʼIstituto per la storia di Bologna. Il VI dallʼIstituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nella Provincia di Bologna “L. Bergonzini” (ISREBO), dallʼIstituto per la storia di Bologna e dalla Regione Emilia-Romagna. Il primo volume è opera dellʼISREBO. Pur avvalendosi del contributo di numerosi qualificati collaboratori, lʼopera è stata curata da tre studiosi di storia bolognese. Il secondo volume (A-C) e il terzo (D-L) sono opera di Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani e Nazario Sauro Onofri. Il quarto (M-Q), il quinto (R-Z) e il sesto (Appendice) sono stati curati da Arbizzani e Onofri. Il primo – lʼultimo a vedere la luce - è di Onofri. Il primo volume ha il sottotitolo “Bologna dallʼantifascismo alla Resistenza” e gli altri ”Dizionario biografico”. Nel trasferimento dalla forma tipografica a quella informatica le biografie hanno subìto alcune sostanziali modifiche. Sono state infatti eliminate quelle errate e quelle doppie e aggiunte le nuove pubblicate nella “Appendice”. Le biografie incomplete sono state integrate e così via, per cui, di fatto, il volume “Apppendice” è quasi scomparso. Di esso è rimasto lʼelenco dei 1.642 partigiani e patrioti dei quali non è stato trovato alcun riscontro anagrafico o di militanza antifascista e partigiana.

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Gli antifascisti, i partigianie le vittime del fascismo

nel Bolognese (1919-1945)

Edizione elettronica dellʼintera opera a cura delComune di Bologna - Progetto Nuove Istituzioni Museali

eIstituto per la Storia della Resistenza e della Società

Contemporanea nella Provincia di Bologna “Luciano Bergonzini”

Progetto Nuove Istituzioni MusealiDirettore: Mauro Felicori

Coordinatore del progetto: Claudio BorgattiSupervisione editoriale: Nazario Sauro Onofri, Antonio Sciolino

Controllo testi: Claudio Crupi, Domenico BrunoStaff tecnico: Enrico Liso, Patrizio Tonelli

Con la collaborazione di Istituto Storico Ferruccio Parri Emilia Romagna

Questo CD riproduce – sia pure in forma leggermente diversa da quella cartacea e tipografica – il contenuto dei sei volumi dal titolo “Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese (1919-1945). Sono stati finanziati dal Comune di Bologna e editi – tra il 1985 e il 2004 – da due importanti istituti di storia bolognese. I volumi II, III, IV e V sono stati editi dallʼIstituto per la storia di Bologna. Il VI dallʼIstituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nella Provincia di Bologna “L. Bergonzini” (ISREBO), dallʼIstituto per la storia di Bologna e dalla Regione Emilia-Romagna. Il primo volume è opera dellʼISREBO.

Pur avvalendosi del contributo di numerosi qualificati collaboratori, lʼopera è stata curata da tre studiosi di storia bolognese. Il secondo volume (A-C) e il terzo (D-L) sono opera di Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani e Nazario Sauro Onofri. Il quarto (M-Q), il quinto (R-Z) e il sesto (Appendice) sono stati curati da Arbizzani e Onofri. Il primo – lʼultimo a vedere la luce - è di Onofri.

Il primo volume ha il sottotitolo “Bologna dallʼantifascismo alla Resistenza” e gli altri ”Dizionario biografico”. Nel trasferimento dalla forma tipografica a quella informatica le biografie hanno subìto alcune sostanziali modifiche. Sono state infatti eliminate quelle errate e quelle doppie e aggiunte le nuove pubblicate nella “Appendice”. Le biografie incomplete sono state integrate e così via, per cui, di fatto, il volume “Apppendice” è quasi scomparso. Di esso è rimasto lʼelenco dei 1.642 partigiani e patrioti dei quali non è stato trovato alcun riscontro anagrafico o di militanza antifascista e partigiana.

Volumi editi nella versione cartacea

Volume I: Bologna dallʼantifascismo alla Resistenza Nazario Sauro Onofri - Bologna, 2005Volume II : Dizionario biografico. A-C Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri - Bologna, 1985Volume III : Dizionario biografico : D-L Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario - Bologna, 1986Volume IV: Dizionario biografico. M-Q Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri - Bologna, 1995Volume V: Dizionario biografico. R-Z Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri - Bologna,1998Volume VIDizionario biografico. Appendice Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri – Bologna, 2003

Hanno collaborato alla redazione delle biografie:Lia Aquilano, Mauria Bergonzini, Luciano Casali, Stefania Conti, Pier Angelo Ciucci, Paola Furlan,

Donatella Ghini, Elisabetta Gridelli, Mario Menziani, Mario Tesini, Lidia Testoni, Zoia Veronesi.

Da Gutenberg al “data base”

Quando, nel 1975, cominciai a lavorare a Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945) - con Luigi Arbizzani ed Ennio Severino, al quale subentrò Alessandro Albertazzi un paio dʼanni dopo - lʼarte tipografica era gutenberghiana. I tipografi lavoravano con il piombo - caldo, per giunta, perché usciva dalla linotype - mentre lʼarte tipografica computerizzata era agli albori.

L̓ opera fu quindi concepita e i primi volumi realizzati con il sistema tipografico detto “a caldo”. Il computer è stato usato solo per i volumi dalla M alla Z e per lʼultimo, anche se porta in testa lʼindicazione di primo.

Diversa sarebbe stata la costruzione delle biografie e delle schede - mi riferisco alla forma, non alla sostanza - se, sin dallʼinizio, avessimo dovuto lavorare in funzione del “data base”. Avremmo dovuto farle tutte uniformi, secondo schemi prestabiliti.

Anche se io uso il computer da sempre, sono e resto di formazione gutenberghiana, se non altro perché ho cominciato a lavorare nelle tipografie “a caldo” nel 1945. Per questo ho avuto non pochi problemi e vivaci discussioni con gli amici del Progetto nuove istituzioni museali, quando abbiamo cominciato ad esaminare la possibilità di informatizzare i sei volumi dellʼopera cartacea e di metterli in un CD.

Per consentire ai tecnici di realizzare un “data base” completo e funzionale è stato necessario apportare qualche modifica ad alcune biografie e ad alcune schede per uniformare la loro stesura, senza incidere sul contenuto. Per lo stesso motivo sono state fatte alcune schede nuove, non previste dal piano editoriale iniziale.

Insomma - grazie allʼaiuto degli amici cultori della nuova arte tipografica computerizzata, e li ringrazio vivamente di avermi sopportato e aiutato a capire ed accettare la nuova tecnica - abbiamo dato vita, tutti assieme, ad un nuovo prodotto elettronico, con testi concepiti e prodotti con la vecchia tecnica. In caso contrario, sarebbe stato necessario ricominciare da capo, con le conseguenze che si possono immaginare.

Il passaggio da quello che possiamo considerare il medioevo allʼera moderna non è stato facile né indolore - almeno per me - ma era necessario e doveroso, se volevo restare sul “mercato” e continuare ad avere un colloquio con i miei contemporanei. Ma mi sentivo come gli antichi copisti quando furono spinti da Gutenberg ai margini della società civile e poi eliminati.

A mio parere il risultato è più che adeguato allʼesigenza di avere uno strumento storico fruibile dalle più diverse categorie di ricercatori.

Spero che i futuri “navigatori” - stavo per scrivere: lettori - siano dello stesso parere.

Nazario Sauro Onofri

Presentazione*

Con questo volume si conclude unʼimpresa editoriale imponente, sia per vastità e complessità del progetto, sia per il lavoro di ricerca e di documentazione che ha richiesto.

Non posso che ribadire, con convinzione ancora maggiore, quanto scrivevo nel 2003, presentando lʼAppendice (vol. VI del piano originario): con Gli Antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese(1919-1945), Bologna possiede unʼopera straordinaria e unica, che è insieme monumento alla memoria e strumento preziosissimo di ricerca storica.

Se ne incominciò a parlare più di trentʼanni fa. Il progetto originario prevedeva complessivamente sei volumi: il I di carattere introduttivo (comprendente anche un “Dizionario degli avvenimenti, dei luoghi e delle organizzazioni”; il II, III, IV e V con il vero e proprio Dizionario biografico degli antifascisti, partigiani e vittime del fascismo (o meglio nazifascismo); infine, un VI volume come appendice, con le correzioni e aggiunte che inevitabilmente opere così complesse comportano.

Tra il 1985 e il 1998 sono usciti i quattro volumi del Dizionario biografico: i primi due (cioè i voll. II e III del progetto originario) aventi come autori Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri. Gli autori si sono avvalsi dellʼaiuto di numerosi collaboratori, fra cui Lia Aquilano, più coautrice che semplice collaboratrice. Il Comune di Bologna, promotore dellʼopera, ne aveva affidato la realizzazione allʼIstituto per la storia di Bologna (ISB), che dopo lʼuscita del quarto volume del Dizionario biografico, in considerazione dei suoi nuovi programmi di ricerca, ha chiesto al nostro Istituto di assumersi lʼimpegno editoriale dei due volumi ancora mancanti: lʼAppendice (uscita come si è detto nel 2003) e il volume introduttivo, che esce in occasione del 60° della Liberazione. Essendo nel frattempo venuto a mancare Luigi Arbizzani, a cui tanto deve la storiografia resistenziale bolognese, il corposo volume che presentiamo, con cui si completa la realizzazione del progetto originario, ha come autore il solo, infaticabile, Nazario Sauro Onofri: con risultati che vanno molto al di là di quanto ci si potesse ragionevolmente aspettare.

Ritengo che vada innanzi tutto sottolineata lʼoriginalità e la ricchezza della sezione intitolata “Dizionario storico-politico”, comprendente circa 400 voci riguardanti formazioni partigiane, luoghi di battaglie, stragi, organizzazioni militari, partiti, giornali, ecc. Voci tutte in qualche modo legate alle schede del Dizionario biografico, ma di tale ampiezza, numero e varietà da travalicare di molto i confini funzionali originariamente loro assegnati. Lo stesso si può dire della ricchissima Cronologia, portata a un livello di inconsueta analiticità, nonché dellʼamplissima bibliografia specifica e del prezioso saggio introduttivo, che chiarisce intendimenti, metodologia e criteri esecutivi che hanno guidato alla realizzazione dellʼopera. Dʼaltra parte, possiamo dire che la lunga durata dellʼimpresa ha avuto anche un risvolto positivo, in quanto ha permesso di affrontare con maggiore esperienza e mezzi tecnologici più aggiornati quella che allʼinizio era sentita come unʼesigenza importante, ma di difficile, se non impossibile, realizzazione: ossia aggiungere allʼedizione dellʼopera su “supporto cartaceo” la sua versione elettronica integrale.

Allegato al presente volume, il lettore troverà, infatti, un CD-ROM contenente lʼopera tutta intera, che potrà essere così indagata a più livelli e in più direzioni. Il CD è stato realizzato dai responsabili del “Progetto nuove istituzioni museali del Comune di Bologna”, a cui vanno i nostri più sentiti ringraziamenti.

Werther Romani(Presidente dellʼISREBO)

*Questa presentazione appare anche nel volume I

Avvertenza *

Nel volume introduttivo di questʼopera abbiamo compiutamente indicato le fonti, le pubblicazioni, le informazioni, alle quali abbiamo attinto per la compilazione di questo Dizionario biografico. Abbiamo, inoltre, approfondito i criteri che hanno presieduto alla compilazione, con la discussione sulle caratteristiche e le finalità scientifiche delle schede biografiche.

L̓ elaborazione dei dati raccolti e sistemati ha consentito di giungere – tra le molte possibili – ad alcune conclusioni significative concernenti in particolare le peculiarità, lo spessore, la durata dellʼantifascismo e della guerra di liberazione nel Bolognese. L̓ utilità e lʼoriginalità di questo Dizionario biografico, dal punto di vista scientifico, consiste, forse, proprio in questo: di offrire, nellʼarco di un quarto di secolo, uno spaccato della società bolognese attraverso il ricupero della dimensione personale e collettiva dei suoi “protagonisti”. In proposito, va sottolineato che ogni scheda biografica rimanda alle voci del Dizionario degli avvenimenti, dei luoghi, delle organizzazioni, anchʼesso posto, quale indispensabile premessa, nel primo volume di questʼopera.

Tuttavia, anche considerarti a sé stanti i volumi che raccolgono le schede biografiche, rispondono allʼesigenza di fornire una documentazione di base, questa volta espressa per totalità, che, aggiunta alle altre ricerche promosse e realizzate dallʼIstituto per la storia di Bologna in questo settore di studi, si propone quale strumento di consultazione per ogni ulteriore approfondimento incentrato sul rapporto tra società, antifascismo e guerra di liberazione.

Le schede biografiche – tutte egualmente compilate con ogni cura, tenuto conto delle nostre attuali conoscenze – si riferiscono a coloro che, sulla scorta di dati certi, sia anagrafici sia documentali, hanno, in qualche modo, avuto un ruolo attivo o hanno testimoniato durante il fascismo e la guerra di liberazione la loro opposizione.

È ben chiaro – per noi – che anche la testimonianza delle vittime costituisce, in questo contesto, la prova di una partecipazione storicamente rilevante e significativa.

Le schede riguardano i bolognesi, cioè i nati e/o i residenti in provincia di Bologna ovunque abbiano operato, sia durante il fascismo sia nel corso della guerra di liberazione; e coloro i quali, non bolognesi, abbiano tuttavia preso parte alle vicende di Bologna e del suo territorio.

Abbiamo proposto alcuni rinvii da una scheda biografica allʼaltra – indicati con lʼasterisco (*) – per i familiari dei caduti, in tutti i casi nei quali è stato possibile lʼaccertamento della parentela; e quando le relazioni tra persone hanno costituito un logico completamento di singoli profili biografici.

Nelle schede biografiche sono registrate le testimonianze pubblicate in L. Bergonzini, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, vol. I, Bologna, 1967; L. Bergonzini-L. Arbizzani, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti. La stampa periodica e clandestina, vol. II, Bologna, 1969; L. Bergonzini, La Resistenza a Bologna. Tesimonianze e documenti, vol. III, Bologna, 1970; L. Bergonzini, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, vol. V, Bologna, 1980. Inoltre nei volumi del convegno promosso dalla Deputazione Emilia-Romagna per la storia della Resistenza e della Guerra di liberazione su “L̓ Emilia-Romagna nella guerra di liberazione”, L. Bergonzini, La lotta armata, vol. I, Bari, 1975; P. Alberghi, Patriot,i Partiti politici e CLN, vol. II, Bari, 1975; L. Arbizzani, Azione operaia, contadina, di massa, vol. III, Bari, 1976; A. Andreoli, L. Avellini, A. Battistini, C. Bragaglia, M. Ermilli, E. Raimondi, Crisi della cultura e dialettica delle idee, vol. IV, Bari, 1976.Nei volumi del Convegno “Donne e Resistenza in Emilia-Romagna”, I. Vaccari, La donna nel ventennio fascista (1919-1943), I, Milano, 1978; F. Pieroni Bortolotti, Le donne della Resistenza antifascista e la questione femminile in Emilia (1943-1945), II, Milano, 1978; P. Gaiotti De Biase, La donna nella vita sociale e politica della Resistenza: 1945-1948, III, Milano, 1978. Infine, Marzabotto. Quanti, chi e dove, Bologna, 1995.

Sono state, inoltre, registrate testimonianze contenute in altre pubblicazioni specialmente quelle a carattere locale.Nei profili biografici di autori abbiamo indicato soltanto tra le loro opere, indipendentemente dal genere letterario,

quelle incentrate sul periodo fascista e la guerra di liberazione.

Gli Autori

*Questa Avvertenza è apparsa nei volumi II, III, IV, V, e VI.

NAZARIO SAURO ONOFRI

Gli antifascisti, i partigianie le vittime del fascismo

nel bolognese (1919-1945)

Volume I

Bologna dall’antifascismo alla Resistenza

ISTITUTO PER LA STORIA DELLA RESISTENZA E DELLA SOCIETÀCONTEMPORANEA NELLA PROVINCIA DI BOLOGNA “LUCIANO BERGONZINI” (ISREBO)

COMUNE DI BOLOGNA2005

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Il Dizionario biografico è in Internet con la segnatura: www.iperbole.bologna.it/iperbole/isrebo

Questo volume contiene l’edizione elettronica dell’intera opera in sei volumi. È stata curata dalComune di Bologna - Progetto nuove istituzioni museali. Direttore: Mauro Felicori; coordinatoredel progetto: Claudio Borgatti; supervisione editoriale: Nazario Sauro Onofri e Antonio Sciolino;controllo testi: Claudio Crupi e Domenico Bruno; staff tecnico: Enrico Liso e Patrizio Tonelli.L’edizione elettronica dell’opera è stata realizzata con la collaborazione dell’Istituto per la storiadella Resistenza e della società contemporanea nella Provincia di Bologna “Luciano Bergonzini” edell’Istituto storico “Ferruccio Parri” dell’Emilia-Romagna.

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Presentazione

Con questo volume si conclude un’impresa editoriale imponente, sia per lavastità e complessità del progetto, sia per il lavoro di ricerca e di documentazioneche ha richiesto. Non posso che ribadire, con convinzione ancora maggiore, quan-to scrivevo nel 2003, presentando l’Appendice (vol. VI del piano originario): conGli Antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945),Bologna possiede un’opera straordinaria e unica, che è insieme monumento allamemoria e strumento preziosissimo di ricerca storica.

Se ne incominciò a parlare più di trent’anni fa. Il progetto originario preve-deva complessivamente sei volumi: il I di carattere introduttivo (comprendenteanche un “Dizionario degli avvenimenti, dei luoghi e delle organizzazioni”; il II, III,IV e V con il vero e proprio Dizionario biografico degli antifascisti, partigiani e vit-time del fascismo (o meglio, nazifascismo); infine, un VI volume come appendice,con le correzioni e le aggiunte che inevitabilmente opere così complesse compor-tano. Tra il 1985 e il 1998 sono usciti i quattro volumi del Dizionario biografico: iprimi due (cioè i voll. II e III del progetto originario) aventi come autori AlessandroAlbertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri; gli altri due (IV e V), i soliArbizzani e Onofri. Gli autori si sono avvalsi dell’aiuto di numerosi collaboratori,fra cui Lia Aquilano, più coautrice che semplice collaboratrice. Il Comune diBologna, promotore dell’opera, ne aveva affidato la realizzazione all’Istituto per lastoria di Bologna (ISB), che, dopo l’uscita del quarto volume del Dizionario bio-grafico, in considerazione dei suoi nuovi programmi di ricerca, ha chiesto al nostroIstituto di assumersi l’impegno editoriale dei due volumi ancora mancanti:l’Appendice (uscita, come si è detto, nel 2003) e il volume introduttivo, che esce ora,in occasione del 60° della Liberazione. Essendo nel frattempo venuto a mancareLuigi Arbizzani, a cui tanto deve la storiografia resistenziale bolognese, il corposovolume che presentiamo, con cui si completa la realizzazione del progetto origina-rio, ha come autore il solo, infaticabile, Nazario Sauro Onofri: con risultati chevanno molto al di là di quanto ci si potesse ragionevolmente aspettare.

Ritengo che vada innanzi tutto sottolineata l’originalità e la ricchezza dellasezione intitolata “Dizionario storico-politico”, comprendente circa 400 voci ri-

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guardanti formazioni partigiane, luoghi di battaglie, stragi, organizzazioni militari,partiti, giornali, ecc. Voci tutte in qualche modo legate alle schede del Dizionariobiografico, ma di tale ampiezza, numero e varietà da travalicare di molto i confinifunzionali originariamente loro assegnati. Lo stesso si può dire della ricchissimaCronologia, portata a un livello di inconsueta analiticità, nonché dell’amplissimabibliografia specifica e del prezioso saggio introduttivo, che chiarisce intendimenti,metodologia e criteri esecutivi che hanno guidato la realizzazione dell’opera.

D’altra parte, possiamo dire che la lunga durata dell’impresa ha avuto ancheun risvolto positivo, in quanto ha permesso di affrontare con maggiore esperienzae mezzi tecnologici più aggiornati quella che all’inizio era sentita come un’esigenzaimportante, ma di difficile, se non impossibile, realizzazione: ossia aggiungere all’e-dizione dell’opera su “supporto cartaceo” la sua integrale versione elettronica.

Allegato al presente volume, il lettore troverà, infatti, un CD-ROM contenen-te l’opera tutta intera, che potrà essere così indagata a più livelli e in più direzioni.Il CD è stato realizzato dai responsabili del “Progetto nuove istituzioni museali delComune di Bologna”, a cui vanno i nostri più sentiti ringraziamenti.

WERTHER ROMANI

(Presidente dell’ISREBO)

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Bologna è la terra del la l ibertà

Il quarto di secolo che va dal 1918-19 al 1945-46 è stato il periodo politico piùimportante nella storia dell’Italia unita. Mai tanti avvenimenti, così significativi e scon-volgenti, si sono verificati in un arco di tempo tanto breve: la conclusione vittoriosa del-l’ultima guerra risorgimentale, la morte dello stato democratico, l’avvento di una fero-ce e sanguinaria dittatura, una guerra imperialista terminata in modo tragico, una guer-ra popolare per la riconquista dell’indipendenza nazionale e della libertà costituziona-le e la trasformazione - con il consenso popolare, espresso da un referendum - dellostato, da monarchico a repubblicano, quale naturale conseguenza e conclusione degliavvenimenti precedenti.

Come in occasione delle guerre risorgimentali dell’Ottocento, Bologna ha datoanche nel XX secolo un grandissimo contributo alla lotta contro la dittatura fascistaprima e alla guerra di liberazione poi. Altissimo - di conseguenza - il contributo di san-gue e di sacrifici pagato dagli emiliani e dai romagnoli che vivono nei sessanta comunidella provincia di Bologna. I sessantuno comuni esistenti sino al 1937, divennero ses-santa quando Borgo Panigale fu assorbito da Bologna.

Ma chi sono stati i protagonisti di questa grande ed eroica epopea e cosa sappiamodi loro? A sessant’anni da quell’avvenimento, che ha mutato la vita del Bolognese, chiricorda i loro nomi? E, al di là dei nomi, chi erano e cosa facevano nella vita civile?Quella vita civile che molti furono costretti ad abbandonare per scontare lunghi perio-di di carcere o di confino, durante la dittatura, e che molti di più lasciarono per ventidurissimi mesi per impugnare le armi con le quali combatterono e sconfissero gli inva-sori tedeschi e i fascisti collaborazionisti.

È superfluo sottolineare che se nel 1945 avessero vinto i nazifascisti, oggi il volto eil clima politico di Bologna, dell’Italia e dell’Europa sarebbero ben diversi da quelli chesono.

La storia non si fa con i se e i ma. Tuttavia, è innegabile che se nel 1945 non aves-sero trionfato i principii della libertà e della democrazia, oggi la lugubre bandiera conla svastica sventolerebbe dagli Urali all’Atlantico e l’aria e il cielo d’Europa sarebberoammorbati e oscurati dal fumo acre di centinaia di camini, come quelli di Mauthausen,Auschwitz e Dachau. Nessun revisionismo storico potrà capovolgere questa verità. Lalibertà di cui godiamo la dobbiamo al sacrificio di milioni di democratici del vecchio e

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del nuovo continente. E i fascisti devono ricordare che la democrazia ha vinto ancheper loro.

*****Lo scopo principale di questa pubblicazione è di lasciare alle future generazioni le

biografie dei bolognesi che combatterono e si sacrificarono per riconquistare la libertàe l’indipendenza nazionale e di quelli che subirono, più degli altri, le dure conseguen-ze della dittatura fascista. Oltre alle biografie dei partigiani combattenti, dei patrioti edei benemeriti, qui figurano anche quelle degli antifascisti che scontarono anni di car-cere e confino e di quelli che subirono provvedimenti amministrativi - come la diffidae l’ammonizione - per la loro attività politica contro il regime. Completano il Dizionariobiografico le biografie dei martiri della ferocia nazista, degli ebrei perseguitati e uccisiper motivi razziali e di quanti hanno subìto, in qualsiasi modo, la violenza fascista.

Un libro di biografie, quindi. Sono 27.778 secondo un conto manuale, mentre ilcomputer ne ha calcolate 27.425.

Queste biografie devono aiutarci a comprendere, in modo compiuto e preciso, idiversi aspetti di quel grande fenomeno storico e di massa che fu la lotta antifascistaprima e di liberazione poi. Ecco perché al primo dato - il cognome e il nome - ne sonostati aggiunti altri non meno importanti, quali l’età, il luogo di nascita e quello di resi-denza nel 1943, il titolo di studio posseduto nel 1943, il mestiere esercitato sempre nel1943, il periodo della durata - quello riconosciuto ufficialmente - della partecipazionealla Resistenza e altre notizie secondarie, ma non meno importanti come il servizio mili-tare prestato, il partito di appartenenza, le decorazioni ricevute e altro ancora.

Grazie a questa enorme massa di informazioni ricavate dalle 27.778 o 27.425 bio-grafie complete e dalle 1.642 rimaste incomplete - e pubblicate nella seconda parte delsesto volume - è stato possibile delineare un profilo più che esauriente della lotta diliberazione nel Bolognese e disegnare un quadro che coglie gli aspetti sociali, culturali,strutturali e di classe di quel grande movimento patriottico e rivoluzionario. Ciò è statopossibile - sempre se i curatori ci sono riusciti - grazie soprattutto alla dimensione piùche notevole del campione a disposizione.

I sei volumi dell’opera sono due lavori distinti, che potrebbero avere vita autonomae destinazioni diverse, anche se il primo non avrebbe mai potuto vedere la luce senzagli altri. Il Dizionario biografico potrebbe essere benissimo un’opera a sé, dal momentoche i volumi dal secondo al quinto contengono le biografie dalla A alla Z e il sesto,l’Appendice, nuove biografie, le poche interamente rifatte, le correzioni degli involon-tari errori e le aggiunte a quelle già pubblicate.

Questo volume - l’ultimo a uscire, anche se è il primo dell’opera - pubblica una seriedi saggi, alcuni dei quali non sarebbero stati scritti senza il Dizionario biografico. Questele sezioni:

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1) Il Dizionario storico-politico che enumera e illustra i fatti e gli avvenimenti, le batta-glie partigiane, gli scontri politici, i luoghi storici e i gruppi politici e sindacali cita-ti nel Dizionario biografico. Non si tratta quindi di un dizionario storico generale,ma di uno strumento a supporto delle biografie. Avvenimenti bolognesi ancheimportanti, ma non citati nelle biografie, non figurano;

2) La Bibliografia su fascismo, antifascismo, guerra e Resistenza nella provincia di Bo-logna;

3) La Cronologia bolognese 1919-1945;4) Il saggio I dizionari dei patrioti bolognesi sui volumi bolognesi analoghi a questo.

***** Alla base di questo lavoro sta - per non dire del dovere di ricordare i nomi e le gesta

di quanti hanno preso parte alla lotta contro il fascismo prima e il nazifascismo poi - l’e-sigenza di chiarire in termini quantitativi e qualitativi la dimensione reale dell’antifasci-smo e della lotta di liberazione. Il Dizionario biografico costituiva, quindi, la premessaindispensabile per ogni ulteriore riflessione e intervento sull’argomento. Ma per realiz-zarlo occorreva risolvere preliminarmente alcuni problemi.

Per prima cosa i curatori hanno dovuto individuare il criterio di scelta degli oppo-sitori al regime, cominciando a indicare l’anno di partenza. La scelta è caduta sul 1919non tanto perché il fascismo è nato in quell’anno, quanto perché in quel periodo aBologna accaddero molti episodi politico-sindacali di grande importanza, anche se nontutti sono stati presi in considerazione.

Se il 1945 segna la conclusione naturale e scontata di questo lavoro - perché è l’an-no della caduta definitiva del fascismo e della fine della guerra - il biennio 1918-19 rap-presenta il punto di svolta di un fenomeno politico che aveva cominciato a manifestar-si alla vigilia della Grande guerra, se non prima. Le manifestazioni antidemocratiche ele aggressioni contro i principali esponenti del PSI bolognese per la loro azione politi-ca a favore della neutralità - avvenute tra il 1914 e il 1915, prima cioè dell’ingressodell’Italia nel conflitto - furono un campanello d’allarme del quale pochi, anche tra isocialisti, valutarono il vero significato.

Era del tutto insolito oltre che gravissimo - almeno in una città civile come Bologna,dove le lotte politiche erano sempre state scontri d’idee - che un sindaco, il socialistaFrancesco Zanardi, il 20 settembre 1914 fosse aggredito e malmenato in Piazza delNettuno, solo perché contrario alla guerra. Uguale trattamento ebbero, per lo stessomotivo, alcuni assessori comunali.

Nella provincia di Bologna, dove il PSI aveva la maggioranza dei voti sin dal 1904-1905 - oltre che dei seggi in Comune e al Consiglio provinciale, dopo il voto del giugno1914 - questa campagna antidemocratica proseguì e si intensificò negli anni bellici. Eraalimentata e diretta dalla Pro Patria et Rege, una sorta di superpartito al quale avevano

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aderito tutti i movimenti politici interventisti, dal PRI sino all’Associazione liberale, ilgruppo più conservatore della città. Solo i cattolici restarono fuori, pur concordandocon la Pro Patria.

Questo innaturale schieramento politico continuò ad operare anche dopo la finedella guerra. La mattina del 5 novembre 1918, primo giorno di pace, molti cittadiniscesi in piazza per inneggiare alla fine del conflitto furono aggrediti e percossi dai nazio-nalisti. In quel giorno Zanardi subì una seconda bastonatura davanti alla sede comu-nale. Il peggio si ebbe nel pomeriggio, quando, rivoltelle in pugno, un gruppo di nazio-nalisti guidati da Dino Zanetti assalì la sede della Camera confederale del lavoro in viaCavaliera 22 (oggi via Oberdan). Nelle stesse ore i dirigenti della Pro Patria chiesero,invano, al prefetto lo scioglimento dell’amministrazione comunale.

Tra l’inizio del 1919 e la fine del 1920, anche in assenza dei fascisti, a Bologna siebbero manifestazioni politiche e gravi episodi di violenza promossi ed ispirati da que-sta nuova aggregazione politica eterogenea che, dopo avere trovato un punto di unio-ne negli anni della guerra, intendeva affermarsi come nuova forza politica postbellica.Al termine di un laborioso travaglio politico trovò lo sbocco e il suo punto di aggrega-zione nel Fascio di combattimento di Bologna.

Solo che il primo Fascio bolognese, fondato il 9 aprile 1919 da Pietro Nenni e GuidoBergamo - con l’appoggio di un gruppo di ex combattenti di orientamento democrati-co e genericamente di sinistra, ai quali si erano uniti pochi nazionalisti - non può e nondeve essere considerato un Fascio fascista, nel senso che questo termine ha oggi.

Il vero Fascio fascista bolognese è quello che Leandro Arpinati rifondò il 17 set-tembre 1920 sulle rovine del primo - per questo fu chiamato il secondo fascio, dal qualeerano stati espulsi tutti i fondatori del primo - quando fu incaricato, dall’Associazionedi difesa sociale, di arruolare 300 armati per proteggere i candidati della lista elettora-le amministrativa di destra “Pace, libertà, lavoro”.

Tre giorni dopo in via Ugo Bassi, davanti al ristorante che si trovava nell’ex salaBorsa - allora luogo di ritrovo dei socialisti - cadde il primo bolognese sotto i colpi deifascisti. Si chiamava Guido Tibaldi*. In precedenza - anche se si erano avuti morti eferiti - le cronache politiche avevano registrato solo scontri sporadici e non preordina-ti, tra lavoratori e gruppi armati di destra, come i Sempre pronti per la patria e per ilre, la milizia paramilitare del Gruppo nazionalista bolognese.

Dopo il 20 settembre 1920 gli scontri divennero sistematici, perché studiati secon-do una strategia politico-militare molto chiara e attuati con un preciso piano tattico,come dimostrano l’assalto alla Camera confederale del lavoro (in via D’Azeglio 43) il 4novembre e quello contro Palazzo d’Accursio il 21. Il delitto politico premeditatodivenne l’arma vincente dei fascisti, favoriti e aiutati, indirettamente, dalla divisionedello schieramento di sinistra.

Gruppi minoritari della sinistra risposero con la violenza alla violenza - organizzan-do le “guardie rosse” e gli Arditi del popolo - per essendo privi della preparazione tec-

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nica, oltre che della necessaria mentalità rivoluzionaria. L’ala riformista del PSI ritene-va, al contrario, che spettasse allo stato la difesa del regime democratico - per cui nonsi doveva opporre violenza alla violenza - mentre cattolici e liberali scelsero a grandemaggioranza il fascismo.

Anche se il Fascio bolognese prese consistenza e cominciò a operare alla fine del1920, i curatori del Dizionario biografico non potevano non prendere in considerazio-ne alcuni episodi politici del 1919 e partire da questi per la ricerca.

*****Una volta fissati i limiti cronologici e politici, i curatori si sono preoccupati di pas-

sare al vaglio di un esame attento e approfondito fatti e avvenimenti di quel periodo peravere un quadro completo. Ciò ha permesso di confermare verità note, di correggereerrori storici e di rettificare errate interpretazioni. Per fare questo, sono stati consulta-ti i giornali dell’epoca e i saggi storici di allora e di oggi. Sono stati vagliati i documen-ti d’archivio, almeno quelli disponibili, perché all’Archivio dello stato di Bologna esisteun vuoto che va dal 1927 a oggi.

È noto che dopo il 1945 prefettura e questura - a differenza di quanto avvenuto inaltre città della regione - hanno consegnato pochi documenti all’Archivio provinciale,in genere pratiche burocratiche di modesta importanza storica. Sull’ultimo ottantenniodi storia bolognese non un foglio del gabinetto di prefettura è consultabile all’Archiviodello stato locale. Non si sa neppure quando queste carte saranno versate in modo siste-matico, anche se nel 2004 è stato dato un segno molto importante. La questura ha ver-sato le “schede”di alcune migliaia di “sovversivi” e pare che coprano un ampio perio-do del XX secolo. Questo materiale è in fase di sistemazione e sarà consultabile tra unpaio d’anni.

I nomi da includere nel Dizionario biografico - reperiti negli schedari dell’ANPI(Associazione nazionale partigiani italiani) e dell’ANPPIA (Associazione nazionale per-seguitati politici italiani antifascisti), nei giornali, negli atti dei processi del Tribunalespeciale, nei documenti di polizia o usciti dalle testimonianze personali - sono stati scel-ti secondo un criterio chiaro e inequivocabile: la partecipazione attiva alla lotta controil fascismo. La cosa può sembrare ovvia, ma non lo è.

Ad esempio, sono stati esclusi i nomi di molte persone che parteciparono a impor-tanti episodi politici che fanno parte delle lotte sociali del tempo, ma non di quelle con-tro il fascismo inteso come violenza antidemocratica. Si spiega così - e di queste sceltei curatori si sono assunti l’intera responsabilità - l’inclusione di Geltrude Grassi*, ucci-sa dai Sempre pronti al termine di una manifestazione sindacale nel giugno 1919, e l’e-sclusione delle numerose persone morte in scontri con la polizia nel luglio 1919 aImola, nel corso di una protesta per il caroviveri.

Pure fuori sono rimasti gli 8 contadini uccisi e i 45 feriti dai carabinieri a Decima

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(S. Giovanni in Persiceto), il 5 aprile 1920, al termine di un comizio promosso dallaVecchia Camera del lavoro. Analoga la decisione per i morti del 9 agosto 1920 aPortonovo (Medicina), nel corso dello sciopero agrario di quell’anno. Altra esclusionemolto difficile - ma se ne possono indicare altre ancora - quella dei 5 operai e dei 2agenti morti il 14 ottobre 1920 nello scontro avvenuto in via de’ Chiari nei pressi delcarcere di S. Giovanni in Monte (oggi ex carcere), meglio noto come l’“assalto alCasermone”. All’epoca, all’angolo tra le vie de’ Chiari e Cartolerie si trovava una caser-ma della Guardia regia.

Un altro criterio adottato - del tutto ovvio per un’opera come questa, che vuole esse-re lo specchio fedele di quanto avvenne nella lotta di liberazione e contro il regimefascista - è stato quello di far terminare le biografie il 14 aprile 1945 a Imola, il 17 aCastel S. Pietro Terme e il 21 a Bologna, i giorni in cui queste città tornarono libere.Sono state fatte pochissime eccezioni, in considerazione del fatto che non pochi parti-giani bolognesi, operanti in altre regioni, deposero le armi tra il 21 aprile e l’8 maggio,quando cessò la guerra in Europa.

I biografati appartengono a tutti i gruppi politici e a tutti i ceti sociali. Sono tra i 110 e i 115 gli antifascisti uccisi tra il 1920 e il 25 luglio 1943 o morti men-

tre erano in carcere o al confino, anche se per una decina sussistono dubbi. Non sonopochi, infatti, quelli morti subito dopo essere stati dimessi dal luogo di pena, fosse car-cere o confino. Il censimento delle vittime non è stato facile perché non sempre i gior-nali dell’epoca riportavano questi episodi e, quando lo facevano, erano volutamentenon chiari. “il Resto del Carlino”, il quotidiano della curia “L’Avvenire d’Italia” e quel-lo degli agricoltori “Il Progresso”, schieratisi sin dall’inizio a fianco dei fascisti, pubbli-cavano quasi sempre versioni di parte, dalle quali risultava che la responsabilità erasempre delle vittime. Alla fine del 1926 - su ordine del governo - i nomi dei morti anti-fascisti e dei detenuti politici scomparvero dai giornali.

Questa ricerca è risultata difficile anche sui giornali antifascisti. L’”Avanti!” del PSIpubblicò una pagina di cronaca bolognese per un certo periodo nel 1921, mentre neglianni seguenti questi avvenimenti finivano nei notiziari nazionali. Per questo censimen-to sono stati utilizzati parzialmente i quotidiani “l’Unità” del PCI, “Umanità nova”della Federazione anarchica, “La Voce repubblicana” del PRI, “L’Ordine nuovo” diret-to da Antonio Gramsci, “Il Popolo” del Partito popolare italiano e “La Giustizia” ilquotidiano dell’ala turatiana del PSI. Poco è stato ricavato dai settimanali antifascistibolognesi, perché pubblicavano quasi sempre dei commenti, dando per scontate lenotizie.

Di grande utilità sono state due pubblicazioni: Fascismo. Inchiesta socialista sullegesta dei fascisti in Italia, Editrice Avanti!, Milano 1922 e Fascismo e antifascismo nelbolognese (1919-1926), 8° Quaderno de “La lotta”, Bologna 1969. È stato utilizzatoparzialmente, per via di numerosi errori, anche il volume di Giacomo Matteotti Unanno di dominazione fascista.

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Difficilissimo è stato il censimento degli antifascisti morti in carcere o al confino.Dalle schede personali del Casellario politico centrale - depositate all’Archivio centra-le dello stato a Roma - risulta solo che la persona biografata era deceduta, senza l’indi-cazioni delle cause.

Per conoscere il numero esatto degli antifascisti militanti bolognesi perseguitati dalregime e per redigere le loro biografie, chi firma questa nota ha aperto, letto e usato le5.613 pratiche personali - meglio note come “schede” o “biografie” - che si trovano nelCasellario politico centrale. Si tratta di un materiale di fondamentale importanza, anchese, quasi certamente, non offre un quadro completo. È noto che periodicamente eranoinviate al macero le pratiche degli antifascisti deceduti, anche per cause naturali.Quante non si sa.

Inoltre, queste cartelle personali - con non poche eccezioni che arrivano sino al1963 - sono state sicuramente aggiornate sino alla fine del 1942. Poche recano notizierelative al periodo precedente il luglio 1943, quando cadde il regime. Nel Casellario, aesempio, non v’è traccia di numerosi antifascisti bolognesi arrestati nel maggio 1943, ameno che non fossero già stati fermati e schedati in precedenza. In questo caso nellacartella manca la registrazione dell’arresto del 1943. Quasi certamente l’aggiornamen-to delle cartelle fu rallentato, se non sospeso durante il periodo badogliano - 25 luglio-8 settembre 1943 - per essere ripreso, ma a ritmo ridotto, dopo l’occupazione tedesca.

Anche se non offrono un quadro completo, le 5.613 cartelle restano un campionemolto vasto e sono di fondamentale importanza per comprendere la natura e l’esten-sione della repressione di massa del regime. Purtroppo, si è potuto accedere a questofondo solo dopo l’uscita del terzo volume. Sono pertanto complete le biografie conte-nute nel quarto e quinto volume - dalla M alla Z - mentre per quelle dalla A alla L leintegrazioni sono riportate nel sesto volume, l’Appendice.

Dal tabulato fornito dall’Archivio centrale dello stato, dopo la computerizzazionedell’intero Casellario, sono stati ricavati questi dati relativi a cittadini nati o residenti neicomuni bolognesi:1) 1.524 antifascisti furono schedati e biografati. Si trattava degli elementi considerati

più pericolosi, che la polizia sottoponeva a continui e stretti controlli. La loro sche-da era aggiornata ogni due o tre mesi.

2) 734 sono quelli deferiti al Tribunale speciale. I condannati (ma questo dato nonrisulta dal tabulato) furono 384. Alcuni ebbero più condanne.

3) 513 furono assegnati al confino di polizia. Non pochi ebbero più assegnazioni,essendo stato reiterato il provvedimento amministrativo.

4) 444 antifascisti ebbero la diffida e 433 l’ammonizione.5) 6 furono internati in campo di concentramento, in comuni del meridione, negli anni

bellici.6) 1.136 furono iscritti nelle rubriche di frontiera, con l’ordine di arresto, se si fossero

presentati per rimpatriare. Il tabulato non indica il numero - ma non furono pochi

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- di quelli cui fu vietato il rientro in patria e ordinato il “respingimento” se si fosse-ro presentati alla frontiera.

7) 1.153 - durante il ventennio fascista - furono i bolognesi radiati dall’elenco dei sov-versivi, perché considerati non più pericolosi.Dal tabulato non risultano due dati molto importanti: 1) quanti bolognesi furono

processati e condannati per avere insultato pubblicamente il dittatore; 2) quanti emi-grarono all’estero per sottrarsi alle persecuzioni politiche. Le cartelle residue, per rag-giungere il totale di 5.613, sono intestate ad antifascisti tenuti sotto controllo polizie-sco, anche se non erano mai stati fermati o condannati.

Altre categorie che figurano nel Dizionario biografico sono:1) i bolognesi - oltre 160 - che militarono nelle brigate internazionali e in quelle

Garibaldi di Spagna durante la guerra civile del 1936-39;2) gli ebrei, un centinaio, che furono perseguitati per la legislazione razziale del 1938

e per i provvedimenti presi dal governo della RSI, tra il 1943 e il 1945;3) i circa 2 mila civili trucidati dai tedeschi.

La parte più consistente del Dizionario biografico è rappresentata dai partigiani,patrioti e benemeriti. Per censirli, i curatori si sono serviti - nel 1975, quando è ini-ziato questo lavoro - degli elenchi compilati nel 1946 dalla commissione regionale peril riconoscimento dei partigiani e delle schede di iscrizione all’ANPI. Tra questi duefondi esistono non poche disparità, se non altro perché nel primo dovrebbero tro-varsi i nomi di tutti gli aventi diritto, mentre nel secondo quelli di coloro che si sonoiscritti all’ANPI. Va aggiunto che non sono stati trovati tutti gli elenchi della com-missione regionale. Al Distretto militare si trovano le cartelle con la posizione milita-re di tutti i partigiani, ma - è noto - solo gli interessati possono avere quella persona-le. Tutto il materiale relativo ai riconoscimenti partigiani, che si trova presso i mini-steri a Roma, è stato liberalizzato solo da pochi anni e non è stato quindi consultatoe, tanto meno, utilizzato.

All’ANPI era ed è iscritta la stragrande maggioranza dei partigiani bolognesi, i cuinomi sono stati annotati a mano in elenchi annuali, in occasione del tesseramento.Questo almeno nel primo decennio postbellico. Se si considera che i compilatori diquesti elenchi erano più portati a tenere in mano una vanga o una pinza, che non unapenna, si capirà perché non pochi nomi abbiano subìto delle mutazioni radicali in que-ste continue trascrizioni. Gli elenchi della commissione regionale, inoltre, sono aggior-nati al 1946, mentre gli aventi diritto hanno avuto a disposizione quasi un ventennioper chiedere il riconoscimento della qualifica di partigiano o modifiche su riconosci-menti precedenti. Non sono stati trovati gli elenchi successivi al 1946.

Mentre era in atto la collazione di questi due fondi, da una stanza “segreta” dellasede dell’ANPI - all’epoca in via Rizzoli 2 - sono saltati fuori altri due fondi non menoimportati dei quali si era perduta la memoria: i moduli personali che i partigiani riem-pirono subito dopo la Liberazione e le schedine personali con foto, anche queste del-

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l’immediato dopoguerra. Questi documenti erano stati “nascosti” all’inizio degli anniCinquanta, quando erano in atto pesanti persecuzioni antipartigiane.

Il lavoro di collazione dei quattro fondi è ripartito da zero e di tutti i nomi sono statechieste le doverose verifiche anagrafiche agli uffici di stato civile dei comuni indicaticome luogo di nascita. Per questa verifica sono stati compilati circa 40 mila moduli. Lastragrande maggioranza dei comuni bolognesi hanno risposto di buon grado alle richie-ste, mentre solo pochi hanno rifiutato ogni collaborazione sin dall’inizio, con i pretestipiù diversi. Dopo l’approvazione della legge sulla privacy non pochi comuni hannointerrotto la collaborazione, per cui alcune biografie degli ultimi volumi hanno i datianagrafici incompleti. Con gli elementi ricavati dai documenti ufficiali, dai giornali e daisaggi storici sono state compilate le biografie pubblicate nei volumi II, III, IV e V. Il VI,l’Appendice, contiene le biografie omesse nei volumi precedenti, le poche interamenterifatte e aggiunte o modifiche a quelle già pubblicate. In particolare le aggiunte riguar-dano le nuove notizie ricuperate dai fascicoli personali depositati nel Casellario politicocentrale per le biografie dalla A alla L.

Al termine del lavoro sono rimaste - come detto - 1.642 biografie dei cui titolari nonè stato possibile avere alcun riscontro anagrafico. Alcuni di questi biografati non esi-stono - perché i nomi sono stati storpiati a causa delle continue trascrizioni a mano -mentre di altri i documenti potrebbero essere andati smarriti. Queste biografie - tuttebrevissime e con dati incompleti - sono state pubblicate egualmente nel VI volume, apagina 297.

*****Per la scelta delle biografie da inserire, i curatori si sono attenuti a tre criteri: 1)

quelle delle persone nate nei comuni della provincia di Bologna o ivi residenti nel 1943e che hanno operato entro i suoi confini; 2) quelle delle persone nate o residenti nel1943 nella provincia di Bologna e che hanno operato in altre province; 3) quelle dei nonbolognesi che hanno operato nella provincia di Bologna.

Questa scelta operativa non è stata facile da attuare. Basti pensare alle persone natea Bologna, dove hanno risieduto per qualche anno, e poi trasferitesi in altre città.Un’ipotesi. Un individuo che nasce a Bologna e sugli 8-10 anni si trasferisce a Milano -dove cresce, studia, lavora e si sposa - deve essere considerato bolognese o milanese?Per queste biografie i curatori hanno scelto caso per caso.

La scelta più difficile è stata quella relativa a Giorgio Paglia*, nato a Bologna nel1922 da padre bolognese e madre lombarda. Nel 1923 si trasferì in Lombardia e quiprese parte alla lotta di liberazione. Catturato dai fascisti, gli fu concessa la vita perchéil padre, caduto in Etiopia nel 1937, era stato decorato di medaglia d’oro. GiorgioPaglia rifiutò la grazia, se non fosse stata concessa anche ai partigiani catturati con lui.Poiché i fascisti respinsero la richiesta, affrontò il plotone d’esecuzione.

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L’aspetto principale di questa biografia non è tanto il gesto eroico e generoso delgiovane - anche quello - ma il fatto che il nonno paterno è Callisto Paglia, uno dei duefirmatari del Concordato Paglia-Calda. Nel 1920, quand’era presidente dell’Asso-ciazione provinciale agricoltori, fu - sia pure attraverso l’Associazione di difesa sociale- uno dei principali finanziatori e sostenitori del Fascio di combattimento di Bologna.Anche ammettendo che fosse bolognese per nascita e lombardo per formazione, erapossibile omettere la biografia di Giorgio Paglia? Il Dizionario biografico è un testo distoria, ma non per questo deve ignorare risvolti politici molto importanti e significativicome quelli che riguardano la famiglia Paglia.

Anche per i non bolognesi che hanno operato a Bologna, sia pure per breve tempo,i curatori hanno deciso caso per caso. È stato incluso Giuseppe Alberganti* che, pernon più di 6 mesi, è stato responsabile regionale del Triumvirato insurrezionale delPCI. Fuori è rimasto Giovanni Leone Castelli*, detto Nanni, un fascista di Foggia, chefondò “L’Assalto” nel 1920, quando prestava servizio militare a Bologna, e passò inseguito all’antifascismo. Anche se fu il fondatore del settimanale del Fascio bolognese,non ha mai avuto la residenza a Bologna e non vi è più tornato in seguito. Tra gli esclu-si va ricordato Roberto Serracchioli, fucilato dai fascisti il 7.8.1944 a Rovereto sullaSecchia (MO), che negli anni prebellici e bellici, quando studiava all’università diBologna, fece parte del gruppo Ragghianti svolgendovi un ruolo attivo. La biografia èstata omessa perché nato a Parigi e residente a Mirandola (MO) nel 1943.

Più facile la decisione per le biografie delle persone nate occasionalmente aBologna, dove non hanno mai abitato, perché i genitori non erano bolognesi. Sono statequasi tutte escluse. Più complicata è stata la scelta per le persone non di Bologna, mauccise dai nazi-fascisti in questo o quel comune della provincia dove erano finite casual-mente.

Un esempio. Nell’estate 1944 i tedeschi rastrellarono in Toscana migliaia di perso-ne e le trasferirono nel Bolognese dove furono addette - dopo essere state detenutenelle Caserme rosse a Corticella - ai lavori di costruzione di opere militari e, in parti-colare, della Linea Gotica. Non poche di queste furono fucilate o persero la vita in variecircostanze. Questi martiri possono figurare nel dizionario dell’antifascismo bologne-se? Sia pure con rammarico, sono stati esclusi quasi tutti.

Un interrogativo analogo i curatori si sono posti per i numerosi partigiani modene-si - cioè nati e residenti nel Modenese e militanti in brigate di quella provincia - chefurono portati a Bologna nell’inverno 1944-45 per essere fucilati e inumati nelle fossecomuni di S. Ruffillo. Anche questi sono stati quasi tutti esclusi.

Un problema di non facile soluzione è stato quello dei partigiani bolognesi chehanno operato in brigate di altre province, come la Nannetti di Belluno e la 7aModena, o dei partigiani romagnoli, in particolare di Ravenna, che hanno militatonella 36a brigata Bianconcini e nella brigata SAP di Imola. Questi partigiani devonoessere inclusi nel Dizionario biografico in base al terzo punto dei criteri adottati - e

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sono stati inclusi - ma, contemporaneamente, potrebbero figurare in dizionari analo-ghi, fatti nelle città dove risiedono, con il risultato, del tutto involontario, di gonfia-re gli elenchi dei patrioti.

Lo stesso discorso vale per i partigiani del distaccamento di Sambuca Pistoiese dellabrigata Toni Matteotti Montagna nati o residenti in provincia di Pistoia. Sono stati inse-riti perché militarono in una brigata bolognese, anche se sono rimasti sempre nella loroprovincia e non hanno mai messo piede - se non occasionalmente - in quella di Bologna.Sono pure stati inclusi i nomi dei partigiani del comune di Crevalcore che hanno ope-rato in brigate della provincia di Modena e quelli di partigiani di brigate modenesi eromagnole nati nel Bolognese, ma che hanno operato fuori dai confini della nostra pro-vincia. Anche se questi partigiani potrebbero figurare in dizionari analoghi al nostro,sono stati inclusi perché bolognesi di nascita.

Sono stati esclusi quasi tutti i partigiani - a meno che non fossero nati o residenti nelBolognese - che hanno militato in brigate di altre province, ma che hanno operato nelBolognese. Il caso più significativo è quello della divisione Modena Armando, coman-data da Mario Ricci “Armando”, che nel settembre-ottobre 1944 si spostò dalla pro-vincia di Modena a quella di Bologna, occupò la zona tra Porretta Terme e Lizzano inBelvedere e restò in linea sino all’aprile. Di questa divisione, i curatori hanno preso inconsiderazione solo la 7a brigata Modena perché composta prevalentemente di bolo-gnesi e perché inquadrata, successivamente, nella divisione Bologna montagna Lupo.Vi sono state anche alcune brigate della Toscana che, sia pure per breve tempo, hannooperato nel Bolognese, come la Bozzi. Sia questa sia le altre della divisione ModenaArmando sono state ignorate, anche se è stato fatto il tentativo di ricuperare i partigia-ni di quelle formazioni nati o residenti nel Bolognese.

Inutile dire che questo criterio di scelta ha provocato spiacevoli omissioni. I cura-tori non hanno avuto dubbi quando hanno escluso partigiani di altre città trasferitisi aBologna dopo la Liberazione. Il caso più emblematico è quello della Medaglia d’oroGastone Piccinini vissuto a Bologna per quasi un cinquantennio e qui morto. Non sipoteva fare diversamente, anche se era divenuto un bolognese autentico.

Un’altra non piccola difficoltà i curatori hanno dovuto superare per le biografie deipartigiani nati in un comune bolognese, il quale è stato aggregato, in seguito, ad altraprovincia. Ma è avvenuto anche il contrario. Castelfranco Emilia, che ha sempre fattoparte del Bolognese e dove si parla il dialetto bolognese, nel 1929 fu aggregato alla pro-vincia di Modena. I curatori hanno deciso di biografare solo quegli antifascisti chehanno avuto rapporti con Bologna, anche dopo essere divenuti modenesi. Per questaragione è stata messa la sigla BO nei dati anagrafici delle persone nate prima della ces-sione del comune alla provincia di Modena. È così successo che molti antifascisti e par-tigiani, che avrebbero potuto figurare nel Dizionario biografico perché nati bolognesi,sono stati esclusi perché divenuti modenesi.

Un analogo discorso va fatto per Pieve di Cento, un comune ferrarese divenuto

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bolognese nel 1929. Con la differenza che qui sono stati ereditati - se così si può dire -degli antifascisti e dei partigiani nati ferraresi, ma divenuti bolognesi.

Resta il problema dei bolognesi che abitavano nei comuni confinanti con altre pro-vince. È noto che in questi comuni di “frontiera” vi è sempre stato un grande movi-mento, con flussi migratori poco studiati, ma di notevole dimensione.

Da un esame campione è stato accertato che molti bolognesi trasferitisi in altre pro-vince - non importa se per breve periodo o permanentemente - hanno preso parte allalotta di liberazione in brigate non bolognesi. Il fenomeno riguarda, in modo particola-re, le province di Modena e Ravenna e meno quelle di Ferrara e Pistoia. Per avere lamisura esatta del fenomeno e ricuperare i nomi di tutti i bolognesi per nascita - anchese nel 1943 risiedevano altrove - si sarebbero dovuti esaminare gli elenchi dei partigia-ni delle quattro province interessate. Questo lavoro non è stato possibile farlo.

Di questi partigiani sono stati ricuperati i nomi e le biografie di quelli che, dopo laLiberazione, si sono ritrasferiti nella provincia d’origine e si sono iscritti all’ANPI diBologna. Degli altri e di quelli che, dopo il rientro nel Bolognese, non si sono iscrittiall’ANPI non si sa nulla.

Molto più difficile il ricupero dei partigiani bolognesi che hanno operato nelle altreregioni, dove risiedevano prima della Resistenza e dove hanno continuato a risiedereanche dopo. Pure problematico il ricupero dei partigiani che occasionalmente hannooperato in queste regioni, pur abitando a Bologna, dove sono rientrati dopo la guerra.Di questi si sa poco perché il certificato di riconoscimento partigiano si trova nelle pro-vince dove hanno operato. Per avere queste informazioni i curatori avrebbero dovutochiedere alle sezioni dell’ANPI di tutte le città italiane di espungere dai loro elenchi inomi dei bolognesi. Anche questo lavoro non è stato possibile fare. Dei partigiani, chehanno avuto il riconoscimento in città diverse da Bologna, si conoscono i nomi di quel-li che - una volta tornati nel Bolognese - si sono iscritti all’ANPI.

Restano due gruppi di partigiani la cui identificazione non è stata facile: quelli chehanno combattuto nei Balcani o in altre nazioni europee ed i militari internati inGermania dopo l’8 settembre 1943, i cosiddetti IMI.

Il gruppo più consistente dei partigiani che hanno combattuto all’estero è quellodell’ex Jugoslavia, seguito da quelli di Grecia e Albania. È molto ricca la letteratura suquesti militari regolari abbandonati in territorio straniero e divenuti partigiani neireparti italiani o in quelli dei paesi che li ospitavano. Ma mancano elenchi nominativicompleti.

Poiché il Distretto militare non fornisce questi dati - come già detto, possono esse-re richiesti solo dall’interessato - il Dizionario biografico pubblica le biografie di quelliche si sono iscritti all’ANPI dopo il 1945. Il dottor Leo Taddia ha fornito un elenco, siapure incompleto, dei militari che hanno preso parte alla lotta di liberazione inJugoslavia.

Non è stato facile censire i bolognesi che hanno preso parte alla lotta di liberazione

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in Francia e in Belgio. Nelle poche pubblicazioni esistenti non vi sono elenchi nomina-tivi e non sempre i nomi sono accompagnati dall’indicazione del luogo di nascita.Pochissime, pertanto, le biografie riportate.

Diverso il discorso per gli IMI. La federazione di Bologna dell’Associazione exinternati ha ritenuto di non consegnare ufficialmente l’elenco dei militari bolognesiinternati nei lager tedeschi, richiesto dai curatori all’inizio del lavoro. Com’è noto, que-sti militari hanno avuto la qualifica di volontari della libertà. I nominativi di questipatrioti sono contenuti nella pubblicazione I 600.000 dei lager, curata nel 1988 dallafederazione bolognese dell’ANEI.

*****Nella redazione delle biografie i curatori si sono attenuti al criterio della massima

sinteticità, anche se non per tutti i biografati è stato possibile contenere la narrazionein poche righe. Molti personaggi richiedevano una trattazione che non fosse una sem-plice e sintetica elencazione dei principali episodi della loro vita. Si è trattato di unascelta - se così si può dire - che non è stata operata dai curatori, ma che si è imposta, inquanto non era oggettivamente possibile fare diversamente. Non pochi biografati tra-scendono i limiti provinciali perché hanno una dimensione nazionale. Tutte le biogra-fie terminano con la fine della guerra.

Un’altra considerazione ancora va fatta, relativamente alla lunghezza delle bio-grafie. I curatori hanno esplorato i fondi noti e usato - a loro discrezione - il materia-le ricuperato. Ma non è certo che abbiano trovato e, di conseguenza, utilizzato tuttol’esistente. Resta il sospetto, se non la certezza, che quando la prefettura e la questu-ra di Bologna verseranno all’Archivio provinciale dello stato i loro materiali moltebiografie dovranno essere aggiornate, se non riscritte. Quindi, la lunghezza delle bio-grafie non corrisponde all’importanza del personaggio, ma alla quantità del materia-le reperito.

Le 5.613 schede depositate all’archivio di Roma sono di antifascisti che hanno subì-to condanne, assegnazioni al confino, diffide e ammonizioni. Non erano inviate a Roma- ma trattenute a Bologna, dove sono state conservate - le schede degli antifascisti cosid-detti minori, che erano attivi e controllati, ma non rappresentavano un pericolo e che,in ogni caso, non avevano subìto provvedimenti giudiziari o amministrativi. Questeschede potrebbero essere tra quelle – come detto – versate recentemente all’archivioprovinciale e in fase di sistemazione.

Va detto, infine, che molti personaggi che compaiono nel Dizionario biograficohanno avuto, dopo il 1945, prestigiose carriere politiche o professionali delle quali,ovviamente, non si parla. Inoltre, non va dimenticato che molti biografati hanno muta-to, nel frattempo, condizione sociale e posizione professionale e alcuni anche l’orienta-mento politico. Per questo va precisato che i partiti politici attribuiti ai biografati sono

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quelli cui aderivano prima e, in ogni caso, sino al 1945. Lo stesso vale per il titolo distudio e la professione indicati. A molti è stata attribuita la generica qualifica di antifa-scista non per scelta dei curatori, ma perché è quella che figura ufficialmente nelle sche-de del Casellario politico centrale.

Quanto poi alle attribuzioni politiche fatte dalla polizia ci sarebbe da fare un lungodiscorso. Per anni, soprattutto all’inizio del XX secolo, la qualifica di anarchico è stataattribuita ad elementi asociali o senza fissa dimora. A partire dagli anni Trenta quella dicomunista è stata attribuita a quasi tutti gli oppositori del regime. Il caso più clamoro-so è quello di Paolo Fabbri nato a Conselice (RA), ma residente a Bologna. Fu uno deiprincipali esponenti del PSI e militò sempre nell’ala riformista. Nella scheda è classifi-cato comunista. Inoltre, ricevevano questa qualifica tutti coloro il cui orientamentopolitico non era certo. A pochi è stata assegnata la qualifica di apolitico.

Il secondo inconveniente al quale i curatori hanno in parte rimediato, è quello diavere dovuto riassumere al massimo l’attività politica svolta dai biografati prima del1919. Mentre era doveroso dare il massimo di notizie per il periodo 1919-45, i curato-ri hanno dovuto limitarsi a brevi cenni per quello precedente, anche se era indispensa-bile fare comprendere come quelle persone erano giunte alla scelta e all’impegno anti-fascista.

Per le biografie dei civili massacrati dalle SS tedesche nell’eccidio di Marzabotto èstata fatta una ricerca particolare per identificare le vere vittime e le persone morte inquei giorni, ma per cause belliche diverse dalla strage. Lo scopo era di stabilire il nume-ro esatto delle vittime delle SS.

All’indomani della fine della guerra sono stati inumati in fosse comuni e poi raccol-ti nei sacrari i resti di tutti i morti della zona dell’eccidio, anche se le vittime vere dellastrage sono quelle uccise tra il 29 settembre e il 4 ottobre 1944. La pietà popolare havoluto che fossero onorati allo stesso modo i martiri dell’eccidio e le persone che per-sero la vita sotto i bombardamenti o che saltarono sulle mine. È pure noto che alloraprevalse il concetto - giustissimo, dal punto di vista umano - di riunire in un’unicasepoltura le famiglie distrutte dalla guerra, indipendentemente dalla causa della mortedei singoli componenti.

Per tutti questi caduti sono state fatte ricerche negli uffici anagrafici di Marzabotto,Monzuno, Grizzana Morandi e Vergato, i comuni maggiormente interessati. Analogaricerca è stata fatta presso altri comuni e in particolare in quello di Bologna, perché nonerano pochi i bolognesi sfollati sull’Appennino e uccisi nell’eccidio.

Dopo avere escluso i nominativi delle vittime civili - la cui morte era stata provoca-ta dall’esplosione di mine, di granate o di bombe d’aereo o da malattie contratte per idisagi bellici - i curatori hanno biografato le vittime dell’eccidio e, al tempo stesso, ten-tato di ricostruire i nuclei familiari. L’eccidio di Marzabotto o di Monte Sole, comesarebbe più esatto chiamarlo, è tanto più grave se si considera che sono state distrutteintere famiglie.

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Questa ricostruzione dei nuclei familiari è stata lunga e difficile. Molti comuni,avendo avuto gli uffici distrutti, non sono stati in grado di fornire indicazioni anagrafi-che esaurienti per il periodo prebellico e bellico. Per questo, non sarà mai possibile sta-bilire con esattezza la vera causa della morte di molte vittime, il giorno e il luogo. A ciòsi aggiungano gli errori materiali commessi nel dopoguerra quando sono stati ricostruitigli uffici anagrafici. È successo - il caso è ipotetico - che in una famiglia una persona siastata registrata come Zanini e il fratello o il padre come Zannini.

Nel dopoguerra gli uffici giudiziari hanno lavorato tra mille difficoltà quando hannodovuto rilasciare dichiarazioni di morte presunta, per consentire ai superstiti di siste-mare le vicende relative alle pensioni, agli assi ereditari e alle successioni. La maggiorparte di queste dichiarazioni sono state fatte in base ad atti notori di questo o quel testi-mone, più che sui dati anagrafici. È così successo che alcune persone risultano mortein una certa data, se si leggono i documenti delle anagrafi ricostruite dopo il 1945, e inaltra data in base alle testimonianze dei sopravvissuti.

Nel 1994, quando il IV volume del Dizionario biografico era pronto per andare intipografia, è stato edito il libro Marzabotto. Quanti, chi e dove, a cura del Comitatoregionale per le onoranze ai Caduti di Marzabotto, nel quale sono pubblicati due elen-chi con i nomi dei cittadini uccisi dai tedeschi e delle vittime civili di guerra dei comu-ni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi. Nel volume non sono stati ricostrui-ti i nuclei familiari.

Da un confronto tra i nominativi del Dizionario biografico e quelli della nuova pub-blicazione sono risultate non poche disparità, anche se i curatori del primo e del secon-do volume si sono rivolti agli stessi uffici anagrafici, per non dire che un curatore ècomune a entrambe le opere.

*****La responsabilità di tutte le biografie è stata assunta collegialmente dai curatori.

Sono state siglate quelle per le quali il o i curatori hanno compiuto - anche quando sitratta di poche righe - ricerche apposite e ne hanno steso il testo. Anonime sono quel-le ricavate dai vari fondi, per le quali è stato fatto un semplice lavoro di trascrizione, dicorrezione materiale e di completamento dei dati.

In alcune biografie vi sono dei nomi con un asterisco. Ciò vuol dire che quella per-sona è stata biografata e va ricercata secondo l’ordine alfabetico.

Numerose biografie recano, nell’ultima riga, l’indicazione: Testimonianza in RB1,RB2, RB3 e RB5. Con queste sigle si è voluto indicare che la persona biografata ha pub-blicato una testimonianza in uno dei quattro volumi curati da Luciano Bergonzini perconto dell’Istituto per la storia di Bologna, dal titolo La Resistenza a Bologna. Testi-monianze e documenti.

In altre biografie compare l’indicazione: Intervento in Emilia-Romagna nella guerra

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di liberazione. Con questa dizione si è voluto indicare che il biografato ha fatto un inter-vento - il cui testo è stato pubblicato in uno dei quattro volumi dei quali si cita l’auto-re del saggio iniziale - al convegno tenuto a Bologna dal 2 al 5 aprile 1975, per iniziati-va della Deputazione Emilia-Romagna per la storia della Resistenza e della guerra diliberazione.

Infine, in alcune biografie sono indicati i titoli dei saggi che l’interessato ha scrittosul tema specifico dell’antifascismo e della lotta di liberazione. Con queste indicazionisi è voluto completare la biografia di coloro che, dopo avere preso parte alla Resistenzao alla lotta antifascista, hanno pubblicato studi storici o ricordi personali sul fascismo ela lotta di liberazione.

[O]

Questo dizionario è stato promosso e finanziato dal Comune di Bologna e curatoda due istituti di storia bolognese, tra il 1985 e il 2004. I volumi II, III, IV e V sono statiediti dall’Istituto per la storia di Bologna. Il VI dall’Istituto per la storia della Resistenzae della società contemporanea nella provincia di Bologna “L. Bergonzini” (ISREBO),dall’Istituto per la storia di Bologna e dalla Regione Emilia-Romagna. Il presente volu-me, il I, ma l’ultimo a vedere la luce, è stato edito dall’ISREBO.

All’inizio la direzione del dizionario è stata affidata a Luigi Arbizzani, NazarioSauro Onofri ed Ennio Severino. Quando Severino ha lasciato il gruppo di lavoro, ilsuo posto è stato preso da Alessandro Albertazzi. Il II volume e il III sono opera diAlbertazzi, Arbizzani e Onofri i quali hanno definito il progetto generale che oggi siconclude. Il IV, V e VI sono di Arbizzani e Onofri. Il presente volume è stato curato daOnofri.

Questo dizionario ha visto la luce grazie all’apporto del dottor Edmo Albertazzi,per la parte amministrativa, e della dottoressa Lia Aquilano per il coordinamento edi-toriale. I curatori li ringraziano.

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Le decorazioni dei Comuni bolognesi

BOLOGNAMEDAGLIA D’ORO AL VALORE MILITARE (1898)

Il 15.9.1898, sulla “Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia” n.214, è stato pubblicatoil seguente decreto a firma del re Umberto I:

Visto il Nostro decreto in data 4 settembre 1898 con il quale venne creato un distin-tivo d’onore consistente in una medaglia d’oro per rimeritare le azioni altamentepatriottiche compiute dalle città italiane nel periodo del risorgimento nazionale;

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per gli Affari dell’Interno,Presidente del Consiglio dei Ministri;

Abbiamo decretato e decretiamo:Articolo unico.Alla città di Bologna viene concessa la medaglia d’oro, come sopra istituita, in ricom-

pensa del valore dimostrato dalla cittadinanza nell’episodio militare dell’8 agosto 1848.La medaglia sarà consegnata al Sindaco di Bologna, affinché ne sia fregiato il gon-

falone municipale.Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella

Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunquespetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Torino, addì 11 settembre 1898.

MEDAGLIA D’ORO PER L’INCREMENTO DELL’ISTRUZIONE (1899)

Il 13.3.1899 il governo emise un decreto per la concessione al Comune di Bolognadella medaglia d’oro per i benemeriti dell’educazione nazionale quale riconoscimento perl’incremento dato all’istruzione e all’educazione del popolo. Il 13.3 la notizia fu riportatadai giornali bolognesi e il 17.5 il sindaco diede l’annuncio in consiglio comunale.

MEDAGLIA D’ORO AL VALORE MILITARE (1945)

Con decreto del Presidente della Repubblica in data 2 novembre 1946 è stata con-

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cessa la medaglia d’oro al valore militare al Comune di Bologna, con la seguente moti-vazione:

Città partigiana fedele alle antiche tradizioni non volle soggiacere alla prepotenza deltedesco invasore. E col sangue purissimo di migliaia dei suoi figli migliori, con le sue casedistrutte ed in epici, diuturni combattimenti sostenuti con le armi strappate al nemico,fu all’avanguardia nell’impari lotta e nell’insurrezione che, nell’alba radiosa dell’aprile1945, portò la Patria alla riconquista della sua libertà. Settembre 1943 - aprile 1945.

MEDAGLIA D’ORO AL VALORE CIVILE (1980)

Dopo il criminale attentato dinamitardo del 2 agosto 1980 alla stazione ferroviariadi Bologna, la prefettura segnalò al ministero dell’Interno - per la concessione dellamedaglia d’oro - l’esemplare comportamento della cittadinanza e delle istituzioni bolo-gnesi. In base a questa segnalazione, il Presidente della Repubblica - su proposta delministero dell’Interno - in data 13 luglio 1981, ha conferito al gonfalone della città diBologna la medaglia d’oro al valore civile con la seguente motivazione:

A seguito del criminale attentato terroristico che sconvolse duramente la città, l’inte-ra popolazione, pur emotivamente coinvolta, dava eccezionale prova di democratica fer-mezza e di coraggio civile. In una gara spontanea di solidarietà collaborava attivamentecon gli organi dello stato, prodigandosi con esemplare slancio nelle operazioni di soc-corso. Contribuiva così per la tempestività e l’efficienza a salvare dalla morte numerosevite umane, suscitando il plauso e l’incondizionata ammirazione della nazione tutta.

IMOLAMEDAGLIA D’ORO AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente della Repubblica del 12 giugno 1984, registrato allaCorte dei conti il 27 luglio 1984, registro n.26 Difesa, foglio 48, è stata concessa lamedaglia d’oro al valore militare per attività partigiana al Comune di Imola con laseguente motivazione:

Forte di tradizioni popolari e democratiche, dava vita, subito dopo l’8 settembre1943, ad un attivo movimento di resistenza costituendo i primi nuclei partigiani dimontagna. Nonostante perdite iniziali e dure rappresaglie nazifasciste, la popolazionedell’Imolese continuava fieramente la lotta, rivendicando, con il sangue versato anche

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dalle sue indomite donne, pace e libertà e difendendo il patrimonio agricolo e indu-striale della propria terra.

Reparti della 36a brigata Garibaldi “A. Bianconcini” costituirono una continuaminaccia alle spalle del nemico e, durante l’offensiva anglo-americana contro la lineagotica, cedettero agli alleati importanti posizioni strategiche. Raggiunta dalla linea delfuoco, Imola subiva, durante cinque mesi, il martirio dei bombardamenti aerei e terre-stri, delle vessazioni nemiche, delle deportazioni e dei massacri. Il 14 aprile 1945, i par-tigiani delle brigate G.A.P. e S.A.P., presidiata la città, la consegnavano agli alleati, men-tre, combattendo nei Gruppi di combattimento del nuovo Esercito italiano “Cremona”e “Folgore”, altri suoi figli continuavano la lotta fino alla liberazione dell’Italia setten-trionale. Imola, 8 settembre 1943-14 aprile 1945.

MARZABOTTOMEDAGLIA D’ORO AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in data 24 aprile 1948, è stataconferita la medaglia d’oro al valore militare al Comune di Marzabotto, con la seguen-te motivazione:

Incassata fra le scoscese rupi e le verdi boscaglie dell’antica terra etrusca,Marzabotto preferì ferro, fuoco e distruzioni piuttosto che cedere all’oppressore. Perquattordici mesi sopportò la dura prepotenza delle orde teutoniche che non riuscironoa debellare la fierezza dei suoi figli arroccati sulle aspre vette di Monte Venere e diMonte Sole sorretti dall’amore e dall’incitamento dei vecchi, delle donne e dei fanciul-li. Gli spietati massacri degli inermi giovanetti, delle fiorenti spose e dei genitori caden-ti non la domarono ed i suoi 1830 morti riposano sui monti e nelle valli a perenne moni-to alle future generazioni di quanto possa l’amore per la Patria. Marzabotto, 8 settem-bre 1943 - 1 novembre 1944.

CASALECCHIO DI RENOMEDAGLIA D’ORO AL MERITO CIVILE

Il gonfalone del Comune di Casalecchio di Reno è stato insignito di medaglia almerito civile con la seguente motivazione:

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Centro nodale delle vie di comunicazione dell’Italia settentrionale, durante l’ultimoconflitto mondiale fu sottoposto, tanto da essere definito “La Cassino del Nord”, a benquarantuno violentissimi bombardamenti, che procurarono centinaia di vittime civili ela quasi totale distruzione dell’abitato. La popolazione offriva altresì un’ammirevoleprova di generoso spirito di solidarietà prodigandosi in soccorso dei numerosi feriti esfollati e nel ripristino delle minime condizioni di vita della città. Splendido esempio dielette virtù civiche. E grande spirito di abnegazione. Casalecchio di Reno (BO), giugno1944-aprile 1945.

VERGATOMEDAGLIA D’ORO AL MERITO CIVILE

Il gonfalone del Comune di Vergato è stato insignito di medaglia d’oro al meritocivile con la seguente motivazione:

Situato sulla linea Gotica, durante l’ultimo conflitto mondiale, il Comune si trovò alcentro degli opposti schieramenti, subendo ogni sorta di violenza dalle truppe tedeschee un gran numero di bombardamenti da parte alleata, che provocarono numerose vit-time e la distruzione della quasi totalità dell’abitato. La popolazione offrì splendidoesempio di generosità nel soccorso dei superstiti e grande spirito di solidarietà per glisfollati.

SAN GIOVANNI IN PERSICETOMEDAGLIA D’ARGENTO AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente della Repubblica, in data 16 novembre 1988, è stataconferita la medaglia d’argento al valore militare, per attività partigiana, al Comune diS. Giovanni in Persiceto, con la seguente motivazione:

San Giovanni in Persiceto, continuando la tradizione risorgimentale e antifascista,già nell’imminenza dell’occupazione tedesca, organizzò nuclei di resistenza. Esposta,con le sue frazioni sparse nella pianura, ai facili attacchi dei nazifascisti, anche dopo leferoci rappresaglie del tragico inverno 1944-1945, le deportazioni nei campi di stermi-nio e le rovine provocate dalla guerra, non si piegò alla prepotenza e, con le armi strap-

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pate al nemico, continuò fieramente la lotta con azioni di sabotaggio, contribuendo,infine, alla salvezza degli impianti produttivi della città dalle distruzioni degli invasoriin fuga. Con il sacrificio dei suoi numerosi combattenti, con il martirio dei suoi depor-tati e caduti, pagò il prezzo della libertà. S. Giovanni in Persiceto, 8 settembre 1943 - 25aprile 1945.

MALALBERGOMEDAGLIA D’ARGENTO AL MERITO CIVILE

Con decreto del Presidente della Repubblica, in data 23 aprile 2004, è stata confe-rita la medaglia d’argento al merito civile al Comune di Malalbergo con la seguentemotivazione:

Centro strategicamente importante, durante l’ultimo conflitto mondiale, fu obietti-vo di ripetuti e violenti bombardamenti che provocarono numerose vittime civili e laquasi totale distruzione dell’abitato. La popolazione offriva altresì un’ammirevoleprova di spirito di solidarietà, prodigandosi in soccorso dei feriti e nel recupero dellesalme. I sopravvissuti seppero affrontare, col ritorno della pace, la difficile opera diricostruzione morale e materiale. Agosto 1944-Aprile 1945, Malalbergo (BO).

MOLINELLAMEDAGLIA DI BRONZO AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente della Repubblica, in data 4 gennaio 1989, è stata confe-rita la medaglia di bronzo al valore militare, per attività partigiana, al Comune diMolinella con la seguente motivazione:

La popolazione del Comune di Molinella, nota per la sua tempra morale e per laferma e decisa opposizione alla tracotanza nazifascista, dava vita ad una lotta diResistenza attiva e coraggiosa, dando un valido e costante sostegno alle forze partigia-ne e fornendo il suo notevole contributo di combattenti, di sangue, di sofferenza e didistruzione. Molinella, 9 settembre 1943 - 21 aprile 1945.

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MONTE SAN PIETROMEDAGLIA DI BRONZO AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente della Repubblica in data 23 marzo 1995 è stata conces-sa la medaglia di bronzo al valor militare per attività partigiana al Comune di Monte S.Pietro con la seguente motivazione:

Situato in posizione particolarmente favorevole per azioni di guerriglia, sulle colli-ne che dominano la città di Bologna, il Comune di Monte S. Pietro si oppose sin dal-l’inizio al tedesco invasore impegnandone notevoli forze per operazioni di controllo delterritorio e repressione. La 63a brigata partigiana, cui appartenevano molti dei suoi cit-tadini, partecipò a numerose operazioni, sorretta e protetta da tutta la popolazione, cheper questa sua collaborazione sopportò persecuzioni, saccheggi e barbari eccidi.Venutosi a trovare a ridosso del fronte nemico, nell’inverno 44-45 e fino alla liberazio-ne, sostenne una impari lotta con le più agguerrite formazioni nazi-fasciste, subendonumerosi bombardamenti aerei e di artiglieria. Nell’aprile del 1945, chiamata all’insur-rezione generale, combatté con eroica determinazione fino alla completa liberazionedella zona. Monte S. Pietro, febbraio 1944-aprile 1945.

ANZOLA DELL’EMILIACROCE DI GUERRA AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente della Repubblica del 9 maggio 1994, vistato dalla ragio-neria centrale in data 24 ottobre 1994, n.58/Varie, è stata concessa la croce di guerra alvalore militare per attività partigiana al Comune di Anzola dell’Emilia con la seguentemotivazione:

Custode di fiere tradizioni contadine, il Comune di Anzola dell’Emilia, durante ladittatura fascista, ha dimostrato, a costo di rappresaglie e persecuzioni, la sua volontàdi riscatto dalle misere condizioni di vita cui i suoi abitanti erano costretti. Nel periododi occupazione nazifascista, ha partecipato attivamente alla Resistenza con il concordesostegno della sua cittadinanza, uomini e donne. Nei numerosi scontri armati, i suoipartigiani hanno dimostrato valore e sprezzo del pericolo, infliggendo al nemico perdi-te rilevanti e provocando, con ardimentosi atti di sabotaggio, scompiglio e disordinenelle sue linee di rifornimento. Elevato esempio di amore per la Patria e la libertà.Anzola dell’Emilia, 8 settembre 1943-25 aprile 1945.

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CALDERARA DI RENOCROCE DI GUERRA AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, vistato dalla ragio-neria centrale in data 22 settembre 1994, è stata concessa la croce al valore milita-re per attività partigiana al Comune di Calderara di Reno con la seguente motiva-zione:

Comune agricolo di tradizioni antifasciste, offerse asilo e protezione a numerosiperseguitati politici durante la dittatura. Dopo l’8 settembre 1943, non esitò a sceglie-re l’opposizione armata contro l’invasore tedesco, dando un considerevole contributoalla costituzione delle formazioni partigiane della zona. Ogni casa colonica divennepunto di sicuro riferimento, grazie anche al notevole apporto delle donne nel rischiosoincarico di garantire vitto, informazioni, armi e munizioni alle forze combattenti. Piùvolte i piani tedeschi di edificazione di opere di difesa nel suo territorio vennero osta-colati e interrotti, malgrado che molti dei suoi cittadini subissero perciò arresti, processie deportazioni. Più volte la razzia del bestiame e del grano venne impedita dalla corag-giosa sollevazione di tutta la popolazione. Per l’elevato numero di patrioti, per le per-dite umane ed i gravi danni sofferti, Calderara di Reno pagò un elevato tributo alla libe-razione. Calderara di Reno, 8 settembre 1943 - aprile 1945.

CREVALCORECROCE DI GUERRA AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente della Repubblica in data 19 maggio 1995 è stata con-cessa la croce al valore militare al Comune di Crevalcore, per attività partigiana, con laseguente motivazione:

Comune di consolidate tradizioni antifasciste, offerse ripetutamente asilo e prote-zione a ricercati e perseguitati politici, rischiando persecuzioni e rappresaglie. L’8 set-tembre 1943 segnò il passaggio alla aperta opposizione al tedesco invasore, talché molticittadini accorsero nelle fila partigiane, usufruendo del generoso appoggio della popo-lazione e del prezioso contributo delle sue donne. I suoi fucilati, i caduti in combatti-mento e nei campi di internamento, le angherie e le distruzioni subite stanno a testi-moniare le virtù della sua gente in difesa della libertà. Crevalcore, 8 settembre 1943 - 25aprile 1945.

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SASSO MARCONICROCE DI GUERRA AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente della Repubblica, in data 21 febbraio 1995, è stata con-cessa la croce di guerra al valore militare per attività partigiana al Comune di SassoMarconi, con la seguente motivazione:

Custode di gloriose tradizioni risorgimentali e garibaldine, strenuo oppositore delladittatura fascista, il Comune di Sasso Marconi, dopo l’8 settembre 1943, innalzò il ves-sillo della Resistenza armata, cui concorsero tanti dei suoi cittadini, in Italia e all’este-ro. Situato in posizione strategicamente rilevante per le forze di occupazione nazi-fasci-ste, ne subì la massiccia presenza, i soprusi, gli orrori, sempre contrastandoli con azio-ni di guerriglia urbana e campale, atti di sabotaggio e audaci propositi di cospirazione,che gli costarono lutti e distruzioni. I suoi numerosi caduti in combattimento, i fucila-ti, le donne e i bambini trucidati a Colle Ameno, Mongardino, Battedizzo, Ponte delleLepri, costituiscono un’altra testimonianza della irriducibile volontà di Libertà dellasua gente. Sasso Marconi, 8 settembre 1943 - 25 aprile 1945.

ZOLA PREDOSACROCE DI GUERRA AL VALORE MILITARE

Con decreto del Presidente della Repubblica in data 9 maggio 1994, registrato allaRagioneria centrale il 22 settembre 1994, è stata concessa la croce al valore militare alComune di Zola Predosa, per attività partigiana, con la seguente motivazione:

Zola Predosa, fedele alle sue tradizioni di libertà, costituì subito dopo l’armistiziodell’8 settembre 1943 i primi gruppi partigiani del circondario, concorrendo alla nasci-ta della valorosa 63ª Brigata Garibaldi “Bolero”. Con tali unità, unitamente alle squa-dre SAP formatesi nell’ambito del comune, condusse una lotta armata che, con ardi-mentose azioni in campo aperto e ripetuti atti di sabotaggio, non dette tregua all’occu-patore nazi-fascista, impegnandone costantemente una parte considerevole delle sueforze stanziali. I numerosi cittadini caduti e feriti in combattimento, i civili trucidati perrappresaglia, le tante distruzioni provocate dalla rabbia vendicativa del nemico, testi-moniano l’apporto di sangue e di sacrificio di Zola Predosa alla causa della liberazione.Zola Predosa, 8 settembre 1943 - aprile 1945.

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A

Agitatore, L’. Tra il 1910 e il 1920 il movi-mento anarchico bolognese - diretto daArmando Borghi, Luigi Fabbri*, NinoSamaja*, Maria Rygier e DomenicoZavattero - conobbe il suo momento dimaggior sviluppo. Il primo maggio 1910vide la luce “L’Agitatore” con il sottotitolo“Periodico settimanale di azione rivoluzio-naria”. Primo responsabile fu AlbertoMalservisi. Era diffuso nel Bolognese e inRomagna, ma pubblicava corrispondenzeda molte città italiane. I toni della polemi-ca antistatale e antimilitarista gli attiraronoi fulmini della magistratura. Da un rappor-to del ministero dell’Interno, del 6.2.1913,si apprende che tra l’ottobre 1911 e quelladata il giornale aveva fatto 46 numeri, 22dei quali sequestrati, con relative denunce.Nulla si sa delle precedenti (ASB, GP,1913, b.1.202, cat.7, fas.1, “Anarchici”).Oltre che dalle vicende giudiziarie, la vita

del giornale fu travagliata dai gravi contra-sti tra i gruppi anarchici e dai continui arre-sti dei dirigenti: la Rygier e Borghi subi-rono numerosi mesi di galera e Borghi, nel1911, fu costretto a riparare all’estero. Perqueste ed altre ragioni il giornale dovettespesso cambiare gerente e sospendere lepubblicazioni per lunghi periodi. Per qual-che tempo fu stampato a Ravenna e Forlì.Si alternarono alla gerenza AlessandroGalletti, Fabbri, Celso Morisi, Zavattero,Borghi, Giuseppe Sartini*, Primo Masotti,Luigi Ugo Dainesi*, Rygier, DomenicoInnocente Baldoni, Celso Venturi, CletoEvaristo Marcacci*, Luigi Campomori* eArmando Sintoni. Le pubblicazioni furonosospese dal gennaio all’agosto 1911, anchese uscirono alcuni esemplari con l’indica-zione “Numero unico”. Riapparve, conperiodicità regolare, il 21.1.1912 con il sot-totitolo “Periodico settimanale anarchico”e con Baldoni responsabile. Per riportare lapace tra i militanti, Baldoni annunciò chenon avrebbe pubblicato note con attacchipersonali. Ma nel giugno dovette abbando-

Dizionario stor ico-pol i t ico*

* Questo dizionario è stato compilato per illustrare gli avvenimenti, i partiti, i gruppi politici e i luoghi che ricor-rono nelle schede del dizionario biografico Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese(1919-1945). Non è, quindi, uno strumento storico generale sul fascismo, l’antifascismo, la guerra e la lotta diliberazione nel Bolognese, ma un testo a sostegno e integrazione del dizionario. Anche se non interamente,copre però largamente il ventennio più importante del XX secolo. Sono state redatte schede dettagliate per levoci bolognesi e brevi per quelle nazionali. Alcune potranno essere modificate, se non rifatte quando sarannoversate all’Archivio dello stato di Bologna le carte di prefettura e questura. All’archivio bolognese esiste unvuoto che va dal 1927 ad oggi. Alcuni libri indicati nelle bibliografie hanno il solo titolo perché figurano com-pleti nella Bibliografia su fascismo, antifascismo, guerra e Resistenza nella provincia di Bologna a p.275. Perbrevità, è stata omessa la bibliografia nazionale di molte schede, in particolare quelle dei partiti. La segnaturaASB, GP indica Archivio dello stato di Bologna, Gabinetto di prefettura e quella ACS Archivio centrale dellostato. Il dizionario è in Internet con la segnatura: www, iperbole, bologna, it/iperbole/isrebo.

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nare l’Italia per evitare i numerosi mandatidi cattura spiccati nei suoi confronti, comegerente de “L’Agitatore” e de “L’Azionesindacale”. Ripresero i contrasti tra i grup-pi che culminarono con l’espulsione diZavattero e dei suoi amici, i quali diederovita a “La barricata”. Gli ultimi numeri delgiornale - alla cui gerenza si alternaronoVenturi, Marcacci, Rygier e Campomori -furono caratterizzati da una violenta pole-mica contro Zavattero. L’11.5.1913 uscìl’ultimo. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Bettini, Bibliografia dell’a-narchismo, Firenze, CP, 1972, vol.I, tomo I,p.231.

Albergo di Cortecchio. L’Albergo diCortecchio, (Palazzuolo sul Senio - FI), eraun casolare semidiroccato posto nel fianconord-est del Monte Faggiola, al confine traEmilia-Romagna e Toscana. Nel gennaio1944 ospitò un gruppo di partigiani bolo-gnesi, imolesi e faentini guidato daGiovanni Nardi* e Luigi Tinti*. Erano unaventina, male armati e peggio equipaggiati.Il 20.2.1944 un centinaio di fascisti - nono-stante l’alto strato di neve - attaccaronol’Albergo. I partigiani - mentre Nardi era inmissione ad Imola per incontrarsi con ilCLN - opposero una debole resistenza e sisbandarono. Dante Cassani* e LiberoZauli* furono uccisi. Germano Giovan-nini* e Rossano Mazza* restarono feriti efurono catturati. Nello scontro restò uccisoil comandante della colonna fascista. I par-tigiani superstiti si aggregarono alle forma-zioni partigiane in fase di costituzione suMonte Falterona. Qualche tempo dopo,quando le formazioni del Falterona furonodisperse dai tedeschi, gli imolesi tornarononella zona di Monte Faggiola e diedero vitaquella che sarà chiamata la 36a brgBianconcini Garibaldi. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: 36a brg BianconciniGaribaldi.

Alleanza del lavoro. All’inizio del 1922 loSFI - il sindacato dei ferrovieri, autonomodalla CGdL, ma diretto da una maggioran-za socialista, alla quale si contrapponeva

una minoranza anarchica e comunista - sifece promotore di un’iniziativa per unire leforze operaie nell’Alleanza del lavoro.Nelle sue intenzioni il nuovo organismoavrebbe dovuto dare un indirizzo unitarioe una strategia nuova alla lotta contro ilfascismo. Al convegno costitutivo - tenuto-si a Roma dal 18 al 20.2.1922 - intervenne-ro i rappresentanti della CGdL, dell’USI,dell’UIL, della Federazione lavoratori deiporti e dello SFI. Assenti la Federazioneitaliana lavoratori del mare (un sindacatonon aderente alla CGdL) e le organizzazio-ni sindacali cattoliche. Aderirono il PSI, ilPRI e gli anarchici. Il PCI aderì nel mese dimarzo, su pressione dell’Internazionalecomunista. All’interno dell’Alleanza furo-no trasferite e sommate le direttive, le con-traddizioni e le debolezze dei vari sindaca-ti. Vana fu la ricerca di una strategia unica.I socialisti riformisti - in maggioranzaall’interno del nuovo organismo - avrebbe-ro voluto dare all’Alleanza un indirizzosimile a quello della CGdL: netta opposi-zione al fascismo, senza arrivare ad unoscontro diretto, essendo compito delgoverno la difesa dell’ordinamento demo-cratico e costituzionale. Gli anarchicierano per l’azione diretta delle masse, maspontanea e non organizzata. Ai comunisti- ancora ancorati alla teoria bordighia-na dei «due fronti» - interessava eliminarei socialisti dalla guida del sindacato. Il programma dell’Alleanza, approvatol’8.3.1922, prevedeva: 1) ripristino comple-to delle libertà politiche e sindacali; 2) dife-sa delle 8 ore di lavoro; 3) mantenimento oriconquista dei livelli salariali e normativigià acquisiti e minacciati dai fascisti. Lasituazione politico-sindacale precipitò nel-l’estate con l’occupazione di Ravenna, daparte dei fascisti, e la distruzione di nume-rose sedi sindacali e cooperative; la distru-zione della CCdL di Cremona; i gravi inci-denti provocati dai fascisti a Novara,Macerata e Ancona; l’eccidio di lavoratoria Minervino Murge (BA). Per arginarel’ondata di violenze, l’Alleanza promosseuno “sciopero legalitario” per l’1.8.1922.Nonostante la larga partecipazione popola-

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re, la giornata di lotta fallì perché i fascisti- sostenuti dalle forze di polizia - organiz-zarono contromanifestazioni armate. Moltilavoratori furono uccisi, feriti e bastonati.Dopo lo sciopero, l’ultima grande manife-stazione antifascista prima della “marcia suRoma”, l’Alleanza si sciolse. A Bologna, iltranviere Anselmo Naldi* fu ucciso a colpidi pistola. Numerosi gli atti di violenzacompiuti dai fascisti in città e nei centridella provincia. [O]

Allied labour force partisans, (ALF parti-sans). Era uno dei numerosi servizi specia-li della 5a Armata americana che operava-no sul fronte italiano. Fu istituito nelnovembre 1944 per la manutenzione dellestrade che dalla Toscana portavano al fron-te appenninico. Furono impiegati i parti-giani che avevano attraversato la linea delfronte e che gli alleati non intendevanoriorganizzare e utilizzare sulla linea delfronte, come unità combattenti. In seguitol’ALF assunse altri compiti, in particolaredi carattere informativo. I partigiani bolo-gnesi inquadrati nell’ALF furono circa200. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: Allied military govern-ment occupied territory.

Allied military government occupied terri-tory, (AMGOT o AMG). Era il governomilitare alleato che doveva amministrare leprovince italiane liberate dalla 5a Armataamericana e dall’VIII armata inglese. Fuistituito il 10.7.1943, dopo lo sbarco inSicilia. L’AMGOT dovette modificarequasi subito nome e compiti perché l’Italia- prima con la firma dell’armistizio con glianglo-americani (quello corto dell’8.9.1943e quello lungo del 29.9.1943) e poi con ladichiarazione di guerra alla Germania, il13.10.1943 - da paese occupato divennealleato. Da AMGOT divenne AMG(Allied military government) al quale siaffiancò l’ACC (Allied control commis-sion). L’ACC doveva controllare l’applica-zione delle clausole armistiziali, mentrel’AMG, appena possibile, trasferiva algoverno italiano i territori liberati. Il

10.1.1944 l’AMG e l’ACC si fusero e ilprimo divenne una sezione dell’altra. Aquest’organismo si affiancarono altri diminore importanza come l’ACI (Advisorycouncil for Italy), nel quale erano rappre-sentate le nazioni alleate i cui militari com-battevano in Italia. Con la fine della guerraquesti organismi persero ogni funzione. ABologna cessarono di operare il 4.8.1945,quando i poteri passarono alle autorità ita-liane. Restò in funzione l’ACC che cessò il15.9.1947, con l’entrata in vigore del tratta-to di pace. [O]BI B L I O G R A F I A. F. Parri, Il movimento di libe-razione e gli alleati, in “Il Movimento diliberazione in Italia”, n.1, 1949, pp.7-24; P.Secchia, F. Frassati, La Resistenza e glialleati, Milano, Feltrinelli, 1962, pp.483;Resoconto delle attività svolte dal Governomilitare alleato e dalla Commissione alleatadi controllo in Italia, a cura di L. Mercuri,“Quaderni della FIAP”, n.17, Roma, 1975,pp.115; C.R.S. Harris, Allied military admi-nistration of Italy, 1943-1945, London,1975, pp.XVI+497; L. Mercuri, 1943-1945, Gli Alleati e l’Italia, Napoli, ESI,1975, pp.397; D.W. Ellwood, L’alleatonemico. La politica dell’occupazione anglo-americana in Italia, 1943-1946, Milano,Feltrinelli, 1977, pp.454.

Amico, L’, del povero. Quando il periodi-co socialista “Il Risveglio” cessò di uscire, ilsuo posto fu preso da “L’Amico del pove-ro”, fondato da Arturo D’Arco ed UgoLenzi*. Aveva il sottotitolo “Organo socia-lista della provincia di Bologna”. Iniziò lepubblicazioni con periodicità settimanale il15.5.1897, diretto da Lenzi. Cessò il23.4.1898. [O]

Amministrazione tedesca in Italia. Dopoavere invaso l’Italia, il governo nazistaimpose un regime d’occupazione organiz-zato su più livelli, per controllare un «terri-torio di guerra» soggetto alla legge bellicatedesca. Il primo livello era quello militareper la conduzione della guerra. Il secondo,diretto dall’ambasciatore tedesco, quellopolitico; il terzo, dipendente dalle SS, quel-

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lo poliziesco. A questa struttura politico-militare ne fu affiancata una seconda dinatura amministrativa, con il compito difare avere alla Germania il «contributo diguerra italiano», in base all’accordo stipu-lato il 21.10.1943 tra il governo tedesco equello collaborazionista della RSI. In prati-ca, l’accordo sanciva la spogliazione dell’e-conomia italiana da parte degli invasori aiquali si doveva consegnare parte della pro-duzione industriale e agricola e oltre unmilione di lavoratori. [O]B I B L I O G R A F I A . E. Collotti, L’amministra-zione tedesca dell’Italia occupata, 1943-1945, Studio e documenti, Milano, Lerici,1963, pp.607; E. Collotti, L’organizzazioneamministrativa ed economica tedescadell’Italia occupata, Roma, 1964, pp.64; E.Collotti, L’occupazione tedesca nelle cartedell’amministrazione militare (ottobre1943-settembre 1944), in: P. Alberghi,Partiti politici e CLN, Bari, De Donato,1975, pp.351-428; R. Lazzero, Il saccod’Italia. Razzie e stragi tedesche nella repub-blica di Salò, Milano, Mondadori, 1994,pp.378; L. Klinkhammer, L’occupazionetedesca in Italia: 1943-1945, Torino, BollatiBoringhieri, 1993, pp.XIII+676.

Ammonizione. Con le «Leggi speciali perla difesa dello Stato», del 6.11.1926, il regi-me fascista estese l’istituto dell’ammonizio-ne ai politici, mentre in precedenza erariservato ai pregiudicati comuni. Il provve-dimento fu perfezionato con il nuovo testodelle leggi di PS del 18.6.1931. Per motivipolitici potevano essere ammonite «le per-sone designate dalla pubblica voce comepericolose socialmente per gli ordinamentipolitici dello Stato». L’ammonizione dura-va 2 anni ed era comminata dallaCommissione provinciale. Gli ammonitidovevano rincasare prima delle ore 20 euscire dopo le 7 del mattino. Due volte lasettimana avevano l’obbligo di presentarsiad un posto di polizia e non potevano«trattenersi abitualmente nelle osterie, bet-tole o in case di prostituzione». Durante ilventennio fascista 433 bolognesi ebberol’ammonizione. [O]

Amnistia. È un atto di clemenza che estin-gue l’azione penale o la pena se già com-minata. Durante il regime fascista furo-no concesse sette amnistie. Quella del22.11.1922 rimise in libertà centinaia difascisti in carcere per gravi reati politici.L’amnistia del 31.7.1925 rimise in libertàgli assassini di Matteotti. La terza fu con-cessa l’1.1.1931 per il matrimonio del prin-cipe ereditario. Il 5.11.1932, in occasionedel decennale del regime, l’amnistia resti-tuì la libertà a migliaia d’antifascisti con-dannati dal Tribunale speciale o confinatinelle isole. Molto limitate quelle del25.9.1934, in occasione della nascita dellaprincipessa Maria Pia di Savoia, e del15.2.1937 per la nascita del principeVittorio Emanuele. Molto limitata anchel’ultima del 17.10.1942, per il ventennaledel regime. [O]

Amola del Piano, Rastrellamenti di.Amola del Piano è una frazione di S.Giovanni in Persiceto, da non confonderecon Amola del Monte, una frazione diMonte S. Pietro. Nella zona operava un btgdella 63a brg Bolero Garibaldi. Tra i parti-giani di questo btg vi erano 2 tedeschidisertori: Hans e Fritz o Fred. Il 4.12.1944Hans tornò al suo comando e rivelò l’ubi-cazione delle basi partigiane. Nella nottetra il 4 e il 5 reparti delle SS tedesche eparacadutisti della div Goering - guidati dafascisti locali - circondarono l’abitatod’Amola e rastrellarono circa 300 persone.Alcuni fermati furono rinchiusi nella chie-sa d’Amola e torturati. Altri furono trasfe-riti a S. Agata Bolognese e fatti sfilare perle strade del paese, sotto la minaccia dellearmi. Dopo i riconoscimenti personali, fattida Hans e Fritz, furono trattenute 40 per-sone, trasferite prima nella caserma deicarabinieri di S. Giovanni in Persiceto equindi nelle carceri di S. Giovanni inMonte (Bologna). Il 14.12.1944 alcuni fer-mati d’Amola e altri detenuti furono trasfe-riti a piedi - scortati da soldati tedeschi - aSabbiuno del Monte a Paderno, una frazio-ne collinare di Bologna, distante circa 4chilometri dal centro storico, da non con-

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fondere con Sabbiuno di Piano, una frazio-ne di Castel Maggiore, dove i fascisti hannocompiuto una strage il 14.10.1944. Unavolta giunti a Paderno, i detenuti furonorinchiusi in una casa colonica, dalla qualeuscirono a piccoli gruppi. Furono portatisu un dirupo, uccisi con un colpo alla nucae fatti rotolare nei calanchi sottostanti. 12altri rastrellati d’Amola furono inviati nelcampo di concentramento di Bolzano esuccessivamente in quello di Mauthausen(Austria). Il 23.12.1944 un terzo gruppo fumassacrato a Sabbiuno, mentre altri furonouccisi a S. Ruffillo. Il 7.12.1944 ad Amolafu fatto un secondo rastrellamento. Lecirca 50 persone fermate finirono quasitutte a Mauthausen. Dei circa 100 rastrella-ti di Amola, 37 persero la vita. Quelli pas-sati per le armi furono 29. Gli altri moriro-no nei lager. Il 18.6.1948 i fascisti UgoLambertini e Rino Mingozzi furono pro-cessati e condannati a 30 e 12 anni, peravere collaborato con i tedeschi nei rastrel-lamenti di Amola. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Belletti, Dai monti allerisaie; A. Preti, Sabbiuno di Paderno.Dicembre 1944; A. Gasiani, Finché avròvoce.

Antifascisti privati della cittadinanza. Perstroncare l’attività dei partiti democraticiche si erano riorganizzati in esilio - inFrancia, in modo particolare - nel 1926 ilgoverno fascista decise di privare della cit-tadinanza alcuni tra gli esponenti più auto-revoli del mondo antifascista. Con decretodel 26.3.1926 fu «inflitta la perdita dellacittadinanza italiana con la confisca deibeni eventualmente posseduti» a VincenzoVacirca, Angelo Tonello e Francesco Frola.Vacirca era un militante del PSI nato inSicilia ed eletto deputato nel 1919 aBologna. Tonello era un maestro elementa-re veneto, pure lui iscritto al PSI, che avevasvolto un’intensa attività politica a Bolognanel primo ventennio del 1900. Con decretidel 30.9.1926, pubblicati sulla “Gazzettaufficiale del Regno d’Italia”, n.243 del19.10.1926, la cittadinanza fu revocata, conla confisca dei beni, ad Emilio Carlo Bazzi,

Ettore Cuzzani*, Alceste De Ambris,Giuseppe Donati, Arturo Giuseppe Fa-sciolo detto Benedetto, Giulio ArmandoGrimaldi, Adelmo Pedrini*, Mario Pi-stocchi, Massimo Rocca, Cesare Rossi,Aldo Salerno, Gaetano Salvemini, Fran-cesco Scozzese Ciccotti e Ubaldo Triaca.Cuzzani e Pedrini erano due anarchicibolognesi. La “Gazzetta” del 2.12.1932,n.278, pubblicò il decreto n.1.510 del17.11.1932. Il documento, dopo avererichiamato i decreti relativi alla revocadella cittadinanza emessi nel 1926, recitavatestualmente: «I Nostri decreti predettisono revocati a tutti gli effetti». Il governofascista non motivò la decisione di revoca-re i decreti del 1926. Nel decreto diCuzzani si legge che a Tolosa, sul giornale“Il Mezzogiorno”, aveva «in una serie diarticoli, firmati con lo pseudonimo di“Cadetto di Guascogna”, esercitato unaviolenta, calunniosa campagna contro ilGoverno Nazionale e le patrie istituzioni,dipingendo la nostra situazione coi coloripiù foschi, facendo le insinuazioni piùorrende, con gran detrimento del nostrobuon nome, e con offese al nostro senti-mento nazionale». In quello di Pedrini silegge che in Francia «divenne uno dei piùattivi esponenti della campagna antinazio-nale, sia come redattore del giornale editoa Tolosa “Il Mezzogiorno”, famigerato perla sua intonazione violenta e sistematica-mente denigratrice dell’Italia, sia in pubbli-ci comizi, come quelli tenuti il 7 marzo u.s.a Tolosa ed il 30 maggio 1926 a Muret, neiquali lanciò le più volgari contumelie con-tro il Regime nazionale dipingendolo,all’occhio dello straniero, come un perico-lo per la pace europea, incitando i governidemocratici di Francia e degli altri stati adunirsi per combatterlo ad oltranza, eccitan-do i contadini italiani, che sono in grannumero emigrati nel mezzogiorno dellaFrancia, a diffidare dell’assistenza dellenostra autorità consolari, gettando sempreil sospetto e il discredito sulle nostre istitu-zioni». [O]

Architrave. Dal dicembre 1940 al giugno

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1943 il GUF di Bologna pubblicò il perio-dico “Architrave”. Sottotitolo: “Mensile dipolitica letteratura e arte”. Ha la fama diessere stato un giornale della fronda al regi-me. In realtà, gli studenti che vi scrisseronon erano né si sentivano oppositori delladittatura. Questo inizialmente. Molti rite-nevano che le insufficienze e gli errori delregime fascista non fossero del sistema, manel sistema. Per questo, a loro parere,occorrevano modifiche interne, aggiusta-menti di tiro e sostituzione di uomini perricuperare - ammesso che fosse esistita - l’i-niziale purezza rivoluzionaria fascista cor-rotta o andata perduta a causa dell’operatodi taluni gerarchi incapaci o corrotti. Fu lagrande illusione, finita in tragedia, dellagenerazione nata e cresciuta sotto il fasci-smo. Il giornale vide la luce l’1.12.1940, seimesi dopo l’entrata in guerra dell’Italia. Glistudenti universitari - molti dei quali scri-vevano su “L’Assalto”, il settimanale dellafederazione bolognese del PNF - da tempoavevano espresso il desiderio di avere ungiornale autonomo. Direttore era TullioPacchioni, il segretario del GUF; responsa-bile Romolo Vigna; condirettore RobertoMazzetti; vice direttori Umberto ReverberiRiva e Umberto Righi*; redattore capoAgostino Bignardi. Mazzetti non era stu-dente, ma professore di scuola media, notoper la sua posizione di fascista corporativi-sta di sinistra. Era l’unico che non vestissela divisa militare. Per questo il giornale fuaffidato a lui. Sin dal primo numero - comerisulta dall’editoriale di Mazzetti -“Architrave” fu decisamente fascista esostenitore della guerra, vista come mezzonecessario per purificare il regime e tra-sformare l’incompiuta rivoluzione fascistain rivoluzione sociale. Mentre Mazzettipreconizzava un’alleanza tra Italia,Germania e URSS per realizzare «la socie-tà del lavoro», Gianni Guizzardi scrisseche la guerra era una «forma di rivoluzionesociale». Queste posizioni politiche, masoprattutto le critiche rivolte a vecchigerarchi, rimasti a casa dopo avere predi-cato la guerra, non piacquero alla federa-zione bolognese e alla segreteria nazionale

del PNF. Invano Mazzetti si difese scriven-do che parlare di simili problemi non vole-va dire «frangere l’ortodossia e la discipli-na». Nell’agosto 1941 l’intera redazione -meno Reverberi Riva, nominato direttore -fu destituita. Gli furono affiancati GaetanoGardini detto Nino e Vincenzo Bassoli,due universitari provenienti da “L’Assal-to”. Anche se apparve subito evidente lasvolta, sia pure in direzione della «rivolu-zione integrale», nel giornale continuaronoad apparire articoli che invocavano «uomi-ni nuovi, onesti e competenti» o scritti asostegno della linea corporativa di sinistra.Per questo fu rinnovata nella primavera1942. Pio Marsilli* divenne nuovo diretto-re, con Vittorio E. Chesi* condirettore eGardini vice. Filippo Stefani fu il nuovoredattore capo e Alighiero Morgagni ilsegretario di redazione. Nonostante leaspettative delle gerarchie del regime, lanuova redazione fu frondista. FrancescoArcangeli*, membro della redazione, hascritto che, in quel periodo, il giornale fu«modestamente ma decisamente antifasci-sta».Dopo una lunga serie di contestazionie richiami, nell’autunno 1942 Marsilli eChesi furono destituiti e sottoposti a unprocesso interno, condotto a Roma, nellasede del PNF, dal vice segretario nazionale.Non avendo sconfessato la linea politica,né accettato di pubblicare un numero spe-ciale, per l’anniversario della “marcia suRoma”, furono arrestati e assegnati al con-fino di polizia per 3 anni. Il provvedimen-to non ebbe seguito. Volendo dare unasvolta alla gestione del giornale, i gerarchidella federazione bolognese lo affidarono adue universitari reduci dal fronte russo.Eugenio Facchini, il direttore, e il viceMassimo Rendina* erano stati mandati inguerra per punizione. Il primo per unaserie di articoli molto critici, pubblicatidurante la prima gestione del giornale; ilsecondo perché si era azzuffato con ufficia-li tedeschi. Redattore capo era GiovanniTonelli. Contrariamente alle aspettative, idue reduci non scrissero a favore dellaguerra, ma contro. La tragica esperienzabellica vissuta nelle pianure russe - analoga

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a quella dei giovani che avevano combattu-to su altri fronti - aveva maturato in loro lapiena consapevolezza che la guerra fosse, aun tempo, ingiusta e perduta. ScrisseRendina: «Oramai la retorica illusione diuna vittoria facile e di una guerra lampo èsprofondata nell’abisso del passato». Lanostra «è sempre stata, sin dal primo colpodi cannone, una guerra difensiva», anchese «Ora soltanto il conflitto appare defini-tivamente difensivo nella sua intima essen-za e si trasmuta in una lotta integrale, asso-luta, di vita e di morte, estranea ad ognialtro pensiero che non sia sopravvivere alladistruzione di tutto il mondo». Il giornalecessò le pubblicazioni nel luglio 1943, conla fine della dittatura. Redattori e collabo-ratori ebbero destini diversi. Pacchioni eGuizzardi caddero al fronte. Righi fu pas-sato per le armi in un lager tedesco, mentreera internato, dopo essere stato fatto pri-gioniero in Grecia. Ferruccio Terzi* eGiorgio Chierici* furono fucilati dai fasci-sti perché partigiani. Luigi Giovannini*,partigiano, cadde combattendo contro itedeschi. Bassoli, Chesi, Paolo Fortunati*,Marsilli, Rendina, Guido Rossi e RitoValla* militarono nelle file della Resistenza.Gardini e Renzo Renzi, caduti prigionieriin Grecia, finirono in un lager nazista,dopo avere rifiutato l’adesione alla RSI.Facchini aderì alla RSI. Divenuto federaledi Bologna, fu giustiziato dai partigiani il26.1.1944. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Renzi, Rapporto di un exbalilla, in Dall’Arcadia a Peschiera, Bari,Laterza, 1954, pp.99-137; F. Arcangeli, Igiovani durante il fascismo, in Storia del-l’antifascismo italiano, p.119; N.S. Onofri,I giornali bolognesi nel ventennio fascista;M. Addis Saba, Gioventù italiana delLittorio. La stampa dei giovani nella guerrafascista, Milano, Feltrinelli, 1973, pp.269;A. Andreoli, L. Avellini, A. Battistini, C.Bragaglia, M. Ermilli, E. Raimondi, Crisidella cultura e dialettica delle idee; N.Gardini, Tecniche della fronda (e censura)della rivolta studentesca sotto il fascismo, in“Bologna incontri”, n.12, 1978; N.S.Onofri, La tragedia di “Architrave” in Storia

della goliardia bolognese dall’orbace allacontestazione, pp.75-81. Su “Emilia”, daln.22 del 1953 al n.29 del 1954, apparverosaggi su “Architrave” di Renzi, NereoBattello, Guido Neri, Chesi, GiuseppePardieri, Gaetano Arcangeli, Bassoli,Fiorenzo Forti, Nino Gardini, PompilioMandelli, Enrico Nobis. Tesi di laurea uni-versità di Bologna: C. Gazzotti, “Archi-trave” mensile di politica, letteratura e arte,Bologna 1940-1943, anno 1978-79, relatoreprof. G.P. Zucchini; R. Savriè, Aspetti dellafronda fascista attraverso due giornali bolo-gnesi: L’Assalto e Architrave, 1939-1943,anno 1975-1976, relatore prof. E. Collotti.Testimonianze di A. Rinaldi (p.228), F.Arcangeli (p.295), R. Zangrandi (p.298) eP. Fortunati (p.310) in RB1.

Ardimento, L’. L’1.1.1945 nella tipografiaclandestina del PCI di Bologna fu stampa-to il giornale clandestino “L’Ardimento”.Aveva il sottotitolo “Organo della 7aBrigata Garibaldi GAP (Gianni) Bologna”.Restò numero unico. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.242-4. I testi sono in RB2 pp.983-7.

Arditi del popolo. Quello degli Arditi delpopolo fu un movimento spontaneo antifa-scista nato nella primavera del 1921, al difuori dei partiti. Il primo nucleo sorse aRoma nel giugno, ad iniziativa di ex arditidi guerra, i quali intendevano opporsi conla forza alla violenza fascista. Furono costi-tuite squadre armate nella capitale e inaltre città. A questo movimento aderironoin seguito il PSI, il PCI e il movimentoanarchico, ma non il PRI. Le formazioniarmate degli Arditi ebbero ovunque uncarattere ibrido, perché vi confluirono ele-menti diversi, con varie se non opposteesperienze politiche alle spalle, anche se, inprevalenza, erano anarchici e repubblicani.Pochi i socialisti e meno i comunisti.Numerosi gli elementi, quasi tutti ex arditidi guerra, che passarono al fascismo.Soprattutto a Roma, molti erano informa-tori della polizia. In alcune città, ma si trat-

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tò di casi isolati, queste formazioni furonopromosse da uomini della sinistra socialistae comunista, come a Parma e Vercelli. IlPSI e il PCI si dissociarono sin dall’inizio.Il 18.2.1921 la direzione del PCI inviò allefederazioni una circolare con l’oggetto«Scopi e fini delle Guardie rosse» perricordare (come ribadì in una circolare del25.2) che i comunisti dovevano militarenelle squadre armate del partito (Il primoanno di vita del Partito Comunista d’Italia,Milano, 1966, pp.18 e 20). Il 15.7.1921,nella circolare «Inquadramento delle forzecomuniste», la direzione del PCI scrisse:«L’inquadramento militare proletario,essendo l’estrema e più delicata formad’organizzazione della lotta di classe, deverealizzare il massimo della disciplina e deveessere a base di partito» (p.169). Il7.8.1921 il PCI diffidò i militanti ad usciredagli arditi, pena i «più severi provvedi-menti». Il 31.7.1921 l’”Avanti!”, pur senzasconfessare gli arditi, scrisse che il PSI eraestraneo all’iniziativa. I comunisti organiz-zarono le “squadre comuniste” e i socialistile “guardie rosse”. Abbandonati dai duepartiti della sinistra - ma l’Internazionalecomunista criticò la decisione del PCI - gliarditi del popolo ebbero vita breve e trava-gliata. Alla fine del 1922 il movimentocessò di operare in tutto il paese. ABologna la polizia arrestò, a più riprese, uncentinaio d’arditi, accusati di svolgere atti-vità rivoluzionaria. I principali esponentierano Edmondo Lelli* e Vindice Rabitti*,due anarchici arrestati il 18.8.1921. Tra l’a-gosto e il dicembre 1921 la polizia denun-ciò alla magistratura 81 arditi. La maggiorparte fu prosciolta in istruttoria e liberata.Il 28.12.1921 furono rinviati a giudizio 29arditi. Il 21.7.1922 furono processati in 27:Amedeo Mario Ballotta* ebbe 10 mesi;Mario Beretti* 5 mesi; Aldo Bianchi* 5mesi; Giuseppe Bonetti* 10 mesi; RodolfoBonetti* 10 mesi; Umberto Bonini* 8 mesie 10 giorni; Ernesto Brusi* 10 mesi;Ferruccio Brighenti* un anno; ArmandoCavazzoni* un anno; Mario Conti* 10mesi; Amleto Degli Esposti*, da Celeste,un anno; Vittorio Draghetti* 10 mesi;

Guglielmo Ferri* 10 mesi; Sigiberto Fogli*6 mesi; Francesco Lattuga* un anno;Edmondo Lelli* un anno, 4 mesi e 20 gior-ni; Marcello Martini* un anno, 11 mesi e20 giorni; Gaetano Molinari* 8 mesi e 10giorni; Augusto Parazza* 10 mesi; TeodoroStefanini* un anno e 8 mesi; AntonioTomba* 10 mesi; Carlo Tomba* un anno;Primo Tubertini* 10 mesi; GiovanniVaccari* 5 mesi; Mario Valvassori, assolto;Mario Venturi* 10 mesi; Ettore Zarotti* 8mesi e 10 giorni. Il 25.7.1922 furono pro-cessati Rabitti e Vittorio Donini* e con-dannati a 1 anno e 3 mesi. (Corte Assise diBologna. 1922-1923, p.82). [O]BI B L I O G R A F I A. A. Ceste, G. Torri, La storiadegli Arditi del popolo, Roma, Savelli, 1976,pp.62; I. Fuschini, Gli arditi del popolo,Ravenna, Longo, 1994, pp.97; M. Rossi,Arditi non gendarmi: dall’arditismo di guer-ra agli Arditi del popolo, 1917-1922, Pisa,1997, pp.189; E. Francescangeli, Arditi delpopolo, Roma, Odradek, 2000, pp.319; L.Balsamini, Gli arditi del popolo, Galzerano,2000, Salerno, pp.277.

Assalto, L’. Il 4.11.1920 uscì un “Numerosaggio” de “L’Assalto” con il sottotitolo“Giornale del fascismo”. Era stato fatto daGiovanni Leone Castelli, detto Nanni, unex legionario fiumano di Foggia che stavaprestando il servizio militare a Bologna. Latestata fu rilevata dal Fascio di Bologna e il18.11 uscì il primo numero con il sottotito-lo “Periodico del Fascio bolognese di com-battimento”. Era diretto da LeandroArpinati, il capo del Fascio bolognese.Divenne l’organo ufficiale del fascismobolognese e uscì, con periodicità settima-nale, sino al 24.7.1943. Il giorno dopocadde il regime. Alla direzione si alternaro-no dirigenti politici e giornalisti. Questa lasuccessione: Dino Grandi (1921 e 22) e poiGino Baroncini (1922-24), ma il nome nonapparve in gerenza. Tra la fine del 1921 el’inizio del 1922, il giornale fu affidato aGiorgio Pini (sotto la supervisione diBaroncini divenuto segretario della federa-zione) anche se cominciò a firmare nell’e-state 1924. Seguirono Gian Luigi Mercuri

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(2.6.1928), morto il quale il giornale passòa Leo Longanesi (6.7.1929). CacciatoLonganesi nell’ottobre 1931, perché avevascritto un articolo contro il senatoreGiuseppe Tanari, fu nominato EzioBalducci (17.10.1931). Il 12.1.1935, in basealla disposizione che i settimanali fascistidovevano essere diretti dal segretario fede-rale, cominciò a firmare Cesare Colliva, ilquale affidò il giornale a Calimero Barilli(uno dei redattori più anziani) e ad AlbertoGiovannini (omonimo del deputato libera-le bolognese). Il 14.8.1936 fu nominatoGiovannini al quale successe Carlo Savoiail 9.4.1938. Il 10.2.1940 arrivò GianniGranzotto, il quale, il 6.4.1940, lasciò l’in-carico a Carlo Raimondo Manzini (da nonconfondere con il quasi omonimo PierRaimondo Manzini direttore de “L’Av-venire d’Italia”). Il 14.6.1940 fu incaricatoFernando Bernardini al quale, il 9.5.1941,successe Gaetano Gardini detto Nino conla qualifica di reggente, dal momento cheBernardini aveva conservato la carica, puressendo andato militare. L’1.1.1942, quan-do Gardini fu chiamato alle armi, la reg-genza passò a Renato Dell’Oste. Dopo l’in-vasione tedesca e la nascita della RSI, ilgiornale riprese le pubblicazioni il15.10.1943, diretto dal rettore universita-rio Goffredo Coppola. Aveva il sottoti-tolo “Quindicinale della FederazioneRepubblicana Fascista della ‘DecimaLegio’”. Con il n.12 del 15.4.1944 la dire-zione fu assunta da Girolamo Cosimini. Fuin seguito diretto - ma non si conoscono ledate - da Leonardo Chiara e VittorioDonadeo. Le collezioni del giornale, perquesto periodo, sono incomplete e pareche l’ultimo numero sia uscito il 22.9.1944.In tutto sarebbero stati fatti 33 numeri. Ilgiornale, controllato da elementi dell’alaoltranzista del PRF, ebbe problemi con leautorità della RSI. Fu sequestrato almenodue volte: il 15.4.1944 per «attacchi a per-sone ed a reparti delle FF.AA. Repub-blicane» (ACS, RSI, MI, DGPS, SCP, b.37,“L’Assalto”) e il 6.5.1944 per critiche allaRSI. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Pini, Le legioni bolognesi

in armi; F. Gambetti, Gli anni che scottano,Milano, Mursia, 1967, pp.411; N.S. Ono-fri, I giornali bolognesi nel ventennio fasci-sta; Id., La strage di Palazzo d’Accursio; Id.,I giornali badogliani e della RSI a Bologna(1943-1945).

Associazione di difesa sociale. Il 5.4.1920a Decima (S. Giovanni in Persiceto) i cara-binieri spararono contro braccianti e colo-ni intervenuti ad un comizio indetto dallaVecchia CdL per la lotta agraria in corso.Otto restarono uccisi e 45 feriti. In segnodi protesta - anche se il governo aveva rico-nosciuto la responsabilità dei carabinieri -il 6 e 7 a Bologna si tenne lo sciopero gene-rale. La mattina dell’8, nella sede dellaCamera di commercio, si riunirono i sena-tori, i deputati e gli ex parlamentari deipartiti di centro-destra, i dirigenti delleassociazioni commercianti, industriali eagricoltori, esponenti del mondo professio-nale e di enti ed associazioni di destra. Altermine della riunione fu approvato undocumento - subito portato al prefetto,perché lo inoltrasse a Roma - nel quale siaffermava che lo sciopero appena termina-to sarebbe «stato l’ultimo che doveva pas-sare senza che la cittadinanza avesse fattoricorso ad un’energica azione volontaria didifesa e di tutela» e che gli intervenuti sierano dichiarati «pronti innanzi tutto, e ilGoverno lo sappia, a difendere le nostrefamiglie e i nostri focolari, a tutelare ilnostro diritto al lavoro, la nobiltà dellanostra opera quotidiana, creando noi stes-si, per porre fine con tutti i modi più riso-luti ad un succedersi di cose intollerabili erovinose, i mezzi di difesa che sinora,fidenti nel concetto della libertà, avevamoceduti alle leggi dello Stato e a coloro chehanno il mandato, il più onorevole peruomini liberi, di rispettarle e farle rispetta-re». Contemporaneamente fu costituital’Associazione Ordine e Libertà, poi ribat-tezzata in Associazione bolognese di difesasociale. Il 15.4.1920 una delegazionedell’Associazione fu ricevuta da F.S. Nitti,presidente del Consiglio dei ministri, alquale Luigi Silvagni* disse che il PSI vole-

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va distruggere lo stato e che contro «questipropositi di distruzione la resistenza ènecessaria. Se questa non sarà opposta dalgoverno, i cittadini finiranno per sostituirsiad esso». Nitti approvò l’iniziativa e invitòi membri della delegazione ad organizzarsi.A Bologna il PSI, il PPI e “il Resto delCarlino” - sia pure con motivazioni diverse- assunsero una posizione contraria al-l’Associazione. I due partiti - il PPI diffidòpubblicamente alcuni iscritti ad abbando-narla - e il quotidiano contestarono ai ceticommerciali, industriali e agrari il diritto dicostituire organizzazioni paramilitari e ilproposito di volersi sostituire allo Stato. Il16.9.1920, all’indomani dell’occupazionedelle fabbriche - a Bologna l’agitazionemetallurgica fu molto contenuta -l’Associazione diffuse un documento nelquale «preso atto che l’acquiescenza gover-nativa, adottata ormai come sistema, lasciail sopravvento facile ed impunito ai faziosie ai violenti» [...] «delibera di chiamare araccolta, nel nome della Patria, tutti coloroai quali né attentati né violenze, per quan-to ripetuti e gravi, tolsero il senso delladignità di uomini e del dovere civile».Pertanto, concludeva il documento, «sideclinano da questo momento le responsa-bilità di quanto stia per accadere». Lo stes-so giorno il questore informò il prefettoche l’Associazione di difesa sociale avevastanziato una notevole somma per arruola-re 300 uomini armati (ASB, GP, 1920,b.1.350, cat.7, fas.1). Il finanziamento andòal Fascio di combattimento di Bologna -guidato da Leandro Arpinati - incaricato dicostituire squadre armate. Il 20.9.1920 leprime squadre fasciste assalirono il risto-rante della Borsa in via Ugo Bassi - gestitoda una cooperativa e luogo di ritrovo deisocialisti - e uccisero l’operaio GuidoTibaldi*. Era la prima vittima dello squa-drismo fascista, organizzato e finanziatodall’Associazione di difesa civile. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S: Onofri, La strage diPalazzo d’Accursio.

Associazione nazionale partigiani d’Italia,(ANPI). È l’ente morale che organizza e

tutela i volontari della libertà. Furono ipartiti del CLN che decisero, mentre laguerra era in corso, di costituire un organi-smo unitario che avrebbe dovuto valorizza-re e difendere i valori ideali della lottapopolare contro il nazifascismo. Nacquenell’ottobre 1944 e fu eretto in ente mora-le il 5.4.1945. Il 27.6.1945 si tenne a Milanola prima riunione nazionale per dare unastruttura unitaria alle organizzazioni natespontaneamente. Per motivi di caratterepolitico - connessi alla fine dei governi d’u-nità antifascista, all’inizio della “guerrafredda” e alla politica stalinista di unaparte del PCI - nel dicembre 1947 i parti-giani d’orientamento cattolico e liberaleuscirono dall’ANPI, al termine del primocongresso nazionale svoltosi a Roma. Daquella prima scissione nacque la FIVL. Nelmarzo 1949, al termine del secondo con-gresso nazionale, tenutosi a Venezia, usci-rono numerosi partigiani delle brgg GL enacque la FIAP. L’ANPI aderisce allaFederazione internazionale della Resisten-za. Il suo periodico è “Patria indipenden-te”. A Bologna - nonostante taluni atti digrave faziosità politica, come l’espulsionedell’on. Aldo Cucchi* dopo la sua uscitadal PCI nel 1950 - ha sempre rappresenta-to e rappresenta la grande maggioranza deipartigiani. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Cecchini, Per la libertàd’Italia. Per l’Italia delle libertà. Profilo sto-rico dell’Associazione nazionale partigianid’Italia, Volume primo, 1944-1960, Roma,1996, pp.240; L. Cecchini, Per la libertàd’Italia. Per l’Italia delle libertà. Volumesecondo, 1961-1997, Roma, 1998, pp.418.

Associazione nazionale perseguitati politi-ci italiani antifascisti, (ANPPIA). All’indo-mani della Liberazione nacquero sponta-neamente numerose organizzazioni, convarie denominazioni, che raccoglievano icittadini che avevano subìto persecuzionipolitiche da parte del regime fascista: excondannati del Tribunale speciale, ex con-finati, ex ammoniti ecc. Queste associazio-ni si proponevano di difendere i dirittimorali e materiali delle vittime del regime,

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sollecitando una legislazione nuova per laconcessione di pensioni, l’abrogazionedelle condanne, la riassunzione di chi erastato licenziato per motivi politici e altroancora. Nel 1947 le associazioni si riuniro-no in congresso a Roma per dare vita allaConfederazione perseguitati politici antifa-scisti. Il secondo congresso, svoltosi sem-pre a Roma nel febbraio 1948, decise l’at-tuale denominazione. L’ANPPIA, che ade-risce alla Federazione internazionale dellaResistenza, ha promosso convegni e la pub-blicazione di numerosi libri. Il suo periodi-co è “L’Antifascismo”. [O]

Attacco, L’. Nel gennaio 1945 uscì unfoglio ciclostilato con il titolo “L’Attacco”e il sottotitolo “Giornale della BrigataBolognese (SAP)”. Con la data gennaio1945 e l’indicazione di anno I, n.1 si cono-sce un altro esemplare del giornale con ilsottotitolo leggermente mutato: “Organodella Brigata Bolognese SAP”. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.244-8. I testi sono in RB2 pp.991-8.

Attendismo. Con il termine attendismo -ma era usato anche quello di attesismo - fudefinito l’atteggiamento rinunziatario dichi, durante la guerra di liberazione, rite-neva inutile combattere contro i nazifasci-sti. Per costoro era preferibile attenderel’arrivo delle truppe alleate e avere in donol’indipendenza nazionale e la libertà.L’attendismo fu una delle piaghe peggioridella Resistenza perché corrodeva e mina-va dall’interno lo sforzo e la tensione idea-le di quanti ritenevano che la libertà e l’in-dipendenza dovessero essere riconquistaticon una lotta nazionale e popolare, anchese dura e sanguinosa. Almeno inizialmente- ma il fenomeno non scomparve mai com-pletamente - erano per l’attendismo i grup-pi e i partiti della destra, le organizzazionipadronali, parte della DC e del PLI, oltreche il PRI, anche se non andarono esenti ilPCI e il PSIUP. Solo il PdA non conobbequesto fenomeno. I partiti di centro-destranon volevano che le masse popolari im-

bracciassero le armi perché temevano che,alla guerra nazionale, potesse seguire unarivoluzione sociale. Altri ritenevano chenon si dovesse combattere per un malinte-so senso umanitario e pacifista. Il PRIassunse quella posizione per non collabo-rare con il governo costituzionale, trasferi-tosi al sud, perché espressione della monar-chia. A Bologna i partiti di sinistra isolaro-no i pochissimi casi di attendismo che simanifestarono al loro interno e scelsero lalinea interventista sin dall’inizio. Moltimilitanti del PRI uscirono dal partito eaderirono al PdA. La DC e il PLI fecero lascelta della lotta armata tra la fine di agostoe i primi di settembre del 1944, quando letruppe alleate erano alle porte di Bologna eil corso della guerra avviato alla naturaleconclusione. Il PRI aderì al CLN nei primigiorni del 1945. [O]

Attentato all’ufficio postale di Bologna.Alle ore 2 della notte tra il 10 e l’11.9.1892una bomba esplose nell’atrio dell’ufficiotelegrafico delle poste, in via Ugo Bassi 2 aBologna. Il giornalista Gaspare Di Mar-tino, de “il Resto del Carlino” - scendeva lescale dello stabile dopo essersi recato negliuffici dell’agenzia giornalistica Stefani -riportò numerose ferite e perse un occhio.Notevoli i danni subiti dall’ufficio telegra-fico. Il 23.9.1892 una seconda bomba, dis-innescata in tempo, fu trovata davanti all’a-bitazione dell’avv. Giuseppe BarbantiBrodano in via Val d’Aposa. Il 12.9.1892 ilquotidiano conservatore bolognese “LaGazzetta dell’Emilia” scrisse che gli atten-tati erano «i malefici effetti e le tristi conse-guenze delle teorie socialiste-anarchiche».La questura arrestò decine di anarchici e lamagistratura ne rinviò 12 a giudizio:Arturo Alberti*, Enrico Baggio, GaetanoBagnaroli, Ugo Bagnaroli*, Achille Benini,Giacinto Donati, Pietro Duca, RiccardoFogli*, Carlo Maccaferri, Angelo Merighi,Petronio Zaniboni* e Vittorio Zola. Aparere della polizia Merighi era il capo delgruppo perché nella sua abitazione erastato trovato il timbro del Gruppo sociali-sti rivoluzionari. Tre i capi d’imputazione:

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associazione per delinquere; attentatoall’ufficio telegrafico e mancato attentatoall’abitazione di Barbanti Brodano.Secondo il questore - ma queste accuse nonfurono prese in considerazione dalla magi-stratura - il gruppo aveva in animo disequestrare e uccidere il banchiere FeliceCavazza e di compiere attentati controchiese, palazzi signorili, banche e ufficipubblici. Le accuse della polizia si basava-no sulla delazione dell’anarchicoIldebrando Borghi, il quale disse di averefatto parte del gruppo, ma di essersi ritira-to perché contrario agli attentati. Il proces-so, in corte d’assise a Vicenza, ebbe inizio il17.7.1893. Una decina di imputati ammise-ro di essere anarchici militanti. Tutti nega-rono di avere messo le bombe. L’accusachiese la condanna di tutti per i tre reati.La sentenza riconobbe la colpevolezzadegli imputati limitatamente all’associazio-ne per delinquere, perché militanti anar-chici dichiarati. Tutti furono assolti perl’attentato e il mancato attentato. Questa lasentenza emessa il 25.7.1893: Alberti 4anni e 2 mesi; Baggio 4 anni e 2 mesi; G.Bagnaroli 4 anni e 2 mesi; U. Bagnaroli 3anni, 5 mesi e 20 giorni; Benini 4 anni e 2mesi; Donati 4 anni e 2 mesi; Duca 4 annie 2 mesi; Fogli 3 anni, 5 mesi e 20 giorni;Maccaferri 2 anni e 2 mesi; Merighi 4 annie 2 mesi; Zaniboni 4 anni e 2 mesi; Zola 3anni, 5 mesi e 20 giorni. Dopo la letturadella sentenza gli imputati gridarono «Vival’anarchia». Il quotidiano cattolico bolo-gnese “L’Unione” scrisse che la sentenzaaveva confermato che l’organizzazioneanarchica era un’«associazione di malfatto-ri» (28.7.1893). [O]

Avanguardista. Il regime fascista, per pre-parare i giovani alla vita militare, aveva pre-disposto quattro strutture paramilitari:Figlio della lupa, per i bambini della fasciatra i 4-5 anni e le scuole elementari; Balilla,sino alla licenza elementare; Avanguar-dista, sino ai 15-16 anni e Giovane fascista,sino ai 18. Le ragazze erano organizzate neireparti delle Piccole e Giovani italiane.Tutti erano inquadrati nell’ONB (Opera

nazionale balilla), divenuta in seguito GIL(Gioventù italiana del littorio). La divisadell’avanguardista era composta di calzonialla zuava e giacca militare grigioverde,cappello da alpino, fasce ai polpacci e scar-poni. Una volta la settimana, l’avanguardi-sta era obbligato a partecipare, in divisa,alle adunate e alle esercitazioni militari chesi tenevano nei Gruppi rionali. L’istruzioneera diretta da ufficiali della MVSN.Esistevano varie specialità d’avanguardisti.

[O]BI B L I O G R A F I A. Il manuale del balilla e dell’a-vanguardista, Roma, Libreria del Littorio,sd, pp.186.

Avanti!. L’”Avanti!” è stato il quotidianoufficiale del PSI sino al 1992. Nacque aRoma il 25.12.1896, diretto da LeonidaBissolati. Nel 1911 fu trasferito a Milano evisse sino al 31.10.26, quando fu soppressodal fascismo. Durante la dittatura uscì inSvizzera con la testata tradizionale e inFrancia con quella di “Nuovo Avanti!”.Durante la lotta di liberazione furonostampate sette edizioni clandestine a Roma,Firenze, Bologna, Torino, Milano, Veneziae in Val d’Ossola. Il 5.6.1944 riprese lepubblicazioni legali a Roma, dopo la libe-razione. Il 26.4.1945 uscì anche a Milano,mentre era in atto l’insurrezione partigiana.All’inizio del secolo XX e per molti anniDemos Altobelli* fu corrispondente daBologna. Il 21.7.1921 iniziò la pubblicazio-ne di una pagina di cronaca bolognese, chedurò sino alla fine dell’anno. I redattorierano Libero Zanardi*, Antonio Loren-zini* e Edmondo Montanari*. In seguito,sino alla soppressione nel 1926, furonocorrispondenti da Bologna Montanari eRenato Prisciantelli. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Valeri, L’Avanti! nella tor-menta, in Almanacco socialista 1946,Milano, 1946, pp.212-9; G. Arfé, Storiadell’Avanti!, 1896-1926, Milano, Avanti!,1956, pp.221; G. Arfé, Storia dell’Avanti!,1926-1940, Milano, Avanti!, 1958, pp.233;A. Giobbio, L’“Avanti!”, in: B. Vigezzi,1919-1925, Dopoguerra e fascismo, Politicae stampa in Italia, Bari, Laterza, 1965,

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p.611-712; “Avanti!”, in O. Majolo Moli-nari, La stampa periodica romana dal 1900al 1926, Roma, 1977, II vol, pp.67-87; P.V.Scorti, Storia dell’Avanti!, 1896-1986,Milano, Sugarco, 1986, pp.371; N.Torcellan, La stampa socialista, in: V. Ca-stronovo, N. Tranfaglia, Storia della stampaitaliana, Bari, Laterza, 1980, vol.V, p.125-180.

Avanti!, (Edizione clandestina di Bologna).Durante la lotta di liberazione i socialistibolognesi hanno stampato clandestina-mente l’”Avanti!”. Inizialmente ebbe il sot-totitolo “Giornale del Partito socialista ita-liano” e, in seguito, quello di “Giornale delPartito socialista italiano di unità proleta-ria”. La diffusione era a carattere regiona-le, se si esclude la zona di Piacenza. Eradiretto da Renato Tega*, il coordinatoredei giornali clandestini socialisti diBologna: “La Squilla”, “Rivoluzione socia-lista” e “Compagna”. Fecero parte dellaredazione Enrico Bassi*, Gianguido Bor-ghese*, Verenin Grazia*, Mario Lon-ghena* e Artemio Pergola*. Numerosi icollaboratori, tra i quali Giuseppe Benti-vogli*, Giacomo Donati*, Paolo Fabbri*,Alfeo Liporesi* e Luigi Stagni*. Era stam-pato - come gli altri giornali e i volantinisocialisti - nella tipografia clandestina delPSIUP, in via Mazzini 23. I tipografi eranoGino Giuliani* e Amedeo Barbieri*, aiquali si aggiungeva spesso Giorgio Zap-poli*, il tipografo dei giornali del PdA. Ilprimo numero uscì, senza data, nel gennaio1944, pare nella tipografia clandestina alle-stita in via Calvart. Quando lo stabile fudanneggiato da una bomba d’aereo, latipografia fu trasferita in via Mazzini, doverimase sino alla Liberazione e dove funzio-na ancora, sia pure con altri gestori. Nel1944 uscirono 15 numeri di vario formato,secondo la carta che si riusciva a trovare.Nel 1945 furono stampati 5 numeri, piùuno uscito il 22.4.45, per annunciare lamorte di Giuseppe Bentivogli. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, Periodici dellaResistenza stampati a Bologna, in Garibal-dini e partigiani, Almanacco bolognese

1960, p.142-181; E. Bassi, Avanti!, l’edizio-ne clandestina bolognese dal 1943 al 1945;N.S. Onofri, I socialisti bolognesi nellaResistenza; L. Arbizzani e N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza; L.Bergonzini, L. Arbizzani, La Resistenza aBologna, Testimonianze e documenti, Lastampa periodica clandestina, vol 2, pp.405-543. I testi sono in RB2 pp.405-44.

Avanti-L’Unità. Il 23.12.1944 uscì il gior-nale clandestino “Avanti-L’Unità”, rimastonumero unico, con il sottotitolo “DellaGiunta d’intesa del Partito comunista e delPartito socialista di U.P.”. Uscì in due edi-zioni, con testate diverse: “Avanti-L’Unità”e “L’Unità-Avanti”. Aveva il sopratitolo“Edizione emiliano-romagnola”. In primapagina recava una nota sulla rivoluzionesovietica del 7 novembre 1917, a firma delPCI e del PSI, e una dichiarazione a firmadella Direzione del PCI Alta Italia edell’Esecutivo Alta Italia del PSI a confer-ma del Patto d’unità d’azione firmato aRoma. Altre notizie del giornale annuncia-vano l’avvenuta ricostituzione della CCdLbolognese e della Federazione provincialelavoratori della terra. Era stato curato daGiuseppe Bentivogli*, Gianguido Borghe-se* e Verenin Grazia* per il PSI e Giusep-pe Alberganti* e Giuseppe Dozza* per ilPCI. [O]BI B L I O G R A F I A. I testi sono in RB2 pp.953-8.

Aventino. Dopo il delitto Matteotti - com-piuto dai fascisti il 10.6.1924 a Roma - ideputati dei partiti antifascisti decisero dinon partecipare alle riunioni della Camerae si ritirarono, come fu detto, sull’Aven-tino. Su questo colle romano si sarebberoritirati, in segno di protesta, i plebei roma-ni in lotta con i patrizi. Sia pure con nonpiccoli contrasti, i partiti riuscirono ad ela-borare una comune linea contro il regime eil socialista Filippo Turati propose adAlcide De Gasperi del PPI un accordo digoverno, in funzione antifascista. Accordonon realizzato per l’opposizione dellaSanta sede. In assenza di una soluzionepolitica, l’Aventino era destinato al falli-

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mento, anche perché Mussolini, dopo unmomentaneo smarrimento, stava maturan-do una soluzione autoritaria. Il PCI scesedall’Aventino il 12.11.1924 e rientrò allaCamera. Il 3.1.1925 Mussolini diede ungiro di vite alle libertà politiche, definitiva-mente soppresse nel 1926 con le leggi ecce-zionali. Il 9.11.1926, su proposta di AchilleStarace, segretario del PNF, la Cameradichiarò decaduti i 123 deputati antifascistiin carica. [O]B I B L I O G R A F I A . A. Giovannini, Il rifiutodell’Aventino. L’opposizione al fascismo inparlamento nelle memorie di un deputatoliberale, Bologna, Il Mulino, 1966, pp.630;C. Giovannini, L’Italia da Vittorio Venetoall’Aventino. Storia politica delle origini delfascismo (1918-1925), Bologna, Patron,1972, pp.429; U. Camerini, Il PartitoPopolare Italiano dall’Aventino alla discesanelle catacombe (1924-1926), Roma, Cin-que Lune, 1975, pp.133; Parla l’opposizio-ne. La battaglia parlamentare dell’opposizio-ne, Sala Bolognese, Forni, 1976, pp.154; Laricostruzione fascista (Novembre 1924-Gennaio 1925), Sala Bolognese, Forni,1976, pp.220; G. Amendola, L’Aventinocontro il fascismo, Scritti politici (1924-1926), Cremona, Ricciardi, 1976, pp.400;A. Landuyt, Le sinistre e l’Aventino,Milano, Angeli, sd, pp.495; G. Grazzo, Icattolici e l’Aventino, Roma, Studium,1994, pp.215; L. Pivano, La XXVIILegislatura e l’opposizione nell’aula, Roma,Fiap, sd, pp.220.

Avvenire d’Italia, L’. Il quotidiano“L’Avvenire d’Italia” nacque l’1.11.1896,con la testata “L’Avvenire”, quale portavo-ce del mondo cattolico bolognese. Primodirettore fu Filippo Crispolti. Assunse latestata definitiva nel 1902, quando alladirezione fu chiamato Cesare Algranati*,che firmava Rocca d’Adria. Il 31.3.1910entrò a far parte, con altri quotidiani catto-lici, della Società editrice romana, il trust diGiovanni Grosoli Pironi, il quale era lega-to ad ambienti finanziari e conservatoridella capitale ed al Banco di Roma in parti-colare. Il trust fu sconfessato l’1.12.1912

dalla Santa sede la quale, in una Avvertenzaapparsa su “L’Osservatore Romano”, di-chiarò di non riconoscere «per conformialle direttive pontificie» i quotidiani ade-renti. Ribattezzato Unione editoriale italia-na, il trust non si riprese e nel 1917, sotto ladirezione di Paolo Cappa, il quotidianobolognese si rese indipendente, costituen-do la Società Avvenire d’Italia. Finanzia-riamente continuò a dipendere da GrosoliPironi e dal Banco di Roma. Immutatarestò la linea politica conservatrice e anti-socialista. Filoaustriaco e neutralista nel1914, dopo l’inizio del conflitto aderì allalinea interventista del governo, pur soste-nendo l’opera di Benedetto XV - già cardi-nale di Bologna - in difesa della pace. Neldopoguerra - dopo un’iniziale adesione alPPI, mentre il direttore Cappa* era depu-tato di quel partito - si schierò a fianco delnascente movimento fascista. Il settimanaledel Fascio bolognese scrisse: «L’Avvenired’Italia, giornale dei preti, sì, ma giornaleche sa quello che dice e quello che fa, ePaolo Cappa che lo dirige, è l’unico gior-nalista di Bologna che abbia capito qualco-sa del nostro movimento fascista e l’abbiastampato senza vigliaccheria e senza paura!Ci ricorderemo di lui a tempo opportuno»(Comprendonio e paure, in “L’Assalto”, n.4,1921). Dopo la “marcia su Roma” Cappa -con tre editoriali, l’1, l’11 e il 22.3.1923 -prese le distanze dal fascismo e il settima-nale fascista scrisse che era «un somarosenza attenuanti» (“L’Assalto”, n.21,1923). Poiché i gruppi finanziari che con-trollavano il giornale erano per la più com-pleta collaborazione con il fascismo, il23.5.1923 Cappa dovette abbandonare ladirezione, dopo avere siglato un editorialedal titolo Commiato. Gli editori così moti-varono la grave decisione: «E poiché l’on.Cappa in diverse circostanze, non solorecenti, non si era trovato all’unisono collaSocietà editrice del giornale, era venuta acrearsi una situazione che né all’una parte,né all’altra conveniva prolungare». La dire-zione di fatto fu assunta dal consiglieredelegato della società Carlo EmilioBolognesi, il quale divenne direttore di

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nome il 10.7.1924. Il 9.12.1923, con l’edi-toriale L’Avvenire d’Italia nel 1924, il gior-nale confermò la più totale adesione alregime fascista e il 3.1.24 la direzionenazionale del PPI lo dichiarò non più «ade-rente» al partito. Il 12.8.1924 il quotidianopromosse l’uscita dal PPI di un folto grup-po di deputati della destra cattolica e lanascita del Centro nazionale italiano, alquale aderirono i cosiddetti clerico-fascisti.Alla riunione, come riferì il questore diBologna al prefetto, era presente «un fidu-ciario del Vaticano finora non ben cono-sciuto» (ASB, GP, 1924, b.1.405, cat.7,fas.1, “Partito cattolico nazionale”). Quan-do il fascismo divenne regime, alla fine del1926, il foglio cattolico bolognese fuabbandonato dai tradizionali finanziatori esarebbe fallito se il 13.1.1927 non fossestato assunto in gestione dall’OperaCardinal Ferrari della Compagnia di S.Paolo. Supervisore del giornale divennedon Giovanni Rossi, il quale fissò una lineadi integralità cattolica e di devozione as-soluta al Papa. Il direttore GiovanniTerruggia - non era un giornalista, ma uningegnere - assumendo l’incarico confermòla totale fedeltà al Papa e annunciò che«Cordiale, limpida, fattiva sarà la nostracollaborazione al Governo Nazionale».Bolognesi mantenne la responsabilità delgiornale sino all’11.3.1927 quando Ter-ruggia divenne direttore responsabile. Il16.4.1927 lo affiancò Primo Montanaricome condirettore. Il 27.5.1927, con l’edi-toriale Appello alla potenza della stirpe, ilgiornale confermò la più totale adesione alregime. Il giorno prima alla CameraMussolini aveva pronunciato il primo di-scorso programmatico dopo l’instaurazio-ne della dittatura. Il 30.6.1927, senza esse-re annunciato, Montanari assunse la dire-zione e Terruggia, pur essendosi trasferitoin America, restò direttore responsabile. Il25.9.1927 Montanari divenne direttoreresponsabile, ma la sua gestione, causa unamalattia, fu brevissima. L’8.12.1927 funominato Pier Raimondo Manzini*. Nellagerenza Montanari restò direttore respon-sabile sino al 4.4.1928 quando Manzini

divenne direttore responsabile. Il giornalesi trovò nuovamente davanti al pericolo dichiudere nel 1928, quando la Compagniadi S. Paolo non poté garantire i finanzia-menti necessari. Fu costituita la Societàanonima L’Avvenire d’Italia, le cui azionifinirono nelle mani dei cardinali e deivescovi emiliani, toscani e veneti. Per tuttoil ventennio fascista il giornale - anche secon tono sobrio - fu fatto con le “veline”del Minculpop. Quando il regime annun-ciò i provvedimenti contro gli ebrei,Manzini scrisse: «La nota italiana del-l’“Informazione diplomatica” resta unaindicazione esemplare di perfetta opportu-nità politica e umana» [...] «ecco un saggiodi giustizia e di saggezza romana, che iodirei cristiana» (R.M., Valori umani,28.4.1938). Dopo il discorso tenuto da PioXI in luglio, contrario alle leggi razziali, ilgiornale si attenne alle direttive della Santasede. A differenza di quasi tutti i quotidia-ni, il foglio bolognese non mutò il diretto-re il 25.7.1943, dopo la fine della dittaturafascista. La sera dell’8.9.1943, quando itedeschi invasero il paese, il giornale decisedi cessare le pubblicazioni. Suo malgradodovette riprenderle il 5.10.1943 «Per di-sposizione della superiore autorità».Dallagerenza sparì la firma di Manzini e apparvequella di Gino Sanvido “redattore respon-sabile”. Durante l’occupazione pubblicònotizie ufficiali e comunicati tedeschi efascisti, ma anche editoriali e note di ade-sione alla RSI. Il tono fascista del giornalefu trovato scandaloso da Giulio Andreotti,all’epoca presidente nazionale della FUCI.Il 3.2.1944 - quando Roma era ancoraoccupata dai nazifascisti - inviò una letteraall’assistente spirituale della FUCI nellaquale, tra l’altro, si legge: «..ritengo che iltono assunto dal giornale “L’Avvenired’Italia” in questi ultimi mesi, tono esplici-tamente fascista, imponga un severo richia-mo da parte delle superiori autorità. Atestimonianza di questa insensibilità ricor-do una melliflua nota di omaggio pubblica-ta in calce ad un telegramma del Ministerodella Cultura Popolare di Verona e l’interacronistoria della uccisione del Federale di

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Bologna che si fa passare per un onesto cit-tadino ucciso per chi sa quali bassi motivida delinquenti comuni: in tali episodi èdato scorgere un atteggiamento “repubbli-cano” (cioè della RSI, N.d.A.) che a mesembra non equivocabile. Ché se poi mi sidicesse essere questa la volontà dell’E.moSignor Card. Arcivescovo di Bologna, allo-ra non potrei – umile fedele – che inchi-narmi e tacere» (M. Casella, L’azione catto-lica alla caduta del fascismo, Roma,Studium, 1984, p.423). Il 24.9.1944 uscìl’ultimo numero. Poi si autosoppresse pernon dover ulteriormente collaborare congli invasori. Dopo la liberazione non vide laluce perché all’interno del CLN si aprì unadiscussione politica sul suo passato. Tornòad uscire, sempre diretto da Manzini, il4.9.1945 con questo documento del CLNregionale firmato dal presidente AntonioZoccoli* e dal segretario Verenin Grazia*:«Il Com. Reg. di L.N. prende atto dellaimminente ripresa dell’”Avvenire d’Italia”,confermando a tale proposito di riconosce-re il diritto a questo giornale cattolico diriprendere la sua missione che volontaria-mente troncò nel settembre 1944 per rifiu-tarsi di pubblicare la sentenza di morte e ilrelativo commento contro gli 8 patrioti delPartito d’Azione, restando così per circaun anno privo del suo ordinario esercizio.Dà atto che il giornale “L’Avvenired’Italia” si tenne a contatto, attraverso isingoli esponenti, con il Comitato di L.negli ardui mesi del periodo clandestino,facendo di tutto per evitare la ripresa delleproprie pubblicazioni, malgrado le impo-sizioni e le minacce dei nazi-fascisti. IlComitato infine si compiace di quanto faparte del programma de “L’Avvenired’Italia” e cioè che l’opera del giornale cat-tolico, il quale non è organo di partito,sarà volta a favorire la collaborazione delleforze democratiche per la ricostruzionedella Patria». Non tornarono al lavoroOdoardo Focherini* ed Ettore Borto-lotti*. Focherini, procuratore del consigliod’amministrazione del giornale, era mortoin un lager, dove lo avevano deportato inazisti per avere organizzato il soccorso

degli ebrei modenesi. Bortolotti, corri-spondente da Vergato, era stato fucilatodai tedeschi a Vergato. [O]BI B L I O G R A F I A. Non esiste una storia delquotidiano, per cui sono fondamentali inumeri speciali de “L’Avvenire d’Italia”dell’8.12.1956 e del 21.2.1967. Questi isaggi sul giornale: R. Manzini, L’Avvenired’Italia, in Annuario della stampa italiana1931-32, p.115-6; L. Bedeschi, Le origini deL’Avvenire d’Italia in “Rassegna di politicae di storia”, n.149, 1967; L’Avvenire d’Italiain Annuario della stampa italiana 1957-58,p.11-2; R. La Valle, L’Avvenire d’Italia inAnnuario unione cattolica stampa italiana1963, p.252-60; A. Albertazzi, La nascitadell’Avvenire d’Italia, in Strenna storicabolognese 1964, pp.9-40; G. Zeccaroni,“L’Avvenire d’Italia” e le sue battaglie neigiorni oscuri dell’oppressione, in Associa-zione partigiani cristiani, Il contributo deiCattolici alla lotta di liberazione in Emilia-Romagna, pp.105-24; Crisi a L’Avvenired’Italia, Firenze, Cultura editrice, 1968,pp.145. Saggi dedicati al quotidiano sonoin: N.S. Onofri, I giornali bolognesi nel ven-tennio fascista, pp.59-82; id., I giornali ba-dogliani e della RSI a Bologna (1943-1945),pp.29-37 e 87-109; id., I giornali della libe-razione a Bologna, (1945-1947), pp.115-29.Per i giornali cattolici usciti prima de“L’Avvenire d’Italia”: G. Casoni, Cinquan-t’anni di giornalismo, Bologna, Matteuzzi,1907, pp.338; R. Della Casa, Quelli di ieri equelli di oggi, Treviso, Martinelli, 1903,pp.362; A. Mampieri, Il giornalismo cattoli-co bolognese nel periodo postunitario (1861-1914), tesi di laurea, università di Bologna,1963. Di Manzini, direttore dal 1927 al1960, esistono tre antologie: R. Manzini, Ilferro e l’olivo, Milano, Istituto di propa-ganda, 1940, pp.180; R. Manzini, Dialoghicol mondo, Milano, Istituto di propaganda,1942, pp.253; Raimondo Manzini un cam-pione di giornalismo, a cura di L. Bergon-zoni, Bologna, Cappelli, 1981, pp.253 (Inquesta raccolta sono stati omessi gli edito-riali del periodo fascista). Per la morte diBortolotti cfr. A. Marchi, F. Gamberi,Ettore Bortolotti di Vergato. Storia di fede,

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di guerra, d’amore, in “Nuèter”, n.2, dicem-bre 1988, pp.37-45.

Azione sindacale, L’. Il settimanale“L’Azione sindacale” uscì il 30.3.1912 conil sottotitolo “Organo della Camera dellavoro”. Primo redattore responsabile fuCelso Venturi, noto esponente del movi-mento anarchico bolognese. In quel perio-do la CdL era diretta da una maggioranzaanarco-sindacalista, la quale usò il periodi-co come organo di partito. Per qualchetempo fu diretto da Domenico InnocenteBaldoni gerente de “L’Agitatore”, il setti-manale anarchico bolognese. Dopo l’espa-trio di Baldoni, raggiunto da numerosimandati di cattura per reati a mezzo stam-pa, tornò Venturi, sostituito in dicembre daCleto Evaristo Marcacci*, altro esponentedel movimento anarchico. Dopo l’uscitadalla CdL dei lavoratori socialisti - i qualidiedero vita alla CCdL - il periodicodecadde e nel giugno 1913 fu soppressoper favorire la diffusione de “L’Interna-zionale”, organo nazionale dell’USI. [O]

B

Baglioni, Albergo. L’Albergo Baglioni -oggi Grand hotel Baglioni - è sempre statouno dei più prestigiosi di Bologna. Dopol’8.9.1943 ospitò gli alti comandi dell’eser-cito tedesco e le massime gerarchie delPFR e dell’esercito della RSI. Nel settem-bre 1944 il comando del dist Temporaledella 7a brg GAP Gianni Garibaldi studiòalcuni attentati particolarmente significati-vi, alla vigilia di quella che si riteneva l’im-minente liberazione della città, per prepa-rare il clima insurrezionale. Fu scelto ilBaglioni proprio perché ospitava le più alteautorità d’occupazione e del fascismo. Lasera del 29.9.1944 i partigiani Claudio DeFenu* in divisa da ufficiale dell’esercito eLorenzo Ugolini* entrarono per un sopral-luogo. Poco dopo mezzanotte, 6 gappisti -

mentre era in atto una festa in onore di unsottufficiale tedesco - introdussero unacassa con 90 chili di tritolo. I partigianierano Dante Drusiani* “Tempesta”, Eva-risto Ferretti* “Remor”, Nazzareno Genti-lucci* “Nerone” comandante del dist,Giorgio Giovagnoni* “Crissa”, AchillePaganelli* “Celere”, Vincenzo Toffano*“Terremoto”. Dopo avere innescato il dis-positivo di scoppio, collocarono unabomba a tempo, sparsero benzina e spara-rono contro i presenti. Scoppiò la bomba,ma non la cassa e nella fretta non fu datofuoco alla benzina. I tedeschi reagirono eToffano riportò una leggera ferita. Duemiliti della GNR e due tedeschi restaronouccisi, tra i quali il maresciallo dei paraca-dutisti Christian Knorr che aveva fattoparte del gruppo che aveva liberatoMussolini dalla prigionia sul Gran Sassod’Italia. I feriti furono 7. Il 30.9, in un rap-porto al governo, il prefetto Fantozzi scris-se: «Nulla est stata reazione agenti servizioguardia». Il 2.10 “il Resto del Carlino”riportò un comunicato delle SD nel qualeera detto che il 30.9 (ma pare che fosseancora il 29) lo scoppio aveva provocato lamorte di un tedesco, di una signora e didue agenti italiani. Il comunicato aggiunge-va che erano stati subito fucilati 10 ostaggiitaliani. Il 4.10 il giornale scrisse che gli ita-liani morti erano la marchesa Maria deBacci Biondi, l’agente Salvatore Cibella e ilmilite della GNR Sergio Ciabatti. La seradel 18.10.1944 l’attentato fu ripetuto.Drusiani, Ferretti, Gentilucci, GolfieroMagli* “Maio”, Dante Palchetti* “Lampo”e Toffano collocarono due casse con 90chili di tritolo ai due lati dell’ingresso del-l’albergo. Questa volta l’innesco funzionò ecrollò parte dell’edificio. Non è noto se siebbero dei morti, anche perché i giornalinon scrissero una riga. [O]BI B L I O G R A F I A. Remor (Evaristo Ferretti),Salta il Baglioni, in Epopea partigiana,pp.28-9; M. De Micheli, 7a Gap.

Balilla. Per preparare i giovani alla vitamilitare, il PNF organizzò quattro struttu-re paramilitari: Figlio della lupa, per i bam-

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bini della fascia tra i 4-5 e le scuole ele-mentari; Balilla, sino alla licenza elementa-re; Avanguardista, sino ai 15-16 anni eGiovane fascista, sino ai 18. Le ragazzeerano organizzate nei reparti delle Piccolee Giovani italiane. Tutti erano inquadratinell’ONB, divenuta GIL (Gioventù italia-na del littorio) in seguito. Il balilla avevauna camicia nera, pantaloni corti di pannogrigioverde, fez nero, calzettoni verdi e unamantella di panno grigioverde. I balillaerano organizzati su vari reparti: moschet-tieri, tamburini, trombettieri, sciatori,cavalleggeri. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: Opera nazionale ba-lilla.

Baragazza, Scontro del 1921 a. Il29.8.1921 a Baragazza (Castiglione de’Pepoli), si ebbero due scontri tra fascisti eantifascisti, nel corso dei quali perse la vitala signora Emma Cremonini. Questa la ver-sione del sottoprefetto di Vergato, in data31.8.1921. Alle ore 13 i fascisti EnricoGherardi e il figlio Mario - iscritti al fasciodi Bologna e a Baragazza in villeggiatura -ebbero un diverbio politico con l’operaiosocialista Lorenzo Poli*, al quale spararo-no nella schiena. Alle 18,45 i familiari delPoli e numerosi militanti socialisti si reca-rono nell’abitazione dei Gherardi. Entra-rono e chiesero ai responsabili del ferimen-to di recarsi nell’abitazione del Poli e dichiedergli scusa. I due fascisti si disserodisponibili a recarsi nell’abitazione del feri-to e a sostenere le spese mediche. Quandofu loro chiesto di consegnare il fucile e lerivoltelle che avevano in casa, si rifiutaro-no. Seguì una breve colluttazione nel corsodella quale i due gruppi si scambiaronocolpi di rivoltella, coltellate e bastonate. Lasignora Cremonini, moglie di Enrico, restòuccisa. I carabinieri denunciarono 30 mili-tanti di sinistra. Tra questi vi era LorenzoPoli. I Gherardi non furono denunciati. Il5.9.1921 una squadra fascista, guidata daGiuseppe “Peppino” Ambrosi, fece unaspedizione punitiva a Castiglione de’Pepoli. Furono bruciate la sede del PSI e leabitazioni di 3 dirigenti socialisti. Durante

una sparatoria, Ambrosi riportò una lieveferita. Il 3.3.1923 davanti alla Corte d’assi-se di Bologna comparvero 27 imputati instato d’arresto. I giudici - nel paese era giàin atto la dittatura - ebbero la mano parti-colarmente pesante: Caterina Baldi* 6 annie 3 mesi; Giuseppe Baldi* detto Beato 15anni; Gabriello Cavaciocchi* 15 anni;Achille Fabbri* 10 anni; Donatello Fab-bri* 12 anni e 6 mesi; Giuseppe Fabbri* 7anni e 6 mesi; Marzio Ferranti* 7 anni e 6mesi; Aurelio Gasparri* 2 anni, 5 mesi e 5giorni; Ettore Mazzoni* 24 anni, 11 mesi e20 giorni; Attilio Milani* 7 anni e 6 mesi;Ettore Milani* 5 anni; Attilio Neri* 10anni; Luigi Neri* assolto; Ettore Nerini* 4anni e 2 mesi; Pietro Nerini* 17 anni e 6mesi; Giovanni Poli* 10 anni; LorenzoPoli* 1 anno e 6 mesi; Luigi Poli* 24 anni;Pia Poli* 10 anni; Riccardo Poli* 20 anni,11 mesi e 20 giorni; Gino Pratesi* assolto;Pietro Pratesi* 8 anni, 8 mesi e 25 giorni;Leopoldo Predieri* 3 anni e 4 mesi; GinoPuccetti* assolto; Giovanni BattistaPuccetti* 15 anni; Rizzieri Armando Sensi*17 anni, 4 mesi e 21 giorni; AgostinoValenti* 2 anni e 11 mesi. Il 3.4.22 la Corted’assise giudicò separatamente tre latitanti:Francesco Gasperini* 20 anni; AntonioMazzoni* 24 anni e Giuseppe Sensi* 24anni, 3 mesi e 25 giorni. [O]

Barricata, La. Il primo numero de “La bar-ricata” - con il sottotitolo “Settimanaleanarchico” e diretto da Domenico Zavat-tero, con Celso Evaristo Marcacci* respon-sabile - uscì l’8.3.1913 a Bologna. Non erail seguito di un giornale con analoga testa-ta uscito a Parma nel 1912. Era il portavo-ce del gruppo di anarchici, guidato daZavattero, uscito dalla redazione de“L’Agitatore” per contrasti con ArmandoBorghi e Maria Rygier. Anche se si sforzò didivenire un periodico nazionale, pubbli-cando corrispondenze da numerose città,restò un organo locale prigioniero dellepolemiche tra i gruppi anarchici guidati daBorghi e Zavattero. Uscì irregolarmentesino al 21.6.1913 quando fece il n.6, l’ulti-mo. Il 6.4.1913 - durante una sospensione

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delle pubblicazioni - Zavattero pubblicò efirmò come responsabile il periodico “Lecanaglie rosse”. Aveva il sottotitolo“Supplemento al N.4 del giornale “LaBarricata”. Uscirono 7 supplementi al n.4,l’ultimo dei quali il 25.5.1913. Tutti eranointeramente occupati da note polemichecontro Borghi e Rygier. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Borghi, Mezzo secolo dianarchia, Napoli, 1954, pp.118-9; L. Bet-tini, Bibliografia dell’anarchismo, Firenze,CP, 1972, vol.I, tomo I, p.248 e p.258.

Battaglia. Il 21.11.1944 a Galliera vide laluce il primo numero di “Battaglia”, ilperiodico del PCI locale che aveva il sotto-titolo “Organo della massa operaia.Fondato da Marco e Regolo”. Marco era ilnome di battaglia di Giorgio Malaguti*.Era tirato al ciclostile. Del giornale usciro-no 6 numeri, l’ultimo dei quali il29.12.1944. Cessò per la morte di Malagutifucilato il 24.3.1945. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Galetti, A. Testoni, M.Testoni, P. Zucchini, “Battaglia”, organodella massa operaia di Galliera, in Stampaclandestina nella Resistenza bolognese,“Quaderno de ‘La lotta’”, Bologna, 1962,pp.47-53; L. Arbizzani, N.S. Onofri, I gior-nali bolognesi della Resistenza, pp.296-9. Itesti sono in RB2 pp.845-61.

Battaglia, La, per il grano. La “battagliaper il grano” - cosa diversa dalla “battagliadel grano” - fu combattuta nelle campagnebolognesi nell’estate 1944 quando i tede-schi, con la complicità dei fascisti, tentaro-no di razziare il raccolto. Le prime avvisa-glie delle intenzioni tedesche - ma il discor-so vale per tutta la pianura Padana, comedimostra la direttiva emessa dal CVL il10.7 - si ebbero quando “il Resto delCarlino”, il 9.6.1944, scrisse che in prefet-tura si era tenuta una riunione, presenti idirigenti del Rustung-Kommando, perdecidere i «provvedimenti intesi a preser-vare il buon esito del raccolto».Immediatamente il CLN ordinò di ritarda-re la mietitura e la trebbiatura, nella spe-ranza che le truppe alleate - in fase di lenta,

ma continua avanzata - arrivassero inEmilia-Romagna. Quando si resero contoche le operazioni agricole procedevanolentamente, le autorità fasciste annunciaro-no che Mussolini aveva disposto un’abbon-dante distribuzione di grano ai lavoratoridella terra, ai quali furono promesse anchenuove tariffe salariali. La risposta dei lavo-ratori la diede il periodico clandestino “LaVoce dei campi”, con l’articolo Il granomatura. Scrisse: siamo «preoccupati divederci portare via il frutto migliore dellanostra fatica. I ladri fascisti, questi schifosiservi del nazismo, gettano di già l’avidosguardo sulla preda imminente, di null’al-tro preoccupati che di acquistarsi le bene-merenze del padrone tedesco, sia pure affa-mando il popolo italiano» [...] «Contadinie braccianti dobbiamo opporre tutte leforze della nostra intesa solidale e operantecontro questo piano criminoso di rapina edi affamamento». Il grano fu mietuto, maabbandonato in covoni nei campi, per cuifascisti e comando tedesco emisero più diun comunicato per sollecitare il trasportodel prodotto nelle aie, dove sarebbe dovu-to essere trebbiato. I partigiani, quandonelle aie arrivarono le trebbiatrici, disper-sero il carburante o asportarono parti dellemacchine e, infine, le incendiarono. Fu cosìche sulle aie arrivarono squadre di fascistiarmati per proteggere le operazioni agrico-le. Si ebbero scontri con morti. Fascisti etedeschi minacciarono gravi rappresaglie,se il grano non fosse stato trebbiato solleci-tamente. Il 9.7.1944 il comando delle SDannunciò che chi si rifiutava di trebbiaresarebbe stato «immediatamente arrestato etradotto in Germania per il servizio dellavoro», mentre i «caporioni dei sobillatoriverranno immediatamente fucilati almomento della cattura». Il 15.7 il prefettoannunciò che non sarebbe stato distribuitoil grano nei comuni dove non si trebbiava eil 18.8 che sarebbero stati adottati severiprovvedimenti contro i sabotatori. Secon-do i rapporti del prefetto e del questore, ipartigiani avrebbero incendiato o danneg-giato queste trebbiatrici: 1 a Tossignano(2.7); 1 a Baricella (5.7); 1 a Medicina (7.7);

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4 a Granarolo Emilia (14.7); 2 a Medicina(15.7); a Pianoro asportata una cinghia ditrasmissione (15.7); 1 a Castel S. PietroTerme (21.7); 15 trebbiatrici a Imola(secondo un rapporto del questore del22.7) «hanno cessato funzionare per inti-midazione ribelli»; 1 a Imola (22.7); aTossignano i partigiani sottraggono la cin-ghia di trasmissione di una trebbiatrice(23.7); a Casola Canina (Imola) i partigianisottraggono le cinghie di trasmissione di 2trebbiatrici (23.7); 2 a Castel Maggiore(26.7); 1 a Castel S. Pietro Terme (27.7); 1a Corticella (Bologna) (29.7); 1 a CastelMaggiore (30.7); 1 a Castel S. Pietro Terme(30.7); 1 a Castel S. Pietro Terme (31.7); 1a Castel S. Pietro Terme (31.7); 1 aCastenaso, più una danneggiata, (1.8); 1 aMedicina (2.8); 1 a Tossignano (3.8). ABologna (5.7) muore in ospedale il militedella GNR Silvano Danti, rimasto ferito aMedicina mentre faceva la guardia a unatrebbiatrice. A Pianoro (17.7) è uccisoEnrico Benetti mentre trebbia; a Calderaradi Reno (24.7) è ferito un partigiano chetenta di bruciare una trebbiatrice (ACS,MI, RSI, G, b.20); a Maddalena (Budrio) èucciso il milite della GNR Giuseppe Bighidi guardia (30.7) ad una trebbiatrice (Albocaduti e dispersi..); a Portonovo (Medicina)è ucciso (11.8) il milite della GNR LuigiGarelli, mentre fa la guardia ad una treb-biatrice; a Pediano (Imola) un milite dellaGNR di guardia a una trebbiatrice è uccisoe un altro ferito (8.9). Il 23.8 il prefettoFantozzi informò il governo che tutte letrebbiatrici di Imola erano ferme per man-canza di carburante. La “battaglia per ilgrano” durò sino a settembre quando, conun ritardo di 2-3 mesi, furono trebbiati gliultimi covoni. Molto grano fu distribuitotra la popolazione subito dopo la trebbia-tura, altro nascosto dai coloni e non moltoarrivò agli ammassi, per cui i tedeschi pote-rono impossessarsi di una modesta partedel prodotto. A quest’azione popolare par-teciparono non pochi proprietari agricoli iquali, per motivi patriottici ed economici,non volevano che il grano finisse nelle manidei tedeschi. Il 13.7.1944 su “il Resto del

Carlino” apparve una nota di GiuseppeImportuno il quale rilevò che era quanto-meno strano che il grano fosse ancoraammucchiato in covoni nei campi, mentreavrebbe dovuto già essere dentro i silo.Scrisse che molti contadini avevano treb-biato solo la quantità necessaria per il fab-bisogno familiare e che molti proprietariattendevano l’arrivo degli alleati per ven-derlo a mille lire il quintale. Questo era ilprezzo pagato nell’Italia liberata, mentre alnord era più basso. Il 16.7.1944 arrivò lareplica imbarazzata del conte CesareMasetti Zannini, presidente dell’Unioneagricoltori e noto esponente fascista.Ammise i ritardi e disse che «prima ancoradella trebbiatura, si è tentato di ostacolarela mietitura». Ciononostante i lavori proce-devano, anche se era vero che i covoni sitrovavano ancora ammucchiati nei campi,ma solo quale «misura di precauzione adifesa delle offese aeree». Dopo avere ten-tato di accreditare una così singolare ver-sione, negò che i ritardi fossero dovuti «allasegreta volontà degli agricoltori di attende-re che ipotetici eventi bellici permettanoloro di realizzare le 1000 lire al quintalepromesse nell’Italia invasa». Concludendo,scaricò le responsabilità sui «senza patria»che vogliono «anarchia e disordine a tuttovantaggio dei nostri nemici». [O]BI B L I O G R A F I A. Atti del Comando generaledel Corpo volontari della libertà. Dalla suacostituzione all’insurrezione nazionale (giu-gno 1944-aprile 1945), Roma, 1946, p.19;L. Arbizzani, Azione operaia contadina dimassa; N.S. Onofri, I giornali badogliani edella RSI a Bologna (1943-1945), p.78; N.Galassi, Imola dal fascismo alla liberazione,1930-1945, p.314.

Battaglione e brigata Garibaldi in Spagna.Il 21.7.1936 a Parigi, dopo l’inizio dellasedizione fascista in Spagna, Carlo Rosselliinvitò PSI, PRI e PCI ad incontrarsi perdecidere l’invio di volontari in terra spa-gnola. Il PRI non intervenne e PCI e PSIdissero che si sarebbero attenuti a quantoavrebbero deciso gli omologhi partiti fran-cesi. Ai primi d’agosto Rosselli e un centi-

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naio di volontari - giellisti, anarchici esocialisti, tra i quali il bolognese LorenzoGiusti* - partirono per Barcellona. Fucostituita la Colonna Rosselli poi inquadra-ta nella formazione anarchica spagnolaColonna Ascaso. Il 28.8.1936 la Colonnaebbe il battesimo del fuoco a Monte Pelatoin Aragona. Dopo la decisione presadall’URSS, il 18.9, di aiutare la repubblicaspagnola, un’ottantina di militanti comuni-sti lasciarono la Francia, si recarono inSpagna e costituirono la centuria “GastoneSozzi”, comandata prima da GottardoRinaldi e poi dal bolognese VittorioGhini*. Contemporaneamente in altreparti del vasto fronte spagnolo furonocostituiti altri gruppi armati misti - tra iquali un btg Matteotti - nei quali militaro-no non pochi italiani. Il btg Dimitrov, com-posto di slavi, aveva una compagnia italia-na comandata da Carlo Penchienati. Permettere fine alla caotica situazione e dareun coordinamento ai tanti reparti stranierinati spontaneamente, il 22.10.1936 ilgoverno spagnolo decise la costituzionedelle brgg internazionali. Ebbe così inizioun lento processo d’aggregazione deireparti italiani e nacque il btg Garibaldi.Aveva sede ad Albacete, come le altre for-mazioni internazionali. Primo comandantefu Randolfo Pacciardi, segretario del PRI,con Antonio Roasio* del PCI e AmedeoAzzi del PSI commissari politici. QuandoRoasio restò ferito, Ilio Barontini* divennecommissario. Per qualche tempo il btgpare sia stato comandato da UmbertoGalleani. Forte di 800 uomini, il btg ebbeil primo scontro il 12.11.1936 a Cerro deLos Angeles e restò in linea per mesi. Il20.4.1937 il governo spagnolo riorganizzòle formazioni armate su basi nazionali.Tutti i volontari italiani operanti nelle piùdiverse formazioni furono invitati adarruolarsi nel btg Garibaldi divenuto la 12abrg internazionale intestata a Garibaldi. Inquel periodo operava sul fronte di Madrid,sempre comandata da Pacciardi e articola-ta su tre btg: il primo comandato dal bolo-gnese Libero Battistelli* del PRI; il secon-do dal comunista Marvin e il terzo dall’in-

dipendente Penchienati. In seguito saràaggiunto un altro btg e i comandanti, operché caduti - come Battistelli il 22.6 - operché feriti saranno rinnovati più volte.Nella brg furono immessi non pochi spa-gnoli per rimpiazzare i caduti. Contrastipolitici lacerarono la vita della brg. I primisi ebbero nel maggio 1937 quandoPenchienati si rifiutò di recarsi aBarcellona con il btg per prendere parteagli scontri contro i gruppi anarchici.Scontri nel corso dei quali la polizia politi-ca stalinista - la CECA - assassinò numero-si dirigenti anarchici, tra i quali l’italianoCamillo Berneri. Inoltre, l’equilibrio delcomando fu alterato quando il capo distato maggiore, un anarchico, fu sostituitodal comunista Felice Platone. Per discute-re di questi e altri problemi con i dirigentidei partiti italiani, Pacciardi chiese unalicenza per Parigi, lasciando il comandointerinale a Penchienati. Durante la suaassenza il comando delle brgg internazio-nali nominò Penchienati comandante ePacciardi - che al ritorno aveva protestato -vice comandante di div. Alla fine del 1938,essendosene andato Penchienati per con-trasti politici, il comando passò al comuni-sta Agostino Casati (ma si chiamava NinoRaimondi). Per riequilibrare il peso politi-co dei dirigenti, il comando della brg andòprima al socialista francese Bernard e poi alsocialista italiano Arturo Zannoni. Negliultimi mesi del conflitto furono nominaticomandanti i comunisti Martino Martini(ma si chiamava Alessandro Vaia) e Pereyraspagnolo. Domenico Tomat e Luis Rivaspare si siano alternati al comando negliultimi tempi della guerra. La brg ebbe duegiornali: “Il Volontario della libertà” e “IlGaribaldino”. La brg, che prese parte aquasi tutti i combattimenti, risentì di questicontinui cambiamenti di comando, a parteil fatto che, dalla primavera del 1938, ilconflitto cominciò a volgere decisamentein favore dei franchisti. Dopo l’ottobre1938, quando le brgg internazionali furonoritirate dal fronte, la Garibaldi si dissolse ei combattenti assegnati ad altre formazioni.Dalla Catalogna, ultimo fronte sul quale

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combatterono, gli italiani cominciarono aritirarsi verso la Francia dopo la caduta diBarcellona, avvenuta il 26.1.1939. I pochiche si trovavano nella capitale si ritiraronoquando cadde Madrid il 28.3.1939 A manoa mano che attraversavano il confine fran-cese, i militanti italiani furono deportati neicampi di concentramento francesi e molticaddero in mano della Gestapo quando itedeschi invasero la Francia. Gli italianifurono quasi tutti consegnati alla poliziafascista e finirono al confino, mentre alcu-ni, come il bolognese Adelmo Pedrini*,furono deportati nei lager nazisti. I confi-nati tornarono in libertà dopo la caduta delregime fascista, il 25.7.1943, e la maggiorparte di loro presero parte alla guerra diliberazione. Non si conosce il numeroesatto degli italiani che militarono nella brgGaribaldi, mentre quelli che combatteronocontro i franchisti - indipendentementedalla formazione nella quale militarono -furono poco meno di 4 mila. I caduti dellabrg furono 111 e 150 i feriti. I bolognesiche militarono nella brg furono 164 di cui3 donne. 40 i caduti, il cui elenco è in:Bolognesi uccisi dai fascisti durante la dit-tatura (p.55). [O]B I B L I O G R A F I A . Garibaldini in Spagna,Madrid, 1937, pp.395; R. Pacciardi, Il bat-taglione Garibaldi. Volontari italiani nellaSpagna repubblicana, Lugano, 1938,pp.255; Legionari di Roma in terra iberica,Milano, 1940, pp.313; C. Penchienati,Brigate internazionali in Spagna. Delittidella “Ceka” comunista, Milano, 1950,pp.145; F. Nitti, Il maggiore è un rosso,Milano, Avanti!, 1953, pp.219; G. Pesce,Un garibaldino in Spagna, Roma, 1955,pp.254; L. Longo, Le brigate internazionaliin Spagna, Roma, Editori riuniti, 1957,pp.337 (Ristampato nel 1972); P. Nenni,Spagna, Milano, Avanti!, 1958, pp.270; A.Garosci, Gli intellettuali e la guerra diSpagna, Torino, Einaudi, 1959, pp.235; G.Calandrone, La Spagna brucia, Roma,Editori riuniti, 1962, pp.434; L. Vanelli, G.Calandrone, Elenco dei volontari italianicaduti nella guerra civile spagnola, in“Rivista storica del socialismo”, n.15-16,

1963; G. Roux, La guerra civile di Spagna,Firenze, Sansoni, 1966, pp.368; H.Thomas, Storia della guerra civile spagnola,Torino, Einaudi, 1966, pp.708; M. Tunonde Lara, Storia della repubblica e della guer-ra civile in Spagna, Roma, Editori riuniti,1966, pp.742; Garibaldini in Spagna e nellaResistenza Bolognese, “5° Quaderno de ‘Lalotta’”, Bologna 1966, pp.64; Garibaldiniin Spagna, Feltrinelli, Milano, 1966, pp.395(reprint dell’edizione di Madrid del 1937);C. Rosselli, Oggi in Spagna, domani inItalia, Torino, Einaudi, 1967, pp.182;Perché andammo in Spagna. Scritti di mili-tanti antifascisti (1936-1939), a cura di A.Dal Pont, L. Zocchi, Roma, ANPPIA,1967, pp.317 (il volume pubblica un’ampiabibliografia); O. Conforti, Guadalajara, Laprima sconfitta del fascismo, Milano,Mursia, 1967, pp.439; V. Vidali, Il 5° reggi-mento, Milano, La Pietra, 1973, pp.147; M.Signorino, Il massacro di Barcellona,Milano, Fabbri, 1973, pp.149; G. Calan-drone, La Spagna brucia. Cronache garibal-dine, Roma, Editori riuniti, 1974, pp.434;G. Ranzato, Rivoluzione e guerra civile inSpagna, 1931-1939, Torino, Loescher,1975, pp.288; V. Vidali, Spagna lunga batta-glia, Milano, Vangelista, 1975, pp.347; Lebrigate internazionali. La solidarietà deipopoli con la Repubblica spagnola, Milano,La Pietra, 1976, pp.335; G. FranchiniAngeloni, Nel ricordo di Mario, Bologna,La Squilla, 1976, pp.79; J.F. Coverdale, Ifascisti italiani alla guerra di Spagna, Bari,Laterza, 1977, pp.432; Giuliano Pajetta,Ricordi di Spagna, Roma, Editori riuniti,1977, pp.189; V. Vidali, La caduta dellarepubblica, Milano, Vangelista, 1979,pp.192; N. Torcellan, Gli italiani in Spagna.Bibliografia della guerra civile spagnola,Milano, Angeli, 1980, pp.144; A. Lopez,Antifascisti italiani caduti nella guerra diSpagna, Roma, 1980, pp.75; L. Arbizzani,(con la collaborazione di C. Volta e A.Zambonelli), Antifascisti emiliani e roma-gnoli in Spagna e nella Resistenza. I volon-tari della Repubblica di S. Marino, Milano,Vangelista, 1980, pp.237; Antifascisti italia-ni caduti nella guerra di Spagna, 1936-1939.

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Combattenti antifascisti di Spagna cadutinella lotta di liberazione in Italia, a cura diA. Lopez, “Quaderno” n.1, gennaio 1982;Memoria antologica, Saggi critici e appuntibiografici in ricordo di Camillo Berneri nelcinquantesimo della morte, Pistoia, 1986,pp.230; Per una definizione della dittaturafranchista, a cura di L. Casali, Milano,Angeli, 1990, pp.278; La Spagna nel nostrocuore, 1936-1939. Tre anni di storia da nondimenticare, Milano, 1996, a cura del-l’AICVAS, pp.607 (da p.601 a 606 unabibliografia sulla Spagna); Guadalajara!, acura di E. Calcaterra, Piacenza, 1997,pp.56; Immagini nemiche. La guerra civilespagnola e le sue rappresentazioni. 1936-1939, Bologna, 1999, pp.439.

Battaglione Libero. Nel settembre 1944 la36a brg Bianconcini Garibaldi fu divisa in4 btg, 3 dei quali sarebbero dovuti scende-re a Faenza (RA), Imola e Bologna e pren-dere parte a quella che si riteneva l’immi-nente insurrezione. Il 1°, al comandod’Edmondo Golinelli* “Libero”, sceseverso la via Emilia tra Bologna e Imola, pertornare in collina, dopo l’arresto dell’avan-zata alleata. Si portò a Monte La Fine el’occupò, consegnandolo agli americanidell’88a div il 24.9.1944 Per non farsi di-sarmare, il btg chiese di tornare in linea.Gli fu parzialmente concesso di conservarele armi, ma di operare in seconda linea perriparare le strade. Ebbe il riconoscimentodi corpo combattente e fu rifornito dagliamericani. Quando gli inglesi dell’VIIIarmata presero il posto degli americani, il1° btg, chiamato Battaglione “Sirio” diLibero, continuò nei compiti soliti, condivise e armi britanniche. Il 14.12.1944 uncontingente inglese di stanza a BorgoTossignano fu catturato dai tedeschi, percui il comando dell’VIII armata decise diabbandonare la zona. Dopo lunga trattati-va il btg chiese e ottenne di presidiareBorgo Tossignano, anche se Tossignano,cento metri più in alto, era in mano nemi-ca. Il 13.1.1945 i partigiani occuparonoBorgo e convinsero i pochi abitanti che visi trovavano ad abbandonarlo. Per tutto

l’inverno il btg tenne la difficile posizione equasi quotidianamente si scontrò con itedeschi, i quali invano tentarono di rioc-cupare la posizione. Nelle ultime settimanedel conflitto il btg passò alle dipendenzedei reparti italiani Folgore, Nembo eFriuli. Il 14.4 prese parte alla battaglia perla liberazione d’Imola e proseguì perArgenta (FE) sino al Po. A San Nicolò (FE)fu smobilitato. [O]BI B L I O G R A F I A. N. Galassi, Partigiani nellalinea Gotica. Testimonianze in RB5 pp.527-36.

Battaglione Sugano. Così fu chiamato -anche se il nome ufficiale era Battaglioned’assalto Stella rossa-Sugano - il btgcomandato da Sugano Melchiorri*, unodei principali dirigenti della brg Stellarossa Lupo. Melchiorri ebbe numerosedivergenze con Mario Musolesi*, coman-dante della brg, in particolare sul modo dicondurre la guerriglia e sull’ostilità chemostrava verso i commissari politici nomi-nati dal CUMER. Il 27.6.1944 - quando labrg si trovava a Monte Ombraro (Zocca -MO) - Melchiorri abbandonò la formazio-ne. Fu seguito da 45 partigiani, ai quali, neigiorni seguenti, se n’aggiunsero altri 40.Dario Albertazzi* era vice comandante eBruno Graziosi* commissario politico. Ilbtg si recò a Montefiorino (MO). Dopo lafine della “repubblica partigiana”, il btg sidiresse in Garfagnana per attraversare lalinea del fronte. Al passo delle Forbici(Villaminozzo - RE) i partigiani si scontra-rono con i tedeschi ed ebbero la peggio. Il2.8.1944 29 partigiani attraversarono lalinea del fronte e si aggregarono al GruppoValanga, una formazione toscana. Il restodel btg, guidato da Melchiorri, tornò versoBologna per prendere parte a quella che siriteneva l’imminente insurrezione. Il grup-po più grosso entrò nella 7a brg GAPGianni Garibaldi e gruppi minori nella 63abrg Bolero Garibaldi e in altre formazionimodenesi. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Ballotta, Dalla battaglia diMontesole al combattimento di Passo delleForbici, in “Rassegna di storia dell’Istituto

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storico della Resistenza in Modena eProvincia”, aprile 1985, pp.127-34; G.Lippi, La stella rossa a Monte Sole.Testimonianza di S. Melchiorri in RB3,p.523.

Biagioni, Eccidio di. Il 3.7.1944 alcuni par-tigiani distrussero un automezzo tedesco aBiagioni (Granaglione) e forse uccisero unmilite delle SS italiane. Il giorno dopo furo-no rastrellate 9 persone dalle SS tedesche edalle SS italiane. Saverio Bruni* e AttilioVivarelli* furono impiccati nella piazza delpaese, alla presenza di molti cittadini, oltreche della madre e della sorella di Vivarelli.Vennero fucilati Paolo Calistri*, GiovanniFornaciari*, Rosolino Mori*, ArmandoVivarelli*, Domenico Guglielmo Viva-relli*, Eugenio Vivarelli* detto Pipetta eMarte Vivarelli*. Calistri, rimasto ferito,tentò di fuggire, ma fu raggiunto e finitocon i calci dei fucili e un colpo alla nuca. Ilprocesso contro i responsabili non fu cele-brato perchè il fascicolo giudiziario erafinito nell’ “armadio della vergogna”. Perragioni di difficile comprensione i martiridi Biagioni - meno Bruni e ArmandoVivarelli - sono stati inseriti nell’Albo cadu-ti e dispersi della repubblica sociale italianacome vittime di agguati dei partigiani. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Borri, 4 luglio 1944. Lastrage di Biagioni; M. Franzinelli, Le straginascoste, Mondadori, Milano, 2002, p.162.

Biscia, Eccidio di. Il 12.9.1944 alcuni par-tigiani bloccarono un camion tedesco inlocalità Biscia (Castel Maggiore). Ricu-perarono il materiale trasportato e lasciaro-no liberi i 2 militari catturati, i quali riferi-rono l’accaduto al loro comando. Il giornostesso i tedeschi fecero saltare la casa colo-nica presso la quale era avvenuto l’attaccoe fucilarono 7 persone rastrellate per lastrada. La notizia della rappresaglia tede-sca fu diffusa dal CLN di Castel Maggioreche il 13.9.1944 stampò un volantino lista-to a lutto. Il CLN dispose una giornata dilutto per il 14 e ordinò: «1) Tutti i negozidel comune debbono restare chiusi; 2) Glioperai della Barbieri, della Todt, i brac-

cianti, i contadini e tutti gli altri cittadinidebbono astenersi dal lavoro». Il volantinoconcludeva: «Cittadini! I corpi insanguina-ti delle vittime della Biscia, abbandonati frale macerie delle case distrutte, gridano ven-detta. Al loro grido, tutti rispondiamo ina-sprendo il nostro odio e centuplicando lenostre azioni armate contro i barbari aguz-zini hitlero-fascisti! Morte agli assassini delpopolo!». Le vittime sono: DionigioBordoni*, Roberto De Zaiacomo*, Cali-mero Donati*, Domenico Guerri*, EnricoPiva*, Romano Stanzani* e Gino Za-narini*. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Fregna, Castel Maggiore1943-45, p.117; L. Arbizzani, Antifascismoe lotta di liberazione nel bolognese, p.77; C.Garulli, La Palla di Stracci. Fotogrammidella memoria.

Bologna non fu città “libera” o “aperta”.Contrariamente a quanto è stato scritto inalcuni articoli giornalistici, i tedeschi nonriconobbero mai a Bologna lo status dicittà “libera” o “aperta”. La richiesta erastata avanzata dal podestà di BolognaMario Agnoli alle autorità d’occupazione,nonostante sapesse che tedeschi e governofascista erano contrari. In una lettera invia-ta nel dopoguerra a Bergonzini, Agnoli hascritto di avere agito come podestà e diavere avuto «nelle fasi successive, l’affet-tuoso conforto da parte del Card. NasalliRocca» (L. Bergonzini, La svastica aBologna, p.77). I suoi tentativi per ottenereil riconoscimento sono descritti nel suolibro di memorie. Prima di arrendersiAgnoli tentò tutte le strade. L’11.8.44 inviòuna lettera a Giorgio Pini - direttore de “ilResto del Carlino” e fascista moderatocome lui - per lamentare il suo mancatosostegno. Nessuno, scrisse, avrebbe potuto«fraintendere questa finalità come unamanifestazione di viltà» perché «i bologne-si che sentono il dovere di difendere lacittà, sanno molto bene dove possono edebbono combattere». Pini gli rispose che«il giornale non ha trattato l’argomentosecondo le vedute personali del suoDirettore (che non si permette e non può

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permettersi questo lusso), ma secondo unpreciso indirizzo superiore che tu pureconosci». Il 14.8, in una lettera ad unamico, Pini scrisse che Agnoli «si era fattodelle illusioni eccessive» (ACS, CP, b.32).Il 23.2.45 - quando ricopriva la carica disottosegretario all’interno e conoscevabene i piani della difesa - Pini scrisse aCalimero Barilli: «In quanto alla certezzache tu dimostri che Bologna sarà rispettata,mi auguro che tu sia buon profeta, ma ho imiei dubbi, e forti» (Idem, b. 33). AlbertKesselring (comandante per lungo tempodelle truppe in Italia) e Frido von Sengerund Etterlin (comandante del XIV corpocorazzato di stanza in Emilia) hanno scrit-to che avevano l’ordine di difendereBologna casa per casa e che il governo dellaRSI era d’accordo. Se la città non fudistrutta il merito va agli alleati che la aggi-rarono, anziché investirla direttamente; alleforze partigiane che avevano predispostoun piano per salvare gli impianti pubblici ea von Senger. A guerra finita e, per lui, per-duta, il generale tedesco non volle aggiun-gere rovine a rovine e non rispettò gli ordi-ni ricevuti. [O]BI B L I O G R A F I A. M. Agnoli, Bologna “cittàaperta”; L. Bergonzini, La svastica aBologna. Settembre 1943 – aprile 1945; F.von Senger und Etterlin, Combattere senzapaura e senza speranza; A. Kesselring,Memorie di guerra, Milano, Garzanti, 1954,pp.352.

Bolognesi uccisi dai fascisti durante la dit-tatura. Tra il 20.6.1919 e il 25.7.1943 nellaprovincia di Bologna furono assassinati opersero la vita, mentre erano in carcere o alconfino, 114 antifascisti. A questi andreb-bero aggiunti - ma è difficile calcolare ilnumero esatto - quelli che morirono qual-che tempo dopo avere subìto maltratta-menti o a seguito di malattie contrattedurante la detenzione. Il 20.6.1919, al ter-mine di una manifestazione contadina, fuuccisa a Bologna la bracciante GeltrudeGrassi* ad opera dei Sempre pronti, unaformazione paramilitare di destra che con-fluì nel fascio. Il primo bolognese ucciso

dagli squadristi del Fascio di combattimen-to fu l’operaio Guido Tibaldi*, il20.10.1920 davanti alla Sala Borsa in viaUgo Bassi. Questi, in ordine alfabetico, ibolognesi uccisi dai fascisti o morti in car-cere o al confino durante la dittatura:Ferdinando Albertazzi* 6.12.1931 in car-cere a Bologna; Antonio Amadesi*21.11.1920 a Bologna; Ferdinando Ban-diera 2.8.1921 a Molinella; Francesco AldoBaroncini* 11.1.1940 al confino a Cam-pobasso; Alberto Bartolini* 27.3.1933,dopo essere stato liberato dal carcere diTuri (BA); Emilio Bassi* 16.9.1921 a SassoMarconi; Noè Bastia* 22.2.1928 a SalaBolognese; Riccardo Bedosti* 21.11.1942 aBologna dopo essere stato rilasciato dalconfino di polizia; Francesco Bernardi*17.8.1922 a Castel d’Aiano; PellegrinoBernardi* 17.8.1922 a Castel d’Aiano;Mario Bersani* 12.5.1943 in carcere aBologna; Leone Bettini* al confino aVentotene il 21.4.1943; Mario Biavati*12.1.1922 a Bologna; Flavio Bonettini*21.11.1920 a Bologna; Amedeo Bonini*24.2.1943 mentre era al confino alleTremiti; Enrico Bonoli* 18.6.1924 a CastelGuelfo di Bologna; Adelmo Brighenti*8.1.1923 a Budrio; Oreste Brunelli*3.1.1932 a Baricella; Domenico Bubani*12.11.1921 a Imola; Luigi Campomori*8.12.1934 al confino a Ventotene; LuigiCantelli* 19.2.1922 a Galliera; GilbertoCantieri* 21.11.1920 a Bologna; GiuseppeCasadio Gaddoni* 8.1.1923 a Imola;Angelo Castaldini* 13.6.1922 a Bologna;Egidio Raffaele Cavallini* 2.6.1924 aCalderara di Reno; Mario Cavina*12.7.1930 a Medicina; Marcello Cazzola*15.8.1922 a Molinella; Luigi Cervellati*9.4.1927 a Imola; Guglielmo Cialdi*31.10.1922 a Bologna; Adolfo Comandi*15.8.1921 a Marzabotto; Enrico Comastri*21.11.1920 a Bologna; Stefano Dal Pozzo*18.3.1923 a Imola; Giuseppe Fabbri*16.10.1920 a Bologna; Vincenzo Fabbri*25.12.1925 a Bologna; Enea Fantini*12.4.1931 a Castelfranco Emilia; AmedeoFantoni* 14.9.1926 a Bologna; Fedora Fa-rolfi* 10.11.1924 a Imola; Ettore Faustini*

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17.9.1922 a Bologna; Vittorio Fava*21.11.1920 a Bologna; Livio Fazzini*21.11.1920 a Bologna; Emiliano Ferri*29.8.1921 a Savigno; Elmiro Forlani*29.5.1922 a S. Giorgio di Piano; LuigiFranceschi* 20.8.1921 a Castenaso; AngeloFrazzoni* 16.9.1924 a Molinella; AngeloGaiani* 7.4.1924 a Molinella; CarloGasperini* 26.10.1923 a Bologna; Gel-trude Grassi* 20.6.1919 a Bologna; LuigiGrilli* 14.7.1922 a Castenaso; GiuseppeLamberti* 31.10.1923 dopo essere statodimesso dal carcere; Alderige Lenzi*, dettoUlderigo 6.1.1921 a Bologna; AmedeoLipparini* 29.4.1921 a Bentivoglio; EttoreLorenzini* il 25.5.1942 al confino a Ustica;Primo Malaguti* 15.5.1924 ad AnzolaEmilia; Primo Malossi* 27.11.1922 aMalalbergo; Pietro Marani* 9.8.1923 aMolinella; Enea Marchesini* 18.7.1921 aLavino di Mezzo; Demetrio Martinelli*22.6.1922 a Bologna; Ettore Masetti*13.2.1921 a Bologna; Ugo Masrati*13.7.1921 a Imola; Augusto Mattarelli*14.8.1923 a Bologna; Bartolomeo Maz-zetti* 7.8.1922 a Bagnara di Romagna(RA); Enrico Mazzetti* 14.2.1923 a Cre-spellano; Mario Mazzoni* 21.11.1930 aBologna; Ugo Mezzini* 19.3.1922 a S.Lazzaro di Savena; Eugenio Minardi*4.12.1926 a Imola; Pirro Mocci* 26.3.1921a S. Giovanni in Persiceto; Paolo AngeloMonaldeschi* 14.8.1938 al confino alleTremiti; Emilio Monti* 1.1.1924 a Imola;Ugo Morara* 8.11.1921 a Medicina; LuigiMorini* 16.10.1921 a Bologna; RosalinoMorini* 7.4.1925 a Bologna; Adele Naldi*27.2.1922 a S. Benedetto Val di Sambro;Anselmo Naldi* 5.8.1922 a Bologna;Giuseppe Nanni* 3.1.1923 a Imola; GuidoNuzzi* 23.3.1926 a Bologna; LeonidaOrlandi* 22.11.1921 a Bologna; GiuseppePiancastelli* 13.7.1940 all’ospedale diFormia, mentre era al confino a Ventotene;Ofelia Piancastelli* 26.11.1925 a Imola;Giovanna Giuseppina Pilati* 8.4.1921 aMinerbio; Luigi Piretti* 9.5.1923 aCalderara di Reno; Agata Pizzi* 26.5.1921a S. Agata Bolognese; Augusto Pulega*11.1.1925 a Bologna; Armando Ramaz-

zotti* 6.2.1921 a Bologna; GiuseppeReggiani* da Alfonso 5.3.1940 nel carce-re di Civitavecchia; Guido Romani*14.11.1931 a Bologna; Eligio Roveri*12.7.1928 a Bologna; Alberto Rossetti*14.2.1922 a Monghidoro; Rocco Sacchetti*19.1.1922 a Galliera; Marino Serenari*5.2.1939 a Napoli; Pietro Sibani*28.11.1921 a Vergato; Luigi Simoncini*4.4.1934 a Bologna; Armando Sorghi*22.12.1933 al confino alle Tremiti; AntonioStagni* 28.5.1922 a Castello di Serravalle;Mario Tarozzi* a Pianosa l’1.1.1930;Guido Tibaldi* 20.9.1920 a Bologna;Angela Toni* 7.3.1921 a Pieve di Cento;Aristide Toselli* 5.3.1922 ad AnzolaEmilia; Luigi Trombetti* 1.5.1922 a Imola;Aldo Tugnoli* 18.5.1921 a Bologna; UgoTura* 23.3.1924 a Bologna; AttilioVannini* 3.3.1925 a Imola; MedardoVannini* 14.11.1921 a Castello d’Argile;Aldo Vecchi* 9.9.1921 a Budrio; AmletoVellani* 3.12.1919 a Bologna; GiuseppeVenturi* 25.3.1923 a Camugnano; UgoVeronesi* 1.1.1941 a Bologna; AlfonsoVignoli* 1.5.1922 a Zola Predosa; Vin-cenzo Vignoli* 1.5.1922 a Zola Predosa;Raffaele Virgulti* 3.8.1922 a Imola; AnteoZamboni* 31.10.1926 a Bologna; OlivieroZanardi* 22.5.1925 a Bologna; VincenzoZanelli* 22.7.1921 a Imola; CarolinaZecchi* 21.11.1921 a Bologna; GiuseppeZerbini* 23.9.1923 a S. Lazzaro di Savena;Giuseppe Zuppiroli* 26.5.1926 a Malal-bergo. A questi vanno aggiunti i 40 bolo-gnesi - ma potrebbero essere di più - cadu-ti nella guerra civile spagnola tra il 1936 e il1939: Adelmo Arbizzani*, Adelmo Bac-chilega*, Giovanni Baesi*, Libero Bat-tistelli*, Pietro Bertoni*, Roberto Bicoc-chi*, Lodovico Boninsegna*, Attilio Bulza-mini*, Ivo Capponcelli*, Primo Cassola*,Andrea Colliva*, Nerio Della Sfera*,Giuseppe Facchini*, Mario Filippi*,Arturo Fogacci*, Ferrer Frabboni*, BrunoGualandi*, Giuseppe Jaboli*, AurelioLanzarini*, Cesare Lenzarini*, GiuseppeLipparini*, Dino Manini*, AlessandroManzoni*, Mario Martini*, Fiovo o FioboMasi*, Silvio Mongiorgi*, Nino Nannetti*,

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Angiolo Neri*, Amedeo Nerozzi*, Ame-deo Pasqui*, Giuseppe Poli*, GiuseppeReggiani*, Pietro Rivani*, Mafaldo Rossi*,Raffaele Serra*, Corrado Silvestrini*,Armando Tedeschi*, Raffaele Turra*,Adelmo Venturoli*, Roberto Zanelli*. Nonsono compresi nell’elenco i bolognesimorti in avvenimenti legati alle lotte socia-li. Sono stati omessi i 5 lavoratori decedutinei moti per il caroviveri del 4.7.1919 aImola; gli 8 dell’eccidio di Decima (S.Giovanni in Persiceto) del 5.4.1920; ilmorto dello scontro di Portonovo(Medicina) del 9.8.1920; i 5 degli incidentidel “Casermone” in via de’ Chiari aBologna del 14.10.1920. [O]

Bolognina, Battaglia della. La sera del7.11.1944, dopo la battaglia di Porta Lame,una trentina di partigiani, tra i quali nonpochi feriti, riuscirono a raggiungere unavecchia base della 7a brg GAP GianniGaribaldi in via Lionello Spada allaBolognina (Bologna). Il pomeriggio dopo iferiti furono trasportati nell’infermeria par-tigiana di via Duca d’Aosta 77 (oggi viaAndrea Costa), mentre numerosi altri deci-sero di raggiungere le basi partigiane neicomuni della provincia dalle quali eranopartiti alcuni mesi prima. Restarono in unaventina che si sistemarono in uno stabilesemidiroccato in piazza dell’Unità angolovia Tibaldi. Comandante del gruppo eraArdilio Fiorini* “Primo”. Nelle prime oredel 15.11.1944 dalla base uscirono RobertoZucchini* “Ambro” e Dante Guadarelli*“Rino” che avrebbero dovuto incontrare idirigenti della brg per discutere il futurodel gruppo. Poco dopo nella piazza arriva-rono 18 mezzi corazzati, tra carri armati eautoblindo, con numerosi tedeschi e militifascisti. Fiorini fece uscire Mario Ventura*“Sergio” con l’incarico di accertare la con-sistenza dello schieramento nazifascista edi riferire. Fatti pochi passi Ventura fu cat-turato e il giorno dopo fucilato. Poiché nonsapevano se la base era stata scoperta o se inazifascisti stavano effettuando uno deiconsueti rastrellamenti, i partigiani decise-ro di attendere. Se attaccati, sarebbero

usciti dalla parte posteriore dello stabile eavrebbero tentato di raggiungere la zonadel Mercato ortofrutticolo, in via Fio-ravanti, parzialmente distrutto dai bom-bardamenti. Alle 12,30 una pattuglia fasci-sta penetrò nello stabile e cominciò a con-trollare gli appartamenti. Quando tentaro-no di entrare in quello occupato dai parti-giani, i fascisti avvertirono che la porta erasbarrata dall’interno. La forzarono, mafurono uccisi da Fiorini e Renato Ro-magnoli* “Italiano”. I due scesero le scale,seguiti da alcuni partigiani, mentre altrirestarono e cominciarono a sparare dallefinestre. Romagnoli attraversò alcuni giar-dini, diretto all’Ortofrutticolo, e lungo iltragitto affrontò e abbatté 2 tedeschi. Poicadde e la canna del mitra si riempì diterra. Nascose le armi e, approfittando delsuo aspetto giovanile e dell’abbigliamentoquasi infantile, si consegnò ai fascisti dicen-do di essere un abitante dello stabile. Perquesto si salvò. Edgardo Galetti* “Bufalo”,anziché dirigersi verso il mercato, attraver-sò la strada e fu falciato dai fascisti. Stessasorte toccò a Danilo Chiarini* “Diavolo”.Amos Facchini* “Joe” fu ferito mentre siallontanava dallo stabile. Dopo avere spa-rato l’ultimo colpo si suicidò. Nello scon-tro, durato poco più di un’ora, restaronouccisi Gino Comastri* “Rolando” e BrunoCamellini* “Slavo”. I tedeschi spararonocontro lo stabile con i cannoni dei carriarmati. Restarono feriti, ma riuscirono asalvarsi, grazie all’aiuto dei compagni,Fiorini, Rossano Mazza*, Franco Dal Rio*“Bob”, Arrigo Brini* “Volpe”, RinieroTurrini* “Maresciallo” e “Toscano”. DalRio e “Toscano” per non cadere prigionie-ri, avevano tentato il suicidio sparandosialla testa. Anche Turrini, essendo rimastoferito, si sparò per non essere catturato, manon morì. Fiorini, Turrini, Mazza, Dal Rioe Brini furono portati dai compagni nell’in-fermeria partigiana di via Duca d’Aosta 77.Qui, il 9.12.1944, furono catturati dai fasci-sti e fucilati. “Toscano” fu ricoverato inospedale e si salvò. Complessivamente ipartigiani ebbero 6 caduti nello scontro, aiquali vanno aggiunti i 5 feriti catturati e

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uccisi in dicembre. Restarono illesi Roma-gnoli, Secondo Negrini* “Barba”, OsvaldoAllaria* “Dado”, Salvatore Calogero*“Siciliano” e Giovanni Galletti* “Gallo”.Nel corso dello scontro, un proiettilevagante colpì e uccise il passante FilippoFazioli di 71 anno residente in via delBarroccio a Bologna [O]BI B L I O G R A F I A. A. Cucchi (Jacopo), I dicias-sette della Bolognina, in “Tempi nuovi”,n.5, dicembre 1945, pp.35-40; “Jacopo”Aldo Cucchi, Bolognina, - “Dado” OsvaldoAllaria, Dentro la Bolognina, in Epopea par-tigiana, pp.41 e 44; M. De Micheli, 7a Gap:La Battaglia della Bolognina; Anni-versario (XXX) della battaglia di PortaLame (7 novembre 1944) e della Bolognina(15 novembre 1944); R. Romagnoli,Gappista. Dodici mesi nella Settima GAP“Gianni”, pp.169-81; R. Romagnoli, 50°Anniversario della Battaglia di Porta Lame edella Bolognina; CUMER. Il “Bollettinomilitare” del Comando unico militare Emi-lia-Romagna (giugno 1944-aprile 1945),pp.209-12. Testimonianze in RB5, pp.939-68.

Bombardamenti aerei subiti da Bologna.Non è possibile indicare il numero esattodei bombardamenti aerei subiti da Bolognatra il luglio 1943 e la fine del conflitto per-ché furono numerosissimi negli ultimimesi. Inoltre, a volte un bombardamentoera compiuto in più ondate con lunghiintervalli tra una e l’altra. È noto solo ilnumero dei raid fatti da grosse formazionitra il 15.7.1943 e il 18.4.1945. Furono 32,ma il numero sale a 93 conteggiando leincursioni medie. I bombardamenti diurni,solitamente, erano opera degli americani iquali usavano prevalentemente i quadri-motori B 17, le cosiddette “fortezze volan-ti”. La RAF inglese, specializzata nei bom-bardamenti notturni, aveva molti aerei alarga autonomia e grande capacità di cari-co, tra i quali i Lancaster, i Wellington e gliHalifax. Il primo bombardamento fu com-piuto di notte - tra il 15 e il 16.7.1943 - da6 Lancaster partiti dall’Inghilterra e atter-rati in Algeria. Furono colpiti impianti elet-

trici e ferroviari in via Agucchi e in via delMilliario. Morirono una decina di cittadinie una ventina riportarono ferite. Il24.7.1943 decollarono dalla Tunisia 51 B17 per colpire la stazione ferroviaria. Perun errore dell’aereo guida, parte dellebombe furono scaricate sul centro cittadi-no. I bolognesi morti furono 180.L’incursione più disastrosa avvenne la mat-tina del 25.9.1943 quando 71 B 17 arriva-rono sulla città senza essere avvistati, percui scaricarono le bombe con i bolognesiancora nelle case o per le strade. I mortifurono 936. Dall’ottobre 1944 - quandovenne a trovarsi a pochi chilometri dallalinea del fronte - la città subì pochi grossiattacchi dal cielo, anche se fu quotidiana-mente martoriata da piccoli raid, ai qualiprendevano parte aerei di medie dimensio-ni, i cacciabombardieri, tra i quali iLightning P 38 e i Thunderbolt americani.Negli ultimi mesi del conflitto Bologna fusorvolata tutte le notti da un aereo di pic-cole dimensioni - i bolognesi lo chiamava-no Pippo - che si limitava a sganciare una odue bombe, quasi sempre a casaccio.All’inizio del 1944 le basi dei bombardierianglo-americani furono sistemate in Pugliae quelle dei caccia - a partire dal settembre-ottobre 1944 - in Toscana. I caccia più usatifurono gli Spitfire inglesi ed i Mustangamericani. La sera del 21.4.1945 un aereotedesco fece un volo sulla città liberata elanciò una bomba. Le bombe d’aereo di-strussero 1.271 fabbricati a Bologna. 1.501quelli semidistrutti e 2.405 quelli lesionati.Numerosissimi i monumenti distrutti elesionati. Quasi tutti i centri della provinciafurono colpiti da bombardamenti, anche sefurono particolarmente presi di miraCasalecchio di Reno e Imola. [O]BI B L I O G R A F I A. F. Manaresi, Le incursioniaeree su Bologna, in “Strenna storica bolo-gnese”, 1973, pp.167-216; A. Barbacci,Monumenti a Bologna. Distruzioni e restau-ri, Bologna, Cappelli, 1977, pp.286; F.Manaresi, Le incursioni aeree su Bolognaalla luce di nuovi documenti, in “Atti ememorie della Deputazione di storia patriaper le province di Romagna”, 1988,

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pp.229-254; G. Gentili, La prima incursio-ne aerea su Bologna, (16 luglio 1943), in“Strenna storica bolognese”, 1993, pp.207-17; M. Maggiorani, Uscire dalla città: losfollamento, in Bologna in guerra, pp.361-94; F. Manaresi, Gli anni della guerra(1940-1945): bombardamenti e sfollamenti,in San Lazzaro di Savena, la storia, l’am-biente, la cultura, pp.269-275; F. Manaresi,La protezione antiaerea, pp.29-45 e I bom-bardamenti aerei, pp.47-55 in DelendaBononia. Immagini dei bombardamenti.1943-1945; F. D’Ajutolo, Bologna ferita.Fotografie inedite 1943-19457; G. Maz-zanti, Obiettivo Bologna. Open the doors.Bombs away; Bologna trema (1943-1944).

Bondanello, Eccidio di. I partigiani diCastel Maggiore, la mattina del 3.9.1944,promossero una manifestazione davantialla sede municipale, a Bondanello, nelcorso della quale furono distrutti i registridella leva e quelli delle tasse. Quando inazifascisti intervennero per disperdere inumerosi manifestanti, i partigiani uccisero3 o 5 militari. Nel pomeriggio i fascisti bru-ciarono la casa colonica d’Ercole Guer-nelli, nota come Cascina Guernelli, in viaPasso Pioppe 4 a Bondanello, e fucilarono6 persone. Le vittime sono: AntonioCavedagna*, Olindo Cavedagna*, Riccar-do Cavedagna*, Adelmo Guernelli*,Ercole Guernelli* e Giuseppe Guernelli*da Ercole. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Fregna, Castel Maggiore1943-45, p.115; L. Arbizzani, Antifascismoe lotta di Liberazione nel bolognese p.77; C.Garulli, La Palla di Stracci. Fotogrammidella memoria.

Boschi, Eccidio di. Il 13.12.1944 i tedeschicatturarono e trucidarono 11 persone inlocalità Boschi (Vergato), allora chiamataBoschi di Susano, una località poco distan-te da Ponzano. Costrette a lasciarePonzano, su ordine dei tedeschi, le 11 per-sone - tutte anziane, meno una bambina -molto probabilmente tentavano di raggiun-gere a piedi la linea del fronte per trasferir-si nella Valle dell’Alto Reno già liberata. In

quel giorno, a pochi chilometri di distanza,era in corso una battaglia fra truppe ameri-cane e partigiani della brg Toni MatteottiMontagna da una parte e tedeschi dall’al-tra. Le 11 persone furono uccise a colpi dipistola, meno Emma Marchetti*, rimastaferita e sopravvissuta per alcuni giorni.Prima di morire, scrisse una lettera ad unaparente - recapitata dopo la Liberazione -nella quale descrisse le fasi dell’eccidio.Nel luogo della strage - da non confonderecon quella avvenuta il 24.10.1944 a Susano(Vergato), una località poco distante - èstato eretto un cippo sul quale sono statiincisi i nomi delle vittime: CaterinaBettucchi*, Ettore Bortolotti*, GiovanniCanarini*, Cleofe Rita Donati*, ZairaLaffi*, Ada Marchetti*, Emma Marchetti*,Antonio Mattioli*, Sara Mattioli*, RaffaeleNanni* e Maria Venturi*. [O]B I B L I O G R A F I A . A. Marchi, F. Gamberi,Ettore Bortolotti di Vergato, Storie di fede,di guerra e d’amore, in “Nuèter”, n.28,1988, pp.37-45.

Boschi di Ciano, Eccidio di. Tra i numero-si eccidi consumati dai nazifascisti sul-l’Appennino tosco-emiliano, uno dei piùefferati fu quello di Boschi di Ciano aMonte Ombraro (Zocca - MO). Anche seavvenuto nel Modenese, fu compiuto dafascisti bolognesi e un bolognese è tra imorti. Tra partigiani e civili 20 personefurono impiccate e finite a colpi di mitra il18.7.1944. Il “Giornale dell’Emilia”, il17.8.1945, ha così ricostruito l’eccidio. Neiprimi giorni di luglio i partigiani uccisero 5fascisti nella zona compresa tra Castello diSerravalle e Zocca. Una rappresaglia predi-sposta dal tenente Enrico Zanarini, coman-dante della compagnia di brigate nere diCastello di Serravalle, fu proibita dai tede-schi. Per forzare la mano al comando tede-sco, i fascisti uccisero 2 tedeschi e attribui-rono la responsabilità ai partigiani. Avutal’autorizzazione, Zanarini fece catturare 40persone, tra i quali numerosi partigiani, nelcorso di un rastrellamento compiuto il 16 e17.7.1944 nella zona tra Castello diSerravalle e Zocca. 20 dei 40 rastrellati

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furono fatti salire su due camion e trasferi-ti a Boschi di Ciano dove erano pronte leforche. Dopo avere fatto infilare nei cappiil collo dei 20 sventurati, i camion furonofatti partire. Per la rottura della corda 4uomini caddero e terra e furono finiti acolpi di mitra. A tutti fu sparato un colpodi grazia. I corpi restarono per un giornoesposti quale monito alla popolazione. Levittime sono: Amilcare Auregli, SilvioBalestri, Giuseppe Balugani, Pietro Ba-lugani, Raffaele Balugani, Lino Bononcini,Feriero Colzi, Walter Degno*, UmbertoGherardi, Leopoldo Gelli, Ezio Lolli,Massimo Nobili, Giuseppe Pedretti, PierLuigi Poggi, Silvio Poggi, Ivo Sassi*,Giuseppe Teggi, Eraldo Teodori* eTimoleone Teodori. [O]BI B L I O G R A F I A. M. Marinelli, Testimonianzesui venti impiccati di Ciano di Zocca, in S.Prati, G. Rinaldi, Quando eravamo ribelli.La Valle del Panaro nella Resistenza,pp.247-9.

Bozzo di Monte Stanco, Eccidio di. Il23.7.1944 alcuni partigiani della brg Stellarossa Lupo tesero un agguato ad un’autotedesca, lungo la strada Vergato-Grizzana,nei pressi di Bozzo (Grizzana) su MonteStanco. Un reparto di SS rastrellò una deci-na di persone, tra le quali alcuni sfollati diBologna. Furono scelti a caso 7 uominisubito fucilati e lasciati insepolti, qualemonito alla popolazione. Il giorno primaun altro eccidio era stato compiuto a Piandi Setta (Grizzana), poco distante. Sulluogo dell’eccidio è stato eretto un cippocon i nomi delle vittime: Luigi Calisti*,Alberto Lava*, Giovanni Lucchi*, Giusep-pe Lucchi*, Dino Marchi*, UmbertoRomagnoli* ed Ezio Vedovelli*. [O]

Brigata partigiana. Le formazioni partigia-ne assunsero il nome convenzionale di brg,anche se non avevano le caratteristiche diquelle dell’esercito. Erano suddivise incompagnie, le quali differivano, per strut-tura e organizzazione, da quelle tradiziona-li. Più brgg costituivano una div. Le brggbolognesi ebbero un numero di militanti

variabile da zona a zona. Quando supera-vano il migliaio erano sdoppiate. Anche ilivelli di comando all’interno delle brggnon sempre corrispondevano a quelli mili-tari. [O]

Brigata 1a Irma Bandiera Garibaldi. Que-sta formazione - che porta il nome dellapartigiana Irma Bandiera* uccisa dai fasci-sti il 13.8.1944 e decorata di medaglia d’oro- fu costituita nell’estate 1944 quando furo-no raggruppati alcuni nuclei armati cheoperavano all’interno del centro storico diBologna e nell’immediata periferia. La deci-sione fu presa in previsione di quella che siriteneva l’imminente insurrezione popola-re. La brg, che faceva parte della divBologna pianura “Mario”, estese gradata-mente la propria attività dal centro cittadi-no ai comuni di Casalecchio di Reno, CastelMaggiore, Granarolo Emilia e S. Lazzaro diSavena. Ebbe numerosi comandanti:Giordano Walter Busi* “Michele” fucilatoil 18.11.1944; Beltrando Pancaldi* “Ran”;Renato Capelli* “Leo”; Renato Nicoli*“Enzo” fucilato il 15.3.1945 e GuerrinoMalisardi*. Numerosi i vice comandanti e icommissari politici che si avvicendarono.La brg era organizzata su 5 btg, tutti dedi-cati a partigiani caduti. 1° Busi, comandatoda Ottavio Baffé* “Andrea” sino al20.11.1944 e poi da Sergio Soglia* “Ciro”;2° Giacomo (il nome di battaglia del cadu-to Ferruccio Magnani*), comandato daEnzo Cinelli* sino al 5.10.1944, quandocadde, e poi da Elio Morino* “Morro”; 3°Ciro (il nome di battaglia del cadutoGiuseppe Rimondi*), comandato da GuidoMuratori* “Oscar”; 4° Bruno Pinardi*“Camoscio” e Vanes Pinardi* “Topo”,comandato da Pancaldi sino al 2.5.1944 epoi da Orlando Mandrioli* “Muzio”; 5°Antonio Rosini*, comandato da Busi sino al3.8.1944 e poi da Aureliano Cariani*“Iano”. La brg ebbe 94 caduti e 46 feriti.1.066 i partigiani riconosciuti e 327 i patrio-ti. Numerosi i benemeriti. [O]BI B L I O G R A F I A. Testimonianze di R. Capelli(p.411), E. Bettini (p.418), A. Diolaiti(p.423) in RB3.

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Brigata 2a Paolo Garibaldi. A questa for-mazione fu assegnato il nome di battagliadi Giovanni Martini* “Paolo”, il vicecomandante della 7a brg GAP GianniGaribaldi, ucciso dai fascisti il 15.12.1944.Fu costituita nella primavera 1944, quandofurono raggruppati numerosi nuclei armatiche operavano nei comuni agricoli a norddi Bologna, alcuni dei quali in attività sindal settembre 1943. La brg operò a CastelMaggiore, Bentivoglio, Argelato, S. Gior-gio di Piano, Baricella, Malalbergo, S.Pietro in Casale, Minerbio e GranaroloEmilia. Primo comandante fu BeltrandoPancaldi* “Ran”, con Walter Parenti*“Biondo” vice ed Elio Magri* “Pick” com-missario politico. Nel marzo 1945, quandofu sdoppiata e nacque la 4a VenturoliGaribaldi, comandante divenne Parenti,vice Marcello Zanetti* “Marco”, commis-sario politico Luigi Zucchini* “Profes-sour” e vice commissario VincenzoGaletti* “Nino e Aurelio”. Era organizzatasu 4 btgg dedicati a caduti: RuffilloTolomelli* “Filo”, Attilio Gadani* e Re-nato Tampellini*. Pochi giorni prima dellaliberazione al 2° btg fu dato - direttamentedal comando della brg - il nome diLucarelli. Non si conosce l’identità di que-sto partigiano, che non figura negli elenchidella brg. La brg - inquadrata nella divBologna pianura “Mario” - ebbe 69 cadutie 49 feriti. 1.016 i partigiani riconosciuti e286 i patrioti. Numerosi i benemeriti. [O]BI B L I O G R A F I A. Testimonianze di E. Magri(p.480), E. Biondi (p.490) e A. Testoni(p.498) in RB3.

Brigata 3a Matteotti Città. Questo è ilnome ufficiale della 1a brg Matteotti - inbase alla numerazione interna delle forma-zioni del PSIUP di Bologna - così chiama-ta per distinguerla dalle brgg Matteotti dimontagna e pianura. Delle tre, fu l’ultima aessere costituita nella tarda primavera 1944e riorganizzata nell’autunno. Secondo ilnuovo ordinamento della div Bologna pia-nura “Mario”, predisposto dal CUMERnell’inverno 1944-45, avrebbe dovuto esse-re la 3a brg della div. Non ebbe mai uffi-

cialmente questo numero a causa di dissiditra la brg e il CUMER. Tra l’altro, la brgaveva adottato un emblema con la falce e ilmartello - il simbolo del partito - in luogodella stella a cinque punte, il simbolo uffi-ciale del CVL. Sin dall’inizio fu comandatada Otello Bonvicini* “Giorgio”, mentrenell’autunno 1944 l’incarico di commissa-rio politico fu affidato a GiuseppeBentivogli* “Liberel” e “Nonno”. Dopo lafucilazione di Bonvicini, avvenuta il18.4.1945, non fu nominato un nuovocomandante e l’incarico fu assegnato inte-rinalmente a Bentivogli, caduto il21.4.1945. La brg era organizzata su 2 btg,dedicati a partigiani caduti: Floriano Bassi*e Oreste Vancini*. Un terzo btg, intitolatoal caduto Attilio Gadani*, fu quasi subitoriassorbito dagli altri due. Il btg Vanciniera chiamato Mamolo perché operava nellazona di Porta S. Mamolo. La brg - inqua-drata nella div pianura “Mario” - ebbe 18morti e 3 feriti. I partigiani riconosciutifurono 140 e 114 i patrioti. [O]BI B L I O G R A F I A. V. Grazia, Bologna socialistanella lotta di liberazione, in Almanaccosocialista 1946, p.190-9; R. Tega, GiuseppeBentivogli, in Almanacco socialista 1946,p.272-3; Giuseppe Bentivogli e PaoloFabbri; V. Grazia, Palita, in Epopea parti-giana, p.102 (lo scritto è stato ripubblicatoin numerose pubblicazioni con titoli diver-si); N.S. Onofri, I socialisti bolognesi nellaResistenza; N.S. Onofri, Documenti deisocialisti bolognesi sulla Resistenza.

Brigata 4a Venturoli Garibaldi. Questaformazione - che porta il nome di RemigioVenturoli* “Renato”, ucciso dai fascistil’1.4.1944 - fu costituita nel marzo 1945,dopo lo sdoppiamento della 2a brg PaoloGaribaldi. Operò nei comuni di Malalber-go, Baricella, Minerbio, Budrio, GranaroloEmilia, Castenaso, Ozzano Emilia e Ben-tivoglio. Fece parte della div Bologna pia-nura “Mario”. Il comandante era EnricoMezzetti* “Fulmine” ed Elio Cicchetti*“Fantomas” il vice. Elio Magri* “Pick”commissario politico e Mario Mazzacurativice. Era organizzata su 6 btgg, 3 dei quali

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intestati ai caduti Dino Gotti*, Elio Pa-squali*, Oriente Chiarini* “Slip”. Gli altrierano intestati a un non meglio identificatoAndreoli, a Cirillo e l’ultimo era chiamatoSAP. La brg ebbe 169 caduti, 58 dei qualipersero la vita nei combattimenti dei gior-ni della liberazione, e 49 feriti. I partigianiriconosciuti furono 1.105 e 345 i patrioti.Numerosi i benemeriti. [O]BI B L I O G R A F I A. Fulmine (Enrico Mezzetti),4a Brigata Venturoli, in Epopea partigiana,p.169; C. Volta, L’antifascismo e la Re-sistenza a Baricella; AA.VV., Castenaso, uncontributo per la conquista della libertà edella democrazia; Castenaso dal Risorgi-mento alla Resistenza; G. Felicani, “Dick”,Il battaglione partigiano “Dino Gotti”.Testimonianze di E. Mezzetti (p.501), E.Cicchetti (p.503) e O. Severini (p.513) inRB3.

Brigata 5a Bonvicini Matteotti. Questo è ilnome ufficiale della 2a brg Matteotti pia-nura - in base alla numerazione internadelle formazioni del PSIUP di Bologna -assegnatole nell’inverno 1944-45, dopo lariorganizzazione delle brgg partigiane e lacostituzione della div Bologna pianura“Mario”. Solitamente era chiamata laMatteotti Pianura, per distinguerla dallealtre brgg socialiste di città e di montagna.Pochi giorni prima della Liberazione fuintestata a Otello Bonvicini* “Giorgio”, ilcomandante della Matteotti Città fucilatodai fascisti il 18.4.1945. La brg, costituitanell’inverno 1943-44, operò nel quadrilate-ro compreso tra Molinella, Medicina,Castel Guelfo di Bologna e MassaLombarda (RA). Suo primo comandantefu Giuseppe Bentivogli* “Liberel” e “Non-no”, al quale successe Alfredo Calzolari*“Falco” nell’estate 1944. Dopo la morte diCalzolari - ucciso il 16.4.1945 dai tedeschinei pressi di Molinella - il comando passò aBruno Marchesi* “Delfus”. Ottavio Baffè*“Andrea” era vice comandante, RolandoCasalini* “Aldo” commissario politico ePietro Bragaglia* “Radio” capo di statomaggiore. Era organizzata su 4 btgg inte-stati a martiri socialisti e caduti partigiani:

Gianni Alberani*, Quinto Bevilacqua*,Mario Melega* e Ugo Morara*. Ebbe 59caduti e 13 feriti. I partigiani riconosciutifurono 410 e 229 i patrioti. Numerosi ibenemeriti. [O]BI B L I O G R A F I A. “Delfus” B. Marchesi, 5a bri-gata Bonvicini, in Epopea partigiana, p.168;N.S. Onofri, I socialisti bolognesi nellaResistenza, Bologna; N.S. Onofri, Docu-menti dei socialisti bolognesi sullaResistenza. Testimonianze di B. Marchesi(p.474), A. Martoni (p.477) e G. Trippa(p.479) in RB3.

Brigata 6a Giacomo. Nell’estate 1944Roberto Roveda* e altri esponenti delmondo cattolico costituirono il btg “Stelleverdi”, richiamandosi alle formazioni cat-toliche “Fiamme verdi” che operavano inalcune zone del nord Italia. Su disposizio-ne del CUMER il btg di Roveda fu unito albtg Mazzini comandato da GuidoGaibara*. Nacque così la 6a brg Giacomo- il nome di battaglia del caduto partigianoFerruccio Magnani* - che operò in città ead Ozzano Emilia. Fece parte della divBologna pianura “Mario”. Gaibara diven-ne il comandante, Roveda il commissariopolitico e Francesco Colombo* comandan-te del btg Mazzini. I partigiani riconosciutifurono 52 e 73 i patrioti. Ebbe un morto eun ferito. [O]BI B L I O G R A F I A. Testimonianze di R. Roveda(p.402) e mons. Giulio Salmi (p.407) inRB3.

Brigata 7a GAP Gianni Garibaldi. Nel set-tembre-ottobre 1943 il PCI organizzò aBologna città alcuni gruppi armati perattentati contro gerarchi del rinato partitofascista e comandi tedeschi, oltre che luo-ghi di ritrovo dei militari nazifascisti, qualiristoranti, circoli, case di tolleranza ecc. Iprimi dirigenti di questi gruppi furonoLuigi Gaiani*, Vittorio Ghini* “Locati”,Walter Nerozzi* e Remigio Venturoli*. Inmarzo, con la riorganizzazione di questigruppi, fu costituita la 7a brg GAPGaribaldi, che assunse il nome di Gianni,dopo la morte di Massimo Meliconi*,

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nome di battaglia Gianni, uno dei suoimassimi dirigenti. In maggio il comando fuassunto da Alcide Leonardi* “Luigi”, conBruno Gualandi* “Aldo” e Giovanni Mar-tini* “Paolo” vice comandanti. Commis-sari politici furono Sonilio Parisini*,Andrea Bentini*, Giuseppe Armaroli*“Verdi e Carlo”, Alceste Giovannini*“Gino” e Aldo Cucchi* “Jacopo”. Nelperiodo di massimo sviluppo la brg fuorganizzata, tra città e provincia, su 6 btg odist. Bologna “Temporale” comandato daNazzareno Gentilucci* “Nerone” e daLorenzo Ugolini* “Naldi”; Anzola Emilia“Tarzan” comandato prima da VittorioBolognini* e poi da Sugano Melchiorri*;Medicina comandato da Mario Melega*“Ciccio”, da Vittorio Gombi* “Libero” einfine da Giuseppe Bacchilega* “Drago”;Castel Maggiore comandato da FrancoFranchini* “Romagna” e poi da ArrigoPioppi* “Bill”; Castenaso comandato daCarlo Malaguti* “Nino” e poi da OddoneSangiorgi* “Monello”; quello d’Imola, il“Ruscello”, comandato da Dante Pel-liconi* “Ragno”. Tra le principali azionidella brg vanno ricordate la liberazione deidetenuti di S. Giovanni in Monte(9.8.1944), la battaglia di Porta Lame(7.11.1944), la battaglia della Bolognina(15.11.1944) e gli attentati dinamitardicontro l’hotel Baglioni (9.9.1944 e18.10.1944). La brg - inquadrata nella divBologna pianura “Mario” - ebbe 933 parti-giani riconosciuti, 164 patrioti e un nume-ro imprecisato di benemeriti. I morti furo-no 206 e 56 i feriti. [O]BI B L I O G R A F I A. 7 novembre, Numero unicodella 7a brigata GAP Gianni; Audacia esacrificio GAP e SAP, numero unico delBattaglione SAP Montano e delDistaccamento “Fratelli Ruscello” e dellaVII Brigata GAP Gianni; M. De Micheli,7.a GAP; S. Soglia, L’ardimento della 7aGap, in Garibaldi combatte, “4° Quadernode ‘La lotta’”, 1965, pp.5-12; R.Romagnoli, Gappista. Dodici mesi nellaSettima GAP “Gianni”; R. Romagnoli, 50°anniversario della Battaglia di Porta Lame edella Bolognina; R. Romagnoli, Sette

novembre 1944 a Porta Lame; R. Roma-gnoli, C’era una volta la Settima G.A.P.; L.Michelini, R. Romagnoli, 7a brigata Gap.Note di storia, in “I Quaderni di Resistenzaoggi”, supplemento al n.5 del 2004 di“Resistenza oggi”, pp.43-51. Testimonian-ze di A. Leonardi (p.269), L. Gaiani(p.272) e W. Nerozzi (p.276) in RB3 e di N.Gentilucci (p.969), N. Albertazzi (p.981),G. Magli (p.983) e A. Gamberini (p.985) inRB5.

Brigata 8a Masia GL. Questo è il nomeufficiale della 5a brg GL dell’Emilia-Romagna che, per qualche tempo, era statachiamata la 2a brg GL di Bologna.Nell’autunno 1944 le fu dato il nome diMassenzio Masia* “Max”, il responsabileregionale delle brgg GL e del PdA fucilatoil 23.9.1944. Ebbe il numero 8 dopo la rior-ganizzazione delle brgg bolognesi, nelmarzo 1945, e la costituzione della divBologna pianura “Mario”. Nata nell’inver-no 1943-44, operò prevalentemente a Bo-logna, anche se aveva alcuni nuclei neicomuni della “cintura”. Il 4.9.1944 i prin-cipali dirigenti della brg furono arrestati efucilati il 23. Il 20.10.1944 la base che labrg aveva costituito nella sede dell’univer-sità fu scoperta e, dopo duro combatti-mento, furono uccisi 6 partigiani. Primocomandante fu Pietro Foschi* “Piero” e“Sergio”. Nell’autunno 1944 lasciò il co-mando a Tristano Colummi*, per riassu-merlo nella primavera. Tra il settembre el’ottobre 1944 il comando fu assunto peralcune settimane da Mario Bastia*“Marroni”, caduto il 20.10. Luigi Zoboli*fu commissario politico sino al 23.9.1944,quando fu fucilato. Prese il suo postoArmando Tomesani*. Comandante di statomaggiore fu Giuseppe Barbieri* “Mim-mo”, sino al 20.10.1944, sostituito daRenato Bernardi*. Ebbe 20 morti e 14 feri-ti. 293 i partigiani riconosciuti e 45 i patrio-ti. Numerosi i benemeriti. [O]BI B L I O G R A F I A. P. Crocioni, Il Partito d’azio-ne in lotta a Bologna e in Emilia, in “Tempinuovi”, n.7-8, 1946; D. Colangeli, La morteall’Ateneo, in Epopea partigiana, p.52;

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Giustizia e libertà in Emilia e Romagna(relazione anonima, ma scritta da Giusep-pe Barbieri), in Epopea partigiana, pp.176-8; G. Barbieri, Battaglia all’università, in“Emilia”, n.32, 1954; F. Comandini, Per icaduti del Partito d’Azione; N.S. Onofri,Due spie nel Partito d’Azione, in Garibal-dini e partigiani, pp.183-92; MassenzioMasia nel ricordo degli amici dellaResistenza; Masia Massenzio nell’anniversa-rio del suo sacrificio; Massenzio Masia; G.Supino, Per i caduti dell’università; R.Trauzzi, Partigiani azionisti, in Storia del-l’antifascismo italiano, vol.2, p.289-92; G.Supino, Il Partito d’Azione nella Resistenzain Emilia-Romagna, in “La Resistenza inEmilia-Romagna”, Bologna, 1966, pp.122-5; Università degli studi di Bologna, 30°anniversario della battaglia dell’Università,pp.35; Le formazioni GL nella Resistenza.Documenti, pp.433-4. Testimonianze di P.Foschi (p.395), G. Barbieri (p.398) e A.Ghermandi (p.400) in RB3.

Brigata 9a Santa Justa. Questa brg si costi-tuì nella primavera-estate 1944, su iniziati-va di Pino Nucci* “Santa Justa”, il qualeaggregò vari gruppi armati sparsi traBologna, Casalecchio di Reno e SassoMarconi. In seguito estese la propria attivi-tà ai comuni di Marzabotto e Monte S.Pietro. Fece parte della div Bologna pianu-ra “Mario”. Comandata da Nucci, eraorganizzata su tre btgg. 1° btg “Romiti” odi pianura comandato da Pietro Marchesi*“Romiti”; 2° btg “Rimbo” comandato daGuido Cremonini* “Rimbo” e successiva-mente da Tonino Fava* “Dito monco” e daGino Berti* “Douglas”; 3° btg “Moro”comandato da Bruno Bregolini* “Moro” esuccessivamente da Guido Donini* “Pul-ce”. La brg aveva un reparto formato darussi, austriaci e polacchi, comandato daRomanos Todua e Renato Muneroni*. Ipartigiani riconosciuti furono 389 e ipatrioti uno. Ebbe 29 morti e 16 feriti.(O)BI B L I O G R A F I A. P. Nucci, “Santa Justa”, inEpopea partigiana, p.171; P. Nucci, La bri-gata “Santa Justa”, in Bologna è libera, p.58;R. Giorgi, Sasso Marconi. Cronache di allo-

ra e di dopo, p.163; P. Nucci, E ci guidava laluna; Comitato provinciale della Resistenza,Vergato nella lotta per la pace e la libertà; A.Albertazzi, La 9a brigata S. Justa, in “IQuaderni di Resistenza oggi”, supplemen-to al n.5 del 2004 di “Resistenza oggi”,pp.81-3. Testimonianze di P. Nucci(p.312), E. Alessandri (p.318) e don G.M.Bonani (p.320) in RB3.

Brigata SAP Bologna. Fu una piccolissimaformazione che operò a Bologna città. Diessa si è perduto l’archivio storico, per cuinon è possibile descriverla. 37 i partigianiriconosciuti e nessun patriota. Non ebbecaduti, ma un ferito.

Brigata 36a Bianconcini Garibaldi. Nel-l’inverno 1943-44 una cinquantina di gio-vani patrioti imolesi e faentini, guidati daGiovanni Nardi* “Caio”, Andrea Gua-landi* “Bruno” e Luigi Tinti* “Bob”, si si-stemarono in un casolare, chiamatol’Albergo, in località Cortecchio sul versan-te est del monte La Faggiola, nell’AltoImolese, e iniziarono la guerriglia lungo lestrade che dall’Emilia portano in Toscana.Tra il 22 e il 23.2.1944 l’Albergo fu attac-cato dai fascisti e i partigiani si dispersero,anche se molti raggiunsero il MonteFalterona e si aggregarono alle formazionidi patrioti che vi si trovavano. Dopo l’of-fensiva nazifascista, che sgominò le forma-zioni partigiane del Falterona, una ventinadi partigiani imolesi e faentini - guidati daNardi e Tinti - fecero ritorno nella zonadella Faggiola e all’inizio d’aprile, in locali-tà Dogana, diedero vita a quella che fuchiamata la 4a brg Garibaldi poi ribattez-zata in 36a brg Garibaldi Bianconcini, dalnome d’Alessandro Bianconcini*. Nellanuova formazione confluirono altri gruppiguidati da Libero Lossanti* “CapitanoLorenzini” ed Ernesto Venzi* “Nino” -entrambi reduci da una dura esperienzapartigiana nel Veneto - e Guido Gualandi“Moro”. In breve tempo la 36a divenneuna delle più forti brg dell’Appenninotosco-emiliano. Primo comandante fuLossanti con Gualandi commissario. Mor-

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to Lossanti il 14.6.1944, il comando fuassunto da Tinti che lo mantenne sino allafine. Il colonnello del genio Mario Saba,incaricato dal CUMER di assumere ilcomando della brg, non fu accettato, marestò egualmente. La brg - inquadrata nelladiv Bologna montagna “Lupo” - sostennecombattimenti quasi quotidiani per tuttal’estate, anche se furono intensificati dopoil 10.9.1944 con l’inizio dell’offensiva allea-ta da Firenze verso Bologna. In previsionedi quella che si riteneva la battaglia finale,la brg fu organizzata in 4 btg: I, comanda-to da Edmondo Golinelli* “Libero”; II, il“Ravenna”, comandato da Ivo Mazzanti*;III comandato da Carlo Nicoli; IV coman-dato da Guerrino De Giovanni. Fu decisoche il II btg avrebbe dovuto puntare suFaenza; Tinti con il grosso della brg suImola e Guido Gualandi con il I suBologna. Causa l’andamento della campa-gna bellica, i piani non poterono essere rea-lizzati e la brg sostenne storici combatti-menti a Ca’ di Guzzo, Monte Battaglia, S.Maria di Purocielo. Il 16.10, dopo duri esanguinosi combattimenti, la brg attraversòla linea del fronte e si ricongiunse con glialleati. Il 22.2.1945 fu sciolta e la maggiorparte dei partigiani si arruolarono nel rina-to esercito italiano. La brg ebbe 1.597 par-tigiani riconosciuti, 102 patrioti e unnumero imprecisato di benemeriti. I mortifurono 172 e 121 i feriti. [O]BI B L I O G R A F I A . Trentaseiesima “Bianconci-ni”; “Luciano Stampa” Luciano Bergon-zini, 36a Brigata Garibaldi “A. Bianconci-ni”, in Epopea partigiana, p.185; M. e N.Galassi, Resistenza e 36a Garibaldi; E.Venzi, La 36a brigata Garibaldi, in Storiadell’antifascismo italiano, p.262-4; G.Campanelli, Né paga né quartiere. La guer-riglia partigiana in un intenso spietato reso-conto; Comune di Imola, I giorni della libe-razione; S. Liverani, Un anno di guerriglia;Imola medaglia d’oro; N. Galassi, Imola dalfascismo alla liberazione, 1930-1945; N.Galassi, Partigiani nella linea Gotica; Casteldel Rio 1944: tra la Linea Gotica e MonteBattaglia: l’arrivo degli alleati e il fronte:eventi e testimonianze di un inverno diffici-

le; N. Galassi, Gli uomini della Trentaseie-sima, in “I Quaderni di Resistenza oggi”,supplemento al n.5 del 2004 di “Resistenzaoggi”, pp.53-7. Testimonianze di E. Venzi(p.278), G. Gualandi (p.285) e N. Galassi(p.288) in RB3.

Brigata 62a Camicie rosse Garibaldi. Allafine di maggio 1944 a Castelnuovo diBisano (Monterenzio), una trentina di par-tigiani diedero vita alla 46a brg Garibaldi.Qualche settimana dopo il numero fumutato in 62. In seguito fu aggiunta ladenominazione di Camicie rosse, anche semolti la chiamavano la brg Pampurio, dalnome di battaglia del caduto GiancarloLelli*. Operò nei comuni di SassoMarconi, Pianoro, Casalfiumanese, Marza-botto, Monzuno, Loiano, Castel del Rio,Monterenzio e Fontanelice. Primo coman-dante, sia pure per breve tempo, fu MarioBordoni* “Mariano”, che cadrà in combat-timento il 17.10.1944. Nel luglio il coman-do fu assunto da Luciano Proni* “Kid” -proveniente dalla 36a brg BianconciniGaribaldi - con Aldo Cucchi* “Jacopo”vice. Quando Proni, il 22.9.1944, restò feri-to e dovette essere curato prima in loco epoi a Bologna, gli successe Cucchi. Nelnovembre 1944 - su ordine del CUMER -Cucchi e una parte dei partigiani si trasfe-rirono a Bologna e furono incorporati nellebrgg cittadine, in previsione di quella che siriteneva l’imminente insurrezione. Gli altriattraversarono la linea del fronte e quasitutti si arruolarono nei Gruppi di combat-timento Cremona e Friuli. La brg - inqua-drata nella div Bologna montagna “Lupo”-ebbe 671 uomini, 589 dei quali partigiani. Icaduti furono 86 e 27 i feriti. [O]BI B L I O G R A F I A. “Gino” Libero Romagnoli,Nascita della “62a” - “Jacopo” AldoCucchi, Casoni di Romagna - “Garian”Carlo Zanotti, “Brigate Montagna”, inEpopea partigiana, p.130, 132 e 139; G.Brini, La brigata di “Pampurio”. Appuntiper una storia della 62a Garibaldi, in La bri-gata di “Pampurio”, “2° Quaderno de ‘Lalotta’”, Bologna, 1963, pp.7-16; G. Brini,La 62a Garibaldi in terra di nessuno, in Al

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di qua della Gengis Khan, p.54; G. Brini,“Pampurio”, in Bologna è libera, p.124.Testimonianze di L. Romagnoli (p.322), G.Brini (p. 325) e D. Sabbi (p.341) in RB3.

Brigata 63a Bolero Garibaldi. La 63a brgGaribaldi fu costituita nella primavera-estate 1944 quando furono accorpatinumerosi nuclei armati che operavanonella zona ad ovest di Bologna, in pianurae in montagna. I nuclei più grossi eranoquelli di Monte S. Pietro guidato daAmleto Grazia* “Marino” e MonaldoCalari* “Enrico”. Comandante fu nomina-to Corrado Masetti* “Bolero”. La brg nel-l’autunno contava oltre 230 uomini, moltidei quali disertori dell’esercito tedesco o exprigionieri sovietici. Ai primi d’ottobre labrg fu attaccata da ingenti forze tedesche aRasiglio (Sasso Marconi), perché occupavaun’importante posizione strategica allespalle della linea del fronte. Lo scontrodurò più giorni, con gravi perdite partigia-ne, sia in caduti sia in prigionieri, 13 deiquali furono trasferiti a Casalecchio diReno e trucidati nei pressi del ponte dellaferrovia. Verso la fine d’ottobre, quandoalla brg giunse l’ordine di convergere suBologna, per prendere parte a quella che siriteneva l’imminente insurrezione, fu deci-so di inviare in città il dist del Comando,forte di una ventina d’uomini, al comandodi Masetti e Calari. Dopo essersi aperto lastrada combattendo, il gruppo non potéattraversare il fiume Reno in piena e aCasteldebole fu attaccato e distrutto dalleSS tedesche. Nell’inverno la brg fu ricosti-tuita con la nuova denominazione di 3a brgNino Nannetti. Renato Capelli* “Leo” funominato comandante, Raffaele Vecchiet-ti* “Gianni” commissario politico e AdelfoMaccaferri* “Brunello” e Bruno Corti-celli* vice comandanti. Dopo l’arresto diCapelli, in marzo il comando fu assunto daBeltrando Pancaldi* “Ran”. La brg - che aiprimi d’aprile assunse il nome di 63a brgBolero Garibaldi - era organizzata su 6btgg intestati a caduti: Nello Zini* aBazzano; Gastone Sozzi a Monteveglio;Angelo Artioli* a Calderara di Reno;

Umberto Armaroli* a Sala Bolognese;Antonio Marzocchi* ad Anzola Emilia, S.Giovanni in Persiceto, Sant’Agata Bolo-gnese e Crevalcore; Monaldo Calari* aMonte S. Pietro. La brg - inquadrata nelladiv Bologna montagna “Lupo” - ebbe1.548 partigiani e 706 patrioti. I cadutifurono 242 e i feriti 69. [O]B I B L I O G R A F I A . Dott. Morri, Bolero, R.Vignoli, La “63a”, in Epopea partigiana,p.95 e 154; 63a brigata Garibaldi “Bolero”;W. Beckers, Il salvatore è stato trucidato(pp.32-3), Stranieri dalla Zaira (pp.85-6),La “Bolero” anticipa la V Armata (pp.121-3), in Al di qua della Gengis Khan; A.Belletti, Dai monti alle risaie (63a BrigataBolero “Garibaldi”); W. Beckers, Banden!Waffen Raus!; Comune di Zola Predosa, Ilcammino della libertà; Anzola dell’Emilianella lotta per la libertà; Cronaca dell’anti-fascismo e della Resistenza a Calderara diReno; G. Zappi, Antifascismo e Resistenzaa Casalecchio di Reno; Comune di S.Giovanni in Persiceto, La Resistenza nellanostra pianura; Comune di Monte S.Pietro, Il valore della memoria; C. Bianchi,Il Reno brontola. Molte voci, una memoria,testimonianze di lotte partigiane; I casalec-chiesi raccontano. Testimonianze dell’altrosecolo; Dai monti alla Via Emilia. Le genti,la 63a Bolero; A. Albertazzi, La 63a Brigata“Bolero” Garibaldi, in “I Quaderni di Resi-stenza oggi”, supplemento al n.5 del 2004di “Resistenza oggi”, pp.75-9. Testimo-nianze di B. Pancaldi (p.439), R. Vecchietti(p.445) e B. Corticelli (p.473) in RB3.

Brigata 66a Jacchia Garibaldi. Questa for-mazione fu costituita il 30.4.1944 nellaPieve di Monte Cerere di Monte Calde-raro, in comune di Castel S. Pietro Terme,da un gruppo militare del PdA comandatoda Gilberto Remondini* “Ivan”. Avrebbedovuto essere la 3a o la 4a brg GLMontagna. Per questo fu intestata a PieroJacchia (nome esatto Jacchia Giusto Pietrodetto Piero) un antifascista di Trieste cadu-to nel 1937 a Madrid. Fu il cugino MarioJacchia* - responsabile delle formazioniGL dell’Emilia-Romagna, sino all’agosto

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1944 - a proporre quel nome. Quandonella brg entrarono numerosi elementicomunisti sorse un grave contrasto, a pro-posito del comando, tra Remondini eAntonio Mereu* “Attila”. Dopo l’uscita diRemondini - che si aggregò alla 36a brgGaribaldi con una cinquantina d’uomini -e la sua morte avvenuta il 10.8.1944, la brgconservò il nome di Jacchia, ma fu aggre-gata alle formazioni Garibaldi ed ebbe ilnumero progressivo di 66a. Il comando fuassunto da Mereu sino a quando passò alla36a Bianconcini Garibaldi. Gli successeEros Poggi* “Pollino”, che la comandòsino alla Liberazione, salvo un breve inte-rim d’Ercole Felici* “Orfeo”. AldoBacchilega* “Tommaso” era il commissa-rio politico. Dopo la riorganizzazione del-l’autunno 1944 Enrico Paolucci delleRoncole* “Orso” divenne vice comandan-te e Carlo Zanotti* “Garian” capo di statomaggiore. Per un breve periodo di tempofu vice comandante anche RuggeroMontagnani*. Era inquadrata nella divBologna montagna “Lupo”. La brg eraorganizzata su 4 btgg. Il I fu comandato daRemo Tosi*; il II da Nino Dallavalle*“Fulmine”; il III da Gino Salmi* e il IV daGuerrino Nardi*. La brg prese parte a tuttii principali combattimenti che si svolserosull’Appennino tosco-emiliano nell’estate-autunno 1944. Quando il fronte si fermò apochi chilometri da Bologna, una partedella brg attraversò la linea del fronte eun’altra scese in pianura. Alcuni nucleifurono incorporati nelle brgg della città edella pianura, mentre il grosso continuò adoperare nella zona di Castel S. PietroTerme. La brg ebbe 74 morti e 29 feriti. Ipartigiani riconosciuti furono 894. [O]BI B L I O G R A F I A. C. Zanotti, Brigate Monta-gna, in Epopea partigiana, p.139; B.Campanelli, Nè paga nè quartiere; Comunedi Monterenzio, La Resistenza e la libera-zione di Monterenzio; S. Prati, La Resisten-za a Castel S. Pietro. Testimonianze di E.Poggi (p.344), C. Zanotti (p.347) ed E.Dalla Valle (p.360) in RB3. Per PieroJacchia cfr.: F. Pardo, Intorno alla figura diPiero Jacchia, in “La Rassegna mensile di

Israel”, n.10, 1962; G. Valabrega, Intornoalla figura di Pietro Jacchia, in “La rassegnamensile di Israel”, n. 1-2, 1963; G.Formiggini, Stella d’Italia, Stella di David.Gli Ebrei dal Risorgimento alla Resistenza,Milano, Mursia, 1970, p.75.

Brigata Giustizia e libertà Montagna. È ilnome ufficiale della I brg GL di Bologna.Non fu dedicata, come la maggior partedelle formazioni bolognesi, ad un caduto -anche se era stato proposto il nome d’EzioCesarini* - e non ebbe un numero progres-sivo. Conservò il numero dato inizialmentealle formazioni GL di Bologna, perchéattraversò la linea del fronte prima dellariorganizzazione dell’autunno 1944. Fuinquadrata nella div Bologna montagna“Lupo”. Costituita nella primavera 1944, labrg operò nei comuni di Gaggio Montano,Castel d’Aiano, Porretta Terme, Lizzano inBelvedere e in alcuni modenesi. Preseparte a molti duri combattimenti sull’Ap-pennino tosco-emiliano nell’estate 1944 ealla fine di settembre liberò la zona diGaggio Montano. Dopo avere attraversatoil fronte in ottobre, fu riorganizzata, conequipaggiamento e armi americane, erimessa in linea. Operò nei comuni diGrizzana e Monterenzio e rientrò aBologna il 21.4.1945. Ebbe un solo coman-dante, Pietro Pandiani* “Capitan Pietro”.Renato Frabetti* “Rendo” fu commissariopolitico. 51 i morti e 26 i feriti. 229 i parti-giani riconosciuti e 41 i patrioti. Numerosii benemeriti. [O]BI B L I O G R A F I A. E. Biagi, Giustizia e libertà,in Epopea partigiana, p.152; E. Biagi, Centoragazzi e un capitano, in Bologna è libera,p.69; Le formazioni GL nella Resistenza.Documenti; F. Berti Arnoaldi Veli, La bri-gata GL montagna, in “I Quaderni diResistenza oggi”, supplemento al n.5 del2004 di “Resistenza oggi, pp.67-73. Te-stimonianze di P. Pandiani (p.371), R.Frabetti (p.374), F. Berti Arnoaldi Veli(p.392) in RB3.

Brigata SAP Imola-Santerno. Il movimen-to partigiano delle squadre SAP nella zona

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imolese era strutturato su 3 btgg, Pianura,Città e Montano, i cui responsabili costi-tuivano il comando SAP di zona. Nel set-tembre 1944 i tre btg furono uniti in unabrg riconosciuta dal CUMER col nome diSAP Santerno, anche se fu comunementechiamata SAP Imola. Le SAP imolesi, findal loro sorgere, si dedicarono alla propa-ganda murale o a mezzo stampa; alladistruzione dei cartelli indicatori e di lineetelefoniche e telegrafiche; ai sabotaggid’automezzi; ad attacchi alle trebbiatriciper non fare cadere nelle mani dei tedeschiil raccolto; al ricupero d’armi; ad azioniarmate contro l’invasore. Esse sono state lacontinuità, il tessuto connettivo traResistenza e società civile. L’ambiente incui operarono era quanto mai ristretto e adalto rischio per la presenza continua deinazi-fascisti. Non ebbero grandi mezzi disostentamento economico e non furonoaiutate dai “lanci” alleati. Le armi di cuierano dotate, erano state strappate al nemi-co con ardite azioni. Nel settembre 1944,in previsione di quella che si riteneva l’im-minente insurrezione partigiana, il btgMontano disperse l’accampamento fascistaa Cà Campaz e distrusse mezzi di trasportotedeschi a Fabbrica e Codrignano. Nellostesso periodo l’altra compagnia, sulladestra del Santerno, difese il territorio dallerazzie tedesche nella zona di Toscanella(Dozza). Il 6.10.1944 a Cà Genasia diGhiandolino avvenne un duro scontro incui caddero due partigiani. Il 14.9.1944 ilbtg Pianura occupò Sesto Imolese e il pre-sidente del CLN tenne un discorso allapopolazione. Analoghe operazioni avven-nero nel centro cittadino. Dopo l’arrestodell’avanzata alleata, la brg fu ristrutturata.Il btg Pianura mantenne il controllo dinumerosi centri della pianura e proseguì laguerriglia sino alla liberazione. I btgg Cittàe Montano integrarono la loro attività coni gruppi gappisti che operarono per tuttol’inverno e la primavera. Il 14.4.1945, inbase alle direttive del Comando piazza par-tigiano di Imola, la brg insorse prima del-l’arrivo degli alleati e liberò la città e i prin-cipali centri della pianura. Questa la strut-

tura di comando della brg: Natale Tam-pieri* “Bianco” comandante; Elio Gollini*“Sole” vice comandante; Aldo Afflitti*commissario politico; Emilio Fuochi*“Nico” vice commissario; Luigi Spadoni*“Gigetto” e Domenico Rivalta* “Minghi-nè” stato maggiore; Ezio Serrantoni*“Mezzo”, Gino Cervellati*, GianfrancoGiovannini*, Natale Landi*, WalterTampieri*, Emilio Zanardi* ispettori e uffi-ciali di collegamento. Era inquadrata nelladiv Bologna pianura “Mario”. I partigianiriconosciuti furono 767 e 4 i patrioti. 47 icaduti e 15 i feriti. BI B L I O G R A F I A. Audacia e sacrificio GAP eSAP; Comune di Imola, I giorni della libe-razione; Momenti partigiani imolesi in colli-na e in città; Imola Medaglia d’oro; G.Gardelli, Ricordi e momenti del btg “SAPMontano” Imola; G. Zappi, La rossa prima-vera; B. Zanotti, Batesta racconta. Resisten-za (8 settembre 1943 - 8 maggio 1945); E.Gollini, N. Tampieri, Sole, Bianco eMezzanotte. Imola tra guerra e ricostruzione(1940-1950); S. Dall’Aglio, Ribelli? Eranecessario. Azioni del btg Montano (1944-1945), Dattiloscritto. Testimonianze di N.Tampieri (p.426), A. Afflitti (p.431) e R.Ravaglia (p.437) in RB3.

Brigata Stella rossa Lupo. Fu una delle piùimportanti formazioni partigiane della pro-vincia di Bologna. Chiamata in un primotempo Stella rossa Leone - dal nome di bat-taglia del caduto Gastone Rossi* - fu inseguito ribattezzata Stella rossa Lupo, dalnome di battaglia del comandante MarioMusolesi*. Era indipendente, pur aderen-do al CUMER e al CLN. Operò prevalen-temente nella zona di Monte Sole, dallaquale controllava le linee ferroviarie e duedelle tre strade che da Bologna portano inToscana: la Porrettana e la Val di Setta.Costituita nell’autunno 1943, raggiunseuna notevole consistenza nella primavera1944, quando ricevette aviolanci alleati.Era inquadrata nella div Bologna monta-gna “Lupo”. La brg ebbe vari organigram-mi di comando, l’ultimo dei quali cosìcomposto: Musolesi comandante; Gianni

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Rossi* vice; Umberto Crisalidi* commissa-rio politico; Ferruccio Magnani “Gia-como” vice commissario”; GiovanniSaliva* “Gianni” capo di stato maggiore;Giuseppe Castrignano* “Peppino” ufficia-le addetto al comando; Agostino Ottani*“Sergio” responsabile del PCI. Era struttu-rata su 4 btgg e una squadra d’assalto. Il Iera comandato da Celso Menini*, il II daWalter Tarozzi*, il III da Otello Musolesi*e il IV da Alfonso Ventura* e successiva-mente da Cleto Comellini*. DantePalchetti* “Lampo” comandava la squadrad’assalto. Musolesi ebbe grossi contrasticon il CUMER e il CLN perché non appro-vava i criteri per la nomina dei commissaripolitici né il piano preparato nel settembre1944 per l’insurrezione. Ebbe contrastianche all’interno della brg sul modo dicondurre la guerriglia. Per questo, il27.6.1944, mentre era a Monte Ombraro(Zocca - MO), dalla brg si staccò il btg diSugano Melchiorri*. Dopo quella che fuchiamata la “scissione”, la brg tornò aMonte Sole e Musolesi respinse l’ordinedel CUMER di spostarsi verso Bologna, inprevisione dell’insurrezione ritenuta immi-nente. Dopo l’eccidio di Marzabotto - con-sumato dalle SS tedesche tra il 29.9.1944 eil 4.10.1944, durante il quale Musolesicadde a Cadotto - la brg si frazionò in varigruppi. Circa 200 partigiani, dopo avereattraversato le linee, furono riarmati dagliamericani. Altri restarono in zona per pro-seguire la guerriglia e altri ancora raggiun-sero Bologna e si aggregarono alle brgg cit-tadine. La brg ebbe 227 caduti e 184 feriti.I partigiani riconosciuti furono 1.538 e 161i patrioti. [O]BI B L I O G R A F I A. Il martirio di Marzabotto,relazione letta il 30.9.1945 da SilvanoBonetti, pp.24; B. Musolesi, La StellaRossa, in Epopea partigiana, p.121; Il marti-rio di Marzabotto; R. Giorgi, La strage diMarzabotto (Ristampato con il titoloMarzabotto parla); Reder nel giudizio dellamagistratura militare; E. Ruggeri, Fucilata aMarzabotto, in Storia dell’antifascismo ita-liano, p.293; R. Giorgi, La brigata del“Lupo”, in Bologna è libera, p.94; J. Olsen,

Silenzio su Monte Sole; R. Sensoni, V.Ceccarini, Marzabotto, un paese, una strage;SS Walter Reder, il maggiore pentito: a qua-rant’anni da Marzabotto. Cronaca documen-taria di un ravvedimento tentato. L’ordi-nanza integrale del Tribunale militare diBari; N.S. Onofri, Marzabotto non dimenti-ca Walter Reder; L. Gherardi, don, Le quer-ce di Monte Sole; G. Lippi, La Stella Rossaa Monte Sole; G. Ognibene, Dossier Mar-zabotto; L. Tommasini, don, La bufera.Parroco nella Resistenza, (ristampato conaggiunte nel 1999); G. Lippi, Il Sole diMonte Sole; D. Zanini, don, Marzabotto edintorni, 1944; C. Venturoli, La brigata stel-la rossa, in “ I Quaderni di Resistenzaoggi”, supplemento al n.5 del 2004 di“Resistenza oggi”, pp.85-8. Testimonianzedi G. Musolesi (p.303), G. Rossi (p.305) eU. Crisalidi (p.307) in RB3; pp.267-319 inRB5.

Brigata Toni Matteotti Montagna. Questoil nome ufficiale della 3a brg Matteotti, inbase alla numerazione interna delle forma-zioni del PSIUP di Bologna. Era così chia-mata per distinguerla dalle altre brggMatteotti di pianura e di città. Fu la primaad essere costituita tra l’inverno e la prima-vera 1944, quando furono accorpati alcunigruppi armati, sorti spontaneamente sindall’autunno 1943 nei comuni di PorrettaTerme e Lizzano in Belvedere. Fu chiama-ta Toni dal nome di battaglia del coman-dante Antonio Giuriolo*. Non ebbe unnumero della div Bologna montagna“Lupo”(anche se vi era inquadrata), comealtre brgg della montagna, perché avevaattraversato le linee prima della riorganiz-zazione predisposta dal CUMER nell’au-tunno-inverno 1944. Fu organizzata su basimilitari da Fernando Baroncini* “Nino”,che la comandò, sia pure non ufficialmen-te, sino alla tarda primavera 1944.All’inizio dell’estate il comando fu assuntodal tenente Muratori, subito destituito daipartigiani, i quali non condividevano il suotipo di disciplina. Il 16.7.1944 Giuriolodivenne comandante con Baroncini com-missario politico. La brg partecipò a tutti i

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principali combattimenti che si svolserosull’Appennino tra Bologna, Pistoia eModena, compreso quello per la difesadella “repubblica partigiana” di Montefio-rino (MO). La sua zona d’operazioni si tro-vava nell’Alta Valle del Reno, che liberò nelsettembre-ottobre 1944, prima dell’arrivodella 5a armata americana. Riarmata conmateriale americano, rimase sulla linea delfuoco sino al 21.4.45 nei comuni diLizzano in Belvedere e Castiglione de’Pepoli. Dipendeva dalla 5a armata, anchese, per qualche tempo, fu messa alle dipen-denze della Fòrça ExpedicionàriaBrasileira. Quando cadde Giuriolo - il12.12.1944, in uno scontro con i tedeschi aCorona di Monte Belvedere (Lizzano inBelvedere) - i partigiani decisero di nonnominare un nuovo comandante e di affi-dare la direzione della brg ad un grupporistretto. La brg era organizzata su 3 grup-pi di combattimento: il Toni, che era il piùgrosso; quello di Sambuca Pistoiese, com-posto prevalentemente di toscani e smobi-litato dopo il passaggio del fronte; il“Buozzi” - da non confondere con la brgGaribaldi Gruppo “B. Buozzi” che operòper breve tempo a Castiglione de’ Pepoli,prima di essere assorbito dalla brg Stellarossa Lupo - che dall’autunno 1944 all’a-prile 1945 fu schierato sulla linea del fron-te a Castiglione de’ Pepoli. La brg ebbe 24morti e 19 feriti. 181 i partigiani ricono-sciuti. [O]BI B L I O G R A F I A. L’eroico sacrificio del “Ca-pitano Toni”, Comandante della brigataMatteotti di Montagna; Toni Giuriolo; R.Bacchelli, Brigata Matteotti, in Epopea par-tigiana, p.146; R. Bacchelli, Toni, in Epopeapartigiana, p.162; Brigata “Giacomo Mat-teotti” di Montagna, Diario della principaliazioni di guerra 1944-1945; N.S. Onofri, Isocialisti bolognesi nella Resistenza; R.Bacchelli, Toni, capitano senza galloni, inBologna è libera, p.143; N. Bobbio, Discor-so per Antonio Giuriolo, in “Il Ponte”, n.1,1965; F. Lorenzini, Il capitano Toni, in Al diqua della Gengis Khan, p.39; A. Barolini,N. Bobbio, E. Enriques Agnoletti, L.Meneghello, Per Antonio Giuriolo; N.S.

Onofri, Documenti dei socialisti bolognesisulla Resistenza; N.S. Onofri, Il CapitanoToni e la Brigata Matteotti di Montagna, inLotte sociali e lotta armata. La resistenzanelle zone montane delle Pro-vince di Bologna, Modena e Pistoia, p.301;G. Fanti, Il Capitano Toni. Testimonianzeinedite, in “Nuèter”, n.1, 1979, pp.54-8 en.2, 1979, pp.62-3; A. Trentin, AntonioGiuriolo; Partigiani in trincea. La DivisioneModena Armando sulla Linea Gotica. 1944-45; A. Giuriolo, La Brigata “Toni” Matteottimontagna, in “I Quaderni della Resisten-za”, supplemento al n.5 del 2004 di“Resistenza oggi”, pp.59-65. Testimonian-ze di A. Giuriolo (p.362), F. Baroncini(p.367) e L.B. Mari (p.369) in RB3.

Brigata 7a Modena div Modena Armando.Questa formazione, composta prevalente-mente di bolognesi, nacque in provincia diModena per spostarsi in quella di Bologna.Faceva parte della div Modena Armando.Costituita nel febbraio 1944 a Maserno(MO), in breve estese la propria attività aicomuni modenesi di Fanano, Sestola eMontefiorino. Nel mese di maggio Fananofu liberata al termine di duri scontri con itedeschi. La brg prese parte ai combatti-menti per la difesa della “repubblica parti-giana” di Montefiorino. Come la divModena Armando, si spostò nel bolognesenell’autunno 1944 e operò nei comuni diLizzano in Belvedere e Gaggio Montano.Ai primi d’ottobre, con altre formazioni,contribuì alla liberazione dell’Alta Valle delReno, prima dell’arrivo degli alleati.Riarmata con equipaggiamento americano,fu rimessa in linea nella zona di Riola(Vergato). Prese parte ai combattimentiche nell’inverno si svolsero in quella zonadel fronte, prima alle dipendenze della 5aarmata Usa e poi della Fòrça Expedicio-nària Brasileira. Il 21.4.1945 entrò aBologna. La brg fu comandata da EttoreSichieri* sino al 30.9.1944 e poi da MarioLevi* “Capitano Mario”, con GiuseppeBossi* “Bruno” vice e Vincenzo Monti*capo di stato maggiore. Torquato Bignami*fu il primo commissario politico. Branco

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Savicevic* ricoprì la stessa carica sino al29.9.1944, poi sostituito da LeandroMonti*. Era organizzata su 4 btg: il Icomandato da Ezio Margelli* “Vecio”, il IIda Gino Lori* “Bravo”, il III da ArrigoValicelli “Bandito” e il IV da CorradoScandellari*. Per qualche tempo il IV fuchiamato il Gruppo Italia libera. La brg -inquadrata nella div Bologna montagna“Lupo” - ebbe 80 morti e 83 feriti. 770 ipartigiani riconosciuti e 41 i patrioti. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Monti, I bolognesi della“7” Modena, in Al di qua della GengisKhan, pp.18-20; Al di qua e al di là dellalinea gotica. Testimonianze di M. Levi(p.328), L. Monti (p.332), G. Mazzocchi(p.335), M. Lolli (p.337), E. Melchioni(p.338), L. Castelli (p.340) in RB5.

Brigata “Gino Bozzi” Garibaldi. Fu unadelle numerose formazioni partigiane natespontaneamente sull’Appennino tosco-emiliano dopo l’8.9.1943. Fu costituita allafine del 1943 tra Poggiolforato e Vidiciati-co, due frazioni di Lizzano in Belvedere, danumerosi ex militari bolognesi e pistoiesi.Sin dall’inizio fu diretta dal toscano GinoBozzi e dal bolognese Libero Lossanti*.Dopo la cattura e la fucilazione di AdrianoBrunelli*, Lino Formilli* e GiancarloRomagnoli*, avvenuta il 3.1.1944, la brg sispostò a Maresca (PT), mentre quasi tutti ibolognesi l’abbandonarono. La brg assun-se il nome di Bozzi dopo la sua fucilazioneavvenuta il 4.1.44 a Maresca. Per qualchemese operò nella zona tra Pistoia e Firenze,per tornare in Emilia-Romagna nell’aprile1944. Operò a Granaglione, Toano (RE),Fanano (MO) e a Montefiorino (MO). Do-po la caduta della “repubblica partigiana”rientrò in Toscana. Il 25.10.1944 fu riorga-nizzata con equipaggiamento americano eaggregata alla Fôrça Expedicionària Bra-sileira. Prima della fine del conflitto fu smo-bilitata e molti partigiani si arruolarono neiGruppi di combattimento italiani. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Verni, La brigata Gari-baldina “Gino Bozzi” nella repubblica diMontefiorino, in Saggi e notizie sulle “zonelibere” nella Resistenza emiliana, Imola,

Galeati, 1970, pp.87-96; G. Verni, La bri-gata Bozzi, Milano, La Pietra, 1975, pp.204; G. Vivarelli, Resistenza in montagna.Brigata “Gino Bozzi”, Pistoia sd, pp.75; R.Daghini, Lo scontro di Collina di Treppio.17/4/1944 “Italiani contro”, in “Nuéter”,n.59, 2004.

Brigata Garibaldi Gruppo “Bruno Buozzi.Fu una delle tante piccole formazioni par-tigiane nate spontaneamente sull’Appenni-no tosco-emiliano dopo l’8.9.1943. Anchese si chiamò Garibaldi non fece parte delleformazioni che si riconoscevano nel PCI enon ebbe mai il numero progressivo nazio-nale di queste formazioni. Assunse il nomedi Bruno Buozzi nel giugno 1944, dopo lafucilazione del dirigente socialista avvenutaa Roma. Non va confusa con la quasi omo-nima brg Gino Bozzi che operò sull’Ap-pennino tosco-emiliano né con il gruppoBuozzi della brg Toni Matteotti Montagna.Fu costituita da Ottorino Ruggeri* “Bill” -nominato comandante - Bruno Pratesi diPrato (FI), Alessandro Quattrini* “Cur-va”, Enrico Salvi* “Maton”, LeopoldoPellicciari* “Buffalo” e altri. Operò nellazona tra Castiglione de’ Pepoli e Camu-gnano. Nella notte tra il 16 e il 17.7.1944,in località Farneto, ebbe un duro scontrocon i tedeschi, nel corso del quale 5 parti-giani restarono uccisi e Ruggeri ferito. Altri9 caddero prigionieri. Per intercessione didon Luigi Tommasini* 7 di questi furonoliberati. Due i fucilati a Burzanella (Camu-gnano). La brg confluì poco dopo nella brgStella rossa Lupo e Ruggeri fu nominatovice comandante di btg. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Lippi, La Stella Rossa aMonte Sole; don L. Tommasini, La bufera,Parroco nella Resistenza. Testimonianze diO. Ruggeri (p.259) e A. Quattrini (p.531)in RB5.

Brigata Garibaldi in Spagna, vedi: Batta-glione e brigata Garibaldi in Spagna.

Brigata Matteotti della div Modena. Nel-l’autunno 1944, dopo il proclama Alexan-der, nell’Appennino modenese fu costituita

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una brg Matteotti che dipendeva dalla divModena Montagna. La formazione operònella zona del comune di Zocca. Non sihanno notizie esatte della sua consistenzané dell’attività svolta perché l’archivio èandato perduto. Dopo la Liberazione fufusa con altra formazione partigiana. [O]

Brigate d’assalto Garibaldi. Avevano ladenominazione di Brigate d’assalto Gari-baldi le formazioni militari promosse dalPCI. Il 20.9.1943 a Milano si tenne unariunione di dirigenti comunisti al terminedella quale fu istituito un comitato militarecon il compito di organizzare formazionimilitari di partito per prendere parte allalotta di liberazione. Membri del comitatofurono Antonio Cicalini*, Antonio Carini,Luigi Longo, Umberto Massola, AntonioRoasio*, Francesco Scotti e Pietro Secchia.In novembre furono istituiti i Distac-camenti d’assalto Garibaldi, che presero inseguito la denominazione definitiva dibrgg. Prima ancora di sapere come sisarebbe organizzato il CLN, il PCI decisela formazione di unità militari di “colore”.Il 29.9.1943, in un rapporto inviato alladirezione di Roma, Longo scrisse: «..qua-lunque sia la organizzazione militare che sidarà il CLN, noi ci daremo una propriaorganizzazione militare di P. sia per il lavo-ro fra queste formazioni di partigiani, siaper il lavoro di GAP» (I centri dirigenti delPCI nella Resistenza, Roma, Editori riuniti,1973, p.54). Inizialmente furono costituitigruppi militari di dimensioni ridotte. Inseguito - per l’esperienza acquisita e perl’esigenza della guerra - questi gruppiassunsero notevoli dimensioni. Anche se imassimi dirigenti saranno tutti comunisti,le brgg Garibaldi furono aperte a tutti.Longo - che fu il comandante generale, conSecchia commissario - nel dopoguerra hascritto che al momento della costituzionefu deciso che «non dovevano essere delleunità di partito, ma formazioni aperte atutti i patrioti, qualunque fosse la loro fedepolitica o religiosa» (Un popolo alla mac-chia, p.120). Anche all’interno del PCI sisvolse un dibattito sull’opportunità di

organizzare brgg di partito. Alla fine pre-valse l’orientamento di organizzare forma-zioni di “colore” sotto il comando del CNLe del CVL. Non si conosce il numero esat-to delle brgg Garibaldi né quello dei parti-giani riconosciuti, dei morti e dei feriti. “IlCombattente” - sottotitolo “Organo deidistaccamenti e delle brigate d’assaltoGaribaldi” - era l’organo ufficiale dellebrgg Garibaldi. Aveva cinque edizioni e fudiretto da Giancarlo Pajetta. Roasio subitodopo l’8.9.43 e Ilio Barontini*, dal marzo1944 alla liberazione, furono i comandantidelle brgg Garibaldi in Emilia-Romagna. ABologna operarono 8 brgg: la 1a Bandiera,la 2a Paolo, la 4a Venturoli, la 7a GAP , la36a Bianconcini, la 62a Camicie rosse, la63a Bolero e la 66a Piero Jacchia. [O]BI B L I O G R A F I A. Documenti dell’insurrezioneN.1, Tutti in campo per l’insurrezione nazio-nale liberatrice, Milano, 1945, pp.86; G.C.Pajetta, Brigate Garibaldi, in “Mercurio”,n.16, dicembre 1945, pp.142-7; L. Longo,Un popolo alla macchia, Milano, Monda-dori, 1947, pp.501; Il comunismo italianonella seconda guerra mondiale, Roma,Editori riuniti, 1963, pp.354; L. Longo,Sulla via dell’insurrezione nazionale, Roma,Editori riuniti, 1971, pp.366; E. Ragionieri,Il Partito comunista, pp.303-431, in L.Valiani, G. Bianchi e E. Ragionieri,Azionisti cattolici e comunisti nella Resi-stenza, Milano, Angeli, 1971; P. Secchia, Icomunisti e l’insurrezione, Roma, Editoririuniti, 1973, pp.379; G. Amendola,Lettere a Milano. Ricordi e documenti.1939-1945, Roma, Editori riuniti, 1973,pp.XV+763; L.Longo, I centri dirigenti delPCI nella Resistenza, Roma, Editori riuniti,1973, pp.508; Istituto G. Feltrinelli,“Annali, 1971”, P. Secchia, Il PartitoComunista Italiano e la guerra di liberazio-ne, 1943-1945. Ricordi, documenti inediti etestimonianze, Milano, 1973, pp.1.143; Lebrigate Garibaldi nella Resistenza. Docu-menti, a cura di G. Carrocci, G. Grassi, G.Nisticò, C. Pavone, Milano, Feltrinelli,1979, 3 vol di pp.441, 675, 813.

Brigate d’assalto Matteotti. Avevano la

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denominazione di Brigate d’assalto Mat-teotti - dal nome del martire socialista ucci-so dai fascisti nel 1924 - le formazioni mili-tari che aderivano al PSIUP o si richiama-vano agli ideali socialisti. Il 10.9.1943 -subito dopo la costituzione del CLN - ladirezione nazionale del PSIUP formò uncentro militare, con il compito di predi-sporre piani e organizzare formazioni mili-tari per la guerra contro i nazifascisti. Suproposta del segretario Pietro Nenni, ladirezione del PSIUP nominò SandroPertini responsabile militare. Poiché nonera facile controllare da Roma quanto avve-niva nel nord Italia, fu nominato un secon-do responsabile nella persona di Giovam-battista Stucchi, residente a Milano. Sindall’inizio della guerra di liberazione, i rap-presentanti socialisti nel CLN nazionalesostennero la necessità di dare vita a for-mazioni partigiane unitarie, evitando lebrgg di “colore”. Per questo il PSIUP sco-raggiò ogni tentativo di organizzare le for-mazioni socialiste che andavano sorgendospontaneamente in varie parti del paese. Laprima o una delle prime fu, nel novembre1943, la brg Matteotti sul Monte Grappa.Coerentemente con questa impostazione, ilPSIUP diede ai militanti la direttiva dientrare nelle brgg già organizzate, indipen-dentemente dall’orientamento politico.All’inizio della primavera 1944 - quando ilPCI diede vita alle brgg Garibaldi e il PdAa quelle Giustizia e libertà - il PSIUP deci-se di organizzare le brgg d’assalto Mat-teotti. Esse, si legge nel documento costitu-tivo del comando delle brgg Matteotti AltaItalia, «pur non essendo la guardia armatadel partito, sono il segno della vitalità delpartito e della sua volontà ben chiara dimettere tutte le proprie forze nella lottasenza quartiere contro i nazifascisti».Proseguiva il documento: «I partigianidelle Brigate Matteotti sono oggi i combat-tenti che col nome tengono alta la bandie-ra delle forze operaie e contadine, le stesseche, inquadrate nelle organizzazioni deipartiti socialista e comunista, ieri hannoresistito in silenzio, oggi combattono edomani spezzeranno, arrivando al potere,

quelle forze oscure che hanno portato alfascismo». Dopo la liberazione di Roma -giugno 1944 - a Milano fu costituito unnuovo gruppo dirigente politico-militareper l’Alta Italia. Pertini fu nominato segre-tario, Stucchi rappresentante del PSIUP edelle brgg Matteotti nel CVL e CorradoBonfantini comandante generale delle brggMatteotti. In ogni regione fu costituito uncomando, al quale facevano capo i coman-di provinciali. Il giornale ufficiale naziona-le delle brgg Matteotti fu “Il Partigiano”.Nel gennaio 1944 uscì il primo numero.Nel giugno 1944 a Milano iniziò la secondaserie del giornale prima con il sottotitolo“Giornale delle Forze RivoluzionarieProletarie” e poi con quello di “Giornaledelle Brigate d’Assalto Matteotti”. A Mila-no il PSIUP pubblicava, oltre all’”Avanti!”e ad altri giornali, il “Comando BrigateMatteotti. Servizio informazioni. Bollettinointerno”. In Piemonte il giornale delle brggMatteotti era “L’Idea socialista”. Gian-guido Borghese* “Ferrero” e “Rodi” fu ilcomandante delle brgg Matteotti dell’Emi-lia-Romagna. Fu anche il comandante dellebrgg bolognesi. Suoi collaboratori eranoOtello Bonvicini* “Giorgio”, Cleto Be-nassi* “Vecchietti” e Mario Guermani*“Guerra”. A Bologna operarono 3 brgg: laMatteotti Città comandata da Bonvicini; la5a Bonvicini-Matteotti o Matteotti di pia-nura comandata da Alfredo Calzolari*“Falco” e la Toni-Matteotti Montagnacomandata da Antonio Giuriolo* “Toni”.Bonvicini, Calzolari e Giuriolo, i trecomandanti delle Matteotti bolognesi, cad-dero nella Resistenza. [O]BI B L I O G R A F I A. C. Bonfantini, Le Matteotti,in “Mercurio”, n.16, dicembre 1945,pp.72-77; C. Bonfantini, Le Matteotti, in“Italia partigiana”, n.8, 1946; R. CarliBallola, Storia della Resistenza, Milano,Edizioni Avanti!, 1957, pp.369; C. Bensi,Le brigate Matteotti nella Resistenza aMilano, in Fascismo e antifascismo (1936-1948), Milano, Feltrinelli, 1962, p.594-9;Brigata Matteotti nel ventennale dellaResistenza, a cura di M. Cesarini Sforza,Roma, Istituto di studi storici sul movi-

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mento socialista, 1964, pp.236; N.S.Onofri, I socialisti bolognesi nella Resisten-za; A. Conti, F. Fiorensoli, Le Matteotti nelCVL, Torino, 1971, pp.333; N.S. Onofri,Documenti dei socialisti bolognesi sullaResistenza; L. Cavalli, C. Strada, Nel nomedi Matteotti, Materiali per una storia delleBrigate Matteotti in Lombardia, Milano,Angeli, 1983, pp.162; Le formazioni Mat-teotti nella lotta di liberazione, a cura di M.Brunazzi e A. Conti, Cuneo, L’Arciere,1986, pp.150; Il Partito socialista nellaResistenza. I documenti e la stampa clande-stina 1943-1945, a cura di S. Neri Serneri,Pisa, Nistri-Lischi, 1988, pp.486; S. NeriSerneri, Resistenza e democrazia nei partiti. Isocialisti nell’Italia del 1943-1945, Mandu-ria, Lacaita, 1995, pp.XIX+543; C. Berma-ni, Il rosso libero: Corrado Bonfantini, orga-nizzatore delle brigate Matteotti, Milano,1995.

Brigate autonome. Durante la lotta di libe-razione operarono alcune formazioni parti-giane costituite, almeno inizialmente, damilitari dell’ex regio esercito e guidate daufficiali, i quali avevano conservato la strut-tura organizzativa militare. Queste forma-zioni nacquero spontaneamente dopol’8.9.1943. In seguito accolsero nelle propriefile anche giovani che non avevano rispostoalla chiamata della leva militare della RSI oche avevano disertato dalle formazioniarmate della stessa. Queste formazioni - ge-nericamente chiamate autonome - nonerano collegate ai partiti e si dichiaravanoapolitiche e apartitiche. Non riconoscevanol’autorità politica del CLN, anche se segui-vano le direttive militari del CVL. Nonaccolsero la direttiva del CVL di nominareun commissario politico perché - fu motiva-to - il comando doveva essere concentrato inuna sola persona, secondo la tradizione del-l’esercito. Queste brigate operarono preva-lentemente in Piemonte, Liguria e in Valled’Aosta. La prima si costituì nel dicembre1943 tra le province di Cuneo e Savona agliordini del maggiore Enrico Martini“Mauri”. Dal 12.10.1944 al 2.11.1944 liberòuna vasta zona ad Alba (CN). [O]

BI B L I O G R A F I A. M. Argenton, L’esercito parti-giano, in “Mercurio”, n.16, dicembre 1945,pp.96-100; E. Martini, Le formazioniMauri, in “Mercurio”, n.16, dicembre1945, pp.167-73; A. Savorgnan di Brazzà,Fazzoletto verde, Venezia, Rialto, 1946,pp.280; E. Martini, Con la libertà e per lalibertà, Torino, SET, 1947, pp.254; id.,Partigiani penne nere. Boves. Val Mauda-gna. Val Casotto. Le Langhe, Milano, Mon-dadori, 1968, pp.264; Formazioni autono-me nella Resistenza. Documenti, a cura diG. Perona, Milano, Angeli, 1966, pp.563;M. Torsiello, Le operazioni delle unità ita-liane nel settembre-ottobre 1943, Uffi-cio storico dell’Esercito, Roma, 1973,pp.705; Pagine della resistenza monarchi-ca: relazione del gruppo divisioni autono-me “Mauri” (settembre 1943-aprile 1945),a cura di M. Grandi, Genova, 2000,pp.XXXI+160.

Brigate Fiamme verdi. A differenza deglialtri partiti che usarono una denominazio-ne unica per le loro formazioni militari -Garibaldi il PCI, Matteotti il PSIUP e GLil PdA - la DC usò più nomi. Nel Trentino,nel Bresciano e nel Bergamasco fu usatoquello di brgg Fiamme verdi (pare ripresodalle mostrine degli alpini), in altre zonedella Lombardia e del Piemonte quello dibrgg Di Dio, dal nome dei fratelli Alfredoe Antonio Di Dio. Altro nome usato fuquello di brgg del Popolo. Una brgFiamme verdi operò a Reggio Emilia. InValtellina operò una brg Fiamme verdi chenon dipendeva dalla DC; si trattava di unaformazione autonoma composta di ex mili-tari. Nell’Emilia nord operò la brg Juliacomposta prevalentemente di cattolici. ABologna, nella 6a brg Giacomo operò il btgStelle verdi, i cui componenti erano inmaggioranza di orientamento cattolico. Ilgiornale delle brgg Fiamme verdi dellaLombardia fu “Il Ribelle”. (O)BI B L I O G R A F I A. C: Basile, Le Fiamme verdi,in “Mercurio”, n.16, dicembre 1945,pp.224-6; E. Mattei, L’apporto delle forzepartigiane demo-cristiane alla guerra di libe-razione, Milano, 1946, pp.24; A. Savorgnan

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di Brazzà, Fazzoletto verde, Venezia, Rialto,1946, pp.280; G. Galli, Storia delle brigatedel popolo, Milano, La Fiamma, 1946,pp.34; CLN-CVL, Fiamme verdi, Brescia,Ed. Divisione Fiamme verdi, 1948; G. Tu-pini, I democratici cristiani. Cronache didieci anni, Milano, Garzanti, 1954, pp.347;Don G. Cavalli, La resistenza e le formazio-ni cattoliche, in Fascismo e antifascismo(1936-1948). Lezioni e testimonianze, Mi-lano, Feltrinelli, 1962, pp.547-53; AA.VV.,La Resistenza in Lombardia, Milano, 1965;A. Grandi, Le “Fiamme verdi” in provinciadi Reggio Emilia, in: Associazione partigianicristiani, Il contributo dei Cattolici alla lottadi liberazione in Emilia-Romagna, BustoArsizio, 1966, pp.315-6; G. Bianchi, I cat-tolici, pp.151-300, in L. Valiani, G. Bian-chi, E. Ragionieri, Azionisti, cattolici ecomunisti nella Resistenza, Milano, Angeli,1971; La Democrazia cristiana per la libertà:cattolici popolari e democratici cristianinella Resistenza e nella lotta di liberazione.30° anniversario della liberazione, a cura diC. Dane, Roma, DC Spes, 1975, pp.630;Per amore ribelli: cattolici e Resistenza, acura di G. Bianchi e B. De Marchi, Milano,1976, pp.185; E. Gatti, Difendo le Fiammeverdi, Brescia, 2002.

Brigate Giustizia e libertà. Con questadenominazione erano indicate le formazio-ni militari che si riconoscevano nel PdA.Fu Leo Valiani, in una delle prime riunionidella direzione Alta Italia del partito, a pro-porre questa denominazione, che si riface-va al movimento Giustizia e libertà fonda-to in Francia nel 1929 da Carlo Rosselli econfluito nel PdA nel 1942. All’inizio dellaResistenza le formazioni militari del PdAavevano assunto nomi i più diversi, tra iquali Italia libera e brgg Rosselli. Dalla pri-mavera del 1944 tutte assunsero il nome diGiustizia e libertà o GL e i membri furonochiamati giellisti. Responsabile militare delPdA e delle brgg GL fu nominatoFerruccio Parri, il rappresentante del parti-to nel CVL. In ogni regione furono nomi-nati comandanti e commissari politici aiquali facevano capo quelli provinciali. In

Emilia-Romagna ai due massimi posti diresponsabilità si alternarono MassenzioMasia* “Max” e Mario Jacchia* “Rossini”.Dopo la morte di Jacchia - avvenuta nell’a-gosto 1944 - le cariche di comandante ecommissario furono assunte da Masia. AMasia, fucilato il 23.9.1944, subentròEnrico Giussani* “Ovidio”. A Bolognaoperarono 2 brgg GL: la “Masia” o brg GLdi Bologna e la GL montagna. Non siconoscono cifre sulla consistenza dellebrgg GL nell’Italia del nord. Secondo LeoValiani, alla vigilia dell’insurrezione i gielli-sti erano circa 28 mila. Secondo Parri, 24mila quelli che operavano in montagna e 11mila in città. Secondo altra stima, rappre-sentavano il 20 per cento della forza milita-re del CVL. I caduti sarebbero stati 1.800 ei feriti 2.500. L’emblema delle brgg GL erauna spada fiammeggiante nera su sfondorosso. I partigiani portavano un fazzolettorosso al collo, anche se in alcune brgg eraverde. “Il Partigiano alpino” era il giornaledelle brgg GL diffuso in Piemonte eLombardia. [O]BI B L I O G R A F I A. D.L. Bianco, Le formazioniGL, in “Mercurio”, n.16, dicembre 1945,pp.190-5; L. Valiani, Tutte le strade condu-cono a Roma, Firenze, Nuova Italia, 1947,pp.395; R. Battaglia, Storia della Resistenzain Italia, Torino, Einaudi, 1953, pp. 624;D.L. Bianco, Guerra partigiana. Raccolta discritti, Torino, Einaudi, 1954, pp.477; L.Valiani, Il Partito d’azione, pp.13-148, in L.Valiani, G. Bianchi e E. Ragionieri, Azio-nisti cattolici e comunisti nella Resistenza,Milano, Angeli, 1971; Le formazioni GLnella Resistenza. Documenti, Settembre1943-aprile 1945 (Notizie su Bologna sonoalle pp.433-4); Le formazioni Giustizia elibertà nella Resistenza, Atti del convegnodi Milano 5 e 6 maggio 1995, Roma, 1995,pp.239.

Brigate internazionali in Spagna. Quando,il 17.7.1936, il pronunciamiento di Franci-sco Franco e dei generali ribelli contro illegittimo governo fece precipitare il paesenella guerra civile, in Spagna giunsero datutte le nazioni del mondo - e in particola-

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re dall’Europa - migliaia di democratici percombattere contro il fascismo internazio-nale. Per dare una struttura militare ade-guata e un coordinamento unitario allenumerose formazioni straniere costituitesispontaneamente e che operavano in modoautonomo dall’esercito regolare, il 22.10 ilgoverno spagnolo decise la costituzionedelle brgg internazionali. Furono incorpo-rate nell’esercito repubblicano, anche seavevano un comando autonomo. Ebbero ilbattesimo del fuoco l’8.11.1936 a Madrid ebloccarono l’avanzata dell’esercito ribelle.Non fu facile dare una struttura unica aformazioni nelle quali militavano uominicon lingua, usi e costumi diversi - per tace-re delle diverse tradizioni gastronomiche -ma alla fine le brgg internazionali divenne-ro uno strumento militare molto efficace. Ivolontari - tra i 35 e i 40 mila - furono divi-si in sette brgg e in btgg autonomi. Per evi-tare gli inconvenienti che nascevano trapersone molto diverse tra loro, il 20.4.1937fu decisa la costituzione di brgg a basenazionale. Ogni brg disponeva di 3.500uomini divisi su 4 btg. Comandante gene-rale fu André Marty e Luigi Longo com-missario politico. La sede del comando fuprima ad Albacete e poi a Horta. La mag-gior parte degli italiani militarono nel btgGaribaldi, divenuto brg. Le brgg interna-zionali combatterono su tutti i fronti efurono protagoniste di importanti vittorie,come a Guadalajara. Secondo calcoli uffi-ciosi, gli italiani che militarono nelle brgginternazionali furono poco meno di 4 mila,600 i morti e circa 2 mila i feriti. Organoufficiale delle brgg era “Voluntarios de lalibertad”, ma esistevano anche fogli minoridi questa o quella formazione. Nell’ottobre1938, su pressione dei governi europei -perché la guerra civile stava volgendo afavore dei ribelli fascisti - il governo spa-gnolo richiamò dal fronte e sciolse le brgginternazionali. Molti volontari restarono inSpagna per combattere, ma la maggiorparte chiese asilo politico alla Francia.Furono rinchiusi nei campi di concentra-mento a Gurs e Vernet d’Ariège. Quandola Germania invase la Francia, molti furo-

no deportati nei lager nazisti e gli italianiconsegnati alla polizia fascista. Nel 1999 ilParlamento spagnolo ha concesso la citta-dinanza onoraria ai superstiti delle brgginternazionali. [O] BI B L I O G R A F I A. Vedi: Battaglione e brigataGaribaldi in Spagna.

Brigate Mazzini. Il PRI - per la pregiudi-ziale antimonarchica - non aderì al CLNnazionale. Solo in alcune province entrònegli ultimi mesi della Resistenza. InLombardia e in altre zone dell’Italia setten-trionale sin dai primi mesi della lotta diliberazione furono organizzate brgg parti-giane con la denominazione Mazzini oMameli, che si richiamavano al PRI.Queste formazioni riconobbero semprel’autorità politico-militare del CLN e delCVL. “Il Guerrigliatore”, divenuto poi “IlGuerrigliero” era il giornale delle brggMazzini. [O]BI B L I O G R A F I A. Storia del gruppo “BrigateMazzini”, Padova, 1945, pp.103; Il guerri-gliero, giornale delle brigate G. Mazzini,Milano, 1955, pp.47; Le brigate Mazzininella guerra di Liberazione, Milano, 1955.

Brigate nere. Il 21.6.1944 Mussolini firmòil decreto n.446 (uscito sulla “Gazzettaufficiale” n.180 del 3.8.44) che ordinava lamilitarizzazione del PFR. Nasceva così ilCorpo ausiliario delle squadre d’azione dicamicie nere, che sarà chiamato le Brigatenere. Nel testo si legge: «Data la situazioneche è dominata da un solo decisivo supre-mo fattore: quello delle armi e del combat-timento davanti al quale tutti gli altri sonodi assai minore importanza decido che adatare dal primo luglio la struttura politicomilitare del Partito si trasformi in un orga-nismo del tipo esclusivamente militare».Pertanto tutti gli iscritti dai 18 ai 60 annifurono armati e organizzati in brgg a carat-tere provinciale. Fu una formazione ausi-liaria - priva di poteri di polizia giudiziaria,come la GNR - voluta espressamente daMussolini per la repressione antipartigiana.Il comandante Alessandro Pavolini - qualesegretario nazionale del PFR - nella circo-

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lare inviata il 25.6.1944 ai segretari federa-li precisò: «Nelle azioni antiribelli, le squa-dre non fanno prigionieri». Le brigate neredipendevano non dal governo della RSI,ma da Karl Wolff, comandante delle SS inItalia. La Squadra d’azione era l’unità dibase. Tre squadre formavano una compa-gnia, 3 compagnie un btg e tre btgg unabrg. Almeno teoricamente ogni provinciaebbe una brg. A Bologna operò la 23a bri-gata nera, intestata a Eugenio Facchini, ilfederale giustiziato dai partigiani il26.1.1944. Primo comandante fu PietroTorri, sostituito da Giovanni Cerchiari nelgennaio 1945. Non si conoscono dati pre-cisi sulla sua consistenza. Nel settembre1944 sarebbero state mille le domande deifascisti, 411 dei quali ricevettero le armi(M. Martelli, Le brigate nere, p.144).Numerose le formazioni minori delle bri-gate nere che operarono a Bologna, al ser-vizio di questo o quel gerarca fascista. Unadelle principali fu la III brigata nera mobi-le “Attilio Pappalardo” comandata daFranz Pagliani. Si dissolse alla fine del gen-naio 1945 quando Pagliani fu allontana-to da Bologna. A Bologna operò anche laCompagnia autonoma speciale, la Cas,comandata da Renato Tartarotti. Nell’au-tunno 1944 la CAS lasciò Bologna e si recòa Trieste. La caserma principale delle bri-gate nere era in via Magarotti (oggi via deiBersaglieri). Le brigate nere di Bologna siresero responsabili di tali e tanti delitti cheil prefetto Dino Fantozzi, il 23.12.1944,scrisse al ministro dell’Interno: «Chiedoche mi si sostituisca come capo di questaprovincia se non interviene l’allontanamen-to del professore Franz Pagliani e di PietroTorri». Il generale Frido von Senger undEtterlin, che nell’inverno 1944-45 coman-dò il fronte di Bologna, nel libroCombattere senza paura e senza speranza, hascritto: «Nostro comune avversario eranole brigate nere» [..]. «Autentico flagellodella popolazione, queste erano altrettantoodiate dai cittadini, come dalle autorità eda me» [...] «erano capaci di assassinarechiunque, di compiere qualsiasi nefandez-za quando si trattava di eliminare un avver-

sario politico». Per questo impose al gover-no di Salò di allontanare Pagliani e Torri. Il20.4.1945, quando i tedeschi abbandona-rono Bologna nella notte, le brigate nere -come la GNR - si accodarono ai reparti inritirata e si dissolsero, senza tentare di con-trastare l’avanzata delle truppe alleate e laprevedibile insurrezione dei partigiani lamattina del 21.4. [O]BI B L I O G R A F I A. S. Bertoldi, La Repubblica diSalò, Milano, Rizzoli, 1980, pp.438; R.Lazzero, Le brigate nere, Milano, Rizzoli,1983, pp.461; L. Ganapini, La repubblicadelle camicie nere, Milano, Garzanti, 1999,pp.519; D. Gagliani, Brigate nere. Musso-lini e la militarizzazione del Partito fascistarepubblicano, Torino, Bollati Boringhieri,1999, pp.305; M. Martelli, Le Brigate nere:l’esercito di Pavolini e la Repubblica di Salò,il segnalibro, Montespertoli, 1999, pp.165.

Burzanella, Eccidio di. Il 27.9.1944 un plo-tone di SS tedesche si recò a Belpoggio diBurzanella (Camugnano), e iniziò a razzia-re il bestiame. Quando i militari molestaro-no alcune donne, gli uomini intervenneroin loro difesa. Per tutta risposta, le SSrastrellarono 7 uomini e li misero con lafaccia contro il muro di un’abitazione.Erano Rutilio Albertazzi*, il figlio Olindo*,Renato Boatti*, Ferruccio Boccato*, GinoConti*, Angelo Passini* e il fratelloLodovico*. Nella concitazione del momen-to Conti riuscì a fuggire e si salvò, nono-stante i colpi di fucile sparati dalle SS.Subito dopo furono uccisi gli altri 6. Lalapide, murata a Burzanella con i nomidelle vittime, contiene un errore materiale.Anziché quella del 27.9.1944 è stata incisala data del 29.10.1944. Sulla lapide sonoinoltre indicati i nomi di 3 persone fucilatea Burzanella, ma in date diverse: AdolfoMasotti* e Francesco Masotti* uccisi il2.10.1944 e Rosa Cesira Guidotti* uccisa il9.10.1944. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Tommasini, don, La bufe-ra. Parroco nella Resistenza.

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C

Cà di Berna, Eccidio di. Il 27.9.1944 unreparto tedesco che dal fronte si dirigeva apiedi verso le retrovie, fu attaccato dai par-tigiani della 7a brg Modena della divModena Armando nei pressi di Cà diBerna (Lizzano in Belvedere). Alcuni mili-tari restarono uccisi. Secondo altra versio-ne i tedeschi non subirono danni. Subitodopo un reparto di SS tedesche rastrellò 29persone (28 secondo altra versione) e lefucilò. In quei giorni nella zona vi erano leSS della 16a div corazzata, che due giornidopo avrebbero dato inizio al massacro diMarzabotto. Le vittime sono: RomoloBaratti*, Ofelia Bernardi*, ClementinaBernardi*, Lia Bernardini*, Maria Bernar-dini*, Maria Bernardini* detta Delia,Domenica Burchi*, Giuseppina Cantelli*,Olimpia Castelli*, Olindo Castagnoli*,Anna Demaldè*, Corinna Ferrarini*,Novella Franci*, Maria Giacobazzi*,Pietro Pelotti*, Erminia Piovani*, MariaGrazia Tugnoli*, Rina Tamburini*, AttilioUgolini*, Romolo Ugolini*, Sergio Ugo-lini*, Elio Vitali*, Giorgio Vitali*, ItaliaVitali*, Laura Vitali*, Ada Zanacchini*,Maria Zanacchini*, Annunziata Zanac-chini* e Armando Zolli*. Il processo con-tro i responsabili non fu celebrato perché ilfascicolo era finito nell’ “armadio della ver-gogna”. [O]BI B L I O G R A F I A. G.F., Il terribile eccidio di Càdi Berna, in “La Mùsola”, n.69, giugno2001, pp.110-1; M. Franzinelli, Le straginascoste, Mondadori, Milano, 2002, p.165.

Cà del Bue, Eccidio di, vedi: Luminasio,Eccidio di.

Ca’ di Guzzo, Battaglia di. Il 19.9.1944 ireparti della 5a Armata USA conquistaro-no il Passo del Giogo, sull’Appennino to-sco-emiliano, e sfondarono la Linea Go-tica. Il 22 completarono il successo conqui-stando il Passo della Futa. I tedeschi inizia-rono una lenta ritirata verso la pianura,

attaccati alle spalle dalle numerose brggpartigiane che operavano tra Lizzano inBelvedere e l’Alto Imolese. Se erano parti-colarmente efficienti nella guerriglia, lebrgg partigiane mostrarono il loro limitequando si trattò - come chiedevano glialleati - di conquistare posizioni alle spalledel fronte e difenderle fino al loro arrivo.La mancanza d’armamento pesante, l’im-possibilità d’avere rifornimenti e di dareassistenza ai feriti impedivano alle forma-zioni partigiane di trasformare una guerradi movimento in una di posizione. La seradel 27.9 la I compagnia della 36a bgrBianconcini Garibaldi, al comando diUmberto Gaudenzi* e della quale facevanoparte 52 uomini, dopo una lunga marcia ditrasferimento sostò a Ca’ di Guzzo, unacasa colonica in frazione Belvedere diCastel del Rio, abitata dalla famiglia diMarsilio Salvatori*. Poco dopo le ore 24 siavvicinò alla casa un forte reparto di para-cadutisti tedeschi e uno di SS in fase di riti-rata, subito attaccati dalle vedette apposta-te attorno al fabbricato. Anziché aggirare lacasa colonica e proseguire la ritirata, i tede-schi la accerchiarono. Secondo altra versio-ne, i tedeschi attaccarono deliberatamentela base partigiana, posta in un importantepunto strategico. I partigiani decisero diresistere per non lasciare scoperto il fiancodi un reparto della 62a brg Camicie rosseGaribaldi che si trovava nella vicina locali-tà di Casoni di Romagna (Casalfiumanese).Guerrino De Giovanni* e 3 partigianilasciarono la casa per avvertire il gruppodella 62a e chiedere aiuto. La zona eracoperta da una fitta nebbia e pioveva.Nell’ovile erano stati sistemati una ventinadi civili che non avevano potuto abbando-nare la casa. I tedeschi sferrarono quattroattacchi, tutti respinti. Secondo la testimo-nianza di Primo Salvatori* la battaglia duròsino alle ore 9 del 28. Tra i partigiani siebbero un morto, Adelmo Ronchini*“Rosso”, e 4 feriti: Paolo Betti* “Cicci”,Francesco Campomori* “Liano”, TarcisioNaldi* “Cisio” e Renzo Nardi il “Ferra-rese”. Alle prime luci dell’alba del 28 DeGiovanni, alla testa di una ventina di uomi-

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ni, tentò di rompere l’assedio dall’esterno.Perse 3 uomini - Ezio Bittini*, Rino Conti*e Oriello Zaniboni* - e non riuscì nell’in-tento, anche se alcuni partigiani arrivaronosino alla casa. Tra le ore 9 e le 10 del 28,Gaudenzi decise di tentare una sortita.Uscì per primo seguito da una ventina dicompagni, tra i quali Umberto Magli*“Ercole”, Augusto Cantoni* “Faì”, AldoGalassi* e Carlo Casarini* “Pini”. Vladi-miro Nanni* “Miron”, Ermete Valli*“D’Artagnan” e il cecoslovacco Subekfurono uccisi. Cantoni e Fuoco (nome dibattaglia di due partigiani dei quali non ènoto il cognome) restarono feriti, ma si sal-varono. Un secondo gruppo, guidato daOrlando Rampolli* “Teo” vice comandan-te della compagnia, tentò la sortita pocodopo. Uscirono dalla casa sparando i sovie-tici Gimma*, Kolia* e Miscia*, FalieroFornaciari* “Liero”, Amleto Pirazzini*,Giancarlo Pomoni* “S’cifilini “, Primo,Francesco il Sardo, Diritto Diolaiti*,Vincenzo Martelli* “Cito”, Elio Giorgi*“Tossignano”, Antonio Mirri*, LucianoCalamelli* e Giuseppe Curti* “Pippon”.Tra i superstiti della battaglia non c’è omo-geneità sui nomi dei partigiani che usciro-no con il primo e il secondo gruppo, né sulnumero esatto. Restarono uccisi Kolia,Miscia, Mirri, Calamelli, Curti e Forna-ciari. Quando i tedeschi penetrarono nellacasa uccisero con un colpo alla nuca i feri-ti Betti, Campomori, Naldi, Nardi. Ucci-sero pure, ma qualche giorno dopo, lo stu-dente di medicina Giovanni Battista Pal-mieri* rimasto per curarli. Quindi spinseronel letamaio i partigiani e i civili fatti pri-gionieri: Wladimiro Balducci* “Filèp”,Piero Coppi* “Mario”, Mario Ferretti*,Giancarlo Gardi*, Medardo Mallini*“Dardo”, Isidoro Renda* “Francesino”,Augusto Salvatori* e Domenico Sportelli*e li uccisero. Enes Franceschi* riuscì adarsi alla fuga prima del massacro. AncheEdoardo Masi* riuscì a fuggire prima diessere fucilato. Furono risparmiati MarsilioSalvatori, le donne e i bambini della suafamiglia. Tra i superstiti non c’è concor-danza sul numero e sui nomi dei partigiani

morti, di alcuni dei quali si ricorda solo ilnome di battaglia. Secondo Umberto Maglisarebbero stati una trentina. 33 secondoNazario Galassi* e 21, di cui 15 imolesi,secondo Sui luoghi della memoria. Guerra eResistenza nel territorio imolese p.40. Daun rapporto della 5a Armata, le cui truppearrivarono a Cà di Guzzo 2 giorni dopo ilcombattimento, si apprende che i tedeschiavrebbero perduto 140 uomini. [O]BI B L I O G R A F I A. “Libero” Libero Golinelli,Cà di Guzzo, in Epopea partigiana, p.195;M. e N. Galassi, Resistenza e 36a Garibaldi;U. Magli, Eroismo a Cà di Guzzo, in Al diqua della Gengis Khan, p.59; L. Golinelli“Libero”, Epico scontro a Cà di Guzzo, inBologna è libera, p.89; F. Montevecchi, Càdi Guzzo. Esame di una battaglia partigiana;N. Galassi, Partigiani nella linea Gotica.Testimonianze in RB5, pp.399-415.

Ca’ di Malanca, Battaglia di. Nei primigiorni dell’ottobre 1944, quando gli allea-ti rallentarono l’offensiva verso Bologna,il grosso della 36a brg BianconciniGaribaldi, al comando di Luigi Tinti*, sitrovava in una zona a sud di Brisighella(RA). Il giorno 10 fu deciso di attraversa-re le linee partendo da S. Maria diPurocielo (Brisighella - RA) e di seguire ilsentiero di Ca’ di Malanca. A metà del tra-gitto sulla colonna partigiana cominciaro-no a cadere le cannonate dei tedeschi e,poco dopo, quelle degli inglesi, i quali,evidentemente, ritenevano che fosserotruppe nemiche. I partigiani furonocostretti a ritirarsi aprendosi la stradacombattendo. La mattina dell’11 furonoattaccati dai tedeschi tra Ca’ di Malanca eMonte Colombo. Sempre combattendo, siritirarono verso Poggio Termine dove sitrincerarono e attesero l’assalto dei tede-schi la mattina del 12. Dopo 6 ore di com-battimento il nemico si ritirò. Questoscontro, nel quale persero la vita numero-si partigiani, fu uno dei principali episodidella battaglia, durata più giorni, svoltasia S. Maria di Purocielo. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: 36a brg BianconciniGaribaldi.

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Caffè Librenti di Corticella, Attentato al.Il 18.4.1922 fu lanciata (forse da anarchici)una bomba nella “Trattoria Garibaldi” aCorticella (una frazione di Bologna), notacome il Caffè Librenti, dal nome del gesto-re Amedeo Librenti, un esponente fascista.Nell’incidente restò ferita alle gambe lafiglia del gestore, Albertina. I carabinieriarrestarono Giuseppe Bedosti, CelsoGotti, Teodoro Maccaferri, Aldo Mengolie Giovanni Terzi, subito rilasciati. In segui-to furono arrestati e denunciati AlbertoBonfiglioli*, Elia Gasparini, PietroGhinazzi*, Arturo Guidi*, Adelio Tosi*,Amedeo Verardi*. Furono inoltre denun-ciati, in stato di latitanza, FrancescoAndalò* e Alberto Fabbri*. L’8.2.1924furono processati e condannati: Bonfiglioli1 anno e 8 mesi; Gasparini 5 anni;Ghinazzi 20 anni; Guidi 16 anni e 8 mesi;Tosi 5 anni. Verardi fu assolto. Il 9.2Andalò ebbe 16 anni e 8 mesi e Fabbri 24anni. [O]

Caffè Olmo, Attentato al. Il 21.4.1922 -molto probabilmente per pareggiare ilconto con quella gettata il 18 nel CaffèLibrenti di Corticella - i fascisti gettaronouna bomba nella sala del Caffè Olmo, fuoriporta S. Vitale, noto ritrovo di militantisocialisti. Restarono feriti GiuseppeBaroncini*, Adelmo Benassi*, MarinoFabbri*, Marino Giovannini*, DomenicoMargelli*, Augusto Tolomelli* e AdolfoVannini gerente del locale. I carabinieriarrestarono i fascisti Leopoldo Martini,Virgilio Martini, Pio Mongardi, UmbertoMonti e Adelmo Nerozzi. Furono in segui-to prosciolti e liberati. [O]

Calderino, Eccidio di. Il 27.8.1944 il repar-to della brigata nera di stanza nella valle delLavino operò un grande rastrellamentonella zona compresa tra Monte San Pietroe Castello di Serravalle. Catturano oltreuna trentina di persone, tra partigiani della63a brg Bolero Garibaldi e civili, e le por-tarono a Calderino (Monte S. Pietro). Nefurono scelte 5 subito fucilate nell’alveo deltorrente Lavino. Queste le vittime: i fratel-

li Giuseppe* e Primo Fenara*, LiberoGrandi*, Valter Mignani* ed Elio Roda*. Ilgiorno dopo lo stesso reparto di brigatenere compì un secondo rastrellamentonella stessa zona e fucilò 4 persone aCrespellano. [O]

Cambio del nome. Con la legge n.383dell’8.3.1928, dal titolo “Norme per disci-plinare la imposizione dei nomi e delledenunzie delle nascite”, il regime fascista siarrogò il diritto di mutare e di non faremettere in futuro i nomi di battesimo cheavevano un significato politico. Nell’art.1 silegge: «Negli atti di nascita è vietato diimporre cognomi come nomi, di imporrenomi e, per i figli di ignoti, anche cognomiridicoli o vergognosi, o che rechino offesaall’ordine pubblico, o al sentimento nazio-nale o religioso o che siano denominazionigeografiche di luoghi». E nel 3°: «Gli attidi nascita che saranno redatti in difformitàdell’art.1 sono rettificati di ufficio» [...]«Sono pure rettificati di ufficio a norma delcomma precedente gli atti di nascita di per-sone tuttora viventi, anche se redatti ante-cedentemente alla presente legge, quandocontengano nomi che rechino offesa all’or-dine pubblico, o al sentimento nazionale oreligioso». In base a questa legge i nomi dimolte persone furono mutati. Dopo laLiberazione gli interessati dovettero inizia-re un non facile iter burocratico per riave-re il vecchio nome. Non è possibile dire aquante persone fu mutato il nome. Oc-correrebbe fare un controllo in tutti gliuffici anagrafici dei 60 comuni bolognesi,per un arco di tempo di circa 15 anni. E poimancherebbero i nomi che i genitori ave-vano scelto e che non poterono dare.Questi alcuni esempi: Atea Brini* di Imoladivenne Ada; Ateo Brini* di Imola divenneNino; a Spartaco Paolo Cesare Bugini* diCasalecchio di Reno fu tolto Spartaco;Marat Gardelli di Imola divenne Mario;don Libero Nanni* di Bologna divenneGiuseppe; Pensiero Sportelli* di Imoladivenne Domenico; Risveglio Sportelli* diImola divenne Ignazio. Il cambio del nomeavveniva sulla base di una sentenza del tri-

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bunale civile, al quale si rivolgevano leamministrazioni comunali. S’ignora se icomuni si muovevano di loro iniziativa(dopo avere controllato i nomi di battesi-mo) o su sollecitazione delle sezioni comu-nali del PNF. Secondo il ricordo di alcuni,pare che fossero le autorità scolastiche aindicare i nomi “sovversivi” da cambiare.Vediamo il caso di Spartaco Bugini.Quando nacque, il 10.1.1920, fu denuncia-to in comune come Spartaco, mentre dal-l’atto di battesimo risulta che ebbe i nomidi Spartaco Paolo Cesare. Il 15.5.1928 nelregistro degli atti di nascita, nella paginadove sono annotati gli estremi della suanascita, fu aggiunto: «Con Sentenza 30aprile 1928 il Tribunale Civile di Bologna,trascritta su questi registri di nascita, anno1928 N.5 parte 2a Serie B, nell’atto decon-tro, al quale del neonato “Spartaco” èsostituito l’altro di “Paolo”». Quando lapersona aveva un solo nome, e non trecome Bugini, quello nuovo era scelto d’uf-ficio. Non è noto se i genitori erano inter-pellati sulle eventuali preferenze. [O]

Camera confederale del lavoro, (CCdL).Fu costituita a Bologna l’1.6.1892 e si chia-mava Camera del lavoro. La gestazionenon era stata breve né facile, anche perchéla Camera di commercio aveva tentato dicontrollarne la nascita. Fu promossa dallaSocietà operaia, con il contributo delComune e della Provincia (allora ammini-strati dal partito conservatore), oltre chedalla Banca popolare di Bologna. L’articolo2 dello Statuto recitava: «La Camera delLavoro ha per iscopo di servire d’interme-diaria fra l’offerta e la domanda del lavoro,di fare studi sulle condizioni generali dellavoro nazionale e dei lavoratori in rappor-to anche all’estero e di patrocinare gli inte-ressi dei lavoratori in tutte le contingenzedella vita». Sin dall’inizio fu diretta da sin-dacalisti iscritti al PSI, anche se non eranopochi gli anarchici. Ufficialmente era apo-litica. Sin dai primi anni di vita la CdL subìle conseguenze della politica reazionariadei governi dell’epoca. Nel 1894 il segreta-rio Gaetano Benzi fu arrestato perché

accusato di fare parte del Fascio dei lavo-ratori. Nel 1898 fu sciolta durante la rea-zione del governo Pelloux e molti suoi diri-genti finirono in carcere, compreso ilsegretario Romeo Mingozzi. Nel primodecennio del secolo XX - quando divenneil centro coordinatore di tutte le leghe sin-dacali della provincia - organizzò la stra-grande maggioranza dei lavoratori bolo-gnesi. La sua attività fu spesso rallentatadal contrasto tra l’ala socialista e quellaanarco-sindacalista, soprattutto nel 1909,quando l’anarchico Pulvio Zocchi divennesegretario. Essendo divenuto insanabile ilcontrasto, il 10.11.12 le leghe a maggioran-za socialista si riunirono in congresso el’1.12.12 uscirono dalla CdL e diedero vitaalla CCdL. Alessandro De Giovanni eCarlo Gaviglio* divennero dirigenti delnuovo organismo. Più di 40 mila lavoratoriaderirono alla CCdL e 14 mila restarononel vecchio organismo che da allora fuchiamato la Vecchia camera del lavoro. LaCCdL era forte soprattutto nelle campa-gne, mentre l’altra aveva un certo seguitotra muratori e metallurgici. Negli anni dellaguerra 1915-18, in accordo con l’ammini-strazione comunale socialista, promosseiniziative solidaristiche per assistere lefamiglie dei richiamati e dei caduti in guer-ra. Per questo, nel dopoguerra fu accusatadai massimalisti del PSI, dai comunisti edagli anarchici di avere fatto “opera di col-laborazione” con il governo. Ma fu laCCdL, proprio negli anni della guerra, cheriuscì a conquistare il primo contratto pro-vinciale per i braccianti, la categoria piùnumerosa in quell’epoca. Gli iscritti, scesi a30.002 nel 1915 e a 23.847 nel 1916 per irichiami alle armi - non si conoscono i datiper il 1917 e il 1918 - risalirono a 70 milanel 1919, per raggiungere quota 100 milanel 1920. Contro la CCdL - l’organizzazio-ne sindacale più rappresentativa e combat-tiva - si scatenò sin dall’inizio la reazionefascista. La mattina del 4.11.18 - mentre incittà si svolgevano manifestazioni di giubi-lo per la fine della guerra - numerosi mili-tari e interventisti in borghese tentarono dipenetrare nella sede di via Cavaliera 22

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(oggi via Oberdan). Nel pomeriggio del15.6.1919, al termine di un’imponentemanifestazione di lavoratori della terra,numerosi ufficiali aderenti al Fascio dicombattimento e ai Sempre pronti per lapatria e per il re assalirono la sede e spara-rono molti colpi di rivoltella, senza riuscirea penetrarvi. La sera del 4.11.1920 i fascistiassalirono la nuova sede - in via d’Azeglio43 - e questa volta riuscirono a penetrarvi,grazie alla viltà del segretario ErcoleBucco. Qualche giorno prima, quando ifascisti avevano annunciato che avrebberofesteggiato il secondo anniversario dellavittoria assalendo la CCdL, Bucco decise difare difendere la sede sindacale da 96“guardie rosse” di Imola, armate di pistolee fucili. Come lui, appartenevano alla fra-zione comunista dell’ala massimalista delPSI. Quando i fascisti, alle ore 24 del4.11.1920, assalirono la sede sindacale, siebbe un modesto scambio di colpi di rivol-tella. Mentre gli squadristi si stavano riti-rando, Bucco si fece consegnare le armidalle “guardie rosse”, le nascose e chiesetelefonicamente l’intervento della polizia.Gli agenti penetrarono nella sede sindacalee, una volta trovate le armi, arrestarono le“guardie rosse”. In carcere finirono ancheBucco e Francesco Quarantini*, entrambiparlamentari. Rimasti padroni del campo, ifascisti misero a sacco la sede sindacale. Alposto di Bucco - che rassegnò le dimissioni- andò Francesco Amateis*. Nella notte trail 24 e il 25.1.1921 i fascisti - per vendicaredue camerati morti in uno scontro aModena - incendiarono la sede di viad’Azeglio e pugnalarono l’amministratoreGiorgio Oppi*, che tentava di opporsi. Lasede sindacale fu incendiata anche il27.5.1922 e il 6.8.1922. La prima volta ifascisti volevano vendicare la morte delcamerata Celestino Cavedoni, morto aseguito dello scoppio prematuro di unabomba che stava lanciando contro unacooperativa, e la seconda FerdinandoGiorgi morto in circostanze non chiare.Dopo la scissione comunista del 1921, laCCdL continuò a essere l’organizzazioneunitaria dei lavoratori, pur subendo le con-

seguenze della divisione politica. Nel 1925il prefetto la sciolse con decreto. Tra il1920 e il 1926, quando il fascismo divenneregime, una ventina di dirigenti e attivistisindacali furono uccisi e alcune centinaiasubirono aggressioni e bastonature.Durante la lotta di liberazione - dopo lafirma del Patto di Roma, che aveva datovita alla CGIL - a Bologna fu ricostituita laCCdL, su iniziativa del CLN oltre che delPCI, PSIUP, PdA e DC e pare anche delPRI. Il 10 e il 13.11.1944 nella chiesa diSanta Cristina, in via Fondazza, si tennerole riunioni per ricostituire la CCdL e laFederazione provinciale lavoratori dellaterra. Non si conoscono i nomi delle per-sone che vi presero parte. Pare che laprima segreteria della CCdL sia stata for-mata da Clodoveo Bonazzi* (PSIUP),Angelo Salizzoni* (DC) e Giorgio Volpi*(PCI) e che la prima segreteria dellaFederterra fosse formata da Salizzoni,Volpi e Giuseppe Bentivogli* (PSIUP).Non si conoscono i nomi dei rappresentan-ti del PdA. [O]B I B L I O G R A F I A . La Camera del lavoro diBologna nel suo primo anno di vita.Relazione della Commissione esecutiva,Bologna, 1894, pp.32; L. Arbizzani, Lacamera del lavoro di Bologna. Origine eprimi anni di vita (1889-1900), in “Movi-mento operaio e socialista”, n.3-4, 1962,pp.295-358; L. Arbizzani, La Camera con-federale del lavoro unitaria di Bologna nellalotta di liberazione (1944-45), in La brigatadi “Pampurio”, 2° Quaderno de “La lotta”,Bologna, 1963, pp.17-21; N.S. Onofri, Lagrande guerra nella città rossa; L. Arbizzani,Lotte e organizzazioni sindacali dei lavora-tori bolognesi dal 1922 alla liberazione, in“La Resistenza in Emilia-Romagna”,Bologna, 1966, pp.16-44; La Camera dellavoro di Bologna nella Resistenza (1944-1945); L. Arbizzani, Per l’80° della Cameraconfederale del lavoro di Bologna; N.S.Onofri, La strage di Palazzo d’Accursio;Momenti di lotta e di vita dei lavoratori. 80anni della Camera del lavoro di Imola;AA.VV., Il sindacato nel bolognese, LeCamere del lavoro di Bologna dal 1893 al

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1960; 100 anni sono un giorno. 1893-1993il centenario della Camera del lavoro diBologna nelle immagini dell’archivio stori-co. Testimonianze in RB1, RB2, RB3, RB5.

Canaglie rosse, Le, vedi: La barricata.

Casa del fascio di Argelato, Fucilazionealla. Nella notte dell’8.8.1944 una squadradi partigiani della 2a brg Paolo Garibaldi,guidata da Franco Franchini* “Romagna”,fece saltare con una potente carica la Casadel fascio di Argelato. Morirono 5 militi(Angelo Bianconi, Angelina Gianni, CarloGovoni, Giuseppe Nocentini, ArmandoStagni) e 15 restarono feriti. Nelle primeore del pomeriggio del 9 i fascisti rastrella-rono decine di persone e tra queste e altrearrestate nei giorni precedenti ne scelsero6. Le portarono davanti alla Casa del fascioe le fucilarono. Erano Luigi Fariselli*, Nel-lo Gamberini*, Enrico Landuzzi*, WalterScurzoni*, Oreste Vancini* e Giorgio Za-notti*. Subito dopo i fascisti si portaronoin località Larghe e qui uccisero i fratelliAttilio* e Luigi Chiarini* e bruciarono 37abitazioni. Lo stesso giorno furono fucilatiAdelmo Bernardi*, Cesare Grazia*, Alfon-so Marchesini* e Renato Tampellini*. [O]B I B L I O G R A F I A . Pietroburgo nella pianurabolognese. Documenti, testimonianze eimmagini su Argelato, Funo e dintorni, dal1859 in poi.

Casalecchio di Reno, Eccidio di. Al termi-ne dei numerosi scontri che la 63a brgBolero Garibaldi sostenne contro i tede-schi a Rasiglio (Sasso Marconi) e nella valledell’Olivetta - tra l’8 e il 9.10.1944 - 13 par-tigiani furono catturati, portati prima aMonte S. Pietro e quindi a Casalecchio diReno. Il 10 furono legati con filo spinato alcancello di una villa e agli alberi nei pressidel ponte della ferrovia, nell’attuale via deiMartiri. I tedeschi spararono alle gambe eli lasciarono morire tra inaudite sofferenze.Tutti erano stati torturati in precedenza. Imorti sono: 5 italiani Giacomo Dall’Oca*,Mauro Emeri*, Ubaldo Musolesi*, AlbertoRaimondi*, Gino Zacchini*; 3 partigiani

sovietici, Andrevic Marussa Filip*, Misca*o Miscia, Vassiliev o Wassiliev*; uno stu-dente in medicina nato in Costarica, CarloMartinez Collado* e quattro rimasti ignoti.

[O]BI B L I O G R A F I A. A. Belletti, Dai monti allerisaie. 63a Brigata Garibaldi “Bolero”; A.Tonelli, Tredici impiccati a Casalecchio, inAl di qua della Gengis Khan, pp.74-5; I 13di Casalecchio, in La Resistenza racconta,p.65; G. Zappi, Antifascismo e Resistenza aCasalecchio di Reno; P. Lodovisi inVentura, Quel che vidi il 10 ottobre, in ICasalecchiesi raccontano, p.181.

Casermone, Gli incidenti del. Con quest’e-spressione ci si riferisce agli scontri tralavoratori e polizia che avvennero in viaCartolerie angolo de’ Chiari, davanti allostabile - chiamato allora il Casermone - cheospitava il comando della Regia guardia dipubblica sicurezza, nota come la Guardiaregia, e che si conclusero con 7 morti: 2agenti e 5 manifestanti. Il 14.10.1920 inPiazza Umberto I (oggi piazza dei Martiri)si tenne una manifestazione promossa dalleorganizzazioni sindacali bolognesi per soli-darizzare con i prigionieri politici e prote-stare contro la politica del governo italianonei confronti della Russia rivoluzionaria.Parlarono Silvio Alvisi*, Clodoveo Bonaz-zi*, Ercole Bucco, Linceo Cicognani*,Errico Malatesta, Corrado Pini*, PietroVenturi*. Al termine, un rappresentantedel PSI annunciò che gli organizzatori sierano impegnati con la questura per evita-re cortei. Da un rapporto della questurarisulta che anche Malatesta era contrario alcorteo. Su iniziativa d’alcuni militanti anar-chici si formò una colonna che si recò inPiazza Vittorio Emanuele II (oggi PiazzaMaggiore). Dalla piazza, il corteo, con intesta le bandiere rosso-nere dell’anarchia,puntò sulle carceri di S. Giovanni inMonte. Davanti al penitenziario furono gri-date frasi di solidarietà con i detenuti poli-tici. Il giorno dopo “il Resto del Carlino”scrisse: «Nessun tentativo è stato fatto percercare di forzare il passaggio della Casa dipena». Qualche anno dopo il deputato

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fascista Angelo Manaresi ha scritto: «Unascarica parte dall’interno…» (A. Manaresi,Ricordi di Bologna rossa, in “NuovaAntologia”, vol. CCCLXIV, novembre-dicembre 1932). I manifestanti si disperse-ro nell’adiacente via de’ Chiari e quandotransitarono davanti al Casermone si ebbeuno scontro a fuoco con gli agenti, non sisa da chi provocato. Il tragico bilanciodegli scontri fu di 3 morti - 2 agenti e 1operaio - e di una quindicina di feriti. Inseguito morirono altri 4 lavoratori per leferite riportate. Restarono uccisi il viceispettore Giuseppe La Volpe e il brigadie-re Salvatore Calamasi. Riportarono feritegli agenti Vincenzo Antoniazzi ed EugenioQuiriti. Durante gli scontri morì l’operaioAugusto Fuzzi, il cui cadavere fu portatonella sede della CCdL. “L’Avvenired’Italia” scrisse che alla CCdL era stataportata anche la salma di Riccardo Azzoni,ma il 16.10.1920 precisò che era decedutosolo Fuzzi. Il 16.10 morì Calisto Vacchi peruna ferita da arma da taglio al ventre. Il17.10.1920 si spense Oreste Donati e il30.10.1920 Erminio Zucchini, candidatodel PSI al consiglio comunale. Vacchi, cheabitava a Castenaso, transitava casualmen-te in via Castiglione. Il 25.12, mentre eradetenuto nelle carceri di S. Giovanni inMonte, morì di nefrite Luigi Longhi, acausa delle percosse ricevute. Era statoarrestato durante lo scontro. Numerosiferiti presentavano ferite da arma da taglioe alcuni lesioni alle ossa prodotte dal calciodei fucili. I feriti più gravi furono EmilioAriatti, Franco Belluzzi, Mario Bompani,Bruno Calderara, Francesco Domenichelli,Arturo Guidi*, Armando Nerozzi*, LuigiReggiani*, Ferruccio Tantini*, AntonioVolpi, Dante Zucchini. Il 15.10.1920 ifascisti, al termine del funerale degli agen-ti, assalirono le sedi dell’Amministrazionecomunale e di quella provinciale e incen-diarono l’edicola dei giornali - gestita dalPSI - all’angolo tra via Ugo Bassi e piazzaNettuno. Inoltre spararono contro la salaBorsa in via Ugo Bassi, il cui bar era fre-quentato da socialisti, e uccisero il colonoGiuseppe Fabbri* che transitava casual-

mente. Per gli incidenti del Casermonefurono arrestate 32 persone, alcune dellequali subito rilasciate, come il dirigenteanarchico Arturo Rambaldi*. Alla vigiliadel processo furono prosciolti e liberati:Alberto Balboni, Franco Belluzzi, MarioBompani, Giuseppe Corazza, FrancescoDomenichelli, Albino Ferrarini, ArturoGuidi*, Renato Pulega, Ottavio Samoggia,Celeste Sanley, Armando Sarti, AugustoSerenari, Francesco Setti*, AntonioVenturi, Antonio Volpi, Vittorio Zaccaria,Dante Zucchini. L’11.7.1921 comparverodavanti alla Corte d’assise, per risponderedi omicidio, tentato omicidio e reati mino-ri, Emilio Ariatti, Giuseppe Atti*, BrunoCalderara, Primo Fini*, Agostino Minozzi,Armando Nerozzi*, Arturo Nerozzi*,Luigi Reggiani*, Cesare Sacchetti, Ferruc-cio Tantini, Luigi Venturi*. Il 16.7.1921 fuemessa questa sentenza: Atti 1 anno e 4mesi per porto di armi; Fini 1 anno, unmese e 10 giorni per porto di armi; NerozziArmando 8 anni, 4 mesi e 8 giorni per com-plicità in mancato omicidio; Nerozzi Ar-turo 12 anni, 3 mesi e 10 giorni per com-plicità in omicidio; Sacchetti 5 anni perporto di bomba; Venturi 12 anni, 3 mesi e10 giorni per complicità in omicidio. Assol-ti Ariatti, Calderara, Minozzi, Reggiani,Tantini. Il 18.7.1921 Romeo Vacchi* fuprocessato contumace e condannato a 30anni. Emigrò clandestinamente in URSS escomparve in un gulag sovietico, dove erastato deportato durante le purghe stalini-ste. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S. Onofri, La strage diPalazzo d’Accursio.

Casetta di Tiara. Il 10.5.1944 una pattugliadi 8 partigiani della 36a brg BianconciniGaribaldi, guidata da Giovanni Nardi*“Caio”, mentre era in marcia di trasferi-mento dal Monte Faggiola al Cimone dellaBastia, cadde in un’imboscata - tesa da 120militi della GNR e da SS - in localitàCasetta di Tiara (Firenzuola - FI). Due par-tigiani morirono subito, 4 furono catturatie uccisi sul posto e uno fu ucciso con uncolpo alla nuca mentre era tra le braccia del

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sacerdote Rodolfo Cinelli. Quasi tutti furo-no finiti a colpi di baionetta. L’ottavo,Maccarelli, rimasto gravemente ferito, fusoccorso da don Cinelli e trasportato primanella canonica e poi nell’ospedale diPalazzuolo sul Senio (FI). Nonostante lecure ricevute, morì 2 giorni dopo. I cadutisono: Sebastiano Bertozzi*, Dino Casali-ni*, Anselmo Collina*, Giuseppe Macca-relli*, Angelo Merlini*, Anselmo Morini*,Giovanni Nardi* e Celeste Samorè*. (O)BI B L I O G R A F I A. Vedi: 36a brg BianconciniGaribaldi.

Casteldebole, Battaglia di. Attaccata daitedeschi nei primi giorni dell’ottobre 1944a Rasiglio (Sasso Marconi), la 63a brgBolero Garibaldi subì durissime perdite.Gli invasori erano decisissimi a sloggiarlada una posizione strategica molto impor-tante nelle immediate retrovie del fronte.Dopo essersi spostata in altra zonadell’Appennino, a metà mese la brg rice-vette l’ordine di convergere su Bologna perprendere parte a quella che si riteneva l’im-minente insurrezione. Il comandanteCorrado Masetti* “Bolero” e il viceMonaldo Calari* “Enrico” decisero direcarsi a Bologna con il dist del Comandodel quale facevano parte una ventina d’uo-mini. Lungo il tragitto, i partigiani si apri-rono la strada combattendo, come a PonteRivabella (Monte S. Pietro), dove distrus-sero un posto di blocco. Nella notte tra il29 e il 30.10.1944 il gruppo giunse sullariva sinistra del Reno tra Tripoli (Casalec-chio di Reno) e Casteldebole (Bologna),dove era pronta una barca per traghettaregli uomini sull’altra sponda. A causa dellapiena, il fiume non fu attraversato e i parti-giani si nascosero nel capanno di una cavadi ghiaia, per ripararsi dalla pioggia. Laloro presenza fu notata da un delatore ilquale informò i tedeschi. Verso le ore 13del 30.10.1944 ingenti reparti di SS e para-cadutisti tedeschi circondarono i partigianii quali non si arresero e caddero combat-tendo, dopo avere resistito per oltre 3 ore.I partigiani feriti furono torturati prima diessere finiti. I 20 caduti sono: Gino Ada-

ni*, Monaldo Calari*, Pasquale d’Errico*,Renzo Fanti*, Enrico Franceschini*, Ka-raton* e Gregori partigiani sovietici,Corrado Masetti*, Arvedo Masetti*, AldoMurotti*, Giuseppe Magagnoli*, MarioMarchioni*, Marino Migliori*, AttilioPedrini*, Ubaldo Poli*, Luigi Rondine*,Volfango Seghi*, Franco Venturoli*, Co-stantino Testoni*, uno sconosciuto. Sisalvò Alessandro Ventura* “Fra Diavolo”perché, abitando a Casteldebole, la sera trail 29 e il 30 si era recato a salutare la madre.Intervenne nella battaglia uccidendo unufficiale e ferendo 2 soldati. Poi dovetteritirarsi. Fu arrestato e fucilato dai fascistialla vigilia della liberazione. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Belletti, Dai monti allerisaie. 63a Brigata Garibaldi “Bolero”; Co-mune di Bologna - Quartiere di Borgo Pa-nigale, 40° della Resistenza. Ottobre 1944-ottobre 1984. I 35 di Casteldebole.63a bri-gata Bolero Garibaldi; Comune di Bologna-Quartiere Borgo Panigale, Borgo Panigalenella storia; C. Bianchi, Il Reno brontola.Molte voci, una memoria. Testimonianze dilotte partigiane; I casalecchiesi raccontano.Cronache dell’altro secolo.

Casteldebole, Eccidio di. Frazione delcomune di Bologna, sulla riva destra delReno. Nella notte tre il 29 e il 30.10.1944un dist della 63a brg Bolero Garibaldi nonpoté attraversare il fiume in piena, mentreera diretto in città, e dovette sistemarsi allameglio in una cava di ghiaia. A seguito diuna delazione fu circondato da reparti diSS e paracadutisti tedeschi e annientato.Mentre era in corso questa battaglia, i tede-schi uccisero 5 persone che transitavanocasualmente nei pressi. I morti sono:Alfredo Galli*, Raffaele Merighi*, Augu-sto Pedrini*, Nello Santandrea*, EnricoSgarzi*. Nel pomeriggio e nella sera del30.10 i tedeschi rastrellarono 10 persone ele fucilarono il 31. I caduti sono: Mario Ba-iesi*, Ugo Borelli* (secondo altra versionevenne fucilato il 2.11.1944), Alfonso Calza-ti* (secondo altra versione venne fucilato il 31 a Bologna), Giuseppe Casagrande*,Afro Fiorini* (secondo altra versione fu

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impiccato), Vincenzo Gamberini* (secon-do altra versione fu impiccato il 31.10.1944),Medardo Lambertini*, Marco Marchesi-ni*, Filippo Montanari* e Giordano Pe-rini*. Il processo contro i responsabilinon fu celebrato perché il fascicolo giudi-ziario era finito nell’ “armadio della ver-gogna”. [O]B I B L I O G R A F I A . M. Franzinelli, Le straginascoste, Mondadori, Milano, 2002, p.163.Vedi: Casteldebole, Battaglia di.

Casteldebole, Incidenti di. Il 23.1.1921 laGuardia regia Radames Pasquali era ospitedel collega Mario Calossi a Casteldebole,una frazione di Borgo Panigale, alloracomune autonomo. Per ragioni non accer-tate - per astio verso gli agenti secondoalcuni, per questione di donne secondoaltri - il Calossi fu aggredito per la stradada 4-5 persone. In soccorso giunse ilPasquali. Dopo uno scambio d’insulti ilCalossi riuscì a riparare in uno stabile,mentre il Pasquali fu disarmato e uccisocon la sua arma. Alcune persone infieriro-no contro il cadavere. I giornali attribuiro-no al delitto un significato politico. Furonoarrestate una trentina di persone, 9 dellequali rinviate a giudizio. Il 14.2.1922 iniziòil processo contro Alberto Ferroni* peromicidio, e Cesarina Alboresi, AntonioAmici, Giuseppe Carati*, AlbertinaFrascaroli, Medardo Lambertini*, EneaPulega, Ernesta Rapparini e DuilioTagliavini* accusati di correità nell’omici-dio. Erano tutti detenuti, meno Carati rifu-giatosi nella Repubblica di S. Marino. Il22.2.1922 fu emessa questa sentenza:Alboresi 15 mesi; Amici 21 anni e 3 mesi;Ferroni 12 anni e 9 mesi (pena dimezzataperché minorenne); Frascaroli 9 anni e 7mesi; Lambertini 4 mesi e 15 giorni; Pulega8 anni e 4 mesi; Rapparini 8 anni, 6 mesi e15 giorni; Tagliavini assolto. Carati, contu-mace, fu processato il 23.2 e condannato a3 anni. [O]

Castelluccio, Eccidio di. Tra luglio e agosto1944 la brg Toni Matteotti Montagna preseparte ai combattimenti in difesa della

“repubblica partigiana” di Montefiorino(MO). Dopo essere state sconfitte dai tede-schi, le brgg partigiane si dispersero in variedirezioni. La brg Toni e le altre bolognesicercarono di raggiungere l’Alta Valle delReno, dove avevano le basi. A sua volta laToni si divise in due btg: uno puntò su Zocca(MO) e l’altro su Porretta Terme. Que-st’ultimo cadde in un’imboscata tedesca il12.8.1944 nei pressi di Castelluccio (PorrettaTerme) e 5 partigiani furono fatti prigionieri.Lo stesso giorno vennero fucilati. I cadutisono: Angelo Agostini*, Lino Degli Espo-sti*, Paul Henri Moscard*, Amos Menzani*e Germano Sabbadini*. [O]

Cavezzo, Eccidio di. Nelle prime settimanedell’aprile 1945, un reparto di alpini dellaRSI catturò un certo numero di partigiani aS. Giovanni in Persiceto e, dopo una brevedetenzione nella scuola di Lorenzatico, liconsegnò alle brigate nere della caserma delcapoluogo. Per più giorni furono torturati ealcuni, come Emilio Cocchi*, riuscirono adevadere. All’alba del 21.4, mentre polacchi eamericani entravano a Bologna, le brigatenere consegnarono a un reparto di SSAmleto Azzani*, Bruno Bencivenni*,Ernesto Bettini*, Adelio Cacciari*, WalterCasari*, Luigi Catalucci*, Mario Risi*, IvoVanelli*. All’ultimo minuto al gruppo dipartigiani fu aggiunto un fascista del quales’ignora il nome. Legati a due a due, i parti-giani e il fascista marciarono tutto il giorno,senza mangiare e senza bere, sempre scorta-ti dalle SS. A notte fonda, dopo avere attra-versato Crevalcore, arrivarono a Cavezzo(MO). La mattina dopo, all’alba la colonnasi rimise in marcia per raggiungere la stata-le del Brennero. Alle 11,30, nei pressi di uncascinale, in località Villafranca, 3 tedeschiprelevarono il fascista e fatte poche centi-naia di metri lo uccisero. I partigiani tenta-rono di darsi alla fuga, ma ad uno ad unofurono uccisi. Secondo altra testimonianza,le SS invitarono i partigiani ad andarseneliberi, ma, fatti pochi passi, li colpirono allespalle. Si salvò Azzani che riuscì a nascon-dersi nei campi. Un cippo ricorda i 7 marti-ri dell’ultimo eccidio nazifascista. [O]

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BI B L I O G R A F I A. Comune di San Giovanni inPersiceto, 40° anniversario della liberazio-ne, Aprile 1945 da Lorenzatico a Cavezzo;R. Barbieri, L’ultima infamia: l’eccidio diCavezzo, in Fascismo e antifascismo, Guer-ra, Resistenza e dopoguerra nel Persicetano,pp.536-8.

Cavina, Eccidio dell’infermeria di. Negliscontri che la 36a brg BianconciniGaribaldi sostenne con i nazifascisti a S.Maria di Purocielo (Brisighella - RA), tra il10 e il 13.10.1944, numerosi partigianirestarono uccisi e feriti. Quando la forma-zione, sotto la pressione tedesca, dovettespostarsi verso la provincia di Forlì, i feritiintrasportabili furono lasciati nella canoni-ca della chiesa di Cavina (Fognano - RA),dove, da qualche giorno, vi erano NinoBordini* “Gnaf” e Teodosio Toni “Tigre”.I nuovi arrivati erano Giovanni Borghi*“Gianni”, Alfonso Bagni* “Fonso”, PietroMuratori* “Carlino”, Luigi Rispoli*“Napoli”. Restarono con loro il medicoFerruccio Terzi*, lo studente in medicinaRenato Moretti* e gli infermieri, sia purenon professionali, Laura Guazzaloca* eSergio Giulio Minozzi*. Restarono ancheun ufficiale medico austriaco disertore chesi faceva chiamare Willi e due militari tede-schi feriti. Il 14.10.1944, quando i tedeschipenetrarono nella canonica, catturarono iferiti e i sanitari, ma non li fucilarono per-ché i due teutoni feriti dichiararono diessere stati risparmiati e curati. Per questoi tedeschi trasferirono i partigiani feriti nel-l’ospedale di Brisighella, dove si trovavanoaltri 5 partigiani pure feriti: Adelmo Brini*“Delmo”, Mario Guerra* “Mao”, RomoloMenzolini* “Bill”, Attilio Ottonelli* eIliano Pasciuti* “Leo”. (Non concordanole testimonianze sui nomi dei partigianicatturati a Cavina e su quelli che già si tro-vavano all’ospedale di Brisighella). Nellanotte tra il 16 e il 17.10.1944 le brigate neredi Faenza catturarono tutti i feriti e il per-sonale medico e li trasferirono - menoGuazzaloca e Toni - a Villa San Prosperodoveva aveva sede il loro comando.Torturati e bastonati per tutto il giorno 17,

il 18 furono portati a Bologna e fucilati alpoligono di tiro, tra il 18 e il 20.10.1944.Toni venne fucilato a Forlì e Guazzalocanel campo di Fossoli (Carpi - MO). [O]BI B L I O G R A F I A. F. Montevecchi, La Battagliadi Purocelo; N. Galassi, Partigiani nellalinea Gotica.

Cefalonia, Eccidio di. Cefalonia è un’isoladel gruppo delle Jonie davanti a Patrasso(Grecia). Fu occupata nel 1941 dalla divAcqui. Dopo l’8.9.1943 il presidio tedescodell’isola intimò all’Acqui di arrendersi. Ilcomandante non solo rifiutò la resa, ma il14 la intimò ai tedeschi. La risposta fu unviolento attacco aereo alle postazioni italia-ne, contro le quali fu sferrata una grandeoffensiva di mezzi corazzati. Pur combat-tendo con valore, gli italiani - inferiori perarmamento e privi di protezione aerea - il22 chiesero la resa, dopo avere perduto 55ufficiali e oltre 3 mila militari. I tedeschifucilarono 4.800 soldati e 341 ufficiali,compreso il comandante della div, dopo laresa. Altri 2 mila militari persero la vita, perl’affondamento della nave, mentre eranotrasportati sulla terraferma. I superstitidella div si unirono all’ELAS e preseroparte alla Resistenza contro i tedeschi. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Zavatti, I 9.000 di Cefalo-nia, Milano, Bèrben, 1946, pp.140; L.Ghilardini, I martiri di Cefalonia, Milano,Rizzoli, 1952, pp.179; Don R. Formato,Cefalonia: tomba e gloria di diecimila solda-ti italiani, in Il secondo Risorgimentod’Italia, 1954, pp.55-8; A. Raffaelli, Stellasu El Alamein e Cefalonia, Forlì,L’Orologio, 1960, pp.62; M. Venturi,Bandiera bianca a Cefalonia, Milano,Feltrinelli, 1963, pp.313; L. Ghilardini,Sull’arma si cade ma non si cede. I martiri diCefalonia e Corfù, Genova, 1965, pp.260;R. Formato, L’eccidio di Cefalonia, Milano,Mursia, 1968, pp.463; Comune di Bologna,La divisione “Acqui” a Cefalonia e Corfù.Settembre 1943 - Novembre 1944, Bologna,1975, pp.94; G. Giraudi, A Cefalonia e aCorfù si combatte, Milano, Cavallotti, 1982,pp.217; O.G. Perosa, Divisione “Acqui”,figlia di nessuno. Cefalonia-Corfù, settem-

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bre 1943, Merano, 1993, pp.161; LaDivisione “Acqui” a Cefalonia settembre1943, a cura di G. Rochat e M. Venturi,Milano, Mursia, 1993, pp.351; M. Filippi-ni, La vera storia dell’eccidio di Cefalonia:quello che gli italiani non hanno mai saputosulla tragica fine della Divisione Acqui,Casteggio, Grafica Maro, 1998, pp.220.

Cetnici. In lingua serba cetnico vuol direribelle e guerrigliero. Questo nome fuassunto dai serbi che, nei secoli scorsi, siribellarono contro i dominatori turchi. Nel1920 il nome fu dato al movimento delladestra monarchica, dopo la nascita dellaJugoslavia. Dopo l’occupazione dellaJugoslavia, nel 1941, da parte delle truppetedesche, italiane, ungheresi e bulgare, nelpaese si svilupparono due movimenti diresistenza: l’EPLJ che aveva un orienta-mento di sinistra e faceva capo a Tito, e ilGruppo dei cetnici, comandato dal genera-le Draza Mihajlovic, composto prevalente-mente di monarchici. Tra EPLJ e cetnici vifurono gravi contrasti, a scapito dellacomune causa antitedesca. [O]

Chiesa del Carmine d’Imola, La. Questachiesa, della quale era parroco don GiulioMinardi*, subito dopo l’8.9.1943 divenneil rifugio di molti militari sbandati. Con ilpassare del tempo don Minardi ospitò pro-fughi, militari alleati già prigionieri di guer-ra, disertori polacchi e russi arruolati forza-tamente dai tedeschi, ebrei, partigiani edirigenti politici ricercati dai fascisti.Queste vittime della guerra erano ospitatenella canonica e nel vicino istituto di S.Caterina, del quale don Minardi era diret-tore, dove risedevano i seminaristi e 160orfani. Nel periodo di maggiore affluenzala chiesa ospitò circa 350 persone. Per sfa-mare tante bocche il sacerdote diede fondoalle risorse del fondo agricolo “Casanuova” di proprietà della parrocchia. Il14.4.1945 nella chiesa si tenne una riunio-ne nel corso della quale il presidente delCLN Ezio Serantoni*, Natale Tampieri*comandante della brg SAP Imola e DantePelliconi* del dist imolese della 7a brg

GAP decisero l’insurrezione di Imola. DonMinardi ha avuto due alti riconoscimenti:lo Stato gli ha assegnato un’onorificenza almerito della Repubblica e l’Amministrazio-ne provinciale una medaglia d’oro comefilantropo e patriota. [O]BI B L I O G R A F I A. P. Schweitzer, Il Carmine diImola in tempo di guerra; R. Fiorentini, IlCarmine di Imola in Borgo S. Giacomo,Imola, Galeati, 1981, pp.373; A. Bassani, IlCarmine d’Imola e la Resistenza, in Imolamedaglia d’Oro; Don O. Giacomelli, Inovant’anni di don Giulio, Imola, 1988,pp.24; Comune di Imola, Don GiulioMinardi, Imola, 2000, pp.8; E. Gollini, N.Tampieri, Sole, Bianco e Mezzanotte. Imolatra guerra e ricostruzione (1940-1950).

Chiusa di Cavacchio, Eccidio della. Il 13 oil 14.12.1944 una quindicina di civili furo-no fermati dai tedeschi mentre tentavanodi attraversare la linea del fronte nei pressidi Vergato, per raggiungere l’Alta Valle delReno già liberata. Forse in una sola volta,ma è possibile anche in più riprese, furonotrucidati in località Chiusa di Cavacchio(Vergato). Solo di 10 si conoscono le gene-ralità. I corpi furono abbandonati e ricupe-rati molti mesi dopo. Le vittime identifica-te sono: Augusto Bonafede*, la moglieMaria Piretti* e i figli Angiolina*, Carlo*,Luciana* e Walter*; Pietro Laffi*; AdeleMinelli*; Giuseppe Muzzarini* e la figliaLivia*. Pare che nell’eccidio sia perita an-che Lucia Serenari*. Raffaele Nanni* e lamoglie Cleofe Rita Donati* - che, secondoalcuni, sarebbero stati uccisi a Cavacchio -vennero fucilati, lo stesso giorno, nella vici-na località di Boschi (Vergato). [O]

Ciclisti rossi. Era un’organizzazione politi-ca del PSI che operò dall’inizio del 1900all’avvento del fascismo. Nata in Emilia,nel 1911 si diede una struttura nazionale.Aveva due scopi: 1) la diffusione dellosport, come esercizio fisico per migliorareil corpo e la lotta contro lo «sportismo»,inteso come sport professionistico; 2) lapropaganda politica. Gruppi di militanti -quasi sempre giovani - nei giorni festivi si

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recavano in bicicletta nei centri della pro-vincia per organizzare comizi e manifesta-zioni di partito. All’avvento del fascismo, iciclisti rossi ebbero il compito di difenderegli oratori socialisti dalla violenza squadri-stica. Compiti analoghi svolgevano leGuardie rosse e i Lupi rossi. Il 22.9.1912ad Imola si tenne il primo convegno nazio-nale dei ciclisti rossi, i quali si recarono inbici nel centro romagnolo. Quasi tutti di-sponevano di una bicicletta marca “Avan-ti!”, costruita da una ditta bergamasca con-venzionata con il PSI. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Lorenzini, I ciclisti rossi. Iloro scopi e la loro organizzazione, Berga-mo, 1913, pp.32; S. Pivato, La bicicletta e ilsol dell’avvenire: sport e tempo libero nelsocialismo della Belle epoque, Ponte allegrazie, Firenze, 1992, pp.276.

Cimice, La. Durante la dittatura, gli antifa-scisti erano soliti chiamare cimice il distin-tivo del PNF portato all’occhiello dellagiacca. L’allusione a questo insetto immon-do era un chiaro giudizio politico, oltre cheun modo efficace per discreditare chi loportava. Nell’Imolese e in Romagna ildistintivo era chiamato la zecca, un insettonon meno immondo. Il distintivo fascistarappresentava la bandiera nazionale con alcentro il fascio littorio e al piede la siglaPNF. I giovani iscritti alla GIL (Gioventùitaliana del littorio) portavano un distintivocon i colori giallo e rosso e la lettera M, cheindicava il nome di Mussolini. [O]

Circolo socialista indipendente. Quando ilXIV congresso nazionale del PSI, riunitosiad Ancona nell’aprile 1914, stabilì l’incom-patibilità tra PSI e Massoneria, molti socia-listi dovettero scegliere. A Bologna la mag-gior parte dei militanti aderenti allaMassoneria uscì dalla “loggia”. Solo sei -Augusto Dal Mazzoni*, Lodovico Farné,Giovanni Frascari, Ugo Lenzi*, AurelioMinghetti* ed Emanuele Sacchetti -abbandonarono in PSI, dopo avere inviatouna lettera agli organi del partito, nellaquale affermarono di essere «convinti chela pretesa incompatibilità tra Socialismo e

Massoneria non può esistere». Anzichéespellerli, il PSI bolognese si limitò a pren-dere atto della lettera «interpretandolacome una esplicita dichiarazione di dimis-sioni dal partito». I sei costituirono ilCircolo socialista indipendente, che svolseuna limitata attività politica, per passarepoi in campo interventista nel 1915. AlCircolo aderirono, in seguito, l’ex radicaleGino Bondanini*, il socialista UlisseLucchesi*, che non era massone, e l’exanarchica Maria Rygier. Il Circolo - chenon si affiancò né aderì al Partito socialistariformista di Leonida Bissolati - si dissolsealla fine del 1915. [O]Bibliografia: N.S. Onofri, La grande guerranella città rossa.

Colle Ameno, Eccidio di. Dal 6.10 al24.12.1944 un comando tedesco s’installònella villa Ghisilieri, detta La Ghisiliera,edificata nel ’700 e di proprietà della fami-glia Rizzi, in via Porrettana, in localitàColle Ameno di Pontecchio (Sasso Marco-ni). Negli ampi scantinati della villa furonodetenuti numerosi rastrellati civili e parti-giani prigionieri. Pare - dalle scritte trovatesui muri - che non meno di 400 persone visiano transitate. Di queste, 19 furono ucci-se e inumate nel parco. Non tutte le salmesono state identificate. Il 18.10.1944, dopoessere stati rastrellati tra Marzabotto eSasso Marconi, vennero fucilati: PietroBeccari*, Leone Bonetti*, Gaetano Laz-zari*, Roberto Matarozzi*, Ionio Rubini*,Lodovico Vicinelli*. Delle altre 13 vittime -fucilate in epoche diverse - sono state iden-tificate le salme di Ferruccio Cavalli*,Ettore Comandini*, Giovanni Lanzarini*,Adelino Loiacono*, Augusto Melega* eDomenico Raimondi*. [O]BI B L I O G R A F I A. Testimonianza di G. Mar-chesi (p.319), in RB5.

Colonna Ascaso. Francisco Ascaso fu, conBonaventura Durruti, uno dei massimidirigenti del movimento anarchico catala-no. Cadde il 19.7.1936 a Barcellona(Spagna), combattendo contro i militaririvoltosi del generale Franco. Il suo nome

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fu dato al primo gruppo militare antifran-chista che si costituì a Barcellona e preseposizione al fronte il 23.8.1936 a Huesca. Aquella che fu chiamata in seguito laColonna Ascaso fu aggregata la ColonnaRosselli, il primo raggruppamento di volon-tari italiani accorso in Spagna nel luglio1936 promosso da Carlo Rosselli e CamilloBerneri. La Colonna Ascaso fu impegnatasul fronte d’Aragona. Domingo Ascaso, fra-tello di Francisco, pure lui dirigente delmovimento anarchico catalano, fu uccisonel maggio 1937 a Barcellona dagli agentidella polizia segreta stalinista. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: Battaglione e brigataGaribaldi in Spagna.

Colonna Durruti. Bonaventura Durruti fu,con Francisco Ascaso, uno dei principalidirigenti del movimento anarchico catala-no. Nel settembre 1936 - due mesi dopo l’i-nizio della guerra civile spagnola - promos-se a Barcellona un gruppo militare, nelquale si arruolarono anarchici spagnoli eitaliani. Forte di 3.000 armati, la ColonnaDurruti fu impiegata prima sul fronte inAragona e poi a Madrid. Il 20 o 21.11.1936Durruti cadde a Madrid, colpito prodito-riamente alla schiena mentre combattevacontro i franchisti. L’assassino doveva esse-re o un anarchico dissidente o un agentedella polizia segreta stalinista. Secondoaltra versione sarebbe stato colpito da uncecchino franchista. In seguito la colonnaconfluì nelle brgg internazionali. [O]B I B L I O G R A F I A . Un trentennio di attivitàanarchica, 1914-1945, Cesena, L’Antistato,1953, da p.215 in poi; R. Boussinot, Piccolaenciclopedia dell’anarchismo, Milano, Gar-zanti, 1970, p.77; A. Paz, Durruti e la rivo-luzione spagnola, Pisa, La Fiaccola, 2000, 2vol. di pp.479 e 312.

Colonna Rosselli, La. Il 18.7.1936 inSpagna si ebbe il colpo di stato del genera-le Franco. Tre giorni dopo Carlo Rosselli -il principale esponente del MovimentoGiustizia e libertà in esilio - promosse aParigi una riunione, alla quale invitò gliesponenti del PSI, PCI e PRI, per promuo-

vere un’iniziativa militare in difesa dellaSpagna repubblicana. Il PRI non interven-ne e PSI e PCI dissero che si sarebberoattenuti a quanto avrebbero deciso i partitiomologhi francesi. Nell’agosto un centi-naio d’italiani - tra i quali il bologneseLorenzo Giusti* - si trasferirono in Spagnae furono aggregati alla Colonna Ascaso. Diquella che sarebbe stata chiamata laColonna Rosselli o la Colonna italiana,facevano parte giellisti, socialisti e anarchi-ci. Il comandante era Rosselli, coadiuvatoda Mario Angeloni, suo vice, e AntonioCieri. Nella Colonna, pur non avendoresponsabilità, militò Camillo Berneri, unodei principali esponenti del movimentoanarchico italiano. La colonna aveva duebtg: uno di mitraglieri e uno di fanteria. Gliitaliani ebbero il battesimo del fuoco aMonte Pelato, in Aragona, il 28.8.1936.Nel corso dello scontro cadde Angeloni eRosselli rimase ferito. La Colonna restò inlinea sino all’aprile 1937, quando fu scioltae i militanti aggregati alla brg Garibaldi sulfronte di Madrid. La Colonna ebbe sino adun massimo di 350 uomini, 53 dei qualicaddero in combattimento. [O]BI B L I O G R A F I A. La Colonna italiana sezionedella Colonna Ascaso, in “Volontà”, n.10,1951, pp.496-501; Carlo Rosselli e la Cata-logna antifascista, a cura di A. Landuyt,Prato, Giunti, 1996, pp.123.

Comando piazza di Bologna. Sino allatarda primavera 1944 non esisteva in Italiaun comando unico che dirigesse la lotta diliberazione, ma solo un centro politicocome il CLN. Le formazioni partigianedipendevano dai partiti, quando non eranoautonome, anche se il CLN si sforzava didare un minimo di coordinamento. Fu solocon la nascita del CVL che l’esercito parti-giano ebbe un comando militare unificato,anche se dipendeva politicamente dal CLNAlta Italia. Contestualmente, in ogni regio-ne fu istituito un comando unico, il qualedoveva curare la formazione di comandiprovinciali incaricati di coordinare l’attivi-tà di quelli comunali. In Emilia-Romagnaogni attività militare fu affidata al CUMER,

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il quale dipendeva dal CLNER. In ognicittà fu costituito un Comando piazza. ABologna nacque l’1.8.1944 in un apparta-mento di via Procaccini. I suoi primi diri-genti, quasi tutti ufficiali dell’esercito, furo-no: col. Mario Trevisani* “Guido” coman-dante; col. Mario Guermani* “Guerra” ecol. Michele Imbergamo* vice; GiacomoMasi* “Giacomino” commissario politico ecol. Giuseppe Bonino* vice; ten. col.Giovanni Pascoli* capo di stato maggiore.Trevisani, ufficiale di carriera, era statonominato perché indipendente. Guermaniera del PSIUP, Imbergamo d’area cattolicae Masi del PCI. Qualche giorno dopo nelComando entrarono Cleto Benassi*“Vecchietti” del PSIUP ed Edo Godoli*del PRI, anche se, in quel periodo, questopartito non aderiva al CLN, come non viaderiva la DC. In seguito alcuni esponentifurono sostituiti, ma la struttura non mutò.Il Comando piazza - sostenuto dal CLNER- iniziò subito un vasto lavoro per indurretutte le brgg ad accettare la guida delCUMER. Non fu facile perché ogni forma-zione voleva mantenere le proprie caratte-ristiche di partito. La Matteotti città, adesempio, non rinunciò ad avere qualeemblema la falce e il martello, in luogodella stella a cinque punte del CVL. IlComando piazza preparò il piano insurre-zionale dell’autunno 1944, in previsione diquella che si riteneva l’imminente libera-zione della città. Suo - in accordo con ilCUMER - è il piano per il concentramentoin città della maggior parte delle brgg parti-giane. Quando l’esercito alleato si fermò alleporte di Bologna, dopo il proclamad’Alexander, dovette improvvisarne un altroper fare uscire dalla città i partigiani, senzasciogliere le brgg. Al tempo stesso, fu predi-sposto un piano per la guerriglia nei mesiinvernali, sia in città sia nei comuni dellapianura, mentre la collina era stata parzial-mente liberata. Nei primi mesi del 1945, conla riorganizzazione delle forze partigiane, ilComando piazza fu ribattezzato in Divi-sione Bologna pianura “Mario”. [O]

Comando piazza di Imola. Nella provincia

di Bologna, oltre al Comando piazza diBologna, fu costituito quello di Imola nelsettembre 1944. Aveva il compito di coor-dinare l’attività dei 3 btgg, Montano, Cittàe Pianura, che poi saranno unificati nellabrg SAP Imola-Santerno. Operava in stret-to collegamento con il CUMER e predi-spose i piani per l’insurrezione dell’autun-no 1944 e di quella della primavera 1945.Dopo l’arresto dell’avanzata alleata, ridus-se la propria attività per riprenderla in pri-mavera, quando, per l’insurrezione del14.4.1945, coordinò l’attività della brg SAPImola-Santerno e del dist imolese della 7a brg GAP Gianni Garibaldi. Questo ilgruppo dirigente: Luigi Spadoni* “Gige-tto” comandante; Natale Tampieri* “Bian-co” responsabile militare; Ezio Serantoni*“Mezzanotte” presidente del CLN; ElioGollini* “Sole” capo di stato maggiore eSIM; Primo Ravanelli* intendente; EmilioFuochi* “Nico” ufficiale di collegamentocon le brgg. In ottobre il comando fu assun-to da Amedeo Ruggi* e in dicembre daErcole Felici*. Aveva sede in un apparta-mento in via Fratelli Cairoli 9. [O]BI B L I O G R A F I A. Momenti partigiani imolesiin collina e città; Imola medaglia d’oro; E.Gollini, N. Tampieri, Sole, Bianco e Mez-zanotte. Imola tra guerra e ricostruzione(1940-1950); Sui luoghi della memoria.Guerra e Resistenza nel territorio imolese;E. Gualandi, Il contributo di Imola allaguerra di liberazione, in “Resistenza oggi”,n.5, giugno 2004, pp.51-4.

Comando unico militare Emilia Romagna,(CUMER). Nella primavera 1944 ilCLNAI diede vita al CVL, l’organizzazionemilitare del movimento antifascista checonduceva la guerra di liberazione. Il CVLdivenne la guida della lotta armata, al qualefacevano capo i vari comandi regionali, aiquali, a loro volta, facevano capo i coman-di piazza delle varie città. In Emilia - comesi chiamava allora l’attuale regione Emilia-Romagna - fu costituito il Comando unicomilitare Emilia Romagna. Operò ininter-rottamente dal giugno-luglio 1944 alla libe-razione. Il CVL riconobbe la piena opera-

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tività del CUMER il 9.7.1944, anche se fueffettivamente operativo nell’ultima setti-mana di luglio. Questa la sua struttura diri-gente principale: Ilio Barontini* “Dario”(PCI) comandante; Leonildo Cavazzuti*“Sigismondo” (DC), vice comandante;Gianguido Borghese* “Ferrero” (PSIUP),commissario politico (ma per qualchetempo fu vice comandante); GiuseppeScarani “Carega” (PdA), capo di statomaggiore; Cipriano Tinti* “Farbis” (PdA),responsabile del servizio informazioni;Giuseppe Beltrame* “Pino” (PCI), re-sponsabile del servizio sanità; RomeoLandi* “Michele” (PCI), capo serviziostampa; Ena Frazzoni* “Nicoletta”. Dellastruttura militare del CUMER fecero parte341 partigiani e alcuni patrioti. I cadutifurono 16 e 10 i feriti. Ebbe un giornale daltitolo “Il Combattente”. [O]BI B L I O G R A F I A. Ministero dell’Italia occupa-ta, Documenti n.2, Un mese di lotta armatain Emilia e Romagna, (Novembre 1944),Roma, 1945, pp.96; Id, Documenti n.3, Unmese di lotta armata in Emilia e Romagna,(Dicembre 1944), Roma, 1945, pp.84; Id,Documenti n.6, Bollettino delle azioni par-tigiane n.15 (15 dicembre 1944), Roma,1945, pp.59; per l’Emilia pp.43-8; Id,Documenti n.7, Bollettino delle azioni par-tigiane, n.16-17 (15 gennaio 1945), Roma,1945, pp.75; per l’Emilia pp.35-70; Atti delComando generale Corpo volontari dellalibertà. Dalla sua costituzione all’insurrezio-ne nazionale (giugno 1944-aprile 1945),Roma, 1946, p.18; G. Fanti, La chiamava-mo intendenza, in “Tempi nuovi”, n.7-8,1946; Dall’Archivio del CUMER, in“Tempi nuovi”, n.7-8, 1946; M. Giovan-nini, Segreteria del Cumer, in Epopea parti-giana, p.62; CUMER. Il “Bollettino milita-re” del Comando unico militare Emilia-Romagna (giugno 1944-aprile 1945); L.Casali, Il Cumer, in “I Quaderni diResistenza oggi”, supplemento al n.5 del2004 di “Resistenza oggi”, pp.31-3.

Combattente, Il. L’1.8.1944 uscì “Il Com-battente” organo ufficiale del CUMER,con il sottotitolo “Giornale dei Volontari

della Libertà - Comando Militare UnicoEmilia-Romagna”. Stampato nella tipogra-fia clandestina del PCI era redatto daRomeo Landi* “Michele”. Pubblicava gliordini e le risoluzioni del CUMER, reso-conti d’azioni partigiane nella regione enote per incitare i cittadini alla lotta controi nazifascisti. Uscirono 3 numeri, l’ultimodei quali all’inizio del 1945. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.239-42. I testi sono in RB2 pp.805-28.

Comitato di aiuto alla Spagna. Nell’agosto1936 - un mese dopo l’inizio della guerracivile spagnola, scatenata dai franchisti - sitenne a Parigi una grande manifestazioneinternazionale per studiare le misure daattuare in aiuto del legittimo governo iberi-co. Tra le altre cose, fu decisa l’istituzionedi un Comitato di aiuto alla Spagna.Molteplici i compiti di questo organismo,tra i quali il reclutamento di volontari perle brgg internazionali; la raccolta di fondiper sostenere lo sforzo bellico del governospagnolo; l’organizzazione e l’invio di cari-chi di armi; l’assistenza alle famiglie deicombattenti e ai rifugiati. Dirigente delcomitato fu l’italiano Giulio Cerreti. [O]

Comitato centrale di liberazione naziona-le, (CCLN). Tra la fine del 1942 e l’iniziodel 1943 in numerose città i partiti antifa-scisti diedero vita a comitati unitari - cheavevano i nomi più diversi - per dare ununico indirizzo alla lotta politica contro ladittatura. A Roma si chiamò Comitatodelle opposizioni antifasciste e, sin dall’ini-zio, assunse il compito di orientare e diri-gere gli altri comitati. L’autorevolezza gliderivava dalla statura politica dei suoimembri, più che dal fatto che avesse sede aRoma. Il 9.9.1943, il giorno dopo l’iniziodell’invasione tedesca, il Comitato assunseil nome di Comitato di liberazione nazio-nale e solo in seguito aggiunse la parola“centrale”. Era composto da Alcide DeGasperi (DC), Alessandro Casati (PLI),Ugo La Malfa e Sergio Fenoaltea (PdA),Pietro Nenni e Giuseppe Romita (PSIUP),

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Mauro Scoccimarro e Giorgio Amendola(PCI). All’unanimità fu approvato questodocumento che, di fatto, era una dichiara-zione di guerra alla Germania: «Nelmomento in cui il nazismo tenta di restau-rare in Roma ed in Italia il suo alleato fasci-sta, i partiti antifascisti si costituiscono inComitato di liberazione nazionale, perchiamare gli italiani alla lotta ed alla resi-stenza, e per riconquistare all’Italia il postoche le compete nel consesso delle liberenazioni». Sia pure a costo di faticosi com-promessi politici - perché i contrasti tra ipartiti erano numerosi sia per la conduzio-ne della guerra sia per le soluzioni politichedel dopoguerra - il CLN riuscì a rappre-sentare la volontà del popolo italiano, deci-so a riconquistare l’indipendenza naziona-le e le libertà politiche. Il CCLN conclusela sua attività il 6.6.1944, con la liberazionedi Roma. L’8.6.1944 una delegazione -composta dal presidente Ivanoe Bonomi,De Gasperi, Casati, Nenni, La Malfa,Scoccimarro, Fenoaltea e Meuccio Ruinidel Partito democratico del lavoro - s’in-contrò con una rappresentanza del gover-no e chiese «un governo del tutto nuovo».Il primo ministro Pietro Badoglio rassegnòle dimissioni e Bonomi lo sostituì. [O]BI B L I O G R A F I A. I. Bonomi, Diario di un anno:2.6.1943-10.6.1944, Milano, Garzanti,1947, pp.XL+204.

Comitato di difesa contadina. Nei ventimesi della lotta di liberazione furono pro-mossi numerosi scioperi nelle fabbriche enelle campagne. I lavoratori della terra - inparticolare braccianti e mezzadri - diederovita nei comuni ai Comitati di difesa conta-dina per imprimere un indirizzo unitarioalle lotte che nascevano in modo sponta-neo e non coordinato. Questi comitati ope-rarono attivamente nell’estate 1944 quan-do furono organizzate vaste azioni perdifendere il raccolto ed evitare che fosserazziato dai tedeschi. Questi organismi ces-sarono l’attività alla fine del 1944 dopo laricostituzione della Federazione provincia-le dei lavoratori della terra, il tradizionalesindacato dei mezzadri e dei braccianti che

aveva operato prima della dittatura fasci-sta. [O]

Comitato di liberazione nazionale, (CLN).Il Comitato di liberazione nazionale fu ilgoverno clandestino del popolo italianoche diresse la lotta contro i nazifascistinelle zone dell’Italia invase dai tedeschi.Dopo la costituzione di quello nazionale -che assunse il nome di Comitato centrale diliberazione nazionale - avvenuta a Roma il9.9.1943, ad iniziativa dei partiti antifasci-sti, in tutte le città italiane sorsero analoghiorganismi a base provinciale. In un secon-do tempo furono promossi quelli nei centriminori e quelli a carattere regionale. AMilano, oltre a quelli provinciale e regiona-le, nel febbraio 1944 fu costituito il CLNAlta Italia con il compito di dirigere - inparticolare dopo la liberazione di Roma - laguerra nelle regioni a nord della LineaGotica. [O]BI B L I O G R A F I A. Ministero dell’Italia occupa-ta, Documento n.1, I CLN nell’Alta Italia.Formazione e funzionamento, Roma, 1945,pp.34; M. Delle Piane, Funzione storica deiComitati di Liberazione Nazionale, Firenze,Le Monnier, 1946, pp.168; R. Battaglia,Storia della Resistenza italiana, Einaudi,Torino, 1953, pp.624; F. Catalano, Storiadel CLN, Bari, Laterza, 1956, pp.456; F.Catalano, I CLN come centri di autogover-no, Roma, 1964, pp.49; M. Delle Piane,Considerazioni sui Comitati di liberazionenazionale, in Storia dell’antifascismo italia-no, a cura di L. Arbizzani e A. Caltabiano,Roma, Editori riuniti, 1964, pp.276-84;Convegno dei comitati di liberazione nazio-nale, Torino, 1965, pp.255; G. Quazza, L.Valiani, E. Volterra, Il governo dei CLN,Torino, Giappichelli, 1966, pp.XVI+255;F. Catalano, Storia del Comitato di libera-zione nazionale Alta Italia, Varese,Bompiani, 1975, pp.437; P. Alberghi,Partiti politici e CLN, Bari, De Donato,1975, pp.613; Verso il governo di popolo.Atti e documenti del CLNAI (1943-1945), acura di G. Grassi, Milano, Feltrinelli, 1977,pp.551; A. Pizzoni, Alla guida del CLNAI:memorie per i figli, Torino, Einaudi, 1993,

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pp.XXXVI+328 (ristampato dal Mulinonel 1995); E. Collotti, Natura e funzionestorica dei comitati di liberazione nazionale,in Dizionario della Resistenza, Torino,Einaudi, vol.I, pp.229-241.

Comitato di liberazione nazionale AltaItalia, (CLNAI). A Milano, nei giorni suc-cessivi all’8.9.1943, il comitato antifascistasi trasformò in CLN. A differenza di quel-lo romano, era stato molto attivo durante ilbreve interregno badogliano e all’unanimi-tà aveva chiesto al governo la fine dellaguerra. Sin dall’inizio della Resistenza, ilCLN di Milano dimostrò d’essere moltopiù avanzato di quello romano, sia per laconduzione della guerra antitedesca, chedoveva essere totale, sia per le soluzionipolitiche da adottare nel dopoguerra. Acausa delle difficoltà per le comunicazionicon Roma, a poco a poco il CLN milaneseassunse un ruolo quasi autonomo e, difatto, divenne il centro motore d’ogni ini-ziativa bellica nelle regioni settentrionali. Il31.1.1944, con l’assenso del CCLN e delgoverno alleato, si trasformò in CLNAI edivenne il vero governo clandestino delpopolo italiano a nord della Linea Gotica.In accordo con il CVL predispose i pianiinsurrezionali nell’autunno 1944 e nellaprimavera 1945. Il 26.4.1945 assunse «tuttii poteri di amministrazione di governo perla continuazione della Guerra di liberazio-ne a fianco delle Nazioni Unite, per l’elimi-nazione degli ultimi resti del fascismo e perla tutela dei diritti democratici». [O]

Comitato di liberazione nazionale Emilia-Romagna, (CLNER). A Bologna, nel set-tembre 1942, fu costituito il Comitato uni-tario d’azione antifascista, su iniziativa delPSI, PCI e MUP. Nel giugno 1943 fu ribat-tezzato in Fronte per la pace e la libertà,dopo l’adesione del PdA, del PRI e di alcu-ni esponenti cattolici, a titolo personale.Durante il periodo badogliano il Frontesvolse un’intensa attività e curò la pubbli-cazione di 2 numeri clandestini di“Rinascita”. Del Fronte facevano parte irappresentanti del PCI, del PdA e del

PSIUP (nato dalla fusione tra PSI e MUP).Nei primi giorni dell’armistizio il Fronte siriunì numerose volte, in un appartamentodi via S. Felice e nella sartoria Dall’Alpi, invia Oberdan 6, gestita dalla moglie diArmando Quadri* del PdA. Il 16.9.1943 ilFronte mutò il nome in Comitato di libera-zione nazionale e, nei primi tempi, ebbecarattere provinciale. Primi dirigenti furo-no Carmine Mancinelli* del PSIUP,Leonildo Tarozzi* del PCI e MarioJacchia* del PdA. Nei primi mesi dellaResistenza, i membri del CLN mutaronospesso. Verenin Grazia* prese il posto diMancinelli, Massenzio Masia* e Quadriquello di Jacchia e Paolo Betti* quello diTarozzi. Secondo uno scritto di Grazia, delCLNER fece parte sin dall’inizio ancheFrancesco Colombo* del PRI. Dopo averepreso parte alle prime riunioni, il PRI siritirò, in obbedienza alla decisione delladirezione nazionale per la «pregiudizialeantimonarchica», non volendo collaborarecon il governo Badoglio emanazione dellamonarchia. Con il passare dei mesi il CLNdi Bologna assunse compiti di coordina-mento regionale e il 15.3.1944 mutò deno-minazione in CLNER o regionale. UnCLN provinciale fu ricostituito dopo laliberazione. Sino alla tarda estate del 1944il CLN regionale fu diretto da 3 partiti:PSIUP, PCI e PdA. Al CLN aderirono, maa titolo personale, alcuni esponenti cattoli-ci nella parte ovest della regione e militan-ti del PRI in Romagna. L’accordo dei 3 par-titi, sulla conduzione della guerra di libera-zione, fu sempre totale, salvo sulla tecnicadella guerriglia per l’eliminazione direttadei principali esponenti della RSI. La deci-sione di giustiziare i segretari provinciali delPFR della regione e i segretari comunali fupresa dopo lunga e non facile discussione.Negli ultimi giorni dell’agosto 1944 - quan-do gli alleati erano alle porte di Bologna - alCLNER aderirono la DC e il PLI. Il PRIaderì nel gennaio 1945. Negli ultimi giornidella lotta di liberazione il CLNER era cosìcomposto: Antonio Zoccoli* (PLI) presi-dente; Grazia (PSIUP) segretario; Giusep-pe Bentivogli* (PSIUP); Enrico Giussani* e

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Adriano Marzocchi* (PdA); Paolo Betti* eMario Peloni* (PCI); Filippo Cavazza* eAngelo Salizzoni* (DC); Filippo Ercolani*(PLI); Francesco Colombo* e UmbertoPagani* (PRI). Essendo andato perdutol’archivio del CLNER clandestino, non èpossibile ricostruire la storia del governodel popolo dell’Emilia-Romagna durante laResistenza. Sulla conduzione della guerra diliberazione ci fu sostanziale unità, salvo dueproblemi. DC e PLI non approvarono ladecisione di giustiziare i principali dirigentidella RSI. Inoltre minacciarono di usciredal CLNER se i rinati sindacati non avesse-ro interrotto le vertenze sindacali - rinvian-dole al dopoguerra - che avevano iniziatonelle campagne. [O]BI B L I O G R A F I A. F. Cavazza, Libertà e collabo-razione, Scritti vari 1942-1946; N.S. Onofri,I socialisti bolognesi nella Resistenza; L.Bergonzini, La Resistenza a Bologna.Testimonianze e documenti, vol I; L.Arbizzani, Manifesti, Volantini e delibera-zioni pubbliche dei Comitati Antifascisti e diLiberazione Nazionale nella Provincia diBologna (1942-aprile 1945), in “Bollettinodel Museo del Risorgimento”, Bologna,1967-1968, pp.83-176: P. Alberghi, Partitipolitici e CLN; V. Grazia, Organo di gover-no nella clandestinità in “Resistenza oggi”,1986, pp.123-8; N.S. Onofri, I giornalibadogliani e della RSI a Bologna (1943-1945); ID, Il triangolo rosso (1943-1947);ID, La lunga storia del C.L.N bolognese, in“I Quaderni di resistenza oggi”, supple-mento al n.5 del 2004 di “Resistenza oggi”,pp.27-30; ID, Bologna combatte.

Comitato di liberazione nazionale diImola. Subito dopo l’inizio della lotta diliberazione il Comitato unitario delle forzepolitiche antifasciste di Imola si trasformòin CLN. Inizialmente fu costituito da quasitutti gli esponenti del vecchio Comitatounitario. Poiché ci furono uscite di vecchipersonaggi ed entrate di nuovi, è impossi-bile seguire le composizioni del CLN.Dagli scritti di Giulio Miceti* e di UbaldoVenturi* si desume che nel CLN militaro-no, sia pure in periodi diversi, queste per-

sone: Antonio Cicalini*, Quinto Golinelli*,Egidio Lenci*, Francesco Sangiorgi* edEzio Serantoni* del PCI; Romeo Galli*,Nullo Gardelli*, Avanti Mancini*, Giu-seppe Maiolani*, Decio Marchesi*, GiulioMiceti* e Mario Tarlazzi* del PSIUP;Giacomo Casoni Dal Monte*, RemigioTuberosi* e Ubaldo Venturi* della DC;Primo Bassi* e Lodovico Vergendo* dellaFAI; Mansueto Cantoni* e Mario Neri* delPRI; Anselmo Galassi* del PdA; donGracco Musconi* e don Gaspare Bian-concini*; Nella Baroncini* dei GDD;Gianfranco Giovannini* del FdG e GuidoGualandi* della 36a brg Bianconcini. Neigiorni della liberazione fecero parte delcomitato Serantoni (presidente), Miceti(segretario), Baroncini, Bassi, Casoni DalMonte, Galassi, Giovannini, Gualandi,Lenci, Maiolani, Tuberosi e Vergendo.Tarlazzi fu per lungo tempo tesoriere.Numerose le sostituzioni avvenute dopo laliberazione. [O]

Comitato delle opposizioni di Bologna. Lamattina del 2.7.1924 il prefetto di Bolognainformò il governo che nel pomeriggio sisarebbe tenuta una riunione dei partitiantifascisti nello studio dell’on. MarioBergamo* per costituire un organismo uni-tario il quale avrebbe dovuto promuovereun’azione comune contro il regime fascista.Il prefetto fece presidiare lo studio diBergamo e in una successiva relazionescrisse che erano intervenuti gli on. LuigiFabbri* e Leonello Grossi* del PSI, l’on.Fulvio Milani del PPI, Mario Longhena*del PSUI, Giovanni Ghiselli* del PRI,Leonildo Tarozzi* corrispondente de“l’Unità” e Edmondo Montanari* del-l’”Avanti!”. Il giorno dopo il direttivo delPPI decise, con un documento pubblicatosui giornali, che non sarebbe più interve-nuto a simili riunioni. Il 18.1.1925 nellostudio dell’avv. Ugo Lenzi* si tenne unanuova riunione dei rappresentanti di parti-ti e gruppi politici antifascisti. Erano pre-senti: Longhena, Pericle Pelliccioni diDemocrazia sociale, Giovanni Bordoni*del PRI, Jonio Zuffi* d’Italia libera e Lenzi

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per la massoneria di vicolo Bianchetti 4aderente alla massoneria di PalazzoGiustiniani a Roma. Il PSI non fu presenteper un disguido. Il PPI non intervenne per-ché contrario alla presenza del PSI.S’ignora se il PCI sia stato invitato. Al ter-mine della riunione fu costituito ilComitato delle opposizioni, al quale aderìin seguito il PSI. (ASB, GP, 1925, b.1.418,cat.7, fas.1, “Comitato opposizioni”). Que-sto organismo, che avrebbe dovuto coordi-nare l’azione dei partiti antifascisti, si sciol-se dopo pochi mesi. [O]

Comitato pro vittime politiche. All’iniziodel XX secolo, e in particolare negli annidella guerra di Libia, nel Bolognese si ten-nero numerose manifestazioni antimilitari-ste promosse dalle organizzazioni politichedi sinistra e, in modo particolare, dal movi-mento anarchico. Numerosi furono i mili-tari perseguitati, i militanti e i redattori deigiornali antimilitaristi e anarchici denun-ciati. Per assistere queste vittime della “rea-zione borghese” e le loro famiglie, nel 1912il movimento anarchico bolognese costituìil Comitato pro vittime politiche. Il comita-to fu riattivato dopo l’avvento del fascismoper assistere i militanti anarchici imprigio-nati e perseguitati dal regime. [O]BI B L I O G R A F I A. “Sempre! Almanacco N. 2,(1923-1924) di ‘Guerra di classe’”.

Comitato unitario d’azione antifascista.Fu il primo organismo unitario dei partitiantifascisti bolognesi, oltre che uno deiprimi in Italia, con quello di Torino.Nacque nella seconda metà del 1942 -quasi certamente in settembre - quando ilcorso della guerra nel mondo era ancorafavorevole alle potenze nazi-fasciste. Fucostituito in via S. Vitale 42, nell’abitazionedi Corrado Martini. Erano presentiLeonida Roncagli*, Paolo Betti* eLeonildo Tarozzi* del PCI; AlbertoTrebbi* e Verenin Grazia* del PSI; PaoloFabbri*, Fernando Baroncini*, RenatoTega* e Giovanni Pilati* del MUP. Il com-pito del Comitato era di organizzare lalotta unitaria contro la dittatura, secondo

una linea comune concordata dai partitiantifascisti. Tarozzi, Baroncini e Trebbifurono incaricati di dirigerlo. Nella prima-vera del 1943 Gianguido Borghese* preseil posto di Baroncini arrestato. Nel giugno,con l’adesione del PdA e del PRI, ilComitato fu ribattezzato in Fronte per lapace e la libertà, per uniformarsi alla deno-minazione di un analogo organismo nato aRoma, che si chiamava Unione nazionaleper la pace e la libertà. I cattolici diederoun’adesione nominale. Ettore Trombetti hascritto che «anche se non rappresentati,furono considerati presenti». [O]BI B L I O G R A F I A. E. Trombetti, Ritorno allalibertà; N.S. Onofri, I socialisti bolognesinella Resistenza; L. Tarozzi, Come nacque aBologna il Comitato pace e libertà, in: P.Alberghi, Partiti politici e CLN, pp.339-346.

Comitato unitario delle forze politicheantifasciste di Imola. La mattina del27.7.1943, dopo la caduta del regime fasci-sta, una commissione di antifascisti imolesisi recò al comando del presidio militarelocale e chiese il permesso di organizzareuna pubblica manifestazione popolare.Facevano parte della commissione RomeoGalli*, Nullo Gardelli*, Decio Marchesi* eGiulio Miceti* del PSI; Mario Neri* delPRI; Eraldo Manuelli e don GraccoMusconi*. In attesa della risposta delcomando militare, la commissione si costi-tuì in comitato, al quale sono stati attribui-ti vari nomi. Secondo i più, si chiamòComitato unitario della forze politicheantifasciste. Secondo altri, Comitato unita-rio antifascista, Comitato cittadino delleopposizioni o Comitato cittadino antifasci-sta. Indipendentemente dal nome, il comi-tato divenne un organismo permanente. Diesso fecero parte: Guido Gualandi*,Quinto Golinelli*, Egidio Lenci*, AndreaMancini*, Francesco Sangiorgi* e NinoZani* del PCI; Silvio Alvisi*, Galli, Miceti,Marchesi e Giuseppe Maiolani* del PSI;Ubaldo Venturi della DC; Neri e MansuetoCantoni* del PRI; Francesco d’Agostino*,don Gracco Musconi* e don Gaspare

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Bianconcini* a titolo personale. Nel pome-riggio del 27 - con il permesso dei militari -nel prato della Rocca si formò un grossoconcentramento di cittadini che, in corteo,mossero verso piazza Vittorio Emanuele II(oggi piazza Matteotti). In testa - secondo ilresoconto della cronaca imolese del quoti-diano “Corriere Padano” di Ferrara - ban-diere tricolori e i ritratti di GiuseppeGaribaldi, Andrea Costa e GiacomoMatteotti. Quando transitò davanti all’o-spedale militare, dal corteo si levaronogrida di «Viva i nostri fratelli dell’esercito».Nella piazza parlarono Galli, Alvisi eLenci, i cui discorsi furono tagliati dallacensura. Dal resoconto risulta che rivendi-carono la libertà di pensiero e di stampa eche resero omaggio all’esercito. Al terminefurono cantati gli inni di Mameli e delPiave. Dopo l’8.9.1943, il Comitato furibattezzato in CLN. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Cenni, Imola sotto il ter-rore della guerra, 25 luglio 1943-14 aprile1945, p.166; AA.VV., Momenti partigianiimolesi in collina e in città; Imola medagliad’oro; N. Galassi, Imola dal fascismo allaLiberazione, 1930-1945; E. Gollini, E.Serantoni, N. Tampieri, Sole, Bianco eMezzanotte. Imola tra guerra e ricostruzione(1940-1950).

Commissario politico. Tipica figura deglieserciti rivoluzionari. Nato con la rivolu-zione francese, il commissario politicoebbe grande parte nella rivoluzione russadel 1917 e nella guerra civile di Spagna nel1936-39. Suo compito era di orientareideologicamente i combattenti, di propa-gandare le ragioni della guerra e di riani-mare chi palesava cedimenti. All’iniziodella lotta di liberazione ai comandantidelle brgg Garibaldi e Matteotti fu affian-cato un commissario considerato un pari-grado. Nelle formazioni GL fu chiamatocommissario di guerra, mentre questanuova figura non fu accettata nelle brggautonome e in quelle dirette da ufficialidell’esercito, per i quali vigeva il principiodell’”unità del comando”. Il commissariopolitico fu istituzionalizzato dal CVL il

19.7.1944. «Va chiarito anzitutto» - si leggenella circolare istitutiva - «che il commissa-rio politico presso le formazioni partigiane,a qualunque partito appartenga, non è maimembro del Comando in funzione di rap-presentante di un partito politico, bensì infunzione di rappresentante del Comitato diLiberazione Nazionale. Nelle formazionipartigiane nelle quali siano presenti volon-tari di diverse correnti politiche e quadriappartenenti a partiti diversi, la garanziadel reciproco controllo e di armonica colla-borazione e di autorità del Comando pres-so tutti gli appartenenti alla formazionesarà data non dalla esistenza di più com-missari, ma dalla composizione delComando nel suo insieme, che terrà contodi questa situazione». Quando, con i prov-vedimenti legislativi adottati dal governolegale, le brgg partigiane furono considera-te unità militari regolari dell’Esercito, icommissari politici furono chiamati com-missari di guerra. [O]BI B L I O G R A F I A. Atti del Comando generaleCorpo volontari della libertà. Dalla suacostituzione all’insurrezione nazionale (giu-gno 1944-aprile 1945), Roma, 1946, p.39;P. Secchia, I comunisti e l’insurrezione,Roma, Edizioni cultura sociale, 1954,pp.XXXVI+513; M. Legnani, Documentisull’opera di governo del CLNAI: la nominadei commissari, in “Il Movimento di libera-zione in Italia”, n.74, 1964, pp.47-77.

Commissione provinciale. Con le «Leggispeciali per la difesa dello Stato», del6.11.1926, il regime fascista diede unnuovo contenuto alla Commissione provin-ciale incaricata di assegnare al confino dipolizia i sovversivi o di ammonirli. Presie-duta dal prefetto o da un suo rappresen-tante, era così composta: un magistratodella procura, un funzionario della questu-ra, un ufficiale dei carabinieri e un ufficia-le della MVSN. Le decisioni, adottate in viaamministrativa, erano inappellabili. [O]

Compagna (Edizione clandestina). Duran-te la lotta di liberazione la commissionefemminile del PSIUP bolognese curò il

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periodico “Compagna”. Aveva il sottotito-lo “Giornale dei gruppi femminili aderential Partito socialista d’unità proletariaEmilia-Romagna”. Uscirono 4 numeri: iprimi due dattilografati e gli altri stampatinella tipografia del partito, in via Mazzini23. Uscirono il 30.11.1944; il 15.12.1944;l’1.1.1945 e l’1.3.1945. Direttrici del gior-nale - con la supervisione di Renato Tega*,responsabile della stampa socialista bolo-gnese - erano Rosina “Rosì” Giordano* eAurelia Zama*. Vi collaborarono TeresaAnzolla* in Bentivoglio, Lavinia Bassi*,Teresa Brussi* in Borghese, Marta Gottar-di*, le sorelle Fedra*, Jordis detta Lola* ePoljana Grazia* e Sara Lazzari*. Dopo laliberazione il giornale uscì con periodicitàmensile sino al dicembre 1945. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S. Onofri, I socialisti bolo-gnesi nella Resistenza, pp.215-228; L.Arbizzani, N.S. Onofri, I giornali bolognesidella Resistenza, pp.204-6. Testimonianzedi J. Grazia (p.71) e A. Zama (p.74) in RB2.I testi sono in RB2, pp. 863-87.

Comune, La. L’1.1.1944 a Imola uscì ilprimo numero de “La Comune” con il sot-totitolo “Settimanale comunista”. In segui-to il sottotitolo fu “Quindicinale comunista- Zona Imolese”. Uscirono 25 numeri, l’ul-timo dei quali, in novembre, fu redatto, manon stampato per l’arresto dello stampato-re Walter Tampieri* morto a Mauthausen(Austria). Il giornale fu promosso da AldoCucchi* “Jacopo”, Guido Gualandi* “ilMoro”, Antonio Meluschi* “dottor Morri”e Claudio Montevecchi* “Ido”. Fino al28.5.1944 il giornale fu diretto daMontevecchi e in seguito da Elio Gollini*“Sole”. Vi lavorarono, in vari periodi,Renata Viganò, Carlo Nicoli*, BrunoBrusa* e Luigi Spadoni*. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Viganò, Come collaborai -senza saperlo - al periodico “La Comune” diImola, in Stampa clandestina nellaResistenza bolognese, “Quaderno de ‘Lalotta’”, 1962, pp.7-10; La battaglia politicadei comunisti imolesi nelle pagine de “LaComune”. Gennaio-novembre 1944; P.Mondini, In 200 pagine ciclostilate la batta-

glia politica degli imolesi, in Garibaldi com-batte, “4° Quaderno de ‘La lotta’”, 1965,pp.43-6; L. Arbizzani, N.S. Onofri, I gior-nali bolognesi della Resistenza, pp.161-74. Itesti sono in RB2 da p.239 a p.403.

Comunità israelitica bolognese. Nata neglianni successivi all’Unificazione nazionalecome Associazione per l’esercizio del cultoebraico, la Comunità israelitica bolognese èla struttura che riunisce i cittadini di reli-gione ebraica, indipendentemente dal fattoche siano praticanti o no. Quella bologne-se è una comunità antichissima. Pare che iprimi ebrei siano arrivati a Bologna nel 200d.C. Sant’Ambrogio ha scritto che nel 392ricuperò nel cimitero ebraico di Bologna iresti dei protomartiri cristiani Vitale eAgricola. Secondo studi recenti, sarebberoarrivati attorno al Mille. In alcune crona-che si legge che furono espulsi da Bolognanel 1170. In altre ancora che arrivarono otornarono attorno al 1200. Sicuramente nel1366 furono rinchiusi, per la prima volta,nel ghetto, l’attuale zona compresa tra levie dell’Inferno, Valdonica, del Carro, S.Nicolò e Oberdan. Un cronista bologneseha scritto nel 1383 che le strade attorno avia dell’Inferno erano «Dette così per esse-re confuse & oscure, che rare volte i raggidi Febo quelle penetrano. Questa già fudata per stancia a li Ebrei, acciò vivi omorti stessero all’inferno» (G. Zanti, Nomiet cognomi di tutte le strade..., p.36). Pareche siano usciti dal ghetto dopo averepagato una forte somma. Vi furono ripor-tati nel 1417 dal vescovo Nicolò Albergati,il quale impose loro - secondo le prescri-zioni dei concili - di portare una pezza distoffa gialla sul petto, oppure un cappello oun mantello di colore giallo o rosso. Nel1421 agli ebrei fu imposta una tassa annuaper i «divertimenti degli scolari dell’Archi-ginnasio», una delle tante cui erano assog-gettati per avere la vita tranquilla.Nonostante le persecuzioni, la comunitàbolognese assunse una grande importanzareligiosa, culturale ed economica. Nume-rosi erano i banchi di credito in città e neicentri della provincia. Pure numerose le

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tipografie che stampavano libri religiosi edi cultura ebraica. A Bologna funzionavauna famosa scuola di studi talmudici. Lepersecuzioni contro gli ebrei dipendevanodalla benevolenza dei pontefici e dei vesco-vi. Nel 1458 furono nuovamente obbligatia portare un simbolo giallo sul petto - e ledonne un velo giallo in testa, come le pro-stitute - e nel 1550 rinchiusi nel ghetto. Il9.9.1553 a Roma, su ordine dell’inquisitoreG.P. Carafa, furono bruciati i libri e gliarredi sacri degli ebrei e pochi giorni dopola stessa operazione fu compiuta aBologna. Nel 1554, oramai in pieno climadi controriforma, Giulio III ordinò ilsequestro di tutti i libri sacri e degli arredi.Furono distrutti gli archivi e le bibliotecheebraiche e chiuse le tipografie nelle cittàdello Stato della chiesa. Divenuto papa nel1555, con il nome di Paolo IV, l’ex inquisi-tore Carafa rimise in vigore i decreti controgli ebrei, impose loro di risiedere nel ghet-to e di vendere le proprietà. A Bolognafurono rinchiusi nel ghetto l’8.5.1556, maliberati qualche anno dopo da Pio IV. Il22.7.1569 furono espulsi dalla città da PioV, il cui decreto fu revocato dal successore.Espulsi nuovamente nel 1575, poteronotornare nel 1585. Il 30.12.1593 nuova edefinitiva espulsione da Bologna. Poteronotornare nel 1796, quando fu proclamata laRepubblica Cispadana. Nel 1815, con larestaurazione pontificia, non furono cac-ciati, ma considerati «schiavi civili tollera-ti». Non avevano diritti e non erano censi-ti. Solo nel 1853 furono contati e risultòche erano 92. Non potevano possederecase fuori del ghetto ed esercitare le pro-fessioni di medico, avvocato, farmacista elibraio. Nel 1842 un Editto dell’Inquisi-zione confermò tutti i provvedimenti e idivieti contro gli ebrei e stabilì che nonpotevano «avere amichevoli relazioni coicristiani». Fu ancora l’Inquisizione che il23.6.1858 ordinò il “ratto” di EdgardoMortara di 6 anni. Nel 1852, quando avevaotto mesi, era stato “battezzato” con unbicchiere d’acqua da una domestica di 14anni, perché ammalato. Essendo stato con-siderato valido il battesimo, il ragazzo fu

sottratto alla famiglia, trasferito nella Casadei catecumeni a Roma e avviato al sacer-dozio. La piccola comunità partecipò alcompleto ai moti risorgimentali. Dopo il12.6.1859 - quando Bologna si liberò defi-nitivamente dalla dominazione pontificia -gli ebrei cominciarono a tornare e 10 annidopo erano 492. Non avendo luoghi perpraticare il culto, si riunivano nell’abitazio-ne di Lazzaro Carpi, residente nell’attualevia Cesare Battisti, dove - sia pure clande-stinamente - si incontravano per pregareanche prima del 1859. Quando fu sfrattato- perché il proprietario non voleva che l’a-bitazione fosse trasformata in luogo diculto - Carpi anticipò la somma per acqui-stare lo stabile di via Gombruti 1.140, ogginumero 9, dove ha sede la Comunità israe-litica bolognese e dove, in seguito, è statacostruita la Sinagoga. La vita dellaComunità si è sviluppata tranquillamentesino al 1938, quando il regime fascistaemanò le leggi razziali. A quell’epoca gliiscritti erano tra gli 826 e gli 890, un centi-naio dei quali stranieri. Gli adulti furonolicenziati dagli impieghi pubblici e i ragaz-zi cacciati dalle scuole. Tutti gli altri sub-irono gravissime limitazioni, tra l’indiffe-renza della città nella quale vivevano. Lachiesa bolognese - anche se, in un primomomento, il quotidiano cattolico si eradichiarato favorevole - disapprovò la legi-slazione razziale. Dopo l’8.9.43, quando itedeschi invasero l’Italia, il regime fascistacollaborazionista di Salò decise di conse-gnare l’intera comunità ebraica nazionalealle SS, pur essendo consapevole che lecamera a gas attendevano il popolod’Israele. In questa occasione i cittadinibolognesi - tutti, compresi alcuni fascisti -diedero una grande prova di coraggio e didignità, a differenza di quanto avvenutonel 1938. Furono promosse numerose ini-ziative per salvare gli ebrei. Per questoandò quasi a vuoto la retata che le squadrespeciali delle SS, con la collaborazionedella questura e dei carabinieri, organizza-rono dal 7 al 12.11.1943. Pare che gli arre-stati siano stati meno di 20 su oltre 800ebrei presenti a Bologna, anche se numero-

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si erano di altre città, se non addiritturastranieri. Altri furono catturati nei mesiseguenti, mentre il regime fascista seque-strò tutti i beni appartenenti a famiglie editte ebree. Furono 114 gli ebrei bolognesimorti nei lager nazisti o combattendo nellefile partigiane, 84 dei quali in piena comu-nione con la fede religiosa. (O)BI B L I O G R A F I A B O L O G N E S E. V. Ravà, Gli ebreiin Bologna. Cenni storici, Vercelli, 1872,pp.25+allegati; A. Loevinson, Notizie e datistatistici sugli ebrei entrati a Bologna nelsecolo XV, in “Annuario studi ebraici1935-1937”; G. Volli, Il caso Mortara nel-l’opinione pubblica e nella politica deltempo, in “Bollettino del Museo delRisorgimento”, Bologna, 1960, parteseconda, pp.1.085-1.152 ; A.M., Immaginidel passato ebraico, in “La Rassegna mensi-le d’Israel”, n.4, 1969; R. Bernardi, Lecomunità ebraiche dell’Emilia-Romagna,Parma, 1975, p.23; Breve storia dellaComunità di Bologna, a cura di N.Ottolenghi, Bologna, 1979, pp.9; A.I. Pini,Famiglie, insediamenti e banchi ebraici aBologna e nel Bolognese nella seconda metàdel Trecento, in “Quaderni storici”, n.54,1983; G. Sacerdoti, Ricordi di un ebreobolognese. Illusioni e delusioni, 1929-1945;L. Pardo, Lontano da qui, chissà dove, chis-sà quando... Vicende di ebrei a Bologna qua-rant’anni fa, in “Strenna storica bolognese”1985, pp.241-54; M. Momigliano, Autobio-grafia di un rabbino italiano, Palermo,Sellerio, 1986, pp.66; Cultura ebraica inEmilia-Romagna, a cura di S.M. Bondoni eG. Busi, Rimini, 1987, pp.706; N.S.Onofri, Ebrei e fascismo a Bologna; G.Caravita, Ebrei in Romagna, 1938-1945:dalle leggi razziali allo sterminio, Ravenna,Longo, 1991, pp.545; Banchi ebraici aBologna nel XV secolo, a cura di M.G.Muzzarelli, Bologna, Il Mulino, 1994,pp.336; R. Peri, Mario Finzi (Bologna 1913- 1945 Auscwitz): o del buon impiego dellapropria vita; Verso l’epilogo di una convi-venza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, acura di M.G. Muzzarelli, Giuntina,Firenze, 1996, pp.301; I frammenti ebraicia Bologna. Archivio di stato e collezioni

minori, a cura di M. Perani e S. Campanini,Firenze, Olschki, 1997, pp.162; D. Kertzer,Prigioniero del Papa Re, Milano, Rizzoli,1996, pp.464; L’applicazione della legisla-zione antisemita in Emilia Romagna, a curadi V. Marchetti, Bologna, Il nove, 1999,pp.292; A. Grattarola, Libertà religiosa eprincipi di eguaglianza. A proposito di unaeredità contesa, in “Bollettino del Museodel Risorgimento”, Bologna, 1999-2000,pp.103-176; Vita religiosa ebraica a Bolognanel Cinquecento. Gli statuti della Confra-ternità dei solerti, a cura di N. Perani e B.Rivlin, Firenze, Giuntina, 2000, pp.124; L.Pardo, D. Sigal, Iscrizioni ebraiche aBologna. Stili e contenuti delle epigrafi tom-bali, in “Il Carrobbio”, 2000, pp.83-109;La sinagoga di Bologna. Vicende e prospetti-ve di un luogo e di una presenza ebraica, acura di L. Pardo, Bologna, Pendragon,2001, pp.31; La cattedra negata. Dal giura-mento di fedeltà al fascismo alle leggi razzia-li nell’università di Bologna; La culturaebraica a Bologna, tra medioevo e rinasci-mento, a cura di M. Perani, Firenze,Giuntina, 2002, pp.205; G.P. Brizzi, Silenceand Remembering.

Concentrazione nazionale democratico-liberale. Era un’organizzazione politicacostituita nel 1944 a Roma da alcuni espo-nenti liberali usciti dal PLI. Dopo laLiberazione la Concentrazione confluì nelPartito nazionale monarchico. Fu promos-sa e diretta da Alberto Bergamini*. [O]

Concordato Paglia-Calda. È comunementechiamato Concordato Paglia-Calda il pattostipulato il 25.10.1920 tra la Federazioneprovinciale dei lavoratori della terra - laFederterra - e l’Associazione degli agricol-tori bolognesi dopo un’agitazione durata10 mesi. Rispetto alle lotte contadine diquel periodo, fu insolita non solo per l’ec-cezionale durata, ma per l’impostazione difondo. Nella storia delle campagne italianenon esiste una vertenza analoga. LaFederterra era partita dal presupposto chefosse giunto il momento di promuovereun’agitazione unitaria per braccianti e mez-

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zadri, anche se erano profondamentediversi gli obiettivi cui miravano le duecategorie. I coloni - mezzadri, affittuariecc., che nel bolognese non superavano le12 mila famiglie, ma la cifra esatta non ènota - erano da sempre interessati ad otte-nere un diverso riparto della quota di pro-dotto da dividere con l’agrario mentre gliaffittuari chiedevano di pagare un affittopiù basso. I braccianti - che nel bologneseerano tra i 60 e i 70 mila - miravano a unaumento della tariffa oraria e ad una ridu-zione dell’orario di lavoro, indipendente-mente dal fatto che l’onere fosse addossatoall’agrario o ai coloni. Essi lavoravano agiornata - ma non ne facevano mai più di100-120 l’anno - sia nelle grandi aziendecondotte in economia sia nelle piccoletenute mezzadrili. Per questo mezzadri ebraccianti avevano sempre procedutoseparatamente, quando non in contrastotra loro, anche se - secondo la terminologiadel tempo - l’avversario di classe era comu-ne. Gli agrari consideravano i mezzadri unammortizzatore sociale sul quale scaricarele spinte rivendicative dei braccianti, lacategoria più povera e numerosa. Da sem-pre riuscivano a giocare una categoria con-tro l’altra, per difendere il loro interesse.Nel corso della campagna agricola i mezza-dri, se occorreva, potevano assumeremanodopera bracciantile, ma la dovevanopagare di tasca propria. Per evitare que-st’onere, i coloni preferivano fare ricorsoallo scambio d’opera con altri mezzadri - lazérla, come si dice in dialetto - anzichéassumere braccianti. Invano chiedevano datempo al padrone di poter dividere a metàqueste spese che contribuivano ad aumen-tare la produzione. Inoltre, negli anni incui i braccianti riuscivano a spuntare buoniaumenti salariali, gli agrari paventavano laminaccia di frazionare e appoderare legrandi aziende in economia. Facevano laminaccia opposta quando i mezzadri otte-nevano qualche conquista, come nel 1908quando ebbero il primo patto provincialescritto. Nel 1920, quando impostò una ver-tenza agraria di tipo nuovo, per evitare ivecchi dissidi, la Federterra si preoccupò

di due cose: 1) occorreva stabilire un’al-leanza solida tra le due categorie; 2) occor-reva studiare 4 contratti di lavoro (permezzadri, affittuari, braccianti e boari) chefossero coordinati e non in contrasto traloro. La preparazione - che occupò buonaparte del 1919 - non fu facile, anche seun’analoga agitazione era stata sperimenta-ta nel 1914 su scala comunale a Molinella(cfr. Guarda, Eccidio di). Nel gennaio 1920circa 9 mila coloni - la stragrande maggio-ranza di quelli bolognesi, meno quelli delcomprensorio imolese, che avevano altripatti, e quelli aderenti alle Fratellanze colo-niche di orientamento cattolico - inviaronouna lettera ai rispettivi “padroni” perannunciare che il vecchio capitolato erascaduto e che delegavano la lega sindacalea contrattare il nuovo direttamente con ilproprietario. I proprietari agricoli rispose-ro che prendevano atto della comunicazio-ne, considerandola come una lettera diescomio, cioè di dimissioni. Pertanto icoloni, come prevedeva il contratto, sareb-bero dovuti uscire dai fondi il 31.10.1920.Inoltre, non accettarono l’inizio delle trat-tative con le leghe, fatto questo che avreb-be consentito di congelare la vertenza inattesa di un risultato: se fosse stato trovatoun accordo i coloni sarebbero rimasti, incaso contrario sarebbero “usciti”a fineottobre. In base al capitolato, da quelmomento e sino a quando avrebberolasciato il fondo, i coloni dovevano consi-derarsi “uscenti”. Pertanto avrebberodovuto eseguire solo i lavori di loro spet-tanza. L’altra parte, quelli di spettanza del-l’agrario, li doveva fare il colono “entran-te” o l’agrario, sia pure con l’impiego dibraccianti. Quando gli agrari cercarononuovi mezzadri per sostituire quelli che sen’andavano, non ne trovarono uno solodisposto a essere assunto. Tutti quelli delBolognese, infatti, si erano impegnati a nonaccettare la proposta degli agrari, se nonattraverso la lega, la quale era il solo eunico organismo abilitato - perché da lorodelegato, come prescrive la legge - a discu-tere e firmare il nuovo capitolato. Quelfronte così compatto nel rifiuto, fu una

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sgradevole sorpresa per gli agrari. Piùancora sorprendente per loro fu sentirsiopporre un nuovo rifiuto, quando chieseroai braccianti di eseguire i lavori del colono“entrante”. Era la prima volta, nella storiadelle campagne bolognesi, che i bracciantirifiutavano una grossa e insperata occasio-ne di lavoro, per sostenere la lotta dei mez-zadri. Questo fatto da solo era un gran suc-cesso della Federterra. Poiché i lavori dispettanza dell’agrario o del colono“entrante” non furono eseguiti, parte delraccolto andò perduto. Anche perché ildanno patito era loro rifuso dalla “mutuaantisciopero”, gli agrari decisero di portarela vertenza alle estreme conseguenze erifiutarono tutte le proposte conciliativeavanzate dal governo per salvare il raccol-to. La situazione, già grave, precipitò quan-do scesero in sciopero i braccianti, perrivendicare il rinnovo del contratto di lavo-ro. Gli agrari decisero di abbandonare legrandi aziende in economia, dove i lavoriprimaverili non furono iniziati. Per evitareche la terra restasse incolta, le leghe brac-ciantili occuparono quasi tutte le aziendeabbandonate e iniziarono i lavori di semi-na. La vertenza fu caratterizzata da graviepisodi di violenza, da ambo le parti. Il5.4.1920 a Decima (S. Giovanni in Persi-ceto) i carabinieri, durante un comizio,uccisero 7 lavoratori e ne ferirono 45. APortonovo (Medicina) il 4.8.1920, in unoscontro tra lavoratori e crumiri si ebbero 4morti: 3 crumiri e un lavoratore. Parte delraccolto, sia delle aziende in economia siadi quelle coloniche, fu salvato grazie all’in-tervento del governo che inviò a Bolognaun commissario straordinario con l’incari-co di amministrare il prodotto di partepadronale abbandonato. Dopo decine diincontri, sia a Bologna sia Roma, il25.10.1920 gli agrari decisero di accettarequasi tutte le richieste della Federterra. Fucosì stipulato quello che fu chiamatoimpropriamente il Concordato Paglia-Calda, comprensivo di quattro patti permezzadri, affittuari, braccianti e boari.Oltre che dal prefetto, fu firmato daCalisto Paglia, presidente degli agricoltori,

e da Alberto Calda il legale dellaFederterra. Di qui il nome Paglia-Calda.Era il patto più avanzato che i lavoratoridella terra avessero mai conquistato. Tral’altro, la Federterra aveva avuto dagli agri-coltori un impegno scritto a intensificare almassimo la produzione e a non lasciare ipoderi abbandonati o semilavorati. IlConcordato fu firmato la mattina del25.10.1920. Nel pomeriggio, squadre arma-te di fascisti si recarono nei comuni di S.Lazzaro di Savena e Ozzano Emilia e obbli-garono i coloni a strapparlo. Era l’iniziodella reazione fascista. Pochi giorni primal’Associazione di difesa sociale - promossada agricoltori, industriali e commercianti -aveva finanziato il Fascio di combattimentoperché arruolasse 300 armati da usare infunzione antisindacale, anche se ufficial-mente avrebbero dovuto proteggere i can-didati della lista di destra in occasione delleelezioni amministrative. Il Concordato -nonostante l’opposizione degli agricoltori edel sindacato fascista - restò valido sino al30.7.1923 quando il prefetto lo abrogò conun atto illegale e dichiarò valido solo quellofirmato nel 1922 tra l’associazione agraria, isindacati fascisti e le Fratellanze coloniche.Nel 1931 - in pieno fascismo - il tribunale diBologna riconobbe la validità del Concor-dato Paglia-Calda e condannò una aziendaagricola a rispettarlo, sia pure limitatamen-te al biennio 1920-22. [O]BI B L I O G R A F I A. Intorno alla vertenza agrariabolognese del 1920, Relazione dell’Associa-zione provinciale degli agricoltori bolognesi,Prefazione di A. Giovannini, Bologna,1921, pp.95; L. Paglia, La mezzadria nell’e-conomia agraria; F. Cavazza, Le agitazioniagrarie in provincia di Bologna, dal 1910 al1920; L. Arbizzani, Lotte agrarie in provin-cia di Bologna nel primo dopoguerra,pp.283-332, in Le campagne emiliane nel-l’epoca moderna; N.S. Onofri, La strage diPalazzo d’Accursio; R. Vighi, Per il sociali-smo, l’antifascismo, le autonomie (Ristam-pato nel 1997, con il titolo Il multiformevolto della patria).

Confederazione generale del lavoro,

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(CGdL). Fu la prima vera organizzazionenazionale dei sindacati operai italiani del-l’industria, nel periodo prefascista. I brac-cianti, i coloni e i coltivatori diretti aderi-vano alla Federazione lavoratori della terra,la Federterra. La CGdL operò dall’ottobre1906 alla fine del 1926, quando fu soppres-sa dal regime fascista. In precedenza aveva-no funzionato organismi simili, ma senza lasua struttura e la sua capacità contrattualee organizzativa. Sin dal sorgere delle primeleghe e dalla nascita delle prime camere dellavoro, la classe operaia italiana - vale a direi lavoratori dell’industria - avvertì l’esigen-za di dare vita non solo a organizzazioninazionali di categoria, ma anche ad unastruttura unica e centrale, in grado di diri-gere e coordinare l’attività del mondo dellavoro. Per questo, a Parma nel 1893, alprimo congresso nazionale delle pochecamere del lavoro esistenti, fu costituita laFederazione delle Camere del lavoro, ribat-tezzata, nel 1902, Segretariato centrale perle Camere del lavoro e le federazioni diresistenza. Ad avvertire l’esigenza di unastrategia nazionale del sindacato erano leleghe dirette da militanti del PSI. Quelle diorientamento anarchico e le poche control-late dal PRI erano per la più totale autono-mia. Quelle dirette da socialisti aderivanoal Segretariato centrale, mentre le altreintervenivano solo ai congressi dellaResistenza. All’inizio del secolo si riuniva-no periodicamente dei congressi detti dellaResistenza, delle vere e proprie assembleeautoconvocate, alle quali intervenivano idelegati di tutte le leghe e dove si discute-va di tutto. Le decisioni prese non eranovincolanti. Al termine del VI congressonazionale della Resistenza, che si tenne aMilano dal 29.9 all’1.10.1906, i delegatidecisero di dare vita alla CGdL per «otte-nere e disciplinare la lotta della classe lavo-ratrice contro il regime capitalistico dellaproduzione e del lavoro». La decisione fupresa dai delegati socialisti perché quellianarchici, quando compresero di essere inminoranza, avevano abbandonato la sala.Qualche anno dopo gli anarchici diederovita all’USI. La sede della CGdL fu stabili-

ta a Torino e Rinaldo Rigola il primo segre-tario. L’organo ufficiale era “La Confede-razione del lavoro”, uscito prima come set-timanale e poi come quindicinale. Nel 1911la sede fu trasferita a Milano e nel 1918Lodovico d’Aragona prese il posto diRigola. Nel 1918 il giornale assunse il tito-lo di “Battaglie sindacali” e periodicità set-timanale. La CGdL ebbe sempre un nettoorientamento socialista. I suoi dirigentimilitavano nell’ala riformista del PSI. Nel1912 stipulò un patto d’azione con il PSI ela Lega delle cooperative. Era l’applicazio-ne pratica del modello riformista che pre-vedeva la supremazia del partito, al qualespettava il compito di guidare e coordinarel’azione della “classe operaia” e dei lavora-tori della terra, sia pure con la collabora-zione della lega, della cooperazione e delleamministrazioni comunali. In questa stra-tegia il sindacato non era visto come la“cinghia di trasmissione” del partito, macome uno degli strumenti di cui si serviva il“quarto stato” per conquistare lo Stato. Irapporti tra CGdL e PSI, se non furonosempre facili - come risulta dai contrastiche si ebbero in occasione della “settimanarossa” - divennero difficilissimi nel primodopoguerra, quando i massimalisti conqui-starono la maggioranza nel partito. La lineariformista fu messa sotto accusa dai sinda-calisti comunisti al V Congresso dellaCGdL, che si tenne a Livorno all’indomanidella nascita del PCI. L’ordine del giornocomunista, che sconfessava l’operato deidirigenti riformisti, raccolse 432.558 voti,contro 1.435.873 andati a quello socialista.La linea riformista prevalse anche al VI eultimo congresso, svoltosi a Milano neldicembre 1924. Il documento della segre-teria raccolse 153.316 voti, contro i 54.792andati a quello presentato dai massimalistie 32.496 a quelli dei comunisti. La CGdLcessò praticamente di esistere il 5.10.1925,quando fu firmato il Patto Vidoni (dalnome del palazzo dove avvenne la firma) inbase al quale la Confederazione generaledell’industria riconosceva nelle corporazio-ni fasciste l’unico interlocutore per la firmadei contratti di lavoro. Alla fine del 1926,

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quando il fascismo soppresse le ultime par-venze di libertà, alcuni dirigenti dellaCGdL subirono l’imposizione del governodi dichiarare sciolta la CGdL a partire dal4.1.1927. Altri sindacalisti guidati daBruno Buozzi - uno dei massimi dirigentiriformisti, che da tempo si era rifugiato inFrancia per sottrarsi alle persecuzioni fasci-ste - ricostituirono la CGdL a Parigi, doveoperò sino al 1945. Nel 1944 a Roma,durante l’occupazione nazista, PCI, PSI eDC ricostituirono un sindacato nazionalerappresentativo di tutti i lavoratori. Nelluglio 1944, un mese dopo la liberazione diRoma, fu stipulato il Patto di Roma e nac-que la Confederazione generale italiana deilavoratori (CGIL). [O]BI B L I O G R A F I A. R. Rigola, Storia del movi-mento operaio italiano, Milano, Domus,1946, pp.494; La C.G.I.L. dal Patto diRoma al congresso di Genova, a cura del-l’ufficio stampa e propaganda della CGIL,Roma, 1949, 3 volumi; I sindacati in Italia,Laterza, Bari 1955, pp.420; La Confedera-zione Generale del Lavoro, a cura di L.Marchetti, Milano, Avanti!, 1962, pp.429;A. Pepe, Storia della CGdL, Bari, Laterza,1972, pp.562; I. Barbadoro, Storia del sin-dacalismo italiano dalla nascita al fascismo,La Confederazione generale del lavoro,Firenze, Nuova Italia, 1973, pp.442.

Confederazione italiana dei lavoratori,(CIdL). Prima del fascismo i lavoratori cat-tolici bolognesi aderivano ai “sindacatibianchi”, il più diffuso dei quali ful’Unione del lavoro provinciale. Nel marzo1918 questi sindacati diedero vita ad unastruttura nazionale - analogamente a quan-to avevano fatto le Camere del lavoro conla CGdL - chiamata Confederazione italia-na dei lavoratori. Aveva un programmainterclassista e favorevole alla collaborazio-ne tra capitale e lavoro, perché «nella col-laborazione di classe sta la formula e la viadell’avvenire». La CIdL era legata al PPIda un patto d’alleanza. Primo segretarionazionale fu Achille Grandi. Fu sempreschierata su posizioni antisocialiste.Nell’estate 1922 non entrò nell’Alleanza

del lavoro e non condannò la violenzafascista. Dopo la “marcia su Roma”Giovanni Gronchi, membro della segrete-ria, abbandonò la carica ed entrò nelgoverno Mussolini. Grandi difese l’autono-mia della CIdL dalle influenze della destradel PPI e cercò di portare il sindacato suun terreno di netta opposizione al regimefascista. Pur essendo sottoposti alle pres-sioni della destra clericale e dell’Azionecattolica, i sindacalisti bianchi - in partico-lare Grandi, Gronchi (dopo avere abban-donato il governo) e Giuseppe Rapelli -resistettero sino alla fine del 1926, quandoil fascismo soppresse le residue libertà.L’0rganizzazione bolognese della CIdL eral’Unione del lavoro. [O]BI B L I O G R A F I A. G. De Rossi, Il primo anno divita del Partito Popolare Italiano, Roma,1920, pp.411; L. Riva Sanseverino, Il movi-mento sindacale cristiano dal 1859 al 1939,Roma, 1950, pp.349; F.L. Ferrari, L’Azionecattolica e il regime, Firenze, Parenti, 1957,pp.XIX+199.

Confino di polizia. L’istituto del confino dipolizia - ma sino alle leggi eccezionali del1926 si chiamò domicilio coatto - si perdenella notte dei tempi. Vi fecero ricorso gliimperatori romani. In epoca più recente,sia nel regno dei Borboni sia in quello deiSavoia, i malfattori - non importa se comu-ni o politici - furono costretti a risiedere inzone isolate del paese, con provvedimentiamministrativi presi a scopo preventivo.Cioè in assenza di reato, ma nelle presun-zione che potesse essere compiuto. Dopol’Unificazione nazionale, l’istituto del con-fino fu codificato con la legge del20.3.1865, per colpire il brigantaggio. Lamateria fu risistemata con la legge 6.144del 30.6.1889 per i soggetti socialmenteirrecuperabili. Con la legge del 19.7.1894la stessa misura fu estesa agli esponenti deipartiti sovversivi, considerati pericolosi perl’ordine pubblico. La decisione per l’inter-namento e il tempo della durata eranopresi in via amministrativa da una commis-sione provinciale presieduta dal prefetto.Gli assegnati al domicilio coatto erano rele-

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gati, quasi sempre, nelle isole del meridio-ne. Caduto in disuso dopo i falliti tentativireazionari della fine dell’Ottocento, ildomicilio coatto fece la ricomparsa neglianni della guerra 1915-18. Numerosi diri-genti dei partiti neutralisti - quasi tuttisocialisti e anarchici - furono internati incomuni del meridione sino alla fine delconflitto. Il 6.11.1926 il regime fascistavarò una nuova legge di pubblica sicurezzae gli articoli dal 184 al 192 regolamentava-no la materia. In seguito la legge subì alcu-ne modifiche con il decreto del 18.6.1931.Potevano essere assegnati al confino, dauno a 5 anni, «coloro che hanno commes-so o manifestato il deliberato proposito dicommettere atti diretti a sovvertire violen-temente gli ordinamenti nazionali, sociali oeconomici costituiti nello Stato o meno-marne la sicurezza, ovvero contrastare odostacolare l’azione dei poteri dello Stato,per modo di recare comunque nocumentoagli interessi nazionali in relazione allasituazione, interna e internazionale delloStato». L’assegnazione al confino era unprovvedimento amministrativo accessorioo complementare della pena erogata dallamagistratura ordinaria o dal Tribunale spe-ciale. Gli antifascisti assolti dal Tribunalespeciale quasi sempre erano assegnati alconfino. Ma al confino vi si poteva finireanche per semplice sospetto di antifasci-smo. La decisione era assunta dallaCommissione provinciale. Le sedi del con-fino erano le isole e i comuni del sud. LaCommissione provinciale di Bologna asse-gnò al confino 513 antifascisti nati o resi-denti nella provincia di Bologna. Alcuniebbero più di un’assegnazione. Numerosi ibolognesi assegnati al confino dalle com-missioni delle città dove risiedevano. [O]BI B L I O G R A F I A. F.F. Nitti, Le nostre prigioni ele nostre evasioni, Napoli, ESI, 1946,pp.295; A. Dal Pont, C. Ghini, Gli antifa-scisti al confino, 1926-1943, Roma, 1971,pp.472; A. Dal Pont, I lager di Mussolini.L’altra faccia del confino nei documentidella polizia fascista, Milano, La Pietra,1975, pp.142; E. Rossi, Miserie e splendoridel confino di polizia. Lettere da Ventotene,

1939-1943, Milano, Feltrinelli, 1981,pp.192; A. Dal Pont, S. Carolini, L’Italia alconfino: le ordinanze di assegnazione al con-fino emesse dalle commissioni provincialidal novembre 1926 al luglio 1943, Milano,La Pietra, 1983, 4 vol.; Pericolosi nelle con-tingenze belliche. Gli internati dal 1940 al1943, a cura di S. Carolini, Roma, 1987,pp.422; Ferramonti: un lager del sud, Co-senza, Edizioni meridionali, 1990, pp.207;C.S. Capogreco, Ferramonti, Firenze,Giuntina, 1993, pp.194; F. Galluccio, Ilager in Italia, Trento, Nonluoghi, 2002,pp.226; A. Pagano, Il confino politico aLipari. 1926-1933, Milano, Angeli, 2004,pp.302.

Consiglio comunale consultivo di Bolo-gna. La giunta comunale di Bologna, nomi-nata nei primi giorni della liberazionedall’AMG, su proposta del CLN, restò incarica sino al marzo 1946, quando furonoindette le elezioni amministrative. Il20.7.45 il PSIUP propose la nomina di unconsiglio comunale consultivo, da affianca-re alla giunta. Dopo l’assenso degli altripartiti, il 19.12.1945 il nuovo organismo fuinsediato dal CLN. Si legge nel verbaledella seduta che il consiglio doveva «svol-gere una opportuna necessaria opera con-sultiva, eventualmente di critica e di stimo-lo all’opera della Giunta, servendo ad untempo da ‘ponte’ fra questa e laCittadinanza». Il CLN nominò 10 consi-glieri per ogni partito aderente (DC, PdA,PCI, PLI, PRI e PSIUP), più 6 consiglieriproposti dall’ANPI, per un totale di 66persone. Queste e i 14 membri della giuntaformavano un consiglio di 80 membri, ilnumero previsto dalla legge comunale del1915. Questi i consiglieri identificati politi-camente: ANPI. Giuseppe Castrignano*(DC), Tristano Colummi* (PdA), FilippoPilati* (PLI), Giorgio Sternini* (PCI).Non identificati i consiglieri del PSIUP edel PRI. DC. Alessandro Degli Esposti,Leonildo Cavazzuti*, Francesco Lamber-tini, Giuseppe Maccentelli, Elda Maga-gnoli, Ubaldo Mora, Raffaele Ottani*,Mauro Sarti ed Ettore Toffoletto*. PdA.

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Angelo Bondi, Giuseppe NoradinoCosentino*, Tommaso Fornaciari*, SergioForni*, Adriano Marzocchi*, MassimoMassei*, Silvio Maselli*, Amorina Te-stoni*, Axile Vivarelli. PCI. Paolo Betti*,Leonida Casali*, Aldo Cucchi*, LinceoGraziosi*, Alberto Marzoli*, AlbertinoMasetti*, Agostino Ottani*, NovellaPondrelli*, Leonildo Tarozzi* e PenelopeVeronesi*. PLI. Terzo Tommaso Borelli*,Amos Grassi, Giorgio Longo, Pia Pezzoli,Tito Squarzoni. PRI. Antonio Becca,Corrado Cervellati, Giovanni Lenzi,Alberto Maraldi, Tristano Masotti, AlfonsoMinoccheri, Paolo Pinchetti e Cesare Sarti.PSIUP. Giorgio Ballanti, Giovanni Ber-nardi* detto Giannetto, Gabriele Boschet-ti*, Duilio Burnelli, Ottorino Guidi*,Mario Longhena*, Giuseppe Nascè,Giovanni Pilati*, Renato Tega* e AureliaZama*. Non identificati politicamente:Nerina Bassi, Augusto Belletti, GuglielmoBergamini, Mario Cesari, Attilio Cuzzani,Vittorio Fratta, Alberto Ghetti, MassimoManfredini, Ruggero Montemaggi e OscarMonti. [O]

Consulta nazionale. Dal 25.9.1945 al-l’1.6.1946, nominata dal governo in base aldecreto luogotenenziale del 5.4.1945,operò la Consulta nazionale. Il suo compi-to era quello di dare al governo pareri suiproblemi generali e sui provvedimentilegislativi dell’esecutivo. Cessò le funzioniil 2.6.1946 con l’elezione dell’Assembleacostituente. Era composta di rappresentan-ti dei partiti, delle organizzazioni sindacalie padronali, d’ex parlamentari del periodoprefascista, di rappresentanti degli ordiniprofessionali e del mondo della cultura,d’esponenti del mondo combattentistico edella Resistenza. Il 26.6.1945 FerruccioParri, presidente del consiglio dei ministri,nella dichiarazione programmatica affermòche la Consulta «coadiuverà e controlleràl’attività legislativa del governo». Nume-rosi i bolognesi chiamati a farne parte.Arturo Colombi (PCI), Verenin Grazia*(PSIUP), Pier Raimondo Manzini* (DC),Edoardo Volterra* (PdA), Antonio Zoc-

coli* (PLI) furono nominati dai partiti.Fernando Baroncini* (PSIUP) rappresentòl’ANPI. Alberto Bergamini* (PLI), LuigiFabbri* (PSIUP), Alberto Giovannini(PLI) e Antonio Graziadei* (ex PCI) furo-no nominati quali ex parlamentari. AttilioSassi* (anarchico) entrò in rappresentanzadella CGIL e, fedele ai suoi ideali anarchi-ci, rifiutò lo stipendio parlamentare.L’elenco dei consultori è pubblicato nella“Gazzetta ufficiale del regno d’Italia”,22.9.45, supplemento n.114. [O]BI B L I O G R A F I A. La Consulta nazionale, Ro-ma, La Navicella, 1987, pp.104.

Corpo italiano di liberazione, (CIL). Dopoavere dichiarato guerra alla Germania, ilgoverno italiano - con sede a Brindisi e poia Salerno - mise in linea il I Raggrup-pamento motorizzato, il primo nucleo delricostituito esercito nazionale. L’AMG nonera favorevole alla ricostituzione di un eser-cito italiano. Dopo avere avuto il riconosci-mento di nazione cobelligerante, il governoitaliano il 27.9.1943 inviò al fronte ilRaggruppamento che vi restò sino al22.4.1944. Attorno a questo nucleo - cheaveva fornito ottima prova - furono orga-nizzati altri reparti che, il 22.4.1944, prese-ro il nome di Corpo italiano di liberazione.Del CIL faceva parte anche la div Nembodi stanza in Sardegna, l’unica unità che nonsi era sciolta dopo l’8.9.1943. In totalefurono impiegati 24.000 uomini, equipag-giati con armi e divise inglesi, contro i12.000 previsti. Alle dipendenze del XCorpo britannico, fu schierato nell’altoMolise e prese parte ai principali combatti-menti. In giugno passò alle dipendenze delV Corpo britannico a Lanciano (CH) e,risalendo la penisola, liberò Chieti,L’Aquila, Teramo e Ascoli Piceno. Passatoalle dipendenze del II Corpo polacco, libe-rò Macerata e numerose località della costaadriatica, prima di tornare alle dipendenzedel V Corpo britannico, con il quale liberòUrbino (PS). Il 25.9.1944, quando fu sciol-to, aveva avuto 337 morti e 800 feriti. Inseguito il rinato esercito italiano assunse ilnome di Gruppi di combattimento. [O]

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BI B L I O G R A F I A. G. Lombardi, Il Corpo italia-no di liberazione, 28 ottobre 1943 - 25 set-tembre 1944, Roma, Magi-Spinetti, 1945,pp.138; Ministero della difesa, Stato mag-giore dell’Esercito, Ufficio storico, Il Rag-gruppamento motorizzato italiano (1943-1944), Roma, 1949, pp.211; Ministerodella difesa, Stato maggiore dell’esercito, IlCorpo italiano di liberazione (aprile-settem-bre 1944), Narrazione e documenti, Roma,1950, pp.340; A. Ricchezza, Il Corpo italia-no di liberazione. Campagna d’Italia 1943-1945, Milano, 1963, pp.116; G. Mastro-buono, Le Forze armate italiane nellaResistenza e nella guerra di liberazione,Roma, 1965, pp.279; L. Bedeschi, L’ideo-logia politica del CIL, Urbino, Argalia,1973, pp.139; Stato maggiore dell’Esercito,Ufficio storico, Il Corpo italiano di libera-zione: aprile-settembre 1944. Narrazione edocumenti, Roma, 1971, pp.340; A.Ricchezza, L’esercito del sud. Il Corpo ita-liano di liberazione dopo l’8 settembre,Milano, Mursia, 1973, pp.246; Stato mag-giore dell’Esercito, Ufficio storico, La guer-ra di liberazione, Scritti nel trentennale,Roma, 1979; G. Conti, Il primo Raggrup-pamento motorizzato, a cura dello Statomaggiore dell’Esercito, Ufficio storico,Roma, 1984, pp.328; Le forze armate nellaguerra di liberazione, 1943-1945, a cura diL. Poli, Roma, 1995, pp.66; Associazionenazionale combattenti della guerra di libera-zione, I bersaglieri nella guerra di liberazio-ne da Montelungo a Bologna, 1943-1945,Torino, 1995, pp.141; O. Bovio, Storiadell’Esercito italiano (1861-1990), StatoMaggiore dell’Esercito, Ufficio storico,Roma, 1996, pp.742 (da p.385 a p.418 ilcapitolo XIX “La difficile ricostruzionedell’esercito e la guerra di liberazione”); A.Bartolini, A. Terrone, I militari nella guerrapartigiana in Italia, 1943-1945, a cura delloStato maggiore dell’Esercito, Ufficio stori-co, Roma, 1998, pp.494; N. Labanca,Corpo italiano di liberazione, in Dizionariodella Resistenza, Torino, Einaudi, 2000,vol.I, pp.207-15; C. Vallauri, Soldati. Leforze armate italiane dall’armistizio allaLiberazione, Torino, Utet, 2003, pp.492.

Corpo di spedizione italiano in Russia,(CSIR). Nel giugno 1941, subito dopo l’ag-gressione della Germania contro l’URSS,Mussolini decise di partecipare a quel con-flitto inviando il CSIR (Corpo di spedizio-ne italiano in Russia). Divenne operativonel luglio 1941 nel bacino del Donetz, alledipendenze di un’armata corazzata tede-sca. Le unità erano le divv autotrasportatePasubio e Torino e la div celere Amedeod’Aosta alle quali furono aggiunti repartid’artiglieria e un gruppo aereo. Gli oltre 60mila militari erano comandati dal generaleGiovanni Messe. Nel luglio 1942, con l’in-vio di altre truppe, il CSIR fu ribattezzatoin ARMIR (Armata italiana in Russia). Eracomandata da Italo Gariboldi, sostituitopoi da Messe. Comprendeva l’VIII armata,il XXIV Corpo d’armata, il II Corpo d’ar-mata (divv Ravenna, Cosseria e Sforzesca),il Corpo d’armata alpino (divv Tridentina,Julia e Cuneense), per un totale di circa230 mila uomini. Operò nel bacino delDon. Nel dicembre 1942, nonostante ilvalore dei soldati, il fronte italiano fu sfon-dato dall’Armata rossa. L’ARMIR, cheaveva ricevuto dal comando tedesco l’ordi-ne di non ripiegare, fu circondata e subìdurissime perdite: 84.830 tra caduti e di-spersi e poco meno di 30 mila congelati.Decine di migliaia i prigionieri. Nei primimesi del 1943 rimpatriò quello che restavadell’ARMIR. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Querrel, Fronte est. Unanno di guerra del CSIR, Verona, 1943,pp.265; Ministero della difesa, Stato mag-giore, Ufficio storico, Le operazioni delC.S.I.R. e dell’A.R.M.I.R., Roma, 1947,pp.211; G. Tolloy, Con l’armata italiana inRussia, Torino, De Silva, 1947, pp.233; G.Messe, La guerra sul fronte russo, Milano,Rizzoli, 1964, pp.398; F. Gambetti, I mortie i vivi dell’ARMIR, Milano, Milano Sera,1948, pp.237; M. Odasso, Col corpo alpinoitaliano in Russia, Cuneo, Panfilo, 1949,pp.225; V. Giordano, La tragedia del-l’Armir, Milano, Gastaldi, 1950, pp.254;G. Dotti, Ritirata in Russia, Bologna,Cappelli, 1956, pp.167; U. Salvatores,Bersaglieri sul Don, Bologna, 1958, pp.627;

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A. Crespi, Breve storia del ripiegamento delCorpo d’Armata Alpino dal Don al Donetz,gennaio 1943, Bologna, 1960, pp.48; G.M.Turla, Sette rubli per il cappellano. Con glialpini della Cuneense sui campi di battagliae poi nei campi di prigionia russi dal ‘42 al‘46, Milano, Longanesi 1960, p.568; G.Bedeschi, Centomila gavette di ghiaccio,Milano, Mursia, 1963, pp.431; C.M. Negri,I lunghi fucili. Ricordi della guerra diRussia, Torino, Einaudi, 1964, pp.155; M.Moioli, Al Don... e ritorno, (con l’ARMIR),Bologna, 1966, pp.136; M. Rigoni Stern, Ilsergente nella neve. Ricordi della ritirata diRussia, Torino, Einaudi, 1966, pp.157; F.Valori, Gli italiani in URSS: la campagnadello CSIR e dell’ARMIR, Milano, Bietti,1967, pp.426; G. Gherardini, Morironogiorno per giorno. Gli italiani nei campi diprigionia dell’URSS, Milano, Mursia, 1968,pp.331; M. Russo, Il Don senza pace,Brescia, 1969, pp.406; D. Lo Sordo, Lalunga marcia. La tragedia della campagna diRussia nel diario di un soldato semplice,Milano, Bietti, 1971, pp.219; A. Ricchezza,Storia illustrata di tutta la campagna diRussia, Milano, Longanesi, 1971, pp.437;M. D’Auria, L’armata della neve, la tragediadei soldati italiani in Russia, Roma, 1973,pp.378; C. De Laugier e G. Bedeschi, Gliitaliani in Russia, Milano, Mursia, 1980,pp.245; Fronte russo: c’ero anch’io, a curadi G. Bedeschi, Milano, Mursia, 1982, duevolumi; F. Gambetti, Siberia ‘43, Roma,1983, pp.139; J. Wilczur, Le tombedell’ARMIR, Milano, Mondadori, 1987,pp.312; P. Scaccia, Sulle tracce di un eserci-to perduto, Torino, Nuova Eri, 1992,pp.303.

Corpo volontari della libertà, (CVL). Su-bito dopo l’inizio della Resistenza fu senti-to da tutti i partiti del CLN il bisogno diavere un unico comando militare con ilcompito di coordinare tutta l’attività mili-tare. Per questo il 9.1.1944 il CLN nazio-nale, che operava a Roma, emanò unadirettiva per la creazione di un unicocomando militare. Quasi contemporanea-mente il CLNAI, che operava a Milano

nominò un Comitato militare con l’incari-co di coordinare l’attività delle brgg parti-giane operanti al nord. Ferruccio Parri eLuigi Longo furono, sin dall’inizio, i mem-bri principali dell’organismo militare. Il9.6.1944 fu deciso di fare del Comitatomilitare un organismo autonomo, appuntoil Corpo volontari della libertà. Ad essofacevano capo i comandi regionali. Primidirigenti furono Parri per le brgg Giustiziae libertà, G.B. Stucchi per le Matteotti,Longo per le Garibaldi, Enrico Mattei perle brgg della DC, Mario Argenton per lebrgg autonome e il generale Bellocchioconsulente militare. Nell’agosto 1944 daRoma fu inviato il generale RaffaeleCadorna che in ottobre assunse il comandodel CVL. Oltre a coordinare l’attività delleformazioni che operavano da Trieste aTorino, il CVL predispose i piani insurre-zionali per l’autunno 1944 - quando si rite-neva imminente l’arrivo delle truppe allea-te - e per l’aprile 1945. La bandiera delCVL è stata decorata di medaglia d’oro alvalore militare. [O]BI B L I O G R A F I A. Atti del Comando generaleCorpo volontari della libertà. Dalla suacostituzione alla insurrezione nazionale(giugno 1944 - aprile 1945), a cura dell’Uf-ficio storico per la guerra di liberazione,Presidenza del Consiglio, Roma, 1946,pp.295; L. Longo, Un popolo alla macchia,Milano, Mondadori, 1947, pp.501; R.Battaglia, Storia della Resistenza italiana, 8settembre 1943-25 aprile 1945, Torino,Einaudi, 1953, pp.632; Atti del Comandogenerale del Corpo volontari della libertà,(giugno 1944-aprile 1945), a cura di G.Rochat, Milano, Angeli, 1972, pp.705; R.Cadorna, La riscossa, Milano, Bietti, 1976,pp.432; 50° anniversaio della costituzionedel Corpo volontari della libertà, Milano,1994, pp.104.

Corriere dell’Emilia. Bologna fu liberata il21.4.1945. Il giorno 22 furono messi invendita nelle edicole 5 giornali: “Corrieredell’Emilia”, “Corriere alleato”, “Rina-scita”, “Giustizia e libertà” e “Bolognaliberata”. I primi due erano editi dal PWB,

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la sezione stampa dell’AMG. Il “Corrieredell’Emilia” aveva questo sottotitolo:“Quotidiano della Valle Padana a cura delP.W.B.”. Aveva quattro pagine, del formato25 per 40 cm, e costava una lira. Non aveval’indicazione del direttore. Nella primapagina recava notizie sull’andamento dellaguerra, nella seconda e nella terza articoliche riassumevano gli avvenimenti politico-militari degli ultimi mesi e nella quarta ibandi emessi dall’AMG. Era stato stampa-to a Firenze e portato a Bologna con uncamion. La redazione era composta di gior-nalisti americani e italiani, anche se tra gliitaliani molti erano giornalisti improvvisati,come Edoardo Volterra*, che diventeràrettore dell’università. In attesa di rabber-ciare alla meglio la tipografia de “il Restodel Carlino” colpita da bombe di aereo - sitrovava in via Dogali, l’attuale via Gramsci,dove oggi ha sede il Royal Hotel Carlton -il giornale continuò a essere stampato aFirenze. Il primo numero bolognese uscì il3.5.1945. Anche se il nome non figurava ingerenza, il direttore era Gino Tibalducci.Della primissima redazione fecero parteBruno Fallaci, Luciano Bergonzini*, EnzoBiagi*, Federico Zardi*, Volterra, Gian-carlo Cavalli*, Giannino Zanelli, SigfridoRossi (che firmava Wolfango Rossani),Bruno Castellino, Celestino Barbieri,Walter Minardi, Giuseppe Fiorentini,Giorgio Vitali e Antonio Comaschi dettoNino. Il giornale tirava tra le 130 e le 150mila copie. Ospitava equamente i comuni-cati dei sindacati come dei datori di lavoro,ai quali concedeva un uguale spazio. I par-titi potevano esprimersi nella rubrica “Latribuna dei partiti”. All’inizio di luglio,quando il PWB abbandonò Bologna, per-ché le truppe alleate lasciavano il paese, ilgiornale rischiò di chiudere. I partiti disinistra non lo vollero perché soddisfatti di“Rinascita”, la DC era in attesa dell’uscitade “L’Avvenire d’Italia”, mentre gli altri par-titi erano troppo piccoli per accollarsi unasimile impresa. A differenza di quanto avevafatto a Firenze, con la “Nazione delPopolo”, il PWB non lo volle donare all’am-ministrazione comunale. Il 10.7.1945 i gior-

nalisti e gli amministrativi del giornale - intutto 22 persone - costituirono la Coopera-tiva del Giornale dell’Emilia, alla quale ilPWB donò la vecchia testata e le attrezzature.Il 17.7.1945 uscì il primo numero del“Giornale dell’Emilia” diretto da GinoTibalducci, gestito in forma cooperativa.[O]BI B L I O G R A F I A. U. Bellocchi, il Resto delCarlino; D. Biondi, il Resto del Carlino1885-1985, Un giornale nella storia d’Italia;A. Pizarroso Quintero, Stampa, radio e pro-paganda. Gli alleati in Italia 1943-1946,Milano, Angeli, 1989, pp.313; N.S. Onofri,I giornali della liberazione a Bologna,(1945-1947).

Corriere della sera. Fondato il 5.3.1876 aMilano da Eugenio Torelli Viollier, divenneil più autorevole quotidiano tra il 1900 e il1925, sotto la direzione di Luigi Albertini.Aperto sostenitore del fascismo, passòall’opposizione dopo il delitto Matteotti.Cedendo alla pressione di Mussolini, laproprietà costrinse Albertini e il fratelloCesare a cedere le quote in loro proprietà ea uscire dal giornale. Furono costretti adandarsene anche giornalisti democraticicome Mario Borsa, Luigi Emery*, EttoreJanni, Ferruccio Parri e Alberto Tarchiani.Durante il ventennio fascista fu un organodel regime. Dopo il 25.7.1943 Janni assun-se la direzione e la mantenne sinoall’8.9.1943. Durante l’occupazione tede-sca il giornale fu collaborazionista. Il25.4.1945, con la liberazione, divenne il“Corriere d’informazione”, diretto daBorsa, per tornare alla vecchia testata qual-che anno dopo. [O]BI B L I O G R A F I A. P. Melograni, Corriere dellasera, 1919-1943, Bologna, Cappelli, 1965,pp.624; E. Decleva, Il Corriere della sera,in: B. Vigezzi, 1919-1925, Dopoguerra efascismo, Bari, Laterza, 1975, pp.157-264;V. Castronovo, La stampa italiana dall’Uni-tà al fascismo, Bari, Laterza, 1970, pp.467;V. Castronovo, N. Tranfaglia, Storia dellastampa italiana, Bari, Laterza, 1980, seivolumi.

Crespellano, Eccidio di. Il 28.8.1944 il

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reparto della brigata nera di stanza nellaValle del Lavino operò un rastrellamentonella zona compresa tra Crespellano,Monte S. Pietro e Castello di Serravalle.Furono catturati partigiani della 63a brgBolero Garibaldi e cittadini. 4 fermati furo-no portati sulla strada provinciale e fucilatinei pressi dell’abitato di Crespellano. Levittime sono: Salvatore Bignami*, PietroGandolfi*, Fausto Pallotti*, Guido Roma-gnoli*. Lo stesso reparto il giorno primaaveva compiuto un altro eccidio a Calderi-no (Monte S. Pietro). [O]

D

Dalli al tronco. Di questo giornale si cono-sce solo un numero con la data del23.4.1921 e il sottotitolo “Periodico repub-blicano”. Era l’organo ufficiale del PRI diBologna, uscito in occasione delle elezionipolitiche del 1921. Riprendeva il nome diun giornale uscito a Carpi (MO), nel 1904,con il sottotitolo “Periodico repubblicanosocialista”. [O]

Decennale fascista. Nel 1932 il regimefascista promosse una serie di manifesta-zioni e pubblicazioni per celebrare il deci-mo anniversario della “marcia su Roma” ela conseguente conquista del potere. Il27.10.1932 a Roma fu inaugurata la“Mostra della rivoluzione fascista” e il gior-no dopo aperta la via dei Fori imperiali.Tutte le iniziative, sia editoriali, sia cinema-tografiche, avevano al centro la figura deldittatore, indicato come il centro propulso-re d’ogni attività del regime. Il 4.11 fu con-cessa l’amnistia per reati politici. Furonoliberati 639 detenuti su 1.056 antifascisticondannati dal Tribunale speciale.Tornarono in libertà anche 595 confinati.Nel 1942, in occasione del ventennale, nonfurono promosse manifestazioni a causadel conflitto mondiale in atto. [O]

BI B L I O G R A F I A. Il Decennale. XXVIII ottobreMCMXXXII. Primo decennale della rivolu-zione delle camicie nere, numero specialedel “Comune di Bologna”, ottobre 1932;Partito nazionale fascista, Mostra della rivo-luzione fascista, Guida storica a cura di D.Alfieri e L. Freddi, Bergamo, 1933, pp.258;E. Romagnoli, Nel Decennale della Rivo-luzione fascista, Bologna, Zanichelli, 1933,pp.25; Italiani e stranieri alla Mostra dellaRivoluzione fascista, Torino, 1933, foglinon numerati; M. Gallian, Il Ventennale,Roma, 1942, pp.428.

Decima, Eccidio di. Il 5.4.1920 a Decimadi S. Giovanni in Persiceto si tenne unamanifestazione di contadini e bracciantipromossa dalla Vecchia CdL per fare ilpunto della vertenza agraria in atto nellaprovincia. Erano presenti i tre principalidirigenti del sindacato anarchico ClodoveoBonazzi*, Sigismondo Campagnoli e PietroComastri*. Dopo Campagnoli prese laparola Comastri, più volte interrotto dalvice commissario Cesare De Carolis perdiffidarlo a moderare il linguaggio. Nonavendo l’oratore ottemperato all’intimazio-ne, De Carolis gli ordinò di tacere. I lavo-ratori protestarono e il brigadiere dei cara-binieri Antonio Feltig - come risulta dalrapporto inviato al prefetto il 9.4.1920 dalcomandante la Legione esterna dei carabi-nieri - sparò due colpi di moschetto in ariasenza averne avuto l’ordine. Poi Feltigafferrato «il tavolo lo rovesciò provocandola discesa dell’oratore». Con Comastri finìa terra un sifone di seltz che esplose. I 12carabinieri di servizio, che dovevano avereperduto la testa, spianarono i fucili ecominciarono a sparare ad altezza d’uomoe a colpire con le baionette. Bonazzi - siapure con lo pseudonimo di Nello - ha scrit-to che Feltig «si scagliò seguito dai suoicon moschetto a baionetta innastata controgli oratori». Si ebbero 8 morti - tra i qualiCampagnoli - e 45 feriti. Furono esplosi 51colpi e molti riportarono ferite da baionet-ta. Si legge nella relazione del comandantedei carabinieri: «La sopraffazione da partedella popolazione era imminente e ciascun

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militare giudicò allora necessario ricorrerealle armi per difendersi». Diversa la versio-ne di un ispettore di PS inviata il 6.4 al pre-fetto. Scrisse: «Ho riportato l’impressioneche da parte della folla non vi fosse statosparo di armi né lancio di altri oggettieccetto qualche sasso di piccole dimensio-ni». A suo parere la tragedia era stata pro-vocata da De Carolis «che non ha avuto lanecessaria, prudente misura delle cose nelfare ingiunzioni (a Comastri) che per ladeficienza della forza non era in grado difar rispettare; ed infine ho dovuto, dall’in-sieme delle indagini esperite, convincermiche con un poco di maggiore pacatezzad’animo e tolleranza, si sarebbe potuto evi-tare il conflitto colle sue più gravi conse-guenze». Mario Missiroli su “il Resto delCarlino” scrisse che i carabinieri avevanosparato «senza averne avuto l’ordine» e,per giunta «su una folla che fuggiva».Questi i morti: Sigismondo Campagnoli,Adalgisa Galletti, Ivo Pancaldi, VincenzoRamponi, Danio Serrazanetti, Rodolfo Ta-rozzi, Giovanni Terzi e Danio Vaccari. [O]BI B L I O G R A F I A. Nello (Clodoveo Bonazzi),L’epicentro del fascismo, in “Sempre!Almanacco N.2 (1923/24) di ‘Guerra diClasse’”, pp.30-44; L. Arbizzani, L’eccidiodi Decima (5 aprile 1920), in “Strada mae-stra” 1970, pp.199-219; N.S. Onofri, Lastrage di Palazzo d’Accursio, pp.176-7; M.Gandini, Fascismo e Antifascismo, Guerra,Resistenza e Dopoguerra nel Persicetano,1995, pp. 46-58.

Decima Mas. La X Flottiglia Mas o laDecima Mas - com’era solitamente chiama-ta - fu una delle tante milizie private cheoperarono nell’Italia del nord durante l’oc-cupazione tedesca. I marò non prestavanogiuramento alla RSI e rispondevano al lorocomandante, il principe Junio ValerioBorghese. L’8.9.43 a La Spezia la casermadella Decima fu la sola a non essere occu-pata dai tedeschi, perché Borghese erariuscito ad accordarsi direttamente con ilcomando germanico. I numerosi repartiorganizzati a La Spezia, come in altre città,furono impiegati saltuariamente al fronte e

spesso contro le formazioni partigiane. LaDecima Mas era alle dirette dipendenze delgenerale Karl Wolff, comandante generaledelle SS in Italia. Ha detto Wolff: «LaDecima Mas era un corpo autonomo italia-no. Ma per quanto riguardava il suo impie-go militare doveva sottostare a me» (R.Lazzero, La Decima Mas, p.23). BI B L I O G R A F I A. Battaglione Lupo, X Flot-tiglia Mas, 1943-1945, a cura di G.Bonvicini, Edizioni del Senio, Roma, 1973,pp.300; G. Roccardi, La X Mas nella secon-da guerra mondiale, Roma, Trevi, 1982,pp.296; R. Lazzero, La Decina Mas. Lacompagnia di ventura del “principe nero”,Milano, Rizzoli, 1984, pp.367; BattaglioneFulmine: la Xa Flottiglia MAS. 1944-1945.Documenti e immagini, a cura di M.Gamberini e R. Maculan, Bologna, Scara-beo,1994, pp.191; J. V. Borghese, JunioValerio borghese e la X Flottiglia Mas: dall’8settembre 1943 al 26 aprile 1945, a cura diM. Bordogna, Milano, Mursia. 1994,pp.254.

Delegazione assistenza agli emigranti.Quando la Germania nazista promulgò lalegislazione antirazziale, molti ebrei di quelpaese si trasferirono in Francia e in Italiaper poi raggiungere gli USA. In Italia furo-no promosse varie iniziative per assistere iprofughi, provenienti anche da Polonia,Romania e Cecoslovacchia. Per aiutareanche gli ebrei italiani che intendevanoemigrare, dopo l’inizio della politica razzia-le da parte del regine fascista, fu decisa lacostituzione di una struttura adeguata. Suiniziativa dell’Unione comunità israeliticheitaliane, nel 1939 fu istituita a Genova laDelegazione assistenza agli emigranti,meglio nota come Delasem. Presidente eraLelio Vittorio Valobra. In Emilia-Romagnaoperarono quattro fiduciari: Mario Finzi* aBologna, Silvio Magrini a Ferrara, GinoFriedmann a Modena e Rolando Vigevani aParma. La Delasem dava ai profughi assi-stenza materiale, morale e religiosa. A pocoa poco allargò la propria attività assistendonon solo chi voleva emigrare, ma anche chiera detenuto in carcere o nei campi di con-

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centramento, come in quello di TarsiaFerramonti (CS), dove allestì una piccolasinagoga. Aprì ambulatori e organizzòcorsi scolastici per i figli degli ebrei perse-guitati. Tra il 1939 e il 1944 assisté 6.700persone. La spesa annua della Delasem eradi circa 8 milioni. Provvedeva alle necessi-tà finanziarie con sottoscrizioni fatte all’in-terno delle comunità italiane o con sovven-zioni provenienti dall’estero. Finzi fu arre-stato a Bologna il 31.3.1944. Dopo esserestato nel campo di Fossoli (Carpi - MO), fuinternato a Birkenau (Germania) e adAuschwitz (Polonia) dove scomparve. [O]BI B L I O G R A F I A. Due anni di Delasem, Ge-nova, 1942, pp.40; M. Leone, Le organizza-zioni di soccorso ebraiche in età fascista,1938-1945, Roma, Carucci, 1983, pp.295;R. Paini, I sentieri della speranza: profughiebrei, Italia fascista e la “Delasem”, Milano,Xena, 1988, pp.222; S. Sorani, L’assistenzaai profughi ebrei in Italia (1933-1947).Contributo allo studio della “De-lasem”, Roma, Carucci, 1989, pp.328 (Ap.120 un saggio dedicato a Bologna); R.Peri, Mario Finzi (Bologna 1913 - 1945Auschwitz): o del buon impiego della pro-pria vita; S. Antonini, Delasem, storia dellapiù grande organizzazione ebraica italiana disoccorso durante la seconda guerra mondia-le, Genova, De Ferrari, 2000, pp.372.

Democrazia cristiana (DC). La Democra-zia cristiana fu costituita nell’estate 1943 davecchi esponenti del PPI e da giovaniespressi dall’Azione cattolica e dalla FUCI.Il partito dei cattolici nacque a conclusionedi numerose riunioni svoltesi in vari perio-di, la principale delle quali - presenteAlcide De Gasperi - si tenne a Milano nel-l’ottobre 1942. Il documento programma-tico Idee ricostruttive della democrazia cri-stiana era stato scritto da De Gasperi (mafirmato Demofilo), l’ultimo segretario delPPI nel 1926. Fu pubblicato e diffuso nel-l’agosto 1943, all’indomani della cadutadella dittatura. Dopo l’8.9.1943, come glialtri partiti, la DC ebbe due direzioni, unaa Roma e l’altra a Milano. La direzione perl’Alta Italia fu assunta da Pietro Mentasti e

del consiglio interregionale fece parteMario Melloni* in rappresentanza dell’E-milia (G. Tupini, I democratici cristiani,p.94). Melloni fu anche membro supplenteper la DC nel CLN Alta Italia e direttorede “Il Popolo”, il giornale clandestino dellaDC edito a Milano. Dal 27 al 29.1.1944 sitenne a Bari il primo congresso nazionaledella DC e il secondo a Napoli dal 16 al18.8.44, presenti delegati dell’Italia centro-meridionale. Scarse e contraddittorie lenotizie sulla nascita della DC a Bologna.Angelo Salizzoni* intervenne a Roma a piùdi un incontro dell’Azione cattolica e forseha riferito agli iscritti dell’Azione cattolicabolognese. A Bologna incontri preparatoriper la nascita della DC si tennero in casa diAlfonso Melloni*. Achille Ardigò* ha scrit-to che avvennero «verso la fine del 1943»(Testimonianza in RB1, p.155). «..nell’au-tunno (1943) costituzione della DC», hascritto Franco Pecci a p.181 in La GIAC diPio XI nella transizione 1941-1945. Nelnovembre 1943 - ha scritto AlessandroAlbertazzi - nella canonica della chiesa diSanta Viola (Bologna) si tenne la riunionedecisiva per la costituzione del partito pre-senti, tra gli altri, Ardigò, Fulvio Milani*,Salizzoni e il parroco don Aleardo Mazzoli.Secondo uno storico dell’Azione cattolica«la prima adunanza del sorgente partitodei cattolici si tenne nell’estate del ‘44 incasa di Alfonso Melloni» (G. Sgarbi,L’Azione cattolica a Bologna, p.117). La DCaderì al CLN bolognese tra la fine dell’ago-sto 1944 e l’inizio di settembre. Suoi rap-presentanti ufficiali furono Salizzoni,Filippo Cavazza* e Pier RaimondoManzini*. La DC non ebbe brgg e i suoipartigiani militarono in grande maggioran-za, nella 6a Giacomo e nella 9a S. Justa. Ilgiornale clandestino della DC bolognese fu“La Punta” diretto da Ardigò. [O]BI B L I O G R A F I A B O L O G N E S E. F. Cavazza, Liber-tà e collaborazione. Scritti vari. 1942-1947,pp.213; A. Salizzoni, Una meditata parteci-pazione al CLN dell’Emilia-Romagna, in“Resistenza oggi”, Emilia-Romagna, 1986,pp.135-9; G. Sgarbi, L’Azione Cattolica aBologna. Il Circolo Leone XIII; F. Pecci, La

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GIAC di Pio XI nella transizione 1941-1945, in La cupula fra le torri, pp.167-83.Testimonianze di A. Salizzoni (p.52), L.Cavazzuti (p.74), R. Manzini (p.146), A.Ardigò (p.153), p. I.M. Casati (p.158), p.D. Acerbi (p.206), p. V. Terzi (p.208), F.Cavazza (p.210), E.F. Pecci (p.220), A.Senin, (p.225), R. Roveda (p.228), G.Pascale (p.233), F. Milani (p.266), G.Casoni (p.342), mons. E. Faggioli (p.374),E. Toffoletto (p.377), C. Strazziari (p.383),don M. Tomesani (p.427) in RB1; E. Bagni(p.144), don L. Bedeschi (p.159) in RB2; P.Nucci (p.312), don G.M. Bonani (p.320),C. Zanotti (p.347), R. Roveda (p.402),mons. G. Salmi (p.407) in RB3; G. Ugolini(p.289), don L. Tommasini (p.292), M.Imbergamo (p.1.017) in RB5.

Deputazione provinciale di Bologna.Durante la lotta di liberazione il CLN sta-bilì le cariche pubbliche che sarebberostate assegnate ai partiti all’indomani dellafine della guerra, in attesa delle elezioni.Quella di presidente della Deputazioneprovinciale - oggi si chiama Amministra-zione provinciale - spettò alla DC, la qualedesignò Giorgio Melloni*. Il 21.4.1945Melloni prese possesso della carica, anchese l’AMG - che non gradiva la decisionedel CLN - ratificò la nomina il 14.6.1945,dopo una difficile trattativa. Il 19.6.1945l’AMG nominò la Deputazione su propo-sta del CLN: Roberto Vighi* (vice presi-dente) e Leonello Bergamini* del PSIUP;Giorgio Melloni (presidente) e CarloStrazziari* della DC; Ezio Serantoni* eGiovanni Trippa* del PCI; Filippod’Ajutolo* ed Ettore Trombetti* del PdA;Bruno Burattini e Aldo Carpani del PRI;Guido Bassi e Mario Cavalli del PLI.Poiché nel marzo 1946 furono eletti solo iconsigli comunali, la Deputazione restò incarica sino al 21.7.51. Nei 6 anni di attivitàalcuni membri furono sostituiti. [O]Bibliografia: Palazzo Malvezzi tra storia artee politica, Bologna, 1981, pp.300, ristampa-to nel 1987.

Difesa delle Lavoratrici, La. Nel 1912 le

donne iscritte al PSI decisero di dotarsi diun organo nel quale dibattere i problemidel mondo femminile, a cominciare daldiritto di voto e dalle otto ore di lavoro.Diretto da Anna Kuliscioff, in gennaio uscìil quindicinale “La Difesa delle Lavora-trici”. Della redazione facevano parteLinda Malnati, Margherita Sarfatti,Angelica Balabanoff, Maria Bornaghi,Argentina Altobelli, Giselda Brebbia eMaria Goia. In dicembre la direzione passòa Balabanoff e, qualche tempo dopo, adEnrica Viola Agostini. Fu responsabile permolti anni Giuseppe Rigamonti il gerentedell’”Avanti!”. Nel 1921 si trasformò insettimanale con il sottotitolo “Giornaledelle donne socialiste” e restò tale anchedopo la scissione comunista, consideratadal giornale un «tradimento». A differenzadel periodico della FGSI, passato allaFGCI, “La difesa delle Lavoratrici” conti-nuò ad essere un foglio socialista.Nell’ottobre 1922, dopo l’espulsione del-l’ala riformista dal PSI, la Agostini abban-donò la direzione e poco dopo il giornaledovette sospendere le pubblicazioni acausa delle violenza fascista. Le riprese nelgiugno 1923 con periodicità irregolare. Nel1924 divenne quindicinale diretto, ma solonominalmente, da Pietro Nenni nella suaveste di direttore dell’”Avanti!”. Soffocatodalla violenza fascista, cessò le pubblicazio-ni il 15.9.25. [O]BI B L I O G R A F I A. M. Casalini, La signora delsocialismo italiano. Vita di Anna Kuliscioff,Roma, Editori riuniti, 1987, pp.301; Ilriformismo nelle campagne: da ArgentinaAltobelli all’agronica, a cura di F. Beato,Venezia, Marsilio, 1989, pp.174.

Diffida. Con le «Leggi speciali per la difesadello Stato», del 6.11.1926, il regime fascistaestese agli esponenti politici l’istituto delladiffida, un provvedimento superiore all’am-monizione. Il provvedimento fu perfeziona-to con il nuovo testo delle leggi di PS del18.6.31. Durante il ventennio fascista 444antifascisti bolognesi ebbero la diffida. [O]

Diritti del profugo, I. Presumibilmente nel

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gennaio 1945 uscì il primo numero delgiornale “I diritti del profugo”. Era dattilo-scritto. Il secondo e ultimo numero vide laluce, sempre dattiloscritto, il 26.2.1945 conil sottotitolo “Numero 2 a cura del Comi-tato dei Profughi”. Trattava, come dice iltitolo, il problema degli oltre centomilaprofughi che si trovavano a Bologna ospi-tati nei centri di raccolta, presso privati e inlocali di fortuna. [O]BI B L I O G R A F I A. I testi sono in RB2 pp.1.001-4.

Disertori della GNR e delle Brigate nerefucilati dai fascisti. Durante la lotta di libe-razione, in particolare nell’autunno-inver-no 1944, numerosi militi della GNR e dellaPolizia ausiliaria disertarono. La maggiorparte si nascosero in attesa della fine dellaguerra, mentre altri passarono alle forzedella Resistenza. GNR e brigate nere die-dero una caccia spietata a questi disertori e,quando li catturavano, li fucilavano senzaprocesso. Il 13.4.1944 Amedeo Fusco,della 67a legione della MVSN (non ancoradivenuta GNR) disertò a Bologna. Fu cat-turato e ucciso in via Tovaglie, mentre lostavano portando in carcere. Diversa laversione che si ricava da Albo caduti e di-spersi della repubblica sociale italiana: sichiamava Arnaldo e sarebbe stato fucilatoil 31.3.44. Il 24.8.1944 a Fossatone (Me-dicina) disertarono due militi della GNR:Leonardo Cantoni di 39 anni e il figlioGuido di 17. In un documento della pre-fettura è detto che vennero fucilati eabbandonati per la strada. L’Albo caduti edispersi della RSI fornisce due versioni. Ap.142 è scritto che mentre erano aMedicina, dove facevano la guardia a unatrebbiatrice, furono uccisi dai partigiani inun «agg», che sta per agguato. A p.731 èscritto che Guido Ernesto «fr diLeonardo» (per «fr» s’intende fratello?) fuucciso per «sent. S. campo. diser». Delpadre non si parla. Il 15.9.1944 a Castel S.Pietro Terme fu catturato e fucilato il diser-tore della GNR Angelo Giordani. Il18.9.1944 la GNR fucilò GiuseppeGullotta che aveva disertato dalle brigatenere. Il 12.12.1944 9 disertori della GNR

furono arrestati a S. Giorgio di Piano efucilati. I cadaveri di 5 (Clorindo Belluzzi,Paolo Brunetti, Guerrino Colombari,Carlo Culatina*, Gilberto Gamberini)furono abbandonati in via Cinquanta equelli degli altri 4 (Pietro Bergami,Francesco Franchi, Cesare Martelli,Vincenzo Onofri) in via Argelato. Culatina,da tempo in contatto con la 2a brg PaoloGaribaldi, ebbe il riconoscimento partigia-no. I 9 furono arrestati nelle rispettive abi-tazioni e fucilati dalla GNR. Secondo altraversione furono le BN. Tra il 6 e il10.12.1944 furono catturati a S. Lazzaro diSavena e fucilati i disertori della GNR Re-nato Ballotta, Pasquale Calzolari, AlfonsoLandi o Candi, Armando e Walter Cerè.Da un rapporto del prefetto Fantozzi siapprende che i 5 avevano chiesto e ottenu-to il premio di 8 mensilità di stipendio anti-cipate, spettanti a chi s’impegnava a segui-re la GNR nel nord Italia per proseguire laguerra, poi avevano disertato e conservatole armi. I loro cadaveri furono abbandona-ti per la strada in almeno due punti delcomune. Le fucilazioni, ma soprattutto ilmodo come furono eseguite, suscitaronomolte proteste all’interno del PFR. Nu-merosi gli ex militi della GNR che, dopoavere disertato, aderirono alla Resistenza epersero la vita combattendo contro i nazi-fascisti, come Luciano Scaravilli*. Nu-merosi anche gli agenti della Polizia ausi-liaria che disertarono, come Paride Pa-squali* fucilato e i fratelli Leo* e LucianoPizzigotti* caduti nella battaglia dell’uni-versità. [O]

Divisione d’Assalto Garibaldi Natisone. Il12.9.1943 nel Friuli orientale - riva destradell’Isonzo - si costituì il btg Garibaldi che,nell’ottobre, assunse il nome di brgMazzini. Dallo sdoppiamento di questaformazione nacquero, in seguito, le brggBuozzi, Gramsci e Picelli. Le 3 formazionifurono raggruppate nella div Natisone.Alla fine del 1944 - dopo avere assunto ilnome di Divisione d’Assalto GaribaldiNatisone - la div si spostò sulla sinistradell’Isonzo e incorporò le brgg Garibaldi

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Trieste e Fratelli Fontanot. Dopo avereoperato nella Slovenia occidentale, nell’a-prile 1945 si spostò ai confini con laCroazia. Nelle brgg della div operarono 24partigiani bolognesi, 3 dei quali caduti. (O)BIBLIOGRAFIA. Divisione d’assalto GaribaldiNatisone. Diario storico operativo, Guer-ra di liberazione. Friuli Slovenia 1943-1945, “Quaderni della Resistenza”, n.5,1980, ANPI Friuli-Venezia Giulia,pp.134; La brigata fratelli Fontanot.Partigiani italiani in Slovenia, a cura di G.Iaksetich, Milano, Pietra, 1982, pp.238;La Divisione d’Assalto “Garibaldi Natiso-ne”, in “Storia contemporanea in Friuli”,n.23, 1992, pp.175-94.

Divisione Bologna montagna Lupo. Lebrgg partigiane che operarono nella pro-vincia di Bologna subirono diverse riorga-nizzazioni durante la lotta di liberazione.Quelle che combatterono in altre province,come la Nannetti a Belluno e la 7a Modenaa Modena, furono inquadrate in altre strut-ture, pur essendo bolognesi la maggiorparte dei militanti. Sino alla primavera1944 le brgg dipendevano dai partiti, menola Stella rossa Lupo. Dopo la costituzionedel Comando piazza di Bologna passaronosotto il controllo del CUMER e a tutte fudata una parvenza d’organizzazione milita-re. Non entrarono nella sfera del Comandopiazza le formazioni che operavano sul-l’Appennino. Alcune perché lo rifiutarono,altre perché attraversarono le linee nell’e-state-autunno 1944. Per ragioni d’organiz-zazione militare alla fine del conflitto tuttele brgg che avevano operato sull’Appen-nino furono inquadrate nella div Bolognamontagna Lupo. Alla div fu dato il nome dibattaglia di Mario Musolesi* che, prima dicadere nell’autunno 1944, era stato desi-gnato a comandare le brgg dell’Appenni-no. Nella div furono inquadrate questebrgg: Stella rossa Lupo, 36a BianconciniGaribaldi, Toni Matteotti Montagna,Giustizia e libertà Montagna, 62a Camicierosse Garibaldi e 66a Jacchia Garibaldi.Nel dopoguerra, per misure amministrati-ve, fu aggregata anche la 7a Modena che

alla fine del 1944 si era spostata dalModenese all’Alta Valle del Reno. [O]

Divisione Bologna pianura Mario. Era ladiv che raggruppava le brgg che operavanoin città e nei comuni della pianura. Il nomeMario le fu dato per onorare SanteVincenzi* “Mario”, l’ufficiale di collega-mento tra il CUMER e la div, caduto il21.4.45. Di fatto, questa div era il vecchioComando piazza di Bologna - operante sindall’1.8.44 - al quale era stato mutatonome. Nell’inverno 1944-45 Aldo Cucchi*“Jacopo” fu nominato comandante delladiv, con Carlo Zanotti* “Garian” capo distato maggiore e Giacomo Masi* “Giaco-mino” commissario politico. Araldo Tolo-melli* “Ernesto” era l’ufficiale di collega-mento con le brgg della pianura e Vincenzicon il CUMER. Il 10.3.1945 nuovo coman-dante della div fu nominato GiulioTrevisani* “Guido”, con Cucchi vice.Queste le brgg inquadrate nella div: 1aIrma Bandiera Garibaldi, 2a PaoloGaribaldi, Matteotti città, 4a VenturoliGaribaldi, 5a Bonvicini Matteotti, 6aGiacomo, 7a GAP Gianni Garibaldi, 8aMasia GL, 9a S. Justa, 63a Bolero Gari-baldi. La brg SAP Imola-Santerno era pra-ticamente autonoma pur essendo inqua-drata nella div pianura. Nell’inverno 1944-45 il comando della div, in accordo con lebrgg della città e della pianura, predisposeil piano insurrezionale per la liberazione diBologna. [O]

Divisione Modena Armando. Nella prima-vera del 1944 nella zona appenninica a suddi Modena furono accorpate alcune forma-zioni partigiane che operavano in ordinesparso e riunite sotto il comando di MarioRicci “Armando” e Osvaldo Poppi “Davi-de”. Nell’estate queste brgg - che liberaro-no la zona di Montefiorino (MO) e diede-ro vita alla “repubblica partigiana” - furo-no chiamate Corpo d’armata CentroEmilia, del quale divenne comandanteRicci. Dopo la fine della “repubblica parti-giana” il Corpo - ma il nome più usato eraquello di Divisione Modena Armando - si

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spostò nel Bolognese e liberò, prima del-l’arrivo degli Alleati, le zone di PorrettaTerme, Lizzano in Belvedere e GaggioMontano. Gli americani riarmarono emisero in linea alcune brgg della div per untotale di oltre 2 mila uomini. Nell’aprile1945 i partigiani al comando di Ricci par-teciparono all’offensiva per la liberazionedi Modena. Della div fecero parte le brgg:7a Modena (in seguito inquadrata nellaDivisione Bologna montagna Lupo),Gramsci, Roveda e Costrignano, tutte mode-nesi. Quando la div fu riorganizzata dagliamericani, anche le brgg bolognesi ToniMatteotti Montagna e GL Montagna furonomesse sotto il comando di Ricci. [O]BI B L I O G R A F I A. E. Gorrieri, La Repubblica diMontefiorino. Per una storia della Resisten-za in Emilia; M. Ricci, Intervento in L.Bergonzini, La lotta armata, pp.623-8;Lotte sociali e lotta armata. La Resistenzanelle zone montane della Provincia diBologna, Modena e Pistoia; La repubblica diMontefiorino medaglia d’oro della Resisten-za, ANPI, Modena, 1980, pp.57; S. Prati,G. Rinaldi, Quando eravamo ribelli... (LaValle del Panaro nella Resistenza), Modena,ANPI, 1978, pp. XXII+373; L. Casali,Storia della Resistenza a Modena, Modena,ANPI, 1980, pp.125; A. Tommasi De Mi-cheli, Armando racconta, Milano, Vangeli-sta, 1982, pp.291; E. Tassinari, Un “ameri-cano” nella Resistenza, Ravenna, Longo,1992, pp.152; G. Petracchi, “Intelligence”americana e partigiani sulla Linea Gotica.Con documenti inediti, Foggia, Bastogi,1991, pp.180; Al di qua e al di là della LineaGotica, 1944-1945: aspetti sociali, politici emilitari in Toscana e in Emilia-Romagna;Partigiani in trincea. La Divisione ModenaArmando sulla Linea Gotica 1944-1945; A.Cotti, La seconda repubblica partigianadell’Emilia-Romagna. Porretta Terme -Gaggio Montano - Lizzano in Belvedere.Ottobre-novembre 1944.

Divisione Nannetti Garibaldi. Il nome diNino Nannetti* - un bolognese cadutonella guerra civile spagnola - fu dato nell’e-state del 1944 ad un gruppo di brgg che

operavano tra Belluno, Trento e Treviso.Chiamato Gruppo di brigate GaribaldiNannetti, assunse il nome di div il2.8.1944. Presso la div operarono due mis-sioni alleate. Dopo i durissimi combatti-menti dell’estate la div fu divisa in due: laBelluno alla destra del fiume Piave con lebrgg Gramsci, Pisacane, Fortunato Calvi,Fratelli Fenti e alcuni btg autonomi e laNannetti, sulla sinistra Piave, con le brggTollot, Cacciatori delle Alpi, VittorioVeneto e alcuni btg autonomi. In seguitofurono costituite numerose altre brgg cheentrarono a far parte delle due divv. La divBelluno ebbe un giornale, “Dalle vette alPiave”, diretto dal bolognese DuilioArgentesi*. Oltre 100 furono i partigianibolognesi che militarono nella Nannetti,perché tra la fine del 1943 e l’inizio del1944 il PCI bolognese aveva deciso diinviare nel Veneto i giovani che volevanopartecipare alla lotta di liberazione, rite-nendo inadeguato l’Appennino. Il trasferi-mento avvenne in forma organizzata e perpiccoli gruppi, in accordo con le organiz-zazioni antifasciste di Padova. Si trattò delpiù massiccio trasferimento di armati avve-nuto nella Resistenza italiana. Una cin-quantina di combattenti rientrarono nelBolognese e gli altri furono inseriti nelleformazioni partigiane di Padova. Questi ibolognesi che militarono nelle due div:Libero Albertazzi*, Ezio Antonioni*,Francesco Antonioni*, Duilio Argentesi*,Giuseppe Armaroli*, Duilio Astri*, Ales-sandro Badiali*, Modesto Benfenati*, Lu-ciano Besoli*, Vero Betti*, Augusto Bian-chi*, Ildebrando Bilacchi*, Adolfo Bolo-gnini*, Lino Bonori*, Amleto Bonzi*, Di-no Bonzi*, Antonio Brenti*, Luigi Brini*,Armando Buttazzi*, Ettore Buttazzi*,Otello Calzoni*, Libero Capponcelli*,Dino Casadei*, Primo Cavicchi*, Luigi Ce-scon*, Carlo Cicchetti*, Luciano Cre-monini*, Guglielmo Cristoni*, GuerrinoDall’Omo*, Giuseppe De Luca*, AthosDruidi*, Orlando Evangelisti*, EligioFabbri*, Mario Fabris*, Gilberto Fazzi*,Giovanni Federici*, Enrico Frabboni*,Renato Galli*, Dario Galvani*, Giovanni

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Geminiani*, Federico Gombi*, RinoGruppioni*, Spartaco Gualandi*, EnzoGuandalini*, Emma Guerra*, ClaudioLandi*, Enrico Landi*, Giuseppe Landi*,Aristodemo Marani*, Rolando Milani*,Gino Monti*, Marino Moruzzi*, VittorioMuzzi*, Nerio Nobili*, Dino Pareschi*,Giovanni Parini*, Mario Pederzoli*, Gior-gio Pizzoli*, Cesarino Poletti*, LiberoPoli*, Bruno Reggiani*, Renato Rimondi*,Lodovico Rizzoli*, Luciano Rizzoli*, Rena-to Romagnoli*, Mario Roncagli*, Giusep-pe Rosini*, Vanes Rossi*, Otello Sabat-tini*, Paolino Sabattini*, Carlo Salieri*,Emer Signoris*, Dante Spadoni*, StesanoStefani*, Graziano Trerè*, Mario Totti*,Luigi Tubertini*, Maria Vanzini*, GiorgioVicchi*, Armando Vignoli*, PrimoZanna*, Orlando Zardi*, Silvano Zerbini*,Mario Zucchelli*. I morti furono 15:Renato Benassi*, Floriano Berengari*,Libero Bergonzoni*, Amleto Bordoni*,Enio Bordoni*, Renato Capelli*, CesareCaramalli*, Innocenzo Fergnani* detto Ti-no (per molto tempo chiamato TinoFerdiani), Antonino Ghini*, Bruno Guer-ri*, Aldino Marchesi*, Enrico Morselli*,Giulio Pedretti*, Marcello Serantoni*,Flavio Tampieri*. Rientrarono dal Veneto ecaddero a Bologna 4 partigiani: SergioGalanti*, Francesco Sabatucci*, RenatoSerenari*, Vincenzo Toffano*. [O]NO TA. I partigiani di quest’elenco sono statiindicati - a differenza d’altri elenchi - con ilcriterio del dizionario biografico Gli antifa-scisti, i partigiani e le vittime del fascismonel bolognese (1919-1945). Sono stati inclu-si quelli che nacquero o erano residentinella provincia di Bologna dal 1943 al1945. Sono stati quindi esclusi i cadutiEsterino Bedeschi, Mario Pasi* perché nonbolognesi. Luciano Nicoletti*, che figurain alcuni elenchi e in una lapide, è statoescluso perché militava in una brg friulana.BI B L I O G R A F I A. Corpo volontari della libertà,Cenno storico della Divisione d’AssaltoGaribaldi “Nino Nannetti”, sd, (1945),pp.61; F. Pesce, I garibaldini della “Nan-netti”, in “Mercurio”, n.16, dicembre 1945,pp.272-5; E. Antonioni, Garibaldini e par-

tigiani in Almanacco bolognese 1960,pp.195-214; E. Antonioni, Combattimentoa quota 2000, in Al di qua della GengisKhan, p.33; E. Antonioni, La Resistenzaveneta nel contributo dei “Garibaldini”bolognesi, in “La Resistenza in Emilia-Romagna”, maggio 1970, pp.126-148; A.Clocchiatti, Cammina frut; C. Landi,Sappiatelo paesani; Missione Simia. H.W.Tilman un maggiore inglese tra i partigiani;G. Landi, Rapporto sulla Resistenza nellazona Piave; E. Antonioni, Un lungo par-cheggio “provvisorio”, in “Resistenza oggi”,febbraio 1982, pp.16-8; A. Sirena, Lamemoria delle pietre, Quaderno n.8 di“Protagonisti”, Belluno 1995, pp.308; Ilcammino della libertà. Dalle guerre delFascismo alla Resistenza e alla Costituzione,Feltre, 1995, pp.64; A. Sirena, La memoriadelle pietre. Lapidi e monumenti ai partigia-ni in provincia di Belluno, Belluno, 1996,pp.315; I partigiani bolognesi nel Veneto,nei ricordi di Vittorio Gozzer, in “Resistenzaoggi”, n.1, 2000, pp.83-4; E. Antonioni, 8settembre 1943. Radio “Bologna libertà”, in“Resistenza oggi”, n.2, 2001, pp.63-6; V.Gozzer, Landi e la missione Tilman. Unaguerra patriottica, in “Resistenza oggi”, n.2,2001, pp.66-8; R. Gruppioni, Perché parti-giani bolognesi nel Veneto, in “Resistenzaoggi”, n.2, 2001, pp.68-9; E. Gallo, Per idiritti di Spartaco, in “Resistenza oggi”, n.2,2001, pp.69-70; H.W. Tilman, MissioneBeriwind in Cansiglio, Vittorio Veneto,2001, pp.130; R. Mezzacasa, La via Tilman.Da Falcade ad Asiago sui sentieri dei parti-giani, Nordpress, 2002; E. Antonioni,Cento bolognesi partigiani nell’alto Veneto,l’Alpenvorland, in “I Quaderni di Resi-stenza oggi”, supplemento al n.5 del 2004di “Resistenza oggi”, pp.89-102. Testimo-nianze di G. Landi (p.171), G. Vicchi(p.174), A. Bianchi (p.179), I. Bilacchi(p.181), M. Benfenati (p.185), A. Druidi(p.187), G. Rosini (p.191), C. Landi(p.193), V. Betti (p.197), C. Cicchetti(p.199), A. Gombia (p.202), R. Gruppioni(p.206), E. Guerra (p.209), A. Cestari(p.210), V. Cappello (p.212), D. Argentesi(p.214), E. Antonioni (p.217) in RB3.

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Dizzola, Eccidio di. Il 14.10.1944 - masecondo altra testimonianza sarebbe statoil 19 - i tedeschi rastrellarono 6 persone, trapartigiani e civili, a Casa Dizzola (Monzu-no) su Monte Sole, e le fucilarono. Lesalme furono trovate nella primavera del1946. Le vittime sono: Pietro Bugané*,Primo Bugané*, Roberto Bugané*, TullioBugané*, Giovanni Fabbri* e ArrigoLanzarini*. [O]

E

Ente autonomo dei consumi. Una delleprincipali realizzazioni della prima ammi-nistrazione comunale socialista di Bologna,diretta da Francesco Zanardi*, fu l’Enteautonomo dei consumi. Anche se facevaparte del programma elettorale socialista,nacque da un atto di spontanea reazione alvertiginoso aumento dei prezzi, subitodopo lo scoppio della prima guerra mon-diale nell’estate 1914. Dopo avere costata-to che il calmiere non aveva funzionato,Zanardi decise di aprire un negozio - in unlocale comunale sotto il portico del Palazzodel Podestà - dove uscieri del comunecominciarono a vendere uva al prezzo dicosto, maggiorata di una modesta cifra perle spese di gestione. Dopo l’uva fu la voltad’altri generi alimentari. Il pane era vendu-to a 50 centesimi il chilo, contro i 60-80 deiprivati; la farina 50 contro 60; il riso 45contro 55-60; le mele 20 contro 40-50 ecosì via. Il sindaco, con l’assenso dellagiunta, aveva impiegato somme prelevatedalle casse comunali, senza le previste pro-cedure di legge, a cominciare dall’approva-zione di una regolare deliberazione daparte del consiglio, il quale era stato tenutoall’oscuro di tutto. Quel che è peggio,Zanardi aveva usato soldi del comune perun’impresa commerciale non prevista tra icompiti istituzionali dell’ente. Non si sape-va neppure quale fosse la natura giuridicadel negozio, né chi fosse il proprietario.

Ma, dal momento che esisteva - e presto sen’aggiunsero altri, mentre cresceva la varie-tà merceologica dei prodotti - il problemaera quello di dargli una veste legale. Sui“negozi di Zanardi”, come furono subitochiamati, si aprì una polemica senza fine. Icommercianti protestarono perché subiva-no una forte concorrenza. I consigliericomunali di minoranza, tutti d’estremadestra, prima li osteggiarono, poi sostenne-ro che - essendo stati aperti con soldi delcomune - erano di proprietà del comune. Ilcompito di trovare un’adeguata soluzionegiuridica, senza snaturare la funzione deinegozi, fu affidato al vice sindaco NinoBixio Scota* e al prof. Leone Bolaffio*, undocente universitario d’orientamento libe-rale. Nel gennaio 1916, su loro proposta, irappresentanti d’alcune organizzazionieconomiche e sindacali (la Società operaia,l’Associazione artigiani, il Sindacato com-messi, il Sindacato impiegati civili e laFederazione del PSI) costituirono l’Asso-ciazione dei consumatori alla quale ilcomune donò i 5 negozi funzionanti.L’Associazione predispose uno schema distatuto per la gestione dei negozi, ai qualifu dato il nome d’Ente autonomo dei con-sumi. Quando, il 2.8.1916, lo statuto,approvato dal governo, fu pubblicato sulla“Gazzetta ufficiale del Regno” l’Ente ebbefinalmente i crismi della legalità. Furonocosì sanate le irregolarità amministrative,mentre le cifre anticipate dalla cassa comu-nale furono rimborsate. La prefettura e lamagistratura non erano intervenute controil sindaco, perché consapevoli che le irre-golarità e i reati commessi erano andati avantaggio dei consumatori. Le polemiche ele denunce contro l’amministrazionecomunale non cessarono dopo la sanatoriagiuridico-amministrativa. La Società ano-nima fra bottegai e fruttivendoli e laSocietà esercenti forni e pasterie presenta-rono invano più di un esposto alla magi-stratura per sollecitare la chiusura deinegozi. Zanardi fu accusato di essere il veropadrone e di intascarne gli utili. Il quoti-diano cattolico scrisse che si era «fatto unmonumento sulla mollica di pane». I bolo-

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gnesi lo chiamarono il “sindaco del pane”.Per consentire all’Ente di funzionare ade-guatamente, il comune adottò numerosiprovvedimenti. Per prima cosa costruì unmoderno forno per la confezione del pane.Ha funzionato, in via don Minzoni, sinoalla fine degli anni Settanta e oggi lo stabi-le, chiamato il Forno del pane, ospita laGalleria d’arte moderna. Inoltre, acquistò2 navi, per il trasporto di grano dall’Ar-gentina e di carbone dalla Gran Bretagna.Grazie ai “negozi di Zanardi”, Bolognanon conobbe la fame negli anni della guer-ra, come molte altre città. Meno che maiconobbe le sommosse contro il caroviveri.Nel dopoguerra l’Ente continuò ad espan-dersi. Nel 1920 gestiva 21 negozi di generialimentari, più alcuni empori per la vendi-ta di scarpe, tessuti ecc. Gestiva anche unristorante-bar nella Sala Borsa in via UgoBassi. Il merito del suo grande sviluppospetta a Romeo Galli*, che lo diresse permolti anni, con Zanardi presidente.All’avvento del fascismo Zanardi e Gallifurono cacciati. Ma, nonostante le richiestedei commercianti, i negozi non furonochiusi. Non volendo disperdere un grandepatrimonio, per non dire della funzionecalmieratrice che esercitava, i fascisti silimitarono a congelare l’Ente, impedendo-gli di svilupparsi. Nel 1929, quando erasull’orlo del fallimento, l’Ente fu salvatodal podestà Leandro Arpinati. Grazie adalcuni interventi finanziari riprese adespandersi, per essere abbandonato a sestesso nel 1933, quando Arpinati cadde indisgrazia e finì al confino. L’Ente fallì nel1935 e il 14.10.35 dalle sue ceneri sorse laCooperativa bolognese di consumo, allaquale furono assegnati 18 negozi salvati dalfallimento. Divennero 23 negli anni dellaseconda guerra mondiale, ma ridiscesero a17 a seguito delle distruzioni causate daibombardamenti. Il 30.5.1945 il prefetto, sudesignazione del CLN, nominò Zanardicommissario della cooperativa. L’ex enterisorse a nuova vita e oggi - con il nome diCoop - è uno dei più importanti complessidel settore. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S. Onofri, La grande guer-

ra nella città rossa; P. Furlan, La cooperazio-ne di consumo bolognese nel fascismo, in IlPNF in Emilia-Romagna, p.96; L. Arbiz-zani, N.S. Onofri, G.Ricci Garotti, L’unio-ne dei mille strumenti (Storia della coopera-zione bolognese dal 1943 al 1956), Bologna,1991, pp.255; G. Miti, Il forno del pane el’ente dei consumi di Zanardi. Una storia(quasi) dimenticata, in “il Carrobbio”,XXVI, 2000, pp.267-322.

Esercito brasiliano, vedi: Fôrça Expedi-cionària Brasileira.

Esercito nazionale di liberazione albanese.Dopo essere stata occupata dall’Italia nel-l’aprile 1939, l’Albania diede vita ad unmovimento partigiano, l’ENLA (Esercitonazionale di liberazione albanese), cheorganizzò oltre 50 mila patrioti. L’8.9.1943erano 6 le divv italiane di stanza in Albania.Alcuni reparti riuscirono ad imbarcarsi etornarono in Italia, mentre altri furonoattaccati dai tedeschi. La div Firenze, alcu-ni reparti della Arezzo e altri ancora siopposero vittoriosamente ai tedeschi e siunirono alle forze partigiane albanesi. Inseguito le truppe italiane che avevano con-servato l’unità organizzativa si costituiro-no in div Gramsci, mentre altri repartientrarono nelle formazioni dell’ENLA.Queste formazioni restarono in linea sinoal 1945. [O]BI B L I O G R A F I A. F. Bonasera, Albania 1943-1944, Ancona, 1953, p.17; G. Lombardi,L’8 settembre fuori d’Italia, Milano, Mursia,1966, pp.463; A. Serra. Albania. (settembre1943-9 marzo 1944), Longanesi, Milano,1974, pp.320; Operazioni (Le) delle unitàitaliane nel settembre-ottobre 1943, a curadi M. Torsiello, Ufficio storico, Stato mag-giore esercito, Roma, 1975, pp.705; A. Bar-tolini, Storia della resistenza italiana all’e-stero, Padova, Rebellato, 1985, pp.474; A.Bartolini, Per la patria e la libertà. I soldatinella Resistenza all’estero dopo l’8 settem-bre, Milano, Mursia, 1986, pp.360; A fian-co dei partigiani albanesi: testimonianze diex partigiani italiani che parteciparono allalotta antifascista di liberazione nazionale del

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popolo albanese, Roma, 1987, pp.256; G.Zanette, Tempesta sulle Alpi albanesi,Milano, Mursia, 1987, pp.253; B. Brunetti,Da oppressori a combattenti per la libertà.Gli italiani della divisione partigiana “A.Gramsci” nella lotta di liberazione del popo-lo albanese, Lucca, 1989, pp.338; Lottaarmata e Resistenza delle forze armate ita-liane all’estero, a cura di B. Dradi Maraldie R. Pieri, Milano, Angeli, 1990, pp.680; V.Azzi, Il prezzo dell’onore. Albania 1943-1944, Milano, Mursia, 1996, pp.301; M.Coltrinari, La resistenza dei militari ita-liani all’estero: l’Albania, Roma, 1999,pp.XXX+1.144.

Esercito popolare di liberazione greco(ELAS). Aggredita dall’Italia il 28.10.1940,la Grecia seppe resistere sino al 6.4.1941quando capitolò a seguito dell’interventodella Germania e della Bulgaria. Anzichéun solo movimento di resistenza, in Greciane sorsero tre, spesso in contrasto tra loro.Il primo, tra il 1941 e il 1942, fu l’ELAS(Esercito popolare di liberazione greco),promosso dalle forze di sinistra e in parti-colare dai comunisti. Altre formazionifurono l’EDES (Esercito greco democrati-co-popolare), e l’EOKA d’ispirazionemonarchica. Nell’ottobre 1944, al momen-to della liberazione, l’ELAS aveva un eser-cito di 133 mila uomini. Oltre 10 mila isuoi caduti. Erano una decina le divv italia-ne di stanza in Grecia e nelle isolel’8.9.1943, al momento dell’armistizio.Quasi tutte resistettero al tentativo deitedeschi di disarmarle e combatteronocome a Cefalonia, Corfù, Lero. I militarifatti prigionieri furono internati in Ger-mania. I reparti che poterono conservare laloro unità, si allearono con l’ELAS percombattere il comune nemico. A questi fuconcessa la qualifica di truppe alleate. InMacedonia i militari assunsero la denomi-nazione di Truppe italiane della Macedoniaorientale (TIMO). [O]BI B L I O G R A F I A. L. Ghilardini, I martiri diCefalonia, Milano, Rizzoli, 1952, pp.179; F.Ferrari, Cefalonia, settembre 1943, Parma,1953, pp.31; E. Fino, La tragedia di Rodi e

dell’Egeo, Milano, 1957, pp.331; L. Ghilar-dini, Sull’arma si cade ma non si cede. I mar-tiri di Cefalonia e Corfù, Genova, 1965,pp.260; G. Lombardi, L’8 settembre fuorid’Italia, Milano, Mursia, 1966, pp.463; R.Formato, L’eccidio di Cefalonia, Milano,Mursia, 1968, pp.463; Operazioni (Le)delle unità italiane nel settembre-ottobre1943, a cura di M. Torsiello, Ufficio storicoStato maggiore esercito, Roma, 1975,pp.705; A. Bartolini, Storia della resistenzaitaliana all’estero, Padova, Rebellato, 1985,pp.474; A. Bartolini, Per la patria e la liber-tà. I soldati nella Resistenza all’estero dopol’8 settembre, Milano, Mursia, 1986,pp.360; Lotta armata e Resistenza delleforze armate italiane all’estero, a cura di B.Dradi Maraldi e R. Pieri, Milano, Angeli,1990, pp.680; Divisione (La) “Acqui” aCefalonia settembre 1943, a cura di G.Rochat e M. Venturi, Milano, Mursia,1993, pp.351; G. Giraudi, La Resistenzadei militari italiani all’estero. Grecia conti-nentale e isole dello Jonio, Roma, Rivistamilitare, 1995, pp.XVII+635.

Esercito popolare di liberazione jugoslava.Aggredita e occupata dalla Germania,dall’Italia, dall’Ungheria e dalla Bulgaria il6.4.1941, la Jugoslavia ebbe due movimen-ti di resistenza: l’EPLJ (Esercito popolaredi liberazione jugoslava), comandato daTito, e un movimento filomonarchico - iCetnici - guidato dal generale DrazaMihajlovic. Spesso Cetnici ed EPLJ siscontrarono. Erano una quindicina le divvitaliane dislocate in quella nazione almomento dell’armistizio. Alcune, per laviltà dei comandanti, si arresero, mentre lamaggior parte si opposero ai tedeschi col-laborando con l’EPLJ. A Spalato, inDalmazia, i reparti italiani si costituirononel btg Garibaldi divenuto poi div. Semprein Dalmazia furono costituiti i btgg Gari-baldi e Matteotti che diedero vita alla divItalia, la quale operò anche in Bosnia. Unadiv Garibaldi operò in Montenegro. [O]BI B L I O G R A F I A. G.B. Oxilia, La divisione ita-liana partigiana “Garibaldi” in Bosnia e nelMontenegro, Roma, 1946; I. Forni, G.

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Lodi, Medici italiani della divisione “Ga-ribaldi” in Jugoslavia, Bologna, 1949;Fratellanza italo-jugoslava nella lotta diliberazione, Roma, 1950, pp.101; Martiri edEroi della Divisione “Garibaldi”, onorificen-ze e ricompense al valor militare, a cura diC. Ravnich, Padova, 1950, pp.351; M.Bassi, Due anni fra le bande di Tito,Bologna, Cappelli, 1950, pp.334; G.Trucco, Nell’ombra di Tito, Milano,Ceschina, 1954, pp.187; Brigata (La) alpina“Taurinense, a cura del comando della briga-ta “Taurinense”, Torino, 1956; I. Cozzolino,La divisione “Italia”, Roma, 1957, pp.55;G. Bressan, L. Giuricin, Fratelli nel sangue,Contributi per una storia della partecipazio-ne degli italiani alla guerra popolare di libe-razione della Jugoslavia, Rijeka, 1964,pp.443; S. Gestro, L’armata stracciona.L’epopea della divisione Garibaldi inMontenegro, (1943-1945), Bologna, Ta-mari, 1964, pp.444; A. Bartolini, Storiadella resistenza italiana all’estero, Padova,Rebellato, 1965, pp.454; G. Lombardi, L’8settembre fuori d’Italia, Milano, Mursia,1966, pp.463; L. Bittoni, Dalle vicendedella divisione “Venezia” e “Taurinense”all’epopea della “Garibaldi” in Jugoslavia, ilcontributo dei reparti dell’arma, Scuola diapplicazione dei carabinieri, Roma, 1966;U. Zaccone, Guerra partigiana in Monte-negro, Torino, Risorgimento, 1967; L.Taddia, La seconda brigata “Garibaldi” inJugoslavia dopo l’armistizio, Ferrara, 1969,pp.51; G. Scotti, Ventimila caduti. Gli ita-liani in Jugoslavia dal 1943 al 1945, Milano,Mursia, 1970, pp.613; F. Perrello, Un annocon gli alpini della “Garibaldi”, Torino,1971; S. Gestro, E. Bedini, Soli in Mon-tenegro. Ombre e luci della Resistenza ita-liana in Montenegro. Jugoslavia 1943-1945,Bologna, Tamari, 1972, pp.351; G. Scotti,Il battaglione degli “straccioni”. I militariitaliani nelle brigate jugoslave, 1943- 1945,Milano, Mursia, 1974, pp.355; G. Scotti,Ventimila caduti. Gli italiani in Jugoslaviadal 1943 al 1945, Milano, Mursia, 1976,pp.355; Operazioni (Le) delle unità italianenel settembre-ottobre 1943, a cura di M.Torsiello, Ufficio storico Stato maggiore

esercito, Roma, 1975, pp.705; G. Scotti, I“disertori”. Le scelte dei militari italiani sulfronte jugoslavo prima dell’8 settembre,Milano, Mursia, 1980, pp.302; Il contributoitaliano alla Resistenza in Jugoslavia,Lucca, 1980, pp.188; S. Gestro, La divisio-ne italiana partigiana “Garibaldi”. Monte-negro 1943-1945, Milano, Mursia, 1981,pp.671; S. Loi, La brigata d’assalto Italia,1943-1945, Stato maggiore dell’Esercito,Ufficio storico, Roma, 1985, pp.325; L.Mannucci, Per l’onore d’Italia. La divisioneitaliana partigiana “Garibaldi” in Jugoslaviadall’8 settembre 1943 all’8 marzo 1945,Sesto Fiorentino, 1985, pp.50; A. Bartolini,Storia della resistenza italiana all’estero,Padova, Rebellato, 1985, pp.474; G. Scotti,L. Viazzi, Occupazione e guerra, italiana inMontenegro. Le aquile delle montagne nere(1941-1943), Milano, Mursia, 1987,pp.477; A. Bartolini, Per la patria e la liber-tà. I soldati nella Resistenza all’estero dopol’8 settembre, Milano, Mursia, 1986,pp.360; G. Rosini, Il sentiero sotto la neve,Bologna, Tamari, 1988, pp.115; A.Clementi, Pokret!, Il “Matteotti” in Bosnia,1943-1944, Roma, ANPI, 1989, pp.249;Lotta armata e Resistenza delle forze armateitaliane all’estero, a cura di B. DradiMaraldi e R. Pieri, Milano, Angeli, 1990,pp.680; I. Forni, Alpini garibaldini. Ricordidi un medico nel Montenegro dopo l’8 set-tembre, Milano, Mujkrsia, 1992, pp.205; A.Graziani, Soldati italiani nella Resistenza inMontenegro, Roma, 1992, pp.302; L.Taddia, Dopo l’armistizio in Balcania,Bologna, 1995, pp.87; M. Cuzzi, L’occupa-zione italiana della Slovenia (1941-1943),Stato maggiore dell’Esercito, Ufficio stori-co, Roma, 1998, pp.396; Per l’onored’Italia. La divisione italiana partigiana“Garibaldi” in Jugoslavia dall’8 settembre1943 all’8 marzo 1945, Roma, 1999, pp.50;T. Ferenc, “Si ammazza troppo poco”.Condannati a morte – ostaggi passati per learmi nella provincia di Lubiana, 1941-1943.Documenti, Lubiana, 1999, pp.323.

Estorsione, Sindacalisti denunciati per.Nell’estate 1919, quando a Molinella fu

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chiusa la vertenza iniziata nel gennaio 1914e interrotta dopo l’eccidio di Guarda del5.10.1914, la lega sindacale chiese e otten-ne - oltre a richieste salariali e normative -il pagamento di una cifra forfettaria di 270mila lire. Gli agricoltori, pur sostenendoche si trattava di una “taglia”, accettaronoper chiudere la vertenza. La lega controre-plicò che era la compensazione che spetta-va a braccianti e mezzadri per mancati gua-dagni. Dopo l’eccidio di Guarda e il conse-guente arresto di oltre 200 dirigenti sinda-cali e lo scioglimento della lega, gli agricol-tori avevano corrisposto a braccianti emezzadri livelli salariali e retributivi infe-riori a quelli previsti dai contratti in vigore.Di qui la richiesta di compensazione collet-tiva. L’accordo sindacale, “taglia” compre-sa, fu firmato con l’assenso della prefettu-ra. Le 270 mila lire non furono divise tra ilavoratori, ma versate al comune diMolinella e destinate alla costruzione del-l’asilo infantile della frazione Alberino. Nelgennaio 1920 la Federterra, - la Federa-zione provinciale dei lavoratori della terra -promosse una vertenza provinciale, permezzadri e braccianti, analoga a quella diMolinella. Durò sino al 25.10.1920 quando- con la mediazione della prefettura - fu fir-mato il Concordato Paglia-Calda. La ver-tenza ebbe aspetti di grande asprezza, daambo le parti. Gli agricoltori, piuttosto checedere alle richieste dei mezzadri, preferi-rono lasciare marcire nei campi la metà delraccolto, anche perché la mutua antiscio-pero avrebbe risarcito il danno. Le legheusarono l’arma dei boicottaggio in modoindiscriminato e spesso incomprensibile.Quando furono firmati i patti aziendali -come prevedeva il Concordato - le leghecomunali chiesero una cifra extra-contrat-tuale come a Molinella. Furono così pagatecentinaia di piccole “taglie”. Firmato lamattina del 25.10.1920, il Concordato fustrappato nel pomeriggio quando le squa-dre fasciste cominciarono le prime spedi-zioni punitive a S. Lazzaro di Savena eOzzano Emilia, poi estese ad altri comuniagricoli. Nei primi mesi del 1921, quandola violenza fascista trionfò nelle campagne,

numerosi proprietari agricoli - non si sa secon una strategia preordinata - cominciaro-no a denunciare i sindacalisti con i qualiavevano firmato i patti comunali e azienda-li. L’accusa era d’estorsione. Essendoobbligatorio il mandato di cattura per que-sto reato, la magistratura ordinò l’arrestodi un centinaio di sindacalisti, non pochidei quali si rifugiarono nella Repubblica diS. Marino. Alcuni magistrati emisero sen-tenze d’assoluzione e altri di condanna. Poiin estate - difficile dire il motivo, ancheperché le carte processuali non sono anco-ra consultabili - quasi tutti i mandati di cat-tura furono revocati. Tra i numerosi con-dannati va ricordato Attilio Gadani*, con-dannato a 2 anni e 4 mesi e ucciso dai fasci-sti nel 1944. Andrea Ercolani* e LuigiFabbri* - capolega di Castel S. Pietro ilprimo e di Budrio l’altro - mentre erano inprigione in attesa del processo furono pre-sentati dal PSI quali “candidati di prote-sta”, alle elezioni politiche del 1921, edeletti alla Camera. Le “taglie”, come aMolinella, non furono divise tra i lavorato-ri. Il grosso delle somme andò agli enti assi-stenziali comunali e solo una minima partepare sia restata nelle casse del sindacato.Essendo stata distrutta dai fascisti tutta ladocumentazione archivistica della Feder-terra, è difficile oggi fare il punto.L’8.4.1921 il sindacato fascista di S. Pietroin Casale in un esposto al prefetto scrisseche la lega aveva donato 105 mila lire allaCongregazione di carità comunale. Poichéla cifra era depositata presso l’esattoriaSanti di Bologna, ne chiese il sequestro e larestituzione ai proprietari (ASB, GP, 1921,b. 1.346, cat.7, fas.1). Il settimanale cattoli-co d’Imola “Il Diario” chiese ripetutamen-te alle leghe locali il rendiconto dellesomme ricevute. Scrisse che nell’Imolesepoco meno di 60 mila lire erano state ver-sate alle congregazioni di carità comunali:30 mila a quella d’Imola e il resto a quelledi Dozza, Casalfiumanese, Fontanelice,Borgo Tossignano e Castel del Rio (“IlDiario”, n.45, 1921). Anche se la magistra-tura non aveva avallato completamente latesi delle estorsioni sindacali, la questura

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proseguì a lungo su questa linea. Il4.4.1923 il questore informò il prefetto diavere fatto arrestare e denunciare 4 operaiper «appropriazione indebita per riscossio-ni percentuali salari operai organizzatiBonifica Renana» a Molinella. (ASB, GP,1923, b. 1.389, cat. 7, fas. 1, “Molinella”).All’epoca - mentre oggi i contributi sinda-cali sono trattenuti in busta paga - i brac-cianti erano soliti versare il 10 per cento delsalario alla lega quale quota sindacale.Inoltre, il 14.4.1923 il questore informò ilprefetto di avere fatto arrestare per estor-sione 2 operai perché «nella loro qualità dicollettori dell’organizzazione socialista diMolinella riscuotevano dagli operai orga-nizzati la percentuale del 10 per cento»(ASB, idem). [O]B I B L I O G R A F I A . N.S.Onofri, La strage diPalazzo d’Accursio; R. Vighi, Per il sociali-smo, l’antifascismo, le autonomie, p.56.

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Falchi rossi. Nel periodo prefascista eraun’organizzazione del PSI, che operavaall’interno della FGSI. Curava il recluta-mento dei giovanissimi e organizzava cam-peggi estivi. Aveva un periodico dal titolo“Il Cuore”. Rinata nel 1945, ha avuto unavita breve e stentata. [O]

Fasci siciliani. Nel 1893 in Sicilia si ebberonumerosi moti spontanei d’operai e conta-dini per conquistare migliori condizioni divita. Si ebbero occupazioni di terre, scio-peri e assalti contro municipi. In alcuni casii lavoratori si presentarono per la primavolta alle elezioni e conquistarono più diun comune. In molti centri furono costitui-te varie organizzazioni operaie alle qualifurono date il nome di Fasci operai. Ilgoverno represse con la forza questo movi-mento. A Caltavuturo (PA) furono uccisi13 lavoratori da polizia e carabinieri e 10 aPartinico (PA). Il 3.1.1894 il primo mini-

stro Crispi proclamò in Sicilia lo stato d’as-sedio e sciolse le organizzazioni operaielocali, oltre che il PSI in tutta la nazione.Nicola Barbato, Garibaldi Bosco, Giusep-pe De Felice Giuffrida, Giacomo Montalti,Bernardino Verro e altri dirigenti dei Fascisiciliani furono processati e condannati apesanti pene. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Marsilio, I fasci siciliani,Milano, Avanti!, 1954, pp.90; S.F. Romano,Storia dei fasci siciliani, Bari, Laterza, 1959,pp.575; F. Renda, I fasci siciliani, 1892-1894, Torino, Einaudi, 1977, pp.382.

Fascio d’azione rivoluzionaria. Nacque aMilano, alla fine del 1914, su iniziativadegli interventisti, tra i quali BenitoMussolini espulso dal PSI. Doveva riuniregli interventisti in un’organizzazione, indi-pendentemente dal partito d’appartenen-za. Raccolse l’adesione d’alcuni anarco-sin-dacalisti, di pochi iscritti al PRI e al Partitoradicale e di pochissimi militanti usciti dalPSI. A Bologna il suo equivalente era ilFascio democratico di resistenza . [O]

Fascio di combattimento di Bologna. Gliex combattenti bolognesi disertarono l’a-dunata che si tenne a Milano il 23.3.1919,quando Benito Mussolini fondò il Fascio dicombattimento. Il giorno dopo la notiziadell’avvenimento non apparve sul “Gior-nale del Mattino” - il quotidiano interven-tista bolognese, diretto da Pietro Nenni,all’epoca iscritto al PRI - ma su “il Restodel Carlino”. La maggioranza degli inter-ventisti e degli ex combattenti bolognesinon condivideva la linea politica del nuovoorganismo. Cedendo alle sollecitazioni diMussolini, i combattenti bolognesi decise-ro di costituire il fascio. La sera del9.4.1919 si tenne un’assemblea d’ex com-battenti, nel corso della quale parlaronoGuido Bergamo*, Nenni e FerruccioVecchi, inviato da Mussolini per controlla-re la manifestazione. I primi due oratoriillustrarono un programma politico di sini-stra e di netta intonazione antimonarchica.Inoltre, invitarono ad uscire dalla sala icombattenti socialisti e cattolici, perché

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non graditi. L’invito rivolto ai socialisti erasuperfluo, dal momento che non eranointervenuti. Uscirono i cattolici ed alcunimonarchici, che non condividevano l’o-rientamento repubblicano e la linea anti-mussoliniana che si andava delineando. Ilgiorno dopo il quotidiano cattolico“L’Avvenire d’Italia” scrisse che era natoun Fascio «a tinta socialistoide». Il gruppodirigente del Fascio fu composto daBergamo (PRI), Renzo Fontanesi (d’orien-tamento repubblicano), Nenni (PRI),Adelmo Pedrini* (anarchico) e DinoZanetti (monarchico e nazionalista). IlFascio era nato, ma su una posizione deltutto diversa da quella mussoliniana. Perquesto, alcuni giorni dopo Zanetti e ungruppo di monarchici uscirono e fondaro-no la Lega antibolscevica popolare, laquale avrebbe dovuto essere la sezionebolognese del Fascio. La linea politica delFascio bolognese, sin dall’inizio, non risul-tò gradita al comandante del Corpo d’ar-mata il quale, il 18.4.1919, ordinò ai milita-ri di rassegnare le dimissioni perché l’orga-nizzazione era «antistatale». Erano ancoranumerosi gli ex combattenti, come Nenni,che vestivano la divisa. Osteggiato daMussolini, dall’autorità militare e dal pre-fetto e abbandonato da Nenni, che in ago-sto si era trasferito a Milano, e da Bergamo,tornato a casa in Veneto, il Fascio non ebbevita facile e si dissolse quasi subito. Era tal-mente inconsistente che nell’estate 1919Garibaldo Pedrini - segretario della Legaantibolscevica - riuscì a farsi nominarefiduciario, con l’incarico di riorganizzarlo eallinearlo sulla posizione di Mussolini. Inquel periodo, il futuro dittatore sostenevala necessità di dare vita ad un grande schie-ramento di destra, in vista delle elezionipolitiche del novembre 1919. Gli iscritti alFascio d’orientamento repubblicano e disinistra si riorganizzarono e riuscirono asventare la manovra di Pedrini, subitoespulso con alcuni elementi di destra direcente iscrizione. Tra questi vi era l’exanarchico Leandro Arpinati, che si trasferìa Milano ed entrò a far parte della guardiadel corpo di Mussolini. Prese parte a

numerosi scontri con i socialisti e a Lodi fuarrestato perché coinvolto nell’uccisione diun lavoratore e nel ferimento di altri.All’inizio del 1920 dal Fascio uscirononumerosi elementi di sinistra e del PRI percui ad Arpinati - tornato a Bologna - riuscìl’operazione fallita da Pedrini. Nonostanteil suo attivismo, il Fascio restò per moltimesi un’organizzazione meno che modesta.Le cose mutarono il 17.9.1920 quandol’Associazione di difesa sociale arruolò 300armati per la protezione degli esponentidella lista di destra “Pace libertà lavoro”,presentata per le elezioni amministrative.L’Associazione - finanziata da industriali,commercianti ed agrari - si rivolse alle treorganizzazioni paramilitari che operavanoa Bologna: il Fascio, i Sempre pronti per lapatria e per il re e i Legionari fiumani. Ilpiù sollecito a rispondere all’invito del-l’Associazione fu Arpinati. Arruolò 300armati - molti dei quali usciti dai ranghi deiSempre pronti e dei Legionari fiumani - e limise a disposizione dell’Associazione. Ilquestore - che approvò e favorì l’iniziativa- informò al prefetto che l’Associazioneaveva fatto un primo grosso stanziamento,al quale ne sarebbero seguiti altri. Il prefet-to non ordinò lo scioglimento del nuovocorpo armato, per cui il Fascio poté darecorso alla propria riorganizzazione internasu basi militari (ASB, GP, 1921, b.1.350,cat.7, fas.1). Il 20.9.1920 le prime squadrearmate fasciste fecero la loro apparizionenelle strade di Bologna. Assalirono il risto-rante-bar della Borsa, in via Ugo Bassi - unlocale gestito dall’Ente autonomo dei con-sumi e frequentato prevalentemente dasocialisti - e uccisero l’operaio GuidoTibaldi*. Altre spedizioni, tutte sanguino-se, seguirono nei giorni successivi. Il10.10.1920 il Fascio fu rifondato e, perquesto, fu chiamato il secondo Fascio dicombattimento di Bologna. Dieci giornidopo, su proposta d’Arpinati, l’assembleadegli iscritti approvò un nuovo programmae un nuovo statuto, perfettamente allineatisulle posizioni di Mussolini. Sempre suproposta d’Arpinati - confermato segreta-rio - furono espulsi gli elementi repubbli-

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cani e di sinistra che avevano preso partealla fondazione del primo nell’aprile 1919.Ai primi di novembre uscì “L’Assalto”, ilperiodico del Fascio diretto da GiovanniLeone Castelli detto Nanni. Dopo averecompletato la riorganizzazione militare, ilFascio divenne il braccio armato della con-trorivoluzione preventiva che la destrapolitica bolognese aveva deciso di scatena-re contro la sinistra. La mattina del25.10.1920 fu firmato il ConcordatoPaglia-Calda - che metteva fine ad una ver-tenza durata dieci mesi - e nel pomeriggiole prime squadre armate si recarono neicomuni agricoli d’Ozzano Emilia e S.Lazzaro di Savena per strapparlo. Il4.11.1920, per festeggiare il secondo anni-versario della fine della guerra, i fascistiassalirono la sede della CCdL in viad’Azeglio 43 e la misero a sacco, graziesoprattutto alla viltà del segretario provin-ciale Ercole Bucco. Il 21.11.1920, infine,raccolsero la più grossa e decisiva vittoriaquando assalirono Palazzo d’Accursio, perimpedire l’insediamento della secondaamministrazione comunale socialista.Provocarono gli incidenti che costarono lavita a 11 persone: un consigliere di mino-ranza e 10 lavoratori. I feriti furono unacinquantina. Arpinati lasciò la segreteriadel Fascio il 5.12.1921 perché non fu ingrado, al termine di un’assemblea, di dareil resoconto finanziario dell’acquisto dialcuni camion chiesto da Dino Grandi eAldo Oviglio (N.S. Onofri, La strage diPalazzo d’Accursio, p.222). La riassunsequando Mussolini, con lettera in data19.2.1922, gli scrisse «Devi riprendere iltuo posto» (G. Cantamessa Arpinati,Arpinati mio padre, p.49). Grazie all’ap-poggio di Mussolini, riuscì a respingere gliassalti di Grandi e Gino Baroncini, contra-ri alla sua linea politica. Nel 1924, in occa-sione delle elezioni politiche, la direzionedel PNF impose a Bologna un commissariostraordinario, nella persona di EdoardoRotigliano. Lo stesso anno Arpinati funominato prima commissario e poi segreta-rio. Mantenne la carica nel 1926, quandofu nominato podestà, e la lasciò nel 1929,

quando divenne sottosegretario al ministe-ro dell’Interno. Lo sostituì prima Fran-cesco Ramponi (12.4.1929) poi Mario Ghi-nelli (22.6.1929), il suo più fidato collabo-ratore. Nel 1933 Arpinati cadde in disgra-zia e la federazione fascista, il 24.6.1933, fucommissariata da Ciro Martignoni. Dopol’allontanamento di tutti gli arpinatiani -molti dei quali finirono al confino, comeArpinati - furono nominati da Roma: Um-berto Angelini (20.5.1934); Cesare Colliva(22.7.1934); Alfredo Leati (25.6.1936) eVittorio Caliceti (10.1.1940). Morto Ca-liceti, gli subentrò il suo vice Piero Mon-zoni (23.8.1940). Il 3.7.1943 fu nominatoAngelo Lodini che restò in carica sino al25.7.1943. Nelle elezioni del 16.11.1919 ilFascio votò per la Lista dei combattenti,che ebbe 5.556 voti e nessun deputato.Nelle politiche del 15.5.1921 il Fascio pre-sentò la lista Blocco nazionale con il fascioper emblema nella circoscrizione di Bo-logna (BO, FE, FO e RA). Raccolse 12.883voti nel comune di Bologna, 24.435 nellaprovincia e 96.267 nella circoscrizione.Elesse 6 deputati. Il più votato fu Mussoli-ni. In quelle del 6.4.1924 ebbe 459.154 votinella Circoscrizione regionale e 27 deputa-ti. Nella provincia di Bologna raccolse111.112 voti dei quali 28.463 nel comunedi Bologna. [O]BI B L I O G R A F I A. C. Valente, La ribellione anti-socialista di Bologna; Nello (ClodoveoBonazzi), L’epicentro del fascismo, in“Sempre! Almanacco N° 2 (1923/24) di‘Guerra di Classe’”, pp.30-44; I. Luminasi,R. Valianti, Cronache della vigilia rivoluzio-naria fascista nella provincia di Bologna, inPanorami di realizzazioni del fascismo,Roma, 1942, vol.IV/2, pp.609-19; Il movi-mento delle squadre in Emilia, in Panoramidi realizzazioni del fascismo, Roma, 1942,vol. IV/2, pp.609-744; G. Pini, Le legionibolognesi in armi; A. Manaresi, Ricordi diBologna rossa, in “Nuova Antologia”,fasc.CCCLXIV, 1932, pp.19-37 (Il saggio,con il titolo Bologna rossa, è stato ripubbli-cato in A. Manaresi, Aprite le porte, Roma1933, pp.127-58); D. Zanetti, L’anima nellabufera; A. Manaresi, Eccidio di Palazzo

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d’Accursio, in Panorami di realizzazioni delfascismo, Roma, 1942, vol.II, pp.113-8; B.Uva, La crisi del massimalismo socialista e lanascita del fascismo a Bologna, Roma,Conte, 1962, pp.39; L. Arbizzani, L’avven-to del fascismo nel bolognese, in “Movimen-to operaio e socialista”, n. 2-3, 1964; F.Musiani Tarozzi, Il primo e secondo “Fasciodi combattimento” di Bologna nelle cartedell’Archivio riservato del Gabinetto di pre-fettura (1919-1922), in “Atti e memoriedella Deputazione di storia patria per leprovince di Romagna”, vol. XXIII, 1972,pp.335-440; N.S. Onofri, La strage diPalazzo d’Accursio; Bologna 1920, le originidel fascismo; N. Galassi, Il fascismo a Imola(1914-1929); N. Galassi, Imola dal fascismoalla liberazione (1930-1945); N.S. Onofri,Fu fascista la violenza nella provincia diBologna tra il 1920 e il 1945, in “Resistenzaoggi”, n.1, 2000, pp.23-36; N.S. Onofri, Itanti e contraddittori elenchi dei caduti bolo-gnesi della “rivoluzione fascista”, in “Resi-stenza oggi”, n.2, 2001, pp.29-37; N.S.Onofri, Agrari e industriali finanziarono ilpartito fascista a Bologna, in “Resistenzaoggi”, n.3, 2002, pp.37-45; M. Franzinelli,Squadristi, Milano, Mondadori, 2003,pp.464.

Fascio democratico di resistenza. Era laversione bolognese del Fascio d’azionerivoluzionario fondato a Milano dagliinterventisti alla fine del 1914. Fu costitui-to il 18.12.1914 da Mario Bonzani, GinoBondanini*, Dante Calabri*, Ulisse Luc-chesi*, Pietro Martinelli e M. Muratori.Ebbe l’adesione del PRI, dell’Associazioneradicale, del Circolo socialista indipenden-te e di pochi anarchici, tra i quali LeandroArpinati. Al Fascio non aderirono espo-nenti liberali, cattolici e nazionalisti. Menoche mai vi aderirono i socialisti del PSI, adeccezione di Lucchesi. Il Fascio - il cuiperiodico ufficiale era “La Riscossa” -organizzò quasi tutte le manifestazioni afavore dell’intervento dell’Italia in guerra,oltre che le aggressioni fisiche contro gliesponenti del PSI che si battevano controla guerra. Si estinse quasi subito dopo l’ini-

zio del conflitto nel 1915 e non va confusocon il Fascio democratico di resistenzanazionale, costituito a Bologna nel giugno1918 dai partiti interventisti. [O]Bibliografia: N.S. Onofri, La grande guerranella città rossa.

Fascio libertario bolognese, vedi: Federa-zione anarchica italiana.

Fascio operaio di Bologna. All’indomanidella Comune di Parigi - proclamata il18.3.1871 - in Italia furono costituite nu-merose organizzazioni operaie a carattereinternazionalista, con ideologie non bendefinite, a metà strada tra Michele Bakunine Giuseppe Mazzini. La prima nacque aBologna il 27.11.1871 e si chiamò Fasciooperaio. Principale promotore e primosegretario fu l’ex garibaldino ErminioPescatori, coadiuvato da Ernesto Poggio-lini ed Abdon Negri. I promotori - chesaranno chiamati internazionalisti - sierano riuniti «allo scopo di fondare unasocietà di lavoratori che, prescindendodalle gare politiche e religiose, corrispon-desse in miglior modo delle esistenti, aibisogni urgenti della classe operaia, e atti-vasse i mezzi di rendere possibile l’unionee la solidarietà» fra tutti i lavoratori d’Italiae delle altre nazioni «per attingere quellaforma e quella potenza, atte a sciogliere lamondiale questione sociale, l’emancipazio-ne, cioè, della parte più generosa e piùsventurata dell’umanità, quella del proleta-riato» (“Fascio operaio” n.1, 27.12.1871).Il Fascio ebbe l’adesione di oltre 500 per-sone, tra Bologna e Imola. Uno dei primi aaderire fu Giuseppe Garibaldi. Dopo ilcongresso nazionale dei fasci, tenuto aRimini il 4.8.1872 - nel corso del quale gliinternazionalisti italiani si schierarono afianco di Bakunin e contro Karl Marx -Costa fu eletto segretario della commissio-ne nazionale di corrispondenza e Bolognadivenne la capitale degli internazionalisti.Con la divisione dei socialisti dagli anarchi-ci, il movimento internazionalista ebbe unlungo e faticoso travaglio che sfociò, annidopo, nella nascita del primo partito politi-

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co dei lavoratori. Il Fascio operaio ebbe unorgano settimanale, “Il Fascio operaio” cheaveva il sottotitolo “Monitore del proleta-riato. Periodico Democratico-sociale.Organo dell’Associazione di tal nome dellaRegione di Bologna”. Era diretto da EnricoPescatori e aveva Andrea Costa tra i redat-tori. Fu più volte sequestrato e dopo ilnumero 10 del 2.3.1872 si fuse con “IlRomagnolo” di Ravenna. [O]B I B L I O G R A F I A . A. Venturini, Assise diBologna. Processo degli internazionalisti.Difesa dell’avvocato Aristide Venturini. 2giugno 1876, Bologna, Zanichelli, 1876,pp.48; G. Ceneri Difesa proferita perAndrea Costa nell’udienza 18 e 19 maggio1876 del processo degli Internazionalisti dal-l’avvocato Giuseppe Ceneri, Bologna,Zanichelli, 1876, pp.87; L. Lipparini,Andrea Costa rivoluzionario, Milano,Longanesi, 1977, pp.305; Andrea Costanella storia del socialismo italiano, a cura diA. Berselli, Bologna, il Mulino, 1982,pp.319; N. Galassi, Vita di Andrea Costa,Milano, Feltrinelli, 1989, pp.653; G.Pendola, Il “Fascio Operaio” di Bologna(1871/72), in “Volontà”, n.4, 1978, pp.271-81. Per il giornale cfr. P. Neri, Il giornali-smo bolognese nel periodo post-unitario, in“L’Archiginnasio”, 1963, p.305.

Fascio socialista comunista. Era un’orga-nizzazione anarchica costituita a Bolognaalla fine del 1919 con lo scopo di unire leforze rivoluzionarie esistenti nel PSI e nelmovimento anarchico, con l’esclusione deiriformisti. Fu promossa da ArmandoBorghi, uno dei massimi esponenti delmovimento anarchico, che allora viveva aBologna. Segretario fu Amleto Vellani. IlFascio non svolse alcuna attività politica enon ebbe consistenza organizzativa. Lasera del 3.12.1919 Vellani fu ucciso al ter-mine di una manifestazione popolare.Dopo l’aggressione subita a Roma, davantia Montecitorio, da alcuni deputati sociali-sti, nel paese si tennero numerose manife-stazioni di protesta. A Bologna un’impo-nente manifestazione si svolse, senza inci-denti, in via Irnerio, nell’area dell’ex sferi-

sterio. Al termine, mentre i convenuti sfol-lavano, Vellani fu affrontato da alcuni poli-ziotti e da un gruppo di Sempre pronti gui-dati da Dino Zanetti, in via Indipendenzaangolo via Bertiera. Adducendo il pretestoche aveva tentato di aggredirli - pur essen-do disarmato - polizia e nazionalisti spara-rono e l’uccisero. Per ricordarlo, fu muratauna lapide - in seguito distrutta dai fascisti- sulla facciata della sede della CCdL in viad’Azeglio 43. Il testo: «Questa casa deilavoratori/ fu camera ardente/ per AmletoVellani/ popolano fiero ed onesto/ volontàferrea e fede adamantina/ La sbirragliadella borghesia/ con la mitraglia gli spezzòil cuore generoso/ mentre per le vie diBologna/ ruggiva la protesta proletaria/Che il suo sangue germogli/ la ribellione/Ucciso il 3 dicembre 1919». [O]

Fazzolo di Malfolle, Eccidio di. Il22.7.1944 a Pioppe di Salvaro (Marza-botto) i partigiani attaccarono un contin-gente tedesco e uccisero due militari. Inquel periodo i tedeschi ed i fascisti era soli-ti organizzare periodici rastrellamenti persloggiare i partigiani da Monte sole. Inlocalità Fazzolo di Malfolle e a Pioppe itedeschi rastrellarono 15 persone. Il 23 nefucilarono 10: Fernando Cucchi*, PietroGolfetti*, Aldo Melega*, Domenico Mi-nelli*, Celso Serenari*, Valentino Simo-nini*, Aldo Stanzani*, Emilio Stanzani*,Giuseppe Venturi*, Francesco Zanardi* di Angelo. I loro corpi furono dati allefiamme. [O]

Federazione anarchica italiana, (FAI). Ilmovimento anarchico, che non si era maidato una struttura organizzativa sia nazio-nale sia di base, all’inizio del XX secolocominciò ad esaminare l’opportunità diadeguarsi alle esigenze di un movimento dimassa. A differenza del PSI che propugna-va una linea evoluzionista e di trasforma-zione della società con riforme politiche, ilmovimento anarchico aveva mirato alla tra-sformazione rivoluzionaria della società.Parafrasando quanto Andrea Costa avevasostenuto nel 1879 nella lettera Ai miei

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amici di Romagna, nel 1910 il periodicoanarchico bolognese scrisse: «Decenni dipropaganda rivoluzionaria hanno fallitocompletamente» (“L’Agitatore”, 18.12.1910).Di qui la necessità di dare al movimentonuove strutture politico-organizzative, pursenza arrivare, come i socialisti, ad entrarein parlamento e nei comuni. Il movimentoanarchico avrebbe dovuto espandersi nelsindacato. Solo che, dopo avere subìto laseparazione politica dai socialisti nel 1892a Genova, quando nacque il PSI, nei primianni del XX secolo gli anarchici dovetterosubire anche la separazione sindacale.Espulsi dalla CGdL nel 1908, nel 1912 die-dero vita all’USI. Dopo la nascita dellastruttura sindacale anarchica, fu la volta diquella politica, l’Unione comunista anar-chica italiana, nata al termine del congres-so nazionale di Firenze del 12-14.4.1919.Ebbe sempre una vita non facile e un pesomodesto, perché le strutture anarchiche dibase non rinunciarono all’autonomia. Ilnuovo organismo - osteggiato da moltestrutture di base - avrebbe dovuto al massi-mo coordinare l’attività del movimentoanarchico italiano e non organizzare e pre-costituire strutture fisse, con apparati efunzionari di partito. Al secondo congres-so, svoltosi a Bologna dall’1 al 4.7.1920, fucancellato il termine comunista, per cui ilnome ufficiale fu quello d’Unione anarchi-ca italiana. Il terzo e ultimo congressodell’UAI si tenne ad Ancona l’1-2.11.1921.Organo ufficiale degli anarchici fu“Umanità Nova”. Durante il ventenniofascista quasi tutti i dirigenti anarchici fini-rono in carcere e al confino e non pochiandarono in esilio. Decine i militanti uccisidai fascisti e centinaia quelli condannati apene detentive. Gli anarchici parteciparo-no attivamente alla lotta di liberazione. Brganarchiche operarono nel Milanese (la “E.Malatesta” e la “P. Bruzzi”, anche se inqua-drate nelle formazioni Matteotti), inLiguria, Massa Carrara e Piacenza. Il10.9.1944 a Napoli già liberata si tenne unconvegno dei gruppi anarchici di Lazio,Puglia, Lucania, Umbria, Toscana eCalabria. Fu abbandonata la vecchia deno-

minazione d’UAI e costituita la Federazio-ne comunista libertaria. Il 23.6.1945 aMilano fu costituita la Federazione comu-nista libertaria alta Italia. Il 15-19.9.1945,al primo congresso nazionale postbellicoche si tenne a Carrara, fu costituita laFederazione anarchica italiana e prevalseroi fautori dell’organizzazione di partito. Fu,infatti, nominato un consiglio nazionale,come sono soliti fare i partiti tradizionali.Con il rientro in Italia di Borghi - dopo unesilio ventennale - e la riorganizzazione deigruppi spontaneisti, la tendenza fu inverti-ta al congresso successivo. I fautori dellastruttura-partito, ma vi erano altri motivi didifferenziazione, uscirono dalla FAI e die-dero vita alla Federazione libertaria italia-na. Nel 1945 riprese le pubblicazioni“Umanità Nova” con periodicità settima-nale. Prima del fascismo nella provincia diBologna operarono la Federazione liberta-ria bolognese e la Federazione libertariaimolese. Da un rapporto della polizia risul-ta che nel 1914 a Bologna esistevano 6associazioni anarchiche con 564 aderenti e3 ad Imola. A Bologna funzionava purel’Unione anarchica bolognese. Negli annidella prima guerra mondiale - anche per-ché la maggior parte dei dirigenti furonochiamati alle armi o internati in comuni delmeridione - l’organizzazione anarchica sidissolse. Il 31.12.1916 fu costituita l’U-nione anarchica Emiliano-Romagnola altermine di un congresso regionale.Trasferita ad Imola nel 1919, l’Unione sidissolse nel 1920. Nel dopoguerra, con laripresa dell’attività politica e la nascitadell’UAI, gli anarchici si riorganizzarono aBologna e nel 1920 diedero vita al Fasciolibertario bolognese. Difficile dire quantidei 7 principali gruppi anarchici bolognesivi siano confluiti. A Bologna, come adImola, il movimento anarchico fu semprediviso in numerosi circoli, i quali rifiutava-no la presenza di un unico centro dirigen-te. I principali esponenti di Bologna nelperiodo prefascista furono ArmandoBorghi, Clodoveo Bonazzi*, Pietro Co-mastri*, Ettore Cuzzani*, Luigi Fabbri*,Adelmo Pedrini*, Primo Proni*, Domeni-

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co Zavattero e, per qualche tempo, MariaRygier. Imola: Diego Domenico Guada-gnini*, Primo Bassi*, Aldo Bernardi eGino Cerè. Nel primo ventennio del XXsecolo, quando il movimento anarchicoraggiunse il massimo d’espansione politicae sindacale, a Bologna uscirono numerosigiornali, tra i quali “L’Agitatore” dal 1910al 1913; “L’Azione sindacale” dal 1912 al1913, anche se ufficialmente era l’organodella CdL; “La Barricata” nel 1913; “LeCanaglie rosse” (1913) e “Scuola moder-na” (1910). Moltissimi, prima e dopo ilfascismo, i numeri unici. Nell’Imolese usci-rono molti giornali, il più importante deiquali fu “Sorgiamo!”. Nel 1921, dopo lanascita del PCI, numerosi militanti anar-chici entrarono nel nuovo partito, delquale condividevano l’iniziale indirizzorivoluzionario e antiriformista. Non pochi,come avverrà in seguito per Bonazzi, ItaloSamaja* e Nino Samaja*, aderirono al PSI.Numerosi i militanti anarchici uccisi e per-seguitati dal fascismo. Durante la Resi-stenza i gruppi anarchici bolognesi nonpresero posizione ufficiale, né pro né con-tro, ma singoli militanti vi parteciparono.Dal n.4, del 1974, di “A. Rivista anarchi-ca”, dedicato al trentennale della Resisten-za, risulta che a Bologna vi sarebbe stato unsolo militante fucilato dai fascisti, AttilioDiolaiti*. Sarebbe stato anarchico, ma èdubbio, anche Ettore Zaniboni* fucilato aBologna (P. Bianconi, Gli anarchici nellalotta contro il fascismo, pp.141-8). Al primocongresso postbellico di Carrara interven-nero i delegati Armando Masetti* eAntonio Scalorbi di Bologna e AndreaGaddoni* e Giuliano Golinelli di Imola.B I B L I O G R A F I A B O L O G N E S E . D. Zavattero,Vent’anni sfioriti. Considerazioni critichesugli elementi dottrinari e tattici dell’ele-mento anarchico in Italia, Bologna, 1913,pp.176; D. Zavattero, La Bancarotta di unatteggiamento, Bologna, Problemi, 1913,pp.36; A. Mancini, Memorie di un anarchi-co, Imola, Galeati, 1914, pp.36; Nello(Clodoveo Bonazzi), L’epicentro del fasci-smo, in “Sempre!, Almanacco N° 2 (1923-24) di ‘Guerra di Classe’”, pp.30-44; A.

Borghi, Conferma anarchica (Due anni inItalia), Forlì, Aurora, 1949, pp.196; Untrentennio di attività anarchica (1914-1945), Cesena, L’Antistato, 1953, pp.216;A. Andreasi, Anarchismo e sindacalismo nelpensiero di Armando Borghi (1907-1922),in “Volontà”, n.3, 1970, pp.161-70; L.Casarini, Il movimento anarchico a Bolognadal 1910 al 1915, tesi di laurea, Universitàdi Bologna, anno 1973-74; Imola. Violenzefasciste e forte resistenza popolare. Gli anar-chici in prima fila, in “A. rivista anarchica”,1974, n.4, p.7; A. Bassani, La marcia suBologna degli anarchici imolesi, “ilCarrobbio”, 1976, pp.29-40; F. Tarozzi,Armando Borghi organizzatore politico-sin-dacale a Bologna (1907-1911), in “Bollet-tino del Museo del Risorgimento”,Bologna, 1983, pp.24-36; M. Casarini,Contributo alla storia del movimento anar-chico a Bologna nel primo dopoguerra, in“Bollettino del Museo del Risorgimento”,Bologna, 1983, pp.86-120; F. Tarozzi, Trariformismo e sindacalismo: il primo decen-nio del XX secolo, in Il sindacato nel bolo-gnese. Le Camere del lavoro di Bologna dal1893 al 1960, Roma, Ediesse, 1988, pp.89-110; P. Bianconi, Gli anarchici italiani nellalotta contro il fascismo, Pistoia, Edizioniarchivio famiglia Berneri, 1988, pp.195.(Su Bologna pubblica: Emilia-Romagna,pp.141-53); Dizionario biografico deglianarchici italiani, BFS edizioni. Testimo-nianze di P. Bassi (p.344), A. Borghi(p.349), A. Masetti (p.449), E. Zanardi(p.469) in RB1.

Federazione giovanile comunista italiana,(FGCI). Il 29-31.1.1921 a Firenze si riunì ilcongresso nazionale della FGSI, presenti200 delegati in rappresentanza di 53.314iscritti. All’inizio dei lavori fu messo ai votiun documento approvato dal Comitatocentrale della FGSI che recitava: «Il C.C.delibera che nel convegno sarà data laparola solo ai rappresentanti dei partitiappartenenti alla Internazionale Comuni-sta». Il documento ebbe 12.629 sì e 12.035no. 4.905 voti andarono ad un documentointermedio, che prevedeva libertà di paro-

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la per tutti, e 2.000 furono i voti dei dele-gati che si astennero (Il Congresso dellaGioventù Comunista, in “Il Comunista”,n.2, 3.2.1921). I delegati della frazionecomunista, pur essendo in minoranza,riuscirono ad impedire ai socialisti di pren-dere la parola e li indussero ad uscire dallasala in segno di protesta. Rimasti padronidel congresso, i delegati comunisti si pro-nunciarono per il superamento del PSI eduscirono dalla FGSI. La FGSI sopravvissealla scissione e la FGCI, subito costituita,aderì al PCd’I. I dirigenti della FGCI nonebbero quell’autonomia politica che aveva-no sempre auspicato quando militavanonel PSI. Nel 1928, quando si tenne inFrancia la seconda conferenza generaledella FGCI, Ruggero Grieco, a nome delladirezione del partito, disse che la federa-zione giovanile «che è stata all’avanguardianella lotta contro il sindacalismo, il riformi-smo e il massimalismo» [..] «non appoggiapiù un’ala del Partito contro le altre frazio-ni, ma si trova compatta ad appoggiaretutto il Partito». Pertanto oggi la FGCI«non ha più la funzione di critica, di avan-guardia che aveva in seno al Partito sociali-sta» e «aiuta e appoggia validamente ilPartito comunista». Luigi Longo, dirigentedella FGCI, confermò: «Le direttive trac-ciate dalla conferenza del Partito, sonoanche le nostre» (La seconda conferenza delPartito Comunista Italiano. La seconda con-ferenza della F.G.C.I., pp.244 e 245).“L’Avanguardia”, già organo della FGSI,divenne l’organo della FGCI. La FGCI èstata ricostituita nel marzo 1949, comeorganizzazione giovanile del PCI. Nel 1921la maggior parte dei giovani socialistidell’Emilia non passarono alla FGCI. ABologna la scissione fu meno massiccia chein altre città, anche se nelle pubblicazioniufficiali del PCI si legge che passò allaFGCI il 90% dei giovani socialisti. Il20.2.1921, al primo congresso provincialedella FGCI, fu annunciato che 1.206 gio-vani (rispetto agli oltre 4 mila iscritti) ave-vano lasciato la FGSI. Amedeo Tabanelli,uno dei promotori della FGCI e direttorede “La Scolta”, organo provinciale della

FGSI, disse: «La maggior parte dei giovanisono caduti nell’equivoco unitario» (“LaScolta”, n.3-4, 27.2.1921). “La Scolta”seguì gli scissionisti perché Tabanelli* siimpossessò della testata. Il 27.2.1921 uscìcon questo sottotitolo “Quindicinale dipropaganda della Gioventù Comunistadella provincia di Bologna”. Cessò dopodue numeri. [O]BI B L I O G R A F I A. La seconda conferenza delPartito Comunista Italiano. La seconda con-ferenza della F.G.C.I., Giugno 1928, Paris,Edizioni del Partito comunista italiano,pp.313; Il ruolo dei giovani comunisti.Breve storia della FGCI, Firenze, Guaraldi,1976, pp.165; R. Martinelli, I giovani nelmovimento operaio italiano: dalla FGS allaFGC, in “Movimento operaio e socialista”,n.3, 1976, pp.247-84; G. Gozzini, Alle ori-gini del comunismo italiano. Storia dellaFederazione Giovanile Socialista (1907-1921), Bari, Dedalo, 1979, pp.178.

Federazione giovanile socialista italiana,(FGSI). Subito dopo la nascita del PSI, igiovani socialisti cominciarono a sentire l’e-sigenza di avere un organismo proprio eautonomo dal partito. Dopo lunga elabora-zione il 6 e 7.9.1903 a Firenze si tenne ilcongresso costitutivo della Federazione gio-vanile socialista italiana. Erano presenti 45delegati in rappresentanza di 54 circoli gio-vanili, tra i quali uno di Bologna. “LaGioventù socialista” era il settimanale dellaFGSI. Nel 1907, con l’uscita dell’ala sinda-calista, “L’Avanguardia” divenne l’organoufficiale che, per qualche tempo, fu direttoda Ignazio Silone. Nel 1919 i dirigenti dellaFGSI auspicarono l’autonomia totale dalPSI e nel 1920 il superamento della lineariformista e l’adesione alle tesi dell’Inter-nazionale comunista di Mosca. Il 29-31.1.1921 a Firenze si tenne il congressonazionale della FGSI, presenti 200 delegatiin rappresentanza di 53.314 iscritti.All’inizio dei lavori fu messo ai voti undocumento approvato dal Comitato centra-le della FGSI che recitava: «Il C.C. delibe-ra che nel convegno sarà data la parola soloai rappresentanti dei partiti appartenenti

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alla Internazionale Comunista». Il docu-mento ebbe 12.629 sì e 12.035 no. 4.905voti andarono ad un documento interme-dio, che prevedeva la libertà di parola pertutti, e 2.000 furono i voti dei delegati che siastennero (Il Congresso della Gioven-tù Comunista, in “Il Comunista”, n.2,3.2.1921). I delegati della frazione comuni-sta, pur essendo in minoranza, riuscironoad impedire ai socialisti di prendere laparola e li indussero ad uscire dalla sala insegno di protesta. Rimasti padroni del con-gresso, i delegati comunisti si pronunciaro-no per il superamento del PSI e uscironodalla FGSI. Sciolta all’avvento del fascismo,la FGSI è rinata nel 1945. [O]BI B L I O G R A F I A. Federazione giovanile sociali-sta, in Almanacco socialista 1946, Milano,1946, pp.287-291; Il Congresso costitutivodella Federazione Giovanile Socialista, Attidell’VIII Convegno del Movimento giovani-le socialista, Milano, Edizioni Avanti!,1962, pp.353; G. Arfé, Il movimento giova-nile socialista. Appunti sul primo periodo(1903-1912), Milano, Gallo, 1973, pp.146;R. Martinelli, I giovani nel movimento ope-raio italiano: dalla FGS alla FGC, in “Mo-vimento operaio e socialista”, n.3, 1976,pp.247-84; G. Gozzini, Alle origini delcomunismo italiano. Storia della Federa-zione Giovanile Socialista (1907-1921),Bari, Dedalo, 1979, pp.178.

Federazione impiegati e operai metallurgi-ci, (FIOM). Nel 1892, prima della nascitadelle grandi confederazioni nazionali deilavoratori, ma in concomitanza con quelladel PSI, molte leghe dei lavoratori sentironola necessità di avere un organismo nazionaledi categoria in grado di coordinare le agita-zioni che avvenivano in modo spontaneo edi dare una strategia comune. Tra le prime simossero quelle dei lavoratori metallurgicidella provincia di Milano, seguiti da quellidelle altre zone industriali. Nel 1897 fucostituito un comitato nazionale di coordi-namento che preparò il primo congressonazionale dei metallurgici, svoltosi il16.6.1901 a Livorno. Nacque così la FIOM,Federazione impiegati e operai metallurgici,

con 18.470 associati. Nel 1920, dopo l’occu-pazione delle fabbriche, raggiunse il massi-mo sviluppo organizzativo con 195.939iscritti, per cominciare quasi subito unalenta decadenza a causa della violenza squa-drista e della divisione interna tra la maggio-ranza socialista e la minoranza comunista.Dopo l’accordo di palazzo Vidoni, in base alquale la Confindustria s’impegnava ad avererapporti solo con i sindacati fascisti, laFIOM perse, come gli altri sindacati confe-derali, ogni peso contrattuale e praticamen-te non esisteva più quando, nell’agosto1925, avvenne l’autoscioglimento delleorganizzazioni sindacali. Fu ricostituitadopo la caduta del fascismo. [O]BI B L I O G R A F I A. L’occupazione delle fabbriche.Relazione del Comitato centrale della Fiomsull’agitazione dei metallurgici italiani.Luglio-settembre 1920, Torino, 1921; LaFIOM dalle origini al fascismo. 1901-1924,a cura di M. Antonioli e B. Bezza, Bari, DeDonato, 1978, pp.816.

Federazione italiana associazioni partigia-ne, (FIAP). È l’associazione alla quale ade-riscono molti partigiani che militarono nellebrgg GL, Mazzini e autonome. Questi par-tigiani uscirono dall’ANPI al termine delsecondo congresso nazionale, svoltosi aVenezia dal 19 al 21.3.1949. Era la secondascissione dopo quella del dicembre 1947quando - al termine del primo congressosvoltosi a Roma - era stata costituita laFIVL. Le due scissioni erano state provoca-te da motivi politici. Il 27.8.1948, all’indo-mani del primo congresso dell’ANPI, aMilano si tenne una riunione di partigiani iquali, pur essendo rimasti nell’associazione,non condividevano la linea approvata. Fupreparato un documento, scritto daFerruccio Parri, che, dopo avere motivatole critiche che la minoranza rivolgeva allamaggioranza, così concludeva: «A coloroche ci rimproverano di rompere l’unità par-tigiana a profitto della reazione, rispondia-mo che è la pretesa di monopolio del parti-to comunista che ha fatto il gioco delleforze reazionarie». Al termine della riunio-ne fu costituita la FIAP, più come gruppo

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organizzato all’interno dell’ANPI, checome organismo autonomo. Nell’estate1948 fu ricercata un’intesa con la FIVL, masenza successo. Per questo la FIAP si pre-sentò al congresso del 1949 con un docu-mento che non era «né stalinista né confes-sionale». Al termine, non essendo stata rag-giunta un’intesa, la FIAP si rese autonomadall’ANPI e Parri fu eletto presidente. ABologna quest’associazione ha avuto unamodesta consistenza organizzativa. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Biondo, Parri e la costitu-zione della FIAP: una scelta necessaria,Genova, 1995, pp.79.

Federazione italiana volontari della liber-tà, (FIVL). È l’associazione partigiana allaquale aderiscono, in prevalenza, partigianid’orientamento cattolico e liberale. Abban-donarono l’ANPI dopo il primo congressonazionale, svoltosi a Roma nel dicembre1947. La frattura era stata provocata dadissensi politici. A Bologna la scissione nonfu rilevante, ma, a causa del pesante climapolitico dell’epoca, provocò una lunga sciadi polemiche. Il 6.2.1948 il “Giornaledell’Emilia” annunciò che «vari gruppi dipartigiani» erano usciti dall’ANPI, perché«infeudata ad una determinata correntepolitica» e dato vita all’ALPE (Associazio-ne liberi partigiani emiliani). Il 7.2.1948“L’Avvenire d’Italia” pubblicò il seguentemanifesto: «Partigiani dell’Emilia-Roma-gna! Poiché l’ANPI ha dimostrato e conti-nua a dimostrare in modo esplicito di esse-re infeudata a una determinata correntepolitica, coloro che hanno veramente com-battuto, ben sapendo di avere lottato nonper un partito ma per Italia, e la libertà,non essendo disposti a tollerare in alcunmodo che le ingerenze politiche debbanoprevalere sull’idea che li ha animati nellalotta, e che il nome dei partigiani diventimonopolio di un partito, hanno deciso diuscire dall’ANPI costituendosi nell’As-sociazione liberi partigiani emiliani(A.L.P.E.) che si prefigge lo scopo di tute-lare di fronte a tutto e tutti il vero spiritodella resistenza italiana e gli ideali dellalibertà e della giustizia sociale. Partigiani,

che vedete nella legalità, nell’ordine e nel-l’onestà, le uniche leve che possono porta-re alla rinascita del paese, aderite allanuova associazione che troverà il legalericonoscimento dello Stato e tutelerà ivostri diritti ed interessi morali e materiali.Partigiani, memori della lotta del passatofate che il popolo possa ritornare a guarda-re a voi come alla più pura espressione delnuovo Risorgimento». Il manifesto recava14 firme: Pasquale Marconi (Franceschini),Gino Cacchioli (Beretta), Gaetano Dodi(Camillo), Denis Talon* (Deni), LuigiAmaduzzi*, Romolo Trauzzi*, GiuseppeBonini*, Egisto Pecci* detto Franco,Leonida Patrignani* (Bandiera), EnricoPaolucci* (Orso), Giuseppe Panni (Pip-po), Francesco Montanari (Cencino),Arnaldo Breviglieri e Giorgio Ugolini*.Trauzzi, Talon, Patrignani e Amaduzzierano partigiani di GL e gli altri di orienta-mento cattolico o iscritti alla DC. L’8.2 “IlProgresso d’Italia”, riferendo il parere deidirigenti dell’ANPI, scrisse che solo Pecci(vice segretario provinciale) e Bonini eranoiscritti all’ANPI di Bologna. Aggiunse chesu 13.340 partigiani e 3.400 patrioti, aveva-no restituito la tessera 30 partigiani e 20patrioti. Secondo il giornale, la scissioneera stata provocata dalla DC e dalla destraeconomica, essendo Talon e Patrignanigrossi proprietari terrieri. Non aderironoalla scissione i massimi esponenti dei parti-giani cattolici - Leonildo Cavazzuti* e PinoNucci* - né la stragrande maggioranza diquelli di GL. L’ALPE si estinse pochi annidopo. La FIVL non ha mai avuto consi-stenza organizzativa a Bologna. [O]B I B L I O G R A F I A . G. Fabris, Storia dellaFederazione italiana volontari della libertà,Padova, 1986, pp.223.

Federazione italiana fra i lavoranti dellibro. La categoria dei tipografi è semprestata considerata l’aristocrazia del movi-mento operaio perché questi lavoratoriavevano un grado culturale superiore allamedia, proprio per via del lavoro che eser-citavano. I tipografi furono tra i primi adotarsi di un sindacato di categoria e di un

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sistema di mutue assistenziali private. LaFederazione italiana fra i lavoranti del librofu il sindacato che organizzò i lavoratoritipografi dagli ultimi decenni dell’Otto-cento all’avvento del fascismo. Aderiva allaCGdL e aveva la fiducia della stragrandemaggioranza degli addetti al settore. Fusciolto all’avvento della dittatura. [O]B I B L I O G R A F I A . Federazione italiana fra ilavoranti del libro, Sezione di Bologna,Tariffe, Bologna, 1902, pp.8; id., Progettodi tariffe, Bologna, 1907, pp.6; Federazioneitaliana fra i lavoranti del libro, Statuto fon-damentale, Milano, 1911, pp.45.

Federazione nazionale lavoratori dellaterra. La Federazione nazionale dei lavora-tori della terra, come ha scritto Barbadoro,fu «il risultato dell’incontro tra il braccian-tato e l’ideologia socialista» (p.119). Subitodopo l’Unificazione nazionale numeroseagitazioni bracciantili si svilupparono conmoto spontaneo nelle campagne, in parti-colare in Emilia e nella bassa Lombardia.Le prime agitazioni organizzate con unminimo di strategia si ebbero nel Man-tovano, all’inizio degli anni Ottanta, segui-te da dure repressioni e processi. Alla finedell’Ottocento le leghe bracciantili - al ter-mine di un lungo a faticoso processo stori-co, favorito e sostenuto dal PSI - ritenneroche fosse giunto il momento di dare vita adun’organizzazione nazionale in grado distudiare una strategia per l’intera categoria.Il 23.9.1901 a Modena, al termine di unincontro tra i rappresentanti di numeroseleghe, fu deciso di convocare il congressocostitutivo per il 24 e 25.11.1901 aBologna. Due mesi dopo i rappresentantidi 704 leghe - alle quali aderivano 152.022tra braccianti e coloni - diedero vita a quel-la che sarà chiamata la Federterra. Sin dal-l’inizio fu un sindacato essenzialmente dibraccianti, per la mancata adesione dimolte leghe mezzadrili controllate dal PRI.Pochissimi i coltivatori diretti. Mezzadri epiccoli proprietari preferirono le Fratel-lanze coloniche. Il congresso di Bolognaelesse segretario nazionale Carlo Vezzani escelse Mantova quale sede della direzione.

La quota d’adesione per ogni iscritto fu fis-sata in cinque centesimi l’anno. Nel 1905,con la nomina di Argentina Altobelli allasegreteria, la sede fu trasferita a Bologna.Organo nazionale della Federterra fu “LaTerra” che uscì a Bologna dal 1915 al 1921.Queste le grandi conquiste della Feder-terra: il salario fissato in base alle ore lavo-rate; le otto ore giornaliere e non il lavoroda sole a sole; l’abolizione del cottimo e ilcollocamento di classe, cioè gestito diretta-mente dalle leghe. Negli anni Venti laFederterra impostò, ma non portò a com-pimento a causa della reazione fascista, unprogetto per la «socializzazione della terraa beneficio della collettività». Nel 1920 laFederterra toccò il punto più alto d’orga-nizzazione con 850 mila iscritti, dei quali284.831 in Emilia. Ferrara, con 74.720iscritti, era la federazione provinciale piùforte, seguita da Bologna con 73 mila ade-renti. Nel giro di pochi anni il sindacato fudistrutto dalla violenza fascista. Durante lalotta di liberazione - dopo la firma delPatto di Roma, che aveva dato vita allaCGIL - a Bologna fu ricostituita la Feder-terra provinciale su iniziativa del CLNoltre che del PCI, PSIUP, Pd’A, DC e pareanche del PRI. Il 10 e 13.11.1944 nellachiesa di Santa Cristina, in via Fondazza, sitennero le riunioni per ricostituire laFederazione provinciale dei lavoratoridella terra e la CCdL. [O]BI B L I O G R A F I A. Atti del I Congresso Nazio-nale dei Lavoratori della Terra, Bologna,1901, pp.145 (Ristampa del 1953); Federa-zione provinciale bolognese delle leghe lavo-ratori della terra, Capitolato colonico dimezzadria approvato dal congresso diPersiceto, Bologna, 1908, pp.8; V Congres-so nazionale dei lavoratori della terra,Bologna 13-14-15.6.1919, Relazione Mo-rale e Finanziaria (1911-1919), di Argen-tina Altobelli per il Comitato Federale,Bologna, 1919, pp.40; Federazione Pro-vinciale dei Lavoratori della Terra, Capi-tolato colonico della Provincia di Bologna,Molinella, 1920, pp.20; Modificazioniapportate al capitolato colonico dal congres-so straordinario dei lavoratori della terra,

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17-18 settembre 1920, Rogito dott. Um-berto Rimini, Bologna, 24 settembre 1920,Foglio volante; A. Altobelli, La Federazionenazionale dei lavoratori della terra d’Italia.Storia, vite, battaglie, Bologna, 1920, pp.30;L. Paglia, La mezzadria nell’economia agra-ria, Bologna, 1921, pp.46; G. Lorenzoni,Introduzione e guida a un’inchiesta sullapiccola proprietà coltivatrice postbellica inItalia, Roma, 1929, pp.112; A. Pagani, Ibraccianti della Valle Padana; F. Cavazza,Le agitazioni agrarie in provincia di Bolognadal 1910 al 1920; Federazione provincialedei lavoratori della terra, Capitolato coloni-co per la provincia di Bologna, come ai rogi-ti Rimini dott. Umberto, 8 giugno 1920 e24 settembre 1920, Bologna, 1945; N.Mazzoni, Lotte agrarie nella vecchia Italia,Milano, Domus, 1946, pp.77; A. Colombi,Esperienze del passato. La lotta agraria nelBolognese (1919-1920); G. Medici, G.Orlando, Agricoltura e disoccupazione. Ibraccianti della bassa pianura padana,Bologna, Zanichelli, 1952, pp.305; Le cam-pagne emiliane nell’epoca moderna (pubbli-ca: L. Arbizzani, Lotte agrarie in provinciadi Bologna nel primo dopoguerra, pp.283-332; N. Galassi, Fascismo e antifascismonelle campagne imolesi, pp.333-49; L.Bergonzini, La concentrazione della pro-prietà fondiaria nella provincia di Bologna,pp.413-28); Lotte agrarie in Italia. LaFederazione nazionale dei lavoratori dellaterra, 1901-1926, a cura di R. Zangheri,Milano, Feltrinelli, 1960, pp.488; D.Donati, Aspetti dell’organizzazione agrariabolognese tra guerra e dopo guerra (1915-1919), in “Studi storici”, n.2, 1973, pp.404-29; I. Barbadoro, Storia del sindacalismoitaliano dalla nascita al fascismo. LaFederterra, Firenze, La Nuova Italia, 1973,primo vol., pp.374; La Camera del lavoro diBologna nella Resistenza (1944-1945),Bologna, 1973, pp.26; N.S. Onofri, La stra-ge di Palazzo d’Accursio; A.L. Cordoza,Agrarian Elites and Italian Fascism. Theprovince of Bologna, 1901-1926, Princeton,1982, pp.XVI+470; Bologna 1920: le origi-ni del fascismo; Il riformismo nelle campa-gne. Da Argentina Altobelli all’agronica, a

cura di F. Beato, Venezia, Marsilio, 1989,pp.174; G. Crainz, Padania. Il mondo deibraccianti dall’Ottocento alla fuga dalle cam-pagne, Roma, Donzelli, 1994, pp.VI+274.

Federazione operai poligrafici italiani,(FOPI). Anche se fu sciolta tra la fine del1926 e l’inizio del 1927, la CGdL cessò diesistere, di fatto, il 5.10.1925 con la firmadel patto di palazzo Vidoni. I tipografi, giàorganizzati nella Federazione italiana fra ilavoranti del libro, nel 1926 diedero vita aduna nuova organizzazione per sottrarsi alcontrollo dei sindacati fascisti. In accordocon altri lavoratori del settore grafico (lega-tori, zincografi ecc.) costituirono la FOPI euna nuova mutua. Delegato per Bologna funominato Duilio Codrignani*. La FOPIfunzionò per tutto il 1926 e fu sciolta allafine dell’anno, quando il fascismo soppres-se la libertà. [O]BI B L I O G R A F I A. D. Codrignani, L’internazio-nale grafica di Berna e un’esperienza sinda-cale sotto la dittatura, sd, pp.22. Ciclostile.

Ferrovieri esonerati dal fascismo, vedi:Scarso rendimento di lavoro.

Fiaccola, La. Ai primi di novembre del1944 vide la luce il primo numero de “LaFiaccola” con il sottotitolo “Organo dellemasse operaie di S. Pietro in Casale”. Re-datto da Mario Testoni*, Paolo Zucchini*ed Ercole Caracchi*, era il periodico dellasezione del PCI locale. Era tirato al ciclo-stile. Il secondo e ultimo numero, sempre ti-rato al ciclostile, vide la luce l’1.4.1945. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.294-5. I testi sono in RB2 da p. 837 a p.42.

Fiduciario rionale. La struttura organizza-tiva del PNF era basata sulle federazioniprovinciali, le quali coordinavano e dirige-vano il lavoro dei gruppi rionali o sezioni.Il Gruppo rionale aveva giurisdizione suun quartiere cittadino o su un comune ogruppi di piccoli comuni. Il Fiduciariorionale era il “gerarca” - com’era comune-mente chiamato durante il fascismo - che

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dirigeva l’attività del Gruppo. I gruppirionali disponevano di sedi autonome.Molte erano ex Case del popolo requisitealle organizzazioni di sinistra dopo l’avven-to del regime. Altre furono costruite appo-sitamente. Lo stabile che si trova in angolotra le vie Matteotti e Tiarini - oggi sede diun teatro - ospitò il Gruppo fascistacostruito con una sottoscrizione obbligato-ria tra gli abitanti del quartiere Bolognina.La caserma della Guardia di finanza che sitrova in angolo tra viale Masini e Mura diPorta Galliera ospitava il Gruppo dellazona. Idem per la caserma della Guardia difinanza che si trova in angolo tra vialePietramellara e via don Minzoni. Lo stessodiscorso vale per decine di caserme deicarabinieri dei comuni della provincia.Tutti i beni dell’ex regime furono requisitidallo stato dopo il 1945 e oggi sono caser-me o uffici statali. [O]BI B L I O G R A F I A. N. Chiappetti, Il Fascio dicombattimento e il Gruppo rionale fascista.Struttura, organizzazione, funzioni, Roma,Signorelli, 1937, pp.214.

Folla, La. Giornale politico e letterariofondato e diretto da Paolo Valera nel 1901a Milano. Aveva il sottotitolo “Periodicosettimanale illustrato”. Cessò le pubblica-zioni nel 1915.

Fôrça Expedicionària Brasileira (FEB).Era il corpo di spedizione dell’esercito delBrasile che operò in Italia durante la secon-da guerra mondiale. Facendo parte dellenazioni alleate, il Brasile partecipò alle ope-razioni militari con la FEB comandata dalgenerale J.B. Mascarenhas De Moraes.Messa alle dipendenze della 5a ArmataUSA, operò sull’Appennino tosco-emilia-no per tutto l’inverno 1944-45. Nella pri-mavera prese parte alle operazioni bellicheche portarono alla liberazione dell’Italiadel nord. [O]BI B L I O G R A F I A. M. Gabriele, La Fôrça expe-dicionària brasileira (FEB) sulla LineaGotica (1944-1945), in Linea Gotica 1944.Eserciti, popolazioni, partigiani, Milano,Angeli, 1986, pp.722; M. Gabriele, La

Forza di Spedizione Brasiliana (FEB) nellaCampagna d’Italia (settembre 1944-aprile1945), in “Studi storico militari”, Statomaggiore dell’Esercito, 1986, p.429; M.A.Bernadotti, L. Casali, Brasiliani e partigia-ni. L’immagine della Resistenza nellamemorialistica brasiliana sulla Secondaguerra mondiale, in Al di qua e al di là dellaLinea Gotica, Firenze, 1993, pp.533-51; W.Bellisi, Arrivano i nostri: il Brasile nellaseconda guerra mondiale, la presa di MonteCastello e la battaglia di Montese, Formi-gine, 1995, pp.156; M. Morigi, S. Salmi,Quando il cobra fumò. Una riflessione sullaforza di spedizione brasiliana a fianco deglialleati in Italia, in La montagna e la guerra,a cura di B. Dalla Casa e A. Preti, Bologna,Aspasia, 1999, pp.373-86; C. Scliar,Caderno de guerra, 1944-1945, Bologna,IBC, 2000, pp.96; C.L. Rigoni, Nas trilhasda 2a guerra mundial, Curitiba, Torre dePapel, 2001, pp.249 (il libro contiene unaricca bibliografia brasiliana); C.L. Rigoni,F. Gualandi, Geraldino Verner. Testimo-nianza di un soldato, in “Gente di Gaggio”,n.2, giugno 2002, pp.92-4; G. Sarti, 5 marzo1945: i brasiliani conquistano Castelnuovo,in “Nuèter”, n.57, giugno 2003, pp.148-50;R. Vecchi, I brasiliani in guerra a Bologna (eprovincia), in “I Quaderni di Resistenza og-gi”, supplemento al n.5 del 2004 di “Resi-stenza oggi”, pp.163-7.

Formazione Toti. Nel maggio 1944 aPoggiolforato (Lizzano in Belvedere) fucostituita una piccola formazione partigia-na nella quale militarono una cinquantinadi giovani abitanti nell’Alta Valle del Reno.La comandava Romolo Castelli* “Toti”,dal quale prese il nome. Nel luglio la for-mazione di trasferì a Montefiorino (MO).Dopo la caduta della “Repubblica partigia-na”, la Toti si spostò a Fanano (MO) pertornare a Lizzano in Belvedere. Qui quasitutti i partigiani confluirono nella 7a brgModena della div Modena Armando. [O]BI B L I O G R A F I A. Testimonianze di L. Castelli*(p.340) e R. Managlia* (p.341) in RB5.

Forze francesi dell’interno, (FFI). Dopo

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l’occupazione della Francia da parte dellaGermania, nacquero spontaneamente nu-merosi movimenti di resistenza, i quali - adifferenza dell’Italia - non seppero creareun organismo unificante che dirigesse suscala nazionale la lotta contro l’invasore.Anche se l’obiettivo era unico - la libera-zione della Francia - le strategie erano lepiù diverse. Nel febbraio 1944 fu costituitala FFI con il compito di unificare - in pre-visione dell’imminente sbarco alleato inNormandia - e dare una strategia comunealle formazioni partigiane. Di fatto, ognigruppo proseguì la lotta antitedesca cosìcome l’aveva cominciata, con gran disper-sione di forze ed energie. Risultò comun-que fondamentale il contributo dato dalleforze partigiane alla guerra, come riconob-be il comando alleato. [O]

Forze francesi libere, (FFL). Dopo l’oc-cupazione tedesca della Francia, il genera-le De Gaulle decise di riorganizzare letruppe francesi sparse in Africa, Asia equelle che si erano rifugiate in GranBretagna per proseguire la guerra. Il7.8.1940 stipulò un accordo con il gover-no inglese, il quale s’impegnò a dare assi-stenza alle Forze francesi libere o aFrancia libera, come furono chiamate. LeFFL armò due grossi contingenti, che pre-sero parte allo sbarco in Normandia e allacampagna in Italia. Disponeva di numero-se squadriglie aeree e di una modestaforza navale. [O]

Fossoli, Campo di. All’inizio del conflittodel 1940 a Fossoli - una frazione del comu-ne di Carpi in provincia di Modena - fuallestito un campo di concentramento perl’internamento degli antifascisti arrestati etrattenuti, senza processo, perché conside-rati potenzialmente pericolosi. Nel corsodel conflitto vi furono detenuti i prigionie-ri di guerra anglo-americani. Il campo restòvuoto dopo l’8.9.1943 quando i prigionierialleati evasero in massa. Riattivato neiprimi tempi della RSI, fu luogo di sosta perebrei e politici destinati ai lager nazisti inGermania. Non pochi antifascisti furono

passati per le armi durante la detenzione,per i motivi più vari. Il 12.7.1944 furonoprelevati e fucilati 71 detenuti. Alla fine diluglio il campo cessò di funzionare. Pareche dal campo siano transitati non meno di2.000 detenuti. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Baccino, Fossoli, Carpi,1961, pp.61; E. Gorrieri, La repubblica diMontefiorino.

Franchi tiratori e partigiani francesi,(FTPF). Tra tutte le formazioni della resi-stenza francese questa - nota come Lesfrancs-tireurs, i Franchi tiratori - era la piùefficiente e organizzata. Aveva una struttu-ra nazionale e varie articolazioni regionali.Facevano parte della FTPF numerosi mili-tanti dei partiti di sinistra ed il responsabi-le nazionale era il comunista CharlesTillon. Migliaia d’antifascisti italiani esuliin Francia combatterono nelle file della re-sistenza francese. [O]BIBLIOGRAFIA. Comité Démocratique Fran-ce-Italie, Italiens tombés en France pour laliberté, Paris, 1945, pp.32; H. Michel,Histoire de la Résistance, Paris 1950; C.Tillon, Les F.T.P., Témoignage pour servirà l’histoire de la Résistance, Paris,Julliard, 1962; P. Leonetti Carena, Gli ita-liani del Maquis, Bologna, Del Duca,1966, pp.260.

Frassineto, Scontro del 1921 a. La sera del23.11.1921 nell’osteria della Casona aFrassineto (Castel S. Pietro Terme), neipressi di Sassoleone (Casalfiumanese), 7militanti del PSI stavano giocando a cartequando entrarono i fascisti GiuseppeBarnabà, Giuseppe Ghini e Remo Ravagliadi Casalfiumanese. Quando i tre intimaro-no ai socialisti di cessare ogni attività poli-tica, si ebbe uno scontro violentissimo conbastonate e rivoltellate. Il fascista Ravagliarimase ucciso e il 27 morì Barnabà. Alcunigiorni dopo, per rappresaglia, i fascisti bru-ciarono la Casona. I carabinieri arrestarono9 militanti socialisti: Ermete Dallavalle*,Ettore Dallavalle*, Aldo Forni*, CesareMarchetti*, Andrea Minghini*, GiuseppeSalieri*, Aldo Serotti*, Aristide Serotti* e

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Tolomeo Tattini*. Minghini e Tattini furo-no prosciolti in istruttoria e gli altri rinvia-ti a giudizio per omicidio. L’8.11.1923 lacorte d’assise emise questa sentenza: EttoreDallavalle 4 anni, 8 mesi e 20 giorni; Forni2 anni, 5 mesi e 8 giorni; Marchetti 7 annie 29 giorni; Salieri 2 anni, 4 mesi e 10 gior-ni; Aristide Serotti 4 anni, 5 mesi e 9 gior-ni; Aldo Serotti 3 anni e 3 mesi. ErmeteDallavalle assolto. [O]

Fratellanze coloniche. A cavallo tra XIX eXX secolo i mezzadri bolognesi, al termi-ne di un lungo processo politico, deciserodi organizzarsi in forma sindacale, con l’o-biettivo di conquistare la terra che lavora-vano. Il PRI, il PSI e le organizzazioni cat-toliche si proposero di favorire questoprocesso. Il PSI, il partito dei braccianti -i tradizionali avversari dei mezzadri - fuquasi subito escluso dagli interessati, iquali si orientarono verso PRI e cattolici.Nella Romagna forlivese e ravennate ilPRI costituì le Fratellanze coloniche.Nella Romagna bolognese - il circondariod’Imola - i mezzadri finirono nell’orbitacattolica e costituirono le Fratellanzecoloniche nel 1907. Nel Forlivese i colonidelle Fratellanze furono chiamati “gialli”,nell’Imolese “bianchi” e “rossi” quelli cheaderirono alla Federazione lavoratoridella terra. All’interno delle associazionipadronali prevalse, a fatica, la tesi del cat-tolico Giuseppe Grabinski di fare qualcheconcessione alle Fratellanze, per impedireche i mezzadri finissero nell’orbita sociali-sta. Per questo il 5.5.1908 a Bologna tra leFratellanze e la Federazione provincialeagraria fu firmato il primo Capitolatogenerale scritto, mentre sino allora sierano avuti solo patti comunali o azienda-li. Grazie a queste e altre concessioni leFratellanze finirono nell’orbita delle asso-ciazioni padronali, almeno sino al 1915.Le Fratellanze conobbero una grandeespansione nell’Imolese - avevano la sedea palazzo Monsignani, il centro del catto-licesimo locale - ma non riuscirono apenetrare nel Bolognese, salvo qualchegruppo a Castel S. Pietro Terme, Porretta

Terme e Vergato. Nel 1909 a Bologna, invia S. Vitale 13, aveva sede la Federazionebolognese provinciale delle Fratellanzecoloniche, trasferita in seguito in viaOberdan 9. Gli iscritti erano mezzadri ecoltivatori diretti. Uno dei principali diri-genti fu Massimo Federici, un colonod’Ozzano Emilia. Al secondo congressoprovinciale, che si tenne il 13.2.1910 adImola, fu reso noto che gli iscritti sulpiano provinciale erano circa 30 mila. Ilnucleo più forte era quello imolese, conmille famiglie ad Imola, 170 a Dozza e 160a Mordano. Le Fratellanze non ebberomai una struttura organizzativa adeguata eil 12.1.1915 - quando erano sull’orlo delcollasso - il prefetto di Bologna fece con-cedere dal ministro dell’Interno un contri-buto di 3 mila lire (ASB, GP, 1915, b.1.240, cat.7, fas.1, “Fratellanze coloni-che”). Nel 1915 nell’Imolese le Fratel-lanze - secondo il periodico cattolico “IlDiario” - avevano 1.017 famiglie associa-te, salite a 1.554 nel 1920. Lo stesso anno,durante la lunga vertenza agricola che siconcluse con il Concordato Paglia-Calda,molte lasciarono le Fratellanze e passaro-no alla lega rossa, cedendo alla dura pres-sione esercitata dai sindacati di sinistra ealla loro campagna di boicottaggi. Per rea-zione le Fratellanze si avvicinarono alnascente movimento fascista e alle asso-ciazioni padronali. Domenico Ravanelli, ilmassimo dirigente della zona imolese, puressendo iscritto al PPI, simpatizzò per ifascisti e il 10.4.1921 partecipò ad unaspedizione punitiva. Una lista di bloccotra PPI e fascisti conquistò il comune diDozza e il 16.1.1923 Ravanelli fu elettosindaco. Scomparso Federici nel 1923, glisuccesse Antonio Bonfiglioli che conservòla carica sino al 1925. Dopo avere distrut-to le leghe rosse, fascisti e agrari comin-ciarono a fare pressioni sui coloni perchéabbandonassero le Fratellanza ed entras-sero nei sindacati corporativi. QuandoRavanelli si rese conto del pericolo tentòdi difendere la loro autonomia. Il23.4.1924 fu bastonato dai fascisti aDozza perché, come scrisse il sottoprefet-

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to d’Imola al prefetto, «faceva propagan-da antifascista fra alcuni contadini». Il7.5.1924, dopo essere stato aggreditonella sala consiliare, diede le dimissioni dasindaco. Nella lettera al prefetto scrisseche era stato «aggredito e percosso a san-gue». Il sottoprefetto lo invitò a ritirarle ead iscriversi ai sindacati fascisti per evita-re altre aggressioni. Nei mesi seguenti lefamiglie coloniche abbandonarono leFratellanze e aderirono al regime. Ra-vanelli divenne funzionario dell’Asso-ciazione fascista dei lavoratori agricoli. Leconquiste che i coloni “bianchi” e “rossi”avevano ottenuto con le agitazioni del1920 furono cancellate e le associazionipadronali imposero nuovi patti, uguali aquelli in vigore all’inizio del secolo. [O]BI B L I O G R A F I A. N. Galassi, La cooperazioneimolese dalle origini ai giorni nostri (1859-1967), da p.120 a 135; N. Galassi, Il fasci-smo a Imola (1914-1929).

Fronte della gioventù. Negli ultimi mesidel 1943, pare in ottobre, su iniziativa delPCI, fu costituito il Fronte della gioventùper l’indipendenza nazionale e per la liber-tà, comunemente chiamato il Fronte dellagioventù. Aveva il compito di raccoglierein un’unica organizzazione nazionale uni-taria i movimenti giovanili che volevanocombattere per la liberazione nazionale.La composizione del Fronte non fu ugualein tutte le città, perché non tutti i partitidel CLN decisero di aderirvi. Le adesionivariarono da città a città. Aderirono, manon ovunque, PSIUP e PdA. Scarse e atitolo personale le adesioni dei cattolici. IlFronte operò quasi esclusivamente nel-l’Italia del nord occupata dai nazisti.Primo segretario nazionale fu GiancarloPajetta, rimasto in carica pochi mesi, alquale successe Eugenio Curiel. A Bolognafu diretto da giovani comunisti e da pochisocialisti. Il PdA aderì dopo la liberazionee la DC e il PLI neppure dopo, salvo qual-che adesione personale. A Bologna ilFronte pubblicò il periodico clandestino“La Rinascita”. Fece 4 numeri, il primo il22.7.1944 e l’ultimo il 21.10.1944. Il

14.8.1945 uscì il settimanale “Iniziativa”.Fece pochi numeri. [O]BIBLIOGRAFIA. E. Curiel, Classi e generazioninel secondo Risorgimento, Roma, Edizionisociali, 1965, pp.LXXI+282; P. DeLazzari, Storia del Fronte della gioventùnella Resistenza, Roma, Editori riuniti,1974, pp.258, (ristampato da Mursia nel1996); G. Magnanini, I giovani nella poli-tica del dopoguerra (1945-1949), ReggioEmilia, Nuova libreria rinascita, 1987,pp.128. I testi de “La Rinascita” sono inRB2, pp.747-58.

Fronte per la pace e la libertà. Il Comitatounitario d’azione antifascista - nato aBologna nel settembre 1942 per iniziativadi PCI, PSI e MUP - assunse la denomina-zione di Fronte per la pace e la libertà nelgiugno 1943, con l’adesione del PdA e delPRI. Non è certo, ma pare che abbianoaderito, a titolo personale, esponenti catto-lici e liberali. Del comitato dirigente feceroparte: Leonildo Tarozzi* (PCI), CarmineMancinelli* (PSI), Verenin Grazia* (PSI),Gianguido Borghese* (MUP), MarioJacchia* (PdA) ed Ettore Trombetti*(PdA). Non si conoscono i nomi dei rap-presentanti del PRI. Il Fronte nominò uncomitato militare, incaricato di tenere irapporti con esponenti delle forze armate edi studiare i provvedimenti da prendere,nel caso si fossero rese necessarie iniziativeinsurrezionali. Era composto da: MarioPeloni* (PCI), Alberto Trebbi* (PSI),Massenzio Masia* (PdA) e Jacchia. DelFronte non si conoscono documenti politi-ci e sono rimasti pochi volantini tra i qualiquello con la data del 26.7.1943, che invi-tava i bolognesi ad intervenire al comizioindetto per le ore 18 in piazza VittorioEmanuele II (oggi piazza Maggiore). Intestata recava la scritta «Unione Nazionaleper la pace e la libertà». Queste le firme:«IL COMITATO D’AZIONE – Partitod’Azione, Partito Comunista Italiano,Movimento Cristiano Sociale, PartitoLiberale Italiano, Partito SocialistaItaliano, Movimento Unità Proletaria».Dopo la caduta del regime fascista il

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Fronte continuò ad operare per iniziativadel PdA, PCI e PSIUP (nato nell’agostodalla fusione di PSI e MUP). Poiché i duequotidiani bolognesi non ospitavano i suoidocumenti politici, nel mese di agosto ilFronte pubblicò 2 numeri di “Rinascita”,un foglio stampato e diffuso clandestina-mente. Aveva questo sottotitolo “Organoregionale dell’Unione nazionale pace elibertà”. Dopo l’8.9.1943 il Fronte fu ribat-tezzato in CLN, analogamente a quanto eraavvenuto a Roma per l’Unione nazionalepace e libertà. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S. Onofri, I socialisti bolo-gnesi nella Resistenza.

Fronte popolare francese. Nel 1933, dopola vittoria di Hitler in Germania, i partiti disinistra francesi compresero che era giuntoil momento di mettere da parte vecchiedivisioni per fare fronte comune contro ilnuovo pericolo che minacciava la democra-zia in Europa. Non fu facile mettere d’ac-cordo socialisti e comunisti, in contrasto dasempre. All’indomani della manifestazionefascista di Parigi del 6.2.1934, i partiti disinistra francesi - socialisti, comunisti eradicali - e i sindacati promossero per il 12una contro manifestazione. Nel marzo fucostituito il Comitato d’azione antifascista.Il 27.7.1934 socialisti e comunisti strinseroun patto d’unità d’azione in funzione anti-fascista. Nel maggio 1936 i partiti di sini-stra si presentarono uniti alle elezioni comeFronte popolare e le vinsero. Il Fronteebbe 378 eletti (147 socialisti, 106 radicali,72 comunisti e 53 di varia tendenza) contro220 della destra. Il 4.6.1936 il socialistaLeon Blum costituì il governo, nel qualenon entrarono i comunisti. Dopo avereconseguito non piccoli successi, soprattut-to nel settore delle conquiste sociali, ilgoverno del Fronte popolare cessò nelnovembre 1938. [O]

Fronte unico antifascista. In Francia, dopolo scioglimento della Concentrazione anti-fascista - il blocco dei partiti antifascisti, alquale non aderiva il PCI - si costituironoalcuni organismi unitari che ebbero breve

vita. Il Fronte unico antifascista fu uno diquesti e precedette la linea dei Frontipopolari di metà degli anni Trenta. [O]

Funo, Gli eccidi di. Per stroncare l’attivi-tà delle formazioni partigiane locali, ifascisti compirono due dure rappresagliea Funo di Argelato. L’1.8.1944 bruciaronole case di alcuni coloni nei pressi dellequali erano state compiute azioni partigia-ne. Il 5.8.1944 bruciarono altre case colo-niche, per vendicare la morte dell’ufficia-le della GNR Mario Cavicchi e di un uffi-ciale tedesco. Il 9.8.1944, avendo i parti-giani fatto saltare la Casa del fascio diArgelato, rastrellarono numerose personee ne fucilarono 6. Lo stesso giorno brucia-rono 32 appartamenti (ma forse furono37), occupati da 42 famiglie, del rioneLarghe e fucilarono, nei pressi della loroabitazione, mentre stavano lavorando,due coloni, i fratelli Attilio* e LuigiChiarini*. Il 9.10.1944 i fascisti si recaro-no a Funo e arrestarono (ma non tuttierano residenti nella frazione) AdelmoBernardi*, Cesare Grazia*, AlfonsoMarchesini*, Agostino Stagni e RenatoTampellini*. Lo Stagni riuscì a scappare,mentre lo stavano mettendo al muro, e glialtri vennero fucilati. Prima di essere ucci-so Tampellini fu torturato. Dopo laLiberazione il prof. Francesco Flora hadettato questa lapide murata su una casadel ricostruito rione delle Larghe: «Il 9agosto 1944/ una brigata nera/ per selvag-gia vendetta/ verso il popolo di questacontrada/ fiero di resistere al regime fasci-sta/ irruppe nella borgata Larghe diFuno/ sparse il terrore tra gli abitanti/bruciò e sterminò tutte le case/ uccise par-tigiani ed inermi/ cittadini./ A memoria diquel giorno/ Argelato/ pose questo ricor-do/ auspicando per le generazioni ventu-re/ la fine degli odii tirannici/ la giustizia/e la libertà degli eguali».B I B L I O G R A F I A . Pietroburgo nella pianurabolognese. Documenti, testimonianze eimmagini su Argelato, Funo e dintorni dal1859 in poi. Testimonianze di E. Tartarini(p.600), R. Dardi (p.606) in RB5.

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Fuoriusciti. Così sono chiamati gli uominipolitici costretti a lasciare il loro paese o chescelgono volontariamente l’esilio per sot-trarsi alle persecuzioni politiche. Dante èuno dei più illustri fuoriusciti, anche se nonusò questo termine, che si ritrova negliscritti di Machiavelli, Giannone, Guicciar-dini, Manzoni, De Sanctis e altri. Per ipatrioti risorgimentali fu usato quello d’esi-liati. Quando, tra il 1920 e il 1926 - maanche dopo, sia pure in misura minore, perla chiusura delle frontiere - migliaia di mili-tanti antifascisti abbandonarono l’Italia perriparare all’estero e sottrarsi alle persecu-zioni, il regime riesumò il termine di fuo-riusciti. A differenza di quella risorgimenta-le, che fu elitaria, l’emigrazione antifascistaassunse dimensioni di massa. Anche seerano in maggioranza operai e contadini,non mancarono uomini di cultura e scien-ziati. I fuoriusciti ricostituirono all’estero ipartiti e i sindacati soppressi in Italia.Stamparono giornali e diressero l’opera diresistenza alla dittatura, in collegamentocon i centri di cospirazione politica rimastiattivi in Italia. Non pochi antifascisti in esi-lio furono privati delle cittadinanza italianae i beni personali sequestrati in base aldecreto n.1.742 del 30.9.1926 e la legge n.108 del 31.1.1928. Negli anni della secondaguerra mondiale molti antifascisti furonocatturati dai tedeschi in Francia e in Belgioe consegnati alla polizia fascista. Finirono incarcere o al confino. Altri parteciparonoalla resistenza armata antitedesca, nei paesidove avevano trovato asilo, e non pochifurono quelli che persero la vita. Solo inFrancia, secondo Pia Leonetti Carena,furono oltre 600. Di tutti riferisce le circo-stanze, la data e il luogo della morte, maquasi mai la città natale. Nel 1945 la mag-gior parte degli antifascisti fece ritorno inpatria, anche se non furono pochi quelli cherimasero all’estero. La stragrande maggio-ranza dei fuoriusciti avevano scelto laFrancia. Altri andarono in URSS, Svizzera,Belgio, Austria, Tunisia e Stati Uniti.Durante il ventennio fascista furono 1.136 ibolognesi che espatriarono per sottrarsi allepersecuzioni politiche. [O]

BIBLIOGRAFIA. A. Crepas, Il fuoriuscitismo,Milano, 1931, pp.XI+45; P.M. Bardi, 15giorni fra i fuoriusciti, Roma, 1932,pp.136; L’imbecillità profetica dei fuoriu-sciti, Estratti dal “Popolo d’Italia” 17ottobre 1930 VIII – 24 marzo 1932 X,Milano, 1932, pp.32; M. Rygier,Rivelazioni sul fuoriuscitismo italiano inFrancia, Roma, Edizioni Roma, 1946,pp.63; C. Puglionisi, Sciacalli: storia deifuoriusciti, Roma, Arnia, 1948, pp.165(Ristampato da Il Borghese nel 1972,pp.219); A. Schiavi, Esilio e morte diFilippo Turati, (1926-1932), Roma, Operenuove, 1956, pp.217; A. Garosci, Storiadei fuoriusciti, Bari, Laterza, 1953,pp.308; C. Treves, Il fascismo nella lettera-tura antifascista dell’esilio, Roma, Operenuove, 1953, pp.162; G.S. Spinetti,Bibliografia degli esuli politici sotto il fasci-smo, Roma, Solidarismo, 1959, pp.38; G.Salvemini, Memorie di un fuoriuscito,Milano, Feltrinelli, 1960, pp.190; F.Schiavetti, Il fuoriuscitismo, pp.363-7, inFascismo e antifascismo (1936-1948),Milano, Feltrinelli, 1962; P. LeonettiCarena, Gli italiani del Maqui, Milano,Del Duca, 1966, pp.262; P. LeonettiCarena, Les italiens du Maqui, Editionmondial, Paris, 1968, pp.298; S.Tombaccini, Storia dei fuoriusciti italianiin Francia, Milano, Mursia, 1988, pp.377;G. Rossini, L’emigrazione cattolica antifa-scista, in Fascismo e antifascismo (1936-1948), Milano, Feltrinelli, 1962, pp.526;C. Alpi, Il “fuoriuscitismo”, in Storia del-l’antifascismo italiano; C.F. Delzell, Inemici di Mussolini, Torino, Einaudi,1966, pp.578; S. Fedele, Storia dellaConcentrazione antifascista, 1927-1934,Milano, Feltrinelli, 1976, pp.196; S.Colarizi, L’Italia antifascista dal 1922 al1940, Bari, Laterza, 1976, 2 voll. perpp.492; AA.VV., L’emigrazione socialistanella lotta contro il fascismo (1926-1939),Firenze, Sansoni, 1982, pp.328; L’Unionegiornalisti italiani “Giovanni Amendola”,1927-1933, a cura di S. Rogari, Bologna,Li Causi, 1983; E. Signori, La Svizzera e ifuoriusciti italiani. Aspetti e problemi del-

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l’emigrazione politica, 1943-1945, Milano,Angeli, 1983, pp.261; A. Morelli, Fa-scismo e antifascismo nell’emigrazione ita-liana in Belgio (1922-1940), Roma,Bonacci, 1987, pp.302; S. Fedele, I repub-blicani in esilio e nella lotta contro il fasci-smo, 1926-1940, Firenze, Le Monnier,1989, pp.213; R. Caccavale, Comunisti ita-liani in Unione Sovietica, Milano, Mursia,1995, pp.345; N.S. Onofri, Un paradisoinfernale. Gli antifascisti bolognesi assassi-nati e incarcerati nell’URSS di Stalin.

G

Garibaldini di Francia. Garibaldini italianicombatterono in Francia nel 1870 e nel1914. Durante la guerra franco-prussianadel 1870, Giuseppe Garibaldi - che solo treanni prima era stato sconfitto dai francesi aMentana - organizzò e guidò l’Armata deiVosgi. Mentre il figlio Ricciotti si coprì digloria alla testa della brg Franchi tiratori,Garibaldi colse due memorabili vittorie adAutan e Digione. Quando i francesi furonosconfitti a Sedan, l’Armata dei Vosgi rien-trò in Italia. Nel maggio 1914, dopo loscoppio del conflitto, in Francia si costituìla Legione garibaldina che aveva 2.500volontari. Appartenevano quasi tutti al PRIe ai movimenti dell’interventismo demo-cratico di sinistra. Tra i garibaldini vi eranoi sei figli di Ricciotti Garibaldi: Giuseppedetto Peppino, Ricciotti detto Ciotti,Sante, Costante, Bruno ed Ezio. Peppinodivenne comandante della Legione. Nonessendo stata riconosciuta dal governo ita-liano fu inquadrata nella Legione straniera.Ai garibaldini fu affidato un tratto di fron-te sulle Ardenne, tra Sedan e Verdun. Il27.12.1914, mentre guidava un assalto,cadde Bruno Garibaldi. Il 4.1.1915 egualesorte toccò a Costante. Dopo l’interventodell’Italia in guerra, la maggior parte deigaribaldini rimpatriarono e si arruolaronovolontari. Nel 1918 l’Italia inviò in Francia

un Corpo d’armata di 51 mila uomini, delquale faceva parte la brg Cacciatori delleAlpi comandata dal generale PeppinoGaribaldi. Nel 1923 Sante Garibaldi costi-tuì in Francia la Legione garibaldina,un’organizzazione militare formata daanarchici e repubblicani che avrebbe dovu-to combattere contro il fascismo. Fu sciol-ta nel 1924.B I B L I O G R A F I A . Da Digione all’Argonna.Memorie eroiche di Ricciotti Garibaldi, rac-colte da G.A. Castellani, Milano, Treves,1915, pp.204; G. Coletti, Peppino Gari-baldi e la Legione Garibaldina. Episodi eaneddoti. Tipi e figure. Appendice polemica,Bologna, 1915, pp.143; R. Garibaldi, I fra-telli Garibaldi dalle Argonne all’intervento,Milano, 1933, pp.241; R. Garibaldi, Frontefrancese, Argonne, Bligny, Chemins desdames, maggio-novembre 1918, Roma, Edi-zioni garibaldine, 1939, pp.219.

Garibaldini di Spagna, vedi: Battaglione ebrigata Garibaldi in Spagna.

Gengis Khan, Linea. Nel novembre-dicembre 1944 - dopo lo sfondamentodella Linea Gotica, sull’Appennino tosco-emiliano, e il mancato sfruttamento di quelsuccesso da parte degli anglo-americani - ilfronte si stabilizzò lungo un tracciato irre-golare. Partiva a sud di Massa Carrara,tagliava a metà la Garfagnana e la partemontana delle province di Reggio Emilia eModena. Nella provincia di Bologna lalinea passava a nord di Lizzano inBelvedere e di Grizzana e tagliava a metà icomuni di Marzabotto e Pianoro e l’altoImolese. La punta americana più avanzataera all’altezza di Livergnano (Pianoro), nonpiù di 15 chilometri da Bologna. Dal-l’Imolese la linea discendeva verso il mare,tra Castel Bolognese (RA) e Faenza (RA),lungo il corso del Senio. La riva destra erain mano alleata e la sinistra dei tedeschi.Questa linea del fronte, sulla quale i dueeserciti restarono attestati sino alla prima-vera, fu chiamata con vari nomi: dapprimaLinea di difesa dell’Idice, poi altri e, infine,Gengis Khan. Non era stata scelta dal

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comando tedesco né da quello alleato. Siera formata naturalmente a mano a manoche le truppe alleate, indebolendosi la lorospinta offensiva, si fermavano su questa oquella posizione. I due eserciti erano tal-

mente deboli - oltre che privi di motivazio-ni - che furono tentati pochissimi aggiusta-menti di fronte nel corso della sosta inver-nale. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: Linea Gotica.

Il tracciato della Linea Gengis Khan nella provincia di Bologna. La cartina è stata fatta dallaprefettura di Bologna nell’inverno 1944-45.

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Gestapo. Adolf Hitler assunse il potere inGermania il 30.1.1933 e il 26.4.1933, suiniziativa di Hermann Goering, fu istituitala Geheime Staats polizie, Polizia segreta distato, comunemente chiamata Gestapo.Con questo strumento il dittatore tedescoriuscì a spazzare via tutte le forze d’opposi-zione. Agli ordini prima di H. Heydrich epoi di H. Himmler - i massimi dirigentidelle SS - la Gestapo operò anche nei paesioccupati, in particolare in Francia e inItalia. La violenza e la tortura erano glistrumenti di cui si serviva per distruggeregli avversari del nazismo. Al processo diNorimberga fu definita un’organizzazionecriminale. [O]B I B L I O G R A F I A . J. Delarue, Storia dellaGestapo, Milano, Dall’Oglio, 1964, pp.509.

GIL, vedi: Opera nazionale balilla.

Giornale d’Italia. Nel 1901 Alberto Ber-gamini*, su incarico di Sidney Sonnino,fondò il quotidiano “Giornale d’Italia”.Ebbe un indirizzo conservatore e antigio-littiano. Assunse presto gran prestigio einventò la “terza pagina”. All’avvento delfascismo scrisse che liberali e fascisti«sono identici e noi liberali possiamorivendicare di essere stati, per così dire,prefascisti, quando era di gran moda esse-re democratici». Quando i fascisti tenta-rono di egemonizzare il PLI, il giornalescrisse «siamo alleati, non vassalli». Il9.12.1923, quando assunse una posizioneantifascista, Bergamini fu costretto a darele dimissioni. Il 26.2.1924 fu pugnalato eil mese dopo dovette abbandonare la pre-sidenza della FNSI, il sindacato dei gior-nalisti. All’indomani del 25.7.1943 gli furiaffidata la direzione del giornale checonservò sino all’8.9.1943. Dopo laLiberazione di Roma gli fu offerta la dire-zione, a condizione che si allineasse suposizioni conservatrici. Rifiutò. Divenutol’organo della destra clerico-conservatri-ce, il giornale decadde e cessò le pubbli-cazioni a metà degli anni Settanta, perriprenderle qualche tempo dopo, con unaformula editoriale modesta. [O]

BI B L I O G R A F I A. A. Bergamini, Nascita della“Terza pagina”, in “Nuova Antologia”,novembre 1955, pp.347-62; E. Decleva, IlGiornale d’Italia, (1918-1926), in 1919-1925. Dopoguerra e fascismo. Politica estampa in Italia, a cura di B. Vigezzi,Laterza, Bari 1965, pp.5-62; Comune di S.Giovanni in Persiceto, In memoria diAlberto Bergamini, a cura di M. Gandini,Bologna 1962, pp.62; M. Gandini, AlbertoBergamini giornalista e uomo politico, in“Strada Maestra”, n.4, 1971; A. D’Amico,L’atto di nascita della terza pagina, in“Strada Maestra”, n. 38-39, pp. 73-90.

Giornale del Mattino. Finanziato dallamassoneria bolognese - ma con un contri-buto della Federazione nazionale dei lavo-ratori della terra - l’11.12.1910 vide la lucea Bologna il quotidiano “Giornale delMattino”. Il nuovo foglio intendeva copri-re il vuoto lasciato nell’agosto 1909 da “ilResto del Carlino” passato da una posizio-ne di centro-sinistra ad una di destra,quando gli eredi d’Amilcare Zamorani locedettero ad un gruppo di agrari e indu-striali zuccherieri. I promotori furono l’ing.Alfredo Grassi dell’Associazione democra-tica, l’avv. Enrico Golinelli del PRI e giàsindaco di Bologna, l’avv. Aldo Ovigliodell’Associazione radicale e l’on. GenuzioBentini* del PSI. Erano tutti massoni eGolinelli Venerabile della loggia VIII Ago-sto. Primo direttore fu Gino Piva prestosostituito da Rino Alessi, entrambi ex redat-tori dell’“Avanti!”. L’accordo tra i partitidella sinistra durò qualche anno, sino alloscoppio del conflitto. La massoneria, chepossedeva la maggioranza del pacchettoazionario, era interventista e i socialisti neu-tralisti. Il quotidiano, che nel giugno 1914aveva sostenuto i socialisti quando avevanodato la scalata vittoriosa al comune diBologna, divenne un deciso avversario delPSI. La polemica antisocialista assunse tonifortissimi quando la direzione, alla fine del1916, fu assunta da Pietro Nenni - iscritto alPRI - anche se il suo nome in gerenzaapparve nell’agosto 1917. Nei primi mesidel dopoguerra, quando Nenni tentò di

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riportare il giornale sulle posizioni di untempo e di ricucire lo strappo con i sociali-sti, la massoneria preferì chiuderlo. Cessò lepubblicazioni il 31.8.1919. [O]BI B L I O G R A F I A. D. Manetti, Gente di Roma-gna; N.S. Onofri, La grande guerra nellacittà rossa; N.S. Onofri, I giornali bolognesinel ventennio fascista.

Giovane Italia. Tra il 1924 e il 1930 operòin Italia l’associazione segreta antifascistaGiovane Italia. Fu fondata a Torino daEugenio Libois, Alberico Molinari, MarioNeri*, Mario Passoni, Innocenzo Porronee Piero Zanetti. Erano tutti di orientamen-to socialista, meno Libois che provenivadal PPI. Il gruppo pubblicò il giornaleclandestino “Alto parlante”. I gruppi prin-cipali operarono a Milano (diretto daMassenzio Masia*) e a Venezia (diretto daArmando Gavagnin). A Bologna ebbe unascarsa consistenza e vi confluirono elemen-ti provenienti dall’associazione Italia libe-ra. Il responsabile fu Jonio Zuffi*, sostitui-to da Federico Cuccoli* nel 1927. L’asso-ciazione si sciolse tra il 1929 e il 1930, conl’arresto dei dirigenti di Torino e Venezia.Gli aderenti - anche a Bologna - confluiro-no in Giustizia e libertà. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Gavagnin, Una lettera alre, Firenze, Nuova Italia, 1951, pp.244; id,Vent’anni di resistenza al fascismo, Ricordi etestimonianze, Torino, Einaudi, 1957,pp.553.

Giunta comunale di Bologna. Durante lalotta di liberazione il CLN di Bologna sta-bilì le cariche pubbliche che sarebberostate assegnate ai partiti all’indomani dellafine della guerra, in attesa di libere elezio-ni. Il CLN si attenne ad una decisionepresa dal CLN Alta Italia, il quale avevadeciso l’assegnazione delle cariche di sin-daco, prefetto e presidente dell’ammini-strazione provinciale delle principali cittàdell’Italia del nord (Verso il governo dipopolo. Atti e documenti del CLNAI1943/1946, a cura di G. Grassi, Milano,Feltrinelli, 1977, pp.161-2, 217-20, 258-63,270-1). A Bologna la carica di sindaco spet-

tò al PCI, il quale designò prima PaoloBetti* e poi Giuseppe Dozza*. La mattinadel 21.4.1945 - senza consultare l’AMG - ilCLN nominò Dozza sindaco e tre vice sin-daci: Mario Forcellini* (PdA), ArtemioPergola* (PSIUP) e Angelo Senin* (DC).Al termine di non facili trattative, il2.5.1945 l’AMG nominò - su designazionedel CLN - la Giunta comunale di Bologna.Di questa facevano parte il sindaco, i 3 vicesindaci e gli assessori Giovanni Bordoni*(PSIUP), alimentazione; Giuseppe Bel-trame* (PCI), sanità; Giovanni Bortolotti*(PRI), polizia; Arsilio Colombini*, dettoErsilio, (PCI), tributi; Domenico Coman-dini (DC), istruzione, quasi subito sostitui-to da Giovanni Elkan*; Enzo MarioMartini* (PLI), economato; Pietro Valen-za* (PRI), ufficio legale; Emilio Vivaldi*(PLI), ragioneria; Jonio Zuffi* (PSIUP),lavori pubblici. Beltrame e Valenza eranoassessori supplenti. Il 7.5 l’AMG ratificò ladesignazione di Dozza, senza ottenere lesue dimissioni, come aveva chiesto, nonavendo gradito la nomina fatta dal CLN. Il12.5 l’AMG nominò 2 assessori supplenti:Emanuele Emiliani* (PdA) ed ElioVancini* (PSIUP). La Giunta comunale -alla quale nell’ottobre 1945 fu affiancatoun Consiglio comunale consultivo, nomi-nato dal CLN - restò in carica sino alle ele-zioni del marzo 1946. [O]

Giunta comunale di Imola. Durante lalotta di liberazione il CLN di Imola stabilìle cariche pubbliche che sarebbero stateassegnate ai partiti, all’indomani della finedella guerra e in attesa di libere elezioni.Quella di sindaco spettò al PSIUP chedesignò Giulio Miceti*, ultimo sindacoeletto a Imola nel 1920 e destituito daifascisti nel 1921. Il 16.4.1945, due giornidopo la liberazione di Imola, il CLN - inaccordo con i partiti, che avevano designa-to i candidati, e con l’assenso dell’AMG -nominò la nuova giunta: Mario Tarlazzi*(PSIUP), istruzione; Egidio Lenci* (PCI),igiene; Nella Baroncini* (PCI), assistenza;Decio Marchesi* (PSIUP), stato civile;Annibale Marocchi* (DC), finanze; Primo

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Bassi* (anarchico), annona; Giacomo Taro-ni* (DC), ufficio tecnico. Il 18.4 il CLNnominò assessore Andrea Mancini* (PCI).Poiché Miceti - catturato e deportato daitedeschi - non poté assumere la carica,l’AMG l’affidò a Tarlazzi e a Lenci quelladi vice. Miceti rientrò a Imola il 22.4 e il 27presiedette la prima riunione. La presenzadi Primo Bassi nella giunta rappresentòuna grande svolta storica, in Emilia-Romagna, perché mai un anarchico avevafatto parte - in rappresentanza ufficialedella FAI - di un consiglio comunale. [O]

Giustizia, La. Uno dei primi fogli socialistia uscire in Emilia-Romagna fu “LaGiustizia”. Lo fondò Camillo Prampolini il29.1.1886 a Reggio Emilia e divenne quasisubito uno dei principali veicoli di diffu-sione delle idee socialiste nella regione. Erasettimanale. Questo il sottotitolo iniziale“Difesa degli sfruttati” divenuto il15.11.1891 “Difesa degli sfruttati. Organodella Lega Socialista”. Il 15.12.1895 diven-ne l’”Organo regionale dei socialisti emilia-ni”, il 23.7.1898 l’”Organo settimanale deisocialisti emiliani” e il 25.1.1903 l’”Organodei socialisti di Reggio Emilia”. L’1.1.1904fu trasformato in quotidiano, diretto daGiovanni Zibordi, con il sottotitolo“Giornale socialista quotidiano di ReggioEmilia”. Prampolini continuò a curare ilnumero domenicale, che aveva conservatole caratteristiche del settimanale. Per sot-trarsi alle persecuzioni fasciste, Zibordi -contro il quale furono sparati colpi dipistola - si dimise nel marzo 1921 lasciandola direzione ad Amilcare Storchi. A causadelle violenze fasciste il quotidiano cessò lepubblicazioni nel giugno 1922 e le ripresel’1.7.1922 a Milano, come organo dell’alariformista del PSI. Nell’ottobre 1922, dopol’espulsione dell’ala riformista, decisa dalXIX congresso nazionale del PSI, e la con-seguente nascita del PSUI, “La Giustizia”ne divenne l’organo con il sottotitolo“Quotidiano del partito socialista unitarioitaliano”. Era diretta da Claudio Treves.Come tutti i giornali antifascisti, sospese lepubblicazioni per una decina di giorni

dopo la “marcia su Roma”. Pur subendosequestri e pesanti interventi della censura,continuò a uscire sino al 5.11.1925 quando- a seguito del mancato attentato di TitoZaniboni contro Mussolini - fu soppresso,così come fu sciolto il PSUI. Il 14.3.1926 aRoma nacque il Partito socialista dei lavo-ratori italiani, ad opera dei vecchi dirigentidel PSUI, e organo del nuovo partitodivenne il settimanale “La Giustizia”. Fusoppressa definitivamente il 31.10.1926. Il13.5.1945 riprese le pubblicazioni settima-nali a Reggio Emilia. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Trentini, I giornali reggia-ni dal 1836 al 1915, Reggio Emilia, 1971,pp.314; M. Savoca, “La Giustizia” nellasocietà di Reggio Emilia, pp.83-91, in Centoanni di stampa socialista nella Bassa Pada-nia. 1889-1989, a cura di M. Pecoraro,Venezia, Marsilio, 1989, pp.215.

Giustizia e libertà. Il 22.4.1945 a Bologna,dopo la fine dell’occupazione tedesca, usci-rono 5 giornali: “Corriere dell’Emilia”,“Corriere alleato”, “Rinascita”, “Bolognaliberata” e “Giustizia e libertà”. Anche senon recava un sottotitolo, “Giustizia elibertà” era l’organo ufficiale del PdA. Ingerenza aveva la firma del direttore respon-sabile Enrico Giussani*, il segretario regio-nale del PdA. Della redazione fecero parteGiuseppe Barbieri*, Nazario SauroOnofri* e Tonino Presutti*. La redazioneera in viale 12 giugno n.1, presso la tipo-grafia Panzavolta, e l’amministrazione invia Venezia n.1 (oggi via Caduti diCefalonia), dove si trovava la sede del PdA.Il giornale, che avrebbe dovuto proseguirele pubblicazioni come quotidiano, fusospeso d’ordine del PWB. Le riprese il3.6.1945 con periodicità settimanale e lesospese in settembre. [O]

Giustizia e libertà, Movimento di. Giusti-zia e libertà fu il movimento politico fon-dato a Parigi da Carlo Rosselli - evasopochi mesi prima dal confino di Lipari(ME) - nella seconda metà del 1929 unita-mente a Gaetano Salvemini, Emilio Lussu,Alberto Tarchiani e altri esuli antifascisti.

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Si proponeva di superare gli schemi e leconcezioni dei vecchi partiti di centro e disinistra. Il programma fu illustrato nel libroSocialismo liberale scritto da Rossellidurante il soggiorno al confino. Nel 1932 ilprogramma fu in parte riscritto con il con-tributo di Tarchiani e Lussu. In Italia sicostituirono nuclei GL a Torino, Roma,Firenze e Milano. Sin dall’inizio il movi-mento non ebbe una direzione omogenea,perché alcuni esponenti avrebbero volutoprivilegiare l’orientamento socialista e altriquello liberale. Nel 1931 a Parigi fu firma-to un patto d’unità d’azione con il PSI,mentre con il PCI i rapporti furono sempredifficili. Nel 1936, quando scoppiò la guer-ra civile, Rosselli e i principali dirigenti delmovimento si recarono in Spagna e costi-tuirono la Colonna Rosselli, la prima for-mazione italiana a intervenire in quel con-flitto. Quando Rosselli e il fratello Nellofurono uccisi in Francia dai fascisti, il9.6.1937, il movimento si spostò su posi-zioni di sinistra, su iniziativa di Lussu eFernando Schiavetti. Il nuovo orientamen-to provocò l’allontanamento di alcuni ele-menti liberali. Nel 1942 GL fu uno dei pro-motori del PdA. GL ebbe diversi organi distampa. Nel 1932 Rosselli fondò i “Qua-derni di ‘Giustizia e libertà’” e nel 1934 il“Giornale degli operai”. Il 18.5.1934 fu lavolta di “Giustizia e libertà” - sottotitolo“Movimento unitario per l’autonomia ope-raia, la repubblica socialista, un nuovoumanesimo” - che uscì sino al 20.5.1940.Nel 1942 a New York uscirono i “Qua-derni italiani”. A Bologna GL ebbe unaconsistenza modesta. All’inizio degli anniTrenta alcuni ex socialisti ed ex repubbli-cani diedero vita ad un gruppo del qualefacevano parte Duilio Codrignani*, LuigiGaiani*, Otello Lamma*, Umberto Orsi-ni*, Mario Protti*, Armando Quadri*,Bruno Roveri* ed Enzo Zucchini*. Gaiani,Orsini, Roveri e Zucchini furono arrestati eil 26.6.1931 condannati dal Tribunale spe-ciale. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Cianca, Nascita di Giu-stizia e libertà, in “Mercurio”, n.1, settem-bre 1944, pp.11-14; C. Rosselli, Socialismo

liberale, Roma-Firenze, Edizioni U, 1945,pp.168 (Il volume ha avuto innumerevoliristampe); A. Garosci, La vita di CarloRosselli, Roma-Firenze, Edizioni U, 1945,pp.274 (Ristampato nel 1975); E. AgaRossi, Il movimento repubblicano, Giustiziae libertà e il Partito d’Azione, Bologna,Cappelli, 1969, pp.283; Archivio diGiustizia e libertà (1915-1945), a cura di C.Casucci, Roma, 1969, pp.227; Giustizia elibertà nella lotta antifascista e nella storiad’Italia. Attualità dei fratelli Rosselli a qua-ranta anni dal loro sacrificio, Firenze, Nuo-va Italia, 1978, pp.510; N. Tranfaglia, CarloRosselli dall’interventismo a Giustizia elibertà, Bari, Latenza, 1968, pp.389;Gianguido Borghese, Prefetto della Libe-razione.

Gruppi d’azione patriottica, (GAP).Durante la guerra di liberazione furonoorganizzate speciali squadre incaricate dioperare in città per attentati - accurata-mente programmati - contro persone ocose. Queste squadre furono organizzatedal PCI, PdA e PSIUP, mentre gli altri par-titi del CLN erano contrari a questo tipo diguerriglia urbana. Le squadre organizzatedal PCI furono chiamate Gruppi d’azionepatriottica, abbreviate in GAP. Le squadregappiste erano formate di pochissime per-sone - non più di 3 o 4 - particolarmenteaddestrate all’uso delle rivoltelle e degliesplosivi. Dovevano avvicinarsi all’obietti-vo con grande cautela, colpire con deter-minazione e precisione e allontanarsi velo-cemente - quasi sempre in bicicletta - perevitare di essere coinvolte in scontri nonprogrammati. Questo tipo di guerriglia -usato da sempre, anche se molto discusso -durante l’ultima guerra è stato praticato datutti i movimenti di liberazione nei paesioccupati dai tedeschi. Era ritenuto di gran-de importanza politico-militare, anche seera più che ovvio che ogni personaggio eli-minato era subito rimpiazzato, così com’e-ra scontata la rappresaglia. Era importantenon tanto eliminare una o più persone, macreare un clima di terrore tra le file nemi-che e far comprendere che nessuno era

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sicuro perché poteva essere colpito in qual-siasi momento. Questo genere di guerraprovocava nei combattenti problemi mora-li di non facile soluzione. A Bologna operòla 7a brg GAP Gianni Garibaldi. L’8a brgGL Masia aveva un nucleo speciale - chia-mato la “squadra” - del quale facevanoparte a rotazione i partigiani ritenuti ido-nei. La brg Matteotti città non organizzòun reparto con compiti di guerriglia urba-na. Il più significativo attacco gappista fucompiuto il 26.1.1944, quando cadde sottoi colpi dei patrioti il federale EugenioFacchini nella sede della mensa universita-ria in via Zamboni 25. Il giorno dopo 10antifascisti - 4 detenuti nelle carceri diBologna e 6 in quelle d’Imola - furono pre-levati, sottoposti ad una farsa di processo(al quale non presenziarono e non furonodifesi da un avvocato) e 8 fucilati. I 3 gap-pisti autori dell’attentato sono: ErmannoGaleotti*, Bruno Pasquali* e RemigioVenturoli*. Tutti caddero nella Resistenza.Un’operazione analoga era avvenuta il4.11.1943 ad Imola quando i gappisti giu-stiziarono il seniore Gernando Barani,comandante della 68a legione imolese dellaMVSN. A sparare furono Adelmo Barto-lini* e Livio Poletti*. Poletti cadde nellaResistenza. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Pesce, Senza tregua. Laguerra dei Gap, Milano, Feltrinelli, 1967,pp.307.

Gruppi di difesa della donna, (GDD).Durante la Resistenza, nell’orbita dei CLNnacquero numerosi organismi unitari, tra iquali i Gruppi di difesa della donna e perl’assistenza ai combattenti per la libertà. IGDD sorsero a Milano, alla fine del 1943,su iniziativa del PCI, PSIUP e PdA. Inalcune città la DC aderì ai GDD. Questigruppi non si limitarono a prestare assi-stenza ai partigiani e alle loro famiglie, main molte città promossero pubbliche mani-festazioni per rivendicare la fine del con-flitto. Nel giugno 1944 il CLNAI riconob-be ufficialmente i GDD «come organizza-zione aderente al Comitato di liberazionenazionale». Dopo la liberazione i GDD si

trasformarono o confluirono nell’UDI. ABologna, in particolare negli ultimi mesidel conflitto, i GDD promossero numero-se manifestazioni per rivendicare la pace incittà e nei comuni della provincia. Il3.3.1945, a Bologna, un centinaio di donneinvasero la sede comunale e malmenaronoun ufficiale della GNR che voleva cacciar-le. Le manifestanti percorsero via UgoBassi e via Roma (oggi via Marconi) e sirecarono al magazzino del sale per rivendi-care la distribuzione del prodotto alloramolto raro. I GDD bolognesi pubblicaro-no due numeri unici: “Noi donne” nelmaggio 1944 e “La voce delle donne” indicembre. [O]B I B L I O G R A F I A . Donne bolognesi nellaResistenza. Testimonianze e documenti, acura di P.Dogliani, Bologna, Moderna,1975, pp.36; Verso il governo di popolo.Atti e documenti del CLNAI 1943/1946, acura di G. Grassi, Milano, Feltrinelli, 1977,pp.195-6. A. Scarabelli, Il problema dell’e-mancipazione nei GDD della provincia diBologna, in F. Pieroni Bortolotti, Le donnedella Resistenza antifascista e la questionefemminile in Emilia Romagna: 1943-1945,Milano, Vangelista, 1978, pp.279-91; S.Casmirri, L’Unione donne italiane, 1944-1948, Quaderni FIAP, Roma 1978, pp.166;I Gruppi di difesa della donna: 1943-1945,Roma, UDI, 1995, pp.140. A. Carletti,Nascono i gruppi di difesa della donna,pp.87-8, in “I Quaderni di Resistenzaoggi”, supplemento al n.4 del 2003 di“Resistenza oggi”; L. Arbizzani, I Gruppidi difesa della donna nella Resistenza,pp.59-62, in “Resistenza oggi”, n.5, 2004.Testimonianze di Vittoria Guadagnini*(pp.475-8) in RB1 e Novella Pondrelli*(pp.672-4) in RB5.

Gruppi universitari fascisti, (GUF). Costi-tuiti all’inizio degli anni Venti, i Gruppiuniversitari fascisti divennero uno stru-mento del regime per operare negli atenei.Il compito del GUF, come si legge nel rego-lamento allegato allo Statuto del PNF, eraquello di «inquadrare la gioventù studiosaitaliana, per educarla secondo la dottrina

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del fascismo». Il GUF organizzò littorialidel lavoro, della cultura, dello sport. Allestìe gestì iniziative assistenziali, ma curò inmodo particolare la preparazione militaredegli universitari, istituendo la Miliziafascista universitaria. A partire dal 1934ebbe l’incarico di gestire i Littoriali dellacultura e dell’arte, i quali ogni anno avreb-bero dovuto premiare i Littori e indicare i10 studenti meglio classificati in vari ordinidi materie. Quasi tutti i GUF avevano unperiodico. A Bologna uscì “Archi-trave”. Sia i periodici sia i Littoriali furonotalvolta usati dagli studenti per la “fronda”al regime. [O]BI B L I O G R A F I A. L’arte nel fascismo; DecimaLegio, In occasione dei prelittoriali della cul-tura e dell’arte e degli agonali dello sport;GUF, Arte, cultura, sport, lavoro, stampa,milizia, turismo, littoriali, assistenza, organiz-zazione; GUF, Sezione femminile Bologna,Lavoriamo per i nostri soldati; GUF, Partitonazionale fascista, Direttorio nazionaleGruppi universitari fascisti, Littorialimaschili femminili del lavoro, Anno XXI;Organizzazioni di cultura, in Panorami direalizzazioni del fascismo, Roma, 1942,vol.III, pp.441-74; R. Zangrandi, Il lungoviaggio attraverso il fascismo; F. Gambetti,Gli anni che scottano; N.S. Onofri, I giorna-li bolognesi nel ventennio fascista; Storiedella goliardia bolognese dall’orbace alla con-testazione; L. La Rovere, Storia dei Guf.Organizzazione, politica e miti della gioventùuniversitaria fascista, Torino, BollatiBoringhieri, 2003, pp.XXXVIII+409; R.Renzi, Compagni maestri, in Alma materdegli studenti, pp.133-43.

Gruppo di combattimento Friuli. Dopol’ottima prova data al fronte dal rinatoEsercito italiano - il I Raggruppamentomotorizzato prima e successivamente ilCIL - l’AMG consentì al governo italianodi allestire 6 Gruppi di combattimento,costituiti dalle divv Cremona, Friuli,Folgore, Legnano, Mantova e Piceno. Ognidiv aveva circa 9 mila uomini divisi per spe-cialità d’arma. Sciolto il 25.9.1944 il CIL, iGruppi di combattimento furono istituiti

in ottobre. L’AMG - pur precisando chesarebbero stati sciolti subito dopo la finedel conflitto - consentì l’arruolamento neiGruppi di combattimento di volontari edei partigiani che avevano attraversato lalinea del fronte. Per questo si può dire chefurono formazioni a base popolare nellequali militarono non solo soldati di leva odi mestiere, ma anche volontari che inten-devano battersi contro l’invasore. Avevanoarmamento e divise inglesi e operavano nelsettore britannico. Molti partigiani bolo-gnesi, dopo avere attraversato le linee,fecero un corso al Centro d’addestramentodi Cesano a Roma e furono inquadrati nellaCremona. Dei sei gruppi, il Friuli fu schie-rato - il 9.1.1945 - nei pressi di Brisighella(RA), di fronte alla 4a div paracadutisti,una delle più forti unità della Germania.La posizione era stata occupata in previsio-ne dell’avanzata su Bologna. Il Cremona fuschierato tra Ravenna e Alfonsine. Il10.4.1945 il Friuli - che dipendeva dal XCorpo britannico - prese parte all’offensivache prevedeva il superamento del Senio,con direzione Bologna. Dopo avere rag-giunto il Santerno, in 4 giorni di combatti-menti durissimi, i militari italiani prosegui-rono verso Imola, liberata dalle truppepolacche. Proseguendo l’avanzata versoBologna, il Friuli - in collaborazione con laLegnano e la Folgore - raggiunse primal’Idice e poi il Savena per entrare a Bolognanella tarda mattina del 21.4.1945.I soldatiitaliani furono fermati a S. Lazzaro diSavena per permettere l’ingresso dei polac-chi (dalla via Emilia) e degli americani,provenienti da Pianoro (lungo la stradadella Futa) e Sasso Marconi (lungo laPorrettana). Dopo la liberazione diBologna il Friuli fu messo a riposo. Nelcorso della campagna ebbe 242 morti, 657feriti e 61 dispersi. Al termine della guerrai Gruppi di combattimento non furonosciolti e rappresentarono il primo nucleodel nuovo esercito nazionale. [O]BI B L I O G R A F I A. Ministero della difesa, Grup-pi di combattimento, Roma, 1945, pp.564;G. Lombardi, Il Corpo Italiano di Libe-razione. 28 settembre 1943 - 25 settembre

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1944, Roma, Magi-Spinetti, 1945, pp.138;G. Pronetti, L’esercito italiano per la guerradi liberazione, Roma, Pinnarò, 1945, pp.47;Il Gruppo di combattimento “Friuli” nellaguerra di liberazione, Bergamo, Istituto ita-liano d’arti grafiche, 1945, pp.XII+200; G.Mastrobuono, Il Gruppo di combattimento“Cremona” nella guerra di liberazione,Roma, 1946, pp.175; E. Musco, Il 21° reg-gimento fanteria Cremona nella guerra diliberazione; Ministero della difesa, Statomaggiore dell’Esercito, Ufficio storico; IlRaggruppamento motorizzato italiano(1943-44). Narrazione e documenti, Roma,1949, pp.211; Ministero della difesa, Statomaggiore dell’Esercito, Ufficio storico, IGruppi di combattimento Cremona, Friuli,Folgore, Legnano, Mantova e Piceno, (1944-1945), Roma, 1951, pp.564; G. Mastro-buono, Le Forze armate italiane nellaResistenza e nelle guerra di liberazione,Roma, 1965, pp.279; E. Castelli, Profilostorico del 41° battaglione AUC 1943 nellaguerra di liberazione, Palermo, 1971, pp.93;Stato maggiore dell’Esercito, Ufficio stori-co, La guerra di liberazione, Scritti nel tren-tennale, Roma, 1976, pp.223; G. DeGiovanni, Inquadrati nella “Cremona”, inAl di qua della Gengis Khan, pp.139-40; A.Pedretti e C. Fanfani, Quelli della“Legnano” oltre la “Gengis”, in Al di quadella Gengis Khan, pp.144-5; Stato maggio-re dell’Esercito, Ufficio storico, Le unitàausiliarie dell’Esercito italiano nella guerradi liberazione, a cura di L. Lollio, Roma,1977, pp.310; U. Utili, Ragazzi in piedi! Laripresa dell’esercito italiano dopo l’8 settem-bre, Milano, Mursia, 1979, pp.238; G.Conti, Il Primo Raggruppamento Motoriz-zato, SME-Ufficio storico, Roma, 1982,pp.329; Le forze armate nella guerra di libe-razione, 1943-1945, a cura di L. Poli, Ro-ma, 1995, pp.66; “Il Secondo Risorgi-mento”, n.1-2, 1995, numero speciale dedi-cato ai Gruppi di combattimento nellaguerra di liberazione; Associazione nazio-nale combattenti della guerra di liberazio-ne, I bersaglieri nella guerra di liberazioneda Montelungo a Bologna, 1943-1945,Torino, 1995, pp.141; Uffici storici Eser-

cito, Marina, Aeronautica, I volontari nelleforze armate del Regno d’Italia (Campagnasettembre 1943 - maggio 1945), Roma,1998, pp.212; Le Forze Armate nellaResistenza e nella Guerra di Liberazione,Bologna, Il Nove, 2000, pp.211; N. La-banca, Corpo italiano di liberazione, in Di-zionario della Resistenza, Torino, Einaudi,vol.I, pp.207-215; F. Sessi, Gruppo Cre-mona, in Dizionario della Resistenza, To-rino, Einaudi, vol.I, pp.215-6; G.N. Amo-retti, F. Wolkenstein Braccini, L’esercito ita-liano dopo l’8 settembre, in “Nuova storiacontemporanea”, n.1, 2004, pp.35-56; R.Luraghi, I soldati combattenti della guerradi liberazione, in “Nuova storia contempo-ranea”, n.3, 2004, pp.155-8. Testimonianzeda p.538 a p.543 in RB5.

Gruppo goliardico per la libertà, vedi:Unione goliardica per la libertà.

Gruppo intellettuali “A. Labriola”, vedi:“Tempi nuovi”.

Gruppo nazionalista bolognese, vedi:Sempre pronti per la Patria e per il Re.

Gruppo Ragghianti. Tra il 1937 e il 1943 fumolto attivo a Bologna un gruppo d’intel-lettuali che facevano capo al critico d’arteCarlo Lodovico Ragghianti*. Di qui ladenominazione di gruppo Ragghianti.Erano quasi tutti critici d’arte, anche senon mancavano scrittori, poeti e insegnan-ti di liceo. A cominciare da Ragghianti, ave-vano un orientamento crociano. I più attivifurono Giancarlo Cavalli*, Mario Finzi*,Cesare Gnudi*, Leonida Patrignani*,Antonio Rinaldi*, Elisabetta Maria ValeriaSchiassi* e Sergio Telmon*. Facevanoparte del gruppo anche Giorgio Bassani,Giuseppe Campanelli*, Augusto Frassinetie Roberto Serracchioli residenti fuoriBologna. Il gruppo restò unito dopo l’arre-sto di Ragghianti avvenuto all’inizio del1942, contemporaneamente a quello di ungruppo d’intellettuali fiorentini, con i qualiera collegato, avendo abitato per molti annia Firenze. Alla fine del 1942 quasi tutti i

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membri del gruppo aderirono al PdA. Il23.5.1943 la polizia arrestò Rinaldi, Gnudi,Cavalli, Gaetano Arcangeli*, lo scrittoreGiuseppe Raimondi* e il pittore GiorgioMorandi*. Qualche giorno dopo furonoarrestati Carlo Doglio*, Fulberto Petti-nelli*, Ragghianti, Schiassi, Mario DellePiane*, Finzi del PdA; Fernando Baron-cini* e Paolo Fabbri* del MUP; FrancescoColombo* e Armando Quadri* del PRI. Il4.6.1943 fu la volta di Massenzio Masia* eil 10 d’Edoardo Volterra* del PdA. Arcan-geli, Morandi e Raimondi furono rilasciatiquasi subito, perché risultarono estraneiall’attività del gruppo, da loro frequentatoper ragioni culturali. Gli altri restarono incarcere un paio di mesi e tornarono inlibertà dopo la caduta del regime. Baron-cini, Cavalli, Colombo, Fabbri, Finzi, Ma-sia, Pettinelli, Quadri, Ragghianti, Rinaldie Volterra furono liberati l’1.8.1943 e DellePiane, Doglio e Gnudi il 2. Non si sa quan-do fu liberata Schiassi. Quasi tutti i mem-bri del gruppo, a cominciare da Ragghian-ti, che fu il massimo dirigente della Re-sistenza in Toscana, presero parte alla lottadi liberazione. Finzi morì ad Auschwitz eSeracchioli venne fucilato dai fascisti il7.8.1944 a Rovereto sulla Secchia (MO). [O]BI B L I O G R A F I A. C.L. Ragghianti, Disegno del-la liberazione in Italia, Pisa, Nistri e Lischi,1954, p.302.

Gruppo Valanga. Il 2.8.1944, dopo lo sfor-tunato scontro con i tedeschi al passo delleForbici (Villaminozzo - RE), 29 uomini delbtg Sugano della brg Stella rossa Lupo sidiressero in Toscana, mentre il grosso - gui-dato da Sugano Melchiorri* - tornò in pia-nura, tra Modena e Bologna. Il 29.8.1944 i29 si aggregarono al Gruppo Valanga, unaformazione autonoma di partigiani toscaniche operava tra Reggio Emilia, Lucca e LaSpezia, comandata da Leandro Puccetti.Ennio Resta* divenne commissario politicodel Gruppo. Lo stesso giorno, in uno scon-tro con i tedeschi, caddero 18 partigiani, 9dei quali del btg Sugano. Erano: EdoardoBergamini*, Remo Borsi* “Carioca”,Ettore Bruni*, Renato Lorenzoni*, Rubino

Olivieri*, Walter Pierantoni* “Silenzio”,Aldo Rusticelli*, Renzo Sassi* “Dubat” eFerruccio Tognoli* “Ferro”. GualtieroMontanari* “Tarzan” restò ferito. I super-stiti, dopo avere attraversato la linea delfronte, si arruolarono in un Gruppo dicombattimento e restarono in linea sinoalla Liberazione. [O]B I B L I O G R A F I A . L. Guccione, Il GruppoValanga e la Resistenza in Garfagnana.Storia e documenti, Lucca, Pacini, 1978,pp.319; G. Lippi, La Stella Rossa a MonteSole, p.119 e 147.

Guarda, Eccidio di. Nel 1913 la Federa-zione dei lavoratori della terra di Bolognadecise di organizzare un’agitazione agrariaper rinnovare il contratto provinciale deicoloni e conquistare aumenti salariali per ibraccianti i quali non avevano un contrattoprovinciale. Le due categorie, da sempredivise e spesso in contrasto, avevano rag-giunto un alto grado d’unità politico-sinda-cale, come dimostrano vari episodi sinda-cali, a cominciare dalla vittoriosa vertenzache, tra il 1909 e il 1912, si era svolta aMolinella nell’azienda di Giacomo Zerbini.Dal momento che non tutti i dirigenti dellaFederterra erano convinti del grado d’uni-tà tra le due categorie sul piano provincia-le, fu deciso di sperimentare, nel 1914, aMolinella una vertenza di tipo nuovo. Incaso positivo, nel 1915 sarebbe stata pro-clamata su scala provinciale, ad esclusionedell’Imolese le cui caratteristiche eranodiverse da quelle del Bolognese. Nel gen-naio 1914 quasi tutti i coloni di Molinella -mezzadri, affittuari ecc. - inviarono una let-tera ai rispettivi “concedenti”, i padroni,per ricordare che il capitolato colonico erascaduto e che s’imponeva il rinnovo. Ilnuovo, aggiungeva la lettera, dovrà essereconcordato tra il proprietario e il dipen-dente, ma alla presenza di un rappresen-tante della Lega. Da sempre - salvo le ecce-zioni - il patto era concordato tra le parti,spesso senza un documento scritto. Nel1908 la Federterra era riuscita a strapparealla parte padronale un capitolato colonicoprovinciale scritto, che rappresentava il

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quadro entro il quale le parti avrebberodovuto trovare un accordo, in base allecaratteristiche del fondo. La grande novitàcontenuta nella lettera del 1914 consistevanel fatto che il colono - come prevedeva lalegge - voleva essere assistito da un suo rap-presentante di fiducia: la Lega. Gli agricol-tori - che non avrebbero eccepito se il colo-no si fosse fatto rappresentare da un avvo-cato o da un agronomo - non vollero incon-trarsi con la Lega per motivi politici.Anche se nel 1908 avevano accettato di fir-mare con la Federterra il capitolato provin-ciale, non volevano avere rapporti con laLega a livello comunale o, meno che mai,aziendale. Gli agrari risposero ai rispettivicoloni che prendevano atto della lettera,considerandola come una dichiarazioneunilaterale d’escomio. Secondo la lorointerpretazione, il colono aveva manifesta-to l’intenzione di abbandonare il fondo,mentre si era limitato a chiedere la trattati-va per rinnovare il capitolato. Di conse-guenza, gli agrari presero atto che il colono- come prevedeva il capitolato - avrebbelasciato il fondo entro il 31.10.1914 e noniniziarono la trattativa per il rinnovo delcontratto. Il passo era molto importanteperché solo l’apertura della trattativaavrebbe congelato la procedura d’escomio.Dopo di che - com’era sempre avvenuto -se fosse stato trovato un accordo il colonosarebbe rimasto. In caso contrario, avrebbelasciato il fondo. Dopo avere ricevuto lalettera del proprietario, i coloni - in base alcapitolato - erano divenuti automaticamen-te “coloni uscenti”. Per questo, da quelmomento, avrebbero dovuto fare solo ilavori di loro spettanza. Gli altri, quelli diparte padronale, sempre a norma di con-tratto, sarebbero dovuti essere fatti dal“colono entrante” o dall’agrario, assumen-do operai, se non li avesse voluti fare per-sonalmente. Quando gli agrari cercarononuovi mezzadri, per sostituire quelli che sene sarebbero andati, non trovarono unafamiglia disposta a entrare nel fondo. Imezzadri si erano accordati di non accetta-re queste richieste, se non attraverso laLega. Quando interpellarono i braccianti,

per fare i lavori spettanti al “colono entran-te”, si sentirono opporre un nuovo rifiuto.In quel momento gli agrari ebbero la con-ferma della raggiunta unità tra coloni ebraccianti. Era politicamente molto impor-tante che i braccianti - che solitamente nonfacevano più di 100-120 giornate l’anno -rifiutassero un lavoro straordinario e benpagato, pur di non rompere l’unità antia-graria. I proprietari raccolsero la sfida e sidichiararono pronti a perdere il raccolto -ma erano tutelati dall’assicurazione anti-sciopero - pur di rompere l’unità contadi-na. In ogni caso, non avrebbero mai tratta-to con la Lega considerata «giuridicamenteinesistente». La vertenza si protrasse pertutta la primavera e l’estate, con le partiferme sulle rispettive posizioni. Parte delraccolto - quella della proprietà - andò per-duta perché i coloni applicarono alla lette-ra le norme del patto. Il 4.10.1914 il pre-fetto di Bologna telegrafò a GiuseppeMassarenti*, sindaco di Molinella, che gliagrari erano disposti a trattare con la Lega.Il telegramma non fu spedito da Bologna aMolinella perché la sera del 4, una domeni-ca, al momento della trasmissione, l’ufficiopostale di Molinella era chiuso. Il prefetto- come accerterà un’indagine del direttoredelle poste - era stato informato che il tele-gramma non era partito. Contemporanea-mente il prefetto autorizzò l’Associazioneagraria provinciale a inviare a Molinella, ilgiorno 5.10.1914, una squadra di “liberilavoratori” reclutati nel Veneto. Avrebberodovuto eseguire in una tenuta parte deilavori non fatti dal “colono entrante”, perriaffermare il diritto dei proprietari di ser-virsi di manodopera non “organizzata”,anche se questo fatto infrangeva i concor-dati sul lavoro bracciantile. La notizia del-l’arrivo dei “crumiri” fu appresa aMolinella la sera del 4. La mattina dopocentinaia di braccianti e mezzadri blocca-rono la strada a Guarda (Molinella) lungola quale, provenienti da Bologna, sarebbe-ro dovute arrivare le auto che trasportava-no gli operai veneti. Il gruppo era guidatoda Alberto Donini, segretario dell’Asso-ciazione agraria, il quale era armato di

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rivoltella, come due suoi collaboratori. Lacolonna era preceduta e seguita da carabi-nieri. Le auto - mentre la scorta dei carabi-nieri era sparita - furono fermate dai lavo-ratori, armati di bastoni, nei pressi del pas-saggio a livello della ferrovia secondaria. Siebbe uno scontro durissimo, al termine delquale 4 “liberi lavoratori” restarono uccisi.I molinellesi rimasti feriti nello scontro nonsi fecero medicare, per non essere identifi-cati. Alle 8, un paio di ore dopo lo scontro,a Massarenti giunse il telegramma del pre-fetto. Tremila militari, giunti da Bologna,misero in stato d’assedio Molinella. Furonoarrestati 121 lavoratori, dirigenti sindacalie amministratori comunali. Massarentievitò l’arresto rifugiandosi nella Repub-blica di S. Marino, dove fu raggiunto daaltri sindacalisti. Gli agrari sfrattarono 14famiglie coloniche, che si erano particolar-mente distinte nel corso della vertenza, eimposero ai mezzadri un capitolato coloni-co molto più arretrato di quello scaduto. Aibraccianti imposero tariffe inferiori a quel-le precedenti e non applicarono i patti fir-mati sul collocamento della manodopera.La magistratura denunciò 240 persone.Nel 1916 ne furono rinviate a giudizio 56(38 delle quali detenute) per omicidio etentato omicidio. Tra i 56 solo 2 erano statiriconosciuti dai testimoni. Tutti i lavoratoririnviati a giudizio e anche quelli assolti inistruttoria furono internati nell’isola diCapraia (LI) sino al 1919. In quell’annofurono amnistiati, compreso Massarenti, eliberati. Nell’estate 1919 la Federterra aprìuna vertenza a Molinella per chiuderequella del 1914, rimasta aperta dopo l’ecci-dio di Guarda. Fu chiesto e ottenuto: 1) ilpagamento di 270 mila lire quale indenniz-zo del danno subìto dai lavoratori per ilmancato rinnovo del patto colonico e laviolazione dell’accordo sul collocamento;2) la riassunzione dei 14 coloni sfrattati, 3)l’annullamento del patto colonico impostodagli agrari nel 1914 e la firma di unonuovo; 4) il ritorno al “collocamento diclasse”, cioè gestito dalla Lega. Le 270 milalire - una “taglia”, protestarono gli agrari -non furono divise tra i lavoratori, ma ver-

sate al comune di Molinella per la costru-zione di un asilo infantile in localitàAlberino. [O]BI B L I O G R A F I A. Molinella 5 ottobre 1914, sd(1914), a cura di “L’Italia industriale e agri-cola”; Molinella. La campagna giornalisticagiudiziaria de “L’Avvenire d’Italia” contro ilsocialismo del basso bolognese; M.Missiroli, La repubblica degli accattoni; G.Massarenti, La repubblica degli accattoni,supplemento al n. 39 de “La Squilla”,1916; L. Paglia, La mezzadria nell’economiaagraria; Molinella redenta. Per non dimenti-care, Numero unico a cura del Fascio diMolinella, marzo 1923, pp.8; F. Cavazza,Le agitazioni agrarie in provincia diBologna, dal 1910 al 1920; Molinella. “Allefonti della fede”, con lettera di GiuseppeMassarenti; Molinella e Massarenti.Immagini e storia; N.S. Onofri, La strage diPalazzo d’Accursio; Molinella e Massarentinel quadro delle lotte sociali in Italia; G.Mazzoni, La posizione egemonica di G.Massarenti nella lotta agraria del 1920, in“Nuovo Riformismo”, n.7-8, 1983, pp.99-111; G. Mazzoni, Un uomo, un paese:Giuseppe Massarenti e Molinella.

Guardia nazionale patriottica di Imola.Dopo l’8.9.1943 a Imola il CLN e i partitiaderenti - su proposta di Antonio Cicalini*- diedero vita alla Guardia nazionalepatriottica di Imola, comunemente chia-mata Guardia nazionale. Di questo corpofecero parte numerosi antifascisti e militari.Svolse un’azione molto importante per ilricupero delle armi abbandonate nell’imo-lese dalla 3a div Celere, dopo la dissoluzio-ne dell’esercito. Nell’inverno alcuni ade-renti contribuirono a formare i priminuclei delle brgg partigiane. Nella prima-vera 1944 la Guardia nazionale si sciolse edi componenti entrarono a far parte dellebrgg partigiane. [O]BI B L I O G R A F I A. Momenti partigiani imolesiin collina e in città; N. Galassi, Imola dalfascismo alla liberazione, 1930-1945; E.Gollini, N. Tampieri, Sole, Bianco eMezzanotte. Imola tra guerra e ricostruzione(1940-1950).

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Guardia nazionale repubblicana, (GNR).Tra le tante milizie che operarono durantela RSI, la Guardia nazionale repubblicanafu la prima ad essere istituita e una dellepiù consistenti per numero d’uomini earmamento. Annunciata il 19.11.1943, nac-que l’8.12.1943 con il decreto n.913, quan-do la RSI decise di organizzare un corpocon compiti di «polizia interna e militare».I compiti furono ribaditi ed estesi daldecreto n. 921 del 18.12.1943, pubblicatosulla “Gazzetta ufficiale” n.166 del18.7.1944. Il 14.8.1944 - dopo la nascitadelle Brigate nere - con decreto numero469, pubblicato sulla “Gazzetta ufficiale”numero 190 del 16.8.1944, la GNR fuincorporata nell’esercito della RSI, controla volontà del comandante Renato Ricci. Aseguito delle sue proteste, Mussolini lodestituì ed assunse personalmente ilcomando. La GNR era nata dall’unionedella MVSN, dei carabinieri e della PAI(Polizia dell’Africa italiana). Il 20.1.1944aveva 4.552 ufficiali, 17.504 sottufficiali e105.345 militi per un totale di 127.401uomini (ACS, MI, DGPS, AGR, RSI,b.43). Inizialmente si chiamò il Corpo dellecamicie nere, per assumere in seguito quel-lo di GNR. Fu sempre agli ordini di KarlWolff, il comandante delle SS in Italia,anche se formalmente dipendeva dal mini-stero dell’Interno. A Bologna fu costituitacon gli ex militi della 67a legione dellaMVSV di Bologna e della 68a d’Imola.Furono arruolati anche i membri dellaPAI, mentre i carabinieri - come al-trove - difesero la loro autonomia operati-va e non si lasciarono integrare. La casermaprincipale era in via Borgolocchi. Il20.1.1944 la GNR bolognese aveva 415ufficiali, 1.191 sottufficiali e 10.834 militiper un totale di 12.440 uomini. Da unarelazione della GNR, inviata a Mussolininell’estate 1944, risulta che i militi erano858 a Bologna e 431 nell’Imolese (ACS,RSI, SPD, CR, b. 4, “G.N.R.”). Il20.4.1945, quando i tedeschi abbandonaro-no Bologna nella notte, la GNR si accodò aireparti in ritirata e si dissolse senza sparareun colpo e tentare di contrastare l’avanzata

delle truppe alleate e l’insurrezione delleforze partigiane la mattina del 21. [O]B I B L I O G R A F I A . N. Armaroli, La diarchianazione-partito e il problema politico delnuovo esercito della RSI, Roma, 1964,pp.29; G.P. Pansa, L’Esercito di Salò neirapporti riservati della Guardia nazionalerepubblicana, 1943-1944, Milano, 1968,pp.215; Riservato a Mussolini. Notiziarigiornalieri della Guardia nazionale repub-blicana. Novembre 1943-giugno 1944, acura di N. Verdina, Milano, Feltrinelli,1974, pp.486; S. Setta, Renato Ricci. Dallosquadrismo alla Repubblica sociale italiana,Bologna, il Mulino, 1986, pp.348; Quattro-mila studenti alla guerra: storia della ScuolaAllievi ufficiali della GNR nella RepubblicaSociale Italiana, a cura di E. Cavaterra e M.Vaccaro, Roma, Dino, 1987, pp.400; G.Pansa, Il gladio e l’alloro: l’esercito di Salò,Milano, Mondadori, 1991, pp.245; L.Ganapini, La repubblica delle camicie nere,Milano, Garzanti, 1999, pp.519.

Guardia regia, vedi: Regia guardia di pub-blica sicurezza.

Guardia rossa di Molinella. Nel dicembre1920 i fascisti di Bologna annunciaronoche il giorno di Natale si sarebbero recati aMolinella per bastonare Giuseppe Massa-renti* e i dirigenti socialisti. I lavoratori siorganizzarono e, il 25.12.1920, a centinaiasi riunirono nella piazza in attesa dei fasci-sti. Una volta giunti a Budrio, gli squadristisi fermarono e rientrarono a Bologna.Dissero che sarebbero tornati per uccidereMassarenti. A seguito di quell’episodio, lasezione del PSI di Molinella organizzò unasquadra di 8 uomini per la difesa persona-le di Massarenti. Fu chiamata la “guardiarossa”. Era composta da Alfredo Calzola-ri* il comandante, Aldo Gardi*, CesareGolinelli*, Filippo Gottellini*, AngeloMontanari*, Isidoro Musiani* “Foia”,Luigi Schiassi* e Mario Ungarelli. I mili-tanti socialisti - armati di rivoltella - veglia-vano giorno e notte davanti alla sede dellaCooperativa di consumo, dove Massarentiabitava. Il 12.6.1921, quando i fascisti assa-

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lirono Molinella, la “guardia rossa” nonintervenne perché Massarenti, per evitarescontri, preferì entrare nella clandestinità,dopo aver fatto circolare la voce che si eratrasferito a Roma. Alla fine del 1921 decisedi abbandonare definitivamente Molinellae si recò a Roma, dove restò sino allaLiberazione. Prima di andarsene invitò icompagni a non rispondere con la violenzaalla violenza fascista e ad opporre la resi-stenza passiva. Il 12.6.1921 i fascisti miseroa sacco Molinella, sotto gli occhi indiffe-renti della polizia, dopo avere bastonatonumerosi lavoratori tra i quali GiuseppeBentivogli*, Calzolari e Luigi Ploner*.Bentivogli, Calzolari e Golinelli cadderonella Resistenza. [O]

Guerra di classe. Al Consiglio nazionaledell’USI del 13-14.9.1914 si ebbe un duroconfronto tra gli interventisti e i neutralisti.Gli interventisti provocarono una scissionee mantennero il controllo de “L’Interna-zionale”, il giornale del sindacato anarchi-co. Armando Borghi, rimasto alla testadell’USI, diede vita a “Guerra di classe”che cominciò a uscire a Bologna il17.4.1915 con il sottotitolo “Organo uffi-ciale dell’Unione Sindacale Italiana”. Perqualche tempo il giornale fu stampato aMirandola e Firenze, per tornare a Bolognanel 1919 ed essere trasferito definitivamen-te a Milano nel 1920. [O]BI B L I O G R A F I A. La nascita di “Guerra di clas-se”, in “Sempre!. Almanacco N° 2 (1923-24) di ‘Guerra di Classe’”, pp.73-6.

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IMI, vedi: Militari internati in Germania.

Immodena, L’eccidio di. Nel pomeriggio del5.3.1922 una squadra di fascisti entrò nellasala della cooperativa di Immodena (AnzolaEmilia) e cominciò a sparare all’impazzatacontro le persone sedute ai tavoli, mentre

bevevano o giocavano a carte. RaffaeleToselli* morì all’istante per un colpo al petto.Restarono feriti i fratelli Adelmo* e AlfonsoNegrini* e Giovanni Parmeggiani*. [O]

Incidenti per la vertenza agraria del 1920.La vertenza agraria del 1920, conclusasicon il Concordato Paglia-Calda, fu caratte-rizzata da numerosi incidenti. Alcuni furo-no di grandi dimensioni, come quelli diDecima di S. Giovanni in Persiceto e diPortonovo di Medicina, e altri di portatainferiore. Questi - tra i minori - quelli cheebbero conseguenze gravi e mortali. Il28.8.1920 a Codrignano (Fontanelice) siebbe uno scontro tra coloni “bianchi” ebraccianti “rossi”. Il colono DomenicoFrontali morì per una bastonata al capo. Il25.5.1923 la corte d’Assise di Bolognaemise questa sentenza: Angelo Errani 9anni e 18 giorni; Domenico Plazzi 5 anni;Gaspare Sagrini 6 anni; GiuseppeSangiorgi 6 anni; Ugo Solaroli 9 anni, unmese e 7 giorni; Antonio Turicchia assolto(Corte d’Assise di Bologna. 1922-1923,p.190). Il 29.8.1920 a Fontanelice si ebbeuno scontro tra coloni “bianchi” e brac-cianti “rossi”. Il bracciante GiuffridaPoggiali, da Remigio, fu colpito da unafucilata sparata da un colono della famigliaTrebbi. Riportò una ferita giudicata guari-bile in 30 giorni. Altri 2 braccianti restaro-no feriti lievemente. Il 17.9.1920 a Imola,nel corso di uno scontro tra coloni “bian-chi” e braccianti “rossi”, restò ucciso ilcolono Arcangelo Solferini. L’1.5.1925 lacorte d’Assise di Bologna emise questa sen-tenza: Ateo Brini* 8 anni e 4 mesi; Tomma-so Cristallini* assolto (Corte d’Assise diBologna, 1924-1931, p.106). Il 22.10.1920l’imprenditore agricolo Flaminio Po sirecò, a Bologna, nell’abitazione del brac-ciante Ernesto Canova per proporgli -mentre era in atto lo sciopero agrario - direcarsi in un suo fondo a Granarolo Emiliaper lavori di trebbiatura. Tra i due - dopoche il Canova aveva rifiutato la proposta -si accese una lite furibonda, nel corso dellaquale il Po uccise il Canova con un colpo dipistola. L’8.7.1921 la corte d’Assise di Bo-

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logna assolse il Po. A parere dei giudicil’imputato, dopo essersi recato volontaria-mente nell’abitazione del Canova, avevasparato perché «costretto dalla necessità direspingere da sé una violenza attuale edingiusta» e per «avere agito in istato dilegittima difesa» (Corte d’Assise di Bologna,1920-1921, p.379). Il 30.10.1920 a S. AgataBolognese nel corso di uno scontro perse lavita il colono “bianco” Gaetano Guizzardi.Il 9.2.1923 la Corte d’Assise di Bolognaemise questa sentenza: Sileno Bicocchi* 15anni; Antonio Candini 7 anni e 6 mesi; IvoGuizzardi* 4 anni, 10 mesi e 10 giorni;Agostino Pietroboni* 5 anni e 10 mesi;Secondo Sola 15 anni (Corte d’Assise diBologna, 1922-1923, p.138).

Infermerie partigiane, vedi: Servizio sani-tario partigiano.

Iniziativa-dalli al tronco, L’. Era il settima-nale ufficiale del PRI in Emilia-Romagnaall’inizio degli anni Venti. A Bologna, dal23.4 al 6.8.1921 era uscito “...dalli al tron-co”, un settimanale che aveva il sottotitolo“Periodico repubblicano”. Il foglio bolo-gnese si fuse con il settimanale “L’Inizia-tiva” che usciva a Ravenna diretto daGiuseppe Ferrandi*, uno studente diTrento che studiava a Bologna. Dal7.1.1922 cominciò a uscire “L’Iniziativa-dalli al tronco”, con il sottotitolo “Settima-nale della Federazione RepubblicanaRomagnola-Emiliana”. Direttore Ferrandi.Fece 33 numeri, l’ultimo dei quali il25.8.1922. [O]

Insurrezioni, Le, mancate di Bologna. Nelgiugno 1944, dopo la liberazione di Roma,il CLN Alta Italia e il CVL decisero che sisarebbero dovuti evitare casi analoghi aquello della capitale, liberata dalla truppealleate senza il contributo dei partigiani.Come risulta dalle direttive del 14 e26.6.1944 del CLN e del 18.9.1944 delCVL, le città del centro-nord, in accordocon il comando militare alleato, dovevanoinsorgere prima dell’arrivo delle truppeanglo-americane e collaborare con queste

su un piano di parità. Numerose le ragioniche avevano indotto a quella scelta i diri-genti politici e militari della Resistenza. Ilpopolo italiano avrebbe dovuto riscattarecon la lotta l’onore nazionale - perdutol’8.9.1943 con la fuga della monarchia e ildissolvimento dell’esercito - e riconquista-re la libertà e l’indipendenza nazionale.Firenze fu la prima importante città italia-na che insorse - all’inizio d’agosto - primadell’arrivo degli alleati. Mentre a Firenze sicombatteva, a Bologna il CLNER e ilCUMER misero a punto il piano insurre-zionale per la regione. Del CLNER faceva-no parte PCI, PSIUP e PdA. Nel comandodel CUMER erano presenti, a titolo perso-nale, ufficiali appartenenti al mondo catto-lico e laico. Il piano prevedeva che entroun mese o due al massimo, gli anglo-ameri-cani avrebbero superato la Linea Gotica einiziato la discesa verso la Valle Padana.Quanto al dispositivo militare, prevedevache almeno una metà dei partigiani cheoperavano in pianura, a nord della ViaEmilia, avrebbero dovuto concentrarsi incittà, unirsi a quelli che vi operavano già eassieme dare vita all’insurrezione, almomento opportuno. Le brgg operantisull’Appennino avrebbero dovuto fareconvergere sulle città - in particolare,Bologna, Imola, Faenza, Cesena, Forlì eModena - alcuni contingenti, anche se illoro compito principale era e restava quel-lo di attaccare alle spalle la Linea Gotica efavorire l’avanzata alleata. Valido o no chefosse - era stato predisposto da alti ufficialidell’esercito e dai dirigenti politici dellaResistenza - il piano non fu accettato danumerosi comandanti partigiani. Il comu-nista Mario Ricci “Armando”- comandantedella div Modena, che operava sull’Ap-pennino tosco-emiliano, tra Modena eBologna - non mandò un uomo in pianurae si diresse a sud per andare incontro aglialleati. Mario Musolesi* “Lupo”, coman-dante della brg Stella rossa, rifiutò il pianoe restò a Marzabotto, dove cadde nei gior-ni dell’eccidio. Antonio Giuriolo* “Toni”,comandante della brg Toni Matteotti mon-tagna, inviò un dist, che raggiunse Mo-

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linella. Contrari anche i comandanti dellebrgg Matteotti e Garibaldi della pianura.In particolare cfr. Anselmo Martoni(pp.477-9) e Arleziano Testoni (pp.498-500) ed Enrico Mezzetti (pp.501-3) in RB3.Nonostante le defezioni, nel mese d’agostoe settembre, ma alcuni gruppi continuaro-no ad arrivare in ottobre, a Bologna con-fluirono centinaia di partigiani. Le brggGaribaldi - in accordo con la 7a brg GAPGianni - si sistemarono nella zona di PortaLame, tra le rovine dell’Ospedale Mag-giore e del Macello comunale, distrutti daibombardamenti aerei. La Matteotti cittàorganizzò una base in via de’ Poeti. L’8abrg GL organizzò una base - munita d’ap-parecchio ricetrasmittente per il contattocon le missioni alleate - nell’istituto univer-sitario di geografia in via Zamboni 33. Ipartigiani attesero per settimane l’arrivodegli alleati, ignorando che tra inglesi eamericani non esisteva identità di vedute. Iprimi volevano raggiungere Trieste, perpuntare su Lubiana e Vienna e fermare laspinta dell’Armata rossa verso il centrodell’Europa. Gli altri consideravano quelloitaliano un fronte secondario e ritenevanoche lo sforzo principale dovesse esserefatto in Francia. Non a caso, numerosedivv americane furono sottratte al fronteitaliano e inviate nella Francia meridionale.I dirigenti della Resistenza compresero chequalcosa non funzionava quando repartidella 5a armata americana, sfondata laLinea Gotica, il 27.9.1944 arrivarono amonte Battaglia già liberato dai partigianidella 36a Garibaldi. Anziché procedereverso Imola - e prendere alle spalle i tede-schi che, lungo la Via Emilia, contrastava-no l’avanzata dell’VIII armata inglese, pro-veniente da Rimini - gli americani si ferma-rono e si trincerarono. Pochi giorni doporaggiunsero il “muro” di Livergnano,lungo la strada della Futa, ad una ventinadi chilometri da Bologna, e lì si fermaronodefinitivamente. I fascisti, che avevanocominciato ad abbandonare Bologna aiprimi d’ottobre - con la caduta delle primecannonate - ritornarono quando intuironoche gli alleati non sarebbero arrivati. Il

primo dubbio l’avevano avuto il 22.9.1944quando lessero il volantino e l’edizionestraordinaria de “l’Unità” che annunciava-no lo «sciopero generale insurrezionale»proclamato unilateralmente dal PCI per il25. In quel giorno l’insurrezione - chesarebbe potuta finire in un bagno di sangue- non si tenne perché il CLNER impose alPCI il ritiro dell’ordine. Nell’occasione furiconfermato che ogni decisione insurre-zionale spettava al CLNER, previ accordicon il comando alleato. Ad una ad una, ifascisti scoprirono quasi tutte le basi parti-giane. La prima, il 20.10.1944, fu quelladell’università. La maggior parte dei parti-giani riuscirono a mettersi in salvo, dopouno scontro durato un paio d’ore, ma 6restarono uccisi. Il 7.11.1944 fu attaccataquella del Macello comunale a Porta Lame.A sera, dopo una giornata di combattimen-to, i partigiani riuscirono a mettersi insalvo, dopo essere scesi nel canale Cavatic-cio. Portarono con sé 15 feriti ed ebbero,complessivamente, 12 caduti. Il 15.11.1944fu la volta della base della Bolognina, con 6morti e 8 feriti, alcuni dei quali morirono inseguito. Due giorni prima il comando allea-to aveva trasmesso per radio il “proclamaAlexander”che annunciava la sospensionedelle operazioni sino alla primavera. Siapure a prezzo di gravi perdite, il dispositi-vo insurrezionale fu parzialmente smobili-tato, ma non azzerato. L’inverno 1944-45fu un periodo terribile per la Resistenzabolognese, ma la mancata insurrezione nonsi mutò in tragedia. Nei primi mesi del1945 - mentre la guerriglia non conobbesoste in città - fu predisposto un nuovopiano insurrezionale. Sante Vincenzi*“Mario”, uno dei principali dirigenti delCUMER, attraversò più volte le linee delfronte, per concordarlo con gli alleati. Glianglo-americani iniziarono la battaglia perla liberazione di Bologna il 16.4.1945, conun piano che prevedeva l’aggiramentodella città. La direzione di marcia eraCastel S. Pietro-Medicina-Argenta. PerBologna fu una grossa fortuna perché itedeschi avevano l’ordine di difendere lacittà casa per casa. Bologna - nonostante le

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“vulgate” post-belliche - non era statadichiarata “città aperta”. Tra comandoalleato e CUMER era stato deciso che allavigilia della liberazione della città sarebbestato inviato via radio il messaggio speciale“Domani all’ippodromo avranno luogo lecorse”. In un eccesso di sicurezza era statodeciso che solo Vincenzi dovesse conosce-re il messaggio e dare l’ordine insurrezio-nale. Il messaggio fu trasmesso la mattinadel 20.4.1945 e Vincenzi lo ascoltò. Soloche decise di non trasmetterlo subito, per-ché nelle prime ore del pomeriggio avreb-be dovuto incontrare, in piazza TrentoTrieste, il segretario del PSIUP, GiuseppeBentivogli* “Liberale”, per nominare ilnuovo comandante della brg Matteotticittà, dopo la fucilazione di OtelloBonvicini* “Giorgio”. I due furono sorpre-si dai fascisti, torturati e uccisi, per cui l’or-dine insurrezionale non fu diramato. Nellanotte tra il 20 e il 21 si mossero solo i grup-pi partigiani che avevano le basi vicino aiviali di circonvallazione, quando si reseroconto che fascisti e tedeschi stavano sgom-brando la città. Alle prime luci dell’alba daPorta Maggiore (che i bolognesi chiamanosolitamente Porta Mazzini) entrarono iprimi contingenti polacchi, seguiti pocodopo dagli americani provenienti dalle sta-tali Porrettana e Futa. Ultimi arrivarono ibersaglieri della Goito. Dopo avere dato laspallata decisiva contro le postazioni tede-sche, erano stati fermati a S. Lazzaro diSavena per dare la precedenza ai polacchi.Nel pomeriggio ebbero il permesso dientrare i reparti partigiani - la brg “Toni”Matteotti Montagna, la brg GL Montagnae la 7a Modena - che nell’autunno era-no stati riarmati e messi in linea dagli ame-ricani. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Bergonzini, La svastica aBologna; N.S. Onofri, Bologna combatte;M. Maggiorani, Autunno 1944. L’insurre-zione mancata, in “I Quaderni di Resisten-za oggi”, supplemento al n.5 del 2004 di“Resistenza oggi”, pp.123-31; L. Casali,L’Autunno del ‘44 a Bologna, in “I Qua-derni di Resistenza oggi”, supplemento aln.5 del 2004 di “Resistenza oggi”, pp.133-9.

Intellettuali bolognesi uccisi dai fascisti.Nell’autunno 1944 - dopo il “proclamaAlexander” - i fascisti scatenarono la cacciaai partigiani e agli antifascisti usciti alloscoperto, in previsione di quella che si rite-neva l’imminente insurrezione. Tra gli altri,furono uccisi 3 intellettuali e un industria-le. Difficile dire - anche perché il PFRtentò di far ricadere la responsabilità suipartigiani - se fu una punizione per quantoavevano fatto o un monito agli esponentidella borghesia che non avevano aderito -ed erano la maggioranza - alla RSI. Nellanotte tra il 21 e il 22.11.1944 furono prele-vati dalle rispettive abitazioni il pediatraPietro Busacchi* e l’avvocato AlfredoSvampa*. La mattina del 22 i loro corpifurono trovati privi di vita: in via Camicienere (oggi via Irma Bandiera) il primo e aPorta S. Donato il secondo. Tra il 22 e il 23furono prelevati l’avvocato GiorgioMaccaferri* e l’industriale conservieroFrancesco Pecori*. Il giorno dopo il cada-vere del primo fu trovato in PiazzaMalpighi e l’altro in via Garofalo. I nomidei 4 figurano nella “Lista Jacchia”. Il26.11.1944 “il Resto del Carlino” pubblicòuna nota, dal titolo Cinque cittadini uccisi acolpi di arma da fuoco. Scrisse: «Indosso alprof. Busacchi è stato rinvenuto un bigliet-to così compilato: “Così finiranno tutti ifascisti e gli ex fascisti”. Infine, un terzobiglietto su carta da involto è stato trovatoindosso all’industriale Pecori la cui dicitu-ra è la seguente: “Tradì il santo movimentodi liberazione”». Il giornale scrisse che leuccisioni erano «opera dei fuorilegge».Opposto il parere del generale Frido vonSenger und Etterlin - comandante del XIVcorpo d’armata corazzato di stanza aBologna - e di Giorgio Pini sottosegretarioall’Interno e direttore de “il Resto delCarlino”. Von Senger ha scritto: «L’anima“nera” delle brigate nere di Bologna era unprofessore della facoltà di medicina dell’u-niversità», Franz Pagliani, e che «Alla finedi novembre vennero proditoriamenteassassinati a Bologna quattro stimati pro-fessionisti. Questi si erano compromessicome avversari del fascismo avendo tentato

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nel 1943, dopo la caduta di Mussolini, diricostituire i vecchi partiti». Von Sengerfece espellere da Bologna Pagliani e il fede-rale Pietro Torri. Nel dicembre 1944, nellasua qualità di sottosegretario, Pini in unanota dal titolo «Appunti per il Duce»,destinata a Mussolini, escluse che Busacchi«possa essere stato vittima di una vendettadi qualche Comitato (il CLN) per mancatomantenimento di accordi». E aggiunse:«Conoscendo certi elementi non si puòescludere affatto che le soppressioni sianostate compiute ad opera di fascisti». E per-ché non ci fossero dubbi sull’identità di«certi elementi» sostenne «l’evidenteopportunità di allontanare Pagliani dal set-tore bolognese» e scrisse che «Paglianidovrebbe essere messo nelle condizioni dinon nuocere altrove né dovrebbe più rico-prire una carica simile a quella attuale,attraverso la quale ha stancato e urtato nonsolo i cittadini ma la grande maggioranzadei fascisti, e specialmente i migliori, met-tendo questi ultimi nelle condizioni di nonpoter collaborare» (ACS, RSI, SPD, CR,b.20, “Bologna”). Dello stesso parere era ilcommissario straordinario regionaleArmando Rocchi. Il 4.12 telegrafò al mini-stro dell’Interno che i mandanti degli omici-di «sono capi regionale e provinciale di bri-gate nere, connivente qualche ufficiale diguardia repubblicana» (ACS, MI, Dir. gen.PS, RSI, b.20, fas. K 16/21 “Bologna.Situazione politica”). Il podestà MarioAgnoli - che apparteneva al gruppo deifascisti moderati, come Pini - ha preferitoignorare l’episodio nel libro di memorie. Perla morte dei 4, nel 1945 furono processati ifascisti Romeo Matteini, Aldo Costa, PietroMasi e Martino Berti. Berti fu assolto inistruttoria. Matteini ebbe l’ergastolo e Costae Masi 30 anni. Tutti furono amnistiati. [O]BI B L I O G R A F I A. F. von Senger und Etterlin,Combattere senza paura e senza speranza; E.Frazzoni, Note di vita partigiana a Bologna.

Internati politici. L’internamento era unistituto simile, ma diverso dal confino odomicilio coatto. Negli anni della primaguerra mondiale molti neutralisti, conside-

rati politicamente pericolosi, furono allon-tanati da Bologna, che era in zona di guer-ra. La maggior parte di questi dovetterorisiedere in un comune a sud di Roma pertutto il periodo bellico. Il 10.6.1940, conl’entrata dell’Italia nel secondo conflittomondiale, il governo ripristinò l’istitutodell’internamento. In maggio erano statiapprontati campi che potevano ospitaresino 15 mila persone ed erano in costruzio-ne altri con 5 mila posti. L’1.6.1940 il capodella polizia informò i prefetti che «appenadichiarato lo stato di guerra» avrebberodovuto essere «arrestate et tradotte in car-cere le persone pericolosissime sia italianeche straniere di qualsiasi razza, capaci tur-bare ordine pubblico aut commetteresabotaggi attentati, nonché le persone ita-liane e straniere segnalate dai centri CS(controspionaggio) per l’immediato interna-mento». Molti politici, già condannati dalTribunale speciale, al momento della scar-cerazione per fine pena, furono internati atempo indeterminato. Lo stesso trattamen-to fu riservato ai confinati. Da una ricercadell’ANPPIA nazionale risulta che dall’ini-zio del conflitto alla caduta del regime,luglio 1943, furono internate 8.500 perso-ne, 2.711 delle quali per motivi politici;1.256 per generica attività antifascista,come l’ascolto di radio straniere; 468 anti-fascisti schedati; 411 confinati o condanna-ti dal Tribunale speciale con pena scontata;326 ebrei sospetti politicamente; 155 lavo-ratori rimpatriati dalla Germania per atti diostilità verso il governo nazista; 10 zingari e85 senza una ragione precisa. Le condizio-ni di vita degli internati - sia che fossero incampi di concentramento cintati sia pressofamiglie private - erano molto disagiate enon pochi decedettero per malnutrizione emancanza di assistenza sanitaria. Moltiinternati ebbero la libertà dopo la cadutadel fascismo. Quelli non liberati - comemolti ebrei - finirono nelle mani dei tede-schi e furono deportati in Germania. [O]BI B L I O G R A F I A. “Pericolosi nelle contingenzebelliche”, Gli internati dal 1940 al 1943, acura di S. Carolini, Roma, 1987, pp.422; C.S.Capogreco, Ferramonti. La vita e gli uomini

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del più grande campo d’internamento fascista:1940-1945, Firenze, Giuntina, 1993, pp.194.

Istituto del pane gratuito. Negli anni dellaprima guerra mondiale, l’amministrazionecomunale di Bologna, retta da FrancescoZanardi*, organizzò un servizio di assistenzaa favore delle famiglie dei richiamati e deicaduti in guerra. Il comune donava “buoni”per prelevare gratuitamente - dai negozidell’Ente autonomo dei consumi - pane,pasta, riso e grassi alimentari. Nel dopoguer-ra l’iniziativa fu estesa ai familiari dei cadutie ai reduci disoccupati. Per dare organicitàad un servizio nato per motivi umanitari chesi riteneva temporaneo, ma divenuto perma-nente, il comune costituì l’Istituto del panegratuito. Entrò in funzione l’1.1.1920, pre-sieduto dal consigliere comunale LuigiLanzi*. Avevano diritto di ricevere l’assisten-za: le vedove con figli inferiori ai 14 anni; ivecchi senza pensione; gli orfani di padre emadre con meno di 14 anni; le vedove e gliorfani di guerra; gli inabili al lavoro. Con i“buoni” era possibile prelevare, nei negozidell’Ente, pane gratuito per un importo di 6lire al mese e grassi per un importo di 2 lireal mese. Non era molto, ma era il segno chela città non si disinteressava delle categoriepiù deboli. L’Istituto funzionò per tutto il1920. Venne soppresso dal commissariostraordinario quando, dopo la strage diPalazzo d’Accursio, fu sciolta l’amministra-zione socialista. [O]

Istria, Partigiani imolesi in. Dopol’8.9.1943 il PCI di Bologna e quello diImola - due entità distinte, pur facendoparte della stessa provincia - assunsero unadiversa posizione sull’opportunità di adot-tare l’Appennino tosco-emiliano per laguerriglia. Mentre il PCI bolognese sconsi-gliò l’uso della zona collinare e inviò i pro-pri militanti sulle montagne di Belluno,quello di Imola fu di parere opposto.Quando un gruppo di giovani militantiimolesi, guidati da Giovanni Nardi* “Ca-io”, decise di recarsi in Istria per appren-dere dai partigiani jugoslavi la tecnica dellaguerriglia, i dirigenti del PCI d’Imola si

opposero. Il 18.9.1943 sei giovani partiro-no ugualmente. Del gruppo facevanoparte Nardi, i fratelli Ercole* e UgoGiovannini*, Oliano Landi*, BrunoPirazzoli* “Tom” e Francesco Sangiorgi*.Si aggregarono al btg Trieste, comandatoda Luigi Frausin, a Dolina, sull’altopianocarsico nei pressi di Muggia (TS). Il15.10.1943 - mentre Nardi e Pirazzolierano a Muggia, per un incontro con ilCLN locale - i tedeschi circondarono ilbtg Trieste e uccisero tutti i partigiani.Quando i due tornarono in formazionetrovarono i cadaveri di numerosi compa-gni morti, ma non quelli dei 4 imolesi.Rientrarono ad Imola e verso la metà digennaio Nardi organizzò la base partigia-na all’Albergo di Cortecchio (Castel delRio). Nardi e Pirazzoli caddero nellaResistenza. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: 36a brg BianconciniGaribaldi.

Italia libera, L’, (Edizione clandestina). Era ilperiodico ufficiale del PdA. Il primo nume-ro, tirato in 3.000 copie, vide la luce nel gen-naio 1943 a Milano. Uscì, con cadenza quasimensile, sino al 25.7.1943, quando finì la dit-tatura. Era redatto da Ugo La Malfa, MarioVinciguerra e Adolfo Tino. Nella primariunione nazionale del PdA - tenuta aFirenze il 5 e 6.9.1943 - fu deciso di trasferi-re il giornale a Roma, dove aveva sede ladirezione del partito. Il primo numero dellaserie romana uscì l’11.9, due giorni dopo l’i-nizio della lotta di liberazione. Fecero partedella redazione: Francesco Fancello, LeoneGinzburg, Emilio Lussu, Carlo Muscetta,Manlio Rossi Doria, Stefano Siglienti e LeoValiani (per il periodo in cui rimase a Roma).Uscirono uno o due numeri al mese, con unatiratura oscillante tra le 15 e le 20 mila copie.Nel giugno 1944, con la liberazione di Roma,si trasformò in quotidiano. Durante la lottadi liberazione uscì anche un’edizione mila-nese. Fece uno o due numeri al mese conuna tiratura di 20 mila copie. Fu diffuso inLombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.Fecero parte della redazione: Mario Dal Pra,Gaetano De Luca e Valiani. Uscì clandesti-

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namente sino all’aprile 1945 quando, con laliberazione di Milano, divenne quotidiano.Durante la lotta di liberazione, una terza edi-zione del giornale uscì a Torino, con diffu-sione regionale. [O]BI B L I O G R A F I A. C. Muscetta, La sventurata“Italia libera”, in “Mercurio”, n.4, 1945; L.Valiani, Tutte le strade portano a Roma,Firenze, Nuova Italia, 1947, pp.395(Ristampato nel 1984); L’Italia libera,Organo del Partito d’Azione, 1943-1945, acura di F. Tosi Ferratini e G. Grassi,Milano, Feltrinelli reprint, 1975, pp.129;N. Torcellan, La stampa azionista, in V.Castronovo, N. Tranfaglia, Storia dellastampa italiana, vol. V, Bari, Laterza, 1980,pp.125; G. De Luna, Storia del Partitod’Azione, Milano, Feltrinelli, 1983, pp.382.

Italia libera, Movimento. Tra l’estate del1923 e l’inizio del 1924 - ma il fenomenoassunse consistenza rilevante solo dopo ildelitto Matteotti - in numerose città italianesi costituirono gruppi d’ex combattenti conil proposito di opporsi alla dittatura fascista.I promotori erano quasi tutti interventistidemocratici, se non ex fascisti contrari all’in-voluzione reazionaria di Mussolini. Di qui lanecessità di combattere il regime dittatoriale,pur senza avvicinarsi ai partiti della sinistra.I principali esponenti del Movimento Italialibera erano militanti del PRI e dell’area laicae democratica. Il primo gruppo sorse a Ro-ma per iniziativa della medaglia d’oroRaffaele Rossetti e di Randolfo Pacciardi. InEmilia fu promosso da Guido Bergamo* edal fratello Mario* e Cino Macrelli. Moltoconsistente quello di Firenze. Aveva caratte-re segreto e gli aderenti si erano assunti l’im-pegno di «rivendicare in qualunque occasio-ne, a costo di qualsiasi sacrificio, la propriadignità e la responsabilità di libero cittadino,e di contribuire con tutte le forze alla resti-tuzione di un regime di libertà e di giustiziaper tutto il paese». Il gruppo fiorentinorivendicò lo scioglimento della MVSN; libe-re elezioni politiche ed amministrative; ilripristino della libertà di stampa; l’indipen-denza della magistratura e il rispetto dellalibertà di riunione e associazione. Tra gli

altri, vi aderirono Carlo Rosselli, ErnestoRossi e Piero Jahier*. Il giornale fiorentino“Non mollare” era l’organo ufficiale. Inoccasione delle manifestazioni ufficiali che sitennero in Italia il 4.11.1924, per celebrare laVittoria, i membri dell’Italia libera feceroopera d’aperta contestazione. A Bologna ilmovimento fu costituito da ex combattentiiscritti al PRI e da militanti socialisti. Da unrapporto del prefetto al ministerodell’Interno, in data 16.7.1924, risulta che gliaderenti erano «quasi duecento tra studentied ex combattenti» (ASB, GP, 1924, b.1.405, cat.7, fa.1, “Situazione ordine pubbli-co”). Il circolo bolognese era intestato aCesare Tugnoli, un alpino andato volontarioin guerra e caduto nel 1916 a Malga Zures.Da un rapporto in data 21.11.1924 risultache gli iscritti erano circa 100 e altrettanti isimpatizzanti. Aderivano al PRI MarioBergamo*, Giovanni Bordoni*, Dante Ca-labri*, Adriano* e Francesco Colombo*,Giovanni Ghiselli* detto Giannino, MarioProtti*, Armando Quadri*, Andrea Stigna-ni* e Domenico Ventura. Giuseppe PaoloVentura e Riccardo Pedrazzi aderivano alPSI e Ugo Lenzi* al PSUI. Jonio Zuffi* aderìanni dopo al PSI. Il circolo bolognese fusciolto dal prefetto il 7.5.1925. La maggiorparte degli aderenti passarono a Giustizia elibertà. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Zani, Italia libera. Il primomovimento antifascista clandestino (1923-1925), Bari, Laterza, 1975, pp.191; L’“Italialibera”, in No al fascismo, a cura di E. Rossi,Torino, Einaudi, 1963, pp.71-93.

Italiano, L’. Fu uno dei tanti periodici pen-sati e diretti da Leo Longanesi. Il 14.1.1926vide la luce con il sottotitolo “Rivista setti-manale della gente fascista”. Nel 1933,quando fu licenziato da direttore de“L’Assalto”, Longanesi si trasferì a Roma equi la rivista continuò le pubblicazioni,prima con periodicità quindicinale e poicon cadenza irregolare sino al 1943. Dalprimo all’ultimo numero il giornale vissedei contributi del regime. Dal 1926 al 1932ricevette sovvenzioni saltuarie e dal 1932 al1942 un assegno mensile di 3 mila lire diret-

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tamente dal Minculpop (ACS, Minculpop,Gab., Sovvenzioni, b. 219, fas. “LeoLonganesi”). Dal 1940 al 1943 Longanesiricevette un secondo assegno mensile di 4mila lire, sempre dal Minculpop. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S. Onofri, I giornali bolo-gnesi nel ventennio fascista, pp.172-187;L’Italiano (1926-1942), a cura di B. Romanie C. Barilli, Roma, Ateneo, 1976, pp.367;A. Andreoli, Leo Longanesi, Firenze,Nuova Italia, 1980, pp.160; I. Montanelli,M. Staglieno, Leo Longanesi, Milano,Rizzoli, 1985, pp.420; Leo Longanesi(1905-1957), editore, scrittore, artista, acura di G. Appelle, P. Longanesi, M.Vallora, Milano, Longanesi, 1996, pp.333.

L

Labante, Eccidio di. Tra il 26 e il 29.9.1944i tedeschi uccisero 10 persone in tre locali-tà di Labante (Castel d’Aiano). La rappre-saglia era stata ordinata perché il 26.9 unreparto partigiano aveva attaccato un grup-po di militari che razziavano bovini nellecase coloniche. La prima vittima si eraavuta il 26 a Val di Vigo, dove fu ucciso unpassante. Il 28.9 giunse sul posto un grossoreparto di SS tedesche. A Casa Nuccia fuucciso un uomo e in località Campidellofurono massacrati 6 membri della famigliaMaldini e un’anziana colona. Il 29.9 - men-tre a pochi chilometri di distanza era incorso l’eccidio di Marzabotto - furonouccise altre persone. Questi i nomi dellevittime accertate: Luigi Aldrovandi* il 26.9a Val di Vigo; Giacomo Paltretti* il 28.9 acasa Nuccia; Maria Teresa Chiari*, Um-berta Fornelli* detta Berta, Alfonso Mal-dini*, Antonio Maldini*, Giuseppe Mal-dini*, Maria Maldini* e Faustina Mei* il28.9 a Campidello; Antonio Luigi Pal-mieri* il 29.9 a Campidello. [O]

Lager di sterminio. I Konzentrationlager -abbreviati in KZ - erano i campi di concen-

tramento dove il regime nazista inviava gliavversari politici da eliminare fisicamente.Assunto il potere il 30.1.1933, il 20.3.1933Hitler fece aprire a Dachau (Monaco diBaviera) il primo KZ, dove furono rinchiu-si i militanti dei partiti antinazisti. L’8.3.1934fu attivato il campo di Esterwegen, il12.7.1936 quello di Sachsenhausen e il16.4.1937 quello di Buchenwald. Dopo l’ini-zio del conflitto il regime nazista organizzòaltri campi in Polonia e nei paesi occupatiper eliminare gli ebrei, i politici, gli zingari,ecc. I deportati erano riconoscibili da untriangolo sul petto: rosso per i politici, conl’aggiunta della sigla della nazionalità; verdeper i delinquenti comuni; nero per gli aso-ciali; rosa per gli omosessuali; viola per glizingari; azzurro per gli apolidi; marrone peri testimoni di Geova; la croce di David gial-la per gli ebrei. Ad Auschwitz a tutti gliinternati fu impresso un numero di matri-cola sul braccio sinistro. I KZ erano dotati -ma non tutti - di camere a gas per l’elimina-zione dei detenuti e di forni crematori perla distruzione delle salme. Il controllo deicampi era affidato alle SS e alla Gestapo.Dalla documentazione ritrovata dopo lafine della guerra risulta che nei lager furonodeportati 12 milioni di persone, 11 dellequali morirono. Gli ebrei eliminati furono 6milioni. I deportati politici italiani circa 40mila, dei quali poco meno di 4 mila usciro-no vivi. Questi i lager principali, dai qualidipendevano decine di sottocampi. Germa-nia: Dachau, Esterwegen, Sachsenhausen,Buchenwald, Flossenburg, Neuengamme,Rawensbrück, Gran Rosen, Bergen Belsen,Dora Mittelbau. Austria: Mauthausen (coni sottocampi di Gusen uno, Gusen due e Melk), Harteim. Polonia: Stutthof,Auschwitz, Majdanek, Chelmno, Belzec,Sobibor e Treblinka. Francia: Natzwiller-Struthof. Italia: Fossoli (Carpi - MO);Risiera di S. Sabba (Trieste); Bolzano. [O]BI B L I O G R A F I A. T. Noce, ...ma domani faràgiorno, Milano, Cultura nuova, 1952,pp.278; P. Caleffi, Si fa presto a dire fame,Milano, Avanti!, 1955, pp.203 (Ristampatoda Mursia nel 1968); F. Fergnani, Un uomoe tre numeri, Milano, Avanti!, 1955,

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pp.236; Pensaci, uomo!, a cura di P. Caleffie A. Steiner, Milano, Feltrinelli, 1960,pp.173; B. Mumerstein, Terezin, Il ghettomodello di Eichmann, Bologna, Cappelli,1961, pp.239; P. Liggeri, Triangolo rosso,Varese, 1963, pp.325; Notte sull’Europa, acura di F. Etnasi e R. Forti, Roma, ANED,1963, pp.439; V. Morelli, I deportati italia-ni nei campi di sterminio, 1943-1945,Milano, 1965, pp.494; R. Vassetti, Un qua-derno dal lager, Milano, Mursia, 1966, pp.85; S. Bartolai, Da Fossoli a Mauthausen.Memorie di un sacerdote nei campi di con-centramento nazisti, Imola, Galeati, 1966,pp.109; O. Lengyel, I forni di Hitler,Bologna, Carroccio, 1967, pp.340; L.Poliakov, Il nazismo e lo sterminio degliebrei, Torino, Einaudi, 1967, pp.414; E.Volterra, Riflessioni di un giurista sulladeportazione, in “Quaderni del centrostudi sulla deportazione e l’internamento”,n.4, 1967, pp.27-9; P. Levi, Se questo è unuomo, Torino, Einaudi, 1968, pp.221; L.Poliakov, Auschwitz, Roma, Ventro, 1968,pp.215; V. Pappalettera, Tu passerai per ilcamino. Vita e morte a Mauthausen,Milano, Mursia, 1969, pp.347; P. Caleffi,Un mondo fuori dal mondo. Indagine Doxafra i reduci dai campi nazisti, Firenze,Nuova Italia, 1971, pp.XIV+356; R.Angeli, Il Vangelo nei lager. Un prete nellaResistenza, Firenze, Nuova Italia, 1971,pp.151; G. Melodia, La quarantena. Gli ita-liani nel lager di Dachau, Milano, Mursia,1971, pp.252; O. Brovedani, L’inferno deivivi. Memorie di un deportato, Trieste,1971, pp.127; A. Carpi, Diario di Gusen,Milano, Garzanti, 1971, pp.253; F.Sarcinelli, Vita e morte nei campi di concen-tramento e di sterminio, Milano, De Vecchi,1972, pp. 219; Nei lager c’ero anch’io, acura di V. Pappalettera, Milano, Mursia,1977, pp.445; H. Marsalek, Mauthausen,Milano, La Pietra, 1977, pp.284; J.F.Steiner, Treblinka. La rivolta di un campo disterminio, Milano, Mondadori, 1978, pp.348; L. Sterpellone, Le cavie dei lager. Gli“esperimenti” medici delle SS, Milano,Mursia, 1979, pp. 224; V. Giuntella, Il nazi-smo e i lager, Roma, Studium, 1979,

pp.324; L. Happacher, Il lager di Bolzano,Trento, 1979, pp.258; A. Devoto, La vio-lenza nei lager. Analisi psicologica di unostrumento politico, Milano, Angeli, 1981,pp.184; ANED, Bibliografia della deporta-zione, Milano, Mondadori, 1982, pp.94; Ilager nazisti. Per distruggere l’uomo nell’uo-mo, Milano, 1983; I lager nazisti, a cura diT. Ducci, Milano, Mondadori, 1983,pp.157; M. Martini, Il trauma della depor-tazione. Ricerca psicologica sui sopravvissutiai campi di concentramento nazisti, Milano,Mondadori, 1983, pp.202; E. Gatti, Lager:storia inedita dei campi di sterminiod’Europa, Modena, Toschi, 1983, pp.508;ANED, KZ-Lager, antologia della deporta-zione, a cura di O. Pezzoli, Bologna, 1984,pp.143; La deportazione nei campi di ster-minio nazisti. Studi e testimonianze, a curadi F. Cereja e B. Mantelli, Milano, Angeli,1986, pp.356; La vita offesa. Storia e memo-ria dei lager nazisti nei racconti di duecentosopravvissuti, a cura di A. Bravo e D. Jacca,Milano, Angeli, 1986, pp.438; Il sole con lespine. Note di viaggio nei campi di stermi-nio, a cura di L. Masetti e B. Bianconi e delComune di Sala bolognese, S. Giovanni inPersiceto, 1994, pp.55; R. Lazzero, Glischiavi di Hitler: i deportati italiani inGermania nella seconda guerra mondiale,Milano, Mondadori, 1996, pp.XIV+329;L. Beccaria Rolfi, L’esile filo della memoria,Torino, Einaudi, 1996, pp.184; M. Consoli,Homocaust. Il nazismo e la persecuzionedegli omosessuali, Milano, Kaos, 1996; O.Focherini. Lettere dal carcere e dai campi diconcentramento, Baraldini, 1995, pp.280;Bibliografia della deportazione nei campinazisti, a cura di T. Ducci, Milano, Mursia,1997, pp.227; AA.VV., Lager, totalitarismo,modernità, Milano, Bruno Mondadori,Milano, 2002, pp.307.

Lastra, Eccidio di. Il 5 o 6.10.1944 - masecondo altra versione il 29.9.1944, comerisulta dai certificati anagrafici - nel rifugiocostruito dai cittadini a Lastra di Rioveggio(Monzuno) le SS tedesche uccisero 16 per-sone. Pare che alcune siano state soppressealtrove e qui trasportate. Sicuramente nel

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rifugio furono trovati i resti d’ArturoBaldazzi*, Ezio Baldazzi*, Elisa Bertocci*,Giuseppe Cella*, Tarcisia Collina*, DarioFerretti*, Dino Ferretti*, Giancarlo Ferret-ti*, Amedea Franchi*, Antonia Gnudi*,Adalcisa Laffi*, Giuseppina Lazzaroni*,Clementa Macchiavelli*, Claudio Minga-relli*, Maria Mingarelli*, Ada Neri*. [O]B I B L I O G R A F I A . D. Zanini, 20 settembre1990, Rioveggio ricorda i suoi caduti.

Lavoratore agricolo, Il. Nel 1944 i Comi-tati di difesa dei contadini di Bologna cura-rono la pubblicazione di 2 numeri de “IlLavoratore agricolo”; sottotitolo “Organodei braccianti e dei contadini bolognesi”.Fu stampato nella tipografia Grandi in viaZamboni 90. Il primo numero vide la luceil 15.7.1944 e il secondo l’1.9.1944, primadella ricostituzione della Federazione lavo-ratori della terra. Nel giugno era uscito “Lavoce dei campi”. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.260-3. I testi sono in RB2 da p.735 a p.744.

Lavori forzati. Redatto da Mario Testoni*e tirato al ciclostile, nel novembre 1944uscì il primo numero di “Lavori forzati”con il sottotitolo “Periodico diretto ai lavo-ratori della Todt”. Un secondo numerouscì nel gennaio 1945. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, p.302. Itesti sono in RB2 da p.891 a p.892.

Lega dei comuni socialisti. Il 4.9.1910 aFirenze, su iniziativa della direzione delPSI, si tenne una riunione nazionale degliamministratori socialisti eletti nei comuni enelle amministrazioni provinciali. Al termi-ne fu istituita la Lega dei comuni socialistiche avrebbe dovuto dare un indirizzo uni-tario alle amministrazioni rette dal PSI. Nel1914 - quando conquistò grandi città comeMilano e Bologna e numerosi consigli pro-vinciali - il PSI rafforzò la struttura dellaLega. Dopo le amministrative del 1920 allaLega dei comuni socialisti aderirono oltre 2mila amministrazioni su 8 mila e 25

Consigli provinciali su 75. Per molti anniGiacomo Matteotti fu segretario nazionale.Fu soppressa dal fascismo e rinacque il4.5.1946 con il nome d’Associazione deicomuni democratici. [O]B I B L I O G R A F I A . Direzione del PartitoSocialista Italiano, II Congresso nazionaledelle Amministrazioni comunali e provin-ciali socialiste. Bologna 16-17 gennaio 1916,Biella, 1916, pp.303.

Lega italiana diritti dell’uomo, (LIDU).Nel 1927, a Parigi, i partiti antifascisti ita-liani - meno il PCI - costituirono la Con-centrazione antifascista, il primo organi-smo unitario incaricato di coordinare lalotta contro la dittatura. Contemporanea-mente, numerosi iscritti ai partiti - ad ecce-zione del PCI - diedero vita alla Lega ita-liana diritti dell’uomo. La LIDU - similealla francese Ligue des droits de l’Homme- aveva il compito di assistere gli antifasci-sti esuli. Primo presidente fu Alceste DeAmbris, con Luigi Campolonghi segreta-rio. Morto De Ambris, Campolonghidivenne presidente, con Alberto Ciancasegretario. Sciolta nel 1934 la Concen-trazione antifascista, la LIDU proseguì lasua attività sino agli anni della guerra. Nel1935, a titolo personale, aderirono alcuniesponenti comunisti. Era la premessa perl’inizio della nuova politica dei frontipopolari, approvata dal VII Congressodell’Internazionale comunista. [O]BI B L I O G R A F I A. S. Fedele, Storia della Con-centrazione antifascista, 1927-1934, Milano,Feltrinelli, 1976, pp.XIII+196.

Lega proletaria fra mutilati, invalidi, redu-ci, orfani e vedove di guerra. Questa Legafu istituita nell’aprile 1919 dal PSI, su scalanazionale, per organizzare e assistere i lavo-ratori rimasti feriti nel corso della primaguerra mondiale, le vedove e gli orfani.Primo segretario della Lega di Bologna fuArmando Cocchi*. Nel novembre 1919 ilcongresso provinciale elesse segretario lavedova di guerra Noemi Betti e vice DanteRatta. [O]BIBLIOGRAFIA. C. Seassaro, La lega proletaria

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fra mutilati e i reduci di guerra, inAlmanacco socialista 1920, Milano, p.436.

Leggi eccezionali. All’indomani dell’atten-tato d’Anteo Zamboni* contro Mussolini,avvenuto a Bologna il 31.10.1926, il gover-no fascista emanò una serie di provvedi-menti liberticidi pronti da tempo, poi chia-mati “leggi eccezionali”. Il 5.11.1926 varòun primo blocco che prevedeva lo sciogli-mento dei partiti che «esplicano azionecontraria al regime»; la soppressione deigiornali che «esplicano azione contraria alregime»; l’estensione dell’istituto del confi-no di polizia ai reati politici; l’istituzionedella polizia politica diretta dalla MVSN;l’annullamento e il rinnovo di tutti i passa-porti e l’aggravamento delle pene per chitentava l’espatrio clandestino. Seguì unaserie di leggi denominate “Provvedimentiper la difesa dello Stato” che prevedevanola pena di morte per reati politici e l’istitu-zione del Tribunale speciale. Contempora-neamente furono dichiarati decaduti ideputati aventiniani e dell’opposizione. Le“leggi eccezionali”, preparate dal ministrodella Giustizia Alfredo Rocco, furono illu-strate alla Camera, il 9.11, dal deputatobolognese Angelo Manaresi. Dopo avereaffermato che la pena di morte «è la giustae severa sanzione» che «si impone come unpreciso dovere» contro i «disertori dellaPatria», aggiunse: «Le folle che, nella miacittà, il 31 ottobre, fecero giustizia somma-ria del delinquente (Anteo Zamboni) cheaveva osato alzare la mano armata contro laSacra persona del Duce, hanno espresso lavolontà recisa della Nazione, hanno pre-corso l’opera dei legislatori e dei giudici,hanno additato, fra il consenso di tutto ilpopolo, alla nostra Asssemblea, la via daseguire» (Atti parlamentari. Camera deideputati, tornata del 9.11.1926, p.9.396).La Camera approvò il provvedimentoliberticida senza dibattito. Erano presentisolo deputati fascisti, perché quelli d’oppo-sizione erano sull’Aventino. Con il votosegreto si ebbero 341 sì e 12 no. Al Senatosi svolse un modesto, ma significativodibattito. I voti favorevoli furono 183 e i

contrari 49. Le “leggi eccezionali” - che do-vevano durare 5 anni - restarono in vigoresino al 29.7.1943. [O]

Liberalsocialista, Movimento. Fu unmovimento antifascista che, alla fine deglianni Trenta, agì sul piano ideologico e cul-turale, più che su quello politico. Nel 1938-39 Guido Calogero e Aldo Capitini steseroil primo manifesto programmatico delmovimento, seguito da un aggiornamentonel 1941. Con quello già operato da CarloRosselli, era un tentativo per conciliaresocialismo e liberalismo, per superare imodelli politici ed organizzativi dei vecchipartiti prefascisti e ricercare una terza viatra marxismo e liberalismo economico. Fuun movimento di élite culturale e operòall’interno delle università. Tra la fine del1942 e l’inizio del 1943 quasi tutti gli ade-renti confluirono nel PdA, ad eccezione dipochi rientrati nei partiti tradizionali dellasinistra. Capitini non aderì, perché si consi-derava un «indipendente di sinistra». [O]BI B L I O G R A F I A. A. Capitini, Elementi di unaesperienza religiosa, Bari, Laterza, 1936,pp.138 (Ristampato nel 1947); G. Calo-gero, Ricordi del movimento liberalsociali-sta, in “Mercurio”, n.2, ottobre 1944,pp.25-34; A. Capitini, Liberalsocialismo del1937, in “Mercurio”, n.12, agosto 1945,pp.5-21; G. Calogero, Difesa del liberalso-cialismo, Roma, 1945, pp.346; C.L. Rag-ghianti, Disegno della liberazione in Italia,Pisa, Nistri Lischi, 1954, pp.420; G. Calo-gero, Ricordi del movimento liberalsociali-sta, in Difesa del liberalsocialismo ed altrisaggi, Marzorati, Milano, 1972, pp.346; M.Delle Piane, Rapporto tra socialismo libera-le e liberalsocialismo, in Giustizia e libertànella lotta antifascista e nella storia d’Italia,Firenze, La Nuova Italia, 1978; G. De Lu-na, Storia del Partito d’Azione, Milano,Feltrinelli, 1983, pp.382.

Libertà, La. Era il giornale ufficiale dellaConcentrazione antifascista che operava inFrancia. Aveva una periodicità settimanalee usciva a Parigi. Questo il sottotitolo“Giornale della Concentrazione antifasci-

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sta”. Il primo numero vide la lucel’1.5.1927 e l’ultimo il 3.5.1934. Fu direttodal socialista Claudio Treves. Nel 1932 fuaffiancato da Alberto Cianca di Giustizia elibertà. Nel luglio 1933, dopo la morte diTreves, fu diretto collegialmente da Cianca,Randolfo Pacciardi del PRI e GiuseppeSaragat del PSI. La Concentrazione antifa-scista era l’organismo rappresentativo deipartiti italiani ricostituiti in Francia.Nacque nell’aprile 1927 su iniziativa delPSI, del PSUI (che nel 1930 si fuse con ilPSI), del PRI, della CGdL e della LIDU.Nel 1932 aderì il movimento di Giustizia elibertà. Il PCI fu sempre contrario. LaConcentrazione si sciolse nel 1934. [O]BI B L I O G R A F I A. C. Puglionisi, Sciacalli. Storiadei fuoriusciti, Roma, Arnia, 1948, pp.165;A. Garosci, Storia dei fuoriusciti, Bari, La-terza, 1953, pp.308; S. Fedele, Storia dellaConcentrazione antifascista, 1927-1934,Milano, Feltrinelli, 1976, pp.XIII+196.

Libertà Economica, La. Quindicinale dipolitica ed economia fondato e diretto daAlberto Giovannini*, da non confonderecon l’omonimo direttore de “L’Assalto”.Vide la luce nel 1903, quando Giovanninimilitava nel PRI. Negli anni successivi sispostò a destra e dopo il congresso costitu-tivo del PLI - tenutosi a Bologna dall’8 al10.11.1922 - fu eletto segretario nazionale.Giovannini divenne sostenitore dell’allean-za prima e della fusione poi con il PNF enelle elezioni politiche del 1924 fu elettodeputato nel “listone” fascista. Allontana-tosi dal fascismo dopo il delitto Matteotti,Giovannini si vide sopprimere “La LibertàEconomica” alla fine del 1926, quandofurono soffocate le residue libertà costitu-zionali. [O]

Libertario, Il. Il titolo “Il Libertario” fudato a numerose pubblicazioni anarchicheitaliane. A Imola l’11.8.1908 uscì un nume-ro unico, diretto da Adamo Mancini. Latestata più famosa fu quella edita a LaSpezia tra il 16.7.1903 e il 26.10.1922.Fondato e diretto da Pasquale Binazzi, perun ventennio, “Il Libertario” fu una delle

principali testate dalla pubblicistica anar-chica. Il 28.10.1922, in occasione della“marcia su Roma”, la redazione e la tipo-grafia furono distrutte. Il giornale uscì sal-tuariamente per qualche periodo, per ces-sare definitivamente dopo l’arresto diBinazzi avvenuto nel novembre 1924.Dopo il 1945 “Il Libertario” fu edito peralcuni anni in Lombardia, poi ebbe edizio-ni a Roma nel 1978 e nel 1981. [O]B I B L I O G R A F I A . Un trentennio di attivitàanarchica, 1914-1945, Cesena, L’Antistato,1953, pp.215; L. Bettini, Bibliografia dell’a-narchismo, Firenze, CP, 1973, vol.I, tomo I,p.167.

Linaro, Eccidio di Casa Rigolino a.L’1.5.1922 a Casa Rigolino di Linaro(Imola) era in atto una manifestazionepopolare, per la Festa del lavoro, quandofurono sparati colpi di rivoltella sui presen-ti. Alcuni fascisti - nascosti dietro l’arginedi un canale - spararono alla cieca a scopoterroristico. Nell’eccidio perse la vita LuigiTrombetti* e restarono feriti Luigi Bassa-ni*, Teresa Baroncini*, Paolo Falconi* eRemo Sgubbi*. I fascisti non furono iden-tificati. I carabinieri - a conferma del fattoche i sicari avevano cercato la strage - rac-colsero una trentina di bossoli. [O]

Linea Gotica. Nell’autunno-inverno 1943-44 il comando tedesco in Italia preparò unpiano di difesa per rallentare l’avanzatadagli anglo-americani dal sud verso il nord.Punti di forza del piano erano due lineefortificate: la Gustav, all’altezza dei fiumiGarigliano e Rapido, e la Verde, più notacome la Linea Gotica, che andava dal fiu-me Magra, tra Le Spezia e Massa Carrara,a Pesaro. Tra le due, vi erano numeroselinee minori. La Gotica era lunga 320 chi-lometri e sfruttava le asperità dell’Appen-nino tosco-emiliano. Lungo il tracciatoerano stati piazzati 479 cannoni, 2.375mitragliatrici, 100 mila mine, circa 4.000casematte e 16 mila postazioni per cecchi-ni. Erano stati stesi centinaia di chilometridi filo spinato e scavate innumerevoli trin-cee anticarro. Chiamata Gotica nell’aprile

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1944, fu ribattezzata Linea verde in giu-gno. Ma fu sempre chiamata Gotica.Subito dopo la liberazione di Firenze, aiprimi d’agosto 1944, il comando alleatodecise di attuare l’Operazione olive, il cuiobiettivo era lo sfondamento della Gotica.La campagna militare alleata era condizio-nata dal grave contrasto tra i governi ingle-se e americano. Il primo riteneva che sidovesse risalire velocemente la penisola perpuntare, lungo la direttrice Trieste-Lu-biana, alla liberazione dell’Austria e del-l’Ungheria, per impedire all’Armata rossadi dilagare nell’area danubiana. Gli ameri-cani ritenevano che lo sforzo principaledovesse essere fatto in Francia, ignorandoo quasi l’Italia. Essendo prevalsa la tesiamericana, nell’estate 1944 molte divisionifurono sottratte al fronte italiano e inviatein Francia per l’Operazione Anvil, che pre-vedeva lo sbarco tra Cannes e Hyéres.Altre divv furono inviate in Grecia per sof-focare l’insurrezione dei partigiani del-l’ELAS. Le divv alleate rimaste in Italianon erano sufficienti per compiere un’ope-razione decisiva contro la Gotica. A ciò siaggiunga il contrasto insanabile tra i gene-rali americani e inglesi. Avevano concezio-ni tattiche e strategiche diverse e ricercava-no successi personali, per motivi di presti-gio. L’attacco alla Gotica prevedeva unosforzo al centro dell’Appennino lungo ledirettrici Prato-Bologna e Firenze-Imolada parte della 5a Armata americana e dellaVIII Armata inglese, alla quale erano statiaggregati reparti canadesi, neozelandesi,australiani, sudafricani, indiani, polacchi,greci, israeliani ed altri ancora. Con divisee armamento inglese, davanti alla Goticaerano schierati anche i Gruppi di combat-timento italiani. Alla vigilia dell’attacco fudeciso di spostare l’VIII britannica sul lito-rale adriatico e di cominciare lì l’offensiva.Partiti all’attacco di Pesaro il 26.8.1944, gliinglesi arrivarono a Rimini il 21.9.1944,dopo avere subìto perdite rilevanti. Aiprimi di settembre gli americani sferraronoun colpo lungo la statale della Futa e, dopoavere superato la prima linea nemica, spo-starono lo sforzo sulla direttrice Firenze-

Imola, il punto più debole della Gotica.Quando, a metà settembre, gli americanioccuparono Monte Battaglia - con la colla-borazione determinante dei partigiani, chelo avevano preso e tenuto per giorni - lastrada per Imola sembrava aperta. Operan-do un ulteriore sforzo in quella direzionesarebbero potuti arrivare alla via Emilia eprendere alle spalle i tedeschi che, aRimini, bloccavano agli inglesi l’accessoalla Valle Padana. Inspiegabilmente - cosìcom’era avvenuto qualche mese prima,quando avevano preferito occupare Roma,anziché accerchiare il grosso dell’esercitotedesco a Valmontone - interruppero lamossa aggirante, cambiarono direttrice dimarcia e puntarono su Bologna seguendola Futa. La Gotica cedette sotto la spintaamericana e, uno dopo l’altro, furonoliberati i centri principali lungo la Futa.Nella discesa verso Bologna la spinta ame-ricana - anche perché i tedeschi avevanoricevuto consistenti rinforzi - si affievolìlentamente, per mancanza di rimpiazzi emateriali, come scrisse nelle memorie ilgenerale Mark W. Clark, comandantedella 5a Armata. A metà ottobre, l’avan-guardia americana si fermò davanti al“muro” di Livergnano (Pianoro), ad unaquindicina di chilometri da Bologna. LaGotica era stata sfondata, ma l’obiettivominimo dell’offensiva - la città di Bologna,mentre quello massimo era il Po - non furaggiunto. La decisione di interromperelo sforzo bellico per raggiungere Bolognafu presa il 27.10 congiuntamente daicomandanti della 5a armata e dell’VIII.Dopo l’arresto degli americani, gli inglesiproseguirono sempre più lentamentelungo le vie Emilia e Adriatica, liberandoCesena (FO), Forlì e Ravenna. Alla finedell’anno si fermarono davanti all’arginedestro del Senio. La linea del fronte, for-matasi casualmente, fu chiamata GengisKhan. [O]BI B L I O G R A F I A. M.W. Clark, 5a Armata ame-ricana, Milano, Garzanti, 1952, pp.484; A.Kesselring, Memorie di guerra, Milano,Garzanti, 1954, pp.366; D. Orgill, La lineaGotica, Milano, Feltrinelli, 1967, pp.343; F.

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von Senger und Etterlin, Combattere senzapaura e senza speranza, Milano, Longanesi,1968, pp.642; G. Sarti, A nord della Gotica,Treviso, Rebellato, 1976, pp.152; A. Mon-temaggi, L’offensiva della Linea Gotica:autunno 1944, Rimini, Guidicini e Rosa,1980, pp.270; C. Moscioni Negri, LineaGotica, Cuneo, L’Arciere, 1980, pp.130; A.Montemaggi, La Linea Gotica, Roma,Civitas, 1985, pp.93; Linea Gotica 1944:eserciti, popolazioni, partigiani, a cura di G.Rochat, E. Santarelli e P. Sorci, Milano,Angeli, 1986, pp.722; Al di qua e al di làdella Linea Gotica, a cura di L. Arbizzani,Firenze, 1993, pp.586; A. Montemaggi,Linea Gotica: avamposto dei Balcani, Roma,Civitas, 1993, pp.224; P. Tompkins, L’altraResistenza. La liberazione raccontata da unprotagonista dietro le linee, Milano, Rizzoli,1995, pp.426; Partigiani in trincea. La divi-sione Modena Armando sulla linea Gotica1944-1945, a cura di L. Arbizzani, Mode-na, 1996; N. Galassi, Partigiani nella lineaGotica, Bologna, University press, 1998,pp.470; A. Montemaggi e B. McAndrew,Linea Gotica, Pesaro, 1997, pp.117. Testi-monianze da p.119 a p.236 in RB5.

Linea verde, vedi: Linea Gotica.

Lista dei combattenti. In occasione delleelezioni politiche del novembre 1919, lasezione bolognese dell’Associazione nazio-nale combattenti propose a tutti i partiti -ad eccezione del PSI - di non presentareliste, per lasciare questo compito agli excombattenti. Il presidente Cesare Righinigiustificò la proposta con la necessità dicostituire un blocco unito «contro i partitiestremi, in nome della patria e della vitto-ria». I cattolici del PPI respinsero la pro-posta, mentre gli altri partiti, dal PRI alGruppo nazionalista, inviarono una lororappresentanza alla riunione promossa daicombattenti. Righini sostenne che solo chiaveva combattuto poteva presentarsi alleelezioni, il che voleva dire che tutti i vecchidirigenti dei partiti moderati dovevano riti-rarsi a vita privata. Al termine, fu approva-ta una lista, chiamata Blocco delle forze

nazionali, d’ex combattenti scelti dall’As-sociazione. I dirigenti dei gruppi moderatie liberali sconfessarono l’intesa e così pureil Gruppo nazionalista. A sostenere i com-battenti restarono il PRI, l’Associazioneradicale e il Partito socialista riformista(quello di Leonida Bissolati) che a Bolognaera inesistente. L’Associazione combattentiritirò la lista e ne presentò una seconda -chiamata Lista dei combattenti - compren-dente nomi d’esponenti del PRI e dei grup-pi minori, compreso il Fascio di combatti-mento di Bologna. Alle elezioni il PSI con-quistò 7 deputati con il 68,8% dei voti e ilPPI uno con il 18%. Nessun deputatoebbero i liberali con il 7,8%, né i combat-tenti con il 5,6%. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S. Onofri, La strage diPalazzo d’Accursio.

Lista Jacchia. Con la denominazione di“Lista Jacchia” si intende un elenco con inomi di 119 - 108 secondo altra versione -intellettuali e imprenditori antifascistibolognesi, che sarebbe stato trovato nellaborsa di Mario Jacchia* il 3.8.1944, quan-do fu arrestato a Parma. Secondo i fascistila lista è autentica, mentre a parere deifamiliari e degli amici di Jacchia si trattò diuna macchinazione fascista. Dopo l’arrestoJacchia è sparito e molto probabilmente èfinito ad Auschwitz (Polonia). Il CLNER,che discusse a lungo della questione neldopoguerra, il 23.10.1945 alla unanimitàvotò un documento nel quale fu esclusaogni responsabilità di Jacchia e nel quale silegge che «pur non essendosi ottenuta lacertezza obiettiva che la cosiddetta “listaJacchia” non fu sequestrata all’atto dell’ar-resto dell’avv. Jacchia sulla sua persona,oppure entro la sua borsa, oppure nel loca-le dove avvenne l’arresto, si è giunti al piùcompleto convincimento soggettivo chedetta lista proviene dagli ambienti dellaquestura o della GNR che intesero conquella lista creare elementi di prove contropersone sospettate d’antifascismo». Ildocumento del CNLER non è stato maipubblicato e si trova nei verbali del comi-tato stesso, oggi depositati all’Istituto

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Gramsci di Bologna, e tra le cartedell’Istituto Parri di Bologna. In un rap-porto della polizia segreta nazista, sull’atti-vità svolta in Emilia tra l’1 e il 15.8.1944, aproposito di Jacchia si legge: «L’arrestatoera in possesso di numerosi scritti di pro-paganda, di elenchi di membri, di abbon-dante materiale di spionaggio di datarecentissima nonché di dati sull’entità dellebande» (E. Collotti, Documenti sull’attivitàdel Sicherheitsdienst nell’Italia occupata, in“Il Movimento di liberazione in Italia”,n.83, giugno 1966, p.65). La lista è statagiudicata autentica anche da GiorgioAmendola. In una lettera inviata a LucianoBergonzini il 31.1.1975 e pubblicata inRB5 a p.86, ha scritto di avere potuto vede-re le carte sequestrate a Jacchia, mentre,nello stesso periodo, si trovava carcerato aParma. L’elenco fu inviato alla GNR diBologna, tra le cui carte è stato trovato. Inbase alle poche carte attualmente disponi-bili vediamo come il caso fu trattato dallaRSI. Il 17.9.1944 il comandante della GNRdi Bologna inviò una lettera ad ArmandoRocchi, Alto commissario del governo perl’Emilia-Romagna, che iniziava: «Tra idocumenti rinvenuti nella borsa dell’avv.Jacchia (noto ebreo esponente del Comi-tato di Liberazione, arrestato a Parma) èstato rinvenuto un elenco di personalitàfacenti parte ad associazioni antifasciste, dicui si allega copia. Da indagini compiuteda questo ufficio, risulta inoppugnabile laloro più o meno subdola azione deleteria eprofondamente avversa alla Repubblica».Il comandante della GNR propose dideportare in Germania tutte le personeindicate nell’elenco. Il prefetto DinoFantozzi, il 19.9.1944, quando fu investitodella questione, scrisse che si trattava di«uno zibaldone con nomi incompleti o sba-gliati». Il 28.9.1944 la GNR comunicò diavere corretto gli errori e completato inomi privi di qualche elemento. Il18.11.1944 Fantozzi, in una lunga relazio-ne al ministro dell’Interno, scrisse cheaveva sconsigliato l’arresto e la deportazio-ne perché «si trattava di elementi notissimie il cui arresto avrebbe avuto notevoli

ripercussioni in tutta la provincia» (ACS,RSI. MI, G, b.4). In un “Appunto per ilduce” in data 6.12.1944, firmato daAlessandro Pavolini segretario nazionaledel PFR, si legge: «A suo tempo Romualdi- allora federale di Parma - fece arrestarel’ebreo avv. Jacchia, esponente del CLNper l’Emilia. In tasca gli venne trovato unelenco di nominativi di Bologna, distintiper categoria di attività e quasi tutti appar-tenenti al ceto professionistico». Aggiunseche il questore Marcello Fabiani aveva pro-posto di «”farne fuori” qualcuno», ma cheera stato fermato da Fantozzi (ACS, RSI,SPD, CR, b.20). Questa la trascrizione deinomi - alcuni dei quali sono ripetuti - erro-ri compresi. Tra parentesi la dizione esattae i nomi di battesimo. Magistrati: TintoSabbatino - Sbrocca Nicola - SergioFerdinando - Nardelli Martinuzzi - TroiliLuigi - Vicchi Giovanni - Leonetti Filippo.Medici: Bonani Giovanni - Marani Alberto- Busacchi (Pietro) - Pontali P. (Francesco) -Silvani (Silvagni) Luigi - Angeletti Enrico -Sicca - Dalla Favera (Giovanni Battista) -Serara Africo. Negozianti: GiaccariniFederico - Pecori Francesco - Grandi Au-gusto - Scarbanti Bruno - Mazzetti Giovan-ni - Panzavolta Alfredo - F.lli Zanardi Vit-torio - Faggioli Giovanni - ContestabileFrancesco. Avvocati: Gucci Boschi (Ste-fano) - Valenza (Pietro) - Nardi Ambrogio -Turazza (Enrico) - Strazziari (Carlo) - Taba-nelli Nicola - Tabanelli Alberto - Tad-dia (Gherardo) - Trematore (Cesare) -Franceschi Pier Luigi - Modulo (AndreaQuadrio) - Pergola (Artemio) - Giuliani (?)- Svampa (Alfredo) - Marzocchi M.A. (Mar-co Aurelio) - Lenzi Giovanni - Lenzi Ugo -Pinchetti (Paolo) - Zuccardi Merli Cesare -Biondi Leonardo - Gherardini (Alberto) -Gottardi (Giuseppe) - Pacini Aldo - Piacen-tini (Ezio) - Angelini Giuseppe - CardonaGiuseppe. Finanziatori eventuali: Dott.Zarri - Volpe Aristide - Mazzoni Luigi -Policardi Lorenzo - Petroncini Ruggero -Gregorini Bingham Giovanni - GiordaniRaffaele - Sarti Arrigo - Piva Ugo -Pedrazzi Emilio. Militari: Col. TrucchiLuigi. Notai: Pilati (Edoardo) - Orefice B.

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(Bruno) - Bazzocchi A. (Mazzocchi Arrigo) -Marani (Giovanni) - Aloisi (Angelo). Ragio-nieri e dottori commercialisti: Dott. CazzolaAmedeo - Protti Mario di Giuseppe -Protti Mario di Ottavio - Cerioli Arrigo -Bergonzoni Enrico - Giovine Carlo -Grattarola Cesare - Neri prof. Vittorio -Dott. Picci Vittorio. Docenti: Prof.Bassanelli Enrico. Assicuratori: Rag. RighiGiovanni. Banche: Giannantoni Giuseppe -Roppa Sassoli Antonio - Dr. Albertazzi -Rag. … (Banca del Lavoro) - Rag. RinaldiRinaldo. D.C. (si suppone voglia diredemocratici cristiani): Bevilacqua Pietro -Roppa Sassoli Antonio - Strazziari Carlo -Nardi Ambrogio - canonico Trombelli(Giovanni Battista) - Ing. Rubbi Adriano -Avv. Senin (Angelo) - Rag. Righi Giovanni.P.L.I. (si suppone voglia dire Partito libera-le): Mastellari Avv. Germano - Avv. VagniGiorgio - Prof. Osti Giuseppe - Avv.Svampa (Alfredo) - Avv. Gucci Boschi(Stefano) - Avv. Pacini (Aldo). Commissionefinanziaria: Prof. Neri Vittorio - Avv.Bellini Paolo - Avv. Bellini Giovanni - Avv.Palmieri - Prof. Gnudi Vittorio (Antonio) -Avv. Magli Leone - Avv. Macentelli Dome-nico - Ing. Liporesi Alfeo - Dott. OreficeBruno - Dott. Picci Vittorio - Dott. PilatiEdoardo - rag. Piretti Mario - Policardi Lo-renzo - Roppa Sassoli Antonio - Gian-nantoni Giuseppe - Rag. LanfranchiGualtiero - Dott. Randaccio Carlo - Rag.Rinaldi Rinaldo - Dott. Ronca Giuseppe -Rag. Rondinini Antonio - Dott. CerioliArrigo - Rag. Vandroux Gastone. Questa lalista, trovata tra le carte della GNR, con lecorrezioni dei nomi, anche se alcuni sonorimasti incompleti. Il settimanale bologne-se “Cronache”, n. 40 del 1946, ha pubbli-cato una nota di Massimo Dursi dal titoloEcco finalmente la lista Jacchia, senza direse l’elenco era stato compilato da Jacchia odai fascisti. In calce alla nota mise una listaquasi simile a questa, con i nomi esatti econ indicazioni di «arrestato», «liberato»,«irreperibile», forse scritte dalla GNR. Lalista pubblicata da Dursi aggiunge e togliealcuni nomi. Tra i medici, al posto di SeraraAfrico (nome del tutto ignoto) vi è quello

d’Oscar Scaglietti, il direttore del Centroortopedico Putti. Tra i finanziatori è statoaggiunto Cesare Sarti; tra i membri dellaDC Giuseppe Bacchi e nella Commissionefinanziaria Luigi Palmieri. Pietro Busac-chi*, Giorgio Maccaferri*, FrancescoPecori* e Alfredo Svampa* furono uccisidai fascisti nel novembre 1944. CesareZuccardi Merli* fu arrestato e morì nel car-cere di S. Giovanni in Monte (Bologna) il10.11.1944. Furono arrestati e rilasciatidopo uno o due mesi: Giuseppe Cardona,G.B. Dalla Favera, Alberto Gherardini,Aldo Pacini, Paolo Pinchetti, RinaldoRinaldi (da non confondere con l’omonimopartigiano). [O]

Lista di proscrizione degli antifascisti diImola. Subito dopo l’8.9.1943 i dirigentidel PFR di Imola prepararono una lista diproscrizione con i nomi di 72 antifascisti daarrestare perché si erano attivati politica-mente subito dopo la fine della dittatura.Questa la lista pubblicata in un saggio diGuglielmo Cenni, dalla quale abbiamoomesso gli indirizzi: 1. Galli Romeo; 2)Tabanelli M.o Amedeo; 3. Musconi DonGracco; 4. Marchi Ing. Giovanni; 5.D’Agostino Prof. Francesco, DirettoreOspedale Militare; 6. Bianconcini DonGaspare; 7. Tampieri Don Sante; 8. GavelliProf. Don Giuseppe; 9. Olindo (Dazzani);10-11. F.lli Caroli (Augusto e Francesco) exconfinati; 12. Scheda Pietro; 13. RocchiPietro; 14. Rocchi Elvezio; 15. RocchiSergio; 16-17. Sangiorgi Mario e figlio(Francesco); 18. Manuelli Eraldo; 19.Mancini Avanti, Impiegato OspedaleCivile; 20-21. Ronchi Luigi e figlio(Demos), Tappezziere; 22. Galassi Remo;23-24-25. Bandini Franco, fratello (Bruno)e padre (Alfredo); 26. Falco Tullio,Studente; 27. Dall’Olio (Amedeo) dettoMaserati, Operaio alla Cogne; 28. ZaniNino, Impiegato Comunale; 29. Guada-gnini Rag. Antonio, Impiegato Comunale;30-31. Tarabusi Ado e figlia (Audle); 32.Brini (Nino), Arrotino; 33. Gardelli Geom.Nullo; 34. Carletti Renzo; 35. MasettiAugusto, Muratore, ex confinato; 36. Lelli

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Giovanni, ex Camicia nera; 37. Galamini(Augusto), detto “Galoppino”; 38. Martelli(Giovanni), Tipografo; 39. Miceti Riccar-do; 40. Miceti Giulio; 41. Fiumi (Luigi),Cementista; 42. Gardelli Giulio, ex confi-nato; 43. Galli Domenica Nina; 44.Vespignani Domenico; 45. VespignaniOviglio; 46. Morini Ado; 47-48. LucchiWalter e padre (Viscardo), ex confinato; 49.Luisa (Padovani), Pettinatrice; 50. Rubbi,detto Salamì (Fornioni Francesco), Magazz.Cooperat; 51. Ancarani Giuseppe; 52.Castaldi Aldo detto “Pirulêna”; 53. Alvisiprof. Silvio, (pezzo grosso); 54. Lanzoni(Ridente), detto “Giarêla”; 55. FabbriAndrea, Nichelatore; 56. Pieridi Oreste,detto “Nove Dita”, ex carabiniere; 57.Lenci Prof. Egidio (pezzo grosso); 58.Baroni Raffaele, ex confinato; 59. SelvaticiWalter; 60. Rancini (Zappi Angelo), Mu-ratore, (pericoloso); 61. Anastasi Amelio,Meccanico; 62. Quattrini Aurelio; 63-64.Sportelli Pensiero e moglie Bagnaresi Ida;65. Cantoni Mansueto (pezzo grosso);Mario (Zappi), Fornaio; 67. BeltramiEnrico, ex confinato; 68. BianconciniGiannetto, detto il “Cucco”; 69. Baroncini(Umberto); 70. Baroncini (Guido), ex con-finato; 71. Serantoni Raffaele; 72. CavalliArmando. Queste persone dovevano esserearrestate nella notte tra il 14 e il 15.9.1943.I carabinieri e gli agenti di polizia si rifiuta-rono di fare parte delle squadre che avreb-bero dovuto arrestare i proscritti e avverti-rono quante più persone possibile. Hascritto Cenni: «Le operazioni ebbero inizioverso le ore 23. Carri armati, con mitraglia-trici e militi della Wermacth, circolavanoper la città diventata un campo assediato.Dagli autocarri alcuni fascisti, mascheratirimasti più o meno sconosciuti, scendeva-no a indicare le abitazioni degli indiziati ead aiutare i tedeschi a forzare le porte»(p.17).Furono fermate una dozzina di per-sone subito trasferite nel carcere diBologna. Dopo una decina di giorni furonorimessi tutti in libertà, anche se non pochifurono arrestati in seguito. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Cenni, Imola sotto il ter-rore della guerra. 25 luglio 1943-14 aprile

1945; N. Galassi, Imola dal fascismo allaliberazione, 1930-1945.

Littoriali della cultura. Per organizzare econtrollare la vita culturale italiana, oltreche per preparare quadri nuovi con il com-pito di alimentare la “cultura fascista”, nel1934 il regime organizzò i Littoriali dellacultura e dell’arte. L’iniziativa era riservataagli studenti universitari e ai laureati conmeno di 28 anni. Nel 1932 erano stati inau-gurati i Littoriali dello sport - divisi perdiscipline e secondo le stagioni - e nel 1936sarebbero partiti quelli del lavoro, tuttiriservati ai giovani inquadrati nelle organiz-zazioni fasciste. Per tutti - partecipanti emembri delle commissioni esaminatrici -era obbligatoria la divisa fascista. I primiLittoriali della cultura e dell’arte si tenneroa Firenze nel 1934. Queste le materie:Dottrina fascista, Studi politici, Studi colo-niali, Critica letteraria, Critica musicale,Critica cinematografica, Concorso per unamonografia corporativa e altri concorsi perle stesse materie. Gli ultimi Littoriali sisvolsero a Bologna, nel maggio 1940, conqueste materie: Dottrina fascista, Politicaestera, Studi militari, Politica corporativa,Letteratura, Studi storici, Teatro, Politicacoloniale, Critica musicale, Radio, Politicaeducativa, Giornalismo e molti concorsiper monografie. [O]BI B L I O G R A F I A. Ludi juvenilis della cultura edell’arte, Roma, 1941, pp.82; G.S. Spinetti,Difesa di una generazione, Polilibraria,Roma, 1948, pp.383; R. Zangrandi, Il lungoviaggio attraverso il fascismo, Varese,Feltrinelli, 1964, pp.610; F. Gambetti, Glianni che scottano, Milano, Mursia, 1967,pp.411; N. Tripodi, Italia fascista in piedi,Milano, il Borghese, 1972, pp.234; G.Lazzari, I Littoriali della cultura e dell’arte,Napoli, Liguori, 1979, pp.175; Cultura apasso romano. Storia e strategie deiLittoriali della cultura e dell’arte, a cura diU. Alfassio Grimaldi e M. Addis Saba,Milano, Feltrinelli, 1983, pp.270; R.Ben-Ghiat, La cultura fascista, Bologna. ilMulino, 2000, pp.354; N.S. Onofri, ILittoriali della cultura di Bologna del 1940.

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Negativo il giudizio della commissione sullapreparazione dei giovani storici, in“Resistenza oggi”, n.2, 2001, pp.59-60.

Lotta, La. È il periodico del PSI di Imola,fondato da Andrea Costa, dopo la soppres-sione de “Il Momento”, da parte del gover-no nell’estate 1898. Il primo numero uscì il12.7.1898 con la testata “La Lotta elettora-le”. Il primo numero ufficiale vide la luce il16.10.1898 con il sottotitolo “Giornalesocialista” divenuto “Organo dei socialistidella provincia di Bologna”. Uscì ininter-rottamente sino al 18.7.1921, quando laredazione fu incendiata dai fascisti. Dopouna breve sosta, riprese le pubblicazioniper cessarle definitivamente nel 1922, acausa delle persecuzioni fasciste. Durantela lotta di liberazione Giulio Miceti* e RinoPadovani*, curarono la pubblicazione di 2numeri clandestini del giornale. Il primo,uscito nel gennaio 1945, era dattiloscritto econstava di 4-5 pagine. Era tirato in unnumero limitato di copie e le persone chelo ricevevano erano invitate a riprodurlo ea diffonderlo. Il secondo numero uscì infebbraio. In marzo, mentre stava preparan-do il terzo, Miceti fu arrestato e il giornalecessò di uscire. Tutte le copie prodottesono andate perdute. Il 3.6.1945 il giornaleha ripreso le pubblicazioni, per cessarle untrentennio dopo. [O]B I B L I O G R A F I A . A. Negri, Il Comune diImola, dalla costituzione del regno alla finedel secolo XIX, 1859-1900; Notizie storichee statistiche, Galeati, Imola, 1907, capitolo“I giornali”; N.S. Onofri, I socialisti bolo-gnesi nella Resistenza; L. Arbizzani, N.S.Onofri, I giornali bolognesi della Resisten-za; M.G. Pizzinat, Giornali politici a Imoladal 1877 al 1890, in Pagine di vita e storiaimolesi, Imola, 1980, p.132. Testimonianzedi G. Miceti (p.470) in RB1 e R. Padovani(p.68) in RB3. Un carteggio su “La Lotta”è in ACS, PS, Cat. F1 1894-1926, b.5,fas.12-11.

Lotta, La. Durante la Resistenza la federa-zione bolognese del PCI pubblicò 6numeri de “La Lotta” che aveva il sottoti-

tolo “Organo della Federazione Comu-nista di Bologna”. Era stampato nellatipografia clandestina del partito. Il primovide la luce nel gennaio 1944 e l’ultimonel marzo 1945. Numerosi i redattori delgiornale tra i quali Giovanni Bottonelli* eAlberto Landi*, i quali facevano partedella redazione che curava i giornali delPCI. Numerosi i tipografi, tra i qualiGiorgio Frascari*.BI B L I O G R A F I A. “La lotta”: un titolo che indi-cò la via giusta, in Stampa clandestina nellaResistenza bolognese, “Quaderno de ‘Lalotta’”, Bologna, 1962, pp.43-6; “La lotta”nella Resistenza, Fotocopie della collezioneclandestina 1944-45 del periodico bolo-gnese. Con note di L. Arbizzani. Supple-mento al n.1 de “La lotta” del 21 aprile1965; Il foglio bolognese del PCI, inGaribaldi combatte, “4° Quaderno de ‘Lalotta’”, Bologna, 1965, pp.47-8; L. Arbiz-zani, N.S. Onofri, I giornali bolognesi dellaResistenza, pp.152-62. I testi sono in RB2da p.547 a p.585.

Luminasio, Eccidio di. Il 5.8.1944, nelcorso di un rastrellamento contro la brgStella rossa Lupo, i tedeschi catturaronouna decina di persone nella zona compresatra Luminasio e Medelana, in comune diMarzabotto. Sei furono fucilate in localitàCà del Bue di Luminasio. Sui resti dellacasa colonica è stata murata una lapide coni nomi delle vittime: Arsenio Beghelli*,Armando Betti*, Francesco Betti*, CamilloCalzolari*, Dionisio Neri* ed EnricoVenturi*. [O]

Lupi rossi. Nel comune di Crevalcore, trail 1920 e il 1921, Ivo Guizzardi* promossela formazione di un gruppo d’antifascistidecisi ad opporsi ai fascisti con la forza.Del gruppo, tra gli altri, fecero parteArturo Bottazzi, Alberto Garuti, ArmandoGhelfi, Ivo Goldoni, Aldo Guerzoni, IvoMelotti, Guido Milzani*, Arturo Sfinetti,Giuseppe Zambelli. Questi antifascistifurono chiamati “I lupi rossi”, anziché“guardie rosse”, come a Bologna,Molinella e in altre località. A Minerbio,

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promossa dal movimento anarchico, operòuna squadra chiamata i “lupini rossi”. [O]

M

Maltolto. Le cooperative “rosse” - aderen-ti alla Lega nazionale delle cooperative emutue, d’orientamento socialista - furonouno dei primi obiettivi delle violenza fasci-sta a Bologna come nel resto del paese.Analoga sorte toccò - ma non si conosce ladimensione del fenomeno - alle cooperati-ve “bianche” aderenti alla Confederazionedelle cooperative nazionali, d’orientamen-to cattolico. Molte cooperative furono datealle fiamme, altre sciolte, altre ancora fasci-stizzate. Con l’allontanamento forzato deivecchi amministratori e l’imposizione di unnuovo gruppo dirigente fascista, moltecooperative sopravvissero, ma divennero“nere”. Fu così che tra il 1920 e il 1926 l’in-gente patrimonio delle cooperative “rosse”fu distrutto o confiscato o svenduto ai pri-vati. A farne le spese furono, in particolare,quelle agricole, quelle di produzione elavoro e quelle di consumo. Anche le casedel popolo - quasi tutte gestite in formacooperativa - fecero la stessa fine. Tuttoquesto patrimonio, che passò dalle manidei lavoratori a quelle dei fascisti, fu chia-mato “maltolto”. Da un’indagine fatta nel1952 dalla Federazione provinciale dellecooperative e mutue di Bologna risulta chei fascisti, negli anni Venti, hanno requisitoe svenduto: 14 cooperative di consumo perun valore - rapportato alla moneta del 1952- di 266.958.000 lire; 19 cooperative agri-cole per 744.426.000 lire; 14 cooperative diproduzione e lavoro per 283.432.000 lire; 9case del popolo per 56.475.000 lire. Dialtre 27 cooperative non è stato possibileaccertare l’esatto ammontare del valore.Durante la lotta di liberazione, la commis-sione giuridica del CLN bolognese - surichiesta del PSIUP - preparò un progettodi legge per la restituzione del “maltolto”.

Fu studiato da Roberto Vighi*, con la col-laborazione di Tito Carnacini* e AngeloSenin*; approvato dal CLN e presentato algoverno dopo la Liberazione. Il progettoebbe un lungo e travagliato iter parlamen-tare, per cadere definitivamente dopo il1947, con la fine dei governi di unità anti-fascista. Tutto il patrimonio delle coopera-tive “rosse”, requisito dai fascisti, è rimastonelle mani di chi lo ha acquistato allora perpochi soldi. Sono tornate ai lavoratori lepoche cooperative tenute in vita del regimefascista, anche se fu loro impedito di svi-lupparsi. Alcune case del popolo, trasfor-mate in case del fascio, dopo la liberazionesono state acquisite dallo stato, quali pro-prietà del PNF, e oggi sono caserme. [O]BI B L I O G R A F I A. Fascismo, Inchiesta socialistasulle gesta dei fascisti in Italia, Milano,Avanti!, 1922, pp.504; M. Franceschelli,L’assalto del fascismo alla cooperazione ita-liana, 1921-1922, Imola, 1949, pp.123; E.Mazzoli, Appunti per una storia della coope-razione bolognese; N. Galassi, La coopera-zione imolese dalle origini ai giorni nostri(1859-1967); AA.VV., Antifascismo ecooperazione nella provincia di Bologna;N.S. Onofri, Documenti dei socialisti bolo-gnesi sulla Resistenza; Contributi per unastoria della Cooperazione bolognese; L.Arbizzani, N.S. Onofri, G. Ricci Garotti,L’unione dei mille strumenti (Storia dellaCooperazione bolognese dal 1943 al 1956),Bologna, 1991, pp.255; Antifascismo e resi-stenza per la rinascita della cooperazionebolognese.

Manifestazione del sale. Nei primi mesidel 1945 il GDD promosse una serie dipubbliche manifestazioni per esprimere ilmalessere dei cittadini e cominciare a pre-parare il clima politico in vista dell’immi-nente liberazione. Tra queste la principalefu quella denominata “manifestazione peril sale”. Fu preparata da Diana Franceschi*“Anna”, Celestina Galletti* “Luisa”, Vitto-ria Guadagnini* “Dina”, Maria Manto-vani* “Paola”, Vittorina Tarozzi* “Gian-na”. La mattina del 3.3.1945 una trentinadi donne, guidate da Penelope Veronesi*

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“Lucia”, si recò nell’anticamera dell’ufficiodel podestà Mario Agnoli, il quale le rice-vette dopo lunga e rumorosa protesta. Ledonne chiesero una distribuzione supple-mentare di pane, carni, grassi e zucchero.Una volta uscite dal comune, in corteo per-corsero via Rizzoli e si recarono davantialla sede provvisoria della prefettura in viaZamboni 13. Ma non furono ricevute. Incorteo, le donne ripercorsero via Rizzoli,fecero via Ugo Bassi, via Roma (l’attuale viaMarconi) e via Azzo Gardino per inscena-re una manifestazione davanti allaManifattura tabacchi e alla Salara. Lungola strada centinaia di donne si unirono alprimo gruppo. Chiesero a gran voce la di-stribuzione di sale, un genere molto scarso.Contemporaneamente, come concordato, idipendenti della Manifattura scesero insciopero. Sul posto intervennero i militidella GNR guidati dal torturatore BrunoMonti. Una ventina di donne furono fer-mate e minacciate di morte. Dopo duriscontri non cruenti, le fermate furono rila-sciate e il corteo si sciolse. Durante la mani-festazione - alla quale intervennero oltre2.000 persone, secondo la testimonianzadella Mantovani - si distinsero particolar-mente Ancilla Bergonzoni, Maria Bernini*,Virginia Biavati, Carmen Bizzarri, AnitaFrontini* “Carla”, Natalina Grazia. [O]

Manifesto di Benedetto Croce, Il. Il 29 e30.3.1925 si tenne a Bologna il Convegnoper la cultura fascista per dare al regime un«complesso dottrinale» e indicare le lineeculturali lungo le quali avrebbero dovutomuoversi gli intellettuali. Aderirono pro-fessori universitari e uomini politici bolo-gnesi. Tra i primi: Widar Cesarini Sforza,Angelo Coppola, Pericle Ducati, FabioFrassetto, Pier Silverio Leicht, QuirinoMajorana, Salvatore Pincherle, VittorioPuntoni, Corrado Ricci, Pasquale Sfameni.Tra i politici: Leandro Arpinati, DinoGrandi, Ivo Luminasi, Angelo Manaresi eSebastiano Sani. Al termine fu approvato il«Manifesto degli Intellettuali del Fasci-smo», reso noto il 21.4.1925. BenedettoCroce redasse un manifesto in polemica

con quello del regime, nel quale si condan-nava la dittatura e si esaltavano i valoridella libertà. Apparve - con il titolo Unarisposta di scrittori, professionisti e pubblici-sti italiani, al manifesto degli intellettualifascisti - sul quotidiano “Il Mondo”l’1.5.1925, firmato da numerosi intellettua-li. Seguirono altri elenchi di firme il 10 e il22.5.1925. A Bologna, su iniziativa diRodolfo Mondolfo*, fu firmato dai seguen-ti docenti universitari: Pietro Albertoni*,Costantino Bresciani Turroni*, VincenzoDe Bartholomaeis*, Alfredo Galletti*,Arturo Carlo Jemolo*, Mondolfo, BartoloNigrisoli*, Silvio Perozzi*, Arturo Solari*,Giuseppe Tarozzi* e Piero Toldo*. Lo fir-marono altri intellettuali, tra i qualiAlessandro Cagli* e Aldobrandino Mal-vezzi de’Medici*. [O]B I B L I O G R A F I A . E.R. Papa, Storia di duemanifesti. Il fascismo e la cultura italiana,Milano, Feltrinelli, 1958, pp.167.

Marcia su Roma, La. Con la “marcia suRoma” il fascismo completò il suo assaltoarmato allo stato democratico. Dopo averepiegato con la violenza la resistenza deipartiti politici, preparò accuratamente lasua ultima mossa, con la complicità deglialti gradi dell’Esercito e della polizia, e peril 24.10.1922 convocò a Napoli il congres-so nazionale del fascio. Dopo avere divisoil paese in 12 zone, Mussolini insediò aPerugia il comando generale che avrebbedovuto preparare la marcia per il 28.10.Anche se il piano fu predisposto da ItaloBalbo e da alcuni alti gradi dell’esercito,formalmente l’assalto alla capitale fu guida-to da un “quadrunvirato” composto daBalbo, Michele Bianchi, Cesare Maria DeVecchi ed Emilio De Bono. Dopo il con-gresso fascista, Mussolini rientrò a Milano.Il 26.10 diede le dimissioni il primo mini-stro Luigi Facta e il 27 i fascisti, senzaincontrare alcuna resistenza, occuparono leprincipali città italiane. Il re non ordinò lo“stato d’assedio”, come gli aveva propostoFacta, e affidò l’incarico di formare unnuovo governo ad Antonio Salandra, ilquale dovette restituire il mandato per

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l’opposizione che incontrò negli ambientipolitici di destra, negli alti gradi della poli-zia e dell’Esercito, oltre che nelle associa-zioni padronali. Mentre i fascisti armatimarciavano su Roma e vi entravano senzaincontrare ostacoli, il re convocò Mussoli-ni. Giunto nella capitale il 30.10.1922, ac-cettò il mandato di formare il nuovo gover-no e diede inizio alla dittatura. [O]BI B L I O G R A F I A. P. Mariani, Le tre giornate diRoma, Il fascismo al potere, Roma, 1923,pp.16; I. Balbo, Diario ‘22, Milano,Mondadori, 1932, pp.214; Nel decennaledella Marcia su Roma, a cura di P. Orano,Roma, Pinciana, sd, pp.148; E. Pugliese, Iodifendo l’esercito, Napoli, Rispoli, 1946,pp.202; M. Missiroli, Il fascismo e il colpodi stato, Bologna, Cappelli, 1966, pp.244;A. Repaci, La marcia su Roma, Milano,Rizzoli, 1972, pp.1.010; La Marcia suRoma, a cura di M. Casati, Verona,Mondadori, 1972, pp.171; G.F. Vené, Lalunga notte del 28 ottobre, Milano, Palazzi,1972, pp.168; G. Goria, La marcia suRoma, Roma, 1973, pp.196; G.F. Vené,Cronaca e storia della marcia su Roma,Venezia, Marsilio, 1982, pp.451; G.F. Vené,La marcia su Roma, Milano, Fabbri, 1983,pp.64.

Marzabotto, L’eccidio di. La strage piùefferata e più grande compiuta dalle SSnaziste in Europa, nel corso della guerradel 1939-45, è stata quella consumataattorno a Monte Sole, nei territori diMarzabotto, Grizzana Morandi e Monzu-no, anche se è comunemente nota come la“strage di Marzabotto”. Partendo daMonte Sole, dove avevano la base princi-pale, i partigiani della brg Stella rossa Lupoerano in grado di colpire quotidianamentele strade e le ferrovie che colleganoBologna alla Toscana. Di qui la decisionedel comando tedesco di “ripulire” la zona,ma anche quella toscana, per favorire ilripiegamento verso nord delle armate d’oc-cupazione sotto la spinta degli anglo-ame-ricani. Il primo assalto a Monte Sole avven-ne nel maggio 1944, seguito da altri, tuttiinfruttuosi. Nell’agosto-settembre il com-

pito di “ripulire” le zone toscane ed emilia-ne dalle brgg partigiane fu affidato al mag-giore Walther Reder comandante del 16°Panzer Aufklärung Abteilung della 16°Panzer Granadier Division “Reichs FührerSS”. Dopo avere messo a ferro e fuoconumerosi comuni della Versilia, e uccisocentinaia d’inermi cittadini, il 29.9.1944Reder sferrò l’attacco contro Monte Sole.Il 5.10.1944, quando le SS si ritirarono,centinaia di morti - in massima partedonne, vecchi e bambini - e interi villaggidistrutti testimoniarono la violenza com-piuta. Le uccisioni e le distruzioni prose-guirono nei giorni seguenti sino a novem-bre. I corpi delle povere vittime restaronoinsepolti per mesi e solo dopo la fine dellaguerra fu possibile dare loro sepoltura ecominciare a stabilirne il numero. Comenon si sa, ma furono fatte le cifre più diver-se che andavano da un minimo di mille adun massimo di 3.200. A causa delle distru-zioni degli uffici anagrafici per lungotempo non fu possibile azzardare cifre uffi-ciali, anche se ci si orientò verso quella di1830 ottenuta facendo la differenza tra lapopolazione residente prima della guerra -in base ai dati del censimento - e le carteannonarie distribuite. Questa cifra figuranella motivazione della medaglia d’oro alvalore militare concessa nel 1948 al gonfa-lone di Marzabotto. Con legge regionalen.47 del 20.10.1982 è stato nominato ilComitato regionale per le onoranze aicaduti di Marzabotto, il cui primo compitoera quello di controllare - grazie agli ufficianagrafici che nel frattempo erano statiricostruiti - la causa delle morti avvenutenel 1944 per accertare, nel limite del possi-bile, il numero esatto delle vittime dellaviolenza nazista. Anche se sussistono anco-ra margini di dubbio e non tutti i casi sonostati risolti, è stato accertato che 775 citta-dini di Marzabotto, Grizzana Morandi eMonzuno furono vittime della ferocia nazi-fascista. Reder, catturato dagli inglesi aSalisburgo (Austria) il 5.5.1945, fu conse-gnato all’Italia. Il processo, davanti alTribunale militare di Bologna, ebbe inizioil 18.9.1951 e terminò il 31.10 con la con-

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danna all’ergastolo per le stragi dellaToscana e per una parte di quelle bologne-si. Per Monte Sole fu riconosciuto colpevo-le della morte di 262 persone uccise aCasaglia, Cerpiano, Caprara, S. Giovannidi Sopra, S. Giovanni di Sotto, Cà diBavellino e Casoni di Rio Moneta. Il17.10.1945 a Brescia e il 30.9.1946 aBergamo furono condannati i fascisti chefecero da guida alle SS durante l’eccidio. Il30.4.1967 Reder - al quale la condanna erastata confermata in appello - inviò una let-tera alla comunità di Marzabotto per chie-dere il perdono. Con 282 voti - espressi daicittadini di Marzabotto - il perdono non fuconcesso. Furono appena 4 quelli a favore.Il 15.7.1980 ebbe la semilibertà, ma nelpenitenziario militare di Gaeta e fu scarce-rato il 23.1.1985. Rientrato in Austria, dissedi non avere chiesto perdono e che la lette-ra era stata scritta dal suo avvocato. Èmorto il 2.5.1991. Il 16.4.2002 il Presidentedella Repubblica tedesca Johannes Rau -accompagnato dal Presidente italianoCarlo Azeglio Ciampi - si è recato aMarzabotto e ha chiesto scusa in nome delpopolo tedesco. [O]BI B L I O G R A F I A. Il martirio di Marzabotto,Relazione commemorativa letta il 30 set-tembre 1945 da Silvano Bonetti, Bologna,1945, pp.16; Il martirio di Marzabotto; R.Giorgi, La strage di Marzabotto; R. Giorgi,Marzabotto parla, Milano, 1955, pp.146 (èla ristampa del precedente); Reder nel giu-dizio della Magistratura militare; XVIIanniversario del martirio di Marzabotto, 8ottobre 1961; L. Orlandi, Il martirio diMarzabotto; F. Zardi, La strage cominciòall’alba, M. Toffoletto Romagnoli, Storia didolori e di angoscia, G. Nozzoli, Reder,Unno del XX secolo, E. Ruggeri, Fui fucila-ta a Casaglia, L. Sabbioni, “Ribelli ecco lavostra fine”, Ciro, La “menzogna” di Marza-botto, in Bologna è libera, pp.101, 103, 113,117, 119, 120; J. Olsen, Silenzio su MonteSole; M. Seppi, Il teutone; P.A. Ciucci,Marzabotto ‘44. Don Giovanni Fornasini,Porretta Terme, 1974, (Ciclostilato); R.Sensoni, V. Ceccarini, Marzabotto, un pae-se, una strage; R. Sensoni e V. Ceccarini,

Marzabotto nel primo dopoguerra; G. Lippi,La Stella rossa a Monte Sole; ComitatoRegionale per le onoranze ai Caduti diMarzabotto, Marzabotto. Quanti, chi edove; L. Tommasini, don, La bufera. Parro-co nella Resistenza; G. Lippi, Il sole diMonte Sole; D. Zanini, don, Marzabotto edintorni 1944; B. Magni, Il Sessantesimoanniversario dell’eccidio di Marzabotto, in“I Quaderni di Resistenza oggi”, supple-mento al n.5 del 2004 di “Resistenza oggi”,pp.117-21.

Massoneria bolognese. Le prime notiziecerte sulla massoneria bolognese risalgonoall’inizio del XIX secolo, anche se in pre-cedenza avevano operato alcune logge. Laloggia il Casino degli amici nacque nel1802, durante il regno napoleonico seguitada Gli amici dell’onore nel 1806. Tra il1831 e il 1848, durante la dominazioneaustro-pontificia, i massoni bolognesi s’in-contravano nella loggia Concordia, dellaquale furono Venerabili Francesco Guerzi,Livio Zambeccari, ma non il barnabita UgoBassi, anche se è certo che fu massone(“Rivista della Massoneria italiana”, n.33-36, 1884). Zambeccari - Gran maestro adinterim del Grande oriente italiano o Goi,che aveva sede a Torino - nel 1859 riorga-nizzò la Concordia, quasi subito ribattezza-ta in Concordia umanitaria, alla quale siaggiunse la Severa nel 1861, mentre adImola operava la Forum Corneli. Guerziera Venerabile della Concordia e CamilloVersari prima e Lorenzo Salvi poi dellaSevera. Nel 1863 le due logge bolognesi siunirono e diedero vita alla Galvani, conSalvi Venerabile e Giosue Carducci tra iprincipali dirigenti. La sede fu prima in viaFondazza e poi in via del Poggiale 18 (oggivia Nazario Sauro). Nel 1866 fu “costruita”la Felsinea riservata ai docenti universitari,con Luigi Cremona Venerabile. Tra il 1866e il 1868, per dissensi politici e culturali,dei quali s’ignora tutto, le logge entraronoin sonno o furono “demolite”. Mentre nonsi sa come fu “demolita” la Galvani, dellaFelsinea si hanno notizie contraddittorie.Secondo il “Bollettino del grande Oriente

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della Massoneria in Italia” sarebbe stataoperante dal 1865 al 1867 (Fasciolo I, II,III marzo-maggio 1867, p.79). Nella stessarivista la Felsinea figura nell’elenco «dellelogge uscite dopo il giugno 1865 dallanostra Comunione» (p.82). All’epocaerano quattro le organizzazioni nazionalidella massoneria, tutte in contrasto traloro, anche se la più importante era il Goicon sede a Firenze. Le altre avevano sede aTorino, Milano e Palermo. Nella nota Ilsimbolismo della ex-Loggia Felsinea – usci-ta nel “Bollettino” n. IV, V e VI, giugno-agosto del 1867, p.196 – si legge che erastata fondata nel febbraio 1866, che avevaaderito al Goi un mese dopo, ma che nel1867 era uscita per aderire al Centro mila-nese. Non si conoscono i motivi del distac-co, anche se pare che fossero di naturapolitica. Qualche vaga notizia sul dissensosi ricava da Ai FF. LL. MM. della Famigliaitaliana. I FF. LL. MM. della Felsinea, salu-te e fratellanza, sd (1866), pp.14. Il masso-ne bolognese Romeo Monari ha scritto chela politica divideva il mondo massonico, icui aderenti avevano in comune solo il sen-timento anticlericale. Poteva così accadereche in un collegio elettorale si presentasse-ro un candidato di destra e uno di sinistradivisi dalla linea politica, ma uniti da unlegame segreto, perché affiliati alla stessaloggia. Clamoroso, nel 1867, lo scontro traMarco Minghetti e Giuseppe Ceneri. Aparere di Monari nelle logge bolognesi esi-steva un notevole contrasto politico tra«autorevoli rappresentanti del partitocostituzionale» e «Fratelli rispettabilissimiper le loro virtù morali e civili, ma che perle loro opinioni notoriamente rivoluziona-rie, per il loro passato troppo, diremo così,di azione e per le relazioni che stringevanomolti di essi al Garibaldi, al Mazzini e alSaffi, erano tenuti d’occhio dall’autoritàpolitica e non di rado anche arrestati» (R.Monari, Ricordando Giosue Carducci..,p.14). Ma questi contrasti non erano solodi natura politica e non fu facile riunire suscala nazionale – come avvenne nel 1867,nel 1877 e di nuovo nel 1887 – i quattrogruppi dei vari riti nel Goi della massone-

ria. All’interno del Grande oriente – la cuisede ufficiale fu trasferita da Firenze aRoma, dopo il 1870 – si formarono almenoquattro gruppi con riti diversi. I principalierano quello di Rito simbolico e quello diRito scozzese antico e accettato. Impor-tanza minore avevano quelli dei Rosa crocee degli Areopagi dei cavalieri di Kadosch.Non a caso, la grande scissione del 1908 –che portò alla nascita della massoneria diPiazza del Gesù, dal nome della sede (siapure a partire dal 1918), come l’altra è statachiamata per lungo tempo la massoneria diPalazzo Giustiniani – nacque per un con-trasto all’interno del Rito scozzese. La crisidella massoneria bolognese – indipenden-temente dalle cause – durò a lungo. La“Rivista della Massoneria Italiana” – nata aFirenze nel luglio 1870, dopo la chiusuradel “Bollettino”, con il sottotitolo “Pe-riodico ebdomadario semiufficiale delGrande Oriente della Massoneria in Italia esue colonie” e che, in seguito, assumerà iltitolo di “Rivista massonica” – nei numeri3, 4 e 5 del 1870 pubblicò gli elenchi dellelogge attive in Italia, nei quali Bologna nonfigurava. Nessun delegato bolognese inter-venne all’Assemblea massonica costituen-te, riunitasi a Roma nell’aprile-maggio1872 (come nessuna era intervenuta a quel-la di Napoli del 21-23.6.1867 che avevasancito un’unione provvisoria tra le quattrocentrali), e nessuna loggia bolognese figuranell’elenco pubblicato nel numero 6 del1873 della rivista. Nel maggio 1874 i bolo-gnesi disertarono l’Assemblea costituentedi Roma e nel 1876 il periodico massonicoannotò che in Emilia erano attive le loggedi Reggio Emilia, Parma e Modena (n.13-14, 1876, p.13). All’inizio del 1881 la rivi-sta scrisse che a Bologna «Si sta alacremen-te lavorando per la fondazione» di una log-gia (n.2, 1881, p.26). Un anno dopo annun-ciò che il consiglio dell’ordine del Goiaveva approvato e rilasciato la relativa“bolla” per la costruzione della rispet-tabile loggia Rizzoli di Bologna (n.1, 1882,p.10), la cui sede fu inaugurata il 16.6.1883da Giuseppe Barbanti Brodano (n.13-14,1883, pp.209-210). Giosue Carducci – uno

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dei protagonisti dei dissidi del 1867-68 –non pare sia entrato nella Rizzoli dopoessere uscito dalla Felsinea (F. Conti, Storiadella massoneria italiana, Bologna, ilMulino, 2003 p.71 e p.369) e nel 1890 sifece trasferire alla Loggia propaganda mas-sonica di Roma. Primo Venerabile fuAristide Venturini che diede grande impul-so all’istituzione, tanto che la rivista scrisse:«A Bologna la Loggia Rizzoli raccoglieintorno a sé numeroso e autorevole ele-mento» (n.1-2, 1883, p.22). La sede fuprima in via Val d’Aposa, poi in PiazzaNettuno 2 e, a partire dal settembre 1903,in Vicolo Bianchetti 4. Il nuovo VenerabileCarlo Castellani, eletto alla fine del 1883,dovette però subire la “demolizione” dellaloggia ordinata dal Gran maestro AdrianoLemmi il quale intervenne per evitare che«si estinguesse» a causa della «non com-pleta omogeneità di tutti i Fratelli». Perevitare i soliti contrasti politici e culturali,Lemmi dispose la costruzione di due nuovelogge «le quali emulandosi degnamente»avrebbero potuto svolgere la loro attività (n.9-12, 1885, p.165). Nel novembre 1885 onel maggio 1886 fu “costruita” la VIIIAgosto con Francesco Magni Venerabile.Gli successero Felice Massano e Carlo Car-li restato in carica sino al 1890. Seguironoancora Massano (1891-93), Enrico Goli-nelli (1893-97), Giacomo Gaiani (1897-98), Guglielmo Fabbri (1898-1900), Go-linelli (1900-06, quando dovette lasciare lacarica perché eletto nel Supremo consigliodei 33) e Alfredo Grassi (1907-14). NellaVIII Agosto coabitavano il senatore EnricoPini, uno dei capi del partito conservatore,e l’onorevole Genuzio Bentini* autorevoleesponente del PSI. La mediazione tra i dueera affidata a Golinelli iscritto al PRI e sin-daco di Bologna dal 1902 al 1904. Dopo lamorte di Golinelli e l’elezione di Grassi, laloggia fu sdoppiata e “costruita” la Car-ducci destinata ad accogliere i massoni didestra. I socialisti, che sarebbero dovutirestare nella VIII Agosto, “edificarono” laÇa ira, di rito simbolico, con OdoardoPesaro Venerabile. Negli anni seguenti sor-sero l’Emancipazione a Vergato, l’Andrea

Costa e l’Aurelio Saffi a Bologna. Secondouna pubblicazione cattolica, nel 1914Arturo Gazzoni era Venerabile della Ça ira,Guido Sanguinetti della Carducci e GinoLanci dell’Emancipazione di Vergato (Lamassoneria svelata nei suoi uomini e nellesue intenzioni, pp.21-3). Il massone bolo-gnese Carlo Manelli ha scritto che nessunaloggia bolognese - indipendentemente dalrito seguito - aderì alla scissione promossanel luglio 1908 da un gruppo di esponentidella destra politica per dare vita all’Or-dine massonico di Rito scozzese antico edaccettato e alla Gran loggia d’Italia consede in Piazza del Gesù 47. Non pesante,ma politicamente significativa la scissionesubita dalla massoneria bolognese nel 1914quando il congresso nazionale del PSI,tenutosi nell’aprile ad Ancona, stabilì l’in-compatibilità tra iscrizione al partito e ade-sione alla massoneria. A Bologna uscironoBentini, Oreste Vancini* e Mario Lon-ghena*. Con una lettera pubblica dichiara-rono di restare nella loggia AugustoDalmazzoni*, Lodovico Farnè, GiovanniFrascari, Ugo Lenzi*, Aurelio Minghetti*,Emanuele Sacchetti. Il PSI bolognese, pernon espellerli, considerò la lettera comeuna «esplicita dichiarazione di dimissioni».Ad Imola uscirono dalla loggia SilvioAlvisi*, Ferdinando Bassi, Anco Capra,Romeo Galli*, Attilio Morara, Tullo Pa-dovani e Arturo Zambianchi*. Vi restaronoNullo Gardelli*, Carlo Guidicini* e MarioVannini. Quanto all’uscita di Bentini, moltianni dopo il mensile massonico ha scritto:«Esortato da autorevoli F.F. a non spezzareuna prestigiosa carriera politica, si separòdalla sua loggia bolognese ma non dal-l’Ordine, cui rimase riservatamente legato»(Biografie massoniche, in “Rivista massoni-ca”, n.6, 1974, p.378). Nel giugno 1914 ilPSI di Bologna vinse le elezioni ammini-strative sconfiggendo la lista di destra equella di centro promossa dalla massone-ria. Il quotidiano massonico “Giornale delMattino” espresse egualmente soddisfazio-ne per la fine del lungo periodo delleamministrazioni conservatrici e appoggiò il“comune socialista”. A causa dell’atteggia-

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mento neutralista del PSI, la massoneriamutò presto opinione e si trasformò nellaprincipale forza d’opposizione al “comunerosso” negli anni della prima guerra mon-diale. La Pro Patria et Rege - la coalizionedei partiti interventisti, meno i cattolici -condusse dure battaglie contro gli ammini-stratori socialisti. I presidenti della ProPatria furono quasi tutti massoni a comin-ciare da Luigi Silvagni* e EugenioJacchia*. Jacchia, divenuto Venerabile nel1915 o nel 1916, lasciò la carica nel 1918quando fu eletto nel governo dell’Ordinedel Grande oriente. Negli anni della guer-ra a Bologna erano aperte la VIII Agosto,la Carducci che diventerà la Carducci-Saffi, la Costa e la Ça ira che si unirono nel1918. Il Sindaco socialista FrancescoZanardi* disse che tra i responsabili degliattacchi - spesso fisici - contro l’ammini-strazione «i più audaci e senza scrupolifurono i massoni» e «furono parimentimassoni quelli che mi denunciarono» al tri-bunale militare (Atti consiglio comunale, 8aprile 1916, pp.760-1). Al termine del con-flitto il “Giornale del Mattino” chiese ledimissioni della giunta socialista e approvòle aggressioni fisiche contro Zanardi. Iprincipali esponenti della massoneria bolo-gnese sin dall’inizio sostennero il Fascio dicombattimento di Leandro Arpinati, acominciare da Lenzi, divenuto Venerabiledella VIII Agosto nel 1919, e Jacchia nomi-nato il Grande oratore del Goi. In uncomizio della lista di destra - per le elezio-ni amministrative del 1920 - Aldo Ovigliodisse che «bisognerà in seguito usare altrearmi, se mai quella del voto» [...] «fosseinsufficiente a liberare la città» dall’ammi-nistrazione socialista (“il Resto delCarlino”, 30.10.1920). Oviglio, un alto gra-do della massoneria, intervenendo il16.1.1921 ai lavori del governo del Goi, so-stenne che i massoni bolognesi erano pron-ti ad allearsi «anche con i clericali pur didisfarsi dei socialisti». Il 27.2.1921 Jacchia,sempre al governo del Goi, disse che ilfascismo «fu una vera fortuna» perché libe-rò Bologna e la regione «da una mano didelinquenti e di pazzi» (I brani sono tratti

da A.A. Mola, Storia della Massoneria ita-liana dall’Unità alla Repubblica, Milano,Bompiani, 1976, p.437). Nella seduta del27.2 Jacchia – secondo Conti che ha letto iverbali del consiglio del Goi – aggiunse:«Se non ci fossero stati i fasci l’Emiliasarebbe stata tutta alla mercè dei socialisti.Qualunque parola che svalutasse il fasci-smo in quelle regioni sarebbe perniciosa»(F. Conti, op. cit., p.286). La massoneriabolognese fiancheggiò il fascismo sino alla“marcia su Roma” e oltre. Nel maggio1921, alle elezioni politiche, a Bologna so-stenne la lista fascista, che comprendevaanche Mussolini, e approvò le direttivecontenute nella circolare del 19.10.1922del Gran maestro Domizio Torrigiani, nellaquale si legge che il fascismo «Parve inverità una rivolta necessaria e fu una libe-razione» (Rivista, n.7-8, 1922, pp.146-50).A Bologna i contrasti tra i massoni fascisti– che erano maggioritari – e quelli antifa-scisti dovevano essere non piccoli, se ilGran maestro sentì il bisogno di fare visitaalla VIII Agosto l’8.1.1921 e alla fine delmaggio 1922. Non si conosce molto di que-sto contrasto salvo quanto scrisse il3.6.1922 ai venerabili delle tre logge bolo-gnesi. Lo aveva colpito «l’eccezionale tur-bamento cagionato in questi giorni dallalotta politica» (n.5-6, 1922, p.130). L’atteg-giamento dei massoni bolognesi mutòdopo il voto antifascista espresso a grandemaggioranza, il 28.1.1923, dall’assembleanazionale delle logge italiane riunite aRoma. La svolta antifascista divenne defi-nitiva quando il Gran consiglio del fasci-smo, il 3.2.1923, stabilì l’incompatibilitàtra massoneria e fascismo. Il 18.6.1923 laVIII Agosto, su proposta di Salvatore Dal-mazzoni, approvò un documento che pro-pugnava «accordi con altri partiti al difuori dell’orbita del fascismo» (A.A. Mola,op. cit., p.456). Il documento ebbe il votodi Giuseppe Pavone (già Venerabile dellaloggia Carducci), Jacchia e Lenzi. Con lalettera inviata ai venerabili il 21.7.1923 ilGran maestro mise la parola fine al dialogocon il fascismo. Dall’1.1.1922 a Bologna fun-zionava una loggia aderente alla Gran loggia

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di Piazza del Gesù, i cui membri erano erestarono fascisti (F. Conti, op.cit., p.280) Il23.7.1923 il questore informò il prefetto diBologna che i fascisti avevano aperto unaloggia aderente a Piazza del Gesù (la stessadi cui riferisce Conti?) con sede in viaMazzini 40 e comunicante con quella delGoi di Vicolo Bianchetti (ASB, GP, 1923,b.1.390, cat.7, fas.2). Fascisti e nazionalisitentarono più volte di mettere a sacco lasede della VIII Agosto. Da una biografia diLenzi risulta - ma non si hanno conferme -che nell’aprile 1921 un gruppo di naziona-listi tentò di penetrarvi. Pure a vuoto andòun assalto fascista il 18.12.1922. Riuscironoquelli sferrati il 12 e 13.9.1924 quando ifascisti, dopo avere abbattuta la porta conuna trave, saccheggiarono la Casa massoni-ca. Bruciarono l’archivio (ma molte carte eoggetti erano stati messi in luogo sicuro datempo) e asportarono l’elenco degli iscritti.Lo stesso giorno depositarono una bara earredi massonici – razziati nella loggia -davanti all’abitazione di Jacchia in viad’Azeglio 58. Nei giorni seguenti “L’Assal-to”, il settimanale del fascio, cominciò apubblicare l’elenco dei massoni. Dopo trepuntate la pubblicazione fu sospesa per-ché, come ammise il giornale, gravava sulfoglio una «minaccia di sequestro», avendoLenzi fatto ricorso alla magistratura.L’1.1.1925 l’abitazione di Jacchia fu per-quisita, primo di una lunga serie di inter-venti polizieschi contro esponenti dellamassoneria. Dopo la legge contro le socie-tà segrete, del maggio 1925, la VIII Agostocessò di funzionare. Di fatto, era già chiusaquando, il 9.10.1925, le logge italianeentrarono in sonno e tardivo giunse ildecreto di autoscioglimento emesso dalGran maestro del Goi il 22.11.1925. Lenzi,dopo avere subìto bastonature e intimida-zioni, all’inizio del 1929 fu arrestato aRoma mentre partecipava a una riunioneclandestina per ridare vita alla massoneria.Il 25.9.1929 fu assegnato al confino per 5anni e inviato a Ponza. Liberato per con-dono, subì numerosi arresti. Non risultache altri massoni bolognesi siano stati arre-stati durante la dittatura. Non risulta nep-

pure che la massoneria abbia aderito allaResistenza. Vi presero parte singoli masso-ni come Romolo Trauzzi* e Mario Jacchia*figlio di Eugenio. Erano massoni Vancini ePietro Busacchi* uccisi dai fascisti il9.8.1944 e il 21.11.1944. Tra i massoni anti-fascisti Manelli ricorda Leonida Vischimorto in esilio, del quale si ignora tutto, eun non meglio identificato Zanaldi che fu«sindaco di Bologna dopo la liberazione»(La Massoneria a Bologna, p.201). Giu-seppe Dozza*, sindaco per un ventenniodopo la Liberazione, non era massone. SeManelli si riferisce a Francesco Zanardi*,va precisato che fu sindaco dal 1914 al1920 e che non era massone. [O]BI B L I O G R A F I A B O L O G N E S E. Ai FF. LL. MM.della Famiglia italiana. I FF. LL. MM. dellaFelsina, salute e fratellanza, sd (1866),pp.14; La Massoneria, avvertimento ai cat-tolici, Bologna, 1874, pp.30; Storia passata,presente e futura della setta anticristiana eantisociale, ora massoneria, Per donBernardino Negroni sacerdote regolarebolognese, Bologna, Compositori, 1876, 2vol. di pp.406 e 446; R.L. VIII Agosto, Or.Di Bologna, Dell’organizzazione a personagiuridica del Sodalizio Massonico e del dirit-to di associazione in Italia, Bologna, 1902,pp.27; Confirmate amicitias cun angelissanctis, Conferenza dell’avv. DomenicoNardi contro la massoneria, Bologna, 1907,pp.34; A. Alberti, Bologna e la Massoneriaitaliana di Rito Scozzese, in “RivistaMassonica”, n.11-12, 1910, p.15; La R.Loggia Ça ira, in “Acacia”, n.36-7, aprile-maggio 1912, pp.41-7; La massoneria svela-ta nei suoi uomini e nelle sue intenzioni.Raccolta di documenti autentici dell’orga-nizzazione massonica italiana, Bologna, IlMulo, 1914, pp.80; Per la Massoneria e perla verità, Bologna, sd, pp.14 (pubblicazio-ne curata dalle Logge della Romagna tra il1910 e il 1915); R. Monari, RicordandoGiosue Carducci ai F. F. dell’Or. di Bolognanella solenne annuale tenuta di lavoriFunebri, X marzo 1921. Note di storia mass.Bolognese a cura del fr. Libr. della R.L. VIIIAgosto, Bologna, 1922, pp.VIII+46; A.Sorbelli, La Massoneria ufficiale sotto il

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Regno d’Italia, in “Strenna storica bologne-se”, 1929, pp.77-86; U. Cipollone, La lottatra la Massoneria e il Fascismo per la difesadella libertà, Roma, 1951, pp.70; U. Cipol-lone, Giosue Carducci massone, Napoli,1957, pp.22; M. Raitano, Memoria diGiovanni Pascoli, Città di Castello, 1962,pp.VII+35; N.S. Onofri, La grande guerranella città rossa; Brevi notizie sulla distru-zione della sede e sulle persecuzioni subitedai F.F. Bolognesi durante il periodo fascista(In occasione della visita di G. Pica),Modena, 1968, pp.39; G. Gamberini,Fascismo e Massoneria, in “Rivista Masso-nica”, n.1, 1972, pp.31-42; C. Manelli, UgoLenzi. Gran Maestro dell’Ordine e SovranoGrande Ispettore Generale del Rito ScozzeseAntico e Accetto (Palazzo Giustiniani),Bologna, 1973, pp.16; G. Melloni, Masso-neria bolognese, in “Rivista Massonica”,n.7, settembre 1976, pp.425-9; Consigliodegli ordini forensi di Bologna, 1975. Nelcentenario della nascita di Ugo Lenzi,Bologna, 1976, pp.20; P. Roberti, Attivitàmuratoria dal periodo napoleonico all’av-vento del fascismo. La Massoneria bologne-se, in “Hiram”, n.4, 1985, pp.106-7; C.Manelli, La Massoneria a Bologna dal XVIIIal XX secolo, Bologna, Analisi, 1986,pp.230; F. Martelli, La Massoneria a Bo-logna. I Liberi muratori nel XV secolo in unmanoscritto bolognese inedito, in “Strennastorica bolognese”, 1990, pp.285-298;Loggia Andrea Costa. N. 373 all’Oriente diImola. 200 anni di Massoneria a Imola.Studi storici su Ugo Bassi e Andrea Costa,Imola, 1997, pp.171. Un elenco di massonibolognesi è stato pubblicato da “L’Assalto”il 10, 18 e 25.10.1924. Un altro elenco è inACS, SPD, CR, b.62, “Elenco dei massoniresidenti nelle provincie e loro relativi indi-rizzi”. Un elenco con i nomi di 557 masso-ni bolognesi è nel libro di Manelli.

Mezzolara, Scontro a. Il 3.9.1921 i fascistidi Budrio bastonarono, per la secondavolta in pochi giorni, il socialista MarioFranzoni abitante a Mezzolara (Budrio). Ilgiorno dopo una trentina di socialisti ecomunisti assalirono la sede del Club mez-

zolarese, luogo di ritrovo dei fascisti locali,per vendicare il compagno colpito. Siebbero uno scontro a fuoco e numerosiscontri fisici in varie parti del paese, inter-rotti dall’arrivo dei carabinieri. Due le vit-time: il giovane Ferdinando Brazzi di 17anni - che «trovandosi adiacenze dettoClub», come si legge nella relazione dellapolizia del 5.9.1921, e che non era fascista,anche se in rapporti successivi fu accredi-tato come tale - e il socialista Aldo Vecchi*deceduto il 9.9.1921. Per rappresaglia, ifascisti occuparono Budrio per alcuni gior-ni, senza che i carabinieri intervenisseroper ristabilire l’ordine. Bastonarono il sin-daco socialista Aldo Grandini*, gli miseroun teschio e un pugnale davanti alla portadi casa e gli diedero 48 ore di tempo perlasciare il paese. Bloccarono per alcunigiorni l’abitazione del deputato socialistaLuigi Fabbri*, impedendogli di uscire.Aggredirono numerosi assessori e consi-glieri comunali socialisti e cacciarono daBudrio, dopo averlo bastonato, CarminePastore Mancinelli*, segretario del comunee iscritto al PSI. Il 18.9.1921 la giuntacomunale fu costretta a dare le dimissioni.Il 7.1.1922 i carabinieri denunciarono allamagistratura 41 lavoratori e operarono 40arresti. Non un solo fascista fu denunciatoo arrestato. Il comportamento dei carabi-nieri fu talmente scandaloso che il3.10.1921 il prefetto chiese al governo iltrasferimento del maresciallo della stazionedi Mezzolara (ASB, GP, 1921, b. 1.341,cat.7, fas.1, “Fatti di Mezzolara”). Il7.3.1922, per mancanza di indizi, furonoscarcerati: Livio Billi*, Pompeo Billi*,Giovanni Bordoni*, Giuseppe Cocchi*,Lodovico Fiorini*, Armando Frabetti*,Leonida Franceschi* o Franceschini,Enrico Grazioli*, Aurelio Martelli*, EmiliaMarzocchi*, Celso Melloni*, AttilioMelossi*, Filippo Pancaldi*, EttoreRambaldi*, Gustavo Rossi* e OsvaldoScandellari*. L’8.6.1923 la corte d’assise diBologna condannò Corrado Bentivogli* a9 anni, 4 mesi e 15 giorni; Ugo Billi* 2 annie 2 mesi; Rodolfo Cervellati* 9 anni, 4 mesie 15 giorni; Armando Falzoni* 2 anni e 2

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mesi; Sostegno Falzoni* 7 anni, 9 mesi e 21giorni; Evaristo Gruppioni* 9 anni, 4 mesie 15 giorni; Adelmo Manini* 9 anni, 4 mesie 15 giorni; Iginio Nannetti* 7 anni, 9 mesie 21 giorni; Giuseppe Rimondini* 17 anni,2 mesi e 15 giorni; Luigi Sartoni* 9 anni, 4mesi e 15 giorni; Bruno Simoni* 9 anni, 4mesi e 15 giorni; Giacomo Ungarelli* 9anni, 4 mesi e 15 giorni; Enrico Venturi* 9anni, 4 mesi e 15 giorni. Dopo avere scon-tato 21 mesi di carcere preventivo, furonoassolti: Aldo Alessandri*, Cesare Boriani*,Giulio Fiorentini*, Sostegno Galliani*,Angelo Lullini*, Gino Marzocchi*, OrfeoMarzocchi*, Laurano Pasquali*, AlbertoRambaldi*, Antonio Rocchi*, Giulio Sarti*e Anello Zuccheri*. La magistratura, inconsiderazione del fatto che i fascisti eranoal potere, ebbe la mano particolarmentepesante. Per tutti i condannati, si leggenella sentenza, fu esclusa l’appartenenza abanda armata, anche se furono ritenutiresponsabili di «partecipazione a corpoarmato», pur essendosi riuniti spontanea-mente. Nella sentenza è scritto che si eratrattato di «omicidio preterintenzionale edi minacce continuate», che Brazzi erastato ucciso casualmente e che i manife-stanti non avevano avuto «il fine di uccide-re» (Corte d’Assise di Bologna. 1922-1923,p.193). [O]

Militari internati in Germania, detti IMI(Italiani militari internati). Dopo l’armisti-zio dell’8.9.1943 tra i 6 e i 700 mila milita-ri italiani furono catturati dai tedeschi neiBalcani e in Francia, ma molti anche inItalia. Internati in Germania, a questi mili-tari non fu riconosciuto lo status di prigio-nieri di guerra. Per i tedeschi non eranoprigionieri perché catturati prima che illegittimo governo italiano dichiarasse guer-ra alla Germania. Inoltre, poiché si rifiuta-rono di riconoscere la RSI - solo il 2 percento si sottomise - non potevano, a pareredei tedeschi, essere considerati dei prigio-nieri. Per questo fu inventata la figura giu-ridica di “militari internati”. Per loro nonvalevano le convenzioni internazionali e laCroce rossa non poteva assisterli. La RSI,

nel luglio 1944, fece un accordo con laGermania in base al quale potevano essereusati come “liberi lavoratori”. I militari - gliufficiali in particolare - che non si sottopo-sero a questo sopruso finirono nei campi dipunizione e anche in quelli di sterminio.Non si conosce il numero dei militari mortiin prigionia, ma pare che siano stati circa30 mila. Quando rientrarono in patria fuloro riconosciuto lo status di “volontaridella libertà”, cioè partigiani. Ai militariinternati furono assegnate 2 medaglied’oro e 56 di bronzo. [O]BI B L I O G R A F I A. G.B. Bianchini, M. Cortel-lazzo, W. Guidi, La tragedia degli I.M.I.,Carrara, 1946, pp.142; G. Crescimbeni, M.Lucini, Seicentomila italiani nei lager,Milano, Rizzoli, 1965, pp.350; E deBernart, Da Spalato a Wietzendorf, 1943-1945, Storia degli internati militari, Milano,Mursia, 1973, pp.187; 1943-1945. LaResistenza italiana nei lager nazisti, Roma,ANEI, 1974, pp.142; A. Reviglio, La lungastrada del ritorno. L’odissea dei soldati ita-liani internati nella Germania nazista,Milano, Mursia, 1975, pp.207; V. Vialli, Hoscelto la prigionia. La resistenza dei soldatiitaliani deportati, 1943-1945, Bologna,Forni, 1975, pp.30; Militari italiani cadutinei lager nazisti di prigionia e di sterminio,a cura del Ministero della Difesa, Roma,1979, pp.122; I militari italiani internati daitedeschi dopo l’8 settembre 1943, a cura diN. Della Santa, Firenze, Giunti, 1986,pp.214 (il volume contiene un’ampiabibliografia); P. Piasenti, Il lungo invernodei lager. Dai campi nazisti, trent’anni dopo,Roma, ANEI, 1988, pp.488; Soldati italianidopo il settembre 1943, a cura di P. Juso,“Quaderni della FIAP”, n.51, Roma, 1988,pp.410 (il volume contiene un’ampiabibliografia); Prigionieri in Germania. Lamemoria degli internati militari, a cura diA. Bendotti, G. Bertacchi, M. Pelliccioli edE. Vultulina, Bergamo, 1990; ANEI,Federazione di Bologna, I 600.000 deilager, “Notiziario” n.4-5, 1988 (Il fascicolocontiene l’elenco dei militari bolognesiinternati in Germania); Fra sterminio esfruttamento. Militari internati e prigionieri

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di guerra nella Germania nazista, (1939-1945), a cura di N. Labanca, Firenze, 1992,pp.361; G. Schreiber, I militari italianiinternati nei campi di concentramento delTerzo Reich, 1943-1945, Stato Maggioredell’Esercito, Ufficio storico, Roma, 1992,pp.993+26 (Pubblica una bibliografia dap.840 a 861); G. Lanforio, M. Nuciari, No!I soldati italiani internati in Germania.Analisi di un rifiuto, Milano, Angeli, 1994,pp.110; Dopo il lager. La memoria della pri-gionia e dell’internamento nei reduci e negli“altri”, a cura di C. Sommaruga, Napoli,Guisco, 1995, pp.371; ANEI, Federazionedi Bologna, Dalla guerra al lager, Bologna,1995, pp.94; U. Dragoni, La scelta degli I.M.I.Militari italiani prigionieri in Germania(1943-1945), Firenze, Le lettere, 1996,pp.464; A. Natta, L’altra Resistenza. I militariitaliani internati in Germania, Torino,Einaudi, 1996, pp.141; N. Labanca, Inter-namento militare italiano, in Dizionario dellaResistenza, Torino, Einaudi, 2000, vol.I,pp.113-123; S. Peli, La Resistenza in Italia.Storia e critica, Torino, Einaudi, 2004,pp.176-201; Q. Casadio, Una resistenza rima-sta nell’ombra. L’8 settembre 1943 e gliInternati Militari Italiani in Germania, Imola,La Mandragora, 2004, pp.250; R. Ropa,Prigionieri del terzo reich. I militari italianideportati nei lager nazisti, in “I Quaderni diResistenza oggi”, supplemento al n.5 del2004 di “Resistenza oggi”, pp.103-11.

Milizia volontaria sicurezza nazionale,(MVSN). Tra la fine del 1920 e l’inizio del1921 i fasci di combattimento organizzaro-no squadre armate per colpire il movimen-to operaio e i partiti di sinistra. Eranobande irregolari che si muovevano in asso-luta autonomia - grazie alla complicità dipolizia e carabinieri - e avevano una totaleimpunità. Dipendevano dai “ras” fascistilocali e Mussolini - come nell’estate 1921,in occasione delle trattative per il patto dipacificazione - non sempre riusciva a con-trollarle. Questi gruppi armati irregolariebbero un primo inquadramento nazionaleal termine del congresso fascista del7.11.1921, quando nacque la MVSN. Una

vera e propria organizzazione armata, alservizio di un partito. L’Italia fu divisa in 4zone, a capo delle quali fu messo un ispet-tore generale. A lui facevano capo le legio-ni, organizzate su scala provinciale, com-prese nella zona sottoposta alla sua giuri-sdizione. Le quattro zone non corrisponde-vano ai tradizionali confini geografici.Ogni legione era costituita - secondo l’or-dinamento militare dell’antica Roma - da 3coorti, ognuna delle quali era suddivisa in3 centurie. Ogni centuria era formata da 3manipoli. I militi avevano la divisa degliarditi: pantaloni e giacca grigioverde, fez ecamicia nera. L’armamento era quello del-l’esercito. Dopo la “marcia su Roma”, laMVSN ebbe il riconoscimento giuridico -legge n.31 del 14.1.1923 - di corpo armatodello stato. All’articolo 2 della legge siafferma che la milizia «è al servizio di Dioe della Patria italiana, ed è agli ordini delcapo del governo». Il suo compito era di«provvedere, in concorso coi corpi armatidella sicurezza pubblica, e con l’Esercito, amantenere all’interno l’ordine pubblico;preparare e conservare inquadrati i cittadi-ni per la difesa degli interessi dell’Italia nelmondo». I militi ebbero la qualifica di pub-blico ufficiale e di agente di polizia giudi-ziaria. Gli organici della MVSN - il cuinucleo iniziale era stato costituito daglisquadristi - furono potenziati dopo la“marcia su Roma” dalle guardie regie, il cuicorpo fu sciolto. Capo supremo eraMussolini, anche se, inizialmente, il co-mando fu affidato ai “quadrumviri”. Lequattro zone furono trasformate in rag-gruppamenti (che facevano capo a Milano,Bologna, Roma e Napoli) con un totale di120 legioni. Il comandante delle legioni sichiamava console. Accanto al corpo princi-pale della MVSN, sorsero numerose milizieminori: universitaria, ferroviaria, coloniale,stradale ecc. Durante le guerre d’Africa edi Spagna furono organizzati speciali btggd’assalto. Fu costituito anche un reparto, iMoschettieri del Duce, con il compito diguardia personale del dittatore. Il25.7.1943, quando Mussolini fu destituitoed arrestato, la MVSN non si oppose. I

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militi si lasciarono disarmare dall’esercito -con il quale i rapporti erano sempre statitesi - senza sparare un colpo. Fu sciolta il26.7.1943, con uno dei primi provvedi-menti del governo Badoglio. A Bolognaoperò la 67a legione dei “Volontari delReno” e ad Imola la 68a, la “Riario Sforza”.Erano 5 le coorti che componevano lalegione bolognese: 2 avevano sede in città,e le altre a Vergato, S. Giovanni inPersiceto e S. Giorgio di Piano. Inoltreerano operanti 36 presidi comunali.L’ultimo comandante della 67a legionebolognese fu il seniore Aldo Resega che,dopo la fine del regime, consegnò l’archi-vio storico e la cassa agli ufficiali del Corpod’armata. L’esercito assunse il controllodella caserma principale, che si trovava invia Mascarella n.79. Dopo l’occupazionetedesca a Bologna fu ricostituita la 67alegione, il 16.9.1943, comandata daAugusto Ferrozzi dal 13.10 al 2.11.1943quando gli subentrò Gaetano Spallone. AdImola fu ricostituita la 68a al comando diGernando Barani, il quale fu giustiziato daipartigiani il 4.11.1943. Il 19.11.1943 lalegione bolognese e quella d’Imola conflui-rono nella GNR. La legione di Imola fudeclassata a btg. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Citarelli, Milizia, Firenze,Bemporad, 1927, p.68; V. Verné, La miliziavolontaria per la sicurezza nazionale, Roma,Poligrafica, 1925, pp.373; A. Teruzzi, Lamilizia delle camicie nere e le sue specialità,Verona, Mondadori, 1933, pp.83; V. Vernè,MVSN. Organizzazione, compiti e impiego,Napoli, 1934, pp.286; S. Foderaro, La Mili-zia volontaria e le sue specialità. Ordina-mento giuridico, Padova, 1939, pp.318;Milizia volontaria per la sicurezza nazionale,in Panorami di realizzazioni del fascismo,Roma, 1942, vol.III, pp.379-94; MVSN,Comando 67a Legione CC NN, Ordina-mento della Legione e disposizioni di massi-ma sul funzionamento dei presidi e reparti,Bologna, 1942, pp.16; La 26a Legione d’as-salto “Alberto da Giussano” nella campagnagreco-albanese, Bologna, Edizione riserva-ta, 1943, pp.142; E. Galbiati, Il 25 luglio ela MVSN, Milano, Barnabò, 1950; V.

Teodorani, Milizia volontaria. Armata dipopolo, Bologna, 1962, pp.653; A. Aqua-rone, La milizia volontaria nello stato fasci-sta, in AA.VV., Il regime fascista, Bologna,il Mulino, 1974, pp.85-111; E. Lucas,Storia delle unità combattenti della Miliziavolontaria sicurezza nazionale, Roma, Vol-pe, 1976, pp.621; E. Valleri, Dal partitoarmato al regime totalitario: la Milizia, in“Italia contemporanea”, 1980, n.141,pp.31-60; L. Casali, Fascismi, Bologna,CLUEB, 1995, pp.432.

Missione Appomatox. Il 18.8.1944 Ferruc-cio Trombetti* fu paracadutato sull’Ap-pennino modenese unitamente ad altri 2tecnici, con l’incarico di impiantare unastazione radio. Il compito del gruppo - unodei tanti che operavano sull’Appennino, daPiacenza al mare - era quello di trasmette-re al comando americano informazioni sul-l’attività e i movimenti dell’esercito tedescoe di tenere i collegamenti tra il CUMER elo stesso comando. Il gruppo di Trombettifu denominato “Operazione Appomatox”.La missione - organizzata dall’OSS - duròdall’agosto 1944 al 24.4.1945. La sua aread’operazione andava dall’Appennino reg-giano a quello bolognese. Complessi-vamente trasmise 374 messaggi e ne rice-vette 155. [O]BI B L I O G R A F I A. Testimonianza di F. Trom-betti in RB5, p.515.

Missione Bilancia, vedi: Missione Sihaka.

Missione Sihaka. Fu una delle numerosemissioni alleate che operarono in Emilia-Romagna tra l’autunno 1944 e la primave-ra 1945. Era comandata da FerruccioMazzara “Capitano Bilancia”, per cui fuchiamata anche Missione Bilancia. Erastata organizzata dalla N.1 Special forceinglese e dallo stato maggiore del CIL. Il4.11.1944 i membri della missione, conapparecchiature radio, furono paracaduta-ti sull’Appennino modenese. Dopo avereoperato a Maranello e in altre localitàmodenesi, nel gennaio 1945 la missione sitrasferì a Bologna e si aggregò al CUMER.

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La radio fu continuamente spostata, perevitarne la localizzazione. Fu sistemataprima in uno stabile diroccato di via Saffi,poi in via Belle Arti e infine in via d’Azeglio46. La missione - oltre all’inoltro di mes-saggi via radio, per le comunicazioni tra ilCUMER e i comandi alleati e italiano -provvedeva a spedire staffette con rapportie comunicazioni alla missione inglese delmaggiore James Davies, che operavasull’Appennino modenese. [O]BI B L I O G R A F I A. Federazione italiana associa-zioni partigiane e Special forces club, No. 1Special Force and Italian Resistance. N. 1Special Force nella Resistenza Italiana,Bologna, Clueb, 1990, 2 volumi. Testimo-nianza di Capitano Bilancia in RB5,pp.509-12.

Missioni militari alleate. Le missioni mili-tari - sia inglesi sia americane - operavanonell’Italia occupata dai tedeschi e tenevanoi collegamenti tra le formazioni partigiane ei comandi alleati. Non avevano compitibellici. Raggiungevano le zone d’operazio-ni loro assegnate dopo avere attraversato lelinee o essere state paracadutate o sbarcateda sottomarini. Le missioni inglesi dipen-devano dalla SOE (Speciale operationeexecutive) e quelle americane dall’OSS(Office strategic services). Queste missioni,oltre a quello dei collegamenti, avevanodue compiti molto importanti. Dovevanofare avere rifornimenti, con lanci aerei, allebrgg con le quali operavano e coordinarel’attività militare delle brgg, per farle muo-vere in sintonia con le operazioni militarialleate. I rapporti tra le parti non furonosempre facili, ma al termine del conflitto ilcomando alleato diede atto del gran contri-buto dato dalle formazioni partigiane ita-liane. [O]BI B L I O G R A F I A. R.N. Absalom, Intelligence:propaganda, missioni e operazioni specialidegli alleati in Italia, Roma, sd, pp.126; L.Martini, Dalla bici al sommergibile. Le mis-sioni ORI dirette dai romagnoli, Milano, LaPietra, 1980, pp.134; C. Macintosh, Le mis-sioni avanzate inglesi e la battaglia degliAppennini, in: L. Bergonzini, La lotta arma-

ta, Bari, De Donato, 1975, pp.541-576; B.Davidson, Scene della guerra antifascista,Milano, Rizzoli, 1981, pp.372; Federazioneitaliana associazioni partigiane e Specialforces club, No. 1 Special Force and ItalianResistance. N. 1 Special Force nella Resi-stenza Italiana, Bologna, Clueb, 1990, 2volumi; E. Tassinari, Un americano nellaResistenza, Ravenna, Longo, 1992, pp.149;AA.VV., Gli americani e la guerra di libera-zione in Italia. Office secret service (O.S.S.)e la Resistenza italiana, Roma, 1995,pp.366. Testimonianze da p.463 a p.525 inRB5.

Molinaccio, Eccidio di. L’1.10.1944 i parti-giani della bgr Toni Matteotti Montagna siscontrarono con i tedeschi in località CasaManente (Porretta Terme), lungo la statalePorrettana, tra Silla (Gaggio Montano) ePorretta Terme. Nello scontro rimasero uc-cisi 4 militari. Per rappresaglia i tedeschirastrellarono una trentina di persone: alcu-ne militavano nella Resistenza, altre tran-sitavano casualmente, altre ancora abitava-no nella zona. Alcune furono fermate lamattina del 2.10.1944. La sera del 2.10, trale 19 e le 20, un reparto di SS tedesche pre-levò 17 persone dal gruppo dei fermati e lefucilò - meno una che riuscì fortunosamen-te a salvarsi - sul greto del Reno, in localitàMolinaccio di Sotto (Gaggio Montano). Levittime furono inumate sul posto. I lororesti furono casualmente riportati alla lucenel marzo 1945. Mentre un colono stavaarando, un braccio affiorò dalla fossacomune. Le vittime sono: Adelmo Albe-rini*, Paolo Bernardi*, Vittorino Bernar-dini*, Carlo Francesco Cleto Brunetti*,Gino Carboni*, Giuseppe Cinotti*, TullioCinotti*, Silvio Augusto Falci*, GiuseppeGentilini* detto Gentilone, Luigi Lazzari*,Augusto Mogano* detto Gaetano, Dome-nico Mogano*, Menotti Pesciatini*,Antonio Puccinelli*, Pio Stefani*, MarioVellani* e Alfonso Vitali* detto “il muto”.Riuscì a salvarsi Vito Bortolotti*, rimastoquasi indenne sotto i cadaveri dei suoicompagni di sventura. I nomi delle vittimedi quest’eccidio sono stati incisi, con quelli

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d’altre persone morte in eccidi minori,nelle lapidi poste nella cappella del Parcodelle Rimembranze di Gaggio Montano,per cui non è sempre facile identificare iluoghi e le date esatte delle esecuzioni.Non tutti i caduti erano di GaggioMontano e alcuni addirittura toscanideportati nel Bolognese. [O]BI B L I O G R A F I A. E. Biagi, I tedeschi mi hannofucilato, in “Giornale dell’Emilia”, 5.8.1945;Comune di Porretta Terme, L’eccidio diMolinaccio, 2 ottobre 1944.

Mondariso, La. Durante la lotta di libera-zione furono editi 3 numeri del giornale“La mondariso” che aveva il sottotitolo“Organo delle Mondine Bolognesi”.Redatto da Luciano Romagnoli* e SperoGhedini*, fu stampato nella tipografiaGrandi in via Zamboni 90. I 3 numeri usci-rono nel giugno 1944. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.256-7. I testi sono in RB2 da p.611 a p.615.

Monte Bastia, Battaglia di. Tra il 9 e il14.8.1944 i tedeschi, con una serie di azio-ni concentriche e ripetute, tentarono inva-no di sloggiare i reparti della 36a brgBianconcini Garibaldi attestati su e attornoa Monte Bastia, tra Firenzuola (FI) ePalazzuolo sul Senio (FI). Avevano decisoquell’operazione perché la brg si trovavanelle immediate retrovie del fronte, mentregli anglo-americani erano alla vigilia dellaloro offensiva. Pur subendo dure perdite,la brg non abbandonò Monte Bastia e lealture circostanti la cui importanza strate-gica non era minore. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: 36a brg. BianconciniGaribaldi.

Monte Battaglia, Battaglia di. Dopo averesfondato la Linea Gotica al Passo delGiogo e subito dopo al Passo della Futa,nella seconda metà di settembre del 1944,la 5a Armata americana puntò su Firen-zuola (FI) e proseguì in direzione di Casteldel Rio e Imola. L’ultimo bastione naturaleda superare era monte Battaglia, tra Casola

Valsenio (RA) e Castel del Rio. Dopo duricombattimenti il monte e le alture minoridi Monte Carnevale e Monte Cappellofurono conquistati dai partigiani del 3° btgcomandato da Carlo Nicoli*, della 36a brgBianconcini Garibaldi. La mattina del27.9.1944 su Monte Battaglia giunsero ifanti dell’88a div USA, ai quali fu conse-gnato l’importante bastione, dove si trova-no i resti di una fortezza medioevale, a con-ferma dell’importanza strategica della posi-zione. Il comandante del 350° reggimentoamericano nel suo rapporto scrisse: «Il IIBattaglione si impadronì del Battagliasenza opposizione alle ore 14 circa, trovan-do la montagna presidiata da un battaglio-ne di patrioti italiani». Nel pomeriggiodello stesso giorno i tedeschi contrattacca-rono. Respinti, tornarono invano all’attac-co il giorno dopo, poi il 29 e il 30. Parti-giani e americani per 4 giorni combattero-no fianco a fianco. I fanti americani ebberoil cambio da un reparto inglese, il cui uffi-ciale scrisse nel rapporto: «Il castello, tuttoin rovina, è praticamente sotto un bombar-damento continuo. È cosparso di cadaveriamericani a vari gradi di decomposizione.Ce n’abbiamo persino uno che pende ditraverso da una finestra del nostro caposal-do. Siccome ci si può muovere soltanto dinotte, al buio si continuano a calpestareteste, corpi, membra..». Al termine dellabattaglia i partigiani furono disarmati,avviati nelle retrovie e la loro vittoria suMonte Battaglia ignorata nei bollettini diguerra alleati. Ha scritto uno storico ameri-cano: «A dire la verità, benché i censoriproibissero sul momento la notizia, truppepartigiane italiane operanti tra le linee inquesto settore furono le prime a occupareil Monte Battaglia, mantenendolo sinoall’arrivo delle forze americane». [O]BI B L I O G R A F I A. C. Nicoli, Monte Battaglia, inEpopea partigiana, pp.199-202; Comune diCasola Valsenio, Ravenna, La Rocca diMonte Battaglia, Faenza, 1988, pp.20; L.Bergonzini, La battaglia di Monte Battagliavista e vissuta da un partigiano - F.Montevecchi, I giorni del “Blue Devils” sulBattaglia - A. Montemaggi, Monte Batta-

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glia: Kesselring in ginocchio, in Al di qua eal di là della linea Gotica, pp.409-23, 425-32 e 433-72; P. Tompkins, L’altra Resisten-za. La liberazione raccontata da un protago-nista dietro le linee, Milano, Rizzoli, 1995,pp.425; Monte Battaglia. Memorie di guerrae di guerriglia sull’Appennino; N. Galassi,Partigiani nella Linea Gotica.

Moti dei Prati di Caprara. Nel 1874 AndreaCosta e Michele Bakunin promossero unmoto insurrezionale che avrebbe dovutoavere i centri principali in Emilia e in Puglia.Bakunin arrivò a Bologna il 30.7.1874.Costa fu arrestato il 5.8.1874 e il 6.8 il pre-fetto di Bologna sciolse tutte le associazioniinternazionaliste, democratiche e repubbli-cane. Il 7.8 da Imola partirono, diretti aBologna, 150 tra socialisti e repubblicani.L’8 furono fermati a Idice (S. Lazzaro diSavena) e portati a Bologna in catene. ABologna furono fermati altri internazionali-sti nei Prati di Caprara, la zona oggi occu-pata dal Nuovo Ospedale Maggiore. Il16.3.1876 iniziò il processo a Costa e ai con-giurati. Il 16.6.1876 furono assolti. [O]B I B L I O G R A F I A . Vedi: Fascio operaio diBologna. R. Bacchelli, Il diavolo al Ponte-lungo, Milano, Ceschina, 1927, 2 volumi.

Movimento di ricostruzione liberale. Que-sto gruppo politico fu costituito all’iniziodel 1943 da alcuni esponenti di primopiano del PLI, tra i quali Benedetto Crocee Alberto Bergamini*. I suoi dirigenti eser-citarono pressioni politiche verso il re per-ché mettesse fine al regime fascista. Fu unmovimento romano, senza collegamenticon gli ambienti liberali italiani. [O]

Movimento di unità proletaria, (MUP).Questa formazione politica fu costituita aMilano, il 10.1.1943, da alcuni militanti delPSI e del PCI. I principali promotori furo-no Lelio Basso di Milano e DomenicoViotto di Brescia, entrambi del PSI. Basso,schierato su posizioni di estrema sinistra,ha scritto: «Il MUP esprimeva il tentativodi superare le passate divisioni del movi-mento operaio fra socialisti e comunisti,

ritenendo che la storia avesse posto all’or-dine del giorno una concreta lotta per latrasformazione socialista della società, nelsenso di un’insurrezione armata e di unapresa del potere di modello leninista, ma diintervento continuo e progressivo nellestrutture e nei meccanismi sociali e neivalori culturali che costituivano la giustifi-cazione ed assicuravano la difesa del regi-me capitalistico, provocando in tal modouna serie di equilibri più avanzati». Per lacostituzione di sezioni provinciali delMUP, si tennero riunioni in numerose cit-tà italiane. A Bologna ebbe luogo il12.12.1942 in via Castiglione 42. Oltre aBasso, intervennero esponenti del PSI, delPRI e del PLI. Aderirono al nuovo gruppopolitico solo alcuni esponenti del PSI ed exmilitanti del PSUI. Il gruppo dirigente delMUP risultò così formato: FernandoBaroncini* segretario, Enrico Bassi*, Giu-seppe Bentivogli*, Gianguido Borghese*,Alfredo Calzolari*, Giacomo Donati*,Paolo Fabbri* e Renato Tega*. Erano tuttidi orientamento riformista. Nel periodobadogliano, subito dopo la caduta delfascismo, i dirigenti del MUP si interroga-rono sul loro futuro, consapevoli com’era-no di essere poco omogenei politicamente,oltre che scarsi di numero. A questo pro-posito Basso ha scritto: «Si pose subito l’al-ternativa tra la sopravvivenza come grup-puscolo senza importanza, destinato soload agitare idee, e la fusione con il PSI. Inun momento in cui l’apporto di giovanienergie poteva ancora apparire un preziosocontributo per i dirigenti di quel partito;mentre il PSI stesso, destinato a diventareun partito di massa, poteva offrire allenuove idee dei fondatori del MUP un ter-reno suscettibile di fecondazione». Nelmese di agosto si tennero numerose riunio-ni tra PSI e MUP - clandestine perché nonerano state ripristinate le libertà democra-tiche - al termine delle quali fu deciso diprocedere all’unificazione. Per prepararel’operazione furono promosse riunioniregionali. A Bologna si tenne nella primasettimana di agosto nello studio di RobertoVighi*, in via S. Stefano 18, presente Pietro

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Nenni. Delegati del PSI e del MUP eranogiunti da quasi tutte le città della regione.All’unanimità fu decisa la fusione. Baron-cini fu eletto segretario provinciale. Il 24 e25.8.1943 a Roma si svolse il congresso diunificazione nazionale, al termine del qualefu costituito il PSUP (Partito socialista diunità proletaria), divenuto PSIUP in segui-to. La delegazione bolognese era compostada Baroncini, Bentivogli, Borghese e Fab-bri del MUP e da Verenin Grazia*, Carmi-ne Pastore Mancinelli* e Alberto Trebbi*del PSI. Borghese e Fabbri entrarono a farparte della direzione del partito. [O]BI B L I O G R A F I A. E. Trombetti, Ritorno allalibertà; L. Basso, Il Partito socialista italia-no, Milano, Nuova accademia, 1958,pp.174; N.S. Onofri, I socialisti bolognesinella Resistenza, Bologna; L. Basso, Movi-mento di unità proletaria, in Enciclopediadell’antifascismo e della resistenza, Milano,La Pietra, 1968, 3 vol, pp.837-8.

Mulo, Il. Cesare Algranati* - ma firmavaRocca d’Adria - nel 1902 assunse la dire-zione “L’Avvenire d’Italia”. Nel 1907 deci-se di pubblicare un giornale per controbat-tere la propaganda anticlericale de“L’Asino”. Promosse una sottoscrizionepopolare e con il provento allestì LaCromotipografia bolognese in via Marsala8 a Bologna. Il 10.11.1907 uscì il primonumero de “Il Mulo” con il sottotitolo“Periodico settimanale anticanagliesco”,divenuto qualche tempo dopo “Settima-nale anticanagliesco”. Nella nota di presen-tazione, Algranati scrisse che il giornaleavrebbe combattuto la «stampa settaria epornografica». Primo direttore fu AgostinoCeccaroni, redattore de “L’Avvenire d’Ita-lia”, anche se il quotidiano cattolico tennesempre le distanze dal “Mulo” e separate leamministrazioni. Di fatto il giornale era diproprietà di Algranati. L’autore delle tavo-le a colori fu quasi sempre Guido MoroniCelsi - a volte firmava Stern - che non erameno bravo del più famoso GabrieleGalantara de “L’Asino”, il quale firmavaRata Langa. Nonostante il successo diffu-sionale - nel secondo numero si legge che i

distributori avevano richiesto 250 milacopie - “Il Mulo” non ebbe una vita facilee Algranati dovette sempre coprire il passi-vo. Licenziato dal quotidiano cattolico nel1910, si dedicò interamente al settimanale.Suoi nemici dichiarati furono il PSI, il sin-dacato e la massoneria. All’inizio simpatiz-zò con i fascisti, per ricredersi quasi subito.La scelta antifascista divenne totale dopo ildelitto Matteotti e l’uccisione di donMinzoni. Il 21.8.1924 il prefetto fecesequestrare il giornale per una vignetta chemostrava Matteotti morto e per un’altranon specificata nel rapporto inviato algoverno. A suo parere si trattava di «incita-mento alla guerra civile». Nel rapportoaggiunse che il giornale «è sempre veleno-sissimo e contro di esso e del suo direttoreRocca d’Adria serpeggia gravissimo mal-contento». Il numero 34-35 del “Mulo”uscì il 24.8.1924 con due spazi bianchi. Il16.11.1924 altro sequestro per avere pub-blicato una vignetta sull’aula di Monte-citorio: la parte destra della sala era affolla-ta e quella sinistra deserta e vi campeggia-va una croce. Secondo il prefetto il giorna-le aveva compiuto i reati di «vilipendio alleistituzioni», «incitamento all’odio di clas-se» e «perturbamento dell’ordine pubbli-co» (ASB, GP, 1924, b. 1.406, cat.7, fas.2,“Sequestro del giornale Il Mulo”). “IlMulo” uscì con la copertina bianca. Inseconda pagina - in una nota per la campa-gna degli abbonamenti - Algranati scrisse:«Nati per combattere l’eresia e la violenzasocialista, quando mezze coscienze nonprevedevano neppure tutto il male che ilsocialismo avrebbe fatto in mezzo al popo-lo cristiano, e ci tacciavano di esagerazione,ci troviamo oggi a combattere una violenzaassai maggiore ed un’eresia non meno esi-ziale: il fascismo». In un rapporto in data22.10.1924 il prefetto informò il governoche “Il Mulo” era sovvenzionato dal PPI eche aveva una diffusione «discreta». Il4.1.1925 la redazione fu assalita dai fascistie distrutta. Quella che si riteneva una brevesospensione delle pubblicazioni, per ripa-rare i danni, divenne definitiva dopo il31.1.1925 per la morte di Algranati. [O]

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BI B L I O G R A F I A. F. Cristofori, Bologna comerideva. I giornali umoristici dal 1859 al1924, Bologna, Cappelli, 1973, p.317 eseguenti. Un carteggio sul giornale è inACS, PS, Cat.F1, 1894-1926, b. 5, fas.12-13.

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Noi donne. Nel maggio 1944, a cura deiGDD, fu edito il giornale “Noi donne” cheaveva il sottotitolo “Organo dei Gruppi didifesa della Donna e per l’assistenza aiCombattenti della libertà”. Era dattiloscrit-to. In dicembre, sempre a cura dei GDD,fu edito “La Voce delle donne”. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.280-4. I testi sono in RB2 da p.603 a p.607.

O

Occupazione delle fabbriche. Negli anniprefascisti furono promosse numerose oc-cupazioni di terre, ma poche d’aziendeindustriali. Il fenomeno più importante siebbe nel settembre 1920 quando la FIOM -dopo avere conquistato le 8 ore di lavoronel 1919 - iniziò le trattative per stabilire, suscala regionale, i minimi di paga delle cate-gorie. Il 13.8.1920 la trattativa fu interrottae il 21 i lavoratori scesero in sciopero. Il30.8.1920 la Romeo di Milano dichiarò la“serrata” e i lavoratori risposero con l’occu-pazione. Subito dopo i principali complessiindustriali dell’Italia del nord furono occu-pati. A Bologna - caratterizzata dalla pre-senza d’aziende medio-piccole - il fenome-no ebbe dimensioni modeste. Al termine diuna non facile trattativa - con la mediazionedel governo che promise una forma di con-trollo operaio - fu raggiunto un accordo

nazionale, approvato a larga maggioranzada un congresso straordinario della FIOM.Le fabbriche furono restituite ai proprieta-ri, ma il controllo operaio - anche a causadella reazione fascista scatenata poco doponel paese - restò sulla carta. [O]BI B L I O G R A F I A. L’occupazione delle fabbriche.Relazione del Comitato centrale della Fiomsull’agitazione dei metallurgici italiani.Luglio-settembre 1920, Torino, 1921; M.Finzi, L’occupazione delle fabbriche. Il feno-meno della occupazione delle fabbriche inItalia. La incriminazione del fatto nel nuovocodice italiano, Bologna, Cappelli, 1935,pp.183; A. Colombi, L’occupazione dellefabbriche, Roma, Edizioni CDS, 1950,pp.72; P. Spriano, L’occupazione delle fab-briche. Settembre 1920, Torino, Einaudi,1964, pp.213; Settembre 1920: l’occupazio-ne delle fabbriche a Bologna, in Fascismo eantifascismo nel bolognese 1919-1926, “8°Quaderno de ‘La Lotta’”, 1969, pp.25-6;E. Zanelli, Ricordata l’occupazione dellefabbriche a Imola nel 1922, in Fascismo eantifascismo nel bolognese 1919-1926, “8°Quaderno de ‘La Lotta’”, Bologna, 1969,p.52; C. Vallauri, Il governo Giolitti e l’oc-cupazione delle fabbriche, Milano, Giuffrè,1971, pp.LXXV+149; B. Dalla Casa, Ilmovimento operaio e socialista a Bolognadall’occupazione delle fabbriche al patto dipacificazione, in Movimento operaio e fasci-smo nell’Emilia-Romagna, 1919-1923, p.3-68; N.S. Onofri, La strage di Palazzo d’Ac-cursio.

Office of strategic services, (OSS).Istituito nel 1942, l’Office of strategic ser-vices (OSS) era il servizio segreto d’infor-mazioni dell’esercito USA. Il reparto cheoperava in Italia, formato in buona parteda italo-americani, era comandato dalcolonnello Max Corvo, figlio di siciliani.Per tutto il periodo della guerra tenne con-tatti con le forze della Resistenza e inviònumerose missioni militari nella zona occu-pata dai tedeschi. Era diviso in due sezioni:Servizio informazioni (SI) e Servizio opera-zioni (SO). All’interno dell’OSS operaval’Organizzazione resistenza italiana (ORI)

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diretta da Raimondo Craveri. Era direttoda elementi liberal, ma anche da alcuniiscritti al partito comunista americano. Inmassima parte si trattava d’uomini di cul-tura e professori universitari, mentre eranopochi i militari di carriera. Nel 1948 l’OSSfu ristrutturato e assunse il nome di Centralintelligence agency (CIA). [O]BI B L I O G R A F I A. R. Craveri, Un servizio segre-to, in “Mercurio”, n.16, dicembre 1945,pp.104-10; R. Craveri, La Campagnad’Italia e i servizi segreti. La storia dell’ORI(1943-1945), Milano, La Pietra, 1980,pp.335; F. Fucci, Spie per la libertà. I servi-zi segreti nella Resistenza italiana, Milano,Mursia, 1983, pp.414; L. Mercuri, Guerrapsicologica, La propaganda anglo-americanain Italia (1942-1946), in “Archivio trime-strale”, Roma, 1983 pp.276-84; G.Petracchi, “Intelligence” americana e parti-giani sulla Linea Gotica, I documenti segre-ti dell’OSS, Foggia, Bastogi, 1992, pp. 220;E. Tassinari, Un “Americano” nella Re-sistenza, Ravenna, Longo, 1992, pp.149; G.Petracchi, Al tempo che Berta filava. Alleatie patrioti sulla Linea Gotica (1943-1945),Milano, Mursia, 1995, pp.246; P. Tom-pkins, L’altra Resistenza. La liberazione rac-contata da un protagonista dietro le linee,Milano, Rizzoli, 1995, pp.426; Gli america-ni e la guerra di liberazione in Italia: Officeof strategic services (OSS) e la Resistenza,Roma, 1995, pp.366; D. Ellwood, Gli allea-ti e la Resistenza, in Dizionario della Resi-stenza, Torino, Einaudi, pp.242-253, vol.I.

Opera nazionale balilla, (ONB). Era l’or-ganizzazione paramilitare della gioventùdurante il fascismo. L’iscrizione era obbli-gatoria e senza la tessera dell’ONB non sipoteva accedere alle scuole elementari,medie e superiori. Istituita con la legge n.2.247 del 3.4.1926, fu trasformata inGioventù italiana del littorio (GIL) conlegge n. 1.839 del 27.10.1937. La strutturaera quella della MVSN. L’ONB dipendevadal PNF e dal ministero dell’Educazionenazionale, con i quali promoveva iniziativeparamilitari, sportive, culturali e assisten-ziali. Sino ai 7-8 anni i giovani militavano

nei Figli della lupa, sino ai 14 nei balilla,poi negli avanguardisti e dopo i 18 neiFasci giovanili. A 21 si accedeva al PNF, lacui iscrizione non era automatica. Mentregli adulti potevano scegliere o no di iscri-versi al PNF - ma senza la tessera non erapossibile accedere agli impieghi pubblici - igiovani erano costretti ad iscriversiall’ONB prima e alla GIL poi. Senza la tes-sera non si entrava a scuola. Si spiega cosìperché nel 1940 a Bologna gli adulti iscrit-ti al PNF erano 117.472 contro i 151.303iscritti alla GIL, cioè la totalità dei giovaniin età scolare. [O]BI B L I O G R A F I A. Il manuale del balilla e dell’a-vanguardista, Roma, Libreria del littorio,sd, p.186; R. Domenghini, Il manuale delbalilla e dell’avanguardista, Roma, sd,pp.186; P. Caporilli, Il fascismo e i giovani,Roma, Ardita, 1932, pp.203; Opera nazio-nale balilla, Comitato provinciale diBologna, Attività dell’anno XII, Bologna,1935, pp.24; Gioventù italiana del littorio,in Panorami di realizzazioni del fascismo,Roma, 1942, vol. III, pp.423-38; R. Pati-tucci, Opera nazionale balilla ovvero operanazionale per la gioventù, Bologna, 1958,pp.136; M. Addis Saba, Gioventù Italianadel Littorio. La stampa dei giovani nellaguerra fascista, Milano, Feltrinelli, 1973,pp.269; C. Betti, L’Opera nazionale balilla el’educazione fascista, Firenze, La NuovaItalia, 1984, pp.199 (Pubblica una biblio-grafia); L. Casali, Fascismi, Bologna,CLUEB, 1995, pp.432.

Operazione radio. Nel giugno 1944 - maaddirittura nel maggio, secondo altra ver-sione - l’esecutivo del PdA di Bologna esa-minò il problema del salvataggio delladotazione di radio dell’Istituto “LuigiGalvani” dell’Ospedale S. Orsola, unadelle più importanti nel nostro paese. Sitrattava di un grammo abbondante dimateriale radioattivo che, in moneta dell’e-poca, valeva oltre 100 milioni. Il proprieta-rio - il Centro bolognese per lo studio e lacura del cancro - l’aveva dato in uso all’u-niversità per la cattedra di radiologia.Massenzio Masia*, responsabile del PdA,

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era del parere che dovesse essere salvato,dal momento che i tedeschi avevano giàrazziato le dotazioni degli istituti sanitaridel centro e dell’Italia meridionale. La que-stione fu portata all’esame del CLNER, ilquale incaricò il PdA di predisporre il sal-vataggio, in accordo con il personaledell’Istituto. Contemporaneamente - masenza l’autorizzazione del CLNER - analo-ga operazione fu intrapresa da AlessandroNovaro e Rino Pancaldi* del PCI che chie-sero invano un incontro con il prof.Giovanni Giuseppe Palmieri* direttoredell’Istituto. Il PdA incaricò Mario Bastia*,Filippo D’Ajutolo* e Ferdinando Rozzi* dimettere a punto il piano. Essendo medico,D’Ajutolo s’incontrò con i dirigenti del-l’Istituto, mentre Rozzi curò l’organizza-zione per mettere in salvo i sanitari e le lorofamiglie. Verso la metà di giugno Bastia eD’Ajutolo incontrarono separatamentePalmieri e il suo aiuto Giovanni Ferdi-nando Gardini*. Presso i due intervenneanche Armando Businco*, un illustre clini-co iscritto al PdA. I primi approcci anda-rono a vuoto. Ha scritto D’Ajutolo chenonostante «la indefessa e logorante attivi-tà di Mario Bastia e dei suoi collaboratori,non potemmo ottenere nulla, per una rilut-tanza che a noi apparve per lo meno stranaad aderire alle nostre richieste». Quasi cer-tamente, i dirigenti dell’Istituto non capi-rono e sottovalutarono il pericolo della raz-zia, anche se Palmieri ha scritto: «Fino dal-l’epoca immediatamente successiva all’ar-mistizio dell’8 settembre 1943 e all’occupa-zione tedesca era balenato il dubbio di unapossibile requisizione del radio e si erapensato anche ad un suo trasferimento epersino di un furto di esso». Inoltre, è piùche probabile che Palmieri fosse restio aintraprendere un’operazione che avevatutti i crismi dell’illegalità, anche se il fineera nobile. Un altro ostacolo fu quello dellasicurezza dei familiari del professore. Hascritto Palmieri: «Io d’altronde non posifin dall’inizio altra condizione, se non quel-la della salvaguardia dei miei». È pure pro-babile che Palmieri avesse avuto delle pre-cise garanzie da qualche responsabile del-

l’università, il cui rettore era GoffredoCoppola, uno dei massimi dirigenti delPFR di Bologna. In proposito ha scrittoche il radio «ad onta di assicurazioni date-mi da quei mancatori di fede e per le qualiavevo ingenuamente sperato, parve esserepreso di mira dai tedeschi». Ebbe la cer-tezza di essere sotto il mirino tedesco il30.6.1944 quando «fui avvertito che misarebbe stata requisita una parte di questo:il dì seguente, sabato I° luglio, mi fu pre-sentato l’ordine di requisizione, con l’an-nuncio che il ritiro sarebbe avvenuto in ungiorno prossimo». Anche se tra Palmieri eBastia - che aveva preso in mano la que-stione, con la supervisione di Masia - furo-no intensificati i contatti per mettere apunto un piano, parte del materiale andòperduto. Ha scritto Palmieri: «Lunedì 10luglio - triste data negli annali del nostroistituto - mentre più fervevano i preparati-vi per sistemare le varie fasi del nostro“colpo”, vennero all’improvviso i tedeschi,con un’automobile armata di mitragliatri-ce, a prendersi la parte di radio requisita,cioè la metà della nostra intera dotazione»(Questa e le precedenti citazioni sono trat-te da: G.G. Palmieri, Gianni Palmieri).Palmieri - al termine di lunghi colloquitelefonici con Coppola - pretese che fossepresente un funzionario autorizzato dalrettore. Alla bisogna si prestò CesareGheduzzi, segretario capo dell’università ecugino di Palmieri. Prima di sottrarre que-sto bene pubblico all’università per conse-gnarlo ad un ufficiale dell’esercito invaso-re, Gheduzzi ebbe una telefonata con il ret-tore e pretese una lettera scritta e firmata.L’autorizzazione - ma Coppola esitò primadi firmare ed è probabile che abbia avutopressioni dall’alto - gli fu data con lettera alui indirizzata, su carta intestata dell’uni-versità. La missiva portava l’indicazione:Pos. 43, Prot. 1643 e la data 10 luglio ‘44XXII. Questo l’oggetto «Requisizione delradio da parte delle autorità tedesche». Iltesto: «Vi dò atto che il giorno 10 luglio alleore 15,30, poiché per incarico del Prof.Palmieri mi avete telefonato che i rappre-sentanti dell’autorità germanica esigevano

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l’immediata consegna del mezzo grammodi radio in dotazione all’istituto di radiolo-gia e che nessuna altra dilazione era possi-bile, io vi ho autorizzato a prendere in con-segna dal Prof. Palmieri stesso il dettoquantitativo di radio e di consegnarlo alleautorità germaniche rappresentate dall’ing.Dessauer, dietro regolare ricevuta». Segui-va, a penna, la firma del rettore, sotto il suonome scritto a macchina (ASB, Corte d’ap-pello penale, Processi corte d’assise straor-dinaria, fas.249, 1945). Per la verità storicava detto che l’8.5.1945 il Palmieri, in unesposto al questore, ha scritto: «..ho appre-so solo ora al mio ritorno, che il RettoreCoppola si era deciso, qualche giorno dopoil nostro ultimo colloquio, a firmare unadichiarazione retrodatata al 10 luglio.. »(ASB, Idem). In tema di trafugamento diradio - ma, certamente, si tratta di unaseconda dotazione appartenente ad altroistituto - il prof. Guido Guerrini all’epocaPro-rettore, ha scritto: «Un altro giornoche ero in Istituto mi capitò addosso unenergumeno, un ufficiale delle S.S., il qualemi chiese di consegnargli il Radium cheavevamo in dotazione. Gli dissi che diRadium in dotazione nell’Istituto non neavevamo. Quello minacciò, se non obbedi-vo, di farmi arrestare dai suoi uomini che loaspettavano di fuori. Gli risposi che erodesolato di non possedere la verga di Mosèper far nascere quello che non c’era e più iome ne stavo tranquillo, più l’energumeno siarrabbiava, fino a quando se ne andò sbat-tendo l’uscio e preannunciandomi cheavrei passato un grosso guaio. Il guaio nonvenne, ma il bello è in ciò: che la capsulacon dentro il Radium era lì sul tavolo che lasi vedeva e l’energumeno non la vide» (G.Guerrini, Ricordi di un universitario,p.144). Nonostante la razzia del 10.7 - maquasi certamente avvenne l’11 - tra Bastia ei dirigenti dell’istituto non fu possibile tro-vare una soluzione sollecita, perchéPalmieri si rifiutava di consegnare il mate-riale residuo. Ha scritto Rozzi che «eraassillato fra il dovere e la sua responsabili-tà nei confronti dei propri familiari». Ma,alla fine, si convinse. Ha scritto D’Ajutolo:

«Per riuscire a porre in salvo la metà resi-dua occorsero nuove, molto e molto pesan-ti pressanti richieste e - mi fu detto - anchequalche minaccia». Fu Bastia a forzare lamano a Palmieri. In un primo tempo fudeciso che Bastia e Gino Onofri* avrebbe-ro dovuto presentarsi all’Istituto per prele-vare il materiale. Poi il piano fu cambiato.Il 24.7 Palmieri si recò a Villa Torri - laCasa di cura di Gardini in viale Filopanti12 - con il prezioso e pericoloso materialesotto il braccio. Ha scritto: «Io ero andatosulle 5 del pomeriggio all’Istituto perasportare il radio e le rispettive guained’oro platinato, il tutto già chiuso in appo-siti scrigni di piombo e in una scatoletta dilatta, nascondendo provvisoriamente ognicosa, sia pure a fatica, entro una comunebusta di pelle per carte». In un eccesso dilegalitarismo, Palmieri chiese e ottenne daBastia questa dichiarazione scritta: «Ricevodal Pr. Palmieri n.81 guaine di oro platina-to e mg 503 Radio in astucci come da notecontrollate. Come delegato del P.d.A. (lo)ringrazio personalmente in questo momen-to tanto atteso di essersi prestato in modotanto elevato per porre in salvo ciò cheancora restava nell’Istituto del Radio dopoil prelevamento tedesco. Farò noto imme-diatamente ciò al C.L.N. e m’impegno(per) la restituzione di tutto ciò al Pr.Palmieri a liberazione avvenuta. p. il P.d.A.Marroni». Era il nome di battaglia diBastia. Ha scritto Palmieri: «A mia volta glirilasciai una lettera a firma mia, destinata alComitato di Liberazione, una specie ditestamento morale, che poi cadde nellemani delle brigate nere quando furonoimprigionati (Luigi) Zoboli e (Armando)Quadri» (G.G. Palmieri, Gianni Palmieri).Firmando quella lettera, Palmieri compì unatto nobile, ma non necessario - se nonaddirittura inopportuno in quelle tragichecircostanze - e gravido di pericoli. Unavolta consegnato il materiale, Palmieri rag-giunse Firenze su un’auto guidata da MarioGiurini*. Era accompagnato dalla segreta-ria dell’istituto e da Gardini. Il giornoprima la madre di Palmieri, la moglie e lefiglie avevano trovato ospitalità nel castello

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di Filippo Cavazza* a S. Martino deiManzoli (Minerbio). Il figlio GiovanniBattista*, detto Gianni, non volle partire esi aggregò alla 36a brg BianconciniGaribaldi. Bastia portò il radio nell’abita-zione di D’Ajutolo in via S. Vitale 57. Dopoaverlo tenuto per qualche giorno nella suaCasa di cura in via Torleone 17, il 7.8D’Ajutolo lo riportò nella sua abitazione elo seppellì in cantina, sotto un cumulo dicarbone, aiutato dalla sorella Maria*, daBastia e da Armando Quadri*. Il 26 o 27.7un ufficiale tedesco si presentò all’istituto echiese invano di parlare con Palmieri. Se neandò, ma, come ha scritto l’infermieraFernanda Fini* - che, in precedenza, avevatentato di presentare Pancaldi a Palmieri -qualche giorno dopo tornò «accompagna-to da due militi fascisti armati di mitra e dauno scassinatore prelevato dalle carceri diSan Giovanni in Monte» [...] «Il detenutoarmeggiò a lungo nel tentativo di trovare lacombinazione giusta, poi dovette ricorrerealla fiamma ossidrica. Finalmente la cassa-forte si aprì e risultò completamentevuota». Anche l’appartamento di D’Aju-tolo - oramai lontano da Bologna - fu per-quisito invano. Il radio fu riconsegnato aPalmieri l’8.5.1945, nel corso di una ceri-monia nell’appartamento di D’Ajutolo, allaquale non intervennero Bastia, Giurini,Masia, Onofri, Quadri, Luigi Zoboli* e ilfiglio Giovanni Battista caduti durante lalotta di liberazione. Erano presentiAntonio Zoccoli* presidente del CLNER,Palmieri, Gardini, D’Ajutolo, il prefettoGianguido Borghese*, il questore RomoloTrauzzi*, Angelo Gheduzzi presidente delCentro bolognese per lo studio e la curadel cancro e padre di Cesare, Businco, ilrettore Edoardo Volterra*, PietroCrocioni* segretario del PdA, la signoraLeda Orlandi* vedova Bastia, la signoraAmorina Testoni* vedova Quadri, VereninGrazia* segretario del CLNER e gli ufficia-li alleati col. Lendon Snedeker e cap. WillisE. Pratt. Il notaio Edoardo Pilati stese unatto voluto da Volterra, d’intesa conPalmieri, perché, come scrisse lo stessoVolterra, «Occorreva quindi trovare per la

riconsegna un procedimento giuridico checonstasse nella forma più rigorosa possibi-le la riconsegna, identificasse nel modo piùassolutamente certo le cose che venivanoconsegnate all’università, scagionasse edesentasse da ogni possibile responsabilitàgli autori del salvamento ed anzi ponessegiuridicamente in luce il loro eroico com-portamento e lo stato di necessità nel qualeavevano dovuto agire. Nello stesso tempofissasse in modo definitivo e sicuro in guisada non potersi mai mutare, smentire, cor-reggere o aggiungere i fatti che erano staticompiuti». Il radio fu riportato alla lucealla presenza di tutti gli intervenuti e ricon-segnato a Palmieri e Gardini, i quali - comeattestò il notaio nel documento - accertaro-no che si trattava dello stesso materialeconsegnato a suo tempo a Bastia. Il prezio-so materiale fece così ritorno - con unaimponente scorta di agenti - all’IstitutoGalvani. L’atto notarile - che riportava laversione dei sopravvissuti e che «non fecefavorevole impressione» a Gardini - nonevitò che, poco tempo dopo, fosse apertauna polemica, per chiarire meriti e respon-sabilità. “La Squilla”, il settimanale sociali-sta, il 21.7.1945 pubblicò una nota dal tito-lo Sarà proprio vero?, nella quale posemolte domande al mondo accademico sul-l’opera di epurazione in corso e su altriargomenti tutti di carattere universitario.Tra l’altro, si chiese: «È vero che non tuttoè limpido e convincente nella storia roman-zata del radio?». “La Voce Liberale” - ilsettimanale del PLI al quale Palmieri eGardini erano iscritti, mentre Gardini erail rappresentante liberale nel CLN dell’uni-versità - il 27.7.1945 pubblicò una lungalettera a firma Palmieri, Gardini, Novaro ePancaldi, nella quale era esposta la versio-ne dei due clinici. La lettera, sotto il titoloMessa a punto sulla storia del radio, non eraseguita da commenti. Anche “la lotta”, ilsettimanale del PCI, pubblicò senza com-menti la lettera, il 27.8, sotto il titolo “Storiaromanzata del radio”. Per la verità storica.L’11.8, su “Giustizia e libertà”, il settima-nale del PdA, apparve il testo del rogitonotarile senza una riga di commento. Il

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25.8.1945 “La Squilla” pubblicò unaseconda nota dal titolo Dubbi e quesiti sullastoria del radio (Non è per pignoleria e nonè per amor di polemica!...). Scrisse che

Palmieri aveva minacciato di dare querela,ma non spiegato perché avesse impiegatoquasi un mese per consegnare il radio aBastia. Pose otto interrogativi a Palmieri e

Con questa lettera il rettore dell’università prof. Goffredo Coppola autorizzò il segretario capodell’ateneo a consegnare ai tedeschi la dotazione di radio dell’Ospedale S. Orsola.

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scrisse: «..esigiamo semplicemente, e cre-diamo di averne il diritto, una conoscenzaprecisa dei fatti e delle circostanze relativealla consegna fatta ai tedeschi del mezzogrammo di radio». Dopo un mese il CLNprese posizione con una nota apparsa suiquotidiani il 21.9.1945 e, in seguito, sui set-timanali. Il testo: «Il CLNR Emilia Roma-gna uditi i membri che facevano parte delC.L.N. nel periodo cospirativo, dichiarache il prof. Giangiuseppe Palmieri si è ado-perato ad impedire che il radio venisse sot-tratto alla clinica universitaria di Bolognain quella quantità che, nelle condizioni delmomento, in cui egli ha agito, era possibileimpedire che venisse sottratta, facendo inpieno il proprio dovere e che altrettantohanno fatto tutti gli altri a qualunque parti-to appartenessero, operando allo stessofine su disposizione del Comitato di L. N.predetto». Il 29.9.1945 “La Squilla” pub-blicò una terza nota, firmata Ingenuus, daltitolo La storia del radio. Scrisse chePalmieri continuava a non rispondere e glichiese se era corrispondente al vero chefosse «stato minacciato che si sarebbericorso alla maniera forte se non si fossedeciso a mettere in salvo il radio». Palmierinon rispose, ma il 10.10 fece una singolaredichiarazione quando Cesare Gheduzzi –arrestato il 3.5.1945 - comparve davantiall’Assise straordinaria per rispondere di 8reati, compreso quello di «collaborazioni-smo con il tedesco invasore». L’imputato sidifese asserendo «che la parte da lui soste-nuta si limitò a quella di comparsa e che lapresenza all’atto di consegna del radio fuordinato per telefono dall’allora Rettoreprof. Coppola, il quale poi rilasciò unadichiarazione scritta che esonerava ilGheduzzi da qualsiasi responsabilità».Palmieri, Gardini e Novaro difeseroGheduzzi, la cui opera «non ha avuto alcu-na influenza nella consegna del radio giàstabilita in accordo con i rappresentanti delmovimento cospirativo e che permise dioccultare un’altra eguale quantità del pre-zioso medicamento». (L’affare del radio alleAssise straordinarie, in il “Giornale del-l’Emilia”, 11.10.1945). Il PdA prese le

distanze dalla versione dei tre clinici. In uncomunicato affermò che «nessuno dei pro-pri componenti, né, per quanto gli risulti,nessuno di coloro che facevano capo alCLN, ha mai, nel periodo cospirativo, con-cordato o autorizzato sotto qualsiasi forma,la consegna del radio ai tedeschi. Il salva-mento della seconda metà del radio avven-ne, come risulta dalle concordi dichiarazio-ni dei rappresentanti dei vari Partiti, rac-colte nell’atto a rogito del notaio dott.Pilati in data 9 maggio 1945, in maniera deltutto indipendente dall’avvenuta consegnaai tedeschi effettuata dalle autorità univer-sitarie fasciste del tempo». (Precisazione delPdA nella questione del radio, in il “Gior-nale dell’Emilia”, 13.10.1945). La polemicanon ebbe seguito per rispettare la memoriadi Giovanni Battista Palmieri, caduto com-battendo contro i tedeschi a Cà di Guzzo,sull’Appennino Imolese. La dotazione diradio sottratta dai tedeschi - con la compli-cità delle autorità fasciste e del rettoreCoppola - fu ricuperata nel 1948 inGermania dall’esercito americano e resti-tuita all’università. [O]B I B L I O G R A F I A . G. Palmieri, Gianni Pal-mieri, 1921-1944; Episodi della Resistenza:La sottrazione del radio ai tedeschi, in“Emilia”, n.12 del 1950, pp.373-6; P.Crocioni, Il salvataggio del radio e la lottaall’Università di Bologna, in Storia dell’anti-fascismo italiano, p.283; P. Crocioni,Operazione radio, in Bologna è libera, p.67.Testimonianze e documenti in RB3 da p.608 a p.659.

Organizzazione Todt. Diretta dall’inge-gnere Fritz Todt, fu l’organizzazione cherealizzò tutta una serie di opere edili fun-zionali al conflitto che la Germania nazistaaveva in animo di scatenare. La Todt, a par-tire dal 1938, perfezionò e potenziò la reteautostradale tedesca, indispensabile peruna guerra di movimento, e il sistema forti-ficato sul confine francese chiamato LineaSigfrido. Nei paesi occupati si servì di manod’opera coatta per costruire grandi opere didifesa come il Vallo Atlantico in Francia e laLinea Gotica in Italia. Da un rapporto, in

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data 5.7.1944, del prefetto Fantozzi risultache la Todt impiegava a Bologna oltre 7mila operai. [O]BI B L I O G R A F I A. E. Collotti, OrganizzazioneTodt, in Dizionario della Resistenza, Torino,Einaudi, 2000, vol. I, p.63.

Organizzazione di vigilanza e repressionedell’antifascismo, (OVRA). L’Ovra fu unadelle principali organizzazioni polizieschedel regime fascista, della quale si conoscenon molto, compreso il nome esatto.Secondo alcune versione si sarebbe chia-mata Organizzazione di vigilanza e repres-sione dell’antifascismo e secondo un’altraOrgano di vigilanza dei reati antistatali.Alla fine del 1927 fu insediato a Milano unispettorato generale di PS - che assumerà ilnome non ufficiale di Ovra nel 1930 - conil compito di vigilare sul movimento antifa-scista e in particolare sul PCI. Questo orga-nismo era sottratto al controllo delle pre-fetture e delle questure. Faceva capo alladivisione della polizia politica e rispondevadirettamente al capo della polizia e al mini-stro dell’Interno, cioè a Mussolini. A que-sto ispettorato se ne aggiunsero, in seguito,altri dieci. Diretta dai migliori funzionari dipolizia, si avvalse di tutti gli organismi dipolizia giudiziaria, compresi il SIM e i cara-binieri. Fu pure istituita una rete capillaredi informatori che operava su tutto il terri-torio nazionale. I delatori furono reclutatiin tutti i ceti e luoghi di lavoro. A Bologna(con giurisdizione sull’Emilia-Romagna,Toscana e Marche) nel 1928 fu istituito ilsecondo ispettorato, chiamato poi II zona.Primo responsabile fu Giuseppe D’An-drea, un poliziotto tanto preparato, quantospietato. Gli antifascisti che passavanodagli uffici dell’Ovra subivano percosse etorture. A D’Andrea successe, il 12.9.40,Mariano Norcia. L’1.3.1943 fu nominatoArmando Giglio. Nei rapporti del prefettol’ispettorato era definito «l’Ufficio del-l’Ispettore generale di PS comm. D’An-drea», «l’Organismo del comm. D’An-drea» e «l’organismo dell’OVRA». L’Ovrafu sciolta dopo la caduta del regine, nelluglio 1943. Non fu ricostituita durante la

RSI, anche se taluni funzionari, come Gi-glio a Bologna - rimasto al suo posto anchedurante il periodo badogliano - continuaro-no ad operare con lo stesso incarico. [O]BI B L I O G R A F I A. Elenco nominativo dei confi-denti dell’OVRA, in “Gazzetta ufficiale”, 2luglio 1946, supplemento ordinario aln.145; C. Senise, Quando ero capo dellapolizia, Roma, Ruffolo, 1946, p.X+297; G.Leto, Ovra, fascismo e antifascismo,Bologna, Cappelli, 1952, pp.262; E. Rossi,La pupilla del Duce, l’OVRA, Parma,Guanda, 1956, pp.142; G. Leto, Poliziasegreta in Italia, Roma, Bianco, 1961,pp.249; Lettere all’Ovra di Pitigrilli, a curadi D. Zucaro, Firenze, Parenti, 1961,pp.154; F. Martinelli, L’OVRA. Fatti eretroscena della polizia politica fascista,Milano, De Vecchi, 1967, p.610; Una spiadel regime, a cura di E. Rossi, Milano,Feltrinelli, 1968, pp.291; U. Guspini,L’orecchio del regime. Le intercettazionitelefoniche al tempo del regime, Milano,Mursia, 1973, pp.262; V. Rizzo, Attenti alduce. Storie minime dell’Italia fascista.1927-1938, Firenze, Vallecchi, 1981,pp.246; F. Fucci, Le polizie di Mussolini,Milano, Mursia, 1985, pp.414; D. Carafòli,G. Padiglione, Il viceduce. Storia di ArturoBocchini Capo della Polizia fascista, Milano,Rusconi, 1987, pp.218; M. Franzinelli, Itentacoli dell’Ovra. Agenti, collaboratori evittime della polizia politica fascista, Torino,Bollati Boringhieri, 1999, pp.745 (A p.539è pubblicata la relazione sugli inizi del-l’Ovra bolognese); M. Canali, Le spie delregime, Bologna, il Mulino, 2004, pp.863.

Orizzonti di libertà. “Orizzonti di libertà”è stato il giornale clandestino del PdA diBologna durante la lotta di liberazione.Recava il sottotitolo “Periodico emilianodel Partito d’Azione”. Fu fondato e scrittoquasi interamente da Massenzio Masia* - ilresponsabile regionale del PdA - e stampa-to con una pedalina antiquata nello scanti-nato dell’abitazione di Mario Jacchia* invia d’Azeglio 58. La composizione degliarticoli fu fatta a mano da GiorgioZappoli*, con vecchi caratteri giunti da

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Firenze. Contribuirono alla realizzazionedel giornale Renato Giorgi* e NazarioSauro Onofri*. Era composto di due fogliseparati e uniti da un punto di cucitricemanuale da ufficio. Il primo e ultimonumero uscì nel marzo 1944. Per il secon-do numero Pietro Crocioni* acquistò unalinotype e la pagò con soldi avuti dal cav.Attilio Monti, industriale petrolifero diRavenna. La macchina - che avrebbe dovu-to procedere alla composizione del mate-riale tipografico e ridurre i tempi di lavora-zione - non funzionò mai, nonostante glisforzi di Gino Onofri* e dei linotypistiTertuliano Scattolin e Zappoli. Era statasistemata nel laboratorio di falegnameria(oggi demolito) della ditta Bega, in viaMazzini 82, il cui titolare era un parente diCrocioni. In agosto, quando i tedeschirequisirono la ditta Bega per la riparazionedei camion, la linotype fu trasferita in viaSan Petronio Vecchio. Ai primi di settem-bre la tipografia fu scoperta dai fascistiprima di essere funzionante. Il secondonumero di “Orizzonti di libertà”, del qualeerano stati scritti alcuni articoli, non uscìmai. [O]Bibliografia: L. Arbizzani, Periodici dellaResistenza stampati a Bologna, in Garibal-dini e partigiani, Almanacco bolognese1960, pp.142-81; L. Arbizzani, N.S.Onofri, I giornali bolognesi della Resisten-za. Testimonianze di N.S. Onofri (p.76) eG. Zappoli (p.111) in RB2. I testi sono inRB2 da p.587 a p.599.

P

Pace libertà lavoro. Alla vigilia delle ele-zioni amministrative dell’ottobre 1920,l’Associazione di difesa sociale di Bologna- un’organizzazione politica finanziata daindustriali, commercianti e agrari - indiriz-zò un appello agli «uomini d’ordine», invi-tandoli ad unirsi per difendere «con ognimezzo e con ogni energia i nostri principii,

la Patria, la città, la famiglia, la nostra vita».Se «non provvediamo oggi», concludeval’appello che porta la data del 17.10.1920,«potrebbe essere troppo tardi il tentare difarlo domani». Era la seconda importanteiniziativa politica assunta nel giro di unmese dall’Associazione di difesa sociale. Laprima era stata l’incarico affidato al Fasciodi combattimento di Bologna di reclutare eorganizzare 300 uomini armati. Per indur-re i partiti di destra e di centro a costituireun unico blocco antisocialista - com’erastato fatto nelle amministrative del 1914 -l’Associazione chiese al prof. GiuseppeRuggi di promuovere e coordinare perso-nalmente l’iniziativa. Era un anziano clini-co che militava nelle file della destra con-servatrice. Si trattava di un atto formaleperché all’interno dell’Associazione eranogià stati presi tutti gli accordi. In pochigiorni Ruggi riunì gli esponenti dei gruppidi destra e del centro - ad eccezione delPPI, perché i cattolici avevano deciso dipresentarsi da soli - e varò la lista “Pacelavoro libertà”. Il blocco elettorale stabilì lasede presso quelle del Fascio di combatti-mento, dell’Associazione radicale e delGruppo nazionalista bolognese. PaoloCappa*, direttore del quotidiano cattolico“L’Avvenire d’Italia”, lo definì «il bloccodella paura». Durante la campagna eletto-rale, i comizi della lista “Pace lavoro liber-tà” furono protetti da squadre di fascistiarmati. Attenendosi alla linea concordata,gli oratori sostennero che ai socialistisarebbe stato impedito di insediarsi aPalazzo d’Accursio, se avessero vinto leelezioni, come nel 1914. Il 29.10, in uncomizio Aldo Oviglio disse che «bisognerà,in seguito, usare altre armi, se mai quelladel voto - causa l’atteggiamento di un par-tito che non volle aderire al blocco - fosseinsufficiente a liberare la città da uominiche apertamente professano di volersi ser-vire della conquista del comune comeprimo passo verso l’evento della rivoluzio-ne». Subito dopo Bruno Biagi sostenne la«necessità di prepararsi ad altre lotte, dopoaver con ogni energia esperimentato l’armadel voto» (“il Resto del Carlino”, 30.10.1920).

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Il 31.10.1920 i bolognesi diedero 20.195 votial PSI (58,2%); 8.706 a “Pace libertà lavoro”(26,5%) e 5.093 al PPI (15%). Essendo mag-gioritaria la legge, al PSI andarono 48 consi-glieri e 12 alla destra. Nessuno al PPI. Il21.11, quando la seconda amministrazionesocialista si insediò a Palazzo d’Accursio, ifascisti assalirono la sede comunale e provo-carono una strage. [O]Bibliografia: G. Ruggi, Ricordi della miavita; D. Manetti, Gente di Romagna; N.S.Onofri, La strage di palazzo d’Accursio.

Paderno, Eccidio di, vedi: Sabbiuno diPaderno (Bologna), Eccidio di.

Palazzo d’Accursio, La strage di. Il31.10.1920 il PSI di Bologna vinse le elezio-ni amministrative, conquistando il Co-mune, l’Amministrazione provinciale equasi tutti i comuni della provincia. ABologna ebbe 20.195 voti (58,2%), contro8.706 (26,5%) andati alla lista di destra“Pace libertà lavoro” e 5.093 (15%) al PPI.Nel corso della campagna elettorale gliesponenti della lista di destra - della qualefaceva parte anche il Fascio di combatti-mento - sostennero che avrebbero impeditoai socialisti di entrare a Palazzo d’Accursio,se avessero vinto le elezioni per la secondavolta. Avevano conquistato il comune il28.6.1914. Aldo Oviglio - che nel 1922diventerà ministro della giustizia, nel primogoverno Mussolini - in un comizio, tenuto il29.10 disse che «bisognerà in seguito usarealtre armi, se mai quella del voto - causal’atteggiamento di un partito che non volleaderire al blocco - fosse insufficiente a libe-rare la città da uomini, che apertamenteprofessano di volersi servire della conquistadel Comune come primo passo verso l’e-vento della rivoluzione». Dopo la vittoriadel PSI - la cui legittimità non fu messa indubbio - il prefetto si limitò a ordinare ladeafissione dei manifesti del Fascio conl’annuncio che squadre armate avrebberoassalito Palazzo d’Accursio il 21.11.1920, ilgiorno dell’insediamento dell’amministra-zione comunale. Questo il testo del manife-sto, datato 19.11.1920:

«Cittadini, I massimalisti rossi sbaragliati evinti per le piazze e per le strade della cittàchiamano a raccolta le masse del contadoper tentare una rivincita, per tentare d’issa-re il loro cencio rosso sul palazzo comunale!«Noi non tellereremo mai questo insulto!«Insulto per ogni cittadino italiano e per laPatria nostra che di Lenin e di Bolscevismonon vuole saperne.«Domenica le donne e tutti coloro cheamano la pace e la tranquillità restino acasa e se vogliono meritare della Patriaespongano alle loro finestre il TricoloreItalico.«Per le strade di Bologna, domenica, deb-bono trovarsi solo Fascisti e Bolscevichi.«Sarà la prova! La grande prova in nomed’Italia!».All’interno del PSI erano discordi i parerisull’opportunità di fronteggiare l’assaltofascista. Il gruppo riformista - minoritarioall’interno della federazione - era del pare-re che spettasse allo stato il dovere di difen-dere l’ordine pubblico e la legalità demo-cratica. I massimalisti e la frazione comuni-sta - che operava all’interno del gruppomassimalista - decisero di organizzaresquadre di “guardie rosse” armate perfronteggiare l’assalto fascista. Nel pomerig-gio del 21 Palazzo d’Accursio fu parzial-mente isolato da uno schieramento leggerodi soldati. Nella piazza Vittorio EmanueleII (oggi piazza Maggiore) e in quella atti-gua del Nettuno vi erano alcune centinaiadi socialisti. Lungo via Rizzoli e viadell’Archiginnasio i fascisti - da Ferraraerano giunti ingenti rinforzi - premevanoper entrare nelle piazze. Quando, pocodopo le 15, Enio Gnudi*, il nuovo sindacosocialista di Bologna - che militava nellafrazione comunista - si presentò al balconedella Sala rossa per salutare la folla, i fasci-sti cominciarono a sparare contro il palaz-zo e le persone che si trovavano nelle piaz-ze. La folla si sbandò e quando i cittadinicercarono rifugio nel cortile del palazzo, leguardie rosse - appostate nel balcone dellaSala d’Ercole, attigua a quella della Salarossa - gettarono alcune bombe a manonella piazza. Prese dal panico, è probabile

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che abbiano scambiato per assalitori fasci-sti i cittadini che cercavano rifugio nel cor-tile. Nella piazza si ebbero 10 morti - 7 per-sone decedettero subito e 3 nei giorniseguenti - e non meno di 50 feriti. La mag-gior parte dei morti e dei feriti risultaronoessere stati raggiunti da colpi di arma dafuoco. Mentre nella piazza si consumava lastrage - le vittime erano quasi tutte di partesocialista - nella sala del consiglio si verifi-cò un’altra sparatoria. Una persone rimastasconosciuta, che si trovava tra il pubblico,cominciò a sparare contro i banchi dei con-siglieri di minoranza. Giulio Giordanirestò ucciso e i consiglieri Bruno Biagi eCesare Colliva riportarono lievi ferite.Oviglio e Colliva estrassero le rivoltelle, ma- a loro dire - non spararono. Questi i cit-tadini morti nelle piazze: Antonio Ama-desi*, Flavio Bonettini*, Gilberto Cantie-ri*, Enrico Comastri*, Vittorio Fava*,Livio Fazzini*, Ulderigo Lenzi* (morto il7.1.1921), Ettore Masetti* (13.2.1921),Leonida Orlandi* (22.11.1920) e CarolinaZecchi*. I feriti, tra cittadini, agenti, cara-binieri e militari furono una cinquantina. Siconoscono solo i nomi dei 38 cittadini chefecero ricorso alle cure dei sanitari degliospedali. I militari e gli agenti, pare unadozzina, andarono all’ospedale militare.Questi i nome dei feriti registrati negliospedali: Arturo Andrini*, Alfredo Arbiz-zani*, Cesare Bastia*, Aldo Beghelli*,Alfonso Buini*, Sante Borzatta*, RobertoBraiato*, Cesare Burnelli*, Rodolfo Busi*,Cesare Calzolari*, Attilio Canè*, LuigiCaprara*, Mario Ceré*, Elio Cervellati*,Alberto Chiapperini*, Mario Comi*,Stefano De Rossi*, Guido Giughini*,Gilda Grillandi*, Ulisse Lorenzini*,Renato Maccagnani*, Giuseppe Marani*,Aurelio Marinelli*, Giuseppe Marzocchi*,Primo Monti*, Gaetano Nadalini*, CesareOrsini*, Salvatore Sambra*, GaetanoSammarchi*, Umberto Sangiorgi*, AttilioSarti*, Fedele Tabarroni*, Luigi Torrini*,Antonio Vitali*, Luigi Vancini*, GiuseppeVenturi*, Aristide Zunarelli*. Il questoreLuigi Poli - che aveva incoraggiato e aiuta-to l’assalto fascista, mentre il prefetto e il

comandante dei carabinieri si erano dichia-rati contrari - addossò la responsabilitàdella sparatoria al PSI e fece arrestare 331dirigenti e militanti socialisti presenti nelpalazzo o nelle piazze. In serata furono rila-sciati quasi tutti, meno una quindicina.Non un solo fascista fu arrestato, a comin-ciare da Leandro Arpinati che aveva guida-to l’assalto. Il prefetto - dal momento cheGnudi non aveva avuto la sensibilità né ilcoraggio di riconvocare il consiglio, percompletare la nomina della giunta - nomi-nò un commissario straordinario. Nelle set-timane seguenti - mentre la violenza fasci-sta dilagava nella provincia e il fronte ope-raio si divideva e indeboliva con la scissio-ne comunista - il questore fece arrestaredecine di dirigenti e militanti socialisti conle accuse più incredibili e inconsistenti. Lamontatura poliziesca fu sgonfiata dallamagistratura, dalla quale furono proscioltiin istruttoria e liberati, sia pure dopo unalunga detenzione, quasi tutti gli arrestati.Furono fermati, prosciolti in istruttoria eliberati: Filippo Armaroli*, Ettore Baldi*,Pietro Bertoni*, Adriano Bigliardi*, Al-fredo Cambisi*, Casimiro Casucci*, MarioCavazza*, Beniamino Feruglio*, MarioForlani*, Gustavo Frabetti*, SebastianoFranchi*, Gian Giacomo Guglielmini*,Luigi Lanzi*, Enrico Magli*, Edoardo Ma-gnelli*, Arturo Mattei*, Aurelio Minghet-ti*, Enrico Moskovitz*, Giuseppe Spada*,Carlo Tolomelli*, Ildebrando Venturi*,Romeo Zanardi*, Cesare Zanghi*, SilvioZeccardi*. Furono arrestati, denunciati,prosciolti in istruttoria e liberati: CelestinoBenuzzi*, Sante Bernardini*, LodovicoBonora*, Eugenio Cioni*, Sisto Collina*,Attilio Contini*, Raffaele Faccioli*, Er-nesto Ghedini*, Aldo Giovannini*, EgistoGrandi*, Carmelo Graziani*, Augusto Lol-li*, Angelo Macaluso*, Armando Maz-zoli*, Domenico Mei*, Aldo Milzani*, At-tilio Sangiorgi*, Giuseppe Tampellini*,Augusto Tantini*, Lorenzo Zamboni*.Furono rinviati a giudizio: Armando Coc-chi*, Vittorio Martelli*, Pio Pizzirani*, lati-tanti; Ettore Bidone*, Nerino Dardi*,Teodorico Frattini*, Renato Gaiani*,

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Angelo Galli, Alfredo Gelosi*, CorradoPini*, Mauro Raimondi*, Abramo Ronca-glia*, Pietro Venturi*, detenuti. Il proces-so, indiziario, iniziò il 17.1.1923 davantialla corte d’assise di Milano. Il 10.3.1923Venturi fu condannato a 13 anni, 4 mesi e10 giorni per complicità nell’omicidio diGiordani e Dardi a 9 mesi e 5 giorni perporto abusivo d’arma. Gli altri furonoassolti con formula piena. I 3 latitanti - pro-cessati a porte chiuse e con difensori d’uf-ficio, mentre il dibattito durò un giorno -ebbero l’ergastolo. [O]BI B L I O G R A F I A. V. Pellizzari, La strage diPalazzo d’Accursio; G. Ruggi, Ricordi dellamia vita; D. Manetti, Gente di Romagna; L.Federzoni, Presagi alla nazione, Milano,Mondadori, 1925, pp.342 (Da p.169 a 176il saggio Palazzo d’Accursio); A. Manaresi,Giulio Giordani e l’eccidio di Palazzod’Accursio (Ricordi di battaglia), in “ItaliaAugusta”, n.6, 1928, pp.1-24; A. MasettiFoschi, Per l’avvocato Giulio Giordani neldecennale della rivoluzione fascista e XIIanniversario del suo martirio; A. Del Fante,Giulio Giordani martire del fascismo; A.Manaresi, Eccidio di Palazzo d’Accursio, inPanorami di realizzazioni del fascismo,Roma, 1942, vol.IV, pp.113-18; E. Bassi, Ifatti di Palazzo d’Accursio, in Storia dell’an-tifascismo italiano, p.9-13; L. Battistelli, Ifatti di palazzo d’Accursio e l’assassinioGiordani, in Fascismo e antifascismo nelbolognese 1919-1926, “8° Quaderno de ‘Lalotta’”, Bologna, 1969, pp.29-37; N.S.Onofri, La strage di Palazzo d’Accursio.

Partigiani bolognesi in Veneto. Vedi:Divisione Nannetti Garibaldi.

Partito d’Azione, (PdA). Il Partito d’Azio-ne nacque alla fine del 1942 dall’unione dialcuni gruppi antifascisti, tra i quali ilMovimento Giustizia e libertà e il Movi-mento liberalsocialista. Dopo avere scarta-to il nome di Partito del lavoro e quello diPartito d’azione socialista, i promotori scel-sero di ripetere quello di una gloriosa for-mazione risorgimentale. La proposta fuavanzata da Mario Vinciguerra e non da

Ugo La Malfa, come si ritiene. Il program-ma, detto dei “Sette punti”, prevedeva: larepubblica; l’espansione delle autonomielocali; la nazionalizzazione dei grossi com-plessi industriali e monopolistici; la riformaagraria; la libertà sindacale; la massimalibertà politica e religiosa; la federazioneeuropea. I dirigenti del PdA che si trovava-no fuoriusciti in Francia giudicarono ilprogramma adatto a un partito di soli cetimedi e non a una formazione che avrebbedovuto essere interclassista, ma di spiritosocialista. Sin dall’inizio il PdA ebbe dueanime: una socialisteggiante e l’altra libera-leggiante. Emilio Lussu era il principaleesponente della prima e La Malfa dell’altra.Il 5 e 6.9.1943 a Firenze si tenne la riunio-ne nazionale dei dirigenti del PdA, una cin-quantina in tutto. Il disaccordo sulla lineapolitica fu totale. Tutti, invece, concorda-rono sulla necessità di opporsi al governobadogliano e di preparare la lotta armata,considerata imminente. Al termine deilavori, l’esecutivo ebbe l’incarico di ap-prontare un nuovo programma. Con l’ini-zio della guerra di liberazione il PdA restòdiviso in due tronconi. A Roma vi era ladirezione nazionale e a Milano un gruppomolto qualificato, costretto a operare inmodo autonomo. Dovendo destinare ognienergia alla lotta di liberazione, il partitoaccantonò il dibattito ideologico. Dal 4 al7.8.1944 a Cosenza - già liberata - si tenneil primo congresso nazionale, con la parte-cipazione di circa 200 delegati provenientidalle regioni del sud e del centro, meno laToscana. La linea socialista ebbe circa 37mila voti contro i 17 mila dell’altra. Perrispettare i compagni del nord, ancoraimpegnati nella guerra di liberazione, nonfu approvato un nuovo programma. Ilprimo vero congresso nazionale si tenne aRoma dal 4 all’8.2.1946. Principali prota-gonisti furono Ferruccio Parri - che, sino al12.12.1945, era stato presidente del consi-glio dei ministri - e Riccardo Lombardi.Essendo stato approvato il documentoproposto dall’ala socialista, il gruppo Parri-La Malfa uscì dal partito e diede vita alMovimento democratico repubblicano.

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Alle elezioni del 2.6.1946 il PdA raccolse334.748 voti pari all’1,6% ed ebbe 9 depu-tati. Al Movimento di Parri ne andarono 2.Dall’1 al 4.4.1947, sempre a Roma, si riunìil terzo congresso. A larga maggioranza fudeciso di avviare una trattativa con il PSDI- nato due mesi prima da una scissione delPSIUP - per sondare la possibilità di strin-gere un patto d’intesa, se non di arrivareall’ unificazione. Gli incontri ebbero esitonegativo. I dirigenti del PdA - segretarionazionale era Lombardi - giudicarono scar-samente classista la linea del PSDI. Nelgiugno furono avviate analoghe trattativecon il PSI. Il Consiglio nazionale del PdA,nella riunione del 20.10.1947, decise l’uni-ficazione con il PSI con 64 voti contro 29.A Bologna il PdA nacque alla fine del 1942dall’unione di gruppi antifascisti d’arealiberalsocialista. Fu promosso da Massen-zio Masia* un antifascista di Como richia-mato alle armi e destinato all’ufficio del-la censura postale a Bologna. Dopol’8.9.1943 entrarono numerosi militantirepubblicani, che non avevano accettato lalinea attesista del PRI. Principali dirigentidel partito furono Mario Bastia*, MarioJacchia*, Masia, Armando Quadri* e LuigiZoboli*, tutti caduti nella Resistenza.Dopo la fucilazione di Masia e del gruppodirigente bolognese - avvenuta il 23.9.1944- e la morte di Bastia, il 20.10 nel combat-timento dell’università, la direzione delPdA inviò a Bologna Enrico Giussani*“Ovidio”. Con Giuseppe Barbieri* e Ro-molo Trauzzi*, Giussani diresse il partitosino alla Liberazione. Nelle amministrativedel 24.3.1946 il PdA ebbe 1.200 voti aBologna città. Nelle politiche del 2.6.1946a Bologna città ne ebbe 3.139. Nel novem-bre 1947 la Federazione bolognese delPdA decise, a grande maggioranza, di con-fluire nel PSI. [O]Bibliografia bolognese. A. Favoino (EttoreTrombetti), ‘22-’43; P. Crocioni, Il Partitod’Azione in lotta a Bologna e in Emilia, in“Tempi nuovi”, n.7-8, 1946; A. Spallicci,Ricordo di Massenzio Masia, in “Il Ponte”,n.7-8, 1946, pp.707-8; F. Comandini, Per icaduti del Partito d’Azione; E. Trombetti,

Ritorno alla libertà; N.S. Onofri, Due spienel Partito d’Azione, in Garibaldini e parti-giani, Almanacco bolognese 1960, p.183-92;Massenzio Masia nel ricordo degli amicidella Resistenza; R. Trauzzi, Partigiani azio-nisti, in Storia dell’antifascismo italiano,p.289-92; E. Trombetti, Attività clandesti-na del Partito d’Azione, in Storia dell’anti-fascismo italiano, p.180-3, vol.2; G. Supino,Il Partito d’Azione, in “La Resistenza inEmilia-Romagna”, Bologna, 1966, pp.122-7; N.S. Onofri, Socialisti e azionisti nellaguerra di liberazione in Emilia-Romagna,in: P. Alberghi, Partiti politici e CLN,pp.555-63; V. Telmon, La formazione delPartito d’Azione a Bologna, in Il Partitod’Azione dalle origini all’inizio dellaResistenza armata, Roma, 1985, pp.409-34;P. Crocioni, Il Partito d’azione a Bologna, inIl Partito d’Azione dalle origini all’iniziodella Resistenza armata, Roma, 1985,pp.683-96; S. Telmon, Massenzio Masia, inAnnali dell’Istituto Ugo La Malfa, 1986,pp.477-484; V. Merazzi, Massenzio Masia.Testimonianze di R. Trauzzi (p.58), C. Tinti(p.76), G. Scarani (p.81), E. Trombetti(p.118), P. Crocioni (p.121), S. Telmon(p.130), G. Supino (p.132), A. Rinaldi(p.288), D. Zanobetti (p.329) in RB1; N.S.Onofri (p.76), G. Zappoli (p.111), E. Biagi(p.166) in RB2; R. Giorgi (p.227), P.Pandiani (p.371), R. Frabetti (p.374), F.Berti Arnoaldi Veli (p.392), P. Foschi(p.395), G. Barbieri (p.398), A. Gherman-di (p.400), G. Campanelli (p.541), F.D’Ajutolo (p.608), A. Businco (p.621), F.Rozzi (p.623), E. Volterra (632), R. Testoniin Quadri (p.663), E. Masia (p.673), L.Orlandi Bastia (p.680), S. Forni (p.687), U.La Malfa (p.689), N. Jacchia d’Ajutolo(p.691), Appendice (p.704) in RB3; L.Monti (p.332), C. Onofri (p.886) in RB5.

Partito comunista italiano (PCI). Il21.1.1921, al congresso nazionale del PSI aLivorno, la frazione comunista dell’alamassimalista - che aveva avuto 58.783 voti,contro i 98.028 dei massimalisti e i 14.695dei riformisti - uscì dal partito e diede vitaal Partito comunista d’Italia, sezione della

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Terza internazionale. Segretario fu elettoAmadeo Bordiga. Al secondo congresso,(Roma 20-24.3.1922) Bordiga fu riconfer-mato con 31mila voti contro 4 mila, peressere destituito nel giugno 1923 quandol’Internazionale comunista impose il grup-po guidato da Antonio Gramsci alla testadel partito. Nel maggio 1924, alla confe-renza nazionale clandestina di Como,Bordiga conquistò nuovamente la maggio-ranza dei voti, ma non riebbe la segreteria.Il 29.1.1926, al terzo congresso - quelloclandestino di Lione (Francia) - fu messoin minoranza (ottenne il 9,2% dei voti) enuovo segretario divenne Gramsci. Dopol’instaurazione della dittatura fascista ilpartito fu diretto dal Centro estero consede a Parigi (Francia), anche se tra il 1930e il 1935 funzionò il Centro interno ope-rante in Italia. Massimo dirigente comuni-sta - con Gramsci in carcere - divennePalmiro Togliatti confermato dal quartocongresso nazionale svoltosi a Colonia eDüsseldorf dal 14 al 21.4.1931. Nel 1941 furicostituito il Centro interno e l’1.7.1942uscì il primo numero de “l’Unità” clande-stina. Dopo lo scioglimento del Comintern,il 15.5.1943, fu chiamato Partito comunistaitaliano (PCI). Il 29-30.8.1943 a Roma funominata una nuova direzione nazionalecon guida collegiale, perché Togliatti era aMosca. All’indomani dell’8.9.1943 furonoelette due direzioni: una diretta da MauroScoccimarro a Roma e l’altra da LuigiLongo a Milano. Con questa struttura ilPCI partecipò alla lotta di liberazione.Dopo il rientro in Italia, il 27.3.1944, To-gliatti riassunse la direzione del partito e gliimpresse un nuovo corso politico con la“svolta di Salerno”. L’8.5.1945 a Milanoliberata si riunirono le due direzioni diRoma e Milano per dare vita a un’unicadirezione nazionale con Togliatti segreta-rio. Al congresso provinciale del PSI, svol-tosi il 19.12.1920, in preparazione di quel-lo nazionale di Livorno, la frazione comu-nista ebbe 1.569 voti contro i 1.573 andatialla lista massimalista e i 718 dei riformisti.Il 3.1.1921 il congresso dell’USB (le sezio-ni della città) diede 456 voti ai massimalisti,

248 ai riformisti, 243 ai comunisti e 64 allalista di Graziadei. Su scala regionale icomunisti ebbero 7.582 voti, 16.400 i mas-simalisti e 6.794 i riformisti. A Livorno idelegati bolognesi diedero 1.590 voti allalista comunista, 1.573 ai massimalisti e 718ai riformisti. Su 54 sindaci socialisti 3 pas-sarono al PCdI. Il 20.2.1921, al congressoprovinciale della CCdL, la lista del PSIebbe 47.946 voti contro i 9.968 di quelladel PCdI. Poco si sa della nascita dellafederazione comunista e meno si apprendedalle pubblicazioni ufficiali del PCI, scrittedopo il 1945, forse perché i dirigenti eranoquasi tutti del gruppo di Bordiga. Nel feb-braio del 1921 a Imola fu costituita laFederazione circondariale, che però nonera «consentita dalla Statuto del Partito»,come puntualizzò il bisettimanale naziona-le “Il Comunista”(n.3, 6.2.1921). Era statapromossa da Paolo Baroncini*, Gino Bar-tolini, Agostino Bedeschi, Avanti Man-cini*, Andrea* e Anselmo Marabini*, Ri-sveglio Sportelli*, Nino Zani*. Andrea Ma-rabini, incaricato di costituire la federazio-ne a Bologna, non riuscì nell’intento, anchese curò la nascita di numerose sezionicomunali. Il 3.2.1921 il quotidiano ufficia-le “l’Ordine nuovo” scrisse che il 31.1 erastata costituita la sezione comunista bolo-gnese, al termine di un’assemblea nel corsodella quale avevano parlato LeonildoTarozzi* ed Enio Gnudi*. Il 17.2 il quoti-diano diede notizia di una riunione, allaquale erano intervenuti 500 iscritti perascoltare le relazioni di Tarozzi, Gnudi eGiuseppe Dozza*. Ma nel n.13 del13.3.1921 “Il Comunista”, pubblicando glielenchi delle città che avevano già costitui-to la federazione e di quelle che ne eranoprive, mise Bologna nel secondo. Il 20.3 -su iniziativa degli imolesi Andrea eAnselmo Marabini e Antonio Graziadei* -al Circolo dei ferrovieri si tenne il congres-so. Erano presenti i delegati di 54 sezionicon 2 mila iscritti (“Il Momento”,26.3.1921), mentre per “Il Comunista” lesezioni erano 50 con 1.600 iscritti (n.19,7.4.1921). Secondo recenti studi, nel 1921il partito aveva un migliaio di iscritti (A. De

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Clementi, Radiografia del partito dopo lascissione di Livorno, 1921-1926, in IlPartito comunista italiano. Struttura e storiadell’organizzazione, 1921-1979, AnnaleFeltrinelli n.XXI, 1981, p.907). La relazio-ne fu fatta da Andrea Marabini. Le sezionidivennero 65 in maggio e gli iscritti 2.500(“Il Comunista”, n.26, 5.5.1921). Alla vigi-lia del congresso del 20-4.3.1922 a Bolognaerano aperte 52 sezioni con 1.597 iscritti (Ilprimo anno di vita del Partito comunistad’Italia, p.409). Primo segretario provin-ciale fu Paolo Betti* della frazione bordi-ghista (“Il Comunista”, n.22, 17.4.1921),mentre Giuseppe Dozza era il funzionariodella federazione. Il 20.11.1921 il questore,in una relazione al prefetto, ha scritto cheBetti era il segretario e Dozza il vice (ASB,GP, 1921, b.1.351, cat.7, fas.1). Alla finedel 1923 divenne segretario AurelioFontana*, che forse era bordighista. Inquel periodo, come risulta da una relazionedel prefetto al governo in data 16.7.1924, ilPCdI a Bologna aveva «pochissime» ade-sioni (ASB, GP., 1924, b.1.405, cat.7, fas.1,“Situazione ordine pubblico”). Il PCdI fuignorato nella relazione che il prefettoinviò al ministero dell’Interno il 27.2.1925(ASB, GP, 1925, b.1.418, cat.7, fas.1,“Partiti politici esistenti”). Pare che avesse500 iscritti e Bologna non figura nelle vota-zioni congressuali del PCdI di quegli anni.Gli ultimi segretari sarebbero stati IginioMasina* nei primi mesi del 1925, ArturoVignocchi* arrestato il 28.11.1925, CesareBaroncini* arrestato il 22.12.1925 e Isido-ro Giuseppe Marchioro* arrestato il26.8.1926. Dal 1927 al 1930 (quando lasciòl’Italia per espatriare in URSS) sarebbestato segretario Memo Gottardi*, al qualesarebbe successo Gustavo Trombetti*.Secondo Luigi Arbizzani - come ha scrittoin una relazione inedita presentata nel1989 ad un convegno di studio dell’Istitutostorico provinciale della Resistenza - gliiscritti furono 2.000 nel 1921, 376 nel 1923e 504 nel 1924. Nel 1921 passarono dal PSIal PCdI i deputati Anselmo Marabini eNicola Bombacci (eletti nel Comitato cen-trale) e Antonio Graziadei. Ercole Bucco -

eletto a Mantova e espulso dal gruppo par-lamentare del PSI l’1.2.1921, per la viltàmostrata il 4.11.1920, durante l’assaltofascista alla CCdL, della quale era segreta-rio - chiese di entrare in quello comunista,ma la richiesta fu respinta. Il 3.2.1921 -dopo averlo accettato - il gruppo parla-mentare comunista espulse FrancescoQuarantini* perché omosessuale. Nellepolitiche del 15.5.1921, il PCdI ebbe 2.552voti nel comune di Bologna, 8.547 nellaprovincia di Bologna e 29.284 nella circo-scrizione (BO, FE, RA e FO) e 2 deputati:Marabini e Ettore Croce. Graziadei fu elet-to a Genova, Enio Gnudi a Novara eBombacci a Trieste. In quelle del 6.4.1924(la circoscrizione comprendeva la regione)ottenne 23.100 voti e due deputatiGraziadei e Antonio Picelli. Nella provin-cia di Bologna ebbe 4.041 voti, 1.792 deiquali nel comune di Bologna. Durante ladittatura il PCdI operò senza un gruppodirigente fisso e incerte sono le notizie sulsuo organico. Nella seconda metà del 1940Leonida Roncagli* fu sicuramente designa-to responsabile della federazione e manten-ne la carica sino alla fine del 1941 o all’ini-zio del 1942 quando lo sostituì UmbertoGhini* il quale trovò che «l’attività del par-tito era ancora debole» (“La lotta”, n.36,1951). Alla fine del 1942 fu inviato inEmilia Angelo Leris che assunse la segrete-ria regionale, al quale nel marzo 1943 siaffiancò (ma forse lo sostituì) AmerigoClocchiatti. Clocchiatti ha scritto che aBologna trovò «molta volontà politica»(Cammina frut, p.181). Verso la metà del1942 fu nominato il Comitato direttivoprovinciale. In quel periodo operavano inEmilia, con incarichi particolari, GiorgioAmendola e Antonio Roasio*. Nell’agosto1943, dopo la fine della dittatura, ArturoColombi* fu nominato segretario e coopta-to nella direzione nazionale. SecondoArbizzani la federazione aveva 300 iscrittialla vigilia del 25.7.1943, divenuti 1.100durante il periodo badogliano, per arrivaree 3.500 nei giorni dell’armistizio del-l’8.9.1943. Il 19.9.1944 Colombi fu trasfe-rito a Torino e al suo posto andò Giuseppe

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Alberganti*, arrivato pochi giorni dopo daMilano. Restò a Bologna sino al febbraio1945, quando tornò a Milano e fu sostitui-to da Fernando Zarri*. Il PCI destinò tuttele energie alla lotta di liberazione, dopoavere allontanato dal gruppo dirigente gliattendisti. Nel dicembre 1943, in un rap-porto inviato alla direzione, Albergantiscrisse che «La mentalità attesista e oppor-tunista aveva pervaso (prevalso?) sia nellamassa che nel partito...» (“Annale Feltri-nelli”, 1971, p.128). Leonildo Tarozzi,primo rappresentante del PCI nel CLN, fusostituito da Paolo Betti forse per questomotivo. Nel giugno 1944, Albergantidivenne responsabile del Triumviratoinsurrezionale, l’organismo regionale delPCI che dirigeva l’attività militare del par-tito. Membri del Triumvirato furono, intempi diversi, Alberganti, Ilio Barontini*,Alfeo Corassori*, Dozza e Zarri. Nell’esta-te 1944, alla vigilia di quella che si riteneval’imminente insurrezione, il PCI - in baseagli accordi tra i partiti del CLN nazionale- designò Betti a ricoprire la carica di sin-daco. Il 6.9 Amendola propose alla direzio-ne di ritirare la candidatura di Betti, - «Ilnostro compagno è certo un po’ debole»,scrisse - e avanzò quella di Dozza che è«più forte» e «che sarebbe un ottimo sin-daco» (G. Amendola, Lettere a Milano,pp.412, 414-5, edizione 1981). Il 10.9.1944Dozza tornò a Bologna ed entrò a far partedel Triumvirato. Il 21.4.1945 divenne sin-daco. Alla vigilia della liberazione il PCIstimò in 12 mila i militanti. In maggio lasegreteria fu riaffidata a Colombi. [O]B I B L I O G R A F I A B O L O G N E S E . Partito Comu-nista Italiano. Federazione di Bologna,Mostra provinciale del XXX; Il primo annodi vita del Partito comunista d’Italia, Mila-no, il Gallo, 1966, pp.411; L. Arbizzani,Documenti sull’attività dell’organizzazionecomunista bolognese nell’inverno 1944-1945, in “Movimento di liberazione inItalia”, n.89, 1967, pp.74-107 e n.90, 1968,pp.64-87; A. Colombi, La nascita del parti-to a Bologna, in I comunisti raccontano,1919-1945, Milano, Calendario del Popo-lo, 1972, pp.25-31; I. Masulli, Il movimen-

to operaio e contadino e le origini del Partitocomunista nel bolognese, in “Studi storici”,n.1, 1973, pp.185-231; Comunisti. I mili-tanti bolognesi del PCI raccontano, Roma,Editori riuniti, 1982, pp.382. Testimo-nianze di P. Betti (p.46), G. Beltrame(p.83), G. Fanti (p.87), E. Frazzoni (p.91),R. Landi (p.93), M. Giovannini (p.95), A.Colombi (p.101), G. Alberganti (106), F.Zarri (109), L. Orlandi (p.111), G.Amendola (114), G. Dozza (175), L.Tarozzi (p.183), P. Secchia (p.187), A.Roasio (p.192), O. Malaguti (p.195), A.Corassori (p.197), G. Cavallazzi (p.198), R.Tubertini Zarri (p.239), M. Cennamo(p.241), A. Clocchiatti (p.242), G. Verdelli(p.245), R. Cenerini (p.255), P. Fortunati(p.310), M. Gottardi (p.355), C. Ghini(p.388), A. Marocchi (p.390), G. AlvisiZaccherini (p.392), C. Masina (p.415), M.Pancaldi (p.421), M. Cotti, (p.424), A.Andreoli (p.433), M. Girotti (p.439), V.Betti (p.441), A. Marabini (p.451), V.Guadagnini (p.475), V. Bianconcini(p.478), A. Pilati (p.509), A. Marzoli(p.512), G. Trombetti (p.515), E. Zanelli(p.516), R. Bergami (p.521), L. Vanelli(p.523), in RB1; C. Montevecchi (p.23), E.Gollini (p.30), A. Ottani (p.33), G.Bottonelli (p.37), V. Masi (p.40), L. Roma-gnoli (p.51), A. Zamboni (p.54), S. Sab-bioni (p.56), I. Musiani (p.58), D. Bergon-zoni (p.65), E. Argentini (p.69), M. Testoni(p.82), P. Zucchini (p.85), P. Bugini (p.97),V. Casadei (p.101), M. Stanzani (p.108), G.Frascari (p.112), A. De Maria (p.115), N.Andalò (p.118), D. Romagnoli (p.120), S.Negrini (p.121), O. Fanti (p.123), A.Carletti (p.127), P. Vespignani (p.128), A.Bertuzzi (p.130), J. Garuti Pilati (p.132), Z.Resca (p.135), A. Boriani (p.147) in RB2;R. Baldisserri (p.47), A. Sgalari (p.48), A.Zamboni (p.50), A. Zini (p.52), R. Bonazzi(p.53), R. Corazza (p.569), G. De Giovanni(p.59), F. Sita (p.62), A. Zucchini (p.64), F.Gamberini (p.65), C. Cassoli (p.67), R.Cassanelli (p.68), R. Rubbi (p.70), R.Gandolfi (p.76), D. Sasdelli (p.79), G.Zecchini (p.82), O. Baffè (p.89), G. Mara-ni (p.95), G. Dalfiume (p.97), N. Cavi-

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na (p.99), S. Tozzi (p.10), O. Lambertini(p.105), G. Bonazzi (p.109), G. Gruppi(p.111), A. Pinardi (p.113), U. Bettini(p.117), A. Tolomelli (p.118), G. Pizzichini(p.119), V. Tarozzi (p.121), G. Barnabà(132), D. Chiarini (p.137), A. Monterumici(p.141), R. Marabini (p.142), G. Scarabel-li (p.143), A. Piazzi (p.153), R. Nata-li (p.154), I. Minella (p.155), G. Ferri(p.157), A. Leonardi (p.269), L. Gaiani(p.272), W. Nerozzi (p.276), E. Venzi(p.278), G. Gualandi (p.285), N. Galassi(p.288), L. Romagnoli (p.322), G. Brini(p.325), D. Sabbi (p.341), E. Poggi (p.344),E. Dallavalle (p.360), R. Capelli (p.411), E.Bettini (p.418), A. Diolaiti (p.423), A.Afflitti (p.431), R. Ravaglia (p.437), B.Pancaldi (p.439), B. Corticelli (p.449), G.Trippa (p.479), E. Magri (p.480), E. Biondi(p.490), A. Testoni (p.498), E. Mezzetti(p.501), E. Cicchetti (p.503), O. Soverini(p.513), V. Gombi (p.518), I. Scalambra(p.520), S. Melchiorri (p.523), G. Sternini(p.526), L. Lincei (p.538), G. Armaroli(p.548), S. Liverani (p.555), G. Masi(p.563), A. Tolomelli (p.572), E. Bonazzi(p.580), S. Ghedini (p.584), L. Montanari(p.588), A. Negrini (p.592), C. Mazzacurati(p.595), L. Alvisi (p.625), F. Gardenghi(p.631) in RB3; G. Zappi (p.126), L. Balbi(p.130), C.C. Minganti (p.131), F. Mara-bini (p.141), A. Marabini (p.193), C. Nicoli(p.198), V. Garbesi (p.202), L. Graziosi(p.211), E. Frascari (p.237), F. Monte-vecchi (p.261), A. Ruggi (p.264), G. Avoni(p.286), G. Tordi (p.297), R. Managlia(p.341), U. Magli (p.401), A. Bacchilega(p.422), F. Trombetti (p.515), A. Bentini(p.524), R. Poli (p.562), C. Bianchi (p.568),A. Piazzi (p.570), A. Pioppi (p.585), S.Ballardini (p.588), G. Bordoni (p.590), G.Colliva (p.591), L. Crescimbeni (p.604), P.Gruppioni (p.618), P. Carlini (p.620), W.Rosini (p.622), Q. Cenacchi (p.627), A.Broccoli (p.640), U. Magli (p.646), L.Broccoli (p.656), N. Pondrelli (p.672), S.Sadelli (p.674), G. Masetti (p.724), A.Zanarini (p.730), A. Marzocchi (p.736), V.Giatti (p.738), A. Cotti (p.743), S. Miniezzi(p.744), Adelia Casari (p.747), N.

Baroncini (p.796), B. Gombi (p.827), L.Biancoli (p.830), S. Amadori (p.857), P.Veronesi (p.892), G. Negrini (p.920), P.Grazia (p.926), G. Volpi (p.928), V. Sorbi(p.932), S. Parisini (933), L. Michelini(p.939), B. Gualandi (p.942), R. Romagnoli(p.943), B. Pezzoli (p.954), D. Orlandi(p.956), R. Pezzoli (p.957), O. Allaria(p.965), N. Gentilucci (p.969), G. Magli(p.983), E. Vigarani (p.987), A. Cucchi(p.1021), S. Soglia (p.1024), L. Arbizzani(p.1044) in RB5.

Partito della Democrazia cristiana, vedi:Democrazia cristiana.

Partito fascista repubblicano, (PFR). Po-chi giorni dopo l’8.9.1943 il marescialloRommel indirizzò un proclama agli italianiche iniziava: «Le forze armate germanichehanno occupato il territorio italiano..».Subito dopo l’esercito tedesco favorì lanascita di un nuovo stato - la RSI (Repub-blica sociale italiana) e il PFR (Partitofascista repubblicano) - per dare una par-venza di normalità ad una nazione piegatacon la forza e nella quale era in atto unaguerra di liberazione nazionale. Il PFR nac-que quando Mussolini emise sei “foglid’ordine”. Nel primo si legge: «Riprendoda oggi 15 settembre 1943 anno XXI ladirezione suprema del Fascismo in Italia».Nel quarto ordinò «il ripristino di tutte leistituzioni del partito». Con questi atti ille-gali - perché era un cittadino privato -Mussolini si autoproclamò dittatore.Subito dopo nominò il segretario e i diri-genti, i quali rispondevano a lui. Il PFRtenne un solo congresso, il 14.11.1943 aVerona, e il Direttorio nazionale si riunìuna volta in due anni. Nell’estate 1944 ilPFR fu militarizzato - con la mobilitazionedi tutti gli iscritti dai 18 ai 60 anni - e tra-sformato nelle Brigate nere. A Bologna ilPFR ebbe - come nel resto del paese - dueanime, una oltranzista e una moderatafavorevole ad alcune forme di democratiz-zazione interna, oltre che di dialogo con ipartiti antifascisti o con una parte di questi.Il CLN non prese mai in considerazione

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questa disponibilità. L’ala oltranzista eraguidata da Franz Pagliani e quella modera-ta da Giorgio Pini, anche se il potere eranelle mani del primo perché uomo di fidu-cia di Mussolini e dei tedeschi. L’ufficialeTheo Kenda, che comandava i reparti tede-schi che avevano occupato Bologna, si recòdi persona nel carcere di San Giovanni inMonte, dove Pagliani era detenuto, e dopoaverlo liberato gli disse «Voi dovete rap-presentare i fascisti di Bologna». Sin dall’i-nizio, i principali collaboratori di Paglianifurono Goffredo Coppola, Pietro Torri eEnrico Cacciari. I nuovi gerarchi del PFRbolognese, quale primo atto, richiamaronoin servizio i militi della MVSN, la 67a legio-ne di Bologna e la 68a di Imola. La primacomandata da Augusto Ferrazzi (sostituitoil 2.11.1943 da Gaetano Spallone) e laseconda da Gernando Barani (giustiziatodai partigiani il 4.11.1943). Per la segrete-ria della federazione di Bologna Paglianiscelse Aristide Sarti. Ad Imola fu indicatoGuerrino Bettini. Sarti nominò suoi viceAgostino Fortunati e Piero Innocenti eMichele Tossani presidente dell’ONB.Secondo una notizia pubblicata il24.12.1943 da “L’Avvenire d’Italia”, nei 60comuni bolognesi furono costituiti 67 fasci.Mario Agnoli il 23.9.1943 fu nominatocommissario prefettizio di Bologna e pode-stà il 13.3.1944, carica confermata il21.11.1944 e conservata sino alla Libera-zione. Il 22.10.1943 Guglielmo Montani funominato capo della provincia, cioè prefet-to, sostituito il 15.1.1944 da Dino Fantozzi.Il 12.11 il seniore della MVSN GiovanniTibaldi fu nominato questore, sostituito il15.9.1944 da Marcello Fabiani, il qualelasciò il posto ad Enzo Visioli il 15.2.1945.Sarti - alla prima assemblea generale delPFR di Bologna, il 28.10.1943 - chiese lapena di morte per il re e i membri del Granconsiglio del fascismo che avevano “tradi-to” Mussolini e per i generali e gli ammira-gli «complici dell’infame tradimento».Chiese la riforma della burocrazia, chedalle forze armate «sia cancellato ogni spi-rito di casta», che «alla stampa sia restitui-ta la piena libera consapevolezza» e la ri-

forma della scuola. Sarti si trovò presto incontrasto con gli oltranzisti e con Paglianiin particolare. Contrariamente a quanto siritiene ed è stato scritto (L. Bergonzini, Lasvastica a Bologna, p.30; W. Boninsegni,Acqua passata, p.33) non se n’andò di suainiziativa. Pagliani ha scritto che dopo ilrifiuto di Arpinati di aderire alla RSI, Sartiassunse nei confronti dell’ex ras bolognese«un atteggiamento talmente ostile che mitrovai costretto a chiederne la sostituzionea Mussolini (gliene dissi chiaramente ilmotivo)» (Repubblica sociale, a cura di A.Conti, p.23). L’11.12.1943 Sarti se n’andò,si arruolò in aviazione e perderà la vitanelle ultime settimane della guerra. Al suoposto andò Eugenio Facchini, che nominòcome vice: Walter Boninsegni, CesareSimula e Pietro Torri. Torri divenne reg-gente il 31.1.1944, dopo la morte diFacchini giustiziato dai partigiani, e gli fuaffiancato il vice Vito Ricci, nominato il24.2.1944. L’1.4 ebbe la carica di segretarioe il 2.6.1944 scelse i suoi vice: LeandroLembo (sostituito il 21.7.1944 da GiovanniBattista Cosimini) Araldo Rapparini, Pie-tro Polverini, Victor Hugo Spaccialbello eFabio Roversi Monaco. Elena Missirolidivenne fiduciaria del Fascio femminile,sostituita da Pia Bartolini il 12.8.1944Nell’estate, dopo la militarizzazione delpartito, Torri assunse la carica di coman-dante della 23a brigata nera, quella di stan-za a Bologna. I rapporti tra oltranzisti emoderati divennero ingestibili al puntoche, il 23.12.1944, il capo della provinciaFantozzi scrisse al ministro dell’Interno:«Chiedo che mi si sostituisca come capo diquesta provincia se non interviene l’allon-tanamento del prof. Franz Pagliani e diPietro Torri». Il generale tedesco Frido vonSenger und Etterlin - comandante del fron-te in Emilia-Romagna - impose l’allontana-mento di Pagliani e Torri. Nelle sue memo-rie von Senger ha scritto: «Nostro comuneavversario erano le brigate nere» [...] «Au-tentico flagello della popolazione, questeerano altrettanto odiate dai cittadini, comedalle autorità… e da me» [...] «ed eranocapaci di assassinare chiunque, di compie-

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re qualsiasi nefandezza quando si trattavadi eliminare un avversario politico». Pa-gliani, delegato regionale del PFR, e Torridovettero lasciare Bologna il 28.1.1945.Nuovo segretario provinciale fu nominatoGiovanni Cerchiari anche se, negli ultimimesi dell’occupazione nazista, il PFR furetto da Armando Rocchi, che aveva lacarica di commissario straordinario regio-nale. [O]BI B L I O G R A F I A B O L O G N E S E. E. Cacciari, Dueguerre per una sconfitta: considerazioni sullastoria degli avvenimenti italiani dal luglio1943 alla primavera del 1945; M. Agnoli,Bologna “Città aperta” (Settembre 1943 -Aprile 1945); Bologna in guerra, 1940-1945;W. Boninsegni, Acqua passata; Associa-zione nazionale famiglie caduti e dispersidella Repubblica sociale italiana, Bologna1943-1946; L. Bergonzini, La svastica a Bo-logna; Repubblica sociale, a cura di A. Con-ti, Bologna, 1999, pp.317; N.S. Onofri,Bologna combatte (1940-1945).

Partito liberale italiano, (PLI). Pur essen-do la più vecchia formazione politica italia-na, il PLI fu costituito formalmente al ter-mine del congresso nazionale di Bolognadell’8-10.10.1922, pochi giorni prima del-l’avvento del fascismo. Il PLI nacque dal-l’unione dei vecchi circoli liberali che,dall’Unificazione nazionale in poi, avevanoespresso la classe dirigente del paese. Dalnuovo partito furono esclusi i gruppi con-trari al fascismo. Il primo segretario delPLI, il bolognese Alberto Giovannini*,diede un netto orientamento di destra allanuova formazione e sostenne la necessità diunificare PLI e PNF. Nelle elezioni politi-che del 1924 PLI e PNF presentarono unalista unica e Giovannini fu eletto in un col-legio del Veneto. Il PLI, sia pure con qual-che dubbio, riconfermò l’alleanza con ilPNF al congresso nazionale svoltosi a Li-vorno il 4-6.10.1924. La direzione del PLIcominciò a prendere le distanze dopo ildiscorso di Mussolini del 3.1.1925 e il 5.4,a maggioranza, dichiarò finita la collabora-zione e invitò i propri rappresentanti aduscire dal governo. Gli esponenti della

destra collaborazionista - in maggioranzanel gruppo parlamentare - uscirono dalpartito e diedero vita al Partito liberalenazionale. In seguito confluirono quasitutti nel PNF. Il PLI fu ricostituito dopol’8.9.1943, anche se il Gruppo di ricostru-zione liberale aveva cominciato ad operarenegli ultimi mesi del 1942 a Roma e aMilano. Fu tra i promotori del CLN cen-trale e prese parte alla lotta di liberazione.“Risorgimento liberale” era il suo organoufficiale, trasformato in quotidiano dopo laliberazione di Roma. Nelle politiche del16.11.1919 il movimento liberale presentòa Bologna una lista ufficiosa. Ebbe 9.145voti (7,8%) nell’intera provincia, 4.528(13%) in città e nessun deputato. Nelle ele-zioni del 15.5.1921 i liberali votarono per ilBlocco nazionale capeggiato a Bologna daMussolini, che aveva il fascio per emblema.In quelle del 6.4.1924 votarono per il “li-stone fascista”. Ciò si spiega col fatto che,all’inizio degli anni Venti, l’intero gruppodirigente liberale era passato al fascismo.Giovannini ebbe un ripensamento nel1926, quando fu soppresso lo stato libera-le, per riaderire al fascismo alcuni annidopo. Nel suo testamento politico il sena-tore Giuseppe Tanari ha scritto che il fasci-smo era la naturale conclusione della suamilizia liberale, durata una vita. Approvò lalegislazione fascista e la legge contro lalibertà di stampa. Il 27.2.1925 il questore,in una relazione al governo, scrisse chedirigenti del PLI erano Agostino Pedrazzi,Giovannini e Germano Mastellari e che gliiscritti non superavano i 300 (ASB, GP,1925, b.1.418, cat.7, fas.1, “Partiti politiciesistenti”). Dopo l’8.9.1943 il PLI bolo-gnese non aderì al CLN, né prese parte allalotta di liberazione, e faticò a ricostituireuna struttura politica, con persone noncompromesse con il fascismo. Solo tra lafine d’agosto e i primi di settembre 1944aderì al CLN e prese parte alla Resistenza.Antonio Zoccoli*, rappresentante del PLI,fu nominato presidente del CNLER. [O]BI B L I O G R A F I A B O L O G N E S E. G. Tanari, La miaevoluzione politica al fascismo; A. Bignardi,Dizionario biografico dei liberali bologne-

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si; A. Bignardi, Ritratti liberali e libri letti,Bologna, Tamari, 1969, pp.153; I rapportidella Delegazione A.I. del PLI con ilComitato Regionale del PLI emiliano, in LaDelegazione alta Italia del PLI, a cura di E.Camurani, Bologna, Forni, 1970, pp.313-323. Testimonianze di A. Zoccoli (p.62), T.Carnacini (p.169) in RB1; A. Giovannini(p.151) in RB2; F. Pilati (p.189) in RB5.

Partito nazionale fascista, (PNF). Il Fasciodi combattimento fondato a Milano daMussolini il 23.3.1919, fu trasformato inPartito nazionale fascista (PNF), al terminedel terzo congresso, svoltosi a Roma il 7-11.11.1921. A quell’epoca era il più grossopartito di massa con 218 mila iscritti, con-tro i 216 mila del PSI, per superare quota300 mila prima della “marcia su Roma”.Pur non ricoprendo alcuna carica, Musso-lini controllava il PNF e guidò il paese e ilpartito con un organismo nuovo: il Granconsiglio del fascismo, i cui membri eranoda lui nominati o esonerati. Il compito delPNF era quello di organizzare e favorire ilconsenso con iniziative politiche. Le diret-tive del partito erano comunicate agli orga-ni periferici dal “Foglio d’ordini”. NelloStatuto del 1932, il PNF fu definito «unaMilizia civile, agli ordini del DUCE, al ser-vizio dello Stato Fascista». Quando Musso-lini fu messo in minoranza dal Gran consi-glio del fascismo, il 25.7.1943, il PNF e laMVSN non si mossero in sua difesa. Conuno dei suoi primi provvedimenti il gover-no Badoglio sciolse il PNF. [O]BI B L I O G R A F I A B O L O G N E S E. Vedi: Fascio dicombattimento di Bologna.

Partito operaio di unificazione marxista,(POUM). Nel 1935 in Spagna - anche seera presente massicciamente solo inCatalogna - il Partito operaio di unificazio-ne marxista nacque dall’unione di alcunigruppi trotzkisti, anarchici e d’estremasinistra. Dopo l’inizio della guerra civile ilPOUM si schierò contro la sedizione fran-chista, pur non approvando la politica delFronte popolare. Per questo ebbe duricontrasti politici con il partito comunista

spagnolo. Nel maggio 1937 i contrasti sitrasformarono in scontri a Barcellona,quando reparti dell’esercito spagnolo egruppi militari comunisti tentarono dioccupare la centrale telefonica ed altriimpianti cittadini. Il 4.5.1937 tra le parti fustipulato un accordo di tregua. Pochi gior-ni dopo, agenti della polizia segreta stalini-sta arrestarono e passarono per le arminumerosi dirigenti del POUM, dellaFederazione anarchica iberica e del movi-mento anarchico italiano. Il 5.5.1937 fuucciso Camillo Berneri, il principale espo-nente del movimento anarchico italiano inesilio. Il 15.8.1937 il POUM fu sciolto dalgoverno repubblicano spagnolo. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Orwell, Omaggio alla Ca-talogna, Verona, Mondadori, 1948, pp.223;C. Penchienati, Brigate internazionali inSpagna. Delitti della “Ceka” comunista,Milano, Echi del secolo, 1950, pp.145; V.Alba, Historia du POUM, Paris, 1975.

Partito popolare italiano, (PPI). Solo nel1919 i cattolici italiani ebbero la possibilitàdi organizzarsi in partito politico. Vincolatidal non expedit, avevano sempre dovutodisertare le elezioni, anche se il divieto erastato attenuato nel 1913, quando, con ilPatto Gentiloni, concordarono le candida-ture con i gruppi conservatori, in occasionedelle politiche. Il 18.1.1919, su iniziativa didon Luigi Sturzo e di un gruppo d’espo-nenti del mondo cattolico - tra i quali ibolognesi Giovanni Bertini* e PaoloCappa* direttore de “L’Avvenire d’Italia” -fu rivolto un appello «A tutti gli uominiforti e liberi», che portò alla nascita delPPI. Il primo congresso nazionale si tennea Bologna il 14.6.1919. Alle elezioni politi-che del dicembre 1919 ebbe il 20,6 percento dei voti e cento deputati. Il PPI feceparte di tutti i governi del dopoguerra esuoi ministri entrarono in quello diMussolini, dopo la “marcia su Roma”. Nel-l’aprile 1923 il congresso nazionale, riuni-tosi a Torino, si espresse per la fine dellacollaborazione con i fascisti. Numerosiesponenti del gruppo clerico-fascista usci-rono dal PPI, mentre altri furono espulsi

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per essersi rifiutati di cessare la collabora-zione con il fascismo. Verso la fine del 1923il gruppo clerico-fascista diede vitaall’Unione nazionale, con il propositodichiarato di fiancheggiare i fascisti. Il PPIricercò un’intesa con il PSUI di Turati. Allaproposta di un’alleanza, avanzata da Turaticon un’intervista a “Il Popolo” l’1.7.1924,rispose positivamente il segretario naziona-le del PPI Alcide De Gasperi il 16.7. Il 21.7“La Civiltà cattolica”definì «inopportuna»l’alleanza tra cattolici e socialisti. Dopoavere avuto il via libera dal segretario distato vaticano Pietro Gasparri (R.Sgarbanti, Ritratto politico di GiovanniGrosoli, Roma, Cinque lune, 1959, p.155 e187), il gruppo clerico-fascista del PPI gui-dato da Giovanni Grosoli si riunì aBologna il 12.8.1924 Con l’assenso di «unfiduciario del Vaticano finora non benconosciuto», come si legge nel rapporto delquestore al prefetto, (ASB, GP, 1924, b.1.405, cat.7, fas.1, “Partito cattolico nazio-nale), fu decisa la scissione dal PPI e lacostituzione del Centro nazionale italiano.Il 28.8 la nascita del partito clerico-fascistaebbe il consenso de “L’Osservatore roma-no”. Don Sturzo - che aveva rassegnato ledimissioni il 10.7.1923 - il 25.10.1924 andòin esilio. Il PPI - che nelle elezioni del 1924aveva raccolto il 9% dei voti - fu sciolto nelnovembre 1926, come gli altri partiti. ABologna il PPI nacque dall’incontro diuomini che - accomunati dalla fede religio-sa - provenivano da esperienze diverse.Alcuni, per avere militato nel Partitodemocratico cristiano, avevano un interes-se sociale molto vivo. In altri era prevalen-te la tematica religiosa. A tutti era comuneil desiderio di affermarsi autonomamentesul piano politico, come cattolici. Fu cosìche - solo perché uniti dalla fede religiosa -si ritrovarono a militare nello stesso partitouomini come Antonio Masetti Zannini,Filippo Sassoli De’ Bianchi e CarloMalvezzi, nobili e grandi proprietari terrie-ri, e altri come Massimo Federici, un con-tadino dirigente delle Fratellanze coloni-che, le leghe “bianche”. Tra i primi nonmancavano - vedi Sassoli - i nemici del suf-

fragio universale. Le due anime del PPIconvissero senza grossi problemi, sino aquando l’avversario era il PSI. Ma quando,nell’estate 1921, le Fratellanze accarezzaro-no l’idea di conquistare il controllo deilavoratori della terra - dopo che i socialistierano stati piegati dalla violenza fascista eindeboliti dalla scissione comunista - sividero sbarrata la strada dai grossi proprie-tari terrieri e dai fascisti. Per i grossi pro-prietari terrieri il leghismo “bianco” nonera molto diverso da quello “rosso”. I fasci-sti, invece, miravano a controllare le cam-pagne con i loro sindacati. Dopo avereimposto al PPI alleanze elettorali con ifascisti - pur di strappare al PSI le ammini-strazioni comunale e provinciale diBologna e i comuni minori - la destra cleri-co-fascista considerò conclusa l’esperienzadel partito e propose la confluenza nelPNF. Uno dei primi a aderire al fascismo fuMasetti Zannini, seguito nel 1923 dall’exdeputato Carlo Ballarini e da Carlo EnricoBolognesi che il 10.7.1924 aveva sostituitoCappa alla direzione de “L’Avvenire d’Ita-lia”. Un primo gruppo di cattolici uscìl’1.4.1924 con un manifesto di adesione alPNF firmato dal marchese Filippo Baviera,dal marchese Filippo Boschi, dal dott.Giuseppe Cosentino, dall’industriale Er-mete Maccaferri, dal conte Pio Ranuzzi de’Bianchi, dal dott. Michelangelo Riccominie dal conte Paolo Senin. Il 12.8.1924, nellasede de “L’Avvenire d’Italia”, quando nac-que il Centro nazionale italiano, erano pre-senti i delegati dei clerico-fascisti bologne-si ed emiliani. All’epoca, come risulta daun rapporto del prefetto al governo, indata 16.7.1924, nel Bolognese i «popolariammontano ad alcune migliaia» (ASB, GP,1924, b. 1.405, cat.7, fas.1, “Situazioneordine pubblico”). Il 3.1.1925, dopo il di-scorso di Mussolini, a Bologna furonomesse a sacco le sedi dei partiti e gli studidi alcuni avvocati antifascisti. Gli squadri-sti penetrarono nella sede del PPI e inquella dell’Unione del lavoro, in viaMarsala 6. Mobili e documenti furonoincendiati. Analogo trattamento fu riserva-to a “Il Mulo” - il settimanale satirico cat-

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tolico diretto da Cesare Algranati* - in viaCavaliera (oggi via Oberdan). Il 27.2.1925il prefetto, in un rapporto al ministrodell’Interno, scrisse che il PPI aveva «forzemodeste» e che i principali dirigenti eranoFulvio Milani*, Carlo Strazziari* e Anto-nio Bonfiglioli dirigente delle Fratellanze(ASB, GP, 1925, b.1.418, cat.7., fas.1,“Partiti politici esistenti”). I membri delPPI che ancora sedevano nel Consiglioprovinciale e in quelli comunali con i fasci-sti rassegnarono le dimissioni. La sezionebolognese del PPI fu sciolta il 13.11.1926con decreto prefettizio. Le carte furonosequestrate dalla polizia e i mobili ceduti alproprietario dello stabile, a saldo dellemensilità arretrate d’affitto. Nelle politichedel 16.11.1919 nella città di Bologna il PPIebbe 4.810 voti (13,8%) e 21.115 (18%)nella provincia. Fu eletto Fulvio Milani. Inquelle del 15.5.1921 nel comune di Bo-logna ebbe 3.887 voti, 13.372 nella provin-cia di Bologna e 42.549 nella circoscrizione(BO, FE, FO e RA) e 3 deputati: Milani,Carlo Zucchini e Giovanni Braschi. PaoloCappa* fu eletto a Genova e GiovanniBertini a Ancona. In quelle del 6.4.1924nella circoscrizione regionale ebbe 51.230voti e 4 deputati: Giuseppe Micheli, FeliceCorini, Milani e Braschi. Nella provincia diBologna raccolse 6.504 voti, dei quali 2.548nel comune di Bologna.BI B L I O G R A F I A B O L O G N E S E. Per un’adunanzadel Partito popolare italiano. Lettera apertadi Carlo Malvezzi all’on. Fulvio Milani; A.Masetti Zannini, Da una buona a unamigliore associazione; A. Masetti Zannini,Religione e fascismo; A. Masetti Zannini, Ilnostro duce; Il Partito popolare in EmiliaRomagna, 1919-1926; G. Venturi, Il Partitopopolare di Bologna. Nascita e sviluppo asettant’anni dalla fondazione, in “il Car-robbio” 1989, pp.346-352.

Partito repubblicano italiano, (PRI). IlPRI è uno dei più vecchi tra i partiti italia-ni. Discende dalla Giovane Italia di Giu-seppe Mazzini del 1832, dal Partito d’A-zione fondato da Mazzini durante le guer-re risorgimentali e dall’Alleanza repubbli-

cana, nata nel 1874 per coordinare l’attivi-tà dei circoli repubblicani. Fu nell’aprile1895 - tre anni dopo la nascita del PSI - chea Milano nacque il PRI, il cui primo con-gresso nazionale si riunì a Bolognal’1.11.1895. Conquistò 26 seggi in parla-mento alla fine del secolo e 30 nel 1900.Contrario all’avventura coloniale in Etio-pia alla fine del XIX secolo, si divise difronte alla guerra di Libia nel 1911 e nel1914 fu il primo a sostenere l’interventocontro l’Austria, per completare l’unifica-zione nazionale con una “guerra democra-tica”. In quell’occasione ruppe ogni rap-porto con il PSI. Nelle elezioni del 1919ebbe 10 deputati. La crisi del primo dopo-guerra, che tormentò tutti i partiti, ebbe unriflesso molto accentuato nel PRI, all’inter-no del quale non erano pochi gli esponentifavorevoli al fascismo. Al XV congressonazionale, svoltosi a Trieste il 22-25.4.1922,prevalse l’ala antifascista, guidata dal segre-tario Fernando Schiavetti e da MarioBergamo*, con conseguente allontanamen-to degli elementi di destra che si eranoorganizzati nei Fasci repubblicani italiani enell’Unione mazzinina nazionale. Dopo l’a-desione del PRI all’Alleanza del lavoroaumentarono le persecuzioni fasciste neiconfronti dei militanti e delle organizzazio-ni repubblicane. Il PRI subì una secondascissione pari al 20% degli iscritti dopo ilXVI congresso nazionale, svoltosi a Romail 17 e 18.12.1922, che confermò il votoantifascista del congresso di Trieste. Lamaggioranza degli iscritti alle federazionidi Cesena, Ravenna e Ancona uscirono dalPRI e diedero vita alla Federazione repub-blicana autonoma della Romagna e delleMarche. All’indomani del delitto Matteottiil PRI aderì all’Aventino e intensificò lalotta contro il regime. “La Voce Repubbli-cana”, il quotidiano ufficiale del PRI, per lasua dura opposizione al regime subì più diun sequestro e numerose sospensioni tem-poranee delle pubblicazioni. All’indomanidel XVII congresso nazionale, svoltosi aMilano il 9 e 10.5.1925, il PRI decise diabbandonare l’Aventino. Il PRI, diretto dalnuovo segretario Mario Bergamo, si oppo-

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se al regime per tutto il 1926 e fu sciolto nelnovembre. Il nucleo principale della dire-zione andò in esilio in Francia dove il PRIfu ricostituito, anche se un forte gruppo siorganizzò in Svizzera. Il PRI tenne ottocongressi in esilio, nel 1928, 1929, 1931,1932, 1933, 1934, 1935 e 1938. Segretarifurono Bergamo, poi Cipriano Facchinetti,Giuseppe Chiostergi e Randolfo Pacciardi.In vari periodi il PRI pubblicò “L’Italia delpopolo”, “L’Iniziativa”e “La GiovaneItalia”. A Bologna il PRI ebbe sempre unamodesta consistenza, anche se aveva uomi-ni politici di grande valore, come EnricoGolinelli, Venerabile della loggia massoni-ca VIII Agosto e sindaco di Bologna dal1902 al 1904. Nel 1914 - a causa del neu-tralismo dei socialisti - ruppe l’alleanza conil PSI e faticò a riallacciarla nel dopoguer-ra. Dopo l’uscita degli esponenti filofascisti- Giorgio Pini e Arconovaldo Bonacorsiche confluiranno nel Fascio - il PRI sischierò su posizioni antifasciste e fu direttoda Mario Bergamo, Dante Calabri*,Giovanni Ghiselli*, Luigi Jacchia* e NeoOttoni* detto Enea. Nel 1924, secondo unrapporto del prefetto, aveva «scarsissimiaderenti» (ASB, GP, 1924, b.1.405, cat.7,fas.1, “Situazione ordine pubblico”). Nel1925 gli iscritti non superavano i 150 (ASB,GP, 1925, b.1.418, cat.7, fas.1, “Partitipolitici esistenti”). Nelle politiche del16.11.1919 il PRI votò per la Lista dei com-battenti che a Bologna ebbe 5.556 voti enessun deputato. Nelle politiche del15.5.1921 ebbe 686 voti nel comune diBologna, 925 nella provincia di Bologna e34.758 nella circoscrizione (BO, FE, FO eRA) e 2 deputati: Ulderico Mazzolani eCino Macrelli. In quelle del 6.4.1924 ebbe(nella circoscrizione regionale) 23.413 votie 2 deputati: Mario Bergamo e Macrelli.Nella provincia di Bologna raccolse 1.063voti, dei quali 731 nel comune di Bologna.Dopo l’avvento della dittatura, non pochiesponenti, tra i quali Ottoni, andarono inesilio in Francia. Negli anni della dittaturanumerosi militanti dell’ala sinistra e operaistauscirono per aderire al PSI. A Bologna diven-nero socialisti esponenti di primo piano come

Fernando Baroncini*, Giovanni Bordoni* edEmilio Alessandri*. Il PRI subì una secondascissione dopo l’invasione tedesca nel 1943,quando decise di non aderire al CLN per lapregiudiziale antimonarchica. Considerandopreminente la lotta di liberazione contro inazifascisti, rispetto alla sorte della monar-chia, a Bologna uscirono dal PRI AngeloBondi, Gino Onofri*, Armando Quadri*,Armando Tomesani*, Romolo Trauzzi*,Luigi Zoboli* e altri ancora. Il PRI diBologna, il cui segretario era FrancescoColombo*, aderì al CLN nel gennaio 1945. [O]B I B L I O G R A F I A B O L O G N E S E . 1945-1975.Resistenza repubblicana nel trentesimoanniversario della liberazione. Testimo-nianza di G. Bortolotti (p.83) in RB3.

Partito socialista italiano, (PSI). Il14.8.1892 il PSI nacque a Genova, su ini-ziativa dei delegati delle sezioni del Partitooperaio, delle leghe socialiste e di quellesindacali che avevano abbandonato i lavoridel congresso nazionale del Partito operaioall’interno del quale era prevalente la cor-rente anarchica. Riunitisi separatamente,diedero vita al Partito dei lavoratori italia-ni. L’anno seguente, al congresso di ReggioEmilia, il nome fu cambiato in Partitosocialista dei lavoratori italiani e nel 1895,al congresso di Parma, in quello di Partitosocialista italiano. Il distacco dei socialistidagli anarchici segnò l’inizio di un nuovocorso politico. Sciolto dal governo nel1894, durante la reazione crispina, il PSI siriorganizzò e, durante il nuovo tentativoreazionario del 1897-98, fu la forza politicache più si oppose ai provvedimenti legisla-tivi liberticidi di Luigi Pelloux. Con l’iniziodel nuovo secolo e la fine dei tentativi auto-ritari, il PSI diede un non piccolo contri-buto alla realizzazione del “decennio giolit-tiano”. In quegli anni fu diretto dal grupporiformista, al quale si contrappose unaminoranza sindacalista-rivoluzionaria. Eb-be un forte sviluppo politico-organizzativo,passando dai 15 deputati del 1897 ai 41 del1909, da 135 mila voti a 341.387 e da27.281 iscritti a 31.960. Il “decennio giolit-

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tiano” si concluse con la guerra di Libia, laquale provocò una grave crisi politico-eco-nomica che segnò l’inizio di un processopolitico involutivo nel paese. Anche il PSIsubì una profonda trasformazione. Al XIIIcongresso nazionale, svoltosi nel luglio1913 a Reggio Emilia, prevalse l’ala rivolu-zionaria su quella riformista, alcuni diri-genti della quale furono espulsi per nonavere contrastato in parlamento - ma alcu-ni l’avevano addirittura approvata - laguerra di Libia. Gli espulsi fondarono ilPartito socialista riformista. Grazie soprat-tutto alla riforma elettorale, nel 1913 il PSIconseguì un grande successo nelle politi-che, conquistando 53 deputati e 961.703voti. Il successo fu confermato, con unaumento di voti, nelle amministrative delgiugno 1914, quando conquistò grandicittà come Milano e Bologna, numeroseamministrazioni comunali e provinciali eun migliaio di comuni. Il PSI non riuscì atrarre tutte le conseguenze politiche daquel duplice successo perché la guerramondiale - nella quale l’Italia era statacoinvolta nel maggio 1915 - mutò radical-mente il quadro nazionale. A differenza deicattolici e dei liberali giolittiani, il PSI sioppose alla guerra con la formula «Né ade-rire né sabotare». Senza rinnegare l’italiani-tà di Trento e Trieste, il PSI sostenne chequella non era una “guerra democratica”,ma uno scontro tra opposti imperialismi.Molti dirigenti furono internati e nonpochi quelli che subirono la violenza degliinterventisti. La censura ridusse al silenzioi giornali socialisti, mentre fu resa la vitadifficile alle amministrazioni locali rette dalPSI. Nel dopoguerra il partito continuò aessere guidato dall’ala rivoluzionaria, cheaveva assunto la denominazione di massi-malista. Sull’onda del malcontento provo-cato dalla guerra e sfruttando l’entusiasmoche la rivoluzione russa aveva provocato, ilPSI ebbe un grande sviluppo politico-orga-nizzativo. Alle politiche del 1919 raddop-piò i voti del 1913 e triplicò i deputati. Con81.463 iscritti, raccolse 1.834.792 voti, parial 32 per cento, e mandò 156 deputati allaCamera. Quando la III Internazionale

comunista - violando il principio delleautonomie nazionali - pose ai partiti operaieuropei l’alternativa di approvare i famosi21 punti o essere espulsi dall’Internazio-nale, il PSI subì una grave scissione, dallaquale nacque il PCdI. Era il gennaio 1921,il momento della massima espansione del-l’offensiva fascista. Anche se nelle elezionidel 15.5.1921, quattro mesi dopo la scissio-ne, il PSI raccolse 1.628.753 voti, mandòalla camera 123 deputati e gli iscritti tocca-rono il tetto massimo di 216.327, la batta-glia contro il fascismo era perduta.Nell’illusorio tentativo di far rientrare icomunisti nel partito, per avere il ricono-scimento dell’Internazionale, i massimalisticacciarono l’ala riformista al termine delXIX congresso nazionale, riunitosi a Romanell’ottobre 1922, alla vigilia della “marciasu Roma”. Quella decisione contribuì aindebolire ulteriormente il fronte operaio: iriformisti diedero vita al PSUI e i comuni-sti non rientrarono nel PSI. Dopo lo scio-glimento dei partiti e la soppressione dellalibertà, nel 1926, i principali dirigentisocialisti presero la strada dell’esilio e rico-stituirono il PSI a Parigi. Qui fu pubblica-to “Il Nuovo Avanti!”. A Parigi (Francia) il19 e 20.7.1930 PSI e PSUI si riunificaronoe il partito assunse il nome di PSI. I rap-porti con il PCI furono di totale rottura econtrapposizione sino al 1934, quando ilComintern impose ai partiti comunistid’Europa la linea politica dei fronti popo-lari. Il PCI, per quanto contrario, subì lanuova linea politica, cessò di accusare ilPSI di «socialfascismo» e fu stretto il Pattod’unità d’azione. Anche se il nucleo diri-gente principale era quello che operava inFrancia, il PSI continuò a fare politica inItalia durante la dittatura, mentre migliaiadi militanti subirono il carcere e il confino.La lotta politica in Italia era diretta dalCentro socialista interno costituito nel1934 a Milano. Nonostante fossero natinuovi partiti affini, come il MUP e il PdA,la maggior parte dei socialisti italiani resta-rono fedeli al PSI. Il 25.8.1943 - durante ilbreve interregno badogliano - PSI e MUPsi unirono dando vita al PSUP, divenuto

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PSIUP. Pochi giorni dopo, con l’iniziodella Resistenza, il PSIUP diede questadirettiva ai socialisti italiani: «Per coloroche, smarriti nel caos della presente situa-zione, ci chiedono una mèta cui tendere,una parola d’ordine, una direttiva da segui-re, non abbiamo che una risposta: combat-tere» [...] «il nemico è il tedesco nazista:non c’è contadino o soldato o lavoratore ointellettuale che non se ne renda contosenza la minima ombra di dubbio, e ciònon solo in Italia, ma in tutta Europa» (Lanostra guerra in “Avanti!”, n.4, 26.9.1943,Edizione romana). Nei venti mesi dellaResistenza, il PSIUP dedicò ogni energiaalla lotta contro i nazifascisti. Furono deci-ne le brgg Matteotti e centinaia i cadutisocialisti. A Bologna il PSI - nato nel 1892,dopo il congresso di Genova - cominciò adessere una forza politica consistente all’ini-zio del secolo XX, dopo i tentativi autori-tari, anche se non erano mancati successiparziali. Nel 1894 Andrea Costa fu elettodeputato a Budrio e Imola. Due deputati -Costa e Leonida Bissolati - conquistò nel1900. Quelle elezioni confermarono che lacittà era il punto debole del PSI per cuinelle politiche, come nelle amministrativefurono ricercati accordi con i partiti di cen-tro-sinistra, anche se “borghesi”. Nel 1902l’Unione dei partiti popolari - un bloccoelettorale guidato dalla massoneria e delquale facevano parte repubblicani, radicalie socialisti - conquistò Palazzo d’Accursioe 4 socialisti entrarono in Consiglio comu-nale. Francesco Zanardi* fu eletto assesso-re. L’accordo con i partiti “borghesi” nondurò e da allora il PSI non ricercò piùalleanze elettorali. Fu nel novembre 1904che il PSI da solo conquistò la maggioran-za dei voti e 5 deputati su 8. Ottenne15.424 voti contro i 13.890 dei candidatidella destra e i 1.086 dei candidati direpubblicani e radicali. Elesse Costa aBologna II, Genuzio Bentini* a CastelMaggiore, Giacomo Ferri a S. Giovanni inPersiceto, Bissolati a Budrio e Costa aImola. L’8.1.1905, quando furono ripetutele elezioni nel collegio di Bologna II, per-ché Costa aveva optato per Imola, il PSI

perse il seggio per pochi voti. Nelle elezio-ni del 1909 il PSI confermò la maggioranzacon 21.870 voti contro 19.452 di tutti glialtri partiti. Furono eletti Alberto Calda* aBologna II, Guido Podrecca a Budrio,Bentini a Castel Maggiore, Costa a Imola eFerri a S. Giovanni in Persiceto. In quelledel 1913 il PSI (dopo i ballottaggi) ebbe47.473 voti quasi la metà dell’elettorato.Furono eletti Bentini a Castel Maggiore,G.E. Modigliani a Budrio, Claudio Trevesa Bologna I, Calda a Bologna II e AntonioGraziadei* a Imola. Ferri fu rieletto a S.Giovanni in Persiceto, ma con una candi-datura personale. Nelle elezioni del 1913 ilPSI conquistò, per la prima volta, la mag-gioranza nel capoluogo. Il voto fu riconfer-mato il 26.6.1914 quando il PSI conquistòil comune di Bologna (con 12.689 voti,contro 11.370 della destra), l’amministra-zione provinciale e 36 comuni su 61. Il votoamministrativo fu riconfermato nell’otto-bre 1920 quando riconquistò i consiglicomunale e provinciale e 54 comuni su 61.Il massimo della sua espansione elettorale ilPSI lo raggiunse nelle politiche del16.11.1919, quando ebbe 81.952 voti(68,6%) nell’intera provincia e 21.971(62,9%) in città. Conquistò 7 deputati su8: Bentini, Nicola Bombacci, Graziadei,Leonello Grossi*, Anselmo Marabini*,Vincenzo Vacirca e Francesco Zanardi.Nelle politiche del 15.5.1921 ebbe 19.614voti nel comune di Bologna, 39.996 nellaprovincia di Bologna e 110.105 nella circo-scrizione (BO, FE, FO e RA). ElesseGaetano Zirardini, Bentini, Nullo Baldini,Andrea Ercolani*, Luigi Fabbri* da Luigi,E.T. Bogiankino e Zanardi. Nelle politichedel 6.4.1924 nella circoscrizione regionaleebbe 34.157 voti e 3 deputati GiovanniBacci, Luigi Fabbri e Grossi. Nella provin-cia di Bologna raccolse 11.993 voti, deiquali 5.893 nel comune di Bologna. Sin daiprimi anni del secolo XX la federazionebolognese fu controllata dall’ala riformistae solo negli anni prima guerra mondialepassò sotto il controllo di quella rivoluzio-naria, poi chiamata massimalista. AntonioValeri, l’ultimo segretario riformista, nel

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1919 lasciò la segreteria a Pietro Venturi,quando i massimalisti vinsero il congressocon 2.192 voti contro 701 dei riformisti.Vittorio Martelli*, pur non occupando lacarica di segretario, fu il massimo dirigentedel partito, sino al 21.11.1920 quando, aseguito della strage di Palazzo d’Accursio,si rifugiò nella Repubblica di S. Marino pernon essere arrestato e quindi espatriò. Do-po la scissione comunista, la corrente mas-simalista restò maggioritaria nel partito.Uno degli ultimi segretari, sino a tutto il1926, fu l’on. Luigi Fabbri. Da un rappor-to del prefetto al ministro dell’Interno, indata 27.2.1925, risulta che i massimi diri-genti del PSI erano Fabbri, CarmineMancinelli*, l’on. Grossi e Alberto Trebbi*e che il partito aveva «discrete forze»(ASB, GP, 1925, b.1.418, cat.7, fas.1,“Partiti politici esistenti”). Durante la dit-tatura il PSI non ebbe un gruppo dirigentefisso. Il 3 o 6.8.1943, dopo l’unificazionetra PSI e MUP, il PSIUP elesse segretarioprovinciale Fernando Baroncini*. Conser-vò la carica sino al febbraio-marzo 1944quando, nominato dirigente della brg ToniMatteotti Montagna, lasciò la segreteria aPaolo Fabbri*. In dicembre, quandoFabbri e Mario Guermani* attraversaronola linea del fronte e si recarono a Roma perconferire con la direzione del partito, lasegreteria provinciale fu assunta da Giu-seppe Bentivogli*. Fabbri e Bentivogli cad-dero nella Resistenza. Durante la lotta diliberazione caddero anche i tre comandan-ti delle brgg Matteotti bolognesi: OtelloBonvicini*, Alfredo Calzolari* e AntonioGiuriolo*. Non si conosce il numero deimilitanti sui quali il partito poteva contare,anche se fu fatto il tesseramento con la di-stribuzione di tessere, sia pure non inte-state. [O]BI B L I O G R A F I A B O L O G N E S E. V. Grazia, Bolo-gna socialista nella lotta di liberazione, inAlmanacco socialista 1946, p.190-9; R.Tega, Giuseppe Bentivogli, in Almanaccosocialista 1946, p.272-3; Giuseppe Benti-vogli e Paolo Fabbri; V. Grazia, Palita, inEpopea partigiana, Bologna, p.102; N.S.Onofri, I socialisti bolognesi nella Resisten-

za; N.S. Onofri, Documenti dei socialistibolognesi sulla Resistenza; M. Poli, La rico-struzione del PSIUP a Bologna; R. Vighi,Per il socialismo, l’antifascismo, le autono-mie; Gianguido Borghese, prefetto dellaliberazione; N.S. Onofri, 1892: il PSI aBologna. Origine e nascita del movimentosocialista; M. Poli, T. Ravagnani, EnricoBassi, 75 anni di socialismo; F. Bartolini, A.Benetti, N.S. Onofri, M. Poli, FrancescoZanardi un socialista a Palazzo d’Accursio;N.S. Onofri, Dal frontismo al riformismo.Testimonianze di V. Grazia (p.27), G.Borghese (p.67), R. Vighi (p.137), A.Trebbi (p.141), L. Bergamini (p.200), D.Giordani (p.201), F. Grazia (p.204), C.Mancinelli (p.247), G. Maiolani (p.338), D.Bonazzi (p.352), M. Longhena (p.361), M.Santandrea (p.384), D. Codrignani (p.394),E. Bassi (p.400), P. Tosarelli (p.411), E.Minghetti (p.428), S. Alvisi (p.465), G.Miceti (p.470), A. Montanari (p.483), L.Montanari (p.483), G. Tullini (p.486), E.Tugnoli (p.486), A. Gardi (p.487), L. Roda(p.489), A. Draghetti (p.491), C. Bagni(p.496), Z. Massarenti (p.497), G. Taddia(p.499), N. Fabbri (p.501) in RB1; C. Govi(p.60), R. Padovani (p.68), A. Zama (p.71),J. Grazia (detta Lola) (p.74) in RB2; U.Crisalidi (p.307), E. Alessandri (p.318), A.Giuriolo (p.362), F. Baroncini (p.367), L.B.Mari (p.369), N. Tampieri (p.426), R.Vecchietti (p.445), B. Marchesi (p.474), A.Martoni (p.477) in RB3; N. Fabbri (p.79),A. Fontana (p.358), A. Emiliani (p.435), G.Vincenti (p.703), G. Boschetti (p.834), U.Mocai (p.937) in RB5.

Partito socialista italiano di unità proleta-ria, (PSIUP). Il 25.8.1943, dall’unificazio-ne tra PSI e MUP nacque il Partito sociali-tà italiano di unità proletaria (PSIUP).Inizialmente fu omesso l’aggettivo italiano,per cui la sigla era PSUP. Segretario fu elet-to Pietro Nenni, già segretario del PSI.Lelio Basso, segretario del MUP, entrònella direzione. La riunione nazionale diriunificazione avvenne a Roma, in formaclandestina, nell’abitazione di GiuseppeRomita. Il programma del nuovo partito -

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simile se non uguale a quello del PSI - fupubblicato nel supplemento al n.2 del-l’“Avanti!” clandestino, edizione romana,uscito il 26.8.1943. Alla riunione romanaintervennero per Bologna: Verenin Gra-zia*, Carmine Pastore Mancinelli* e Al-berto Trebbi* del PSI; Giuseppe Ben-tivogli*, Gianguido Borghese* e PaoloFabbri* del MUP. Dopo la scissione social-democratica compiuta a Roma al XXVcongresso, il 9-13.1.1947, il PSIUP mutò ilnome in PSI. Il nuovo partito si chiamòPSLI e poi PSDI. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: PSI.

Partito socialista unitario italiano, (PSUI).I socialisti riformisti espulsi dal PSI nell’ot-tobre 1922 diedero vita al Partito socialistaunitario italiano (PSUI). Inizialmente fuchiamato Partito socialista unitario, poiPartito socialista italiano unitario e infinePSUI. Dopo la scissione comunista, avve-nuta nel gennaio 1921 al congresso diLivorno, il PSI era stato espulso dalla Terzainternazionale comunista. Per esservi riam-messo fu costretto ad espellere l’ala rifor-mista, come Mosca pretendeva dal 1920.L’espulsione avvenne al termine del XIXcongresso svoltosi a Roma dall’1 al4.10.1922. La mozione massimalista otten-ne 32.106 voti contro i 29.129 di quellariformista; 3.180 gli astenuti. L’espulsionedi un gruppo politico che rappresentavapoco meno della metà del PSI, debilitòulteriormente il fronte antifascista, giàindebolito dalla scissione comunista. Fu ilpiù grosso regalo che i massimalisti potes-sero fare a Mussolini alla vigilia della “mar-cia su Roma”. Primo segretario fu Gia-como Matteotti. Organo ufficiale divenne“La Giustizia”, diretta da Treves. Il PSUIfu sciolto nel novembre 1925, dopo il man-cato attentato di Tito Zaniboni controMussolini. Nel marzo 1926 i socialisti rifor-misti diedero vita al Partito socialista deilavoratori italiani (PSLI). In esilio inFrancia il partito riassunse il nome di PSUIe per qualche tempo anche di PSULI. Il 19e 20.7.1930 PSUI o PSULI e PSI si unifi-carono a Parigi e il nuovo partito assunse il

nome di PSI. A Bologna, nel 1922, furonoespulsi dal PSI esponenti autorevoli comeFrancesco Zanardi* e Genuzio Bentini* equasi tutti i dirigenti della CCdL e dellaFederazione lavoratori della terra. I princi-pali dirigenti furono Giulio Zanardi*,Giuseppe Raffaele Serrantoni*, GiovanniPilati*, Silvio Alvisi* e Mario Longhena*.Segretari provinciali del PSUI furonoSerrantoni, Aurelio Becca e Pilati nel 1925.Il prefetto, in una relazione al ministerodell’Interno, il 27.2.1925, scrisse che aveva«poche centinaia di aderenti» (ASB, GP,1925, b.1.418, cat.7, fas.1, “Partiti politiciesistenti”). Nelle elezioni del 6.4.1924 ilPSUI risultò (nella circoscrizione regiona-le) il partito più forte della sinistra. Ebbe43.559 voti (contro i 34.157 del PSI e i23.100 del PCI) e 3 deputati: Camillo Pram-polini, Gregorio Agnini e Nino Mazzoni.Nella provincia di Bologna raccolse 7.943voti, dei quali 4.665 nel comune di Bo-logna. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: PSI.

Patria, La. Nella tarda estate 1944 aFirenze, subito dopo la liberazione avvenu-ta in agosto, fu fondato il quotidiano “LaPatria” organo ufficiale del rinato esercitoitaliano, chiamato prima Raggruppamentomotorizzato, poi Corpo italiano di libera-zione e infine Gruppi di combattimento.Della redazione fece parte Luciano Ber-gonzini*. Un anno dopo il giornale fu rile-vato dal PLI di Firenze e la direzio-ne assunta da Alberto Giovannini*. Il23.10.1945 il giornale cominciò a curareuna pagina di cronaca per Bologna. Dellaredazione, con sede in piazza Calderini 4,fecero parte Giuseppe Fiorentini, respon-sabile, Vittorio Berdini, Nerino Rossi eDario Zanelli. La cronaca bolognese fusospesa il 31.5.1946. Giovannini avevalasciato la direzione il 20.4. Il giornalechiuse il 19.10.1947. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Giovannini, Travaglio perla libertà. 1943-1947.

Patrioti. Dopo avere liberato, con altrebrgg, l’Alta Valle del Reno nell’ottobre

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1944, la brg GL Montagna fu riarmatadagli americani e rimessa in linea nellazona di Lizzano in Belvedere e GaggioMontano. Durante i mesi invernali il gior-nalista Enzo Biagi* curò la pubblicazionedel periodico “Patrioti” che aveva il sotto-titolo “Pubblicazione della 1a brigata‘Giustizia e libertà’”. Uscirono 3 numeristampati a Porretta Terme. Il primo uscì il22.12.1944 e l’ultimo in aprile. Collabora-rono Renzo Bacchelli*, Francesco BertiArnoaldi Veli*, Wilmo Cappi*, GiuseppeCampanelli*, Alessandro Contini Bonacos-si, Leonardo Gualandi*, Raffaello Leo-nelli*. [O]BI B L I O G R A F I A. F. Berti Arnoaldi Veli, Cin-quant’anni fa nasceva un giornale a Gaggio,in “Gente di Gaggio”, n.10, 1994, pp.92-5.I testi sono in RB2 da p.1.057 a p.1.090.

Patto d’unità d’azione, Il. Il 17.8.1934 aParigi (Francia), dopo oltre un decennio dipolemica e di duri scontri polemici, il PSI eil PCdI firmarono il Patto d’unità d’azione.Il PCdI, che accusava il PSI di «socialfasci-smo» e di essere il responsabile dell’avven-to del fascismo, accettò il patto su pressio-ne dell’URSS. Dopo l’avvento del nazismoin Germania, nel 1933, e il tentativo dicolpo di stato in Francia all’inizio del 1934,l’URSS comprese che il nemico era a de-stra. Pur senza proporre la ricostituzione diun partito unico della sinistra, sin dal con-gresso nazionale del 1933, svoltosi a Marsi-glia, il PSI aveva sostenuto la necessità diunificare, almeno politicamente, le forze.Dopo l’accordo stipulato tra socialisti ecomunisti francesi, PSI e PCI non poteva-no comportarsi diversamente. I due partitierano e restarono divisi su molti punti,salvo la necessità di operare un comunesforzo contro il fascismo. Il patto fu rinno-vato il 26.7.1937, ma denunciato dal PSI il28.8.1939, in seguito all’alleanza tra URSSstalinista e Germania nazista. Tra PSI ePCI i rapporti tornarono normali nel1941, quando la Germania aggredìl’URSS. Un nuovo Patto d’unità d’azionetra PSI e PCI fu firmato a Roma il28.9.1943 e riconfermato in seguito sino al

4.10.1957, quando il PSI lo trasformò inpatto di consultazione. [O]BI B L I O G R A F I A. Unità d’azione fra socialisti ecomunisti, in P. Alatri, L’antifascismo italia-no, Roma, Editori riuniti, 1961, pp.307-14;G. Giusti, Comunisti e socialisti (1934-1948), Quaderni della FIAP, n.20, Roma,1976, pp.107.

Pian di Macina, Scontro del 1921 a. Lamattina del 17.4.1921 transitarono daPianoro una cinquantina di fascisti armati,a bordo di un camion e di un’auto. Guidatida Angelo Manaresi, erano diretti a Loianoper una manifestazione. Numerosi militan-ti socialisti e comunisti di Pianoro deciserodi organizzare un agguato ai due mezzi,quando sarebbero tornati a Bologna. Siappostarono - quanti non si sa - su unponte della costruenda Direttissima Bo-logna-Firenze, in località Musiano di Piandi Macina. Poco dopo le 21, quando trans-itarono i due mezzi, furono lanciate 4bombe a mano, 2 delle quali non esploseroe sparati alcuni colpi di rivoltella. I fascistirisposero con fucili e rivoltelle. Tre fascistirimasero leggermente feriti. Il giorno dopo150 fascisti fecero una spedizione punitivaa Pianoro e distrussero la sede del munici-pio e quella della CdL. Fu pure distrutta lasede della Lega sindacale a Pian di Macina.Numerosi gli antifascisti bastonati. I cara-binieri arrestarono, tra il 17 e il 18.4, Gio-vanni Baratta*, Novello Baratta*, GiovanniBortolotti*, Gualtiero Cappelli*, EnricoCevenini*, Guerrino Cevenini*, GiuseppeDall’Olio*, Augusto Dalmastri*, AlfonsoNannetti*, Adolfo Negroni*, Aldo Negro-ni*, Attilio Negroni*, Armando Orsi*,Aldo Serenari*, Armando Stampini*,Alfonso Tonelli* e Luigi Ventura*, tuttiresidenti a Pian di Macina. A Pianoro furo-no arrestati: Alberto Cassani*, AlfonsoCassani*, Amleto Guidastri*, Iginio Masi-na*, Giulio Mazzoli* e Luigi Mazzoli*. Il29.7 fu arrestato Giuseppe Nannetti* e,qualche tempo dopo, anche RiccardoGandolfi*, Ernesto Gregori*, MarioMartini* ed Emilio Nascetti*. Molti degliarrestati furono prosciolti in istruttoria e

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liberati dopo avere subìto molti mesi dicarcere. Il 14.12.1922, davanti alla corted’assise di Bologna, per rispondere di 7mancati omicidi e di porto abusivo di rivol-tella e di bomba a mano, comparvero:Enrico Cevenini, Guerrino Cevenini,Riccardo Gandolfi, Mario Martini, IginioMasina, Luigi Mazzoli, Giuseppe Nan-netti, Emilio Nascetti, Adolfo Negroni,Aldo Negroni ed Attilio Negroni. Il 19.12furono tutti assolti con formula piena,meno Aldo Negroni che ebbe un anno e 15giorni per porto abusivo di arma. ErnestoGregori*, latitante, fu processato il 23.12 econdannato a 17 anni e 3 mesi. Tutti gliimputati furono rimessi in libertà dopoavere scontato quasi 2 anni di carcere. [O]

Pian di Setta, Eccidio di. Nell’ultima deca-de del luglio 1944 a Pian di Setta(Grizzana) le SS tedesche, nel corso diazioni di rappresaglia, uccisero tra le 22 e le27 persone. Non si conoscono le cause del-l’eccidio. A parere di alcuni, nella notte trail 19 e il 20.7 i partigiani della brg Stellarossa Lupo attaccarono, nei pressi di Piandi Setta, alcuni automezzi tedeschi, direttiverso la Toscana, uccidendo 2 militari eferendone altri. Secondo don LiberoNanni*, nella stessa notte alcuni partigianibussarono alla porta della famiglia Monti,la cui abitazione si trovava lungo la stradaprovinciale, e chiesero «cibarie per sfamar-si». Il Monti «anziché aprire, rispondevacon colpi di rivoltella ferendo ad una manoun ribelle». In quel momento stava tran-sitando un’autocolonna tedesca. I militari -ritenendo di essere attaccati - cominciaro-no a sparare contro i partigiani e la casa. Ilbilancio della sparatoria fu di 2 tedeschimorti, più il ferimento di Monti e dellamoglie. I tedeschi fucilarono il mugnaioGino Piacenti*, la cui abitazione era atti-gua a quella di Monti e le incendiaronoentrambe. Il 22.7 giunsero a Pian di Settaalcuni reparti di SS che cominciarono arastrellare cittadini nella zona dello scontroe in quella di Montorio (Monzuno). Alcunifermati furono passati per le armi, mentrealtri furono portati a Ponte Locatello e qui

uccisi. Fu razziato il bestiame bovino.Difficile dire come avvenne la strage.Alcuni coloni furono uccisi nei campi,mentre attendevano ai lavori della mietitu-ra. Furono uccisi anche alcuni mendicantiche transitavano casualmente. La maggio-ranza delle vittime avevano tra i 60 e gli 80anni. Non è facile delimitare la zona del-l’eccidio perché nello stesso giorno e inquello seguente altre due rappresagliefurono compiute dalle SS - forse le stesse diPian di Setta - in altre località del comunedi Grizzana, a Bozzo di Monte Stanco e aMonte Salvaro. Se ai 22 cittadini uccisisicuramente a Pian di Setta, si aggiungonoi 5 fucilati a Veggio (Monzuno), a Taver-nola e a Prada (Grizzana) - tutte localitàvicinissime al luogo dell’eccidio - il numerodelle vittime sale a 27. I cadaveri furonolasciati insepolti per più giorni, qualemonito alla popolazione. Nel 1984 è stataristrutturata e trasformata in Sacrario deicaduti la piccola chiesa di S. Vincenzo chedomina Pian di Setta. Le vittime identifica-te sono: Teresa Antolini*, Remo Barbieri*,Pellegrino Benassi*, Remo Calzolari*, Giu-seppe Fabbri*, Cesare Ferri*, GiuseppeFornasini*, Pietro Giuliani*, GiovanniIannelli*, Margherita Mantovani*, Giusep-pe Tullio Mingarelli*, Anacleto Monti*,Giuseppe Moruzzi*, Ernesto Nodi*,Guerrino Nanni*, Carlo Nanni*, Gino Pia-centi*, Angelo Pinelli*, Pasquale Puc-cetti*, Carlo Rondelli*, Antonio Serra*,Augusto Teglia*, Antonio Tonelli*, Au-gusto Tonelli*, Augusto Valdisserra*, Ric-cardo Vecchi*, Flaminio Zannini*, Au-gusto Zannini*, Domenico Zannini* e Gio-vanni Zannini*. Secondo don Nanni furo-no uccisi anche Aristide Zannini* eFederico Zannini*, la cui identità anagrafi-ca non è stato possibile accertare. [O]

Pian di Venola, Eccidi di. A Pian di Ve-nola, una località in comune di Marza-botto, sulla sinistra del Reno, i fascisti e itedeschi consumarono 2 eccidi, in occasio-ne di rastrellamenti contro la brg Stellarossa Lupo. Il 24.6.1944 i tedeschi fucila-rono Giovanni Benini* e il figlio Armando

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Benini*, Tommaso Grilli* e Alberto Rai-mondi*. Al momento della fucilazioneriuscì a fuggire Silvano Sandrolini*, quan-do era già con la schiena al muro. Moriràqualche mese dopo, combattendo contro itedeschi, a Monte Radicchio. Poche oreprima della strage, il reparto fascista avevatorturato, impiccato e - dopo la rotturadella corda - fucilato Francesco Calzolari*,nella vicina località di Vedegheto (Sa-vigno). Il secondo eccidio fu compiuto il22.8.1944. Al termine di un rastrellamento,condotto dalle brigate nere, furono fucilatiMarcello Burzi* ed Ettore Rovinetti*. [O]

Piazza del Nettuno, Eccidi di. Nei ventimesi della guerra di liberazione la centra-lissima Piazza del Nettuno di Bologna fuusata dai fascisti per dare spettacolarità alleimprese criminali che compivano. Nume-rosi partigiani furono uccisi davanti aPalazzo d’Accursio - nel luogo ove oggisorge il Sacrario - o ivi depositati, dopoessere stati fucilati altrove. Secondo ilmacabro rituale dei fascisti, come dei tede-schi, l’esposizione dei morti doveva essereun monito per la popolazione. Con dubbiaironia, i fascisti scrissero sul muro «Postodi ristoro dei partigiani». Il primo partigia-no ad essere fucilato fu, il 9.7.1944, LuigiGuerzoni*. Il primo eccidio avvenne nelleprime ore del 14.7.1944, quando un repar-to della GNR, comandato da RenatoTartarotti, fucilò i partigiani GiovanniBortolani*, Luciano Cervellati*, GuerrinoGalletti*, Amato Muzzi* e Decimo Muz-zi*. I cinque, appartenenti alla 7a brg GAPGianni Garibaldi, erano stati catturati ilgiorno prima, a seguito di una delazione, inuna casa colonica in via Sabbiuno a CastelMaggiore. Nel secondo eccidio furonofucilati Armando Ghedini*, Carlo Jussi*,Giuseppe Stanzani*, Azzo Tomasi* e SilvioTorri* di Bologna; Francesco Giorgi ePietro Maletti di Modena; Ivo Pruni diReggio Emilia e Versic Svonko residente aMarradi (FI). Le modalità di questo ecci-dio non sono sicure. È certo che alcunifurono uccisi altrove, tra il 4 e l’11.7, e quitrasportati il giorno 15. Non si conosce la

data di morte dei non bolognesi, né il moti-vo per cui furono portati a Bologna. Lanotizia dell’eccidio apparve il 16.7 su “ilResto del Carlino” e “L’Avvenire d’Ita-lia”sotto il titolo Energica azione contro iterroristi. Altri nove fuorilegge fucilati perordine del Comando germanico. Il 21.7furono fucilati i partigiani Romeo Giori*,Vincenzo Golinelli* e Paride Pasquali*.Altri partigiani ancora furono fucilati eesposti nella piazza, anche se questo maca-bro rituale cessò, pare in agosto, perchéritenuto controproducente. [O]

Piazza Otto agosto, Eccidio di. Il16.8.1944 a Bologna, in via S. Vitale (oggivia Massarenti), nei pressi dell’Ospedale S.Orsola, i partigiani giustiziarono un militee ferirono il ten. col. Mario Rosmino vicecomandante provinciale della GNR. Ilgiorno stesso, in segno di rappresaglia, unreparto fascista, al comando del maggioreAnselmo Raspadori, rastrellò 7 uomini aMarmorta (Molinella), alcuni dei qualimilitavano nella 5a brg Bonvicini Mat-teotti. La mattina del 18.8 furono fucilati inPiazza Otto agosto, davanti al monumentodel Popolano, eretto a ricordo della vitto-riosa insurrezione dell’8.8.1848 contro gliaustriaci. Il plotone d’esecuzione fucomandato da Raspadori. Notizia dell’ese-cuzione fu data da “il Resto del Carlino” il19.8.1944 e da un volantino clandestinodella federazione bolognese del PCI il23.8.1944. Le vittime sono: Desildo Ba-gni*, Anselmo Capellari*, Alfredo Coc-chi*, Gallo Corazza*, Cesare Golinelli*,Guerrino Zucchini* e Olindo Zucchini* diLuigi. Condannato a morte, il 28.2.1946dal tribunale di Bologna, Raspadori fuamnistiato. [O]B I B L I O G R A F I A . M. Franzinelli, Le straginascoste, Mondadori, Milano, 2002, p.162.

Pizzocalvo, Eccidio di. Il 2.7.1944 aPizzocalvo (S. Lazzaro di Savena) i tede-schi catturarono alcuni partigiani e rastrel-larono civili e coloni accusati di collabora-re con le forze della Resistenza. Il giornodopo 8 persone - forse tutte quelle cattura-

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te - furono passate per le armi, nei pressi diVilla Calzoni in località Croara. Le vittimesono: Ernesto Fini*, Ermenegildo Giardi-ni*, Vittorio Giardini*, Nerino Lolli*,Antonio Marzaduri*, Augusto Marzaduri*,Guido Minarini* e Luigi Nannetti*. [O]BI B L I O G R A F I A. San Lazzaro di Savena. Lastoria, l’ambiente e la cultura; Comune diSan Lazzaro di Savena, Per non cancellareuna storia. San Lazzaro di Savena negli annidella guerra.

Plotone “Gianni Palmieri”. Nell’inverno1944-45 nell’Alta Valle dell’Idice, già libe-rata, fu costituito un plotone speciale, delquale fecero parte partigiani della 36a brgBianconcini Garibaldi e della 62a brgCamicie rosse Garibaldi. Gli fu dato ilnome di “Gianni Palmieri”, per onorare lamemoria di Giovanni Battista Palmieri*“Gianni”, caduto a Ca’ di Guzzo. Il repar-to, del quale fecero parte una trentinad’uomini, fu aggregato al Gruppo di com-battimento Legnano, ma con ampia auto-nomia operativa. Il progetto, caldeggiatoda Giovanni Giuseppe Palmieri*, padredel caduto e uno dei massimi dirigenti delnuovo servizio sanitario militare, fu appro-vato dal generale Umberto Utili coman-dante della Legnano e accettato dai coman-di alleati, in genere contrari alla formazio-ne di gruppi militari composti d’ex parti-giani. Il plotone - comandato da VittorioBolognini* - fu messo in linea nella Valledell’Idice e prese parte a tutti i combatti-menti della Legnano. Il 21.4.1945 parteci-pò alle operazioni che portarono alla libe-razione di Bologna. Il 5.5 fu sciolto e i par-tigiani congedati. [O]BI B L I O G R A F I A. G.G. Palmieri, Gianni Pal-mieri, 1921-1944.

Poggetto, Scontro di. Nel pomeriggio del28.8.1921 a Pieve di Cento (allora in pro-vincia di Ferrara), fu inaugurata la sede delGruppo nazionalista bolognese e deiSempre pronti per la Patria e per il Re. Altermine alcuni giovani nazionalisti e fascistisi diressero in bicicletta verso Galliera. Inlocalità Poggetto (S. Pietro in Casale) furo-

no affrontati da un gruppo d’antifascisti esi ebbe uno scambio di colpi di rivoltella edi bastonate. Il nazionalista Luigi Vaccarirestò ucciso e un fascista ferito. Per rap-presaglia, il 31.8 i fascisti di S. Pietro inCasale e di Pieve di Cento bruciarono leabitazioni di 4 socialisti di Poggetto. I cara-binieri arrestarono: Aldo Accorsi*, Anto-nio Bernini, Fioravante Castaldini*, Gio-vanni Castellini*, Antonio Corticelli,Giovanni Ferrari*, Ernesto Gubellini*,Fiorino Gubellini*, Armando Guzzinati*,Giovanni Mazzacurati*, Giuseppe Passi-ni*, Carlo Roncaglia* e Giuseppe Toni*.Furono rinviati a giudizio per omicidio e feri-mento: Accorsi, Castaldini, Roncaglia e Toni.Il 26.11.1922 la corte d’assise di Bologna limandò assolti avendo escluso la «partecipa-zione dei quattro imputati» allo scontro. [O]

Poligono di tiro. Sono numerosi, a Bo-logna, i luoghi nei quali le milizie della RSIerano solite fucilare i partigiani o i cittadi-ni vittime di rappresaglie. Alcune esecuzio-ni furono compiute in Piazza del Nettuno,davanti a Palazzo d’Accursio, dove oggisorge il Sacrario con le foto di tutte le vitti-me dei nazifascisti. Altri luoghi furonoPiazza Otto Agosto - davanti al monumen-to del Popolano - e la zona della Certosa.La maggior parte delle fucilazioni avvenne-ro al poligono di tiro, in via Agucchi 98,dove da sempre si trova la sezione bolo-gnese dell’associazione Tiro a segno nazio-nale, con i relativi campi per le gare. Non siconosce il numero esatto perché non tuttele esecuzioni furono registrate dai giornalidell’epoca, mentre non sono consultabili idocumenti d’archivio relativi. Non si cono-sce neppure il numero dei partigiani nonbolognesi fucilati al poligono, né il motivoper cui furono portati a Bologna. Queste leesecuzioni sicuramente fatte al poligono:27.1.1944 fucilazione di 8 antifascisti(Alfredo Bartolini*, Romeo Bartolini*,Alessandro Bianconcini*, Silvio Bonfigli*,Cesare Budini*, Ezio Cesarini*, FrancescoD’Agostino*, Zosimo Marinelli*) qualerappresaglia per la morte del federaleFacchini; 16.9.1944 fucilazione dei parti-

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giani Roveno Marchesini*, Irma Pedrielli*e Ada Zucchelli*; 30.8.1944 fucilazione di11 partigiani: Floriano Atti*, RenatoBentivogli*, Luciano Bracci*, GaetanoBussolari*, Arturo Garagnani*, CelestinoGaragnani*, Giocondo Musi*, LucianoNanni*, Agostino Pietrobuoni*, AlfonsoSghinolfi*, Renato Sordi*, Cesare Zanasi*;23.9.1944 fucilazione di 8 militanti delPdA: Sario Bassanelli*, Sante Casell*,Arturo Gatto*, Mario Giurini*, MassenzioMasia*, Armando Quadri*, PietroZanelli*, Luigi Zoboli*; il 30.9 (ma forseanche il 2.10, se non il 3) fucilazione diAlberto Vegetti e Cesarino Rubini; 13 o14.10.1944 fucilazione di 14 partigiani 10dei quali feriti (Nino Bordini*, GiovanniBorghi*, Alfonso Bagni*, Adelmo Brini*,Mario Guerra*, Romolo Menzolini*,Pietro Muratori*, Attilio Ottonelli*, IlianoPasciuti*, Luigi Rispoli*) e 4 medici oinfermieri (Renato Moretti*, Sergio GiulioMinozzi*, Ferruccio Terzi* e un medicodisertore austriaco chiamato Willy) cattu-rati nella chiesa di Cavina (Fognano – RA)e nell’ospedale di Brisighella (RA); 13 o14.12.1944 fucilazione di 14 partigiani feri-ti e di un medico disertore austriaco(Arrigo Brini*, Giancarlo Cannella*, Fran-co Dal Rio*, Settimo Dal Rio*, ArdilioFiorini*, Gian Luigi Lazzari*, RossanoMazza*, Lino Panzarini*, Enrico Raimon-di*, Luciano Roversi*, Riniero Turrini*,Giorgio Zanichelli*, un partigiano sovieticodi nome Nicolai, uno olandese e il medicoaustriaco) catturati nell’infermeria clande-stina di via Duca d’Aosta 77 (oggi viaAndrea Costa). Pare che siano stati oltre 170i partigiani fucilati al poligono. L’1.10.1945al poligono fu eseguita la condanna a mortedi Renato Tartarotti - uno dei più feroci cri-minali fascisti - inflittagli dal tribunale diBologna il 4.7 precedente. [O]

Ponte Rivabella, Eccidio di. Nel pomerig-gio dell’1.5.1922 a Ponte Rivabella (MonteS. Pietro) fu organizzata una manifestazio-ne popolare per la Festa internazionale dellavoro. Una squadra di fascisti sparò nume-rosi colpi di pistola contro i partecipanti. I

fratelli Alfonso* e Vincenzo Vignoli* furo-no colpiti a morte. Restarono feriti AldoBadiali*, Alfredo Castagnini*, Cesare Fio-ri*, Davide Legnani*, Natale Turra*, Pie-tro Turra* e Primo Zanetti*. Sul luogo del-l’eccidio fu murata una lapide con questotesto: «Alla memoria dei fratelli/ Vignoli/Alfonso/ e Vincenzo/ barbaramente truci-dati/ dalla canaglia fascista/ il 1° maggio1922/ i cittadini di Zola Predosa/ posero/Addi 1° Maggio 1949». Nel 1947 furonoarrestati i fascisti Dante Adolfo Broglia,Cesare Carata, Adolfo Cassanelli, Giusep-pe Natalini, Vincenzo Natalini e FrancescoRubbi. Il 15.12.1948 furono processati, manon si conosce l’esito del processo. [O]

Popolo, Il. Nel periodo di tempo che vadal discorso che don Luigi Sturzo tenne aTorino, il 22.12.1922, per difendere il PPIdall’ingerenza fascista, al congresso nazio-nale del partito, che si aprì il 12.4.1923 aTorino, tutti i quotidiani del trust cattolicosi schierarono a favore del regime fascista.Rimasto privo di una catena giornalisticache copriva l’intero territorio nazionale eche l’aveva sorretto nel 1919, quando eranato, il PPI decise - anche perché dovevascontare l’opposizione de “L’OsservatoreRomano” - di dare vita ad un quotidianoproprio. Era inadeguato il contributo delsettimanale ufficiale del PPI “Il Popolonuovo”, che visse dal 18.6.1919 al30.11.1924. Il 5.4.1923 - alla vigilia delcongresso di Torino, che avrebbe sancito larottura tra PPI e fascismo - a Roma comin-ciò ad uscire “Il Popolo” diretto daGiuseppe Donati, uno dei più stretti colla-boratori di don Sturzo. Del PPI non ful’organo ufficiale o ufficioso, ma il “porta-voce”. Divenne organo ufficiale il6.11.1925. Seguì sempre una chiara lineaantifascista e per questo fu osteggiato daiquotidiani del trust cattolico. Nel giugno1924 approvò l’Aventino; nel luglio intervi-stò Filippo Turati, aprendo alla sinistra ita-liana in funzione antifascista; nel novembrecondusse una dura campagna contro ItaloBalbo accusandolo di essere coinvolto nellamorte di don Giovanni Minzoni e nel

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dicembre accusò il generale Emilio DeBono di essere uno dei responsabili del-l’uccisione di Giacomo Matteotti. Donatisubì dure persecuzioni, per sottrarsi allequali il 12.6.1925 abbandonò l’Italia eandò in esilio in Francia. Ha scrittoGabriele De Rosa: «Il “Popolo” era seque-strato tutti i giorni. Dal 5 giugno (1925)non era più fatto uscire nemmeno dallatipografia». Perché «vessato di continuisequestri», ha scritto Stefano Jacini, e per-ché «privato dell’opera propulsiva del suodirettore», “Il Popolo” cessò le pubblica-zioni l’11.11.1925. Il 18.4.1926 il PPI diedevita al settimanale “L’Idea popolare” cheuscì sino al 17.10.1926. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Donati, Scritti politici, acura di G. Rossini, Roma, Cinque lune,1956, 2 volumi di pp.CXXIX+402 e 537; Ildelitto Matteotti tra il Viminale e l’Aven-tino, a cura di G. Rossini, Bologna, Mulino,1966, pp.1.039; G. De Rosa, Il Partitopopolare italiano, Bari, Laterza, 1969,pp.339; S. Jacini, Storia del Partito popolareitaliano, Napoli, Cultura editrice, 1971,pp.407; La terza pagina de Il Popolo, 1923-1925, a cura di L. Bedeschi, Roma, Cinquelune, 1973, pp.460; “Il Popolo”, in O.Majolo Molinari, La stampa periodica roma-na dal 1900 al 1926, Roma, 1977, II vol,pp.565-72.

Porta Lame, La battaglia di. Nell’estate1944 le brgg partigiane bolognesi allestiro-no numerose basi in città, in previsionedell’insurrezione che avrebbe dovuto avve-nire secondo un piano approntato dalCUMER. La 7a brg GAP Gianni Garibaldiacquartierò 75 uomini negli stabili, parzial-mente demoliti dai bombardamenti, delMacello comunale in via Azzo Gardino e230 nei locali dell’ex Ospedale Maggiore invia Riva di Reno (nell’area dove oggi sorgeil Palazzo dello sport). I reparti della 7aGAP erano stati rafforzati da partigianidella 62a brg Camicie rosse Garibaldi edella 66a brg Jacchia Garibaldi scesidall’Appennino. Il reparto del Macello eraguidato da Bruno Gualandi “Aldo”* conLino Michelini “William”* commissario

politico e quello dell’ospedale da GiovanniMartini “Paolo”* con Ferruccio Magnani“Giacomo”* commissario politico. Nonentriamo nel merito dell’opportunità diallestire simili basi in città né intendiamoapprofondire il problema dei rapporti traalleati e CUMER. Secondo alcune ricostru-zioni storiche alla data del 7.11.1944 glialleati non avevano ancora anticipato ilcontenuto del proclama Alexander. Secon-do altre avevano già fatto sapere quantoavrebbero detto ufficialmente il 13.11 conl’annuncio radiofonico e cioè che l’avanza-ta alleata era in fase d’esaurimento. Alle ore5,30 del 7.11 reparti delle Brigate nere,della Feldendarmeria tedesca e di agentidel Reparto d’assalto della polizia nel corsodi un rastrellamento scoprirono - parecasualmente - la base del Macello comuna-le. I partigiani, che si trovavano in 2 stabi-li, cominciarono a sparare con le armi leg-gere di cui erano armati. Le partigiane RinaPezzoli* e Diana Sabbi*, fatte uscire dallabase per raccogliere informazioni sulloschieramento attaccante, furono catturatee non poterono rientrare. I fascisti tentaro-no più volte di occupare gli stabili conassalti tanto furiosi, quanto infruttuosi. Ilprimo partigiano a cadere fu Nello Casali*“Romagnino”, mentre i feriti erano curatidal medico Luigi Lincei* “Sganapino”.Verso le 10 i tedeschi misero in postazionein via Carlo Alberto (oggi via don Minzoni)un cannone da 88 e una mitragliera pesan-te a due canne. L’88 demolì uno dei duestabili, per cui i partigiani dovettero rifu-giarsi - meno 4 che caddero nella sortita -nell’altro che era seminterrato e quindimeno esposto alle cannonate. Alle 15,30dal fronte giunse un carro armato Tigre, ilcui cannone cominciò a demolire il secon-do stabile. A questo punto Michelini - cheaveva assunto il comando, essendo rimastogravemente ferito Gualandi - decise diabbandonare la base. Furono fatti tre grup-pi: il primo e il terzo di partigiani armati, ilsecondo di partigiani che trasportavano iferiti. Dopo avere gettato fumogeni, scese-ro nel canale Cavaticcio - oggi interamentecoperto - e risalirono la corrente verso via

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Roma (oggi via Marconi). Sulle due rive,molto alte, si trovavano i fascisti i quali,grazie ai fumogeni e all’oscurità, non lividero. Una volta giunti in piazza UmbertoI (oggi piazza dei Martiri), - dopo averepercorso via Marghera (oggi via FratelliRosselli) - i partigiani eliminarono un postodi blocco fascista e quindi si divisero in 4gruppi. I feriti furono portati in alcune abi-tazioni private e quindi nell’infermeria par-tigiana di via Duca d’Aosta 77 (oggi viaAndrea Costa). Gli altri tornarono alle vec-chie basi di partenza, alla periferia dellacittà e nei comuni della provincia. Quasialla stessa ora, i partigiani della base dell’exOspedale Maggiore uscirono allo scopertoe attaccarono da retro lo schieramentonazi-fascista per consentire ai compagni,che ritenevano ancora accerchiati nell’exmacello, di mettersi in salvo. I nazi-fascistisi sbandarono e quando i partigiani pene-trarono nei locali semidemoliti li trovaronovuoti. Senza attendere il ritorno in forzedei nemici, i partigiani abbandonarono lazona e rientrarono nelle vecchie basi.Quella di Porta Lame fu una delle piùgrandi battaglie campali combattute inEuropa dai partigiani nel cuore di unacittà. I partigiani ebbero, nei due scontri,12 morti e 15 feriti. I caduti sono: OddoneBaiesi*, Oliano Bosi*, Nello Casali*, EnzoCesari*, Ercole Dalla Valle*, GuidoGuernelli*, John Klemlen*, Ettore Magli*,Rodolfo Mori*, Alfonso Ricchi*, AlfonsoTosarelli* e Antonio Zucchi*. Nel rappor-to, in data 8.11, inviato al capo della poliziadal questore Fabiani, si legge che «in segui-to a relazione fiduciaria» - leggi: delazione- il 6 aveva disposto un attacco con 50uomini della polizia, 150 brigate nere e 50militi della gendarmeria tedesca, mentre«La Guardia Nazionale non si è presentataall’adunata perché impegnata in un funera-le». (Di solito la GNR, che all’epoca dispo-neva di oltre mille militi tra Bologna eImola, non partecipava ad operazione uni-tamente alle brigate nere). Alle 11 - prose-gue il questore - giunsero sul posto unreparto di SS e una compagnia della GNR.Erano presenti - ma non si sa chi avesse la

direzione delle operazioni - il responsabiletedesco della piazza di Bologna, Pagliani eTorri comandanti delle brigate nere.Secondo il questore i partigiani acquartie-rati nell’ex Ospedale Maggiore attaccaronoalle ore 23 ed erano un centinaio, mentre ifascisti avrebbero avuto 11 caduti e 2 itedeschi (ACS, MI, RSI, DGPS, b.9). Daun rapporto del commissariato di poliziadella zona Galliera, in data 8.11, risulta chei caduti fascisti sarebbero stati 18: 10 bri-gate nere: Otello Carnevali, VirgilioCaviali, Luigi Danesi, Fernando Orlandi,Giuseppe Rossi, Adriano Solieri, SilvioTosi, Achille Venturi, Fernando Villani eAntonio Zucchi; 5 militi della GNR:Vittorio Avanzi, Werter Busi, Fran-cesco Gisoti, Giancarlo Mazzetti, EttoreVeronesi; 2 arditi della GNR: Ilario FlavioGibellato e Duilio Prati; un agente di poli-zia: Eliseo Zanasi (“Acta”, n.2, maggio-luglio 2004). Secondo l’Albo caduti e di-spersi della Repubblica sociale italiana aPorta Lame sarebbe morto, a seguito diferite, anche il milite Sergio Bettella, per untotale di 19. Non si conosce il numero deiferiti. I tedeschi avrebbero avuto 15 mortie una ventina di feriti. I giornali clandesti-ni della Resistenza - per motivi propagan-distici - scrissero che erano stati oltre 200 inazifascisti uccisi. [O]BI B L I O G R A F I A. 7 novembre, numero unicodella 7a brigata GAP Gianni; A. Cucchi-”Jacopo”, Bologna: Porta Lame: 7 novem-bre 1944, in “Tempi nuovi”, n.4, novembre1945, pp.3-13; “Jacopo” Aldo Cucchi,Porta Lame, in Epopea partigiana, p.33; L.Michelini, La battaglia di Porta Lame, inStoria dell’antifascismo italiano, p.296; R.Pezzoli, Le ragazze di Porta Lame, in Al diqua della Gengis Khan, p.90; Cumer, I GAPdi Porta Lame, in Bologna è libera, p.129; R.Romagnoli “Italiano”, Una fuga ignominio-sa, in Bologna è libera, p.139; Battaglia (La)di Porta Lame. 1944 - sette novembre -1970. XXV anniversario della Resistenza;E. Cicchetti, Il campo giusto; Anniversario(XXX) della battaglia di Porta Lame (7novembre 1944) e della Bolognina (15novembre 1944); R. Romagnoli, 50° Anni-

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versario della Battaglia di Porta Lame e del-la Bolognina; CUMER. Il “Bollettino mili-tare” del Comando unico militare Emilia-Romagna (giugno 1944-aprile 1945),pp.202-9; Garibaldi combatte a Porta Lame;A. Preti (e altri), Porta Lame e le battagliebolognesi dell’autunno 1944. Testimonian-ze da p.939 a p.985 in RB5.

Portonovo, Scontro di. Nel 1920 nella pro-vincia di Bologna si svolse una vertenzaagraria durata 10 mesi e conclusasi con ilConcordato Paglia-Calda. Durante l’agita-zione si ebbero numerosi incidenti. Il9.8.1920 nella tenuta Forcaccio a Portono-vo (Medicina), in uno scontro tra lavorato-ri, si ebbero 4 morti e 5 feriti. Tre agentiagrari (Gesù Ghedini e i fratelli Innocenzoe Celestino Modelli di Ferdinando) e trelavoratori (Roberto Poletti, Luigi Barbierie Nerina Vannini) erano intenti alla mieti-tura, quando centinaia di braccianti entra-rono nell’azienda per sollecitarli a sospen-dere il lavoro e aderire allo sciopero. I treagenti agrari erano armati di fucili e rivol-telle. Nella prima relazione del sottoprefet-to d’Imola, in data 9.9.1920, si legge che idimostranti erano «armati di bastoni, van-ghe, forcali, rivoltelle, fucili e altri stru-menti». In quella dell’11.9 non si parla dirivoltelle e fucili. Secondo il sottoprefetto imanifestanti aggredirono Ghedini e glialtri. Secondo la versione dell’altra parte,Poletti, Barbieri e i Modelli posarono learmi, pur rifiutandosi di interrompere illavoro. Non altrettanto avrebbe fattoGhedini. Dalle parole si passò ai fatti e siebbe uno scontro al termine del quale sicontarono 4 morti e alcuni feriti. Nellarissa persero la vita Ghedini, Poletti eBarbieri; restarono feriti i Modelli e laVannini. Tra i braccianti si ebbero unmorto e 2 feriti. La vittima era CelestinoDovesi e i feriti Augusto Dovesi, padre diCelestino, e Alfonso Marchesi. Furonoarrestati 45 lavoratori, 33 dei quali rinviatia giudizio per 3 omicidi e 3 tentati omicidi.Il 12.11.1923 in Corte d’Assise comparve-ro 31 imputati perché 2 erano latitanti. Il30.11.1923 la corte emise questa sentenza:

Eugenio Belletti 10 anni di reclusione; An-gelo Brini* 8 anni e 4 mesi; Guido Brini*10 anni; Giuseppe Cardinali 7 anni e 6mesi; Giuseppe Caroli 7 anni e 6 mesi;Domenico Cesari 8 anni e 4 mesi; Inno-cenzo Cocchi 8 anni e 9 mesi; FrancescoDall’Olio 11 anni e 8 mesi; Augusto Dovesi8 anni e 4 mesi; Pompeo Dovesi 9 anni, 8mesi e 20 giorni; Adelmo Gollini 8 anni e 4mesi; Alfonso Marchesi 7 anni e 6 mesi;Ettore Martelli 7 anni e 6 mesi; LuigiMartelli 7 anni e 6 mesi; Enea Modelli 10anni; Giuseppe Nanni 10 anni; PietroSangiorgi 6 anni e 3 mesi; Alfredo Sti-gnani* 20 anni e 5 mesi; Aniceto Stignani10; Arturo Zini 7 anni e 6 mesi. GeltrudeButtazzi fu amnistiata. Furono assolti:Raffaele Buselli, Marino Lenzi, Ulisse Len-zi, Alfonso Mongardi, Arturo Nanni, Au-gusto Nanni, Attilio Poggi, Mario Poggi,Mentore Tubertini, Emilio Zanetti (Corted’Assise di Bologna. 1922-1923, p.134). Il3.12.1923 furono processati, con ritoabbreviato e difensore d’ufficio, i latitantiAntonio Gubellini* e Luigi Poggi*. Ebbe-ro 30 anni di reclusione Poggi e 25 Gu-bellini. Espatriarono clandestinamente e sirecarono in URSS. Poggi perse la vita in ungulag, durante le purghe staliniste. Gubel-lini si stabilì in URSS. I fratelli Ettore eLuigi Martelli di Massimiliano, condannatia 7 anni e 6 mesi, sono persone diverse daifratelli Ettore* e Luigi Martelli* di Ales-sandro che, nello stesso periodo, abitavanonella vicina Castel Guelfo di Bologna ederano politicamente attivi in campo antifa-scista. I fratelli Filippo e InnocenzoModelli (incerta è la presenza di Celestino)il 17.11.1921 fecero parte della squadrafascista che entrò nell’abitazione del brac-ciante socialista Ugo Morara* a Medicina,lo trasportò in strada e l’uccise a colpi dibastone. Anche se Morara non aveva par-tecipato allo scontro di Portonovo, il30.1.1923 la Corte d’Assise di Bolognaamnistiò i due Modelli, riconoscendo chequella e altre aggressioni erano fatte dai«fascisti contro gli elementi sovversivi delluogo a titolo di ritorsione per il grave ecci-dio di Portonovo». A parere dei magistrati,

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i fascisti «andavano per le osterie in cercadi comunisti (ma Morara era socialista) edove ne trovavano li bastonavano» . Permotivare l’amnistia, i magistrati - tre mesidopo la “marcia su Roma” - sostennero cheera «incontestabile che i fatti vennerodeterminati esclusivamente da moventepolitico» e che «nei medesimi concorreanche il fine nazionale» e che «i partitinazionali hanno svolto (quell’azione puniti-va) per rintuzzare, anche fino alle estremeconseguenze, l’attività dei sovversivi».Nella motivazione il magistrato scrisse cheil provvedimento di amnistia emesso dalgoverno il 22.12.1922 - e da lui applicato -era stato scritto «secondo la concezionefascista» (Corte d’Assise di Bologna. 1922-1923, pp.134 e seguenti). Il 14.7.1944 Ce-lestino Modelli fu giustiziato dai partigianiperché aderente alla RSI. Ghedini - a diffe-renza di Barbieri e Poletti - figura nell’elen-co dei caduti della “rivoluzione fascista” (Imartiri del fascismo bolognese, p.10). [O]

Pozzo Becca, Eccidio del. Il 12.4.1945,due giorni prima della liberazione, le briga-re nere di Imola e un reparto di SS prele-varono numerosi prigionieri dalle carceridella Rocca e ne uccisero 16, dopo averli alungo torturati. I cadaveri finirono nelpozzo dello stabilimento ortofrutticoloBecca, in via Vittorio Veneto. I resti dellevittime furono ricuperati qualche giornodopo la liberazione di Imola. Il maggioreI.C. Ried, della polizia militare inglese,dopo avere diretto il ricupero delle salmedisse: «Non ho mai visto in vita mia unospettacolo così orrendo. È incredibile chetanta crudeltà possa esistere in esseriumani». Il 13.2.1948 la Corte d’Assise spe-ciale di Bologna condannò a 30 anni direclusione Pietro De Vito e DelendoVassura, riconosciuti colpevoli dell’eccidio.Le vittime sono: Bernardo Baldazzi*, Dan-te Bernardi*, Gaetano Bersani*, DuilioBroccoli*, Antonio Cassani*, Guido Fac-chini*, Mario Felicori*, Paolo Filippini*,Cesare Gabusi* (in alcuni elenchi è citatocome Cesare Galassi), Secondo Grassi*,Ciliante Martelli* (in alcuni elenchi è indi-

cato come Augusto), Mario Martelli*,Corrado Masina*, Domenico Rivalta*,Giovanni Roncarati*, Augusto Ronzani*. Ilprocesso contro tutti i responsabili non fucelebrato perché il fascicolo giudiziario erafinito nell’ “armadio della vergogna”. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Cenni, Imola sotto il ter-rore della guerra; E. Gollini, Il vile massacrodei 16 di Pozzo Becca, in “Resistenza oggi”,1995, pp.51-2; M. Franzinelli, Le straginascoste, Mondadori, Milano, 2002, p.165.

Pradellino di Casigno, Eccidio di.L’1.10.1944, alle ore 18, i tedeschi fucilaro-no per rappresaglia un’anziana colona, lesue 4 figlie e una vicina di casa in localitàPradellino di Casigno (Castel d’Aiano).Dopo il massacro diedero fuoco all’abita-zione. Non si conoscono le ragioni dell’ec-cidio. Le vittime sono: Alfonsa Benassi*detta Alfonsina, Leonilde Bertuzzi* dettaGilda, Anna Verardi*, Cesira Verardi*,Cleofe Verardi* ed Elena Verardi*. [O]

Pro Patria et Rege. Negli ultimi mesi del1917, dopo la rivoluzione sovietica e larotta di Caporetto, i partiti di centro-destradi Bologna decisero di costituire un orga-nismo unitario capace di coordinare e diri-gere l’azione politica contro il PSI. Nacquela Pro Patria et Rege alla quale aderironotutti i partiti di centro-destra, ad eccezionedi quello cattolico. Lo schieramento anda-va dai repubblicani ai nazionalisti. Dellapresidenza di quest’organizzazione - che sisciolse un anno dopo, con il ritorno dellapace - facevano parte conservatori comeGiuseppe Tanari e Carlo Bianchi, modera-ti come Enrico Pini ed esponenti democra-tici come Luigi Silvagni*, Eugenio Jac-chia*, Alessandro Lanfranchi e PietroNenni. Presidenti furono Jacchia e Sil-vagni. [O]Bibliografia: N.S. Onofri, La grande guerranella città rossa.

Pro Rastrellati, (Pro-Ra). Non si conosce ilnumero esatto degli italiani rastrellati daitedeschi nel 1944 e deportati in Germaniaper il lavoro coatto. Spesso, durante il tra-

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sferimento, questi deportati sostavano perun periodo più o meno lungo alle Casermerosse di Bologna, nei pressi dell’Ippo-dromo, oggi via di Corticella. Da una testi-monianza di don Giulio Salmi* risulta chetra il giugno e l’ottobre 1944 dalle Casermerosse transitarono circa 35 mila rastrellati.Don Salmi nel febbraio era stato nominatocappellano delle Caserme rosse, un campogestito dall’esercito tedesco e dalla GNR.Con la collaborazione di alcune suore, dicrocerossine e di volontari don Salmi orga-nizzò una rete di assistenza chiamata Prorastrellati, abbreviato in Pro-Ra. Con l’ap-poggio di numerose organizzazioni dellacuria, la Pro-Ra garantì l’assistenza moralee materiale a tutti i rastrellati, provvedendoanche a tenere i contatti con le famiglie. Insettembre la gestione delle Caserme rossefu assunta dalle SS tedesche e il 9.10 donSalmi, dopo essere stato a lungo minaccia-to, fu cacciato. Il 12 un bombardamentoaereo spianò il campo. Dopo di allora irastrellati furono spostati nella caserma del3° artiglieria a Porta S. Mamolo. In occa-sione del Natale 1944 la Pro-Ra distribuìoltre 2 mila pacchi. [O]BI B L I O G R A F I A. Cuore 1944, a cura di C.Gabrielli Rosi e S. Mariani, Lucca, 1975,pp.XXII+422; L. Aquilano, 1944. “Ven-gono i tedeschi ci prendono in casa...”; G.Salmi, Tra i rastrellati delle Caserme rosse,pp.308-10, in La cupola fra le torri.

Processo alla brigata Matteotti città. Sipuò informalmente definire così il proces-so che dal 12 al 17.4.1945 fu celebratodavanti al Tribunale straordinario di guer-ra di Bologna, perché tra gli imputati vierano Otello Bonvicini* comandante dellabrg Matteotti città e alcuni membri di que-sta formazione. Solo quando saranno dis-ponibili le carte del processo - ancoracoperte dai vincoli di legge - sarà possibilecapire come fu istruito e perché furonomessi sullo stesso piano partigiani, cittadi-ni che partigiani non erano e persone dinon specchiata moralità. Fu subito chiaroche lo scopo principale del processo eraquello di gettare fango sulla Resistenza. Gli

imputati - quasi tutti dovevano risponderedel reato di appartenenza a banda armata -erano Vincenzo Baccaro*, Federico Ben-fenati*, Otello Bonvicini*, Salvatore Ca-bras*, Angela Calari, Gino Corsini, Er-manno Ermini, Alfredo Fanti*, Albino Ga-iani, Ildebrando Gaudenzi, Carmelo Gre-gorio*, Cesarino Gruppi*, Pietro Gruppi*,Ruggero Malossi*, Gaetano Minelli, Gu-glielmo Minelli, Ampelio Nanni, MarioPaganini*, Giuseppe Poggi*, Amalia Poz-zi, Amedeo Simili*, Giorgio Simili, PaolinaSimili*, Alessandro Ventura*, ErcoleVenturi*, Amleto Villa, Domenico Zanetti.Al termine del processo furono condanna-ti a morte e fucilati il 18.4 Benfenati,Bonvicini, Cabras, Cesarino e il fratelloPietro Gruppi, Ventura. Ebbero l’ergasto-lo Baccaro, Paganini, Poggi e AmedeoSimili. Pene minori ebbero Corsini 10 anni,Fanti 10 anni, Malossi 10 anni, PaolinaSimili 10 anni, Venturi 15 anni. Furonoassolti Calari, Ermini, Gaiani, Gaudenzi,Gregorio, Gaetano e Guglielmo Minelli,Nanni, Pozzi, Giorgio Simili, Villa eZanetti. [O]

Proclama di Alexander. Nell’agosto 1944 -subito dopo la liberazione di Firenze - ilCUMER predispose un piano insurrezio-nale che sarebbe dovuto scattare in conco-mitanza con l’avvicinarsi delle truppe allea-te alle città dell’Emilia-Romagna. Gli ingle-si dell’VIII armata, che risalivano la costaadriatica, una volta giunti a Rimini avreb-bero dovuto proseguire verso Ravenna everso Forlì. Gli americani della 5a armataavrebbero dovuto puntare da Firenze versoBologna ed Imola. Sia pure con fatica, gliamericani superarono il crinale appennini-co, dopo avere sfondato da Linea Gotica,ma ai primi di ottobre si fermarono a pocomeno di una ventina di chilometri daBologna. Nello stesso tempo gli inglesi ral-lentarono la marcia verso Ravenna e Forlì.Il CUMER - secondo alcune versionisarebbe stato avvertito che l’avanzatasarebbe stata interrotta, mentre non sareb-be stato informato, secondo altra versione -continuò a mantenere in atto il piano insur-

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rezionale, con grave pericolo per le forma-zioni partigiane che, sin dall’estate, aveva-no cominciato ad ammassarsi in città.Alcune basi furono scoperte e si ebbero isanguinosi scontri all’università il 20.10, aPorta Lame il 7.11 e alla Bolognina il15.11. Il mistero dell’improvviso arrestodell’avanzata americana e della lenta mar-cia degli inglesi fu chiarito il 13.11 quando“Italia combatte” - la stazione radio delcomando anglo-americano in Italia - tra-smise questo proclama: «Patrioti! La cam-pagna estiva, iniziata l’11 maggio e condot-ta senza interruzione fin dopo lo sfonda-mento della linea gotica, è finita: inizia orala campagna invernale. In relazione all’a-vanzata italiana, nel periodo trascorso, erarichiesta una concomitante azione deipatrioti: ora le piogge e il fango non posso-no non rallentare l’avanzata alleata, e ipatrioti devono cessare la loro attività pre-cedente per prepararsi alla nuova fase dilotta e fronteggiare un nuovo nemico, l’in-verno. Questo sarà duro, molto duro per ipatrioti, a causa delle difficoltà di riforni-menti e di viveri e di indumenti: le notti incui si potrà volare saranno poche nel pros-simo periodo, e ciò limiterà pure la possi-bilità di lanci; gli alleati però faranno il pos-sibile per effettuare i rifornimenti. In con-siderazione di quanto sopra esposto ilgenerale Alexander ordina le istruzioni aipatrioti come segue: 1) Cessare le opera-zioni organizzate su larga scala. 2)Conservare la munizioni ed i materiali etenersi pronti a nuovi ordini. 3) Attenderenuove istruzioni che verranno date a mezzoradio “Italia combatte” o con mezzi specia-li o con manifestini. Sarà cosa saggia nonesporsi in azioni troppo arrischiate; laparola d’ordine è: stare in guardia, stare indifesa. 4) Approfittare però ugualmentedelle occasioni favorevoli per attaccaretedeschi e fascisti. 5) Continuare nella rac-colta delle notizie di carattere militare con-cernenti il nemico; studiarne le intenzioni,gli spostamenti, e comunicare tutto a chi didovere. 6) Le predette disposizioni posso-no venire annullate da ordini di azioni par-ticolari. 7) Poiché nuovi fattori potrebbero

intervenire a mutare il corso della campa-gna invernale (spontanea ritirata tedescaper influenza di altri fronti), i patrioti sianopreparati e pronti per la prossima avanzata.8) Il generale Alexander prega i capi delleformazioni di portare ai propri uomini lesue congratulazioni e l’espressione dellasua profonda stima per la collaborazioneofferta alle truppe da lui comandate duran-te la scorsa campagna estiva». Il generaleH.G. Alexander era il comandante supre-mo delle truppe alleate nel Mediterraneo.Le ragioni della grave decisione di sospen-dere le operazioni per tutto il periodoinvernale vanno ricercate nei contrasti esi-stenti tra i governi inglese e americano aproposito della conduzione della guerra inItalia. Per gli americani e l’URSS quello ita-liano era un fronte secondario e lo sforzomaggiore doveva essere fatto in Francia,per mirare al cuore della Germania. Per gliinglesi, quello italiano era un fronte impor-tantissimo. Dalla penisola si sarebbe dovu-to fare uno sforzo per raggiungere Triestein autunno e passare in Austria prima del-l’arrivo dell’Armata rossa. Il punto di vistaamericano prevalse e quello italiano diven-ne un “fronte dimenticato”. I dirigentidella Resistenza appresero questa decisio-ne dalla radio, così come l’appresero i nazi-fascisti, i quali ora sapevano con certezzache avevano molti mesi di tregua, durante iquali avrebbero potuto rivolgere tutte leenergie contro l’esercito partigiano perdistruggerlo. I mesi di novembre e dicem-bre furono molto drammatici per laResistenza a Bologna - Forlì e Ravenna,anche se tardi, furono liberate - perché ildispositivo insurrezionale andava sì smon-tato, ma non distrutto, anche se il compitopiù difficile era quello di fare uscire dallacittà le centinaia di partigiani che vi eranoentrati in previsione dell’insurrezione. Dalmomento che non potevano risalire inmontagna - perché l’Appennino era statoquasi completamento liberato dagli alleati -i partigiani furono dispersi nella pianura,una zona poco adatta per la guerriglia edove, tra l’altro, era dislocato il grosso delletruppe tedesche. L’operazione “pianurizza-

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zione” riuscì, ma il costo umano fu altissi-mo. Del proclama - reso noto nel modo piùinopportuno - si può dire almeno una cosa:è un testo ingenuo che dimostra la pocaconoscenza che gli ufficiali dello stato mag-giore alleato avevano in tema di guerriglia.Numerose le spiegazioni date a posteriori.Secondo alcuni fu un tentativo, non riusci-to, di liquidare la Resistenza. Secondo altri,il frutto dell’ingenuità di un cappellanomilitare, al quale sarebbe stato affidato ilcompito di scriverlo. Il comando generaledel CVL, il 2.12.1944, emanò una circolareper invitare i comandi partigiani a nontenere conto del proclama e a proseguire losforzo militare, anche se l’insurrezione erastata rinviata alla primavera. [O]

Professori antifascisti espulsi dall’univer-sità. La fascistizzazione della scuola e delmondo della cultura - iniziata con la pub-blicazione del “Manifesto degli intellettua-li del Fascismo”, redatto a Bologna il21.5.1925, al termine del Convegno per lacultura fascista - si concluse nel 1931,quando i professori universitari furonocostretti a giurare fedeltà al regime.Parlando al secondo Congresso nazionaledegli istituti di cultura fascista, il21.11.1931, Giovanni Gentile disse: «L’in-tellettuale sbandamento, ecco finalmente,grazie all’art.18 del Decreto di agostosull’Istruzione superiore, sparisce dallenostre università, dove rimase sino a ieriannidato, e la pace necessaria al lavorotorna nella scuola». Molto compiaciutoaggiunse: «Il fascismo ha vinto e l’Italia ètutta fascista». Una pesante cappa di piom-bo calò sulla scuola e sul mondo universi-tario, all’interno del quale molti Maestrierano riusciti a tenere accesa la fiammadella libertà e conservare una certa autono-mia dal regime, nonostante i ripetuti prov-vedimenti liberticidi del governo fascista. Ilprimo, risalente al 24.12.1925, prevedeval’allontanamento di tutti i funzionari stata-li - insegnanti compresi - che si fosseroposti «in condizioni di incompatibilità conle generali direttive politiche del governo».Due anni dopo fu esteso ai professori uni-

versitari l’obbligo del giuramento di fedel-tà al re e allo Statuto, anche se, nella realtà,i professori giuravano di non appartenerealla massoneria. Il colpo di grazia, con laresa della quasi totalità del corpo insegnan-te, fu dato con il decreto del 28.8.1931,n.1.127, dal titolo «Disposizioni sull’istru-zione superiore», pubblicato sulla “Gaz-zetta del regno” dell’8.10.1931, n.233.Ispirato da Gentile e preparato dal mini-stero dell’Istruzione Balbino Giuliano, eracomposto di 90 articoli. Il 18° recita:«Giuro di essere fedele al Re, ai suoi Realisuccessori e al Regime fascista, di osservarelealmente lo Statuto e le altre leggi delloStato, di esercitare l’ufficio di insegnante eadempiere tutti i doveri accademici colproposito di formare cittadini operosi,probi e devoti alla Patria e al regime fasci-sta. Giuro che non appartengo ne appar-terrò ad associazioni o partiti, la cui attivi-tà non si concilia con i doveri del mio uffi-cio». All’inizio dell’anno accademico 1931-32, quando i 1.225 cattedratici universitarifurono invitati a firmare un modulo, con iltesto dell’art.18, solo 12 non si piegaronoall’imposizione e rinunciarono all’insegna-mento. Altri, non molti anche se non siconosce il numero esatto, chiesero di esse-re collocati anticipatamente a riposo.All’interno del mondo cattolico prevalsel’orientamento favorevole al giuramento,anche se alcuni docenti si sottomisero con“riserva mentale”, secondo l’indicazione dipadre Agostino Gemelli. Il 14.12.1931“L’Osservatore romano”, pur invitando icattolici a giurare, scrisse che esisteva unanotevole differenza tra il giuramento allostato e quello per l’insegnamento universi-tario «Come appare evidente dalla letturadelle due formule». «Per dissipare delresto qualsiasi dubbio» - aggiunse - «baste-rà osservare che il contesto medesimo dellaformula del giuramento, mettendo sullostesso piano il Re e i suoi Reali successori eil Regime fascista, mostra con sufficientechiarezza che l’espressione “Regime fasci-sta” può e deve nel caso presente aversi perequivalente all’espressione “Governo delloStato”. Ora al Governo dello Stato si deve,

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secondo i principi cattolici, fedeltà e obbe-dienza, salvi s’intende, come in qualunquegiuramento richiesto ai cattolici, i diritti diDio e della Chiesa». La decisione delgoverno fascista suscitò la protesta deidocenti universitari di tutte le nazionidemocratiche. Voti di solidarietà con gliinsegnanti universitari italiani furonoespressi negli atenei inglesi, francesi, spa-gnoli, svizzeri, tedeschi, belgi e americani.«L’Ateneo italiano è condannato a mortenel confronto di tutti gli altri», così scrisse,il 15.10.1931, “La Libertà” di Parigi. E sichiese: «Prevarrà nei Maestri il bisognospirituale, ormai fatto una seconda nobilis-sima natura, di comunicare coi giovani, diaddestrare i giovani alla scienza e alla vita,a prescindere anche da qualunque angustocalcolo di interesse o di carriera? O, percontro, prevarrà l’idea che non c’è insegna-mento efficace presso i giovani che quelloche si accompagna con l’esempio dellavita?». Il 10.12.1931 il giornale pubblicò ilprimo incompleto elenco dei docenti chenon si erano piegati. Scrisse: «Onore a que-gli eroi e veri martiri della libertà dicoscienza che anzi di giurare hanno prefe-rito abbandonare le loro cattedre e affron-tare il destino di miseria e di persecuzioneche è il loro retaggio. Rispetto anche aquelli che, vincolati con vincoli di carne,alla loro scienza, ai loro gabinetti, alla gio-ventù che li circonda, hanno creduto dipoter risolvere il conflitto con leali dichia-razioni che essi restano quello che sono,quelli che furono, ributtando sul fascismola odiosità e la vergogna di un giuramentodomenicano che non può avere un conte-nuto di obbedienza perché incivile eimpossibile. Noi non possiamo neppureinveire irrispettosamente contro gli altriche hanno subìto l’onta. Sotto la tirannide,la vita è così complicata! Le responsabilitàdella coscienza individuale così terribili! Ilnostro odio e il nostro disprezzo è tutto peril fascismo, questo mostro estraneo allaciviltà moderna». A Bologna non giuraro-no Bartolo Nigrisoli*, ordinario di clinicachirurgica generale; Filippo Cavazza*, libe-ro docente di zoologia; Antonio Gnudi*,

libero docente di patologia medica; IgnazioBrunelli*, libero docente di diritto costitu-zionale; Nino Samaja*, libero docente dipatologia medica. Luigi Silvagni*, ordina-rio di patologia medica dimostrativa, pareche sia andato in pensione anticipatamenteper evitare il giuramento. Fiero oppositoredel fascismo sin dall’inizio del regime e fir-matario nel 1925 del manifesto di Bene-detto Croce contro la dittatura, Nigrisoli,come scrisse in seguito, decise di compiere«nessun atto, né segno di adesione mia alfascismo» perché il significato della sua«vita (era) di puro ospedale e di scuola». Il15.12.1931 il ministro dell’istruzione glicomunicò che era stato rimosso dall’inse-gnamento per essersi «col rifiuto del giura-mento messo in condizioni di incompatibi-lità con le direttive politiche generali delgoverno». Nigrisoli ha scritto della suadestituzione nel saggio Parva. Perché ecome fui clinico e dopo dodici anni deposto,in “Fatti e teorie” n.3, 1948. (Il saggio èstato ristampato dalla Clueb nel 2001).Cavazza motivò il suo gesto in una lettera alrettore Alessandro Ghigi, nella quale, tral’altro, si legge: «Sono profondamente ad-dolorato di non poter aderire all’invito peruno scrupolo morale (forse) di coscienza,tanto più, com’è noto alla S.V., io non misono mai occupato di politica né ho maifatto atto contrario alle direttive delleSuperiori Autorità. Ben al contrario, inpassato ed ora, ho creduto sempre dovero-so il mettere a servizio del mio Paese quelpochissimo di attività e di conoscenze tec-niche che in alcuni campi possiedo e ciòcol solo intendimento di dare un piccolocontributo all’opera di utilità comune. Nonmi credetti mai autorizzato dalla miacoscienza a legarmi ad un partito politico(e naturalmente ho sempre aborrito ognisocietà segreta), perché per promettere lapropria fedeltà non solo di atto, ma anchedi pensiero, bisogna essere profondamentesicuri di sé». Aggiunse di avere rifiutato latessera del PNF sin dal 1923, quando gli fuofferta. In occasione dell’inaugurazionedell’anno accademico 1932-33, il rettoreGhigi, parlando dei docenti che avevano

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cessato l’insegnamento - per i motivi piùdiversi - così liquidò il caso Nigrisoli: «...ciha pure volontariamente lasciato il prof.Bartolo Nigrisoli, ordinario di ClinicaChirurgica». Il mensile bolognese “L’Uni-versità Italiana”, diretto da Pietro Alber-toni e Raffaele Gurrieri, dopo avere pub-blicato l’elenco dei 12 cattedratici italianiche non avevano giurato, così scrisse:«Non facciamo commenti al provvedimen-to; ognuno ha già fatto il suo. Notiamo soloche fra gli usciti sono Uomini di alto valo-re, veri, provati patrioti, fedeli alla CasaRegnante». (“L’Università italiana”, n.3,marzo 1932, pp.61-2). Si trattò di un gran-de atto di coraggio, se si considera cheLeandro Arpinati - ministro dell’Interno eprincipale esponente del fascio bolognese -aveva diffidato i docenti bolognesi a espri-mere la loro solidarietà a Nigrisoli. Il do-cente che gli successe nella cattedra potépronunciare il suo nome - nel discorsoinaugurale dei suoi corsi - dopo avere chie-sto il permesso a Mussolini. I presenti,quasi tutti studenti, acclamarono a lungo ilgrande clinico. Dopo la Liberazione, idocenti allontanati furono invitati a ripren-dere l’insegnamento. Il 3.7.1945 il rettoreEdoardo Volterra* inviò questa lettera aSamaja: «Ho il piacere di comunicarle cheil Ministero della Pubblica istruzione, dame interessato per la regolarizzazione dellaSua posizione di Libero docente pressoquesta R. Università, ha risposto che consi-dera come dovuto a cause di legittimoimpedimento il periodo in cui Ella si èallontanato dall’Università e la conseguen-te mancanza di attività didattica, in quantoElla fu costretta a ciò per motivi politici eper non prestare il giuramento al governofascista. Poiché la Sua abilitazione risultagià confermata, Ella potrà senz’altro ri-prendere lo svolgimento dei corsi liberi».Le lettere inviate ai docenti erano diversenella forma, ma uguali nella sostanza. Acausa dell’età - aveva 86 anni - Nigrisolinon accettò la carica di rettore, alla qualeera stato designato dal CLN, né ripresel’insegnamento. Declinò l’offerta il7.5.1945, quando gli fu rivolta dal commis-

sario straordinario del sindacato dei medi-ci di Bologna e il 13.7 quando fu nuova-mente invitato da Armando Businco*, pre-side della facoltà di medicina. [O]BI B L I O G R A F I A. B. Nigrisoli, Parva. Perché ecome fui clinico e dopo dodici anni deposto, in“Fatti e teorie”, n.2, p.17, 1948; F. Ca-vazza, H. Goets, Il giuramento rifiutato. Idocenti universitari e il regime fascista, Firen-ze, La Nuova Italia, Firenze 1999, pp.314; G.Boatti, Preferirei di no, Le storie dei dodiciprofessori che si opposero a Mussolini, Torino,Einaudi, 2000, pp.336; B. Nigrisoli, Parva.Perché e come fui nominato clinico e dopododici anni deposto; La cattedra negata: dalgiuramento di fedeltà al fascismo alle leggi raz-ziali nell’Università di Bologna.

Professori ebrei espulsi dall’università diBologna nel 1938. Sono poco più di 50 iprofessori ebrei espulsi dall’università diBologna nell’anno accademico 1938-39, aseguito dell’entrata in vigore della cosid-detta legislazione per la “difesa dellarazza”. Il numero esatto non è noto perchénon esiste o non si trova - ammesso che siastato fatto - un elenco completo negliarchivi universitari. Così come non esistequello dei docenti riammessi all’insegna-mento dopo il 1945. Di sicuro si sa che, tragli espulsi, vi erano 11 cattedratici, 3 pro-fessori onorari e uno emerito. Non è noto ilnumero esatto degli assistenti - sia di ruolosia volontari - e dei liberi docenti. Peraccertare, sia pure presuntivamente, ilnumero dei docenti ebrei allontanati dall’a-teneo, abbiamo usato un metodo empiricodi ricerca, ma di discreta affidabilità: quel-lo della semiticità dei cognomi. Dal volumeR. Università di Bologna, Annuario 1937-38, XVI, II dell’Impero abbiamo estrattotutti i nomi tipici degli ebrei. Abbiamoquindi verificato quanti di questi non figu-rano più nell’annuario del 1938-39. Daquesta prima ricerca abbiamo ricavato unasessantina di nomi, dei quali abbiamo fattoricercare le cartelle personali nell’archiviouniversitario. Le cartelle ritrovate e consul-tate sono state circa una cinquantina. Ciresta comunque il dubbio di non essere

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riusciti a censire tutti i docenti ebrei espul-si dall’ateneo. Per conoscere la dimensioneesatta di quest’avvenimento politico-cultu-rale - indegno di un paese civile - occorre-rebbe una ricerca a fondo negli archividelle varie facoltà. In ogni caso, pur essen-do consapevoli dei limiti della nostra ricer-ca, riteniamo di avere individuato la stra-grande maggioranza dei perseguitati. Senzarifare qui la storia della legislazione antise-mita in Italia, va ricordato che il 14.7.1938fu pubblicato il “Manifesto della razza” eche il 6.10 il Gran consiglio del fascismorese nota una dichiarazione programmaticache dava una veste politico-culturale allepersecuzioni antiebraiche. In base a quelladichiarazione furono preparate numeroseleggi, l’ultima delle quali è del 1944. Inbase al documento del 6.10 e ad un annun-cio del governo del 3.9 - ma senza attende-re le prime leggi che portano la data del 15e 17.11.1938 - il rettore dell’università diBologna, Alessandro Ghigi, decise diespellere immediatamente i professoriebrei. Il 14.10 inviò agli 11 professori ebreititolari di cattedra una lettera - uguale pertutti - di questo tenore: «In seguito alle di-sposizioni a Voi già note, Vi comunico checon la data del 16 corr. Dovrete sospende-re la Vostra attività presso questa universi-tà. Vi ringrazio per l’opera scientifica edidattica svolta in questo Ateneo e Viporgo il mio saluto». Ai cattedratici fuinviata una seconda lettera, anche questauguale per tutti, il 7.12.1938, con l’indica-zione dell’oggetto: “Dispensa dal servizio”.Iniziava così: «Il Superiore Ministerocomunica che con provvedimento in corso,ai sensi dei RR.DD.LL. 15 novembre 1938XVII, n.1779, e 17 Novembre 1938 XVII,n.1728, siete dispensato dal servizio adecorrere dal 14 dicembre 1938, XVII».La lettera proseguiva elencando le praticheburocratiche da espletare, i documenti dapresentare e i diritti che restavano agliebrei, compreso quello alla pensione. Il15.10.1938 gli assistenti ricevettero una let-tera con questo oggetto: “Cessazione d’Uf-ficio”. Firmata dal rettore ed uguale pertutti, diceva: «In adempimento alle note

disposizioni, Vi informo che con il 16 corr.Siete sospeso dall’Ufficio di Assisten-te (seguiva la qualifica), presso (seguiva lafacoltà), a Voi affidato. Vi ringrazio per laVostra opera e Vi porgo il mio saluto». Ailiberi docenti fu inviata una lettera nel giu-gno 1939, ma con valore retroattivo al14.12.1938. Nella missiva - uguale per tutti,firmata dal rettore e con l’indicazione del-l’oggetto: “Decadenza dall’abilitazione allalibera docenza” - si leggeva: «Per disposi-zione del Ministero dell’EducazioneNazionale Vi comunico che in applicazionedell’art.8 del R.D.L. 15 novembre 1938-XVII, n.1779, e dell’art.8 del R.D.L. 17novembre 1938-XVII, n.1728, con D.M.14 marzo 1939-XVII, siete stato dichiaratodecaduto dall’abilitazione alla libera do-cenza in (seguiva l’indicazione della mate-ria), con effetto dal 14 dicembre 1938-XVII». Il provvedimento contro gli inse-gnanti ebrei ebbe gravi conseguenze sulpiano didattico - perché furono allontanatidocenti di grande valore - e su quello per-sonale. Terribili i traumi psicologici subitida molti docenti per la perdita, a untempo, della cattedra, di vecchie e consoli-date abitudini e di fraterne amicizie.Particolarmente colpiti quelli che professa-vano sentimenti di fede fascista. Il rettoreGhigi - certamente il più fascista e il piùrazzista, tra i rettori italiani - liquidò lavicenda in poche parole nella relazioneinaugurale dell’anno accademico 1938-39.Il paragrafo dedicato ai “Collocamenti ariposo e trasferimenti” terminava così: «Irecenti provvedimenti a tutela della razza,rendono vacanti altre 11 Cattedre, allequali sarà provveduto entro breve termi-ne». Su uno degli atti più vergognosi dellaquasi millenaria storia della scuola bolo-gnese non una parola. Atteggiamento, que-sto, comune a tutti i docenti non ebrei iquali accettarono il provvedimento senzaapparente imbarazzo. Una sola voce si levòpubblicamente contro i provvedimenti raz-ziali, quella di Raffaele Gurrieri*, liberodocente di medicina legale. Iniziando larelazione, Ghigi aveva detto: «L’AnnoAccademico che si inaugura oggi, sorge in

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un’atmosfera di gloria e di trionfo, nellaquale campeggia la figura del DUCE con-quistatore della Pace Romana, fondatasulla giustizia e garantita da un popolo inarmi, cui il Fascismo ha ridato la gioia e lagloria di sentirsi italiano». Aveva anchedetto che il «problema di politica internache maggiormente interessa il regime inquesto momento è quello delle razze, inte-so a salvaguardare l’integrità della stirpedalle deprecabili mescolanze che potrebbe-ro verificarsi con razze inferiori». Ghigi eraun noto ornitologo divenuto famoso per glistudi sulla validità dell’ibridismo per ilmiglioramento delle razze animali. Nel giu-gno-luglio 1945 il rettore Edoardo Volter-ra* - un cattedratico espulso nel 1938 per-ché ebreo e nominato a quella carica dalCLN e dall’AMG, in attesa di nuove ele-zioni - reintegrò nell’insegnamento i do-centi allontanati. A tutti fu inviata una let-tera personale, con la sola comune indica-zione dell’oggetto: “Riassunzione in servi-zio”. Tra le tante - simili nella sostanza -riproduciamo quella inviata a TullioAscarelli* a S. Paolo (Brasile), dove si eratrasferito per insegnare in quell’università.Il testo: «Mi è gradito comunicarle che ilMinistero della Pubblica Istruzione -Direzione Generale Istruzione Superiore -con disp. 12944 del 12 corr. ha disposto laSua riassunzione in servizio quale ordina-rio di Diritto Commerciale presso questaR. Università. Apprendo con vivissimo pia-cere tale provvedimento e mi auguro cheElla possa presto raggiungere questoAteneo al quale sono certo darà, comesempre ha dato, fama e lustro col suo alto eprezioso insegnamento». Non fu agevolerintracciare tutti i docenti ebrei, molti deiquali avevano subìto dure persecuzioninegli anni della guerra, per sottrarsi allequali non pochi erano espatriati. Alcunitornarono e ripresero l’insegnamento. Altripreferirono restare nei paesi che li avevanoospitati e dove avevano ricominciato unavita nuova, familiare e professionale.Questi i docenti ebrei espulsi sicuramentedall’Università, dei quali abbiamo trovatola relativa documentazione nell’archivio

dell’ateneo: Cattedratici. Tullio Ascarelli*,Alberto Mario Camis*, Gustavo DelVecchio*, Emanuele Foà*, Guido Hornd’Arturo*, Beppo Levi*, Rodolfo Mondol-fo*, Maurizio Pincherle*, Beniamino Se-gre*, Giulio Supino*, Edoardo Volterra*.Onorari e emeriti. Leone Bolaffio*, Gior-gio Del Vecchio*, Iginio Benvenuto Supi-no*, Cesare Vivante*. Incaricati. MaurizioKorach*, Giorgio Tedesco*, Gino Usi-glio*. Assistenti. Augusta Algranati*, Giu-lio Levi*, Silvano Mondolfo*, FrancoMortara*, Marco Oppenheim*, Carlo Pira-ni*, Gino Sacerdote*, Tullio Samaja*,Pierina Scaramella*, Assistenti volontari.Fausto Finzi*, Italo Finzi*, Nella Formig-gini*, Luigi Giuseppe Jacchia*, GiorgioMorpurgo*, Carmelo Perna*. Liberi do-centi. Nino Vittorio Bedarida*, CarloBernheimer*, Ezio Bolaffi*, Renato CoenPirani*, Caterina Desylla*, Aldo Formig-gini*, Riccardo Fuà*, Massimiliano Gor-tan*, Gino Laschi*, Alda Levi*, SilvioMagrini*, Salomone Morpurgo*, VittorioNeppi*, Angelo Piazza*, Cesare Rimini*,Alfredo Terni*, Scipione Treves*, NerinaVita*. Nell’elenco non figura SiegfriedSamuel David (che nel dopoguerra si natu-ralizzò come Sante David) nato inGermania e libero docente di lingua tede-sca, perché il suo contratto si era conclusoil 31.5.1938. Non essendogli stato rinnova-to prima dell’ottobre 1938, per ragioniburocratiche, non fu esonerato. Per questo- quando tornò a Bologna, dopo avere tra-scorso alcuni anni nei campi di concentra-mento tedeschi - nei suoi confronti nonfurono applicati i provvedimenti di sanato-ria predisposti dal governo. Riprese l’inse-gnamento l’1.11.1945. Nell’elenco nonfigurano Giulio Faldini aiuto in clinicaortopedica e Fabio Luzzatto libero docen-te di diritto civile. Il primo aveva lasciatol’ateneo bolognese da tempo, anche se ilsuo nome continuava a figura nell’annuariouniversitario. Il secondo, il cui nome figurain un elenco di liberi docenti allontanati,non è citato dall’annuario. Dall’ateneo fuallontanato, perché ebreo, ErmannoLoevinson, un docente romano membro

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del consiglio direttivo dell’Istituto per lastoria dell’università di Bologna. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Volli, Breve storia degliebrei in Italia, Milano, 1961, pp.139; G.Moscati, Gli ebrei nella lotta contro il nazi-fascismo, Napoli, 1977; G. Formiggini,Stella d’Italia, Stella di David, Milano,Mursia, 1970, pp.470; R. De Felice, Storiadegli ebrei sotto il fascismo, Torino, Einau-di, 1972, pp.628; G. Sacerdoti, Ricordi diun ebreo bolognese. Illusioni e delusioni,1929-1945, Roma, Bolzoni, 1983, pp.169;G. Romano, Bibliografia italo-ebraica(1848- 1977), Firenze, Olschki, 1979,pp.287; N.S. Onofri, Ebrei e fascismo aBologna; M. Leone, Le organizzazioni disoccorso ebraiche in età fascista, Roma, Ca-rucci, 1993, pp.XV+295; R. Finzi, L’uni-versità italiana e le leggi antiebraiche,Roma, Editori riuniti, 1997, pp.142; La cat-tedra negata: dal giuramento di fedeltà alfascismo alle leggi razziali nell’università diBologna; Il difficile rientro. Il ritorno deidocenti ebrei nell’università del dopoguerra;Un ricordo ed un tributo al professorMaurizio Leone Padoa.

Progresso, Il. Il quotidiano “Il Progresso”uscì a Bologna dal 19.11.1919 al 25.2.1922.Non va confuso con il quasi omonimo “IlProgresso d’Italia” edito dal 1946 al 1951.Fu fondato da Guido De’ Pazzi, all’indo-mani della chiusura del “Giornale delMattino”. De’ Pazzi diede al giornale unorientamento liberale e libero-scambista,cioè contrario al protezionismo degli indu-striali e degli agrari. Nel gennaio 1920 -quando iniziò lo sciopero agrario chesarebbe durato 10 mesi e si sarebbe con-cluso con il Concordato Paglia-Calda - ilgiornale assunse una linea equidistante traagrari e lavoratori. Nel marzo 1920 fuacquistato - affittato, secondo altra versio-ne - dall’Associazione agricoltori, per cui sischierò contro i lavoratori. Nuovo diretto-re divenne Attilio Fontana dirigente nazio-nale dell’organizzazione agraria. Alla finedell’anno, quando le squadre fasciste dila-garono nella provincia, il giornale lesostenne apertamente. Il 23.2.1921 Fonta-

na se n’andò sostituito da GiovanniMarchi, dirigente dell’agraria toscana edeputato fascista. Nonostante l’indirizzo didestra, il giornale fu abbandonato dagliagrari verso la metà del 1921 quando “ilResto del Carlino” passò in campo fascista.Marchi diede le dimissioni nell’agosto, masolo l’11.12.1921 - dopo un complesso mo-vimento azionario - Alberto Giovannini*divenne direttore. Non riuscì a risollevare lesorti del giornale e lo chiuse il 25.2.1922. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Giovannini, Il travagliodella libertà. 1943-1947; N.S. Onofri, Igiornali bolognesi nel ventennio fascista.

Psychological warfare branch, (PWB).Oltre che militarmente, i governi alleativollero vincere la guerra anche dal punto divista propagandistico. Per questo organiz-zarono un servizio - appunto il Psycholo-gical warfare branch - che avrebbe dovutocurare la pubblicazione di giornali e la dif-fusione di programmi radiofonici nei paesiliberati. Tra i vari servizi forniti dal PWBva ricordata la pubblicazione di un bollet-tino quotidiano dal titolo “Notizie nazioniunite”. Era a stampa e forniva informazio-ni aggiornate sugli avvenimenti militari ediplomatici. Lavorarono al PWB storici,professori universitari, romanzieri, scrittorie soprattutto giornalisti. Fecero parte delPWB ufficiali di quasi tutte le nazioni allea-te, anche se la maggior parte erano ameri-cani. Tra questi, molti avevano un orienta-mento liberal e uscivano dall’esperienzadel “new deal”. Nel dopoguerra alcunifurono accusati di essere comunisti e altridi dipendere dall’OSS, il servizio di spio-naggio militare USA. Erano chiamati i“warrior psychological”. Il 6.8.1943 ilPWB, subito dopo la liberazione diPalermo, pubblicò “Sicilia liberata”. Amano a mano che il fronte si spostava versoil nord apriva nei capoluoghi regionali deiquotidiani che, solitamente, si chiamavano“Corriere di....”, con il nome della città odella regione. Nelle redazioni di questigiornali lavoravano numerosi italiani,anche se non tutti erano giornalisti. Per ilPWB lavorarono, tra gli altri, i bolognesi

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Luciano Bergonzini*, Edoardo Volterra* eFederico Zardi*. A Bologna il PWB fecedue quotidiani: il “Corriere dell’Emilia” eil “Corriere alleato”. Il primo era statostampato a Firenze e portato a Bologna conun camion. Il “Corriere alleato” fu stampa-to a Bologna e fece 2 numeri. [O]BI B L I O G R A F I A. Resoconto delle attività svoltedal governo militare alleato e dalla commis-sione alleata di controllo in Italia dal 10luglio 1943 il giorno D in Sicilia al 2 maggio1945 giorno della resa tedesca in Italia,Roma, sd (1945), pp.128; P. Murialdi, Lastampa italiana del dopoguerra, 1943-1972,Bari, Laterza, 1973, pp.644; Resocontodelle attività svolte dal Governo militarealleato e dalla Commissione alleata di con-trollo in Italia, a cura di L. Mercuri,“Quaderni della FIAP”, n.17, 1975,pp.115; L. Mercuri, 1943-1945, Gli alleatie l’Italia, Napoli, ESI, 1975, pp.397; R.Faenza, M. Fini, Gli americani in Italia,Milano, Feltrinelli, 1976, pp.351; N.Tranfaglia, V. Castonovo, Storia della stam-pa italiana, Bari, Laterza, 1975, 5 volumi;L. Mercuri, Guerra psicologica. La propa-ganda angloamericana in Italia, 1942-1946,“Archivio trimestrale”, Roma, 1983, pp.63-6; A. Pizarroso Quintero, Stampa, radio epropaganda. Gli alleati in Italia, 1943-1946,Milano, Angeli, 1989, pp.313; N.S. Onofri,I giornali della Liberazione a Bologna(1945-1947); L. Mercuri, La “quarta arma”.1942-1950: propaganda psicologica degliAlleati in Italia, Milano, Mursia, 1998,pp.109.

Punta, La. Era l’organo ufficiale clandesti-no dei giovani della DC. Aveva il sottotito-lo “Organo della Gioventù DemocraticaCristiana - Edizione per l’Italia occupata”.Redatto da Achille Ardigò*, il primo nu-mero ciclostilato uscì a Bologna nel dicem-bre 1944. Non è possibile descriverlo per-ché non sono stati conservati esemplari. Ilsecondo numero, stampato nella tipografiadei frati francescani, della chiesa di S.Croce in via d’Azeglio 88, uscì nel gennaio1945. Anche di quest’edizione non sonostati conservati esemplari. Sono disponibili

il n.3 del febbraio 1945 e il n.4 del marzo1945. Il giornale, di cm 21,5 per 32, erastampato su 3 colonne e ospitava editorialie note sull’attività politica della DC. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza. I testisono in RB2 da p.967 a p.979.

Purocielo, Battaglia di, vedi: S. Maria diPurocielo, Battaglia di.

PWB, vedi: Psychological war branch.

R

Radio Cora. Nell’inverno 1943-1944 ilPdA di Firenze organizzò una stazioneradio per scambiare messaggi e informazio-ni con il comando alleato. Si chiamòCommissione radio, onde Cora, anche seera solitamente chiamata Radio Cora. Eradiretta da Enrico Bocci e utilizzava unamezza dozzina di persone, tra militanti delPdA e militari. Il 7.6.1944 i tedeschi irrup-pero nell’appartamento dove si trovava lastazione radio. Luigi Morandi uccise unmilitare e fu ucciso a sua volta. Bocci eItalo Piccaglia furono uccisi dopo esserestati a lungo torturati. Altri 4 membri dellamissione furono internati in Germania, mapoterono rientrare dopo la fine della guer-ra. A Bocci è stata conferita la medagliad’oro alla memoria. [O]

Regia guardia di pubblica sicurezza.Corpo speciale di militari addetti, con fun-zioni simili a quelle dei carabinieri, al man-tenimento dell’ordine pubblico, all’indo-mani della prima guerra mondiale. Fucostituita nel 1919, dopo la soppressionedelle Guardie di città. L’arruolamento fuaperto alle ex guardie di città, ai militaricongedati dall’esercito e ai giovani di leva.La Guardia regia, com’era comunementechiamata, pur avendo un inquadramentosimile a quello dell’esercito - per l’adde-

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stramento e la parte normativa e finanziaria- dipendeva dal ministero dell’Interno. Ilcorpo, previsto inizialmente in 25 milauomini, arrivò ad averne sino a 35 mila. LaGuardia regia fu impiegata per la repres-sione dei movimenti popolari e degli scio-peri. Parteggiò per il fascismo sin dall’ini-zio, come la maggior parte dei corpi dipolizia. Dopo l’avvento della dittatura, ilcorpo fu sciolto il 28.12.1922 e gli agentiincorporati nei carabinieri e nella MVSN.Nel bolognese furono numerosi gli scontritra i lavoratori e la Guardia regia. Il piùgrave è del 14.10.1920. Al termine di unaserie di scontri, avvenuti nei pressi del car-cere di S. Giovanni in Monte e della vicinacaserma delle Guardie regie - l’episodio ènoto come “l’assalto al Casermone” - siebbero 5 vittime: 3 lavoratori e 2 guardie.Dopo quell’avvenimento - e l’uccisione diuna guardia avvenuta per vicende private aCasteldebole (Bologna), anche se si tentòdi accreditare la tesi politica - il corpo par-teggiò sempre più apertamente per il fasci-smo, sia pure con qualche eccezione. Il28.10.1922, il giorno della “marcia su Roma”,il maresciallo Paolo Vitalone* fu ucciso daifascisti in via Zamboni, perché si era rifiutatodi consegnare la pistola. Nello stesso inciden-te restò ferito il maresciallo CarmeloPancaldi*. Il giorno dopo, mentre tentava diimpedire ai fascisti di penetrare nella sededella società telefonica, in via Albiroli, restòferita la guardia Andrea Fadda*. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Donati, La guardia re-gia, in “Storia contemporanea”, 1977, n.3,pp.441-488.

Repubblica partigiana di Montefiorino.Durante la lotta di liberazione - in partico-lare nell’estate-autunno 1944 - i partigianiliberarono vaste zone dell’Italia settentrio-nale, subito chiamate “zone libere” o“repubbliche partigiane”. La più grande -oltre che la prima ad essere costituita il18.6.1944, dopo duri combattimenti - fuquella di Montefiorino dal nome del comu-ne dell’Appennino modenese, tra la con-fluenza del Dragone e del Dolo nelSecchia. In seguito i confini furono allarga-

ti alla provincia di Reggio Emilia, sino adincludere la zona compresa tra il passo delCerreto e quello delle Forbici. La primaconseguenza per i tedeschi - che fronteg-giavano l’esercito alleato al di là dello spar-tiacque appenninico - fu quella di nonpoter più usare le statali dell’Abetone e delCerreto e alcune minori. Nei comuni libe-rati furono eletti i sindaci e i pubbliciamministratori, mentre cominciarono adaffluirvi numerose formazioni partigianedal bolognese e da altre province. Da unrapporto in data 17.7 inviato al comandodelle brgg Garibaldi a Milano risulta chenella “repubblica” vi erano 5600 partigia-ni, dei quali 500 disarmati e adibiti a lavoristradali. Tra le varie brgg vi erano laMatteotti Montagna di Bologna e quelloche fu chiamato il btg russo d’assalto, per-ché formato di ex prigionieri russi. Graziealla costruzione di un piccolo campo d’a-viazione, il comando alleato rifornì la“repubblica” di armi e materiali vari. Il29.7 i tedeschi attaccarono Montefiorinoda nord lungo la strada della valle delSecchia, da ovest puntarono contro VillaMinozzo e da sud contro Ligonchio. Dopo3 giorni di duri combattimenti le due divtedesche, dotate di carri armati e cannoni,ebbero la meglio sulla “repubblica” i cuidifensori disponevano solo di armi leggere.Le brgg partigiane uscirono sconfitte daquello scontro, ma non distrutte e tornaro-no a distribuirsi, come in precedenza,nell’Appennino. Alcune attraversarono lalinea del fronte e si congiunsero con glianglo-americani. La Matteotti Montagnatornò nella zona di Porretta Terme. [O]BI B L I O G R A F I A. E. Gorrieri, La Repubblica diMontefiorino. Per una storia della Resisten-za in Emilia; I. Vaccari, Tempo di decidere,Modena, 1968, pp.555; P. Alberghi, Attilasull’Appennino, Modena, 1979, pp.253;AA.VV, Saggi e notizie sulle “zone libere”nella Resistenza emiliana, Imola, 1970,pp.147; La repubblica di Montefiorino, in“Annale Feltrinelli 1971”, pp.525-40;Montefiorino prima repubblica partigiana.18 giugno - 2 agosto 1944, Modena, 1972,pp.8; L. Arbizzani, L. Casali, Il “distretto”

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di Montefiorino, in Le zone libere nellaResistenza italiana ed europea, Novara,1974; V. Pereladov, Il battaglione partigianorusso d’assalto; M. Nardi, Otto mesi di guer-riglia, Bologna, La Squilla, 1976, pp.206;A. Remaggi, C. Silingardi, C.F. Teodoro, Lemontagne della libertà, Modena, 1994,pp.158; C. Silingardi, Una provincia parti-giana. Guerra e resistenza a Modena (1940-1945), Milano, Angeli, 1998, pp.761;ANPI Bologna, Montefiorino RepubblicaPartigiana. 18 Giugno 1 Agosto 1944, acura di E. Bugni (Arno), sd, pp.8.

Repubblica sociale italiana, (RSI). Subitodopo l’8.9.1943 Hitler convocò al suoquartiere generale in Prussia alcuni exgerarchi fascisti rifugiati in Germania dopoil 25.7.1943 e ordinò loro di dare vita ad ungoverno, in attesa del ritorno sulla scenapolitica di Mussolini, ancora prigioniero. Il9.9 da una radio tedesca fu trasmessa lanotizia della nascita del governo fascista inesilio e il 18 da radio Monaco fu annuncia-ta la nascita di un nuovo stato repubblica-no. Il consiglio dei ministri della rinata dit-tatura fascista si riunì il 23.9.1943, alla pre-senza di Mussolini, e si autoproclamòunico rappresentante del popolo italiano,anche se il vero, unico e legittimo governocostituzionale era quello di PietroBadoglio, insediatosi prima a Brindisi e poia Salerno. Quello di Mussolini era e restòun governo collaborazionista al serviziodell’invasore tedesco. Il 25.11 il dittatoredecise - ma l’annuncio era stato dato piùvolte in precedenza - che dall’1.12 l’Italiasarebbe divenuta la Repubblica sociale ita-liana. Che il governo collaborazionistadipendesse totalmente dall’esercito d’occu-pazione lo dimostrano almeno due elemen-ti: non gli fu mai permesso di insediarsinella capitale e non fu interpellato quando9 province del Trentino, Alto Adige eVenezia Giulia furono aggregate al Reich.Del pari non si oppose alla politica di spo-gliazione della produzione industriale eagricola messa in atto dai tedeschi. Cosìcome non si oppose, quando non la favorì,alla deportazione non solo dei militari cat-

turati dopo l’8.9.1943, ma anche di mi-gliaia di lavoratori. Il regime fascista conse-gnò ai tedeschi i cittadini italiani di religio-ne ebraica e migliaia d’antifascisti perchéfossero uccisi nei lager. La base ideologicadella nuova repubblica era la Carta diVerona, approvata dal congresso nazionalenel novembre 1943. Il nerbo della repub-blica avrebbe dovuto essere il PFR. La RSIcrollò quando le venne meno il sostegnodella Germania sconfitta dagli alleati.Mussolini fu giustiziato, dopo essere statocatturato in divisa militare tedesca, mentrestava fuggendo in Svizzera. [O]BI B L I O G R A F I A. S. Perticone, La repubblica diSalò, Roma, 1947, pp.391; F. Bellotti, Larepubblica di Mussolini: 25 luglio 1943-25aprile 1945, Milano, 1947, pp.228; A.Tamaro, Due anni di storia, 1943-1945,Roma, Tosi, 1948, 3 volumi; E. Amicucci, I600 giorni di Mussolini, Roma, Faro, 1948,pp.313; E. Cione, Storia della repubblicasociale italiana, Caserta, 1948, pp.329; G.Pini, Itinerario tragico, Milano, Omnia,1950, pp.319; E. Cione, Storia della RSI,Roma, Latinità, 1950, pp.537; M. Liberati,La Repubblica di Salò, Roma, 1952, pp.99;B. Spampanato, Contromemoriale, Roma,1952, 3 volumi; Repubblica sociale italiana.Storia, Roma, CEM, 1959, pp.655; F.W.Deakin, Storia della Repubblica di Salò,Torino, Einaudi, 1963, pp.XVI+826; A.Scarpellini, La RSI nelle lettere dei suoicaduti, Bologna, 1963, pp.627; N. Arma-roli, La diarchia nazione-partito e il proble-ma politico del nuovo esercito della RSI,Roma, 1964, pp.29; B. Spampanato, L’ulti-mo Mussolini, 3 volumi, Roma, 1964; F.Massobrio, U. Guglielmotti, Storia dellarepubblica sociale italiana, CEN, Roma,1968, 2 voll di pp.583 e 1.191; G. Pansa,L’esercito di Salò nei rapporti riservati dellaGuardia nazionale repubblicana, 1943-44,Milano, 1969, pp.215; S. Bertoldi, Salò,Vita e morte della RSI, Rizzoli, Milano1976, pp.431; G. Bocca, La repubblica diMussolini, Bari, Laterza, 1977, pp.391; V.Paolucci, La Repubblica sociale italiana e ilPartito fascista repubblicano, settembre1943-marzo 1944, Urbino, Argalia, 1979,

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pp.243; La Repubblica sociale italiana,1943-45, a cura di P.P. Poggio, Annali dellafondazione Luigi Micheletti, Brescia, 1986,pp.467; M. Viganò, Il congresso di Verona(14 novembre 1943). Documenti e testimo-nianze, Roma, Settimo sigillo, 1994,pp.215; G. Oliva, La Repubblica di Salò,Firenze, Giunti, 1997, pp.123; Storia foto-grafica della Repubblica sociale italiana, acura di G. De Luna e A. Mignemi, Torino,Bollati Boringhieri, 1997, pp.410; G.Pisanò, Io, fascista, Milano, Il saggiatore,1997, pp.223; Istituto storico della R.S.I.,Repubblica sociale, a cura di A. Conti,Bologna, 1999, pp.318; D. Gagliani, Briga-te nere. Mussolini e la militarizzazione delPartito fascista repubblicano, Torino, BollatiBoringhieri, 1999, pp.305; L. Ganapini, Larepubblica delle camicie nere, Milano,Garzanti, 1999, pp.509; P.P.Poggio, Repub-blica sociale italiana, in Dizionario dellaResistenza, Torino, Einaudi, vol.I, pp.66-77; Bibliografia sulla Repubblica SocialeItaliana, a cura di A. Conti, Bologna,Scarabeo, 2000, pp.192; P. Teoni Minucci,Combattenti dell’Onore. Così caddero gliuomini e le donne della RSI, Milano,Greco, 2001, pp.293 (Da p.36 a 69 i cadu-ti dell’Emilia-Romagna); Albo caduti e di-spersi della repubblica sociale italiana, acura di A. Conti, Bologna 2003, pp.749.

Resto del Carlino, il. Il quotidiano “ilResto del Carlino” vide la luce il 29.3.1885inventato da quattro giovani giornalisti.Era dato come resto a chi acquistava unsigaro del valore di 8 centesimi e lo pagavacon un Carlino del valore di 10. Essendorichiesto anche dai non fumatori, il giorna-le fu messo in vendita nelle edicole. Poichéi 4 erano bravi giornalisti, ma pessimiamministratori, il quotidiano sarebbe falli-to, se non fosse stato rilevato da AmilcareZamorani, che ne fece l’organo della sini-stra democratica e radicale. Il giornaledivenne in pochi anni il più diffuso dellacittà, superando la conservatrice “Gazzettadell’Emilia”. Nel 1909 gli eredi di Zamo-rani vendettero il quotidiano ad un gruppod’agricoltori e industriali zuccherieri della

regione, i quali gli diedero un orientamen-to di destra. Questa linea fu in parte atte-nuata da Mario Missiroli, divenuto diretto-re il 28.4.1919. Contrari alla linea missiro-liana e desiderosi di controllare il giornale,i fascisti diedero il “bando” al giornalistaalla fine del 1920 e bastonarono l’ammini-stratore Achille Gherardi. Il 5.4.1921Missiroli se n’andò e la direzione fu affida-ta a Nello Quilici, un fascista di piena fidu-cia d’Italo Balbo, mentre all’amministra-zione andò Filippo Naldi, già direttorenegli anni della guerra. Poiché né l’uno nél’altro erano di gradimento dei fascistibolognesi, ripresero le aggressioni, in parti-colare contro Quilici. Nel 1923 nuovocambio della guardia. Arrivò TomasoMonicelli, con una lettera di Mussolini, ilquale gli ordinò: il giornale «dovrà averel’anima fascista» (“il Resto del Carlino”,5.8.1923). Monicelli fu accreditato come ilproprietario, avendo 7.073 azioni su 8 mila.Gli furono affiancati tre gerarchi fascisti:Giuseppe Bottai, Francesco Meriano eRoberto Forges Davanzati. La linea delgiornale risultò gradita ad Arpinati sino algiugno 1924, quando Monicelli condannòil delitto Matteotti. Il settimanale delFascio bolognese “L’Assalto” iniziò unadurissima campagna contro il Puttano,Tommaso-testa-di-vipera, Giuda Monicelli eTommaso-trenta denari. Il 21.1.1925 Mo-nicelli se n’andò e Arpinati su “L’Assalto”scrisse che il giornale «deve passare sotto ilcontrollo del fascismo bolognese» (“L’As-salto”, n.8, 1925). Il Consorzio produttorizuccheri, che controllava la stragrandemaggioranza del pacchetto azionario e chelo aveva consegnato fiduciariamente aMonicelli, lo assegnò in parte a GermanoMastellari e in parte al senatore GiovanniAgnelli della FIAT. Poi, con un giro d’azio-ni rimasto sconosciuto, la maggioranza delpacchetto finì nelle mani d’Arpinati.Mentre i direttori cambiavano a secondadegli umori del PNF, (a Monicelli succes-sero Widar Cesarini Sforza nel 1925,Giorgio Pini nel 1928 e Achille Malavasinel 1930) Arpinati restò il padrone delgiornale sino al 1933, quando fu arrestato e

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inviato al confino. Le azioni finirono aRoma, presso la direzione del PNF, per cuiil giornale divenne di proprietà del partito.Furono licenziati tutti i giornalisti arpina-tiani e divenne direttore Giorgio MariaSangiorgi, sostituito nel 1936 da ArmandoMazza. Nel 1940 il PNF cedette, ad unprezzo irrisorio, il giornale a Dino Grandi.Giovanni Telesio, già addetto stampa diGrandi quando era ambasciatore a Londra,fu il nuovo direttore. Dopo il 25.7.1943,con la caduta del regime, Mastellari accam-pò diritti di proprietà sul giornale, soste-nendo di essere stato espropriato dal PNF.Grandi - per evitare rappresaglie, essendostato il principale cospiratore controMussolini, alla riunione del Gran consigliodel fascismo - fuggì all’estero e affidò ilgiornale all’ex deputato liberale AlbertoGiovannini*, il quale lo diresse durante ilperiodo badogliano. Dopo l’8.9.1943 iredattori - mentre Giovannini si rendevairreperibile, perché ricercato dai nazifasci-sti - decisero di sospendere le pubblicazio-ni, per non collaborare con l’esercito inva-sore. Il rinato regime fascista e il comandotedesco obbligarono il giornale a ripren-derle il 16.9.1943. Il quotidiano - diretto daPini - uscì per tutto il periodo della lotta diliberazione, pubblicando solo notizie difonte tedesca tradotte in italiano. Il20.4.1945 uscì l’ultimo numero. [O]B I B L I O G R A F I A . G. Padovani, A vespero,Bologna, Zanichelli, 1901, pp.335.; V.Tazzari, La polemica Secolo-Resto delCarlino, Bologna, 1917, pp.115; il Resto delCarlino, 1885-1929, Bologna, 1929, pp.99;G. Bonuzzi, il Resto del Carlino, in “IlGiornalismo”, n.1, 1940, pp.36-53, primapuntata e n.2, 1940, pp.27-38, seconda eultima puntata; N.S. Onofri, La grandeguerra nella città rossa; N.S. Onofri, I gior-nali bolognesi nel ventennio fascista; U.Bellocchi, il Resto del Carlino; S. Soglia, Aidirettori del Carlino, Milano, Teti, 1975,pp.241; A. Malatesta, il Resto del Carlino.Potere politico ed economico a Bologna dal1885 al 1922; D. Biondi, il Resto delCarlino 1885-1985. Un giornale nella storiad’Italia; il Resto del Carlino in un secolo di

storia: tra cronaca e cultura, a cura di M.L.Altieri Biagi, Bologna, Patron, 1985,pp.267; N.S. Onofri I giornali badogliani edella RSI a Bologna, 1943-1945; N.S.Onofri, il Resto del Carlino durante l’occu-pazione tedesca. Le carte di Giorgio Pini, in“il Carrobbio” 1991, pp.280-303; N.S.Onofri, I giornali della liberazione a Bo-logna, (1945-1947).

Rinascita, (1943). Nel luglio 1943 - dopo lacaduta della dittatura fascista - il Fronteper la pace e la libertà di Bologna - decisedi pubblicare un giornale clandestino per-ché i suoi comunicati erano respinti daiquotidiani bolognesi. Il 18.8 vide la luce“Rinascita”. Sottotitolo: “Organo regionaledell’Unione Nazionale Pace e libertà”. Erastato stampato in una tipografia in viaCarracci. Della redazione facevano parteMario Jacchia*, Carmine Mancinelli*,Massenzio Masia*, Leonildo Tarozzi*,Ettore Trombetti*. Il secondo e ultimonumero uscì il 28 agosto. Scrissero sul gior-nale, con articoli non firmati, i redattori eArturo Ansaloni*. [O]BI B L I O G R A F I A. E. Trombetti, Ritorno allalibertà; L. Arbizzani, N.S. Onofri, I giorna-li bolognesi della Resistenza, p.83; N.S.Onofri, I giornali bolognesi nel ventenniofascista, p.241. I testi sono in RB2 da p.189a p.206.

Rinascita, La. (1944). Durante la lotta diliberazione il FdG curò la pubblicazionedel giornale “La Rinascita”. Era tirato alciclostile e aveva il sottotitolo “Organo delComitato Provinciale di Bologna. Frontedella Gioventù”. Il primo numero vide laluce il 22.7.1944 e l’ultimo il 21.10.1944.BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.289-91. I testi sono in RB2 da p.747 a p.758.

Rinascita. (1945). Il 22.4.1945, dopo lafine dell’occupazione tedesca, a Bolognauscirono 5 giornali: “Corriere dell’Emilia”,“Corriere alleato”, “Giustizia e libertà”,“Bologna liberata” e “Rinascita”. “Rina-scita” aveva il sottotitolo “Organo del

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Comitato Regionale Emiliano-Romagnolodi Liberazione Nazionale”. Il giornale erastato fatto da Leonildo Tarozzi* e RobertoVighi*, della commissione stampa delCLNER. Nella gerenza non era indicato ilnome del direttore. Fece due edizioni il22.4, la prima con la testata “La Rinascita”e la seconda con quella di “Rinascita”. Perordine del PWB, sospese le pubblicazioni ele riprese il 2.5, come quotidiano delpomeriggio, con Tarozzi direttore respon-sabile. Dall’1.8.1946 cessò di essere l’orga-no del CLN - avendo quest’organismoesaurito le sue funzioni - e fu acquistatodalla società Edera di proprietà del PRI. Ladirezione fu assunta da Giulio Alonzi e dal16.1.1947 divenne quotidiano del mattino.Cessò le pubblicazioni il 21.5.1947. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S. Onofri, I giornali bolo-gnesi nel ventennio fascista, p.283; R. Vighi,Per il socialismo, l’antifascismo e le autono-mie; N.S. Onofri, I giornali della liberazio-ne a Bologna, (1945-1947), p.247.

Riscossa, La (1915). Gli interventisti bolo-gnesi fondarono il periodico “La Riscossa”per sostenere l’intervento in guerra control’Austria. Sottotitolo: “Giornale di batta-glia interventista”. Uscì dall’11.3 al-l’11.4.1915 e fece 5 numeri. Era stato fon-dato dagli interventisti - tra i quali DanteCalabri* e Gino Bondanini* - che avevanodato vita, all’inizio dell’anno, al Fasciodemocratico di resistenza. La maggiorparte degli articoli erano firmati daGiuseppe Nanni, Gualtiero Piccinini eMaria Rygier, mentre altri recavano sempli-ci nomi come Edgardo e Sauro. [O]

Riscossa, La (1945). Furono 5 i numeri de“La Riscossa”, il giornale clandestino editodai fornai bolognesi e curato da RinoPancaldi*. Tirato al ciclostile, aveva il sot-totitolo “Bollettino sindacale mensile deglioperai fornai di Bologna e Prov.”. Il primoha la data dell’1.2.1945 e l’ultimo sarebbeuscito in marzo. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.263-6. I testi sono in RB2 da p.1.011 a p.1.025.

Riscossa dei legionari fiumani, La. Era ilperiodico, stampato a Bologna, dei reducidalla sedizione dannunziana a Fiume nel1919 e 1920. Il primo numero, senza data,uscì all’inizio del 1921, all’indomani del“natale di sangue”, quando Fiume furiconquistata dall’esercito italiano e i legio-nari dovettero rimpatriare. Il secondonumero porta la data del 5.3.1921. Anchese il nome non figura in gerenza, era diret-to da Giovanni Ghiselli “Giannino”* eredatto da Ulisse Lucchesi* (firmava Il fab-bro o L’ex scribacchino della Squilla, peressere stato redattore de “La Squilla”,prima della guerra). Numerosi gli articolidi Gabriele D’Annunzio. Tra i collaborato-ri bolognesi vanno ricordati Ettore Cuz-zani* e Adelmo Pedrini*. Uscì con periodi-cità irregolare sino al 24.9.1922. Pubbli-cava molte notizie sull’attività dei legionarinelle altre città. Il giornale - anche senumerosi ex legionari si erano arruolatinelle squadre fasciste - fu sempre contrarioal Fascio di combattimento di Bologna eper questo Ghiselli e Lucchesi in particola-re subirono bastonature. [O]BI B L I O G R A F I A. I rapporti della polizia sulgiornale sono in ACS, PS, Cat.F1, 1894-1926, b.5, fas.12-18.

Ristorante Il Fagiano, Attentato contro il.Il 4.11.1943, poco dopo le 22, i partigianiLibero Baldi*, Vittorio Gombi* e LiberoRomagnoli* lanciarono una bomba a manocontro un gruppo di militari tedeschi fermidavanti al ristorante Il Fagiano in viaCalcavinazzi 2 a Bologna. Tre soldati rima-sero feriti. Dopo l’attentato, i tedeschimisero una taglia di 50 mila lire sui respon-sabili, fermarono 10 ostaggi e ordinarono ilcoprifuoco dalle ore 21 alle 6. Quello con-tro il Fagiano fu il primo di una lunga seriedi attentati contro ristoranti, case di tolle-ranza e alberghi frequentati dalle trupped’occupazione. [O]

Risveglio. A Forlì nel 1893 uscì il periodi-co “Risveglio”. Il 5.6.1896 fu trasferito aBologna. Uscì sino al 15.5.1897 con il sot-totitolo “Organo della federazione sociali-

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sta romagnola”. Ugo Lenzi*, fu uno deiprimi direttori dell’edizione bolognese.Quando chiuse, il suo posto fu preso da“L’Amico del povero”. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Mambelli, Il giornalismoin Romagna, Forlì, 1966, p.121; N.S.Onofri, 1892: il PSI a Bologna, Bologna,Grafica editrice, 1992, p.152.

Rivolta Ideale, La. Tra la fine del 1920 e l’i-nizio del 1921 a Bologna uscì il periodicoculturale “La Rivolta Ideale”. Sottotitolo:“Rassegna mensile di avanguardia”. Eradiretto da Leonello Bergamini*. Il primonumero uscì nell’ottobre 1920 e il quarto eultimo nel gennaio 1921. Aveva un orienta-mento di sinistra estrema, con prevalenzadi scrittori anarchici e socialisti massimali-sti della frazione comunista. La rivistaappoggiò la scissione comunista, che portòalla nascita del PCI, anche se Bergaminirestò nel PSI. Ospitò articoli di politica,saggi di pittura e letteratura e numerosepoesie. [O]Bibliografia: Leonello Bergamini. I rappor-ti della polizia sul giornale sono in ACS,PS, Cat.F1, 1894-1926, b. 5, fas.12-19.

Rivoluzione socialista. Era il periodicodella FGSI bolognese. Aveva questo sotto-titolo: “Giornale dei gruppi giovanili delPartito socialista di unità proletaria Emilia-Romagna”. Durante la lotta di liberazioneuscirono 4 numeri, il primo dei quali datti-lografato e gli altri stampati nella tipografiadel PSI in via Mazzini 23 a Bologna. Viderola luce il 15.12.1944 e il 15.1, il 15.2 e il23.3.1945. Della redazione fecero parteOtello Bonvicini*, Gabriele Boschetti*,Luigi Boschetti*, Dagoberto Degli Espo-sti*, Giancarlo Garofali*, Ezio Maletto*,Domenico Mancini* e Renato Tega*, ilresponsabile della stampa clandestinasocialista. Dopo la liberazione proseguì lepubblicazioni e uscì, con periodicità men-sile, sino al dicembre 1945. [O]Bibliografia: N.S. Onofri, I socialisti bolo-gnesi nella Resistenza; L. Arbizzani e N.S.Onofri, I giornali bolognesi della Resisten-za, p.323. Testimonianza di C. Govi (p.60)

in RB2. I testi sono in RB2 da p.893 ap.919.

Rompete le file!. È difficile ricostruire lastoria del periodico antimilitarista “Rom-pete le file!” perché furono sequestratiquasi tutti i numeri dell’edizione milanesee di quella bolognese. Vide la luce a Milanonel 1907 su iniziativa di Maria Anna Rygiere Filippo Corridoni, il quale ha scritto:«Nel gennaio 1907 ero segretario delCircolo Giovanile Socialista, a marzo fon-datore del “Rompete le file!”, insieme aMaria Rygier» (F. Corridoni, Note autobio-grafiche). Soppresso dalla magistratura,rivide la luce all’inizio del 1909 e pare sianousciti 9 numeri tutti sequestrati. Lo stessoanno Armando Borghi convinse la Rygier atrasferirsi a Bologna per riprendere le pub-blicazioni del giornale, come risulta da unrapporto del questore al prefetto diBologna, in data 18.2.1910 (ASB, GP,1910, b.1.146, cat.9, fass.1 e 2, “Stampaperiodica”). In un settimanale anarchico diqualche anno dopo si legge che «Il Rom-pete le file, ebbe pochi numeri di vita nel1909...» (“L’Agitatore”, n.12, 11.4.1912).Pare che il primo numero bolognese siauscito l’1.10.1909. Di questa serie non èdisponibile un solo esemplare. Nel 1910 enel 1911 furono stampati altri numeri, manon si sa quanti e da chi curati, dal momen-to che la Rygier subì numerosi arresti,come Borghi, il quale nel 1911 fu costrettoad espatriare per sottrarsi ai mandati dicattura. Da un rapporto del ministerodell’Interno, in data 6.2.1913, si apprendeche tra l’ottobre 1911 e quella data eranostati fatti 12 numeri, 11 dei quali seque-strati (ASB, GP, 1913, b.1.202, cat.7, fas.1,“Anarchici”). Grazie a una famiglia diS.Giovanni in Persiceto che ha donato aquella biblioteca 15 esemplari - che vanno,sia pure con lacune, dal 4.8.1912 al25.1.1913 - si conosce qualcosa degli ultimianni di vita del giornale. Il primo esempla-re disponibile di questa serie porta il nume-ro 4 e indica l’anno IV di edizione. Tra lecarte dei processi celebrati a carico deigerenti del giornale, conservate all’Archi-

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vio di stato di Bologna, si trovano numero-se copie, mentre altre sono sparse nei varifascicoli del Gabinetto della prefettura diBologna, pure depositati all’Archivio pro-vinciale. Non si conoscono esemplari del1911 e il primo del 1912, con il numero 1,porta la data del 23.6. Era redatto daAldino Felicani*, un anarchico residente aS. Agata Bolognese. Sino a quando nonsaranno ricuperati gli esemplari sparsi neifondi archivistici di Bologna e Roma, nonsarà possibile ricostruire la storia di questofoglio. Di sicuro si sa solo, relativamente al1912 e 1913, quanto scritto da Felicani aun’amica, nel 1914, quando si trovava inUSA. Dopo l’attentato compiuto da Ago-stino Masetti* contro un ufficiale, il30.10.1911 nella caserma Cialdini diBologna, la polizia arrestò decine di anar-chici tra i quali la Ryger e Felicani. Liberatoquasi subito, Felicani - su sollecitazione diPietro Dainesi* e Domenico Zavattero - sifece carico di far uscire il periodico, rima-sto senza guida dal momento che la Rygierera stata condannata a una lunga penadetentiva. Con l’approvazione della Rygier,nel maggio 1912 Felicani inviò ai militantianarchici una circolare per annunciarnel’uscita. La stampa era fatta nella tipografiaanarchica di Bologna la Scuola moderna, inviale Pietramellara 31. Per tutto il 1912 ilgerente fu Celso Venturi, sostituito daCleto Evaristo Marcacci* dall’1.12,entrambi esponenti del movimento anar-chico. Il sottotitolo diceva “Periodicoquindicinale antimilitarista”. Il giornalefece una decisa campagna di stampa controle “compagnie di disciplina” e la guerra inLibia e per la liberazione di Masetti, dellaRygier e del militare milanese AntonioMoroni perseguitato per la sua attività anti-militarista. Nel 1913 fu ridisegnata la testa-ta con il sottotitolo “Quindicinale antimili-tarista”. Quando Venturi espatriò per sot-trarsi a una nutrita serie di mandati di cat-tura per reati a mezzo stampa, commessi su“Rompete le file!” e altri periodici anarchi-ci, Felicani divenne responsabile unico,anche se il gerente era Marcacci. Oltre ai15 esemplari della biblioteca persicetana, si

conosce il n.10 del 14.9.1913 conservatonella biblioteca universitaria di Bologna,che, quasi certamente, è l’ultimo uscito. Il2.3.1914 Felicani, per sottrarsi ai numerosimandati di cattura emessi nei suoi confron-ti, si imbarcò clandestinamente per gli StatiUniti e non tornò più in Italia. [O]BI B L I O G R A F I A. F. Corridoni, Note autobio-grafiche, in A. De Ambris, Filippo Corri-doni, Milano, 1922, p.14. Il saggio è ristam-pato in “Omaggio a Filippo Corridoni eroedella trincea delle frasche”, Bologna 25ottobre 1925, Numero unico, p.4; T.Masotti, Corridoni, Milano, 1932, p.27; IDe Begnac, L’arcangelo sindacalista (FilippoCorridoni), Milano, 1943, p.88; A. F.(Aldino Felicani), Pagine di Diario (Letteraad Alba Genisio), in “Controcor-rente”, n.41, aprile 1964, pp.9-14; G.Cerrito, L’antimilitarismo anarchico inItalia nel primo ventennio del secolo,Pistoia, 1968, p.14; L. Bettini, Bibliografiadell’anarchismo, Firenze, CP, 1972, vol.I,tomo I, p.201; I. Laghi, Corridoni, Roma,1989, Terzo millennio, pp.149; M.Gandini, I periodici locali della pianurabolognese occidentale, in “Strada maestra”,n.42, primo semestre 1997, p.187.

Roncastaldo di Loiano, Eccidio di. Negliultimi giorni del settembre 1944, mentre sistavano ritirando da Monghidoro versoLoiano, i tedeschi catturarono 7 partigiani.Li fucilarono in località Roncastaldo(Loiano). Carlo Calzolari*, FortunatoCaramalli*, Bruno Gamberini*, ErnestoGamberini*, Giuseppe Marchetti* furonofucilati il 2.10; Emidio Minarini* e PietroMinarini* il 3.10. [O]

Ronchidòs, Eccidio di. Nel giorno in cui fucompiuto l’eccidio di Marzabotto, a Ron-chidòs (Gaggio Montano), le SS tedeschetrucidarono dalle 54 alle 67 persone, unadecina delle quali non identificate. Quasicertamente appartenevano al 16° btg delmaggiore Walter Reder della 16a div coraz-zata, perché la tecnica era la stessa. Le vit-time furono falciate in massa dalle mitra-gliatrici e bruciate. Dopo quello di Marza-

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botto, fu l’eccidio più grosso ed efferato. Il28.9.1944 i partigiani della brg GL Mon-tagna attaccarono un’autocolonna tedescain località Ronchidòs di Sotto, causandogravi perdite al nemico. Subito dopo giun-sero sul posto reparti di SS che procedette-ro al rastrellamento di oltre 60 persone trauomini, alcuni dei quali partigiani, donne ebambini. Due partigiani furono uccisi ilgiorno stesso. La mattina del 29.9.1944, inlocalità Cason dell’Alta di Ronchidoso diSotto, furono trucidate una sessantina dipersone. Secondo altra versione furono 53.Altre furono uccise il 29.9 a Lama e Ca’d’Ercole e alcune il 4.10 a Cargè. I cadave-ri furono bruciati e inumati in una fossacomune. Nel marzo 1945, quando i tede-schi si ritirarono, gli abitanti di Ronchidòsricuperarono i resti delle vittime, tra lequali vi erano persone provenienti da altricomuni. Il numero esatto non si conosce.Questi i caduti identificati: Mia GinaAntonelli*, Vincenzo Armelunghi*, Fer-nanda Bartoloni*, Angiolina Bettucchi*,Abbondanzia Borruto*, Luigi Brasa*,Primo Cioni*, Rita Farneti*, Silvana Far-neti*, Maria Rosa Guccini*, AugustoIattoni*, Renzo Iattoni*, Letizia Lancel-lotti*, Giuseppe Lodi* detto Pino, PietroLodi*, Vincenzo Lodi*, Emilia Lorenzel-li*, Aurora Lucchi*, Alfredo Malossi*,Viterbo Manni*, Vito Mattarozzi*, ClariceMorsiani*, Ottorino Padulosi*, AdelePalmonari*, Alberto Palmonari*, AnnaPalmonari*, Clementina Palmonari*,Federico Palmonari*, Gina Palmonari*,Giovannina Palmonari*, Iris Palmonari*,Luigi Palmonari*, Maria Luisa Palmona-ri*, Michele Palmonari*, Santina Palmona-ri*, Sergio Palmonari*, Gaetana Passini*,Amedea Poli*, Mauro Preci*, BrunoTanari*, Angela Torri*, Ettore Velli*, InesVelli*, Sergio Velli*, Sigiberto Velli*,Sigifredo Velli*, Angelo Vitali*, AntoninoVitali*, Adelfo Zaccanti*, Attilio Zaccan-ti*, Dora Zaccanti*, Gina Zaccanti*,Giovanni Zaccanti* e Maria Zaccanti*.Nell’elenco ufficiale dei caduti dell’eccidiofigurano i nomi di Jacques Lapeyrie*,Rossano Marchioni* e Lino Tomasi*, tre

partigiani caduti nei giorni precedenti. Inomi di queste vittime sono stati incisi, conquelli d’altre persone uccise in eccidi minori,nelle lapidi collocate nella cappella del Parcodelle Rimembranze di Gaggio Montano, percui riesce difficile distinguere i vari eccidi e lerelative vittime. Esistono grossi problemi sulnumero delle vittime, pur essendo il divariodi poche unità. Anche a Gaggio Montano -come in altri comuni e in particolare aMarzabotto - la pietà popolare ha volutoincludere in una sola lapide tutti i nomi dellevittime del nazismo, indipendentementedalla località e dalla data della morte. Il pro-cesso contro i responsabili non fu celebratoperché il fascicolo giudiziario era finitonell’“armadio della vergogna”. [O]BI B L I O G R A F I A. P. Zagatti, Il 29 settembre1944 a Ronchidòs non è successo niente, in“Gente di Gaggio”, n.10, 1994, pp.71-5;M. Cecchelli, I martiri di Ronchidòs, in“Gente di Gaggio”, n.10, 1994, pp.76-84;G. Macciantelli, Don Pino Lodi martire aRonchidòs nel 1944, in “Gente di Gaggio”,n.19, 1999, pp.34-8; M. Franzinelli, Le stra-gi nascste, Mondadori, Milano, 2002, p.164.

Rossa, Eccidio di La, (Imola). Il 10.3.1945i fascisti prelevarono dalla Rocca d’Imola 8partigiani rastrellati alcuni giorni primanella zona collinare di Toranello. Li porta-rono nel podere La Rossa, nei pressi dellafornace Gallotti di Imola e qui, ai marginidi un grosso cratere di bomba d’aereocolmo d’acqua, li fucilarono. Tutti eranostati torturati durante la detenzione. Non siconosce la motivazione di quella fucilazio-ne, né si sa perché furono scelti quelli enon altri. I resti dei martiri affiorarono efurono ricuperati il 28.3. Sul luogo dell’ec-cidio è stata collocata una lapide con inomi dei caduti: Lorenzo Baldisseri*, Emi-lio Benedetti*, Paolo Farolfi*, Dante Gior-gi*, Sergio Ragazzini*, Antonio Roncas-saglia*, Paolo Roncassaglia* e AttilioVisani*. [O]BI B L I O G R A F I A. E. Gollini, N. Tampieri, Sole,Bianco e Mezzanotte. Imola tra guerra e ri-costruzione (1940-1950), p.194.

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Rovigo, Battaglia del. Nell’estate 1944, amano a mano che le truppe alleate avanza-vano da sud verso la Linea Gotica, ilcomando tedesco decise una serie di ope-razioni per “ripulire” la zone attraversatedalle strade principali dalla presenza delleformazioni partigiane. In quel periodo.nella zona tra Imola e Firenzuola (FI), sul-l’Appennino tosco-emiliano, il grosso della36a brg Bianconcini Garibaldi si trovava inun ampio territorio delimitato dai montiRoncaccio, Colonna, Carzolano, Paganinoe Acuto e attraversato dal torrente Rovigo.Il 2.7.1944 una colonna tedesca tentò inva-no di sloggiare i partigiani dalle loro posi-zioni e pure senza successo fu l’azione con-dotta il 17.7 da contingenti della GNR. Il9.8 reparti nazifascisti invano tornaronoall’attacco. Il 10 due colonne tedesche simossero da Firenzuola e da Palazzuolo sulSenio (FI) per stringere i partigiani in uncerchio di fuoco. I combattimenti duraro-no sino al 13, quando i reparti della 36aabbandonarono la zona, senza aver subìtoperdite gravi. In quell’occasione i partigia-ni sostennero una vera e propria guerra diposizione contro i tedeschi. [O]BI B L I O G R A F I A. Vedi: 36a brg BianconciniGaribaldi.

S

SA, vedi: SS tedesche.

Sabbiuno del Monte di Paderno (Bolo-gna), Eccidio di. Il 5.12.1944 i tedeschi e ifascisti - su indicazione d’alcune spie, cheavevano militato nelle brgg partigiane -operarono due grandi rastrellamenti adAnzola Emilia e ad Amola di Piano (S.Giovanni in Persiceto). Oltre 200 persone,ma pare addirittura di più, furono portatenelle sedi delle SS tedesche a Bologna e,dopo gli interrogatori, nel carcere di S.Giovanni in Monte, dove si trovavano giàcentinaia di detenuti. Altri ancora si

aggiunsero nei giorni successivi. Non siconoscono le decisioni prese da tedeschi efascisti, ma pare che le cose si siano svoltecosì. I partigiani la cui identità ed attivitàerano certi - per la delazione delle spie -furono portati a Sabbiuno di Paderno,sulla collina a sud della città, e uccisi inmassa. I corpi rotolarono lungo i fianchidella collina verso il Reno. L’eccidio fucompiuto in due tempi: il 14 e il23.12.1944. Su “il Resto del Carlino” fugenericamente annunciata la fucilazionedel 14 e ignorata la seconda. Numerosirastrellati furono deportati a Mauthausen(Austria) e a Gries (Bolzano), mentre altriancora, donne e anziani, liberati. Il numeroesatto delle vittime non è certo perché iresti di molti potrebbero essere rimastisepolti nei calanchi, mentre alcuni partigia-ni dati per morti a Sabbiuno di Padernopare siano stati uccisi a S. Ruffillo e vice-versa. Nel gruppo dei caduti - in massimaparte catturati nei rastrellamenti d’AnzolaEmilia e S. Giovanni in Persiceto - vi sonopersone arrestate in altre località delBolognese. Da un saggio di Alberto Pretirisulta che a Sabbiuno furono sicuramentetrucidate 58 persone. Erano quasi tutti par-tigiani. Per alcuni le famiglie, dopo la guer-ra, non richiesero il riconoscimento. Tra imorti vi era un ebreo (Leo Kocker) cattu-rato a Castelfranco Emilia (MO). Questi icaduti: Albano Alberghini*, Roberto Al-berghini*, Gino Alberti*, Augusto Baiesi*,Felice Bagnoli*, Goffredo Bandiera*,Efrem Benati*, Ernesto Bisi*, Ivo Bona-soni*, Nino Bonfiglioli*, Valerio Bongio-vanni*, Francesco Bova Conti*, LuigiBrenti*, Emilio Bussolari*, Sergio Casa-rini*, Dino Cevenini*, Albano Cocchi*,Bruno Corazza*, Gherardo Cotti*, MarioCotti*, Aroldo Cristofori*, Gaetano Dal-l’Olio*, Dante Drusiani*, Adolfo Fantini*,Mario Ferrari*, Renato Ferrari*, VincenzoFlorini*, Guido Forni*, Ermes Fossi*,Giancarlo Gabrielli*, Umberto Galletti*,Giovanni Gandolfi*, Danilo Gazzani*,Renato Gelati*, Leo Kocker*, AdolfoMagli*, Alcide Manfredi*, Olver Man-fredi*, Armando Martinelli*, Giuseppe

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Martinelli*, Rando Muratori*, Dario Na-dalini*, Augusto Nanni*, Tiziano Pedrini*,Adelmo Piazzi*, Emilio Rimondi*, DanteSerra*, Luciano Serra*, Cesare Stoppaz-zini*, Anselmo Strazzari*, Vincenzo Tof-fano*, Aldo Toselli*, Dino Toselli*, PierinoTurrini*, Ettore Vanti*, Elio Zambelli*,Aldo Zanetti*, Umberto Zucchini*. Inquesto elenco non figurano Enrico Bazza-ni*, Otello Bergonzini*, Florino Manfre-dini* e Renzo Sola* i cui nomi sono stati inci-si per errore nel monumento che ricorda l’ec-cidio. I 4 sono stati uccisi a S. Ruffillo. [O]B I B L I O G R A F I A . Comune di Bologna,Quartiere Colli, Monumento ai 100 parti-giani che furono fucilati a Sabbiuno nei gior-ni dal 14 al 23 dicembre 1944, Bologna; A.Preti, Sabbiuno di Paderno. Dicembre 1944;A. Preti, Sabbiuno, dicembre 1944 i rastrel-lamenti, gli arresti, le fucilazioni, in “IQuaderni di Resistenza oggi”, supplemen-to al n.5 del 2004 di “Resistenza oggi”,pp.113-5.

Sabbiuno di Piano (Castel Maggiore),Eccidio di. Il 14.10.1944 alcuni partigianifurono catturati a Castel Maggiore e rin-chiusi nel rustico della casa colonica diGiuseppe Guernelli da Carlo, in viaSaliceto in località Sabbiuno di Piano. Unasquadra di partigiani, guidata da FrancoFranchini*, assalì il caseggiato e liberò iprigionieri. Nello scontro caddero Fran-chini e alcuni partigiani. I nazifascisti ebbe-ro, ma non è certo, una trentina di caduti.Qualche ora dopo lo scontro i nazifascistifermarono a caso 35 persone che abitavanonella zona e le fucilarono. Le vittime, il cuinome è inciso in un monumento, sono:Dionisio Alberani*, Alessandro Arbiz-zani*, Pietro Barbieri* da Cesare, EnnioBaschieri*, Michele Cazzola* detto Peppi-no (nel monumento è indicato come Giu-seppe), Calisto Checchi*, la moglie EnricaAlberti* e i figli Carolina* e Luigi*, CarloCopiano*, Gualtiero Fanti* e il figlioRomolo*, Lea Grandini*, Rina Grazia* e ilfratello Rodolfo*, Giovanni Gruppioni*,Giuseppe Guernelli* da Carlo, UmbertoGuernelli*, Adolfo Manganelli*, Savino

Masetti*, Attilio Mazza*, Alberto Orsi*,Pietro Pasti* e il nipote Sergio*, OresteRimondi*, Rinaldo Romagnoli*, LuigiScagliarini*, Raffaele Selleri*, Enrico Tolo-melli*, Argia Tosi* e il fratello Ivo*, LuigiVigna* e la figlia Medarda*. A questi 33martiri vanno aggiunti due disertori dellaWehrmacht - un polacco e un tedesco chesi erano uniti alle forze della Resistenza -che furono catturati e fucilati. I loro nomisono rimasti ignoti. Con quello delle vitti-me della rappresaglia, sul monumento èstato inciso anche il nome di Franchini. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Fregna, Castel Maggiore1943-45, p.121; L. Arbizzani, Antifascismoe lotta di Liberazione nel bolognese, p.77;C. Garulli, La palla di Stracci. Fotogrammidella memoria.

Sala Bolognese, Scontri di. Il 14.5.1921 aSala Bolognese si ebbero numerosi scontritra militanti socialisti e comunisti e squa-dristi fascisti, tutti impegnati nella campa-gna elettorale. Il giorno dopo si sarebbevotato per le politiche. Il primo scontro,subito sedato dai carabinieri, si verificò inun emporio in località Certosa, dove i fasci-sti tentarono di bastonare 3 militanti socia-listi. Poco dopo, un altro scontro, con colpidi pistola e di bastone, si verificò lungo lastrada comunale, nei pressi dell’emporio.Dal rapporto della polizia risulta che unadecina di socialisti percorrevano la stradain bicicletta cantando “inni sovversivi”.Una decina di fascisti intervennero per farlitacere e tra i due gruppi si verificò unoscontro violentissimo. Restarono feriti isocialisti Ermenegildo Boriani*, ArmandoBeghelli* e Augusto Beghelli* e i fascistiSebastiano Monari, Edmondo Monari eUmberto Vignudelli. Il 18.5.1921 Seba-stiano Monari morì per le ferite riportate.La mattina del 15 una squadra fascista sirecò da Bologna a Sala Bolognese e incen-diò la Casa del popolo. I carabinieri ferma-rono una ventina di socialisti e non un solofascista. La magistratura rinviò a giudizio14 persone per un omicidio e due mancatiomicidi. Il processo, iniziatosi l’1.5.1923,

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davanti alla Corte d’Assise di Bologna, siconcluse con una dura sentenza perché imagistrati negarono agli imputati la naturapolitica dello scontro. Queste le pene: NoèBastia* 14 anni e 2 mesi; Armando Beghelli11 anni, 9 mesi e 20 giorni; Augusto Be-ghelli 14 anni e 7 mesi; Giovanni Beghelli*14 anni e 2 mesi; Ermenegildo Boriani 11anni, 9 mesi e 20 giorni; Amorveno ErmeteCorti* 7 anni e un mese; Aldo Ferrari* 14anni e 2 mesi; Pietro Ferrari* 14 anni e 2mesi; Augusto Franceschini* 7 anni e 11mesi; Fernando Gamberini* 3 anni e 4mesi; Ferdinando Pritoni* 7 anni e unmese; Mondo Pritoni* 14 anni e 2 mesi;Odoardo Roveri* 14 anni e 2 mesi; MarinoTrentini* 7 anni e un mese. Il processoebbe un seguito. Bastia, come gli altri con-dannati, fu amnistiato nel 1927. Si trasferìa Bologna dove lavorò come muratore. Nel1928, essendo disoccupato, tornò a SalaBolognese. La sera del 22.2.1928, mentre sitrovava in un’osteria, fu affrontato daCesare e Nello Monari, due militi dellaMVSN fratelli di Sebastiano, morto nel1921. Cesare Monari lo uccise con uncolpo di rivoltella alla testa. Al processo,svoltosi in Corte d’Assise il 2 e 3.7.1928, losparatore si difese dicendo di avere volutodifendere il fratello minacciato dal Bastia ilquale, vistosi aggredito, aveva afferrato unattizzatoio dal caminetto. Il pubblico accu-satore chiese la sua condanna per delittovolontario, ma la Corte lo assolse, soste-nendo - come si legge nella sentenza - chelo aveva «commesso per esservi statocostretto dalla necessità di respingere da sée da altri una violenza attuale e ingiusta»(Assise di Bologna. 1924 al 1931, p.264). Sitrattò di una sentenza politica doppiamen-te scandalosa, dal momento che i fratelliMonari - entrati nel locale con il deliberatoproposito di uccidere il Bastia - avevano giàattentato alla vita di altre due persone pro-cessate per la morte del congiunto.L’1.11.1924 Nello a Sala Bolognese sparòcontro Fernando Gamberini, ferendolo allagamba destra. Il 6.9.1925 Cesare, sempre aSala Bolognese, sparò contro ErmenegildoBoriani e lo ferì ad un braccio. In quell’occa-

sione fu arrestato, ma non risulta che sia statoprocessato. [O]

Saliceto, Eccidio di via. vedi: Sabbiuno diPiano, Eccidio di.

S. Giorgio di Piano, Eccidio di. Il21.4.1945 i soldati tedeschi, in fase di riti-rata verso il nord, si abbandonarono a stra-gi e saccheggi nella zona compresa traBologna e Ferrara. A S. Giorgio di Piano,la sera del 21, uccisero Ernesto Melotti*.Nel cuore della notte alcuni militari chestavano compiendo delle razzie nell’abita-zione del mezzadro Dardi, furono affronta-ti da un gruppo di coraggiosi ed un tedescorestò ucciso. Altri militari rastrellarono euccisero 8 persone. Le vittime: AuroraBattaglia*, Adele Benfenati*, ArmandoBenfenati*, Luigi Benfenati*, Maria Dar-di*, Jolanda Gruppioni*, Luigia Silvagni*,Clementa Tugnoli*. Amedea Tartarini*,benché ferita, si salvò perché coperta daicadaveri e così pure Luciano Battaglia*, unbimbo di 4 anni. Numerosi i sangiorgesirimasti feriti nell’ultimo giorno di guerra interra bolognese. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, L’eccidio di S.Giorgio di Piano, in Al di qua della GengisKhan, I partigiani raccontano, pp.156-8; L.Arbizzani, Uomini lotte e altre cose.Immagini e documenti per una storia di SanGiorgio di Piano.

S. Giovanni in Monte, Assalto al carceredi. Prima di essere trasferite in frazioneDozza, le carceri bolognesi si trovavanonell’ex convento attiguo alla chiesa di S.Giovanni in Monte nella piazza omonima.Durante la lotta di liberazione ospitaronocentinaia, se non migliaia d’antifascisti, dipartigiani e di genitori di renitenti alla leva.Molti detenuti, per i quali non c’era spazioa S. Giovanni in Monte, furono “ospitati”nelle stalle della caserma del 3° artiglieria aPorta d’Azeglio. Nell’estate 1944 il coman-do della 7a brg GAP Gianni Garibaldidecise di liberare i detenuti del carcereprincipale. Per questo Bruno Gualandi*“Aldo” si accordò con un agente di custo-

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dia, il quale diede informazioni preziose.Altre informazioni furono fornite daVerenin Grazia* segretario del CLNER.Un primo tentativo fatto in luglio fallì.Riuscì il secondo. La sera del 9.8, pocoprima delle 22, davanti alle carceri di S.Giovanni in Monte si fermarono 2 autocon 12 uomini. Bernardino Menna* “Na-poli”, Lino Michelini* “William” e ArrigoPioppi* “Bill” erano vestiti da tedeschi.Massimo Barbi*, Nello Casali* “Roma-gnino”, Bruno Gualandi*, Roveno Mar-chesini* “Ezio” e Vincenzo Sorbi* “Wal-ter” indossavano divise delle brigate nere.Giovanni Martini* “Paolo”, Renato Roma-gnoli* “Italiano”, Dante Drusiani* “Tem-pesta” e Vincenzo Toffano* “Terremoto”furono presentati per partigiani catturati. Ifalsi tedeschi e fascisti erano armati dimitra e gli altri di pistola. I due agenti diservizio davanti all’edificio presero perbuona la versione dei partigiani per cuisuonarono nel modo convenzionale e dal-l’interno fu aperta la porta. Restarono fuoriGualandi, Casali, Michelini e Barbi. Glialtri entrarono e non ebbero difficoltà adimmobilizzare i pochi agenti in servizio,dopo avere tagliato i fili del telefono.Mentre i partigiani entrati aprivano tutte lecelle, i quattro rimasti all’esterno disarma-rono i 2 agenti, uno dei quali reagì e ferìMichelini ad una gamba. Oltre ai politicifurono liberati anche i comuni per creareconfusione. Il numero esatto non è noto,ma pare che abbiano riacquistato la libertà300-350 persone. Non fu possibile liberarele detenute. Il capo della provincia diBologna, nel rapporto alla direzione gene-rale della polizia, scrisse che della squadrapartigiana facevano parte una quarantinadi elementi giunti sul posto a bordo di dueautocarri con targa tedesca. Il 10.8 il que-store, nel rapporto al governo, scrisse cheerano intervenuti 70 partigiani e che aveva-no liberato 340 detenuti. L’11.8 aggiunseche 206 erano stati catturati. Caddero nellaResistenza Casali, Drusiani, Marchesini,Martini e Toffano. [O]B I B L I O G R A F I A . R. Romagnoli, Gappista.Dodici mesi nella Settima GAP “Gianni”,

pp.99-110. Testimonianze di V. Sorbi(p.932), S. Parisini (p.933) e U. Mocai(p.937) in RB5.

Santa Maria in Duno, Eccidio di. La seradel 29.4.1921 nella sede del circolo sociali-sta di Santa Maria in Duno (Bentivoglio) siriunirono una settantina di mezzadri peresaminare il contenuto e il modo d’applica-zione del Concordato Paglia-Calda. Ora-tori della sera erano Roberto Pondrelli*dirigente della Federterra e Celso Poli*della CCdL. Ad un tratto fecero irruzionenella sala numerosi fascisti armati emascherati. Dopo avere gridato più volte«Mussolini a noi!», cominciarono a spara-re sui presenti. Amedeo Lipparini, capole-ga dei mezzadri di Santa Maria in Duno,morì per un colpo alla schiena. Restaronoferiti Mario Degli Esposti*, ArmandoMengoli*, Ernesto Mingardi*, RobertoPondrelli, Filippo Tartarini*, GiuseppeTugnoli*, Ernesto Zanarini* e RaffaeleZanarini*. Sul luogo dell’eccidio fu muratauna lapide con questa scritta: «XXIX. IV.MCMXXI/ a Santa Maria in Duno/ nelCircolo operaio/ cadeva per mano dimascherati sicari/ Amedeo Lipparini/d’anni 40/ Lavoratori/ il sangue del fratel-lo invendicato/ sia infamia alla classe bor-ghese/ ammonimento al proletariato».Rimossa all’avvento della dittatura e con-servata dalla famiglia, nel 1961 la lapide fucollocata sulla facciata della Casa del po-polo. [O]

S. Maria di Purocielo, Battaglia di. Fu lapiù eroica e sanguinosa battaglia combat-tuta dalla 36a brg Bianconcini Garibaldi.Durò dal 9 al 12.10.1944 nella valle di S.Maria di Purocielo (Brisighella - RA).Questa località (a volte è usato il termine diPurocelo) oggi si chiama S. Maria in Gor-gognano. Anche se pagò un altissimo tri-buto di sangue, la brg dimostrò di avereraggiunto un notevole grado d’efficienzamilitare, mentre gli uomini, inferiori pernumero e armamento ai tedeschi, diederoprova del loro patriottismo e di un altissi-mo spirito di sacrificio. Dopo la decisione

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presa dal CUMER, in previsione dell’insur-rezione, i 4 btgg della brg dovevano con-vergere su Bologna, Imola e Faenza (RA),mentre uno sarebbe dovuto andare a sudverso gli alleati. Ai primi d’ottobre - dopo idurissimi scontri del mese precedente - il IIe il IV btg si spostarono verso sud-est perincontrarsi con gli alleati, dopo avereabbandonato la direttiva del CUMER dipuntare alla liberazione delle città postesulla via Emilia. I partigiani, circa 700,erano guidati da Luigi Tinti* “Bob”, ilcomandante della brg. Il 9.10.1944 giunse-ro nella valle del Rio di Cò, tra il Senio e ilLamone, senza sospettare di essere finititra gli avamposti tedeschi e quelli alleati.La mattina del 10, quando si spinsero versoMonte Vigo, trovarono la strada chiusa daitedeschi. Li attendevano al varco, dopoaverli circondati durante la notte. Mentreripiegavano verso Ca’ di Malanca, al fuocotedesco si aggiunse quello alleato, i cui can-noni batterono per errore le posizioni dellabrg. All’alba dell’11 i tedeschi, guidati daifascisti, arrivarono di sorpresa a Ca’ diGostino, sede del comando, e seminaronola morte. Uccisero numerosi dirigenti dellabrg, ma il comandante Luigi Tinti* e altririuscirono a forzare l’accerchiamento. Pertutto il giorno si combatté nella valle i cuiaccessi erano controllati dai tedeschi evano fu l’assalto verso Monte Colombo.L’unica via libera portava al nord, mentregli alleati erano a sud. I combattimenti pro-seguirono per tutta la giornata del 12, coni partigiani colpiti sia dai mortai tedeschisia dall’artiglieria alleata. Anche se per ilterzo giorno consecutivo erano riusciti atenere i tedeschi fuori della valle, i partigia-ni si resero conto che la resistenza era allafine. Le munizioni cominciavano a scarseg-giare, mentre i caduti e i feriti erano deci-ne. Dopo essersi consultato con i coman-danti dei reparti, Tinti decise di uscire dallavalle a nord. I feriti più gravi, lasciati nellacanonica della chiesa di Cavina (Fognano -RA) furono catturati dai tedeschi e uccisidai fascisti. Prima di iniziare la ritirata not-turna Tinti disse ai suoi uomini: «Compa-gni c’è andata male. Ora dobbiamo partire

da qui. Avremo ancora molto da cammina-re, e forse, anche da combattere prima disalvarci. Dobbiamo stare tutti uniti, dob-biamo stare tutti su con il morale, perché ilminimo sbandamento può costare caro atutti. Chi non se la sente può andare via,nessuno gli dirà niente. Voglio che ognunodecida liberamente. Si capisce che chi se neva lascia qui le armi». Se ne andarono inuna trentina. Nella notte tra il 13 e il 14 ilgruppo puntò su Monte Tesoro poi, pas-sando da Monte Melandro, raggiunseModigliana (FO) e il 16.10 si incontrò congli alleati a Monte Freddo. In questa batta-glia, l’ultima, la brg perse una sessantina diuomini. [O]BI B L I O G R A F I A. N. Galassi, S. Maria di Pu-rocelo, in Epopea partigiana, p.260; B.Campanelli, Né paga né quartiere; F. Mon-tevecchi, La battaglia di Purocielo; N. Ga-lassi, Imola dal fascismo alla liberazione; N.Galassi, Partigiani nella linea Gotica.

S. Ruffillo, Eccidio di. Nell’inverno 1944-45 i tedeschi, con la complicità dei fascisti,uccisero centinaia di partigiani e di cittadi-ni catturati in circostanze e tempi diversi edetenuti nelle carceri di S. Giovanni inMonte (Bologna). Dai registri degli ingres-si e delle uscite dal carcere risulta che quasitutti i partigiani uccisi a San Ruffillo eranostati prelevati da militari delle SS tedesche.Oltre che a San Ruffillo, numerosi partigia-ni furono uccisi dalle SS nella vicina locali-tà di Pera, una frazione di Pianoro. Leragioni di queste uccisioni di massa e lascelta del luogo non sono facilmente spie-gabili. Non è neppure possibile ricostruirel’esatta dinamica dei massacri e il numerodelle vittime. È quasi certo che gli eccidi -compiuti in un vasto arco di tempo, coninizio nella prima decade di febbraio 1945- siano stati decisi per uccidere partigiani lacui identità e attività erano certi oltre cheper sfoltire le carceri sovraffollate. Perchésiano stati uccisi a Bologna e non inviati incampi di sterminio, com’è avvenuto peraltri, è un mistero. Forse i tedeschi nonavevano più la possibilità di inviare grossiconvogli ferroviari in Germania, in un

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momento in cui le truppe alleate - sia da estsia da ovest - si avvicinavano ai lager. Il 12e 23.12.1944 decine di detenuti furono tra-sferiti a piedi a Sabbiuno di Paderno, unafrazione collinare del comune di Bologna, euccisi in massa. Nel febbraio 1945 un’ana-loga operazione fu ripetuta nei pressi dellastazione ferroviaria di S. Ruffillo, un quar-tiere a sud di Bologna. Allora la zona eraaperta campagna. Il 10.2.1945 furono pre-levate da S. Giovanni in Monte 56 personee trasferite a piedi a S. Ruffillo. Furonouccise e sepolte alla meglio in fosse comu-ni. Altri prelevamenti furono fatti, sempreda S. Giovanni in Monte, in data 1, 2 e16.3. Ma è probabile che altre esecuzionisiano state fatte nei giorni seguenti. A dif-ferenza di altre esecuzioni, quelle di S.Ruffillo furono ignorate dai giornali. Neiprimi giorni del maggio 1945, dopo laLiberazione, le fosse furono scoperte da unvigile urbano, attirato dalle esalazioni ema-nate dai corpi in decomposizione. Dallefosse furono estratte 94 salme. Al terminedi una difficile opera di riconoscimento, 23restarono senza nome. Le vittime proveni-vano da varie località della provincia diBologna e della regione. Una quarantinaerano partigiani della 65a brg WalterTabacchi Garibaldi di Modena e abitavanoa Castelfranco Emilia (MO). Altri militava-no nella 4a brg Venturoli Garibaldi e pro-venivano da Malalbergo. Altri ancora mili-tavano nella brg SAP Imola e pochi altri,appartenenti alla 1a brg Irma BandieraGaribaldi, abitavano a Bologna e adAnzola Emilia. Andrea Ferrari e PaoloNannetti, in un saggio dedicato all’eccidio,hanno compilato un elenco di caduti sicu-ramente identificati. Nati o residenti aBologna. Dino Bedonni*, Adriano Bion-di*, Sergio Casalini*, Mario Faccioli*, An-tonio Grandi*, Guglielmo Grossi*, CarloMazzacurati*, Corrado Pavignani*, SandroRossi*, Walther Tommasini*. Non identifi-cati Emilio Rimondi* (che pare sia statoucciso a Sabbiuno) e Libero Spadoni, il cuinome è inciso sul cippo che ricorda l’ecci-dio. Anzola Emilia. Pio Galli*. Imola.Otello Cardelli*, Ugo Coralli*, Zelindo

Frascari*, Armando Gardi*, WladimiroGollini*, Walter Grandi*, Enea Loreti*,Rocco Marabini*, Angelo Volta*, VittorioZotti*. Malalbergo. Egidio Alberti*, Erne-sto Amaini*, Primo Bacilieri*, Azzo Car-lini*, Ilario Cenacchi*, Antonio Corticelli*,Tonino Costa*, Adamo Fiorini*, OrfeoGalletti*, Umberto Giglioli*, RomanoGualandi*, Guido Minghetti*, VivaldoOrlandi*, Oreste Pedrini*, Giuseppe Pet-tazzoni*, Dino Zucchini*. CastelfrancoEmilia. Arteodoro Albertini*, Enea Baral-di, Guido Baraldi, Enrico Bazzani*, OtelloBergonzini, Ernesto Bottazzi, GaetanoCampagnoli*, Angiolino Carini, AmedeoCavazza, Orfeo Cavazza, Aldo GuidoDondi, Dante Ferrarini, Renato Guiz-zardi*, Guerrino Maccaferri, Danio Man-fredi, Florino Manfredini, Andrea Mo-scardini, Luigi Nanni*, Renato Nanni,Guido Negrini*, Marino Ragazzi*, Rolan-do Gaetano Ravaldi, Romano Ravaldi,Giuseppe Rinaldi, Annibale Roveri*,Renzo Sola, Gilberto Tacconi, Ennio Turri-ni, Giovanni Turrini, Francesco Venturi,Aimone Veronesi, Renato Veronesi, Augu-sto Zanotti, Mauro Zanerini, Renzo Zuffi,Riniero Zuffi. I nomi di Bazzani, Bergon-zini, Manfredini, Sola figurano - certo pererrore - nel monumento che ricorda l’ecci-dio di Sabbiuno di Paderno. Altri comuni.Ismo Biondi*, Carlo Calzoni*, Italo Cazzo-li*, Giovanni Cerbai*, Francesco Cristo-fori*, Remo Draghetti*, Peppino Fossili*,Mario Fustini*, Virgilio Gasperini*,Clorindo Grassilli*, Luciano Mantovani*,Raffaele Matteuzzi*, Renato Patuelli*,Walter Venturi*. Nell’eccidio di S. Ruffillopoco più di 20 partigiani non sono statiidentificati. Ferrari e Nannetti - nel lorosaggio - hanno scritto che, molto presumi-bilmente, i resti trovati potrebbero esseredei seguenti partigiani scomparsi all’iniziodel 1945, dopo essere transitati da S.Giovanni in Monte come gli altri identifi-cati: Bruno Albertazzi* da Alberto, AdolfoBranchini*, Francesco Brusa*, FerruccioGermano Ferrarese*, Faustino Gardosi*,Eusebio Gazzetta*, Elio Giacometti*,Giorgio Grotti*, Adelfo Maccaferri*,

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Guido Magnani, Remo Nicoli*, FirmandoPancaldi*, Ivano Rossi*, Ottavio Serra*,Giorgio Tabaroni*, Modesto Tarozzi*,Vincenzo Tarozzi*. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Ferrari, P. Nannetti, L’Ec-cidio di San Ruffillo, Repressione nazifascistaa Bologna nell’inverno 1944-45; A. Ferrari,P. Nannetti, Per una storia degli eccidi di SanGiovanni in Monte, in “Resistenza oggi”,n.4, settembre 2003, pp.9-19.

Sassoleone, Eccidio di. Il 23.9.1944 i parti-giani della 62a brg Camicie rosse Garibaldiattaccarono un camion tedesco nei pressidell’abitato di Sassoleone (Casalfiumane-se). Almeno 4 militari restarono uccisi e 2feriti. Il 24 un reparto di SS tedescherastrellò una cinquantina di persone: vec-chi, donne e bambini. Di queste, 23 o 24furono trucidate a colpi di mitraglia, unita-mente a don Settimio Patuelli* il quale,«dietro invito dei Superiori», aveva dovutolasciare la sua parrocchia ad Osta ed assu-mere provvisoriamente quella di Sasso-leone perché il titolare don Cassiano Ferril’aveva abbandonata senza giustificazione.La maggior parte delle persone fu uccisanei pressi della chiesa e le altre vicino alleabitazioni. La chiesa e alcuni stabili furonofatti saltare. I resti delle vittime ebbero unasepoltura qualche settimana dopo, quandoSassoleone fu liberato dagli alleati. Uncippo ricorda i martiri: Giovanni Arcan-geli*, Margherita Cella* in Wolf, Maria DalMonte*, Elsa Domenicali*, Emilia Fiumi*,Fiorina Fiumi*, Colomba Galassi*, LuigiGambetti*, Giuseppina Ghini*, MariaLelli*, Francesca Monti*, MargheritaMorini Fortuzzi*, Mario Morini Fortuzzi*,don Settimio Patuelli*, Clotilde Poli*,Vincenzo Prosperi*, Giuseppe Scala*,Angela Suzzi*, Attilio Suzzi*, Anna MariaTarlazzi*, Ettore Tonni*, Onesta Turrini*,Gisella Wolf* in Morini Fortuzzi. Nelcippo figurano i nomi di GiovanniBanducci*, Arturo Caprara* e SanteTurrini uccisi in altre circostanze. [O]BI B L I O G R A F I A. Il billo, Sassoleone nella sto-ria e nella cronaca. Testimonianza di G.Tonni (p.421) in RB5.

Savignano, Eccidio di. Il 30.9.1944 in loca-lità Famaticcia di Savignano (Grizzana),nei pressi del binario della linea Bologna-Porretta Terme, le SS tedesche fucilarono 8operai. La causa dell’eccidio non è nota.Da tempo gli operai erano costretti a sca-vare trincee nell’Alta valle del Reno perl’organizzazione Todt. Erano stati rastrella-ti a Grizzana e Vergato, dove abitavano. Inquel giorno avrebbero dovuto ricevere ilsalario per il lavoro eseguito. Una spiega-zione dell’eccidio potrebbe essere questa.Nella notte tra il 29 e il 30.9 era stato datoil cambio alla pattuglia che solitamente lisorvegliava. Le SS fecero loro scavare unabuca tra le 17 e le 18 e poi li fucilarono. Levittime sono: Giovanni Accursi*, EttoreAlessani*, Augusto Bonaiuti*, Dante For-nasini*, Francesco Fornasini* detto Mario,Edoardo Nanni*, Nino Palmieri* e Adel-mo Venturi*. Dall’eccidio si salvò tale Bru-ni - non meglio identificato - rimasto vivosotto i cadaveri. Nei pressi di questa fossaalcuni giorni prima - qualche giorno dopo,secondo altra versione - le SS uccisero EneaMacentelli*. [O]

Scandellara, Scoppio di via. Nella primave-ra del 1945 una casa disabitata di viaScandellara (Bologna) divenne la base deidist di Medicina e Castenaso della 7a GAPGianni Garibaldi. In previsione dell’insur-rezione - che sarebbe avvenuta il 21.4 - i 2reparti ebbero l’ordine di avvicinarsi allacittà con le armi e una grossa quantità d’e-splosivo. Gli uomini sistemati nella casaerano una trentina. Nella tarda mattinatadel 18.4 si verificò un’esplosione, non si sada cosa provocata. Restarono uccisi 13 par-tigiani: Enzo Balducci*, Dante Brusa*,Rossano Buscaroli*, Walter Giorgi*, RinoMaiani*, Serio Marchi*, Dino Romagnoli*,Ezio Sabioni*, Alfio Zerbini*, IlianoZucchini*, Luciano Zonarelli*, GiuseppeZambrini* e Giuseppe Zaniboni*. I feriti:Luigi Broccoli*, Libero Gombi*, GiorgioSternini*, Gino Tarozzi*. [O]BI B L I O G R A F I A. Drago (Giuseppe Bacchilega),Disastro in via Scandellara, in Al di quadella Gengis Khan, pp.126.8.

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Scansi, La. Subito dopo l’8.9.1943 nellavalle del Lamone, sopra Faenza (RA), fucostituita una banda chiamata La Scansi.Ingrossatasi nella primavera 1944, LaScansi prese il nome di btg Ravenna.Nell’estate il reparto entrò a far parte della36a brg Bianconcini Garibaldi, pur conser-vando una certa autonomia. Nell’autunno1944 il btg Ravenna si spostò su Faenza e il15.12 prese parte ai combattimenti a fiancodegli alleati che portarono alla liberazionedella città. In seguito, numerosi partigianidel btg Ravenna entrarono a far parte della28a brg Gordini Garibaldi. [O]BI B L I O G R A F I A. S. Liverani, Un anno di guer-riglia. Testimonianze di G. Monti (p.553) eS. Liverani (p.555) in RB3.

Scarso rendimento di lavoro. Per piegarela categoria dei ferrovieri, una delle piùcombattive sul piano sindacale, oltre che suquello della difesa dello stato democratico,il 28.1.1923 il governo fascista approvò ildecreto n.143. Stabiliva all’art. 3 che iresponsabili dei compartimenti ferroviaripotevano licenziare in tronco i dipendenti«che diano scarso rendimento di lavoro».La sanzione aveva valore retroattivo esarebbe stata applicata nei confronti deiferrovieri che, in passato, avevano presoparte a scioperi sindacali e politici. Il19.6.1923 il questore di Bologna inviò alprefetto un elenco di 60 ferrovieri, residen-ti nella provincia, che sarebbero stati eso-nerati il giorno 20. Si legge nella letterad’accompagnamento: «Tutto il personaleesonerato e compreso nel detto elenco pro-fessa idee avanzate». La maggior parteerano dirigenti dello SFI ed avevano presoparte allo sciopero dell’1.8.1922 promossodall’Alleanza del lavoro. Il 26.7.1923 unaquarantina di ferrovieri furono processatiper violazione dell’art.182 del Codicepenale e dell’art.58 della legge ferroviaria,per avere interrotto un pubblico servizio.34 furono condannati a 3 mesi di sospen-sione dal lavoro e a 500 lire di multa e glialtri, dei quali non si conosce il nome,assolti. Una simile pena - se fossero statiancora in servizio - avrebbe comportato il

licenziamento automatico. La condannaera una sanatoria pseudo legale a posterio-ri di un provvedimento politico illegittimoperché applicato con valore retroattivo.Negli anni successivi proseguirono i licen-ziamenti, anche se i ferrovieri non furonopiù allontanati a blocchi. Tra la fine del1925 e l’inizio del 1926 furono “dispensa-ti” i ferrovieri - ma non si conosce il nume-ro esatto - che non vollero prestare giura-mento al regime, quali dipendenti del pub-blico impiego. Il 19.10.1929 il ministerodelle Comunicazioni - protocollo N.R/1-1611 - fece avere al ministero dell’Internoun elenco di 356 ferrovieri italiani da sot-toporre a «speciale sorveglianza, a causadei precedenti politici e del dubbio sullaloro condotta attuale». In futuro, si leggenella lettera d’accompagnamento dell’elen-co, comunicheremo «le generalità di tutti iferrovieri che si riterrà opportuno di farsorvegliare per ragioni politiche». Nonpochi ferrovieri antifascisti, il cui numero siignora, furono trasferiti per breve periodoo per sempre in altre città. Dopo laLiberazione furono riassunti i ferrovierilicenziati che avevano ancora l’età per lavo-rare e ricostituita la carriera a quelli in etàdi pensione. Tra le carte dell’ASB (anno1923, b.1.388, cat.7, fas.1) si trova l’elenco,non in ordine alfabetico, dei 60 ferrovierilicenziati il 20.6.1923. Essi sono: AntonioAsmara*, Raffaele Badini*, Luigi Baldi*,Luigi Ballanti*, Ercole Baratta*, DomenicoBarbieri*, Guido Barilli*, Cleto Benassi*,Umberto Benfenati*, Pietro Bergonzoni*,Dante Bernardi*, Giovanni Bernardi dettoGiannetto*, Paolo Betti*, Libero Biavati*,Attilio Bicocchi*, Roberto Bicocchi*, Ago-stino Bonora*, Duilio Borghi*, UmbertoBrizzi*, Linceo Cicognani*, Antonio Colli-nucci*, Giuseppe Dall’Olio*, Alberico De-gli Esposti*, Alberto Diolaiti*, GiuseppeDotti*, Serafino Fabbini*, Raffaele Fantaz-zini*, Alberto Fortuzzi*, Alfredo Gaiba*,Alberto Giovannini*, Alfonso Giovanni-ni*, Francesco Gnomi*, Enio Gnudi*, Pri-mo Grimandi*, Guglielmo Laninno*, Pie-tro Leoni*, Teobaldo Lorenzini*, CesareLunghi*, Attilio Macciantelli*, Alfonso

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Malaguti*, Dante Mannini*, GiovanniManzini*, Giuseppe Masetti*, LuigiMinelli*, Cleto Mota*, Aniceto Muratori*,Giuseppe Parisini*, Giacomo Poltronieri*,Remo Rossini*, Armando Rovatti*, Venu-sto Ruso*, Medardo Sabattini*, Elmo Sa-pori* (nell’elenco è indicato come Sagori),Giovanni Schiavina*, Astorre Sgallari*,Vincenzo Tamburini*, Aurelio Trogu*,Leopoldo Vasconi*, Romeo Vezzali*,Domenico Zarri*. Non è stato trovato l’e-lenco dei ferrovieri esonerati negli anniseguenti. Questi i nomi dei ferrovieri licen-ziati in seguito, tratti dai giornali (l’“Avan-ti!”, “La Giustizia” e “La Voce Repubbli-cana”, mentre “il Resto del Carlino” e“L’Avvenire d’Italia ignorarono tutto) o dairapporti della polizia, anche se non di tuttiè stato possibile ricostruire la biografiacompleta. L’elenco, comprendente 101nomi, non è ufficiale e, quasi certamente, èincompleto: Fernando Aldrovandi*, EzioAnsaloni*, Giuseppe Azuceni*, Luigi Ban-diera*, Omero Barbieri*, Silvio Barbieri*,Primo Baroncini*, Alfredo Bentini, Fre-diano Bergonzoni*, Antonio Bersani*,Attilio Bertuzzi*, Alberto Bevilacqua*,Gaetano Bicocchi*, Fernando Bolognesi*,Enrico Bolognini*, Leonello Bonetti*,Annibale Bonvicini*, Roberto Borghi*,Ruggero Branchini, Modesto Brini*,Aduilio Brizzi*, Guglielmo Calzolari*,Alfonso Cattani*, Enea Cenacchi, PietroNatale Ceneri*, Gaetano Cesari*, AttilioChelli*, Zefferino Dardi*, Alfredo Den-tini*, Arrigo D’Eramo*, Modestino DeSilva*, Luciano de Tommaso*, VittorioDondi*, Ildebrando Fabbri*, FerdinandoFanti*, Luigi Fanti*, Giulio Fantini*,Fernando Ferriani*, Armando Fiorini*,Primo Frabboni*, Alberto Franchini*,Armando Franzoni*, Arturo Gandolfi*,Francesco Gensini*, Gualtiero Gherardi*,Guglielmo Giordani*, Adelmo Giovan-nini*, Fabio Giunchi*, Lorenzo Giusti*,Mario Gnudi*, Giuseppe Gottellini*,Guglielmo Gregori*, Pitagora Gualandi*,Alberto Guerra*, Armando Guidi*, BertoLipparini*, Noemi Felice Lorenzelli*,Andrea Loreti*, Raffaele Lossanti*, Paolo

Maccaferri*, Ivo Monti*, Giuseppe Mo-risi*, Edoardo Moruzzi*, Adriano Nanni*,Antonio Nanni*, Giovanni Nanni*, Giu-seppe Orlandini*, Mario Peppoloni*, At-tilio Rabbi*, Luigi Regazzi*, Aldo Rinaldi*,Renato Ronzani*, Aldo Sartoni*, GaetanoScandellari*, Nicola Serino*, GiovanniSerra*, Ernesto Sgarbati (non abitava aBO), Giuseppe Sgargi*, Amedeo Simon-cini*, Enrico Soverini*, Ugo Sita*, LuigiGuglielmo Tagliavini*, Ubaldo Tartarini*,Ennio Tassinari*, Enea Tibaldi*, AlbertoTognetti*, Nando Travaglini*, GuidoTrebbi*, Remo Vaccari*, Lorenzo Vanelli*,Domenico Vassura*, Carlo Villa*, ErnestoVitali*, Vittorio Zanardi*, Luigi Zanatta*,Giuseppe Zanetti*, Alfonso Zani*, AthosZucchelli*, Fioravante Zucchini*. In base aquesta ricerca - non definitiva - i ferrovieribolognesi licenziati furono 161. [O]

Scolta, La. Negli ultimi mesi del 1918 idirigenti della FGSI d’Imola diedero vita alperiodico “La Scolta”, che aveva il sottoti-tolo “Quindicinale di propaganda deiGiovani Socialisti Imolesi”. Era di formatopiccolo e tra i promotori vi era AmedeoTabanelli*, che la diresse sino alla fine. Dal16.5.1920 assunse il formato grande. Il9.1.1921 il sottotitolo fu mutato in“Quindicinale di propaganda della Federa-zione Circondariale Giovanile Socialista”,nuovamente mutato il 28.1.1921 in “Quin-dicinale di propaganda della GioventùSocialista della Provincia di Bologna”.Dopo il congresso nazionale della FGSIsvoltosi a Firenze il 29.1.1921, i curatoridel giornale passarono alla FGCI e dal27.2.1921 mutò il sottotitolo in “Quin-dicinale di propaganda della GioventùComunista della provincia di Bologna”. Il13.3.1921 uscì l’ultimo numero. [O]

SD, Eccidi delle. Le SD erano un repartospeciale delle SS tedesche, con compiti dipubblica sicurezza. A Bologna diressero,sin dall’inizio dell’invasione, la campagnadi repressione antipartigiana e si reseroresponsabili di numerosi eccidi. Il 3.1.1944furono fucilati Adriano Brunelli*, Lino

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Formilli* e Giancarlo Romagnoli* cattura-ti a Lizzano in Belvedere, dove avevanocostituito una banda partigiana con altrigiovani. Il 12.5.1944 “L’Avvenire d’Italia”pubblicò un comunicato delle SD con l’an-nuncio della condanna a morte di una ven-tina di patrioti, 7 dei quali fucilati: NelloBandini, Giuseppe Caligatti, Aldo Celli,Stanislao Cherl, Enzo Corti, Felice Po-tunech, Dino Ravaglioli. Nessuno era bolo-gnese. Il 6.7.1944 “il Resto del Carli-no”pubblicò una nota per annunciare che -a seguito dell’uccisione di un soldato tede-sco, avvenuta il 26.6 in via del Pratello - leSD avevano fucilato Rino Balestrazzi*,Giuseppe Balotti, Danilo Barca, PaoloBononcini, Cleto Casi*, Luigi Labandi,Cesare Palmini*, Dino Pancaldi*, SilvanoRubbini*, Gino Salmi*. Erano nati o abita-vano a Bologna Balestrazzi, Casi, Palmini,Pancaldi, Rubbini e Salmi. Il 15.7.1944 –come scrisse “il Resto del Carlino” del 16.7- furono fucilati Armando Ghedini*,Francesco Giorgi, Carlo Jussi*, PietroMaleti, Ivo Pruni, Giuseppe Stanzani*,Azzo Tomasi*, Silvio Torri*, SvonkoVersic. Erano nati o abitavano a BolognaGhedini, Jussi, Stanzani, Tomasi e Torri. Il22.9.1944 “il Resto del Carlino” pubblicòun comunicato del comando delle SD nelquale si annunciava che erano stati fucilati11 patrioti. Non erano indicati i nomi nè illuogo dell’esecuzione. [O]

Sempre pronti per la Patria e per il Re. Fula prima organizzazione paramilitare delladestra politica bolognese, costituita nellaprimavera 1919 in funzione antisindacale eantisocialista. Fu organizzata dal tenentedegli arditi Dino Zanetti, un mutilato diguerra che, negli anni del conflitto, si eradistinto in numerose aggressioni contro gliamministratori comunali. Questa forma-zione era il braccio armato del Grupponazionalista bolognese, il quale era la sezio-ne dell’Associazione nazionalista italiananata nel 1910 a Firenze. Tra la fine del 1918e l’inizio del 1919 - nella sede della Legalatina della gioventù, un movimento didestra, - Zanetti istruì all’uso delle armi un

numero imprecisato di giovani nazionalisti,i quali diedero vita alla Sempre pronti.Numerosi gli ex ufficiali e i reduci di guer-ra. I Sempre pronti fecero la prima uscita il15.6.1919, quando a Bologna convenneroalcune migliaia di lavoratori della terra perpartecipare, nella mattinata, ad una mani-festazione in piazza Malpighi. Al termine,mentre i lavoratori percorrevano alla spic-ciolata via Ugo Bassi, si ebbero incidenticon alcuni ufficiali. I militari spararono euccisero la bracciante Geltrude Grassi*.Tre lavoratori restarono feriti. Nel pome-riggio una squadra di Sempre pronti, gui-data da Zanetti, assalì la sede della CCdL,in via Cavaliera 22 (oggi via Oberdan),contro la quale furono sparati molti colpidi rivoltella. Restarono feriti 2 Semprepronti colpiti alle spalle, per errore, daicommilitoni. La polizia arrestò 6 ufficiali,tra i quali Zanetti, nelle cui tasche furonotrovati una rivoltella con il colpo in canna,due caricatori vuoti e un pugnale degliarditi. I Sempre pronti si sciolsero il19.10.1919, quando Zanetti si recò a Fiumeper partecipare alla sedizione dannunzia-na. Nel febbraio-marzo 1920 furono rior-ganizzati da Zanetti, sempre in funzioneantisindacale. Gli “azzurri” - com’eranochiamati, per via della camicia azzurra,mentre la divisa era quella grigioverde deimilitari - furono adibiti alla raccolta dellaspazzatura e alla distribuzione della posta,in occasione di scioperi. Nel settembre1920, quando il Fascio di combattimento -con un finanziamento dell’Associazione didifesa sociale - organizzò un corpo di 300armati, quasi tutti gli “azzurri” disertaronoper passare alla nuova organizzazione. ISempre pronti furono attivi sino al26.4.1923, quando il Gruppo nazionalistabolognese confluì nel Fascio a seguito dellafusione tra Associazione nazionalista ePNF. [O]BI B L I O G R A F I A. C. Valente, La ribellione anti-socialista di Bologna; R. Ronzio, La fusionedel Nazionalismo con il Fascio, Milano,Mondadori, 1925, pp.254 (Ristampato nel1943); D. Zanetti, L’anima nella bufera; F.Gaeta, La stampa nazionalista, Bologna,

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Cappelli, 1965, pp.593; N.S. Onofri, Lagrande guerra nella città rossa; R. Molinelli,Per una storia del nazionalismo italiano,Urbino, Argalia, 1966, pp.207; N.S. Ono-fri, La strage di palazzo d’Accursio; F. Gae-ta, Il nazionalismo italiano, Bari, Laterza,1981, pp.303.

Servizio informazione militare, (SIM). Erail servizio informazione militare dell’exregio esercito. In molte brg fu istituito ilSIM con il compito di raccogliere informa-zioni e anche di indagare sull’attività politi-ca svolta dai militanti delle brgg. L’esercitodella Repubblica oggi ha un servizio analo-go, ma con diversa denominazione.

Servizio sanitario partigiano. Nei ventimesi della lotta di liberazione numerosipartigiani ammalati o feriti furono ricove-rati sotto falso nome in ospedali pubblici, icui dirigenti collaboravano con il CLN. Iprincipali centri di ricovero furono l’Ospe-dale ortopedico militare Putti (attiguo alRizzoli), l’Ospedale militare Marconi (alle-stito nei locali della scuola di via LauraBassi, a Bologna), l’Ospedale S. Orsola el’Ospedale consorziale di Bentivoglio. Inalcune abitazioni private furono allestiteinfermerie clandestine, mentre qualchebrg, come la 36a Bianconcini Garibaldi,organizzò autonomi servizi sanitari.Responsabile del servizio sanitario delCUMER e coordinatore d’ogni attività fu ilmedico Giuseppe Beltrame* “Pino”.Lunghissimo è l’elenco dei medici e deglistudenti di medicina - molti dei quali cadu-ti - che prestarono la loro opera per il ser-vizio sanitario partigiano. La più grossastruttura sanitaria - un vero e proprio ospe-dale in miniatura - fu allestita in localitàRavone, in via Duca d’Aosta 77 (oggi via A.Costa). In una palazzina (demolita e intera-mente rifatta nel dopoguerra) fu sistematauna sala operatoria con medici e infermie-ri. La maggior parte delle attrezzature e deimedicinali era stata fornita da OscarScaglietti*, direttore del Putti. Oltre aBeltrame, i medici erano un non meglioidentificato Vincenzi e un ufficiale austria-

co che aveva disertato dalla Luftwaffe, l’a-viazione tedesca. Gli infermieri eranoCesare Barilli* e Bruno Nadalini* dipen-denti dell’istituto psichiatrico Roncati, e leoperaie Ada Pasi* e Stella Tozzi*. Ha scrit-to Beltrame: «Severe e precise disposizionivennero impartite per mantenere il piùpossibile segreta la vita del piccolo ospeda-le clandestino, per non destare pur minimisospetti nella zona e per assicurare i neces-sari rifornimenti senza turbare il funziona-mento delle attività sanitarie. La villettadoveva sembrare disabitata. Per questo lefinestre dovevano rimanere permanente-mente chiuse. Tutti i movimenti dall’ester-no dovevano effettuarsi all’imbrunire, nelleore che precedevano il coprifuoco». I con-tatti con l’esterno erano assicurati da PietroVassura*. Dopo avere funzionato a ritmoridotto per tutta l’estate 1944, l’infermeriasi affollò di feriti gravi all’indomani dellebattaglie di Porta Lame del 7.11 e dellaBolognina del 15.11. Ai primi di dicembre,quando la maggior parte dei feriti era in viadi guarigione, il CUMER decise di abban-donare lo stabile per motivi di sicurezza. Il9.12.1944 - uno o due giorni prima dellosgombero - i fascisti circondarono la palaz-zina. Catturarono 14 partigiani degenti -solo uno riuscì a fuggire da una finestra - el’ufficiale austriaco. L’infermeria era statascoperta a seguito della delazione di unapartigiana - di nome Veronica - curata nel-l’estate e quindi passata al nemico. Tra-sportati nella caserma delle brigate nere invia Magarotti (oggi via dei Bersaglieri), i 14 partigiani furono seviziati e fucilati il13.12 al poligono di tiro, unitamente almedico austriaco. I caduti sono: ArrigoBrini*, Giancarlo Canella*, Franco DalRio*, Settimo Dal Rio*, Ardilio Fiorini*,Gian Luigi Lazzari*, Rossano Mazza*,Lino Panzarini*, Enrico Raimondi*, Lu-ciano Roversi*, Riniero Turrini*, GiorgioZanichelli*, Nicolai un partigiano sovieti-co, un partigiano olandese, il medicoaustriaco. Questi i medici partigiani e glistudenti in medicina caduti durante laResistenza: Pietro Busacchi*, Carlo Mar-tinez Collado*, Francesco D’Agostino*,

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Enea Macentelli*, Renato Moretti* (stu-dente), Giovanni Battista Palmieri* (stu-dente), Vittorio Patrignani*, Gilberto Re-mondini* (studente), Ferruccio Terzi*. [O]BI B L I O G R A F I A. “Umanità”, Numero unicodei medici partigiani in memoria dei lorocaduti, 28 luglio 1945; G.B. Facchini, A.Cucchi, A. Businco, In memoria dei medicie studenti in medicina caduti nella lotta diliberazione; G. Beltrame, Sanità, in Epopeapartigiana, pp.67-9; W. Ventura, Corsia d’o-spedale, in Epopea partigiana, p.96; G.Beltrame, I medici dei partigiani, in La bri-gata di “Pampurio”, 2° Quaderno de “Lalotta”, Bologna, 1963, pp.49-52; S.A.,Scoperta l’infermeria del “Ravone”, in Al diqua della Gengis Khan, pp.93-5; Anniver-sario (XXXI) dell’eccidio dei 14 combatten-ti della libertà ricoverati nell’infermeria par-tigiana; B. Campanelli, Nè paga nè quartie-re; G. Beltrame, Servizio sanitario nellaclandestinità, in “Resistenza oggi”, 1984,pp.40-3: Fontanaluccia: ospedale partigiano,a cura dell’ANPI di Castelfranco Emilia,ciclostilato sd. Testimonianza di G. Beltra-me (p.83) in RB 1.

Settimana. Periodico settimanale edito da“il Resto del Carlino”, uscito durante ilregime d’occupazione tedesco e la RSI. Lodiresse Giorgio Pini, direttore del quoti-diano. Aveva un formato tabloid e nel sot-totitolo si legge “Illustrato del ‘Resto delCarlino’”. Era ricco di foto e disegni. Ilprimo numero uscì il 19.2.1944-XXII,secondo la numerazione romana che indi-cava l’era fascista. L’ultimo, con il numero32, vide la luce il 23.9.1944. Dopo unlungo intervallo uscì un numero alla vigiliadella liberazione il 25.3.1945. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S. Onofri, I giornali bado-gliani e della RSI a Bologna (1943-1945),p.120.

Settimana rossa, La. Fu la più grande sol-levazione popolare avutasi in Italia dopol’Unificazione nazionale. Esplose per casonel 1914 e si spense dopo una settimana.Per quanto l’avessero auspicato da sempre,i partiti di sinistra - PSI e PRI in particola-

re, ma il discorso vale soprattutto per glianarchici - si dimostrarono impreparati adun simile evento rivoluzionario. La scintil-la, partita da Ancona, incendiò l’Emilia-Romagna, le Marche e la Toscana, lambì lealtre regioni, soprattutto al nord, ma noninfiammò la nazione. Il 7.6.1914 - festadello Statuto del regno - si tennero, comedi consueto, numerose manifestazioni uffi-ciali. Per lo stesso giorno PSI, PRI e anar-chici organizzarono una “Manifestazionenazionale contro le compagnie di discipli-na”. Queste compagnie erano reparti spe-ciali dell’esercito, regolati da una disciplinadurissima, nelle quali erano arruolati i“sovversivi”. Il governo non solo proibì lemanifestazioni pubbliche, ma vietò la pub-blicazione di un manifesto, così come fecesequestrare il periodico “La folla” diMilano, che lo aveva pubblicato. I provve-dimenti violavano la Costituzione che ilgoverno intendeva celebrare proprio inquel giorno. In più, il governo ordinò tuttauna serie d’arresti preventivi di “sovversi-vi”, per cui il clima politico divenne moltocaldo. Proibite nelle piazze, le manifesta-zioni furono consentite in luoghi chiusi. AdAncona ebbe luogo nel cortile della Villarossa, la sede del PRI. Tra gli altri parlaro-no Pietro Nenni del PRI e il leader deglianarchici Errico Malatesta. Al termine, iconvenuti non poterono defluire libera-mente dal cortile perché la strada era bloc-cata dalla polizia da entrambi i lati. Si ebbeuno scambio d’insulti tra le persone e leforze di polizia, perché queste ultime nonvolevano che i manifestanti sfollassero indirezione della città bensì della campagna,dove avrebbero dovuto disperdersi. Percause imprecisate - ma diranno di esserestati colpiti dal lancio di sassi - poliziotti ecarabinieri fecero fuoco. Bilancio: 3 mortie 4 feriti. Il governativo “Giornale d’Italia”scrisse che gli agenti avevano «sparatosenza necessità». Ad Ancona fu proclama-to lo sciopero generale. Analoga decisione,ma su scala nazionale, fu adottata da PSI eCGdL, subito seguiti da PRI, Federazioneanarchica e USI. I promotori non eranoconcordi perché la CGdL avrebbe voluto

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limitarlo a 2 giorni - il 9 e il 10 - mentre glialtri lo volevano a tempo indeterminato.Lo sciopero nazionale fu caratterizzato dagravissimi scontri tra lavoratori e forze dipolizia. Tragico il bilancio: 16 morti e 600feriti tra gli scioperanti; un commissariomorto e 400 feriti tra polizia e carabinieri.In Romagna e nelle Marche lo scioperonon cessò la sera del 10.6, ma si protrassesino al 12. In queste zone assunse un carat-tere rivoluzionario e insurrezionale e inmolti centri fu innalzato l’albero dellalibertà. Ad Ancona furono assalite alcunearmerie, dopo l’appello di Malatesta allarivoluzione. Ad Imola furono incendiate lastazione ferroviaria e la pretura; adAlfonsine (RA) la sede comunale, la chiesa,la stazione ferroviaria e la sede monarchica;a Fusignano (RA), Conselice (RA) e MassaLombarda (RA) le chiese e la sede monar-chica; a S. Agata sul Santerno (RA) la sedecomunale e la chiesa; a Castel Bolognese(RA), Rimini (FO) e Cesena (FO) le stazio-ni ferroviarie. A Fabriano (AN) e a Senigal-lia (AN) le chiese e le stazioni. Quasi ovun-que furono tagliati i fili del telegrafo ecostituiti “Comitati d’azione”. Il giorno 11Ravenna fu circondata da migliaia di lavo-ratori e rimase isolata. A Cervia (RA), ungenerale che stava ispezionando la costa,con 6 ufficiali, fu catturato dagli insorti etenuto prigioniero per 5 ore. Il giorno 11 losciopero cessò in Romagna e il 12 nelleMarche, quando ci si rese conto che la rivo-luzione non si era estesa al resto del paese.La “settimana rossa” rappresentò il mo-mento di massima unità tra i partiti di sini-stra, anche se un mese dopo - con lo scop-pio della prima guerra mondiale - si divise-ro nuovamente, essendo il PSI neutralista eil PRI interventista. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Lotti, La settimana rossa,Firenze, Le Monnier, 1972, pp.284.

Sezione francese internazionale operaia,(SFIO). Era ed è ancora oggi il partitosocialista della Francia, aderente all’Inter-nazionale socialista.

Sindacato ferrovieri italiani, (SFI). Fu uno

dei più combattivi sindacati di categorianel periodo prefascista. Rappresentavalarga parte della categoria ed era diretto dauna maggioranza socialista, alla quale sicontrapponeva una forte minoranza anar-co-sindacalista. Nel 1912, dopo la nascitadell’USI, si rese autonomo dalla nuova cen-trale sindacale anarchica e dalla CGdL. Gliorgani dirigenti avevano due sedi: a Torinosi trovavano il Comitato centrale e la reda-zione de “La tribuna dei ferrovieri” e aBologna, in via Marghera 1 (oggi via Ros-selli), l’amministrazione. Nel 1922 promos-se l’Alleanza del lavoro per dare vita ad ununico fronte operaio capace di sbarrare lastrada al fascismo. Dopo lo “sciopero lega-litario” dell’1-2.8.1922, proclamato dal-l’Alleanza, numerosi ferrovieri bolognesifurono licenziati con la formula dello«scarso rendimento di lavoro». Il 9.2.1925un decreto del prefetto di Bologna sciolselo SFI con il pretesto che «l’attività dell’ac-cennata organizzazione si è tramutata dalcampo sindacale sul terreno politico, conpropaganda e indirizzi contrari alle istitu-zioni e al governo, con conseguente perico-lo per l’ordine pubblico». [O]BI B L I O G R A F I A. A. Castrucci, Battaglie e vit-torie dei ferrovieri italiani, (Cenni storici dal1877 al 1944), Milano, La prora, 1945,pp.139; G. Brini, I ferrovieri sulle stradeferrate dell’Emilia-Romagna, Bologna,1979, 2 vol; I ferrovieri del compartimentodi Bologna nella lotta di liberazione, inBologna verso la libertà, pp.36-40; S.D’Onofrio, Libertà vo’ cercando. Bologna1890-1962. Storia dell’anarchico LorenzoGiusti ferroviere e assessore nel comunesocialista di Bologna; Il Sindacato ferrovieriitaliani dalle origini al fascismo, a cura diM. Antonioli e G. Checcozzo, Milano,1994, pp.345.

Sindacato libero dei lavoratori confederalidi Molinella. Dopo lo scioglimento di tuttele organizzazioni sindacali, da parte delgoverno fascista, all’inizio del 1926, i lavo-ratori antifascisti del molinellese diederovita al Sindacato libero dei lavoratori con-federali di Molinella. Fu promosso da 4

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braccianti socialisti: Ettore Bagni (a volteconfuso con Gaetano Bagni*), GiuseppeBolognesi*, Erminio Minghetti* ed EttoreStagni*. Il nuovo sindacato, che avrebbedovuto rappresentare i lavoratori nelle trat-tative con le associazioni padronali agrarie,il 29.6.1926 fu sciolto con un decreto delprefetto. Era la più grossa organizzazionesindacale di Molinella avendo 1.000 iscrit-ti, di cui 539 uomini e 461 donne. [O]

Soccorso rosso internazionale. Quest’or-ganizzazione, emanazione diretta delComintern sovietico, fu istituita nel 1922 -su iniziativa dell’Associazione dei vecchibolscevichi - per prestare soccorso allefamiglie delle vittime della reazione fascistain Polonia. Nel dicembre 1922 il IVCongresso internazionale comunista la resepermanente ed estese la sua assistenza allevittime del fascismo europeo. In particola-re il Soccorso rosso operò in Austria nel1934, dopo il tentativo autoritario diEngelbert Dollfuss, e nel 1935 in Spagnadopo la repressione dello sciopero nelleAsturie. Negli stessi anni in Francia operò,con lo stesso fine e, forse, in contatto conSoccorso rosso, il Comitato per la difesadelle vittime del fascismo. A sua volta ilPCI istituì in Francia i Patronati per l’aiutoalle vittime del fascismo. In Italia ilSoccorso rosso promosse, in forma clande-stina, raccolte di fondi a favore dei prigio-nieri politici. Nel 1923 Anselmo Marabini*fu nominato segretario nazionale. Non si saper quanto tempo operò. Nel 1927 aBologna uno dei responsabili - con il nomedi battaglia Orfeo Orfei - era Ivo Pazza-glia*. Il Soccorso rosso internazionale andòin crisi quando Hitler e Stalin si allearononel 1939 e non si riprese dopo l’aggressio-ne nazista all’URSS. [O]BI B L I O G R A F I A. V. Vidali, Comandante Carlos,Milano, Editori riuniti, 1983, p.144; TinaModotti fotografa e rivoluzionaria, a cura diV. Vidali, London, Milano, 1979, pp.48; T.Modotti, Una vita nella storia, Udine, 1995,pp.153; E. Poniatowska, Tinissima. La vitadi Tina Modotti, fotografa e rivoluzionaria,Milano, Frassinelli, 1997, pp.415.

Società operaia di Bologna. Il 2.4.1860,promossa da un gruppo di patrizi e bor-ghesi illuminati, fu istituita a Bologna laSocietà operaia con lo scopo di favorire «laFratellanza e il Mutuo soccorso» tra i lavo-ratori e «promuovere l’istruzione, la mora-lità, il benessere affinché possano felice-mente cooperare al pubblico bene».L’Operaia accentuò il suo impegno socialequando, nel 1866, la presidenza fu assuntada Quirico Filopanti, mentre in consiglioentrarono molti esponenti mazziniani. Fuintensificata l’attività previdenziale delmutuo soccorso, quell’economica con lacostituzione di cooperative e quella moralecon l’organizzazione di corsi d’istruzione.L’ente subì una svolta radicale quando, il15.4.1883, il socialista Enrico Forlai fu elet-to presidente. Dal concetto della solidarie-tà di classe si passò a quello della lotta diclasse. La Società operaia si fece promotri-ce di leghe sindacali e nel 1893 della CdL.Al suo interno, ma con autonomia operati-va, fu istituita la Società operaia femminilecon il compito di affrontare i problemidelle lavoratrici. Ha scritto Mario Maragi,lo storico della Società, che «Dal 1860 finoall’avvento del fascismo la Società è statauna componente spesso determinante dellastoria locale». E ancora: «Non vi è campoin cui abbia avuto senso “pensare” e“agire” per il miglioramento e per l’eman-cipazione popolare che non registri la pre-senza attiva, spesso precorritrice in formeaddirittura pionieristiche, della SocietàOperaia». Non soppressa dal fascismo, haripreso ad operare dopo il 1945, ma in uncontesto sociale del tutto diverso da quellonel quale era nata. [O]B I B L I O G R A F I A . La Società operaia diBologna nel 1883, Relazione del presidenteEnrico Forlai, Bologna, 1884, pp.24; LaSocietà operaia maschile di Bologna nel 50°anniversario della fondazione, Bologna,1911, pp.110; M. Maragi, Storia dellaSocietà operaia di Bologna, Imola, 1970,pp.413; F. Tarozzi, La Società operaia diBologna: dal mutuo soccorso alla “resisten-za”, in “Bollettino del Museo del Risorgi-mento”, 1975-77; N.S. Onofri, 1892: il

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PSI a Bologna. Origine e nascita del movi-mento socialista.

Sorgente, La. La sezione del PPI bologne-se nel 1924 chiese alla curia il permesso diinserire una pagina di cronaca cittadina ne“L’Italia” di Milano. “L’Avvenire d’Italia”di Bologna era controllato dai clerico-fasci-sti, mentre il quotidiano cattolico milaneseaveva un netto orientamento antifascista.Poiché la risposta fu negativa, i cattoliciantifascisti promossero il settimanale “LaSorgente”, diretto da Carlo Strazziari. Tra ipromotori vanno ricordati Fulvio Milani*,Vincenzo Gotti*, Raffaele Ottani* eGiovanni Moruzzi. La supervisione dellaparte religiosa fu affidata a mons. EmilioFaggioli*, parroco di S. Giovanni inMonte, noto per il suo impegno antifasci-sta. Il periodico fu soppresso nel novembre1926, ultimo dei giornali antifascisti bolo-gnesi ad ammainare la bandiera della liber-tà. Riprese le pubblicazioni il 2.5.1945,sempre diretto da Strazziari, con il sottoti-tolo “Settimanale della DemocraziaCristiana”. Le cessò il 25.10.1945. [O]BI B L I O G R A F I A. N.S. Onofri, I giornali bolo-gnesi nel ventennio fascista; G. Venturi,Bologna, in Il partito popolare in Emilia-Romagna (1919-1926), pp.185-232.

Sorgiamo!. Il 17.1.1920 gli anarchici diRimini fondarono il periodico “Sorgia-mo!”, che aveva il sottotitolo “Settimanaledell’Unione Anarchica Emiliano-Roma-gnola”. Il 15.5.1920 fu trasferito a Imola ela direzione assunta da Domenico DiegoGuadagnini*, uno dei massimi dirigenti delmovimento anarchico della regione, che lofirmava come redattore responsabile. Dal17.7.1920, pur restando Guadagnini diret-tore, la gerenza fu assunta da AmilcareGamberini*. L’1.1.1921 mutò il sottotitoloin “Settimanale a cura dei gruppi anarchicidi Imola e Circondario”. In quell’anno fece36 numeri. Il 14.1.1922 cambiò periodicitàe sottotitolo, “Quindicinale degli Anar-chici imolesi”, e divenne gerente GiuseppeTonini*. Guadagnini e i redattori furonoperseguitati dai fascisti e, dopo la “marcia

su Roma”, il giornale fu costretto a cessarele pubblicazioni per alcune settimane. Il27.1.1923 uscì l’ultimo numero. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Mambelli, Il giornalismoin Romagna. Rassegna di tutta la stampaquotidiana e periodica dalle origini a oggi,Forlì, 1966, pp.XII+438; M. Casarini, Ilproblema operaio in “Sorgiamo” settimanaledell’Unione anarchica emiliano romagnola(1920/23), in “Volontà”, n.4, 1978, pp.260-70. I rapporti della polizia sul giornale so-no in ACS, PS, Cat.F1, 1894-1926, b. 5,fas.12-20.

Squadre d’azione patriottica (SAP). Nel-l’estate 1944 le brg Garibaldi dell’Emiliaistituirono, nelle città e nelle campagne,delle squadre speciali armate per coinvol-gere nella lotta cittadini non inquadratinelle brg e per trasformare la lotta antifa-scista in lotta di popolo. Questi patrioti -chiamati SAP o sappisti, perché militavanonelle Squadre d’azione patriottica - aveva-no il compito di sabotare la produzionebellica nelle fabbriche e di difendere il rac-colto e il bestiame nelle campagne. Eranoformate da operai e contadini che ufficial-mente risultavano regolarmente al lavoro,ma che agivano secondo le direttive delCLN e che si tenevano pronti per insorge-re in armi al momento opportuno.Dall’Emilia l’esperienza si allargò ad altreregioni. [O]

Squilla, La. Dopo avere avuto altri periodici- tra i quali “Il Risveglio” e “L’Amico delpovero” - l’1.5.1901 la federazione bologne-se del PSI pubblicò un numero saggio de“La Squilla”. Era stato curato da UgoLenzi*, Genuzio Bentini*, Tullio Murri e daun non meglio identificato Tamburini.Avendo avuto una buona accoglienza,dall’11.5 il giornale cominciò ad uscire concadenza settimanale. La tiratura di millecopie passò a 4.800 a fine anno. In occasionedei congressi nazionali, delle elezioni politi-che o di processi importanti, uscì con perio-dicità quotidiana. È sempre stato l’organoufficiale del socialismo bolognese e, per uncerto periodo di tempo, anche della CCdL e

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della Federazione lavoratori della terra.Uscito regolarmente anche negli anni dellaprima guerra mondiale - con le colonnespesso imbiancate dalla censura - dovettesospendere le pubblicazioni il 24.1.1921,quando i fascisti incendiarono lo stabile divia d’Azeglio 43, dove avevano sede laredazione, la federazione del PSI e laCCdL. Le riprese quasi subito e, nonostan-te la violenza fascista, uscì sino al gennaio1923. Riapparve nel marzo 1924, in occa-sione delle elezioni politiche, sia pure con ilnuovo titolo “La Squilla socialista”. Nono-stante i sequestri e le persecuzioni fasciste,uscì sicuramente sino al 9.8.1924, perchédi questo numero esiste una copia. Secon-do altra versione sarebbe uscito sino al17.1.1925. Rivide la luce durante la lotta diliberazione, il 14.4.1945, con il sottotitolo“Organo della Federazione ProvincialeBolognese del Partito Socialista di U.P.”.Fece un solo numero. Redatto da RenatoTega*, fu stampato nella tipografia clande-stina del PSIUP in via Mazzini 23 aBologna. Il 30.5.1945 riprese le pubblica-zioni come settimanale e, con questa perio-dicità, è uscito sino al dicembre 1965. Daallora esce con periodicità irregolare e fameno di dieci numeri l’anno. [O]BI B L I O G R A F I A. 27 puntate di una storia noncompleta del giornale sono apparse su “LaSquilla” dal n.50 del 24.12.1953 al n.27dell’8.7.1954. Le prime 23 sono di V.M.(Vittorio Mussita) e le ultime, anonime, diC.M. Badini. N.S. Onofri, I socialisti bolo-gnesi nella Resistenza; L. Arbizzani, N.S.Onofri, I giornali bolognesi della Resistenza;M. Poli, Per una storia de “La Squilla”, in “ilCarrobbio”, anno X, 1984, p.216; N.S.Onofri, Nacque nel 1901 “La Squilla”, la“voce” del PSI bolognese, in Cento anni distampa socialista nella bassa padania, 1889-1989, a cura di M. Pecoraro, Venezia.Marsilio, 1989, pp.137-148. Per “La Squil-la” clandestina cfr.: Testimonianze di C.Govi (p.60), A. Zama (p.71), J. Grazia(p.74), G. Zappoli (p.111) in RB 3. I testi delgiornale sono in RB2 da p.1.031 a p.1.049. Irapporti della polizia sul giornale sono inACS, PS, Cat.F1, 1894-1926, b. 6, fas.12-21.

SS italiane. Durante la RSI furono costitui-ti reparti di SS formati da militari italiani.Comandati da ufficiali delle SS tedesche,questi reparti furono inquadrati nellaWehrmacht, l’esercito regolare tedesco, enelle forze armate della RSI. La maggiorparte dei membri delle SS italiane eranoaltoatesini di lingua tedesca. Questi repartinon giuravano fedeltà alla RSI, ma a Hitler,come le SS tedesche. Più mercenari e colla-borazionisti di così non avrebbero potutoessere. Le SS italiane furono impiegatequasi esclusivamente nella campagna direpressione antipartigiana. Si resero re-sponsabili d’orrendi massacri. [O]BI B L I O G R A F I A. R. Lazzero, Le SS italiane,Milano, Rizzoli, 1982, pp.393; F. Duprat,Storia delle SS, Milano, Ritter, 1998, pp.459;E. Zucconi, SS italiane, Pinerolo, NovAn-tico; S. Corbatti, M. Nava, Sentire, Pensare,Volere, Storia della Legione SS italiana,Milano, Ritter, 2001, pp.423; M. Afiero, Ivolontari stranieri di Hitler, Milano, Ritter,2001, pp.408 (Da p.175 a 185 il capitolo Ivolontari italiani); P. de Lazzari, Le SS italia-ne, Milano, Teti, 2002, pp.230.

SS tedesche. Sono comunemente chiamateSS le Schutz staffeln, letteralmente Squa-dre di protezione. All’inizio degli anniVenti, quando Hitler fondò il Partitonazionalsocialista tedesco dei lavoratori, leSS erano un reparto di polizia all’internodella SA (Sturmabteilung, cioè reparti d’as-salto) la vera milizia armata del partito.All’inizio le SS erano la guardia personaledi Hitler. Sotto il comando di HeinrichHimmler, divennero uno strumento dimorte per tutti i nemici del nazismo, acominciare dai capi delle SA, uccisi nelcorso della “notte dei lunghi coltelli”.Divenute “uno stato nello stato”, le SSorganizzarono i lager di sterminio perinternare gli avversari politici del nazismo egli ebrei. Dopo l’inizio del conflitto - alquale parteciparono con divisioni corazza-te molto efficienti - le SS assunsero laresponsabilità dell’ordine pubblico in tuttii paesi occupati e diressero la campagnamilitare contro i movimenti di liberazione.

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Tutte le peggiori stragi di civili nei paesieuropei occupati furono opera delle SS.Per la repressione antipartigiana le SSorganizzarono gli Einsatzgruppen, gruppimilitari specializzati nell’opera di stermi-nio, e le SD un reparto con speciali compi-ti di pubblica sicurezza, simili a quelli dellaGestapo. Il Tribunale internazionale diNorimberga sentenziò che le SS erano uncorpo militare criminale. A Bologna le SS siresero responsabili di numerosi efferatieccidi come quelli di Marzabotto, Cà diBerna (Lizzano in Belvedere), Casalecchiodi Reno, Casteldebole (Bologna), Savi-gnano (Grizzana Morandi). Numerosi ipartigiani e i cittadini inermi fucilati dalleSD del comando di Bologna. [O]BI B L I O G R A F I A . P. Neumann, SS, Milano,Sugar, 1960, pp.371; G. Reitlinger, Storiadelle SS, Milano, Sugar, 1965, pp.609; Diaridi guerra delle SS, Milano, Mondadori,1966, pp.219; R. Schnabel, Il disonore del-l’uomo. Documenti sulle SS, Milano, Lerici,1966, pp.357; J. Bogatsvo, Come torturava-no le SS, Milano, De Vecchi, 1970, pp.211;H.V. Dicks, La libertà di uccidere. Studiosocio-psicologico sulla criminalità delle SS,Milano, Rizzoli, 1975, pp.335; H. Lau-demer, Le Waffen SS, Roma, Ciarrapico,1976, p.384; H. Hohne, L’ordine nero. Lastoria delle SS, Milano, Garzanti, 1976,pp.357; R. Lumsden, La vera storia delle SS,Roma, Newton & Compton, 1997, pp.348.

Stato operaio, Lo. Fu la rivista ideologicafondata da Palmiro Togliatti il 16.8.1923 esoppressa nel giugno 1925 dal fascismo.Rivide la luce nel marzo 1927 a Parigi(Francia) con il sottotitolo di “Rassegna dipolitica proletaria”. Soppressa nel 1939 dalgoverno francese, tornò ad uscire nelmarzo 1940 a New York (USA) e cessò lepubblicazioni nel dicembre 1943, quandorientrarono in Italia gli esponenti del PCIrifugiatisi in USA. [O]BI B L I O G R A F I A. Lo Stato operaio, 1927-1939,a cura di F. Ferri, Roma, Editori riuniti,1964, 2 volumi.

Suore, Eccidio di. In data imprecisata, ma

quasi certamente nel novembre 1944, inlocalità Suore di Mongardino (SassoMarconi), i tedeschi fucilarono 6 persone,inumate in 2 fosse comuni. Non si conosco-no le ragioni dell’eccidio. Del tutto casual-mente, il 23.4.1946 alcuni residenti notaro-no le due fosse, dalle quali furono ricupera-ti i resti di 6 persone. Furono identificatiVincenzo Lesi* e il figlio Mario*, residenti aSasso Marconi. Erano mendicanti, uno deiquali, il padre, cieco. I resti delle altre 4 per-sone sono rimasti senza nome. [O]

Susano, Eccidio di. Il 24.10.1944 - mentreera in atto l’avanzata degli alleati nell’AltaValle del Reno, che da Porretta Terme sta-vano scendendo verso Bologna - i tedeschicatturarono 10 persone in località Susano(Vergato), lungo la strada Vergato-Cereglio. Tra i fermati vi erano alcuni par-tigiani. Per ragioni che non si conoscono -in quei giorni non si erano avuti attacchipartigiani nella zona - vennero fucilate. Nelluogo dell’eccidio - da non confondere conquello avvenuto il 13.12.1944 a Boschi, giàBoschi di Susano (Vergato), una localitàpoco distante - è stato eretto un cippo coni nomi delle vittime: Marino Cori*, Augu-sto Danieli*, Sante Lanzarini*, Ugo Len-zi*, Antonio Melchioni*, Federico Pedri-ni*, Fedele Rondelli*, Giorgio Rondelli*,Lucia Rondelli* e Luigi Rondelli*. [O]

T

Tempi nuovi. Nel 1942 a Bologna, per ini-ziativa di Paolo Fortunati* e di alcunidocenti e studenti, sorse il GruppoIntellettuali “A. Labriola”, del quale feceroparte intellettuali comunisti ed ex fascistidi sinistra passati al PCI. Come ha scrittoGiorgio Fanti, si trattò di «una anomalia,di più, di un caso isolato e contro correntenon solo in Italia ma nell’insieme dei PCdella III Internazionale», perché eraimpensabile un’organizzazione autonoma

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degli intellettuali all’interno del PCI. Du-rante la lotta di liberazione curò la pubbli-cazione di 2 numeri del giornale “Tempinuovi”. Stampato in tipografia, aveva il sot-totitolo “Periodico del Gruppo Intellet-tuali ‘Antonio Labriola’”. Il primo uscì nelluglio 1944 e il secondo nel marzo 1945. Viscrissero Renato Cenerini*, Arsilio Colom-bini* detto Ersilio, Paolo Fortunati*, Ro-berto Mazzetti, Giulio Tavernari*, GiorgioVecchietti*. Riprese le pubblicazioni dopola Liberazione, diretto da Corrado Bondi, efece 8 numeri, l’ultimo dei quali uscì nelmarzo 1946. Il Gruppo Labriola e il perio-dico furono soppressi dal PCI, come hascritto Fanti, perché «Si volle deliberata-mente colpire un tentativo generoso diprodurre l’incontro e l’integrazione dellacultura e del mondo del lavoro» [O]B I B L I O G R A F I A . G. Fanti, Gli anni delGruppo Labriola, in “Emilia”, n.8-9, 1955;L. Arbizzani, N.S. Onofri, I giornali bolo-gnesi della Resistenza, pp.267-76; P.Fortunati, Il gruppo “Labriola”, in Crisidella cultura e dialettica delle idee, pp.411-22; “Tempi Nuovi”, periodico del Gruppointellettuali Antonio Labriola, 1944-1946;G. Fanti, I distintivi all’occhiello: le disav-venture di un sopravvissuto a due ideologie.Testimonianza di P. Fortunati (pp.310-29)in RBI. I testi sono in RB2 da p.761 a p.797e nel saggio di Fanti del 1997.

Tombe di Masummatico, Eccidio di. Ve-di: Valle delle Tombe di Massumatico, Ec-cidio di

Trebbo di Reno, Scontro di. Nel pomerig-gio del 27.11.1922 a Trebbo di Reno (Ca-stel Maggiore), alcuni militanti socialisti ecomunisti, mentre stavano vendendo ilgiornale “L’Avanguardia”, si scontraronocon un gruppo di fascisti davanti e dentroun’osteria. Restarono feriti i fascistiErnesto Cesari, Camillo Canè, GuidoVecchi e Marcello Tolomelli. Il Cesari morìun mese dopo. I carabinieri arrestaronouna ventina di militanti socialisti e comuni-sti, dei quali si conoscono i nomi di 17:Amleto Bonazzi*, Umberto Bonazzi*,

Vittorio Chiapparini*, Amedeo Fantoni*,Elio Fantoni*, Mario Fantoni*, VincenzoFerrari*, Armando Gruppioni*, VincenzoLollini*, Pietro Mazzanti*, Duilio Mon-tanari*, Ivo Montanari*, Guido Nuzzi*,Duilio Tarozzi*, Romeo Venturi*, OlivieroZanardi* e Pompeo Zanardi*. Solo cinquefurono rinviati a giudizio e gli altri pro-sciolti in istruttoria e scarcerati dopo unlungo periodo di detenzione. Il 23.7.1923,per rispondere d’omicidio, 2 mancati omi-cidi e lesioni gravi, furono processati incorte d’assise Amedeo Fantoni, DuilioMontanari, Guido Nuzzi e Oliviero Zanar-di. Il 26.7 Fantoni fu condannato a 8 anni,10 mesi e 28 giorni; Zanardi a 6 anni, 6mesi e 6 giorni; Montanari e Nuzzi a 2anni, 11 mesi e 6 giorni. Il 27 Mazzanti fuprocessato separatamente, perché contu-mace, e condannato a 4 anni, 8 mesi e 24giorni (Corte d’Assise di Bologna. 1922-1923, p.229). Il processo ebbe un seguitodi sangue. Tre dei quattro condannati furo-no uccisi dai fascisti quando, scontata lapena, uscirono dal carcere. Nel 1924 Nuzzifu ferito a colpi di pistola e morì qualchetempo dopo. Nel 1925 fu ucciso Zanardi enel 1926 Fantoni. I tre delitti rimaseroimpuniti. [O]

Tribunale italiano straordinario. Il 3.1.1944un manifesto bilingue annunciò che ilTribunale italiano straordinario di Bolognaaveva condannato a morte i partigiani Emi-liano Marx e Amerigo Donattini. (Recte:Max Emiliani* e Amerigo Donatini*).Cosafosse esattamente questo tribunale non sisa, né si conosce la sua composizione.Sicuramente la pubblica accusa era rappre-sentata da Giovanni Battista Cosimini, ilquale sosterrà la stessa funzione nelTribunale militare di guerra, quando saràcostituito o chiamato a funzionare, senzaessere stato costituito ufficialmente. È pro-babile che questo tribunale sia stato ilTribunale straordinario provinciale istitui-to l’11.11.1943. [O]

Tribunale militare di guerra. Il 26.1.1944 ipartigiani Ermanno Galeotti*, Bruno

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Pasquali* e Remigio Venturoli* giustiziaro-no Eugenio Facchini, segretario provincia-le del PFR di Bologna. Il 28.1 “il Resto delCarlino” scrisse che nella notte si era riuni-to il Tribunale straordinario militare. Il 29il giornale pubblicò un comunicato ufficia-le che così iniziava: «Convocato dalComando militare regionale si è riunitonella notte di giovedì il Tribunale militaredi guerra». Il 10.11.1943 il governo dellaRSI aveva istituito i Tribunali militari terri-toriali che avevano il compito di giudicare,in base al codice di guerra, reati connessialle cose militari. Questo tribunale aBologna era presieduto dal gen. CesareCorvino. Procuratore militare era il col.Giuseppe Gasperini. Questi ufficiali furo-no in seguito avvicendati. Cosa fosse ilComando militare regionale - di cui scrisseil giornale - non si sa anche se, quasi certa-mente, era quello della GNR, una delletante milizie della RSI. Sicuramente nondipendeva dall’esercito della RSI. Negliultimi tempi della RSI questi tribunalifurono gestiti direttamente dal capo dellaprovincia, com’era chiamato allora il pre-fetto. Il tribunale che operò il 28 gennaioera presieduto dal generale della GNRIvan Doro e composto dai tenenti colon-nelli Roberto Morelli e Umberto Petron-cini. L’avvocato Giovanni Battista Cosiminifu il pubblico accusatore. Furono proces-sate 10 persone, - 5 delle quali detenute nelcarcere di S. Giovanni in Monte (Bologna)e le altre nella Rocca di Imola - con la gene-rica accusa di antifascismo. Al termine delprocedimento - svoltosi in assenza degliimputati e degli avvocati difensori - fuemessa questa sentenza: «Per avere dal 25luglio 1943 in poi, in territorio delComando militare regionale, con scritti econ parole, con particolari atteggiamenticonsapevoli e volontarie omissioni e conatti idonei ad eccitare gli animi, alimentatodi conseguenza l’atmosfera del disordine edella rivolta e determinato gli autori mate-riali dell’omicidio a compiere il delitto alloscopo di sopprimere nella persona delCaduto il difensore della causa che si com-batte per l’indipendenza e l’unità della

patria». La sentenza rispecchiava le diretti-ve contenute nell’ordine scritto che Ales-sandro Pavolini, segretario nazionale delPFR, aveva inviato l’8.11.1943 ai segretariprovinciali del PFR. Diceva: «Ordino allesquadre di Partito, sulla responsabilità deidirigenti Federali e d’intesa coi Capi delleProvincie, di procedere all’immediato arre-sto degli esecutori materiali o dei mandan-ti morali degli assassini di fascisti repubbli-cani ogni volta che l’uccisione si verifichi.Previo giudizio dei Tribunali straordinari(previsti dalle leggi speciali del tempo diguerra) che dovranno entro 24 ore esserenominati sul posto e giudicare detti esecu-tori o mandanti, siano passati per le armidalle squadre. Per i mandanti morali inten-do i nemici dell’Italia e del Fascismo re-sponsabili dell’avvelenamento delle animee delle connivenze con l’invasore. Il fasci-smo repubblicano non fa rappresaglie, magiustizia e soffocherà con energia ogni cri-minoso attentato di guerriglia civile daparte degli emissari del nemico». Furonocondannati a morte: Alfredo Bartolini*,Romeo Bartolini*, Alessandro Biancon-cini*, Silvio Bonfigli*, Cesare Budini*,Ezio Cesarini*, Francesco D’Agostino*,Zosimo Marinelli* e Luigi Missoni*. SanteContoli ebbe una condanna a 30 anni.Vennero fucilati al Poligono di tiro diBologna il 27.1.1944, meno Missoni, la cuicondanna fu commutata in 30 anni.Missoni perse la vita il 17.12.1944 nel car-cere di Castelfranco Emilia (MO), duranteun bombardamento aereo. Consoli fudeportato a Mauthausen (Austria) e quimorì nell’aprile 1945. I bolognesi eranostati scelti da Franz Pagliani (il quale diràin seguito che la scelta era stata fatta dalvice federale Pietro Torri a sua insaputa) epare anche da Enrico Cacciari. La sceltadegli imolesi fu fatta dal gruppo che diri-geva il PFR. Il 7.1.1947 Ivan Doro fu pro-cessato a Bologna e amnistiato «in quantocomandato dal suo superiore generaleMagaldi» a presiedere il tribunale. Paglianiil 19.3.1948, a Perugia, fu condannato a 24anni di reclusione e amnistiato. Nei ventimesi dell’occupazione nazista, a Bologna

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operò anche il Tribunale straordinario diguerra non si sa quando e come insediato.“il Resto del Carlino il 31.3.1944 pubblicòuna nota nella quale si affermava che que-sto tribunale aveva condannato a morte 10«sbandati e renitenti». Il 12.5 un altrocomunicato annunciò la condanna a mortedi 10 persone. Il 19.9.1944 il gruppo diri-gente del PdA fu processato dal Tribunalemilitare di guerra straordinario. Otto parti-giani furono condannati a morte e fucilati egli altri a pene detentive da scontare neilager nazisti. [O]

Tribunale speciale per la difesa delloStato. Fu istituito con la legge speciale del26.11.1926, n.2.008. Dipendeva dallaMVSN e giudicava i reati politici, per cuigli antifascisti furono sottratti al loro giudi-ce naturale. A differenza dei tribunali nor-mali, poteva erogare la pena di morte. Eracomposto da un presidente, scelto tra uffi-ciali delle tre armi e della MVSN, da 5 giu-dici scelti tra i consoli della MVSN e da unrelatore proveniente dalla magistraturamilitare. Questa giurisdizione speciale fuampliata e perfezionata dal Codice penalefascista nel 1931. Con legge 28.7.1939 il tri-bunale divenne competente per i reati«penali in materia di scambi, di valute e dicommercio dell’oro». Dopo lo scoppiodella guerra, con legge 16.6.1940, n.582,furono aggravate le pene «riguardo ai delit-ti commessi profittando delle circostanzedipendenti dallo stato di guerra». Con leleggi 27.12.1940, n.1.715, e 8.7.1941,n.645, divennero di competenza del tribu-nale i reati relativi «all’approvvigionamen-to, al commercio e consumo delle merci.»Anche se sarebbe dovuto restare in carica 5anni, operò sino al 25.7.1943. Fu soppres-so con uno dei primi provvedimenti del go-verno Badoglio, dopo il 25.7.1943. Duran-te la dittatura al Tribunale speciale furonodeferiti 12.192 antifascisti, dei quali 5.619processati e condannati. A Bologna furonodenunciati 734 antifascisti, 384 dei qualicondannati. Durante la RSI fu ricostituitoil Tribunale speciale per la difesa dellostato con decreto n.794 del 3.12.1943,

pubblicato su la “Gazzetta ufficiale” n.295del 20.12.1943. Fu presieduto da MarioGriffini console della MVSN. Con decreton.49 del 13.1.1944 fu istituita la sezione diBologna competente per l’Emilia. Non siconosce, per Bologna, il numero dei pro-cessi e dei condannati nel periodo dellaRSI. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Tringali Casanuova, Tri-bunale speciale per la difesa dello stato, inPanorami di realizzazioni del fascismo,Roma, 1942, vol.VIII, pp.35-6; A. Loren-zetto, Come nacque il Tribunale speciale perla difesa dello Stato, in “Il Ponte”, n.12,1950, pp.1.556-1.564; C. Rossi, Il Tribunalespeciale, Milano, Ceschina, 1952, pp.395;A. Dal Pont, A. Leonetti, P. Mavello, L.Zocchi, Aula IV, Tutti i processi delTribunale speciale a cura dell’ANPPIA,Roma, 1961, pp.632; G. Chiarini, Il prole-tariato rivoluzionario bolognese nelle crona-che del Tribunale speciale, in Momenti del-l’antifascismo bolognese, Quaderno n.7 de“La lotta”, 1967; A. Dal Pont, S. Carolini,L’Italia dissidente e antifascista. Le ordinan-ze, le sentenze istruttorie e le sentenze incamera di consiglio emesse dal Tribunalespeciale fascista contro gli imputati di antifa-scismo dall’anno 1927 al 1943, Roma, LaPietra, 1980, 3 volumi per complessivepp.1.474; Italia. Ministero della difesa.Stato maggiore dell’esercito. Ufficio stori-co, Tribunale speciale per la difesa dellostato. Decisioni emesse..., (sono 17 volumicon le sentenze pronunciate dal 1927 al1943); Nel ‘70°, anniversario dell’istituzio-ne del Tribunale speciale, a cura di L.Casali, Bologna, Patron, 1998, pp.71.

Tribunale straordinario provinciale. Il26.10.1943 il governo di Salò annunciò chesarebbe stato istituito il Tribunale straordi-nario provinciale, che avrebbe dovuto esse-re un organismo diverso dalla sezione re-gionale del Tribunale speciale per la difesadello stato. Quando insediò il governodella RSI alla Rocca delle Camminate,Mussolini disse che non avrebbe consenti-to «repressioni generiche» contro gli italia-ni, ma che «severe sanzioni» sarebbero sta-

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te inflitte agli iscritti al PNF che «passaro-no al nemico» nonostante avessero ricevu-to «alte cariche» e «onori e ricompense».Tribunali straordinari, disse, «giudicheran-no questi casi di tradimento e di fellonia».L’11.11.1943 fu creato il Tribunale straor-dinario provinciale con decreto diMussolini - nella sua qualità di capo dellostato fascista repubblicano d’Italia e capodel governo - pubblicato sulla “Gazzettaufficiale” n.269 del 18.11.1943. Il tribuna-le doveva giudicare: «a) i fascisti che hannotradito il giuramento di fedeltà all’Idea; b)coloro che dopo il colpo di Stato del 25luglio 1943-XXI hanno comunque, conparole o con scritti o altrimenti, denigratoil fascismo e le sue istituzioni; c) coloro chehanno compiuto comunque violenza con-tro la persona e le cose dei fascisti o appar-tenenti alle organizzazioni del fascismo ocontro le cose o i simboli di pertinenzadello stesso». Per la lettera a era prevista lapena di morte e da 5 a 30 anni per le lette-re b e c. I tribunali dovevano essere retti da«fascisti di provata fede». Con lo stessodecreto fu istituito il Tribunale straordina-rio speciale «per giudicare i fascisti chenella seduta del Gran Consiglio del giorno24 luglio 1943-XXI tradirono l’Idea rivolu-zionaria alla quale si erano votati fino alsacrificio del sangue..». Del Tribunalestraordinario bolognese - insediato il15.1.44 - facevano parte 4 fascisti diPadova: Gianfranco Vivarelli presidente;Pio Leoni e Dino Prisco componenti;Augusto Cantagalli pubblico accusatore. Il27.3.1944 Cantagalli fu sostituito daGuelfo Negri di Ravenna. Il 21.7.1944 ilprefetto Fantozzi informò il governo che iltribunale non funzionava perché Vivarelli eNegri erano sistematicamente assenti. Ifascisti bolognesi erano stati comandati afare parte di quello di Firenze. Erano Um-berto Amaduzzi presidente; Pericle Duca-ti e Pier Luigi Dagnini componenti;Giovanni Battista Cosimini pubblico accu-satore. Giorgio Pini sostituì Amaduzzi giu-stiziato a Bologna dai partigiani il22.3.1944. Ducati, ferito dai partigiani il16.2.1944, morì il 28.10.1944. I membri

del Tribunale straordinario provincialierano eletti o destituiti dal segretario nazio-nale del PFR in base al decreto n.105 del27.3.1944 pubblicato su la “Gazzetta uffi-ciale” n.80 del 5.4.1944. [O]

Triumvirato insurrezionale comunista. Il4.6.1944 le truppe alleate, quando liberaro-no Roma, non ricevettero alcun aiuto dalleforze partigiane. I partiti antifascisti s’inter-rogarono a lungo sulla mancata collabora-zione tra partigiani ed esercito alleato e stu-diarono, in accordo con il CLN, possibilisoluzioni unitarie per le prevedibili e auspi-cabili insurrezioni nelle città del nord.Anche se la direzione della lotta di libera-zione spettava al CLN e al CVL, il PCIdecise egualmente di dare vita a un organi-smo militare di partito per preparare - nonimporta se in accordo o in mancanza diaccordi - l’insurrezione. Fu così che versola metà di giugno il Centro del PCI diMilano nominò un Triumvirato insurrezio-nale comunista in tutte le regioni del cen-tro-nord. Luigi Longo - responsabile delladirezione del PCI nell’Italia occupata ecomandante delle brgg Garibaldi - ha scrit-to che questi organismi avevano il compitodi coordinare «l’azione politica e di massadel partito con l’azione militare delle for-mazioni partigiane; in caso di rottura deicollegamenti con il centro, hanno il compi-to di agire autonomamente» e che «sonostrumenti di coordinamento e di direzioneindispensabile allo sviluppo della lotta» (Icentri dirigenti del PCI nella Resistenza,pp.36-7). Molto più realisticamente PietroSecchia - responsabile organizzativo delPCI nell’Italia occupata e commissariopolitico delle brgg Garibaldi - ha scritto:«Per dovere di chiarezza è bene precisareche i “Triumvirati insurrezionali” nonerano organismi unitari, o di alleanza, trapartiti diversi, ma erano organismi di coor-dinamento creati dal partito comunista ecomposti da soli comunisti, che avevano loscopo di preparare quotidianamente l’in-surrezione e assicurarne il successo anchenel caso in cui gli organismi unitari, nelmomento decisivo, non avessero funziona-

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to, o si fossero opposti all’insurrezione»(Testimonianza in RB1, p.189). Il 10.4.1945la direzione del PCI inviò alle federazioniprovinciali la direttiva n.16 per l’insurrezio-ne, nella quale, tra l’altro, si legge: «Ognidisposizione contraria all’orientamentoinsurrezionale del movimento patriottico,deve essere sempre e con la più grande ener-gia respinta dai nostri compagni, da qualun-que parte essa provenga» [...] «Ma se, no-nostante tutti i nostri sforzi, non riuscissimoin simili casi a dissuadere i nostri amici ealleati, noi dobbiamo anche fare da soli, cer-cando di trascinare al nostro seguito quantepiù forze è possibile, agendo sempre, peròin nome del CLN..» (Testimonianza in RB1,p.191). Il 22.9.1944 il Triumvirato del-l’Emilia - senza interpellare il CLN e i parti-ti che lo componevano - indirizzò un mani-festo ai bolognesi per invitarli all’insurrezio-ne, approfittando del fatto che «Dalle brec-ce di Rimini e Firenzuola le Armate Alleatedilagano nella Valle Padana». Si legge nelvolantino firmato dalla federazione bolo-gnese del PCI: «Sotto la guida del Comitatodi Liberazione Nazionale, LUNEDÌ 25SETTEMBRE scatenate lo SCIOPEROGENERALE INSURREZIONALE» Ana-logo appello fu rivolto ai bolognesi da“l’Unità” del 23.9. I dirigenti del PSIUP edel CLN indussero il PCI a ritirare l’ordineinsurrezionale ed evitarono un bagno disangue (N.S. Onofri, I socialisti bolognesinella Resistenza, pp.82-4; L. Bergonzini, Lasvastica a Bologna, p.183; N.S. Onofri, Bo-logna combatte, p.138). Giuseppe Alber-ganti*, Ilio Barontini* e Renato Giacchetti*fecero parte del primo triumvirato emiliano-romagnolo, che iniziò a operare nel giugno-luglio 1944. Nell’aprile 1945, alla vigilia del-l’insurrezione, il triumvirato era compostoda Barontini, Giuseppe Dozza* (entrato nelsettembre 1944) e Alfeo Corassori*.Secondo Secchia, non Corassori (che aveval’incarico di ispettore regionale), maFernando Zarri* avrebbe preso il posto diAlberganti. Per qualche tempo in Emiliaoperò un secondo triumvirato per le provin-ce di Piacenza, Parma e Reggio Emilia. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Longo, I centri dirigenti

del PCI nella Resistenza, Roma, Editoririuniti, 1973, pp.508; L’insurrezione e ilpartito. Documenti per la storia dei triumvi-rati insurrezionali del Partito comunista eAtti del Triumvirato veneto (giugno 1944 –aprile 1945), a cura di C. Saonara, Padova,Neri Pozza, 1978, pp.353.

U

Ufficio politico investigativo, (UPI). Conle leggi eccezionali del novembre 1926, fuistituita una polizia segreta alle direttedipendenze della MVSN. Si chiamavaUfficio politico investigativo, i cui compitierano simili a quelli della futura OVRA, laquale dipendeva dal ministero dell’Interno.Sciolta la MVSN subito dopo la caduta delregime, anche l’UPI fu soppresso. Fu rico-stituito il 23.11.1943, quando cominciò adoperare la GNR. Per tutto il periodo del-l’occupazione tedesca l’UPI svolse un’in-tensa attività antipartigiana. A Bolognaaveva due sedi, una presso la caserma del3° artiglieria in Viale Panzacchi e l’altra invia Mengoli 28 o 30. All’esterno di questasede era stata posta una targa con la scrittaIspettorato sanitario. [O]

Umanità nova. Con il sottotitolo “Quoti-diano anarchico”, il giornale “Umanitànova” vide la luce a Milano il 26.2.1920.Era diretto da Errico Malatesta, autore deil Programma, apparso nel primo numero.Il 23.3.1921, dopo l’attentato al ristoranteDiana a Milano, la redazione fu distruttadai fascisti e i giornalisti arrestati. Ripresele pubblicazioni, come bisettimanale, il14.5 a Roma e il 3.7 come quotidiano. Ledovette sospendere dopo la “marcia suRoma”, per riprenderle il 25.11.1922. Acausa delle persecuzioni fasciste le sospesedefinitivamente il 2.12. Rivide la luce, conperiodicità settimanale, dopo la Libera-zione; il 24.9.1944 a Firenze; il 22.4.1945 aGenova e il 30.9.1945 a Roma con il sotto-

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titolo “Periodico della Federazione anar-chica italiana”. [O]B I B L I O G R A F I A . Un trentennio di attivitàanarchica, 1914-1945, Cesena, Antistato,1953, pp.215; L. Bettini, Bibliografia dell’a-narchismo, Firenze, CP editrice, 1973, duevol. di pp.351 e 429; “Umanità Nova”, inO. Majolo Molinari, La stampa periodicaromana dal 1900 al 1926, Roma, 1977,vol.II, p.817.

Unione goliardica per la libertà. Nel 1924,dopo il delitto Matteotti, in numerose uni-versità italiane si costituirono gruppi distudenti democratici per opporsi alla vio-lenza fascista. A differenza della maggiorparte delle università, dove queste organiz-zazioni presero il nome di Gruppo goliar-dico per la libertà, in quella bolognese fucostituita l’Unione goliardica per la libertà.All’Unione aderirono studenti che milita-vano nel PSI, nel PSUI e nel PRI. Nonmolti gli indipendenti. Uno dei fondatoridell’Unione fu Gianguido Borghese*, stu-dente d’ingegneria. Da un rapporto dellapolizia, in data 13.7.1924, risulta che tra gliaderenti vi erano Renato Cigarini, Giusep-pe Coppi, Carlo Federici, Giovanni Ghi-selli*, Zeno Giacomuzzi, Pietro Inviti*,Luigi Jacchia*, Riccardo Pedrazzi, ErnestoSalmoiraghi, Libero Battista Savoia (ACS,GP, 1924, b. 1.405, cat.7, fa.1). Cigari-ni e Jacchia erano ex legionari fiumani.L’Unione fu sciolta il 4.2.1925 con decretoprefettizio. [O]

Unione italiana del lavoro. Nata il25.11.1912, l’USI subì una grave scissionequando, il 13-14.9.1914 si riunì il Consiglionazionale per esaminare i problemi relativialla neutralità e alla guerra. Avendo preval-so la linea neutralista, sostenuta daArmando Borghi, la corrente interventistauscì dall’USI. Alceste De Ambris, FilippoCorridoni, Michele Bianchi, EdmondoRossoni, Tullio Masotti e altri diedero vitaalla Unione italiana del lavoro (UIL).Organo ufficiale dell’UIL divenne “L’In-ternazionale”, già organo dell’USI. Questosindacato non ebbe consistenza organizza-

tiva e si sciolse negli anni della guerra. Nel1918 fu ricostituito con il nome di Unionenazionale del lavoro. [O]

Unione del lavoro. Negli anni prefascistil’Unione del lavoro fu l’organizzazioneprovinciale dei sindacati “bianchi” cattoli-ci. Su scala nazionale aderiva alla Con-federazione italiana dei lavoratori (CIdL).A Bologna ebbe una scarsa consistenzaorganizzativa, a differenza delle Fratellanzecoloniche, l’organizzazione dei coloni“bianchi”. Fu promossa all’inizio del 1920da Carlo Strazziari*, su incarico dellaGiunta diocesana. Questo particolare lorese noto lo stesso Strazziari il 12.11.1923quando lasciò la segreteria del sindacato adAntonio Bonfiglioli (“L’Avvenire d’Italia”13.11.1923). Ebbe sede in via Repubblica-na 15 (oggi via Righi) e in via Marsala 6. Trai dirigenti del sindacato va ricordato Vin-cenzo Gotti*. Il 3.1.1925 la sede fu distruttadai fascisti. A Imola l’Unione nacque nel giu-gno 1921 e non ebbe consistenza. [O]

Unione nazionale del lavoro. Nel 1918 isindacalisti anarchici Ettore Cuzzani* eAdelmo Pedrini* fondarono, con altri,l’Unione nazionale del lavoro, un’organiz-zazione sindacale che avrebbe dovuto rap-presentare i sindacati provinciali degli exanarchici usciti dall’USI perché interventi-sti. L’UNL - come l’UIL che l’aveva prece-duta - ebbe un peso modesto nella vita sin-dacale italiana e nel marzo 1925 confluìnella CGdL. [O]

Unione ragazze italiane, (URI). Durante lalotta di liberazione fu costituita l’Unioneragazze italiane, che avrebbe dovuto svol-gere la stessa funzione dell’Unione donneitaliane (UDI). Ribattezza in Associazioneragazze italiane, questa organizzazione gio-vanile cessò quasi subito l’attività perché ilsuo compito fu assorbito dal FdG. [O]

Unione sindacale italiana, (USI). Nel pe-riodo prefascista l’USI fu l’organizzazionenazionale delle leghe sindacali controllatedagli anarchici e dai soreliani. Era nata nel

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1912 a Modena, al termine di un dibattitopolitico-organizzativo che durava dal 1892,anche se aveva assunto una certa consisten-za dopo il 1906. Nell’ottobre di quell’annoa Milano si tenne il VI Congresso naziona-le della resistenza - con l’intervento di dele-gati di leghe sindacali di vario orientamen-to - al termine del quale nacque la CGdL.Gli anarchici e i soreliani avevano polemi-camente abbandonato la sala prima delvoto, consapevoli di essere minoranzarispetto ai delegati di orientamento sociali-sta. A distanza di 14 anni si era verificato incampo sindacale - come nel 1892 a Genovain quello politico, con la nascita del PSI - ladivisione tra socialisti e anarchici. Gli anar-chici si riunirono in congresso il 3.11.1907a Parma e si chiesero se era più opportunoentrare nella CGdL per conquistarla dal-l’interno o costituire una nuova strutturanazionale antagonista. Il congresso - prepa-rato dal Comitato di azione diretta, unorganismo di pretto stampo anarchico -non prese decisioni, limitandosi a nomina-re un Comitato di resistenza e a pronun-ciarsi contro il «dispotismo politicantisti-co» della CGdL. Questo comitato, del tut-to uguale a quello di azione diretta, avreb-be dovuto coordinare l’attività delle legheaderenti, la cui autonomia era assoluta. Lasede fu stabilita a Bologna. Il 12.12.1910un nuovo congresso del Comitato di resi-stenza si tenne a Bologna. A maggioranzafu deciso di compiere un passo verso laCGdL per verificare la possibilità di unirei due organismi. Avendo giudicato inaccet-tabili le condizioni poste dal sindacatoriformista, gli anarchici e i soreliani comin-ciarono a pensare alla costituzione di unaconfederazione nazionale. Il 23-25.11.1912a Modena si tenne un altro congresso delComitato, che aveva ripreso il nome diAzione diretta. Per gli organizzatori eranopresenti i delegati di 200 mila aderenti,mentre, secondo stime più reali, non dove-vano essere più di 80 mila. Amilcare DeAmbris - fratello del più celebre Alceste -propose la costituzione di una nuova orga-nizzazione, l’USI. Ines Oddone Bitellisostenne la necessità di entrare nella CGdL

o di mantenere l’Azione diretta. A suoparere, la nascita di un sindacato nazionaleanarchico, dopo quello riformista, avrebbefavorito la nascita di altre strutture pro-mosse dal PRI e dai cattolici. Prevalse latesi di De Ambris con 42.114 voti contro28.856, più 6.253 astensioni. Nel docu-mento approvato si legge «che un veroorganismo di Unità operaia non può esiste-re in Italia se non si ispira ai principi del-l’indifferenza di fronte a tutte le confessio-ni religiose, della neutralità di fronte a tuttii partiti politici e dell’autonomia sindaca-le». I delegati decisero così di dar vita a un«nuovo organismo nel quale, d’accordocon tutte le forze operaie organizzate estra-nee alla CGdL, sia possibile iniziare seria-mente la realizzazione dell’Unità proletariaitaliana, sulle indicate basi dell’apolitici-smo da partiti e dell’autonomia sindacale».A parere dei dirigenti dell’USI la CGdLera un «partito parlamentare» e in Italiaoperavano un «sindacalismo riformista» eun «sindacalismo rivoluzionario». AModena intervennero i delegati di 177leghe bolognesi, in rappresentanza di10.316 operai. Anni dopo Armando Borghiha scritto che gli anarchici non ebberoparte nella costituzione dell’USI perché luiera «profugo a Parigi» e altri dirigentiassenti (Conferma anarchica, Aurora, Forlì1949, p.159). Tullio Masotti fu eletto segre-tario nazionale. La sede andò a Parma e ilsettimanale “L’Internazionale” divennel’organo ufficiale. La segreteria dei lavora-tori della terra (responsabile Amilcare DeAmbris) andò a Modena; quella dei metal-lurgici (Filippo Corridoni) a Milano e quel-la dei muratori (Ettore Cuzzani*) aBologna. L’USI non ebbe mai un chiaroindirizzo politico-sindacale perché i diri-genti provenivano da esperienze diverse:Borghi ed Enrico Leone erano anarchici, iDe Ambris e Corridoni seguivano la lineasoreliana, mentre Michele Bianchi eEdmondo Rossoni provenivano da altraesperienza ancora. La convivenza delle va-rie anime fu difficile, come risultò al primocongresso di Bologna del 4-6.12.1913, pre-senti i delegati di 1.003 leghe per un totale

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di 90.037 iscritti. Ma fu solo l’anno dopoche esplosero le contraddizioni interne,quando l’USI dovette pronunciarsi pro ocontro la guerra. Al consiglio nazionaledell’USI, riunitosi il 13-14.9.1914, prevalsela tesi neutralista, sostenuta da Borghi. DeAmbris, Corridoni, Bianchi, Rossoni eMasotti se ne andarono, diedero vitaall’UIL (Unione italiana del lavoro) e con-servarono il controllo del “L’Internaziona-le”. Borghi, eletto segretario dell’USI, tra-sferì la sede a Bologna presso quella dellaVecchia CdL, in Mura di Porta Lame. Il17.4.1915 cominciò a uscire il nuovo orga-no ufficiale “Guerra di classe”. Negli annidel conflitto l’USI svolse una modesta atti-vità, anche perché Borghi finì al domiciliocoatto in un comune del meridione. Neldopoguerra - mentre la CGdL conobbeuna forte espansione - non riuscì a ricupe-rare il peso politico-organizzativo, per altronon grande, avuto un tempo. Ebbe unruolo modesto in occasione dell’occupa-zione delle fabbriche nel 1920 e fu pratica-mente assente da tutte le principali verten-ze, in particolare quelle agricole. Alle lottedei metallurgici l’USI - che nel dopoguerramutò il nome in Unione italiana del lavoro(UIL), da non confondere con l’omonimaUIL interventista nata nel 1914 - dedicògrande attenzione durante i lavori del 3°congresso, riunitosi a Parma dal 20 al23.12.1919, nel corso del quale furonodenunciati 300 mila iscritti. La sede nazio-nale fu trasferita a Milano e Borghi confer-mato segretario. Nell’ottobre 1920 i mem-bri della segreteria furono arrestati aBologna, alla vigilia di una riunione, e rila-sciati poco dopo. Il sindacato anarchicosubì un altro duro colpo il 23.3.1921,quando Borghi e quasi tutti i dirigentianarchici finirono in prigione, dopo l’at-tentato al ristorante Diana di Milano. I suoidirigenti non ricercarono mai un’intesa conla CGdL, per dare una linea unitaria allelotte sindacali, anche se miravano a unaccordo con i socialisti massimalisti per eli-minare la componente riformista maggiori-taria. Sul piano internazionale non ebbeuna linea chiara. Dopo avere salutato con

favore la rivoluzione sovietica, Borghimutò radicalmente parere all’indomani diun incontro con Lenin a Mosca. Il sindaca-to anarchico s’isolò dal mondo del lavoro,dopo il 4° congresso, l’ultimo, che si svolsea Roma il 10-13.3.1922, quando furonorespinte la proposta di aderire all’Interna-zionale di Mosca e quella di stringere unpatto unitario con la CGdL. Dopo essersiisolata dai socialisti e dai comunisti, siestinse lentamente e praticamente non esi-steva più nel 1926, quando il fascismo sop-presse le libertà costituzionali. Borghi andòin esilio in USA e dopo la Liberazione -anche perché era nata la CGIL unitaria -l’USI o UIL, come si chiamò negli ultimianni, non fu ricostituita. A Bologna, dopo laLiberazione, la maggioranza dei dirigentidell’USI, a cominciare dall’ultimo segretarioprovinciale Clodoveo Bonazzi*, aderironoal PSI ed entrarono nella CGIL. [O]BI B L I O G R A F I A. V.B. De Dominicis, Congres-so costitutivo dell’U.S.I., (Modena 1912), in“Sempre!, Almanacco N° 2 (1923-24) di‘Guerra di Classe’”, Milano, 1923, pp.69-72; U. Fedeli, Breve storia dell’Unione sin-dacale italiana, in “Volontà” n.9 (pp.518-24), 10 (pp.595-9) e 11 (pp.645-54) 1957;A. Andreasi, Anarchismo e sindacalismo nelpensiero di Armando Borghi (1907-1922),in “Volontà”, n.3, 1970, pp.161-70; A.Pepe, Storia della CGdL dalla guerra di Li-bia all’intervento, 1911-1915, Bari, Laterza,1971, pp.562; I. Barbadoro, Storia del sin-dacalismo italiano, Firenze, La NuovaItalia, 1973; U. Sereni, Da Langhirano aModena. La costituzione dell’Unione Sinda-cale Italiana (1912), in “Movimento ope-raio e socialista”, nn.3-4, 1975, pp.279-308;G.B. Furiozzi, Il sindacalismo rivoluziona-rio italiano, Milano, Mursia, 1977, pp.126;G. Landi, Tra anarchismo e sindacalismorivoluzionario: Armando Borghi nell’U.S.I.(1912-1915), Bologna, 1982, pp.44.

Unione socialista bolognese, (USB). Eral’organizzazione cittadina del PSI primadel fascismo e negli anni dell’immediatosecondo dopoguerra. Nacque nel 1901quando il PSI, dopo i tentativi reazionari di

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fine secolo, si diede una nuova strutturaorganizzativa. La Federazione, cioè l’orga-nizzazione provinciale che coordinava lesezioni comunali, nacque nel 1907. Il PSIaveva una struttura a piramide: la direzionenazionale, le federazioni provinciali e lesezioni comunali. Se in un comune funzio-navano più sezioni, esse facevano capo aduna unione comunale. Le sezioni che ope-ravano a Bologna erano coordinatedall’USB. Ricostituita dopo la Liberazione,l’USB ha funzionato sino agli anniSessanta, quando la struttura cittadinasocialista ha subìto notevoli modifiche,compresa quella del nome. Oggi si chiamaCommissione cittadina. [O]

Unità, l’. Il PCdI, al momento della nasci-ta, aveva due quotidiani “L’Ordine Nuo-vo” a Torino e “Il Lavoratore” a Trieste, aiquali si aggiunse “Il Comunista” di Romadall’11.10.1921 al 28.10.1922. Chiuso“L’Ordine Nuovo” nell’ottobre 1922 e “IlLavoratore” nel luglio 1923, il Comintern -cioè l’Internazionale comunista - ordinò alPcdI di pubblicare un nuovo quotidiano«per controbilanciare l’influenza dell’“A-vanti!” sulle masse». Secondo il Comintern- come si legge in una lettera inviata il5.9.1923 al PCdI - «Il giornale, che deveapparire senza un’etichetta di partito, saràredatto in comune da appartenenti alP.C.d’I. e da membri della frazione fusioni-sta del P.S.I.», i cosiddetti “terzini”. In unalettera all’esecutivo del partito, Gramscisuggerì il titolo “l’Unità” e confermò che ilgiornale avrebbe dovuto «essere redatto inmodo che la sua dipendenza di fatto dalnostro partito non appaia troppo chiara-mente» per assicurargli «una posizionedominante, una tribuna legale che permet-ta di giungere alle più larghe masse concontinuità e sistematicamente». Il Comin-tern garantì un terzo della spesa. Il giorna-le uscì a Milano il 12.2.1924 con il sottoti-tolo “Quotidiano degli operai e dei conta-dini” e con Ottavio Pastore direttore. Nelluglio, quando i “terzini” entrarono nelPCI, il sottotitolo fu mutato in “Organodel Partito Comunista d’Italia”. Dopo ave-

re resistito alle persecuzioni fasciste il gior-nale fu soppresso - come gli altri fogli anti-fascisti - il 31.10.1926. Durante il venten-nio fascista la direzione del PCdI curò lapubblicazione di numerose edizioni clan-destine de “l’Unità”, alcune stampate inItalia e altre in Francia. Dopo la liberazio-ne “l’Unità” riprese le pubblicazioni comequotidiano in quattro città: Roma, Milano,Genova e Torino. Corrispondente daBologna, nel 1924, era Leonildo Tarozzi giàcorrispondente dei precedenti quotidianicomunisti e, per qualche tempo, redattorede “Il Lavoratore”. Finito in prigioneTarozzi, corrispondente da Bologna diven-ne Arsilio Colombini* detto Ersilio. [O]BI B L I O G R A F I A. S. Merli, Il Partito Comu-nista Italiano, 1921-1926, in “Annali Feltri-nelli”, 1960, pp.656-739; A. Gramsci, Let-tera inedita per la fondazione de “l’Unità”, acura di S. Merli, in “Rivista storica delsocialismo”, n.18, 1963, pp.115-20; A.Giobbio, “l’Unità” (1924-1926), in B.Vigezzi, 1915-1925. Dopoguerra e fascismo.Politica e stampa in Italia, Bari, Laterza,1965, pp.713-772; P. Salvetti, La stampacomunista da Gramsci a Togliatti, Parma,Guanda, 1975, pp.414. Fondamentale ilnumero speciale de “l’Unita” del 12.2.84.

Unità, l’ (Edizione clandestina emiliana).Durante la lotta di liberazione “l’Unità”,con il sottotitolo “Organo centrale delPartito Comunista Italiano”, ebbe una ven-tina di edizioni locali sparse per l’Italia.L’edizione emiliana fu stampata a Bologna,anche se non mancarono numeri unici aModena, Parma, Reggio Emilia e Forlì. Ilprimo numero uscì il 6.7.1944 e l’ultimol’1.4.1945 per un totale di 18 esemplari,più qualche supplemento. Il giornale fustampato quasi sempre nelle tipografieclandestine del PCI (in via Bengasi 2 (oggivia Bentivogli), in via Belle Arti 7, ViaBorgonuovo 17, via Pizzardi angolo Pela-gio Palagi e in via Begatto 11) e qualchevolta in quella privata di Pietro Grandi, invia Zamboni 90. Il giornale non ebbe undirettore. Tra i vari redattori - ma lavorava-no anche per altri fogli clandestini del PCI

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- vanno ricordati Giovanni Bottonelli*,Lanfranco Bugatti*, Spero Ghedini*,Alberto Landi*, Romeo Landi*, DalifeMazza*, Ida Musiani*, Agostino Ottani*,Sergio Sabbioni*, Leonildo Tarozzi* eAthos Zamboni*. La redazione dei giorna-li del PCI ebbe sede prima in viaBorgonuovo e quindi in via Pizzardi.Numerosi i tipografi - alcuni professionistie altri improvvisati - che lavorarono nelletipografie clandestine dei PCI, tra i qualiPaolo Bugini*, Vito Casadei*, Mario DeMaria* detto Adler, Erminio Del Pin*,Giorgio Frascari*, Vittorio Gombi*,Vincenzo Masi*, Walther Nerozzi*,Donato Perrella*, Mario Stanzani*. [O]B I B L I O G R A F I A . L. Arbizzani, Venticinquepiccoli fogli nella storia della Resistenzaemiliana, in “l’Unità”, 10.2.57, Ed. milane-se; L. Arbizzani, Storia de “l’Unità” clande-stina edizione emiliana, in “la lotta”, daln.31 al 36, 1958; L. Arbizzani, Le stampe-rie clandestine comuniste e l’edizione emi-liana de “l’Unità”, in “Quaderno de “Lalotta” 1962”, pp.11-42; L. Arbizzani, N.S.Onofri, I giornali bolognesi della Resi-stenza, pp.117-49. I testi sono in RB2 dap.639 a p.734.

l’Unità-Avanti, vedi: Avanti-L’Unità.

Università, Battaglia dell’. Nell’estate1944, in previsione di quella che si riteneval’imminente liberazione della città, se nondell’intera provincia, il Comando piazza diBologna predispose un piano insurreziona-le. Le brgg cittadine, rafforzate da partigia-ni scesi dalla montagna o giunti dai comu-ni della pianura, approntarono basi e depo-siti nel cuore del centro storico e nell’im-mediata periferia, per essere pronte adinsorgere appena le truppe alleate si fosse-ro avvicinate. L’8a brg GL Masia - ma allo-ra il suo nome era 5a brg GL dell’Emilia-Romagna - allestì in agosto la sua base prin-cipale nella sede dell’Istituto di geografiadell’università, in via Zamboni 33. In unastanza sotto il tetto erano state sistematedue radio rice-trasmittenti, con le quali labrg si teneva in collegamento con il coman-

do di Milano e con le missioni alleate. Laprima, con frequenza amatoriale, era statacostruita da Dino Zanobetti*. Nell’estate,quando il comando alleato fece giungere aBologna i “quarzi” per i collegamenti conle radio militari anglo-americane, CarloBalduccelli costruì la seconda. Il materialenecessario per fare i documenti d’identitàfalsi - timbri, cartoncini, marche da bolloecc. - e i bracciali tricolori da usare il gior-no dell’insurrezione, ma altro materialeancora, trovarono sistemazione negli scaf-fali della biblioteca della facoltà di lettere,all’epoca in Via Zamboni 31. Nei sotterra-nei furono preparati depositi d’armi e diviveri. A turno, vi stazionavano dai 20 ai 30partigiani. A metà ottobre, quando lepunte avanzate della 5a armata americanasi fermarono poco prima dell’abitato diPianoro, lungo la strada della Futa, ilComando piazza non ordinò la smobilita-zione delle basi partigiane, perché si ritene-va che si trattasse di una sosta momenta-nea. Mentre si attendeva invano l’avvici-narsi degli alleati, le basi partigiane, ad unaad una, cominciarono ad essere scopertedai fascisti. La prima fu quella dell’univer-sità. A seguito di una delazione, tra le 13 ele 14 del 20.10.1944, circa 200 militi dellaGNR circondarono la sede universitaria eingaggiarono un violento combattimentocon i pochi partigiani rimasti intrappolati,mentre i più erano riusciti ad allontanarsi.L’ordine - comune a tutte le brgg bologne-si - era di non accettare combattimenti, seattaccati. Nello scontro caddero MarioBastia*, comandante della brg, Ezio Giac-cone*, i fratelli Leo* e Luciano Pizzigotti*,Stelio Ronzani* e Antonino Scaravilli*.Pare che Bastia, dopo essere riuscito a met-tersi in salvo, sia rientrato nell’ateneo perrestare con i suoi uomini. Il 24.10 “il Restodel Carlino”, pubblicando la notizia delloscontro, scrisse che tra i caduti vi eraTonino Prasutti, mentre omise il nome diBastia. In realtà Presutti* - e non Prasutti -era riuscito a mettersi in salvo, mentre ilsesto caduto era Bastia. Una lapide, mura-ta nel cortile dove furono fucilati i soprav-vissuti e i feriti, ricorda lo storico avveni-

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mento e i nomi dei caduti. Dopo lo scontroi fascisti saccheggiarono la sede dell’Isti-tuto di geografia e arrestarono e trattenne-ro per un paio di giorni numerosi impiega-ti del rettorato. Il prorettore Guerrini fumesso con le spalle al muro e minacciato difucilazione. Il capitano Agostino Fortunati,che aveva comandato l’assalto alla basepartigiana, fu processato il 17.7.1946 econdannato a morte per questo e altri reati.In appello la condanna fu ridotta a 30 annie poi cancellata dall’amnistia. [O]BI B L I O G R A F I A. D. Colangeli, La morte al-l’Ateneo, in Epopea partigiana, p.52; G.Barbieri, Battaglia all’Università, in “Emi-lia”, n.32, 1954; Università degli studi diBologna, Celebrazione del decennale dellaResistenza; G. Guerrini, Ricordi di un uni-versitario, pp.125-28; G. Supino, Per icaduti dell’università; G. Barbieri, Battagliaall’università, in Bologna è libera, p.125;Università degli studi di Bologna, 30° anni-versario della battaglia dell’università; G.Fasoli, 20 ottobre 1944: si spara all’Ateneo,in “Resistenza oggi”, 1995, pp.137-40; 60°Anniversario della battaglia dell’Università(20 ottobre 1944); N.S. Onofri, I miei ricor-di sulla battaglia dell’università a Bologna,pp.39-52, in A. Preti (e altri), Porta Lame ele battaglie bolognesi dell’autunno 1944.

Ustascia. Subito dopo la nascita dellaJugoslavia - formata da popoli di lingue ereligioni diverse - nella Croazia si sviluppòun movimento indipendentista, con unnetto indirizzo di destra e nazionalistico.Nel 1929 Ante Pavelic fondò il Movimentodi liberazione croata e i suoi membri furo-no chiamati ustascia. Nel 1941, quando laJugoslavia fu invasa da Germania, Italia,Ungheria e Bulgaria, la Croazia si rese indi-pendente, sia pure sotto la corona del prin-cipe italiano Aimone di Savoia. Pavelic siproclamò Poglavnik, dittatore, e collaboròcon i tedeschi e gli italiani per reprimere ilmovimento di liberazione jugoslavo. [O]BI B L I O G R A F I A. G. Scotti, “Ustascia”tra ilfascio e la svastica: storia e uomini del movi-mento “Ustascia”, Udine, Incontri, 1976,pp.211; P. Iuso, Il fascismo e gli ustascia

1929-1941. Il separatismo croato in Italia,Roma, Gangemi, 1998, pp.143; E. Gobetti,Dittatore per caso. Un piccolo duce protettodall’Italia fascista, Napoli, L’ancora delMediterraneo, 2001, pp.180.

V

Valle delle Tombe di Massumatico, Ecci-dio di. Il 17.9.1944 - al termine della mani-festazione popolare svoltasi davanti allasede comunale di S. Pietro in Casale, cheall’epoca si trovava in frazione Massuma-tico - furono catturati 5 partigiani. Portatinella Valle delle Tombe, in frazione Mac-caretolo, furono fucilati dalla GNR. Le vit-time sono Idalgo Cantelli*, Dino Mazzu-chelli*, Omar Nanni*, Giuseppe Setti*,Gianfranco Versura*.B I B L I O G R A F I A . Fuoco nella valle delleTombe, testimonianze di E. Faccioli, M.Testoni, C. Mazzacurati, E. Biondi, in Al diqua della Gengis Khan, pp.50-3.

Vecchia camera del lavoro. Nel periodoprefascista era l’organizzazione sindacalebolognese d’orientamento anarco-sindaca-lista. La CdL, nata nel 1893, sino al 1909era stata diretta da sindacalisti iscritti alPSI. In quell’anno gli anarchici e i sindaca-listi d’orientamento soreliano si allearono edivennero maggioranza al consiglio genera-le, pur essendo minoranza nelle leghe dilavoro. L’anarchico Pulvio Zocchi fu elettosegretario. Se la convivenza tra le dueanime era sempre stata difficile, da quelmomento divenne difficilissima. Gli obiet-tivi e i metodi di lavoro dei socialisti e deglianarchici erano troppo diversi perché sipotesse concordare una comune linea d’a-zione. La rottura divenne insanabile nel1911 quando il consiglio generale dellaCdL, con 17 voti contro 16, decise di nonaderire alla CGdL - l’unica organizzazionesindacale nazionale allora esistente - per-ché diretta dai socialisti riformisti. Come

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non bastasse, all’inizio del 1912 la segrete-ria della CdL negò l’iscrizione a 28 milabraccianti. A quell’epoca le leghe dei lavo-ratori della terra - braccianti, mezzadri,boari, affittuari, coltivatori diretti ecc. -aderivano alla Federazione lavoratori dellaterra e non sempre l’iscrizione era automa-tica alla CdL. Poiché le leghe bracciantili -che rappresentavano quasi la metà deilavoratori bolognesi - erano tutte direttedai riformisti, gli equilibri interni dellaCdL sarebbero mutati radicalmente. Anorma di statuto, i sindacalisti socialistichiesero alla CdL un referendum internoper l’ammissione dei braccianti, a nome di248 leghe alle quali erano iscritti 37.400lavoratori. Complessivamente le legheerano 450 e gli iscritti poco meno di 60mila. Al nuovo rifiuto della segreteria dellaCdL, le leghe federaliste o unitarie - a mag-gioranza socialista - si autoconvocarono acongresso il 10.11.1912 e posero un ulti-matum: se entro il 30.11 non fosse statoindetto il referendum, sarebbero uscitedalla CdL. Con il pretesto che erano in attoalcune importanti vertenze, la segreteriadella CdL si disse disposta ad indire il refe-rendum nel gennaio-febbraio 1913. A farprecipitare la situazione intervenne lacostituzione dell’USI, il sindacato naziona-le anarco-sindacalista, contraltare dellaCGdL. Il 23-25.11.1912 a Modena si tenneil Congresso nazionale dell’Azione diretta,cioè delle leghe d’orientamento anarchicoe soreliano che non aderivano alla CGdL.Con 42.114 voti contro 28.855 fu respintala proposta di aderire alla CGdL. Subitodopo fu decisa la costituzione dell’USI.Tutte le leghe italiane dovettero sceglieretra CGdL e USI. L’1.12.1912, quando sitenne il secondo congresso provincialeautoconvocato delle leghe federaliste ounitarie - nella sede della Società operaia invia Cavaliera 22 (oggi via Oberdan) - ladecisione era più che scontata. Interven-nero i rappresentanti di 242 leghe in rap-presentanza di 31.785 lavoratori. Fu decisal’uscita dalla CdL e la costituzione dellaCCdL (Camera confederale del lavoro).Nei giorni seguenti altri 10 mila lavoratori

aderirono al nuovo sindacato. Nella Vec-chia CdL - come fu subito chiamata - resta-rono circa 14 mila lavoratori, anche se alprimo congresso nazionale dell’USI, tenu-tosi a Milano dal 4 al 7.12.1913, ne furonodichiarati 10.316. Zocchi fu confermatosegretario. La sede, in Mura di Porta Lame,restò agli anarco-sindacalisti e pure ilperiodico “L’Azione sindacale”. Era nato il30.3.1912 e cessò le pubblicazioni il21.6.1913. Negli anni seguenti la VecchiaCdL assunse sempre più il carattere diun’organizzazione anarchica e perse pro-gressivamente aderenti all’interno delmondo del lavoro. Anche i dirigenti eranocomuni alle due organizzazioni. Alla vigiliadella prima guerra mondiale, quandoArmando Borghi - tornato a Bologna allafine del 1912, dopo l’esilio di Parigi -divenne dirigente della Vecchia CdL, ladifferenza tra sindacato e gruppo anarchi-co scomparve del tutto. Suo vice eraClodoveo Bonazzi*. Quando scoppiò laguerra, dalla Vecchia CdL uscirono nume-rosi interventisti, tra i quali EttoreCuzzani* e Adelmo Pedrini*. Il sindacatoanarchico cessò praticamente di esisterenel 1915, quando Borghi fu arrestato einternato in un comune del meridione eBonazzi partì per il fronte. Nel dopoguerrala Vecchia CdL non riuscì a superare lostato di crisi organizzativa in cui si trovava,nonostante l’impegno di Bonazzi, divenutosegretario. Il maggior impegno del sindaca-to anarchico era rivolto alla lotta contro idirigenti riformisti della CCdL - in accordocon i massimalisti del PSI - accusati diavere collaborato con il governo negli annibellici, sia pure per promuovere iniziativesolidaristiche per alleviare alla popolazionei disagi del conflitto. Priva di una strategiasindacale, che non fosse una generica pre-dicazione della “rivoluzione” - anche seBorghi prese le distanze dai soviet, dopoun breve viaggio in Russia per incontrarsicon Lenin - la Vecchia CdL esercitò unmodesto peso nella vertenza agraria del1920, conclusasi con il Concordato Paglia-Calda. Sigismondo Campagnoli, uno deimassimi dirigenti del sindacato, perse la

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vita nell’eccidio contadino di Decima (S.Giovanni in Persiceto), nel corso di unadelle pochissime manifestazioni indette perquella vertenza agraria. Modesta fu pure lapartecipazione, sempre nel 1920, alla lottadei metallurgici e all’occupazione delle fab-briche a Bologna. All’avvento del fascismoi dirigenti della Vecchia CdL subironodure persecuzioni. Borghi si trasferì aMilano e fu più volte arrestato, prima diandare in esilio negli USA. Bonazzi fu piùvolte bastonato e pugnalato. La VecchiaCdL cessò di funzionare tra la fine del 1923e l’inizio del 1924. Durante la Resistenza -quando fu ricostituita la CCdL, su iniziati-va del CLN, del PSI, del PdA, del PCI edella DC - Bonazzi aderì al PSI. Divenneuno dei principali dirigenti del rinato sin-dacato unitario e mantenne la carica anchedopo la Liberazione. [O]B I B L I O G R A F I A . Vedi: CCdL. F. Tarozzi,Armando Borghi organizzatore politico esindacale a Bologna (1907-1911), in “Bol-lettino del Museo del Risorgimento diBologna”, 1983.

Vent’anni. Il Fronte della gioventù d’Imo-la, durante la lotta di liberazione, pubblicòquattro numeri del periodico “Vent’anni”.Tirato al ciclostile, aveva il sottotitolo“Organo della Gioventù Italiana della rina-scita Nazionale”. Fu redatto da ErmesArgentini* detta Gianna. Il primo numerouscì l’1.11.1944 e l’ultimo il 25.11.1944.BI B L I O G R A F I A. G. Cenni, Imola sotto il ter-rore della guerra. 25 luglio 1943 - 14 aprile1945, p.81; M. e N. Galassi, Resistenza e36a brigata Garibaldi, Roma; L. Arbizzani,N.S. Onofri, I giornali bolognesi dellaResistenza, pp.291-2. I testi sono in RB2 dap.831 a p.835.

Vergato, Attentato alla casa del segretariodel fascio di. Nella notte tra il 17 e il18.5.1921 una bomba esplose a Vergato,davanti all’abitazione di Armando Fulgeri,segretario del fascio locale. Non si ebberodanni alle persone, ma alle cose. La tenen-za dei carabinieri di Vergato arrestò a casouna trentina di “sovversivi”, 17 dei quali

rinviati a giudizio: Giuseppe Barbieri*,Ferruccio Bortolotti*, Ernesto Cassani*,Giuseppe Andrea Cassani*, Primo Cassa-ni*, Arturo Colombi*, Angelo Gherardi*,Mario Gherardi*, Giuseppe Lamberti*,Alberto Lanzarini*, Federico Magelli*,Giovanni Magelli*, Lorenzo Magelli*,Mario Magelli*, Artemisia Palmieri*, Car-lo Pasquini*, Umberto Sangiorgi*. Il20.12.1921 furono tutti prosciolti in istrut-toria e liberati. [O]

Verità, La. Alla fine d’agosto 1944 AthosZamboni*, redattore della stampa clande-stina comunista di Bologna, fu costretto alasciare Bologna perché identificato ericercato dai fascisti. Si trasferì a Modena efu incaricato dalla federazione del PCI dicurare la stampa di un giornale clandesti-no. Il 18.12.1944 uscì il primo numero de“La Verità”.

Vernet d’Ariège, Il campo di. Fu un campodi concentramento francese posto a metàstrada tra Tolosa e la frontiera spagnola.Nel 1939 vi furono internati migliaia dicombattenti antifascisti usciti dalla Spagnadopo la vittoria franchista. Gli italianierano circa 2.500. Dopo l’aggressione ita-liana contro la Francia, il 10.6.1940, nelcampo furono internati un migliaio d’italia-ni che lavoravano in quel paese. Vi finironoanche gli “stranieri indesiderabili”: tede-schi, polacchi, ungheresi, cecoslovacchiecc. Rimpatriati molti italiani, dopo la resadella Francia, nel campo rimasero tra le 6 ele 7 mila persone. Il trattamento era duris-simo e le condizioni igieniche inimmagina-bili. Nell’aprile 1942 tutti gli internati poli-tici - ma molti nel frattempo erano fuggiti -finirono nelle mani della Gestapo. Gli ita-liani furono consegnati alla polizia italianae finirono al confino o nei campi d’interna-mento. Gli altri furono deportati nei lagerdi sterminio in Germania. Il campo diVernet d’Ariège - dove morirono 217 mili-tanti delle brgg Internazionali - fu chiusonell’ottobre 1944. [O]BI B L I O G R A F I A. A. Koestler, Schiuma dellaterra, Bololgna, Mulino, 1989, pp.260. Per

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i civili italiani internati a Vernet e negli altricampi cfr. Gli italiani nei campi di concen-tramento in Francia. Documenti e testimo-nianze, a cura del Ministero della culturapopolare, Roma, 1940, pp.453.

Vertenza delle trebbiatrici, La. Durante lastagione agricola del 1921 e del 1922 ifascisti bolognesi - per spezzare la resisten-za delle organizzazioni operaie aderentialla Federazione lavoratori della terra e allaLega delle cooperative, entrambe d’orien-tamento socialiste - organizzarono il boi-cottaggio delle macchine agricole e delletrebbiatrici in particolare, di proprietàdelle cooperative rosse. Verso i coloni e leaziende che sfidarono il “bando” fascistafurono compiuti gravi atti di violenza.Molte macchine furono date alle fiammeed uguale sorte toccò alle sedi delle coope-rative. Numerosi i coloni e i bracciantibastonati. Pure numerosi gli atti di reazio-ne contro i fascisti e gli agenti padronali.Questi i due casi più gravi. A Minerbio, il16.7.1921, perse la vita l’agente agrarioOnorato Toschi, nel corso di uno scontrocon un gruppo di braccianti. Furono arre-stati e denunciati Dionigio Bordoni*,Marino Bordoni*, Mario Burnelli*, Con-salvo Donati*, Leonida Gombi*, VirgilioMazzoni*, Armando Melloni*, BiagioMontanari*, Sigfrido Poluzzi* e FeliceRoversi*. Il 12.12.1922 la Corte d’Assise diBologna emise questa sentenza: D. Bor-doni 5 anni, un mese e 27 giorni; M. Bor-doni 5 anni; Brunelli 5 anni e 8 mesi;Donati 12 anni, 9 mesi e 10 giorni; Gombi21 anni, un mese e 10 giorni; Mazzoni 7anni, 8 mesi e 10 giorni; Melloni 6 anni e 6mesi; Montanari 10 anni; Poluzzi 14 anni,10 mesi e 10 giorni; Roversi 10 anni, 2 mesie 25 giorni. Le pene furono ridotte inappello e nel 1924 gli imputati ebberol’amnistia. Il 14.7.1922 a Castenaso i fasci-sti uccisero il mezzadro socialista LuigiGrilli* e ferirono gravemente il fratelloCelestino*, perché usavano una trebbiatri-ce “rossa”. I responsabili non furono pro-cessati. Il 7.8.1922 a Bubano (Mordano)una squadra di fascisti uccise a colpi di

rivoltella il colono Bartolomeo Mazzetti*aderente alle Fratellanze coloniche, il sin-dacato cattolico. Il 23.8.1922 a MassaLombarda (RA) fu trovato, nei pressi diuna casa colonica, il cadavere del fascistaArtemisio Ricci, il principale responsabiledella morte di Mazzetti. Era stato pugnala-to alle spalle. Per la morte di Mazzetti furo-no rinviati a giudizio 8 fascisti. Il13.12.1923 furono condannati in 7: LuigiMonti, Ermete Bordini, Luigi Dal Pozzo eGiulio Marani a 7 anni e 6 mesi; PietroRicci e Ettore Boldrini a 6 anni e 3 mesi;Umberto Bonavista a 3 anni, 8 mesi e 5giorni. Il 15.12 fu processato e condannatoa 7 anni e 6 mesi il fascista Aldo Monti, lati-tante. (Corte d’Assise di Bologna. 1922-1923, p.258). [O]

Vigorso, Battaglia di. Nell’estate 1944 ildist Pasquali della 4a brg VenturoliGaribaldi sistemò una base nelle case colo-niche delle famiglie Vanti e Maccagnani aVigorso (Budrio) nei pressi dell’arginedell’Idice. Nella seconda metà del mesed’ottobre si fermarono nella base numero-se squadre di partigiani delle brgg 36a, 62ae 66a, provenienti della montagna e direttea Bologna per prendere parte a quella chesi riteneva l’imminente insurrezione. Lamattina del 21.10.1944 la casa della fami-glia Maccagnani - in via Mazzacavallo - fucircondata da reparti tedeschi. Su indica-zione di una spia identificarono dapprimail deposito delle armi del dist Pasquali equindi tentarono di penetrare nel fienile,dove si trovavano tra i 25 e i 30 partigiani.Seguì uno scontro a fuoco durato sino alleprime ore del pomeriggio, quando i tede-schi riuscirono a piegare la resistenza deipartigiani. Il fienile fu completamentedistrutto. Nello scontro persero la vita 8partigiani: Medardo Bottonelli*, CarloCasarini*, Ilario Giuliani*, Enzo Melloni*,Mario Pirini*, Giovanni Tassoni*, Mode-sto Zanetti* ed Enzo Zuffi*. Numerosi iprigionieri. Portati a Medicina, furonoidentificati da Slovenko, un cecosclovaccoche aveva disertato dall’esercito tedesco,che si era aggregato alla 62a brg Camicie

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rosse Garibaldi e che, una volta catturatodai tedeschi, aveva collaborato per averesalva la vita. La mattina del 22 a Medicinavennero fucilati altri 8 partigiani: BrunoCollina*, Armandino Grossi*, Libero Nar-di*, Guerrino Negrini*, Spartaco Rossi*,Dante Scagliarini*, Bruno Stagni* e PaoloTassoni*. I tedeschi, dopo la battaglia diVigorso, uccisero 7 delle 8 persone che abi-tavano nella casa colonica. Le vittime: IvoGalletti* e la figlia Anna Teresa*, CelestinoGabrielli*, Giuseppina*, Ida*, Emma* edEnrica Maccagnani*. [O]BI B L I O G R A F I A. Comune di Budrio, Comunedi Castenaso, Comitato per le celebrazionidella Resistenza, Un episodio della Resi-stenza, La battaglia di Vigorso, Ottobre1944. Nel 32° anniversario della battaglia diVigorso, Budrio, Montanari, 1976, pp.10;R. Mira, S. Sallustri, 21 ottobre 1944 - 21ottobre 2004. Vigorso: la storia e la memo-ria, Bologna, 2004, pp.41.

Villa Contri, Assalto a. La Villa Contri - invia della Barca a Bologna, ma al confinecon Casalecchio di Reno - fu adibita adeposito d’esplosivi e munizioni durante laRSI. Nel settembre 1944 - dopo un tentati-vo fallito il 16.2.1944 - fu deciso di assalir-la per prelevare esplosivi. Alle ore 23 del20.9.1944 all’ingresso della villa si presen-tarono, a bordo di un camion, DanteDrusiani* “Tempesta”e Vincenzo Toffa-no* “Terremoto” della squadra Temporaledella 7a brg GAP Gianni Garibaldi, cheindossavano divise tedesche. Li accompa-gnavano alcuni partigiani della 63a brgBolero Garibaldi guidati da IldebrandoBrighetti*. Con la collaborazione di Ubal-do Musolesi*, uno dei guardiani della villa,ed esibendo documenti falsi, penetrarononello stabile e disarmarono il presidio.Dopo avere caricato il camion con esplosi-vo, i partigiani sistemarono una grossa cari-ca e se n’andarono. Una volta tornati allabase di via Zamboni, Drusiani e Toffanoappresero che la miccia non aveva funzio-nato. Nostante il parere contrario diNazzareno Gentilucci*, comandante dellaTemporale, i due tornarono a Villa Contri e

la trovarono piena di tedeschi e militi dellaGNR. Grazie alla divisa nazista non furononotati per cui poterono riattivare la micciae allontanarsi tranquillamente. L’esplo-sione provocò il crollo dello stabile, lamorte di 3 militi della GNR (RiccardoAstratti, Ivano Cirri e Celso Naldi) e il feri-mento di altri. Secondo altra versione, icorpi dei 3 militi furono rinvenuti in viaAgucchi e “il Resto del Carlino” del 3.10scrisse che erano morti in uno scontro coni partigiani. Altre esplosioni si ebbero nellanotte e il giorno dopo. [O] BI B L I O G R A F I A. L’attacco al distretto militare ealla polveriera, in G. Zappi, Antifascismo eResistenza a Casalecchio di Reno, pp.180-4.

Vizzano, Eccidio di. Il 7.9.1944 a Casa delSarto di Rioveggio (Monzuno), 2 sottufficialitedeschi furono uccisi dai partigiani della brgStella rossa Lupo. Un reparto di SS tedescherastrellò una trentina di persone, tra le qualidonne, vecchi e bambini. Furono trasferite aSasso Marconi dove, il giorno dopo, furonoscelti 15 uomini. Portati in località Rio Concodi Vizzano (Sasso Marconi) furono fucilati.Le vittime sono: Albano Agnelli*, GualtieroBartolini*, Raffaele Bartolini*, Antonio Bo-nini*, Antonio Cioni*, Sisto Migliori*, Adel-mo Rocchetta*, Gaetano Sordi*, LodovicoTovoli*, Gualtiero Valdisserra*, Antonio Za-nini*, Corrado Zanini*, Mario Zanini*, An-tonio Zuarzi* e un operaio toscano rimastosconosciuto. [O]B I B L I O G R A F I A . D. Zanini, 20 settembre1990, Rioveggio ricorda i suoi caduti, p.12.

Voce dei campi, La. Nel giugno 1944 videla luce il giornale “La voce dei campi” conil sottotitolo “Organo dei contadini e deibraccianti agricoli”. Fu stampato nellatipografia clandestina del PCI. Nel mese diluglio il suo posto fu preso da “IlLavoratore Agricolo”. [O]BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.258-60. I testi sono in RB2 da p.619 a p.624.

Voce della donna, La. I GDD - che nelmaggio 1944 avevano pubblicato “Noi

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donne” - il 20.12.1944 fecero uscire il pri-mo numero di “La voce delle donne”.Tirato al ciclostile aveva il sottotitolo“Organo del Comitato Centrale Bolognesedei ‘Gruppi di Difesa della donna e perl’assistenza ai Combattenti della Liberà’”.In seguito uscirono altri 4 numeri stampatinella tipografia clandestina del PCI. Viderola luce il 26.1.1945, il 18.2.1945, il15.3.1945 e, lo stesso giorno, un supple-mento dell’ultimo numero. [O]BI B L I O G R A F I A. S. Soglia, I problemi dell’e-mancipazione nei periodici clandestini, inDonne emiliane della Resistenza, 3°Quaderno de “La Lotta”, Bologna, 1964,pp.43-6; L. Arbizzani, N.S. Onofri, I gior-nali bolognesi della Resistenza, pp.284-8. Itesti sono in RB2 da p.923 a p.949.

Voce dell’operaio, La. Nell’ottobre 1943, acura della Federazione bolognese del PCI,vide la luce il primo numero de “La Vocedell’Operaio”. Tirato al ciclostile, aveva il

sottotitolo “Organo della classe operaia diBologna”. In seguito uscirono altri 8 nume-ri - l’ultimo dei quali nel novembre 1944 -stampati nella tipografia clandestina delPCI.BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.250-6. I testi sono in RB2 da p.207 a p.236.

Volontà partigiana, La. Nei primi giornidel luglio 1944 vide la luce il periodico “LaVolontà Partigiana”, con il sottotitolo“Settimanale della IV Brigata ‘Garibaldi’”.Il mese dopo la brg assunse il nome di 36abrg Bianconcini Garibaldi. Del giornale,dattiloscritto, uscirono 3 numeri tutti senzadata. Fu curato da Luciano Bergonzini*“Stampa”, Andrea Gualandi* “Bruno”,Guido Gualandi* “il Moro” ed ErnestoVenzi* “Nino”.BI B L I O G R A F I A. L. Arbizzani, N.S. Onofri, Igiornali bolognesi della Resistenza, pp.234-9. I testi sono in RB2 da p.627 a p.635.

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Albo caduti e dispersi della Repubblica

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* In questa bibliografia - aggiornata al marzo 2005 - non figurano articoli apparsi su quotidiani e settimanali.

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- vol.II: Ducati officine, p.147;Fontanaluccia, Ospedale di, p.388; Funo,p.452; Futa, Passo della, p.455; GaggioMontano, Strage di, p.464; Gotica, Linea,p.608.

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1919

Gennaio18. A Roma è pubblicato il manifesto per lacostituzione del PPI.

Febbraio4. Nasce a Bologna la sezione del PPI.

Marzo23. A Milano Mussolini fonda il Fascio dicombattimento.23. La direzione del PSI aderisce alla Terzainternazionale.

Aprile9. Promosso da Guido Bergamo*, Pietro

Nenni, Dino Zanetti e altri, nasce il Fascio dicombattimento di Bologna su posizioni anti-mussoliniane. I combattenti nazionalisti, gui-dati da Zanetti, escono pochi giorni dopo,fondano la Lega antibolscevica e aderisconoal Fascio di Mussolini.15. A Milano i fascisti incendiano la sededell’“Avanti!”26. Mario Missiroli assume la direzione de “ilResto del Carlino”.

Giugno10. Giuseppe Massarenti* è processato eassolto «per inesistenza di reato» da unalunga serie d’accuse.14-16. Si riunisce il primo congresso nazio-nale del PPI a Bologna.

Cronologia bolognese 1919-1945*

* Non essendo ancora disponibili – per il 1943-44-45 - i documenti degli archivi della prefettura e questura diBologna, gli avvenimenti di questo periodo sono desunti dai giornali e dalle pubblicazioni dell’epoca, oltre chedalle scarse fonti archivistiche disponibili. In via del tutto eccezionale, nel luglio 2004 la questura di Bologna –e la ringrazio - mi ha consenito di vedere i “mattinali” del 1944 e 1945, dove c’è di tutto un po’. Pressol’Archivio centrale dello stato, a Roma, sono depositati i rapporti che la questura bolognese e la prefetturainviavano in quegli anni al ministero dell’Interno. Questi documenti – ma non so se la raccolta è completa -sono sparsi in vari fondi, i principali dei quali sono quello del Gabinetto del ministero dell’Interno e quellodella Direzione generale della pubblica sicurezza. Le notizie ricavate da questi fondi sono contrassegnate dallasigla P-Q (prefettura e questura).Dalla cronologia ho omesso non pochi avvenimenti. Delle numerose persone morte tra il 1943 e il 1945 sonoindicate solo quelle di cui è certa l’appartenenza al campo fascista e non quelle delle quali non esiste la certez-za della causa politica o non sono indicate nei rapporti di questura e prefettura. La questura di Bologna nel1946 ha fatto più elenchi sui morti di quel periodo, ma le liste nominative, con le vere cause della morte, nonsono ancora note. Ho indicato i nomi dei partigiani fucilati e raramente quelli dei morti in combattimento pernon allungare oltremodo la cronologia. I nomi di tutti i partigiani caduti sono nel dizionario biografico Gli anti-fascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945). Il dizionario è in Internet con la segna-tura: www, iperbole, bologna, it/iperbole/isrebo.Numerose notizie sono tratte da Albo caduti e dispersi della Repubblica sociale italiana curato dall’Istituto sto-rico della RSI. Queste notizie sono contrassegnate dalla dicitura Albo, al quale lascio la responsabilità. A mioparere – ma ho guardato solo i nomi dei bolognesi - questo lavoro è stato compilato con strani criteri. Purappartenendo a categorie diverse, i morti del dopoguerra e quelli del periodo bellico sono stati messi in un

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19. 50mila lavoratori della terra partecipanoad una manifestazione per chiedere la requi-sizione delle terre incolte. Mentre il corteopercorre via Ugo Bassi un gruppo di nazio-nalisti, guidati da Dino Zanetti, si scontracon i manifestanti. Si spara. La braccianteGeltrude Grassi* resta uccisa. Quattro i feri-ti. Nel pomeriggio i nazionalisti guidati daZanetti sparano contro la sede della CCdL invia Cavaliera (oggi via Oberdan) 22. DallaCCdL si risponde al fuoco.30. La Federterra chiede agli agrari diMolinella la chiusura della vertenza del 1914.Era stata sospesa dopo l’eccidio di Guardadel 5.10.14.

Luglio2-3. A Bologna e Imola si svolgono manife-stazioni popolari contro il carovita. Ad Imolala polizia spara e uccide 5 manifestanti.6. Amadeo Bordiga dà vita nel PSI alla cor-rente astensionista.19. A Bologna numerosi dirigenti dell’USIsono arrestati20-21. Sciopero internazionale. Riuscito incampagna e nelle fabbriche.31. Gli agrari di Molinella pagano 270 milalire per chiudere la vertenza del 1914. I sin-

dacati versano la somma al comune per lacostruzione di una scuola in località Alberino.

Agosto9. Il parlamento approva la legge elettorale.13. È pubblicata la relazione dell’inchiestaparlamentare su Caporetto. Grosse criticheallo stato maggiore dell’esercito.

Settembre2. Il “decreto Visocchi” autorizza l’occupa-zione delle terre incolte.12. Gabriele D’Annunzio entra a Fiume einizia la “sedizione fiumana”. Da Bolognapartono numerosi volontari. S’ignora l’elen-co nominativo.26. Il Fascio si riorganizza ed entra LeandroArpinati. Diventerà segretario dopo le elezio-ni di novembre

Ottobre5-8. A Bologna si tiene il XVI congressonazionale del PSI vinto dai massimalisti “ele-zionisti”. Bombacci è eletto segretario (il26.2.20 sarà sostituito da Egidio Gennari).

Novembre13. A Lodi arditi e fascisti organizzano un

unico elenco. Inoltre, figurano nomi di morti che con quelli della RSI non hanno nulla in comune. Il caso piùclamoroso è quello dei nove cittadini di Biagioni (Granaglione) fucilati e impiccati dai nazifascisti e spacciatiper fascisti uccisi dai partigiani. Sono inclusi anche nomi di persone morte nel luglio 1943 e nel dopoguerra,alcune delle quali addirittura nel 1953. Numerosi sono i nomi doppi e quelli sbagliati. Spesso sono in contra-sto le notizie dell’Albo e quelle fornite dalla prefettura di Bologna. Anche se ritengo che l’elenco dei cadutidella RSI sia errato per eccesso, ho il dovere di indicare i nomi dei fascisti morti in attentati e riportati nell’Albo,mentre ho omesso quelli dei caduti in combattimento, così come ho ignorato quasi tutti gli italiani arruolatinella Wehrmacht, la Flak in particolare, e quelli dell’esercito della RSI. Le indicazioni «agg» e «imb» (agguatoe imboscata) sono tratte dall’Albo.Ho omesso di indicare il numero e le circostanze della morte di militari tedeschi. Alcuni sono morti in scontricon partigiani, mentre altri sono stati vittime di attentati. Sono indicati solo quelli morti in attentati, anche senon è facile distinguere tra scontro e attentato.Nel limite del possibile ho riferito di tutti gli attentati alla bomba che furono particolarmente numerosi nelprimo semestre del 1944, soprattutto contro le linee ferroviarie, anche se diminuirono dall’agosto. Con la libe-razione di Firenze, i cacciabombardieri alleati impiegavano pochi minuti per sorvolare l’Appennino per cuiattaccavano in continuazione le linee ferroviarie. Divennero così inutili gli attentati alla bomba contro i treni,mentre proseguirono quelli contro sedi fasciste e tedesche.Ho omesso quasi del tutto – ma erano quasi quotidiane, da parte dei partigiani – le operazioni di disarmo dellepattuglie che sorvegliavano le linee ferroviarie, le cabine dell’energia elettrica, i cavi telefonici posati provviso-riamente dai tedeschi e così via. Queste pattuglie erano composte, prevalentemente, da polacchi e cecoslovacchicostretti ad arruolarsi e deportati in Italia, i quali erano poco motivati e ben lieti di farsi disarmare dagli italiani,i quali erano e restavano pur sempre i nemici dei loro nemici. Queste pattuglie non reagirono mai e posavano learmi appena vedevano spuntare i partigiani. Raramente reagivano anche le pattuglie formate da italiani.

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comizio elettorale. Quando i socialisti comin-ciano a fischiare, i fascisti sparano e uccidono3 lavoratori. La polizia arresta numerosi fasci-sti e sequestra molte armi. Tra gli arrestati ibolognesi Arpinati e Arconovaldo Bonacorsi.17. Elezioni politiche. A Bologna 7 deputati alPSI e uno al PPI. PSI 81.592 voti (68,6%) dicui 21.971 (62,9%) in città. PPI 21.115 (18%)e 4.810 (13,8). Fascio liberale 9.145 (7,8) e4.528 (13). Combattenti 5.556 (5,6) e 3.489(10)19. Esce il quotidiano “Il Progresso” direttoda Guido de’ Pazzi.

Dicembre3. A Bologna i nazionalisti uccidono AmletoVillani* segretario del Fascio socialistacomunista.

1920

Gennaio1. Inizia la vertenza agraria promossa dallaFederterra di Bologna.

Marzo2. Inizia l’invasione delle terre.3. Attilio Fontana assume la direzione de “IlProgresso”. Il giornale assume una linea didestra.7. A Milano nasce la Confederazione genera-le dell’industria.

Aprile5. Eccidio di Decima di San Giovanni inPersiceto. I carabinieri interrompono unamanifestazione indetta dalla Vecchia Cameradel lavoro e uccidono 8 coloni. I feriti sono45.11. Arpinati è nominato responsabile delFascio dell’Emilia orientale.8. Alla Camera di commercio nasce l’Asso-ciazione di difesa civile.

Agosto9. A Portonovo (Medicina) in uno scontrotra braccianti, durante lo sciopero agrario, 3crumiri restano uccisi. Ucciso un bracciantedella lega. 5 i feriti.

18. Nasce a Roma la Confederazione genera-le dell’agricoltura.28. A Bologna si tiene un convegno naziona-le dell’Unione anarchica sul tema: Pro vitti-me politiche e per la Russia.28. A Codrignano (Fontanelice) in uno scon-tro tra coloni resta ucciso il colono “bianco”Domenico Frontali.30. La FIOM inizia a Milano l’occupazionedelle fabbriche.

Settembre1. A Bologna gli industriali iniziano la serra-ta.2. Gli operai occupano le fabbriche aBologna.17. L’Associazione di difesa sociale arruola300 armati. Sono tutti iscritti al Fascio diArpinati.17. Ad Imola, in uno scontro tra coloni, restaucciso il colono “bianco” Arcangelo Sol-ferini.20. I fascisti, guidati da Arpinati, assaltano laSala borsa, in via Ugo Bassi, luogo di ritrovodei socialisti, e uccidono l’operaio socialistaGuido Tibaldi*.27. Dopo l’accordo tra le parti, a Bolognacessa l’occupazione delle fabbriche.

Ottobre10. Il Fascio rinnova il gruppo dirigente econferma segretario Arpinati.14. Scontro tra polizia e manifestanti davantial “Casermone”in via De’ Chiari angolo Car-tolerie. Muoiono 2 agenti e 5 operai. Restanoferiti 32 lavoratori.16. Nel pomeriggio i fascisti sparano controla Sala Borsa, in via Ugo Bassi, ritrovo deisocialisti. È ucciso il commerciante GiuseppeFabbri* che transita casualmente.20. Il Fascio è rifondato con un nuovo statuto.21. La polizia arresta tutti i membri del con-siglio nazionale dell’USI. 22. A Bologna il bracciante “rosso” ErnestoCanova è ucciso da un agrario.24. È varata la lista elettorale di destra, Pacelavoro libertà.25. È firmato il Concordato Paglia-Calda chepone fine alla vertenza agraria iniziata in gen-naio.

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25. Nel pomeriggio ad Ozzano Emilia e S.Lazzaro di Savena i fascisti strappano il Con-cordato30. Aldo Oviglio, fascista e massone, in uncomizio dice che «bisognerà in seguito usarealtre armi, se mai quella del voto [...] fosseinsufficiente a liberare la città» dal PSI.30. A S. Agata Bolognese, nel corso di unoscontro tra coloni, resta ucciso il colono“bianco” Gaetano Guizzardi.31. Voto amministrativo. Comune diBologna: PSI 20.195 voti (58,2%) e 48 seggi;Destra 8.706 (26,5%) e 12 seggi; PPI 5.093(15%) nessun seggio. Al consiglio provincia-le 47 consiglieri al PSI e 3 alla destra. Nullaal PPI. 54 comuni conquistati dal PSI e 7 dalPPI. Nessuno dalla destra.

Novembre4. Nel pomeriggio i fascisti invadono Palazzod’Accursio. La sera assaltano la CCdL in viad’Azeglio 41. Dopo uno scambio di colpi,interviene la polizia chiamata dal segretarioErcole Bucco. La polizia arresta 96 guardierosse e non un solo fascista. Arrestati ancheBucco, nonostante sia deputato, e il parla-mentare del PSI Francesco Quarantini*.Sequestrate molte rivoltelle. Mentre le guar-die rosse finiscono in carcere, i fascisti incen-diano la sede sindacale.9. Bucco rassegna le dimissioni.19. Il Fascio pubblica un manifesto e annun-cia che impedirà l’insediamento della nuovaamministrazione del PSI a Bologna.20. Armando Cocchi* organizza un serviziodi guardie rosse per respingere l’assalto fasci-sta.21. Nel pomeriggio Arpinati, alla guida deifascisti bolognesi – ai quali si sono aggiuntiuna cinquantina di ferraresi – assalta Palazzod’Accursio. I fascisti sparano sulla folla. Leguardie rosse, dal balcone della sala d’Ercoledi Palazzo d’Accursio, gettano per errorealcune bombe a mano. Bilancio: 10 cittadinimorti e 50 feriti. I morti – alcuni dei qualideceduti in seguito per ferite – sono: AntonioAmadesi*, Flavio Bonettini*, GilbertoCantieri*, Enrico Comastri*, Vittorio Fava*,Livio Fazzini*, Alderige Lenzi*, EttoreMasetti*, Leonida Orlandi*, Carolina Zec-

chi*. Nello stesso giorno – dopo l’elezione asindaco di Enio Gnudi* - si spara nella sala delconsiglio. Il consigliere di minoranza GiulioGiordani muore e 2 restano feriti. La poliziaferma 331 socialisti e non un solo fascista.28-29. Ad Imola convegno dell’ala comunistadel PSI. I convenuti chiedono che il nome siacambiato in Partito comunista d’Italia e l’e-spulsione della corrente riformista.

Dicembre7. I fascisti occupano il comune di Castel S.Pietro e distruggono cooperative e sindacati18. I fascisti bastonano i deputati socialistiGenuzio Bentini* e Adelmo Nicolai* all’u-scita del tribunale. Arpinati si autodenunciaed è arrestato.19. Al congresso provinciale del PSI i massi-malisti ottengono 1.573 voti, 1.569 i comuni-sti e 718 i riformisti.21. I fascisti bastonano l’on. FrancescoZanardi*.

1921

Gennaio6. Muore il ferroviere Alderige Lenzi*. Erarimasto ferito il 21.11.20 durante l’assaltofascista a Palazzo d’Accursio.8. Al congresso dell’USB (sezioni del PSI nelcomune di Bologna) i massimalisti ottengono447 voti, 248 i riformisti, 243 i comunisti e 64la corrente di Graziadei.8. Se ne va il prefetto Visconti e arriva CesareMori.15-21. Al congresso nazionale del PSI, aLivorno, avviene la scissione e la nascita delPCdI.24. In uno scontro a Modena muore lo squa-drista Augusto Baccolini. Per rappresaglia, ifascisti bolognesi incendiano lo stabile di viad’Azeglio 41, dove hanno la sede il PSI, laCCdL e la redazione de “La Squilla”.24. Il prefetto revoca a Bologna i porto d’armi.

Febbraio6. Muore in ospedale Armando Ramazzotti*,un artigiano iscritto al PRI. Il 4.2 era statobastonato dai fascisti.

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13. Muore Ettore Masetti*. Era rimasto feri-to il 21.11.20 durante l’assalto fascista aPalazzo d’Accursio.20. Si riunisce il congresso della CCdL. Lalista del PSI ha 47.946 voti e quella del PcdI9.968. Francesco Amateis* è confermatosegretario.20. Nasce la FGCI, l’organizzazione giovani-le del PCdI. Vi aderiscono poco più di millegiovani, dei 4.000 iscritti della FGSI del PSI.23. Giovanni Marchi assume la direzione de“Il Progresso”.

Marzo7. Mentre attraversa l’abitato di Pieve diCento (allora in provincia di Ferrara), unasquadra di fascisti spara e uccide AngelaToni*. Era alla finestra di casa.15. A Milano è arrestato Arpinati accusato diavere partecipato alla sparatoria di Pieve diCento. Sarà scarcerato il 18.17. Il bracciante anarchico Ugo Masrati* èucciso dai fascisti, mentre lavora in un pode-re a S. Prospero (Imola).19. È costituita la federazione bolognese delPCdI.26. Muore a S. Giovanni in Persiceto l’ope-raio socialista Pirro Mocci*. Il giorno primaera rimasto ferito da un colpo di rivoltella nelcorso di uno scontro con i fascisti.

Aprile2. Il governo scioglie il consiglio comunale diBologna.4. I fascisti bastonano Achille Gherardi, con-sigliere delegato de “il Resto del Carlino”,per indurlo a licenziare il direttore MarioMissiroli.5. Nello Quilici è il nuovo direttore de “ilResto del Carlino”.8. All’ospedale di Bologna muore GiovannaGiuseppina Pilati*. Il 6.4 era stata ferita daalcuni fascisti i quali, attraversando l’abitatodi Ca’ de Fabbri (Minerbio), avevano spara-to contro un gruppo di lavoratori.17. A Pian di Macina (Pianoro) i socialistisparano contro un camion in transito caricodi fascisti. 3 restano feriti.22. Il prefetto scioglie il Consiglio provin-ciale.

29. A S. Maria in Duno (Bentivoglio) i fasci-sti irrompono in una sala dove sono riunitinumerosi mezzadri. Sparano e uccidono ilcapolega Amedeo Zanarini*. 8 i feriti.

Maggio14. Scontro a Sala Bolognese tra socialisti efascisti, con feriti da ambo le parti. Il 18muore il fascista Sebastiano Monari.15. Elezioni politiche. PSI 19.614 voti nelcomune di Bologna, 39.996 nella provinciae 110.105 nella circoscrizione (BO, FE, FOe RA); Fascio 12.883, 24.435 e 96.267; PPI3.887, 13.372, 42.549; PCdI 2.552, 8.547,29.284; PRI 686, 925, 34.758. PPI 3 depu-tati tra i quali il bolognese Fulvio Milani*;PCdI 2 deputati, tra cui Anselmo Ma-rabini*; PRI 2 deputati; Fascio 6 deputatitra i quali Mussolini primo eletto e i bolo-gnesi Oviglio e Grandi; PSI 7 deputati tra iquali i bolognesi Genuzio Bentini*, An-drea Ercolani*, Luigi Fabbri*, FrancescoZanardi*. 6. I fascisti feriscono a colpi di pistola l’anar-chico Aldo Tugnoli*. Morirà il 18.17. Una bomba scoppia davanti all’abitazio-ne del segretario del fascio di Vergato. Sonoarrestati 17 antifascisti. Saranno prosciolti inistruttoria il 20.12.22. Una squadra fascista bussa alla porta diAdriano Guiduzzi a Sant’Agata Bolognese egli intima di uscire da casa. Quando si affac-cia ad una finestra la madre Agata Pizzi* ifascisti sparano e la feriscono. Muore il 26all’ospedale.

Giugno12. Squadre fasciste invadono Molinella ecercano invano Massarenti per ucciderlo.

Luglio11. 7 lavoratori sono processati per gli inci-denti del “Casermone” del 14.1.20. Quasitutti condannati.15. A Minerbio resta ucciso il fascista GiulioOnorato Toschi.18. Il bracciante socialista Enea Marchesini*è ucciso dai fascisti, durante un assalto squa-dristico contro la cooperativa di Lavino diMezzo.

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22. Ad Imola, in uno scontro, restano uccisiil fascista Francesco Nanni e l’anarchico Vin-cenzo Zanelli*.23. Il Fascio nazionale invita quelli provin-ciali a cessare le azioni violente.27. Eugenio Jacchia*, già Venerabile dellaloggia VIII Agosto di Vicolo Bianchetti 4,parlando al consiglio nazionale delGrande oriente d’Italia dice che il fasci-smo «fu una vera fortuna» perché ha libe-rato Bologna «da una mano di delinquentie di pazzi».

Agosto2. A Roma è firmato il patto di pacificazionetra PSI e Fascio.2. A Molinella il bracciante socialistaFerdinando Bandiera* è ucciso dai fascisti.14. In uno scontro con i fascisti aCastenaso è ferito con un colpo di pistolaLuigi Franceschini*. Morirà all’ospedale il20.8.16. A Bologna si tiene il congresso dei fascidella regione, con delegazioni di Cremona,Mantova e Rovigo. È respinto il patto di paci-ficazione.15. Il colono socialista Adolfo Comandi*,mentre rientra da una festa a Sibano (Mar-zabotto), è ucciso dai fascisti.28. A Poggetto (S. Pietro in Casale) scontrotra antifascisti e nazionalisti. Un nazionalistaresta ucciso e un altro ferito.28. A S. Giovanni in Persiceto è ucciso ilfascista Romolo Mellini.29. A Baragazza (Castiglione de’ Pepoli) inuno scontro tra fascisti e antifascisti muoreEmma Gherardi, moglie di un dirigentefascista.28. L’operaio Emiliano Ferri*, durante unafesta popolare a Savigno, è colpito da unarivoltellata sparata da un fascista. Muore ilgiorno dopo.

Settembre3. A Mezzolara (Budrio) in uno scontro traantifascisti e fascisti resta ucciso il giovaneFerdinando Brazzi – poi fatto passare perfascista – che transitava casualmente. Per leferite il 9.9. morirà il socialista AldoVecchi*.

16. A Torre di Jano (Sasso Marconi) è uccisodai fascisti l’operaio Emilio Bassi*.

Ottobre16. L’artigiano socialista Luigi Morini* èucciso dai fascisti a colpi di rivoltella in unbar alle Roveri (Bologna).17. A Bologna è ucciso il fascista GiuseppeSpinelli.

Novembre2. Il PSI è espulso dall’Internazionale diMosca.7-11. A Milano congresso dei fasci di com-battimento. Nasce il PNF.8. L’operaio socialista Ugo Morara* è uccisoa bastonate dai fascisti a Medicina.12. Muore all’ospedale d’Imola il bracciantesocialista Domenico Bubani*. Il 9 era statoferito al ventre dai fascisti.14. Nella caserma dei carabinieri di Castellod’Argile è ucciso con un colpo di pistola ilsocialista Medardo Vannini*15. Decade il patto di pacificazione.23. A Frassineto (Castel S. Pietro) in unoscontro tra antifascisti e fascisti restano ucci-si i fascisti Giuseppe Barnabà e RemoRavaglia.27. A Trebbo di Reno (Castel Maggiore), inuno scontro tra fascisti e antifascisti, restaferito il fascista Ernesto Cesari. Morirà il24.12.28. Muore all’ospedale di Vergato l’operaiosocialista Pietro Sibani*. Pochi giorni primaera stato ferito dai carabinieri. Lo volevanoarrestare perché aveva avuto uno scontro coni fascisti.

Dicembre5. A un’assemblea del Fascio Dino Grandie Aldo Oviglio chiedono ad Arpinati ilrendiconto finanziario sul primo annod’attività politica. Arpinati non lo dà e siapparta dalla vita politica. La direzione delFascio è assunta da Dino Grandi e GinoBaroncini. 11. Alberto Giovannini* assume la direzionede “Il Progresso”.28. A Bologna sono processati 29 Arditi delpopolo. Quasi tutti condannati.

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1922

Gennaio12. A Bologna i fascisti uccidono l’antifascistaMario Biavati* davanti alla sede della coope-rativa marmisti. Pare che la vittima predesti-nata fosse un operaio che l’accompagnava.14. Muore all’ospedale il comunista AlbertoRossetti*. Il 12.2, mentre si trovava in un’o-steria a Monghidoro, era stato ferito da uncolpo di pistola sparato da un fascista.19. I socialisti Luigi Cantelli* e RoccoSacchetti*, dopo un diverbio avvenuto inun’osteria, sono uccisi dai fascisti a Galliera.A Bologna i sindacati fascisti costituiscono laConfederazione nazionale delle corporazionisindacali.

Febbraio17. Mussolini scrive ad Arpinati «Deviriprendere il tuo posto». 20. Nasce l’Alleanza del lavoro.25. Cessa le pubblicazioni “Il Progresso”.26. I fascisti penetrano nell’abitazione delsocialista Amedeo Barbari*, a Ripoli (S.Benedetto Val di Sambro), e gli sparano. Lamadre del Barbari, Adele Naldi*, s’interponeed è colpita al petto. Muore il giorno dopo.

Marzo5. Ad Immodena (Anzola Emilia) i fascistiirrompono in un locale frequentato da socia-lista e sparano. L’operaio socialista AristideToselli* resta ucciso. 3 i feriti.19. Il bracciante socialista Ugo Mezzini* èucciso a colpi di pistola dai fascisti a Idice (S.Lazzaro di Savena).20-24. A Roma si riunisce il secondo con-gresso del PCd’I vinto da Bordiga.

Aprile3. I fascisti, al termine di un processo contro3 fascisti, bastonano l’on. Mario Bergamo* eil sostituto procuratore del re Mario Neri*.

Maggio1. Durante la Festa del lavoro a Linaro(Imola) i fascisti sparano sulla folla e uccido-no l’operaio comunista Luigi Trombetti*. 4 iferiti.

1. Durante la Festa del lavoro i fascisti spara-no sulla folla a Ponte Rivabella (Monte S.Pietro). Muoiono i fratelli Alfonso* e Vin-cenzo Vignoli* iscritti al PSI. 7 i lavoratoriferiti.27. I fascisti incendiano la CCdL in viaD’Azeglio 41.28. Il muratore socialista Antonio Stagni* èucciso a bastonate dai fascisti a Castello diSerravalle.29. Il socialista Elmiro Forlani* è ucciso conun colpo di rivoltella sparato dai fascisti.Voleva impedire ai fascisti di bruciargli lacasa a S. Giorgio di Piano.30. I fascisti occupano Bologna e chiedonol’allontanamento del prefetto Cesare Mori.

Giugno2. Ottenuto l’allontanamento di Mori, i fasci-sti cessano l’occupazione della città.13. Mentre i fascisti sparano contro la sededella cooperativa di Corticella (Bologna),Angelo Castaldini* si affaccia alla finestra dicasa e resta ucciso.22. Mentre percorre a piedi via del Pratello,il socialista Demetrio Martinelli* è ucciso acolpi di pistola dai fascisti. Due personerestano ferite.

Luglio4. Ad Anzola Emilia 5 fascisti aggredisconoUmberto Forlani* sindaco di Borgo Pani-gale. Forlani ferisce con un trincetto da cal-zolaio il fascista Teodoro Bencivenni chemorirà il 13.8.14. Durante la vertenza delle trebbiatrici, aCastenaso i fascisti uccidono il mezzadrosocialista Luigi Grillini* e feriscono il fra-tello.

Agosto1. Fallisce a Bologna lo sciopero nazionaleproclamato dall’Alleanza del lavoro.2. Ad Imola è ucciso – pare per errore daisuoi camerati – il fascista Andrea Tabanelli.3. Ad Imola, durante uno sciopero, è colpitoal capo da una bastonata, ad opera di unfascista, e muore il ferroviere socialistaRaffaele Virgulti*.5. Muore a Bologna il tranviere Anselmo

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Naldi*. Il 2.8 era stato aggredito in casa daifascisti e ferito a colpi di pistola.6. I fascisti incendiano la CCdL in via D’Aze-glio 41.7. A Bagnara di Romagna (RA) i fascisti ucci-dono il colono “bianco” Bartolomeo Maz-zetti* d’Imola.8. In via del Borgo a Bologna è ucciso il fasci-sta Ferdinando Giorgi.15. Il bracciante socialista Marcello Cazzola*muore per i postumi di un accoltellamentosubìto dai fascisti a Molinella il 12.6.21.17. A Castel d’Aiano due fascisti uccidono incasa i fratelli Francesco* e PellegrinoBernardi*.

Settembre2. A Castiglione de’ Pepoli è ucciso il fascistaSilvio Sammarchi.16. È bastonato dai fascisti a Bologna il fer-roviere Ettore Faustini*. Muore il giornodopo.

Ottobre1-4. Il congresso nazionale del PSI, riunitosia Roma, espelle l’ala riformista di Turati.Nasce il PSU. A Bologna, tra gli altri, sonoespulsi gli onorevoli Francesco Zanardi* eGenuzio Bentini*.8. A Bologna si tiene il congresso costitutivodel PLI.28. Durante la “marcia su Roma”, Bologna èoccupata dai fascisti. Il maresciallo PaoloVitalone*, della Guardia regia, si rifiuta difarsi disarmare. I fascisti l’uccidono e ferisco-no un agente. Nello scontro resta ferito il fasci-sta Mario Carlo Becocci che morirà il 4.11.29. I fascisti tentano di occupare la stazionedei carabinieri di S. Ruffillo (Bologna). Icarabinieri si difendono e uccidono Gian-carlo Nannini e Oscar Paoletti.31. L’impiegato postale Guglielmo Cialdi* èucciso a bastonate dai fascisti nell’atrio dellastazione ferroviaria perché tenta di difenderel’anarchico Guido Zerbini* aggredito daglisquadristi.

Novembre1. A S. Giovanni in Persiceto è ucciso il fasci-sta Luigi Santini.

26. Sono processati e assolti 4 antifascisti pergli incidenti di Poggetto del 28.8.21.27. A Trebbo di Reno (Castel Maggiore) av-viene uno scontro tra antifascisti e fascisti.Un fascista resta ucciso. Feriti da ambo leparti.27. Primo Malossi* è ucciso da un fascista adAltedo.

Dicembre4. A Mosca il VI congresso dell’internaziona-le comunista decide la fusione tra PSI e PCdIe la nascita del Partito comunista unificatod’Italia.18. I fascisti tentano di invadere la loggiamassonica di vicolo Bianchetti 4.22. Per gli incidenti di Pian di Macina del17.4.21, sono processati e assolti 11 antifascisti.

1923

Gennaio3. Ad Imola, dopo un funerale, i fascisticominciano a sparare per le strade e uccido-no Giuseppe Nanni*.8. A Maddalena di Budrio i fascisti uccidonoa bastonate il bracciante socialista AdelmoBrighenti*.8. Mentre esce dalla cooperativa di S.Prospero (Imola) è ucciso dai fascisti il brac-ciante comunista Giuseppe Casadio Gad-doni*.

Febbraio13. Il Gran consiglio del fascismo vota l’in-compatibilità tra massoneria e PNF.14. Il mendicante Enrico Mazzetti* è uccisoa bastonate dai fascisti a Crespellano.

Marzo1. PNF e nazionalisti si uniscono.3. 27 antifascisti sono processati per gli inci-denti di Baragazza del 29.8.21. Sono quasitutti condannati.23. Il bracciante Stefano Dal Pozzo* è uccisocon una pugnalata da un fascista a PonteSanto (Imola).25. A Baigno (Camugnano) i fascisti uccidonoa colpi di pistola il colono Giuseppe Venturi*.

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Aprile7. A Bologna è ucciso il fascista Leo Mongardi.12. Il IV congresso nazionale del PPI, aTorino, si pronuncia per la fine della collabo-razione al governo con il fascismo.15-17. Il XX congresso del PSI a Milanorespinge la fusione con il PCdI.21. Il governo abolisce la festa del I maggio.23. I ministri del PPI sono cacciati dal governo.24. Il PPI si spacca e nasce il Partito nazio-nale popolare. È filofascista.

Maggio1. Sono processati e condannati 14 socialistiper gli incidenti di Sala Bolognese del14.5.21.9. A Calderara di Reno i fascisti uccidono ilcolono socialista Luigi Piretti* e feriscono ilpadre Gaetano*.23. Paolo Cappa*, che segue la linea antifa-scista del PPI, è costretto a lasciare la dire-zione de “L’Avvenire d’Italia”. Gli subentraCarlo Emilio Bolognesi.

Giugno8. 25 antifascisti sono processati per lo scon-tro di Mezzolara del 3.9.21. 13 sono condan-nati e 12 assolti.18. La massoneria bolognese rompe l’allean-za con i fascisti.

Luglio10. Don Sturzo lascia la segreteria del PPI.23. Approvata la nuova legge elettorale mag-gioritaria.23. 4 antifascisti sono processati e condannatiper gli scontri di Trebbo di Reno del 27.11.22.

Agosto5. Tomaso Monicelli è il nuovo direttore de“il Resto del Carlino”.9. I fascisti penetrano nell’abitazione delmezzadro socialista Pietro Marani* a Mar-morta (Molinella) e l’uccidono.14. A Molinella è ucciso a bastonate il socia-lista Augusto Mattarelli*.

Settembre23. Giuseppe Zerbini* è ucciso a bastonatedai fascisti a S. Lazzaro di Savena.

Ottobre26. Tre fascisti penetrano nell’abitazione diCarlo Gasperini* a Bologna e l’uccidono acolpi di pistola.31. Muore a Verona l’operaio socialistaGiuseppe Lamberti* per i postumi di unamalattia contratta in carcere. Era stato libera-to il 31.7.

Novembre8. 6 antifascisti sono processati per lo scontrodi Frassineto del 23.11.21. 5 sono condanna-ti.12. 31 braccianti sono processati per gli inci-denti di Portonovo del 9.8.20. Venti sonocondannati e 11 assolti.

Dicembre9. Con un editoriale “L’Avvenire d’Italia”aderisce ufficialmente al PNF.13. 7 fascisti sono processati e condannatiper la morte del colono “bianco” BartolomeoMazzetti il 7.8.22.

1924

Gennaio1. Nell’ospedale d’Imola muore il bracciantesocialista Emilio Monti*. La sera del25.12.23 era stato bastonato a Fontanelice dadue militi della MVSN e lasciato per piùgiorni senza cure nella caserma dei carabinie-ri.

Marzo23. Il socialista Ugo Tura* muore per uncolpo di pistola mentre si trova nella sededella questura. La polizia accredita la tesi delsuicidio.

Aprile1. Un gruppo di cattolici, guidato dal mar-chese Filippo Baviera, esce dal PPI ed entranel PNF.1. Elezioni politiche. Voti nella provincia:PNF 111.112; PSI 11.993; PSU 7.943; PPI6.504; PcdI 4.041; PRI 1.063. 2. Muore a Molinella il bracciante socialistaAngelo Gaiani*. Il giorno prima, mentre si

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recava a votare, era stato bastonato a sanguedai fascisti.23. A Dozza i fascisti bastonano DomenicoRavanelli* del PPI sindaco del comune.L’Amministrazione è retta da fascisti e catto-lici. Ravanelli è dirigente delle Fratellanzecoloniche e non vuole essere assorbito daisindacati fascisti.

Maggio3. Ravanelli rassegna le dimissioni da sindacodi Dozza.15. Muore ad Anzola Emilia PrimoMalaguti*. In aprile, per sfuggire ad unasquadra di fascisti, si era immerso in unmacero e vi era rimasto molte ore. Contrasseuna malattia dalla quale non guarì.

Giugno2. Il suonatore ambulante Egidio RaffaeleCavallini*, per avere suonato “Bandierarossa” a Calderara di Reno, è bastonato dadue agenti agricoli. Muore per le lesioniriportate. 18. A Castel Guelfo di Bologna muore ilbirocciaio Enrico Bonoli* per i postumi diuna bastonatura subita dai fascisti il 24.5.21.

Luglio2. PSI, PSU, PCdI, PPI e PRI danno vita alcomitato delle opposizioni. Il PPI si dissociail giorno dopo. Il comitato vive pochi mesi.

Agosto12. Nasce a Bologna – nella sede de “L’Av-venire d’Italia”- il Centro nazionale italianocon esponenti cattolici fascisti usciti dal PPI.

Settembre12 e 13. I fascisti invadono e mettono a saccola sede della loggia VIII Agosto in VicoloBianchetti 4. Asportano arredi e gli elenchidegli iscritti alla massoneria.12. L’operaio socialista Angelo Frazzoni* èferito a colpi di pistola nella sua abitazione aMolinella. Morirà il 16.9. A sparare sono statidue fascisti.

Ottobre4-6. A Milano il congresso del PLI invita i

suoi ministri a dimettersi.19. In uno scontro tra fascisti e antifascistiavvenuto a Camugnano resta ucciso lo squa-drista Amedeo Salvi.25. Don Surzo lascia l’Italia e va in esilio.

Novembre10. Muore ad Imola Fedora Farolfi*. Il 23.10era stata bastonata per essersi rifiutata di fareil saluto romano.12. Ad Imola è ucciso il fascista AngeloPelliconi.

1925

Gennaio2. Widar Cesarini Sforza è il direttore de “ilResto del Carlino”.3. Mussolini si assume responsabilità deldelitto Matteotti e instaura la dittatura. Lostesso giorno a Bologna i fascisti mettono asacco le sedi del PPI e dell’Unione dellavoro (il sindacato “bianco”) in viaMarsala 6. In via Oberdan è distrutta laredazione de “Il Mulo” il settimanale sati-rico cattolico.11. Augusto Pulega* è ucciso dai fascistinella sede della cooperativa di consumo inlocalità Malcantone di Bologna, oggiBelcantone.

Marzo3. A Sesto Imolese i fascisti uccidono, a colpidi pistola, il socialista Attilio Vannini*4. Il fascista Augusto Regazzi è assolto da unalunga serie di reati.

Aprile7. Il facchino Rosalino Morini* è ucciso abastonate dai fascisti in via del Borgo.21. Si riuniscono a Bologna gli intellettualifascisti. È approvato il Manifesto degli intel-lettuali fascisti redatto da Giovanni Gentile.

Maggio1. Il quotidiano “Il Mondo” di Roma pubbli-ca il manifesto di Benedetto Croce cherisponde a quello fascista. È firmato da 13uomini di cultura bolognesi.

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22. A Porta Lame i fascisti uccidono l’ope-raio comunista Oliviero Zanardi*. Da pochigiorni era stato scarcerato dopo avere sconta-to la condanna per la morte di un fascista.In data imprecisata la loggia massonica VIIIAgosto cessa di esistere per autosciogli-mento.

Ottobre2. A Palazzo Vidoni a Roma accordo tra sin-dacati corporativi e confindustria. La CGIdLnon è più riconosciuta.

Novembre26. Per i postumi di una bastonatura muorea Imola Ofelia Piancastelli*. L’8.6.23, mentreusciva dalla cooperativa di consumo imolese,era stata bastonata dai fascisti.

1926

Gennaio20-6. Terzo congresso PcdI a Lione (Fran-cia). È vinto da Gramsci.31. Il regime fascista toglie la cittadinanza anumerosi antifascisti in esilio in Francia.

Febbraio4. I comuni con più di 5000 abitanti sonogovernati da un podestà nominato dal gover-no.

Marzo23. Muore l’operaio Guido Nuzzi*. Il6.11.23 era stato scarcerato per avere sconta-to la condanna per la morte di un fascista epochi giorni dopo i fascisti tentarono di ucci-derlo. Per i postumi di quella ferita è mortodue anni dopo.

Maggio26. Il bracciante Giuseppe Zuppiroli* è ucci-so dai fascisti ad Altedo.

Settembre3. È revocata la cittadinanza italiana, mentresono esuli in Francia, agli anarchici bolognesiEttore Cuzzani* ed Adelmo Pedrini*.14. A Porta Lame i fascisti uccidono l’ardito

del popolo Amedeo Fantoni*. Il giorno primaera stato dimesso dal carcere dopo avere scon-tato la pena per la morte di un fascista.

Ottobre31. In via Indipendenza è linciato dai fascistiAnteo Zamboni*.

Novembre5. Promulgazione delle leggi eccezionali efine delle libertà costituzionali.9. Dichiarati decaduti i deputati dell’opposi-zione.13. Il prefetto scioglie con decreto il PPI.25. È istituito il Tribunale speciale.

Dicembre4. Muore a Imola il colono socialista EugenioMinardi*. Qualche giorno prima era statobastonato dai fascisti.

1927

Gennaio4. È sciolta la CGIdL.13. L’Opera Cardinal Ferrari assume lagestione de “L’Avvenire d’Italia” e nominadirettore Giovanni Terruggia.

Aprile9. Muore a Imola il comunista LuigiCervellati* per i postumi di una ferita ripor-tata il 6.4.24, quando i fascisti lo bastonaronomentre usciva dal seggio elettorale.

Settembre25. Primo Montanari diventa direttore de“L’Avvenire d’Italia”.

Dicembre8. Pier Raimondo Manzini* è nominatodirettore de “L’Avvenire d’Italia”.

1928

Febbraio22. In un’osteria di Sala Bolognese i fascistiuccidono l’operaio socialista Noè Bastia*.

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1929

Luglio12. All’Ospedale Maggiore di Bolognamuore il comunista Eligio Roveri*. Era statoarrestato nel gennaio 1927 e sottoposto aduri trattamenti.

Settembre12. Dino Grandi è nominato ministro degliesteri e Arpinati sottosegretario al ministerodell’Interno, con Mussolini titolare.

1930

Gennaio1. Il comunista Mario Tarozzi* muore nel re-clusorio dell’isola di Pianosa (LI). Era dete-nuto dal 1927.

Luglio6. Il Centro nazionale italiano si scioglie.12. Per essersi rifiutato di versare la quo-ta d’associazione al sindacato fascista, il brac-ciante Mario Cavina* di Medicina è uccisocon un colpo di moschetto da un carabinie-re.19-20. A Parigi si uniscono PSI e PSU. Ilnuovo partito si chiama PSI.

Novembre21. Il comunista Mario Mazzoni* muore nelcarcere bolognese poche ore dopo esserestato arrestato.

1931

Aprile10. A Dusseldorf si riunisce il quarto con-gresso del PcdI.12. Nel carcere di Castelfranco Emilia muoreil comunista Enea Fantini* di Imola.

Novembre1. I professori devono giurare al regime.14. Nel carcere di Bologna muore GuidoRomani*. L’11.11 era stato arrestato con altriper avere fatto scritte antifasciste a Budrio.

La questura tentò di accreditare la tesi delsuicidio, mentre invece era stato duramentepercosso.

Dicembre12. Per le percosse ricevute in carcere muoreFerdinando Albertazzi*. Era stato arrestatoun anno prima.

1932

Gennaio3. Nella caserma dei carabinieri di Ba-ricella muore il socialista Oreste Brunel-li*. Era stato arrestato il giorno prima. Icarabinieri gli misero una corda al collo etentarono di accreditare la tesi del suici-dio.

1933

Marzo 27. Muore a Monteveglio il comunistaAlberto Bartolini*, pochi mesi dopo esserestato liberato dal carcere di Turi (Ba), doveaveva contratto una grave malattia cardiaca.

Maggio4. Arpinati è costretto a lasciare il ministerodell’Interno.

Dicembre22. Muore alle isole Tremiti il colono sociali-sta Armando Sorghi*. Era stato arrestato nel1932 e assegnato al confino.

1934

Aprile4. Per i postumi delle bastonate fasciste e diuna lunga detenzione – era accusato di avereucciso un fascista a Baricella – muore il brac-ciante socialista Luigi Simoncini*.

Luglio26. Arpinati è assegnato al confino per 5anni.

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Agosto1. A Milano Rodolfo Morandi organizza ilcentro interno del PSI.17. A Parigi PSI e PCdI siglano il Patto d’u-nità d’azione.

Dicembre8. L’anarchico Luigi Campomori* muorementre si trova al confino a Ventotene.

1935

LuglioIl VII congresso del Comintern inizia la poli-tica dei Fronti popolari antifascisti.

Ottobre14. Con i pochi negozi che si salvano dal fal-limento dell’Ente autonomo dei consumi ècostituita la Cooperativa bolognese di consu-mo.

1936

Febbraio16. Vittoria del Fronte popolare in Spagna

Aprile20. Vittoria del Fronte popolare in Fran-cia.

Luglio17. Inizia in Marocco la sedizione franchistacontro il governo costituzionale spagnolo

Ottobre5. Si organizzano le brigate internazionali inSpagna.

1937

Luglio21. A Santander muore il bolognese NinoNannetti*. Un mese prima era stato ferito incombattimento.

1938

Luglio14. È pubblicato il manifesto della razza.

Agosto14. L’operaio anarchico Paolo AngeloMonaldeschi* muore mentre è al confino alleisole Tremiti.

1939

Febbraio5. Nell’ospedale di Napoli muore il comuni-sta Marino Serenari*. L’1.2, mentre si trova-va al confino a Ventotene (LT), era stato rico-verato d’urgenza.

Marzo15. La Germania annette la Cecoslovacchia.28. I franchisti occupano Madrid.

Settembre1. La Germania aggredisce la Polonia.Inghilterra e Francia dichiarano guerra allaGermania due giorni dopo.

1940

Gennaio11. Muore, mentre si trova al confino aCampobasso, il socialista Francesco AldoBaroncini*. Era stato arrestato il 19.10.39.

Marzo5. Mentre si trova nel carcere di Civitavec-chia (Roma) muore Giuseppe Reggiani*.Era stato condannato dal Tribunale specia-le.

Aprile9. La Germania occupa Danimarca eNorvegia.

Maggio10. La Germania invade Belgio e Olanda.13. L’Olanda è sconfitta e la regina ripara inInghilterra.

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15. La Linea Maginot è sfondata dai tede-schi.27. Il re del Belgio si arrende ed è fatto pri-gioniero.27. A Dunkerque inizia il reimbarco di mili-tari inglesi.

Giugno4. Termina il reimbarco a Dunkerque. 338mila militari tornano in Inghilterra.10. L’Italia entra in guerra.14. I tedeschi entrano a Parigi.22. Armistizio tra Germania e Francia.24. Armistizio tra Italia e Francia.

Luglio13. All’ospedale di Formia (LT) muore l’ope-raio Giuseppe Piancastelli* di Imola. Lo stes-so giorno vi era stato trasferito da Ventotene(LT) dove si trovava al confino.

Agosto22. Piero Monzoni è eletto segretario delPNF a Bologna.

Settembre14. L’esercito italiano inizia l’offensiva inLibia.27. A Berlino è firmato il patto tra Italia,Germania e Giappone.

Ottobre28. L’Italia aggredisce la Grecia.

Dicembre1. Esce “Architrave”, il mensile del GUF.5. Il capo di stato maggiore Pietro Badogliorassegna le dimissioni per i rovesci subiti inGrecia.8. Le truppe inglesi invadono la Libia.

1941

Gennaio1. A Bologna muore l’operaio UgoVeronesi*. Il 31.12 era stato ferito con unapugnalata da un milite della MVSN.3. Gli inglesi occupano parte della Ci-renaica.

Marzo1. Inizia l’intervento tedesco nei Balcani inaiuto dell’Italia.

Aprile5. Le truppe inglesi entrano in Addis Abeba.18. La Jugoslavia si arrende.24. La Grecia si arrende.

Maggio19. In Etiopia l’esercito italiano si arrende.

Giugno22. La Germania aggredisce l’URSS.26. L’Italia invia in URSS il CSIR.

Dicembre8. L’attacco proditorio dei giapponesi controPearl Harbor segna l’inizio della guerra traUSA e Giappone.11. L’Italia dichiara guerra agli USA.

1942

Gennaio21. Offensiva italo-tedesca contro gli inglesiin Libia.

Maggio25. A Ustica, dove si trova perché confinato,muore il facchino Ettore Lorenzini*.28. In Libia italiani e tedeschi iniziano una-nuova offensiva contro gli inglesi.

Giugno4. Gli USA respingono l’attacco giapponesealle isole Midway.

Settembre13. I tedeschi attaccano Stalingrado.In data imprecisata PSI, MUP e PCI costi-tuiscono il Comitato unitario d’azione antifa-scista. Un analogo comitato – con l’aggiuntadi esponenti cattolici, perché la DC non esi-ste ancora – nello stesso periodo nasce aTorino.

Ottobre24. Gli inglesi, dopo avere fermato italiani e

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tedeschi ad El Alamein, iniziano la controf-fensiva.

Novembre8. Gli americani sbarcano in Algeria eMarocco.21. Muore a Bologna l’operaio RiccardoBedosti*. Il 2.11 era stato liberato dal confi-no.

DicembreNella prima quindicina in URSS l’Armatarossa inizia la controffensiva.

1943

GennaioIn data imprecisata a Bologna è costituito ilPdA su iniziativa di Massenzio Masia*.In data imprecisata – nel dicembre 1942,secondo altra versione – Umberto Ghini* ènominato segretario del PCdI di Bologna alposto di Leonida Roncagli*.

Febbraio6. I tedeschi si arrendono a Stalingrado.24. Mentre si trova al confino alle isoleTremiti muore Amedeo Bonini*.

Marzo5. Iniziano gli scioperi politici nelle fabbrichedi Milano, Torino e Genova. Durano tutto ilmese. A Bologna gli scioperi non sono nume-rosi, ma significativi.

Aprile21. Mentre si trova al confino a Ventotenemuore l’anarchico Leone Bettini*.24. Don Antonio Gavinelli*, parroco dellachiesa del Sacro cuore di Bologna, è arresta-to e assegnato al confino per tre anni peravere stampato e diffuso un volantino controla guerra.

Maggio6. Resa degli italiani in Tunisia.12. Muore in carcere a Bologna il comunistaMario Bersani*. Era stato arrestato il giorno 11. 13. Il prefetto, in un rapporto a Mussolini,

scrive che a Bologna «nell’ambito goliardiconon mancano tendenze dissidenti contrarieal fascismo».23. Sei intellettuali che militano o sono vicinial PdA sono arrestati a Bologna per antifasci-smo. Sono Gaetano Arcangeli*, GiancarloCavalli*, Cesare Gnudi*, Giorgio Morandi*,Giuseppe Raimondi*, Antonio Rinaldi*.26. Sono arrestati (alcuni nei giorni seguentie in diverse città) una dozzina d’antifascisti.Sono: Mario Delle Piane*, Carlo Doglio*,Mario Finzi*, Massenzio Masia*, FulbertoPettinelli*, Carlo Lodovico Ragghianti*,Elisabetta Maria Valeria Schiassi*, EdoardoVolterra* del PdA; Fernando Baroncini*detto Nino e Paolo Fabbri* del MUP;Francesco Colombo* e Armando Quadri*del PRI.29. Don Giuseppe Fornasini* (da non con-fondere con don Giovanni Fornasini* diMarzabotto) è arrestato e assegnato al confi-no per «disfattismo politico».

Giugno8. Il Comintern è sciolto.10. Il segretario del PNF di Bologna PieroMonzoni è nominato prefetto di Catanzaro.10-12. Gli angloamericani conquistanoPantelleria, Lampedusa e Linosa.15. Arriva il nuovo prefetto Guido Letta.24. Angelo Lodini è nominato federale diBologna.In data imprecisata il Comitato unitario d’a-zione antifascista – costituito nel settembre1942 - è ribattezzato in Fronte per la pace e lalibertà. Aderiscono il PdA, il PRI e – ma nonè certo - alcuni cattolici a titolo personale.

Luglio11. Gli anglo-americani sbarcano in Sicilia.15. Nella notte tra il 15 e il 16 sei bombar-dieri Lancaster, partiti dall’Inghilterra, colpi-scono impianti ferroviari in via Agucchi. È ilprimo bombardamento su Bologna. Al ter-mine del conflitto ne saranno contati 32pesanti.19. Bombardamento aereo su Roma.23. Luigi Alloati è il nuovo questore.23. Secondo bombardamento su Bologna.Gli aerei americani – 51 “fortezze volanti” B

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17 – sono partiti dalla Tunisia. Colpiscono lastazione ferroviaria e il centro storico.Muoiono 180 cittadini.24. Esce l’ultimo numero de “L’Assalto”.25. Dopo l’annuncio dato per radio dellacaduta di Mussolini, molti bolognesi – no-nostante l’ora tarda e le strade non illumina-te per l’oscuramento – improvvisano manife-stazioni.26. In Piazza Vittorio Emanuele II (oggiPiazza Maggiore) e in altre parti di Bolognasi tengono comizi improvvisati per festeggia-re la caduta della dittatura.26. Ad Imola è costituito il Comitato unitariodelle forze politiche antifasciste, chiamatoComitato cittadino.26. Il prefetto Letta telegrafa al governo, alleore 10,50, che il «movimento iniziatosi ierisera ha già assunto carattere nettamentecomunista». Alle 19,10 telegrafa che «elemen-ti comunisti dovrebbero procedere stanotteoccupazione principali edifici pubblici».26. Giovanni Telesio lascia all’ex onorevoleliberale Alberto Giovannini* (designato daDino Grandi) la direzione de “il Resto delCarlino”.26. Il Fronte per la pace e la libertà chiede un“armistizio immediato” e l’allontanamentodei tedeschi dall’Italia.27. A Molinella i carabinieri arrestanoGiuseppe Bentivogli* e una decina di lavora-tori perché festeggiano nella piazza comuna-le la caduta della dittatura.27. A Bologna è arrestato l’operaio FeliceGrassini* perché, mentre cammina per lastrada, canta Bandiera rossa.27. Ad Imola un corteo di 10.000 cittadiniparte dalla Rocca e si reca in piazza VittorioEmanuele II (oggi Piazza Matteotti) dove sisvolge una manifestazione per la caduta delladittatura.29. I giornali scrivono che davanti allaMinganti è stato ucciso un operaio. Non è vero.30. La Germania invia in Italia nuovi contin-genti militari, in aggiunta a quelli che giàcombattono contro gli angloamericani.In data imprecisata a Roma nasce la DC.

Agosto2. A Imola gli operai sono invitati a sospen-

dere il lavoro alle ore 10 per chiedere la finedella guerra. Lo sciopero riesce solo all’OR-SA. Due operai sono arrestati e condannati a11 anni.3. I giornali annunciano la liberazione degliantifascisti arrestati il 23 e 26 maggio. Conloro esce dal carcere di S. Giovanni in Monteanche Giulio Vespignani* un militante delPSI già garibaldino di Spagna. Era stato con-segnato dalla polizia tedesca a quella italianaed era in attesa di andare al confino.3. (il 6 secondo altra versione) si unificano ilPSI e il MUP. Nasce il PSIUP. L’incontroavviene nello studio di Roberto Vighi* in viaS.Stefano 18. Fernando Baroncini* è elettosegretario provinciale.7. Il fascista Goffredo Coppola è arrestatoper «grida sediziose e apologia del fascismo».17. Con la conquista di Messina, gli angloa-mericani concludono la campagna militare inSicilia.18. Esce a Bologna il primo numero clande-stino di “Rinascita” organo del Fronte per lapace e la libertà.20. Il fascista Franz Pagliani è arrestato econdannato a 2 anni di reclusione perché tro-vato in possesso di un mitra, un fucile ebombe a mano.21. Il prefetto Letta è trasferito a Genova.Arriva Mario Trinchero.28. Lasciano la carica il podestà Enzo Farné eil presidente della Provincia Augusto Paleotti.28. Esce il secondo e ultimo numero di“Rinascita”.31. Torna l’on. Francesco Zanardi*. Nei ven-t’anni della dittatura gli era stato impedito dirisiedere a Bologna.Per tutto il mese – senza che i loro nomi esca-no sui giornali – rientrano numerosi antifa-scisti liberati dal carcere o dal confino,In data imprecisata Arturo Colombi* ènominato segretario provinciale del PCI, alposto di Umberto Ghini*.

Settembre1. Enrico Redenti è eletto rettore.3. La Commissione per la devoluzione allostato dei patrimoni di non giustificata prove-nienza, sequestra i beni di Leandro Arpinatie Bruno Biagi.

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2. A Cassibile (Sicilia) è firmato l’armistiziotra italiani ed angloamericani.4. Gli angloamericani sbarcano a ReggioCalabria.8. Nel pomeriggio Carmine Mancinelli* edEttore Trombetti* incontrano il comandantedel Corpo d’armata generale AlbertoTerziani. A nome del Fronte, gli chiedono diarmare i cittadini per combattere contro itedeschi. Terziani rifiuta.8. Il segretario regionale del PCI AmerigoClocchiatti* - dopo l’annuncio dell’armistiziodato via radio alle ore 19,30 - organizza cor-tei e tiene comizi volanti in via dell’Indipen-denza per invitare i cittadini ad opporsi aitedeschi.8. A tarda sera si riuniscono i dirigenti delFronte. Intervengono i rappresentanti delPSIUP, PCI e PdA. È decisa la lotta contro itedeschi.8. I tedeschi occupano Bologna senza incon-trare resistenza. Il generale Terziani è fattoprigioniero nella notte tra l’8 e il 9. I repartimilitari, rimasti senza ordini, si arrendono.Secondo il generale Mario Torsiello «oppose-ro resistenza alcuni elementi carristi» e unufficiale fu giustiziato dai tedeschi. Un altroscontro si ebbe alla stazione ferroviaria conmorti tedeschi. Secondo altra versione imorti sarebbero stati italiani. 9. “L’Avvenire d’Italia” e “il Resto delCarlino” escono listati a lutto e decidono dicessare le pubblicazioni.9. A Roma è costituito il CLN, mentre ilgoverno costituzionale si trasferisce al sud.10. A firma Commissario comunale diBologna è resa nota una comunicazione nellaquale si afferma che gli atti di sabotaggiocontro i tedeschi saranno puniti «con le leggidi guerra» e che il comando tedesco «fucile-rà dieci cittadini anche se non impegnatinegli atti di ostilità».10. A Imola i partiti di sinistra promuovonola Guardia nazionale.10. Ad Anzola Emilia è dato l’assalto a undeposito di grano. I militari tedeschi, che lopresidiano, sparano e uccidono EmiliaBosi* e Amelia Merighi*. Analoghi assaltiavvengono a Castel S. Pietro Terme e aMordano.

10 o 12. I militi della 67a legione della MVSNdi Bologna sono invitati a presentarsi.12. Mussolini è liberato dai tedeschi.13. I tedeschi occupano Imola.13. I fascisti di Imola preparano una lista coni nomi di 72 antifascisti e chiedono ai tede-schi di arrestarli.13. Nasce la federazione del PFR (Partitofascista repubblicano). Aristide Sarti è nomi-nato reggente. Suoi vice sono AgostinoFortunati e Piero Innocenti. Michele Tossaniè presidente provinciale dell’Opera naziona-le balilla. Pagliani è il vero e unico dirigentedel PFR, perché ha la fiducia dei tedeschi e,di conseguenza, di Mussolini. La sede è in viaGandino 22.14. Squadre di tedeschi e fascisti compionoun rastrellamento a Imola, con nomi e indi-rizzi, per arrestare una settantina di antifasci-sti. Solo 11 sono fermati.16. Diretto da Giorgio Pini, riprende le pub-blicazioni “il Resto del Carlino”.17. I militari del disciolto esercito italianosono invitati a presentarsi ai distretti.17. Il comando tedesco ordina ai cittadini diconsegnare le armi del disciolto esercito ita-liano.18. Sei giovani imolesi si recano a Trieste eentrano nel btg partigiano Trieste comanda-to da Luigi Frausin.18. Mussolini, da radio Monaco, annuncia lacostituzione del Partito fascista repubblicano.19. Giuseppe Alberganti* assume la segrete-ria provinciale del PCI, in sostituzione diColombi trasferito in Piemonte.19. Il Fronte è ribattezzato in Comitato diliberazione nazionale.19. I militi della 68a legione della MVSNd’Imola sono invitati a presentarsi in caser-ma. 19. Guerrino Bettini è nominato reggente delPFR di Imola.21. Scade il termine per la presentazione deimilitari in servizio l’8.9.22. Mario Agnoli è nominato commissario alcomune di Bologna. Il 30.3.44 sarà nominatopodestà.23. Nasce la RSI a capo della quale Hitlerimpone Mussolini. A Bologna sono aperte leiscrizioni al PFR..

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25. Bologna subisce il più pesante bombar-damento aereo della guerra. Le bombe – lan-ciate da 71 “fortezze volanti” B 17, decollatedalla Tunisia - cominciano a cadere prima delsuono delle sirene per cui i bolognesi sonosorpresi nelle case e per le strade. I mortisono 936.27. A Imola è ucciso, in «agg», Luigi Dal Pradella GdF (Albo).In data imprecisata – ma pochi giorni dopol’invasione – il comando tedesco impone lacircolazione del Reichsmark d’occupazione.Un marco vale 10 lire.

Ottobre5. “L’Avvenire d’Italia” riprende le pubblica-zioni. È sempre diretto da RaimondoManzini*, ma in gerenza figura GinoSanvido*.10. Ad Imola esce “Voce di Romagna” il set-timanale del PFR.13. L’Italia dichiara guerra alla Germania.15. Il governo della RSI chiama alle arminumerose classi.15. “L’Assalto” riprende le pubblicazionidiretto da Goffredo Coppola.17. È arrestato Angelo Manaresi ex sottose-gretario di stato, ex deputato ed ex podestàdi Bologna. Al momento della caduta delregime era ispettore nazionale del PNF.25. S’insedia il prefetto Guglielmo Montani.28. Nel maneggio di via Gandino 22 si tienela prima assemblea degli iscritti al PFR.In data imprecisata esce “La Voce dell’ope-raio”di Bologna.In data imprecisata è costituito il Fronte dellagioventù.

Novembre2. Gli ufficiali del disciolto esercito sono invi-tati a presentarsi al distretto.3. Davanti al ristorante Fagiano, in viaCalcavinazzi (BO), frequentato dai tedeschi,scoppia la prima bomba. È stata collocata daVittorio Gombi*, Libero Baldi* e LiberoRomagnoli*. I tedeschi ordinano il coprifuo-co dalle 21 alle 6 e fermano 10 ostaggi.4. I partigiani Adelmo Bartolini* e LivioPoletti* - in via Luigi Sassi a Imola - soppri-mono Gernando Barani comandante della

68a legione della MVSN locale. I fascistiarrestano una cinquantina di antifascisti. Igiornali dell’epoca scrivono che si chiamavaGernando. Secondo l’Albo caduti e dispersi..il nome esatto sarebbe Germano Fernando.7. Le SS iniziano il rastrellamento degli ebreiresidenti a Bologna. Lo concluderanno il 12.I fermati sono inviati nei lager di sterminio.8. Le affittanze agrarie sono prorogate di unanno.10 (il 20 secondo altra versione). In localitàAlbergo di Cortecchio sul Monte Faggiola(in comune di Palazzuolo sul Senio (FI) e inconfine con Castel del Rio), è organizzato ilprimo gruppo di partigiani imolesi, in accor-do con il CLN di Riolo Terme (RA).11. S’insedia il questore Giovanni Tebaldi.13. A Castello d’Argile è ucciso Igino Ghi-sellini maggiore della GNR e federale delPFR a Ferrara (Albo).19. È costituita la GNR (Guardia nazionalerepubblicana) della RSI. Incorpora i vecchireparti della MVSN, agenti della PAI (PoliziaAfrica italiana) e reparti di carabinieri.19. A Porta S. Felice (BO) è ucciso il capita-no dell’esercito Luigi Revelli Baumont(Albo).20. Il coprifuoco va dalle 23 alle 6.23. A Imola Corso Buscaroli è nominato reg-gente del PFR.24. Sono chiamate alle armi le classi del 1924e 1925.25. A Bologna è ucciso, in «agg», il poliziot-to Salvatore Musumeci (Albo).26. Goffredo Coppola è nominato proretto-re.In data imprecisata nascono i Gruppi di dife-sa delle donne.

Dicembre2. Il prefetto ordina il sequestro dei benidegli ebrei. “il Resto del Carlino” pubblicauna nota dal titolo Gli ebrei residenti in Italiaavviati in campo di concentramento.2. Il comando tedesco promette 10 mila lirea chi farà catturare i responsabili degli «attidi sabotaggio alle condutture telefoniche»posate dall’esercito invasore.3. Gli studenti universitari sono chiamati allearmi.

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3. A Imola una bomba scoppia su una fine-stra della caserma della MVSN. 4 fascistirestano feriti. Gravi i danni al fabbricato.4. Il Tribunale straordinario di Firenze –composto da fascisti bolognesi – condanna amorte 10 antifascisti quale rappresaglia perl’uccisione di un gerarca fascista. La sentenzaè subito eseguita.10. Sarti è destituito da Franz Pagliani – l’uo-mo di fiducia di Mussolini nella regione - edeve lasciare la carica di reggente del PFR diBologna. Eugenio Facchini è nominato al suoposto. Tre i vice: Walter Boninsegni, CesareSimula e Pietro Torri. Mario Foligni è ilnuovo presidente dell’ONB, al posto diTossani.15. I giornali annunciano due attentati (senzaindicare luoghi e date) contro sedi tedesche.Coprifuoco dalle 18 alle 6. Il comando tede-sco impone 500 mila lire di multa al comunedi Bologna e minaccia di fucilare «tutti gliarrestati politici» detenuti.15. È arrestato l’ex squadrista Dino Zanettiperché il 26.7.43 aveva fatto esporre il trico-lore davanti ad una banca di Cento (FE)della quale era direttore. Il 13.2.44 è condan-nato a 5 anni e sarà scarcerato al termine delconflitto.21. Coprifuoco dalle 20 alle 6.24. Il PFR annuncia che sono stati costituiti67 fasci nei comuni della provincia.28. Una bomba è collocata davanti al risto-rante Diana in via dell’Indipendenza (BO)frequentato dai tedeschi. 2 morti e 5 feriti.Tutti civili. La questura annuncia una tagliadi 100 mila lire.29. Lo stato sequestra i beni di Dino Grandi.31. I fascisti fucilano i partigiani MaxEmiliani* e Mario Donatini*.In data imprecisata il PCI decide di inviareun primo gruppo di partigiani nell’AltoBellunese. A fine gennaio saranno circa 150.

1944

Gennaio1. Inizia il razionamento del sale.1. Esce “La Comune” ad Imola.3. Le SD fucilano i partigiani Adriano

Brunelli*, Lino Formili* e GiancarloRomagnoli* catturati a Lizzano in Belvedere.5. A Crevalcore sono distribuiti manifestiniche invitano i giovani a non presentarsi allachiamata di leva.9. Ad Imola il settimanale del PFR “Voce diRomagna” pubblica il primo di quattro elen-chi con i nomi dei fascisti, già iscritti al PNF,che non hanno aderito alla RSI. Contem-poraneamente sono arrestati numerosi anti-fascisti.15. S’insedia il Tribunale straordinario pro-vinciale.22. Gli alleati sbarcano ad Anzio.25. Arriva il prefetto Dino Fantozzi.26. Eugenio Facchini, segretario del PFR diBologna, è ucciso all’università dai partigianiErmanno Galeotti*, Bruno Pasquali* eRemigio Venturoli*. Poiché i tre erano inbicicletta in città sono organizzati posti diblocco e controllati 3.204 ciclisti (Da un rap-porto della questura in data 26 gennaio).27. Otto antifascisti – processati da un tribu-nale militare - sono fucilati in segno di rap-presaglia per la morte di Facchini. SonoAlfredo* e Romeo* Bartolini, FrancescoD’Agostino*, Alessandro Bianconcini*, EzioCesarini*, Zosimo Marinelli*, CesareBudini* e Silvio Bonfigli*. Luigi Missoni* eSante Contoli* sono condannati a 30 anni.27. Il governo nomina Goffredo Coppolarettore universitario.27. A Monzuno è ucciso, in «agg», il militedella GNR Ettore Marmocchi (Albo).29. “L’Avvenire d’Italia” sospende le pubbli-cazioni perché la tipografia è stata colpita daun bombardamento.30. Pietro Torri è nominato reggente dellafederazione del PFR.In data imprecisata esce l’“Avanti!” a Bo-logna.In data imprecisata esce “La lotta” a Bo-logna.

Febbraio6. I partigiani assaltano la caserma dellaGNR di Argelato e fanno bottino d’armi.8. Il prefetto ricorda ai bolognesi che saran-no immediatamente fucilate le persone trova-te in possesso d’armi.

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12. A Bologna, in «agg», è ucciso il militedella GNR Primo Rondelli (Albo).13. Una bomba scoppia davanti alla sede delfascio a Casalfiumanese.16. Pericle Ducati, membro del Tribunalestraordinario di Firenze, è ferito in un atten-tato a Bologna.16. I partigiani tentano di penetrare nellaVilla Contri, adibita a deposito di munizioni,in via della Barca (BO), al confine conCasalecchio di Reno. L’assalto fallisce (P-Q).17. Poiché la maggior parte degli attentati ècompiuta da partigiani in bicicletta, il prefet-to vieta l’uso dei velocipedi agli uomini conpiù di 16 anni.18. A Imola è ucciso, in «agg», il milite dellaGdF Alberto Aresu (Albo).21. A Dozza esplode una bomba davanti allasede del PFR. Resta uccisa una ragazza di 15anni che transita casualmente. Una bombascoppia tra i binari della ferrovia a Bubano(Mordano).21. In viale Dante (BO) i partigiani collocanouna bomba su una finestra della scuolaCarducci occupata dai tedeschi. 4 militariferiti (P-Q). 23. I fascisti espugnano l’Albergo di Cortec-chio. Due partigiani uccisi e due catturati.23. Vito Ricci è nominato vice di Torri.26. A Corticella (BO) una bomba esplode trai binari della “cintura” ferroviaria. In via del-l’Indipendenza (BO) una bomba esplode al-l’interno del negozio la Nuova Italia di pro-prietà dello squadrista Giuseppe Ambrosi (P-Q).29. A San Pietro in Casale una bomba scop-pia tra i binari della linea ferroviaria. In loca-lità Pontelungo (BO) salta un traliccio del-l’alta tensione. La zona resta paralizzata peralcune ore (P-Q).In data imprecisata Fernando Baroncini* -nominato ispettore della brigata Matteottimontagna - lascia la segreteria provinciale delPSIUP a Paolo Fabbri*.

Marzo1. Una trentina d’attentati distruggono scam-bi tranviari e ferroviari per paralizzare i tra-sporti e impedire agli operai di recarsi allavoro. I depositi del tram di via Saliceto e di

via Duca d’Aosta (oggi Andrea Costa), difronte allo stadio, restano bloccati per 4-5ore (P-Q).1. 1500 operai scioperano alla fonderiaCalzoni per 1 ora e 300 alla ScipioneInnocenti per 40 minuti. 2.500 operai di varistabilimenti sospendono il lavoro per 80minuti; 600 operai per 90; 500 per 2 ore. ACastel Maggiore scioperano 300 operaie.Sono arrestati «alcuni facinorosi» (P-Q). Èl’inizio degli scioperi nelle fabbriche che siprotraggono per tutto il mese.1. Una bomba scoppia davanti alla Casa delfascio di S. Giorgio di Piano. Cinque militidella GNR restano feriti. Una bomba scop-pia davanti alla sede del PFR a S. Giovanni inPersiceto. Ad Imola una bomba scoppiadavanti alla sede del Dopolavoro fascista. AS. Pietro in Casale scoppia una bomba tra ibinari del treno. 3. In via Duca d’Aosta (oggi via AndreaCosta) il milite della GNR Giorgio Baroni èsoppresso da due partigiani in bicicletta.Nell’Albo caduti e dispersi.., alla data del3.3 sono riferite le uccisioni di Giorgio Ba-rone e di Giorgio Baroni in località Cor-ticella (BO).8. A Granarolo Emilia 300 persone parteci-pano ad una manifestazione di protestadavanti alla sede comunale (P-Q).8. In Viale Audinot (BO) due ciclisti uccido-no il milite della GNR Romolo Barbieri.8. Ad Osteriola (Imola) una bomba esplodetra i binari del treno. Analogo attentato aCastel S. Pietro Terme.10. In vicolo Stagni (Imola) una bomba è col-locata, ma non scoppia, davanti alla sededell’UPI della GNR (P-Q).11. Ad Imola scoppia una bomba davantiall’abitazione del maggiore della GNR CarloTartaglia, in via Fondazza (P-Q).11. Alcuni militari, mentre si trovano su untram che percorre piazza Galvani diretto alcentro, cantano “Bandiera rossa”. Militi dellaGNR sparano contro la vettura, senza colpi-re i militari.12. A S. Giacomo del Martignone (AnzolaEmilia) due bombe esplodono lungo la lineaferroviaria Bologna-Verona (P-Q).12. A Bazzano sono uccisi, in «agg», i militi

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della GNR Sergio Cenerani, Emilio Leonardie Giuseppe Manone (Albo).13. A S. Giovanni in Persiceto una bomba scop-pia davanti alla caserma dei carabinieri (P-Q).14. L’ispettore di PS Giglio, in un rapporto alcapo della polizia della RSI, scrive che, nelcorso di una riunione in prefettura, Paglianie Torri hanno proposto di reprimere «con laforza ogni eventuale tentativo di astensionedal lavoro facendo senz’altro fuoco sullemasse operaie».15. “il Resto del Carlino”scrive che il 12 duemiliti della GNR sono caduti sull’Appenninoin scontri con i partigiani.15. Angelo Patroncini – nominato coman-dante della legione imolese della GNR, dopola morte di Gernando Barani – lascia la cari-ca a Luigi Valenti. La legione imolese èdeclassata a battaglione.16. Una bomba scoppia sui binari della “cin-tura” ferroviaria a Corticella (BO).17. A Crevalcore una bomba scoppia davan-ti alla sede del PFR. Un ferito (P-Q).19. 2 ordigni inesplosi sono rinvenuti lungola “cintura” ferroviaria a Corticella (BO).20. Il notaio Umberto Amaduzzi è ucciso aBologna da due partigiani in bicicletta. Erapresidente del Tribunale straordinario diFirenze.21. A Castel S. Pietro Terme esplode unabomba nel teatro Bios mentre è in corso unospettacolo in onore dei tedeschi organizzatodal PFR. Bilancio: un italiano morto e 7 feri-ti; 2 militari tedeschi feriti (P-Q).21. A Medicina 500 mondine scendono insciopero per aumenti salariali. Alcune sonoarrestate (P-Q).22. A Monzuno, tra Vado e Rioveggio, i par-tigiani fermano un bus di linea e giustizianoOlindo Sammarchi, dopo averlo fatto scen-dere. In un rapporto del prefetto è detto chefaceva «parte delle SS polizia germanica» (P-Q). Per l’Albo era segretario del PFR dellavalle del Setta e fu ucciso in agguato e sevi-ziato.25. Il CLN invita ufficialmente la DC a ade-rire al comitato.26. A Malacappa (Argelato) sono uccisiGuerrino Ariatti commissario comunale diArgelato e Maria Ariatti, segretaria della

sezione femminile del PFR di Argelato (P-Qe Albo).29. “il Resto del Carlino” scrive che sei militibolognesi della GNR sono caduti in scontricon i partigiani a Pavullo (MO). 30. Torri è nominato segretario della federa-zione del PFR.31. Avviene la svolta di Salerno voluta daPalmiro Togliatti.31. Al cinema Rappini, in viale XII Giugno(BO), si tiene la seconda assemblea del PFRdi Bologna. Non sono resi noti i dati sul tes-seramento.31. In Piazza Trento e Trieste (BO) sonouccisi il capitano della GNR Mario Mele, iltenente Giuseppe Massobrio e GiuseppeMassobrio Medelich (Albo). In PiazzaTrento e Trieste è ucciso, in «agg», ManlioCuno del PFR (Albo).31. La GNR fucila il milite della GNR Ar-naldo Fusco per diserzione (Albo). Secondoaltra versione sarebbe stato fucilato il 13.4 esi chiamava Amedeo. In data imprecisata a Bologna esce “Oriz-zonti di libertà” organo del PdA.

Aprile1. Alla Certosa sono fucilati i partigiani EgonBrass*, Francesca Edera De Giovanni*, Atti-lio Diolaiti*, Enrico Foscardi*, FerdinandoGrilli*, Ettore Zaniboni*.5. I partigiani penetrano nella sede del PFRdi Argelato e fanno bottino di armi (P-Q).7. A Bologna è ucciso, in «agg», Carlo Got-tardi del PFR (Albo).10. Alla Cogne di Imola inizia l’agitazioneper impedire il trasferimento in Germania dioperai e macchine.10. In località Dogana, sul Monte Faggiola, ècostituito un nucleo partigiano che diventeràprima la 4a e poi la 36a Bianconcini-Garibaldi. Tra il 14 e il 25 tornano sul Fag-giola numerosi partigiani imolesi che si eranorecati sul Monte Falterona.15. La prefettura sequestra “L’Assalto” perdissidi all’interno della federazione del PFR.16. Coprifuoco dalle 22 alle 5.17. A Castel Maggiore è ucciso, in «agg»,Gaetano Govi commissario prefettizio alcomune (Albo). A Buda (Medicina) è ucciso,

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in «agg», il milite della GNR Alfredo Ranalli(Albo).17. Castel d’Aiano è occupata dai partigianisino alle prime ore del 18 (P-Q).20. A Croce del Biacco (Bologna) sono ucci-si – alcuni in «agg» e altri in «imb» - il sotto-tenente della GNR Nello Nildo Poli e i mili-ti Giorgio Lazzari e Alberto Tescola (Albo).A Molinella, in «agg», è ucciso il milite dellaGNR Dario Randi (Albo).22. A Castel d’Aiano 4 persone di Montese(MO) sono fucilate per «favoreggiamento dipartigiani» (P-Q).23. Ad Argelato 200 persone manifestanoper la pace e contro lo scarso razionamentoalimentare. La GNR spara e ferisce tre per-sone. A Castello d’Argile 300 donne manife-stano per la pace (P-Q).24. A Bologna è ucciso, in «agg», ClaudioCremonini della GdF (Albo).26. Divieto alle bici di circolare in città.27. Il fascista Egidio Avanzi è ucciso, in«agg», a S. Pietro in Casale (Albo).29. Ad Imola, durante una manifestazione diprotesta per il caroviveri in piazza Re-pubblica (oggi piazza Matteotti), la GNRspara «senza necessità e senza ordine», comescrive in un rapporto al governo il questoreTebaldi. Maria Zanotti detta Rosa resta ucci-sa e Livia Venturini morirà qualche tempodopo per le ferite riportate. Gli operai del-l’officina Cogne – dove lavora un figlio dellaZanotti – sospendono il lavoro per un pome-riggio e promuovono una sottoscrizione chefrutta 500 mila lire per la famiglia.29. In via S. Marcellino (BO) 5 una bombaesplode davanti ad una casa di tolleranzariservata ai soldati tedeschi (P-Q). A S. Agatauna bomba scoppia nella sede del Dopola-voro fascista.30. Il CLN costituisce un comando militarediretto da Ilio Barontini* con il compito dicoordinare l’attività delle brigate partigianeoperanti in città e nella provincia.30. A Bentivoglio sono uccisi i militi dellaGNR Edmondo Bertoli e Ivo Bertocchi.Secondo un rapporto della prefettura l’1.5 enon il 30.4 a Bentivoglio i partigiani spara-no contro un’auto. Bilancio: il milite dellaGNR Bertoli morto e 4 feriti (P-Q). A

Bentivoglio è ucciso, in «agg», Mario Bo-netti (Albo).30. A Monte Cerere, tra Imola e Castel S.Pietro Terme, nasce una brigata GL che poidiventerà la 66a brigata Garibaldi.

Maggio1. A Bologna una bomba scoppia tra i binaridella linea per Modena (P-Q).2. I partigiani assaltano la caserma dellaGNR a Castel del Rio. 10 militi sono fatti pri-gionieri. Ingente il bottino d’armi (P-Q).4. Riprende le pubblicazioni “L’Avvenired’Italia”.4. A Gardelletta (Marzabotto) sono uccisi, in«agg», l’agente di polizia Aurelio Sammarchie il milite della GNR Furio Fulvio Rondinini(Albo). A Vado (Monzuno) è soppresso ilmaggiore della GNR Dario Bernini (P-Q eAlbo).6. La 36a brigata Garibaldi occupaFirenzuola (FI).7. A Castel S. Pietro Terme è ucciso il sinda-calista fascista Sante Guidi (Albo).10. Torri è nominato commissario federaledel PFR di Bologna.10. Eccidio di Casetta di Tiara (Firenzuola -FI). Muoiono 6 partigiani.10. A Selva Malvezzi è ucciso Rindo Rindisegretario del PFR locale (P-Q).10. In via Laura Bassi due partigiani in bici-cletta uccidono il tenente delle GNR CarloQuadri. Secondo Albo è stato ucciso l’11.10. A Bologna scoppia una bomba tra i bina-ri della linea per Modena (P-Q). 11. A Budrio è ucciso, in «agg», EttoreGaletti segretario del PFR locale (Albo).12. Sono chiamati alle armi i nati nel 1916 e1917.12. Il comando delle SD delle SS annuncia diavere condannato a morte 20 patrioti, ma diaverne fucilati 8 il giorno 5.4. Sono: AldoCelli, Enzo Corti, Dino Ravaglioli, GiuseppeCaligatti, Stanislao Chercl. Felice Potunech,Nello Bandini, Aldo Ragazzini. Non sono diBologna.13. Inizia l’arruolamento nella Polizia ausilia-ria, una delle tante milizie della RSI.13. Imola subisce il primo bombardamentoaereo.

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14. Esplode una bomba davanti alla casermaManara, a Bologna, occupata dai tedeschi (P-Q).14. A Pediano (Imola) è uccisa, in «agg»,Pierina Nanni segretaria del PFR femminilelocale (Albo).15 e 16. 600 operai sospendono il lavoro intre fornaci. I tedeschi deportano inGermania 18 operai.15. Lungo la linea ferroviaria secondariaBologna-Malalbergo (oggi non esiste più)scoppia una bomba.16. In via Emilia levante (BO) è ucciso ilfascista Raimondo Loreti.17. A Medicina 300 mondine scendono insciopero. Sia pure non in modo continuo, losciopero dura un mese.17. Nei pressi di Bologna, sulla linea perFirenze, è trovata una bomba inesplosa. SullaBologna-Malalbergo esplode una bomba.18. A Lizzano in Belvedere i partigiani fannosaltare un ponte e interrompono i collega-menti con la Toscana. In un rapporto algoverno il prefetto scrive: «Tutta zona mon-tana al confine tosco-emiliano est in mano airibelli».18. A S. Benedetto Val di Sambro 2 militidella GNR sono uccisi (P-Q). Uno è il ser-gente Edoardo Degli Esposti e l’altroAugusto Marchini (Albo). Il 18 a Tolè(Vergato) è ucciso, in «agg», AngelinoAngelini segretario del PFR di Tolè (Albo).19. A Castel S. Pietro Terme una bombaesplode sui binari ferroviari.19. A Granaglione i partigiani assaltano lacaserma della GNR e fanno bottino d’armi(P-Q).21. Le SS entrano nella chiesa di Santa Mariadei servi, a Bologna, e arrestano sette religio-si accusati di dare rifugio agli antifascisti.Saranno liberati una settimana dopo.21. I partigiani attaccano a Marzabotto lacaserma della GNR. Perdono la vita il mare-sciallo Giuseppe Tinelli e il milite Zelindo(Angelo secondo altra versione) Agussoni.Un milite resta ferito.21. A Medicina scoppia una bomba sui bina-ri della ferrovia. 21. A Bologna esplode una bomba davantialla caserma delle SS italiane.

22. A Castel Maggiore scoppia una bombatra i binari della linea ferroviaria secondaria.25. A Forlì è giustiziato Gustavo Marabinicomandante della GNR provinciale. Era diImola.25. In località Beverara (BO) una bombaesplode sui binari della linea ferroviaria (P-Q).26. Rastrellamento nazifascista su MonteCarzolano. 5 partigiani caduti.26. A S. Benedetto Val di Sambro è ucciso ilmilite della GNR Aldo Lollini (P-Q e Albo).27. A Ceretolo (Casalecchio di Reno) unabomba scoppia tra i binari della linea ferro-viaria (P-Q).28. In via Fondazza (BO) una bomba esplo-de davanti alla caserma della Polizia ausilia-ria. A Malalbergo una bomba scoppia tra ibinari della linea secondaria (P-Q).29. A Castel S. Pietro Terme una bomba esplo-de tra i binari della linea ferroviaria (P-Q).29. A Pianoro è ucciso, in «agg», MarioFinelli segretario del PFR di Rastignano(Albo).30. A Medicina una bomba scoppia tra ibinari della linea secondaria (P-Q).30. A Casaglia (Monzuno) i tedeschi brucia-no 12 case coloniche (P-Q).31. In via Toscana è ucciso, in «agg», il tenen-te della GdF Azeglio Milleri (P-Q e Albo).In data imprecisata esce “Noi donne”.

Giugno1. Leandro Lembo, Araldo Rapparini, PietroPolverini e Vicor Hugo Spaccialbello sononominati vice segretari del PFR di Bologna.Fabio Roversi Monaco (classe 1910) è l’ad-detto stampa.3. A Roma i sindacalisti del PSIUP, PCI e DCfirmano il “Patto di Roma” per la nascita delsindacato unitario CGIL. 4. Liberazione di Roma.4. A Crevalcore scoppia una bomba sullalinea ferroviaria Bologna-Verona.5. Il re abdica e i poteri passano al figlioUmberto I nominato luogotenente.5. A Crevalcore esplodono 2 ordigni (P-Q).5. A Medicina, in «agg», è giustiziato il mili-te della GNR Luigi Aldrovandi Onia (Albo).6. Sbarco alleato in Normandia.6. I giornali del 9 annunciano che in prefet-

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tura si sono riuniti fascisti e tedeschi per con-cordare la trebbiatura del grano. Per evitarela razzia del raccolto, da parte dei tedeschi, ilCLN ordina di rallentare mietitura e trebbia-tura. Inizia la “battaglia per il grano”.7. In via Pallavicini è trovata la salma diMarino Fiori. In un biglietto è scritto «Icomunisti perché hai tradito la causa» (P-Q).A Castel Maggiore è giustiziato il milite dellaGNR Domenico Minghetti (P-Q). A Casteldel Rio è giustiziato, in «agg», Luigi Liberinisegretario del PFR locale (Albo). A Castel delRio in «agg» è ucciso l’agente della poliziaeconomica Aristotele Pifferi (Albo).7. Una bomba scoppia davanti alla sede delPFR a Calderara di Reno (P-Q).9. Scoppia una bomba al cinema Imperiale invia dell’Indipendenza (BO). Due morti (l’a-gente della polizia ausiliaria Ivo Angelini euno spettatore) e 11 feriti. A Villafontana(Medicina) una bomba scoppia sui binaridella linea ferroviaria (P-Q). Una bombaesplode all’ingresso del deposito dei tram invia Duca d’Aosta (oggi via Andrea Costa)davanti allo stadio (P-Q).9. A Marzabotto è ucciso il milite della GNRMario Barbari (Albo).10. A Monzuno è ucciso il commissario pre-fettizio al comune Armando Nanni (P-Q). ACastel del Rio è ucciso, in «agg», GaspareMonti del PFR (Albo). A Moraduccio (Ca-stel del Rio) è ucciso, in «agg», Olinto Ra-spanti segretario del PFR del comune (Albo).10. Nelle campagne iniziano gli scioperi deibraccianti e delle mondine. Proseguirannotutta l’estate.10. Ad Anzola Emilia una bomba esplode trai binari della linea ferroviaria per Modena.Una bomba esplode tra i binari nei pressi diCrevalcore (P-Q). A S. Giovanni in Persicetouna bomba esplode tra i binari della ferrovia(P-Q). A Bologna una bomba esplode tra ibinari della linea per Rimini (P-Q).10. Sono chiamati alle armi i nati nel 1920,1921 e 1926.10. La 36a brigata occupa Marradi (FI), di-sarma i carabinieri e distribuisce il grano allapopolazione.12. A Medelana (Marzabotto), in «agg», èucciso Giovanni Guccini (Albo). A Mede-

lana (Marzabotto), in «agg», è ucciso Ago-stino Tibani del PFR (Albo).13. Alla Ducati (BO) gli operai scendono insciopero. Il 14 e il 15 sospendono il lavoro glioperai della Ducati di Bazzano, che sono1.300.13. La 36a brigata occupa Palazzuolo sulSenio (FI).13. A Sasso Marconi è ucciso il milite dellaGNR Silvio Salmi (Albo).14. Grande rastrellamento nazi-fascista suMonte Faggiola. 14. Il prefetto Fantozzi, in un rapporto algoverno sulle lotte di braccianti e mondine,scrive che sono state arrestate 11 donne e chei carabinieri di Molinella e Medicina «par-teggiano con scioperanti». Il questore propo-ne di arrestare i carabinieri (P-Q).14. In via Mascarella (BO) è ucciso, in «agg»,il milite della GNR Walter Avanzini (Albo).15. In via Irnerio (BO) è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Attilio Borghesani. In viadella Barca (BO) è ucciso il milite della GNRFrancesco Cavatich (Albo). 15. A Mezzolara (Budrio) una bomba esplo-de tra i binari della ferrovia (P-Q).17. I partigiani assaltano ed espugnano lacaserma della GNR a Tolè (Vergato). Fanno6 prigionieri e un ricco bottino di armi (P-Q). Lo stesso giorno – secondo l’Albo – aTolè muore il milite Giuseppe Collucci dellaGNR. Secondo la stessa pubblicazione, il6.8.44 a Tolè è ucciso il milite della GNRGiuseppe Pietro Colucci. A Monterenzio ipartigiani assaltano la caserma della GNR efanno ingente bottino di armi (P-Q).17. A Castenaso 2 bombe scoppiano tra ibinari della ferrovia.18. Dopo le dimissioni del primo ministroPietro Badoglio, la presidenza del governo èassunta da Ivanoe Bonomi in nome del CLN.18. A Vergato, in «agg», è ucciso il militedella GNR Oliviero Faggioli (Albo).20. A Monte Pastore (Monte S. Pietro) sonouccisi, in «agg», i militi della GNR MarioBernini, Vittorio Bertoli, Antonio Merli,Orlando Orlandini, Arves Pioli, WalterQuintavalla, Giulio Scandola (Albo). AMonte S. Pietro è ucciso Mario Boschi(Albo).

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21. In via Tanari è ucciso il milite GermanoCacciari.21. A Savigno i partigiani assaltano la caser-ma della GNR. Lasciano liberi i militi erequisiscono tutte le armi.22. A Vergato muore il milite della GNRGiorgio Pasquini (Albo).23. Nasce la repubblica partigiana di Mon-tefiorino (MO).23. Su Monte Vignola, in «agg», è ucciso ilmilite della GNR Faustiniano Rubini (Albo).24. Primo eccidio di Pian di Venola(Marzabotto). I tedeschi fucilano 4 persone.25. A Corticella (BO), al bivio con Trebbo,una bomba esplode tra i binari della “cintu-ra” ferroviaria. A Villa Malvezzi, tra S.Lazzaro di Savena e Ozzano Emilia, unabomba esplode sulla linea ferroviaria.25. A Bologna è ucciso un militare tedesco.26. In via Lame (BO) è ucciso il milite dellaGNR Anselmo Belloni. Secondo altra versio-ne sarebbe morto in «agg» nei pressi dellacaserma in località Due Madonne (Albo).Nella stessa località, in «agg», è ucciso il mili-te Narciso Pedrini (P-Q e Albo). A Castellodi Serravalle è ucciso, in «agg», GiuseppeGiacometti segretario del PFR diMonteveglio (Albo). A Monte S. Pietro, in«agg», è ucciso il milite della GNR AlfredoSbrollini (Albo). A Monte S. Pietro è uccisoil milite della GNR Giulio Scandola (Albo).26. La 36a brigata occupa Rifredi (FI).27. A Campeggio (Monghidoro) è uccisaMaria Quadri segretaria femminile del PFRlocale (Albo). A Castenaso, in «agg», è ucci-so il milite della GNR Romolo Zanetti(Albo).28. A Castenaso è ucciso il podestà UmbertoVandelli. Nei pressi della caserma di viaFossolo (BO) – ma oggi la strada in quel trat-to ha cambiato nome - è ucciso l’allievo uffi-ciale della GNR Giorgio Ciccarelli (P-Q). ACrespellano, in «agg», è ucciso il milite delleBN Alfonso Paolo Sandrolini (Albo).29. Esce “La voce dei campi” a Bologna.29. A Crespellano è ucciso, in «agg», il militedella GNR Sandro Gasparini (Albo).30. A Corticella (BO) è ucciso il tenentecolonnello Prospero Di Rago dell’esercito(Albo). A Calcara (Crespellano) è ucciso, in

«agg», Alfonso Bonfiglioli segretario del PFRlocale (Albo). A Castel del Rio, in «agg», èucciso il milite della GNR Amedeo Zuppiroli(Albo). In data imprecisata esce “La mondariso” aBologna.In data imprecisata ad Imola è ucciso RupinoCatelli segretario del PFR di Fontanelice(Albo).

Luglio1. A Calcara (Crespellano) è ucciso AlfonsoBonfiglioli reggente della sezione del PFR. ABologna, in «agg», è ucciso il milite dellaGNR Renato Serenari (Albo).2. Eccidio di Pizzocalvo (S. Lazzaro diSavena). 8 le vittime dei tedeschi.2. Eccidio di Biagioni (Granaglione). Le SSitaliane uccidono 10 persone.2. A Tossignano è bruciata una trebbiatriceper evitare che il grano finisca in mano aitedeschi.2. A Vergato è ucciso, in «agg», il fascistaSilla Bettini (Albo). A Luminasio (Marza-botto), in «agg», è ucciso Giovanni Sandri(Albo).3. In via Mezzofanti (BO) è ucciso l’agentedella Polizia ausiliaria Oscar Minarelli.Secondo altra versione sarebbe stato ucciso,in «agg», in via Lame (Albo). In via Mez-zofanti (BO) è ucciso il maresciallo dei cara-binieri Giacomo Coco (P-Q). A Monte S.Pietro, in «agg», è ucciso Dante Simoncinidel PFR (Albo). A Bologna è ucciso, in«agg», il vigile del fuoco Carlo Fava (Albo).3. Esce “La volontà partigiana” organo della4a e poi 36a brigata Garibaldi.4. In via Garibaldi (BO) è soppresso, in«agg», il maresciallo della GNR Gino Ber-tolani. Secondo altra versione sarebbe statoucciso ad Ozzano Emilia (Albo). A BorgoPanigale (BO) è ucciso, in «imb», il militedella GNR Bruno Molinari (Albo). AdArgelato è ucciso, in «agg», Attilio Garden-ghi (Albo). A Monzuno in «agg» è ucciso ilmilite della GNR Ivo Pagani (Albo).5. A Baricella i partigiani bruciano una treb-biatrice.5. In via Mirasole (BO) è ucciso il marescial-lo della GNR Enrico Coco (Albo).

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5. Esce “l’Unità” a Bologna.5. In ospedale muore il milite della GNRSilvano Danti. Era rimasto ferito a Medicinamentre faceva la sorveglianza ad una trebbia-trice (Albo).6. A Baricella i partigiani bruciano una treb-biatrice.6. “il Resto del Carlino” pubblica un comu-nicato del comando SD. Dice che il 26.6 invia del Pratello (BO) è stato ucciso un solda-to tedesco. Per rappresaglia sono fucilati:Rino Balestrazzi*, Giuseppe Balotti, DaniloBarca, Paolo Bononcini, Cleto Casi*, LuigiLabandi, Cesare Palmini, Dino Pancaldi*,Silvano Rubbini*, Gino Salmi*. Balestrazzi,Casi, Pancaldi, Rubbini e Salmi sono bolo-gnesi e gli altri modenesi.6. A Casadio (Argelato) è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Ferdinando Tampellini. ABologna, in «agg», è ucciso il milite dellaGNR Sante Vilibotti (Albo).7. A Medicina è bruciata una trebbiatrice.7. A Pianoro è ucciso, in «agg», il milite dellaGNR Enrico Bedetti (Albo). A CastelMaggiore, in «agg», è ucciso il segretariocomunale Enrico Roda (Albo).8. A Lizzano in Belvedere è ucciso, in «agg»,l’agente della Polizia economica Luigi Biagiunitamente ad Alberto Natali (Albo). A Bo-logna è ucciso, in «imb», il milite della GNRGiacomo Milazzo (Albo). Secondo un’altraversione sarebbe stato ucciso il 10.7. ACastenaso, in «agg», è ucciso il milite dellaGNR Lorenzo Solieri (Albo).9. Inizia ad operare il CUMER che assume lefunzioni del comando militare costituito dalCLN il 30.4.9. In Piazza del Nettuno (BO) è fucilato ilpartigiano Luigi Guerzoni*. 10. I tedeschi – autorizzati dal rettoreCoppola - razziano metà della dotazione diradio dell’Ospedale S. Orsola.10. A Medicina una bomba scoppia sullalinea ferroviaria.10. In località Sostegnino (BO) è ucciso ilmilite della GNR Giacomo Milazzo (P-Q).Secondo Albo la morte è avvenuta l’8.7. Invia Lame (BO) è ucciso, in «agg», l’agentedell’Ausiliaria Pasquale Amerini (Albo).11. Ad Ozzano Emilia sono uccisi Aldo Co-

dicè e il figlio Ugo ufficiale dei Volontaridella morte.12. Nello scalo ferroviario S. Donato (BO)sono fucilati i partigiani Aldo Arstani* ePietro Simoni*.14. In Piazza del Nettuno (BO) la GNR fuci-la i partigiani Amato Muzzi*, Decimo Muz-zi*, Guerrino Galletti*, Luciano Cervellati*,Giovanni Bortolani*. Un milite scrive sulmuro di Palazzo d’Accursio «Posto di ristorodei partigiani».14. A Portonovo (Medicina) è uccisoCelestino Modelli della Polizia economica(Albo). Secondo altra versione era dellaGNR.14. A Granarolo Emilia i partigiani bruciano4 trebbiatrici.15. A Bentivoglio i partigiani assaltano lasede del PFR e asportano tutte le armi.15. A Medicina i partigiani incendiano duetrebbiatrici I giornali annunciano che nonsarà distribuito grano nei comuni dove non sitrebbia.15. Le SD fucilano (non si sa dove) ArmandoGhedini*, Ivo Pruni, Francesco Giorgi,Giuseppe Stanzani*, Silvio Torri*, PietroMaleti, Svonko Versic, Carlo Jussi*, AzzoTomasi*. Erano nati o abitavano a BolognaGhedini, Jussi, Stanzani, Tomasi e Torri. Icadaveri sono esposti in Piazza del Nettuno.15. A Castagnolino (Bentivoglio) è ucciso, in«agg», Aldo Fini segretario del PFR delluogo (Albo). A Grizzana è ucciso, in «agg»,l’ex podestà Attilio Milani (Albo). ABurzanella (Camugnano) è ucciso il militedella GNR Giovanni Puccetti (Albo).15. Esce “Il lavoratore agricolo” a Bologna.15. A Pianoro è sottratta la cinghia di tra-smissione di una trebbiatrice (P-Q).16. A Casalfiumanese è ucciso il sergentedella GNR Aristide Mongardi (Albo). In viaCorticella (BO), in «agg», è ucciso il militedelle BN Umberto Scaramagli (Albo).17. È respinto un attacco nazifascista controMonte Carzolano, base dei partigiani.17. A Pianoro è ucciso Enrico Benetti mentresta trebbiando (P-Q).18. In ospedale muore il milite della GNRGiulio Pezzoni ferito in un attentato l’8 sulponte delle FS a Porta Galliera (Albo). A

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Camugnano è uccisa, in «agg», MariaManfredini (Albo).18. Eccidio di Boschi di Ciano (Zocca - MO).La GNR impicca 20 tra partigiani e civili.19. In via Battindarno (BO) è ucciso l’agentedell’Ausiliaria Omar Grimaldi (P-Q e Albo).A Grizzana è ucciso, in «agg», CarinoMasetti della Polizia economica (Albo). AGrizzana è ucciso Prospero AlfredoManfredini (Albo). 20. In via Carracci (BO), in «agg», è ucciso ilmilite della GNR Giovanni Tonielli (Albo).A Maddalena (Budrio) è ucciso, in «agg»Gino Ampolli milite delle BN (Albo). AGrizzana è ucciso, in «agg», Anacleto Montidel PFR (Albo).20. Scoppia una bomba nel cinema Manzoniin via Monari (BO). Un morto e tre feriti. Lapolizia accredita la tesi che il morto sia unpartigiano ucciso dallo scoppio prematurodell’ordigno.20. Eccidio di Pian di Setta (Grizzana). Tra22 e 27 civili sono uccisi dai tedeschi.21. Giovanni Cosimini è nominato vicesegretario del PFR al posto di Lembo.21. In Piazza del Nettuno (BO) sono fucilatie lasciati esposti per un giorno i partigianiRomeo Giori*, Vincenzo Golinelli* e ParidePasquali*.22. Eccidio di Fazzolo di Malfolle (Mar-zabotto). I fascisti uccidono 10 persone.22. Esce “La Rinascita” a Bologna.22. “L’Avvenire d’Italia” scrive che sono statifucilati tre uomini «trovati armati». Non fanomi.22. Il questore informa il prefetto che adImola 15 trebbiatrici «hanno cessato funzio-nare per intimidazione ribelli». Lo stessogiorno una trebbiatrice è incendiata (P-Q).23. A Tossignano i partigiani sottraggono lacinghia di una trebbiatrice (P-Q).23. A Corticella (BO) una bomba esplode trai binari della ferrovia.23. A Casola Canina (Imola) i partigiani sot-traggono le cinghie di 2 trebbiatrici (P-Q).24. Mario Bastia* del PdA salva la metà resi-dua del radio del S. Orsola e la mette al sicu-ro. Il PdA aveva avuto l’incarico dal CLN dievitare la seconda razzia del prezioso materia-le e di mettere in salvo il direttore dell’istituto

del radio, i suoi familiari e i collaboratori.24. A Venezzano (Castello d’Argile) sonouccisi in «agg» i militi della GNR FrancescoMazzanti e Vasco Michelini (Albo).26. A Calderara di Reno resta ferito un parti-giano mentre appicca il fuoco ad una treb-biatrice. 2 trebbiatrici sono bruciate a CastelMaggiore (P-Q).26. A Lizzano in Belvedere è ucciso, in«agg», il capitano della GNR GiuseppeD’Andrea (Albo).27. A Corticella (BO) una bomba scoppia trai binari della “cintura”.27. A Monte S. Pietro è ucciso, in «agg»,Ernesto Casini Ropa segretario del PFR diVignola (MO) (Albo).27. Eccidio di Bozzo di Monte Stanco(Grizzana). 6 i civili massacrati dai tedeschi27. A Castel S. Pietro Terme è bruciata unatrebbiatrice (P-Q).28. A Casalfiumanese i partigiani assaltanoed espugnano la caserma della GNR.Catturano molte armi e fanno prigionieri 4militi e 4 tedeschi. Secondo un rapporto delquestore l’attacco è stato sferrato da «200ribelli» (P-Q).28. A Sala Bolognese è ucciso il fascistaArmando Cocchi. A Budrio, in «agg», è ucci-so il milite delle BN Gino Zampolli (Albo).Muore a Bologna il milite delle BN EnricoDall’Omo rimasto ferito, in «agg», qualchegiorno prima (Albo).29. A Corticella (BO) i partigiani incendianouna trebbiatrice.29. Una bomba esplode tra i binari della“cintura” ferroviaria a Corticella (P-Q).30. Albert Kesselring annuncia dure misurecontro le forze partigiane.30. A Castel Maggiore i partigiani brucianouna trebbiatrice. Un’altra è bruciata a CastelS. Pietro Terme (P-Q). A Maddalena (Bu-drio) è ucciso il milite della GNR GiuseppeBighi che fa la guardia ad una trebbiatrice(Albo).30. A Rasiglio (Sasso Marconi) è ucciso, in«agg», Giuseppe Bonometti delle SS italiane(Albo).31. A Castel S. Pietro Terme è bruciata unatrebbiatrice.31. A Santa Viola (Bologna) è ucciso il mare-

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sciallo dell’esercito Giuseppe Lo Bruno(Albo).In data imprecisata nasce il Comitato di dife-sa contadina.In data imprecisata esce “Tempi nuovi” aBologna.

Agosto1. Nasce il Comando piazza di Bologna.Dipende dal CUMER.1. A Castenaso è bruciata una trebbiatrice eduna è danneggiata (P-Q).1. Esce “Il Combattente” a Bologna.1. A Sala Bolognese è ucciso il commissarioprefettizio Adolfo Cocchi (P-Q e Albo). ACastel del Rio è giustiziato MarcelloGuglielelli segretario del PFR della Valle delSanterno (Albo).2. A Medicina è bruciata una trebbiatrice. ATossignano è bruciata una trebbiatrice (P-Q).4. A Budrio, in «agg», è ucciso il milite dellaGNR Luciano Veroli (Albo).4. Con un’operazione improvvisa i tedeschiarrestano e deportano in Germania alcunecentinaia di carabinieri, di stanza nella caser-ma di via Magarotti (oggi via dei Bersaglieri).S’ignora tutto di questa operazione.6. A Villafontana (Medicina) – a Fossatone,secondo altra versione - è ucciso Aldo Avonicommissario prefettizio del comune. Lo stes-so giorno al Sant’Orsola muore il milite dellaGNR Raffaello Rossi, ferito in un attentatotre giorni prima al Meloncello (BO). A Vado(Monzuno) è ucciso Antonio Ettore An-dreoli segretario del PFR di Monzuno(Albo). A Tolè (Vergato) è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Giuseppe Borri (Albo). ACasalecchio di Reno, in «agg», è ucciso ilmilite delle BN Raffaello Rossi (Albo).7. A Funo (Argelato) sono uccisi il graduatodella GNR Mario Cavicchi e un ufficialetedesco (Albo). Per rappresaglia la GNR diPieve di Cento e di S. Giorgio di Piano bru-cia numerose abitazioni e arresta alcuni citta-dini.8. Eccidio di Luminasio (Marzabotto). 6 per-sone uccise dai tedeschi8. A Baricella sono uccisi, in «agg», i militidella GNR Antonio Corradi ed ErcoleCorradi (Albo).

9. La prefettura vieta la circolazione dellebiciclette tra le ore 20 e le 5.9. Ad Argelato i partigiani fanno saltare conuna bomba la sede del fascio. Muoiono ifascisti Carlo Govoni, Armando Stagni, An-gelo Bianconi, Giuseppe Nocentini e An-gelina Gianni. I feriti sono 15. Per rappresa-glia i fascisti fucilano: Luigi Fariselli*, NelloGamberini*, Enrico Landuzzi*, WalterScurzoni*, Oreste Vancini* e Giorgio Za-notti*. In località Larghe la GNR fucila –sempre per rappresaglia – i fratelli Attilio* eLuigi Chiarini* e brucia 37 abitazioni. Lostesso giorno sono fucilati Adelmo Ber-nardi*, Cesare Grazia*, Alfonso Marchesini*e Renato Tampellini*.9. Battaglia di Monte Bastia.9. Assalto partigiano alle carceri di S.Giovanni in Monte e liberazione di oltre 200detenuti politici e comuni. Secondo un rap-porto della questura i liberati sarebbero stati340.10. Il milite delle BN Duilio Bortolotto èucciso, in «agg», a S. Lazzaro di Savena(Albo).11. A Portonovo (Medicina) è ucciso il mili-te della GNR Luigi Garelli, mentre faceva laguardia ad una trebbiatrice (Albo). 11. A Borgo Panigale (BO) è ucciso il militedelle BN Ernesto Masetti (Albo).12. Eccidio di Castelluccio (Porretta Terme).5 partigiani fucilati dai tedeschi.12. A Funo (Argelato) è ucciso il milite dellaGNR Enrico Matano (Albo).13 (15 secondo altra versione). In via S.Stefano (BO) è ucciso il sergente delle BNSerafino Innocenti. A Castenaso è ucciso, in«agg», il milite della GNR Vittore Zen(Albo).14. Seconda battaglia di Monte Bastia.14. A Vergato è ucciso il milite delle BNMario Zagnoni (Albo).15. A Molinella, in «agg», è ucciso il militedella GNR Adelmo Sarti (Albo).17. A Medicina è ucciso, in «agg», il militedella GNR Amorino Funghi (Albo). AMolinella, in «agg», è ucciso il milite dellaGNR Pasquale Secaro (Albo).18. Nei pressi di Porta S. Vitale (BO) i parti-giani feriscono il tenente colonnello Mario

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Rosmino vice comandante provinciale dellaGNR e 2 militi. Per rappresaglia, in Piazza 8Agosto, davanti al monumento, sono fucilati7 patrioti di Molinella: Desildo Bagni*,Anselmo Capellari*, Alfredo Cocchi*, GalloCorazza*, Cesare Golinelli*, Guerrino* eOrlando Zucchini*.18. A Castel del Rio è ucciso il maresciallodella GNR Marcello Guglielmetti (P-Q). ACastel del Rio è ucciso, in «agg», MarcelloGuglielelli segretario del PFR per la valle delSanterno (Albo). (Potrebbe trattarsi dellastessa persona).20. A Villafontana (Medicina) è ucciso, in«agg», Giuseppe Cavalli (Albo).22. Secondo eccidio di Pian di Venola(Marzabotto). 2 partigiani fucilati dai tedeschi.22. A Marzabotto è ucciso il commissarioprefettizio Armando Lanzarini.23. Il prefetto Fantozzi informa il governoche la trebbiatura è ferma in tutta la provin-cia perché manca il carburante.23. Dopo avere ucciso l’agente Gino Nicolinidella Polizia ausiliaria, è catturato il partigia-no Stenio Polischi*. È torturato e impiccatoin via Venezian.23. A S. Pietro in Casale, in «agg», è ucciso ilmilite della GNR Gino Santandrea (Albo). ABudrio muore Marino Zecchi «informatore»,era stato ferito il 3.8 in «agg» (Albo).24. A Fossatone (Medicina) la GNR fuciladue militi disertori della GNR. SonoLeonardo Cantoni e il figlio Guido di 17 anni(P-Q). L’Albo fornisce due versioni. A p.142scrive che entrambi sono caduti a Medicinamentre facevano la guardia ad una trebbiatri-ce. A p.731 è detto che Guido Ernesto è fuci-lato per «sent. s. campo. diserz» e che è «fr diLeonardo», (mentre è il padre), del qualenon si dice nulla.24. In via Roma (oggi via Marconi) (BO) èucciso Delio Marchesini (Albo).25. A Gaggio Montano, in «agg», è ucciso ilmilite della GNR Aldo Russo (Albo).27. Il prof. Filippo Cavazza*, dirigente dellaDC, invia una lettera all’on. Fulvio Milani*per informarlo che aderirà al CLN.27. A Castelfranco Emilia (MO) è ucciso, in«agg», il milite della GNR di Bologna PrimoMarchesini (Albo). Secondo altra versione

sarebbe stato ucciso il 24 ad Anzola Emilia(P-Q).28. A Grizzana, in «agg», è ucciso il militedelle BN Gaetano Preti (Albo). In viaCrociali (BO), in «agg», è ucciso il ten. col.dell’esercito Pasquale Vetuschi (P-Q eAlbo).In via Irnerio (BO), in «agg», è uccisoil ten. col. della GNR Elio Zambonelli(Albo). A Castel Guelfo di Bologna, in«agg», è ucciso Giorgio Zanelli della Poliziaeconomica (Albo).29. A Loiano è ucciso Alberto Alberti, militedelle BN e segretario del PFR locale (Albo).A Castel S. Pietro Terme è ucciso, in «imb»,il milite della GNR Sirio Polidori (Albo).30. Al poligono di tiro sono fucilati 12 parti-giani: Floriano Atti*, Renato Bentivogli*,Luciano Bracci*, Gaetano Bussolari*, ArturoGaragnani*, Celestino Garagnani*, Gio-condo Musi*, Luciano Nanni*, AgostinoPietrobuoni*, Alfonso Sghinolfi*, RenatoSordi*, Cesare Zanasi*.30. A Medicina è ucciso Marino Ballarini(Albo). A Sesto Imolese, in «agg», è ucciso ilmilite delle BN Aldo Spada (Albo).31. Ad Imola è ucciso il milite della GNR Gi-no Bonetti (Albo). Ad Imola è ucciso, in«agg», il milite della GNR Faustino Franzo-ni (Albo). A Castel Guelfo di Bologna, in«agg», è ucciso Amleto Benito Tamburini delPFR (Albo).In data imprecisata nasce il Comando piazzad’Imola, emanazione del CUMER.

Settembre1. La DC e il PLI aderiscono al CLN.1. A Bologna in «agg» è ucciso il milite dellaGNR Lorenzo Peroni (Albo).2. A Monte S. Pietro è ucciso, in «agg»,Mario Minelli (Albo). A Fontanelice in «agg»è ucciso il milite della GNR SalvatorePantaleo (Albo). Ad Imola, in «agg», è ucci-sa Elsa Ricci Petitoni Ferdori (Albo).2. “il Resto del Carlino” scrive che nelBolognese – ma non indica dove - «quarantabanditi sono stati uccisi in combattimento e51 catturati»3. I partigiani occupano per mezza giornatal’abitato di Castel Maggiore. La 36a brigataoccupa Castel del Rio.

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3 o 4. Eccidio a Bondanello (Castel Mag-giore). 6 le persone uccise dai fascisti.3. A Ponte Ronca (Zola Predosa) è giustizia-to, in «agg», il capitano della GNR AttilioPappalardo (P-Q). Secondo l’Albo il fattoavvenne il 6. A Salvaro (Grizzana) è ucciso, in«agg», il milite della GNR Dario Palmieri(Albo). 4. La 62a brigata Garibaldi occupa Sasso-leone (Casalfiumanese). 4. A Medicina è ucciso, in «agg», VinicioMario Caliceti milite delle BN e fratello del-l’ex federale del PNF di Bologna (Albo). ABorgo Panigale è ucciso, in «agg», il sindaca-lista fascista Marcello Guglielmotti (Albo).4. La GNR, dopo avere introdotto due spienel comando militare del PdA, arresta 24militanti: Sario Bassanelli*, Iolanda Benini*,Enrico Bernardi*, Giancarlo Canè*, Or-lando Canova*, Sante Caselli*, Giorgio Chie-rici*, Sergio Forni*, Arturo Gatto*, MarioGiurini*, Massenzio Masia*, Massimo Mas-sei*, Gino Onofri*, Nazario Sauro Onofri*,Leda Orlandi in Bastia*, Armando Quadri*,Anselmo Ramazzotti*, Giosuè Sabbatini*,Pietro Zanelli*, Umberto Zanetti*, AlbertoZoboli*, Luigi Zoboli*. Nella notizia pubbli-cata su “il Resto del Carlino”il 26.9 figuranoanche i nomi di Mario Bastia* e RomoloTrauzzi*, che non sono stati arrestati, e man-cano quelli di Antonino De Biase* e Giu-seppe Di Domizio*. 5. Nei pressi della Certosa di Bologna sonouccisi Gino Romagnoli e Marino Venturidella Polizia ausiliaria. A Malacappa(Argelato), in «agg», è ucciso Rino Volanisegretario del PFR di Argelato (Albo). AMalacappa (Argelato) sono uccisi, in «agg», imiliti della GNR Cesarino Rombi e LinoBoriani (Albo). (Secondo altra versione ilprimo sarebbe morto a S. Giorgio di Piano eil secondo a Bentivoglio). In via Carbonesi(BO), in «agg», è ucciso il capitano dellaGNR Armando Allegretti (P-Q e Albo). ABologna, in «agg», è ucciso l’agente dellaPolizia ausiliaria Gino Romagnoli (Albo). AMonzuno, in «agg», è ucciso Massimo Tegliasegretario del PFR comunale (Albo).6. A Castel d’Aiano – Vergato, secondo altraversione - è ucciso il milite della GNR Giu-

seppe Carboni. Ad Imola resta ferito, in unattentato, il reggente del PFR CarloRavanelli (P-Q). A Bologna è ucciso, in«agg», Ninuccio Iannarone della Poliziaausiliaria (Albo). A Bologna, in «agg», èucciso l’agente di polizia Marino Venturi(Albo).7. A Borgo Tossignano è ucciso, in «agg»,Federico Iosa. A Malfolle (Marzabotto) èucciso Tommaso Paselli «informatore»(Albo). A Bologna è ucciso per la strada ilmilite della GNR Valoris Righi (Albo).7. A S. Pietro in Casale un centinaio di citta-dini invadono la sede comunale (P-Q).8. All’ospedale muore il capitano della GNRArmando Allegretti ferito il 5. A BorgoTossignano è ucciso Angelo Lomego segreta-rio del PFR locale (Albo). A Marmorta(Molinella) è ucciso, in «agg», il milite dellaGNR Pasquale Melandri (Albo).8. A Pediano (Imola) un milite della GNR,che faceva la guardia ad una trebbiatrice, èucciso. Un altro resta ferito.8. Eccidio di Vizzano (Sasso Marconi). 15persone sono uccise dai fascisti.9. A S.Sisto (BO) i partigiani assaltano la sededella Todt e uccidono 3 militari tedeschi (P-Q). Sono uccisi anche gli italiani SecondoCosta e Giovanni Dini (Albo).9. In via Saffi angolo via Vittorio Veneto(BO) alcuni partigiani a bordo di due autosparano contro una pattuglia della GNR. In7 restano feriti. Luigi Danesi morirà l’11. ACalderara di Reno muore, in «agg», RobertoMuzi Lucano (Albo). 10. La 5a armata USA inizia l’offensiva con-tro la Linea gotica.10. I partigiani della 5a brigata Matteottioccupano per mezza giornata Medicina. Ilcapitano della GNR Vilfredo Martelli è ucci-so con il milite Alfredo Monti (Albo). Muoreanche il partigiano Mario Melega*.10. A Marano (Castenaso) i cittadini assalta-no la sede comunale, ivi trasferita, e distrug-gono gli uffici (P-Q).11. A Malalbergo è giustiziato, in «agg», ilmilite della GNR Renzo Cavazza commissa-rio prefettizio al comune (Albo). A S. Gio-vanni in Persiceto è giustiziato, in «imb», ilsergente della GNR Danilo Lodi (Albo). A

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Casalfiumanese è ucciso, in «agg», il militedelle BN Zenobio Neri (Albo).12. La 36a brigata occupa Tossignano e viresta per dieci giorni. 12. A Borgo Tossignano è ucciso il militedella GNR Quinto Manfarini (Albo). AFuno (Castel Maggiore) è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Enrico Matano (Albo).12. Eccidio di Biscia (Castel Maggiore). 12persone sono uccise dai fascisti.13. A Budrio è ucciso, in «agg», il milite delleBN Luigi Montaguti (Albo).14. I partigiani occupano Sesto Imolese.14. A S. Giorgio di Piano i partigiani fannosaltare un’officina privata nella quale i tede-schi riparano i loro automezzi (P-Q).14. A Calcara (Crespellano) è ucciso, in«agg», Roberto Astolfi dell’ONB (Albo). AImola è ucciso, in «agg», l’agente di poliziaBenedetto Fedele (Albo). Ad Anzola Emiliaè ucciso il milite della GNR Cesare Veronesi(Albo).15. “il Resto del Carlino” scrive che il que-store Tebaldi è stato trasferito a Venezia.15. Nasce l’UDI.15. Un comunicato della polizia informa cheè «vietato il trasporto di mobili medianteautomezzi».15. A Castel S. Pietro Terme i fascisti fucila-no il milite della GNR Angelo Giordani cheha disertato.15. A Cereglio (Vergato) è ucciso, in «agg»,Gino Luigi Lanzarini del PFR (Albo). AVarignana (Castel S. Pietro) è uccisa, in «agg»,Isabella Bernini ausiliaria delle BN (Albo).16. Al Poligono sono fucilati i partigianiRoveno Marchesini*, Irma Pedrielli* e AdaZucchelli*.16. La questura ordina la riapertura deinegozi che erano stati chiusi, nei giorni pre-cedenti, in previsione dell’arrivo degli alleatie dei conseguenti combattimenti. Il 18 analo-ga richiesta sarà rivolta ai commercianti dalcomando tedesco.16. A Baricella è giustiziato il fiduciario delPFR di Mezzolara (Budrio) (P-Q). A Mon-terenzio è ucciso, in «agg», il tenente dellaGNR Dino Fiorini (Albo). A Baricella è ucci-so, in «agg», il milite delle BN Aldo GuidoGaiani (Albo).

17. Eccidio di Valle delle Tombe di Massu-matico (S. Pietro in Casale). 5 partigiani sonofucilati dai fascisti.17. A Bologna è ucciso, in «agg», il militedelle BN Vitale Angeloni (Albo). Ad Imola èucciso Giuseppe Camaggi delle BN (Albo).A Sasso Marconi è ucciso, in «agg», il militedella GNR Cesare Masetti (Albo).18. La GNR fucila per diserzione il militeGiuseppe Gullotta delle BN.18. A Zola Predosa è ucciso, in «agg», Pao-lino Lanzarini (Albo).19. Il Tribunale militare condanna a morteotto dirigenti del PdA: Bassanelli, Caselli,Gatto, Giurini, Masia, Quadri, Zanelli, LuigiZoboli. Sono fucilati il 23 al Poligono.Riportano condanne: Sabbadini 30 anni,Canè 11, Ramazzotti 9, Forni 9, Di Domizio8, Alberto Zoboli 7, Canova 6, G. Onofri 6,Zanetti 2, Leda Bastia Orlandi 10 mesi.Chierici è assolto, ma sarà ucciso un mesedopo. Sabbadini, Canè, Ramazzotti, Forni,Canova, Onofri sono deportati in un lager.19. 5 partigiani, camuffati da soldati tedeschi,entrano nella sede de “il Resto del Carlino”aLavino (Anzola dell’Emilia) e fanno esplode-re una bomba nella sala dell’amministrazione(P-Q). 20. I partigiani – alcuni erano della 7a GAPGianni Garibaldi e altri di Casalecchio di Reno– assaltano Villa Contri in via della Barca(BO), al confine con Casalecchio di Reno, adi-bita a deposito di munizioni. Asportano uncamion d’esplosivi e fanno saltare lo stabile.Perdono la vita 3 militi della GNR.20. A Monte Altuzzo gli americani sfondanola Linea gotica.20. È ucciso il maresciallo della Polizia ausi-liaria Vinadio Tosi. In via Agucchi (BO) sonorinvenuti i cadaveri dei militi della GNRRiccardo Astratti, Ivano Cirri e Celso Naldi(P-Q). Secondo altra versione, i 3 sono mortinell’esplosione di Villa Contri (Albo).21. A Savigno è giustiziato, in «agg», il militedelle BN Antenore Degli Esposti (Albo). AMinerbio è giustiziato, in «agg», il militedelle BN Luigi Pasquali (Albo).22. Il Triumvirato insurrezionale del PCI,senza consultare il CLN, proclama lo sciope-ro insurrezionale per il 25.

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22. Esce l’ultimo numero de “L’Assalto”.22. Il cardinale G.B. Nasalli Rocca incontra igerarchi fascisti e chiede la grazia per i diri-genti del PdA.22. “il Resto del Carlino” riporta un comuni-cato del comando delle SD nel quale si dànotizia della fucilazione di 11 partigiani ilgiorno 20. Non sono riportati nomi.22. A Rasiglio (Sasso Marconi) è ucciso, in«agg», il milite della GNR Giovanni Bettini(Albo).A Pegola (Malalbergo), in «agg», èucciso il milite della GNR Pietro Rossini(Albo).23. Il CLN costringe il Triumvirato del PCI aritirare l’ordine insurrezionale.23. Eccidio di Sassoleone (Casalfiumanese).23 cittadini sono uccisi dai tedeschi.23. A Casalino di Visignano la 36a brigataprende contatto con gli americani.24. “L’Avvenire d’Italia”si autosopprime.24. A Gaggio Montano è ucciso il milite dellaGNR Aldo Russo. A Salvaro (Grizzana) sonouccisi, in «agg», i militi della GNR CarloBonafede e Alessandro Puccetti (Albo). 25. A Budrie (S. Giovanni in Persiceto) èucciso, in «agg», il milite della GNR OrlandoCacciari (Albo). A Medicina è ucciso, in«agg», il sindacalista fascista Federico DalRio (Albo). A Moraduccio (Castel del Rio),in «agg», à ucciso l’«informatore» LucaSeigambe (Albo).26-28. Battaglia di Cà di Guzzo (Castel delRio).26. Eccidio di Labante (Castel d’Aiano). 10-11 persone sono uccise dai tedeschi.26. A Bologna è ucciso il fascista EraldoRegazzi (P-Q). A Prunaro (Budrio) è ucciso,in «agg», il milite delle BN Angelo Cavallari(Albo). A Budrio, in «agg», è ucciso il militedelle BN Mario Zucchini (Albo).27. Eccidio di Cà di Berna (Lizzano inBelvedere). 29 persone – in massima partedonne e bambini – sono uccise dalle SS tede-sche.27. Eccidio di Burzanella (Camugnano). 6persone sono fucilate dai tedeschi.27. A Monghidoro è ucciso, in «agg», l’agen-te della Polizia economica Giuseppe Menetti(Albo).27. Battaglia di Monte Battaglia.

27. Gli americani liberano Castel del Rio.28. Eccidio di Ronchidòs (Lizzano inBelvedere). Una sessantina di persone – inmaggioranza donne e bambini – sono uccisedalle SS tedesche.29. Inizia l’eccidio di Marzabotto. 775 sonole persone uccise in un vasto arco di tempo ein luoghi diversi, attorno a Monte Sole, dalleSS tedesche guidate da italiani.29. Primo attentato dinamitardo – l’esplosivonon deflagra - contro l’hotel Baglioni (BO)che ospita comandi tedeschi e fascisti. Da unrapporto del prefetto si apprende che sonomorti due militari fascisti e due tedeschi.Sette i feriti.30. Eccidio di Famaticcia di Savignano(Grizzana). 8 operai della Todt sono uccisidalle SS tedesche.30. Alberto Vegetti* e Cesarino Rubini* sonofucilati dalle BN al Poligono. Potrebberoessere stati fucilati il 2 o il 3.10.30. A Villafontana (Medicina) è ucciso, in«agg», il milite della GNR Nildo Parmeg-giani (Albo).

Ottobre1. Gli alleati liberano Loiano.1. Eccidio di Molinaccio di Sotto (GaggioMontano). I tedeschi fucilano 17 tra partigia-ni e civili.1. Eccidio di Pradellino di Casigno (Casteld’Aiano). 6 persone sono uccise dai tedeschi.1. A Camugnano, in «agg», è ucciso ElioBartolini (Albo). A Grizzana muore il militedella GdF Sabatino Nannetti (Albo).1-10. La 62a e la 66a brigata Garibaldisostengono duri combattimenti a Casoni diRomagna (Castel S. Pietro Terme).2. “il Resto del Carlino” riporta un comuni-cato delle SD nel quale si legge che il 30.9precedente 44 terroristi hanno fatto un atten-tato al Baglioni. 4 i morti: un tedesco, unadonna e due agenti dell’Ausiliaria. Numerosii feriti. Quale rappresaglia i tedeschi hannofucilato 10 ostaggi, dei quali non sono ripor-tati i nomi.2. Eccidio di Roncastaldo (Loiano). 7 parti-giani sono fucilati dai tedeschi.3. Coprifuoco dalle 20 alle 5.3. Le brigate Matteotti montagna e Giustizia

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e libertà montagna liberano l’Alta valle delReno.3. “il Resto del Carlino” scrive che il 19.9, inuno scontro con i partigiani, sono morti imiliti della GNR Ivano Cirri, RiccardoAstratti e Celso Naldi (Secondo altra versio-ne sarebbero morti nell’esplosione di VillaContri. Vedi 20.9). A Portonovo (Medicina)è ucciso, in «agg», Nello Mari (Albo).4. Torri, segretario del PFR, ordina la mobi-litazione degli iscritti.4. “il Resto del Carlino”scrive che nell’atten-tato al Baglioni erano rimasti uccisi la mar-chesa Maria de Bacci Biondi, l’agentedell’Ausiliaria Salvatore Cibella e il militedella GNR Sergio Ciabatti.4. Il milite della GNR Armando Baldini èucciso ad Imola in «agg» (Albo). A Casteld’Aiano è ucciso Prospero Carboni segreta-rio del PFR di Vergato (Albo). A Savigno, in«agg», è uccisa Giulia Tomba del PFR(Albo).4. Eccidio di Lastra di Rioveggio (Monzuno).I tedeschi uccidono 16 persone.5. In via Lame (BO) è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Sergio Boriani (Albo). AVedegheto (Savigno), in «agg», è uccisoAntonio Cesare Rossi del PFR (Albo).5. Giorgio Pini, direttore de “il Resto delCarlino” firma l’editoriale Quel giorno verrà.Di fatto è il commiato perché gli alleati sonoalle porte della città e il loro arrivo sembraquestione d’ore. Molti gerarchi fascisti lascia-no la città.6. Eccidio di Colle Ameno (Sasso Marconi).Gli scantinati della villa Ghisilieri sono tra-sformati dai tedeschi in prigioni e in luoghi ditortura e fucilazione. Pare che siano stateuccise una ventina di persone tra ottobre e lafine di dicembre.6. A Dozza è ucciso il milite della GNRMario Nuti (Albo).7. Cessa le pubblicazioni il settimanale catto-lico “Il Diario” d’Imola.7. A Marzabotto è ucciso, in «agg», il militedella GNR Derno Bondi (Albo).8. A Budrio è ucciso il milite della GNRRenato Castaldini (Albo).8. Grosso scontro a Rasiglio (Sasso Marconi)tra la 63a brigata Bolero e i tedeschi.

8. I tram cessano il servizio alle 18,30.9. Inizia la battaglia di S. Maria di Purocielo(Brisighella – RA).10. Eccidio di Casalecchio di Reno. 13 parti-giani catturati a Rasiglio sono massacrati.10. L’agente della Polizia economica AngeloBallarini è ucciso ad Anzola dell’Emilia. ACastel di Casio è ucciso, in «agg», SettimioBallerini (Albo). Il milite delle BN GustavoMagnani è ucciso a Porta S. Stefano (BO)(Albo). A Granaglione è ucciso, in «agg»,Gaetano Calistri commissario prefettizio alcomune (Albo).11. Battaglia di Cà di Malanca (Brisighella –RA).11. “il Resto del Carlino” pubblica la notaVoci inconsistenti per negare l’eccidio diMarzabotto.12. A Bologna è ucciso, in «agg», il fascistaDomenico Biondi (Albo).13. A Bologna sono uccisi il caposquadra dellaGNR Sergio Boriani (P-Q) e il milite dellaGNR Giorgio Bortolotti (Albo). A Bologna, in«agg», è ucciso il milite della GNR FrancescoSassà (Albo). A Bagnarola (Budrio), in «agg»,è ucciso Amedeo Trippa (Albo).14. Eccidio di Sabbiuno del Piano (CastelMaggiore). I fascisti fucilano per rappresaglia35 persone.14 (il 19 secondo altra versione). A Dizzola(Monzuno) i tedeschi uccidono 6 tra parti-giani e civili.14. A Castel Maggiore è ucciso, in «imb», ilmilite delle BN Pietro Bianchini (Albo). AFuno (Argelato) è ucciso il tenente delle BNGuglielmo Filippini (Albo). A Budrio in«agg» è ucciso il milite della GNR GiuseppePincelli (Albo). (Pincelli ha avuto il ricono-scimento partigiano nella 4a brg VenturoliGaribaldi perché fucilato a Budrio il 14.10.Non siamo riusciti a spiegare il caso). AGrizzana è ucciso, in «agg», il milite dellaGNR Armido Rabaglia (Albo).14-17. La 36a brigata Garibaldi rompe l’ac-cerchiamento tedesco e attraversa la linea delfronte a Monte Freddo.15. A Porretta Terme è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Torquato Calvani (Albo). ACastel S. Pietro Terme, in «agg», è ucciso ilmilite della GNR Sergio Tosarelli (Albo).

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16. “il Resto del Carlino” scrive, senza diredove, che il 14 in uno scontro con i partigia-ni sono morti il tenente Guglielmo Filippi e imiliti Pietro Bianchini, Pietro Porchera,Giulio Stradi e Agostino Tugnoli. Erano tuttidelle BN. A Bologna è uccisa, in «agg», l’au-siliaria delle BN Alma Battistini (Albo).18. Secondo attentato partigiano contro l’ho-tel Baglioni. La facciata dell’edificio crolla.18. In via S.Stefano, in uno scontro con i par-tigiani, un milite delle BN perde la vita e 2restano feriti.18 (forse il 20). Al poligono di tiro sono fuci-lati i partigiani Nino Bordini*, GiovanniBorghi*, Alfonso Bagni*, Adelmo Brini*,Mario Guerra*, Romolo Menzolini*, PietroMuratori*, Attilio Ottonelli*, Iliano Pasciu-ti* Luigi Rispoli*. Erano stati catturati nellachiesa di Cavina (Fognano – RA) e nell’ospe-dale di Brisighella (RA) perché feriti. Conloro sono fucilati il medico Ferruccio Terzi*,gli infermieri non professionali Sergio GiulioMinozzi* e Renato Moretti* e un medicoaustriaco, disertore, di nome Willy. Il parti-giano Teodosio Toni* e l’infermiera non pro-fessionale Laura Guazzaloca* (catturati congli altri) sono fucilati a Forlì e Modena. Intutto sono 16.18. Ad Altedo (Malalbergo), in «agg», è ucci-so Agostino Cocchi milite delle BN (Albo).Ad Altedo (Malalbergo), in «agg», è ucciso ilmilite della GNR Mario Tosi (Albo).19. In via Mascarella (BO) è ucciso, in «agg»,il milite della GNR Tristano Branchini (Albo).20. Battaglia dell’Università. Cadono 6 parti-giani della brigata GL città. “il Resto delCarlino” darà un’informazione generica il 24.20. A Bologna è ucciso il milite della GNRIvano Cirri (Albo). Un Ivano Cirri, secondo“il Resto del Carlino”, era stato ucciso il 19.9(Vedi 3.10).21. Battaglia di Vigorso (Budrio). Cadono 36partigiani.21. A Budrio è ucciso, in «agg», CarloCasarini delle BN (Albo).24. Eccidio di Susano (Vergato). 10 personesono fucilate dai tedeschi.25. “il Resto del Carlino “ scrive che il 19 inuna zona della pianura una quarantina dipartigiani sono stati uccisi in uno scontro.

Quasi certamente si riferisce alla battaglia diVigorso (Budrio) avvenuta il 21. 25. A S. Giovanni in Persiceto è ucciso ilmilite Orlando Cacciari (P-Q).26. “il Resto del Carlino” scrive che è statoscoperto un centro di propaganda sovversi-va. Quasi certamente si riferisce alla tipogra-fia clandestina del PdA in fase d’organizza-zione in via S. Petronio Vecchio. È seque-strata una linotype.26. A Bologna è ucciso, in «agg», il militedella GNR Marcello Marino Ballerini (Albo).28. Le avanguardie americane si fermanodavanti al “muro” di Livergnano (Pianoro).Si fermano anche nella valle del Santerno.Inizia la sosta invernale.28. A Cortina d’Ampezzo muore Pericle Du-cati. 30. Battaglia di Casteldebole (Bo). Cadono20 partigiani.30. A Bologna è ucciso, in «agg», il militedella GNR Ferdinando Boradori (Albo).31. Eccidio a Casteldebole (Bo). I tedeschiuccidono una quindicina di cittadini.31. È ucciso l’agente Federico Soverini. AMalalbergo è ucciso, in «imb», il milite dellaGNR Giancarlo Faccani (Albo).In data imprecisata – forse a metà del mese –il questore Tebaldi e Renato Tartarotti, con lasua Compagnia autonoma speciale, lascianoBologna. (vedi 15.9) Il nuovo questoreMarcello Fabiani li accusa di diserzione.In data imprecisata Leonello Bergamini*, innome del CLN, incontra il prefetto Fantozziper concordare una tregua invernale.

Novembre1. Esce “Vent’anni”, ad Imola.1. Esplode una bomba contro lo stabile cheospita la sede del commissariato di polizia diGalliera, in via Porta di Castello, nel centrodi Bologna. Restano uccisi gli agenti NinoFiori, Giuseppe Gieri, Giuseppe Leone, Bru-no Mingardi, Pasquale Musenga. SecondoAlbo sono tutti morti l’1.11, ma Fiori e Gieriin un attentato a una caseram. Per Leoni nonè indicata la causa. Mingardi sarebbe mortoin un attentato contro la caserma di via delPratello e Musenga in «agg». Secondo altraversione (vedi 1.2.1945) l’attentato contro la

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sede del commissario è dell’1.2, con 5 mortie 2 feriti (P-Q).2. A Bologna muore in ospedale GuglielmoComai a seguito di ferite riportate in «agg»(Albo). Sempre a Bologna è ucciso, in «agg»,Gianluigi Gilardini interprete al servizio deitedeschi (Albo).3. A Milano Cadorna è nominato comandan-te del CVL. Parri e Longo sono i vice 4. Il comando tedesco annuncia che saràimpedito il rientro in città delle famiglie sfol-late nei mesi precedenti nei comuni dellaprovincia. Contemporaneamente ordina losgombero della parte della città a sud deiviali di circonvallazione (la zona collinare) invista dei combattimenti previsti per fermarel’avanzata degli alleati.5. A Calderara di Reno è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Ostilio Fantuzzi (Albo).7. Battaglia di Porta Lame. “il Resto delCarlino” non scrive una riga, ma dà notiziadei fascisti giustiziati e sepolti nella zona.7. A Bologna è ucciso, in «agg», l’agenteWalter Conti (Albo). Sempre a Bologna èucciso l’agente Bruno Gheri (Albo).8. Ad Anzola Emilia in «agg» è uccisoGiuseppe Ferri delle BN, unitamente a CiroMinozzi (Albo). Ma a p.446 dell’Albo è scrit-to che Minozzi muore in un mitragliamentoaereo.10. Nascono la Camera confederale del lavo-ro e la Federazione provinciale lavoratoridella terra.10. A Molinella, in «agg», è ucciso EnnioResca (Albo).11. A Bologna, in «agg», è ucciso il sottote-nente della X Mas Giorgio Trombetta (Al-bo).13. Il generale Alexander, comandante delletruppe alleate nel Mediterraneo, annuncia lasospensione delle operazioni belliche.14. A S. Giorgio di Piano è ucciso, in «agg»,il milite delle BN Piero Roberto Dodi (Albo). 15. Battaglia della Bolognina.16. A Calderara di Reno è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Oddone Mauro Fornasari(Albo).17. All’ospedale muore il milite della GNRVittorio Avanzi rimasto ferito nello scontrodi Porta Lame (Albo).

18. A Dozza è ucciso, in «agg», il milite dellaGNR Bruno Carletti (Albo).20. A Minerbio è ucciso l’agente della Poliziaeconomica Gaetano Spinelli (Albo).21. I fascisti prelevano dalle rispettive abita-zioni e uccidono l’avvocato Alfredo Svampa*e il medico Pietro Busacchi*.21. Esce “Battaglia” a Galliera.21. Agnoli è confermato podestà.22. I fascisti prelevano dalle rispettive abita-zioni e uccidono l’avvocato Giorgio Macca-ferri* e l’industriale Francesco Pecori*. 24. Il CUMER ordina l’intensificazione dellaguerriglia urbana.24. Ad Anzola Emilia è uccisa BiancaBergami Rizzoli, segretaria del PFR femmini-le locale (Albo).30. Esce “Compagna” a Bologna.30. Esce “La fiaccola” a S. Pietro in Casale.30. Esce “I lavori forzati” a S. Pietro in Ca-sale.30. Gli inglesi liberano Fontanelice.In data imprecisata ha luogo l’eccidio in loca-lità Suore di Mongardino (Sasso Marconi). Itedeschi uccidono 6 persone.

Dicembre3. A Calderino (Monte S. Pietro), è uccisoAlfredo Giuseppe Dardi (Albo).4. I tedeschi fanno il primo rastrellamento adAmola di Piano (S. Giovanni in Persiceto).Circa 300 i fermati. Un secondo rastrella-mento sarà fatto il 7.5. A Bologna sono uccisi, in «agg», AlfonsoMingozzi «informatore» e il figlio Sergiomilite della GNR (Albo). A Minerbio è ucci-sa l’ausiliaria Carla Orsini (Albo).6. A S. Lazzaro di Savena la GNR cattura efucila i militi disertori della GNR RenatoBallotta, Pasquale Calzolari e Alfonso Consio Landi. Il 10 sono fucilati i disertoriArmando e Walter Cerè. Tutti erano stati tro-vati armati. I cadaveri sono abbandonati perla strada e la cosa provoca molte protesteall’interno del PFR (P-Q).7. L’agente ausiliario Walter Conti è ucciso invia Santa Caterina (BO).12. A S. Giorgio di Piano la GNR fucila 9militi che hanno disertato dalla GNR:Clorindo Belluzzi, Pietro Bergami, Paolo

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Brunetti, Guerrino Colombari, Carlo Cu-latina*, Francesco Franchi, Gilberto Gam-berini, Cesare Martelli e Vincenzo Onofri. Ilfatto provoca la protesta di numerosi espo-nenti del PFR.13. Eccidio di Boschi (Vergato). 11 civilisono uccisi dai tedeschi.13 o 14. Eccidio della Chiusa di Cavacchio(Vergato). 15 civili sono uccisi dai tedeschi.13. Al poligono di tiro sono fucilati i parti-giani Arrigo Brini*, Giancarlo Cannella*,Franco Dal Rio*, Settimo Dal Rio*, ArdilioFiorini*, Gian Luigi Lazzari*, RossanoMazza*, Lino Panzarini*, Enrico Raimondi*,Luciano Roversi*, Riniero Turrini*, GiorgioZanichelli*, un cittadino sovietico e un citta-dino olandese. Con loro fu fucilato un medi-co austriaco disertore. Il 9 i 15 partigianierano stati catturati nell’ “infermeria” segre-ta del CUMER allestita in uno stabile di viaDuca d’Aosta 77 (oggi Andrea Costa). 14. Primo eccidio di Sabbiuno del Monte diPaderno (Bo). Il secondo avverrà il 23.Un’ottantina di partigiani sono uccisi daitedeschi.15. A Minerbio è ucciso, in «agg», il militedella GNR Primo Bertuzzi (Albo).15. Esce “Rivoluzione socialista” a Bologna.20. Esce “La voce delle donne” a Bologna.22. Esce “Patrioti” a Porretta Terme.23. Esce “Avanti-l’Unità” a Bologna.23. Esce “La Punta” a Bologna.23. A Galliera è ucciso, in «agg», il milite delleBN Onorato Mingozzi (Albo). Sempre secon-do l’Albo, il 23.10.1944 a Galliera sarebbestato ucciso il guardiafili Onorato Migozzi.29. A Bologna è ucciso, in «agg», il militedelle BN Marcello Balerci (Albo). A Miner-bio è ucciso, in «agg», l’agente della Poliziaeconomica Raffaello Mignatti (Albo).In data imprecisata Paolo Fabbri* lascia lasegreteria del PSIUP a Giuseppe Bentivogli.Con Mario Guermani*, Fabbri attraversa lalinea del fronte e si reca a Roma per conferi-re con la direzione del PSIUP.In data imprecisata la sede bolognese dellaBanca d’Italia inizia a sovvenzionare il CLNcon 20 milioni il mese.In data imprecisata il prefetto Fantozzi chie-de un incontro con Giuseppe Bentivogli* per

concordare il passaggio dei poteri al momen-to dell’arrivo degli alleati. Bentivogli si recaall’incontro e, in nome del CLN, respingel’offerta.

1945

Gennaio1. Esce “L’Ardimento” a Bologna.5. A Bologna è ucciso Giovanni Cavicchi (Al-bo).11. Il milite Giovanni Chioatto è ucciso in viaTripoli (oggi via P. Fabbri) (BO) da 3 parti-giani.11. Una bomba è lanciata nel bar di StradaMaggiore (BO) 62 frequentato da fascisti. 2avventori perdono la vita (P-Q).12. Sono uccisi a Bologna, in «agg», il militedelle BN Giuseppe Berti e il fratello Gino (P-Q e Albo).13. Una bomba scoppia nel cinema Medica,in via Monte Grappa (BO), e provoca unmorto e sei feriti. Il morto è il milite dellaGNR Amedeo Dalle Donne (Albo).17. A Bologna è ucciso il milite delle BNAngelo Selli (Albo).19. Una bomba scoppia in un bar di via dellaZecca (BO), frequentato da poliziotti. Duemorti e 9 feriti.21. In via Scipione del Ferro (BO) è uccisol’agente Edmondo Monetti (P-Q). In viaNazario Sauro (BO) è ucciso, in «agg», l’a-gente di polizia Angelo Gallo (Albo).27. In via Laura Bassi (BO) sono uccisi duemiliti della GNR: Giovanni Chieregatti eGiuseppe Basoli.28. Franz Pagliani lascia la carica di Delegatoregionale del PFR e Pietro Torri quella disegretario provinciale. Giovanni Cerchiaridiventa segretario provinciale e comandantedella 23a brigata nera. L’allontanamento diPagliani e Torri è stato imposto dal generalevon Senger.30. Esce “Il diritto del profugo” a Bologna. 30. Esce “La lotta” ad Imola.30. Esce “L’Attacco” a Bologna.31. A Medicina è ucciso, in «agg», il sottote-nente delle SS italiane Michele ArcangeloOlivieri (Albo). In via S. Vitale (BO) è ucci-

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so, in «agg», il milite della GNR BrunoBiavati (Albo).In data imprecisata a Piacenza i partigianicatturano e fucilano Cesare Bondioli eRomano Rimondini del PFR di Bologna.In data imprecisata il PRI aderisce al CLN.

Febbraio1. I partigiani collocano una bomba davan-ti alla sede del commissariato di PS in viaPorta Castello (BO). Lo stabile crolla parzial-mente. 5 agenti perdono la vita e 2 restanoferiti (P-Q).1. In via Falegnami (BO) è ferito dai parti-giani l’agente Carmelo Micalì. Morirà il 5.1. Esce “La Riscossa” di Bologna.4. “il Resto del Carlino” scrive che in unoscontro, avvenuto fuori porta S. Vitale, sonorimasti uccisi due partigiani e il milite dellaGNR Giuseppe Loreta. Loreta – ucciso daun colpo partito accidentalmente dal fuciledi un altro milite – era collaboratore del gior-nale sul quale firmava con lo pseudonimoGielle. Secondo un rapporto della questura,nello scontro perdono la vita anche NelloCavicchioli e Mauro Trigari della GNR.5. A Bologna è ucciso, in «agg», il poliziottoGian Arrigo Balugani (Albo).6. A Malalbergo è ucciso Ledo Dimenservise(Albo).10. In questa data pare siano iniziate le primeesecuzioni di partigiani a San Ruffillo (BO),subito sepolti tra le macerie delle abitazionidistrutte dai bombardamenti. Dopo laLiberazione furono ricuperate 94 salme, nontutte identificate.11. A Bologna è giustiziato, in «agg», il mili-te delle BN Silvano Fabbri (Albo). A Ver-gato, in «agg», è ucciso Giorgio Stefani (Al-bo). A S. Giorgio di Piano, in «agg», è ucci-so il milite delle BN Vincenzo Tugnoli(Albo).14. In via S. Felice angolo Paradiso (BO)sono uccisi Augusto Turtura e Giorgio Bor-tolotti del reparto automezzi delle BN (P-Q).14. Paolo Fabbri e Mario Guermani – diritorno da Roma dove hanno conferito con ladirezione del PSIUP – lasciano PorrettaTerme per attraversare la linea del fronte erientrare a Bologna. A Bombiana (Gaggio

Montano) perdono la vita o in un campominato o perché uccisi dai tedeschi. 15. Enzo Visioli è il nuovo questore diBologna.16. A Baricella è ucciso, in «agg», il militedelle BN Corrado Fiorentini (Albo).17. A Bentivoglio sono uccisi i fascistiRaffaele Mignani e Alberto Querzè (P-Q).18. Il capitano della GNR Rolando Torresi ègiustiziato a Bologna (P-Q). A S. Giorgio diPiano è ucciso l’ex podestà Vincenzo Tugnoli(P-Q).19. A Galliera un centinaio di donne assalta-no e mettono a soqquadro la sede comunale.Augusta Garuti* è arrestata e associata allecarceri di S. Giovanni in Monte.20. Ad Imola è ucciso Romano Barberini chesi era arruolato nella Wehrmacht (Albo).22. A Malalbergo 150 donne manifestanodavanti al comune.23. In via Broccaindosso (BO) è ucciso l’im-piegato dello stato Luigi Ara (P-Q).24. In piazza S. Michelino (BO) è ucciso iltenente dell’esercito Medardo Cesari.Secondo l’Albo era un milite delle BN uccisoin «agg». Ha pure avuto il riconoscimentopartigiano, per ragioni non accertate. In viaGoito è ucciso il milite Bruno Rodolfi. In viaDuca d’Aosta (oggi via A. Costa) è giustizia-to un militare tedesco. In via S. Stefano 16sono uccisi il conte Gualtiero Isolani, lasorella Carolina, il sergente Aldo Antonini eInes Benfenati. In via Marsala sono uccisiEvelino Pasquini e la moglie Angela.25. In via S. Apollonia (BO) è ucciso Vittori-no Villanedi. A S. Pietro in Casale è ucciso, in«agg», Beniamino Foppolo (Albo).26. In via Broccaindosso (BO) è ucciso ilmilite delle BN Giovanni Fontebuoni (P-Q).Secondo l’Albo era un milite della GNR e fuucciso, in «agg», in via del Pratello.27. I tedeschi anticipano il coprifuoco alleore 18,30.28. A S. Pietro in Casale è uccisa, in «agg»,Elsa Bergami (Albo). A S. Pietro in Casale èuccisa la sindacalista del PFR Elide Varotti(Albo).In data imprecisata Alberganti, richiamato aMilano dalla direzione del PCI, lascia aFernando Zarri* la segreteria provinciale.

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Marzo

1. Nella sua abitazione, in via Savenella 1(BO), è ferito il milite della GNR MartinoBerti. Nell’attentato resta uccisa la sua aman-te Giuseppina Gubbioli (P-Q). In viaBarbieri (BO) è ucciso il milite della GNRGiuseppe Rabbi (P-Q). In via Roma (oggi viaMarconi) (BO) è ucciso, in «agg», il commis-sario di PS Vincenzo Barberi (Albo). ABaricella, in «agg», sono uccisi i militi delleBN Elia Vecchietti e Wilma Vecchietti (Albo).1. A S. Giorgio di Piano manifestazione di uncentinaio di donne davanti alla sede comuna-le. Manifestazione analoga si svolge a CastelMaggiore (P-Q).3. Manifestazione di donne davanti alla sedecomunale di Bologna e invasione della stessa.150 donne in colonna si recano in corteo invia Riva di Reno e manifestano davanti allaManifattura tabacchi. A Zola Predosa ungruppo di donne penetrano nella sede comu-nale e appiccano il fuoco ad alcuni uffici. ABudrio un gruppo di donne chiede la distri-buzione di sale davanti alla sede comunale(P-Q).3. A Bologna è ucciso il milite della GNRBruno Malabrì (Albo). A Crevalcore, in«agg», è ucciso il milite della GNR Massi-miliano Scomina (Albo). A Bologna è uccisoRolando Tessarin della X Mas (Albo).5. A Casalecchio di Reno si svolge una mani-festazione di donne davanti al comune (P-Q).5. A S. Giorgio di Piano è ucciso, in «agg», ilcaposquadra delle BN Cesare Moretti (P-Q).6. È ucciso il caporale maggiore (non si sa diquale arma) Amedeo Muzzi di Calderara diReno. Accanto al cadavere è lasciato un car-tello con la scritta «Spia fascista» (P-Q). AGalliera è ucciso Gioacchino Milanesi fatto-re dell’azienda Bonora (P-Q).7. A Castenaso è ucciso, in «agg», il tenentedella GNR Bruno Monti (Albo).8. A Fiesso (Castenaso) è ucciso, in «agg», ilmilite delle BN Francesco Galetti (Albo). ACasalecchio di Reno, in «agg», è ucciso il mili-te della GNR Giovanni Livio Tessarolo(Albo).9. A Crespellano una manifestazione didonne si svolge davanti al comune (P-Q).

9. A Bologna è ucciso, in «agg», il milite dellaGNR Giovanni Mancini (Albo).10. È ucciso il fascista Carlo Montanari neipressi della Certosa di Bologna (P-Q). AdImola è ucciso, in «agg», l’agente di poliziaDomenico Feloni (Albo). A Bologna è ucci-so, in «agg», il milite della BN Carlo ClaudioMontanari (Albo).10. Eccidio in località La Rossa ad Imola. 8partigiani sono fucilati dai fascisti.11. A Budrio è ucciso, in «agg», il milite dellaGNR Armando Bettini (Albo).12. In via Vezza (BO) è ucciso il fascistaRoberto Salmi (P-Q). Per l’Albo sarebbemorto in via Irnerio in «agg». A S. Pietro inCasale è ucciso il milite delle BN IppolitoCiampino (Albo). Lo stesso giorno, a S.Pietro in Casale, è ucciso, in «agg», il militedella GNR Gaetano Giampino (Albo).(Molto probabilmente Ciampino e Giam-pino sono la stessa persona). A Bazzano èucciso il milite della GNR Bruno Geminiani(Albo). A Ca’ de Fabbri (Minerbio), in«agg», sono uccisi gli agenti della polizia eco-nomica Corradino Rosati e Bruno Guidotti(Albo). Dall’Albo si apprende pure che il 13,a Bologna in «agg», è stato ucciso l’agentedella Polizia economica Corrado Rossati. 13. A Bologna è ucciso, in «agg», il fascistaGualtiero Bernardini (Albo). Sempre aBologna è ucciso l’agente della Polizia eco-nomica Amedeo Gazzotti (Albo).15. A Bologna è ucciso, in «agg», l’agente dipolizia Francesco Lauria (Albo). A Malal-bergo è ucciso, in «agg», l’agente dellaPolizia economica Enzo Martelli (Albo).16. A Zola Predosa è ucciso, in «agg»,Umberto Carnevali (Albo).17. A Bologna, in «agg», è ucciso il militedelle BN Primo Poderi (Albo).19. La DC e il PLI chiedono al CLN di farcessare l’agitazione intrapresa da braccianti emezzadri per l’applicazione del ConcordatoPaglia-Calda. Per evitare la crisi del CLN, isindacati interrompono l’agitazione.19. A Pieve di Cento è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Roberto Fantoni (Albo).20. In via Nosadella (BO) è ucciso, in «agg»,il milite della GNR Umberto Cacciari (Albo).In via Piana (BO) è rinvenuto il cadavere di

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Emilio Caselli del 1907, con addosso unadivisa tedesca (P-Q). A Corticella (BO) èucciso, in «agg», il milite delle BN PieroLepore (Albo).21. A Bologna è ucciso, in «agg», l’agentedell’Ausiliaria Edmondo Monetti (Albo). ACastagnolino (Bentivoglio) sono uccisi, in«agg», il milite della GNR Alfredo Ferrac-cioli (Albo), Amedeo Lambertini e AlbertinaPizzirani segretaria della sezione femminiledel PFR di Bentivoglio (Albo). A Bologna èucciso il milite della GNR Mario Faustini(Albo). 23. Tiziano Zucchelli, usciere capo dell’univer-sità, è ucciso per la strada (P-Q). Secondo altrafonte apparteneva alla Polizia econmica dellaRSI (Albo). In via Sostegnazzo 3 (BO) è uccisoil milite delle BN Alfredo Fantoni (P-Q). In viaViola 29 (BO) sono trovati i cadaveri diBlandina Ridighieri e dei figli Gianni eVeronica. Accanto ai corpi un cartello con lascritta «Così si trattano le spie fasciste» (P-Q).A S. Pietro in Casale è ucciso, in «agg», il fasci-sta Giobatta Bianchi (Albo). Ad Imola è ucci-so, in «agg», Franco Bulgarelli delle BN(Albo). A Bologna è ucciso, in «agg», VinicioEnzo Calamai (Albo). Ad Altedo (Malal-bergo) è ucciso, in «agg», Prodigo Dottini delleBN (Albo). Ad Altedo (Malalbergo) è ucciso ilmilite della GNR Ferruccio Fazzioli (Albo).24.In via Goito (BO) è ucciso il milite BrunoRodolfi (P-Q). A Borgo Panigale (Bologna) èuccisa, in «agg», Blandina Rediglieri ausilia-ria delle BN (Albo). Secondo l’Albo lo stessogiorno è stata uccisa, in «agg», BlandinaVeronica Zani. Per la prefettura BlandinaRidighieri (e non Redighieri) sarebbe statauccisa il 23.3.25. A Bologna è ucciso Arvedo Fantoni delleBN, con la moglie (Albo).26. In via Broccaindosso (BO), in «agg», èucciso il milite delle BN Enrico Squarcialupi(Albo). A Bologna è ucciso il milite dellaGNR Carlo Varignana (Albo). 27. In via Rolandino (BO) è trovato il cada-vere di Vittorio Gandino, ritenuto una spiadei tedeschi (P-Q).29. In via dello Scalo 2/3 (BO) è rinvenuto ilcadavere di Maria Ines Tassoni ritenuta unaspia dei fascisti (P-Q). Per l’Albo era un’au-

siliaria delle BN. A Bologna è ucciso Fer-ruccio Ragazzoni direttore del Consorzioagrario (P-Q e Albo). A Bologna è ucciso, in«agg», Alfonso Burzi della Polizia ausiliaria(Albo). 30. In via S. Donato (BO) è ucciso il sergen-te della GNR Sebastiano Dovi (P-Q e Albo).A Galliera, in «agg», è ucciso il milite dellaGNR Dino Vignoli (Albo).31. È ucciso il milite della GNR GiuseppeSarzola (P-Q). A Bologna, in «agg», è uccisoil milite della GNR Oreste Viale (Albo).

Aprile1. A Galliera è ucciso, in «agg», GiuseppeBaraldi (Albo). In via Savenella (BO) è ucci-sa, in «agg», Giuseppina Gubbioni ausiliariadelle BN (Albo).2. A S. Giovanni in Persiceto è ucciso, in«agg», Augusto Bonfiglioli della Polizia ausi-liaria (Albo).3. A Castel Maggiore è ucciso, in «agg», ilmilite della GNR Vincenzo Laffi (Albo). AMezzolara (Budrio), in «agg», è ucciso il mili-te della GNR Vincenzo Zaniboni (Albo).4. A Bologna, in «agg», è ucciso Bruno Tas-sinari della X Mas (Albo). A Castenaso èucciso Pasquale Galletti (Albo). A Baigno(Camugnano) è ucciso Primo Neri segretariodel PFR di Castiglione de’ Pepoli (Albo).5. È ucciso Arsenio Orienti della GNR. ABaricella è ucciso, in «agg», il milite delle BNGiovanni Pranzini (Albo).6. A Budrio è ucciso, in «agg», il milite delleBN Sergio Poli (Albo). (Poli ha avuto il rico-noscimento partigiano nella 66a brg JacchiaGaribaldi ed è morto a Budrio il 6.4.45. Nonsiamo riusciti a spiegare il caso).7. A Galliera, in «agg», è ucciso il milite delleBN Adelmo Sgarzi (Albo). 9. Inizia l’offensiva alleata per liberare ilBolognese.10. A Castel Maggiore sono uccisi BrunoBalzan e il figlio Antonio (Albo). A Bologna èucciso, in «agg», Davide Magli (Albo). ABorgo Panigale (BO) è uccisa, in «agg», la BNFelicità Menotti (Albo). A S. Giorgio di Pianoè ucciso, in «agg», il milite delle BN SilvioMilanesi (Albo). A Bologna è ucciso, in «agg»,il milite delle BN Vittorio Rainini (Albo).

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11. Esce il “Bollettino dell’8a brigata Masia”a Bologna.11. A Bagnarola (Budrio) è ucciso, in «agg»,Loredano Minelli (Albo).12. In via S. Vitale è ucciso Gabriele Gua-raldi agente dell’Ausiliaria.12. Eccidio dell’azienda Becca ad Imola.Sono torturati, uccisi e gettati in un pozzo 16partigiani.12. Muore Aristide Sarti. Cade con l’aereo inazione di guerra in Veneto.12. Mordano è liberata dai polacchi eCasalfiumanese dall’esercito italiano.12. Davanti al Tribunale straordinario diguerra di Bologna inizia il processo contro 27persone, molte delle quali militano nella bri-gata Matteotti città. Sono: Vincenzo Bacca-ro*, Federico Benfenati*, Otello Bonvicini*,Salvatore Cabras*, Calari Angela, GinoCorsini, Ermanno Ermini, Alfredo Fanti*,Albino Gaiani, Ildebrando Gaudenzi, Car-melo Gregorio*, Cesarino Gruppi*, PietroGruppi*, Ruggero Malossi*, Gaetano Minel-li, Guglielmo Minelli, Ampelio Nanni*,Mario Paganini*, Giuseppe Poggi*, AmaliaPozzi, Amedeo Simili*, Giorgio Simili,Paolina Simili*, Alessandro Ventura*, ErcoleVenturi*, Amleto Villa, Domenico Zanetti.Sono condannati a morte e fucilati Benfenati,Bonvicini, Cabras, Cesarino e Pietro Gruppi,Ventura. Sono condannati all’ergastolo Bac-caro, Paganini, Poggi, Amedeo Simili. Glialtri sono condannati a pene minori o assolti.13. A Bologna è ucciso, in «agg», il militedelle BN Raimondo Bianchi (Albo).14. Le federazioni del PCI e del PSIUP invi-tano i bolognesi ad insorgere.14. Esce il giornale “La Squilla” di Bologna.14. I polacchi entrano ad Imola alle ore 17. Ipartigiani insorgono.14. È ucciso in «agg», in via Beverara (BO),il sergente della GNR Alfonso Roda (Albo).A Mordano, in «agg», è ucciso il milite delleBN Nildo Poletti (Albo).15. Dozza è liberata dall’esercito italiano.15. A S. Giorgio di Piano è ucciso, in «agg»,il poliziotto Giuliano Fava (Albo). ACasalecchio di Reno è uccisa, in «agg»,Emma Galli Pedrelli segretaria della sezionefemminile del PFR locale (Albo).

16. I polacchi liberano Castel Guelfo diBologna.16. Dal pozzo dell’azienda Becca di Imolasono ricuperati i corpi di 16 partigiani tortu-rati e uccisi dai fascisti prima di abbandona-re la città.16. A Molinella è ucciso l’agente della Poliziaeconomica Francesco Bandiera (Albo). APonte Ronca (Zola Predosa) è ucciso, in «agg»,Renato Roberto Montanari del PFR (Albo).17. È ucciso a Bologna il fascista GaetanoBenucci. Maria Mattioli – che lavora pressoun comando tedesco in località S.Anna (BO)– è uccisa in via Ferrarese (P-Q). A Zula(Pianoro) sono uccisi i militi della GNRMario Mazza e Giorgio Michelotti (Albo). ABologna è ucciso il milite della GNR PietroMazzetti (Albo). 17. I polacchi liberano Castel S.Pietro Terme.18. In via Scandellara (BO) un’esplosionecasuale distrugge una base partigiana. 13 imorti e 4 i feriti.19. A Funo (Argelato) è ucciso il milite dellaGNR Luigi Ricchi (Albo).20. A Casalecchio di Reno è ucciso, in «agg»,il fascista Primo Bettini (Albo). A Bologna èucciso, in «agg», il milite della GNR LuigiDe Matteis (Albo). A Bagnarola (Budrio) èucciso, in «agg», Ferdinando Montaguti delPFR (Albo). Il milite delle BN OrlandoBarbieri è ucciso, in «agg», a S. Giovanni inPersiceto (Albo). In località Croce del Biacco(BO) è ucciso, in «agg», il milite della GNRGiorgio Lazzari (Albo).20. Nel pomeriggio i tedeschi, seguiti dai fasci-sti, abbandonano Bologna senza combattere.20. Giuseppe Bentivogli* e Sante Vincenzi*del CUMER, catturati dai fascisti in piazzaTrento e Trieste (BO), sono torturati e uccisi.21. All’alba i polacchi e gli americani entranoa Bologna. I partigiani insorgono.21. Il CLN nomina il sindaco (GiuseppeDozza* del PCI), il presidente dellaProvincia (Giorgio Melloni* della DC), ilprefetto (Gianguido Borghese* del PSIUP) eil questore (Romolo Trauzzi* del PdA).21. I tedeschi compiono l’eccidio a S.Giorgio di Piano. 9 persone sono uccise.21. I tedeschi in ritirata si fermano a Ca-vezzo (MO) e uccidono 7 partigiani bolo-

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gnesi che avevano avuto in consegna daifascisti.22. Escono i giornali “Corriere dell’Emilia”,“Corriere Alleato”, “Rinascita”, “Giustizia elibertà” e “Bologna è libera”.23. Malalbergo è l’ultima località bolognesead essere liberata.

25. In Piazza Vittorio Emanuele II (oggiPiazza Maggiore) i partigiani consegnano learmi ai soldati americani.27. Americani e russi s’incontrano sull’El-ba.28. Mussolini è giustiziato dai partigiani.30. Adolf Hitler si uccide.

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Questo Dizionario biografico è l’ultimo -e speriamo che resti tale - di una lunga seriedi pubblicazioni con i nomi dei bolognesicaduti nelle guerre risorgimentali per l’in-dipendenza e l’unità della patria o che vihanno partecipato.

Il primo dizionario biografico deipatrioti bolognesi lo ha fatto compilare il20 dicembre 1831 - sia pure con altroscopo e non certo per additarli alla ricono-scenza della città - il cardinale legatoGiuseppe Albani commissario straordina-rio delle Legazioni pontificie, dopo averesoffocato nel sangue l’insurrezione patriot-tica di quell’anno degli emiliani e dei roma-gnoli. Per compilare quest’elenco la poliziapontificia impiegò quattro anni. Nel 1835fu presentata al cardinale legato una lista di1.829 patrioti, i cui nomi furono inseriti inun registro che reca questo titolo Cennibiografici politici di cittadini bolognesiestratti dall’archivio segreto della Direzionedi Polizia di Bologna. Un elenco analogo,con 78 nomi, fu compilato ad Imola.

D’ogni biografato, sia bolognese siaimolese, furono indicati l’età, il luogo dinascita, la residenza, il mestiere, la condi-zione sociale, lo stato civile e altre annota-zioni personali, a discrezione delle polizie.L’elenco di Bologna - tenuto aggiornatosino agli ultimi giorni della dominazionepontificia - è stato pubblicato nel 1935 acura d’Albano Sorbelli e quello d’Imolapure nel 1935 a cura di Giovanni Maioli ePiero Zama (1).

Dopo l’unificazione nazionale e la defi-nitiva cacciata dell’esercito austro-pontifi-cio - Bologna riconquistò la libertà il 12

giugno 1859 - furono promosse varie ini-ziative editoriali per onorare i patrioti chesi erano sacrificati per la patria. Furonoredatti dei dizionari biografici, anche se, avolte, erano semplici elenchi di nomi conpochissimi dati. Tutte queste pubblicazionisono importantissime e, indipendentemen-te dai criteri usati per redigerle, meritano lamassima considerazione perché il loroscopo primo era quello di onorare chi eracaduto per la patria.

Il lungo elenco ideale degli eroi si aprecon i nomi di Luigi Zamboni e G.B. DeRolandis, i protomartiri del Risorgimentobolognese. Arrestati con altri nel 1795 - peravere promosso un moto insurrezionalecontro il governo pontificio - Zamboni fuucciso o si uccise in carcere e De Rolandisimpiccato alla Montagnola il 23 aprile1796. Due mesi dopo la città fu liberatadall’esercito napoleonico (2).

I bolognesi, tornati sotto la dominazio-ne pontificia dopo il Congresso di Viennadel 1815, non si rassegnarono alla perditadella libertà politica, anche perché il 6luglio 1816 il pontefice abrogò con motuproprio il patto firmato il 24 agosto 1447 erimasto in vigore sino al 1796, in base alquale al comune di Bologna erano ricono-sciuti diritti sovrani non formali. Risultativani i tentativi di risolvere la questione invia legale, i bolognesi diedero vita a nume-rosi sfortunati moti insurrezionali (3). Unodei più importanti - dopo quello del 1821 -fu organizzato nel 1831, quando Bolognainsorse in accordo con altre città dellaregione. Non si conoscono elenchi di cadu-ti, anche se un bolognese - mentre durissi-

I diz ionari dei patr iot i bolognesi

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me furono le repressioni a Cesena e Forlì il20 e 21 gennaio 1832 - perse la vita il 13marzo quando gli austro-pontifici, accolti asassate, rientrarono a Bologna (4).

Molto consistente, per la partecipazionedi numerosi armati, l’insurrezione promos-sa da Pasquale Muratori nell’agosto 1843.Il 15, quando si rese conto che la poliziapontificia era a conoscenza della cospira-zione che aveva ordito, con un’ottantinad’armati salì sull’Appennino e occupò unavasta zona collinare nei pressi di Savigno.Dopo alcuni scontri cruenti con le miliziepontificie, il gruppo si sbandò e moltipatrioti furono catturati, mentre altri fini-rono in prigione a Bologna.

Furono processati 160 patrioti, 24 deiquali latitanti, compreso Muratori, anchese non tutti avevano dei meriti verso lapatria. Il governo pontificio aveva cercatodi gettare discredito sul moto risorgimenta-le «mescolando ai patrioti gli scellerati, reidi delitti comuni» (5). I condannati a mortefurono 20, dei quali 6 detenuti e subitofucilati in via Castelfidardo, dove una lapi-de ricorda il loro sacrificio. 15 furono con-dannati all’ergastolo, 5 a 15 anni e 3 a 10.L’elenco nominativo dei cospiratori, conl’indicazione della professione e della pena,se condannati, fu pubblicato nel 1888 (6).

La vittoriosa insurrezione popolaredell’8 agosto 1848 contro gli austro-ponti-fici è una delle pagine più luminose dellastoria bolognese, ma anche una delle piùdifficili da decifrare, quanto a morti e feri-ti. A lungo si discusse, nel secolo XIX, sedovevano essere considerati martiri solo ibolognesi morti con le armi in pugno, onon anche quelli - donne e bambini com-presi, per tacere degli stupri - uccisi dagliaustriaci per rappresaglia nelle campagne,mentre si ritiravano verso nord. Restò vagoanche il numero degli austro-pontifici ucci-si. Tra le tante pubblicazioni che videro laluce in quei giorni, vediamone alcune.

Secondo B. Del Vecchio i bolognesiebbero una ventina di caduti e una settan-tina di feriti e gli invasori 70 morti, 16 feri-ti e una settantina di prigionieri (7). Simili lecifre fornite da E. Farnè. I bolognesi morti

sarebbero stati 37 e 60 i feriti. Gli austro-pontifici avrebbero avuto 65 morti, 16 feri-ti e una settantina di prigionieri. Ma Farnèavanza l’ipotesi che i caduti dell’esercitoimperiale siano stati 500. Entrambi i croni-sti - che scrissero i loro saggi subito dopol’avvenimento - non forniscono nomi deicaduti (8).

I primi nomi - accompagnati dal luogodi residenza, dal mestiere e dal tipo di feri-ta riportata - cominciarono a comparirequalche mese dopo, quando apparve il sag-gio d’Antonio Vesi. In un’apposita tabellaerano indicati 108 nomi, così divisi: 42morti e 66 feriti (9).

Il primo elenco ufficioso - compresi ibolognesi uccisi per rappresaglia durantela ritirata degli austriaci verso Ferrara - fupubblicato dalla “Gazzetta di Bologna”negli ultimi giorni dell’anno. I nomi -accompagnati dal luogo di residenza, dalmestiere e dal tipo di ferita - erano 148,compresi i 47 morti (10).

Per Vincenzo Peri i morti furono 22,come scrisse nel 1866 (11). Nel 1883Domenico Brasini pubblicò un saggiosull’8 agosto e, in coda, mise un “Elencodegl’italiani morti e feriti l’8 agosto 1848”.Divise sia i morti sia i feriti in cinque cate-gorie: “Appartenenti alla Guardia Civica”,“Appartenenti ai Carabinieri”, “Apparte-nenti ai Finanzieri”, “Abitanti della Città”e “Abitanti dei Sobborghi” quelli cioè cherisedevano, poiché allora esistevano, fuorile mura.

Di tutti diede cognome e nome, ilmestiere e la modalità della morte o delferimento. Per i morti usò la suggestivaespressione «Colto da una palla». Questidati non erano certo esaurienti - comequelli degli elenchi precedenti, compilati infretta - per un esame completo di quellache sarà definita una «gloriosa fazione» (12),ma sufficienti per far comprendere che ilmoto risorgimentale a Bologna non fu unfenomeno elitario, ma popolare, dalmomento che la maggior parte dei morti edei feriti erano braccianti, facchini, mura-tori, artigiani, lavandai e operai in genere.

La natura popolare dell’insurrezione

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bolognese è stata ammessa da Luigi Rava,uno dei più illustri rappresentanti delmondo politico conservatore della regione.Quando fu incaricato di celebrare il cin-quantesimo anniversario dello storico fattod’arme, disse che «La rivoluzione del 1831preparata, voluto, regolata dalla borghesia,si compie colla giornata dell’8 agosto, volu-ta dal popolo» e vinta dagli «eroi plebei»(13). In quei giorni la marchesa CarolinaTattini Pepoli - sorella del patriotaGioacchino Pepoli e patriota pure lei, peravere preso parte ai combattimenti controgli austriaci - scrisse alla madre: «L’en-tusiasmo era grande nel popolo, ma vergo-gnosamente, meno di pochi, i signori tuttifuggirono e si nascosero» (14).

Secondo Ida Ceppi Bernardi «in cittànascevano tumulti e scene turpi», ma «Nonè l’intero popolo che si macchia di sanguee si copre di vergogna», bensì «la classeinferiore composta di facchini, di tirini (daltrarre i contrabbandieri su dalle mura), dicanepini senza lavoro, i quali, non correttidal governo clericale se non con la forca ela galera e i precetti politici, costituivanouna razza facinorosa e feroce e incarnavanoil furto e l’omicidio» (15). In realtà, come hascritto Alberto Preti, in quel giorno simescolarono vari fenomeni, la «lotta perl’indipendenza, agitazioni contadine, tenta-tivi di eversione sociale e dell’ordine costi-tuito» (16).

Brasini - scrisse che i morti erano 23 e66 i feriti - non riuscì a stabilire il numeroesatto delle persone coinvolte e i suoi datinon corrispondono con quelli incisi nellelapidi di piazza VIII Agosto e di Palazzod’Accursio (17). Lapidi che, secondoVittorio Fiorini vennero incise o troppopresto o troppo tardi e con troppi nomi.Per lui i morti furono 62 e 116 i feriti. Ditutti pubblicò ampie biografie e la suaavrebbe potuto essere la versione definitiva(18) se, alcuni anni dopo, Giovanni Maiolinon avesse sostenuto che i morti furono 56ed una settantina i feriti. Anche questo sag-gio fornisce ampie biografie (19). Contem-poraneamente a Maioli, il direttore delMuseo bolognese del risorgimento, Fulvio

Cantoni, scrisse - nella voce “Bologna”,uscita nel primo volume del Dizionario delRisorgimento nazionale - che i morti erano44 e i feriti un centinaio (20).

Ignoti quasi tutti i nomi dei bolognesi -pare che siano stati centinaia - che nel 1848presero parte alla guerra contro gli austria-ci in difesa di Venezia. Poche le fontibibliografiche anche se restano le lettere,come quelle di Sebastiano Gherardi, invia-te ai familiari dal fronte di guerra (21).

Poco dettagliato l’elenco dei morti e deiferiti che Brasini fece per gli sfortunatiscontri che i patrioti bolognesi ebbero congli austriaci nel maggio 1849, dopo i qualila città ricadde sotto la dominazione ponti-ficia, anche se il potere vero era nelle manidel comandante del presidio austriaco, dalquale dipendeva la polizia statale. Quandopossibile, Brasini ha dato l’età e il giornodella morte. Molti degli 86 caduti restaro-no ignoti (22). Nessun nome o numero deicaduti diede Oreste Biancoli in una memo-ria scritta l’anno stesso a Genova, dove eraandato in esilio (23).

Il barnabita Ugo Bassi e GiovanniLivraghi - ma non erano bolognesi - sono ledue vittime più illustri della repressioneoperata a Bologna dagli austro-pontifici.Vennero fucilati l’8 agosto 1849 a VillaSpada. È più che probabile che la data siastata scelta dai carnefici per cancellare ladura sconfitta subita l’anno precedente.

Nel 1849 centinaia, se non addiritturaun migliaio di bolognesi accorsero a Romaper combattere agli ordini di GiuseppeGaribaldi in difesa della repubblica. Non siconosce il numero esatto dei partecipanti,dei morti e dei feriti. Da una pubblicazionedi quello che potrebbe essere considerato ilministero della sanità della Repubblicaromana, risulta che nel grosso scontro del30.4.1849, si ebbero 155 feriti, alcuni deiquali decedettero. Tra questi 8 feriti eranobolognesi, uno dei quali di Imola. Di tuttil’elenco fornisce nome e cognome, età,grado ricoperto, corpo di appartenenza etipo di ferita (24). Da un altro lunghissimoelenco di patrioti rimasti feriti in maggio egiugno, risulta che i bolognesi furono 122,

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mentre non si conosce il numero dei morti.Di ogni ferito - come risulta da una pubbli-cazione edita a Roma, quando i combatti-menti erano ancora in corso, per cui le cifrenon sono definitive - si conosce nome,cognome, il luogo di residenza, il corpo incui militava, il grado e il tipo di ferita (25).

Tra i bolognesi caduti i più famosi furo-no Pietro Pietramellara e Angelo Masini.Pietramellara nel 1833, mentre militavanell’esercito piemontese, fu condannatoper avere preso parte a una cospirazionemazziniana. Evitò il carcere tornando aBologna. Nel 1843 prese parte a una cospi-razione a Imola, per cui fu condannato amorte. Andò in esilio in Corsica e tornò nel1847 per divenire comandante del secondobattaglione della Guardia civica. Preseparte alle battaglie risorgimentali in Venetoe all’insurrezione bolognese dell’8 agosto1848. Come molti altri bolognesi andò aRoma nel 1849 e Garibaldi gli affidò ilcomando del battaglione dei BersaglieriRomani. Ferito il 5 giugno negli scontri delCasino dei quattro venti, morì qualche set-timana dopo (26).

Masini - spesso indicato come Masina,secondo la fonetica bolognese - fu uno deicollaboratori più fidati di Garibaldi. A 16anni prese parte ai moti risorgimentali del1831, poi partecipò alla guerra civile spa-gnola, guadagnandosi più di una decora-zione, e nel 1848 - dopo essere stato ospitedelle carceri pontificie dal 1843 al 1846 -comandò in Veneto il reggimento deiCavalleggeri dell’Alto Reno. Nella prima-vera del 1849 con il suo reparto - divenutoi Lancieri della morte - prese parte alladifesa della Repubblica romana e cadde il 3giugno al Vascello dopo essersi coperto digloria (27).

Giovanni Maioli, in un saggio sulla par-tecipazione dei bolognesi alla difesa dellarepubblica romana, indica cifre non defini-tive e pochissimi nomi. Ha scritto che laLegione bolognese aveva 550 uomini, maforse non erano tutti bolognesi, come i1.500 patrioti del reggimento Unione diBologna. Poco o nulla dice della consisten-za del battaglione dei bersaglieri di Pie-

tramellara e dei lancieri di Masini. Oltre ainomi dei due caduti, indica quellid’Alessandro Meloni d’Imola, LuigiScarani di Bologna e Domenico Cremoninidi Crevalcore (28).

Nel 1874 l’amministrazione civica diBologna pubblicò un manifesto, senzadata, in occasione del 26° anniversario del-l’insurrezione dell’8 agosto 1848, con iltitolo Bolognesi morti combattendo per lalibertà d’Italia. Alla data 1848 indica 8nomi. Per i moti del 1849, il manifestoindica 4 nomi, contro gli 86 di Brasini.Seguono 3 nomi per il 1859, 11 per la cam-pagna bellica del 1860-61, 6 per quella del1866, 9 per quella del 1867 e uno per quel-la del 1870.

Non vi sono nomi né numeri nelloStatuto della Società di mutuo soccorso frai reduci delle Patrie Battaglie della città eprovincia di Bologna. Costituita nel 1876 -dopo l’appello di Giuseppe Garibaldi, elet-to presidente onorario - era presieduta dalgaribaldino Francesco Pais Serra (29).

L’1 gennaio 1879 - a seguito di una scis-sione, subita dalla Società precedente (30) -fu costituita la Società di mutuo soccorsotra i superstiti delle guerre risorgimentali,presieduta da Carlo Zorzi. Aveva 568 soci,i cui nomi non furono pubblicati. Menoche mai furono indicati i dati relativi all’e-tà, al titolo di studio, al mestiere esercitatoecc. Nella pubblicazione fatta nell’occasio-ne sono stati indicati solo i nomi dei 60promotori.

Tra i soci vi erano un generale, 5 colon-nelli, 13 maggiori, 27 capitani, 56 tenenti,92 sottufficiali, 57 caporali e 205 soldati.Dalla pubblicazione risulta che, tra questi,70 erano possidenti, 58 negozianti, 30addetti al settore “arti liberali”, 33 pensio-nati, 90 impiegati e 175 addetti alle “arti emestieri”. La pubblicazione aggiunge ilnumero dei decorati, senza indicare i nomie le campagne fatte dai soci, alcuni deiquali cominciarono con i moti del 1831-32.Fornisce anche le fasce d’età: 23 nacquerotra il 1800 e il 1810, 50 tra il 1811 e il 1820e così via (31).

Non furono inseriti elenchi di nomi

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nello Statuto della Società di mutuo soc-corso tra i reduci delle patrie battaglie egaribaldini, nata nel 1888 dall’unione d’al-cune associazioni combattentistiche, lequali nascevano e morivano con notevolerapidità, a causa di divisioni politiche (32).

Ugo Pesci, un famoso giornalista acavallo tra il XIX e il XX secolo, ha scrittoun libro sulla partecipazione dei bolognesialle guerre risorgimentali, nel quale manca-no elenchi completi. Del tutti assenti i datirelativi all’età, al mestiere ecc. Per l’8 ago-sto 1848 ha riferito i dati noti, senza com-pletare le ricerche precedenti. Per la “spe-dizione dei mille” ha dato pochi nomi emeno riferimenti e così pure per la sfortu-nata battaglia di Mentana del 1867. Il volu-me è ben scritto, ma carente per la partebiografica (33). Per avere la biografia com-pleta dei cinque bolognesi che parteciparo-no alla “spedizione dei mille” bisogneràattendere un saggio d’Ivo Luminasi (34).

Poco, salvo qualche nome qua e là, sitrova nel volume che Alberto Dallolio -uno dei principali esponenti del mondoliberale e sindaco della città nel secolo XIX- ha dedicato alla “spedizione dei mille” (35).Pure privo d’elenchi il libro di DallolioCospirazioni e cospiratori a Bologna (36).

All’indomani dell’unificazione naziona-le, quando - su incarico del governo italia-no - cominciò a raccogliere i principaliprovvedimenti e documenti del defuntoStato pontificio, Achille Gennarelli trovòdue elenchi di bolognesi, ma vi eranoanche alcuni romagnoli, fucilati tra il 1849e il 1857. Il primo comprendeva 186 nomidi persone fucilate a Bologna e il secondo90, quasi tutti bolognesi soppressi altrove.Di ognuno erano indicati il nome e cogno-me, la città di residenza ed il reato com-piuto.

La legge marziale, proclamata dai nuovigovernanti pontifici a Bologna all’indoma-ni degli sfortunati moti risorgimentali dellaprimavera 1849, era stata mantenuta invigore sino al 23.5.1857. Leggendo la causadella pena di morte risulta che la stragran-de maggioranza erano patrioti, ma che nonpochi erano ladri e assassini o, almeno, ave-

vano questa qualifica. Per screditare gliesponenti dei moti risorgimentali, il gover-no pontificio, come aveva già fatto per imoti di Savigno e per quelli di Romagna,aveva mescolato in un unico giudiziopatrioti e malandrini. Tutti erano stati fuci-lati e sepolti in località Malcantone (oggiBelcantone nel quartiere Barca, nei pressidella Certosa) dove per secoli erano statiinumati in tombe anonime eretici, patriotie malfattori (37).

Giovanni Maioli, in un saggio sui motimazziniani che si ebbero nella regione nel1854, ha scritto che a Bologna tra il 1855 eil 1859 furono giustiziati più di centopatrioti, ma non ha specificato se questierano compresi o no nell’elenco di Gen-narelli (38).

Fa storia a sé una pubblicazione curatada Raffaele Belluzzi e Vittorio Fiorini inoccasione dell’Esposizione regionale del1888, nel corso della quale fu fatto il puntodella ricerca storica sul Risorgimento (39). Icuratori pubblicano solo il nome deipatrioti caduti e, ma non sempre, la locali-tà dove si sacrificarono. Da questi elenchi -frutto della lettura di tutte le pubblicazioniuscite nel trentennio postunitario - risultache nel 1848 a Bologna caddero 48 patrio-ti e altri 16 in varie località italiane. Nel1849 si ebbero 54 caduti nel Bolognese e23 altrove.

Alcuni dubbi restano sulla scarsa parte-cipazione dei bolognesi alla spedizione deiMille con Garibaldi. Cinque garibaldini se-condo alcuni storici, uno secondo altri (40).Sicuramente vi prese parte Paolo BoviCampeggi, che aveva partecipato all’insur-rezione dell’8 agosto a Bologna e alla dife-sa della Repubblica romana nel 1849. Tra itanti elenchi esistenti, il più attendibiledovrebbe essere quello - l’ultimo in ordinedi tempo - apparso in una pubblicazionedel 1982. I bolognesi sarebbero stati quat-tro: Bovi Campeggi, Gaetano Coli, Giu-seppe Magistris e Ignazio Simoni (41).

Almeno 15 furono i bolognesi cadutinella guerra del 1860-61, la maggior partedei quali negli scontri che si ebbero aCaiazzo e nel Casertano con l’esercito bor-

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bonico. A Custoza nel 1866, i caduti bolo-gnesi furono poco meno di dieci, ma non siconosce l’elenco dei numerosi volontariintervenuti.

Esistono cifre contraddittorie per lasfortunata spedizione di Garibaldi per libe-rare Roma nel 1867. Belluzzi - uno deicomandanti dei garibaldini bolognesi fattoprigioniero dai francesi - due anni dopo hascritto che a Mentana e Monterotondo icaduti furono 12 e 34 i feriti. Di tutti fornìprecise indicazioni biografiche, meno cheper sei feriti (42). Due anni dopo, in un’altrapubblicazione, indicò i nomi di quattrogaribaldini deceduti in seguito alle ferite (43).Nel catalogo preparato con Fiorini per lamostra bolognese del 1888 ha scritto che imorti furono nove: 5 a Mentana e 4 aMonterotondo (44). Furono invece 17, se-condo un elenco di tutti i garibaldini cadu-ti a Mentana e Monterodondo pubblicatonel decennale sulla “Rivista della Masso-neria Italiana”. Questi i nomi: Albino eClemente Bondi e Francesco Zambonettidi Budrio; Giovanni Bovi Campeggi,Antonio Donnini, Giuseppe Facci, CarloGiovannini, Cesare Govoni, Cesare Mar-tinelli, Edoardo Negrini, Vincenzo Pascoli,Gaetano Veronesi di Bologna; Luigi Costadi Imola; Augusto Pezzoli di Baricella;Luigi Costa, Francesco Sabbioni e Giu-seppe Tabanelli di Imola (45).

Non esistono elenchi completi con inomi dei bolognesi che militarono nelleformazioni garibaldine. Nel 1907 TomasoCasini - direttore dell’ Archivio emilianodel Risorgimento nazionale - promosseun’iniziativa su scala emiliana e romagnolaper compilare elenchi completi dei garibal-dini caduti e di quelli viventi. Dopo avereannunciato che l’iniziativa procedeva benee che da tutte le città della regione gli eranopervenuti elenchi, Casini chiuse la rivistanel 1909 quando arrivò al numero 10-11 (46).

Per Roma capitale d’Italia, nel 1870 aPorta Pia cadde il bolognese Cesare Bosi.Con il suo sacrificio si concluse ilRisorgimento.

Poco o nulla è stato fatto per ricordare ibolognesi caduti nella tardiva guerra colo-

niale italiana alla fine dell’Ottocento. In uncartoncino di 20 centimetri per 18, sonostati stampati il nome e il cognome dei 18militari caduti in Etiopia, con la sola indi-cazione del grado. Erano 3 capitani, 4tenenti, un commissario di marina, unfuriere, 2 sergenti, un caporale e 6 soldatisemplici.

L’elenco è preceduto da questa scritta:«La città di Bologna vuole ricordati aiposteri nella pietà e nella gloria gli ufficialie i soldati bolognesi che nel MCCCXCVI aAdua e a Lafolè con eroica virtù combat-tendo sacrificarono la vita memori e meri-tevoli di una grande Italia. AnnoMCCCXCIX» (47).

Pochissimo abbiamo trovato sui bolo-gnesi caduti nella guerra di Libia nel 1911-1912. Si sa solo che furono nove, mentre èignoto il numero dei feriti. In un documen-to, conservato al Museo del Risorgimentodi Bologna e intestato “Esercito italiano.Morti in guerra nella Tripolitania negli anni1911-1912”, sono riportati i nomi dei ca-duti di Bologna e d’altre città. Dei militariè indicato il nome e il cognome, il grado,l’arma in cui militarono e il luogo dovemorirono. Due bolognesi ebbero la meda-glia d’argento e uno quella di bronzo (48).

I bolognesi morti nella guerra mondiale1915-1918 furono 10.085. I loro nomi sonostati pubblicati in un volume edito nel1927. Si tratta di un vero e proprio dizio-nario biografico perché accanto ai nomisono indicati numerosi dati di notevoleimportanza. Li diamo nell’ordine seguitodai compilatori: la paternità, il reggimentod’appartenenza, l’anno e il comune dinascita, la residenza al momento dellamobilitazione o della morte, il luogo deldecesso, il mestiere e l’indicazione se celibeo sposato (49). Da questi dati, parzialmenteelaborati, si apprende che i mezzadri, con3.123 morti, hanno dato il più alto contri-buto di sangue, seguiti dai braccianti con2.920 caduti.

Dei 10.085 bolognesi caduti 2.563erano residenti in città. I loro nomi sonostati incisi in 64 lapidi collocate nellaBasilica di S. Stefano. Oltre al nome vi è

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l’indicazione del grado e del giorno dellamorte. Le lapidi, divise per anno, sonostate riprodotte nella rivista “Il Comune diBologna” (50).

Sui bolognesi caduti nella guerra 1915-1918 esistono numerosi mini dizionari bio-grafici, secondo le categorie professionali.Questi quelli censiti nelle biblioteche,senza escludere che possano esservenealtri.

I nomi dei 58 tipografi caduti sonoriprodotti in un foglio volante, edito a curad’Alberto Corsini, senza l’indicazione delladata di pubblicazione. Accanto ad ogninome - per cui si può presumere che sianostati estratti dalla pubblicazione dell’Uf-ficio centrale di notizie - sono indicati: pa-ternità, anno e luogo di nascita, residenza,reggimento d’appartenenza, luogo e datadi morte, se sposato, con o senza figli (51).

Furono 10 i dipendenti della Cassa diRisparmio in Bologna, la cui memoria fuonorata nel corso di una pubblica celebra-zione nel 1921, della quale resta una prege-vole pubblicazione con foto e biografia deicaduti (52).

I nomi dei 3 dipendenti delle bibliote-che comunali di Bologna caduti in guerrasono incisi su una lapide, murata nel corri-doio al primo piano dell’Archiginnasio,con l’indicazione dell’incarico ricoperto (53).

Gli studenti dell’Istituto commerciale diBologna caduti in guerra furono 14. Leloro foto, con il nome, ma senza altre indi-cazioni, sono riprodotte in una pubblica-zione curata dalla scuola (54). Più numerosiquelli dell’Istituto tecnico “Pier Crescen-zi”: addirittura 46. I loro nomi sono ricor-dati in una lapide marmorea e in una pub-blicazione a stampa, dove i nomi sonoaccompagnati da pochi dati (55).

Ai 12 caduti soci della Società ginnasti-ca Sempre Avanti! di Bologna - all’epocauno dei più importanti sodalizi del settore- è dedicato un opuscolo, scritto e pubbli-cato a spese d’Alberto Corsini (56).

Non molti i comuni bolognesi chehanno dedicato una pubblicazione ai cadu-ti nella guerra ‘15-’18. Quello di Crevalco-re ha ricordato i suoi 247 con una modesta,

ma significativa pubblicazione, anche sesono pochissimi i dati relativi ai defun-ti: l’anno di nascita, il reggimento d’appar-tenenza e la data e il luogo dove sonocaduti (57).

Una pregevole brochure è dedicata ai257 cittadini di Medicina caduti in guerra.Oltre ai nomi sono forniti pochi dati, quasicertamente tratti dalla pubblicazione pro-vinciale (58). Infine, ai 42 cittadini di Ca-salecchio di Reno morti combattendo perla patria è dedicata una pubblicazione ano-nima curata dal parroco. Pochi i dati cheaccompagnano le foto (59).

Le biografie dei 95 studenti del liceoGalvani di Bologna - morti in tutte le guer-re nazionali - sono state scritte da A.Campanelli e B. Poluzzi in un saggio inse-rito nel volume Cento anni del “LiceoGalvani”, pubblicato nel 1965 (60).

Tra la ricca produzione editoriale legataai caduti in guerra, vanno ricordati due tipidi pubblicazioni minori, ma non certomeno importanti delle altre. Si tratta dei“medaglioni” o biografie personali e deicosiddetti “santini” o necrologi a stampa.A cura delle famiglie o di gruppi d’amicisono dedicati a singoli caduti.

Tra i “medaglioni” sui caduti della guer-ra 1915-18 particolarmente significativo,anche per la veste tipografica, è quellodedicato alla memoria di Galeazzo Oviglio,figlio d’Aldo un uomo politico bologneseche lasciò la sinistra democratica-massoneper divenire ministro nel primo governo diBenito Mussolini. Il giovane martire, diappena 19 anni, è ricordato da scritti d’il-lustri uomini politici, artisti, giornalisti,scienziati e commilitoni (61).

Tra quelli minori - ma solo per le ridot-te dimensioni dei testi a stampa - ne ricor-deremo tre di un certo interesse. Nel 1917cadde il tenente aviatore Giuseppe Bor-tolotti, già ufficiale dei bersaglieri. Era unasso, avendo avuto una medaglia d’argentoe numerosi elogi ed encomi. Numerose lelettere inviate alla madre e riprodotte neltesto (62).

Il secondo riguarda il tenente di fanteriaRenato Pastorelli morto nei giorni di Ca-

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poretto. L’anonimo autore dell’elogio fune-bre ha scritto che nel 1915 fu «prontoall’appello della Patria», che «Nei molte-plici combattimenti, in cui si distinse il suoglorioso Reggimento, rifulse il valore deltenente Pastorelli», ma che «il suo alto spi-rito non reggeva alla tensione degli infaustiavvenimenti e il 16 novembre (1917) in unmomento di alienazione, si toglieva la vitach’egli aveva offerto a Dio e alla Patria» (63).

Insolito l’omaggio che il maestro elemen-tare Luigi G. Gualandi, di Bologna, rese alfiglio Francesco Giuseppe “Cecchino”,caduto nell’ultimo anno di guerra. Pubblicòun’antologia con brani tratti dalle lettereche il figlio aveva inviato alla moglie, a lui edai parenti negli anni del conflitto (64).

Fra i “medaglioni” a ricordo dei cadutidella seconda guerra mondiale - ma nonfurono numerosi come nella prima - parti-colarmente significativo quello che il prof.Giovanni Giuseppe Palmieri dedicò alfiglio Giovanni Battista, detto Gianni, ucci-so dai tedeschi mentre curava i partigianiferiti della 36a brigata Bianconcini nellaquale militava (65). Non meno significativo eimportante quello dedicato da numerosicompagni di lotta a Mario Jacchia, un par-tigiano bolognese catturato dai fascisti aParma, consegnato ai tedeschi e scomparsonel nulla (66).

Quanto ai “santini” o necrologi, sonoquasi tutti a quattro o due pagine con foto.La maggior parte ha un distico di tipo tra-dizionale con l’elogio del caduto e dellacausa alla quale ha sacrificato la vita, comequesto scelto a caso tra i tanti:

Giannetto BertiNato il 1° aprile 1894 in Riolo BagniMorto l’8 ottobre 1917 a Bainsizza sulCarsoPercorse rapidamente la carriera militareA vent’anni sottotenente di complementoa ventuno tenente effettivoa ventitré capitano per merito di guerraper il suo coraggiolealtà e devozione al dovereEbbe encomi solennie la medaglia d’argento al valore militare

Due volte feritotornò sul posto di combattimentoove fu colpito a morte da proiettile nemicoBuono gentile ardente d’amor di patriaera l’idolo dei suoi compagni d’armil’orgoglio della sua famigliavanto e decoro della sua terra nataleOra riposa in pacenell’umile cimitero di Citobveniche sulla sua fossala pietà dei suoi commilitoniha eretto una lapideche ne ricorda il nomee la data della sua fine gloriosa

Altri necrologi hanno un distico nonconvenzionale, perché all’elogio del cadutosi accompagna un inno alla pace, se nonaddirittura una condanna della guerra.Molto significativo quello a ricordo diFernando Fortuzzi che fu dirigente del PSIbolognese all’inizio del secolo e che, nel1914, fu eletto consigliere comunale e feceparte della prima amministrazione comu-nale socialista di Bologna:

Fernando Fortuzziespresso dalla plebea dimostrarea quanta altezza può attingerel’anima irradiata dall’idea socialistaMorì per la guerra da lui deprecatanell’ospedale di Udineil 4 dicembre 1916nato a San Ruffillo il 5 febbraio 1886Predicò con l’esempio e con l’operapiù che con la parolanelle amministrazioninei pubblici consessinelle organizzazioni di parteI socialisti bolognesii fratelli i parentiin segno di cordoglio e di ricordoimperituri (67).

Molto interessante questo necrologiodedicato alla memoria del contadino LuigiBroccoli di Castenaso, morto per malattiacontratta in guerra, mentre un suo fratelloera prigioniero in Austria:

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Sia pace negli eterni gaudiall’anima benedetta diLUIGI BROCCOLIbuono mite umile di cuorefiglio ottimo ed esemplareche a soli 20 annivittima di morbo implacabilecontratto in 8 mesi di servizio al frontela sera del 4 settembre 1918lasciava la terra pel cielofidente nei destini della patriaalla quale volonterosoda 16 mesiaveva sacrato il bracciocon altissimo sentimento di doverenella gloriosa brigata reginaacquistandosil’affetto e le lodi dei superiori-------------Il fratello Gaetano prigioniero di guerrai fratelli le sorelle i congiuntidesolatissimiraccomandano alle preghiere dei buonilo spirito eletto

Esistono, infine, numerose pubblicazio-ni dedicate ai cittadini bolognesi decoratiper atti bellici, indipendentemente dalfatto che siano o no caduti. Le omettiamoper brevità (68).

Questa panoramica sui dizionari biogra-fici dei patrioti bolognesi non sarebbe com-pleta se ignorassimo le pubblicazioni dedi-cate ai caduti della “rivoluzione fascista”,anche se furono tutto meno che dei patrioti.Che siano stati dei martiri non c’è dubbio,solo che caddero per un partito che volevasopprimere - come soppresse - le libertàcostituzionali e instaurare una dittatura.Morirono per una fazione, non per la patria.

Non esistendo un elenco completo eattendibile dei fascisti morti tra il 1920 e il1926 - anno in cui il fascismo divenne regi-me, anche se la “rivoluzione” era terminatail 28 ottobre 1922, con la “marcia suRoma” - bisogna ricorrere a varie pubbli-cazioni. Il primo fatto che balza agli occhiè il numero dei morti, che varia - in aumen-to - di anno in anno.

Il 16 ottobre 1923, in un’intervista a “ilResto del Carlino”, Leandro Arpinati disseche nella inauguranda Casa del fascio in viaManzoni vi sarebbe stato un panteon dedi-cato ai 40 caduti fascisti, mentre“L’Assalto”, il settimanale ufficiale delfascio bolognese, nel numero 43 del 1925,pubblicò i nomi di 46 caduti.

Il 27.1.26 la commissione femminile delfascio bolognese fece avere al prefetto unelenco con i nomi di 45 fascisti caduti (69).Nel 1928 il podestà Angelo Manaresi, in unsaggio sulla morte di Giulio Giordani, inse-rì una foto con le testine di 36 fascisti cadu-ti (70).

Nel 1932, in occasione del “decennalefascista”, su “Il Comune di Bologna”apparve una foto con le testine e i nomi di53 caduti (71). La stessa cifra figura in unelenco apparso in un numero speciale de“L’Assalto” pure dedicato al “decennale”.Di quasi tutti i caduti sono indicate la datadi nascita, quella di morte e la circostanzadel decesso (72).

Nel 1933 il GUF curò una pubblicazio-ne con le foto e brevi biografie di 54 fasci-sti morti. Pur essendo molto curata, la bro-chure non fornisce dati omogenei per cui èdifficile fare rilevazioni statistiche sulmestiere, provenienza sociale, titolo di stu-dio ecc. Anche se riscritte e ampliate, lebiografie erano quelle apparse l’annoprima su “L’Assalto” (73).

Da una pubblicazione edita in queglianni, sui caduti della MVSN, risulta che unsolo bolognese aveva militato nel corpoarmato del fascismo: Leo Mongardi (74).

I fascisti bolognesi morti durante la“rivoluzione” salirono a 58 nel 1935 quan-do “L’Assalto” pubblicò un elenco, con ilsolo nome e cognome. Non fu spiegato ilmotivo di quell’aumento (75). Lo stesso annoil Fascio giovanile di combattimento curòun’elegante pubblicazione con una brevebiografia di 25 caduti, i cui nomi eranostati dati alle squadre delle 6 centurie dellaX Legio bolognese. Le biografie, parolapiù parola meno, erano quelle di sempre (76).Da 58 calarono a 50 nel 1937 in una pub-blicazione curata dai Fasci giovanili di

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combattimento. Dei caduti furono datisolo il nome e il cognome, senza altre indi-cazioni (77).

Il numero riprese presto a crescere per-ché i militari bolognesi di leva morti nelleguerre d’Etiopia (1935) e di Spagna (1936)andarono a incrementare l’elenco dei cadu-ti della “rivoluzione”. Nel 1937 il Grupporionale “Giorgio Tinti” pubblicò un opu-scolo con le foto e le biografie - molto brevie quasi senza dati - di 6 caduti che, presu-mibilmente, abitavano nella zona di giuri-sdizione del Gruppo. Quattro di questiavevano perduto la vita in Etiopia: 3 eranomilitari di leva e uno apparteneva allaMVSN (78). Da vittime della guerra furonopromossi a martiri della “rivoluzione”.

Nel 1940 la federazione fascista diBologna pubblicò un opuscolo, molto illu-strato, con le realizzazioni di vent’anni diregime e un elenco - composto di cognomi,senza nomi di battesimo - di 180 caduti.Erano «I 180 caduti bolognesi della vigiliadella campagna etiopica della guerra anti-bolscevica» (79). La guerra antibolscevica eraquella di Spagna. L’anno precedente, inuna pubblicazione della GIL, con unaparte dei nomi e brevi biografie, era appar-sa, con le virgole al posto giusto, la scritta:«I 180 caduti bolognesi della vigilia, dellacampagna etiopica, della guerra antibolsce-vica» (80).

I caduti della “rivoluzione” scesero a 62nel 1942, in occasione del “ventennale”. Su“L’Assalto” apparve un elenco di cognomie nomi, senza alcun dato biografico néspiegazioni sulla cifra (81). Nell’occasione fumurata una lapide - accanto al Lapidariumdei caduti in guerra, all’interno della chiesadi S. Stefano - con i nomi di 30 martiri resi-denti nel comune di Bologna, due deiquali morti nel 1927 e uno nel 1936. Iltotale dei caduti, come scrisse un quotidia-no, erano 62 (82).

Anche se le celebrazioni del “ventenna-le” furono molto contenute, a causa dellaguerra in atto, videro la luce alcune pub-blicazioni a carattere nazionale sulle realiz-zazioni del regime (83) e sui caduti della “ri-voluzione” (84), dalle quali si ricava poco o

nulla per Bologna, salvo qualche nomesparso qua e là, mescolato ad altri.

Nel 1942, in occasione del ventennaledella “rivoluzione fascista”, il PNF pubbli-cò un’opera in otto volumi dal titoloPanorami di realizzazioni del fascismo. Nelsecondo volume erano riportati, in ordinealfabetico, tutti i caduti fascisti. PerBologna, le biografie erano quelle del GUFdel 1933, con lievi variazioni. Solo che icaduti erano scesi da 54 a 51. Pertanto -essendo quella la pubblicazione più impor-tante oltre che ufficiale del regime - si deveritenere che il numero definitivo dei cadu-ti sia quello di 51.

Oltre che sulla quantità dei caduti fasci-sti, occorrerebbe fare un discorso sullaqualità, cioè sulle ragioni della qualifica.Non pochi persero la vita in scontri con laforza pubblica, come Giancarlo Nannini -il più importante martire della rivoluzione- ucciso dai carabinieri il 29 ottobre 1922mentre stava guidando un assalto contro lacaserma dei carabinieri a S. Ruffillo.Celestino Cavedoni, invece, perse la vitaquando gli esplose in faccia una bomba amano che stava per lanciare contro la sededella cooperativa in località Malcantone,oggi Belcantone.

Pietro Ranuzzi morì il 5 maggio 1921 acausa di un colpo uscito per errore da unapistola, mentre Andrea Stupazzini, comerisulta dai rapporti della polizia, si uccise.Tra i martiri della rivoluzione vi è AntonioDirani ucciso il 10 luglio 1923 dai carabi-nieri in un tentativo d’evasione dal carcere.Era detenuto per omicidio. Singolare ilcaso di Claudio Tugnoli ucciso nel corso diuna lite il 21 marzo 1925, dal proprietariodi una sala da ballo, perché voleva fareentrare una minorenne. E l’elenco potreb-be continuare.

Tra i caduti vi è Gesù Ghedini noniscritto al Fascio e morto prima della fon-dazione del secondo Fascio bolognese,quello vero. L’8 agosto 1920 a Portonovodi Medicina, con altri lavoratori - tuttiarmati - era intento alla trebbiatura duran-te uno sciopero. Intervennero altri lavora-tori per indurlo a sospendere. Si ebbe uno

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scontro al termine del quale furono contatiquattro morti: Ghedini e due operai delsuo gruppo e un operaio dell’altro gruppo.Se Ghedini è stato considerato un martiredel fascismo, in anticipo sulla nascita delFascio, perché sono stati esclusi gli altridue lavoratori morti con lui? Ma Ghedinipuò essere considerato un martire fascista?

Lo stesso interrogativo vale per GiulioGiordani il protomartire della rivoluzione

fascista bolognese. Si era iscritto al primoFascio nato nell’aprile 1919 con un pro-gramma antimussoliniano. Nel settembre1920, quando fu riorganizzato da Arpinati,con la modifica dello statuto - per questofu chiamato il secondo Fascio - quasi tuttigli iscritti del primo furono espulsi. Poichéfaceva parte dell’Associazione radicale, èprobabile che sia stato espulso pure lui, peresservi riammeso dopo la morte. [O]

1) Libro dei compromessi politici nella rivoluzione del 1831-32, a cura di A. Sorbelli, Vittoriano, Bologna 1935,pp.XX+220. Alcune copie manoscritte del Libro dei compromessi... si trovano nelle biblioteche e all’Archiviodi stato di Bologna. L’elenco di Imola si trova in: Patrioti e legittimisti delle Romagne nei registri e nelle memo-rie della polizia (1832-1845), a cura di G. Maioli e P. Zama, Roma 1935, pp.XL+208.

2) A. Aglebert, I primi martiri della libertà italiana, Mattiuzzi, Bologna 1880, pp.141; Per Luigi Zamboni eGiovanbattista de Rolandis, Numero unico, Bologna 26 gennaio 1913, pp.31.

3) Quando Pio VII, dopo il Congresso di Vienna, abrogò il patto del 1447, i membri dell’ex Senato bologneseincaricarono Vincenzo Berni degli Antonj di preparare una memoria storico-giuridica per chiedere il ripristinodella situazione politica esistente prima dell’intervento delle truppe napoleoniche nel 1796. Il testo rimasesegreto sino al 1831 quando, morto Berni degli Antonj, fu pubblicato a Parigi: Voto politico-legale per la cittàdi Bologna dall’avvocato cavaliere Vincenzo Berni degli Antoni, Paris 1831, pp.51. Dopo l’unificazione naziona-le fu ripubblicato con l’aggiunta di note storiche: Il 12 giugno 1859. La Città di Bologna ed il Congresso diVienna del 1815 ossia supplica senatoria con voto del fu avvocato Vincenzo Berni degli Antoni intorno ai nonnuovi diritti e gravami della città e provincia di Bologna, Bologna 1859, pp.63. Sulle vicende politico-militari checaratterizzarono la vita bolognese tra il congresso di Vienna e l’unificazione nazionale, è fondamentale A.Berselli, Movimenti politici a Bologna dal 1815 al 1859, in Convegno di studi sul Risorgimento a Bologna enell’Emilia, Bologna 1960, seconda parte, pp.203-54. Il saggio è apparso anche nel “Bollettino del Museo delRisorgimento di Bologna” del 1960. Numerosissime le pubblicazioni sulla fine della dominazione pontificia aBologna, tra le quali Il 1859-60 a Bologna, Bologna, Calderini, 1961, pp.468.

4) A.M. Ghisalberghi, Il ritorno delle truppe pontificie a Bologna nel 1832 in una narrazione contemporanea, in“Rassegna storica del Risorgimento”, fas. IV, 1924, p.13.

5) E. Masi, Cospiratori in Romagna dal 1815 al 1859, in “Nuova Antologia”, 1889, vol.CVII, p.34. Per il moto diSavigno cfr. L. Lucchi, “Volevamo essere liberi”. Il moto di Savigno attraverso le testimonianze dei partecipanti,in Negli anni della Restaurazione, a cura di M. Gavelli e F. Tarozzi, in “Bollettino del Museo del Risorgimento”,Bologna 1999-2000, pp.239-297.

6) D. Brasini, Il tentativo rivoluzionario di Pasquale Muratori a Savigno (Bologna) nell’agosto 1843, Bologna 1888,pp.84.

7) B. Del Vecchio, Sugli ultimi fatti di Bologna. Racconto, Bologna 1848, pp.46.8) E. Farnè, Il giorno 8 agosto 1848 in Bologna. Narrazione storica, Bologna 1848, pp.21.9) A. Vesi “Cesenate”, Narrazione storica del fatto d’arme avvenuto in Bologna nel dì 8 agosto 1848, Bologna sd

(1848), pp.24. La tabella riprodotta da Vesi - identica anche per la stampa - figura nel saggio anonimo Cronicadi Bologna. Fatti occorsi nell’agosto del 1848 raccolti da un veterano, Bologna sd (1848), pp.17.

10) Distinta dei morti e feriti nel memorabile 8 agosto 1848 in Bologna. Il presente foglio va unito alla Gazzetta diBologna n.255 del Mercoledì 13 dicembre 1848. Foglio volante.

11) V. Peri, Cronaca dell’8 agosto 1848 in Bologna. Con documenti officiali, Bologna 1866, pp.32.12) Società dei superstiti 8 agosto 1848, Statuto approvato dal Comitato di patronato, Bologna 1882, pp.7. La pub-

blicazione non contiene elenchi nominativi. Il sodalizio aveva la bandiera tricolore con la scritta “Bologna vit-toriosa”.

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13) Commemorazione del cinquantesimo anniversario dell’8 Agosto 1848, Merlani, Bologna 1898, p.102.14) La lettera, conservata nel Museo del Risorgimento di Bologna, è riportata in: F. Tarozzi, L’8 agosto 1848 a

Bologna nella memoria dei protagonisti e nella storia della loro associazione, in “Bollettino del Museo delRisorgimento”, Bologna 1995-1996, pp.9-22.

15) Ceppi Bernardi, L’8 Agosto 1848 a Bologna, in “Archivio emiliano del Risorgimento nazionale”, n.10-11, 1909,pp.178-208.

16) Preti, Per una riflessione critica sul 1848 bolognese, in “Atti e Memorie nuova serie, vol.XLIV (1993),Deputazione di storia patria per le province di Romagna, pp.323-42. Per i movimenti sociali e di classe duran-te il Risorgimento cfr. A. Berselli, Movimenti politici a Bologna dal 1815 al 1859, cit.; Id., I Mazziniani a Bolognadall’8 maggio 1849 al 6 febbraio 1853, in “Nuova rivista storica”, n.5-6, 1952.

17) D. Brasini, L’8 agosto 1848 in Bologna. Notizie e documenti, Bologna 1883, pp.80.18) V. Fiorini I morti e i feriti dell’otto agosto, Modena 1910, pp.51, estratto da “Archivio emiliano del Risorgimento

nazionale”, anno III.19) G. Maioli, Carolina Pepoli Tattini nel combattimento dell’VIII agosto, in “Il Comune di Bologna”, n.7, 1931.20) Dizionario del Risorgimento nazionale, diretto da M. Rosi, Vallardi, Milano 1930, 4 volumi. Il primo riporta “I

fatti” del Risorgimento; gli altri tre, dal titolo “Le persone”, pubblicano le biografie dei protagonisti. Numerosequelle dei bolognesi. L’elenco dei bolognesi che presero parte allo storico scontro è in Un giorno nella storia diBologna. L’8 agosto 1848, a cura di M. Gavelli, O. Sangiorgi, F. Tarozzi, Firenze, Vallecchi, 1998, pp.160.

21) Bolognesi a Venezia nel 1848, a cura di F. Berti Arnoaldi Veli, Bologna 1968, pp.31.22) D. Brasini, La resistenza di Bologna contro le truppe austriache nelle otto giornate di maggio 1849, Bologna 1885,

pp.80.23) O. Biancoli, Sugli avvenimenti di Bologna nel maggio 1849, Genova 1849, pp.31.24) Elenco dei morti e feriti nella gloriosa giornata del 30 aprile 1849 a Roma, Roma I maggio 1849, pp.23.25) Elenco dei feriti nei combattimenti presso Roma. Dal 1 Maggio al 27 giugno 1849. Fogli volanti stampati a Roma

nel 1849.26) F. Bertolini, Pietro Pietramellara e i suoi tempi, Bologna 1885, pp.37.27) F. Bertolini, Angelo Masini, Zanichelli, Bologna 1889, pp.26; E. Leovinson, Angelo Masini, in “Il Comune di

Bologna”, n.12, 1932; C. Caleffi, Vita militare di Angelo Masini, in “Il Comune di Bologna”, n.8, 1935.28) G. Maioli, I bolognesi alla difesa di Roma, in “Camicia rossa”, 1941, n.9-12, pp.196-9.29) Società di mutuo soccorso fra i reduci delle patrie battaglie della città e provincia di Bologna, Statuto, Bologna

1879, pp.12+6.30) La storia della scissione è riferita nel saggio di F. Tarozzi indicato a nota 14.31) Società di mutuo soccorso fra i superstiti delle guerre per l’unità d’Italia, Bologna 1880, p.8.32) Società di mutuo soccorso fra i reduci delle patrie battaglie e garibaldini, Bologna 1891, pp.21. Alle società di

mutuo soccorso dei reduci delle battaglie risorgimentali e dei garibaldini è dedicato il numero del 1994 del“Bollettino del Museo del Risorgimento” di Bologna.

33) U. Pesci, I bolognesi nelle guerre nazionali, Zanichelli, Bologna 1906, pp.336.34) I. Luminasi, I bolognesi e la spedizione dei Mille, in “Il Comune di Bologna”, 1929, n.5.35) A. Dallolio, La spedizione dei mille nelle memorie bolognesi, Zanichelli, Bologna 1910, pp.445.36) A. Dallolio, Cospirazioni e cospiratori, 1852-1856, Zanichelli, Bologna 1913, pp.XIX+192.37) “Elenco di tutti gli individui che dal Consiglio di guerra o dalla Legge stataria residente in Bologna vennero

condannati alla pena della fucilazione, la quale fu poi eseguita in Bologna stessa”, in Documenti sul governo pon-tificio e Il governo pontificio e lo Stato romano. Documenti, due volumi a cura di A. Gennarelli, Prato 1860.L’elenco è nel secondo volume p.XII e seguenti. Segue il secondo elenco. Un importante uomo politico deltempo ha scritto che, dopo averla riconquistata nel 1849, gli austriaci avrebbero fucilato a Bologna 400 patrio-ti (F.A. Gualterio, Gli interventi dell’Austria nello Stato romano, Genova 1859, p.52).

38) G. Maioli, Patriotti Bolognesi e Romagnoli inquisiti e condannati dall’I. R. Tribunale Civile e Militare austriacoresidente in Bologna nel 1855-59, Roma, pp.58.

39) Catalogo illustrato dei libri, documenti ed oggetti esposti dalle Provincie dell’Emilia e delle Romagne nel Tempiodel Risorgimento Italiano (Esposizione regionale in Bologna 1888), a cura di R. Belluzzi e V. Fiorini, Bologna1890, vol. primo, pp.246.

40) R. Belluzzi, Bologna nel Risorgimento italiano, Zanichelli, Bologna 1884, pp.31.

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41) G. Bevilacqua, I Mille di Marsala, Trento 1982, p.214.42) II anniversario di Mentana. Notizie dei bolognesi morti e feriti raccolte da Raffaele Belluzzi, Bologna 1869, pp.62.43) IV anniversario di Mentana. Notizie dei bolognesi garibaldini Zambonelli, Caldesi, Zucchini e Giacchieri, raccol-

te e pubblicate da Raffaele Belluzzi, Bologna 1871, pp.20.44) Catalogo illustrato, cit., p.110 e seguenti.45) “Rivista della Massoneria Italiana”, n.9-1, settembre 1877.46) Garibaldini Emiliani, in “Archivio emiliano del Risorgimento nazionale”, n.1, 1907, pp.75-6. Casini scrisse che

voleva fare l’elenco degli «Emiliani che militarono e combatterono dal 1849 al 1870 sotto il comando diGaribaldi». Non sappiamo se il materiale raccolto sia stato elaborato o se sia andato perduto.

47) Il cartoncino con i nomi dei 18 caduti in Etiopia è nella Biblioteca comunale di Bologna, con la segnatura: 17Biografie ed elogi, Raccolta, Cart. II° n.27 e 29.

48) Museo del Risorgimento di Bologna, Pos. Archivio, cart. “Libia”, fas.2.49) Ufficio centrale di notizie di Bologna, I morti della provincia di Bologna nella guerra MCMXV-MCMXVIII,

Bologna 1927, pp.903.50) Il lapidario dei caduti bolognesi, in “Il Comune di Bologna”, n.11-12, 1926.51) Tipografi ed affini della città e provincia di Bologna morti per l’Italia - 1915-1918, a cura di A. Corsini, sd, foglio

volante.52) In memoria degli impiegati della Cassa di Risparmio in Bologna morti per la patria, Bologna 1921, pp.97.53) Inaugurazione di una lapide nell’Archiginnasio ai funzionari delle biblioteche comunali di Bologna caduti nell’ul-

tima guerra per l’indipendenza (1915-1918), in “L’Archiginnasio”, 1921.54) Caduti per la Patria del R. Istituto commerciale di Bologna, Bologna 1922.55) All’inaugurazione del ricordo marmoreo in onore degli alunni del R. Istituto tecnico “Pier Crescenzi” gloriosa-

mente caduti nella guerra nazionale 1915-1918, sd, pp.12.56) A. Corsini, Origini, peripezie e lapide della Società Ginnastica Sempre Avanti! in Bologna, sd, pp.32.57) Crevalcore ai suoi gloriosi caduti, memore e riconoscente, Bologna 1924, pp.32.58) In memoria dei medicinesi caduti per la patria (1915-1918), Medicina 1933, pp.91.59) La pubblicazione, in carta patinata e stampata dalla Parma, ha una croce sul frontespizio e solo dal testo si rica-

va che si tratta dei caduti di Casalecchio di Reno. Non reca l’anno di stampa e ha 22 pagine. Nella Bibliotecauniversitaria di Bologna è catalogata in due modi: In memoria dei Caduti di Casalecchio di Reno nella nostraguerra (1915-1918) e In memoria dei Parrocchiani di Casalecchio di Reno morti per la Patria.

60) A. Campanelli, B. Poluzzi, I caduti per la patria, in Cento anni del “Liceo Galvani”, Cappelli, Bologna 1965,pp.697-730.

61) In memoria di Galeazzo Oviglio, Bologna 1921, pp.112.62) Ricordo (A) della fine eroica di Giuseppe Bortolotti Tenente aviatore, Bologna 1917, pp.16.63) Ricordo (A) del Tenente Pastorelli Renato morto il XVI Novembre MCMXVII, Bologna 1917, pp.16.64) Luigi G. Gualandi in memoria del figliolo Cecchino morto per la Patria il 17 gennaio 1918, Bologna 1918, pp.24.65) G.G. Palmieri, Gianni Palmieri, Bologna 1946, pp.732.66) In memoria di Mario Jacchia, a cura di G. Borghese, A. Cagli, F. Colombo, U. Lenzi, S. Neppi, L. Patrignani,

M. Peloni, M. Protti, G. Sacerdoti, A. Trebbi, E. Trombetti, R. Vighi, E. Volterra, Bologna sd, pp.80.67) Questo e altri necrologi sono nella biblioteca comunale di Bologna con la segnatura: 12 Guerra europea, cart.

IX.68) Tra le varie pubblicazioni sui bolognesi decorati cfr.: Imola e i suoi decorati al valore militare. Albo d’onore nel

1° Centenario dell’Istituzione delle medaglie al valore militare, 1833-1933, Imola 1932, pp.8; Albo d’oro dei deco-rati al valore militare della Provincia di Bologna dal 1860 al 1983, Li Causi, Bologna 1983, pp.681. A quest’ul-tima pubblicazione hanno fatto seguito altri Albo nel 1989 e nel 1993.

69) L’elenco si trova all’Archivio di stato di Bologna, Carte gabinetto di prefettura, 1926, b.1.435, cat.7, fas.1.70) A. Manaresi, Giulio Giordani e l’eccidio di Palazzo d’Accursio (Ricordi di battaglia), in “Italia Augusta”, n.6,

1928, pp.1-2471) Bologna e il primo decennale della rivoluzione delle camicie nere, in “Il Comune di Bologna”, n.10, 1932.72) “L’Assalto”, 28 ottobre 1932.73) I martiri del fascismo bolognese, a cura del GUF, Bologna 1933, pp.22.

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74) Ufficio storico della MVSN, I caduti della milizia, Libreria del Littorio, Roma 1931, p.101.75) “L’Assalto”, 26 ottobre 1935.76) X Legio, Fascio Giovanile di Combattimento “Sandro Mussolini”, I Martiri a cui si intitolano le Centurie e le

Squadre, Sezione tipografica dell’Istituto industriale Aldini-Valeriani, Bologna 1935, pp.26.77) Giovinezza. Il Campo Federale dei Fasci Giovanili di Combattimento di Bologna, a cura di U. Valzania, L’Assalto,

Bologna sd (1937), pp.114.78) X Legio, Gruppo rionale fascista Giorgio Tinti, Bologna 1937, pp.8.79) X Legio, Sotto gli auspici della Federazione del Fascio di combattimento della Provincia di Bologna, Bologna

sd (1940), pp.38.80) Comando Federale della GIL Bologna, X Legio, Passeremo, Bologna 1939, pp.158.81) “L’Assalto”, 24 ottobre 1942.82) Le manifestazioni del Ventennale, in “il Resto del Carlino”, 28 ottobre 1942.83) Panorami di realizzazioni del fascismo. I grandi scomparsi e i caduti della rivoluzione fascista, Roma 1942, pp.375.84) Caduti per la rivoluzione, Roma 1942, pp.85.

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Presentazione .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

Bologna è la terra della libertà .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

Le decorazioni dei comuni bolognesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

Dizionario storico-politico .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

Bibliografia su fascismo,antifascismo, guerra e Resistenzanella provincia di Bologna.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 275

Cronologia bolognese 1919-1945 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 349

I dizionari dei patrioti bolognesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 391

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